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COLLANA DELLA G R A N D E G U E R K A
. . ~.- ~ .. -p.

MANFREDO von RICHTHOFEN


Capitano degli Ulini piloli aridore

k
m

' L'asso nemico


(Diario di guerra aerea)

Prima traduuone inlegrale dal iedeaco da


WIIUERITA BESOZZI IIELLEI i FUIO W 6 0

ARTI GRAFICHE O. MARANGONI


EDITORE IN MILANO
Via E. Taaioll, 4 - Talslono 67489
RICHTHOFEN

Manjredo di Richthofen, capitano degli Ulani è stato


l'aviatore da caccia più glorioso e piU fortunato f ~ atutti i
volatori che conibatterono nei cieli della grande guerra.
Essendo riuscito ad abbattere da solo ottantuno veli-
roli +temici egli è rimasto l'asso mondiale della guerra rlerea
e k srre Sqiiadriglie Rosse, ove con Manfredo serviz'atio
anche suo fratello Lotario e rin cugino, raggiunsero una
famu leggendaria per la p r o d e z ~dei singoli piloti e per le
strepitose vittorie conseguite contro aviatori francesi e
inglesi.
Manfredo di Richthofen ebbe fine gloriosa per quanto
sjoitnnata, cadendo dirrante u n combattimento nei cieli
della Sonime all'epoca della crrrenta battaglia, ma come il
nostro Francesco Baracca egli è SCOmpQrso i n una m e ~ a v i ,
glwsa apoteosi di eroismo e di inuincibilità onde sembra
raggiungere il mito. Invincibile nel combattimento aereo,
nessun avuersdko era mai riuscito ad egiragliare la sua
a d c i a , & a raggiungere la sua prodezza nell'arembaggio
delle di. Difatti per quanto pvecipitò dal cielo e per guanto
si infranse fra i rottami del suo velivolo rosso, tuttavia non
era rtato colpito duli'arma d i un avversario alato, ma da
UM inesorabile fatalità per la quale Piconchiusc con sublime

mcde anche il zfolo della vita.


11 Diarw di Guerra di questo dolescente Sigfrido del-
l'anno igiq. i una meravigliosa d o c u w n t a ~ i o n edi quella
manrfcstuzianc d i vita che ormai deve essere considerata e
definita Umanità Aviatoria. Umunità del v o b , forse ultima
ed eccelsa mdnifestd~ionedello Spirito Umano per la quale
il divino L e o ~ r d otracciò il piimo a b b o a o del sogna, per
la q d Gabviele d'Annunzio divenne avidtore di guewa e
raggiunse il cielo di Vienraa per u n cantico di pura poesia.
Umanità del volo, per la quale Benito Mussolini volle essere
dnche aviatore con un sentimento così profondo e così veg-
gente e con U M dedizione talmente sublime al punto d i
affidare alla sorte delle di peusino i suoi fanciulli, ad escm-
pio ed incitamento.
Umanità aviatoria per la quale I t d o B d b o ha creato
l'Armata Aerea d'Italia, peu la q u a k ha sorvolato le onde
dell'0ceano d'Atlante in testa al primo Stormo del mciido.
superando il sogno del genio leoisardesco e la poesia leggen-
duriu del citaredo Arione.

Poichè nella potenza delle ali. e soltanto nella dispod


tira potenza del volo, noi vediamq la sicura difesa del16
Patria e l'unica speranza del futuro, abbiamo tradotto que,
sto libro peu un contributo d'amore e di ammiua~ionealla
memoria del leggendario cavaliere delle ali germanick.
Ornai nella nostra tema, abituati come siamo a vivere
pericolosamente e con il rischio portato a consuetudine di
vita, conwinti che lu vera gioia dell' anima sia nell' azione,
non sentia.m necessità alcuna d i esempio, nè di incita-
mento, tantomeno re & oltre i ronfifli della Pati+a, m d il
libro d i Richthofen è documento d i valore eccezionale, non
solo per gli dvvenimenti descritti, m a s o p 6 t u t t o come un
cotatvibuto d l o s t u . 1 ~delkz psicologia dell'aviatove dri cac-
cia qrrale combdttentc isolato nell'immensità dei cieli.
Le memorie del Corsaro rosso potranno ispirare alti
sentimenti i d e d i ai giovani della Nuown Italia, pevchè le
&li rosse e l' avktore del piccolo velivolo da caccia rimdr?
vanno per sempre ravvolte aell'aureola della leggenda dalla
ivradia u n a luce che ha splendore universale.
Per testimonhre maggiormente il nostro schietto sen-
timetito abbiamo voluto chiamarlo L'asso nemico anzichè
il Corsaro Rossa come ha fatto i1 traduttore fraacese n o n
sempre sereno ed obiettivo, come se aL8esseignorato che nello
splendore del nemico consiste anche lo s p l e ~ d o r rdella lotta
c della vittoria per cui più superbo è il nemico più radioso
il trionfo.

Qitesto libro è inoltre destinato a portare notevolc


contributo alla f a n a z i o n e d i quella coscienza aeronarrtica
che diviene sempre maggiormente indispensabile alla vita
e alla potenza della Patria. Sopratutto per i giovani l'esem.
pio d i Richthofen deve essere un colore accesc da porktrc in
alto per quanto si può intimamente comprendere ed ammie
rare in lui un leggetdano eroe deli'ala guevriera. N o n solo
perchè divampi in giovnni petti la fiamtna del desiderio e
Alla volantà d i osare, m a perchè anima e carne sieno pre-
sto educate alle ali ed alle tempeste, al volo ed alla morte.
h fantasia e l'arrdacia che sempre dominavano il
mondo, il sublime disprezzo del pericolo, lo apirito d i sacri-
+a e l'ardiniento guerriero sono qualità comuni negli a v h .
tori per innata sentimento d i vita, ma queste magnifiche
q4diti essenziali devoilo essere completate con la prepara-
zione della m u t e 4 unlana a sostenere vittwiosamente I'urts
tremendo e fatale della battagl'ia aerea.
Spi,iito in chiara serenità e materia i n perfetto equili-
brio, ecco la meravigliosa armonia indispemabile per sapere
stringeve nel pugno la sorte delle ali. Di questa merrruigliosa
armonia è splendido esempio Manfredo di Richthofen,
aviatore da caccia insuperuLo ed invincibile, d i i ; m d o ~ e ,
creatore e coniandaiire delle leggenda& s q t d r i g l i e rosse
che conseguirono maggiore numero d i vittcrrie aeree d i qiial-
siasi altro gvuppo di av<az.iwe.

Alla vicmoria d i Maltfredo d i RiihtRofen, capitani, de-


gli Ulani e drllr Squailvrglir Rosse, covaliere leggeiidnvio
della divina macchina di morte è dedicata la t r n v e fatica d i
questa traduzione, compiuto con ebrezza di cuori intrebidi
ove ricmdi d i ali rosre drdono e rplendono per sempre i n
soav8tà.
Milano, Anno Undecima.
I MIEI A N T E N A T I

Sino ail'epoca dell'ultima guerra, la famiglia Richte


hofen aveva relativamente ambito ben poco ai posti di
comando. I Richthofen vivevano sulle loro terre e a queO
sta abitudine non era avvenuta eccezione altro che per qual-
che funzionario statale. Mio nonno e dopo di lui tutti i miei
famigliari vissero nei loro possedimenti di Breslavia e di
Strigau. I1 primo generale della famiglia Richthofen apO
partiene alla generazione di mio nonno ed era un suo cu.
gino.
Nella famiglia di mia madre, nata Schickfuss e Nene
dorf si era seguita la stessa tradizione; pochi soldati e molti
agricoltori. Un fratello del mio bisnonno Schickfuss fu
ucciso nel 1806. Durante la rivoluzione del 1848 uno dei
magnifici castelli appartenenti ai Richthofen fu incendiato.
La maggior parte dei miei antenati gentiluomini di carne
pagna erano rimasti soddisfatti di aver raggiunto il grado
di capitano di cavalleria nella riserva.
Nella famiglia di mia madre, nata Schickfuss e Neue
hausen, - mia nonna è una Falkenhausen, - non predoe
minarono altro che due grandi passioni, l'equitazione e la
caccia. da parte dei Falkenhausen e così come il fratello di
mia madre anche mio zio Alessandro Schickfuss fu un
grande cacciatore a! cospetto di Dio. sotto il cielo d'Africa,
di Ceylon, della Norvegia e dell'Unaheria.
1(, RICHTHOFEN

Mio padre fu dunque il primo della nostra razza ad


avere l'idea della carriera militare. Entrato giovanissimo
nel corpo dei cadetti, ha servito in seguito nel XII Reggia
mento LTlani. Egli è il soldato più ligio al suo dovere che si
possa immaginare. La sordità lo costrinse prematuramente
a chiedere il suo collocamento a riposo. Egli aveva contrata
to questa infermità non essendosi voluto allontanare dal
campo nonostante il freddo e gli abiti bagnati, dopo che
aveva salvata la vita ad un suo soldato che stava per annes
gare durante la traversata di un corso d'acqua.
La nuova generazione conta naturalmente un numero
maggiore di soldati. Durante la guerra ogni Richthofen
abile alle armi ha seguito la sua bandiera. Difatti dall'inizio
della guerra di movimento perdetti sei cugini di grado di-
verso ma tutti dell'arma di cavalleria.
Ebbi il mio nome in memoria di un prozio, Manfiedo,
aiutante di campo dell'Imperatore e comandante delle guar-
die del corpo in tempo di pace, poi comandante di un reg-
gimento di cavalleria durante la guerra.
Debbo aggiungere ancora un pensiero sulla mia gio*
vinezza. Mio padre prestava servizio nel Reggimento di
Corazzieri del I" Corpo di stanza a Breslavia allorchè io
nacqui, il 2 maggio 1892. Abitavamo a Kleinburg. Sino
a nove anni ricevetti una educazione privata; in seguito
frequentai per un anno la scuola di Sthweidnitz e più tardi
feci il mio ingresso nella scuola dei cadetti di Wahlstatt;
ma a Sichweidnitz fui sempre considerato come un fanciullo
del paese. Nel corpo dei cadetti mi preparai alla mia attuale
carriera e in seguito fui incorporato nel I" Reggimento
Ulani.
'L'ASSO NEMICO

Affido a questo libro gli avvenimenti che costituiscono


l a mia vita. L'altro aviatore che porta il nome dei Richthoe
'.fen è mio fratello Lotario. Egli è decorato dell'ordine al
.merito di guerra: concessogli sul campo. Mio fratello più
-giovane è ancora nella scuola dei cadetti ove attende con
ansia la sua ora per distinguersi. Mia sorella, come tutte le
.donne della nostra famiglia, cura i feriti.

NELLA SCUOLA DEI CADETTI

1903 1909 Watilstatt e 1909 e 191I Lichterfelde.

Entrai nella scuola dei cadetti come allievo della prie


-ma ginnasiale, ovvero la sesta classe. Io non ero molto ene
tusiasrnato, ma tale era il desiderio di mia madre ed io
non ero stato interpellato sulle mie aspirazioni. La discie
plina severa e la dura regola pesavano sulle mie giovani
spalle. Lo studio non suscitava in me grandi attrattive.
Non sono mai stato un lume di scienza e mi sono sempre
limitato a studiare tanto quanto era necessario per supe.
rare gli esami da una classe all'altra perchè ero convinto
che ciò fosse sufficiente e mi sembravano inutili le fatiche
per avere delle classifiche superiori. Abbastanza bene »
era la classifica che appagava la mia ambizione. A questo
mio modo di pensare era naturalmente conseguenza una
- non eccessiva considerazione da parte dei miei superiori.
Invece ero molto appassionato per gli esercizi sportivi, mi
piacevano la ginnastica, la corsa e le gare faticose. Non vi era
12 RICHTHOFEN

esercizio aila sbarra che io non sapessi eseguire e mi furono


sovente assegnati dei premi dal Comandante della scuola.
Tutte le imprese temerarie mi seducevano enorme-
mente. FLIper questo che un giorno in compagnia del mio
amico Frankenberg mi arrampicai sul campanile della chiesa
di Wahlstatt per attaccare un mio fazzoletto alla punta del
araf fulmine. E' ancora nella mia memoria un ricordo esatto
delle difficoltà che incontrammo per attraversare la gron-
daia del tetto. Dieci anni dopo, recandomi a visitare mio
fratello vidi quel Fezzo di tela ancora attaccato lassù in alto.
I1 mio amico Frankenberg fu la prima vittima della
guerra innanzi ai miei occhi.
Mi trovai molto meglio a Lichterfelde. Non eravamo
più tanto separati dal mondo e cominciavamo a vivere la
vita degli uomini.
I miei migliori ricordi di Lichterfelde sono quelli delle
grandi gare sportive e le corse sopratutto alle quali ho spes.
so partecipato a fianco o contro il Principe Federico Carlo.
I1 Principe guadagnava spesso i primi premii nella corsa a
piedi, nel foot-ball e in altri esercizi. Io ero il suo avver.
sario, lottavo vigorosamente, ma il mio allenamento fisice
non era così completo come il suo, non avendo io avuto
possibilità di allenarmi quanto lui.

INCORPORAZIONE NELL'ARMATA
Pasqua Ig I I

Anelavo dal desiderio di entrare a far parte dell'ar-


mata. di essere incorporato in un Reggimento. Appena su-
L'ASSO NEMICO 13

p r a t o l'esame per essere promosso aspirante fui assegnato


al I " Reggimento Ulani che porta il nome: << imperatore
Alessandro 111 D. Io stesso avevo prescelto questo Reggi*
mento perchè stabilito di guarnigione nella mia cara Slesia
e perchè tale scelta mi era stata caldamente raccomandata
da alcuni conoscenti che prestavano servizio nel Reggimene
to Imperatore Alessandro 111 H.
I1 servizio mi era subito piaciuto. Credo che al mondo
non esista destino più felice per un giovane soldato quanto
l'appartenere all'arma di cavalleria.
H o poco da dire del tempo passato alla scuola di guere
ra ~ e r c h èessa mi ricordava molto la sciiola dei cadetti che
non ha lasciato ricordi troppo piacevoli nella mia memoria.
Ebbi pertanto una piacevole avventura. Uno dei miei istrut.
tori della scuola di guerra si era comprato in quel tempo
una bella cavalla, una bestia bella e robusta, che aveva
per unico difetto un certo numero di anni. Gli era stata
venduta per una bestia di quindici anni. Malgrado che
avesse le gambe piuttosto tozze era una magnifica sale
tatrice. Io ebbi occasione di montarla spesso e ricordo che
si chiamava Bigy )). Circa un anno dopo, ritornando al
...
mio Reggimento, il mio capitano von T r che era un
vero uomo sportivo mi racconta di aver acquistato un mae
gnifico saltatore; noi eravamo tutti molto ansiosi di vedere
questo prodigioso cavallo che portava il nome abbastanza
raro di <( Bigy )). Io ero molto lontano dal pensare alla vece
chia cavalla del mio istruttore della scuola di guerra. Fi-
nalmente un bel giorno si vide arrivare il prodigioso ca-
vallo ed è facile immaginare la mia meraviglia nel ricono.
=cere la buona e vecchia N Bigy D che entrava a far parte
ckiia snideria di von TI... con i'e- di otto anni. Nel frat-
tempo essa aveva cambiato diversi proprietarii e il sua
prezzo era notevolmente salito. 11 mio istruttore della ~cuo.,
la di guerra l'avcvs comprata per i500 marchi e von Tr ...,
appena un anno d o p . l'aveva pagata 3500 marchi sicura.
che avesse otto anni.
Essa non doveva più vincere altre corse di ostacoli,
ma trovò ancora dei compratori e fu ticcisa ali'inizio della
guerra.

INIZIO DEJ.1.A CARRIERA MILITARE

Finalmente ricevetti le spaliine. Credo di non aver mai


provato un sentimento di otg0~11oc di fierezza così schiete-
ta. come quando per la prima volta mi sono sentito chia-
mare: t< signor tenente r.
Mio padre mi comprò una cavdlina veramente bella.
che si chiamava Suntuzm > l . Era un mimale meraviglioso
t<

e infaticabile. Marciava in testa al plotone come un agnel*


lo. Imparando a conoxerla mi accorsi che aveva delle ma,-
gnifiche attitudini per il salto, tanto che decisi di trasfor,
mare la mia placida cavallina facendone una saltatrice di
ostacoli. Saltava in iin modo ammirabile e giunsi a saltare
la siepe di un metro e sessanta di altezza.
Tmvai incoraggiamenti e prezio.vi consigli da parte
del mio camerata von Wedel, che con il suo cavallo di ser-
vizio I: Fandango >! aveva vinto alcuni premii.
Cominciammo ad alleiiarci insieme per un concor-
di u l t o in alto e per una corsa sugli ostacoli a Breslavia.
<( Fandango 1, aveva raggiunto una magnifica forma.
Santuua I> si affaticava alquanto e faceva un ottimo la-
voro, Mi ripromettevo risultati buoni e il giorno prima
della partenza non seppi trattenermi dal desiderio di por-
tarla ancora una volta su rutti gli ostacoli della nostra pi-
sta. ma sfortunatamente scivolò assai malamente. (i San-
tuzza si ferì una spalla ed io ebbi una Lussazione alla
),

clavicola.
Durante l'allenamento io esigevo anche della velocità
dalla mia buona cavallina e rimasi molto sorpresa di veder-
la battuta dal puro sangue di von Wedel.
Altra volta durante le gare olimpioniche di Breslavia
ebbi la fortuna di cavalcare un bellissimo sauro. La corsa
sugli ostacoli era ormai iniziata: a due lerz~del percorso il
mio cavallo era ancora in ottima posizione e avevo sicure
possibilità di vittoria, ma giunto in vista deli'ultimo osta-
colo mi accorsi da lontano che doveva essere accaduto aiial-
1

che cosa di grave, perchè una folla di gente si era radunata


in quel posto.
Allora pensai entro me stesso: <iCoraggio, si pusserà il
c mi slanciai nella dirittura sulla quale era disposta la siepe.
11 pubblico mi Faceva segnali perchè moderassi la mia
corsa, ma io non vedeva e non sentivo. Il mio sauro su-
pera la siepe e con mia grande meraviglia fila veloce dal.
i'aitra parte verso uno stagno. E prima che mi fosse ossi-
bile rendermi conto di quanto accadeva, con un salto for-
mirabile scavalca il parapetto per cui cavallo e cavaliere
cpuiscono neii'acqua. 11 Felice n esce da una parte, Man-
frrdo dali'altra. •
Dopo ia corsa, nel recinto del peso si constatò con
gran& sorpresa che non avevo perdute le due libbre tra-
& d i ma bensì che ne avevo acquistate dieci. Grazie al
aelo nessuno si accorse che ero inzuppato d'acqua.
Possedevo anche un magnifico cavallo d'i carica e que-
sta povera bestia doveva fare tutto; corse piane, corse sugli
ostacoli, salti e marciare in testa al plotone. In una parola
non vi era esercizio che le fosse risparmiato. Era la mia bra-
va Fiorella con la quale ebbi lusinghieri successi. L'ul-
<(

timo per epoca fu il premio del191mperatore nel 1913. Fui


l'unico a compiere tutto il percorso senza alcuna penalità
ma all'ultimo doveva capitarmi una disawentura che non
sarà facile abbia a ripetersi. Mentre galoppavo in un bosco
fui improvvisamente sbalzato dalla sella. I1 mio cavallo
aveva messo il piede in una buca di conigli selvatici ed io
cadendo mi ero fratturato la clavicola, Tuttavia rirpontato
in sella percorsi ancora settanta chilometri senza il pinimo
errore e terminai la mia corsa nel teinpo prestabilito.

INIZIO DELLE OSTILITA'

In tutti i giornali si leggevano profonde argomenta-


zioni sulla guerra. Ma ormai noi eravamo abituati a queste
chiacchiere da alcuni mesi ed avevamo così sovente pre-
parato le nostre cassette di ordinanza che ormai la faccenda
diveniva noiosa e non riuscivamo a credere alla guerra.
Non credevamo affatto imminente la guerra: proprio
noi che eravamo i più vicini alla frontiera, noi, l'occhio
((

deli'ar.wta come altra volta il nostro capo aveva chiae


mato le pattuglie di cavalleria.
La vigilia, alla sera del giorno dello stato di pre.
pw~zjone alla mobilitazione » ci trovavamo con il no.
stro squadrone in distaccamento a dieci chilometri dalla
h t i e r a . All'ora della mensa si giuocava e si era alquanto
allegri, nessuno pensava alla guerra.
In verità la madre di Wedel aveva insinuato in noi
qualche sospetto già qualche giorno prima, quando era
giunta dalla Pomerania, per vedere ancora una volta suo
figlio, prima che fosse andato in guerra, Avendoci trovato
di umore giocondo ed essendosi convinta che nessuno di noi
pensava alla guerra, la buona signora non aveva potuto ri-
nunziare ad invitarci ad una piacevole colazione.
Eravamo alquanto spensierati quando la porta fu aper-
ta improvvisamente e vedemmo comparire sulla soglia il
conte Kospoth consigliere provinciale di Oels, che aveva
un viso esterefatto.
Sklutammo con dei gridi di gioia il vecchio conoscen-
te che ci precisò subito lo scopo del suo viaggio, e precisa-
mente quello di constatare di persona alla frontiera quane
to di vero fosse contenuto nelle voci di una prossima guer-
n mondiale, Egli presumeva giustamente che i più vicini
d a frontiera dovessero essere meglio informati e il quadro
di pece che noi gli offrivamo con la nostra serenità lo stue
pr;i profondamente. Fu lui a raccontarci che tutti i ponti
ddk SI& erano vigilati e che si cominciava a pensare alla
m di alcune città.
QueIia sera lontana noi avevamo persuaso il vecchio
uIpico che k guerra era una cosa impossibile alla quale non
si doveva pensare ed avevamo continuato la nostra festa
g ~ 0 c 0 n 4 ma l'indomani entravamo in campagna.
i2
PASSAGGIO DELLA FRONTIERA

La parola i, guerra N era familiare a noi cavaileggeri di


frontiera, Ognuno sapeva con ogni particolare dettaglio ciò
che avrebbe dovuto fare o non fare. Ma nessuno aveva una
idea esatta di ciò che sarebbe accaduto nel primo momento.
Ogni soldato era veramente felice di poter dare prova di
se stesso. A noi giovani tenenti di cavalleria erano indub.
biamente riservati i compiti più interessanti: si dovevano
eseguire delle ricognizicni, sorprendere il nemico aile spal-
le. distruggere posizioni importanti: tutte azioni che ri.
chiedevano uamini di fegato.
In testa alia mia pattuglia mossi finalmente verso il
nemico a .mezzanotte portando in tasca il mio ordine di
operazione della cui importanza ero molto convinto, aven-
do avuto possibilità di studiarlo lungamente da oltre un
anno.
Sblla frontiera delimitata da un ruscello potevo attend
dermi i primi colpi di fucile; ma invece passai il ponte senza
incidenti e con mia grande sorpresa.
Senza altra difficoltà raggiungemmo il dopo il
campanile del villaggio Kielce, che mi era ormai ben noto
per le mie frequenti ricognizioni lungo la frontiera. Tutto
era avvenuto senza scorgere traccia del nemico e meglio
ancora senza essere stati scorti noi stessi. Ed ora non sa-
pevamo come fare per non essere scorti dagli abitanti del
paese. I1 mio primo pensiero fu quello di mettere a l sicuro
11 prete, difatti andammo a prenderlo nella ma casa quanto
mai meravigliato e completamente intontito. Lo rinchiusi
nel cartello del campanile, allontanai la scala e lo lasciai lassù
con i'ammonimento che al minimo sintomo di ostilità da
parte della popolazione, lo avremmo mandato all'altro
mondo. E una sentinella fu posta in vedetta sulla torre in
modo che daralto potesse sorvegliare i dintorni.
Giornalmente dovevo mandare dei messaggi per mezzo
di staffette, ma a poco a pocc i1 mio piccolo nucleo di ca-
vaiieggeri si era cosi disperso, in modo che il mio ultimo
messaggio fui costretto a portarlo io stesso.
. S h o d a quinta notte tutto era stato tranquillo, ma
durante quest'ultima una sentinella corse improwisa-
mente da me presso il campanile ove avevo fatto ricoverare
i cavalli e bardature e cominciò a gridare: a Ci sono i
Cosacchi i). Era buio pesto, cadeva una pioggia sottile, nep,
pure una stella, non si vedeva a un palmo di distanza.
Attraverso una breccia che avevo fatta aprire in pre-
cedenza nei muro del cimitero, conducemmo i cavalli in
aperta campagna. La notte era cori nera che a soli cin.
quanta metri di distanza dall'abitato potevamo stare al si,
curo. Andai io stesso con la sentinella e la carabina alla
mano, nel posto ove dovevano essere i cosarchi. Str~scian-
do lungo il muro del cimitero raggiunsi la strada e giunto
sul posto mi sentii il cuore alla gola poiche tutta l'uscita
del paese bruIicava di cosacchi.
Guardai al disapra del muro dietro al quale quei ti.
pacci avevano fermato i loro cavalli. La maggior parte di
essi avevano delIe lanterne cieche e facevano molto chiasso
senza alcuna prudenza. Stimai che fossero venti o trenta.
Uno di essi era smontato da cavallo e si era recato dal prete
che io avevo rimesso in libertà il giorno prima.
Mi balenò subito nella mente l'idea di ecsere stato
tradito per cui compresi che era necessaria la maggiore at-
tenzione.
Non potevo assoluta'mente pensare ad un combatti-
mento perche non potevo disporre altro che di due cara.
bine e non mi rimase altro che mettermi a giocare i.( al ca-
rabiniere e ai ldri >i.
Dopo alcune ore di riposo i cari visitatori se ne an-
darono. La mattina dopo giudicai preferibile cambiare ac.
campamento. Al settimo giorno ero nuovamente nella mia
gtiarnigione ove mi accorsi subito che tutti mi guardavano
come ci guarda uno spettro e ciò non a causa della mia
barba non rasata, ma perchè si era sparsa la voce che von
Wedel ed io eravamo caduti presso Kalisch.
Si conosceva esattamente i1 posto e I'ora e si raccon-
tavano i più minuti sulla nostra morte tanto
che la notizia si sparse per tutta la Slesia e vi fu persino
chi giunse a presentare le condoglianze a mia madre.
Non sarebbe mancato altro che l'annuncio di morte
nel giornale.
Nello stesso periodo di tempo accadde una comica av-
ventura. Un nostro veterinario aveva avuto l'incarico di
recarsi a requisire dei cavalli in una fattoria, accompagnato
da dieci ulani. Era una fattoria isolata a circa tre chilometri
di distanza, ma poco dopo vedemmo ritornare il vetcrina,
rio tutto eccitato e lo ascoltammo raccontare: r( Gaioppa*
vamo sopra un campo di stoppia coperto di covoni di gra-
no. quando ali'impmvviso scorgo in distanza della fanteria
nernica. Sguaino rapidamente la mia sciabola e urlo ai miei
uLni: - lancia in resta, caricate, avanti, avanti hurrahl -
I miei uomini prendono la cosa con entusiasmo e comin.
ciano a galoppare furiosamente. Ma la fanteria nemica si
smaschera invece per un branco di caprioli che a causa del.
la mia miopia avevo scambiato per russi ».
11 bravo uomo dovette ricordarsi sovente della sua av.
ventura.

VERSO LA FRANCIA

Fummo fatti partire dalla nostra guarnigione senza


sapere ove si sarebbe andati. Nessuna idea avevamo sulla
destinazione, non sapevamo se verso l'ovest, l'est, il sud o il
nord. Yi mormorava molto ma senza fondamento, tuttavia
questa volta ebbimo il fiuto buono intuendo che si andava
verso l'ovest. Eravamo quattro e avevano messo a nostra
disposizione uno scompartimento di seconda classe. Era ne.
cessario fare le provvigioni per un lungo viaggio in ferrovia.
Naturalmente non mancava da bere, ma sino dal primo gior.
no avevamo dovuto constatare come un scompartimento di
seconda classe fosse maledettamente ristretto per quattro
giovani guerrieri e preferimmo dividerci. ~ r a d i r m ak
i mia
abitazione e mi trasferii in un vagone da merci e questa fu
um ottima idea. Avevo aria e luce. Ad una stazione ero
riuscito a procurarmi della paglia. che aveva ricoperto con
la-mia tela da tenda. Dormivo nel mio vagone letto così
profondamente come se fossi stato nel mio letto familiare
a Ostrowo. Viaggiavamo notte e giorno attraverso tutta la
Slesia e la Sassonia andando sempre verso l'ovest. Sem.
brava che fossimo diretti verso Metz, ma lo stesso coman.
dante del trasporto non sapeva esattamente dove si andava.
Ad ogni stazione, anche dove il treno non si fermava,
eravamo attesi da una moltitudine di gente ed eravamo co-
perti di fiori e di grida gioconde. Gli ulani suscitavano il
maggiore entusiasmo.
I passeggeri del treno che ci aveva preceduto dove-
vano aver d&so la notizia che noi eravamo già stati a con*
tatto con il nemico eppure la guerra era cominciata mitanto
da otto giorni. D'altra parte il primo bollettino di guerra
citava il mio Reggimento. Il Primo Ulani e il 155" Fante*
ria che avevano conquistato Kalixh.
Eravamo quindi gli eroi più festeggiati e comincia-
vamo a crederci veramente tali. Wedel aveva trovato una
spada cosacca e ia mostrava alle fanciulle incantate che pro-
vavano una forte impressione. Finalmente ci fecero discen-
dere a BusendorE preso ThionvilIe.
Poco prima di giungere a destinazione, il treno s i era
fermato in una lunga galleria. Debbo confessare che non è
piacevole fermarsi improwisamente in una lunga galleria
neppure in tempo di pace; debbo quindi aggiungere che in
tempo di guerra è ancora peggio.. Inoltre un insolente com.
mise il pessimo xherm di sparare un colpo di fucile e su*
bito dopo cominciò ad echeggiare nella galleria una nutria
sparatoria. Fu un vero miracolo che nessuno venisse colpito
e non si seppe mai quale fosse stata la causa dell'incidente.
Eravamo dunque discesi a Busendorf. Faceva u n tale
caldo che dubitavamo di veder cadere a1 siiolo i nostri ca.
valli. Nei giorni seguenti marciammo sempre verso nord,in
direzione del Lussemburgo. Nel frattempo ero riuscito a
sapere che mio fratello era passato dalle stesse wntrade ap.
pena otto giorni prirna con una Divisione di Cavalleria.
Ebbi persino occasione di trovare le sue traccie, ma non
dovevo avere la gioia di vederlo se non dopo un anno.
Arrivati nel Lussemburgo. nessuno sapeva come il
paese si sarebbe comportato nei nostri riguardi. Ricordo
come se fosse oggi, quando avendo scorto da lontano un
gendarme lussemb~r~hese, lo circondai con la mia pattu-
glia e volevo farlo prigioniero. Egli mi disse che se non l'a+
vessi lasciato libero sull'istante avrebbe fatto pervenire le
sue Iagnanze al nostro Imperatore. Riconobbi le sue ragioni
e lasciai libero quell'eroe da strapazzo. Fu così che attraver-
sammo le città di Lusemburgo e di Esch avvicinandoci ra-
pidamente alle prime città fortificate del Belgio.
L'avanzata delle nostre fanterie e di tutta la nostra
divisione aweniva come nelk più perfette manovre del
tempo di pace. Tuttavia eravamo terribilmente eccitati. Ma
le apparenze di queste manovre da avamposti ci erano spes-
so assai salutari e senza di esse il nostro nervosismo non
avrebbe potuto mere calmato.
A dritta e a sinistra. per ogni strada avanii o dietro
di noi marciavano euppe appartenenti a diversi Corpi di
Armata. Si aveva l'impressione di una tremenda confusio.
ne, ma i n v e queste masse appena assunte le formazioni
di wmbattimento dovevano procedere in una avanzata me,
ravidiwmente organizzata e diretta.
[n quel tempo non avevo una idea esatta di ciò che
f-ero i nostri aviatori, tuttavia ogni volta che vedevo
un aviatore ero prem da vivissima esaltazione. sebbene non
avrèi saputo distinguere se f o w uno dei nostri o un ne.
mico, +che ignoravo persino che i nostri velivoli portas-
sero la croce e quelli nemici un cerchio. Di conseguenza le
24 RICHTHOFBN

artiglierie sparavano spesso contro tutti gli aviatori. Solo


più tardi dovevo sentire raccontare dai vecchi piloti, i quali
lo raccontano ancora oggi, come fosse penoso per loro l'es.
sere presi di mira da amici e nemici.
Marciavamo avanzando senza tregua; le nostre pattue
glie ci precedevano di un certo tratto, finchè giungemmo
nei pressi di Arlon.
Un brivido di gioia percorse i miei nervi quando atd
traversai la frontiera per la seconda volta. Oscuri mormorii
di franchi tiratori ed altre storie di questo genere erano
giunte da tempo alle mie orecchie.
Una volta ricevetti l'incarico di stabilire il collegamend
to con la mia divisione di cavalleria. In quel giorno percorsi
non meno di centodieci chilometri a cavallo con tutta la
mia pattuglia. Quella fu una meravigliosa impresa delle mie
bestie, nessuno dei nostri cavalli era rimasto fiaccato. Giund
to ad Arlon, seguendo le norme di tattica dei tempi di pace -
mi ero portato sul campanile della chiesa, naturalmente
senza riuscire a vedere nulla, perchè il nemico si trovava
alquanto lontano.
In quei tempi eravamo ancora alquanto ingenui, così
io avevo lasciato la mia pattuglia fuori dell'abitato recand
domi sino al campanile dopo aver attraversato la città in
bicicletta, completamente solo. Quando discesi mi ero trod
vato innanzi ad una moltitudine ostile e tumultuante. Nad
turalmente mi avevano rubata la bicicletta ed ebbi così la
possibilità di godermi una passeggiata di mezz'ora mentre
pensavo che se tutto ciò mi divertiva, una piccola baruffa
mi avrebbe fatto veramente piacere, perchè con la mia pi.
stola in pugno mi sentivo enormemente sicuro.
L'ASSO NEMICO 25

Appresi in seguito che gli abitanti del paese pochi


giorni prima si erano comportati con molta ostilità sia ver*
so la nostra cavalleria, come più tardi veko i nostri ospe*
daletti da campo, tanto che fummo costretti a fucilare di*
versi abitanti insorti.
Nel pomeriggio, raggiunta la mia meta, seppi che tre
giorni prima, proprio nei dintorni di Arlon era caduto di
fronte al nemico il .mio unico cugino Richthofen. Trascorsi
le rimanenti ore della giornata presso la mia Divisione di
Cavalleria, ebbi inoltre occasione di partecipare ad un falso
allarme, e più tardi, durante la notte raggiunsi nuovamente
il mio reggimento.

IL SIBILO DEI PRIMI PROIETTILI


DURANTE U N SERVIZIO DI PATTUGLIA

Avendo ricevuto l'ordine di riconoscere l'entità delle


forze nemiche che occupavano una vasta foresta noi din*
torni di Vitron ero partito con quindici ulani, convinto che
quel giorno a v e i finalmente incontrato il nemico. La .mia
missione non si presentava molto semplice perche in una
simile foresta potevano nascondersi molte cohe invisibili agli
occhi nostri.
Raggiunto un poggio, a cento passi di distanza si di*
stendeva una immensa foresta di molte migliaia di ettari.
Era una meravigliosa mattina d'agosto. La foresta era così
placida e tranquilla che in verità sentivo svanire i miei pro*
p s i t i guerreschi.
La mia avanguardia aveva raggiunto l'orlo del bosco.
Attraverso il binoccolo non scorgevo alcunchè di sospet.
to. cosicchè non mi rimaneva altro da fare che inoltrarmi
nella foresta e attendere le prime fucilate. L'avanguardia
era sparita per un sentiero boscoso; io la seguivo a breve
distanza e accanto a me cavalcava uno dei miei migliori
ulani. All'entrata del bosco vi era una solitaria casetta £00

restale e appena l'ebbimo sorpassata intendemmo un colpo


di fucile sparato dalla finestra, subito seguito da altra deto.
nazione. Riconobbi dal sibilo che non si trattava di armi
da guerra ma bensì di un fucile da caccia. Nello stesso mo*
mento notai un certo disordine nella mia pattuglia e pensai
subito ad un attacco di franchi tiratori.
Discesi da cavallo avevamo circondato la casa in un
attimo e appena entrato in una stanza quasi buia, vidi quat*
tro o cinque giovanotti che mi guardavano con ostilità. Na*
turalmente il fucile era scomparso. Ero furibondo, ma in
vita mia non avevo mai ucciso un uomo e perciò debbo
confessare che la situazione mi appariva assai penosa.
Con il mio cattivo francese rimproverai aspramente
quegli uomini e li minacciai di mandarli tutti all'altro mori*
do se non si fosse presentato il colpevole. Essi dovettero ac.
corgersi che parlavo seriamente e che non avrei esitato a
far seguire alle parole i fatti. Non so ancora oggi rmder-
mi ragione di ciò che sia awenuto, ma i miei franchi tira.
tori erano uxiti rapidamente da altra porta senza che me
ne fossi accorto. Invano avevo fatto sparare sui fuggia.
schi senza che rimanessero colpiti. Avevo fatto circon.
dare la casa in modo che non avrebbero potuto sfuggirmi.
Inaltre feci subito perquisire la baracca senza riuscire a sco-
vare nessuno d'essi. Forse le sentinelle dietro la casa avee
vano avuto un momento di distrazione, la baracca appa- .
riva completamente vuota.
Dopo questo intermezzo riprendemmo il cammino.
Dalle traccie ancora fresche, riconobbi che immedia-
tamente prima di noi, doveva essere passata di lì molta cae
valleria nemica. Feci fermare gli uomini della mia pattu-
glia, ebbi per essi qualche parola di incoraggiamento ed
ebbi l'impressione che potevo ciecamente fidarmi di ognu-
no dei miei uomini. Sapevo che ognuno di essi avrebbe me*
ravigliosamente compiuto il suo dovere sino all'ultimo. Na*
turalmente non si pensava altro che alla battaglia. L'uomo
germanico deve avere innato nel sangue l'istinto di preci-
pitarsi m1 nemico ovunque lo trovi ed in particolar modo
di misurarsi con la cavalleria nemica. Continuammo cosi di
buon trotto sulle orme fresche e dopo un'ora di faticosa
cavalcata per una magnifica gola di monti, sboccamino ove
la foresta cominciava a diradarsi e cosi uscimmo all'apu-to.
Con questo ero certo di andare a cozzare contro il nemico.
Perciò malgrado il mio forte desiderio di lotta cercavo di
impormi la massima prudenza. A destra dello stretto sen-
tiero si ergeva una erta parete rocciosa alta parecchi metri.
Alla mia sinistra scorreva un piccolo torrente di montagna
oltre il quale si distendeva una prateria larga una cinquan.
tina di .metri, tutta circondata da filo spinato. Ad un tratto
cessavano le orme dei cavalli e le traccie si perdevano al di
là di un ponte nella boscaglia. La mia avanguardia si era
arrestata perchè l'uscita del bosco innanzi a noi era ostruita
da una barricata.
Compresi subito che dovevo essere caduto in una im-
m KICHTHOPEN

b t a . Avevo improvvisamente scorto dei movimenti so-


spetti nella boscaglia alla mia sinistra. Diffatti poco dopo
potevo scorgere della cavalleria nemica appiedata. Giudicai
che fossero un centinaio di moschetti. Sembrava che nan
vi foue via d'uscita. Innanzi a noi la strada era chiusa dalla
barricata, a destra si ergeva l'erta parete di roccie e a sinL
stra la prateria circondata dal filo di ferro spinato che mi
impediva di tentare un mio progettato attacco. Non era-
vamo più in tempo per appiedare e attaccare il nemico con
la carabina, cosicchè non ci rimaneva altro da fare che batd
tere in ritirata. Tutto avrei potuto chiedere ai miei ulani.
fuordie di indietreggiare innanzi al nemico. Alcuni dove-
vano pagare a caro prezzo il loro coraggio perchè qalche
secondo dopo era risuonato il primo colpo ai quale aveva
subito risposto una nutrita scarica di fuciletia proveniente
dalla foresta. alla distanza fra cinquanta e cento metri.
Aveva istruito i miei uomini in modo che avrebbero
dovuta riunirsi intorno a me qualora io avessi abassato la
mano" lo sapevo che dovevamo assolutamente ritornare sui
nostri passi. perciò alzai il braccio e Eeci un cenno ai miei
uomini. Forse'essi non compresera il mio gesto. La mia. pat.
tuglia che avevo lasciata leggermente indietro mi credette
in e si precipitò a galogpo sfrenato per raggiun-
germi e togherrni d'impaccio. Tutto questo aweniva per
una stretto sentiero, per cui non è possibile immaginare la
confusione. I cavalli spaventati dal rumore degli spari ave-
vano preso la mmo alle mie due avanguardie, e le vidi wr-
p a r e la barricata. Di questi due soldati non dovevo più
avete notizia. credo che debbano essere caduti prigionieri.
Io steso feci un dietro fuont e per la prima volta nel.
L'ASSO NEMICO 29 . 1i
la mia esistenza spronai il mio bravo a Antithésis a. Riu* i
scii a stento a far comprendere a miei ulani venuti in mio
soccorso, di non avanzare oltre, anzi indietreggiare. !
Accanto a me cavalcava la mia ordinanza. All'im-
prowiso il sua cavallo raggiunto da un proiettile cadde
a terra. Lo sorpassai con un salto, ma intorno a me si con*
torcevano altri cavalli e in breve avvenne una mischia in-
descrivibile.
Vidi soltanto la mia ordinanza impigliata sotto ii
cavallo, apparentemente non ferita, ma che non riusciva
a liberarsi. I1 nemico ci aveva brillantemente aggirati. Con
tutra probabilità dovevamo essere stati avvistati da molto
tempo e poichè è nella natura dei Francesi di sorprendere
il nemico alle spalle. avevano naturalmente tentato di h110
anche questa volta.
Con molta gioia drie giorni dopo ritrovai la mia or.
dinanza, mi comparve innanzi con un piede scalzo perchè
aveva dovuto lasciare una delle sue scarpe mtto il cavallo.
Mi raccontò poi carne era riuscita a fuggire. Almeno due
squadroni di corazzieri francesi erano più tardi usciti dalla
foresta per saccheggiare i cavalli e i nostri valorosi rilani
caduti in combattimento. Egli si era subito alzato e senza
fatica si era arrampicato sulla parete di una roccia, p i era
caduto sfinito accanto ad un cespuglio. Circa due ore do*
po, quando il nemim si era ritirato dietro ai suoi ripari era
riuscito a proseguire nella fuga e dopo alcuni giorni aveva
potrito raggiungermi.
Ben pow mi seppe raccontare sulla sorte degli altri
compagni.
IN PATTUGLIA CON LOEN

La battaglia di Virtou era nella wa fase più intensa.


Il mio collega Loen ed io dovevamo nuovamente ricono-
scere la posizione ckl nemico. Rapa aver cavalcato pr tut-
ta la giornata sulle traccie delle truppe awersarie le aveva-
mo finalmente raggiunte e potemmo redigere un rapporto
alquanto soddisfacente. Alla sera dovemmo prendere una
decisione sul grave problema se cavdcare tutta la notte per
ritornare alle nostre linee, oppure risparmiare le nostre for,
ze e riposarci in prevhione del domanì. La libertà d'azione
che necessariamente deve essere lasciata alle pattuglie di
cavalleria. rappresentava la parte piU agascinante del nostro
impiego.
Avevamo infine deciso di trascorrere la notte nei presa
si del nemico per r'metterci in cammino il mattmo se,
guente. %condo le nostre osservazioni strategiche il nemico
doveva essere in ritirata inseguito da noi, giudicavamo per-
tanto di poter passare la notte abbastanza tranquillamente.
Non lontano dal w i c o era situato un .magnifico con,
vento con ampie stalle ove io e h n potevamo accanto.
nare le nostre pattuglie. Come apprendemmo sul posto,
verso sera il nemico era ancora così vicina a noi, che con dei
tiri di fucile avrebbe potuto infrangere i vetri delle nostre
finestre.
I monaci furono straordinariamente gentili, ci diedero
da mangiare e da bere molto abbondanremente e noi non
facemmo complimenti, Levammo le $e ai cavalli; essi do-
vevano star meglio dopo tre giorni e tre notti, ad essere
L'ASSO NEMIW 3~

liberati dal peso morto di ottanta chilogrammi che gra-


vavano sui loro dorsi. Ci accomodammo rapidamente

--
come durante le manovre, quando si pernottava presso un
-.
amico ospitale. Debbo aggiungere che alcuni giorni dopo
buona parte dei nostri ospjti erano stati appesi ai km.
piani perchè non avevano saputo negarsi il piacere di par-
tecipare aila guerra. ma quella sera essi erano stati vera-
mente gentili con noi.
Ci distendemino nei letti spogliandoci: dopo aver
?

disposte alcune sentinelle ci affidammo nelle mani di Dio.


Durante la notte la mia porta era stata spalancata im-
pmwi~arnenteda una sentinella che urlava: e Signor te-
nente arrivano i Francesi ».Ero talmente addormentato
da non poter rispondere. nelle stesse condizioni era Loen
e non szppe £x altra che formulare questa uitelligerite do-
manda: Quanti sono? )> <t Ne abbiamo già uccisi due n,
aveva risposto La saitinella alquanto concitata che poi ave:
va continuato a dire W C impossibile precisare quanti fos-
sero perchè era troppo buio. Allora intesi Loen rispondere:
<iVa h n e , a ne vengono di più svegliaci. Mezzo minuto

dopo eravamo nuovamente addormentati.


La mattina dopo, quando ci risvegliammo da questo
'sonno ristoratore il =le era già alto e dopo una abbondan-
te colazione ci rimettemmo in marcia.
Durante la notte le truppe francesi erano egettiva.
mente passate innanzi d nostro convento. Le nostre senti-
n d e avevano fatto fuoco, ma l'oscurità era così densa che
il nemico decise di non dar battaglia,
Raggiungemmo presto una ridente vallata. Galopp
vamo sul campo di battaglia della nostra divisione e con
p d e =presa constatammo che invece dei nostri uomini
non si scorgevano altro che... nemici. Qua C là si vede-
vina anche dei soldati francesi,, ma essi mostravano deiie
Eaccie fanto umili tanto che nessuno di noi aveva pensato
.,r
*
a sparare.
Ci allontanammo in fretta perchè avevamo finalmena
te compreso che i nostri anzichè avanzare, si erano concen-
trati indietro. Fortunatamente il nemico si ritirava in altra
direzione, altrimenti oggi sarei prigioniero dei Francesi.
e
Attraversammo il villaggio di Robelmont, ove il gior-
no prima avevamo visto per I'iilti1na volta Ia nostra fan-
teria in posizione. Vi incontrammo un solo abitante che
interrogato da noi ci rispose con molta gioia che i tedeschi
erano partiti.
Svoltati ad un angolo, assistemmo ad una scena ab+
bastanza comica. 1 nostri chi erano rimasti abbagliati dal
rosxi di molte paia di pantaloni che valutai da cinquanta
a cento, erano uomini intenti a spezzare i loro fucili contro
L L blocco
~ di pietra. Erano guardati da sei granatieri tede.
schi che come seppimo avevano fatto prigionieri quei cari
amici.
Li aiut2mmo a trasportare i francesi e apprendemmo
da loro che durante la notte i nostri'avevano fatto una ma.
novra di ripiegamento. Nel tardo pomeriggio raggiunsi i1
mio reggimento, soddisfatto degli avvenimenti ai quali
avevo partecipato durante le ultime ventiquattro ore.
NOIA INNANZI A VERDUN
(Inverno 1914)

Per uno spirito irrequieto come il mio, le mie occu-


puioni innanzi a Verdun dovevano essere qualificate
noiose i>. In principio ero stato in una trincea ove non
d e v a cosa alcuna di un certo interesse; in seguito a-
sendo stato nominato ufficiale d'ordinanza speravo di vi-
v u e giornate p& emozionanti ma era stata una illusione.
Da combattente di prima linea ero stato retrocesso a im.
basato di tappa. Non che io fossi nelle vere e proprie re.
trovie, ma il massimo che potevo osare di avanzare verso la
prima linea era di millecinquecento metri.
Rimasi per settimane in un sotterraneo al sicuro delle
bombe e ben rixaldato. Di tanto in tanto potevo andare
avanti. Era una notevoIe fatica fisica perchè si saliva e
si discendeva in tutte le direzioni attraverxl camminamen.
ti e buche fangose, finchè si giungeva alla prima linea ove
si combatteva aspramente. Durante queste brevi visite ai
combattenti, mi sentivo alquanto a disagio confrontan.
domi con essi. Si cominciava allora a lavorare la terra.
Non avevamo ancora un'idea esatta di ciò che signifi-
casse costruire una galleria o scavare una trincea. Conosce.
vamo queste espressioni per quanto ricordavamo gli insegna.
menti delIa scuola di guerra, ma come lavoro dei zappatori
del genio, al quale gli alt!; soldati non si sarebbero occu.
pati di buona voglia. Ma lassù, sulle alture innanzi a Com.
bra tutti scavavano alacremente. Ognuno aveva una mn-
~~ ~

3
I
ga ed una zappa e cercava di penetrare più profondamente
pwibile sotto la terra.
In certi punti i francesi erano distanti da noi soltanto
cinque passi ed era molto divertente sentirli parlare e ve.
der salire il fumo delle sigarette. Ogni tanto ci buttavano
dei pezzi di carta. Ci intrattenevamo con loro. tuttavia
cercavamo di darci più noia che fosse possibile scarnbian-
doci delle granate a mano.
A cinquecento inetri innanzi e a cinquecento metri
dietro le trincee, la folta foresta della Costa Larenese era
percossa dalle infinite pallottole che fischiavano costante.
mente. Sembrava impossibile che al di là potesse vivere un
solo uomo, ma le truppe di prima linea non ne soffrivano
tanto quanto gli uomini delle retrovie.
Dopo una di queste passeggiate che generalmente si
svolgevano nelle prime ore del mattino, coniinciava nuo-
vamente per me la parte noiosa della giornata. owern
quella durante la quale dovevo rimanere al telefono.
Durante i miei giorni di libertà mi abbandonavo alla
mia occupazione preEerita: la caccia. pichè la foresta del-
la Chairssèe mi offriva frequenti occasioni. Durante le mie
cavalcate avevo scoperto traccie di cinghiali e mi ero preoc.
cupato di individuarli per poterli appostare nella notte. Al.
cune magnifiche notti di plenilunio con il suolu coperto di
neve vennero in mio aiuto. Con la collaborazione della mia
ordinanza mi ero costruito degli csservatorii rialzati presso
determinati passaggi obbligati ave mi appostavo durante
la notte.
In questo mcdo trascorsi alcune notti sugli alberi ove
a! mattino mi trovavo completamente congelato. ma ciò era
L'ASSO NaMIW 35

redditizio. Una Femmina aveva particolarmente attratto la


mia attenzione perche ogni notte attraversava il lago a
nuoto per penetrare in un determinato punto entro un
cunpo di p t a t e e per poi allentarsi nuovamente a nuoto.
Mi sentivo naniraìmente attzatro a seguire questa bestia
+I da vi*. pera9 mi in agguato suila riva del
h p A muunottc Ia &v bestia era comparsa in cerca
& l p t o nothuno. Sparai mentre stava ancora nuo-
aio
h x h &m5 a d p k b ad una gamb; sarebbe certamente
v t ma h-to ad a&rnrL per una zampa e
dnilhrirr
idu ai* con la m a ordinanza per uno
scctta -*-o. d ' i m p r o n k mi passarono innanzi agli oc-
ch a i m i cmgtiiaù.
Smontato rapidamente a terra afferrai la carabina del
mio attendente s percorsi rapidamente un centinaio di me.
t i finche vidi avanzarsi un poderoso cinghiale: era ve.
-te un magnifico esemplare. Non avevo mai visto si-
m;li cinghiali e rimasi meravigliato delle sue forme gigan-
t d e Ora la sua pelle appesa nella mia camera costituisce
un trofeo e un meraviglioso ricordo.
Avevo sopportato questa esistenza per alcuni mesi,
quando finalmente cominci0 a manifestarsi una certa atti-
vità nel nostro settore. Era progetrata una piccola offensiva
sulla nostra frontiera. Mi sentivo immensamente lieto
di questa novità perchè I'ufJìciale di collegamento avrebbe
dovuto entrare in funzione. Ma dovevano invece designar.
mi ad altro servizio, la qual cosa mi face imbestialire. Scris-
si allora una lettera al mio Generale e le cattive lingue pre-
tendono che io abbia scritto: r i Cara Ecrellen;a., non sotio
venuto alla guerra per fare la raccolta delle uova e del fov.
maggio, ma ben altro M.
Da principio si pensò di silurarmi, ma poi invece fu
dato corso ad una mia domanda presentata da tempo, e fu
così che alla fine di maggio del 1915entrai a Ear parte del-
L'aviazione.
I! mio più ardente desiderio era esaudito.

IL PRIMO VOLO

Una mattina alle sette dovevo volare per la prima VOI-


ta. i1 mio stato d'animo subiva un comprensibile eccita.
mento perchè non sapevo immaginare come sarei stato ini-
. ,
ziato al volo. Ognuno che veniva interrogato da me, mi ri-
spndeva qualchecosa di diverso. La sera prima mi ero co.
ricato più presto del solito per essere più fresco il mattino
dopo per il grande momento. Ci recammo presto al campo
d'aviazione e per la prima volta presi posto nclia carlinga
di un velivolo. 11 vento dell'elica mi disturbava maledetta-
mente e mi rendeva impossibile di comunicare con il pilota.
Provavo la sensazione di rimanere fermo e che tutto vo.
lasse via. 11 mio elmetto scivolava. la sciarpa si slegava, la
mia giacca di cuoio non era abbastanza stretta, in una pa.
rola tutto andava male. Non ero ancora preparato a par-
tire quando il pilota diede tutto il gas e la macchina m e
minciò a scuotersi avanzando sempre più velocemente,
sempre più rapidamente. Io mi tenevo spasmodicamente
stretto. Ad un tratto lo scuotimento del rullaggio ce& e
mi accorsi di e w r e in aria. 11 terreno filava via vorticosa.
L ' M NEMICO

mente sotto le ali. Sapevo dove si doveva volare, verso qua-


k meta doveva dirigersi il pilota. ma dopo un breve volo
in linea retta facemmo una voltata a sinistra ed una a dee
stra. dopo di che prdetti completamente l'orientamento.
Non avevo più nessuna idea del posto ove eravamo. Allora
cominciai ad osservare il paesaggio sotto le ali. Gli uomini
sulla terra mi apparivano veramente minuscoli e le case
mi sembravano costruite con i cubi coi quali costruiscono
i bambini. Tutto appariva grazioso. In lontananza si
vedeva Colonia con la sua cattedrale simile a un giocat-
tolo. L'andare veloce al di sopra di tutto e di tutte le cose
suscitava in me un gradevole senso di elevazione.
Non mi importava affatto di aver perduto il senso
della direzione. gioivo d'una liberazione mai Frovata e pro,
vai una certa tristezza, quando il pilota mi disse che ormai
era tempo di ritornare sulla terra.
Avrei ardentemente voluto ripartire subito in vola,
non avevo subiro neppure un sintomo di quel malessere
che si prova sulle montagne t u s e o in altri divertimenti
del genere che ricordavo quasi odiosamente perchè mi ave.
vano causato qualche malessere, inentre in volo si pmva
l'assoluta sensazione della sicurezza e si sta tranquilli come
in una comoda poìtrona. E' assolutamente impossibile pro-
=re il senso della vertigine, ma è una forte gioia dei nervi
che si pmva volando. specialmente in seguito quando si
comincia a discendete, il velivolo si inchina verso la terra,
il motore diminuisce i giri e ci si trova in una calma infi-
nita, in un silenzio perfetto,
Mi ero nuovamente attaccato spasmodicamente come
pcawfido ad una caduta. m3 l'atterraggio fu così
38 RICHTHOFBN

che non mi accorsi nemmeno del momento preciso nel qua-


le le ruote si erano posate sulla terra. Le emozioni, la paura
sparirono rapidamente, tutto in me era entusiasmo e avrei
voluto volare per tutta la giornata, ma invece non potei
far altro che contare le ore sino al prossima volo.

VOLI DI RICOGNIZIONE CON MACKENSEN

I1 I O giugno 1915 arrivai a Grossenhain per essere di


li inviato al fronte. Naturalmente volevo raggiungere pre-
sto la prima linea perchè temevo di giungere troppo tardi
per partecipare alla guerra mondiale. Avrei impiegato tre
mesi a conseguire il mio brevetto di pilota e nel frattempo
temevo che avrebbe potuto essere conclusa la pace. ma ciò
non doveva avvenire.
Le mie qualità di ufficiale di cavalleria mi diedero la
possibilità di essere un buon osservatore, tanto che con mia
grande gioia dopo quindici giorni fui mandata in Russia,
suli'unica fronte ove si combatteva ancora la guerra di mo*
vimento.
Mackensen cominciava la sua vittoriosa avanzata. A-
veva sfondato le linee nemiche a Gorlice ed io giunsi pro,
prio mentre si occupava Rawa Ruska. Trascorsi una gior-
nata al campo d'aviazione dell'Armata. poi fui assegnato
alla famosa 69' Sezione ove come principiante mi trovai
alquanto a disagio. L1 mio pilota era un ci asso I,, il famoso
tenente Zeumer oggi storpio e zoppo. Degli altri sono ora
l'unico superstite.
Qui ebbe inizio il periodo più ardente della.mja vita
L'ASSO NEMICA 30

di osservatore, che tiitravia aveva molta analogia con quella


di ufficiale di cavalleria. Volavo di mattino e di sera, ripor-
tanào sovente informazioni preziose.

IN RUSSIA CON HOLCK

Rimasi tutto il giugno, luglio e agosto del 1915 pres-


ui la squadriglia d'aviazione che accompagnò Machensen da
Gorlice a Brest Litowsk. Vi ero entrato in qiialiti di osser-
vatore, ma ero disastrosamente novizio.
Il mio mestiere di ufficiale di cavalleria era stato di
andare spsui in ricognizione, così il mio compito di allora
entrava nella mia abituale sfera d'azione e trovavo grande
piacere nei lunghi voli di ricognizione che eseguivamo qua*
si ogni giorno.
Per L'osservatore è indispensabile avere un prode pia
Lota, così il giorno che si sparse la notizia dell'arrivo del
conre Haldc pensai immediatamente: i<ecco l'uomo che
occorre per me >I.
Holck apparve non in una lussuosa Mercedes di 60 HP.
come si sarebbe potuto immaginare. o in un vagone letto
di prima clacse. bensì a piedi. Q p c un viaggio in ferro*
via durato diversi giorni era finalmente giunto nei pressi
di Iaroslaw, e lì era disceso per una interminabile Fermata.
Aveva ordinato ai sua attendente di proseguire il viaggio
con i bagagli perche egli sarebbe andato avanti a piedi. Si
era dunque messo in cammino e d o p un'ora di marcia a
piedi si era voltato per vedere se il suo treno lo seguiva, ma
doveva continuare a camminate e camminare senza essere
40 RICHTHQFEN

raggiunto, b c h è dopo 50 chilometri di marcia aveva rag.


giunto la meta a Rawa Ruska. Ventiquattro ore dopo era
comparso l'attendente con i bagagli. 11 corpo di Holck era
così bene allenato che questa non era stata una impresa ec-
cezionale perchè per un uomo di sport quale egli era, cin-
quanta chilometri di marcia non costituivano cosa straor-
dinaria.
Il conte Holck non era soltanto un campione della
sella, ma era anche molto appassionato all'aviazione. Egli
era un meraviglioso pilota, oltre ad essere un prode com-
battente.
Abbiamo compiuto insieme numerosi voli di ricogni-
zione su1 terrirorio dei Rùssi; e con questo pilota che tutta-
via era giovanissimo non ebbi mai la sensazione di poca si-
curezza, anzi nei momenti critici egli rappresentava per me
la certezza e la fiducia. Quando mi voltavo e incontravo il
suo sguardo mi sentivo rianimato.

Il mio ultimo volo con lui avrebbe potuto essere di*


sastroso. In verità non avevamo una missione spec&a per
il volo, ma il nostro piacere consisteva appunto nel sentirci
completamente Iiberl di percorrere il cielo a nostro piaci-
mento.
11 nostro campo d'aviazione doveva essere spostato in
avanti e non sapevamo con precisione quale campo sceglie-
re per tale scopo. Per non deteriorare inutilmente la nostra
carcassa nell'atterrare, avevamo preso il volo in direzione
di Brest-Litowsk. I russi erano in piena ritirata,.tutro bru.
-'L NEMICO 41

&va e lo spettacolo era d'una bellezza tragica. Volevamo


riconoscere alcune colonne nemiche e per farlo giungemmo
sopra La città di Weiezniace tutta in fiamme. Una immensa
nuvola di fumo che raggiungeva i duemila metri ci im,
pediva di proseguire. petchè per vedere meglio non vola*
vamo ~ i alti
ù di millecinauecento metri di altezza. Hokk
stette un momento riflettendo, gli domandai cosa inten.
desse fare e lo consigliai a volare intorno a l a colonna di
fumo. wsa che avrebbe dlungato il nostro percorso di cin-
que minuti, ma che il pilota non pensava affatto di esegui.
re perchè più il pericolo aumentava più lo attraeva perciò
entrò decisamente ne1 fumo. Anche a me faceva piacere tra*
varmi con un camerata così ardimentoso, ma la nostra im.
prudenza avrebbe potuta costarci cara, perchè non appena
che la coda dell'apparecchio era scomparsa nel fumo mi ac.
corsi che il velivolo non teneva la linea di volo. Non vede,
vo più nulla, il fumo mi bruciava gli occhi. l'aria era molto
più calda e non scorgevo sotto le ali altro che un immenso
mare di fuoco, tmprowisamente il velivolo perdette l'equi-
librio e cominciò a precipitare capovolgendosi in basso. A
stento riuscii ad afferrare un montante per non essere
poiettato nel vuoto.
La prima cosa che feci fu di gettare uno sguardo sul
viso di Hokk e subito avevo ripreso coraggio perchè la
sua fisionomia era ferreamente sicura. L'unico mio pensiero
h: o è ben sciocco morire eroicamente in modo così inu*
tile
-. il.

In stgt~itodomandai a Holck avesse veramente


pensato in quel momento, egli mi rispose chc mai si era
sentito casi demoralizzato,
PrPopitammo sino a cinquecento metri sulla città in
fiamme. Forse h l'abilità del mio pilota o forse una volon-
tà superiore. forse furono entrambi, tuttavia ad un tratto
ci trovammo fuori della nuvoia di fumo e il nostro caro
Albatros si riprese rimettendosi in linea di volo. come se
nulla fosse accaduto.
Eravamo annoiati delle nostre ricerche per il nuovo
campo e desideravamo ritornare presto nelle nostre linee.
Eravamo ancora molto lontani sopra i Russi e a soli cind
quecento metri d'altezza. quando dopo cinque minuti di
volo risuonò dietro a me la voce di Holck annunciante che
il motore diminuiva di giri.
Debbo aggiungere che Holck non conoKeva il motorz
così come conosceva i cavalli e che da parte mia non ne
avevo la minima idea. Sapevo soltanto che se il motore
avesse cessato di funzionare noi avremmo dovuto atter-
rare presso i Russi e quindi essere fatti prigionieri ias.
sando di male in peggio.
Vidi che sotto noi i Russi marciavano ancora di buon
passo come potevo constatare benissimo da soli cinquecento
metri d'altezza e per il resto non mi occorreva di vedere
perchè i Russi sparavano all'impazzata contro di noi con
le mitragliatrici e il rumore sembrava simile a quello delle
castagne che scoppiano sul fuoco.
Ad un tratto rimanemmo con l'elica in crole perchè
il motore aveva cessato comple~amentedi funzionare. era
stato colpito. Discendevamo sempre di più verso la terra
6nchè riuscimmo appena a sorvolare un bosw per atterrare
in una postazione d'artiglieria ormai abbandonata e che io
stessa la sera prima avevo segnalato come l'dtirna postari~.
ne dell'artiglieria nemica.
Comunicai a Holck i mie? timori e saltati fuori daila
fusoliera. cercammo subito di raggiungere la foresta vicina
per metterci al sicuro e sulla difensiva, giacchè io disponevo
di una rivoltelia con sei cartuccie, mentre Hokk non aveva
armi.
Giunti sull'orIo del bosco ci fermammo ed io scorsi con
il binoccolo un soldato che correva verso il nostro apparec-
chia. Con mio grande terrore constatai che egli portava il
berretto o non I ' e h o a chiodo, quindi credetti che fosse
un russa, ma quando egli si awicinb a noi Holck ebbe
un grido di giubilo riconoscendo un granatiere prussiano
della guardia.
Le nostre magnifiche truppe ancora una volta aveva-
no conquistato la posizione con l'impeto di un solo assalto
sino dall'alba raggiungendo nella giornata le batterie di
linea.
Mi ricordo che in questa accasione Holck perdette il
suo portafortuna. un piccolo cagnolino che portava con se
in ogni v010 e che se ne stava quiebmente accovacciato
nella sua pelliccia in fondo alla carlinga. Poco dopo che
ebbimo parIato con i1 granatiere della guardia passarono al-
tre truppe. Fummo poi raggiiL?ti dallo stato maggiore e dal
Principe Eitel Federico con i suoi aiutanti e i suoi ufficiali
d'ordinanza. Il Principe ci fece dare dile cavalli e così noi
che eravamo aviatori di cavalleria sedemmo nuovamente
suile groppe di due motori... a foraggio.
Purtroppo nel proseguire perdemmo il cagnolino chc
dovette proseguire con altre truppe. Finalmente in serata
rientrammo al nostro campo wpra una catretta da batta,
glione. Il nostro apparecchio era rimasto cornpIetamentc
distrutto.
DALLA RUSSIA A O5TENDA

Dopo che in Russia la nostra offensiva si era lenta-


mente arrestata. fui improvvisameiite chiamato a Ostenda
per montare un grande aeroplano da battaglia, il famow
B.A.O. Andavo così a ritrovare Zeumer, mio vecchio ca.
merata ed ero affascinato dalla denominazione del grande
aeroplano da battaglia.
Nell'agosto 1915 arrivai dunque ad Ostenda. 11 mio
caro amico Zeumer era venuto ad incontrarmi alla stazione
di Bruxelles.
In quelia mia nuova destinazione trascorsi una vita al-
quanto piacevole sebbene poco guerriera. ma indispensabile
per addestrarmi acl essere aviatore da battaglia. Volavamo
sovente sebbene gli incontri can il mio nemico Eossero taris-
simi e sempre senza successo. In compenso si viveva untesi-
stenza alquanto affascinante. Avevamo requisito un alber,
go sulla spiaggia di Ostenda. facevamo il bagno ogni po.
meriegio e purtroppo i bagnanti erano esclusivamente mi,
litari.
Nel pomeriggio si beveva il nostro &e sulle terrazze
di Ostendz in vista deli'Arlantico, avvolti nei nostri accap-
patoi variopinti.
Un giorno. che come d'abitudine sedevamo confotre,
volmente sulla spiaggia, udimmo all'irnprowiso risuonare
l'allarme+ Ciò significava che la squadra navale inglese era
in vista. Naturalmente noi non ci lasciavamo disturbare da
simili norizie allarmistiche e si rimaneva tranquillamente
a bere il caffè. allorchk si intese gridare: o Ecqli 1) ed
L'ASSO NEMICO 45

avevamo potuto scorgere sull'orizzonte alcune ciminiere


fumanti sebbene non troppo distinte. e piìl tardi avevamo
potuto riconoscere le navi da battaglia.
Corremmo rapidamente a prendere dei binoccoli e ci
mettemmo in o~servazionescorgendo così diverse navi. Era
difficile stabilire quali intenzioni avessero ma dovevamo
saperlo ben presto. Saliti sopra un tetto per vedere meglio
intendemmo un sibilo immediatamente seguito da uno
scoppio formidabile. Una granata era caduta sula spiaggil
proprio laddove pochi minuti prima facevamo ii bagno. Mai
così rapidamente come aIlora mi sono eroicamente rifugiato
in una cantina.
La squadra inglese lanciò ancora tre o quattro colpi
contro noi e poi concentrò il suo fuoco principalmente sul
porto e sulla stazione di Ostenda; naturalmente senza riud
scire a colpire nu'lla d'interessante, ma mettendo i BeIgi in
grande agitazione. Una granata cadde in mezzo al magni-
fico Hotel Palazzo sttuato sulla spiaggia e questo fu l'unico
danno importante; fortunatamente essi avevano distr~itto
con le loro proprie granate una proprietà inglese.
Nelle ore della sera si volava ancora. Durante uno di
questi voli ci eravamo sospinti col nostro grande aereoplano
da battaglia alquanto lontani sul mare. I1 nostro velivolo
aveva due motori, esperimentavarno sopratutto un nuovo
timone di direzione che doveva consentirci di volare in li-
nea retta anche con un d o motore. Quando eravamo già
molto al largo avevo scorto sotto le ali una nave ma che
anzichè galleggiare sembrava sommersa. I1 mare visto dal-
l'alto appare in un modo stranissimo, quando è molto calmo
si può vedere sino a1 fondo. naturalniente non a profonditi
46 RICHTHOFEN

di parecchi chilometri, ma attraverso ad alcune centinaia


di metri di acqua si vede benissinio. Difatti non mi ero in-
gannato. la nave era sotto e non sopra I'aqua e tuttavia
poyevo distinguerla come se fosse stata suila superfice. Ri,
chiamai l'attenzione di Zeiimer e discendemmo alquanto
per meglio vedere. Non ero abbastanza uomo di mare per
riconoscere subito quel vasceilo, ma mi accorsi presto che
si trattava d'un sommergibile, del quale tuttavia mi era
molto difficile distinguerne la naz:onalità. Questo secondo
probleina era ancora più difficile e forse non avrebbe saputo
risolverlo neanche un vero marinaio. Da quella distanza il
colore era quasi irriconoscibile e i1 sommergibile non do-
veva certamente portare una divisa nella navigazione rom-
mersa. Avevamo due bombe ma io ero tremendamente
dubbioso se fosse stato il caso o no di lanciarle. Il sommere
g~bilenon doveva averci veduti perchè navigava a fior
d'acqua. ma noi avevanio tranquillamente potuto volarci
sopra per lanciare le nostre bombe nel momento che fosse
venuto campletamente alla superfice per cambiare l'aria.
Questo sarebbe stato indubbiamenfe un terribile momento
per la nostra arma sorella. Dopo che eravamo rimasti anco-
ra alquanto tempo in volo quasi per passatempo, d'improv.
viso io mi accorsi che uno dei nostri radiatori perdeva ac.
qua. Sebbene non fosse compito mio; il fatto mi sembrò ped
ricoloso e richiamai l'attenzione del pilota il quale mise im.
mediatamente il velivolo stilla via del ritorno. Ad occhio e
croce dovevamo essere a circa venti chilometri dalla spiag-
gia, questi venti chilometri dovevano essere superati ma i1
motore cominciava a rallentare. lo mi ero già preparato ad
un forzato bagno freddo, ma invece si continuava a volare
L'ASSO NEMICO 4?
meravigliosamente. Il nostro grande velivolo si lasciava can-
durre da un d o motore perchè il nuovo timone era su%-
ciente a correggere la direzione. Raggiungemmo così la co-
sta atterrando benissimo nel nostro campo di partenza,
Ecco cosa significa avere delfa fortuna. Se ¶uel giorno
non avessimo esperimentato il nuovo timone di direzione
saremmo certamente annegati.

IJNA GOCCIA DI SANGUE PER LA PATRIA

Non ero mai stato ferito. H o sempre sapiico abbassare


la testa o rientrare il ventre nel niomento critico e spessa
mi sono meravigliato di non essere rimasto colpito. Una
volta un proiettile attraversò i miei calzari di pelo: altra
volta ebbi una scarpa bucata ed anche la giacca di cuoio,
ma ne-un proiettile aveva mai toccato la mia carne. Un
giorno eravamo partiti con il nostro grande aeroplano da
battaglia per rallegrare gli Inglesi con alcune bombe. Rag-
giunto il bersaglio avevamo lanciato la prima bomba. Na,
turalmente è molto interessante constatare il successo del
bombardamento e si desidera sempre vedere almeno il pun-
to di caduta. Ma il mio grande aeroplano che serviva ina.
gnificamente per il trasporto delle bombe aveva il difetto
di non permettere di vedere il posto ove le bombe andavano
a cadere perchi. dopo il lancio sorvolava il punto di mira e
lo copriva con le ali. Questo mi aveva sempre disgustato e
mi toglieva la migliore soddisfazione, perchè quando in
basso risuona h scoppio e si scorge la cara nuvoletta bianca
c grigiastra in prossimità del posto preso di mira, se ne pro-
48 RICHTHOFEN

va una vera gioia. Per questo avevo fatto cenno al mio


bravo Zeumer d'inclinare l'apparecchio, ma avevo dimenti-
cato che il nostro barcone aveva due eliche giranti una a
destra e l'altra a sinistta del mio posto di osservatore. Così
mentre indicavo al pilota il posto di caduta della bomba
ricevetti un colpo sulle dita. Alquanto sconcertato mi ac-
corsi che avevo un dito ferito. ma Zeumer non si era ac-
corto di nulla.
Per quel giorno ne ebbi abbastanza di lancio di bom-
be, mi liberai in fretta di quelle che rimanevano e ci a£-
frettammo sulla via del ritorno.
La mia passione per il grande apparecchio da battaglia
che in verità non era mai stata eccessiva, dovette quel gior-
iio soffrire alquanto di questo lancio dortunato. Dovetti ri-
manere inoperoso per otto giorni senza la possibilità di vo,
lare. Ora non mi rimane aItro che un lieve difetto al ditd:
nia posso dire con orgoglio di avere io pure la inia ferita di
guerra.

IL MIO PRIMO COMBATTIMENTO AEREO


.. , ,
Tanto io che Zeumer desideravamo ardentemente
partecipare ad una battaglia aerea. Naturalmente voIando
con il nostro grande aeroplano da battaglia: i1 solo no-
me altisonante bastava a suscitare, in noi tanto coraggio da
farci considerare cosa impossibile &e il nemico avesse po-
tuto sfuggirci. Volavamo cinque o L i ore al giorno senza
riuscire ad incontrare un Inglese. Alquanto scoraggiati una
mattina avevamo intrapreso la nostra solita caccia quando
L'ASSO NEMICO 19

r
i
scorsi un Farman che volava tranquillamente in ricogni-
zione. 11 cuore cominciò a battermi violentemente quando
Zeumer si mise in direzione dellPapparecchionemico. Ero
ansioso di vedere cosa sarebbe accaduto, perchè non aven.
do mai partecipato ad un combattimento aereo le mie idee
in proposito erano molto vaghe, forse come le tue o mio
caro lettore, ma prima che potessi rendermene conto l'ingle-
se ed io ci eravamo lanciati l'uno contro l'altro. lo non
avevo sparati più di quattro colpi mentre l'avversario ini
aveva ripetutamente sparato sulla toda crivellandomi di
colpi. Debbo confessate che non avevo la sensazione del
pericolo perchè non mi rendevo conto quale potesse es.
sere il risultato finale di una simile lotta. Girammo ancora
&une volte l'uno intorno all'altro finche con nostra gran*
de meraviglia vedemmo l'Inglese filare allegramente suUa
via del ritorno. Tanto io quanto il mio pilota rimanemmo
alquanto delusi.
Ridiscesi sirl campo eravamo entrambi di pessimo umoe
. re. Zeumer mi rimproverava di aver sparato male, io lo rim*
pmveravo di non aver pilotato in modo da poter centrare
i miei colpi, insomma il nostro affiatamento di equipaggio
aereo che era sempre stato perfetto dovette quel giorno es-
sere turbato.
Esaminando il nostro aeroplano constatammo che
aveva ricevuto un rispettabile numero di colpi.
Nelb stesso giorno ripartimmo per un secondo volo
di caccia che come il primo doveva rimanere altrettanto in*
httuoco. Ero alquanto rattristato perchè mi ero immagi*
mta molto diversamente l'attività delle squadriglie da baa-
+ illudendomi che qualora avessi avuto la possibilità di
spare, l'avversario avrebbe dovuto sempre precipitare. Ma
presto dovetti convincermi come l'apparecchio possa soppor-
tare molto e giunsi a credere che avrei potuto continuare a
sparare quanto avessi voluto senza riuscire ad abbatterne
uno.
Non mancavamo certamente di ardimento. Zeumer sa.
peva volare meglio di qualsiasi altro ed io ero un discreto
tiratoi*. Dovevamo quind~trovarci innavzi ad un enigma.
Non solo a me succew così, ma la stessa cosa continua a
succedere a molti. E* un fatto che merita di essere profon-
damente studiato.

ALLA BATTAGLIA DELLA CHAMPAGNE

I lieti giorni di Ostenda furono brevi; doveva presta


accendersi la btta violenta nella Champagne e noi voIama
rno verso questo fronte partecipare all'azione con il no-
stro grande aeroplano da battaglia. Ma dovevamo presto ac-
corgerci che il nostro caro carrettone pur avendo delle ma-
gnifiche qualità non sarebbe mai stato un velivolo da bat,
taglia.
Un giorno volavo con Osteroth, che pilotava iin aero-
plano più piccolo del nostro solito barcone, quando circa a
cinque chilometri dal fronte c'incontrammo con un Farman
bipocto che si lasciò awicinare tranquillamente e vidi così
per la prima volta molto da vicino il nemico nell'aria.
Osteroth volava molto abilmente al suo fianco in modo che
potevo facilmente renderlo di mira, ma l'avversario non
&veva averci scorto ~ e r c h èero già al primo incaglio della
mitnglahice prima che egli avesse cominciato a sparare.
Qruado ebbi esaurita la mia dotazione di cento cartucce non
uedcvo ai miei occhi vedendo il nemico discendere in stra-
ne +di. Lo seguii con lo sguardo e diedi un piccolo colpo
& testa di Osteroth gidandogli: i<Cade, cade i, e in ve,
riti era precipitato in una grande buca ove potevo smr.
gerlo con il motore conficcato nella terra e la coda in aria.
Constatai sulla carta che era caduto cinque chilometri oltre
la hontiera e l'avevamo quindi abbattuto al di là delle no-
stre linee. In quel tempo non venivano conteggiati i veli.
voli nemici abbattuti oltre la frontiera, altrimenti ne avrei
avuto uno di più sulla mia lista. Tuttavia ero molto fiero
del mio successo, perchè ciò che conta non è il computo, ma
l'importante è che il caro amico giaccia a terra.

COME CONOBBI BOELCKE

In quel tempo Zeumer era riuscito a procurarsi un mo,


noplano Foker ed io non ebbi altro che la possibilità di stare
a guardarlo mentre se ne andava a volare soio per il mon-
do. Infuriava la battaglia della Champagne e gli aviatori
francesi si facevano sentire duramente. Dovendo essere con,
centrati in una squadriglia di combattimento partimmo il
primo ottobre 19x5. Nel vagone ristorante, al tavolo vicino
al mio sedeva un giovane tenente dall'aspetto insignificante.
Sembrava che egli non avesse alcuna ragione di attrarre la
nostra attenzione in modo particolare, solo una cosa era si-
cura. Egli era l'unico di noi tutti che avesse abbattuto degli
aviatori nemici: non uno solo, ma bensì quattro. Il suo
nome era già stato citato sul bollettino di guerra, Subivo
un certo fascino della sua esperienza; per quanto mi fossi
prodigato non ero ancora riuscito ad abbattere un solo a p
parecchio o almeno L'unico abbattuto non mi era stato rico.
nosciiito ufficialmente. Avrei tanto desiderato sapere come
faceva per vincere questo tenente Boelcke, difatti un gior-
no gli domandai: i<mi dica dunque come rime? i).Egli si
mise a ridere divertendosi della domanda che io avevo
formulato con tutta serietà e quindi mi rispose molto sem-
plicemente: «Mio Dio, volo contro il nemico, miro bene,
sparo ed egli precipita n. Scrollai la testa pensando che an-
ch'io avevo fatto la stessa cosa, con la sola differenza che
l'avversario non era caduto. ma la vera dfierenza consiste.
va nel fatto che egli volava con iin Foker mentre io con 11
grande aeroplano da battaglia.
Desiderai conoscere intimamente quest'uomo semplice
e simpatico che tuttavia ni'irnpneva una certa wggezione.
Giocammo insieme alle carte. andammo insieme a passeggio
e cercai di sapere molte cose da lui, così si maturò in me
una decisione: <IE' necessario che io impari a volare sul
Foker, allora forse le cose andranno meglio 11.
Ogni mio sforzo fu quindi concentrato per imparare a
tenere la leva di comando in prigno perchè sino allora ero
stato seniplice asservatore. Doveva presto presentarmisi l'm.
casione favorevole per volare con una vecchia carcassa. Co-
minciai a volare con grande zelo e dopo ventiquattro lezio-
ni a doppio comando ero alla vigilia di volare da solo.
IL MIO PRIMO VOLO DA SOLO

Nella vita vi sono dei momenti che suscitano iina vera


gioia dei nervi, ma credo che nessun'altra gioia possa egua-
giiare quella del primo volo da solo.
Una sera il mio maestro Zeumer mi aveva detto: 11 Ed
ora vola per conto tuo >i.Debbo confessare che gli avrei vo-
lentieri risposto di aver ancora paura, ma questa è una pa.
rola che il difensore della Patria non deve mai pronunciare.
e vinto l'attimo di sgomento montai sulla fusoliera. Ascoltai
ancora una volta tutta la teoria della manovra. ma ascoltavo
con un solo orecchio convinto che avrei dimenticato buona
metà di tutti quegli awettimenti.
Rullai sino al punto di partenza, aperta la manetta del
carburante il motore cominciò a dare una certa velocità al*
i'apparecchio e ad un tratto mi accorsi di trovarmi in aria.
In fondo non era un sentimento di paura quello che provavo
ma -10 di temerarietà. Ero indifferente a tutro. avrebbe p
tuto accadere qualunque cosa che io non mi sarei turbato.
Sdegnaso della morte £e& una grande curva a sinistra. chiu-
si il carburante all'altezza dell'albro che mi era stato indi.
cato r t d e scopa e rimasi come nell'attesa di un avveni-
mento. Dovevo fare la manovra più difficile, quella dell'at-
terraggio. Ricordavo tutta la manovra e la eseguii mecca-
nicamente sebbene l'apparecchio si comportase in un modo
alquanto divers~da quando lo pilotava Zeumer. Avevo per-
duta ii controllo di me stesso. avevo fatto dei movimenti
sbagliati e mi trovai sulla terra con l'apparecchio capovolto.
Con molta tristezza contemplai i danni che per fortuna era.
M RICHTHDFEN

no lievi e che presto si sarebixro potuti riparare, inoltre do-


vetti subire le beffe dei compagni.
Due giorni dopo ripartii can grande entusiasmo sii1
mio apparecchio e caso strano tutto andò bene.
Dopo quindici giorni mi presentai all'esarne.
Un certo signor T, owero il segnale di cemento sul
prato che indicava il posto ovc si dovevano posare le ruote,
era l'arbitro della mia prova. Eseguii in aria alcuni voli co-
me descrivendo dei numeri otto, gli atterraggi prescritti e
dopo discesi alquanto orgoglioso, ma con mia grande wr.
presa dovevo apprendere di essere stato bocciato e che
non mi rimaneva altro da fare se non ripetere più tardi il
mio primo esame.

ALLENAMENTO A DOEBERITZ

Dovetti recarmi a Berlino per essere sottoposto al nuo-


vo esaine. Approfittai dell'occasione per mettere a punto un
apparecchio gigante e a tale scopo mi feci comandare a Doe-
beritz (15 novembre 1915). Nei primi giorni .quel velivolo
gigantesco aveva suscitato in me un grande interesse, ma
dovevo giungere presto alla conclusione che questa g a n d e
macchina non p t e v a servire alle mie aspirazioni e che solo
il piccolo velivolo da caccia avrebbe potuto darmi la p s i -
bilità di agire come aviatore da battaglia. Questo grande
ordigno non era abbastanza maneggevole. 'mentre per il mio
scopo mi occorreva sopratutto un velivolo molto sensibile
ai comandi.
Era un grande apparecchio, di proporzioni veramente
+rcPchr in confronto di un piccolo caccia; ma se aveva
h ponibili& di portare un buon carico di bombe. d'altra
pra ma aswluramente disadatto al combattimento aereo.
?.li presentai agli esami a Dceberitz ~initamentead un
a r o amico. il tenente Lyncker. Eravamo diveniiti ve-
m e n t e amici essendo animati dalle stesse passioni ed averi-
do le stesse aspirazioni per le nostre future attiviti aviato-
rie 11 nostro p n d e desiderio era di volare con un Foker
da caccia e di essere destinati ad una squadriglia da batta.
glia sulla frontiera occidentale. Dovevamo raggiungere que.
sta nostra grande aspirazione circa un anno d o ~ o ,ma
potemmo combattere insieme ben poco perchè il mio com.
pagno f u colpito a morte mentre abbatteva il suo terzo av.
versario.
A Doeberitz abbiamo vissuto wvente ore piacevoli
ed interessanti specialmente quando dovevamo fare degli
atterraggi fuori campo in aperta campagna.
In quest'occasione univo l'utile al diIettevole. Avevo
prescelto come terreno di atterraggio la fattoria Buchow che
conosceva minutamente e dove venivo invitato a cacciare il
cinghiale. Ma questo non poteva essere sempre in armonia
con il mio servizio perchè nelle belle serate volevo volare,
tuttavia non sapevo rinunciare aila mia grande passione per
la caccia e quindi mi organizzai in modo che il mio campo
di atterraggio fosse in prossimità del terreno sul quale do,
vevo cacciare.
Portavo con me u n secondo pilota come osservatore e
con lui rimandavo l'apparecchio al campo. Durante la notte
rimanevo in attesa del cinghiale e se il mattino dopo i1 mio
pilota non fosse ritornato a prendermi mi sarei trovato nel*
I'irnbarazzo di dover percorrere &eci chilometri a piedi. Mi
occorreva dunque iin uomo che fosse disposto a volare con
qualsiasi tempo, perchè non tutti sono disposti ad infischiar-
sene deUa pioggia e delle nuvole, tuttavia riuscii a trovare
un amico adatto per tale favore.
Una mattina, dopo che avevo trascorso la notte alla
caccia ero stato improwisamenre assalito da una tremenda
tempesta di neve. Non si poteva vedere a cinquanta metri
di distanza. erano le otto, l'ora fissata percve il mio pilota
fosse venuto a prendermi. Questa volta speravo veramente
che egli non arrivasse: quando ad un tratto intesi sopra
di me il ronzio di un motore senza che potessi vedere le ali.
ma cinque minuti dopo il mio velivolo giaceva dinanzi a
me leggermente coperta di neve.

PRIMI VOLI

I1 giorno di Natale dell'anno rgi5 superai il mio terd


zo esame ed ebbi anche occasione di compiere un volo sino
a Schwerin per visitare le officine Foker. Portai come osser-
vatore il mio montatore ed in seguito volai con lui da Ber.
lino a Breslavia, da Breslavia a S'chweidnitz, da Schweida
nitz a Lubecca e da Lubecca a Berlino.
Ovunque mi fermavo a salutare parenti ed amici e a
me vecchia osservatore non riusciva difficile orientarmi in
volo.
Nel mese di marzo 1916 fui destinato alla seconda
squadriglia da battaglia innanzi a Verdun e mi allenavo al
combattimento; espetimentavo come si porta un velivolo
durante la battaglia, Allora pilotavo un apparecchio a due
posti.
Nel bollettino di guerra 26 aprile 1916 fui citato per
la prima volta all'ordine del giorno sebbene non personal-
mente ma Lensì per la mia azione, ~ v e v ifistaiiato
o sul mio
apparecchio una mitragliatrice fra le due superfici Frtanti,
quasi come nei Nieuport ed ero molto fiero della-mia in+
novazione sebbene suscitasse una certa ilarità. perche aveva
un aspetto alquanto primitivo. Naturalmente io avevo una
fiducia cieca in questa arma e ebbi presto occasione di met-
terla praticamente alla prova. W

Durante un volo incontrai un Nieuport che senza dub-


bio dovcva essere pilotato da un novizio perchè si compor-
tava alquanto mahmente. Gli volai incontro ed egli cercò
di filare via forse perchè aveva Ia sua mirragliatrice già
inceppata* Non avevo la sensazione di combattere ma peri*
savo semplimcnte a ciò che sarebbe successa se egli mi
avesse sparato contro. Intanto ero riuxito a raggiungerlo
volandogli vicino ad una distanza minima ed allora, xhiac.
ciata la leva della mia mitragliatrice, avevo fatto partire
una bteve serie di colpi ben centrati. Vedendo il Nieuport
impennarsi e capovoIgersi, tanto io quanto il mio osserva-
tore credemmo in principio che si trattasse di una delle
tante acrobazie che i Francesi usano conipiere, ma ambra-
va che questa brzvura non avesse &C pcrchè I1apparecchio
nemico continuava a precipitare verso il basso, finchè il mio
osservatore mi diede un piccolo colpo sulla testa gridan.
domi: a congratuiaziani. conpratulazioni. quello cade v, ed
avevamo effettivamente visto l'apparecchio precipitare in
un k o oltre la frontiera di Douaumont, sino a sparire fra
58 RICHTHOFEN

gli alberi. Ero convinto di aver abbattuto questo nemico ma


purtroppo era caduto oltre le linee. Appena rientrato, nel
rappcrto che dovevo presentare. scrissi semplicemente:
(i Un combattimento aereo, un Nieuport abbattuto >i. il
giorno dopo dovevo leggere l'annuncio di questa mia eroi-
ca impresa sul bollettino di guerra, e di questo fui molto
orgoglioso sebbene ;INieuport non sia ufficialmente ricono-
sciuto fra le mie vittorie (i).
Bollattino dl guerra del 28 aprile 1016.

h Nel cielo di Fleuy, a Sud ed ad Occidente di Douau.

mont, due aeroplani nemici sono stati abbattuti in combat.


timertto dai nostri aviatori D.

MORTE Di HOLCK
Quando ero ancora giovane pilota. andando un giorno
in volo di caccia al disopra del forte di Douaiimont che era
fatto segno ad un violento fuoco di demolizione, avevo vi.
sto un Foker tedesco attaccare tre Caudron francesi. Sfor-
tunatamente soffiava un impetuoso vento di ponente e
quindi sfavorevole. Nello svolgimento del combattimento
fu inseguito dal nemico sino oltre Verdun e tanto io, qiianto
il mio osservatore pensavamo che il pilota dove essere
veramente eccezionale, anzi supponevamo fosse Boelche e
ci proponevamo di sincerarcene in seguito. Ad un tratto mi
accorsi con terrore che i'assalitore si era messa sulla difen-
siva. 1 francesi che nel frattempo si erano rafforzati ed ora
(1) Richlholen ha abbaltuti oltre fl0 appnrccclii iiemici. ma glisnc
hanno riconosciuta 81 pe1Cl1e solo quesli sono cadiiti entin Ic Xnee
tcdewhe.
au>o h o dieci a lottare contro uno, spingevano il te-
hrm pmpre più in basso. lo non potevo assolutamente vo-
izrt in YK> aiuto perche ero troppo lontano e con il mio ae-
q h o pzsante non riuxivo a volare contro vento. Il Foker
si ddendeva disperatamente. i nemici lo avevano costretto
a scendere a soli seicento metri di quota, quando improwi.
samente venne ancora attaccato da uno dei suoi inseguitori
e lo vedemmo sparire in candela oltre un cumulo di nuvole.
Allora avevo sperato che fosse riuscito a salvarsi c giunto
ai campo raccontai &o che avevo visto, ma dovevo appren-
dere ctie si trattava veramente di Holck, il mio vecchio
compagno di volo della frontiera orientale, che da poco
tempo era divenuto aviatore da caccia a Verdun. Colpito
alla testa il conte Holck era caduto verticalmente. Io povai
una profonda tristezza ,per la morte di questo compagno
prchè egli non era soltanto un esempio di temerarietà ecs
cezionale, ma, anche come uomo. rappresentava una per-
sonalità non comune.

VOLO NELLA TEMPESTA

La nostra a~tivitàaerea dell'estate del 1916 nei pressi


di Verdun era spessn disturbata dai temporali. Non vi è
nuIla di più spiacevole per un aviatore che dover volare
nella pioggia. Fu così che durante la battaglia della Somme
una intiera squadriglia inglese dovette atterrare nele no.
stre linee perchè sorpresa da una violenta tempesta e tutti
furono fatti prigionieri.
Io non avevo ancora provato il volo nella tempesta e
non seppi resistere alia tentazione di provate anche questa
emozione. Già durante la giornata si vedeva nell'aria la
minaccia di iin temporale. Dal mio aeroporto di Mont ero
volato sino alla vicina Metz per definire alcune pratiche ed
ecco ciò che avvenne durante i1 mio volo di ritorno:
Ero sul campo di volo a NIetm e volcvo tornare in gior-
nata alla mia base Mentre traevano fuori dal capannone il
m10 aeroplano cominciavano a farsi sentire nell'aria i sin-
tomi della tempesta.
Il vento sollevava Ia sabbia e dei ciimoli di nuvole ne-
rissime si avanzavano dal Nord. AIcuni vecchi piloti mi
sconsigIiavano di partire, ma poichè io avevo assolutamente
promesx, di ritornare m i sembrava pusillanime non farlo a
causa di uno stupido temprale. Difatti feci lanciare l'elica
e apersi decisamente il comando del carburante. Ero appe-
na partito quando cominciò a piovere e dovetti subito to.
gliermi gli occhiali per vedere meglio. La tempesta inhria-
va proprio nelle valli della Mosella che io dovevo sorvo-
lare. Mi tacevo corzggio pensando che andando avanti tutto
si sarebbe accomodato e mi avvicinavo sempre maggior-
mente alle nuvole nere che erano bassissime sulla terra. Vo-
lavo a pochi metri dal suolo scavalcando alberi e case. Da
un pezzo non sapevo con esattezza la mia posizione perchè
la rempesta trasportava il mio velivolo come un foglio di
carta e lo saraventava innanzi. R l i sentivo il cuore alla
gola ma non potevo atterrare sulle montagne e ¶uindi non
potevo fare altro che continuare il volo.
Intorno a me tiitto era nero come durante un volo
notturno, sotto di me la tempesta curvava gli alberi e al-
l'improvviso mi trovai innanzi ad un'altura bascosa che do,
L ' m WMICO G1
vevo sorvolare. Il mio buon Albatros superò la prova por-
tandomi dall'altra parte. Il mio volo era simile ad una corsa
agli ostacoli al dicopra di alberi, villaggi e sopratutto di cam.
panili e camini poiche poteva volare ad una quota massima
di venti metri di altezza per vedere ancora qualche cosd
attraverso le nuvole nere. Dovevo volare in linea retta sor-
volando tutti gli ostacoli che si presentavano sul mio per.
corso. Inrorno a me cadevano fulmini. Ignoravo che il ful.
mine non potesse colpire l'apparecchio e credevo di andare
verso una morte sicura, perchè la tempesta avrebbe certa.
mente abbattuto le mie ali contro un villaggio o gli alberi
delle foreste. Se poi il motore si fosse fermato sarei stato
inesorabilmente perduto.
Improwisamente scorsi una zona di luce sull'orizzon-
te. In quell'mgolo di serenità finiva il temporale e raggiun.
gendolo sarei stato salvo. Raccogliendo tutta l'energia della
quale è capace l'uomo giovane e spensierato mi misi in di-
rezione di quella luce.
, Come se ne fossi stato strappato fuori mi eovai al di là
della nuvola tempestosa. volavo ancora nella ~ioggiadirot-
ta ma cominciavo a sentirmi sicuro.
%rnpre xitto la pioggia dirotta atterrai nel mio cam.
po ove tutti mi aspettavano ansiosamente poichè da Metz
era stata annunciata la mia partenza ed era stato comuni-
cato che mi avevano visto scomparire nelle nuvole.
Penso di non volare mai più nella tempesta se non
sarà proprio necessario per una azione di guerra, tuttavia
poichè nel ricordo tutto è bello anche questa volta ebbi al,
sensazioni grandiose che mi è caro aver aggiunte alla
mia esperienza di aviatore.
PRIMO VOLO D1 CACCIA

Sin dali'inizio della mia carriera d'aviatore avevo ar-


dentemente desiderato pilotare un monoposto da caccia. Fi-
nalmente dopo aver molto insistito ottenni dal inio Coman.
dante I'aritorizzazione d i volare con un Foker. 11 motore che
girava SU se stesso era per me una grande novità come pure
mi affwinava il fatto di volate solo nel piccolo aeroplano
da caccia.
Mi era stato assegnato un Foker insieme ad un com-
pagno che è morto più tardi. lo volavo nel mattino, Iiii nel
pomeriggio. Ciascuno di noi temeva che l'altro avesse po-
tuto sfracellare il nostro trabiccolo. Nel secondo giorno vo.
lammc verso il nemico. A l mattino io non avevo incontrato
nessun aviatore francese. Nel pomeriggio era stato di turna
il mio compagno, ma egli non ritornò; per tutta la gior-
nata non si ebbero notizie di lui e solo a tarda sera
i comandi delle lanterie di linea annunciarono un combat*
timento aereo fra un h'ieuport e un Foker biro con l'ab-.
battimento del tedesco sulla collina dell'LJomo Morto. Poi-
h & tutti gli altri aviatori erano rientrati al campo, l'abbat.
tuto non poteva essere altro che Reimann. Rimpiangevamo
tutti con molta tristezza il nos:ro ardito compagno, quan,
do giunse improvvisamente la notizia telefonica che un Uf.
ficiale aviatore tedesco era comparso innanzi alle nostre vc-
dette di fanteria nelle posizioni sulla collina dell*Uomo
Morto. Egli aveva subito detto di essere Reimann ed ave-
va raccontato di essere stato costretto ad atterrare avendo
avuto il motore colpito. Non essendo riuscito a raggiun.
L'ASSO NEMICO 63

gere le nostre Iinee era disceso tra il nemico e noi. Poichè il


suo apparecchio era rimasto intatto aveva subito pensato ad
incendiarlo, nascondendosi poi a poclie centinaia di metri
di distanza nella buca di una granata: giunta la notte era
riuscito a strisciare sino alle nostre trincee. In questo modo
è finito il mio primo monoposto da caccia.
Dopo alcune settimane ebbimo in consegna un nuovo
velivolo e questa volta fui io stesso a sentirmi in dovere
di metterlo fuori uso. Difatti al terzo volo sopra quelle pic.
cole ali veloci ebbi un'avaria al motore appena partito e
fui costretto a discendere in un campo di avena, ove in un
solo attimo il mio meraviglioso monoposto fu ridotto dal-
l'urto ad un groviglio di rottami. Per un vero miracolo io
rimasi illeso.

BOMBARDAMENTI IN RUSSIA

In giugno ricevemmo l'ordine di partire. Non sapeva*


rno quale sarebbe stata la nostra meta, ma ne avevamo avu.
to un certo sentore perche quando il nostro Comandante
credette di farci una sorpresa comunicandoci che si andava
in Russia, non ne rimanemmo troppo tneravigliati. Viag.
giammo attraverso tutta la Germania con il nostro i r treno
casa ,I composto di vagoni letto e di un vagone ristorante:
6naimente giungemmo a Kovel, ove continuammo ad abi.
t u e il nostro vagone ferroviario perchè questo genere di di.
mora offriva molti vantaggi quale quella di =sere sempre
punti a proseguire il viaggio senza essere mstretti a cam-
bure continuamente alloggio. Ma con il caldo dell'estate
rl vagane letto divenne la piU insopportabile abitazione che
si possa immaginare, difatti io e i miei due compagni Ger.
stenberg e Scheelc preferimmo emigrare nella vicina foresta
ove ci eravamo innalzata una tenda vivendo la vita degli
zingari. Là trascorremmo dei giorni veramente felici
La nostra squadriglia di combattimento doveva ape,
rare molto neUe azioni dibombardamento sulla Russia. Un
giorno partimmo con tutti i nostri velivoli per bombardare
un imprtante centro ferroviario. La stazione si chiamava
Manjewicze e non distava dalle linee altro che iina trentina
di chilometri, quindi non esageratamente lontana.
I Russi avevano progettato una offensiva per la q,uale
la stazione si era riempito d i treni posti ULIO accanto atl'ale
tro. Altra zona era coperta da treni in corsa e dall'alto si
potevano vcdcre benissimo i convogli di truppe ad ogni
rtazione.
Ciascuna delle nostre squadriglie aveva spiccato il
volo verso la Russia separatamente ma in formazioni ben
serrate. Quando i velivoli vennero preparati per la pare
tenza ogni pilota aveva provato ancora una volta il suo
motore perchè è alquanto spiacevoIe essere costretti ad at-
terrare presso il nemico specialmente in Russia. Difatti i
Russi divengono come pazzi al vedere un aviatore e quanp
do riescono a prenderne uno lo amlnazzano ferocemente.
Questo è l'unico pericolo sulla frontiera russa perche si può
dire che non vi sieno aviatori. E se per caso si riesce ad in,
contrame ilno è seinpre qualche sfortunato che viene pre,
sto abbattuto. Le artiglierie contro aerei sono spesso ottime
ma in numero insufficiente. Ad ogni modo volare nell'est
al confronto con i voli nell'ovest è come riposare.
1 ve1ivoIi vengono spinti a fatica sino al punto di par.
tcnu perche sono stati caricati di bombe sino alla massima
pomta. Talvolta con un normale aeroplano ,( C I) ho tra-
v t o persino centocinquanta chilogtamnii di b m b e 01,
m ad un osservatore ben pasciuto, che non dimostrava di
&e la carestia di viveri. Portavo inoltre due mitraglia.
t& da adoperare in casa di qualche brutto incontro. ma che
purtroppo in Russia non ebbi mai possibilità di esperimen.
iare. Sono alquanto spiacente che nella mia collezione di vit.
torie aeree non vi sia un solo velivolo russo perchè la sua coc.
cada avrebbe ben figurato sulla parete della mia casa. Que-
sti voli di bombardamento con velivoli eccessivamente ca-
ricati, specialmente nelle ore del mezzogiorno non sono mol-
to semplici. Le ali oscillano in modo spiacevole e se non
psxino precipitare perchè sosteniite da iin niotore di cen-
tocinquanta cavalli non danno sensazioni gradevoli, special-
mente quando si pensa di trasportare notevoli quantità di
benzina e di esplosivi, ma poi si viene a trovarci come in
una quieta navicella aerea e si compiono i voli di bombar,
damento con grande entusiasmo.
E' bello volare diritti verso iina meta ben definita e
w n una missione precisa. Dopo aver eseguiti i bombarda-
menti si ha veramente la sensazione di aver compiuto azio-
ni interesanti, mentre spesso dopo un volo di caccia du-
rante il quale non si sia abbattuto un nemico ci si deve
rimproverare di non aver saputo fare meglio, Io ero moltc
;pparsionato per i bombardamenti. Il mio compagno a po+
co a poco si era allenato a portarmi sulla verticale esatta del
+Lo e con l'aiuto del siio traguardo di mira sapeva ese-
guirt il lancio al momento opportuno. Ho eseguito spesso
&ivoli sino a Manjewicze sopra un percorso molto inte-
5
ressante. Si sorvolavano delle immense foreste nelle quali
dovevano scorazzare cervi e linci. I villaggi apparivano de-
serti e certamente le volpi potevano andare a loro piaci-
mento. L'unico agglomeramento di una certa importanza
era Manjewicze. Intorno al paese erano state innalzate mol.
te tende e molti baraccamenti circondavano la stazione fer-
roviaria. Non si scorgevano bandiere della Croce rossa. Pri-
ma di noi era già passata di là altra squadriglia e si scorge-
vano gli effetti del bombardamento da alcune case distrutte
e da baracconi ancora fumanti, Si poteva anche scorgere
nettamente una parte della stazione che era completamente
crollata. Una locomotiva fumava ancora pur essendo ferma
e certamente i macchinisti dovevano essersi rihgiati al si-
curo. In altra direzione si scorgeva invece una locamotiva
lanciata a gande velocità e naturalmente quell'aggeggio di*
venne subito il nostra bersaglio. Volammo verso la loco*
motiva e appena sorpassata la macchina di un centinaio di
metri lanciammo una bomba. 11 nostra desiderato scopo era
stato subito raggiunto perche vedemmo la locomotiva arre-
starsi. Cambiata direzione lanciammo tutte le nostre bom.
be sopra la stazione ferroviaria mirando bene attraverso il
nostro traguardo di mira. Avevamo a nostra disposizione
tutta il tempo necessario senza alcuna preoccupazione per-
che se anche nelle vicinanze vi era un aerqmrto ~iiemico,gli
aviatori di quel campo rimanevano invisibili. Si sentivano
ogni tanto dei colpi delle artiglierie contro aerei, ma in dire.
zione alquanto lontana dalla zona da noi sorvolata.
Avevamo conservato una bomba per adoperarla in
modo specialmente &tace durante il volo di ritorno. Sore
volando un campo d'aviazione nemico scorgemmo un aviae
L'ASSO NEMICO 67

tore che si accingeva a partire in volo per salire ad attac-


carci: ma ciò non era molto esatto i n q u a n t ~ h èl'aviatore
russo preferiva forse innalzarsi in volo piuttosto che rima-
nere a terra cotto il nostro bombardamento.
Eseguimmo ancora qualche altro giro in cerca di ac-
campamenti ove avremmo potuto divertirci a xaricare le
nostre mitragliatrici sopra le truppe.
Le popolazioni semi selvagge come questi asiatici sono
ancora più paurose degli europei civilizzati.
E' poi speciahente interessante sparare dall'dto con.
tro la cavalleria nemica. Si produce uno soompiglio indexti*
vibile, perchè i cavalleggeri cominciano a fuggire all'im.
pazzata in ogni direzione e non r i m o a dominare i ca-
valli spaventati ed io stessa non avrei voluto essere in te.
sta ad uno squadrone di cosacchi prem di mira da aviatori
nemici. Giunti finalmente in vista delle nostre linee dove-
vamo alleggerirci deUa nostra ultima bomba che decidem*
mo di lanciare sopra un pallone frenato dei russi. Dixen-
demmo tranquillamente sino a poche centinaia di metri ed
eseguimmo il lancio sopra il pallone. I riissi stavano appun-
to compiendo la manovra per abbassare rapidamente i! pal*
lone, 'm l'operazione venne interrotta appena caduta la
bomba. Noi non eravamo riusciti a colpire il pallone ma i
russi dovettero rimanere talmente wrpreri daUa paura, che
hggirono subito nei ricoveri abbandonandp il loro ufficiale
d a navicella sospesa in aria. Raggiunto il nostro fronte e
k w t r e trincee ebbimo la possibilità di constatare con no*
ma grande meraviglia che i russi ci avevano sparato con-
uo perchè ciò era dimostrata dal buco di un proiettile che
a-va attraversato una delle nostre ali.
O8 IUCHTHOFEN

Altra volta eravamo stati informati che nella stessa re.


gione i russi volevano attraversare lo Stokhohd e iniziare
una offensiva. Questo bersaglio era divenuto subito la no-
stra meta e giunti sul posto minacciato con il massimo ca,
rico di bombe e con niolte cartucce di mitragliatrici. con
nostra grande meraviglia ci accorgemmo che la cavalleria
nemica aveva già iniziato il passaggio del fiume. Tutte le
truppe dovevano passare per un solo ponte qilindi era evi-
dente che se fossimo riusciti a colpire dall'alto questo unico
punto di passaggio obbligato, il nemlco ne avrebbe subito
un danno enorme. Inoltre nelio stretto pascaggio si accu-
mulavano ingenti masse di truppe e discesi alquanto in
basso, ptemmo riconoscere che la cavalleria nemica galop
pava a tutta velocità sul breve varco. La prima bomba scop
piò poco lontana, la seconda e la terza seguirono a breve
distanza suscitando uno scompiglio indescrivibile. Effetti-
vamente il ponte non era rimasto colpito tuttavia il tran-
sito era completamente cessato perchè uomini e cavalli fug.
givano in tutte le direzioni della terra. Con tre sole bombe
avevamo ottenuto un notevole successo, ma ciò era ben p-
co in confronto di quanto potemmo raggiungere in seguito
con I'inipiego di tutta la squadriglia. 11 mio osservatore con-
tinuava a scaricare ia sua mitragliatrice contro i nemici
e questo modo di combattere era divertentissimo. Non co.
110x0con esattezza i dari del nostro succesw, perchè i russi
non ventiero certamente a raccontarcelo. ma sono ferma.
mente convinto che l'attacco dei russi sia stato completa-
mente respinto con la sola azione degli aviatori.
L'W NEMICO 69

FINALMENTE!

Il sole d'agosto era insopportabile sulla sabbia dei cam-


po d'aviazione di Kowel. 9i stava discorrendo fra coinpa-
gni quando uno disse:
« Oggi arriverà il celebre Boelcke, egli viene a Kowel
per vederci o meglio per visitare suo fratelb Difatti alla
22.

sera giunse il grande uomo che fu subito preso di mira dai


nostri sguardi attoniti e dopo averci raccontato niolte cose
interessanti del suo viaggio in Turchia dal quale era ap-
pena di ritorno diretto al Quartiere Generale, disse che sa.
rebbe andato nella Somme per continuare il suo lavoro e
per costituire una nuova squadriglia da caccia. Egli era au-
torizzato a scegliere Era gli aviatori quei piloti che gli fos-
sero sembrati adatti allo scopo. io non osavo pregarlo di
accettarmi nella sua squadriglia. Non che dovessi annoiar-
mi presa il mio reparto, anzi succedeva il contrario perchè
eseguivamo spesso voli lunghi e intrressanti e con le nostre
bombe abbiamo mandato in aria diverse stazioni ferroviarie
dei nos~rinemici; ma ero irresistibiimente attratto dall'i.
dea di ritornare a combattere nel cielo della frontiera &ci-
dentale per un U&ciale di cavalleria è aspirazione
naturale appartenere ad una squadriglia da caccia. Nei mat,
tino seguente Boelcke doveva ripartire ed io ero rimasto
molto stiipiro quando in ora assai mattutina avevo sentito
bussare alla mia parta ed avevo visto comparire dinanzi a
me il grande uomo decorato al merito di guerra. Non sa-
pevo rendermi conto di ciò che potesse desiderare da me:
come ho già detto 10 conoscevo da tempo, ina ero molto
lontano dal pensare che egli fosse venuto a cercarmi per
chiedermi di divenire sua allievo. Quando egli mi doman-
dò se avrei desiderato andare con lui nelIa Somme provai
un desiderio di abbracciarIo.
fre giorii dopo sedevo nuovammte in treno per per+
correre tutta la Germania sino a raggiungere il mio nuovo
campo di volo. Finalmente stava per avverarsi il mio desi-
derio più ardente e doveva anche aver inizio il tempo mi+
gliore della mia vita. Io allora non osavo sperare che il
mio desino di aviatore sarebbe stato così Eortunato e tic.
co di successi, maigrado che alla partenza un caro amico mi
avesse augurato di non ritornare senza la medaglia al me.
rito di guerra.

LA MIA PRIMA VITTORIA

Eravamo tutti sul campo di tiro, e uno dopo l'altro


cercavamo di abbattere il bersaglio puntando le nostre mi-
tragliatrici nella posizione che ciascuno credeva più favore.
vole. I1 giorno prima avevamo iicevuto i nostri nuovi ap.
parecchi e la mattina seguente dovevamo volare con Boel.
cke. Eravaino tutti dei principianti; nessuno poteva anma
vantare un successo. Quello che Boelcke ci diceva era
quindi per noi vangelo. Negli ultimi giorni. sapevamo che
egli aveva abbattuto ogni mattina uno o anche due inglesi.
La matrina seguente. qiiella del 17 settembre 1916,
il tempo era magnifico, Dovevamo attenderci una notevole
attività di volo da parte degli aviatori inglesi.
Prima di salire Boelcke ci diede ancora alcune precise
istruzioni e per la prima volta volammo in formazione, sote
to la guida di quell'uomo tanto prode, al quale ci affidava*
rno ciecamente.
Appena giunti sul nostro Fronte smrgemmo nel cielo
delle nostre linee una squadriglia nemica diretta verso Cim*
bràis. Boelcke fu naturalmente il primo a scorgerla, come
se egli avesse indubbiamente veduto più degli altri. Presto
avevamo compreso la sua manovra e ognuno di noi cercava
di seguire il più da vicino possibile Boelcke, rendendoci
tutti conto che stavamo per subire il nostro primo esame
sotto gli =chi del nostro venerato maestro.
Ci avvicinavamo lentamente alla squadriglia nemica,
ma ormai non poteva più duggirci: eravamo vicini al fron.
te. Se l'avversario avese voluto indietreggiare avrebbe do-
vuto passare innanzi a noi. Contavamo già gli apparecchi
nemici e constatainino che erano sette mentre noi eravamo
in cinque. Tutti gli inglesi volavano su grandi aeroplani da
bombardamento a due posti. Qualche secondo ancora e la
lotta avrebbe avuto inizio perchè Boelcke si era già male.
dettamente avvicinato al primo, ma non aveva ancora spa,
nto. Io ero il secondo, a pochissima distanza da me segui-
vano i miei compagni. L'inglese più vicino a me era un
gran barcone dipinto di scuro. Non stetti molto a riflettere
e lo presi di mira. Egli sparò. io sparai, egli sbagliò il colpo
ed io pure.
Si iniziò una lotta nella quale io miravo a mettermi
&tto al mio avversario poichè io non potevo sparare se
mn in direzione del mio volo, A lui ciò non occorreva poi-
& fa sua mitragliatrice mobile poteva sparare in tutte le
&ioni. Sembrava non essere u n novizio, poichè sapeva
benissimo che la sua ultima ora sarebbe suonata nel ma.
mento in crii fossi riuscito a mettermi dietro le sue spalle.
In quel t e m p non ero ancora convito che a qiiello
dovesse cadere come lo sarei ora, ma ero bensì inolto an-
sioso di vedere se sarebbe caduto: e ciò è cosa assai diversa,
perchè quando se ne sia abbattuto uno o due o magari tre,
un lampo ci illumina e si sa come si deve fare.
Il mio inglese dunque andava e veniva intorno a me,
spesso incrociando la mia Iinea di mira. Non pensavo nep-
pure che esistevano nella squadriglia altri inglesi i quali
avrebbero potuto venire in aiuto al loro compagno; inio
unico pensiero era (i quello deve cadere, morire a qualun.
que costo i). Finalmente mi si presentò l'istante favorevole.
[I mio awersario mi aveva evidentemente perduto di vista
e si allontanava diritto innanzi a se; in un attimo col mio
ottimo velivolo gli sono alle spalle; sparo contro di lui urla
breve serie di colpi con la mia mitragliatrice. Gli ero tanto
vicino che temetti un ahordaggio. All'improwiso la sua eli,
ca ce& di girare. certamente colpita. Il motore era in pez.
zi e i1 nemico dovette atterrare in territorio nostro petchè
non avrebbe potuto raggiungere le sue linee. Inoltre dai ino.
vimenti oscillanti dell'apparecchio compresi che anche al
p s t o del pilota non tutto doveva essere in ordine. N e p
pure I'osservaiore era più.visibile e la sua mitragliatrice si
ergeva nell'aria senza comando; l'avevo dunque colpito ed
egli doveva giacete in fondo alla sua carlinga.
L'inglex andò a cadere rielle immed~atevicinanze del.
l'aeroporto di una squadriglia a me conosciuta. Ero tanto
eccitato che non potevo fare a meno di atterrare io pure, e
giunsi così sul campo sconosciuto ove nella fretta yuaai
capottavo.
L'ASSO N E M I W 73

I due aeroplani. quello inglese ed il mio, si trovavano


a poca distanza. Corsi s u b ~ t onel punto ove era caduto e
..;di una moltitudine di soldati che gii si dirigeva verso il
nemico. Giunta ~ t i posto
l constatai che le mie supposizioni
erano state esatte. 11 motore era crivellato di colpi ed i due
aviatori gravemente feriti. L'osservatore spirò subito, il
pilota mori mentre lo si trasportava all'ospedaletto vicino.
Posi una pierra come ricordo sulla tomba dei miei avver-
sari morti eroicamente.
Quando giunsi a casa Boekke con gli altri compagni
era già seduto a colazione e si domandava dove fossi rima*
sto tutto quel tempo.
Per la prima volta annunciai fieramente (iUn inglese
abbattuto i). Non ero stato l'unico, oltre a Boelcke, ognuno
di noi novizii aveva riportato il suo primo trionfo nella
guerra aerea.
Debbo osservare che da quel nessuna squadri.
glia inglese si avventurò verso Cambrais finche rimase in
quel campo la squadriglia da caccia di Boelcke.

LA BATTAGLIA DELLA SOMME


Morte di Boelcke 28 ottobre 1916

Quello della Somme è stato i1 migliore cielo di batta)


glia di tutta la mia vita d'aviatore, Al mattino, appena al-
zati. già avevamo la visi4 dei primi inglesi, gli ultimi di
essi scomparivano quando il sole era tramontato da tempo.
« Un paese di gioia per gli aviatori da caccia ))aveva detto
Baelclte. Era qiiesto il tempo nel quale il numero dei ne.
74 RICHTHOFEN

mici àa lui abbattuti era salito da venti a quaranta. Noi nod


vizi non avevamo allora l'esperienza del nostro maestro ed
eravamo contenti quando potevamo fare da d i .
Ma era veramente bello. Ad ogni volo un combatti-
mento. Spesso grandi scontri di quaranta e perfino sessanta
inglesi contro purtroppo non sempre altrettanti tedeschi.
Per loro era fattore predominante la quantità per noi la
qualità.
L'inglese è invero uomo prode e questo è doveroso ri-
conoxerlo. Di tanto in tanto si spingeva a quote bassissime
e si presentava a B d c k e e lanciava qualche bomba sul
suo canipo. Egli ci sfidava letteralmente alla battaglia e l'ac-
cettava sempre. Ho ben raramente incontrato un inglese
che sfuggisse la lotta: mentre il I~ancesepreferisce evitare
con ogni cura ogni contatto col nemico nell'aria.
Abbiamo passato giorni veramente belli preso la nostra
squadriglia da caccia; lo spirito del comandante influiva nel*
l'animo degli allievi. Sapevamo di poterci ciecamente A-
dare a lui; nessun di essere mai lasciati nelle di%+
colti. e così facevamo allegramente strage fra i nostri ne-
mici.
1L giorno nel quale Boelcke cadde la nostra squadriglia
contava già trentanove apparecchi nemici abbattuti, oggi
ne conta oltre centa
Lo spiiito di Boelcke sopravvive nei suoi coraggiosi
seguaci.
Un giorno volavamo come al solito verso il nemico wt-
to la guida del nostro grande maestro. Ci sentivamo sempre
tanto sicuri quando egli era con noi, p c h è in verità nessu-
no eguagliava Boelcke. 11 tempo era aaai cattivo, con molte
L'ASSO NBMICO 75

nuvole. Gli altri aviatori non volavano, solo noi aviatori da


caccia avevamo preso il volo in cerca di nemici.
Già da Lontano scorgemmo sul fronte due impertinenti
inglesi che il cattivo tempo pareva divertire quanto noi.
Eravamo sei, loro due, fossero stati anche venti. il segnale
d'attacco di Bwkke non ci avrebbe sorpresi.
Cominciò la solita lotta. Boelcke ne aveva uno innanzi
a Se, io l'altro. Ostacolato da uno dei compagni nei miei
m i m e n t i devo rinunciare ali'attacco, mi volto e vedo
che a soli duecento metri da me, Boelcke si precipita con-
tro il suo awersario.
Era la situazione abituale. Baelcke lo abbatte ed io
sto a vedere. Nelle immediate vicinanze di Boekke vola un
suo buon amico: la lotta era assai interasante, entrambi
sparavano, l'inglese avrebbe dovuto precipitare di minuto
in minuto. Ad un tratto vedo un movimento stranissimo
nei due aeroplani tedeschi. Un lampo mi attraversa il cer-
vello, forse è awenuta una collisione. Non avendo mai ve-
duta una collisione in aria, me la ero immaginata alquanto
diversamente.
In realtà non si tkattava neppiire di un vero e proprio
uontro ma bensì di uno sfioramento, data 1s p n d e vela.?
cità dell'aer~~lano, ma ogni breve sfioramento produce un
colpo violento.
Boelcke abbandona subito la sua preda e discende in
larghe spirali. Non avevo la sensazione che si trattasse
di una caduta. ma quando scivolò sotto a me mi accorsi che
una delle sue ali era spezzata. Non ebbi possibilità di ve.
dere ciò che avvenne in seguito. ma constatai come egli
più tardi perdette nelle nuvole una delle sue ali. L'appa.
r e h i o era quindi privo di tiiiione ed egli cadde seguito
dai suo fedele amico. Quando giimngemmo al campo vi era
,.
gin la triste notizia: i<11 nostro Boelcke era morta ,i e noi
non potevamo credere che forse vero.
I1 pii1 dolorosamente colpito h naturalnienre colui che
avrva involontuiarnente provocato la disgrazia.
E' strano coine ognuno che abbia praticato Boelcke
credesse di escere l'unico suo vero amico. Ho conosciuto
forse quaranta di questi grandi amici cli Boelcke, e ogniino
si illudeva di essere l'unico. Alcuni che dovevano essergli
quasi ignoti erano convinti di u n suo grande affetto: è que-
sto un fenomeno che ho riscontrato~soltantoin Boelcke, il
qiialz non ebbe mai un nemico personale essendo stato sem-
pre egualmente gentile con tutti,
L'unico che forse gli era piii affezionato, ebbe la sven.
tiira di essere la causa della sua morte.

L'OTTAVA VITTORIA

Otro nemici abbattuti, erino al tempo di Boelcke u n


numero notevole. Chiunque senta oggi le cifre hnrastiche
taggiunte. dovrebbe giungere alla rondusione che abbxtiere
un avversario sia divenuto alqiianto più facile. Io posso as-
sicurare invece per provata eqperienza, che diventa di mese
in mese anzi di settimana in settimana sempre più difficile.
Natiiialnicnte l'occasione propizia si prescnta piìi spesso.
ma purtroppo aumenta anche la probabilità di essere a no-
stra volta abbattuti, perchè il nemico si arma sempre me*
gtio, ed il numero di essi aumenta.
Quando Immelmann fece precipitare il suo primo av-
versario ebbe la fortuna di imbattersi in un aeroplario che
non era neppure munito di mitragliatrice.
Il g novembre 1916 volai contro il nemica con il mio
giovane compagno d'armi. il diciottenne Immelrnann, Era*
vamo insieme nella squadriglia di Boelcke, ci conoscevamo
da tempo e ci eravamo sempre trovati in perfetto accordo:
l'essere uniti fra compagni è la cosa più importante.
Partimmo. Io ne avevo già abbattuti sette, Immel-
mann cinque. Per quei tempi erano cifre notevoli.
Eravamo da poco al di sopra del fronte qiiando scor.
gemmo una squadriglia da bombardamento. Avanzava
molto spava1damen:e; erano un numero stragrande come
sempre durante la battaglia della Somme: credo fossero stati
da quaranta a cinquanta, il numero esatto non potrei affer,
marlo. Avevano scelto un bersaglio per le loro bombe non
lontano dal nostro aeroporto, Poco distante dalla loro meta
raggiunga I'iiltimo degli apparecchi nem~ci. l miei primi
colpi misera fuori combattimento il mitragliere e dovettero
disturbare anche il pilota pichè decise di atterrare con
tutte le sue bombe. Gli sparai qualche altro colpo ben
assestato che accelerò il ritmo della siia disceva precipitosa
e andò a cadere nei pressi del nostro aeroporto di Lagni.
court.
Immelmann era conrernporaneamente impegnato nella
lotta con un altro inglese e l'aveva abbattuto quasi nello
stesso posto. Rapidamente volammo a casa per esaminare i
nostri aeroplani che erano stati ripetutamente colpiti. dop
c i recammo in automobile sul posto ove era precipitato il
mio awersario e per giungervi dovemmo fare un lungo
tratto a picdi attraversando iin campa. Faceva molto caldo
perciò sbottonai la camicia ed il colletto, tolsi la giacca, la-
sciai il berretto nell'automobile e presi invece con me iin
grow bastone nodoso. i miei stivali erano tutti inCangati,
avevo veramente un aspetto poco elegante. Sembravo un
bandito. Giunsi così pressa alla mia vittima, dove natural.
mente si erano già radunate molte perwint.
Un gruppo di ufficiali erano riuniti in disparte. Mi
avvio verx, di loro, saluto e chiedo al primo che capita di
raccontarmi come era apparso dal basso il combattimento.
prchè a lotta conclusa interesa sempre sapere quale im-
pressione abbia fatto a chi l'abbia vista da semplice spetta-
tore. Apprendo dunque die gli inglesi avevano lanciato
delle bombe e che l'aeroplano da me abbattuta aveva an-
cora il suo carico di bombe. 11 signore al quale mi ero ri-
volto mi prende sotto braccio e si dirige verso il gruppo
degli altri IJficiali, ch:ede ancora in fretta il mio nome e
mi presenta a tutti. Mi sentivo a disagio perchè come dissi
io non ero &atto presentabile e sfiguravo in quella riunio*
ne. Quei curiosi signori con i mi trovavo. erano tutti
inappuntabili. Uno aveva la divisa di generale: un ardine
cavalleresco pendeva al suo collo. ma però aveva un
viso giovanile e delle spalline sfavillanti. Doveva essere
certamente una personalità ed io abbottonai calzoni e col-
letto durante la conversazione cercando di assumere un
atteggiamento più militare, tuttavia ignoravo chi fosse.
Finalmente mi congedai e ritornai a casa. Di sera intesi suo-
nare il telefono ed appresi che quel generale era Sua Al+
tezza Reale il Principe di Sassania Cobourgo-Gotha ed ero
invitato da lui.
L'ASSO NBMICO 79

Era noto in quei giorni che gli inglesi avevano l'in.


tenzione di bombardare il suo Stato Maggiore, io avevo
contribuito a scongiurare il pericolo e per questo ricevetti la
medaglia al merito di Cassonia Cobourgo-Gotha.

IL MAGGIORE HAWKER

Provai la maggiore fierezza il giorno nel appresi


che l'inglese da me abbattuto il' 23 novembre 1916 era
un asso britannico.
Dal modo come aveva combattuto avrei dovuto im.
maginarmi di aver lottato contro un uomo di fegato ecce-
zionale.
Un giorno volavo in caccia quando scorsi tre inglesi
che apparentemente dovevano essere anche loro appassio-
nati per la caccia. Mi accorsi che mi sorvegliavano e poichè
uno aveva voglia di combattere accettai la sfida. Ero più
basso deIl'inglese, e dovevo altendere che egli discendesse
verso me. Non durò a lunga, egli si precipitò a tutta veIo,
citi e voleva prendermi aUe spalle. Dopo i primi cinque
colpi dovette smettere perchè io avevo bruscamente voltato
a sinistra. L'inglese tentò mettersi dietro di me mentre io
a mia volta cercavo di pender10 alle spalle. Così gira-
vamo entrambi in circolo come dei folli a pieno motore e
a tremilacinqiiecento metri di altezza. Prima venti volte a
sinistra poi trenta a destra. ognuno di noi preoccupato sol-
tanto di mettersi al disopra e dietro all'altro. Mi accorsi
presto che non avevo a che fare con un principiante, poi,
chi non pensava neppure ed interrompete il combattimen.
80 RICHTHOFEN

to. Egli aveva in verità un apparecchio assai agile, il 'mio


in compenx, volava meglio, difatti riuscii a mettermi alle
sue spalle al disopra di lui,
E r a v ~ n oin questo modo discesi a duemila metri senza
raggiungere alcun risultato. ed il mio avversarlo dovette
finalmente accorgersi che era tcmpo per lui di ripiegare,
poidie il vento a me favorevole ci portava sempre più vi-
cino alle nostl-e posizioni, tanto che ero giunto quasi sopra
a Bapaumc, a uii chilometro dal nostro fronte. Il mio av-
v~.rsario ancora s mille metti di altezza mi fece allegra.
mente dei gesti. quasi avesse voluto dire: a Bene, bene.
Come stai? i)
I cerchi che descr~vevamol'uno dietro all'altto era.
no così stretti che a mio giudizio non superavano gli ote
tanta metri di diametro. Avevo tempo di guardare il inio
avversario; vedevo bene dentro nella sua carlinga e potevo
osservare ogni moto del siio capo; se non avesse avuto un
krretto avrei potuto riconoscere l'espressione del suo volto.
Alla lunga il gioco cominciò a stancare anche quel.
l'ardito aviatore e doveva finalmente decidersi ad atterrare
da noi o tornare alle sue linee.
Naturalmente tentò quest'ultimo. dopochè con alcuni
cerchi e spirali ebbe provato a fuggirmi. In quel frat,
tempo cominciarono a fischiargli negli orecchi i miei pri*
mi colpi. Sino a quel momento nessuno di noi due
era riuscito a sparare. A cento metri di altezza tentò an-
cora di fuggire verso le sue linee con volo a zirzag, durante
i1 quale è notorio che l'osservatore può dficilmente tirare.
Era questo il 'momento propizio per me; lo seguii da
cinquanta a trenta metri di altezza sparando senza posa;
casi egli doveva cadere; ma quasi non raggiungevo la sco*
po prrchè la mia mitragliatrice si era inceppata.
L'avversario cadde. colpito alla testa: circa cinquanta
metri dietro alle nostre linee, La ,sua 'mitragliatrice si con.
ficcò nel terreno e ora adorna la porta di entrata della mia
baracca.

(I AL MERITO DI GUERRA v

. .
Sedici aviatori nemici e r v caduti per mano inia.
Ero così il più vittorioso fra tutti gli aviatori da caccia; era
questa lo scopo che volevo raggiungere. Lo avevo detto
scherzando un anno prima al mio aniico Lynrkei cp'ando
ci esercitavamo insieme ed egli mi aveva domandato:
<iQual'è i1 tuo scopo? A cosa vuoi giungere come aviato-

re? r Avevo risposto ridendo che. essere iI primo degli


aviatori da caccia doveva essere abbastanza piacevole.
Che ciò ptesie avverarsi non lo pensavo io stessa. nè
gli altri di me. %lo Boelcke pare avesse detto una volta,
naturalmente mi fu riferito dopo, a chi domandava
quale di noi avesse le maggiori probabilità di divenire (in
asso. r< Quello è I ' L I O ~ O
)I, aveva detta indicando la mia

perwna.
Boelcke ed Immelmann avevano ricevuto il :q Merito
di Guerra 1) dopo i'ottavo avversario abbattuto. lo ne ave.
vo fatto precipitare il doppio e mi domandavo cosa aspet,
tavano. Ero molto ansioso, si mormorava che avrei rice,
vuta i1 comando di una squadriglia da caccia e dihtti uii
giorno arrivò il telegramma. « Tenente von Richthofen
nominato comandante della XI' Siquadriglia da Caccia >!.
C o n h o che non ne sono stato eccessivamente lieto. Mi
ero così bene abituato coi miei compagni della squadriglia
Boelcke ed ora, mi spiaceva alquanto andarmene ove do-
vevo cominciare tutto un nuovo metodo, mutando ancora
una volta abitudini. Certamente mi avrebbe fatto mag.
gior piacere la medaglia al merito di guerra.
Due giorni dopo, d e v a m o piacevolmente presso la
nostra squadriglia e festeggiavamo la mia partenza quando
giunse il telegramma dal Quartier Generale che annunci*
va essermi stata concessa la medaglia al merito di guerra.
Rimasi assai commosso; fu anche un balsamo per la mia
precedente ferita.
Io stesso, non avrei mai potuto immaginare la gioia
e l'orgoglio di comandare una Squadriglia da Caccia, co-
me dovetti constatare dopo che ebbi il Comando dellaun.
dicesima Squadriglia. Giammai, neppure in sogno avevo
pensato che un giorno sarebbe esistita la <iSquadriglia
Richthofen a.

ALI ROSSE

Non so per quale ragione ebbi un giorno l'idea di di-


pingere di rosso vivo il mio apparecchio.
Da allora in poi le mie ali rosse dovevano dar neii'oc-
chi0 a tutti. Anche ai miei nemici sembra non essere rima,
sto per molto tempo ignoto il colore acceso delle mie ali.
Nel corso di un combattimento, che avvenne in un
punto del fronte diverso dal solito riuscii a colpire un
Vickers a due psti, che con molta calma stava fotogra-
fando le nostre posizioni di artiglieria. L'awersario non
L ' U S O NEMICO 63

ebbe neanche la possibilità di difendersi. ma dovette affret.


tarsi ad atterrire poichìe cominciava a dar segni di
prossimo incendio. Noi chiamiamo questo <t odorare di
fuoco i). Come si dimostò in seguito, aveva veramente ra.
gione di atterrare pichè a pochi metri da terra l'apparec.
chi0 divenne una sola fiamma.
Ebbi compassione per il mio avversario e decisi di
non abbatterlo bensì di costringerio ad atterrare, tanto più
che avevo la sensazione che fosse già ferito pichè non
riusciva a sparare un solo colpo.
A circa cinquecento metri di altezza un guasto nel
mio motore mi costrinse ad atterrate con un volo planato
senza poter fare neppure una curva. Avvenne allora qual-
cosa di comico. 11 mio nemico atterrò perfettamente, men-
tre io vittorioso, andai a capovolgermi a p x h i metri da lui.
nel reticolato di una trincea delle nostre posizioni arretrate,
Ne segui un saluto sportivo tra i due inglesi e me,
che erano un poco sarpresi della mia caduta poichè come
&a detto non erano riusciti a sparare neppure un colpo
contro le mie ali e non riuscivano a spiegarsi perchè avessi
dovuto atterrare. Erano questi i primi inglesi che avevo
fatto precipitare vivi: domandai loro fra l'altro se avevano
g a altra volta visto in aria il mio apparecchio rosso i<Oh
yes E esclamò uno a quello lo conosco benissimo, noi lo
chiamiamo u Il diavolo rwxi 11.
Mi domandò quindi perche al momento di atterrare
mi ero comportato così imprudentemente. La ragione stava
ncl fatto che non avevo potuto fare diversamente. Aggiun-
u aliora che durante gli ultirni trecento metri aveva ten-
u t o di spararmi contro. ma non vi era ritiscito perchè la
sua mitragliatrice si era inceppata. Io gli avevo data salva
la vita. lui naturalmente l'aveva accetta, ma per ringra-
ziarmi aveva attentato aila mia.
Da allora in poi non ho mai pib potuto parlare con
uno dei miei avversari per ragioni alquanto plausibili.

AVIATORI FRANCESI E INGLESI

Era il momento nel quale mi affaticavo per superare


la squadriglia Boekke. La sera confrontavamo i successi
della giornata, ma i camerati sono tutti ben indiavolati e
non si può pensare a superarli p e r s e è già molto fare
quanto loro. Contano già cento nemici abbattuti, e questo
vantaggio devo lasciarlo ad essi. Molto dipende dal nemico
che si ha di fronte, se i digiclenti francesi o i prodi e teme-
rari inglesi. Io preferisco gli inglesi. I1 francese cerca dug*
gite, l'inglese mai: qualche volta anzi commette delle vere
imprudenze che esso chiama eroismi.
La bellezza della caccia area sta appunto nel fatto che
essa è tutta basata sull'audacia persanale e le acrobazie non
valgono nulla. Si può essere un meraviglioso acrobata e
riuscire a meraviglia in un cerchio della morte o in un vok
a candeIa. ma ciò non significa che si riuscirà ad abbattere
un nemico, perchè secondo me tutto dipende dalI'audacia.
E' nella natura dei francesi d i occultarsi per sorpren-
dere l'awersario o per spiarlo. L'aria si presta male a questo
gioco. Solo un principiante si lascia sorprendere e quanto
allo stare in agguato non è possibile poichè in aria non si
può nascondersi e l'aeroplano invisibile non è ancora stato
L'ASSO NEMICO S.")

inventato. Di tanto in tanto il sangue gallico ribolle in lui


e allora si precipita all'attacco; ma dura quanto lo spumeg.
giare di una gawsa.
Per qualche istante possono avere un tremendo corag-
gio ma che sparisce con grande rapidità. La paziente tenaa
cia è a loro sconosciuta completamente.
Nell'inglese invece si riscontra ancora di tanto in tan~.
to l'atavismo del suo sangue germanico; l'uomo di sport è
anche adatto al volo, solo si distrae troppo nella parte spor,
tiva, perchè si diverte ad eseguire dinnanzi ai nostri uomini
nelle trincee ogni sorta di acrobazia. cerchi della morte e di-
scese a foglia morta.
Simili eser'cizi farebbero sensazione in u m riuniorie
su di un campo di gare: ma i nostri uomini in trincea non
sono un pubblico facilmente accontentabile.

ABBATTUTO DAL NEKIICO

Che io sia stato abbattuto, non in verità la parola


esatta. per ciò che mi è arcadu~ooggi. Chiamo in generale
abbattutosalo colui che precipita, mentre oggi sono riuscito
a riprendermi e ad arrivare a terra sano e salvo.
Stando in formazione avevo visto il nemico volare esso
pure' in forma serrata quasi al di sopra delle nostre posi-
zioni nei pressi di Lens, ma dovetti volare ancora iin buon
tratto prima di raggiungerlo.
Il volare incontro al nemico è il momento piìi einozio-
nante, quando è già in vista, ma rimangono ancora alcuni
minuti prima di iniziare la lotta. Credo di impallidire sem-
86 RICHTHOFEN

p e leggermente. ma purtroppo non ho mai avuto con me


uno specchio per constatarlo, tuttavia trovo questo istante
molto interessante. pieno di eccitamento, e mi piace. Si a-
serva il nemico da lontano. e se si è riconosciuta la squadra
come awersaria si contano gli apparecchi nemici, si ponde-
rano le circostanze favorevoli e davorevoli. Così ad
esempio ha una grande importanza la direzione del vento,
se spinge verw il proprio fronte o verso il nemico. Una vol.
ta ho abbattuto un inglese, al quale avevo inferto il colpo
mortale al di là delle linee nemiche ma che precipitò presu,
un nostro frenato, ove lo aveva trascinato il vento.
Eravamo cinque. L'avversaria era tre volte più nume*
roso di noi, esso avanzava volando alla rinfusa come uno
stormo di inoscerini. Disperdere un simile stormo che vola
in tale formazione non èfacile impresa, per il singolo è irnpos*
sibile: per parecchi è alquanto dkficile specialmente quan.
do. come nel nostro caso, eravamo numericamente tanta in-
feriori. Ma noi ci sentiamo tanto superiori all'awersatio che
non dubitiamo neppure un istante della nostra vittoria.
La volontà di attaccare. lo spirito di offensiva sono come
ovunque anche nell'aria la cosa più importante. Ma anche
il nemico pensava nello stessa modo e dovevo accorgermene
ben pesta.
Appena ci scarse virò e ci atta=&. Si trattava ora
per noi cinque di tener gli occhi ben aperti: se uno r i m e
indietro può andargli ben male. Ci raggruppammo noi pure
e lasciammo che quei signori ci venissero vicino. Io stavo in
agguato, attento se uno di quei cari amici si fosse un po'
allontanato dagli altri, d'datti uno h così sciocco ed io ebbi
la possibiliti di raggiungerlo pensando: Sei un Eanci~illo
L'ASSO NEMICO 17
perduto e mi ero precipitato contro lui sparando; lo COL
pisco o sta per colpirlo? Egli comincia a sparare, è quindi
un p' nervoso. Penso fra nie: « spara pure, tanto non mi
colpisci 1). Tirava con proiettili luminosi che vedevo pas-
sarmi accanto. Mi sentivo come sotto il getto di un innaf*
fiatoio. Non era cosa piacevole, gli inglesi tirano quasi
sempre con questa infame mitraglia ed è necessario abituarci.
L'uomo è un animale abitudinario; in quel momento credo
di aver riso, ma presto dovevo invece cambiare umore.
Giuntogli vicinissimo. a circa cento metri, tolsi la si-
curezza alla mitragliatrice e sparai ancora alcuni colpi di
prova constatando che tutto era in ordine. Non poteva più
durare a lungo: nel mio pensiero vedevo già i1 neinico pre-
cipitare. L'agitazione di prima era svanita. Si pensa poi
con calma ed obbiettivamente e si misurano le proprie pro-
babilità di colpire e quelle dell'avversario: il combattimento
stesso è nella maggior parte dei casi la cosa meno eccitante,
e chi si agita durante la lotta commette grave errore e non
riuscirà mai ad abbattere l'avversario. Forse non è altro che
questione di abitudine, in ogni modo questa volta non do-
vevo sbagliare. Finalmente fui a distanza di soli cinquanta
metri, scarico alcuni buoni colpi e il successo non può mari.
care. Cari pensavo. Ma ad iin tratto sento un grande stop.
pio nel mio apparecchio. E' certo che sono stato colpito o
meglio il mio apparecchio è colpito, perche in quanto aila
mia pcrmna mi sento illeso. Nel medesimo istante sento un
gran F ~ I Z Z Odi benzina e il motore rallenta. L'inglee se ne
accorge perchè spara sempre con accanimento e sono co*
stretto ad atterrare.
Discendo verticalmente. Automaticamente ho spento
63 RICHTHOFEN

il motore. Era tempo. Quando il serbatoio della benzina è


forato e il combustibile spruzza sulle gambe il pericolo del-
l'incendio è grandissimo, perchè si ha innanzi un motore a
scoppio di centacinquanta cavalli tutto rovente e quindi una
goccia di benzina basta a mettere in fiamme tutto l'a~pa.
recchio. Lascio nell'aria una scia bianca che mi. è nota per
averla tante volte osservata dietro velivoli nemici. E' que-
sto il segno preciso dell'esplosione. Sono ancora all'altezza
di tremila metri ho quindi un buon tratto da percorrere p r i
ma di giungere a terra. Grazie a Dio il motore si arresta;
non posso valutare la velocità che acquista l'apparecchio, ma
che in ogni modo è cosÌ grande che non posso sporgere la
testa senza che il vento non la faccia sbattere violentem&te
indietro.
Presto non sono più a portata di tiro del mio awer.
sario ed ho ancora tempo prima di giungere a terra di w-
dere ciò che succede ai miei quattro compagni. Stanno an*
cara combattendo. si sente il fuoco deile mitragliatrici ne-
miche e delle nostre. Ad un tratto vedo un razzo, pensa
che sia il segnale luminoso di un avversario, ma non era
possibile, essendo troppo grande. E' un apparecchio che
brucia, ma non so se sia dei nostri o del nemico. L'appa-
recchio sembra che sia proprio uno dei nostri, ma per fortuna
è del nemico. Penso chi possa averlo, abbattuto. Un istante
più tardi esce f ~ o r dalia
i squadriglia un secondo aeroplano
in modo simile a me: verticalmente verso il basso si capo.
volge, anzi torna a capovolgersi e poi si riprende. Vala di.
ritto esattamente versa di me, e riconosco un AIbatros.
Certo ha dovuto subire la stessa mia sorte.
Sono ancora all'altezza di qualche centinaio di metri
e devo scegliere il luogo ove atterrare ~ o i d i èi11 un aimik
atterraggio è facile finire molto male: cerco di concentrare
tutta la mia attenzione. Scorgo un prato non molto vasto
ma sufficiente manovrando con un po' di abilità, inoltre
è favorevolmente situato al margue ciella strada presso Hé.
nindliitard. Voglio atterrare in quel posto: tutto procede
regolarmente, e penso dove possa essere disceso l'altro, ma
lo vedo atterrare a pochi chilometri di distanza da me. Ho
tempo di contemplare i danni subiti. I1 mio apparecchio è
stato colpito più vdte ma il colpo che mi ha mstretto ad
abbandonare i1 combattimento ha entrambi iser-
batoi della benzina. e non ne rimane nemmeno una goccia:
anche il motore è stato colpito, e ne provo un rimpianto
perchè funzionava meravigliosamente.
Laxio penzolare le gambe dalla carlinga e devo aver
avuto un'espressione alquanto ridiwh. Subito una moltitu.
dine di soldati iili venne intorno, giunse anche un ufficiale,
Era ansante e in preda ad una grande agitazione, come se
gli fosse accaduto qualchecosa di molto gravc. Si precipita
verso di me; cerca riprender fnto e mi domanda: Siete
iUem almeno? Ho seguito tutto dal basso e sono tanto a&
tato: Dio mio come era terribile1 i,. Lo asicurai che nuiia
mi era accaduto. saltai giù e mipresentai. Na'turalmente non
capi neppure una sillaba del mio nome; ma mi invitò a re,
carmi col suo autornob~ilea Henin-Lietatd dove era accam-
pato. Era un ufficiale del genio, Eravamo già seduti in
macchina, e in procinto di quando il mio ospite che
ancora non si era tranquillizzato, preso da subitaneo spa.
vento esclamò: Mio Dio dove è il vostro pilota? ID. Dap
prima non mmptesi cosa intendesw dire e, lo guardai un po'
90 ELCHTHOPBN

confuso: poi mi resi conto ciie mi aveva preso per l'osserva.


tore di un apparecchio a due posti e mi chiedeva del pilota.
Mi ripresi subito e risposi seccamente: i(Guido da solo o. Il
verbo guidare è espressione bandita dal gergo aviatorio,
pxchè non si ma I<si vola i,. Devo essere visibil-
mente diminuito nella considerazione di quel bravo collega
per il fatto del g d o da solo e la conversazione divenne
quindi più sostenuta.
Arriviamo al suo quartiere; io ho sinpte indosso la
mia giacca di cuoio tutta unta e sono avvolto in un pesante
scialle. Durante la strada mi aveva naturalmente assillato
di domande; tutto sommata era molto più agitato di me,
voleva costringermi a sdraiarmi sopra un divano con il pred
testo che dovevo essere ancora completamente disfatto dalla
lotta. Lo assicurai che avevo già altre volte preso parte a
combattimenti aerei, cosa che non sembrava volergli en.
trare in testa. Evidentemente non dovevo avere un aspetto
m01 to guerriero.
Dopo che ebbimo conversato un po' mi rivolse natu-
ralmente la domanda di prammatica: <iHa già abbattuto
un nemiwl i). Il mio nome come già dissi non l'aveva in.
teio. K Ah si I, dissi io. « di tanto in tanto n. i<Come: ne ha ,

già abbattuti due? n. i<No due, ma ventiquattro D. Egli sord


ride. ripete nuovamente la sua domanda e spiega che per
abbattuto P. egli intende soltanto uno che sia precipitato
e che sia rimasto giù. Lo assicuro che questo è mche il mio
m a t t o della cosa. Ero ormai completamente caduto agli
occhi suoi, pcrchè mi prese per un ciarlatano. Mi piantò in
asso dicendomi che, il psto sarebbe stato pronto fra un'ora
e che avrei potuto parteciparvi se lo gradivo. Feci tquindi
uso di quanto mi aveva offerto e mi addormentai saporita-
mente per un'ora al Circolo. Mi liberai qui dai miei indu-
menti di volo; per fortuna portavo la mia medaglia al me-
rito, ma disgraziatamente indossavo invece della giacca di
uniforme un semplice maglione.
Mi SCUM di non esser meglio abbigliato, ad un tratto il
mio buon capitano scopre la medaglia e diviene muto dalla
meraviglia e mi assicura che ignora il mio nome, che ripeto
e ora sembra sorgere in lui un vago ricordo di aver già pre-
cedentemente sentito parIare di me. Allora fui festeggiato
con ostriche e champagne e trascorsi ore fin.
che giunse Sch'àfer per prendermi con una macchina. Da
lui appresi che Lubbert aveva fatto di nuovo onore al suo
nomignolo. Lo avevamo soprannominato tra noi i<Para
colpi poichè in ogni combattimento aereo il suo apparec.
chio era il più colpito. Una volta presentò seantaquattro
fori di proiettili senza che lui stesso fosse ferito: questa volta
però era stato colpito di striscio al petto e giaceva già all'o,
spdaletto da campo. Con il suo apparecchio volai al nostro
aeroporto. Purtroppo questa ottimo ufficiale che aveva in se
h stoffa pzr divenire un secondo Boelcke; mori eroicamente
pa la patria alcune settimane dopo.
La sera potevo annunciare ai mio campo di H& Lié-
Prd che in quella giornata il numero dei nemici da me ab.
kattuti era salito a venticinque.
LA TROVATA DI UN AVIATORE
.
Ad ogni giovane tedesco è ben noto il nome di (i Sig-
Erido dato ad una dclk nostre posizioni. Nei giorni in cui
ci ritiravamo verso questo punto ci f u naturalmente anche
nell'aria una grande attività bellica. 11 nemico aveva già W -
cupato il terreno da noi abbandonato: l'aria per contro non
la cedemmo tanto facilmente agli inglesi e a ciò ptuwide la
squadriglia BoeIcke. Gli inglesi azzardavano m10 con gran-
de prudenza di abbandonare la guerra di ~ ~ s i z i o nsine al-
lora combattuta per lanciarsi a volo.
Fu in questo tempo' che il nostro ca~oprincipe Fede-
rico Carlo sacrificò la sua vita aUa patria.
In una caccia aerea della ¶uadriglia Boelcke il tenente
Voss aveva riportato vittoria contro un inglese. G e s t o co-
stretto a discendere a terra andò ad atterrare in quello che
si poteva definire territorio neutro. Noi i'avevamo già sgom-
berato e il nemico non l'aveva ancora mupato. Vi si ag.
giravano soio pattuglie in perlustraziom, sia inglesi che te-
de~che.L'apparecchio britannico si trovava fra le due linei;
il bravo inglese aveva certamente crediito che la 'mna fosse
già occupata dai suoi e ciò non senza fondate ragioni. Voss
era invece di opinione contraria. Con hlrninea decisione
attexrò preso alla sua vittima: smontò rapidamente le mi-
tragliatrici e quanto altro vi fosse di utilizzabile nell'appa-
recchio nemico, e lo caricò sopra il suo, poi accese u n fiam.
mifero; in un istante l'aeroplano fu in fiamme. Un minuto
più tardi faceva cenni di saluto dai suo corsiero alato agli
inglesi che da ogni parte accorrevano sul posto.
L'ASSO NEMICO 93

IL PRIMO COLPO DOPPIO

11 2 aprile 1917 fu di nuovo giornata campale Fer la


mia squadriglia. Dal n i o stanzino si sentiva chiaramente il
crepitare dei tiri di sbarramento che in quel gi&no erano
particolarmente intensi.
Ero ancora a letto quando la mia ordinanza si era pre-
cipitata nella camera gridando: I< Signor tenente gli inglesi
san gii qui P. Ancora sonnolente guardai dalla finestra ed
in realtà i miei cari amici volteggiavano sopra il nostro cam-
po. Precipitarmi dal letto ed infilare i miei abiti fu COSJ di
rin attimo. I1 mio velivolo roso era già pronto per la par.
tenza. I miei meccanici sapevano che non avrei lasciata pas-
sate, senza utilizzarla, una simile buona occasione. Tutto
era pronto: mi inlilo presto la pelliccia e via.
Ero partito per ultimo. 1 miei compgni erano già
molto più vicini al nemico ed io cominciavo a temere di ve-
dermi sfuggire la mia preda C di dover rimanere a bocca
asciutta a contemplare da lontano alcuni episodi della lotta
aerea. All'improvvixi ad irno di quegli attaccanti verine l'i-
dea di precipitarsi contro me. lo lo lascio avvicinare tran-
quillamente ed ora comincia una piacevole danna. Il mio
awersario vola ora sulla schiena, ora fa questa o quell'altra
acrobazia.
Era un apparecchio da caccia a due posti. Mi trovavo
ai di sopra di lui e presto mi resi conto che in realtà non
poteva più diiggirmi. In un pausa del combattimento con-
smtai che eravamo soli l'uno di fronte all'altro: quindi chi di
noi due avesse sparato con mira migliore, con molta calma e
più sicuro colpo d'occhio. nel momento del pericolo avrebbe
vinto.
Non durò a lungo che già lo avevo costretto a scen.
dere m a i basso senza aver ancora tirata pro~rioseriamente
contro lui: ciò aweniva a due chilometri di distanza dai
fronte, CTedetti che volesse atterrare, ma avevo male giudi-
cato il mio awersario. Ad un tratto vedo, che pochi me-
tri al di sopra del suolo riprende a volare diritto dinanzi a
sè per tentare di shiggirmi. Questo pawva ogni limite. lo
attaccai ancora e a cmì bassa quota che quasi quasi temevo
che i miei tiri andassero a toccare le care d'un villaggio gia-
cente sotto di me. L'inglese si difese sino all'ultima minuto,
quasi alla fine mi accorsi che un suo proiettile aveva colpito
il mio apparecchio. Ma questa volta non gli diedi tregua,
egli doveva cadere, di fatti lo vidi prai~iitarea tutta velo.
citi, schiantandosi sopra iin gruppo di case.
Non rimase molto cli lui, anche questo fu un caso di
brillante ardimento; il nemico si era difeso sino all'~11tima
possibilità.
I miei compagni erano ancora in aria. Quando più tarp
di ci riunimmo per la colazione furono assai wrpresi del mio
racconto e del i o d o come avevo ottenuto la mia trentadue-
sitnu vittorid.
Un giovane sottotenente aveva in quel giorno abbat-
tuto il suo primo avversario. Ci preparavamo per nuovi
combattimenti.
Stavo riprando all'omissione della mia toilette mat.
tutina quando giunse un buon amica, il sottotenente Voss
della squadriglia Boelcke, che veniva a trovarmi. Chiac-
chierammo. Vms aveva il giorno prima abbattuto il sua
L'ASSO NEMICO 9;

ventitreesimo apparecchio: era il più vicino a me in quel


momento e il mio più terribde concorrente.
Quando scava per ritornare a casa in volo lo volli ac.
compagnare per un pezzo di percorso: feci assieme una
punta verso il fronte. 11 tempo divenuto assai brutto non ci
dava speranza di fare buona caccia.
Al di sotto cli noi si scorgeva iin mare di nubi serrate.
Voss che non conosceva La zona cominciava a sentirsi a di*
sagio. Sopra Arras ~ncontriamomio fratello, che appartiene
lui pure alla mia squadriglia e che aveva perduto i suoi com-
pagni. Si accompagnò a noi. Mi riconobbe a causa del mio
velivolo rossa.
Ad un tratto vediamo venire verso di noi una squa.
driglia nemica. Subito mi balena nel cervello a Nuntero
trcntatre D.Per quanto si trattase di ben nove inglesi e per
di più su territorio loro, essi preferivano forse di evitare
il combattimento. Ma noi li raggiungemmo. La velocità del
velivolo è qualità di massima importanza per i1 combatti-
mento aerea.
Io sono il più vicino al nemico ed attacco i'ultimo di
essi. Con mia grande gioia constato che egli accetta subito
il combattimento, e con più grande piacere ancora, vedo
che i suoi compagni lo lasciano solo nella lotta. Presto qiiin.
di ho liti solo innanzi a me. Ha un apparecchio dello stesso
t~p di ¶uello con il quale ebbi combattimento nella matti.
nata. La vittoria non è facile. Egli sa cosa sia il gioco. e
sopratutto sa tirare a perfezione. Lhvevo averne più tardi
le prove per mia sfortuna. Il vento a me favorevole mi
aiuta. L'avverrario si accorge che la cosa non è così sem-
plice come forse se la era immaginata e scompare con un
RICHTHOFEN

volo a candela in una nuvola. Per un pelo non fu la sua


salvezza. Mi lancio dietro a lui, traverso la nuvola; tutto
sta nel prendere il giusto slancio e mi trovo come per mi-
racolo esattasente dietro a lui. Io sparo, lui spara, senza
risultato tangibile per nessuno di noi due, ma, finalmente
lo colpisco, accorgendomene dal bianco fumo di benzina che
lascia dietro al suo apparecchio. Egli è costretto ad atterrare
poichè il suo motore è fermo.
Era un ragazzo ben ostinato. Doveva conoscere di es-
sere- stato sconfitto. Se sparava ancora avrei potuto ucci-
derlo immediatamente poichè nel frattempo eravamo giunii
a soli trecento metri di altezza. Ma l'amico si difese, pre-
cisamente come quello del mattino, finchè non fu giunto a
terra. Dopo che ebbe atterrato volai ancora una volta sopra
di lui a dieci metri di altezza, per constatare se lo avevo uc- .
ciso o no.
Ma quell'insolente, afferra la sua mitragliatrice e cri-
vella di colpi il mio apparecchio, sparando da terra. -
Voss mi disse dopo, che se fosse accaduto questo a lui,
lo avrebbe ucciso anche dopo giunto a terra. In realtà avrei
dovuto farlo io pure poichè egli non si era ancora arreso.
Fu del resto uno dei pochi fortunati che rimasero vivi.
Ritornai a casa tutto allegro, di poter festeggiare la
mia trentatreesima vittoria aerea.

LA MIA MIGLIORE GIORNATA

Tempo splendido. Siamo sul campo. Ricevo la visita di


un signore che non ha mai assistito ad una battaglia aerea
I .
L'ASSO NEMICO ?i

o a qualche cosa di simile. egli mi dice che sarebbe felice di


assistere ad uno spettacolo di tale genere.
Montiamo nelle nostre fusoliere ridendo di ouel misero
mortale e Schaefer dice: - Possiamo ben concedergli que-
sto spettacolo. Lo lasciamo innanzi ad tin canocchiale mon-
tato sui cavalletti e partiamo in volo.
La glornata comincia bene. Eravamo appena saliti a
- zoo0 metri che una squadriglia di cinqire inglesi ci venne
incontro decisamente. Un attacco, un breve combattimen-
to e tutta la squadriglia nemica giaceva al suolo, Dei nostri
un salo ferito. Degli awersari due erano carbonizzati e tre
caduti entro le nostre linee.
Il nostro amico del cannocchiale fu molto stupito. S'era
immaginate le cose in tutt'altro modo, assai più dramma-
tico. Dichiarò che dal basso le cose non avevano affatto un
aspetto tragico, eccetto quando vide precipitare gli appa,
recchi in fiamme, come se fossero stati due raz7.i.
Per conto mio confesso che mi sono andato, a poco a
poco, abituando a questo genere di spettacoli ma rrii ri-
cordo ancora adesso dell'irnpressione spaventosa provata alla
vista del primo aviatore inglese che vidi precipitare fra le
fiamme e che rividi spesso in sogno.
Pensn che se ora mi dovesse nuovamente accadere
l'impressione sarebbe meno terribile.
Poiche la giornata si era iniziata tanto bene ci mete
t e m o tutti a tavola con molte speranze. Intanto si ri,
mettevano in assetto i nostri apparwchi, si ricaricavano di
esplosivi per subito ripartire.
La stessa sera potevamo fieramente dichiarare a r a p
porto che sei apparecchi germanici avevano annientati tre,
dici apparecchi nemici. Un simile rapporto lo avevano p
turo fare solo una volta i piloti della Squadriglia Boeldte,
QueUa volta avevano abbattuh otto apparecchi: oggi uno
solo dei nostri ne aveva abbattuti ben quattra egli era un ,
certo tenente Wolff. ddla figura delicata e sottik nella
qiiale nessuno avrebbe sospettato una tempra d'eroe. Mio
fratello ne aveva abbattuti due. 9chafer due. Festner due,
10 tre.
La sera ci siamo coricati molto fieri, ma anche molto
stanchi sopra i nostri giacigli di guerra.
Il giorno d q o accogliemmo con urli di gioia la let*
tura del Bollettino che conteneva la relazione della nostra
vittoria, I1 giorno dopo abbiamo abbattuti altri otto appa-
recchi.
Uno degli inglesi fatti prigionieri si mise a parlare con
noi. La cosa non manca di un certo umore. Egli si inte*
ressò naturalmente del mio apparecchio rossa. Non era
sconosciuto neppure laggiù fra le truppe in trinea, che lo
chiamavano o Il diavolo rosso I > . Correva voce nelle loro
squadriglie che fosse montato da una fanciulla celebre,
una specie di Giovanna d'Arco. Era molto stupito di xo*
prire che la fanciulla. stava dinanzi i lui. Egli non inten-
deva scherzare ma seriamente credeva che solo una fan-
ciulla potes~epilotare il velivolo diabolicamente dipinto
in rosso.

t
MORITZ
Non c'è al mondo cosa più bella del mio piccob ca.
giolno l r un MIO tipo di Ultn, c~ Moritz 3 . Lo comprai
L'ASM NEMICO 99

~r cinque marchi ad Ostenda da un giovane belga, La


madre era una bestia magnifica. C& il padre. Sono certo
che era di razza pura. Avevo libertà di scelta e mi presi
quello che mi sembrava il migliore.
Zeumer ne prese un altro e lo chiamò Max x. Max
fini miseramente schiacciato da un auto; I< Moritz 1, crebbe
magnificamente.
Dormiva nel mio letto ed era molto bene educato. Da
Ostenda in poi mi seguì p w passo ed io gli volevo inolto
bene. Moritz diventava ogni mese più grosso, ben presto
il cagnolino diventò una bestia enorme.
Una volta lo portai con me in volo. Fu i1 inio primo
osservatore. Si comportò molto bene guardando la terra
dall'alto in barso con aria molto interessata; solo i miei mec-
canici si lamentarono per aver dovuto pulire i'apparecchio
da alcuni ricordi spiacevoli. Ma dopo di ciò Moritz non
potè più volare.
Ora ha più di un anno ma si diverte sempre ancora
come un cucciolo. giuoca molto bene al bigliardo, peccalo
che le biglie e specialmente i tappeti ne sofErano alquanto.
Egli ha una grande passione per la caccia. I miei mecca-
nici ne sono felici poichè egli prende molte lepri per i loro
pranzi. Da me invece riceve una correzione ogni volta. poi-
che apprezzo un po' meno questa sua passione.
Ha una mania stupida, quella di accompagnare gli ap.
parecchi al momento del decollaggio.
La fine classica di un cane d'aviatore è in questo caso
b morte causata dall'elica. Ma un giorno mèntre correva
davanti ad un apparecchio in partenza, fu toccato, e una
kUiuuna elica spezzata, Moritz guaiva terribilmente. Ap-
m RICHTHOFEN

profinai di quest'occasione Fcr riparare ad una formalità


che avevo xernprc trascurato. Mi ero sempre rifiutato di h r -
g l ~il taglia delle orecchie.
L'elica aveva pensato al taglio almeno da una parte.
Non ho mai tenuto eccessivamente alla sua bellezza. ma il
suo orecchio tagliato gli stà a meraviglia. Se non avesse l a
coda lunga e arricciata sarebbe un autentico cane d'Ulrn.
Moritz aveva un'idea esatta della guerra e un fiuto
speciale per i nemici; quando nell'estatc del 1916 s'incontrò
per la prima volta con dei contadini Russi che lo avevano
fatto scendere durante una fermata del treno, si slanciò
abbaiando furiosamente contro i fanciulli russi accorsi. Non
ha grande simpatia neppure per i Francesi, benchè egli
sia ,m belga di nascita. Avevo ordinato agli abitanti di un
nuovo alloggio di pulire la casa. Alla sera nulla era stato
eseguito. Fiiribondo feci chiamare un inquilino. Appena
aperta la porta Moritz lo a s d i facendogli un7accoglienza
poco rassicurante, Compresi così, perchè quei signori ave,
vano prudcntemente trascurato di mettere in ordine la mia
abitazione,

GLI INGLESI BOMBARDANO IL NOSTRO CAMPO

Le notti di luna sono le più propizie per i voli notturni.


I nostri nemici inglesi approfittavano il più p~ssibiledel chia-
ro lunare delle belle notti d'aprile, Si era al momento del-
la battaglia di Arras e questa era la conseguenza di quei
voli. Probabilmente erano venuti a sapete che ci eravamo co.
modamente installati a Douai sopra una grande prateria.
L'ASSO NEMICO J 01

Una notte mentre eravamo alla mensa squillò il campa.


nello del telefono e ci sentiamo comunicare - Arrivano gli
Inglesi. - Grande trambusto. Possediamo dei rifugi ai
quali ha provveduto il nostro bravo Simon. Simon è il no*
stro addetto agli alloggiamenti.
Tutti si precipitano di sotto ed ecco da principio lie-
ve lieve poi sempre più chiaramente giungere fino a noi il
ronzio d'un motore.
Anche i proiettori e le batterie antiaeree devono essere
state avvertite poichè ci accorgiamo che cominciano a dare
segni di vita. Ma il nemico è ancora troppo lontano per
poter essere colpito. Il nostro timore è che gli Inglesi rie-
scano a trovare il nostro campo. Di notte non è cosa tanto
sernFlice poichè non eravamo nè fiancheggiati da iina gran.
de strada, nè presso un corso d'acqua o lungo le rotaie del
treno. che nella notte costituiscono sempre i migliori punti
di riferimento.
Sembrava che l'Inglese volasse a grande altezza. Fi-
nalmente lo vedemmo fare un giro sopra il nostro campo.
Crediamo già che egli si sia scelto un altro obbiettivo, ma
ad un tratto spegne il motore e discende.
i, Ora fa sul $evi4 I> osserva Wolff, due pi*
stole per sparare.
Cominciamo a tirare in aria. Non lo si può an-
cora vedere ma le detonarioni calmano i nostri nervi. poi
entra nel fascio def riflettore. Per tutto il campo vi è gran.
de trambusto. E' un vecchissimo apparecchio di cii; pos.
siamo benissimo riconoscere il tipo. E' al massimo ad un
chilometro da noi e punta diritto sul nostro campo. Si ab-
bassa sempre di più, adesso non puà essere a più di 100
1&2 RICHTHOFEH

metri. Arresta nuovamente il motore e diritto verso


di noi. Wolff ha appena il tempo di esclamare:
i< Grazie a Dio non c'è per noi che la prima bombetta

seguita da una pioggerella di altre. 11 fratellino di lassù ci


fece assistere ad iin bel fuoco d'artiglieria, Poteva fare una
certa impressione ad un coniglio, io credo che un bombar-
damento notturno non influisca altro che sui morale e tan-
to peggio per chi è timido per natura. Per gli altri che cosa
importa? Noi ci divertiamo un mondo e speriamo che gli
inglesi vengano sovente a renderci visita. 11 nostro bel tipo
l
lanciò le sue bombe da soli 50 metri. Era stata veramente I
i~n'azionedi una audacia indiavolata. poichè in una notte
di luna, come quella. ho la pretesa di saper colpire alla stes*
sa distanza anche un cinghiale, e perchè no un Inglese al-
bra? Una volta tanto sarebbe stata una cosa diversa dal
solito di abbattere un aviatore nemico dal basso. Dall'al-
to avevaliio già concesso qriest'onotc 3 molti, ma dal baso
non mi ero ancora ptovato.
Appena partito l'Inglese ci radiinamrno nuovamente
a mensa per progettare un bel ricevimento ai nostri cari
amici, per la prossima notte. Il giorno dopo si vedevano le
nastre ordinanze che si affaccendavano a piantare palj nei
pressi della mensa e dei baraccamenti degli ufficiali, per wr-
tarvi sopra delle mitragliatrici. Ci esercitammo a tirare con
mitragliatrici conquistate agli Inglesi. Eravamo tutti molto
curiosi di vedere cosa sarebbe accadi~to. Non rivelerò il
numero dei nostri ordini ma certo dovevano essere molti
perchè ognuno dei miei com~agnine possedeva uno.
Eravamo nuovamente seduti a mensa. [l soggetto di
conversazione si aggirava natiiralrnente sopra i nostri visi-
tatori notturni. Ad un tratto si-precipita dentro un atten.
dente sommariamente vestito che grida solo: a Eccoli, ec*
coli ,i, e sparisce in un vicino rifugio. Ci precipitiamo tutti
versa le mitragliatrici. Ne sono muniti anche aIcuni bravi
uomini di truppa che sona &i scelti tiratori. Tutti gli altri
sono armati di carabine.
Il personale della mema e noi tutti siamo armati fino
ai denti e pronti a fare buona accoglienza a quegli audaci.
Come la sera innanzi il primo apparecchio viene a
grande altezza. poi discende a cinquanta metri e noi pos-
siamo constatare con grande piacere che punta diritto dalla
parte dei nostri baraccamenti. Entra nel fascio del riflet*
tore ed è a soli 300 metri da noi. Uno si mette per primo
a tirare, tutti gli altri fanno Euoco. U n assalto in massa non
avrebbe potuto essere respinto meglio di quello che fu rata
tacco di questo unico ardito Inglese sceso a cinquanta
metri sopra noi. Un fuoco fittissimo lo accoglie. Il rumore
del suo motore gli impediva di sentire il crep'itìo delle mi-
tragliatrici ma egli poteva benissimo vedere il boco di ogni
colpo sparato dei nostri fucili: non potevo fare a meno
d'ammirare il coraggio di quel prode volatore che invece di
ripiegare portava scrupolosamente a termine la sua mis-
sione. Volava esattamente sopra la nostra testa e noi ci ri-
fiigiammo in gran fretta nei ricoveri perchè davvero essere
colpiti da una malaugurata bomba non ci sembrava morte
degna di un buon aviatore.
Appena ci ha sorpassati eccoci tutti nuovamente alle
armi e sparargli dietro ali'impazzata. Schaefer naturalmen-
te pretendeva di averlo colpito. E' un tipo che spara molto
bene. In questo caso però non gli ho ceduto tanto più che
ognuno di noi aveva la medesima possibilità.
Avevamo almeno ottenuto il risultato che l'avversario
era stato obbIigato a lanciare le sue bombe a caso nella re,
gione.
Una d'esse, scoppiò a pochi passi dal mio velivolo
rosso, ma senza hrgii alcun danno. Questo bello scherzo si
ripetè pii1 volte nella stessa notte. Ero in letto e dormivo
profondamente. Nei sogno sentivo lo schianto dei cannoni
antiaerei, allora mi svegliavo e constatavo che il sogno era
realtà. Uno di quei maledetti volava a così bassa quota so*
pra la mia stamberga, che dalla paura mi tirai il lenzuolo
sulla testa. Un .istante dop una detonazione spventosa
echeggiò vicinissima alle mie finestre che i vetri caddero in
frantumi vittime deile bombe.
Corsi h ~ o r iin camicia a sparargli dietro qualche colpo.
Fuori lo bersagliavano furiosamente. ma io che mi ero ad.
dormentato avevo perduto il piacere della sua visita.
L'indomani fummo non poco sorpresi e molto conten-
ti nell'apprendere clie avevamo abbattuti nientemeno che
tre velivoli inglesi. Scesero a poca distanza dal nostro cam-
po e furono fatti ptigioiiieri, avevamo colpiti i loro mo-
tori costringendoli ad atterrare dalla nostra parte. Dunque
3chaefer non si era dal tutto sbagliato, eravamo felicissimi
del nostro successo, gli Inglesi dovevano esserlo alquanto
meno, tanto È vero che non osarono più attaccare il nostro
campo. durante la notte.

SCHAEFER E' COSTRETTO AD ATTERRARE


FRA LE LINEE

La sera del 20 aprile, dopo un volo di crociera, ritpr-


L'-SO NBMIW 105

nammo tardi perdendo di vista Schaefer. Ognuno spera


che egli torni a notte fatta, ma sono presto le nove, poi le
dieci e Schaefer non ritorna. Ormai non può avere più
benzina, deve quindi aver atterrato fuori campo. Non si
vuol mai pensare che uno dei nostri sia stato abbattuto.
Nessuno osa dirlo. tutti lo temono nel segreto del loro nio,
re, ma soltanto in silenzio.
Si mette in movimento il telefono per scoprire se un
aviatore ha preso terra in qualche punto. Nessuno può dare
notizie. Nessuna divisione. nessuna brigata lo ha visto. Re*
stiamo sconcertati, e decidiamo di andaie a dormire. Era-
vamo però tutti persuasi di ritrovarlo. Alle due di notte
vengo svegliato di soprassalto. Il telefonista raggiante mi
comunica: - Schaefer si trova nel villaggio Y. e chiede
che una macchina vada a prenderlo.
L'indomani mattina la porta si apre ed ecco witrare il
mio bravo pilota rivestito con degli abiti così pieni di fana
go coine non avevano addosso neppure i soldati di fanteria
dopo quattordici giorni di battaglia ad Arras* Gran gridio.
Cchaefer è pazzo di gioia e deve racmntara come meglio
può la sua avventura. Egli ha una fame da lupo e dopo
aver mangiato e bevuto ci racconta quanto segue:
<C Ritornavo al campo volando lungo il fronte quando

vedo a quota bassiusima un aviatore nemico.


Lo attacco, lo abbatto e sto ritornando. quando gli
Inglesi dal basxi ddle trincee mi p-endono di mira in modo
impressionante
Dato il tiro incessante al quale quei fanti mi sottopon.
gonn non vedo altra salvezza chc nclla velocità del iriio
apparecchio. Ero ancora a zoo mctri d'altezza ma Avo
codessare che avevo delle contrazioni disperate in certe
parti del mio corpo per delle ragioni che potete capire*
Ad un tratto ricevo un colpo, e il mio motore si arre-
sta. Non mi resta altro da fare che scendere. Potrò passare
le linee del nemico o non le passerò? Questo era il problema.
Gli Inglesi si accorgono di ciò e cominciano a sparare
addossa all'impazzata. Ma sento ogni singolo colpo, poichè
i1 motore si è fermato e l'elica è in cme. I1 momento è ve-
ramente critico. Scendo, a terra l'apparecchio non si è an-
cora arrestato che sono investito dal terribile fuoco di una
mitragliatrice nascosta in una siepe nei villaggio di Mon,
chy presso Artas. Le pallottole piovono sulle mie ali; esco
presto dalla fusoliera e mi nascondo in una buca di granata.
Allontanarmi e nascondermi fu per me un solo attimo. Una
volta a posto mi sono domandato dove diavonoio potevo tro,
varmi. A poco a poco capisco di avere wpassato la linea
ma di trovarmi ancora maledettamente vicino al nemico.
% Dio vuole è già tardi e viene notte. Questa sarà la mia
salvezza. Non passa molto tempo che attivano le pr~megra,
nate. sono proiettili a gas lacriunogeno. naturalmente non
posseggo 'maschera ed i miei occhi c~mincianoa lacrimare
in modo pietosa. Gli Inglesi avevano Fpntato una rnitra-
gliatrice contro il mio apparecchio e un'altra verso la mia
buca, un vero tiro a segno al buio. Sentivo le pallottole &
schiare ai iati e sopra la ,mia testa. Comincio con i'accen-
dere una sigaretta per cercare di calmare i miei nervi, sguscio
fuori dalla mia 'pesante combinazione di pelliccia e mi pre-
paro per il balzo. finalmente sono pronto. Ogni minu-
to mi sembra un'ora.
A poco a poco annottava, tna lentamente. Intorno a
L'ASSO NEMIU) lOi

me odo il richiamo delle pernici. Come cacciatore riconobbi


che esse non erano inquiete e che quindi non correvo il ri-
schio di essere sorpreso nel mio naxondiglio. Finalmente
venne il buio. Ad un tratto una coppia di pernici vicinis-
sima a me si levò in volo, poi altre diie, da ciò capii che iin
I&ricolo stava per avvicinarsi.
Forse era una pattuglia che veniva ad augurarmi la
buona notte. Non avevo tempo da p d e r e . Con grandi
precauzioni, strisciando cautamente di buca in buca riesco
dopo un'ora e mezza ad avvicinare i primi uomini.
Sono Inglesi o Tedexhi? Si avvicinano e per poco
non cadevo fra le loro braccia quando li riconobbi. Era
una pattuglia di perIustrazione notturna, che si aggi-
.
rava nella zona ueutra. Un soldato mi condusse dal suo ca,
@ano e così venni a sapere che la sera prima ero sceso a
50 passi dalla linea del nemico. e che ormai le nostre fan-
terie mi avevano dato per perduto. Cominciai a prendere il
. , . ,
mio rancio e poi iniziai la retromarcia. Le trincee retrostanti
erano prese molto p ~ ùdi mira degli avamposti. Ogni sentie,
ro. ogni camminamento. ogni cespuglio o valloncello era.
battuto dal fuoco nemico. 11 giorno d o p gli Inglesi sferra-
vano un attacco; evidentemente la Ioro artiglieria pre-
parava l'azione. Mi ero scelto un giorno poco propizio per
la mia impresa. %lo verso le due del mattino raggiunsi il
primo telefono ed ebbi possibilità di mettermi in comuni-
cazione con la mia squadriglia ii.
Eravamo tutti felici di riavere il nastro Schaefer, e lo
costringenuno a mettersi a letto. Qualunque altro avrebbe
volentieri rinunciato per le pr@.ssirne ventiquattro ore ai
voli di caccia. ma il nostro prode Schaefer invece nello stes-
108 RICHTHOPEN

so attaccava un B.E. che volava a bassissima


quota xipra Monchy.

UNA SQUADRIGLIA PER DARMI LA CACCIA.

Gli Inglesi si erano proposti tenacemente u n bellisi.


mo scherzo, quello ci02 di prendermi a di ab-
battermi. A questo scopo avevano organizzato una speciale
squadriglia che si aggirava proprio dove noi per lo piL
avevamo l'abitudine di volare. La r i c o n o ~ m r n odal fatto
che essa attaccava specialmente i nostri apparecchi rossi.
Avevamo dipinto in raso tutta la nostra squadriglia
da caccia, poiche gli aviatori Inglesi avevano finito per sto-
prire che ero io quello che volava neli'apparecchio rosso
fiamma.
Eravamo dunque divrntati tutti rossi e gli Inglesi
avranno sgranato dei grandi occhi, quando invece di uno
videro comparire una dozzina di simili ap.parwhi. Questo
però non tolse loro la voglia di attaccarci. Per conto mio
preferisco che il nemico mi venga a cercare e non che debba
andare io a cercarlo.
Volavamo sul fronte sperando di incontrare i nostri
avversari. Dopo venti minuti apparvero i primi che vera-
mente ci attaccarono, cosa che non succedeva da tempo.
Gli Inglesi avevano attenuato il loro noto spirito offensivo.
poichè era tastato loro un p' caro. Con tre <r Spa& » mo-
noposti, per le Loro magnifiche qualità di volo si credevano
tuttavia alquanto superiori a noi.
Wolff. mio fratello ed io. volavamo assieme, tre con.
tro tre. la cosa era perfetta. Sino dali'inizio i'attacco si mu-
tò in difensiva e noi avevamo il xiprawento. Mentre filavo
innanzi al mio avversario potei vedere mio fratello e Wolff
ciascuno alle prese con il suo antagonista. Comincia la so-
lita danza a giro tondo, I1 vento ci era favorevole e ci M*
spingeva dal fronte versa le nostre retrovie.
Il mio avversario h il primo a precipitare. Gli aveva
certamente colpito il motore. Si doveva esxre d e c k ad
atterrare in territorio nostro, ma io che non conoscevo più
pietà lo attaccai una seconda volta sparandogli contro fin*
chè l'apparemhio non si squarciò sotto la valanga dei miei
proiettili. Le ali si staccarono una dopo l'altra come fogli di
carta e la fusoliera in fiamme s'inabissò come un bolide.
Cadde in uno stagno dal quale non fu più pssibile estrarre
i rottami. Era sparito e non ho mai potuto sapere chi fosse
stato il mio avversario. Solo gli avanzi della coda brucia.
vano ancora ed indicavano il luogo dove l'aviatore nemico
si era scavata la propria fossa.
Nello stesso tempo Wolff e mio fratello avevano attac-
cati i loro avversari e li avevano costretti ad atterrare poca
lontano dal mio. Volammo a casa lieti del ruccesso.
«Speriamo che la squadriglia anti*Richthofen venga spesso>,.
spesso 1).

VISITA DI MIO PADRE

Il nostro vecchio aveva anniinciato che per LI zo a v i -


le sarebbe venuto a visitare i suoi dile figli. Era cornandan.
te di guarnigione in una cittadella nei pressi di LiUa e
quindi abbastanza vicino a noi. Dall'alto lo pwso vedere
spessa Doveva arrivare col treno delle nove. Alle nove e
mezza era già sul nostro campo. Noi rientravamo da un volo
di caccia. Mio fratello scende daila carlinga e saluta così il
vecchio: Buon giorno papà, ho appena abbattuto un ln-
glue 11. Scendo anch'io: Buon giorno ~ a p à ,ho appena
abbattuto un Inglese n. 11 mio vecchio non è di quei padri
che sono sempre in apprensione per i loro figlioli, credo
anzi che prekrirebbe montare sopra un apparecchio e spa-
rare anche lui.
Facemmo colazione assieme e poi ripartimmo.
Intanto mio p d r e ossirvava con grande interesse una
battaglia aerea che avveniva proprio wpra il nostro campo.
Noi non vi prendevamo parte. ma la seguivamo dal basw.
Era una squadriglia inglese che essendo riuscita a pmare
attraverso il nostro fronte veniva attaccata da alcuni nostri
apparecchi in perlustrazione.
Ad un tratto uno degli apparecchi si rovescia, si rad-
drizza e scende planando normalmente. Con rammarico
rimnosciamo che è un tedesco. Gli Inglesi continuano la lo*
ro rotta.
L'apparecchio tedexo sembra sia colpito .ma discende
regolarmente e tenta d'atterrare nel nostro campo che è
però ben piccolo per una cosa così grande tanto più che Fer
il pilota era un terreno sconosciuto. L'atterraggio non fti
molto preciso. Ci preci~itammo vicini e constatafnmo
che uno degli uomini addetti alle mitragliatrici era morto.
Questo era uno spettacolo nuovo per mio padre e lo lasci6
pnsierow. ma La giornata non era ancora finita per noi. Il
tempo era splendido. I cannoni antiaerei erano sempre atti-
vi. dunque grandi movimenti aerei. A mezzogiorno ripar-
timmo. Anche questa volta fui fortunato poteiabbattete il
secondo Inglese della giornata. Dopo pranzo un sonnellino
e di nuovo partii in volo.
Durante questo tempo Wolff con il suo gruppc aveva
volata su1 nemico. Egli piire aveva abbattuto un appare<+
chi0 e così Sthaefer. Per altre due volte, nel pomeriggio,
mio fratello, Schafer, Festner, Allmenraeder e io ripren*
demmo il volo. 11 primo volo senza incontri, il secondo
tanto più fortunato.
Eravamo da poco sul fronte quando una squadriglia
nemica ci viene incontro. Sono troppo alti, non possiamo
¶uindi far nulla. Cerchiamo di raggiungerli ma invano. Poi
li abbandoniamo e voliamo lungo il fronte. io vicinissimo
a mio fratello innanzi agli altri. In quel momento vedo due
apparecchi al servizio dell'a~ti~lieria
nemica venirci incontro,
Faccio un cenno a mio fratello che subito mi capisce. Vo-
liamo di conserva aumentando la nostra velocità. Ci sen-
tiamo perfettamente sicuri l'uno dell'altro e questa è la
cosa principale. Bisogna sapere bene con chi si vola, Mio
fratello raggiunge per il primo il nemico e attacca quello
che gli sta più vicino io mi prendo l'altro. Mi rigiro un
istante per vedere se un terzo non ci segue. Ma siamo soli
con gli occhi negli occhi. Presto raggiungo la posizione mi-
gliore, una breve scarica di colpi e I'aWarecchio nemico va
in pezzi. Non avevo mai conseguito una vittoria così ra-
pida.
Mentre seguivo con gli occhi i rottami dell'apparecchio
abbattuto vidi che mio fratello a circa cinquecento metri da
me lottava in pieno combattimento.
Avevo tutto il tempo per gociermi questo spettacolo e
112 RICHTHOPEN

devo confessare che non avrei saputo fare meglio di lui.


Anche egli aveva assalito il suo awersario e giravano uno
intorno all'altro. Ad un tratto I'apprecchio dell'lnglese si
impenna, segno infallibile che l'aviatore è stato colpito
alla testa.
L'apparecchio nemico precipita e le ali si distaccano. I
rottami vanno a cadere vicinissimi a auelli della mia vit-
tima. Mi avvicino a mio fratello e con i gesti ci salutiamo
reciprocamente.
Eravamo soddisEatti e continuammo il nostro volo:
è veramente bello poter volare così vicino al proprio
fratello. I nostri compagni ci avevano raggiunti e sta-
vano godendosi lo spettacolo che i due fratelli offrivano
loro. Tanto aiutarsi a vicenda non è possibile; più che spa-
rare non si può Eare e diirante un. combattimento tutto ciò
che gli altri possono Eare è proteggere le spalle del com.
battente ed evitare che venga assalito da un terzo.
Proseguiamo salendo a grande altezza, pichè Lassù si
erano dati convegno alciini membri del Club Anti-Richt-
hofen. I1 sole batteva in pieno sopxa i nostri apparecchi
rendendo facilmente visibile anche a grande distanza il bel
coloro roso dei nostri aeroplani. Ci raggruppiamo stretta.
mente ognuno di noi sa di dover lottare con dei nemici
del nostro stampo. Purtroppo sono più in alto di noi e dob-
biamo aspettare che siano loro ad attaccarci. Sono i famosi
rriplani Spads, magnifici motori di ultimo modello, Ma ciò
che più conta non 5 l'apparecchio ma quello che sta seduto
nella Eusoliera. I nemici erano incerti o mancavano di
audacia. Noi eravamo pronti ad offrire loro battaglia. tanto
in alto wme in basso, ma non sembravano disposti ad accet.
L'ASSO NEMICO ' 3 13

tarla. Perche si danno tante arie con le loro squadriglie


destinate ad abbattermi. e poi al momento buono manca
loro il coraggio e si mettono i1 cuore in tasca?
Finalmente uno prende il coraggio a due mani e si pre-
cipita sull'ultirno dei nostri. Naturalmente accettiamo il
combattimento per quanto sfavorevole poichè quello che
sta dietro ha i1 vantaggio sull'avversario. Ma bisogna
fare di necessità virtù e le cose c0rr.e sono. Tutti
fanno .dietro-front. L'Inglese si accorge e ci abbandona. Un
altro Inglese si decide: sceglie me come avversario, lo saluto
subito con iina doppia scarica delle mie mitragliatrici. Pare
non apprezzi molto le mie entrate in azione e con una pic,
chiata cerca di sfuggirmi ma proprio questo sarà fata!e.
poictiè così facendo viene a trovarsi sotto ed io sopra. Si
sona perduti tutti quelli che mi volarono sotto e tanto me-
glio se soli e sul nostro fionte, specialmente poi se monta*
vano apparecchi da caccia con una sola persona a bordo in
modo che non potevano sparare ali'indietro. Il mio anta-
gonista aveva un ottimo motore e fìlava, ma non ebbe più
la fortrrna di raggiungere le sue linee. All'dtezza di LCUS
cominciai a sparargli contro, ero troppo lontano per colpirlo
ma 10 feci solo per intimorirlo, cadde nel tranello che gli
avevo teso e per duggirmi cominciò a fare delle virate ra-
pid issime.
Approfittai di questo per avvicinarmi a lui, Due, tre
volte rifeci le stesse manovre e sempre il mio uomo si la,
scià pescare. In pochi secondi gli sono vicinissimo, quasi
sopra. prendo b mira con esattezza: aspetto ancora un
at:imo. sono a cinquanta metri da lui e premo il grilletto
delle mitragliatrici. Vedo una scia bianca, segno infalli-
...
bile che i serbatoi della benzina sono colpiti ~ o unai gran-
de fiamma ed egli scompare precipitando.
Era il quarto in quella stessa giornata. Mio fratello ne
aveva abbattuti due. Sembrava che avessimo invitato ap-
posta il nostro vecchio per offrirgli questo spe~tacolo.La no*
rtra gioia era grande. La sera riunimmo alcuni amici. fra
.gli altri il mio caro Wedel che per casa si trovava con noi.
La festa riuscì bellissima. Lo e mio fratello avevamo abbat-
tuto sei apparecchi in un solo giorno, una inriera sqiiadri-
glia nemica.
Cuedo non gcdessimo la simpatia dei nostri avversari.

VOLO VERSO LA PATRIA

, Avevo abbattuto ci~iquania apparecchi inglesi. Mi


sembrava che raggiungendo il numero di cinquantaclue suo*
nasse meglio, così mi presi il gusto quello stesso giorno di
abbatterne altri due. Veramente me ne avevaco ricono-
sciuti solo quarantuno. ma ho già spiegato prima i1
perchè di questa cifra. Appunto per questo io volevo
contarli. Non sono un recordman nè si vogliono battere rè*
cord in aviazione. Non si compie altro che il proprio dove*
re. Se a Bokcke non fosse accaduta la disgrazia mortale, ne
avrebbe abbattuti cento, e molti altri compgni ne avreb-
bero abbattuti anche un numero maggiore se non fossero
morti prima.
Ma anche averne distrutti un mezzo centinaio può
sempre fare piacere. Finalmente riuscii a raggiungere le
cinquanta vittorie prima di partire per la mia licenza, s p e
rando di poter festeggiare poi il secondo cinquantesimo.
La sera squilla la suoneria del telefono è nienremeno
il <r Quartiere Generale » che desidera parlarmi. E* sem-
pre molto divertente essere messo in comunicazione con
r' pezzi grossi n. Fra i'altro mi diedero Ia bella notizia che
il Kaiser aveva espressa il desiderio di parlarmi permal,
mente e precisamente il a maggio. Eravamo allora alle nove
di sera del 30 aprile. Con il treno sarebbe stato impossibile
di esaudire il desiderio del Kaiser. Così preferii h r e il viag.
gio per via aerea, il che è anche molto divertente. La mat.
tina dopo partii non col mio a caccia rosso » monopsto,
ma con un grande apparecchio a due posti.
Occupai il sedile posteriore, lasciando il doppio co-
mando nelle mani del Krefft. un tenente della mia squa-
drigIia da caccia, perche lavorasse lui. Egli voleva apfunto
andarsene in licenza di convalescenza e con qriesta mezza
scusa arrivava prima a casa. i1 che non gli spiaceva af.
fatto. La mia partenza avvenne in tutta fretta. Non po-
tendo nel nostro a~parecchiopmtare altro bagaglio che lo
spazzolino da dent.i, bisognava partissi già vestito di tiitto
piinto nella tenuta prescritta per presentarmi al <I Gran
Quartiere Generale >I. Ma purtroppo il giovane soldato non
tiene con se al fronte le sue migliori divise.
Mio fratello asunse il coniando della squadriglia. Sa-
lutai rapidamente i miei cari com~agni.sperando ripren-
dere presto fra loro le mie mansioni.
Sorvolammo Licgi, Naniur, Aix-la-Cha~elle, e Colo.
nia. Era pur bello andarsene navtgando così. senza pensie-
ri gr~erreschiper i1 niare dei cicli. Da molto tempo non era
stato così hllo. In una giornata come questa, chissà
quale lavoro al fronte. Presto perdiamo di vista i nostri pal-
116 RICHTHOFEN

Ioni frenati. Ci allontaniamo sempre pii1 dal tuonare della


battaglia di Arras. Sotto a noi si distendono quadri di pace.
Dei battelli a vapore, un treno £da attraverso le campagne
e noi lo rincorriamo per gko. Il vento ci è favorevole e la
terra ci sembra inverosimdmente piatta.
Le montagne della Mosa non sembrano montagne. non
se ne vede neppure proiettata l'ombra pichè il sole batte
Si sa soltanto che esistono e con un po'
di fantasia si piiò persino calarsi nei loro freschi vallonceIli.
11 tempo passava e ci awicinavamo all'ora di .mezzo,
giorno. Un mare di nuvole si stende sotto a noi e n na-
sonde la faccia deiia terra. Ci orientiamo con il sole e con
la, bussola e proseguiamo il nostro cammino, L'Olanda ci è
vicina. ma poco simpatica, così preferiamo di prendere con-
tatto con la terra, scendiamo mtto le niivole e siamo poprio
sopra Namur.
Continiiiamo per Aix-laechapelle che lasciamo alla
nostra sinistra per raggiungere Colonia a mezzogiorno. Nel
nostro apparecchio l'umore era ottimo. I1 tempo era splen,
dido, avevimo la prospettiva di una lunga licenza poi era*
vamo riusciti a raggiungere Colonia che ci dava la sicurezza
di poter artivare al cr Gran Quartier Generale anche se ci
capitava quakhe incidente.
Ci avevano preannunziati tdegraficamente a Colonia.
Così eravamo attesi. Il giorno prima i giornali avevano an,
nunciato la mia cinquanìaduesima vittoria aerea. Le tre
ore di volo mi avevano dato un po' di ronzio de-orecchie.
Così decisi di concedermi un sonnellino prima di fare il mio
ingresso al a Gran Quartiere Generale n. Partendo da Co,
lonia seguimmo per un bel tratto il Reno. Conoscevo bene
quel tragitto che avevo tante volte kercorso in battello, in
autoiiiobilr. in treno ed anche in aeroplano. 1 dettagli dei,
la natura si scorgevano meglio da terra, ma I'insieme vi:o
dall'alto non è certo da dispiezzarsi. Il Reno, anche a que!-
l'altezza ha un suo fascino speciale. Non volammo troppo
alti per non ~ d e r ela visione de!le montagne. poichè
la cosa più bella lungo il Reno sono appunto questi picchi
coperti di boschi con i loro castelli1 Naturalmente non po.
tevamo distinguere le singole cose. Peccato che non si possa
regolare la veiocitb del volo: avrei certamente innestato la
marcia pib bassa, se focse esistita.
Troppo prcs:o spariscono i magnifici paesaggi e quan.
do si vola a grande altezza si perde il senso del12 velocità. In
treno o in automobile l'impressione della velocità è mclto
maggiorz, mentre in aeroplano, ad una certa altezza si crea
de sempre di andare adagio. Veramente ci si accorge di que.
sto quando ci si vuole orientare dopo essere rimasti 5 minuti
senza giiardare fuori, e si vede un tutt'altro paesaggio di
quello che si ha ancora negli occhi, quello che si era
visto prima e Frduto laggiù, iiriconoscibile. Ecco perche è
tanto facile perdere l'orientamento se per un attimo ci si
distrae.
Nel pomeriggio arrivammo'al Gran Quartiere Genera-
le ricevuti molto cordialmente da alcuni nostri compagni
che Iavoravano in quella grande baracca.
Questi imbratta carte mi fanno veramente pena, non
vedono A r o che dal l a ~ odel divertimento.
Mi feci dapprima annunciare al Comandante Generale
deli'Aviazione. L'indomani mattina era il grande giorno
nel quale dovevo venire presentato a Hindenbutg e a Lu,
dendorff. Dovetti aspettare un pezzo in anticamera.
118 RICHTHOFBN

Non posso dire con esattezza come andarono le cose.


Prima mi presentai a Hindenburg poi a Ludendorff. E' un
senso strano quello che si prova entrando li dove si decido.
no i destini del mondo, Fui quindi ben felice d'aver tutto
ci; che iiii serviva perchè venni invitato a colazione dal
Kakr.
Era il mio compleanno, qualano doveva averlo sug.
gerito al Kaiser poichè questi mi felicitò prima per i miei
successi e poi mi fece gli auguri per il mia venticinquesimo
anno. Ed ebbi anche la sorpesa di un regalo.
Non mi sarei mai sognato che nel giorno in cui com-
pivo venticinque anni mi sarei seduto alla destra di Hinden.
bwg e che il MaressialIo mi nominasse nel suo discorro.

Il giorno dopo ero invitato a colazione dall' Impera-


trice; partii aUora per Hamburg. Anche da Lei ebbi un
regalo per i1 mio anniversario. Mi fece molto piacere il p*
terle offrire lo spettacolo di un decoUaggio. Per la sera ero
nuovamente invitato dal Maresciallo von Hindenburg. 11
giorno dopo volai sino a Fributgo per andare a caccia di
galli di montagna. A Friburgo approfittai di un apparec-
chio che volava verso Berlino. A Notimberga facemmo
benzina, si addensava un temporale, avevo una grandissi*
ma premura di raggiungere Berlino dove mi attendevano
cose interessanti. Così malgrado il temporale continuai 11
volo. Le nuvole ed il tempaccio indiavolato, mi d~vertrvano.
Pioveva a secchie inframmezza@e da grandine. La grandine
aveva ridotto l'elica In un modo buffo, sembrava una sega.
L'ASSO NEMICO llg

Purtro~ipoil maltempo mi divertì talmente da farmi com.


pletamente dimenticare di pardare dove mi trovavo: quan-
do mi riprendo non ho la più lontana idea di dove mi tra,
vo. Che bestia, perdersi nel proprio paese! Proprio a me
doveva capitare. Come si divertirebbero alle mie spalle se
lo sapessero. Ma non c'era niente da fare. Non sapvo asm-
lutarnente dove fossi.
Volando basso, il vento fortissimo mi aveva portato
fuori della mia rotta e dovevo affannosamente orientarmi
col sole e con la bussola per tentare di conservare la mia
rotta verso Berlino.
Vedo rapidamente passarmi sotto città, paesi fiumi e
boschi senza poterne riconoscere alcuno. Confronto inutil-
mente il paesaggio con la mia carta. E' tutto diverso. Mi è
assolutamente imFossibile di riconoscere il luogo. 1.a cosa
d'altronde non sarebbe stata facile poichè come venni a
scoprire f i ù tardi, volavo allora circa IOO Km, fuori della
mia rotta.
Dopo due ore di vola il mio pilota ed io. ci deciderii
mo per un atterraggio di fortuna. E' sempre una casa spia-
c e d e di dover atterrare fuori campo. poichè non ci cono-
sce la superficie del terreno. Se una ruota entra in una buca,
addio baracca e burrattini. Dapprima tentammo ancora di
leggere il nome di una stazione, ma era stato dipirita a ca,
ratteri così piccoli da non poterne riconoscere neppure una
lettera. Non ci resta che atterrare: con il cuore pesante
scegliamo un prato che dall'alto ha I'aspefta cli essere ma-
gnificamente liscia e rirhiamo il colpo,
Purtroppo da vicino il prato ha un aspetto meno pro.
pizio, Ci eravamo veramente rischiati troppo. Prima ci
siamo messi nel sacco e poi abbiamo fracassato la baracca.
Per proseguire la strada e raggiungere la meta dovemmo
prendere un mezzo di trasporto ben più ordinario, quale
un treno omnibus.
Piano ma sani raggiungemmo Berlino, I1 nostro at-
terraggio di fortuna era stato effettuato nelle vicinanze di
Lipsia. 9 non avessimo fatto quella bestialità saremmo
certamente giunti fino a Berlino. Ma quando il diavolo ci
mette la coda...
Dopo pochi giorni rientrai a Schweidnitz. la mia città
natale. Benchè non fossero che le sette di mattina la sta.
zione era gremita di gente. Le accoglienze calorose. Nel p
meriggio mi furono tributati molti onori, anche. da parte
dei giovani premilitari.
In una parola rimasi travolto dall'entusiasmo, La mia
Patria si interessava grandemente p r i suoi difensori.

MIO FRATELLO

Ero appena da otto giorni in licenza quando mi


giunse questo telegramma: ii Lotario ferito, non mortal-
mente >I. Null'altro. Solo in seguito ebbi informazioni dal,
le quali risultava che egli era stato una volta di più molto
imprudente. Volava in pattuglia con Allmenroeder verso
il nemico quando scorse molto più in basso e abbastanza
in dentro delle linee nemiche un a Englishman v che an-
dava a spasso. Quegli aviatori di fanteria danno special-
mente fastidio alle nostre truppe e le laxiano con un
senso d'inquietudine. Se ~ o ottengono
i dei risultati coi
L'ASSO NBMICu 121

loro serpeggiamenti a bassa quota è altra cosa. Mio fratello


era a duemila metri d'altezza, I'Inglese a 1000 gli si fa
cotto. fa un tuffo e in pochi secondi gli è vicino. L'Inglese
evitare il combattimento e sparisce anche lui in
rapida discesa, mio fratello non esita e lo segue, senza
preoccuparsi se si trova d& nostra parte o sul nemico.
Ha un solo pensiero. a Devo abbatterlo ». Naturalmente
questa è una bella cosa e anch'io di tanto in tanto faccio lo
stesso. Ma se mio fratello non lo fa almeno una volta per
ogni volo non è contento.
Lo raggiunge in buona posizione quand'è a pochi
metri da terra. e gli può scaricare contro la sua arma. cri-
vellarlo di wlpi bene aggiustati. Non c'è più niente da
fare dopo un simile combattimento a basa quota. du-
rante il qude ci $1 è tante volte girati e rigirati un po' a
destra e un po' a sinistra: un povero mortale finisce per
non capire più dove si trova, il tempo anche non era buono;
era insomma una giornata poco hvorevok. Ben presto si
orienta e s'accorge d'essersi inoltrato per un bel pezzo nel
fronte e di trovarsi wpra le colline di Vimy alte un cen-
tinaio di metri.
Gli osservatori, da terra credono di aver visto spa-
rire mio fratello dietro quelle coIline, Questi ritorni alle
proprie basi non appartengono alle sensazioni più grade-
VOL. Non si può far nulla anche se il nemico ci tira contro.
Si è spacciati se egli riesce a colpirci. Mio frateilo si avvi*
cinava alla linea. A così bassa quota si può sentire ogni
singolo colpo di fucileria: quando sparano isolatamente
quelli di fanteria si sente come un rumore di castagne che
scoppiano nelle brace.
la2 RICHTHOFEN

Ad un tratto mio fratello si sente colpito.


E' fra quelli che non p s w w vedere il proprio sangue.
quello degli altri gli fa meno impressione, ma il suo san-
gue lo turba. Sente come qualche ccea di caldo che gli cola
giù, lungo la gamba datra, e nello stesso tempo sente un
dolore al fianco. Da sotto gli sparano sempre contro, è
dunque ancora in terreno nemico. A poco finiscono ed egli
si accorge di aver oltrepassato la linea. Ora deve fare in
£retta poichè sente le forze venirgli rapidamente meno.
Scorge un bosco e lì vicino un prato, e verso quello egli si
dirige spegne l'accensione, il motore s'arresta e nello s t a w
tempo le forze lo abbandonano e sviene. Era solo nel suo
apparecchio, nessuno poteva quindi dargli aiuto. E' un
vero miracolo che abbia potuto atterrare, poiche da solo
nessun apparecchio può salire o xendere, Si racconta solo
che una volta a Colonia un vecchio Taube. che un pilota
preparava per la partenza, decollasse, proprio nel momento
che questi stava per salirvi, facesse una curva e sempre da
solo atterrasse dopo 5 minuti. Molti pretendano d'averlo
visto, io non c'eio, però sono egualmente persuaso che s:a
vero. Mio fratello, certamente non montava un simile Tau-
be che atterra da solo, ciò nonostante non si fece alcun
male neli'atterrare. Riprece conoscenza solo all'ospdale, Fu
trasportato a Douai.
E' un sentimento strano quello che si prova vedendo
il proprio fratello combattere contro il nemico. Una volta
per esempio vidi mio fratello Lotario che era rimasto un po'
indietro quando venne attaccato da un Inglese, Sarebbe sta+
ta per lui facile cosa evitare il combattimento, gli bastava
sparire, sprofondarsi. Ma queit'idea non gli sfiorò neppure
il cervello, Sottrarsi non è da lui. Per fortuna lo stavo 0s.
servando e tenevo gli occhi aperti. Così vidi come l'in-
glese che era più alto di lui gli calasse addosxi sparando.
Mio fratello cercava di guadagnar quota, ma ad un tratto
l'apparecchio rosso scese a picco girando su sè stesso.
Non sembrava una manovra voluta ma una vera e
propria caduta. Per il frateiio che sta a guardare non è
uno spettacolo piacevole. Ma a poca a poco mi ci ero dovuto
abituare Foi&è è uno dei trucchi di mio fratello. Sicome
l'Inglese lo dominava, fece finta d'essere colpito. L'Inglese
lo segui. Mio fratelio raddrizza ~ o il'apparecchio e un
attimo dopo gli sta sopra. L'Inglese non può agire con al-
trettanta rapidità e rendersi conto dell'accaduto quando mio
fratello gli è già addosso e lo riduce in fiamme. Non
c'è più nulla da fare quando un apparecchio avvolto daUe
fiamme precipita al suolo. Una volta a terra mi trovai pres,
so un serbatoio che conteneva roo litri di benzina quando
questa esplose e bruciò, il calore era tale che non si potwa
resistere a dieci passi di distanza. Ora bisogna pensare che
a pochi metri dail'aviatore si trova un serbatoio molte volte
superiore ai 50 litri di benzina e che spesso poi I'elica soffia
le h m m e proprio contro Ia faccia del pilota. Credo che
si p r d a immediatainente la ragione e così tutto è presto
finito.
Ogni tanto però, capitano dei veri miracoli. Così vidi
una volta cadere in fiamme un apparecchio inglese. Si in-
cendiii a 500 metri d'altezza. L'apparecchio era avvolto
dalle fiamme; quando torniamo a casa ci dicono che uno de!-
l'equipaggio s'è slanciato fuori a 50 metri da terra. Ma los-
servatore per farsi un'idea esatta deil'altezza, bisogna pen-
124 RICHTHOFEN

si al cam~aniledi Berlino. Provatevi a saltare dall'alto di


quella torre e vedrete in che stato arriverete giù! Si rom-
pono molti l'osso dcl collo a saltare dal primo piano, In ogni
modo questo bravo osservatore r i Franz >> saltò dal suo ap-
parecchio in fiamnie a 50 metri di altezza e dopo che questo
bruciava da più di un minuto e non si fece altro male che
una frattura semplice nella parte inferiore del femore. Non
doveva aver patito neppure morairneiite poiche dopo tutto
ciò che gli era accaduto fu in grado di subire subita un in*
terrogatorio.
Un'altra volta abbattei un Inglese. l! pilota fu ferito
nlortalmente alla testa. L'apparecchio precipitò senza rad-
drizzarsi da un'altezza di tremila metri. U n bel po' dopo
scendendo con un plani non vidi a terra che un groviglio
informe. Con mio p n d e stupore venni a sapere che i'ose
servatore non aveva che la frattura d'una spalla e che la sua
vita non era in pericolo. C'è della gente che ha una bella
Eortuna. Un'altra volta Boelcke abbattè un Nieuport. Vidi
io stesso l'apparecchio precipitare come un bolide. Scen.
demmo dietro a lui e trovammo l'apparecchio sprofondato
fino a metà nella me!ma. L'aviatore, un asso, era svenuto
per una lieve ferita al ventre e si era lussato un braccio
nella caduta. Non è morto.
Invece uno dei miei Lxroni amici. atterrando andò a
conficcare una riiota in una buca di conigli. II motore non
aveva più velocità e l'apparecchio dolcemente si impennò.
tquindi esitò un istante e poi si capovolse. II povero diavolo
si ruppe l'osso del collo.
Mio fratello Lotario era sottotenente nel 4" Dragoni e
sortiva dalla scuola di guerra. Era ufficiale fin dall'inizio
delle ostilità e cominciò la guerra in cavalleria.
Quali atti di eroismo egli compì non so, pichè non
parla mai di sè. Mi hanno raccontato quanto segue: Du-
rante l'inverno 19x4 il suo Reggimento era accampato
sulle rive del Wartha di cui i Russi, rwcupavano L'altra
sponda. Nessuno sapeva se essi si ritiravano o se timane*
vano. Le rive erano in parte gelate di modo che dificil-
mente si poteva passare. NaturaImente non c'erano ponti,
che i Russi li avevano distrutti. Mio fratello allora fece la
traversata a nuoto, si rese conto della posizione del nemico
e ritornò allo stesso modo. Tutto questo nel rigore deU'in-
verno russo a non so quanti gradi sotto zero. Dopo pochi
minuti i suoi abiti furono completamente gelati, ma egli
pretendeva che sotto stava benone al caldo. Cosi cavalcò
per tutto il giorno, finchè la sera raggiunse il suo quartiere.
Non si buscò neppure un raffreddore.
Dietro mia istanza nell'inverno del 191j si dedicò al
volo. e divenne osservatore, come me. L'allenamento come
osservatore è quello che ci vuole per diventare caccia. Nel
marzo 1917diede il suo terzo esame e subito dopo mi rag-
giunse alla XI" squadriglia.
Era un aviatore fresco, calmo e senza esperienza, egli
non pensava n& ai loopings nè ad altri simili scherzi, ma
era contento quando riusciva a decollare o atterrare decen-
temente. Dopo 1 5 giorni lo condussi con me per la prima
volta contro il nemico pregandolo di volare a poca distan.
za da me per rendersi conto di come andavano le cose.
AI terzo volo vedo che bruscamente mi lascia: si lancia
a sua volta contro un inglese e lo abbatte. Non occorre una
gran scienza per abbattere un apparecchio. La differenza
stà tutta nell'individua1i:à o meglio nell'originaIitf del mo-
do di farlo. lo dunque non sono un Pégoud. nè voglio es-
serlo, ma solo un soldato ligio al mio dovere.
Quattro settimane dopo, mio fratello aveva già abbat-
t u t o venti inglesi. E' un caso forse unico nell'aviazione
quello di un pilota che abbatte il suo primo apparecchio ne.
mico 15 giorni dopo il suo terzo esame e zo un mese più
tardi. 11 suo zz\wersario fu il celebre capitano BaU di
gran lunga il miglior aviatore inglese. U n mese prima io
mi ero presa la soddisfazione di abbattere il celebre Maggio-
re Hawker. Così h i particolarmente felice che fosse proprio
mio fratello ad abbattere il secondo campione inglese. 11
capitano Ball montava un triplano e s'incontrò sul fronte
da solo con mio fratello.
Ciascuno cercava di prendere il sopravvento su I'altro.
Nessuno si decide a sparare. Si avvicinano l'uno all'altro per
un breve istante senza però riuscire ad avere l'avversario a
giusta portata.
Ad un tratto presero simultaneamente La decisione di
scaricarsi contro reciprocamente alcuni colpi bene aggiu-
stati proprio mentre si accostano. Entrambi si voiano in*
contro. entrambi sparano contemporaneamente, ognuno
ha un inotore davanti a sè, Le possibilità di colpirsi
sono minime, la velocità è due volte q ~ ~ e l lnormale.
a %m-
bra inverosimile che uno dei due possa colpire l'altro. Mio
fratello che si trovava più basso, aveva troppo impennato
il suo apparacchio; fece una capriola perse l'equilibrio e per
un istante rimase privo di direzione. Quando si raddrizzò
si accorse che una pallottola aveva forato i due serbatoi di
benzina. Bisognava atterrare: tolse I'accensione per evitare
l'incendio e subito dopo pensò: Dove s'è cacciato il mio
avversario? Al momento del rovesciamento aveva potuto
vedere l'Inglese che si impennava e si rovesciava a sua vol.
ta; non poteva quindi essere lontano. U n pemiero lo predo*
minava: n E' sopra o è sotto? n. In d t o non c'ma più, ma in
basso vide il triplano cadere a foglia morta e precipitare fin
giù senza potersi riprendere fischè si infranse entro le no-
stre linee. Entrambi gli awersari si erano colpiti con le mi*
tragliatrici fisse nel breve istante del loro incontro. I due
serbatoi di mio fratello erano stati forati nello stesso tempo
che il capitano Ball, veniva colpito alla testa. Portava ad-
dosa varie fotografie e ritagli di giornali del suo paese dove
si parlava di lui con ammirazione. Risultava che poco tem-
po prima era stato in licenza. All'eFoca di Boelcke il capi-
tano Ball aveva abbattuto 36 apparecchi tedeschi. Ma an,
ch'egli aveva incontrato il suo dominatore o f i i pura caso
che iin iiomo di td valore incontrasse la sua eroica inorte.
11 capitano Ball era certamente il comandante della squa-
driglia anti-Richthofen e penso che in quel giorno gli In.
glesi avranno deciso di abbattermi. Questo mi rincresce-
rebbe, poichè mi verrebbero a mancare molte belle acca,
sioni.
Se mio fratello non fosse stato ferito il 5 di maggio.
credo che al mio ritorno dalla licenza avrebbero mandàto
lui a riposare con altri 52 apparecchi abbattuti.

Il Principe di Pless in occasione di una visita al qiiur,


tiere generale mi aveva autorizzato di cacciare un bisonte
nelle sue rixrve. 11 biuinte in gergo popolare è chiamato
Aurochs ma la loro razza è estinta. il bisonte d'Europa sta
1% XICHTHOFEN

facendo la stessa fine. Non lo si trova ormai che in due


luoghi. A Pless e nelle foreste di Bieloviège dello Zar.
Il Principe mi aveva dunque concesso un grande pia-
cere autorizzandomi ad uccidere un animale così raro. Far-
se fra una generazione non ce ne saranno più: saranno tutti
sterminati.
Arrivai alla stazione di Pless nel pumeriggio del 26 di
Maggio per ripartire subito. Dovevo p i m a di sera aver ab.
battuta la bestia.
Percorremmo la stessa famosa strada che attraversa le
immense riserve di caccia del Principe. percorse prima di
me da molte teste coronate. Un'ora dopo scendemmo. ave-
vamo ancora una mezz'ora di strada da fare a piedi prima
di raggiungere il nostro punto di appostamento.
I battitori erano ai loro posti e non aspttavano che
un segnale per coniinciare la battuta. Io ero appostato sul*
l'osservatorio. quello stesso come mi disse il gliardia-caccia
allora. dal quale il Kaiscr aveva abbattuto parecchi bisonti.
L'attesa £11 lunga. All'improvvisa, fuori dal fitto vidi
precipitarsi verso di me un mostruoso e gigantesco animale
nero. Lo scorsi prima del guardiacaccia e mi preparai a far
fuoco non senza una certa emozione. Era un maschio im.
ponente.
A a50 passi s'arrestà un momento, Era troppo lon*
tano perchè gli sparassi. Si sarebbe certo potuto colpire, se
gli avessi sparato col mio fucile, poichè, data la sua mole
enorme. non era possibile mancarlo. Ma rintracciare poi
la bestia ferita sarebbe stata una cosa meno piacevole. Ci
tenevo moltissimo di non mancare il buon colpo. Pre-
ferii quindi aspettare che si avvicinasse. Forse vide i batti-
tori, fece un brusco dietro frwit e con una velocità di'cui
non si sarebbe mai creduto capace un simile bestione girato
-

diritto verso di me. Impossibile sparargli. Sparve dietro un


folto h o di pini, lo vidi ancora che alzava e annaspaua
il terreno con gli zoccoli. Non potevo più vederlo. Non so
se mi avesse fiutato, certo che se n'era andato: lo vidi. an-
cora più tardi, ma a grande distanza.
Era stato l'aspetto insolito dell'animale o che so io?
Ma certo nell'istante in cui lo vidi avvicinarsi, fui preso
dalla stessa emozione. dalla stessa febbre che mi agita quan.
do sano nel mio apparecchio e vedo un inglese e devo vo-
largli incontro per altri cinque minuti prima di,.poterlo tag.
giungere. C'è perii una differenza. che l'Inglese almeno si
difende. Se non mi fasi trovato su di un osservatorio così
alto, chissà altre sensazioni avrei potuto provare.
Dopo poco, ecco venire un secondo bisante. Anche
questo è un magnifico esemplare che mi facilita d tiro. Si
fermi a cento metri da me e mi offie tutto il petto. Il primo
colpo lo raggiunge. egli vacilla. Gli avevo appioppato un
buon colpa nel petto. Hindenburg un mese prima ini ave-
va detto <iPrenda con se molte cartucce. Ne ho adoperato
più di mezza dozzina per finire il mio. U n bestione simile
ha la .+le dura e il cuore p i a ~ z ~così.
t o in profondità che
è discile colpirlo I). Era vero. Non ero riuscito a colpirlo
ai cuore per quanto sapessi esattamente dove si trovava:
tirai ancora due colpi. al terzo benchè gravemente ferito,
era ancora in piedi a 50 passi da mc,
~ morto. La caccia hi
Cinque minuti dopo il c o l o s ~era
sospesa: gli altri colpi furono per un cervo. Tutti lo ave,
vano raggiunto vicino al cuore. Un bellissimo bersaglio.
Passammo davanti al delizioso padiglione di caccia del
Principe, +ridi traversammo per un bel tratto la riserva.
E' qui che tutti gli anni le bestie sono in calore il
Principe viene a cacciare coi suoi amici il cervo rosso e gli
altri animali. Ci fermammo Fer visitare l'intera casa di
Promnitz, eretta su di una penisola. H a una vista ma-
gnifica. Poi a $ km. in giro non c'è anima viva; quando si
è sulla terra del Principe di Pless non si ha più I'impres.
sione di essere in una tenuta di caccia. Quattrocentomila
ettari di terreno non sano più una riserva. Ci sono dei
cervi magnifici. che nessuno ha mai visto, clie neppure i
guardiacaccia conoscono e che per puro casa, qualche volta
si possono cacciare nel periodo in cui sono in calore. Si può
camminare per intere settimane senza vedere un bisonte.
In alcune stagioni è addirittura esclusa che si possano in-
contrare: sono così ombrosi che si vanno a nascondere nel
fitto dei più impenetrabili boxhi di queste immense f o ~
reste. Scorgemmo ancora qualche cervo e qualche bel ca-
priolo.
Rientrammo a Plesr, circa due ore dopo un po' prima
del crepuscolo.

AVIAZIONE DA BATTAGLIA

Se non fasci stato aviatore da caccia credo avrei vo.


iuto esserlo di fanteria. E' una grande soddidazione quella
di poter aiutare le truppe che combattono duramente.
Un aviatore di fanteria ha la pssibilità di farIo. Ha un
compito utile. Durante Ia battaglia di Arras ho potuto os-
ryrvare molti di questi bravi ragazzi che con ogni tenipo s
ad ogni ora del giorno volavano a bassissima quota sopra
il nemico tentando di stabilire il collegamento fra le nostre
truppe. Capisco benissimo come ci si p s a entusiasmare.
Credo che più d'uno ha goduto vedendo la ' m anemica
retrocedere sotto la spinta incalzante al di là delle trincee e
combattere a corpo a corpo; quante volte non ho sparato i
miei ultimi colpi dentro le trincee nemiche. Anche se giova
poco. l'effetto morale è grande.
Sono stato anch'io aviatore di artiglieria. Per q~iell'e-
poca il dirigere i tiri delle nostre artiglierie col telegrafo seri*
za fili era una cosa nuova. Ma per fare ciò bisogna averc
delle doti speciali. Preferisco i combattimenti. Per essere
aviatore di artiglieria, bisogna appartenere all'arrna ed ave-
re le cognizioni necessarie.
Sono anche stato aviatore di ricognizione, in Russia
durante la guerra. Ero ancora di cavalleria, almeno mi sem+
brava d'esser10 quando idorcavo il mio cavallo d'acciaio.
Fra i miei più bei ricordi sono i giorni quando con
Hokk volavo sopra i Russi. Ma questa guerra non tor-
nerà certo più. All'cccidente l'aviatore di ricognizione vede
tutt'altra cosa di ciò a cui il cavaileggero era abituato. Le
città ed i paesi le ferrovie e le strade hanno l'aria deserta
e vuota, malgrado il traffica enorme che però viene, con
grande abilità mascherato prchè l'aviatore daii'alto non se
m accorga. Solo un occhio molto bene esercitata può ren,
dasi conto da cosi grande altezza di ciò che realmente ac-
adc in basso.
Ho dei buoni occhi ma dubito che chicchessia possa da
5000 metri vedere con esattezza. Bisogna quindi sostitui.
re gli occhi con l'apparecchio fotografico. Si fotografa quin,
132 RICHTHOPEN

di tutto ciò che sembra avere importanza. Ma se tornando


a casa le negative si spezzano, il volo è stato inutile. Spes-
so l'aviatore dì ricognizione si ttova coinvolto in un com.
battimento, ma egli ha wopi più importanti da taggiund
gere. Spesso una lastta è ben più importante che abbattere
un apparecchio. peiriò non è affar suo combattere. Ai gior-
ni nostri è una difficile impresa effettuare una buona rico.
gnizione sul fronte ~cidentale.
E' naturale che durante la guerra i nostri apparecchi
abbiano subito varie rncdificazioni. C'è una grandissima
differenza fra un apparecchio gigante ed un caccia.
Il caccia è,piccolo, snello, mobile. non contiene che la
mitragliatrice e le cartuccie.
L'aeroplano gigante è un colwo per convincersene ba.
sta ricordare quello inglese atterrato nelle nostre linee. Il
suo unica scopo è volare attraverso grandi spazi il più pos+
sibile. H a una capienza enorme, Da 3 a 5 mila chilogram.
mi sono un'inezia per lui. I suoi zerbatoi di benzina sono
dei veri vagoni-cisterna; quando si è su di un (i cow i> così
grande non si ha neppure più l'impressione di volare ma di
andare.
Le manovre di guida non hanno più niente di perso.
nale. Ma sono anidate ad apparecchi meccanici.
Questi aempIani giganti hanno una quantità enorme
di cavalli di forza. Non w quanti con esattezza, ma credo
parecchie migliaia, quanti più. tanto meglio. Non è escluso
che un giorno o l'altro non si trasportino delle intere divi-
sioni con tali apparecchi. Si possono fare deile passeggiate
nelle sue fpsoliere. In un angolo c't un non so che, nel
quale gli scienziati hanno impiantato un telegrafo senza fili
che permette d'essere in costante comunicazione con la ter-
ra. Nell'altro angolo pendono delle grosse salsicce, le famose
bombe d'aviazione che fanno tanta paura a queiii di
atto. Da ogni parte si vede sbucare la canna d'un fucile è
una vera fortezza volante. Le superfici portanti coi loro so*
stegni danno l'impressione d'un colonnato. Non so entu,
siasmarmi per quei macchinoni. Li trovo orribili, antispor*
tivi, noiosi e immobili. lo preferisco un apparecchia come
ii (1 petit rouge v . Con un simile giocattolo è indifferente
voIare di fianco. sulla schiena ed impernarsi: si eseguisce*
no moltissime acrobazie. Si vola come un uccello, ben*
che non si voli a <icolpi d'ala come fa 1'Albatros: tutto
l'apparecchio non è che un K motore volante N.Io credo che
finiremo col poterci wmperare per z marchi e 50 dei co.
stumi d'aviazione nei quali potremo semplicemente infilar-
ci. Essi avranno un motorino ed una piccola elica. Le brac-
cia soinfileranno nelle ali, e le gambe nella coda, si f a r à
qudche salto per spiccare il volo e poi si andrà nell'aria
carne gli ucceili.
T u ridi caro lettore e anch'io, ma che anche i vostri
figli lo prenderanno per ridere non è ancora detto. Non si
=ebbe forse riso se 50 anni £a qualcuno avesse detto che
avremino volato sopra Berlino? Mi ricordo ancora quando
Zeppelin nel 19x0 venne per l a prima volta a Berlino. Ora
i monelli non guardano neppure in su quando un coso si-
d e passa in aria.
Olhe gli aeroplani giganti e gli apparecchi da caccia
&stono infiniti altri apparecchi di diverse dimensioni. Non
siamo d a fine delle xoperte. Anzi cosa adopereremo fra un
vmtcnnio per salire nell'azzurro etere?
A BERLINO.

Era la mattina del I" maggio 1917quando mi accom-


miatai dalla mia squadriglia, per recarmi in volo al Quar-
tiere Generale. Ero seduto vicino al mio Franz a. Il nostro
--
p r h o atterraggio f u Colonia.
E' la prima licenza che mi prendo dopo d'essere stato
decorato col Pour le mérite o è la prima volta che torno
in patria, dopo di essermi fatto un nomi. Perciò mi sem-
brava alquanto strano che tutti mi guardassero. Scendem.
mo a Colonia dove la gente rirnirava l'apparecchio come
fosse una bestia rara, ben presto mi accorsi però che tutti
quegli sguardi erano diretti a me.
Un'ora dopo ripartimmo per Kreuzuach. La tutti gli
aviatori addetti al Comando delle forze aeree « il Ko.
gen n mi fecero ~n'acco~lienzaveramente cordiaIe. Li co-
noscevo già tutti dal tempo del B.A.D. e B.A.N. Anche
gli altri mi vennero presentati. Fui accolto con dei fiori ed
un tonante r< Hureà 1). HO avufo l'impresione che l a ù
nella fucina per Ia !gloria si seguissero Ie azioni ed i successi
di ogni singolo individuo e che ci spostassero da una parte
d'altra come semplici pedine in un giuoco di scacchi.
11 giorno dopo dovevo presentarmi a Hindenburg e
a LudendorE a Berlino.
Nelle ore di udienza Hindenbueg era come sempre cir-
condato da una folla di gente in borghese e da miIitari di
modo che potei xainbiare solo poche parole con lui.
Dovetti aspettare un'ora nell'anticamera di Luden-
dorff e in quel tempo constatai quanto aveva da fare quel-
l'uomo. C'erano nella stessa stanza una quantità di perso-
naggi importanti e altolocati. Ballin era seduto vicino ad
un Aciale di stato maggiore generale con un grosst, pacco
di incartamenti sotto il braccio: poi c'era il ministro degli
esteri Bethmann che s'era fatto annunciare: Elfferich si
congedava in quell'istante. Molti generali attendevano essi
pure una udienza. Dopo tutti questi venivo io.
Dopo un'ora un Aiutante mi fece cenno e mi intra.
dusse. Ludendorff si alzò. mi diede la mano e non mi chie-
se: coine stavo. H a un aspetto florido e in gamba; egli mi
indicò con la mano una sedia e mi chiese: a Come funzio.
na l'aviazione in quel d'Arras? n. Cominciai a raccontare
iinbarcandomi in un discorso che non aveva un grande in-
teresse niilitare. Allora tagliò corto il mio chiacchierio per
parlarmi delle cose importanti per le quali mi aveva fatto
chiamare, Ci si accorgeva subito che egli andava diritto alio
sco~o: quando egli ebbe spremuto da me tutto quanto vo*
leva sapere riguardo al funzionamento deli'aviazione sul
principale fronte di combattimento ad Arras, fui breve-
mente congedato.
Ne fui contento p i c h è quell'uomo serio obiettivo fred.
damente pensosa mi intimidiva. La sera del 2 Maggio Hin-
denburg f u invitato a cena in onore mio. Anche Lu,
dendorff fece un'apparizione. Sedeva alla mia destra Hin-
denburg che dopo tenne un discorso su di me e CIÒ che
disse mi fece molto piacere. Durante la conversazione mi
chiese con quella sua calma molto bonaria che dava con.
fidenza: ii Mi dica un po' Richthofen: dove è stato cadetto
lei? I) Gli ~acwntaiche avevo iniziato la mia carriera mili-
tar$ nella a" compagnia a Wahlstatt e precisamente nella ca,
merata n. 6. Allora il vecchio generale disse: o Be vede, an,
ch'io ho cominciato a fare il saldato nelia camerata n. 6:
come ricordo là ho 'mandato un mio ritratto >i.
11 giorno dopo a colazione ero dal Kaiser. Tutto fu
esattamente, come me l'ero immaginato. Non credo che sa-
prei occupare il posto di aiutante di campo perciò ammirai
molta il conte Dohna che se la cavava benissimo bendia a
parer mio, abbia le mie stesse inclinazioni.
Dopo tavola il Kaiser s'intrattenne mezz'ora con me:
la conversazione f u molto semplice: non si parlò che dei
cannoni antbaerei.
La sera ero %uwamente invitato da Hindenburg. Alk
medesima mensa sedevano ben otto cavalieri dell'ordine
N pour le mérite il. Non ne rivedrò facilmente tanti in un
sol luogo a meno che La guerra duri così a lungo che que*
sto ordine scenda al rango della croce di ferro.
I1 pomeriggio di poi,'ero dall'lmperatrice. Con lei si
aveva la inedesima sensazione che con Hindenburg. Ci si
trovava davanti ad una gentile vecchia signora che si po-
teva pendere per una zia o per la propria nonna e con la
quale si poteva presto dimenticare di trovarci ai cospetto
deli'lmperatrice.

I1 I O giugno mi presentai a (i Kogen ii di ritorno dal


mio viaggio in Oriente che non aveva fatto.
Lo stesso giorno andai al Quartiere Generale; ebbi L'm-
casione di essere presentato al re di Bulgaria che era ve-
nuto a far visita al Kaigr,
E' un bell'uomo alto e forte con un naso pronunciata-
monte aquilino ed una faccia intelligentissima. Tutto ciò
che dice è molta meditato.
S'intrattenne con me per un bel po' chiedendomi que.
sto e quello riguardo ai combattimenti aerei, e devo dire
che fui stupito di vedere come il Re fosse a l corrente delle
cose riguardanti il mio mestiere. H o trovato raramente tan-
ta intelligenza fra gli ufficiali effettivi che appartenevano
all'arma.
Non creda egli si f o w preparato antecedentemente
per questa conversazione o che b abbiano esso al corrente
%e
pochi momenti prima, ritengo anzi egli a bia proprio una
chiara visione di tutto.
Il suo secondogenito mi fece un'ottima impressione.
Aveva un aspetto quasi infantile. certo non poteva avere
più di diciassette o diciotto anni. S'interessava molto di
meccanica ed era persino al corrente dell'Albatros D 111. I1
p d r e però è quello di tutta la famiglia che mi fece impres-
sione migliore.
La tavola del Kaiser era la solita; Si mangiava in due
sale. Sedevo alla mensa dell'Im~eratoreali'estremità oppo-
sta. Avevo a destra il gran maresciallo di Corte e a sinistra
il principe di Pless.
Mi intrattenni quasi exlusivammte col Principe che
potei cosi ringraziare per il suo invito a caccia del bisonte;
mi disse che destinava suo figlio all'aviazione. Trovai che
era una decisione grave Fer u n principe come lui quella di
lasciare che il proprio primogenito entrasse in un'arma cosi
pericolosa.
Lyncker padre. capo del gabinetto militare f u partice.
1 ,V RICHTHOFRN

lamente gentile con me. Liii somiglia a suo figlio. anzi suo
figlio somiglia a lui in modo impressionante. Ogni gesto
ogni iineamento è uguale. Non ho conosciuto il figlio che
per un breve periodo. E' il prototipo del soldato, il vero ri-
tratto di suo padre.
Dopo colazione il Re bulgaro s'intrattenne con questo
e più tardi anche col figlio. Non Eaceva alcun mistero delle
sue notizie politiche. Dopo parlai con Bethrnann che sede*
va egli pure alla mensa. Il giorno d o ~ oil re della Bulgaria
mi conferì la croce al merito di I" clase.
Un'impnente figura è quella del vecchio Pless, il suo
aspetto è maestoso. Si può dire che egli è veramente un
bel vecchio. I suoi occhi briiiano come quelli d'un vecchio
cacciatore. A cavallo è addirittura statuario. Ha sempre un
sorriso amabile cortese sulle labbra. nulla di fiero, in breve
tutti si sentono attratti da lui. Anche il Kaiser Io tiene in
grande considerazione. Mi ha fatta molta impressione veder
quest'uomo di settantasei anni montare nell'apparecchio
di Fritz Falkenta e per un volo di un'ora e mezzo. Ne f u
talmente entusiasta che appena scese mise 2 0 marchi in
mano ad ogni meccanico. Avrebbe voluto ripartire subito
ancora. E* una cosa che mi fece rimanere di sasso, tanto
più che si trovano infiniti giovani cavalieri senza paura
che non si decideranno mai a salire su di un aeroplano.
Parlai con quasi tutti gli aiutanti di campo presenti, per
esempio col conte Dohna che rimase in servizio come
aiutante di campo del Kaiser fino al suo terzo viaggio sul
MGwe, gli domandai se era soddisfatto del suo posto. Il suo
volto ebbe un guizzo di furberia. Questo uomo basso di
nessuna apparenza fu qtiello che mi fece di gran lunga la
migliore impressione fra i presenti. Si vedeva subito che
non era cortigiano ma soldato (I).
Un altro che mi fece buona impressione fu il conte
Frankenberg che di tanto in tanto si tdglieva La maschera
del cortigiano per ridiventare un uomo. Mi disse un'osserva-
zione molto acuta. Si ricordi che intorno a lei ci sono tutti
esseri umani, nient'altro che umani con una mentalità sem-
plicemente umana dal rimo all'ultimo. Aveva detto una
gande verità.
Il resto della serata passò come sempre in piedi, pichè
il Kaiser non si siede mai. il che è molto penoso per qiielli
che gli sono vicini qecialmente per i vecchi uomini come
Hindenburg e Ludendorff.

FERITO

Era una splendida giornata 6 luglio 1917e intrapresi


un volo con Ia mia squadriglia da caccia. Avevamo già giro.
vagato un bel p' fra Ypres e Armentieres, senza poterci in.
gaggiare in un combattimento vero e proprio quando vidi
apparire ad un tratto una squadriglia, pensai: I nemici
vogliono attraversare le nostre linee. Si awicinarono infatti
al fronte. ci videro e ripiegarono subito, Pensavo già che il
nemico mi duggi-w.
Allora rimrsi ad un'astuzia, finsi di tornar via, osser-
vando per tutto il tempo le mosse degli avversari. Poco
dopo eccoli infatti volare nuovamente nella direzione dei

(1) Questo conte Doliiia è il comii.ntia~iiedel idii!wo corsarn


&t Zl6we N che 18 nostra capa editrice ha stampato.
140 RICHTHOFEN

nostro fronte dove soffiava il vento deli'est che ci era sfa.


vorevole. Laxiai che il nemico si inoltrasse un bel po'
sul nostro territorio poi tagliai loro La strada per il ritorno.
Si trattava una volta di piu dei miei cari amici i grandi
Vickers. E' un modello d'aeroplano con la fusoliera qua-
drettata.
L'osservatore sta davanti ed ha una mitragliatrice.
5 1 0 con fatica raggiungemmo i nostri awersari. Non
li avremmo forse mai potuti raggiungere se non avessimo
volato tanto in alto da permetterci di precipitare su di essi.
Dopo un bel po' ebbi l'ultimo apparecchio nemico tosi vi*
cino al mio da potermi già studiare il modo d'attaccarlo.
Sotto a me si trovava Wolff. Dal tac-tac della mitragliatrice
tedesca capii che stava già combattendo. A questo punta il
mio avversario si voltò e accettò battaglia. Però sempre a
tale distanza ancora da non poter parlare di un vero e pro.
ptio combattimento.
C'era ancora tanto tempo davanti a noi che non avevo
neppure preparato la mitragliatrice, quando l'osservatore
nemico, forse per agitazione nervosa cominciò a sparare. La-
sciai tranquillamente che sparasse, poiche ad una distanza
di joo metri e più, anche al miglior tiratore la sua bravura
giova poco. Non prende niente1 Puntava in pieno contro di
me. Io speravo nel primo virage di potermi . p t a r e dietro
a lui e bruciacchiate un po' la coda. Ma ad un tratto ri.
cevo un colpo alla testa. Sono colpito! Per un attimo tutta
k mia testa fu come insensibile. Le mani mi pendevano ai
fianchi, le gambe erano sballottate nella carliiga. Il peggio
si è che il colpo alla testa aveva danneggiato il nervo ottico
ed io ero diventato completamente cieco. L'apparecchio
L'ASSO NEMICO 141

precipitava. Un pensiero attraversò il mio cervello. Dunque


è così quando si cade e ci si trova ad un passo daiia morte.
Ogni istante asFettavo che le ali non reggendo alla caduta
si distaccassero.
Ero solo ne1 mio apparecchio, e non avevo per un solo
attimo perduto la conoscenza. Dopo poco ritrovai l'usa delle
braccia. delle gambe in modo da poter riderrare il volante
meccanicamente. Spensi l'accensione, chiusi il gas. Ma che
mi poteva giovare? Con gli occhi chiusi non si può volare.
Provai ad aprire gli =chi, buttando via gli occhiali, ma and
che così non mi riusciva neppure di vedere il sole. Ero com-
pletamente accecato. Gli attimi sembravano secoli. Avevo
la percezione di cadere sempre. L'apparecchio si raddrizza-
va a scatti, ma poi riprendeva nuovamente a cadere. Quan-
do fui colpito dovevo essere a circa 4000 metri; potevo es*
sere precipitato per tremila metri. impugnando tutta la mia
energia continuavo a dirmi: a Devo vedere! n se ciò mi ha
aiutato non so, certo si è che ad un tratto potei distinguere
davanti a me le masse bianche dalle nere. La vista man
mano mi ritornava, pardai il sole fisxi senza risentire
il minimo dist!rbo, senza venirne abbagliato. Vedevo come
attraverso a degli occhiali spessi e neri. e ciò mi bastava.
I1 inio primo colpo d'occhio fu per I'altirnetro? Segna.
va ancora ottocento metri. Non avevo un'idea di dove mi
trovavo. Rimisi l'apparecchio un po' alla meglio in linea
di volo planando continuamente per la discesa.
Sotto a me non c'enno che buche di granate. Una
ampia distesa di boschi mi perinise di stabilire se mi tror
vavo al di qua o al di là delle linee.
Con mia grande gioia vidi che mi trovavo un bel pez-
zetto al di quà. Se l'Inglese mi avesse seguito avrebbe p,
tuto ammazzarmi senza che io movessi un dito. Ma mazie C.

aI cielo ero stato protetto dai miei compagni i quali da prin-


cipio non speranoaffatto resi conto del perche io cadessi pre-
cipitando. Dapptincipio volevo subito atterrare; ma io non
sapevo quanto avrei potuto resistere, prima di svenire. Per.
ciò scesi a 50 metri, ma fra le molte buche di granate non
trovai la più piccola superficie liscia che mi permettesse di
scendere. Cosi innestai nuovaniente la marcia e volai verso
l'est a bassa quota, Anchè le forze me lo permisero. Dap-
prima tutto andò bene, dopo alcuni cecondi però notai
che le forze mi venivano meno e che a poco a p r o mi si
oscurava la vista. Non avevo tempo da perdere. Atterrai
senza incidenti trascinando con me qualche palo del tele-
grafo e dei fili telefonici; ma in quel momento ciò non mi
importava proprio un fico secco.
Ebbi ancora 1s forza di sporgermi fiiori dalla fusoliera.
m mentre volevo scendere, caddi a terra senta più potermi
rialzare e così giacqui.
Siibito accorse gente, che aveva osservato quanto sta.
va accadendo al mio apparecchio rosso. Mi avevano ricono-
sci~ito.
1 soldati mi fasciarono coi loro pacchi di medicamento.
Di quello che accadde poi non serbo che un pallido ri-
cordo. Non avevo mai aerso comcletamente coscienza. Ma
mi trov~votutto intontito. Ricordo solo che ero andato
proprio a sdraiarmi su di un cardo e che non avevo più la
forza di togliermi da posto.
La fortuna fu di atterrare col mio apparecchio proprio
vicino ad una strada. Dopo poco arrivò un'auto ambulan-
L'ASSONEMICO 143

za. mi caricarono sopra e, dopo un viaggio di più ore, mi


scaricarono a Courirai nell'ospedale da campo.
Qui i chirurghi erano già pronti e si misero subito al,
l'opera. Avevo un bel buco nella testa, una Cerita lunga cir.
ca dieci centimetri. i cui margini più tardi si poterono unire.
Ad un certo punto però l'osso rimase bianco e scoper-
to per una superficie grande come uno scudo. Una volta di
più avevo dato prova d'avere la testa dura dei Richthofen.
11 cranio non s'eta neppure incrinato. Con un po' di fari-
tasia all'esame radioscopico si poteva riscontrare una leg.
gera depressione. La cosa pii1 fastidiosa fu un ronzio d'o-
recchie che durò per dei giorni interi senza che potessi li-
berarmene.
A casa fu comunicato che mi trovavo all'ospedale con
una grave ferita alla testa e all'addome ma che però nell'in,
sieme stavo abbastanza bene.
Sono curioso di vedere chi di noi due fratelli rimon.
terà per i1 primo in apparecchio. Mio fratello teme sia io. Io
temo che sia lui. Intanto entrambi siamo all'ospedale feriti.

APPLAUSI DELLA CITTA' D1 COURTRAI

Per un certo tempo avevo scelto come mio campa d'a,


zione la città di Courtrai? Verso metà luglio accadde quan,
-

to segue: Gli Inglesi in gran numero e dei Francesi vo,


larono di notte sopra Courtrai e bombardarono. Courtrai
conta 30.000 abitanti. Ci sono nientemeno che r i5 milio-
nari. Si può immaginare che una città dove abitano tanti sac.
chi d'aro, abbia anche nel suo csteriorc un aspetto piacevole.
154 RICHTHOPBN

Ai nostri nemici pare facesse un piacere speciale venire a far


visita la notte a questi signori. Per lo più i colpi mancavano
i loro obiettivi. Per caso qualche volta colpivano bene, ma
erano sempre dei Belgi. Io stesso mi trovai una volta da,
vanti ad una casa che vidi dasciarsi come un castelb di carte
e crollare dopo lo scoppio di una bomba. In questa c m abi,
tavano almeno 15 Belgi e tutti vi trovarono la morte. Co-
minciarono a sentirsi delle voa di inalcontento fra la popo.
lazione contro il modo d'agire dei loro cari alleati.
Di ciù dovevano pure convincersi questi insolenti lan-
ciatori di bombe e così verso mattina ne abbattei uno che
ritornava appunto da Courtrai dove aveva nuovamente
sparso il terrore fra la popolazione. Uno dei due uomini del-
l'equipaggio era morto, mentre un altro era leggermente fe,
rito e venne trasportato all'ospedale di Courtrai.
11 giorno dopo accadde quanto segue: Gli abitanti riu,
scirono a sapere che il ferito non era un Inglese, bensì
un Belga nativo di Courtrai. che salutava a colpi di bombe
e con esatta cognizione dei luoghi Ia sua città natale ed i
suoi cari concittadini. Questo aveva a buon diritto soIIe*
vato una grande indignazione. Un corteo di uomini vestiti
a fata. abito nero e cilindro con k bandiere in testa. si
presentò al. comandante delle Eotze chiedendo che il prigio,
niero farse loro consegnato. Naturalmente ciò f u negato il
che non fece che aumentare il malcontento fra la popola-
zione. Allora chiesero il permesso di poter almeno fare una
ovazione a me. loro salvatore. perchè ero riuscito ad ab-
battere quell'individuo. Ma non furono accontentati.
Questo fatto mi fu noto holti giorni dopo.
L'ASSO WMIW 14.;

SCAMBIATO PER LO SPOSO


Fritz Prestien. un vecchio asso d'aviazione si sposò,
Ero ~nvitatoa nozze. Il matrimonio ebbe luogo presw i suo*
ceri che vivevano alla corte del duca di Cobourg-Gotha
questi aveva messo a loro disposizione il Reinhardcbrunn,
iIn suo castello da caccia. La festa fu molto bella, special-
mente tenuto conto che si trattava di un matrimonio di
guerra. Passai lì dei giorni allegri e finii poi la mia licenza
a Berlino al Ccntinentai. Il portiere mi accoglie con un sor-
riso ed i suoi miglior; auguri per la mia felicità. Alle mie
varie domande di perchè si congratuli tanto con me mi
guarda sorpreso e sorride di nuovo dicendo:
<i Per il suo inacrimonio D. Ero in un gruppo di giovani
allegri che fecero iin gran chiasso. Divenni roso e gIi di.
chiarai che non solo non ini ero sposato. ma neppure £i*
danzato.
Il portiere ini guardò con aria incredula e per me I'in-
cideiite era chiuso. Non CI pensavo già più, ¶uando entran*
do in un locale, dovc vado spesso a mangiare mi accadde
la stessa cosa, L'oste si fa in qiiattro per essere gentile.
Questa volta però, gli domando come e da chi abbia aviito
la notizia. Mi porse la Deutxhe Tageszeitung i) e li vedo
stampato nero su bianco la descrizione della cerimonia, i1
nome del Iriogo dei testimoni degli ospiti ecc. di iin matri-
nionio al qiiale è vero, avevo preso parte, ma di Fritz Pre-
5th.
Il aveva semplicemente scambiato il mio nome
e altri giornali avevano copiato la notizia, così per tutti
ia ero diventato lo sposo. IO
146 RICHTHOFEN

Il liftboy del Continental mi mise il B.Z. sotto al na-


so e ridendo ironicamente mi chiese: Vuol smentirlo sem*
pre ancora signor Capitano? I miei stessi parenti mi mari.
darono numerosi telegrammi. Ancora dopo alcune settima,
ne, mi giungevano le più comiche lettere, purtroppo però
nessun regalo, che io avrei accettato con molti ringrazia-
menti.
Per questo 'matrimonio anche mio padre che si tro-
vava al fronte £11 subito felicitato affettuosamente da tutte
le parti. Da molto tempo non 10 avevo più visto e non gli
scrivevo quasi hai. Poiche la notizia era stampata ovunque
a grandi lettere e descritta con tanta ricchezza di partito.
lati. mio padre a poco a poco cominciò a crederlo anche Iui
e fini col non smentirla piìi. Quando più tardi Io prendevo
in giro. mi disse:
I tempi moderni ci portano tante sorprese, perchè
non anche questa? D'altronde i figli consultana così rara-
mente i loro padri )). Finì col convincersi che non mi ero
lawiato legare dai sacri nodi del matrimonio per i quali era
persuaco io fossi ancora troppo immaturo.
Io. ~erwnalrnente,p t e v o benissimo rdgurarmi la
mia vita fino alla fine come quella di un gaudente scapolo.
D'aiiora in p i l'interesse che destavo nelle fanciulIe
diminuì alquanto ciò che potei constatare dalle Loro lettere.

CACCIA ALL'ELCE

Solo a pochi mortali è dato di iiccidere un elce. Io


sono Era questi.
E' una triste constatazione ma questa rara selvaggina
PU lentamente ma sicuramente scomparendo.
L'eke, come il blonte è un supravvissuto d'altri tem-
pi. Quando lo vidi ai miei piedi ho avuto l'imprecsione che
fosse una bestia.antidiluviana. Sfortunatamente nel decen-
NO furono qwsi completamente sterminati gli ultimi
esemplari ancora viventi nella Prussia orientale. Grazie a
Dio si è potuto ancora una volta arrestare il massacro, ed
in tutto il rrgno germanico I'eice si può ancora trovare solo
nei pressi di Labiau neUa Prussia orientale. Esso è molto
più alto di un cavallo e vive nei grandi boschi paludosi
dove non c'è anima viva. Grazie alla cortesia dell'lspettore
delle Foreste, Mohnike. ero stato invitato a cacciare un
grosso elce. Per cinque giorni in carrozza battei in lungo e
in largo la sterminata riserva di caccia di Net~Sternberg.II
mio permesso era di p x h i giorni, e temevo già di dover-
mene andare a mani vtiote quando ci vennero ad avvertire
che s'erano trovate le tracce d'un elce nella palude n. 165.
Attaccammo subito i cavalli e raggiungemmo al più presto
il luogo indicato. Eravamo giunti a circa 3 chilometri dal
posto designato e a gran trotto costeggiavamo un sentiero
del bosco, quando il cocchiere, 11 nostro buon Rouski, ar-
restò i cavalli di colpo e davanti a noi a 500 ~ a s r ecco
i l'el-
ce1 Lo scorgemmo solo per un attimo, subito spari a destra
nel folto. Ora bisognava aver fortuna per ritrovare l'elce
a portata di tiro. Non c'era da pensare di scendere e inse-
guirlo a piedi: sarebbe stato impossibile raggiungerlo in
ul modo: non ci restava che tentare di avvicinarsi il più
pxsibile a lui in carrozza,
Arrivai poco dopo al punto, in cui l'avevamo visto
prima. ma il folto rn'impediva di vedere a più di 4 0 passi
a destra e a sinistra. A che santo votarsi? Cento metri più
innanzi si apriva uno stretto sentiero. Lì volevamo voltare
con la carrozza per ripassare davanti al posto dove aveva,
mo visto un cervo. La vettura stava girando sul suo asse
quando ecco I'elce ricomparire su di un sentiero a circa
cento passi. Mi accorsi d'avere innanzi a me un magnifico
esemplare di elce: la sua figura imponente e la lunga batba
che il vento agitava, mi diede l'impressione di una bestia
mostruosa. Occupava col suo enorme corpo tutto i sen-
tiero. Mi sembrava impassibile che si potesse sbagliare il
colpo! L'agitazione che frovai nel trovarmi ad iin tratto.
dopo una vana ricerca d i sei giorni, attraverso la foresta in*
nanzi alla preda, fu più grande di quella che wrei mai cre-
duto. Con mio grande stupore vidi che I'elce non dava alcun
segno d'essere stato colpito. Dentro di me dicevo: man,
caro. Si voltò solo lentamente lasciandomi tutto il teinpo
di sparargli contro un secondo colpo. Ciò sarebbe stato iin,
possibile con un cervo reale, benchè all'epoca in cui sano in
amore. si possano avere molte sorprese. Ma con I'elce si ha
I'im~ressione che non consideri affatto i'ucmo come suo
nemico, e nè si difende, nè fugge.
3 dovettc inseguire la bestia, il che non fu cosa fa-
cile nel terreno Faludoso. L'elce era stato colpito da tutti
e due i proiettili, ma bisognava ancora dargli il colpo di
grazia. Solo dopo di averlo abbattuto, potei pardarmi il
mlosso in tutta pace. Rimasi molto soddisfatto. Per tutto
l'oro del mondo non vorrei aver mancato questa caccia al-
l'elce e ne %no riconoscentissimo al mio ospite.
L ' a 5 0 NEMICO 14:)

Il Generale in capo Ost mi aveva autorizzato ad aili-


rnazzare u n cervo nella foresta di BiCloviege all'eFoca del*
le trattative di pace di Brest*Litowsk. Così verso La fine del,
l'anno 1917 intrapresi i1 viaggio da Cambrai a Brest.
Cai vagnnl non riscaldati non era davvero una gioia, Dopo
tre giorni e mezzo di Ferrovia ci facemrr.0 annunziare al
Quartier Generale del Generaiissimo. Peccato che qiiello
stessa giorno i Russi fossero partiti per iina conferenza di
dieci giorni, Potemmo vederli solo al loro ritorno.
II giorno dopo proseguirnrr.a il nostro viaggio per
Biéloviege che è iin possedimento della corona apFarte-
nente a l t casa dei Romanov, e l'iinico posto in tutta i'Eu.
ropa dove il bosco ha mantenuto i1 suo carattere di foresta
vergine. Una vera e propria Eoresta vergine non lo è vera.
mente fin da quando l'attraversano delle strade e dei sec-
tieri regolari. Appunto per questo mi f u possibile di pene.
trare fin dentro nel cuore. Eravamo ospiti nel casteIlo delio
Zar che per cattivo gusto non lasciava nulla a desiderare.
Da molte generaz~onii Rrissi trascuravano il bosco dal pun-
ta di vista forestale. Prima la guerra e dopo la nostra presa
di possesso, nan permisero di sfruttare queste risorse enor-
mi che avrebbero fatto palpitare il cuore di gioia ad ogni
vera forestale, Questaiu poi opera del Consigliere dellefore-
ste Dr. Escherich.
Lo Zar non utilizzava questo parco altro che coine ri.
serva. La grossa selvaggina e specialmente il bisonte vi
stanno di casa. Questo è l'unico posi0 d'Europa, anzi del
mondo intero, dove il bisonte vive in piena libertà. Pur-
troppo le nostre truppe hanno grandemente contribuito a
diminuire la mandria che contava allora circa settecento
capi. Più di un bisonte è finito nella marmitta del fari,
taccino. Si calcola che oggigiorno la mandria sia ridotta a
soli 150 capi circa. E' un vero peccato che a causa della
guerra questa razza d'animali sia stata quasi completamen-
te sterminata. Avevo avuto molta fortuna nel mio giro.
vagare.
La neve era alta mezzo metro e questa bianca coltre
dava al h o un aspetto più bello del solito. Una visione
che non dimenticherò mai! Cacciavo in una slitta alla quale
erano attaccati due cavalli russi guidati daiia guardia fore-
stale tedesca Gurtner. Ero stupito d'incontrare così poca
selvaggina nella riserva dello Zar. Per sei giorni girai senza
vedere neppure un solo cornuto: finalmente mi decisi di
cacciare a piedi attraversando il folto in tutte le direzioni.
Quando vedo innanzi a me a duecento passi un magnifico
cervo fermo. e vicino un secondo ed un terzu: finalmente
potei contarne sedici in un sola gruppo. Venivano proprio
neila mia direzione e mi passarono rapidamente vicino,
a circa 150 passi. Quando il primo mi vide tutto il
branco si mise a fuggire. Era il mommto buono, poidie
ero appostato in modo che i grossi cervi, dovevano per forza
passarmi davanti per uno stretto sentiero, ma essi sfilano
così rapidamente che mi è impossibile distingutre i cervi
grossi da quelli piccoli e poichè avevo il diritto di abbat-
teme uno solo non volevo fosse un misero esemplare. Con*
tai, attraverso la lente del mio fucile a canocchiale, dodici
di questi cornuti che erano armai già ttoppo lontani e tiro
quando all'improvviso romparve a moderata andatura un
g r o w cervo.
Lo riconobbi subito. anche senza lenti. w r un bellis-
sima esemplare. Al momento di premere il grilletto un cer.
biatto si frappone fra me ed il grosso cervo. Furibondo
contro la mia troppa premura dissi alla guardia forestaie:
11 L'ho mancato oppure ho preso il piccolo n. Poichè in quel

posto vi era una buca o qualche cosa di simile, non potevo


vedere auale dei due avevo colaito. I cervi erano swariti
a grandissima velocità. Avanzammo senza trovare nulla-:
quando a cinque passi da noi in una buca abbastanza gran-
de vidi giacere un bellissimo cervo con I O ramificazioni di
corna. L'avevo colpito in pieno petto. Grande fu la gioia.
Si vede che il cerbiatto non si era messo fra me ed il cervo,
ma dietro a, questo e siccome il colpo non gli era passato at-
traverso, non aveva corso il rixhio d'essere ammazzato an.
che lui. Soddisfatto tornai al castello degli Zar ed il giorno
dopo rientrai a Best-Litowsk, Intanto qui erano rientrati i
Russi. I nostri diplomatici e degli alleati erano pure
presenti. Ho avuto così l'occasione di poter assistere sul
posto a tutte le discussioni per il trattato di pace e di poter
conoscae ~ersonalmentequei signori. Per poca non ebbi a
tavola. come vicina, madarne Bicenko. Sarebbe stata una
conversazione divertente, alla quale ci tenevo molto, poi*
chè anche lei era riuwita ad abbattere alcuni dei suoi
nemici. E' vero che i suoi erano ministri e qanduchi, per
cui venne esiliata in Siberia, ma in ogni modo era questo
un buon punto di contatto per la nostra conversazione.
RICHTHOFBN

IN PALLONE FRENATO

In una bella giornata di febbraio misi in esecuzione


i1 progetto lungamente accarezzato, di fare un'ascensione
con un pallone frenato. Un giovanotto della mia squadriglia
che aveva lo stesso mio desiderio si uni a me. Andammo da
un dirigibilista che non conoscevamo, nelle vicinanze di
Carnbrai, a chiedergli questo Favore. Una assoluta sicurezza
non esiste in tempo di guerra, neppure nei palloni frenati
pichè anche questi sono esposti ai colpi del nemico. Queste
mortadelie non salgono generalmente molto in alto. Non lo
fanno non tanto per paura del nemico cattivello. quanra
perchè non è loro possibile: miUecinquecento o milleseicen-
to metri è l'altezza normale. Con il tempo buono una si,
mile ascensione si effettua facilmente, non voglio dire senza
interesse, ma certamente senza emozione.
Il giorno che salii io era assolutamente calmo. Ma
quando il vento è forte, pare si soffra facilmente il mal di
mare. Ad un dato comando tutti gli uomini lasciarono an-
dare il pallone che sali in aria abbastanza rapidamente. Si
sta in piedi entro una piccola navicella e si guarda con un
canocchiale. la regione di sotto. H o sempre creduto si ve-
desse molto di pi;i in questi <iOcchi dell'armata >>, come
chiamano spesso i pailoni. Io però ho visto press'a poco cc+
me quando volo a mille metri, da queste parti: anche allora
non distinguo nulla di preciso. Potevo scorgere linee avan.
zate inglesi e gli appostamenti d'artiglieria del nemico e
anche ben più in là, ma il tutto come deformato. Certo è
che, come aviatore e prima come osservatore, ero abituato
L-- NEMICO 153

ad una maggiore visibilità, I dirigibilisti invece erano per-


ferramente soddisfatti ritenendo che non era ve-
dere di più, Le fotografie che avevano prese riuscirono in,
vece di un'efficacia straordinaria.
La cosa più interessante è naturalmente quando il pal,
Ione -$iene attaccato dal nemico e l'uomo che vi sta dentro
deve saltsr fuori e fare il famoso ulto ne1 vuoto. Questa
decisione gli è facilitata dal fatto che l'involucro sopra la
sua testa a poco a poco prende fuoco e che se egli non si de-
cide a saltar giii è votato a sicura morte. Si preferisce allora
il salto col 'paracadute. D'altronde la cosa è meno proble.
matica di quel che si crede. poichi raramente accade qual,
che disgrazia. Il mio giovane compagno non potè resistere
alla tentazione di saltar fuori. Nan lo fece per curiosità,
ma per vera passione. Dichiarò che un giovaiie non deve
mai lasciarsi sfuggire dei momenti così romantici e belli. A
questo.scopo egli volle tisalire da solo, Con il canocchialo lo
vidi guardare per un poco il paesaggio sottostante. poi,
pa godere più a lungo di questo senso romantico del peri.
colo, sedette sull'orlo della navicella con le gambe penzo,
Ioni fuori: infine. dopo una rapida decisione, si buttii nel
vuoto.
La caduta non durò a lungo, poichè dopo pochi metri
il paracadute si aprì. Egli mi desaisse che solo per poco si
precipitò liberamente e che questa non era &atto una cosa
piacevole. che d o p una scossa violenta si senti solidamente
attaccato Fer le braccia alle corde del paracadute con una
sensazione di assoluta sicurezza. E allora, mi disse, mentre
mi avvicinavo alla terra, fu veramente una cosa assai top
mantica. Non vi era un alito di vento, cosi egli discese sulla
terra. vicinissimo al pasto dove mi trovavo io. Già quando
lo vidi oltrepassare la linea dell'orizzonte, ebbi l'impressione
che il paracadute precipitasse molto rapidamente. Credetti
dapprLma di essermi ingannato, invece la sensazione era
esatta, tanto che atterrando piuttosto violentemente si sto-
gò regolarmente la gamba sinistra. Ciò nonostante era beato,
Se il paracadute non si fosse aperta si sarebbe rotto
l'-so del coiio proprio per niente. Molto soddisfatti ci ac-
comiatammo dai nostri umili concorrenti, montammo nella
fusaliera e ritornammo in volo verso casa.

TATTICA DEL COMBATTIMENTO AEREO

I combattimenti aerei nella nostra guerra mondiale


corrispondono alle singolari tenzoni fra cavalieri.
Ancora cento anni fa il Capo d'un'armata dirigeva la
battaglia dali'alto di iin poggio, e se le cose andavano male
si metteva alla testa delle sue truppe e le guidava all'assalto.
Ai giorni nostri il Comandante d'armata siede vicino
al telefono, con la carta geografica sotto il naso e dà I'as-
salto ai nidi di mitragliatrici inglesi, spostando delle bari.
dierine di cartone. In aria però non vi è nessun ufficiale di
Stato Maggiore per dirigere le azioni contro le squadriglie
nemiche. Rincresce molto agli imbrattacarte dello Stato
Maggiore ,di non aver dunque scoperto il modo di dirigere
teoricamente un combattimento aerw ma bensi Boelcke
l'uomo d'azione aveva sottratto questo vasto compo d'atti*
vità al loro controllo. Non sono possibili attacchi avvol-
genti o attacchi alle spalle.
Nè ci si può mettere in agguato sopra di uno o spiare
il nemico dietro ad una nuvola di temporale. Ma bensì il
MII~CO ove è bisogna pestargli sopra, pestarlo bene,
Si vola incontro alla squadriglia nem~ca,ma presto il
combattimento si trasforma in duello. Non posso far Fron-
te da solo con la mia mitragliatrice a tutta la squadriglia
nemica, ma mi 4eelgo il mio awersario e allora: <io t u
o io n.
E' un combattimento cavalleresco ad armi paci: una
mitragliatrice, un velivolo e l'allenamento sportivo.
Qui si d e la propria nobiltà e wpratutto il corag-
gio personale.
L
I combattimento aereo si può riassumere in una sola
parola come si può scrivere in questo tema dei volumi, seri,
za esaurirlo. Domandai una volta a Boelcke quale fose la
sua tattica. Ero d o r a un novellino che non avevo ancora
abbattuto alcun nemico. Mi rispose: o Vado loro vicino
e tiro mirando giusto i). Allora mi arrabbiai perchè non
aveva voluto svelarmi il suo segreto e me ne andai. Non so
però se Boelcke mi abbia rivelato tutta la sua tattica.
Ho partecipato io pure agli inizi della guura aerea.
Quando neli'estate 1915entrai a far parte dell'aviazione
vidi ndle illustrazioni come i giornalisti si Immaginavano
i wmbattimenti aerei, Ci si divertiva all'idea di una batta.
glia ama, ma cominciai io pwe ad interessarmene. Capii
subito che sarei diventato aviatore combattente e per non
arrivare troppo tardi alla guerra mondiale divenni per otto
giorni osservatore quand'ero ancora in patria e volai mme
tale. Ecco come avvenne il mioprimo ~~mbattirnento
aereo:
Stavo facendo con un sortufficiale uno dei soliti voli
di perlustrazione, avevo da poco sorpassato la linea quan-
do all'improwiso mi trovai di fronte un <iFarmann 11 russo.
Non saprei dire fra me ed il RUSMchi si spaventò di
più. Ero armato di una pistola a sei colpi che porto semFre
con me. Non avevo veramente mai pensato di potermene
servire e doveva trovars~cacciata in qualche angolo della
carlinga, La ritrovai ben presto. Intanto il a Farrnann 11 si
era avvicinato in modo inquietante. Prendo la mira con at.
tenzione, ma quando premo il grilletto mi accorgo che rqan-
cano le cartucce. Dopo più attento esame risultò che sem-
pre avevo volato con la rivoltella scarica. Lo dico al mio
valoroso piiota. Ma ormai, che fare?
Per fortuna in aria tutto avviene così rapidamente
che non ci ha tempo d i tenere un consiglio di guerra. Al
« Farrnan i, pare succedesse la stessa cosa che a noi, dapprin-
cipio sembra non ci notasse; poi ebbe una terribile paura
chz si manifestò con una potente picchiata. Anche egli
puntò la sua arma micidiale, che però aveva delle cartucce
e aili sparò contro almeno una diecina di colpi. Dopo ciò
l'incidente fu chiuso. Egli prosegui il suo voh di perlustra-
zione contro di noi e io continuai il mio verso la Russia. Ri-
tornato a casa spesso la notte wgnai di questo emozionante
ccrnbatti~iientcaerea. La medesima cosa. accadde anche ad
altri, qualche volta anzi passandoci vicini ci si faceva un
cordiale saluto con la mano.
All'epoca in cui partecipavo d'avanzata di Ryssia si
~arlavagià di combattimenti aerei ali'occidente. Garros,
Pégoud ed altri aviatori francesi, celebri già nei giorni di
pace. erano v e n ~ ~nella
t i decisione di armare i loro apparece
L'ASSO NEMICO l57

chi con mitragliatrici per attaccare gli inermi apparecchi


germanici. In qiiesto modo Pégoud fin dal principio del
19x5 abbattè sei apparecchi tedeschi, in brevissimo tempo.
Nel viaggio 1915 sul fronte occidentale si cominciò a Far.
lare di apparecchio di combattimento. Si denominava così
un grosso apparecchio biposto arrnato di mitragliatrice.
Nell'agosto. quando andai in Fiandra, non esistevano più
apparecchi che non fossero montati con mitragliatrice e in,
tiere squadriglie si davano battaglia, ma il numero degli
apparecchi abbattuti era ridicolmente insignificante. Un
aviatore che aveva riportato anche una sola vittoria era co.
nosciuto e ammirato, e molte volte il successo era purameti.
te doviito al caso. Subito dopo si usarono dei grossi appa-
recchi a due motori. Un mitragliere doveva essere messo
di prua e l'altro di poppa; si credette così d'aver creato
il tipo ideale d'apparecchio per combattimento. Ma senza
rendersene conto si era in una falsa strada. A Foklwr
si deve d'aver creato il vero e proprio tipo dell'appa*
rec&io da guerra. I suoi apparecchi erano sempre stati i
più leggeri e quindi i più mobili, costruiti per lo più per
una soIa persona: in altre parale era tin apparecchio eszen-
zialmente sportivo. senza possibili adattamenti a s c o ~ omi-
litare. Fokker venne dell'idea di costruire una mitraglia.
trice che avrebbe sparato attraverso l'elica. Le nostre com-
petenti autorità non giudicarono questa interessante inven-
zione abbastanza seriamente e non se ne fece niilla. fmhè
Boelcke, I'uomo che aveva più a cuore l'aviazione, ne ebbe
sentore e decise di provare egli stesso a sparare con I'ap~a,
recchio e non con la mitragliatrice, poichè non si tratta di
sparare w n un'arma, h a di mirare con l'intero apparecchio
N-o pensava allora, che l'invenzione di Fokker avrebbe
avuto per l'arma deli'aviazione così grande importanza.
Nelle ultime battaglie della nostra guerra mondiale si con-
tano simili appamchi anche in breve spazio a centinaia.
Non tutti sono nati per fare l'aviatore da combatti.
mento. Conosco una massa di giovani coraggiosi che ten.
tarono m z a riuscirvi di volare o tirare. Mancava loro un
non so che per cui rinunciarono all'aviazione e cercarono di
rendersi utili al paae in altro modo. Sedersi nell'apparec*
chio, volare, in cerca del nemico e sparare non basta. lo
stesso ho imparato i1 mestiere nel modo seguente: Pri,
ma combattei senza grandi risultati sul fronte occiden.
tale in un aeroplano a due posti, come osservatore. Poi nella
primavera del 1916, durante l'offensiva di Vcrdun, volai
come piIota sempre col medesimo tipo di apparecchio. Chia-
merei questo il mio periodo di scuola. Presi parte a IOO o
150 combattimenti aerei durante i quali appresi a cono,
scew tante particolarità degli apparecchi nemici c dei no-
nostri, e come ci si deve difendere per non venire colpiti. Di
tempo in tempo montai anche dei Fokker che sono esclu.
sivamente velivoli d'attacco e che non sono costruiti per la
difesa. Perciò appunto un aviatore prudente statà sempre
sulla difensiva, quindi non attaccherà mai, mentre in un ve-
livolo a due p s t i munito di mitragliatrice posteriote io mi
sento di abbattere benissimo il mio avversario. L'aviatore da
caccia attraversa le seguenti fasi: arriva come giovane pilota
con lutta l'intenzione di combattere, abbattere dei nemici e
avere successo. Si mette all'opera con uno zelo formidabile
finse un inglese più sperimentato di lui lo crivella di mi-
traglia. casa questa che si ripete parecchie volte finche il suo
entusiasmo comincia a sbollire alquanto ed egli si rende
conto del pericolo che corre. E' il primo momento critico
pichè si è accorto che la cosa non è tanto semplice e che
può costargli la vita: egli deve lottare contro la propria
paura per vincersi e poter attaccare ed abbattere il nemico
con la stessa aiidacia dei +mi tempi.
Si può osservare quanto spesso i novellini debbano
lottare contro loro stessi per vincere questa angoscia, che li
obbliga qualche volta, se sono onesti a dichiarare di cssei-e
stanchi e che i loro nervi sono esauriti.
Boelcke disse iin giorno: (1 I nervi possano scusare
tutto, Se ilno non è coscienzioso non dice niente e continua
a volare. Fa tinta di compiere il suo dovere e di partecipare
ai combattimenti ma non attacca più, evita il pericolo e
non accorre in aiuto di un compagno in pericolo ) I .
Qualcuno, molto furbo pii& reggere C&, e per degli
anni e riesce persino a farsi iscrivere sulla tabella qualche
povero coniglio inglese.
Finisce sempre di dover tornare a casa per ciirarsi i
nervi. Una minima percentuale di aviatori da caccia riesce
a sorpassare questo periodo inevitabile e finisce diventan.
do decisamente audace. Questo è l'aviatore da caccia ve.
ramente utile. Nello stuolo germanico se Dio vuole, ve ne
sono molti.
L'amor proprio ha per i più una grandissima impor-
tanza ed è bene che ognuno ne abbia. basta clie non sia
eccessivo. 11' combattimento aereo è sempre individuale.
Benchè ai giorni nostri un aviatore da caccia non voli piìi
mio il risultato finale è lo stesso: dopo una fase di aggres.
rione, si sviluppa in un duello fra due singoli apparecchi.
160 RICHTHOFEN

Si può veramente anche parlare di battaglie fra squadri-


glie io stesso ho più volte. alla testa della mia squadriglia,
abbattuto un'intera squadriglia nemica. Questo si può otte.
nere solo con dei compagni molto onesti e dove ognuno è
iin asso e sa che può contare sugli altri. Con una squadri-
glia poco affiatata non si può sperare d'abbattere degli In-
glesi. Allora ci si sente soli circondati da nemici e bimgna
star bene attenti per ripartare a casa sana e salva la pelle.
La tattica del combattimento sineolo a
è stata infinite
volte spiegata e discussa tanto in pubblicazioni ufficiali
che in altre. Ogni aviatore che abbia qualche esperienza
crede avere una siia tattica personale ma io non sono di
questo parere, Questa opinione è probabilmente fondata
sul fatro di qiialche fortunato e riuscito combattimento
aereo. Un tale, per caso, abbatte una volta un Bristol,
Fighier inglese in un modo diversa dal solito. Poichè
ciò gli è riuscito egli è petsuaso che il suo modo di com-
battere sia quello giusto. Se poi quello stesso aviatore. ha
molti successi finirà col confessare che è sempre con lo stesso
sistema che è riuscito ad abbatterlo cioè: avvicinarsi 11più
possibile ai nemico, alle spalle e inirare bene. in questo
modo si è certi di atterrare l'avversario. Che questa sia la
vera tattica dei caccia, 10 sanno altrettanto bene gli Inglesi
dei Tedeschi. Una norma di diesa è teoricamente e ben
pesto indicata. si deve cioè stare attenti, che nessun appae
recchio nemica si accodi al vostro. A dirlo sembra una cosa
molto semplice, ma in realtà è maledettamente difficile e
la maggior parte degli aviatori da caccia finiscono col la-
sciarsi sorprendere ed abbattere così.
Disgraziatamente gli uomini hanno solo due occhi e
L'ASSO NEMICO I(;i
questi pardano in avanti. Ciò non ostante il pilota deve
guidare l'apparecchio. sorvegliare i1 suo motore, orientarsi,
volare vicino ai suoi compagni e oltre a ciò tener d'occhio
I malti apparecchi nemici che gli volano intorno.
Ad un novellino riesce difficile rendersi conto dilla
svilupp del combattimento e avere una veduta generale,
mno queste le qualità più difficili che occotrono o che ri,
chiedono molta esperienza. Non s i posscino imparare nè al
parco di tappa, n& aila scuola d'aviazione, nè a quella delle
squadriglie da caccia o in qualsiasi altra scuola del genere.
Questo non si impara se non muovendo contro il nemico.
dico sempre grazie al cielo, solo contro il nemico.
Che da fare Fer i poveri novellini se dovessero impa-
rare tutto ciò prima d'arrivare al fronte. Oltrechè possedere
del coraggio, una ferma volontà d'abbattere il nemico, al,
l'aviatore da caccia. occorre avere una vista eccellente. Pirò
perciò benissimo portare un paLo di occhiali o un monocob
tanto è vero che Wintgens, che era miopissimo, ha egual-
mente abbattuto 20 apparecchi Inglesi. In questo caso io
chiamo avere buon occhio, i'wchio del cacciatore. cioè la
visione rapida della situazione. Per esempio a caccia io
vedo quasi sempre più di quello che non vedono il guar-
diacaccia che mi p i d a o l'amico che mi accompagna che
conostono perfettamente i posti. L'oc~hiodel cacciatore è
strettamente legato ad un serw vivissimo di osservazione.
Il padroneggiare il proprio apparecchio, secondo me, non
viene che in seconda linea, questa mia dichiarazione h;
&a sorpreso molta gente, sopratutto quelli del mestiere.
Per conto mio non sono certo uno che fa delle acrobazie
per aria, conosco nioltissimi assi per i quali ogni curva
i1
stretta riesce sgradevoie e che ciò non ostante hanno abbat-
tuto molti apparecchi nemici. Così si petende per esempio
che il famosa tenente Kirmeyer, il successore di Boelcke
non sapesse volare diritto. Nelle mie note di servizio, una
volta scr~ssiquanto segue: u Prderisco un novellino che
non sappia che girare sulla sinistra ad uno che giri sulla
destra, il che E più difficile per via del movimento deil'e-
lica, ma che in compenso vada vicino al nemico. Ho wm-
pre preferito questi agli acrobati che vogliono il pro ed il
contro ed in ogni combattimento. Bene inteso non nuoce
affatto saper volare bene. Anzi spesso nella Latta contro gli
apparecchi ad un posto, e che sono rapidi e svelti ciò è di
gande importanza, ma non è asdutamente indispensabile
per fare di uno un buon aviatore da caccia.
E 'ora parliamo del tirare. Spessu mi capita, doman.
dando ad un caccia che vola da tempo come mai non abbia
ancora abbattuto nessun apparecchio nemico. di sentimi
rispondere: « Ma non so. Devo essere un pessimo tiratore
poichè non riesco mai a colpire giusto La verità non è
51.

quella. Boelcke non era un tiratore scelto; ero stato con lui
alla caccia delle pernici e non glie ne avevo mai vista pren.
dere una, però gli Inglesi abbattuti da lui erano criveUati
dai colpi della sua mitragliatrice1 Se mi avvicino al nemico
fino a 50 metri io sono sicuro di poterlo colpire. Non si
deve sbagliare. I più hanno una vaga idea di ciò che sono
i 50 metri. Parlai con dei giovani, insieme ai quali avevo
volato e osservato, essi dicevano dopo, d'essersi avvicinati
fino a IO 'metri dal nemico. Non esagero se dico che a
queiia cifra si potevano benissimo aggiungere due zeri.
Ma nell'enfasi del combattimento quei bravi ragazzi si
L'ASSO NEMICO 3 63

erano confusi. Se rieuono a calcolare giustamente la di*


stanza e si trovano veramente a I O metri dall'avversario
si dimenticano per ì'emozione di tirare giusto, e premono
il grilletto scaricando i loro colpi nell'azzlir~. Non è di
tutti la dote ci'avere all'ultimo momento tanta presenza
di spirito di mirare tranquillamente.
Questa caccia all' uomo richiede indubb'iamente una
lunga pratica.

LETTERE ALLA MADRE

Cari genitori, Ostrowo, a agosto 1914.


Vi mando in tutta fretta le mie ultime righe. Tanti cari
saluti. Se non dovessimo più rivederci abbiatevi qui i miei
più affettuosi ringraziamenti per tutto quello che avete
fatto per me. Debiti non ne ho, anzi ho risparminto qiial-
che centinaio d i marchi che però prendo con me.
Un abbraccio a ogntino di voi.
Il vostro riconoscente e ubbidiente figlio e fratello

Cara mamma, Schehce, 5 agosto 1914.


Come state in questi tempi di torbidi1 E Skhweidnitz
icertamente, per voi, il luogo più sicuro. E' k terza notte
& io vado di pttuglia in Russii. Innanzi a me non ci
mo più truppe tedesche è come dirvi che sono nel posto
I fd RICHTHOFEN

più avanzato. Ci si fa il callo presto qui e trovo già una


c m naturale di non essermi lavato dalla dichiaraz~onedi
guerra e di non essermi da quattro giorni tolto i panni.
lo ed i miei sei uomini dormiamo molto poco, e natural-
mente a cielo scoperto. Le notti sono belle e calde. ma oggi
con la pioggia era meno divertente stare fuori. Da man-
giare ve ne è poco. solo con la forza si ottiene qualche
cosa. Dei miei uomini sinora nessuno è ferito. Quando ri,
ceverai questa mia lettera, sarò forse già sul fronte francese.
S'i sente nuovamente il cannone nella direzione di Kalicsz.
bisogna che vada un po' a vedere cosa c'è di nuovo,
Vi mando canti saluti dalla vicina Russia
il vostro MANFREDO.-

Cara mamma, Alla frontiera Belga-Francese.


Purtroppo ho rare occasioni e poco tempo Fer stria
verti. Non stare dunque in pensiero se rimarrai orto o anche
quindici giorni senza mie notizie. Da te non ho ancora ri.
cevuto nessuna lettera. Ho visto e vissute molte cose. Se in
cavalleria la guerra ha già fatto molte vittime fra i nostri
ufficiali gli abitanti di qui sono specialmente nemici.
Furono essi ad uccidere Wolfram; anche Lotario è qui
nel Belgio.

Cara mamma. 29 agosto 1914.


T i voglio raccontare brevemente la mia vita qui al
fronte occidentale. Prima che la concentrazione fosse terrni-
nata, la vita era naturalmente molto noiosa. Ci scaricarono
L'ASSO NEMICO lii;

al nord-est di ThionviIle. Marciammo attraverso il Lussein.


burgo e ad ArIon attraversainmo la frontiera Belga. A
Etalle, che è a circa 20 chilometri ovest da ArIon, il 2 3
agosto ricevetti la missione di andare in ricognizione verso
il sud, verso Meix-devantdvirton. Quando arrivai al limi-
tare del bosco a sud di Etalle riconobbi uno squadrone di
corazz,ieri francesi. Avevo con me solo 1 4 uomini. D o p
circa mezz'ora lo squadrone nemico è scomparso. 'mimetto
a inseguirli, per accertarmi dove sono andati a finire, e mi
trovo così in un immenso hsco montano. Ail'uxita del
bosco mi trovo proprio nelle vicinanze di Meixpdevant-
Virton. Alla mia diritta ho una parete di roccie, a sinistta
un ruscello, dietro a me un prato largo 50 metri e poi il
boxo. Di colpa la mia avanguardia si arresta, Ia raggiungq
al galoppo per vedere cosa succede.
Nel momento stesso in cui metto agii occhi i miei
occhiali mi accoglie una scarica che -partiva dal bosco a
50 metri davanti a me. Mi vedevo puntate contro circa
250 carabine. Non potevo andare, nè avanti, nè a sinistra.
poichè lì vi era il nemico. alla destra la parete di roccie a
picco. non mi restava dunque che battere in ritirata, Ma
ciò non era cosa tanto semplice. Il sentiero era srrettissimo
e proprio sii1 limitare del bosco nel qiiale era annidato il
nemico. Che farci! Vi tra poco da stare li a pensarci s o p :
dovevo tornare indietro. Ero I'ciltimo. I miei uomini mal,
grado la mia proibizione si erano raggruppati ed offrivano
ai Francesi un ottimo bersaglio. Forse E questa la ragione
per la quale mi sono salvato, ina non riportai con me altro
che quattro uomini. Questo battesimo del fuoco fu meno al.
;egro di quanto mi ero immaginato. Alcuni altri dei miei
uomini fecero ritorno la sera, i loro cavalli erano morti ma
essi si erano potuti salvare a piedi.
E' un vero miracolo che io ed i1 mio cavallo si sia
rimasti illesi.
La stessa notte fui comandato a Virton. però non-stei
arrivare fin li, p i c h è Virton era occupata dal nemico.
Sempre in quella stessa notte il generale di divisione
von Below decideva d'attaccare il nemico nei pressi di Vir-
ton, e comparve con la sua avaquardia formata dal I" reg-
gimento degli ulani a1 limitare del bosco.
La nebbia era tanto fitta da non poter vedere a trenta
passi.
Un reggimento dopo l'altro sbucava dallo stretto sen-
tiero del bosco, come durante le manove. Il principe Oxar.
ritto sopra di un cumulo di pietre. assisteva allo sfilamento
del suo reggimento. il settimo granatieri, guardando negli
occhi ogni singolo saldato. Un momento impressionante pri-
ma della battaglia. Così si venne alla battaglia di Virton.
dove Ia g' Divisione combattè e resistette per due giorni e
finì col riportare una brillante vittoria contro un nemico sei
volte supriore di numera.
In questa battaglia il principe Osar combatte aila testa
del mio reggimento rimanendo incolume. Ebbi occasione
di parlare con lui. proprio al momento in cui lo decoravano
della croce di ferro.

Cara mamma, i 6 agosto 1914.


Ricevetti ls.tua lettera ad Ostrowo. La tua ultima ler,
tera in data 4 agosto 1914.La posta al fronte sembra noti
funzioni t r o p p bene. T i scrivo quasi tutti i giorni e spero
solo che il collegamento f:.a me e te funzioni meglio che
viceversa.
Noi Ulani siamo. purtroppo, aggregati alla fanreria:
dico purtroppo, poiche Lotario certamente avrà già partc.
cipato a belle battaglie di cavalleria, cosa che qui temo non
accadrà.
Mi mandano spessa in perlustrazione io faccio del mio
meglio per tornare con la crcce di ferro. Credo ci vorranno
ancora otto o quindici giorni prima di dare una grande
battaglia. cc Antithesis >,è straordinario, è resistente. robu.
sto, tranquillo, salta gli ostacori, fa tutto ciò come se non
avesse rnai fatto altro e con tutto questo invece di dimagrire
ingrassa.

Cara mamma, 2 settembre 1g14.


Grazie mille Fer le tue due ultime cartoline del 2 1 e
24. La p s t a artiva molto irregolarmente. Ricevetti otto
giorni prima dell'altra la cartolina del 24. Tante grazie
anche per i pacchi con i dolci. Da circa otto giorni vi è una
divisione di cavalleria innanzi a Parigi e credo persino che
Lotario abbia la fortuna di essere fra loro. Egli avrà certa.
mente avuto una vita più movimentata della mia, che me
ne sto qui davanti a ~ e r d u n .L'armata del Kronprinz sta
accerchiando Verdun dal nord e noi dobbiamo aspettare
finchè si sia arresa* Verdun non viene assediata ma solo
accerchiata. Le sue fortificazioni sono formidabili e richio-
derebbero il sacrificio di un numero enorme di uomini e
di materiale se si volesse prenderla d'assalto. Il possessa di
Il" RICHTHDPEN

Verdun non ha per noi tanta importanza non ci offre van-


taggi tali che ne valga la pena. Peccato che noi degli Ulani
n sia legati qui. probabilmente fino alla fine della guerra,
Verdun è un osso diiro e ci costa ogni giorno una qiiantità
di uomini. Anche costì. durante un attacco caddero sette
ufficiali dei granatieri.

Cara mamma, 24 settembre 1914.


Posm darti una bella notizia. Ieri mi venne concessa
la Croce dI Ferro.
Come vivete a Leinberg? Vi dò un consiglio. Se ve-
nissero i Russi nascondete in una buca profonda nel giar-
dino, o altrove, tutto ciò che desiderate di ritrovare. ciò
che lascerete fuori non lo rivedrete mai più. T u t1 me-
ravigli che io metto da parte tanti soldi, ma dopo la guerra
dovrò rifarmi conipletamente la guardaroba. Quello che
avevo portato con me non c'è più, Ferduto, bruciato o a
brandelli dalle granate. comprese le mie sellerie. Se riesco
a portare a casa la pelle da questa guerra. vorrà dire che
avrò avuto più fortuna che intelligenza,

Cara mamma. Verdun, I1 ottobue 1914.


La posta parte ora, e vorrei mandarti in fretta e furia
un saluto. In questi ultimi giorni ne ho viste di tutti i
colori e per poco non ci rimanevo anch'io, ma anche per
questa volta ho avuto fortuna. Ero di pattuglia e appena
sceso dal mio ottimo cavallo, quando una granata cadde
a cinque passi da me scoppiando sulla sella del cavallo ucci.
L'ASSO NEMICO l (io

dendolo con altri tre. La mia sella e tutto ciò che mi era
necessario e che avevo rnesx, nelle sue tasche, andò in
pezzi. Una scheggia mi strappò la mantellina ma questo
non è tutto.
Stavo leggendo una lettera di Friedel e non avevo
ancora aperto un pacchettino che ella vi aveva unito, pur-
troppo l'avevo messo in una deile tasche della sella e fu
ridotto in una massa informe. Avevo con me anche Anti-
thesis; che ebbe una leggera wheggiatura ad un molare.
ma nulla di grave.

Cara inamma. Béchamp, I" tiovembre 1914.


Arriva in questo momento un corriere con i primi pac-
chi, ci sono anche i tuoi due.
Quello con la pelliccia e uno piccolo con i guanti. La
pelliccia è bellissima e mi sarà molto utile nelle notti fred,
de, te ne ringrazio di tutto cuore. E' una bella cosa che tu
abbia potuto rivcdere ancora iina volta Latario a Pose.
L'attesa di 2 2 ore alla stazione dev'essere stata una
cosa meno piacevole. Lo posso capire benissimo, pichè
ogni due giorni devo anch'io aspettare in trincea per 24
ore: i francesi però. Disgraziatamente pare che gli Ulani
abbiano poca prospettiva di fare aItro durante tutta la
guerra, a meno che a Verdun scoppi la Feste. Lotario lia
avuto più fortuna di me. Lo invidio proprio. Egli si trova
ora in Russia, nello stesso identico posto dove avevo fatto
a cavallo le mie perlustrazioni nei primi dieci giorni della
guerra. Avrei tanto voluto meritarmi la Croce di Ferro di
I' classe. ma qui non ne ho l'occasione. Dovrei vestirmi d:i
170 RICHTHOPEN

soldato francese ed entrare in Verdun per far saltare Fer


aria una torretta fortificata.

Cara mamina. Béchamp, 2 novembre 1914.


Qui restiamo sempre. A turno come la fanteria in
trincea a duelnila metri dai francesi. Alla lunga è ben
noioso, poichè rimanersene per 24 ore fermi non è certo 111:
divertimento.
Di tempo in tempo arriva qualche granata, Questo è
il solo diversivo delle ultime quattro settimane. Che pec-
cato di non poter partecipare alla guerra in aperta campa-
gna. La nostra posizione a Verdun da settimane non si è
spostata di 50 metri.
Siamo in un villaggio bruciato. Wedel ed io abitiamo
una casa, dove bisogna turarsi il nasa. Non si monta quasi
più a cavallo, Antithesis è ammalato, il mio Fuchs morto,
camminava anche meno, in una parola non ci si muove
più. Si mangia molto male. Ma a me tutto fa profitto, così
sono diventato grasso come una botte. Se dovessi nuova.
mente prendere parte a delle corse a cavallo. dovrei fare
qualche cura per riprendere il mio peso normaie.

Cara mamma, Béchamp, 1.5 dicembue 1914.


Sono ormai da tre mesi innanzi a Verdun e nulla
cambia. La notte scorsa, mentre giocavamo alle carte, è
scoppiata in un modo poco delicato una granata, sul tetto
della casa vicina.
Non ho mai abbandonato una tavola con tanta fretta.
L'ASSO NEMICO 17.1

Di solito stiamo un giorno sì e uno no in trincea. Ho cal,


colato che verremo istituiti appunto la sera 'del 24 di di-
cembre. Così la notte fra il 24 e il 25 sarà comandato di
pattuglia, in perlustrazione strisciante verso le trincee
francesi. E' la prima notte di Natale che sarò lontano da
casa e spero sia la sola che passerà in paese neniico.

Cara mamma, Cotes, 1 4 getrndio rg 15.


T i ho già fatto sapere da quelle brevi righe che sono
diventata ufficiale d'ordinanza alla diciottesima Brigata di
Fanteria, qui la vita è un po' più movimentata che a Bé,
champ; al nostro reggimento, Nella guerra sarebbe natural,
mente tutto il contrario. Così sono felicissimo di questo
mio posto. Negli ultimi giorni vi è stata un po' di movi-
mento a Cotes. Nella notte del 27 al 28, noi del settimo
Granatieri conauistammo una trincea francese. Nella notte
dal 29 al 30 i francesi tentarono di riprenderla, vennero
però respinti brillantemente. Le perdite grazie a Dio furono
relativamente minime. Qui nelle trincee ogni soldato è un
eroe ed è giusto quello che dice un poeta: N Non vi è ferro
abbastanza, tanto siete eroi difatti ognuno si nierita la
>I,

Croce di Ferro, tutti quelli che vedono i nostri uomini com-


battere lo pensano. Stammi bene cara, salutami affettuosa.
mente Papà, Ilse e fa speranza di domani, il fratellino mi.
nore Karl Bolko.

Cara mamma. Avilkrd, rg febbraio igr j.


Ti scrivo queste righe satto un terribile bombardamento.
Dalla mia fmestia si pui vedere tutto. I francesi danno l'at,
li2 RICI-ITHOFEN

tacco ad una altura dominante. L' intera montagna è una


sola grande nuvola di fumo. Poveri diavoli quelli che si tro-
vano in trincea. Icri ci chiamarono come rinforzo, accorrem-
mo ma non fummo necessari e la notte rientrammo. Oggi
ricomincia il macello. I francesi e gli inglesi e tutti quelli
che s'aggirano qui al fronte occidentale, ridiventano inso-
lenti. Essi credono probabilmente che questo sia il migliore
momento per attaccarci dato che siamo impegnati al fronte
orientale. E qui hanno ragione, ma si sbagliano sempre
quando ritengono che un tedesco abbandoni la sua posizione,
come fanno loro. Ma questo è nel nostro sangue. Noi rima-
niamo fermi, dove ci hanno comandati e preferiamo farci
ammazzare piuttosto che muoverci di un passo. Purtroppo
gli Inglesi hanno lo stesso nostro sangue.

Cara mainma, Cotes, 15 marzo 1915.


Finalmente posso avere una sufficiente attiviti fisica.
Quando non sono in trincea vado a caccia tutto il giorno.
Sono stato fortunato. H o un bottino di tre cinghiali. A papà
dò i dettagli di qiiesta storia di caccia. Tre giorni fa orga-
nizzai un'altra battuta al cinghiale, con 30 battitori e 5 ti*
ratori. Dirigevo io stesso la caccia, scovammo otto cinghiali,
ma sfortunatamente li mancammo tutti. Cacciammo dalle
8 del mattino fino alle 7 di sera, con una mezz'ora di riposo.
Per tre giorni voglio provare nuovamente e fra dieci gicrni
vi è luna piena, allora senz'altro spero abbattere Lin bel
rnaschi~,
L'ASSO NEhIICO 173

Cara mamma. Cotes, 27 mavzo 1915.


Da un mese non ho pih notizie di Lotario.
Il suo reggimento di D r a p n i E entrato in linea ed ha
subito gravi perdite. Hugo Fréier del 4" Dragoni. è morto.
Era un mio buon amico. Nel corso dei cadetti siamo stati
assieme dalla 62lasse in poi. Sono sempre i migliori che se
ne vanno, la gramigna non muore mai. Secondo pro,
verbi0 tu penserai: N Allora Madredo è immortalel ,I.
Anch'io ho questa impressiane, dopo tutto quello che mi è
capitato. Intorno a me cono caduti tanti bravi ragazzi, io
solo come per miracolo, sano stato risparmiato dai proiet-
tili nemici.

Cara mamma, Coi,es, 6 aprile 1915.


Grazie mille per le belle uova pasquali. Nel nostro i-i,
fugio abbiamo fatto loro festa al rombo del cannone. Qui
negli ultimi tempi si sta abbastanza allegri. I francesi ten.
tano ora di attaccare dalla nostra parte dopo d'aver lasciato
alquante penne in quel di Champagne. La pianura di Woe-
vre, le alture di Colbres, P0nt.à-Mousson, sono tutti nella
nostra regione, Qui si ritiene che la Russia sia presto sfinita.
Purtroppo non posso ancora venire a trovarvi. la guerra non
è fatta per venire in licenza. i tempi sono troppo seri per
questo. Ognuno è sicuro che saremo i vincitori, maquando
nessuno lo sa. Percià biiogna resistere. Chi avrebbe mai
creduto che la guerra potesse diirare tanto.
Cara mamma, Cotes, I" giugno 191f,.
I giorni passati nella casa paterna sono stati molto
belli, ahimè troppo corti. Rimasi con papà fino alle I I di
sera. nella sua uniforme ha un aspetto più giovanile come
nessun altro alla sua età. Quando vedo qui i suoi ccetanei
devo proprio dire che papi ha un aspetto saaordinuiamen- .
te giovane. A P. fu molto bel* purtroppo non vi rimasi
neppure un giorno intero. peri> uccisi 3 caprioli di cui lino
anormale. aveva una punta delle corna voltata all'ingiù.

Cara mamma, Colonia, 6 giugno 1915.


Finalmente sono arrivato qui1 Alle sette lezione di ri-
=va d'aviazione, ci hanno dato un grosso apparecchio per
fare l'istruzione. Siamo in 30 e dobbiamo tutti diventare
osservatori, solo i migliori verranno scelti e trattenuti. In
queste condizioni. naturalmente, è ben difficile e molto pro.
blematico che fra i prescelti. ci sia proprio anch'io.

Cara mamma, Cholin, 20 luglio 19x5.


Spero che ora riceverai nuovaniente le mie notizie.
Sono qui, aggregato al 6 corpo austriaco dell'armata di
Macke~isen.Siamo di nuovo in piena guerra di movimenta.
Volo quasi tutti i giorni sui nemico e 'porto notizie.
Tre giorni fa ho potuto annunciare la ritirata dei russi. Mi
diverte molto. e mi piace molto di più che essere ufficiale
d'ordinanza.
Noi viviamo sotto le tende. Le case sono quasi tutte
bruciate e quelle poche ancora in piedi così piene di pidoc-
L'ASSO NEMICO 1'i.-)

chi che nessuno vi vuole abitare. lo sono specialmente re-


l!ce di poter prendere parte alla guerra, proprio qui nel pun-
to pii1 imprtante. Con ogni Frobabilità, prima o dopo è
qui che si decideranno le sorti della guerra. Sono già qui,
in servizio da rg giorni. La mia istruzione è durata esatta-
mente 4 settimane. Sono il primo del mio corso che f a parte
di una sezione d'aviazione al fronte.

Rethel, 2 novewibre 1915.


Cara marnnia, in questo momento ricevo i miei nuovi
guanti per aviazione. Non puoi immaginarti che mi
hanno fatto. Mille, mille grazie. Poichè sai quanto io ami
muovermi e cambiare, così non ti stupirai se ti dico che ho
l'intenzione di abbandonare prossimamente la bella Cham-
pagne. lo sono addetto ad un apparecchio gigante, ma pur.
troppo non è ancora ultimato. I1 mio pilota, un certo von
Osteroth ed io dobbiamo appunto andare a Berlino per fa.
migliarizzarci con macchinone.
I
Pare che passa portare qussi altrettante bombe quan-
to uno Zeppelin, ha sei uomini d'equipaggio: ci06 un mec.
canico, dile mitraglieri, due piloti ed iin osservatore. Sbno .
molto curioso i' vedermi un po' quel bestione. Spero così
d'avere kcasione di vedervi più sovente, tanto più che
mi pare, anche voi avevate l'intenzione di andare a Ber.
lino.

Cara mamma, Berlino, r I gennnio 1916.


Non ho mai piU volato da quando fui a Schwerili,
per 11 fine dell'anno. Qui a Berlino piove iempre. e non
l76 RICHTHOFEN

si fanno progressi. E a me proprio ora piacerebbe tanto es-


sere laggiù. Credo che ci sarebbe del nuovo.

Cara mamma, Verdun, 27 aprile I g 16.


In tutta fretta una buona notizia. Guarda un po' il
bollettino del 26 aprile 1916! Ho sulla coscienza lino dei
due apparecchi abbattuti.

Cara mamma, Verdun, 3 maggio 19x6.


Tanti ringraziamenti per i tuoi auguri, per il mio
compleanno che ho passato qui, molto piacevolmente. Pri-
i di colazione ho avuto tre combattimenti emozionanti,
la sera, =detti con Zeumer, fino alla una, sotto ad una
ta di mele in fiore. Sona soddisfatto della mia nuova fun,
zione di aviatore da caccia. Nessun'altra mansione in guerra
potrebbe attirarmi maggiormente. Volo su dei Fokker. gli
stessi apparecchi coi quali Bcelcke, e Immdmann riporta-
rono i loro grandi successi. La morte di Holch mi addoIora
molto. Tre giorni prima che cadesse fui a trovarlo e siamo
stati così allegri assieme. Mi raccontò -me f u fatto prigio*
niero al Montenegro. Non so ~mmaginarmiche quell'uorno
splendente di forza e salute. non sia più. H o potuto coi miei
occhi assistere al suo ultimo combattimento. Cominciò con
l'abbattere un francese che volava in squadriglia, ma appa-
rentemente ebbe una ferita e tentò di volare indietro verso
le nastre linee. Ma tutta uno sciarne di francesi gli fu dietra.
Con una pallottola nella testa, f u colpito da jooo metri.
Una belia morte. Non ci si può immaginare Holck con un 4
braccio o una p m b a di meno! Oggi volo per il siio fu.
nerale.

Cara mamma. Verdun, 33 giugno rgi6.

Cos'avete detto della morte di Immelmann? A fu-


ria di raccontarla, tutti ci credono. persino Boelcke. Anche
il Comandante della squadriglia di Lotario non è più tor*
nato. I1 giorno prima il Comandante del mio vecchio K.
G. f. già B.A.O. è pure rimasto uccifo. Era il barone di
GerstorE, forse il migliore comandante di squadriglia che
wa mai esistito. Avevo molta stima di lui.

Cara mamma, Verdun, 6 luglio 1916.


Qualche giorno fa mi sono ammaccato il naso COI mio
Fokker. Non fu poco lo stupore dei presenti di vedermi
uscire, dopo una discesa paurosa. incolume dai rottami. An,
che il mio buon amico Zeumer, ora sta iin po' meglio. Era
stato abbattuto dai francesi e se l*aa cavata con qualche
mlfittura per cadere pochi giorni dopo e rompersi il fe-
more nel più stupido dei modi. Mi sono messo in mente di
andare da Boelcke e di diventare iin siio allievo. Ho Fur
m p r e bisogno di qualche cosa di nuovo. Sarebbe peggio.

Cara mamma, XI" S q t d n g l i a da caccia, rg-9.1916.


Ti sei certo meravigliata che io non ti abbia ancora
sxitto. Ma è la prima volta che mi sieda ad un tavolo con
una penna in mano. Finora sono stato sempre occiipatis-
i?,
118 RICHTHOFER

simo. Negli ultimi tempi volavo con un apparecchio prov-


vixirio col quale Fotevo fare Len poco. ed avevo sempre
la peggio. Finalmente ieri è arrivato i1 mio apparecchio e
figurati. Nel vola di prova vedo una squadriglia inglese
dalle nostre parti. Volo loro incontro e ne abbatto uno.
Dentro vi erano un ufficiale e un sottufficiale inglesi. Ero
fierissimo del mio volo di prova e L'apparecchio mi venne
naturalmente 'attribuito.
Bwlcke è u n vero enigma per tutti; ogni volta che
vola abbatte un nemico. Alle sue 24, 25. 26 e 27 vittorie,
volavo ed ho preso parte al medesimo combattimento.
La battaglia della Somme, non è così come ve la irn-
miginate voi nell'interno. Da 4 settimane giornalmente il
nemico ci attacca con una superiorità di forze preponde.
rante, specie d'artiglieria e iernpre con truppe fresche. I
nostri uomini si battono magnificamente. Nei prossimi gior-
ni dovremo trasportare indietro il nostro campo d'aviazio-
ne. Ha l'aspetto di una guerra di movimento. Saprai certo
che è morto anche il mio amico Scweinichen. Volevo a p
punto andarlo a visitare. poichè si trovava qui vicino, ma
stesso giorno fu ucciso.

Cara manima, Somme, 5 ottob~e1916.


11 30 di settembre ho abbattuto il mio terzo apparec-
chio nemico che precipitò in fiamme. II cuore fa un po' ma-
le nel petto quando si vede l'avversario cadere in fianirne
da un'altezza di qom metri, dopo d'averne appena prima
visto il volto, Naturalmente arrivato in basso non rimane
nulla nè deli'iiomo nè dell'apparecchio. Mi wno prew
L'ASSO NEMICO 179
un piccolo scudetto come ricordo. Ikll'i I' apparecchio ab-
battuto ho tenuto la mitragliatrice che ha una mia pallot-
rola confitta nella culatta mobile ed è ora inservibile. I1
francese abbattuto a Verdun ultimamente purtroppo si so-
no dimenticati di calcolarmelo. Prima, qiiando si raggiun-
geva otto apparecchi si aveva diritto alla Croce al Merito
oggi non più benchè l'abbattere un nemica divenga cosa
sempre più diac~le.Nelle ultime quattro settimane dalla
formazione della squadriglia Boelcke abbiamo perduto 5 su
ro dei nostri apparecchi.

Cara mamma. Dalla Som+iw, r 8 ortobie 1916.


@i abbiamo quasi costantemente brutto tempo, nia
r r i ancora ho abbattuto il mio quinto apparecchio nemico.

Cara mamma, Squadviglia Boelche, j~XI+ig16.


Purtroppo ho persa il treno, dopo il funerale di Boel-
&e al quale ero stato mandata rappresentante della
quadriglia, Così non potrò venire da voi se non verso la
r t à del mese.
Boelcke è morto così: Boelcke, alcuni altri della q u a *
i y l i a ed io eravamo ingaggiati in rina battaglia con degli
z$esi* Ad un tratto vedo, come Boelcke che sta attaccan-
cb un inglese, viene investito da uno dei nostri. All'altro
-o diavolo non è successo niente. Dappriiiia Bwlcke
amiuciò a scendere normalmente, lo lo seguii subito e vidi
m'& distaccarsi ed egli sprofondare nel vuoto. Dal colpo,
J a i o cranio era fracassato. dunqiie la morte fu istantanea.
Fummo tutti profondamente colpiti, come se avessimo per-
so ii fratello più caro. Al funerale io portavo il cuscino con
le .sue decorazioni. Dei dodici aviatori della nostra squa.
driglia. in sei settimane abbiamo perduti sei dei nostri uo-
mini un settimo fu ferito e due altri sano esauriti di nervi.
Ieri abbattei il settimo apparecchio, subito dopo d'avere ab.
battuto il sesto. Malgrado tutta la scarogna degli altri, i
miei nervi tenpno ancor3 duro.

Cara mamma, Sq~radri~lia


Boelrke, 25-X141g16.
Per il tiio compleanno ti mando di tutto cuore i più
cari auguri, sperando che questa sia la tua ultima festa in
periodo di guerra. L'undicesimo Inglese che ho abbattuto
è il maggiore Hawker, di 26 anni e comandante della
squadriglia inglese. Dei prigionieri dissero <Vegli era il
Bwlcke inglese. Con lui ho xistenuto il più duro dei miei
combattimenti, ma alla fine sona però riuscito a colpirlo
ed abbatterlo. Purtroppo tre giorni fa perdemmo i! nostro
comandante e otto giorni fa perdemmo noi pure uno degli
apparecchi della nostra squadriglia.

Cara mamma. Alla Somme, 28 dicembre 1916.


H o avuto papà e Lotario da me la sera della vigilia.
Fu una festa indimenticabile. Un Natale passato al campo
è molto più diver~entedi quanto voi ve lo possiate irnma-
ginare nell'interno. La nostra festa consiste principalmen-
te in un albero di Natale ed una cena eccellente. Il giorno
dopo Lotario ha volato da solo per la prima. volta. E' un
avvenimento altrettanto importante quanto l'abbattere il
primo nemico. Ieri ho abbattuto il inio quindicesimo ingle-
se e due giorni prima di Natale ho Fatto iin doppio col~o:
il 13" e 14' apparecchio.

Cara mamma, XI' Squadriglia da caccia, 27-1- 1917.


T u certo ti meravigli perchè non ti scrivo. Sono in-
tanto successe talmente tante cose. che non so cosa ti devo
scrivere prima.
%no diventato comandante della squadriglia da cac+
cia N*I I qui a Douai. Solo a malincuore lasciai la mia ca.
ra squadriglia Boelcke, tutti i miei sforzi per ritornarci fu-
rono vani. La squadriglia n. r i è sorta allo stesm tempo
della mia, ma fino ad oggi non ha abbattuto un solo ap-
parecchio. La sua attività inoltre mi dà pochissima wddi-
sfazione. Gli ufficiali ai 'miei ordini wno i 2. Ho avuto fvt.
tuna. Il primo giorno abbattei il mio diciassettesimo e il se.
rondo il mio diciottesimo apparecchio. A 300 metri, du,
rante quest'ultimo combattimento mi si spezzò un'ala.
Per un vero miracolo raggiunsi la terra senza accoppartni.
Lo stesso giorno precipitarono tre degli apparecchi delia
squadriglia Boelcke, anche il piccolo simpatico immelmann.
Che pena! Non è escluso che sia loro capitata la medesima
cosa che a me. Purtroppo non posso venire in licenza, vi
avrei tanto volentieri 'mostrata la Croce al Merito.

Cara mamma, XI' Squadriglia da cwciu, 26-3-1917.


ieri ho abbattuto il 31' e l'altro ieri il mio 30" nemico.
Tre giorni fa per iniziativa del ministero ebbi L no-
mina a tenente. H o dunque guadagnato un buon mezzo
anno di anzianità. La mia squadriglia si sta formando e mi
dà molte soddisfazioni. Ieri Lotario ebbe il suo primo com.
battimento aereo. Era molto soddisfatto poichè riuscì a
colpire il suo avversario. Noi chiamiamo questo che p u ~ ~ d
perche laxia dietro di sè un fib di fumo. Non lo ha ab-
battuto, ma questo sarebbe anche stata troppa Fortuna per
un primo incontro. Lotario è molto in gamba e farà bene
il fatto suo. Cosa ne dici tu. del bollettino di ieri?

Cara mamma, XI" Squadriglia da caccia, zj-4-1917.


Avrei intenzione di venire a casa verso i primi di
inaggio; però prima vorrei andare alla caccia del gallo di
inontagna per la quale ho un invito e già me ne rallegro
mlto.
Poi sono invitato a colazione dal Kaiser. Sono riuscito
a l abbattere 44 apparecchi, quando raggiungo i 50 voglio
fermarmi. Lotario è già al suo decimo, e da quando sono
qui io. la squadriglia è alla sua centesima vittoria.
LA zio Lex verrà a trovarmi nei prossimi giorni. An-
che Wedel è stato qui iiisoinma ho sempre la casa piena
di ospiti.

Cara mamma, Friburgo, g maggio 1917.


Sei certamente in collera con me. che da otto giorni
sono in Germania e non ti ho ancora scritto dove. Sono qui
nei presi di Friburgo per cacciare il gallo di montagna, e
mi fermerò fino a tutto il 14.
Poi devo andare per tre giorni a Berlino per vedere
dei nuovi velivoli e dopo verrò a Schweidnitz. Fino al,
lora mi devi scusare. Da Schweidnitz andrò dal princi~e
di Pless per uccidere un bisonte. Alla fine del mese voglio
visitare g-li altri nostri fronti, i BaIcani ecc. Impiegherò
per far ciò da due a tre settimane. Intanto Lotario coman,
da la squadriglia, e certo riceverà anche lui prossimamente
la Croce al Merito.
Cosa ne dici dei tuoi due figliuoli irrequieti?...

Cara mamma. AI Caviiro, 18 girigno 1917.


Sono tornato qui c si lavora indefessamente. H o ab*
battuto in questo momento il mio 53" apparecchio nemico.
Durante il mio v~aggiodi ritorno, a Kreuznach fui nuova,
mente invitato da S. M. e vi incontrai i1 Re di Bulgaria
che mi decorò con la Croce al valore di I" classe c fa bel-
lissima figura. Ho conosciuto il conte Dulinu.
Cancelliere di Stato e alcuni ministri r altri ~crsonaggi
importanti. Ho potuto stabilire con certezza che Oscar è
veramente morto, poichè egli è caduto o saltato fuori dal-
l'apparecchio negli ultimi 500 metri. Giace vicino al fron-
te. ma dall'altra parte. L'ho saputo buttando una nota agli
Inglesi
- per sapere se lo hanno seppellito. I1 Royal Flying
~ ~

Corps è sempre molto corretto in questi casi. Sono stato al


funerale di Scaefer. Vi andai in volo, tre ore da Berlino a
Krefeld: col treno ce ne vogliono otto. Presi con me von
Salzmann. che fu entusiasta del suo primo volo. Pur.
troppo ieri in iin combattimento acrco, caddz Zeumer.
Forse per lui è stato ineglio così, poiche sapeva che la sua
fine era inesorab~lrnentevicina. Sarebbe stato ben più ter-
ribile se questo bravo e simpatico ragazzo avesse dovuto
spegnersi a poco a poco fra le sofferenze! Così invece ebbe la
bella morte dell'eroe! Tu sai che era tisico.
Sono stato a trovare b t a r i o e arrivai proprio a tem-
po mentre veniva trasportato. Aveva un bellissimo aspetto.
era bruciato dal sole e stava vestito di tutto punto, d~steso
sulla seggiola a sdraio con la sua Croce intorno al collo.
Poteva. persino già camminare e presto si rimetterà del
tutto, Potrà nuovamente camminare e montare a cavallo.
Forse fra due m a i potrà nuovamente tornare al Campo.
Psrò si dovrà rimettere completamente.

Cara mamma, XIVquadriglia da cacci<l, zj+VII-17.


Mille grazie per la tua cara lettera. la quale mi ha
proprio Iatto a n grandissimo piacere. Che bella cosa che
Lotario stia nuovamente così bene, però prima di ripren-
dere il suo servizio deve rimettersi del tutto, poidie quella
della salute è la prima condizione.
Cosa ne dici dei magnifici successi che stiamo ripor,
tando su! fronte orientale? Ora tutti ritornano nuovamente
a sparare. Questi sono gli ultimi disgraziati tentativi &i
Russi, ora si dovrebbero dettare loro delle condizioni favo-
revoli e poter concludere una pace separata.
Ho qui da tiie il prof. Busch che continua a fanni dei
disegni. E' un artista noto e ha scolpito benissimo la mia
miiiglianza, cod pure quella di papà. Vuol ritrarre anche
Lotario. Io sto niiovamente bene incomincio a camminare,
presto riprenderà i miei voli.
L'ASSO NEMICO 1%

Cara mamma, XI' Squadriglia da caccia, 28-8.1917.


Mi rallegro molto per le notizie della salute di lata.
rio, però non deve asoliitamente tornare aJ fronte. prima
di essersi ristabilito fisicamente nel modo .più perfetto, al*
trimenti qui si eaurirà subito o si farà abbattere. L'ho
sperimentato personalmente. Ho già volato due volte contro
il nemico, entrambe le volte, è vero. con succesw, ma dopo
ogni volo ero completamente esaurito. Durante il primo per
poco non venivo meno. La mia ferita si cicatrizza con una
lentezza esasperante; è sempre ancora della grandezza di
uno scudo. Ieri mi hanno ancora tolto un pezzo d'osso;
spero sia l'ultimo. Qualche tempo fa, f u qui il Kaiser per
passare in rivista le truppe e in queli'accasione s'intratten-
ne un bel po' con me. Prossimamente verrò in licenza, mi
rallegro già immensamente di rivedervi tutti riuniti.

Cara mamma. Gotha, 30 settembre 1917.


La pronta guarigione di Lotario mi ha fatto in gran-
dissimo piacere. Dopo la licenza potremo nuovamente dare
del Filo da torcere agli Inglesi. poichè sono nella stessa
squadriglia di Lotario.
Negli ultimi 14 giorni ho un bell'attivo di caccia. Un
grosso &e, tre bellissimi cervi, e -uno stambecco. Sono fie-
rissimo, poiche papà in tutta la sua vita non ha uccisi che
tre cervi decenti. Oggi vado a Berlino al più tardi fra una
settimana sono da voi.
Cara mamma, Dal Campo, i I dicembve 1917.
In questo momento qui c'è pochissimo da fare e quin-
di ci s i annoia terribilmente. Oggi vado a Spire per visi,
tare una fabbrica di aeroplani. Ho intenzione di celebrare
il Natale qui in squadriglia coli papà e Lotario. La mia or-
dinanza ha già portato un regalo natalizio per Bolko. Spero
di avere indovinato iì gusto del nostro Cadetto.

Cara mamma, Dal Campo, 15 genmio 1918.

T i sarai certo meravigliata che io ti abbia lasciata tan-


to tempo senza mie notizie: però questo è sempre segno
che io sto bene. E' vero che in questo ptiodo ho avuto una
vita molto fiera.
Come ti ha già scritto Lotario, siamo stati a BrestpLi.
towsk. L1 abbiamo visto e conosciuto tutti i più noti diplo-
matici. Vorrei poterti raccontare a viva voce una quantità
di cose, per iscritto, posso dirti solo che la pace verrà stipu-
lata, secondo idesideri di Ludendorff. Poi per qualche gior-
no andammo nella foresta di Biéloviège dove abbiamo uc-
ciso irn cervo ognuno, e ci siamo magnificamente rimessi
nella tranquillità di questa foresta vergine. Io vado sovente
a Berlino. Dal zo in poi. vi andrò nuovamente per 15 $or*
e spero di potetiri vedere sovente.

Cara mamma. Dal Campa, iI febbraio 1918.

Fu una awersità che il mio servizio a Berlino si pro,


di tornare a Schweidnitz.
trarse tanto a lungo da impedirmi
Sarebbe stato così bello e io mi ero già tanto rallegrato. Ora
temo di non poter tornare tanto presto in Germania. Trat,
tienl a casa Lotario. il più che puoi: è molto imprudente col
suo udito e non si cura come dovrebbe. Qui non perde nien-
te. Digli da parte mia che non parta rima del I" di marzo.
Se ci fosse da fare qui avviserei telegraficamente, Bolko
deve essere adirato con me, ma non mi fu assolutan~ente
di atterrare a Wahhtatt. In autunno quando i
campi sono mietuti, mi sarà più facile farlo.

Hai certamente ricevuto il mio telegrani~nache ti an-


nunciava la caduta di Lotario. Grazie a Dio sta proprio be,
ne. Vado a trovarlo tutti i giorni, quindi non darti pen-
siero, tanto più che sta bpnino, I1 setto na& è ormai già
guarito. La mascella si è scheggiata ma i denti sono intatti,
H a un grande taglio al disopra dell'occhio destro, ma I'oce
chio propriamente detto, non ne ha sofferto. H a dei travasi
di sangue al ginocchio destro e cosi Fure alla gamba sini-
stra dal polpaccio in giù. Lo sbocco di sangue di Lotario non
è dovuto a lesione interna, ma è quello che durante la ca.
dura egli stesa aveva inghiottito. Ora si trova all'ospedale
di Cambrais ma spera d'uscirne fra 15 giorni. Gli spiace
sala di non poter partecipare alle azioni che si stanno svol-
gendo (I).

( l ) Queala f I'ultinia lettera clie hlrinfr~d? Rioilliofsii iciiise


alla iiiuiire. Un inme dopo moriva o precisainerile il ?l aprile 1918.
DAL DIARIO DEL FRATELLO LOTARIO

Era appena stato reso noto che avevano inwo una


taglia sulla testa di mio fratello. Ogni aviatore avversario
lo mnaszeva poichè egli era allora il salo che avesse dipinto
in rosso il suo velivolo. Da tempo era perciò nostro ardente
desiderio che tutti gli apparecchi della nostra quadra ve-
nissero dipinti in rosso: e supplicammo mio fratello di
farlo affinchè egli non desie tanto nell'occhio. Accondisce-
se a l a nostra preghiera poiche anche noi ci eravamo, im-
battuti con un numero non indifferente di nemici, e così
resi degni del fiammante colore. Era necessaria una certa
temerarietà per lasciarlo volare con e w : impossibile passare
inosservati; sapevano quindi quanto si attendesse da noi.
Fierimente tontempiammo alfine le nostre ali scarlatte:
l'apparecchio di mio fratello era tutto rosso fiamma. Ognw
no degli altri aveva in più qualche distintivo di riconosci,
mento di un altro more. Poichè dall'interno non si può
guardarsi in viso avevamo xelto questi colori come scgco
di riconoscimento: Schaefer ad esempio aveva il timone di
altezza e di direzione e parte della fusoliera posteriore di.
pinta in nero, Allmenroeder in bianco, Wolff in verde ed
io in giallo. Per me che appartenevo ai dragmi gialli era
questo il colore indicato; così ciascuno aveva un segno di
distinzione. in aria tutto I'apparecchio tanto visto da terra
che dal nemico appariva rosso, poichè solo piccoli tratti era.
no dipinti di un altro colore. Chi ha presa parte alla batta.
glia di Arras ricorderà le ali rosse e la Ioro attività.
Ora ci si può domandare come mai il Capitano Rich-
190 RICHTHOPEN

thofen avesse Fensato di dipingere in rosso il suo apparec-


chio! 1 Francesi in un Ioro articolo avevano giudicato ciò
infantile N.
La ragione è da ricercare in tutt'altro luogo. Quando
nella squadriglia di Roelcke ManEredo cominciò a riportare
i suoi primi sciccessi si irritava di essere scorto troppo pre*
sto dal nemico. Tentò con vari colori di rendersi invisi.
bile; fece persino la prova dipingendo il suo apparecchio co-
lor terra, sperava in tal modo non pater essere distinto dal-
l'alto se rimaneva immobile. Manfredo dovette con dolore
constatare che non vi era colore che tenesse: per un avia~
tore non vi è modo di rendersi invisibile.
Dato questo volle almeno poter essere sempre rico-
nosciuto dai compagni come l'apparecchio di coinando.
scelse perciò il rosso splendente. Più tardi il suo apparec-
chi0 rosso si rese n o ~ oanche agli Inglesi. i, Le petit rouge »
e altri nornignali gli fiirono affibbiati. Si affermò pure che
iina do~ina.una specie di Giovanna D'Arco, quel.
lo strano apparecchio. Amici e nemici sapevano chi volasse
nel velivolo rosso.
Esso suscitava un indescrivibile entusiasmo presso le
nostre truppe al fronte: era nieno apprezzato dai nemici. A
me faceva ripensare al panno roso che si agita davanti agli
occhi del toro nella corrida, per incitare la bestia al folle
attacco. 11 paragone però non calza in quanto, gli inglesi
quando vedevano l'apparecchio rosio. Ic evitavano. Così d u ~
rante la battaglia di Arras bastava che l'uccello scarlatto si
mostrasse al disopra del fronte gli Inglesi si ritiras-
cero al di là delle loro linee.
STRONCATO

Con il passar del tempo si finisce per conoscere tutti i


fronti. Ciò che racconto qui avvenne nei pressi di Cambrais.
Con un tempo meravigliosa volai solo con mio fratello sul
fronte.
Quando glungiarno nelle vicinanze scorgiamo un uni-
co Inglese al disopra delle linee: null'altro di notevole in
vista. Voliamo indisturbati al di là delle linee inglesi. Spira
vento di levante assai sfavorevole Der un combattimento
aereo poichè durante l a lotta si viene spin:~ troppo alla de-
riva. L'apparecchio ad un solo posto non è vantaggioso al,
tra che per I'attacco. Ciò dipende dal modo com'è armato.
Se durante il combattimento si viene spinti dal vento lon,
tano sul terreno nemico. viene un momento in cui bisogna
tornare indietro cioè da1l'a:tacco passam alla difesa. Per un
apparecchio ad un solo posto col quale si può tirare solo da-
vanti a sè, è questo iin momento estremamente pericoloso
. .
che a molti è riuscito fatale. Ad un tratto scorgiamo. mio
fratello ed io, come da un'enorme altezza cinque apparec-
chi inglesi ad un posto si precipitano contro noi. Volando
con un altro non ho mai avuto lo stesso senso di superio-
rità come quando volavo con inio fratello. Così fu anche
questa volta. Quei cinque lords per il momento non osano
venirci proprio vicini ma restano più alti di noi e fanno
i loro esercizi di tiro contro i nostri due apparecchi. Ora
uno si fa coraggio, e mi si precipita addosso. Mi volto rapi-
damente e già sono dietro a lui. Da attaccante egli diviene
i'attaccato. L'Inglese tenta, con la sua macchina veloce cii
salvarsi verso ovest. Vola continuamente a zig-zag in mo-
do che M non posso prenderlo di mira. Non tenta più nes-
suna offensiva. t1 pilota mi sembra già ferito; l'apparecchio
comincia a puzzate come con esprwione di gergo aviato-
rio si designa il filo di fumo che esce da un serbatoio di olio
o di henzina perforato. Vorrei appunto 5nire il mio awer-
srio quando k mia mitragliatrice si inceppa. Tristemente
devo abbandonarla e ritornate indietro. Ad u n tratto un
pnsiero terribile mi balena nel cervello. Dove sono gli altri
quattro inglesi e mio fratello? Già vedo uno spettacolo or-
rendamente bello. Gli Inglesi e mio fratello girano intorno
gli uni all'altro in un selvaggio combattimento. 11 mio euo.
re si arresta di paura per Manfredo. La sua mitragliatrice.
SI è incantata ed io non posso più sparare. Non importa bi-
sogna che vada in suo aiuto. Mio fratello ha tenuto costan-
temente occupati i quattro inglesi che già da tempo mi ave*
vano tagliato fuori in modo che nessuno di essi potesse in-
seguirmi. Adesso tocca a me. Mi precipito in mezzo ai com.
battenti. 1 quattro inglesi che finora avevano avuto a che
fare con un solo avversario si staccarono irriprowisamenre
da noi e volarono a casa wnosrante che ancora fossero in
niimero doppio del. nostro. Che la mia mitragliatrice oltre a
tutto fosse inceppata non potevano saperlo.
Mio fratello. in quel momento aveva visto perdute en.
trambe le nostre vite, e

SCHAEFER M1 CALVA LA VITA.

In tenipo di pace per una azione simile si riceveva la


medag!ia al valore; in guerra ho invece invitato Schader a
cena con una bottiglia di Champagne.
L'ASSO NEMICO lfi.2

11 tempo era bellisfimo il cielo azzurro, Partimmo, in


seguito ali'annuncio di una grande attività di volo sul fron.
te. Schaefer, io e due altri compagni. Sul fronte da pima
non vediamo nulla: poi scorgiamo degli Inglesi. s o i o in
cinque a volare con grossi biplani a fusoliera tutti a due p o ~
ati. ma purtroppo sono molto al di 1à delle nostre linee.
Voliamo in su e in giù al di sopra del fronte, gli Inglesi ri'.
rnangono sempre assai lontano verso l'interno.
La cosa comincia a seccarci poichè non vi è motivo che
gli awersari si decidano ad avvicinarsi al fronte: quando
scorgo un Inglese isolato circa mille metri sotto a noi, noi
voliamo a cuca tremila metri; senz'altro andiamo addosd
so a lui. Mentre sto per scendere da solo, con un volo a
candela sopra lui, egli s'accorge del pericolo e mi sfugge.
Arrivo ancora a raggiungerlo ma già diversi chilomehi ol-
tre le nostre linee; la lotta è quindi troppo pericolosa per
me; Ia tronco poichè un solo colpo al motore basta p r co-
stringermi ad atterrare presso il nemica
Molto turbato riprendo il volo in direzione del nostro
fronte quando scorgo improvvisamente uno dei cinque in-
glesi già prima osservato che si allontana dagli altri e mi si
precipita contro. Ero molto al di là, forse ancora a cinque
chilometri dalle nostre linee all'altezza di mille metri: quin.
di per un apparecchio ad un solo posto che non può sparare
altro che in una direzione significava trovarsi in una delle
peggiori condizioni immaginabili. Continuo a volare verso
il fronte: I'lnglese comincia già a sparare a mille metri, tan,
to meglio, dico fra me, a questa distanza non può colpirmi,
proseguo il mio volo tranquiliamente. Sento le .mitraglia-'
triti senza interruzione in lontananza dietro a me. Comin-
iY
cio a sognare dicendo fra me: c i Aspetta pure, quando avrai
aggiustalo il tiro, la tua mitragliatrice si sarà già- incep-
pata. Ad un tratto avviene lino scoppio nel mio apparec-
chio; tino dei principali fili di tensione t spezzato: non pos-
so più voltare bruscamente: altrimenti le ali se ne vanno
ognuna per suo conto. A dire il vero anche senza quell'In.
g-lese nella mia carlinga ne avrei avuto abbastanza per pre-
cipitare: e per di più ero ancora a tre ch~lometrial di là
del fronte. L'aviatore non conosce la disperazione, anche
perchè nella niaggior parte dei casi non si realizza mai tut-
to il pericolo.
Accetto tranquillamente la lotta.
Nel Frattempo i'lnglese si è avvicinato; il crepiti0 della
mitragliatrice è spaventosamente forte, i proiettili luminosi,
vale a dire infiammabili, volano da ogni parte intorno a me:
sono dunque in pieno nella sua traiettoria. E' a t m e , non
posso sparare poichè l'inglese è tuttora al di sopra di me.
Nonostante il pericolo che entrambe le ali si distacchino
tiro bruscamente per tentare di mettermi a mia volta dietro
le spalle dell'avversario. Sento chiaramente che il mio ap.
parecchio non è più in grado di sopportare questa manovra,
è tutto sconquassato. Mi vedevo arrostito in pochi minuti.
Pendevo carne un bersaglio immobile al di sotto dell'ln-
glese. Cosa vedo ad un tratto1 L'aeroplano Inglese in fiam-
me e dietro a lui a tutta velocità un apparecchio tedesca.
Era Schaefer. Lo riconosco dal colore della fudieral Dio
sia lodato. Avrei scommesso non so quanto che entro un
istante più tardi sarei precipitato o che le mie ali se ne sa-
rebbero andate per conto loro. Giunti a casa, porsi colo la
mano a Schaefer e lo invitai per quella sera a bere con .me,
ASSO NEMICO 195

una bottiglia di champagne. Per fortuna che almeno questo


si può farlo. A quel tempo nella nostra squadriglia al de-
cimo nemico abbattuto ricevevamo un ritratto di mio fra-
tello con la sua firma autografa. Mi ero guadagnato questo
premio proprio tre giorni prima. Per dimostrare che la mia
sfortuna di quel giorno era stata unicamente causata da un
difetto dell'a~parecchio. quel pomeriggio stessa abbattei
I'undicesimo pressa Vimy.

UN INGANNO
E' una bella e calda mattinata di aprile. Stiamo presso
ai nostri grandi uccelli in attesa di notizie quando squilla
il telefono: intensa attività degli aviatori nemici al ciid d i
Arras. Ad un cenno del sottuGciale di servizio suona il
campanello di allarme e il campo si anima. 1 meccanici ac,
corrono da ogni parte verso gli apparecchi per metterli in
moto.
Anche i piloti accorrono; a chi il coniando? A mio
fratello!
Si parte. Al Sud di Arras giunti a circatremila metri
di altezza niilla è in vista: ma ecco tre inglesi che con gran-
de meraviglia ci attaccano precipitando contro noi da gran-
de altezza. Mio fratello attacca il primo, Wolf il secondo:
io sono attaccato dal terzo. Finchè è al di sopra di me è
l'inglese che mi tira contro. Io devo attendere che giunga
alia mia' altezza Fer poter rispondere. Adesso mi è vicino,
dirigo il tiro contro di lui; egli vuole darmela da inten-
dere e si lascia cadere giii. Penso fra me. Fallo pure. Dieci
I at; RICHTHOFEN

metri lateralmente faccio lo stesso. Già vola di nuova in li*


nea retta ed io gli sono nuovamente alle spalle. Appena se
ne accorge comincia a girare su se stesso follemente. Abbia-
mo il vento di ponente quindi la lotta iniziata sul fronte si
svolgerà sempre più al di qui. lo lo seguo, appena tenta di
volare diritto innanzi a sè lo spaverito con alcuni colpi.
Alla lunga il gioco mi annoia e tento colpirlo in curva; spa-
ro, sparo continuamente.
Nel frattempo siamo giunti all'altezza di circa cinque-
cento metri al di quà delle nostre linee: obbligo l'Inglese a
continuare le sue curve: in tal modo nella lotta aerea si
scende sempre più in basso finchè si è costretti ad atterrare.
a meno che non si tenti riprendere la via del ritorno filan,
do in linea retta. I1 mio Inglese sceglie quest'~i1tirnaipotesi
ed in me sorge fulmineo il pensiero Povero diavolo ora
suona la sua ultima ora! i> Lo inseguo. Alla distanza voluta
a circa cinquanta metri lo prencio accuratamente di mira e
faccio scattare il grilletto; nulla. Sono disperato: coiì pros-
sima al successo. Esamino ancora la mia mitragliatrice; ma-
ledizione; ho sparato tutte le mie cartucce: ho in mano le
cartuccere vuote. Mille colpi. Non ne ho mai sparate nè in
segiiito mai ne sparai tante. Non devi lasciartelo shgEire a
nessun costo. era questo il mio unico pensiero. Aver com-
battuto quasi un quarto d'ora, con un aeroplano rosso 6 poi
essere riuscito a sfuggirgli. Sarebbe stato troppo grande
trionfo per il mio Inglese. Mi avvicino sempre più. la di-
stanza tra la mia elica e l'apparecchio dell'inglese diminui-
sce a vista d'occhio. La giudico di dieci, cinque, tre, ormai
solo due metri. Mi viene ad un tratto una idea disperata.
Debbo con la mia elica abbattere il suo timone? Egli cade
L.'ASSO NEMICO 197

ma io ~robabilmentecado coz lui1 E se invece nell'istante


in cui lo tocco fermo il niotore; cosa succede allora? In tal
caso il mio Inglese si volta mi vede immediatamente alle
sue spalle: mi fissa inorridito, ferma il suo motore e atterra
con un volo a foglia morta presso a poco sulla nostra terza
posizione. Giù a terra rimette lentamente in marcia il rno-
tore.
Quando si deve atterrare presso il nemico si tenta di-
struggere il proprio apparecchio incendiandolo. Come inse-
guitore per impedire ciò, si spara nelle vicinanze dell'appa.
recchio atterrato in modo che gli equipaggi spaventati lo
abbandonino. Gli volo perciò intorno a così pma distanza
che egli capisce come sto attento; l'inglesì salta dall'appa.
recchio mi €a ancora cmno e alzando le mani si lascia fare
prigioniero dai nostri fantaccini che accorrono. Come ebbi a
constatare più tardi in un altro cau> se lo avessi sfmrato in
volo con la mia elica sarei certamente precipitato. D e b h
dire a sua giustificazione che egli non poteva sapere se io
avessi esaurite le mie munizioni. Un solo proiettile sarebbe
stato sufficiente, a così poca distanza, per colpirlo senza
falla, Egli stesso non avrebbe avuto altro da fare che vol-
tarsi e allora sarei stato io a dover battere in ritirata; egli
aveva tirato al mattino cinquanta colpi contro di me ed io
senza munizioni ero senza difesa alcuna. Ma la cosa era riu.
scita ed era questo il più importante. il giorno seguente mi
recai presso h sezione che aveva catturato l'apparecchio da
me abbattuto. un eccellente aeroplano Spad manoposto.
Volli rendermi conto dell'accaduto. Lo esaminai con cura
e mi accorsi subito che l'apparecchio era in perfetta & a
cienza. Con i miei mille proiettili bisognava che almeno
198 RICHTHOFEN

una volta avessi colpito nel segno! Mi informai se il pilota


fosse stato ferito: mi hi risposto negativamente. Ma la trae
cia di un solo proiettile era visibile nell'aeroplano. neppure
una leggera distorsione dell'asse: cosa che awiene spessa in
atterraggio di fortuna a se il terrena è sfavorevoIe. Dovevo
proprio ridere. L'Inglese dunque ha atterrato unicamente
per paura di me.
Nell'elenco delle mie vittorie sta scritto: za aorile
2 .

1917, nelIa mattinata presso Izel vola uno Spad monopa-


sto, pilotato da un ufficiale inglese. lo non ho avuto oc,
casione di parlare con Lili poichè il nostro aeroporto era
molto lontano dal luogo ove aveva atterrato; non ha quin-
di mai saputo che io avevo esaurito tutte le mie munizioni
ed egli è sceso a terra unicamente per paura. Giunto a casa .'
presso la mia sqliadrig1ia dissi fra me: ~ u e s t onon puoi rnc-
contarlo a nessuno; rt che di mille proiettili neppure ilno ha
colpito il segno )i+
Mio fratello e Wolff avevano abbattuto i loro d u e av,
versari. Credo di non aver narrato a nessuno della w u a ~
driglia Ia mia avventura. tanto era la vergogna di essere
stato così cattivo tiratore. Incidentalmente è interessante
notare quanti colpi sono in generale necessari per abbat,
tere un avversario. La prima volta che volai con mio fra-
tello da osservatore non mi ero ancora reso conto che egli
avesse cominciato a sparare e già l'avversario cadeva; in ge.
nerale a qriesto punto mio fratello non aveva ancora ado-
perato venti proiettili; non si può però prendere questo co.
me norma assoluta. Si attacca l'avversario ber lo oiù alle
spalle per poter tirare nella stessa direzione in cui si vola.
Se il nemico vola quietamente innanzi a sè e un buon tirq
L'ASSO NEMICO m!)
tore gli viene dietro precipita già dop i primi colpi. Se
l'avversario invece comincia a girar di qua e di là non lo
si colpisce mai più o solo per caso.

ABBATTUTO

Siamo al 1 3 marzo. Al fronte non esiste differefiza fra


domenica e altri giorni della settimana, spessa non si sa
neppure con precisione la data. Così non avevo pensato che
il 13 era giornata di disgrazia per me. La nostra squadriglia
volava quel giorno al comando di mio fratello.
Varii bollettini ci avevano annunciata un'intensa at.
tività di volo da parte del nemico. Appena giunti al fronte
incontriamo una massa d'IngIesi, Ognuno di noi si scelse un
avversario: io attaccai il mio precipitandomi contro lui con
rapida discesa. quando avvenne uno scoppio ne1 mio appa,
recchio. Colpito! Lo sentii subito. Volavo con un triplano
che si trasformò ad un tratto in biplano. E' assai sgradevole
sensazione perdere a quattromila nietri un paio d'ali. Ah-
bandonai quindi immediatamente il niio Inglese che fu in
vero tanto stupido da non inseguirmi; nulla sarebbe stato
più facile che abbattermi date le condizioni in cui mi tro,
vavo. Grazie a Dio l'apparecchio non precipitò: con le ali
che mi rimanevano potevo scendere ancora normalmente
in volo planato; ma non potevo più prendere delle curve
poiche il mio alettone non funzionava più. Riuscii così a
scendere. Avanti a me era un grande spiazzo vuoto. li vo.
levo atterrare. Mentre abitiialmente si può calcolare con
tutta esattezza dove si vuole giungere con l'apparecchio.
I
200 RICHTHOFEN

quella volta feci male il calcolo: quando ero ancora a cento-


cinquanta metri di altezza scorsi improvvisamente davanti
a me un filo elettrico ad alta tensione. Non potevo più sor-
volario nè potevo passare al di sotto poichè appunto vi era-
no colonne incrociate. Non volevo mandare all'altro mondo
altre persone; dovevo quindi voltare da un lato; ma questo
non era più possibile EarIo.
Per Dio mi trovo a letto! Quattro nude pareti imbian-
cate, i'idermiera al capezzale, sono dunque nel lazzaretto.
H o la testa ~~mpletamente fasciata; ma mi posso muovere.
Già è vero; qualchecosa mi balena nella mente. Volevo at-
terrare girando da un lato. Questo vano tentativo mi ha
fatto precipitare. ed ho subito Ferduto Ia conoscenza. Ho
battuto la testa e le gambe: le mani erano fisse al voIante.
I miei compagni mi dissero chè avevano creduto che la inia
caduta dovesse riuscirmi fatale.

AVIATORE DA BOMBARDAMENTO.

Prima che venissero messi in uso gli apparecchi ad un


6010 posto si credeva essere l'aeroplano a due posti il più
adatto per il combattimento. Esistevano allora le cosidetre
squadriglie da combattimento. Quando entrai in aviazione
immaginavo come la cosa più bella un combattimento aereo
e fui felice ¶uando mi si comandò presso una di queste
squadriglie. Ogni giorno mi esercitavo alla lotta neli'aria in*
sieme al mio valoroso pilota. Ma nonostante le frequenti
battaglie mai ci arrideva il successo. Questa forma di atti.
viti non poteva perciò soddisfarci, optammo quindi per il
L'ASSO NEMICO 201

lancio delle bombe. Dapprima ci esercitammo sopra il no-


stro campo, lanciando bombe contro appositi bersagli. Du.
tante questa esercitazione avvenne una volta un caso ame.
no. Faceva parte delIa nostra squadriglia in qualità di 0s.
servatore un professore miope. Avevamo steso un panno
bianco che fungeva da bersaglio, ognuno di noi volava M *
pra di esso e vi deponeva le sue uova. Venne il turno del
Si dirige verso i1 punto fissato, ad un tratto vede
quaicosa di bianco sotto di sè: la bomba cade e colpisce una
mandria di mucche fra le quali se ne trovava una bianca:
sette capi di bestiame, (orgoglio della nostra squadriglia) f u -
rono abbattuti1 Dovemmo quindi per settimane mangiare
carne di vacca. il buon professore non fu da allora in poi
chiamato altrimenti che n ammazza vacche >i.
<( Ammazza vacche >> ne fece ben altre.

Dopo il suo primo volo contro i1 nemico rientrò affer-


mando essere un combattimento aereo una cosa molto &a.
ticante. Quell'uomo farte dalle larghe spalle. era paonazzo
in volto e veramente sfinito nonostante che una battaglia
nelI'aria non richieda in realtà grande sforzo fnico. Non sa-
pevamo come spiegare il risultato di questa lotta aerea, fi,
nalmente scoprimmo quanto era avvenuto. L'oswrvatorc ~.
ha generalmente come arma una mitragliatrice fissata sopra
una torretta. a Ammazza vacche i) aveva portato con sè la
sua arma senza sostegno e si era esercitato nel tiro in piedi
e a mano libera. Potevamo quindi spiegarci il suo stato:
poichè data la gande pressione dell'aria è una vera fatica
sovrumana tenere in volo una mitragliatrice priva del suo
sostegno.
Termiriate le esercitaziot~ilanciammo le nostre bonibe
sul nemico. Per fare ciò si sale a tremila od anche quat-
tromila metri; si sorvoIa qiiindi i1 fronte dirigendosi verso
il l~iogoprescelto. Volavamo in formazione numerosa Fer
essere poco importunati dal nemico. Dei tiri antiaerei per
lo più ridevamo. poichè i nemici sprecavano tante mud
nizioni con tiri abitualmente troppo corti o troppo lunghi.
Da tale altezza si poteva distinguere male l'detto del no*
stro lancio; si vedeva solo una piccola nuvoletta di fumo in-
nalzarsi dal Iiiogo ove era stata gettata la bomba. Era molto
più soddisfacente il bombardaemnto notturno. Ci informa*
vamo quale fosse il bersaglio da scegliere e ci accingevamo
notte tempo al lavoro. Questa attività era molto
interessante. La sera verso le dieci circa, i nostri apparecchi
spiccavano il volo carichi con quante bombe potessero con-
tenere e volavamo in direzione dei depositi di truppe e di
munizioni. Di notte non potevamo essere scorti dal nemico:
si poteva perciò sorvolare il bersaglio a cento o centwin-
quanta metri e da questa altezza osservare comodamentc
l'&etto: l'esplosione del proiettile illuminava a giorno tute
ta la zona circostante. Baracche piene di uomini e depositi
di munizioni si distinguevano da lontano, Una volta ci
riuscì di far saltare in aria un intero deposito di munizioni:
una sola bomba era bastata allo scopo.
L'esplosione si propagava su tutto il campo che si sten-
deva per circa un chilometro quadrato. Sembrava che le co*
lonne di fuoco raggiungessero i tremila o quattromila metri
d'altezza; un deposito dopo l'altro si incendiava: per un
raggio di un chilometro si sentiva la terra tremare. Ancora
il giorno seguente, tiatto i1 campo bruciava.
Questa attività di bombardamento cl soddisfaceva a$-
L'ASSO NEMZCO 204

sai; appena ritornati dal nostro primo volo l'aeroplano ve.


niva di nuovo caricato di bombe e il serbatoio riempito di
benzina. Nel frattempo noi sedevamo alla mensa per in.
fonderci nuovo coraggio. Questa manovra si ripeteva ogni
notte per tre volte. L'ultima volta partivamo verso le cin-
que del mattino, i'oscurità diirava sino alle otto. Al ritorno
di uno di questi voli mattutini non eravamo ancora giunti
al fronte quando una densa nebbia bassissima ci tolse ogni
possibilità di orientarci sulla terra. &lo dal lampeggiare
clelle bocche da fuoco potevamo dedurre dove fossero amici
..
e nemici.
Poiche il fronte non seguiva una linea retta non era.
vamo sicuri della nostra sorte quando dovevamo atterrare.
Dapprima sorvolammo a dieci metri d'altezza il luogo ove
volevamo scendere: cercammo con grande sforzo di perfo,
rare con i nostri sguardi la fitta nebbia per riconoscere, al,
beri, fossati od altri ostacoli! poi ci decidemmo a toccare
terra. Un atterraggio di fortuna in piena oscurità è quanto
di più pericoloso possa esistere: quando vi è nebbia sulla
terra simili atterraggi finiscono per lo più con una caduta
mortale. Ebbimo fortuna; per iin pelo non andammo a sbat..
tere contro un albero, e I'appareccfiio si arrestò ad un me-
tro di distanza da un proEondo fossato. Rapidamente met,
temmo di nuovo l'aeroplano nella giusta direzione per poter
ripartire perchè non eravamo ben sicuri di non essere at-
terrati da Joffre.
Gridai ancora al mio pilota, tenente Kreutzmann, cbc
non dovevamo far ritorno a casa senza portare con noi al-
meno un prigioniero ma con gran mio rimpianto constatam-
mo invece di essere fra i nostri; al prigioniero inutile quindi
pensare. Ce lo eravamo così bene immaginato il nostro ri-
torno con un francese. La mia gioia fu però grande quando
mi accorsi che eravamo discesi nelle immediate vicinanze
di mio ErateUo che a quel tempo otteneva. presso la squa-
driglia di Boelcke i suoi primi successi.

IL TALISMANO DEGLI AVIATORI

A p ~ e n aentrato in aviazione feci la conoscenza di uno


dei nostri più vecchi piloti. Egli aveva l'abitudine di ap.
pendere ai suo velivolo, al radiatore o ad uno dei tiranti
un orsacchiotto di stoffa come quelli che usano i bambini
piccoli per giocare. Questo orsacchiotto aveva già compiuto
$ù di un record e ricondotto sempre sano e salvo il suo
padrone: era ricoperto di decorazioni e di ricordi e il vec-
chio piiota non volava se non con questo suo talismano. Al-
lora risi di tutto ciò ma con il tempo dovevo esperimentare
io stesso come sia facile abituarsi a questo genere di cose.
Quale soldato di cavalleria avevo l'abitudine di portare sem-
pre con me un Ficcalo frustino; quando cominciai a volare
come osservatore non riuscii a separarmi dal mio frustino e
gli trovai un posticino adatto nell'aeroplano; esso divenne il
mio talismano. Solo tre volte dimenticai di prenderlo con
me e sempre ho pagato cara la mia dimenricanza. il mio ap-
parecchio era stato già più volte colpito; ma il giorno in cui
non aveva presa con me il mio frustino la scllmpai per un
pelo. Ebbi criveiiate dai proiettili le parti più resistenti del-
l'apparecchio per cui riuxii a gran pena a giungere a terra,
Le altre due volte in cui volai senza il mia talismano fum.
L'ASSO NEMICO 20.5

mo nottetempo immersi in una densa nebbia ci8 che per


un aviatore è uno dei pericoli maggiori; fu un miracolo che
ne uscissimo illesi. Quando più tardi divenni piiota non
trovai posto per il mio adorato frustino. nell'apparecchio
scuola; a malincuore lo lasciai a terra e con grande inera,
viglia constatai che le case andavano lo stesso.
Al mio primo volo da solo, presi il coraggio a diie
mani e lasciai anche allora a terra il frustino. Anche Wingtp
gens pare volasse sempre portando seco un frustino, un'u-
nica volta lo lasciò a casa ed in quel giorno cadde.
Dopo che ero riuscito a s t a a r m i dal frustino fui pre-
sto iduenzato da un altro talismano. Appena giunsi come
principiante p- la squadriglia di mio fratello questi mi
assegnò iin vecchio apparecchio con il quale egli aveva ri-
portato dieci vittorie aeree: e mi diede anche un paio di vec-
chi guanti di pelo tutti consumati coi quali già tante volte
aveva fatto scattare il grilletto della mitragliatrice al mo-
mento opportuno. il destino volle che con gli stessi guanti
e lo stesso apparecchio io abbattessi i miei primi dieci av.
vetsari. Dopo queste altre dieci vittorie la nostra carcassa
(che portava una banda rossa intorno alla fusoliera) era così
trivellata di colpi che fu necessario rimandare in officina il
nostro destriero di acciaio.
Anche Manfredo era straordinariamente attaccato al
suo :uccel'laccio rosso. Con quell'apparecchio aveva abbat-
tuto dal diciannovesimo al cinqwntaduesimo dei suoi ne.
mici. Un giorno anche'schaefer volle provare l'ucceuo ros-
so: dal ritorno del suo volo dichiarò esterrefatto che in una
simile vecchia carcassa era pericoloso il solo fatto di volare:
szcondo lui si allentava in ogni sua giuntura. Mio fratello
20iÌ RICHTHOPEN

nel suo attaccamento per il suo apparecchia non si rendeva


conto della scia età avanzata.
Tiitri i vecchi av~atoti,confessino o no, hanno simili
ricordi, Wolff aveva un certo berrettino a punta da cui non
si staccava mai. Manfredo riportò tutte le sue vittorie in-
dossando la sua vecchia giacca di cuoio e Voss aveva di-
pinto sulla prua della h a fucoliera un teschio che doveva
spaventare i nemici.
Lasciarsi fotografare al fronte prima di un volo porta
sfortuna. Così Bodcke fu fotografato una volta prima del13
partenza: da quel volo non ritornò: la stessa sorte ebbc
Schaefer.
Anche i nostri nemici avevano i loro talismani.
Ogni squadriglia aveva un suo protettore; una cico-.
gna, un elefante o altro spirito benigno di cui portava l'im-
magine dipinta sul velivolo. Presso gli aviatori nemici che
abbattiamo ora vengono spesso trovati piccoli pezzi dell'ae-
roPlano con il quale M a h e d o Eu costretto ad atterrare in
territorio nemico.

ANEDDOTI DELLA LICENZA

Quando Manfredo ebbe riportata la sua cinquantesi*


ma vittoria fu chiamata al Quartier Generale. Fece in fret-
ta un ultimo volo durante il qiiale abbattè il cinquantune.
simo ed il cinquantadiresimo nemico, e se ne partì per pre-
sentarsi come stabilito il z maggio. Doveva recarsi anche
dall'Irnperatrice. L'Augusta signora si interessava dell'avia,
zione, e spesso anche veniva sol campo. Per volare mio
L'ASSO NEMICO '..
'37

fratello aveva indossato la vecchia giacca di cuoio con la


quale aveva riportato tutte le sue vittorie. Appena atter*
rato si fece annunciare presso l'Imperatrice; per giustificare
il suo abbiglianiento
- non adatto alla solenne occasione le
raccontò che aveva riwrtato le sue cinauantadue vittorie
indossando sempre Ia stessa vecchia giacca,
L'Imperatrice. accarezzò i1 Iogoro indumento escla.
mando: ii La vecchia giacca, ha partecipato a cinqliantadue
battaglie aeree! ii.
Dopo essersi presentato al Quartier Generde Manfre-
do si recò a Berlino; quivi giunto prese una vettura per an-
dare all'albergo: quando smontò il cocchiere osservò:
C< Dica iin po' signot capitano. ¶uella giacca di cuoio

potrebbe regalarla a me; la potrei ancora benissimo indos-


sare la notte i).
In Slesia Manfredo volò una volta con il velivolo
ad un sol posta di Halberstadt. I compagni gli dissero chz
in patria non era necessario legarsi per volare. Mio fratcllo
insistè ciononostante nel farlo poichè era qiiesta la sua abb
tudine. A metà del volo, tra Schweidnitz e Breslail ab-
.
bandonò una volta il volante. Ouando al fronte tutto è cal,
mo lo si fa qualche volta; si appoggiano allora le mani sui
bordi laterali e si contempla il paesaggio; L'aeroplano si può
dire, che vola da solo, Mio fraicllo non aveva pensato di
essere sopra un apparecchio completamente nuovo pet lui.
Improvvisamente questi si capovolre completamente e Man-
fredo si trovò a volare con la testa in giù trattenuto solo
dalle cinghie che per fortuna aveva legata intorno a sè altri-
menti sarebbe senz'dtro precipitato. La testa dell'apparec-
chi0 pesava tanto che appena abbandonalo il volante esso
'70s RICHTHOFEN

inclinò in avanti sempre più finchè si capovolse completa-


mente volando con Ie ruote in alto. Per fortuna mio fra-
tello riuscì subito a timettere l'aeroplano nella posizione nor-
male; a%ermò ~ e r òdi essersi sentita ancora lo spavento nel-
le M a quando atterrò.
In una mostra era esposto il suo ritratto ad olio ed egli
vi si recò per vederlo.
Indossava invero l'uniforme ma ricoperta dal mantello
che nascondeva la sua Croce al merito per cui un riconosci-
mento era FOEO da temersi. Innanzi al suo ritratto stà fer.
mo un signore egli si accosta e gli chiede: Non pare anche
a lei che io abbia una certa somiglianza con quel ritratto? i1
signore si volta atterrito, squadra mio fratello da capo a
piedi poi risponde: a Veramente non occorre che lei si fac-
cia ddle illasioni su questo punto 1 ) . Nel corso delia convere
3azione che ~ g u ilì signore apprese l'errore in cui era ca-
du to.

UNA GIORNATA
ALL' UNDICESIMA SQUADRIGLIA

La nostra squadriglia era divisa in due gruppi, di mo-


do che volava solo mezza ogni volta. Mio fratello quale co-
mandante la squadriglia volava a turno. ota con l'uno ora
con l'altro dei due gruppi. Del mio, era capitano Schaefer;
ne facevano parte oltre a me Wolff. Allmenroeder e Lub-
bert: questo era a quel tempo il numero più Eavotevole per
valare insieme. Tutto il nostro gruppo si è conquistato più
tardi la Croce al merito eccetto Schaefer che disgraziata*
mente cadde anzi tempo. 6 i à presso la sua squadriglia di
ricognizione, aveva compiuto le più temerarie imprese, la
morte sola poteva impedirgli di fregiarsi di questa decora-
zione, Quel giorno il nostro gruppo doveva partire di
buon'ora, dovevamo essere pronti sin dal primo albeggiare,
in quella stagione fra le quattro e le cinque eravamo in piedi
pronti a partire in qualsiasi momento. Sedevamo da poco
riuniti nell'hangar quando squillò il telefono: r< Sei Bristol
in due gruppi da Arras a Douai a. Scattammo in piedi, avan.
ti dunque. A tremila metri di altezza un ammasso di nubi
tutte frastagliate.
Mentre stiamo per decollare, vediamo gli Inglesi im-
mediatamente al di sotto delle nubi già in vicinanza del
nostro campo. L'uccello rosso di mio fratello è pronto per
la partenza, I suoi meccanici sono lì Fresso ma di lui nese
suna traccia. Ri~iscimmoancora a raggiungere gli Inglesi:
ma quei. diavoli volavano con tanta abilità in mezzo alle
nubi che nessuno di noi riuscì ad abbatterne. Appena ri~i-
scivamo ad averne uno dinnanzi a noi a portata di tiro,
questo scompariva o s q r a o sotto fra le nuvole. Era quesro
i1 mio primo combattimento aereo etl io hii assai fiero quail.
do uno di essi sotto al fiioco delIa mia mitragliatrice c o ~
minciò a puzzare. Gli avevo perforato uno dei serbatoi di
benzina ma neli'istante seguente spari di nuovo fra le nup
vale. Poichè quasi tutti i velivoli hanno iin serbatoio di rie
serva, aveva probabilmente sostituito qiresto a queiio col-
pito: ad ogni modo quel diavolo prosegui nel suo volo. Io
ero naturalmente molto deluso di non vederlo precipitare
ma questo come poi mi spiegò mio fratello, sarebbe stato
pretendere troppo da una prima battaglia aerea.
L4
Nessuno di noi aveva abbattuto un avversario e tor-
nammo al campo dopo circa un'ora di volo. Li vi era di
nuovo l'irccello rosso di mio fratello ma già da lontano si
poteva scorgere, dall'andirivieni dei meccanici e dalla posi-
zione dell'apparecchio che esso era stato in volo; ci venne
anche subito comunicato che il signor capitano era partito
circa cinque minuti dopo di noi. Egli era ancora a letto
quando fu comunicato il volo degli avversari: aveva in fret-
ta indossato il suo costume da aviatore sopra al pijama da
notte e via. Dopo venti minuti era rientrato, nel frattem-
po aveva abbattuto un Inglese al di quà delle nostre linee.
Quando ritornammo noi era di nuovo a letto e dormiva co.
me se nulla fosse accaduto. Alcuni proiettili nel suo appa~
recchio e le notizie che giungevano sull'aer~~lano da lui ab-
battuto erano le uniche testimonianze del suo volo.
Ci vergognavamo tutti, eravamo stati in cinque,
eravamo artit ti prima e rientrati dopo e non avevamo
concluso nulla. Quando verso le otto ci riunimmo per la se-
conda partenza comparve mio fratello. Borbottò contro gli
Inglesi, questi distiirbatori della pace notturna che fanno
balzare dal letto a meti della notte la gente amante della
quiete. Ci congratulammo di auore con lui, gli raccontam-
mo le nostre avventure ed egli le sue. Era partito in dire-
zione del fronte: a pochi chilometri da esso un Inglese uscì
dalle nuvole ed andò a piantarsi proprio davanti a Iui. In
pochi secondi la battaglia era decisa; l'Inglese era precipi-
tato in Gamme. 1 resti del suo apparecchio erano caduti a
terra dalla nostra parte.
La colazione ci aveva ridato coraggio: rivestimmo
nquindi i nastri indumenti di volo.
1.a caccia aerea porta con ragione questo nome poichè
è una vera caccia all'aviatore nemico. La selvaggina ha in.
vero i suoi abituali punti obbligati ma li utilizza nelle ore
più diverse Quella volta ebbinio sfortuna: gli In.
glesi probabilmente sparavano facendo ancora colazione. Mi
ero proposto di volare sempre a cinquanta metri di distanza
da inio hatello. poichè mi dicevo che in tal modo sarei riu.
scito ad essere il primo a tirare. Mi tenevo quindi ben vi.
cino a lui e mi rallegravo che tutto andasse così bene. Un
unico aviatore di fanteria inglese aveva sorvolato il fronte.
lo ero tanto occupato con il mio apparecchio e con il fatto
stesso di volare, come avviene quando si è principianti che
non mi ero neppure accorto dell'Inglese+ma mio fratello che
lo aveva contro lo aveva subito awistato. CaFovolgere il
suo apparecchio e prendere I'lnglese alle spalle f u per l~!i
una sola cosa; e in quel medesimo istante l'aeroplano ne.
mico si sfasciava, I1 fuoco della' mitragliatrice aveva net.
tamente asportato ,una ala: i resti dell'apparecchio cadevano
come pezzi di carta sfuggenti ad [in sacco rovesciato. Io
contemplavo la xena da circa un migliaio di metri di di.
stanza e nonostante che avessi fatto ogni sforzo per rima,
nere vicino a mio £rateiio. non vi ero riiiscito. Volavamo
sugli stessi apparecchi cioè sullo stesso tipo di aeroplano
munito di identico motore: era dunque coipa mia.
Il volo rapido va appreso. Si può volare lentamente o
rapidamente: si può volare così lentamente che quasi si re-
sta immobili; bisogna per far ciò che iI motore si muova
appena e che l'apparecchio sia lasciato sempre nella mcde.
sirna posizione: in tal condizione l'aeroplano avanza solo
impercettibilmente ma discende adagio adagio: questo rno-
212 RICHTHOFEN

vimento di discesa è quello che sostiene l'apparecchio. In


una simile manovra. è assai spiacevole il fatto che il volan.
te non reagisce più normalmente poichè manca la necessa-
ria pressione dell'aria. Un esercizio di questa sorta non è
certo conrigiiabile a poca altezza .per principianti. Q e s t o il
volo piii lento possibile, poi si può volare sempre un po' più
rapidamente fino a raggiungere una velocità normale. Alla
velocità normale l'apparecchio continua sempre a salire. Se
si inclina I'aeroplaiio sempre più in avanti, con il motore a
tutta pressione si può raggiungere una velocità notevole, se
non il doppio almeno assai superiore a quella normale. Na-
turalmente ciò richiede un notevole sforzo da parte sia del-
I'appareccliio che del motore, e si deve imparare abilmente.
Pare molto facile ma conosco molti che non l'hanno impa-
rato hai. lo però. considero una simile manovra assai piii
importante che tante altre acrobazie, quale ad esempio il
cerchio della morte, E' questo un esercizio più che altro per
spettatori; è molto bello da vedersi ma non ha che scarsa
importanza per il combattimento: suo scopo precipuo è
quello di farsi ammirare e lo si fa sopratutto nell'intemo o
innanzi a degli spettatori.
Dopo aver così abbattuto l'iinico Inglese che fosse
comparso sul fronte volammo a casa. Dopo i vali ci si in,
tratteneva naturalmente su qiianio ci era accaduto. Molto
comico è il vedere come durante queste conversazioni colui
che descrive il proprio volo gesticoli animatamente: egli
parla sopratutto con le mani. Perchè apprendessimo sempre
qualcosa di nuovo, per spiegarci se e quando avevamo ma-
novrato bene o male: ai combattimenti faceva sempre se-
guito una discussione. Ma anche in altro modo mio
fratello raggiungeva lo scopo di isiruirci. Ad esempio quan-
do egli prese il comando della squadriglia, a~partenevano
ad essa Wolff e Allrnenroeder che non avevano la minima
esperienza, e i principianti hanno in un combattimento
aereo più paura che arnor di patria.
Nei primi giorni mio fratello vult con loro; attaccò
un Inglese e il suo apparecchio fu più volte colpito senza
ottenere nessun successo poiche i suoi due compagni non
gli erano di alcun aiuto. Mio fratello rientrava nainiralmei~,
te alquanto seccato, ma non Eareva ai due nessun rirnpro.
vero: non pioniinciava neppure iina sull'accaduto.
Wo!@ e Allnienroeder che si conquistarono in seguito la
Croce al merito mi dissero che qriesto silenzio faceva loro
più impressione che la più grande strapzata. Dopo la di.
scussionc mio Fratel!~era preso dagli oneri della sua carica
di comandante di squadriglia. A colazione ebbimo ospite uil
corrispondente di guerra noil $3 se Madredo fosse p:'iu a-,
mirato da noi suoi compagni o dali'ospite. Siihito dopo inan,
giato se il servizio aFpena lo permettesse ci.facevamo mez,
z'ora di siesta. Nei tempi in cui l'attività era più intensa
volavamo anche da cinque a sette volte al giorno; per poter
sopportare ciò occorreva mangiare, dormire e non ingerire
neppure una goccia di alcool.
Verm sera rnio fratello abbattè ancora un velivolo in.
glese a due posti con la fusoliera blindata.
L'Aeroplano faceva ancora un normale volo plané seh,
bene iI pilota fosse da r e m p colpito mortalmente. Il veli.
volo però andò a cadere sul tetto di una casa e si fracassò
completamente. Poichè il Luogo del disastro era nelle nostre
immediate vicinanze, mio fratello vi si recò con noi in au.
214 RICHTHOFEN

tomobile per rilevare il numero dell'apparecchio e fare altre


constatazioni.
Lo spettacolo che ci attendeva sul posto non era bello.
Una metà deli'aeroplano pendeva ancora dal tetto. l'altra
giaceva sulla strada. Gli Inglesi avevano gettato delle bom.
be nelle vicinanze, sicchè la battaglia aerea era stata con.
templata da molti e una folla di soldati era venuta a vedere
i resti del velivolo nemico. Quando ebbimo fatto tutte le
constatazioni del casa tornammo a casa. Mio fratello nel
frattempo era stato riconosciuto dai soldati e lasciammo il
p06tO satto una seiva di applausi.

L'ULTIMO VOLO CON MANFREDO

Nella primavera del 1918 gli aviatori Inglesi erano


poco agguerriti ed erano tempi poco propizi per abbatterne.
Gli aviatori di fanteria e di artiglieria che dovevano volare
più bassi rimanevano a parecchi chilometri al di là del
fronte.
Spadriglie in ricognizione venivano raramente dalla
nostra parte e quando lo facevano sempre ad altezze verti-
ginose, non mai a meno di cinquemila metri.
-10 ero appena tornato al campo guarito da una otite
e desideravo ritornare a battermi con gli Ingksi. Mio ka. h

tello come sempre era bene in forina. Era una bellissima


mattina; noi già pronti per volare eravamo sul ca-mpo
in attesa di notizie. Si può dire non ne giungesse nesa
suna; solo di tanto in tanto veniva segnalato un aviatore
Inglese molto al di là. Dopo aver atteso inutilmente un bel
po' di tempo: partimmo alla ventura nella speranza di in-
contrare egualmente Inglesi sul fronte. Avevamo avuto
buon naso, giunti al fronte scorgemmo a grande altezza
circa dieci Inglesi che si dirigevano verso le nostre linee,
volevano evidentemente sorvolarle per adempiere alla loro
missione di riconoscere le nostre posizioni. Appena ebbimo
raggiunto la stessa loro dtezza, c i n q i ~ e i l a c i n q u e n ome,
tri passammo dI'attacco. Mio fratello era come sempre alla
testa; se ne scelse uno e si mise ad esercitare sopra lui la sua
capacità di inabissarlo. L'inglese tentò sottrarsi con una ra,
pida discesa e con nunierose curve, ma inio fratello gli ten-
ne sempre dietro e lo costrinse ad atterrare da noi con varii
proiettili nel suo apparecchio.
lo avevo osservato lo svolgersi di questa lotta e coli-
statato che mio fratello aveva solo quell'unico avversario;
in simili casi non occorre venire in aiuto, mi ero quindi
scelta io pure una vittima. Come tale mi parve sppratutto
designato uno dei nemici che volava circa cento metri più
basso. nel mezzo della squadriglia Inglese. Lo attaccai; ma
la casa non doveva andare tanto liscia per me. Precedevo
di un po' la mia squadriglia: assai meno numerosa, sia det*
to incidentalmente, di inglex. e volevo .mettermi
alle spalle dell'awersario per dargli il colpo di grazia, quan-
do improwisamente mi vidi circondato da aeroplani par.
tanti la coccaràa inglese. Da tutte le parti si tirava contro
di me; un momento invero poco piacevole, Feci un tuffo di
circa cento metri, e mi allontanai un po' da quella poco sim-
patica compagnia: uno di q ~ ~cari
e i amici si fece coraggio ~. e mi

inseguì? gli altri abbandonarono la partita.


Così il combattimento era di nuovo eguale. Ad eguale
216 RICHTHOFEN

altezza volava.mo l'uno contro I'altro. ad una velocità di


quattrocento chilometri. L'avversario aveva un apparecchio
a due posti; io ero solo. L'Inglese aveva il vantaggio che
col suo osservatore poteva spararmi contro nei momento
prcciso in cui volando, gli sarei passato di fianco, mentre io
dovevo passargli a lato e poi voltarmi pichè col mio ape
parecchio ad un salo posto non potevo sparare altro che di-
ritto innanzi a me in direzione del volo. 1, Qui bisogna tu
stia ben attento alla mira se no Ia tua posizione è molto
svantaggiosa D. Questo pensiero sta fism nella mia .mente.
Siamo a duecento metri i'uno dall'altro, non resta quindi
più molto. tempo per sparare.
In simili situazioni sono spesso awenute collisioni mora
tali per enzrarnbe le parti. Se non la faccio finita con l'av-
versario prima che mi raggiunga bisogna che a vicenda cer-
chiamo di evitarci e allora viene il momento in cui io mi
trovo in posizione svantaggosa rispetto a lui. Si spara na-
turalmente il più possibile l'uno contro I'altro pichè ogni
pila che si tira può essere qt~ellabuona. All'ultimo mo,
mento bisogna bruscamente virare da un lato e si suFpone
che nelia maggior parte dei casi l'avversario giri a sua vol-
ta dal lato opposto.
Se invece colpisco il nemico prima, egli fa, come l'espe.
rienza insegna, un inatteso movimento. In simili casi mi È
impossibile prevedere da quale parte dovrò deviare. Ho già
più volte colpito un nemico che mi stava così di fronte. Ci
awiciniamo a tutta velocità tirando I'iino contro l'altro.
All'ultimo istante m i accorgo di aver colpito nel segno: un
aeroplano fiammeggiante sta precipitando contro di me.
Giro così bruscamente e faccio una curva così stretta che
L'ASSO NEMICO 217

volo per tre qiiati capovolto. Ad un pelo da me passa a


folle velotità un .mare di fuoco; l'apparecchio inglese. L'os-
servatore si è alzato in piedi e fissa inebetito le fiamme.
L'apparecchio inglese completamente incendiato €a ancora
una curva; gli occupariti si precipitano giù ed i resti del.
l'aeroplano volteggiano in aria. .
-
Ouesta lotta si era svolta così ra~idamenteche ebbi
tempo di abbattere un secondo componente della stessa
squadriglia e di aisutare a farne precipitare un terzo.
Del secondo avevo ferito entrambi gli occupanti: essi
dovettero atterrare presso di noi. A circa cinquanta metri
d i altezza quel bel tipo si lasciò cadere a foglia morta e ri-
prese i comandi dell'apparecchio solo per atterrare. La ca-
duta a foglia morta è una discesa alla deriva abbandonando
0

il volante. Si pii6 farla anche volontariamente per ingan-


nare l'avversario il quale spesso crede in tal caso che si è
veramente fìniti. In questo caso il pilota volie indubbia-
mente concedersi questo divertimento prima di cadere in
prigionia, della quale era impossibile prevedere la durata.
Gli aviatori che mio fratello ed io avcvanio costretto ad at-
terrare, dissero, quando furono interrogati, che avevano ri-
conosciuti i fratelli Richthofen dal loro modo di combat.
tere. Ne mio frateilo nè io non li abbiamo incontrati.
MEMORIE DELLA MADRE

Sino da bambino Manfredo dimostrò di essere partico-


larmente sano e robusto: nulla di cattivo sembrava poter
sussistere in lui: neppure la vaccinazione del vaiolo: sia
nella prima volta che nelle altre due successive. Mi ricordo
che si ammalò una volta sola, di morbillo, del resto, con suo
rincrescimento non perdette neppure un giorno di scuola.
Aveva un corpo straordinariamente agile. Quando da
piccolissimo taceva le capriole non adoperava mai le mani
ma istintivamente le poggiava lungo la cucitura dei pan-
taloni. A otto anni dovette una volta raccogliermi delle mele
da una pianta che nessuno riusciva a raggiungere; dopo
averlo fatto non discese Lurigo il tronco ma di ramo in ramo
aggrappandosi con le mani. Noi stavamo a guardarlo, ma
nessuno di noi aveva La sensazione che potesse accadergli
qualchecosa tanto appariva agile ed esperto. Mi piaceva in
genere osservarlo quando intraprendeva qualche temeraria
scappata; non ho mai impedito ai miei figliuoli di farlo.
poichè mi ricordo dal tempo della mia infanzia come ero
ancb'io vivace e intraprendente.
Mi trovavo con i miei figli a 'innovitz. Manfredo ave-
va undici anni e Lotario nove. 11 niolo si protendeva al.
quanto avanti nel mare, Un giorno me ne andavo a paseg-
giare quando dal molo veda venirmi incontro alcune signo-
re molto agitate: i miei ragazzi correvano lungo la banchi.
na: era terribile a vedersi; accorsi subito e proibii loro simile
gioco altrimenti sarebbero caduti in acqua. lo non p t e v o
fare a meno di ridere poichè ero certa che non sarebbero
caduti. Credo mi si ritenesse una madre molto imprudente;
ma io ero fermamente convinta che dei ragazzi possono di.
venire veramente agili solo se si concede loro la più ampia
libertà nel campo degli esercizi fisici. Debbono al più presto
possibile giudicare loro stessi a cosa possono arrischiarsi, una
madre timorosa è un grave ostacolo per il buon sviluppo
fisico dei suoi figliuoli. Naturalmente qualche piccolo inci-
dente fu inevitabile. Una volta andavamo a passaggi-re nel
bosco. Manfredo era ritto su una passerella quando si ri-
volge a Lotario dicendogli C< Sta attento adesso cado in ac-
qua n, nello s t e m istante scomparve nei flutti oscuri. Quan.
do giunsi sul posto era già tornato a riva tutto coperto di
melma. Entrammo nel mulino dove gli fecero fare un ba-
gno: dopo di che prosegui con noi la passeggiata coperto
solo di una camicia che gli aveva prestato la mugnaia. gulla
quale aveva indossato il suo mantello di cadetto. Più tardi
ritornammo, il che durò un'ora circa; eravamo in catate ma
faceva fresco; nonostante l'incidente, non prese neppure un
semplice raffreddore.
Quando apparteneva al corpo dei cadetti, blanfredo si
ferì un ginocchio. Aveva fatto un salto pericolowi senza
trampolino e si era lacerato un pezzo di cartilagine del gi+
nocchio: questo pezzo lacerato di tanto in tanlo si inca-
strava sotto alla rotola e faceva deviare la gamba involon-
tariamente. Era molto penoso. N e massaggio nè ogni sorta
di altre cure gli giovavano: così erano trascorsi mesi ed
anni senza che la gam6a guarisse. Una volta stavamo di
nuovo pensando a cosa fare ed io ero alquanto abbattuta;
egli volle consolarmi ed esclamò: Se non potr8 più cam-
t<

minare con le mie gambe, camminerò con le mani e come


se stesse perfettainente bene lanciò entrambe le gambe in
aria e si mise a corrcrc per la stanza camminando con le
mani. Come ultima salvezza decidemmo di tentare un'ope.
razione e questa entro quattro settimane lo guarì perfetta-
niente: coslchè dop poco saltò da una finestra. Il gincc,
ciiio dolente gli awelenò tutto il tempo che passò alla scuo-
la dei cadetti di Lichterfeld. Egii è riuscito anche lì a fare
ginnastica ed a giuocare. rna con grande fatica e nessuno
durante quel tempo potè riconoscere la sua meravigliosa
agilità: mentre credo che al reggimento essa si rendesse
presto nota. H o scnipre rimpianto che non abbia potuto
partecipare a delle corse di cavaili importanti: sarebbe sta,
to un cavaliere magni5co. Nel giorno in cui 1( Anthithé-
sis n, avrebbe dovuto a Posen prender parte alla sua prima
corsa, egli &aloppi al di l i della frontiera russa. Man-
fredo ci: gaio ed allegro quaic!ie volta sino all'eccessa, ma
citi noiiostante sino da giovaniss;ma era assai ragionevole e
riilessivo: così che nii a l i t ~ ~ a i parlare con lui di molte
cose, e spesso nonostante la sua giovane eri. fu per me un
consigliere prezioso ed un buon aniico. Più volte sentivo
il biwgno di parlare con lui dell'una o dell'altra cosa e per
lo più egli mi consigliava il giusto.
Mvlanlredo era molto aiiiante della verità, Quando mi
trovavo sola con lui sapevo di ottenere risposta alle mie
domande senza ritegno alcuno ed uxivo da quelle convcr,
sazioni con la gioiosa sicurezza che rn~ofiglio confidava in
me. Io stessa credevo in lui, nella sua capacità. nella sua
fidatezza, nella sua distinzione; ed ero fiera di q~ielfiglio.
lo: era convinta che anche fuori nel mondo dovesse essere
apprezzato. Mi appariva come una roccia intorno aila qua.
L'ASSO NEMICO '23

le possano infuriare le onde o innalzarsi le fiamme: essa sta


immota.
Ancora alcuni piccoli episodi della si12 infanzia mi
vengono alla mente. I nostri custodi pensavano che nella
nostra casa si aggirassero gli spiriti. Su nel solaio un uomo
si era impiccato, e da allora in poi il suo spirito vagava in
quel luogo. Manfredo voleva vedere il fantasma. Si fece
mostrare il punto preciso del solaio e fece trasportare in
quel luogo il siio letto e qiiello di Lotario. Mia figlin ed io
decidemmo che i ragazzi non dovessero attendere invano
e noi agli spiriti. Cautamente salimmo lassù
e cominciammo a f a r rotolare delle castagne sul pavimen-
to. Lotario era ancora sve~lioe gridò: ii Manlreclo non
senti? r Manfredo dormiva sodo, ma svegliarsi, aGerrare
un bastone e precipitarsi contro di noi fu una cosa sola.
Dovetti presto Earc luce altrimenti i poveri fantasmi sa-
rebbero stati bastonati. A quel tempo egli aveva dai tre-
dici ai quattordici anni.
Allorchè Manfredo aveva dieci ?fini, volle una volta
la sera alle dieci, passare dal Fvlottke~ruiid(una parte p;ut.
tosto oscura del passeggio pubb!icoj per mcstrsre il suo co-
raggio. Lotario voleva fare lo tesso. Li feci seguire a qual-
che distanza dal cameriere per vedere cosa avrebbero fatto.
Manfredo percorse tutto il cammino tranquillamente senza
mai accelerare il passo; anche Lotario andò ma lottando
con un certo timore; era anche più giovane.
Passavano spesso le vacanze presso la nonna. in cam-
pagna s Ron~berg.CJn giorno Manfredo non riuscendo pih
a frenare la sua passione per la caccia uccise tre o quattro
anitre domestiche che nuotavano siilla Weistrirz. Ridendo
me lo raccontò la nonna. Io ero indignata, ma essa mi pre.
gò: a Non sgridarlo; è stato tanto carino da parte sua di
venirmelo a conhssaae 1). La buona nonna aveva tanta com-
prensione per i nipoti1 Questi primi trofei, tre penne di
anitra, pendono ancora oggi nella camera di Manfredo fra
gli altri fieri trofei della guerra.
Non posso guardarli senza commozione.
L'ASSO NEMICO

LA SQUADRIGLIA RICHTHOFEN

Uffic~ostampa del fronte occidetltalc, 14 aprile 1917

Quando cadde il giovane eroe Boelcke, tutto i1 popoio


tedesco fu colpito da un profondo dolore e dail'impressione
che mai più si sarebbe visto uno a lui uguale. Il voto £01-
mulato dai nostri eqiiipaggi sulla tomba di Boelcke, di ri-
manere fedeli al suo spirito e di essere sempre. con tutte le
forze dell'animo e del corpo, degni di lui, fu sempre fedel.
mente mantenuto. Dalla numerosa schiera dei suoi allievi
sono sorti niiovi piloti da caccia che conquistarono molte
vittorie; fra questi, colui che vedemmo negli ultimi tempi,
con una rapida ascesa, salire agli splendori della gloria, e
che come Boel&e ha formato intorno a sè un grupFo di
brillanti camerati, animati dallo s t e w spirito. e dallo stes.
so sentimento di e~oicaemulazione. Non mi occorre nem.
meno citare il suo nome. Ogniino oggi ha siille labbra il
nome del barone von Richthofen che recentemente Sua
Maestà l'Imperatore nominò qr Rittmeister D.
Il bollettino odierno mette in rilievo come ieri la sola
sua squadriglia abbia abbattuto quattordici fra i ventiquat-
tro apparecchi nemici abbattuti su tutto il fronte occi-
dentale.
Un caso fortunato mi fece capitare proprio la sera pre-
cedente a questa giornata presso la squadra di Richthofen.
Imbruniva, ed ebbi appena il tempo di poter vedere i begli
mbienti del casino che un membro della squadra stessa,
2>4: RICHTHOFEN

intenditore d'arte, aveva arredati con gusto e con ciica,


adornandoli con tappeti, quadri e stoffe così che erano di.
ventati una residenza piacevole e raccolta. Altrettanto ele*
ganti erano Le singole camere per !gli ufficiali. L'alloggio di
Richthofen mi f u mostraco dai suoi camerati con uno spe-
ciale senso di orgoglio. Era decorato coi trofei della sua glo-
riosa carriera bellica, coi colori, e con altre parti degli ap-
parecchi nemici da lui abbattuti. Dal soffitto pendeva, tra*
sformato in lampadario dalle molte braccia, un motore ne.
mico r< Gnome i ) , sulla porta era appesa la mitragliatrice del
suo più terribile nemico, il maggiore inglese Hawker, che
è stato uno dei più vittoriosi cacciatori inglesi. La caratte-
ristica di piacevole abitabilità di questa casa, che del resto
è sempre esposta agli attacchi degli apparecchi da bombar.
damento nemico, ha la sua particolare importanza. Infatti
solamente l'asxiiuto dominio dei propri nervi che deriva dal
benessere fisico e spirituale. pi1.à permettere di resistere alla
logorante fatica della guerra aerea.
Fa piacere, a chi sia dotato di senso storico il vedere
i nomi delle antiche famiglie ricomparire sempre con spe.
cialc distinzione nella storia del nostro popolo. Ch'1 conosce
Fontane sa quanto siano legati, con tutta la loto esistenza
e i loro k n i , le famiglie di Eulovi, Goeben, ~ l v e ~ i s l e ~ e n .
(tanto Fer fare un'affrettata citazione) alle guerre di Prus-
sia. Anche i Richthofen hanno sempre avuto parti premi-
nenti nella storia del nostro popolo. Innanzi tutto nel ter,
ritorio della Sesia. dove essi risiedono con molti rami col-
laterali. Essi si scno finora distinti, più che nel campo mi.
litare. in altri campi. U n Richthofen ha per lungo tempo
diretto la ~oliticaestera della Germania; un altro fu, fino a
poco tempo fa, uno dei capi del partito conservatore distin,
tosi per la sua cultura, la sua attività e la rettitudine del
suo carattere. Ancor più si distinsero essi nel mondo scien.
tifico. A uno di loro dobbiamo delle ricerche fondamentali
sulle lingue frisie e sulla etnologia, Ma il più famoso, uno
dei più eletti spiriti che vanti la storia del nostro pensiero,
f u l'indimenticabile barone Ferdinando von Richthofen,
I;esFloratore della Cina, il capo riconosciuto della scienza
geografica moderna. un uomo la cui insolita autorità scien-
tifica si fa sentire ancora oggi nel campo della geologia e
della geografia, autorità che gli viene riconosciuta tanto per
i suoi originali lavori di ricerca. quanto per la sua attività
di maestro e per la nobiltà del suo sapere.
In guerra il nome di Richthofen non si era illustrato
in moda speciale. Ma anche ciò si era verificato in grazia
di questo giovane utficiale che stava davanti a me. Duran-
te il pranzo io lo guardavo con un segreto compiacimento.
Egli era, come Boelcke, di media statura ma di forte
costituzione: la sua fronte, era spaziosa; gli occhi, veramens
te germanici, chiari ed azz~~rri, avevano un'espressione che
ricordava in modo impressionante quelli di Boelcke; il viso
era .fresco e giovanile. Niente in lui tradiva la tensione di
nervi che va iinita alla sua quotidiana lotta contro la morte.
Il suo contegno era tranquillo, riservato: l'esser s~iodelicato,
fine e semplice. senza un'ombra di spavalderia, anche se
lasciava intravedere un gioioso orgoglio per la sua recente
gloria. Solamente le forti linee del niento tradivano l'riomo
d'insolita energia. Chi gli era intorno lo trattava con un
misto di cordialiti allegra e con un senso di entusiasticz
ammirazione: tutti lo riguardavano come il capo e il mi-
gliore. tu
Un-silo camerata mi diede alcuni dati su di lui. Il ba*
rane Manfredo von Richthofen è nato a Schweidnitz, ed
ha venticinque anni. Come Boelcke, egli è stata nella sua
gioventù un appassionato sportivo: :t praticù con particolare
predilezione l'equitazione e la caccia. Quesr'ultima !gli tornò
articolarm mente utile per raggiungere quella abilità di tiro
che lo distingue nei suoi duelli aerei. Egli entrò in guerra
come ufficiale effettivo degli uiani. In seguito, non essendo
soddisfatto dell'attività che la cavalleria esplicava, passò in
aviazione; prima volò come osservatore, poi come pilota con
o.wrvatare; in ultimo fu trasferito in iina squadra da bom-
bardamento. Quando, alla iine d'agosto, il capitano Boelcke
fu nominato comandante di una squadriglia da caccia di
nuova formazione prese, insieme ad altri elementi, il te-
nente Richthofen con sè. e presiedette personalmente alla
sua istruzione. Già allora, nei voli in cornime con Boelcke,
al quale Richthofen fu ben presto unito da una cordiale
amicizia. egli divenne il suo .miglior allievo.
Le sue vittorie durante la sua permanenza nella squa.
driglia da caccia di Boelcke raggiunsero il numero di .se-
dici; egli fu decorato, dall'Imperature, dell'ordine « Pour le
rnéiite n. Quando non il nemico, ma il triste destino abbattè
il maesrro, f i i Richthofen che portò su un cuscino durante
i funerali, a Cambrais. le d~orazionidel caduto. La sua
straordinaria ascensione cominciò quando, come Boeldte,
gli fu asegnato, s~illxfine di gennaio il comanclo di una
squadriglia da caccia. Rapidamente il numero delle sue vit-
torie salì in poche sertimane fino al numero di quaranta. la
stessa cifra colla quale Boelcke aveva tenuto il primato di
tutti i piloti da caccia clel mondo.
Alla mia domanda se egli ascrivesse i suoi successi ad
una tecnica speciale di lotta, rispose in modo categorica.
mente negativo. EgIi non possiede nessun spzcial segreto
in questo senso. Naturalmente bisogna saper condurre ia
propria macchina. Egli non attribuisce nessuna particolare
importanza al volo acrobatico, alle rapide scivolate d'ala.
ai lmping; e tutto questo non lo pretende neppure dalla sw
squadra. Saper volare: questo è tutto. Negli ambienti d'a.
viazione io avevo rima sentito descrivere come il inotiva
fsico dei successi di Boelcke e di Immelmann la speciale fa,
colti di questi due di poter resistere senza il minimo di,
stiirbo alle improvvise differenze di pressione determinate
dalle rapide ed improvvise discese. differenze che per Io
più provocano in altri un tnalesx~eche può durare qual,
che secondo. Essi, a quanto mi si diceva, erano in condi,
zione di assalire il nemico dall'alto, e di abbatterlo prima
che questi potesse prender conoscenza della sua situazione.
Richthofen sorrise di tiitto questo. Egli non credeva che
Boelcke avesse delle Farticolari superiorità fisiche sugli altri
che lo rendessero insensibile alle influenze atmosferictie.
Egli era anzi asniatico. Egli stesso non aveva mai zvuto da
lamentare il minimo disturbo anche in seguito alle più rz,
discese di p n d i dislivelli. Continuando nel discorso
gli domandai anche se egli, dopo un duello aereo, non ci
trovasse in L!no stato di eccitazione nervosa, di vibrazione
di tutto quanto il sistema nervoso. i<N o - mi rispose -
questo non lo possa assolutamente dire. Solo alla fine della
giornata nellz quale ho molto volato, sono terribilmente
stinco e non agogno altro che mettermi a letto li. Infatti
egli va sempre a letto molto presto. Anche oggi si ritiri
228 RICHTHOFEN

prima delle dieci. Dopo. alcuni suoi camerati, con un misto


strano e nieravigliom di ammirazione. di amicizia e di orgo-
glio, riii laccontarorin alcune cose nelle quali essi vednno la
ragione della superiorità del loro c a p . Prima di tutto egli
Iia un occhio favoloso che è addirittura un fenomeno. Egli
vede almeno due o :re volte ~ i acutamente
ù e distmtamen~
te che gli a1:ri. Quando nessiino ancora ptrebbe scorgere
nel lontano cielo un apparecchio nemico, egli l'ha già sco-
perto. ha veduto il suo numero e individuato il SUO tipo, e
il siio occhio più non l'abbandona. Il suo occhio da caccia-
tore lo aiuta anche nel volare e nello sparare. Secondaria-
inente. la sua decisione e la sua tenacia. Egli piomba im-
mediatamente e Fer la via più breve addosso all'avversario
senza mai prderlo di vista: e non si ailonlana più da lui
firichè non sz ne sia sbarazzato: il pensiero che egli stessa
potrebbe venir colpi~opare non passi mai per h sua testa.
Come per Boelcke, la forza della personalità di Rich-
tholen. e la sua oFera non si esaurisce soltanto, come ho
già accennato, nelle sue straordinarie imprese di cacciatore
aereo. Egli ha creato nella sua squadriglia tutta una schiera
di allievi e di piloti che, penetrati tutti dallo stesso ardore
guerriero di Boelcke, incita ai più ardui ed aspri cimenti.
Subito dopo la squadriglia di Boelcke. formata nell'agosto
dello scorso anno, che porta ancora il nome dell'eroe mo,
strandosi degna di lui. e che oggi (intendo dire nel mo,
mento in ciri parlo) è la delle nostre squadriglie da
caccia con al proprio attivo centotrenta apparecchi nemici
abbattuti, viene la squadriglia di Richthofen che formata
in gennaio, ne vanta già al proprio attivo il bel numero di
settanta. Oggi erano presenti solo nove ufficiali piloti. Tut.
ti giovani; apparentemente nessuno era più anziano del co-
niandante. La più parte sembrava avesse ventidue o venti-
tre anni. Subito dopo il comandante, viene, per numero di
vittorie, il tenente Schaeler con sedici nemici abbattuti: per-
sona molto gentile. alra e agile. Dopo questi viene il te-
nente Wolff, allegro e sempre in movimmto. con nove vit-
torie; dopo viene il fratello del coiiiandante, il tenente ba-
iun Lotario von Richthofen, che vola rnolto volentieri con
il fratpllo. Anche negli altri, che non hanno potuto ancora
ottenere simili successi, c ' t l'orgoglio d'appartenere ad una
simile squadriglia. Fu per me. professore d'università, abi-
tuato a vedermi intorno studenti di questa età, una strana
impressione. il trovarmi di colpo in questo gruppo di gio-
vani che nei loro tratti, nella Ireschezza e spensieratezza
del loro spirito, nella loro semplicità scherzosa ed allegra
sembrano quasi ancora degl; adolescenti mentre invecc
sono degli eroi degni della più profonda ammirazione, e
ognuno dei quali ha abbattuto in lotte terribili e spaven,
tose più di un ilorno. Dovetti riconoscere che solamente la
gioventù. con la sua elasticid di reazioni nervose pii8 ef-
fettuare queiio che vediamo fare dai nostri piloii di caccia.
Essi attribuiscono ai loro avversari francesi e inglesi carat.
teristiche ben diverse. [I francese è di solito un abilissimo
pilota, è però molto prudente e quasi timoroso e bisogna
aggredirlo o sarprcnderlo. Tutt'al contruio l'inglese. che
accetta ogni combattimento, in qualsiasi svantaggiosa con-
dizione, anche quando sarebbe addirittura stiipido il non
squagliarsela p i ì ~che in fretta. Gli in$csi sono pro-rt;a-
mente dei tenierari. indiferenti alle condizicni :,tiiic;Ee-
riche più sfavorevoli; spesso addirittura sembrano degli in-
230 RICHTHOFEN

sensati: così che bisogna concludere che fra essi regni la più
ferrea disciplina e che allorchè è stato emanato un ordine
essi partano senza discutere,
Nelle prinie ore del 13 mattina, il cielo era privo di
ncivole e una chiara serenità si estendeva sopra il campo.
Teinpo favorevolissimo pei voli. Da alcuni giorni non si
udiva più il rombo del cannone che tuonava nella batta-
glia di Arras: solo di notte lo si sentiva di tenipo in tern-
p, malgrado ii campo fosse lontano dal fronte solo pochi
chilometri; e la mattina del tredici, nella atmosfera com-
pletamente calma e luminosa non era assolutamente possi-
bile sentirlo. I scrutavano con sguardi acuti il cielo. e
quasi con un presentimento dicevano al proprio coman.
dante: <t Oggi pioverà a e ridevano.
Allorchè ci avviammo verso $li apparecchi pronti aila
partenza le rimesse e le baracche del campo sembravano
esser state lavare di fresco dalla rugiada. Cinque biplani
erano pronti in linea di partenzàa Un sesto. quello del ba-
rone von Richthofen, era davanti agli altri. Tutti erano
di uno stessa tipo. Corti e piiittosto tozzi. e più piccoli di
quelli che avevo fino allora veduti. Tutti erano dipinti in
modo diverso. Essi apparivano da lontano come gigante.
whi insetti migratori che si fossero posati al suolo colle ali
aperte, come uno smagliante sciame di farfalIe. Il ~rincipio
di cercare un mimitismo aereo era stato completamente
bandito. Mi si spiegò che l'invisibilità è cosa irraggiungi-
bile: si corre invece pericolo di scambiare gli apparecchi na-
stri per quelli nemici e viceversa. Qiiesti diversi segni sulla
fiisoliera sono invece riconoscibili anche da lontano. sono
bei1 visibili anche durante le diverse Easi del duello e per.
ciò ci si può vicendevolmente aiutare. Ogni pilota aveva da-
to al suo apparecchio, al velivolo preferito sul q a l e si era
formata Ia sua fania, un segno distintivo personale che
permetteva ai camerati di tenerlo d'occhio durante un riiiel-
lo e di sapere sempre chi pilotasse q~ieldeterminato aero.
plano. Un velivoio era decorato con ,iiria striscia rossa, un
altro con una bianca o con un aitro colore qualunque. uno
la portava per liingo, e uno di traverso. Un senso speciale d i
orgoglio. quello del cavaliere che sa che le sue insegne, il
suo scudo ed il pennacchio del suo elmo sono conosciuti
e temuti dall'avversario, briIlava negli occhi di Richthofen:
<r Ia ottengo così che la mia squadra sa sempre dove io
sla N.
NOI sentiamo veramente quanto della vecchia cava!.
leria sia passata nelle forme del duello aereo. Questi xgni
che decorano il proprio apparecchio aumentano questa par-
ticolare impressione. Questi giovani piloti da caccia si rian-
nodano ai vecchi cavalieri del medioevo dei il cro-
nista del trecento, Froissart, ci da una descrizione così pir)
toresca. e che con le loro sciarpe. coi loro pennacchi al veri.
to, si rendevano riconoscibili anche con la visiera abbassata.
Uno dopo l'altro i piloti destinati a . partire indossa-
rono gli indumenti di volo che se~ribravanoun comproniesso
fra uno scafandro di palombaro ed un vestito da pescatore
olandese. Con le mani ficcate nelle profonde tasche dei pan-
taloni essi si aggiravano fra gli apparecchi pronti per la
partenza. Dal collo pendeva il grosso canocchiale che
avrebbe loro pii1 tardi servita per esplorare meticolosa,
mente il cielo ed il terreno. Anche Richxhofen aveva in,
dossato il suo cosrume di volo ed esplorava ad occhio nudo
Improvvisamente, (io stesso non potevo scorgere as,
solutamente nulla nel limpido azzurro), egli si precipitò
sopra una capanna e diede il segno di allarme. Ogni moto*
rista si affrettò al suo apparecchio. ogni pilota salÌ nella
carlinga, e le eliche furono messe in movimento. Uno do.
po i'altro i velocissimi e rapidi apparecchi rullarono per
brcve tratto e si innalzarono di scatto. Per ultimo prese il
via l'apparecchio di Richthofen. I piloti rimasti a terra, i
motoristi, le ordinanze. gli iiomini di servizio. tutti segui,
vano con ansiosa curiosità quello che sarebbe accaduto nel
cielo. Adesso anch'io potevo scorgere, in un primo tempo
col canocchiale, e poi a occhio nudo, una squadriglia di
apparecchi inglesi, almeno sei o forse più. Dovetti sfor,
zarmi per non perdcrli di vista nella immensità azzurra.
L'occhio dei piloti è ben diverso. Essi distinsero e nomina-
rono i diversi tipi, ed esclamarono con indignazione: <iChe
impertinenza! essi arrivano a poco più di duemila metri di
quota. Ma chi si immaginano di trovare? >I
Sembrava che ora gli inglesi avessero presentito ii
pericolo e cercassero una posizione di difensiva, e con in-
q~~ietudine si incrociavano reciprocamente. Dopo pochi mi.
miti i nostri avevano raggiiinto la stessa altezza e forse an.
che una superiore. In aria si udì il secw crepitare delle ,mi*
iragliatrici. L'avversario aveva accettato la battaglia, Tutti
gli apparecchi formavano uno stormo di punti in ordine
sparso. luminosi e intersecantesi, Il mio vicino coinnienta-
va con vivaci esclamazioni accompagnate da energici inod
vimenti tutte le fasi della lotta. Richthofen è là. Non lo
vedete? Quello è Schaefer. Per Dio, guarda come attac-
ca. Non lo molla il povero inglese1 >> C! Q~iellodeve esser;
L'ASSO NEMICO 2TJ

Wolff: si. è proprio lui n. Improvvuamente un grido di


trionfo. In cielo una fiammata: a Un inglese è in fiam-
me a . Che spettacolo grandiom e fantastico! Quel punto
di fuoco s'ingrandi rapidamente. Che terribili fiamme do-
vevano essere quelle che s'innalzavano là in cielo, così in-
candescenti e luminose! La macchia scura precipitò rapi.
damente; una lunga lingua di fuoco, come una meteora
gialla, rigò il vielo. Innegabilmente lo spettacolo era bel-
b, bello come non ne avevo visto alcun altro! Ma era an-
che così spaventoso. che il respiro mi si Eermò. Dopo pochi
secondi. all'estremità superiore di ¶uella lingua di fuoco
sorse un ~ennacchiodi nerissimo filmo, così che seinbrava
che nei cielo venisse brandita da una misteriosa mano una
fiaccola gigantesca. Neil'estremità inferiore invece si dise-
gnò la sagoma di un aeroplano che percipitava ondeggian-
do e rotolando. Parve, per alcuni momenti, che esm ripren.
desse la linea di volo e tentasse un atterraggio a volo pia.
nato. Poi s'inabissò a picco da un'altezza di parecchie cen-
tinaia di metri, e sparve dietro una piccola collinetta, trop-
po lontano da noi perche potessimo recarci sul posto Mia
caduta.
(r La ne cade un altro! )I Rotto il silenzio, ma la voce
corre attraverso il campo. Si vedeva un altro aeroplano ne-
mico che, in un disperato sforzo per rimettersi in linea di
volo, cadeva oscillando come foglia morta. Uno dei nostri
lo incalzava a ~ a c odistanza. Senza incendiarsi, egli cadde
scomparendo alcuni chilometri lontano da noi dietro una
piega del terreno. Pochi secondi dopo nna nera nuvola di
fumo s'alzò dal punto in cui l'apparecchio era caduto. Con-
~emporaneamenteun biplano apparve nel cielo, si avvicinò,
l
2% RICHTHOFEN

ed atterrò sul nostro campo. Un apparecchio tedesco, ma


di iin'altra squadriglia. Una voce gridò forte: c i Ferito P.
Tosto tuonò il comando: Infermieri1 1, In un Latribaleno
irna schiera di addetti all'infermeria corse verso il luogo
dove era atterrato l'aeroplano. Due uomini sedevano nella
carlinga del velivolo che Faceva parte di una squadriglia d i
un campo vicino. Uno di loro. un sottuEciale perdeva san*
gue copiosamente e sembrava tormentato da atroci dolori.
Amorosatnente esso venne tolto dal suo seggiolino e por-
tato al posto di medicazione. Una sommaria visita potè
stabilire che esso era stato colpito da una pallottola nella
Carte superiore della coscia, e che la Ferita, inalgrado fosse
molto dolorosa, non era però pericolosa.
Nel frattempo, lassù in cielo, continuava la terribile
lotta, che si sbizzarriva in temerarie acrobazie e s'accaniva
in continiie e violente raffiche di rnitragliatrìci.
i( Guardate, un altro laggiù è in fiamme S I . Di niiovo

si ripetè il terrificante seerracolo, un piinto fiarnmeggian*


te, una rossastra meteora, e la fiaccola col suo nero e tra-
uico pennacchio di fumo. E dalla fiamma che stava spe-
a
gnenàosi comparve nuovamente la sagoma di un velivolo.
Col binoccolo mi parve di vedere un uomo che, lasciato il
seggiolino, si era arrampicato sii un'ala e si teneva dispe.
iataxente aggappato ad un iiioatante. Tniprovvisainente
cominciarono a sprigionarsi dall'appaiecchio che precipita-
va numcrosi punti colorati. i~Sono i suoi razzi segnalatori
che hanno preso fuoco ». Anche questa avversario cadde
in ~ o c h isecondi, inesorabilmente perdiito, a terra.
Ecco che torna il tenente Schaefer n. II velivolo si av-
vicinava di traversa, con un oscillante volo planato. Noi ci
C L'ASSO NEMICO

precipitammo versa di esso. Dalla carlinga si alzò la lunga


figura del tenente Schaefer. Egli si tolse la coffia. Il suo
volto era coperto di sudore. ri Che c'è di nuovo? N fu la do,
manda rivoltagli con ansia da tutti i presenti. Una serie di
violente imprecazioni sgorgò dalle labbra del niiovo venu,
to. Per Dio. che porcheria. Io l'avevo già in mia balia.
Gli ero sopra una ventina di metri circa. e non me lo la-
sciavo più scappare: e proprio in quel momento mi si incep
pò la mitragliatrice i). Egli era fuori di si dal dispetto e
dalla rabbia. << E il più bello si è che con un maledetto
..
colpo mi hanno portato via. (e nominò una parte della
macchina). Pcobahilmente non potrò volare per tre giorni! ;,
Furibondo egli scese dal suo apparecchio e si tolse la te-
nuta di volo.
Qriasi davanti ai miei occhi caddero, senza p r ò in-
cendiarsi. altri due apparecchi nemici; entrambi tuttavia
troppo lontani noi potessimo pensare di diseppel1i:e
dai rottami i due piloti: dovemmo lasciare questa fatica ai
distaccamenti di truppa che si trovavano nelle vicinanze
dei luoghi dove i velivoli erano caduti. L'ultimo inglese
che era rimasto in aria volse rapidamente il suo apparec-
chio verso Arras. La lotta era finita.
Dopo pochi minuti, come grandi uccelli che da diverse
direzioni si dirigono verso una grossa preda, comparvero.
qua e là, uno alla volta. i nostri velivoli. A 'motore spento
ed a volo planato atterrarono silenziosamente in c a m p e
si fermarono davanti agli hangars. Dopo neppure una mez+
z'ora tutti i nostri erano rientrati. l piloti bceseru dalla car-
linga allegri, orgogliosi e contenti nccontando animata-
mente, ai loro canierati che li lelicitavano e alla loro trrip-
pa che si era raccolta con entusiasmo attorno ad essi, come
si fosse S V O ~ ~ ilO duello. Nessuno era stato ferito. Si sarebd
be potuto scambiare la scena per un lieto e fesroso spetta,
colo s~ortivo.
Come tutto ci; fosse cosa da poco io potei compren*
derlo esaminmdo l'apparecchio di Richthofen, Un coIpo
di mitragliatrice avversaria aveva colpito l'ala sinistra in-
feriore producendo uno squarcio di circa un metto nella
tela, come un preciso taglio di coltello. Vicinissimo al seg.
giolino una lunga scalfittura che incideva il rivestimento
esterno della carlinga diceva chiaramente che un colpo ave-
va insidkco molto da vicino la vita del pilota.
Si potè stabilive che dei cinque avversari caduti uno
era stato abbattuto da Richthofen. Con questo egl'I aveva
raggiunta la sua quzrantunesima vittoria. Bwlcke era ca,
duto dopo la sua quarantesima. Solamente la morte gli ave-
va imFedira di mietere altri allori. Ne1l'aviaz;oce tedesca
noi non diamo la caccia ai record1 I1 suo giovane fratello
Lotario. che finora era iin novelllno, aveva avuto la fortu.
na di poterne atterrare dile. Il quarto era stato abbattuto d d
tenente Wolff che con qiiesto aveva raggiunto la sua di-
ciassettesima vittoria; il qiiinto era stato liquidato dal bravo
maresciallo capo Festner. che negli ultimi tempi si era di.
stinto in nodo particolare. Mentre i r.otoristi si affaccen.
davano intorno ai velivoli per riparare i danni che crazo
stati riportati, il comandante cercava. interrogando i pi-
loti sulle fasi del cambattimento. di stabilire coi, la carta
alla mano il l i l o p dove gli apparecchi erano caduti, pei.
comunicarlo a chi di competenza. Egli inviò in motociclet.
ra il maresciallo Festner che aveva dato le indicazioni sopra
l'ultimo abbattuto sul luogo della caduta. Egli si recò poi
al telefono per fare il suo rapporto.
Non erano ancora le dieci della mattina, qiiando ic
dovetti prendere congedo dalla squadi:igliz Richrhofen per
continuare il mio viaggio. Avevo ancora molte ore dsvan.
ti a me, la giornata ma liimino-a. Mi serarai col presenti,
mento che altre gesta si sarebbero qiiel giorno compilite. In-
fatti è proprio accaduto ccsì. Qiiella che mi era stato coli-
cesso di vedere non era clie il prd~idiodi uii giorno nncor
piìl glorioso e che finora è rimasto il più splendido nella
storia delle nostre squadriglie. Il lettore ne è già a1 copren-
te, Il giorno dopo, il bollettino del i 3 aprile diceva testcial-
mente: C,Il nemico perdette nei combattimenti aerei veil-
tiquattro apparecchi: tredici caddero al di qua dcllc nostre
linee. La squldriglia comandata dal barone Rittme~ster
. . von Richrhokn ne abbattè da sola quattordici. In questa
cornbattimcnto lo stessa Richthofen raggiunse la sua qua.
rantunesima, qiiarantaduesima e quarantatreesima vittoria.
li tenente Wolff abbattè quattro apparecchi nemici e portò
il numero delle sue vittorie a quattordici. Il tenente Schae-
l '
fer ebbe tre vittorie, i tenenti von K i c h t h o h , Klcin e il
maresciallo Festner due avversari ciasa!no D.
La fortuna che tanto benignamente sorrise in questo
giorno ai giovani eroi possa accompagnarli sempre. co.5i che
essi possano nella pace della loro gloria. C della rico-
noscepza che 1s ~ a t r i aloro tributa.
UNA TESTIMONIANZA OLANDESE

Cwrisponden~adal fronte.

Il clmisponderite ossewava il gioco capriccioso di un


velivolo inglese che, circondato dal jucco uvtiaereo sem-
bmva sfidare i piloti tedeschi. Improvvisamente contro
l'apparecchio avversario si lanciò un velivolo dipinto a co,
lori cliiassosi e recante sulle ali due croci nere. Richtho,
fen 11 gridarono gli uomini di truppa presenti. Cominciò
allora una iinplacabile battaglia, in cui vennero impiegate
tutte le più audaci acrobazie aeree. L'apparecchio tedesco
si manteneva costantemente sopra il velivolo avversario,
costringendoio ad abbassarsi continuamente. tanto abil*
mente egli tnanovrava. Le niitragliariici tacevano. Come
due uccelletti innamorati giuocano fra loro in una mattina
primaverile. altrettinto facevano i due velivoli avversari.
Il crepido delle loro ~nitra~liatrici
riprese a farsi inten.
dere lugubreinente. Improvvisamente l'inglese si piegò
colla prua verso terra. L'inglese cadde al suolo a molti chi-
lometri dal luogo dove m i trovavo. Egli giaceva schiacciato
sotto la sua macchina, Richthof~naveva messo fuori di
comlatrimento il suo c~n~~iantesitno rivale. Nella stesa se.
ra egli aggiunse altre due vittorie alla gloriosa serie delle
sue imprese.
Dopo pochi giorni ebbi l'onore di poter parlare con i1
Rittmeister in persona. Egli è ancora un giovanotto di veri+
ticinque anni al inassimo. con degli occhi bonari e sereni e
con una dolce bocca sorridente.
L'ASSO NEMICO T39

Che cosa poteva egli raccontarmi? Volava soltanto da


poco temFo. Aveva avuto fortuna. Gli apparecchi tedeschi
attualmente in servizio non sono per niente inferiori a
qiielli francesi ed inglesi. Anche l'audacia non fa difetto ai
piloti gerrnanici. Il farto che proprio la sua squadra abbia
avuto una speciale fortuna - ha infatti abbattuto cento-
quaranta nemici, contro duè sole perdite della siia squa-
driglia- viene ascritto da Richthofen sopratutto al miglior
tiro dei piloti tedeschi. Però i inglesi sono degni di
tutto il rispetto. Ragazzi coraggiosi, accanii; sportivi, che
ormai considerano il volare non pii1 e non solo come uno
sport, ma bensì come un'arte ed una scienza. Come avver.
sari devono esser tenuti molto più in conto dei francesi, i
quali non mancano certo di coraggio e di sicurezza, nia si
lascian trasportare troppo spesco dalla loro elegante e bril,
Lante vivacità.
11 giovane capitano raccontava tutto ciò senza la mi-
nima affettazione. Un uonlo che ha conosciuto il valore
della v i ~ ain centinaia di duelli aerei è certamente cosciente
della propria gloria. e sa betiissimo che può venire anche
per lui il momento irreparabile, che non ha risparmiato iin
Roelcke ed un Immelinann. Chi deve essere pronto, di gior-
no e di notte, a gettarsi nelk più pericolose imprese guer,
rexhe non può, per quanto giovane e famoso sia, compia-
cersi di millanteria. I siioi nervi sono come i tiranti del suo
apparecchio: potenti e sempre tesi. La sua bocca rimane
sigillata, il suo sguardo tranquillo.
Per tanto è anche molto difficile di indurre von Rich.

i. thofen a parlare, Perchè gli apparecchi della sua quadri-


glia sono dipinti a così vivaci colori? Per caso. Il suo pri-
mo apparecchio aveva avuto, chissà perchè, un colore
chiassoso. Così !gli inglesi riconoscono lui ed i suoi com-
pagni al primo colpo d'occhio.
Sono appena poche settimane che egli ha compiu:~
la sua impresa più rapida. Un mattino si trovava in uiia
città vicina, ancora a letto. Lo si svegliò colla notizia che
vi era un appareccliio nemico in vista. Alzarsi? restare a
letto? Balzò dal letto, s'infilò la pelliccia copra i1 pigiama e
si calcò i1 casco in testa. Un'automobile lo portò agli han-
gars. Decollo istantaneo. Un quarto d'ora dopo Richthofen
tornava tranquillamente a letto.
Nella sua baracca veniva ricoverato poco dopo uno
Spad 3 , il ~ i recente
ù modello di velivolo dell'lntesa. li
seggiolino del pilota, le ali, la mitragliatrice eran m a c c h t e
di sangue. La palla doveva aver colpito L'inglese in un'ar.
teria. Con un tal quadro sotto gli occhi il giovanetto teme.
rario si muth in un uomo serio e silenzioso.

RICHTHOFEN COME SUPERIORE

Tenente Liibbert della XI squadriglia

Mi sentii fiero e felice quando, nel dicembre del 1917,


il capitano voti Richthofen mi scelse a far parte della sua
squadrigl~an. i I. Avrei avuto l'onore di entrare in istretti
rapporti con colui, che era esempio a tutti i piloti da caccia
tedeschi. Fino allora avevo avuto occasione di vederlo sol*
tanto di sfuggita ai funerali di aviatori caduti in combatti-
mento. .Am~niravosopratutto in lui il famosa e gande
asso. Ben presto avrei dovuto cono~~efe ed 'apprezzare le
sue qualità di signore e di uomo.
Richthofen era !in aviatore perfetto. Col tempo di-
venne una delle figure più popolari della Germania. Si sa*
rebbe potuto credere che un tale uomo, completamente as-
sorbito in una attivitd tanto estenuante e circondato di tan-
n fama e ~ o ~ o l a r i tnonà , avesse posto nel suo intimo per
l'amicizia ed il senso di cameratismo. Era invece il contra*
rio. Richthofen era, per gli ufficiali della sua squadriglia e
deUa sua squadra, tanto un ottimo superiore quanto buon
camerata. Fuori servizio egli frequentava da buon amico k
nostra compagnia. Partecipava alle nostre partite di hockey
quando non si poteva volare, e spesso, alla sera, alle partite
a carte. Si poteva andare ad esporgli qualsiasi richiesta, a
confidargli qualsiasi pena. certi di trovare in lui un aiuto
ed una buona parola.
[narrivabile era la sua cerizia di istruttore. Io fui in
diversi campi scuola ed al reparto perfezionamento caccia:
non mi sono mai imbattuto in un maestro che mi abbia
spiegato tanto chiaramente quanto lui la teoria e la tecnica
del duello aereo. Era sempre in grado di rispondere a qual.
siasi domanda gli venisse rivolta. Era molto contento quan.
do i s i i c i piloti si dimostravano curiosi di sapere. Anche se
le nostre domande erano ingenue o da principianti egli
non si impazientiva mai. Con L più grande pazienza ci
istruiva uno a uno. Ciascun pilota nuovo che veniva asse-
gnato alla sua squadriglia doveva fare u n paio di wii con
lui sul fronte. Al ritorno venivano discussi i particolari di
quel che si era visto o chc era accaduto.
Soltanto su di Iin punto egli era irr&movibile: egli te-
neva in squadriglia soltanto quei piloti che rendessero. Te-
neva in osservazione i novellini per qualche tempo. Se
notava che l'uomo non era in possesso di quelle che per lui
erano le qualità fisiche e inarali indispensabili, lo riman-
dava, Era appunto la certezza di essere da lui apprezzati.
non per le nostre apparenti, ma per il nostro effet-
tivo rendimento, che ci faceva essere fieri di stare ai srioi
ordini.
Egli era amatissimo, come superiore, da tutti. Gli uo.
mini di truppa, specialmente i motoriati, che più degli altri
vivono in stretto contatto coi piloti, io veneravano in ino*
do speciale. Era q i n d i naturale che un tal uomo avesse le
migliori relazioni con gli ufficiali a lui sottoposti. La cal.
ma con la qude egli trattava. proprio quando nel suo in-
timo doveva essere irritatissimo, era meravigliosa. Tra le
altre numerose prove di ciò, non posso fare a meno di ri,
corchre la seguente: la squadriglia rientrava da un volo
si11 nemico. Il capitano atterrò per penultima. Mancava an-
cora suo fratello Lotario. Quando egli scese dall'apparec-
chio, la sua prima domanda fu: :< E' tornato mio fratefio? ,I
Risposta: <r No. Abbiamo notato che a cinquemilacinque,
cento metri di altezza l'ala superiore del suo triplano si è .
staccata, ed egli scendeva in volo planato ii. Richtho£en
s'avviò tranquillamente coi piloti verso le rimew. AI co-
mando non era ancora arrivata nessuna notizia. Improvvi-
samente squillò il telefono. M Il tenente von Richthofen, è
caduto presso Cambrai ed è morto >i. Poco dopo u n secon.
do messaggio. N Il tenente vwn Richthofen ha fatto un at.
terraggio di fortuna ed è gravemente ferito agli occhi ,>.
Nessuno sapeva quale fosse la vera notizia. Ovunque un
l
represso sussurrare. 11 volto del capitano restava impassi-
bile. a Dobbiamo aspettare n, disse egli, e continuò con la
massima tranqliillità la sua discussione sul volo di quel
giorno. i( Oggi ne ho abhattuti due disse, come di dug-
J),

gita. Siccome non giungeva più nessun'altra notizia. mon-


tò nel suo apparecchio e spiccò il volo verso il luogo della
caduta per accertarsi di persona del destino di suo fratello.
Fortunatamente, malgrado la grave caduta. le ferite di
quest'iiltimo potevano considerarsi di lieve entità.
Malgrado le sue molteplici occupazioni di istruttore,
comandante e combattente. egli non trascurava la cultura
. e IO sport. Sovente alla sera egli leggeva, di solito libri di
letteratura di carattere serio, oppure libri scientifici. Ebbi
spesso occasione di vederlo stlidiare opere di geografia e di
astronomia e mi meravigliai al vedere che dopo I'incredi-
bile sfruttamento delle proprie Lorze fisiche e morali. im-
postogli durante il giorno dai combattimenti, avesse ancora
alla sera tanta freschezza di spirito per tali studi.
Egli non era mai inattivo; se non volava, si esercita-
va al tiro della mitragliatrice. con favolosa abilità; oppure
cavalcava, occupazione questa che gli era indispensabile,
data la sua passione di cavaliere. Andava anche spesso a
caccia. nella quale. grazie alla sua grande abilità di tirajore,
otteneva dei successi sorprendenti. La maggior parte del
tempo delle sue licenze lo passava alla caccia di selvaggina
rara.
Richthofen era il miglior superiore. il miglior mae-
stro, amico e camerata che noi avremmo potuto augurarci;
come pilota da caccia poi era l'esempio vivente, che mai
potrà essere superato. Aveva tutte le specifiche qualità per
essere il perfetto cacciatore: completa conoscenza di volo,
tiratore perfetto, occhio acuto. la dote di rimanere sempre
calmo e deciso nell'attacco contro l'avversario. Era i'incar.
nazione di tutte queste qualità come nessun altro lo fu mai.
Era contrario alle inutili acrobazie - infatti egli non ha
mai fatto .un looping per passarempo - e non era accessi-
bile a quella stolta ambizione che fu fatale ad ottimi nostri
volatori. 11 SUO motto seinbrava essere questo: o Lenta.
mente ma sicuramente i). L( E' meglio abbatterne uno di
meno che essere abbattuto, perdi; in questo caso io non
potrei più far niente per la mia patria n.
Quando la sua squadra o la sua squadriglia era impe-
gnata in un combattimento egli non perdeva d'occliio nien.
te e nessuno, Non si impegnava soltanto contro il suo av-
versario, rria sorvegliava nello stesso te'mpo anche i suoi
tanto per portare ad essi un aiuto rempestivo, quan-
to per potere poi, n terra, esporre a ciascuno una critica
esauriente del come si era compartato in combattimento.
11 capitana von Richthofen non è più, ma il suo spi-
rito vive imniortale in noi. Egli sarà per sempre il con-
dottiero spiritciale degli equipaggi da caccia tedesclii.

1N MEMORIA D1 RICMTHOFEN
(Aneddoto di vora B.)

li l1 capitano barone von Richthofen non è rientra-


io i,. Così annunciava il bollettino. 1aconicamen:e e diira,
mente. Quello che nessilno osava pensare è accaduto; ciò
che ogni tedesco presentiva quasi, pur senza confessarlo, da
quando le vittorie di Richthofen avevano raggiunto I'inau-
dita cifra di ottanta, si è purrroppo verificato. Il grande
eroe del cielo morì invitto, offrendo per l'Imperatore e per
la Patria la sua gloriosa esistenza. il cuore del nostro p*
PIO è colpito da un indicibile do!ore per la ~ e r d i t adel va.
lorosissimo fra i valorosi. Come vero soldato egli riposa in
terreno straniero, colà dove egli è cadiito. A noi non venne
neppur concesso di sparare in suo onore le tre salve di rito
sulla sua tomba.
Se dai ricordi lontani risorge nelia memoria la visioce
delle massicce torri del vecchio convento di Wahlstatt. si
ricompongono davanti ai niiei occhi cccnc da lungo teir.yo
dimenticate. Noi. Richthofen ed io, portavaino alla stessa
epwa la divisa del Re. come cadetti di Wahlstatt, lo ero
stato accettato nel corpo ancor ragazzino, appena decenne.
Madredo Richthofen era alcune classi più avanti di me,
ed io sarei ditficilmente entrato in rapporti con lui essendo
un <icappelkne 11. come si diceva nel nostro gergo.
Ma invece entrammu in rapporti, una volta, ed in una
maniera niente affatto dolce, che ~ e r òcostituisce oggi per
me un caro ricordo. 11 mio capo-classe era amico intimo di
Richthofen e spessa questi veniva a passare la sera nella
nostra stanza. Ma tali rapporti di amicizia vennero rotti d
causa di non W che, e fra i due vi era patc cr, come dice-
vamo noi. Casi iI nostro capo*classe cercava tutte le acca.
sioni di far arrabbiare Richthofen.
Era arrivato il carnevale, e noi ricevemmo da casa i
pacchi con le tradizionali frittelle. 11 capo-classe si era fatto
mandare un grosso Eantwio. dalle sembianze di negro, che
riscosse la nostra generale ammiraaione poichè mascherate
246 RICHTHOFBN

e scherzi carnevaleschi non se ne vedevano. allora. Ma Dre.


sto indovinammo la verità. Uno di noi avrebbe dovuto ap-
pendere di nascosto il negro alla porta di Richthofen. Toccò
a me, come r< cappellone più giovane, questo onorifico
incarico. La rossa boccaccia del negro. che gli andava dal.
l'uno all'altro orecchio. doveva irritare Richthofen: questa
era la cosa essenziale. Manfredo Richthofen aveva efTetU*
varnentc una bocca grande e forte. oggetto di canzonatura,
con sila grande ira. da parte dei più violenti della nostra
classe.
Eravamo seduti a merenda. Sgusciai fuori dalla sala
da pranzo quanto più presto ptevo, Presi il fantoccio e fi-
lai nella stanza dove dormiva Richthofen. In un istante il
negro. dal faccione tagliato in due dalla fila di denti sco-
perti, penzolò alla porta dell'atmadio; un cartellino col no-
me di Richthofen faceva .pmpa di sè sulla testa lanosa.
Le conseguenze non si fecero attendere. Richthofen in-
dovinò da dove veniva il negro, e scoprì chi ne era stato
il portatore. Ed ecco che alla sera - mi par di rivedere la
scena - si apre la porta. Richthofen sta in mezzo alla
stanza. ed i suoi occhi di un azzurro acciaio, che non pro-
mettono nulla di biiono, scrutano in giro. deis so mi ha
scoperto. Un secondo dopo è davanti a me - uno schiaffo
a destra, un altro a sinistra - e tranquillo, come era ve*
nuto, se ne iiscì dalla camera tra il silenzio pieno di ri.
spetto dei compagni.
Curioso ricordo per me1 Era la stessa mano che tenne
più tardi con tanta fermezza i comandi del velivolo rosso
ed abbattè nell'abisso ottanta awersaril
L'ASSO NEMICO %i?

1 RICHTHOFEN
Un amico di Richthofen, da lui stesso designato come siio
successore, così scrisse del grande arso, di siio padre e
di suo fratello.
Nella nostra squadra i1 padre di Richthofen veniva
chiamato senz'altro « i1 padre degli aviatori Infatti en.
>p.

trambi i suoi figli erano eroi dell'aria. 11 numero cornples.


sivo degli apparecchi da essi abbattuti raggiunse Ilincredi*
bile cifra di centouenti, U n terzo figlio è attualmente nella
m o l a dei cadetti di Wahlstatt.
Anche il padre di Richthofen volava, non g i i sopra
il nemico, ma per venire a trovare i suoi figli. E ciò avve.
niva spesso. Una sua visita era un oriore ed una festa per
la squadra. Anche l'Imperatore fii informato della cosa e
ce ne rallegrò, chiedendo particolari al suo seguito colla do-
manda: (r Ma davvero, anche il vecchio vola? il
Richthofen padre si era presentato volontario malgra-
do l'età avanzata. Siccome era sordo e non poteva esser de-
stinato alla zona di combattimento. venne nominato coa
mandante di tappa nelle retrovie.
Lo spetlacolo del padre circondato da; suoi figli era
quantamai commovente. T r e solide figure di soldato! I l
padre. ben portante e dalle atletiche valle, aveva un viso
catatteristiw: il nostro capitano era un W' più basso ma
tarchiato, e Lotario. slanciato, dalla figura di cavaliere. E
come il loto aspetto esteriore lasciava indovinare subito gli
ufficiali prussiani di vecchio stampo, così anche il loro ca-
rattere ed il loro modo di fare era soldatesco.
RICHTHOFEN

Entrambi i figli,avevano ricevuto una completa edu-


cazione per la loro profeisione. Il nostro capitano era stato
capwclasse nel corpo dei cadetti, una prova che fin da allora
era il primo fra i suoi compagni. Il padre amava entrambi i
figli dello stesso sincero amore. Da vero slesiano era piutta.
sto riservato con gli estranei. Si interessava moltissimo del-
l'aviazione e degli ufficiali aviatori. Non raccomandìo mai
ai suoi figli di risparmiarsi, nè predicò loro la Frudenza.
Sltanto una volta - e ciò fu dopo la 75' vittoria del suo
figlio maggiore - espresse i'opinione che ormai fra tempo
che si prendesse un po' di riposo, iina paiisa. Fu Eor* un
presagio?
Ma il nostro capitano era invece dell'opinione che,
quale comandante di squadra, fosse suo stretto dovere ani.
mare i propri uomini con l'esempio e l'audacia.
Il nostro a papà degli aviatori » si tratteneva spesso
per ore intere alla nostra mensa, dove si faceva circolo, ~d
ascoltare i racconti dei nastri duelli aerei. Si compiaceva di
ogni buon successo, e siccome s ~ w oera stato testimone
oculare da terra di molti scontri aerei, ci mosttava la sua
competenza. Intendeva e parlava pure il nostro gergo di
aviatori, e condivideva con noi le gioie e le preoccupazioni
degli assi da caccia.
Il padre di Richthofen ci visitò di frequente xipratutto
¶uando eravamo nelle Fiandre, vichi. era poco distante da
noi, e prendeva occasione d'ogni giorno di festa per rag.
giungerci. Partecipò con noi alla festa celebrativa della due-
centesima vittoria della squadriglia da cacaa n. I I.
Era amante della compagnia, come i suoi figli. Allo
stesso mcdo che praticavamo la fratellanza in aria, la pra.
ticavamo nel nostro circolo ufficiali,.e anche qui Richthoiaì
ci era di esempio. Per preparare una sorpresa a Rictithofcn
padre, il comandante supremo lo nominò comandante di
presidio deila citti vicina si nostro campo. &nche potesse
più facilmente visitare i srioj figli. Ma. come spesso si com-
piace di fare il destino, poco dopo noi fummo trasferiti su
di un altro settore del fronte, ed il nostm papà ii non
potè disgraziatamente seguirci, Però egli fu più di fre-
quente ospite graditissimo della squadriglia Boekke, c l i ~
era in stretta intimità con suo figlio, avendovi questi,
quando vi faceva parte. conseguito le sue prime quindici
vittorie. Il suo miglior amiw in questa squadriglia era il
comandante, primo tenente Lorzer.
Spesso pregammo il nostro i( papà I) di lasciarsi foto*
grafare con noi per ricordo. Ma egli aveva una grandissima
antipatia a farsi fotografare: e soltanto una volta ci riuscì.
con molte astuzie e raggiri. di fissario in lastra. E fu in
occasione deila viaita di Fokker al nostro campo. Vi erano
pure i suoi figli. Tutte le fotografie del nostro capitano che
noi abbiamo son state fatte di sorpresa, e colpiscono per la
loro naturalezza. I Richthofen odiavano qualdasi forma
di pubblicità o di ostentazionc. Non curavano l'eleganza,
e ben raramente abbiamo visto il nostro capitano decorato
di tutte le sue numerose onorificenze. L'unica che egli por-
tasse volontieri era << Pour le ménte li, la i& alta
onorificenza per un midato. I1 suo portamento era sem.
plice e naturale: vero figlio di suo padre*
Il nostro a papà >ieua spesso applaudita calorosamen.
te nel presidio dove era comandante: ina non accettava
queste ovazioni come dirette aUa sua persona.
250 RICHTHOFEN -1
d

Ciascuno capirà che noi stimassimo tanto il padre dei


nostri eroi e l'avessimo così caro. i

Il nostro capitano era un uomo tutto d'un pezzo. Una


completa, spiccata, e coltissimo: eppure di&*
cile da comprendersi a prima vista e senza un continuo ed
intimo contatto. SLesiano. era lento e diffidente nel farsi
con estranei. Ma se quakuno gli entrava in simpatia ed D
amicizia, sarebbe andato nel fuoco per lui. Vi erano molti,
specialmente fra i soldati di aviazione, convinti che il no-
stro capitano fosse superbo ed inawicinabile. Bisogna dire
in verità che egli prima studiava i suoi uomini, e poi li
giudicava non dalle apparenze ma dai fatti. Egli era anzi-
tutto un soldato. Un fante, che pativa nel fango delle
trincee e sopportava l'infernale fuoco tambureggiante dei
bombardamenti, aveva per lui altrettanta iinprtanza che
un pilota d'aeroplano ricco di molte vittorie. Era una na-
tura riservata e che imponeva ritegno, ed i1 silo intimo
pensiero si rivelava soltanto a coloro che, per lunga pra*
tica, egli avesse riconosciuto dodati di persanaliti.
Neiie sue ore libere cercava di perfezionare la sua col-
tura. Ma non si sarebbe mai potuto descriverlo come un
topo di biblioteca. Conversare con lui, era sempre piace-
vole ed interessante. Egli si è dedicato anche all'arte delle
scienze, ed il suo libro C( Der rote Karnpfflieger I , , da lui
dedicato alla gioventù per arnmaestrainento e sprone, ce
lo inostra agile e avveduto scrittore. L'ho visto spesm di-
lettarsi di minuziose ma succose relazioni militari. Poco
prima della sua fine ci descrisse come concepisse l'aviazione
da caccia. come egli lottasse in aria, insomma quel che si
deve e non si deve fare dall'aviatore da caccia.
Era una personalità ben cosciente della propria vo-
lontà e delle proprie inire. Ciò che egli chiedeva agli altri
lo chiedeva di tutto a se stesso. Egli cercava di tra-
scinarci con l'esempio e di fare così di noi degli attimi pi-
loti. Spessissimo giungeva primo sul campo, e noi non
potevamo che seguirlo, confusi e vergognosi, alla linea di
partenza. Anche nei riguardi dei su~eriori,sapeva cosa
valere. Se era convinto della bontà e giusiezra d'un'idea.
la perseguiva fino in fondo. fino alla reali7zazione, con fer,
rea volontà. Non era per nulla unilaterale. S'interessava di
tutto, in primis di cose militari. S'i intratteneva volontieri
coi fanti di ritorno dalle prime linee, e si faceva raccoctare
la loro vita e le loro avventure, e quel che avevano visto
o udito in fatto di aviatori tedeschi e nemici. Ce gli capi.
tava l'occasione di partecipare a voli di osservazione. saliva
con piacere in cielo ad osservare il campo di battaglia col
binoccolo. Prediligeva andare dagli ufficiali della difesa
antiaerea e si faceva descrivere con molti particolari tutti i
duelli aerei ed i tiri contro aeroplan~e li osservava egli
stesso-col canocchiale: e ciò specialmente quando non po.
teva volare. Si intratteneva Fure volontieri con gli addetti
ai dirigibili. Non limitandosi il suo interesse all'aviazione
da caccia, era perfettamente al corrente dei poblemi e del*
le necessità di reparti d'aviazione della fanteria, degli a p
parecchi da bombardamento. di queili d'osservazione per
L'artiglieria. e si intratteneva coi colleghi di queste speciad
lità in discussioni sull'impiego reciproco e collettivo di
tutte le forze aeronautiche. Insomma, egli non era soltanto
uno specialista dell'aeroplano da caccia. ma portando la sua
attenzione a tutti i rami della scienza militare, era un per-
h t t o ufficiale di stato maggiore. Una volta appresa una
cosa, tra per lui patrimohio acquisito. Ma se si accorgeva
cht dcunchè era privo di importanza o inconcludente, lo
abbandonava per non tornarvi mai più sopra. Preferiva
quei superiori coi quali potesse parlare liberamente, e che
non se la prendevano in male parte per la sua franchezza.
Non insisteva se erano d'opinione contraria alla sua, ina di-
ceva loro francamente: ci Io preferisco così M. In tal modo
si procurava molte inimicizie, perche non tutti sopporta-
vano una tale sincerità e franchezza di opinioni. Così an-
che il suo libro, che scrisse in piena libertà rivelandovi il
suo vero pensiero, procurò alcuni malcontenti.
Richthofen era intelligente. Se si accorgeva che una
non sopFortava la verità, si manteneva chiuso
nei riguardi di tale gente. il che a volte gli venne rinfac-
ciato come falsità. Non amava la loquacità. Chiunque po,
teva affidargli un segreto, e star sicuro che avrebbe taciuto
più di una tomba. Era anche molto amato iome coman-
dante perchè tutelava giustamente i suoi sottoposti. Di
conseguenza noi saremnio andati nel fuoco per lui.. Il fatto
che fose stato assunto in così giovane età al posto. pieno di
responsabilità, di comandante di squadra, comFortava che
egli si condiicesse come tale. Ed egli non derogò mai ai suoi
doveri, nè in confronto a superiori, nè ad inferiori. Era Gn
dalla giovinezza un soldato nato, nel miglior senso della
parola.
Nella familiarità della mensa si mostrava sotto tut.
t'altra luce. Felice d'esser giovane e pronto agli scherzi.
Non prendeva mai in mala parte una burla spiritosa, Una
sera, ad esempio, nascondemmo nella sua baracca un sol-
dato inglese con baionetta innastata per fargli paura. e se
la rise alla più bella. Nel casino egli era un buon carne*
rata, bevitore e allogro. senza giungere mai agli estremi.
Amante della compagnia si compiaceva quando vi era?.:
ospiti; non amava invece i seccatori che gli r;.C h'iedevano
racconti di sue imprese, ed aborriva i giornalisti, In casi
simili si chiudeva nel più ostinato muiismo. Era fiero ed
attaccatissimo alla sua squadriglia n. 11. Per essa. il me-
glio non era mai buono abbastanza.
E' tutto suo merito se questa squadriglia è diventata
la migliore e la prima fra quelle da caccia. Se mi si chie-
desse perchè, non potrei trovar rispsta migliore di questa:
t i Ci ha trascinati col s:io eserncio e. Ci diceva come si
~ ~

doveva fare, ci mostrava la teoria tradotti in pratica nei


suoi eroici duelli aerei, e pretendeva che lo imitassimo. Se
qualcuno di noi non riusciva a lare ciò che egli chiedeva.
sia per questione d~ nervi che FW altre ragioni. ci diceva
apertaniente che egli la gnsava diversamente e che pote,
vamc sceglierci iin'altra s~ccialità.Dall'esser egli sempre
vicino agli ucmini della sua 11" sqiiadriglia, derivò la loro
grande 6,atellanza in aria.
Tale era il nostro Richthofen. Egli stimava i suoi LIO,
mini per quel che valevano come cacciatori Dal loro priino
volo sapeva quarito valutarli. Non era neccssnrio che aves.
sero'combattuto neppiire. una sola volta in aria. Io non
giudico da quel che uno racconta ma da quel che uno fa '1
soleva dire. Se gli si chiedeva come avesse cominciata la sua
-

carriera di asso, ne attribuiva ogni merito al suo primo


maestro, Boelcke, che gli aveva dato come regola: <I La
cosa essenziale è dare addosxi al nemico! Poi sparare e mi-
rare giusto! D Proprio in questo Richthofen era il nostro
maestro: per questo ha preferito la caccia ed era un ottimo
tiratore (i).

LA 75' VtTTORIA D1 RICHTHOFEN


Temnte Lnmpel IO Aprile 1918.

Mi ero seduto proprio in mezzo a l a famosa com.


pagnia dell'r i" squadriglia, proprio in mezzo a quei famosi
assi, e mi sentivo piuttosto intimidito.
Il Casino era costituito da una baracca rotonda in la-
miera ondulata. nella quale si poteva giusto giusto stare in
+ d i : due finestre permettevano una sufficiente il-
luminazione. E' una delle baracche già abitate dagli avia.
tori inglesi, abbandonate nella ritirata. La squadriglia di
Richthofen vi alloggia cla poco.
Il capitano siede a capotavola, H a stivali e calzoni di
pelle giallo ccuro: un giiibbetto di cuoio e sopra di esso
una giacca di panno sbottonata e dal collo aperto. E' apped
na rientrato da un volo sopra i1 nemico con gli uomini del-
la sua vecchia squadriglia. Fuori. c'è un trafico massa-
crante. Non appena una squadriglia atterra, un'altra decolla
in volo.
Nessuno dei piloti porta decorazioni. Siedono qui at-
torno a me con indosso semplicemente le loro giubbe grigie.
Si pende presto confidenza, perchè sebbene siano degli as-
(1) Il Lihro al quale :irceniln l a u l o r p < l i i l i i ~ t oresocnnlo è un
opuecolo ~ t a i n p a l ua Heilino Iiel 1 9 l i rd i! sua curitenuto, il leliore,
lo troverà tic1 cnpilolo ,i Talliva del iiinit~nltiineriio aei.eu che fa J.

parle della presente opera.


si sono cordialissimi ed alla mano. Il più simpatico di tutti
è lo stesso capitano. Ha l'aspetto ancora molto giovane,
nient'affatto duro. come me lo ero immaginato daiie foto,
grafie: quando parla con qualcuno una lieve esptessione
di bonarietà gli illumina il viso.
Sta silenzioso per un certo tempo. Poi mi dice molto
semplicemente: i, Poco fa ho abbattuto il mio settantacin.
quesimo velivolo nemico n.
Ammirato, mi permetto un timido complimento. Ed
ora il capitano racconta.
..
Strano. gli ultimi dieci che ho abbattuto si sono
tutti incendiati, Anche quello di oggi. Lo notai subito:
prima una piccola fiamma clie si sprigiona sotto il posto dcl
pilota. Quando poi l'apparecchio si capovolse, vidi che il
,.fondo della carlinga era tutto in fiamme. Continuò a bru,
ciare mentre scendeva, ed al momento che urtò terra si
verifico una terribile esplosione, quale non avevo ancor
vista. Era un biposto inglese, ed aveva lottato tenace..
mente n.
ii Noi ci eravamo già spaventati - soggiunse il te,

nente Gussrnann guardando il proprio comandante con


una leggera espressione di rimprovero - Il signor capitano
si ero portato ad una incredibile vicinanza dell'apparecchio
nemicol
r< Già, disse Richthofeii, dovevo strigliarlo energica,
mente. L'osservatore era un osso duro, di tre cotte. Un raa
gazzo in gamba. Dovetti farmi sotto a cinque metri per 6.
nirlo. sebbene dovesse esser già stato colpito dal fuoco con-
tinuato della mia mitragliatrice. Mi sparò ancor addosso ?:.
così vicino. Sarebbe bastato il più leggero colFo di timone
per farci andare a catafascio assieme 1).
i
In quest'istante appare sulla soglia l'aiutante.
M Mi congratulo rispettosamente con lei. signor capi-
tano... o. Egli tiene in mano un telegrmma. Siamo tutti
in attesa, m1 fiato sospeso.
i<Sua Maestà l'Imperatore s i è benignamente degnato

di conferire al signor capitano Richthohn l'ordine dell'A.


l a di terza classe, con corona e spada, in occasione
q ~ ~ Rossa
della sua settantesima vittoria m.
E proprio oggi è già caduto il 75" velivolo nemico ad
opera dello stesso eroe1
Balziamo tutti in piedi: il capitano ci stringe la ma*
no. E' diventato r a s o , in tutta semplicità e naturalezza.
« Ma ragazzi, io non ho neppure l'aqliila rossa d i
quarta classe! >i
Poco dopo prende congedo per andare a visitare u n
nuovo campo dietro le ?rime linee. Si volge un'ultima vol.
ta in sulla porta semiaperta e dice.
M Dunqiie ragazzi, qi~and'io sarò là davanti e voi v o ~
lerete - e porta la inano agli occhi facendone canocchiale
-

- io vi guarderò per vedere se sarete bravi1 a


I piloti si levarono infatti piU tardi in volo. ed ab,
batterono in quello stesso giorno tre Tommies. Il tenente
UTeissil suo quattordicesimo; il tenente Wolff il stio quarto
e con ciò il duecentocinquantesimo deiia i I " squadriglia.
Un'altra squadriglia di più recente formazione ha. pure
oggi, abbattuto il centesimo ap~arecchio.Entrambe qrieste
quadriglie appartengono alla squadra di Richthofen.
UN IKCONTRO
Uno s c r i t t o di Emil August GIogau.

Viaggiavo verso la fine di settembre nel diretto del


mattino Francoforte-Berlino, quando a Gotha un giovane
iificiale degli ulani, con abilitj ed agilità di acrobata, salti
sul treno ormai in moto, gettò il suo fucile da caccia nella
rete portabagagli del mio scompartimento. alzò il bavero
del mantello fin sopra il mento, si stese sui cuscini e s'ad-
dormea~ltosro ben sodo.
Avevo appena comperato sul carrettino del libraio di
stazione il volurnetto appena ediio da Ullstein. A Dee
rote Kampfflieger D, ma L'avevo tosto buttato sulla rete as-
sieme ai canini imbottiti. wtchè colui che dormiva di fron-
te a me mi interessava di più. Come mai un corpo, che po.
co prima era vibrante in ogni suo muscolo, poteva esser
passato di colpo alla più tranquilla immobilità, come col-
pito da ipnosi istantanea? Chi mai può allenare la propria
volontà in modo tale da siipetare coscientemente ed istan-
taneimente i confini della conosienza? Questo giovanotto
-
deve avere una foriiss~maenergia - mi dicevo - ma ci;
contrasta col suo aspetto giovanile. Non aveva forse occhi
azzurri, chiari e dolci, quand'era entrato? Eppure come
eran stati decisi e precisi i suoi movimenti, quanto energico
il lancio del Eucile sulla rete1 11 cranio quadrato e la sttur-
tura della mascella rivelavano un a jnker ii della Prussia
Orientale. E come conciliare le precoci rughe attorno al
mento di questo energico viw? Era forse la guerra che ave.
i7
M scavato quei solchi? Soltanto ora noto due stelie sul suo
.
bavero. Capitano? A vent'anni, al massimo a ventiquattro,
capitano? Ah. già1 E' salito a Gotha - principato di Tu.
ringia - scintillio di decorazioni sotto il mantello - è
certo un
Quandkcco che gli occhi si spalancano altrettanto al-
l'improvviso di quando s'rtan &usi, si volgono verso la
rete dove sono i miei panini, e brillano come se vedessero la
felicità. Pare che il a principe I) abbia fame - penso io -
Se gli offrissi iin pezzo di salsiccia?
<iQuesto treno porta vagone ristorante? 11 mi chiede.

C< No, purtroppo. Ma potrei offrirle un panino? Ha

visto la sua occhiata alle mie proyviste, ed ero appunlo in


dubbio se potevo o no invitarla a dividerle con me1 )I
Allora rise come un biricchino liberato, divenne rosso
come un autore che vede la prima copia stampata di una
sua opera, addentò il mio panino graviclo. e rispaw:
i< Ah, no! L'occhiata eia per quel libro lì. Mi fa venir
- da ridere il vedere che ogni viaggiatore compra di tal ro-
ba! Guardi - e nel dir ciò mi additava della gente ferma
alla stazione di Weimar - quanti a rote Karnpffliegerl » i
Mi venne uri'idea, un lampo: prendo il libro, apro la
copertina, e constato che mi trovo davanti al diavolo rosso
in ,THSOna, al barone Manfredo von Richthofen.
I( H a già letto quella roba? mi domanda. Faccio se,
gno di no. a Be', e allora la lasci stare. lo naturalmente non
w> affatto scrivere: so appena volare e sparare, e far qwt,
tro chiacchiere all'occasione 11.
E così, con elegante iacondia, quella bocca energica.
ormai chiusa per sempre, mi raccontò alcune sue avventure
aeree, finchè giungemmo a Berlino.
i
Si sarebbe riempito un libro, con quei racconti. Ma
questo libro è stato scritto da lui stesso, ed io vorrei limi.
tarmi a dare. se possibile, un'idea della giovanile Ereschezza
di quel famoso abbattitore, della scintillante mentalità di
quella sincera natura di fanciullo. e della semplicità wldad
tesca di quel nobile slesiano.
i<Io san nient'dtro che un aviatore da caccia, - mi
disse- ma Boelcke, quello sì che è un eroe! >i E nel dir
queto si ficcava l'insegna del Pour le Mérite >i wtto la
giubba dell'uniforme. affinchè la gente non b guardasse a
bocca aperta.
Ficcò la mano nella tasca dei calzoni, e ne trasse un
telegrarnnia. t< Guardi. non è Eorse gentile da parte dcll'lm.
peratoir. il telegramnia in occasione del sessantesiriio ab.
battimento: - Adesso si riposi un pochino - ? Allora
l'arcidiica di Cobargo-Gotha mi ha invitato a caccia al ca,
stello di Reinhardsbrunn, e adesso devo trovarmi a Berlina
con Lotario (il siio famoso fratello) per fare Lin po' cli va-
canza. Peccato che non ci sia anche Moritz. Moritz? 11 mio
cane, e deve esser sempre della partita. Lo porto certe volte
anche in volo con me. Conosce Berlino? Si? Benonel Allo-
ra ci farà un po' di guida, pzrche noi non ne siamo pratici
e non vi abbiamo conoscenti. Vi venni una volta sola, ~ e r
andare dall'Impecatore, ma egli adesso non c'èl E quella vol-
ta mi è capitata una bella avventura, anche. Avevo fatto il
viaggio nello stesso scompartiniento con una signora an-
ziana. che invitai poi a prendere posto nella automobile
che mi attendeva alla stazione, data la scarsità di vetture.
Avevo anche allora, come sempre. il mio fucile da caccia,
perchè non c'è niente di meglio della caccia, newero? La
2@3 RICHTHOPEN

signora aveva due figli al campo. quali volontari, e faceva


i suoi cuin~nentiin tutta sinceri&: Già, i signori ufficiali!
Loro possono andarsene tranquillamente a caccia, mentre
i miei bravi ragazzi marciscono nelle trincee. Io risposi che
andavo sempre a caccia, che non facevo anzi nient'altro di
giorno e di notte. Mi replicò che era uno scandalo che me
ne vantassi! Frattanto arrivammo a casa sua ed al momento
~ ~ ~ ~

di congedarmi, dopo averla sbarcata, le dissi: Probabilmen-


te leggerete presto sui giornali del mio bottino di caccia:
sono Manfredo von Richthofen. Avrebbe dovuto vedere
che facclal!
Arrivammo a Berlino, e. congedandosi, mi chiese se a
Natale sarei stato libero. Allora avrebbe avuto una licenza
pih lunga ed avrebbe avuto piacere di trovarmi. K Ma no,
- si interriippe da sè stesso - non posso promettere nien-
...
te di siciirol Gia, lei sa che sono predestinato. Gli inglesi
hanno già da un pezzo messo una grossa taglia su di me D.
Battè i tacchi e nii fece un ultimo cenno di saluto di
t r a il gorgo della folla. Per me doveva essere il suo ultimo
saluto, Ora egli è entrato nel Walhalla.

RICHTHOFBN
U n o s c ~ i t t odi Erich t 8 0 > Safiniunit.
i

In uno di quei bei giorni di primavera caratteristici


dei nord della Francia, noi stavamo s~illastrada di Douai,
quando sopraggilinse una piccola automobile ansante. II mio
amico Hoffriiann alzò la mano: a Ecco Richthofen che ar.
riva1 Stop1 o L'auto si fermò. Ne scesero dite giovani u£+
1!1550 NEMICO " (
,,t1

ficiali. Uno di essi, con una pelliccia corta sbottonata, ca.


pelli in su, di media statura, tarchiato, mi si presentò con
~ m p l i c i t àmilitare: « Riclithofen ,>. Era dunque lui, l'a.
viatore. che cominciava a diventare famoso. I.'osservai laE-
giù per la prima volta,
Nella mia vita ho ~anualrneriteconosciuto iin'infinità
di persone: di molte ho serbato ricordo. di molte ho tutto
dimenticato. Richthofen era allora al principio delia sua Fa-
ma ascendente, forse soltanto lino fra tanti. Eppure .mi colpì
subito. Vi era qualcosa nel suo portamento, che toccava in
mado specialmente gradevole. Quella tipica e cordiale na-
turalezza e sicurezza dell'incedere. che deve essere innata,
che non si acquista, esisteva in massimo grado i n Richthc,
hn. Il viso di uni maschiezza tranquilla, ma ferma e cor.
diale ad un tem.p, $provvisto di oiiei ?ratti inaspriti e chiu-
si che la continua lotta per la vita. contro la morte. ha scol-
pito in faccia a tanti tiostri giovani eroi. Era, allora, ancora
tenente degli ulani. Era però stato diverse volte all'ordlne.
del giorno dell'esercito. Il suo norne coniinciava ad csere
conosciuto in larghi strati del p p o l o tedesco. RTa di ciò ni:I-
la lasciava egli trapelare. Era pur sernpri: il compita ufE-
ciale di ottima famiglia, c r e ~ i u t oin u n regsimcnto rispet.
tabile. Allora io ero ancora pcr 1:ii i1 capiratio. il camerala
pih anziano. Quando noi entrammo nella corte passò alla
mia sinistra. mi diede ;l passo nell'entrata. L'ho poi rive.
duto spesso, lo visitai al suo cainpo, f i i mio ospite a Berli.
no. Uno dei più bei ricordi della mia vita va unito a Rich,
thofcn: ebbi occasione di volare con lui. Eppiirc, era ieina
pi-e lo stesso. L'educazione ricevuta dal giovane nobile itf-
ficiale era penetiata profondamente in lui. Non si nota il
,m2 RICHTHOFEN

cadetto soltanto in quella rigidezza eccessiva, in quel par-


lare rispettoso e breve, che aspetta quel che il più anziano
ha da dire. No! Ma bensì e assai più in quel contegno per-
fetto, difficilmente definibile, nel tono del discorrere. nel
gestire, in tutto il portamento, insomma. Era sempre si-
gnorile. Aveva sempre unbmbra d i sorriso sulle labbra.
Eravamo una volta assieme ad astoltare della buona
musica. Si servivano anche bevande. Secondo la buona
usanza slesiana, avevamo onorato i boccali, ed eravamo un
po' allegri. Kichthofen restò lo stesso. Non sarebbe mai stato
possibile che egli facese o dicesse qualcosa di men che
corretto. Eppure nessuno avrebbe mai potuto dire che
fosse affettato, insincero. Nessuno è mai stato più sponta-
neamente naturale di Manfredo von Richthofen.
Più tardi ebbi occasione di vederlo più volte, qui a
Berlino, in casa mia. in compagnia di signore. Anche qui
la stessa impeccabile cortesia, la stessa naturalezza. che
piaceva tanto alIe donne. Non era un don Giovanni nel sen-
xi comune della parola. Era tutt'altm. Era quasi la perso,
nificazione della mascolinità moderna, ma le signore Io ave*
vano caro sebbene egli non facesse mai loro la corte in
maniera che è usata da alcuni giovani cavalieri di.
ventati famosi.
Eravamo una volta assieme, alle corre di GrunewaId.
Per un certo tempo passò inosservato. Era stato al mattino
a Johannistal. vi aveva provato alcuni velivoli. ed il suo
completo non era certo impeccabilmente elegante nè troppo
in tono col mondano ambiente dell'ippdromo. Richthofen
non dava eccessiva importanza all'esteriorità, pur senza af-
fettare della trascuratezza. Improvvisamente venne ricono-
L'ASSO NBMICO 2G3
sciuto dalla gente. 1 fotografi accorsero. Ho visto altre gio,
vani celebrità in simili momenti, posare e fare il fdui mo,
desto. Niente di tutto ciò con Richthofen. La completa na.
turalezza e sicurezza del suo contegno era ammirabile. Le
ragazze lo assal~ronoper carpirgli autografi, che egli scri-
veva sui programmi. Richthofen mi disse, alzando le spaL
le: <iChe cosa debbo farci? >i U n altro sarebbe andato via.
Egli invece restò, a scrivere, tranquillo. paziente, sempre
col suo sorriso sulle labbra. Eppure! Era d'animo dolce, sem.
pre lieto. contento, cortese.
Egli era così. Egli restò tale durante la sua splendida
carriera. E tale lo colse la morte. Abbiamo bisogno di uomi-
ni simili. Sono il tipo migliore dell'ufficiale prussiano. Essi
debbono essere I'esempio, il modello alle future generazior~i
di diciali.
Sbno i continuatori di antiche e belle tradizioni: tra.
dizioni delle quali dobbiamo essere fieri. e delle quali i
nostri figli ed i nostri nipoti debbono esser ancor più fieri
di noi e dei nostri padri che fecero la grande guerra contro
la Francia. Richthofen personificava tutte queste tradizioni.
Era un tipico rampollo della nobiltà, del paese ad Est
dell'E1ba. con tutte le sue buone qalità. Nel suo corpo al-
lenato alle durezze albergava lo stesso germe; e direi fred-
da coscienza del dovere. che ha guidato le decine di mi-
gliaia di rampolli dei nostri nob~lipriissiani su tutti i campi
d'Europa, al servizio dei loro Signori, a versare il loro san-
gue per la Patria.
Richthofen era. ali'interno ed all'esterno, un uomo
semplice. una natura diritta e distinta. Non avrebbe inai
potuto dire una menzogna. Ciò che egli faceva o diceva
2cd RICHTHOFEN

portava l'impronta deiia più aperta schiettezza, Eppure egli


non era soltanto l'originale prodotto del mondo dal quaIe
traeva le sue origini, che egli impersonava nelle sue ma-
niere. Era qualcosa di più. Ogni qualvolta io lo rivedevo,
dovevo convenire con me stesso: così può essere soltanto
Richchofen, un uomo unico, una taritàl Dai suoi antenati
materni e paterni, uomini nati vissuti e morti siii propri
possessi nelle belle terre slesiane, gli era veniita la passione
per Ia caccia. Non era affatto la semplice passione di ucci-
dere degli animali la sua. Rappresentanti di tali tipi di uo,
mini ne ho trovati spesso in terre straniere, specialmente
sotto i tropici: gente che non conosceva altro che i1 proprio
taccuino ed il record di qualche altro famoso cacciatore che
volevano superare. Ridithofen non era così. Questa osses-
sione del record gli era completamente estranea. sebbene
dovesse avere una forte ambizione, ma non certo l'atnbizio*
ne dell'invidioso. La paura che qualcun altro potesse fare
meglio e più di lui, egli non la conosceva. Già da ragazzo
aveva maneggiato cartucce e carabina, Era diventato un ti.
ratore che non falla il segno. Or è pressapoco un anno, gli
chiesi da che derivasse. a suo parere. la sua grande e co*
stante superiorità sul nemico: ed egli ,mi riqcse che tutto
stava nella fredda precisione del suo tiro.
Mi ricordo benissimo ci; che mi racconiU nel maggio
del 1917: L' Quando mi trovo di fronte al nemico. mi av,
vicino senza tante precauzioni. e quando riesco a vedere
il bianco degli occhi dell'avversario, sparo. Allora egli deve
cadere: di ciò son sicuro! ti Più tardi, col perfezionarsi con.
tinuo degIi apparecchi, egli cambi0 la sua tattica. e cercò
sopratutto di attaccare il nemico dal di sotto per mezzo dj
abile manovra, per poi sparargli da vicino. Non era ani.
mato da odio contro l'avversario. Non vedeva rosso, come
avviene a tanti altri nel furore della lotta. Non si sarebbe
mai lasciato trascinare a commettere un errore: egli era in
questo di tempramento troppo freddo. Meditava con tal-
ma e precisione qualsiasi cosa facesse. Eppure le sue decisio-
ni dovevano esser prese in frazioni di secondo, ed essere di
una durezza diamsntina. Per lui non esisteva nè dubbio,
nè indugio. Aveva la più decisa volontà di far cadere colui
che gli stava di fronte, e la sua potente volontà aveva una
forza di suggestione sul nemico. Parlandomi di suo fratello
minore. che imparava con lui, mi disse una volta:
<r Adesso egli è ormai molto bravo. Lo lascerò andare
presto da solo. Ho soltanto paura che si butti sotto con
troppa foga. Quando ha il nemico davanti a sè. vede rosso.
E non bisogna fare così1 )i
Richthofen era molto meticoloso nel curare la sua mac*
china. La provava in ogni suo organo, p ~ i m adi partire. Era
pienamente convinto della necessità di padroneggiare asso.
Iutarnente l'apparecchio se si vuole trarne cià che si vuole.
Non si sarebbe mai levato in volo se tutto non Fosse stato
nel più perfetto ordine. Non saFeva cosa fosse la sventa-
tezza. che ha portato ad imniatura fine tanti baldi giovani
piloti. Non fu certo un guasto alla macchina o un errore
di manovra che lo abbatterono.
Aveva una decisa fortuna. Sembrava invulnerab'ile.
L'ho visto due volte tornare da Arras con più di dodici
fori di proiettili nella sua macchina, Se un altro aviatore
riceve rin colpo nel motore, può ritenersi spacciato, pecchè
imminente l'ora della morte fra le Gamme. Eppiire Rich-
thofen ha toccato più di una volta colpi di fucile nel mo-
tore. Ma con la prontezza del lampo si accorgeva del colpo
e spegneva il motore. A chiunque altro che non fosse stato
lui, si sarebbe incendiato I'apparecchio. In tal modo pareva
dawero invulnerabile! Egli si fece col tempo. Da un po'
non era più soltanto il brillante lottatore isolato. quel si.
gnore dell'aria terrore di tutti i nemici, asso rosso che ve.
deva il campo vuotarsi al suo solo apparire. poichè, inal*
grado la grossa taglia messa su di lui dagli inglesi, tutti evi-
tavano di misurarsi con lui. Era diventato un capo. La stia
squadra si distinse presto dalle altre. Egli Ia partava di vit-
toria in vittoria. I suoi compagni divennero, come lui, il
terrore del nemico. Allora si capì. si ebbe la sensazione, di
quel che prima non si era saputo: in quest'uomo c'era
qualcosa di più che l'arte di tiratore, che fredda e tranquilla
meditazione, che fulminea decisione. In quest'uomo vi era
un capo, uno di quegli ufficiali nei quali è innato il dono
divino del comando. Cosi diventò maestro agli altri, senza
volerlo, col solo suo esempio, attraversc i suoi ordini. Cosi
alla fine egli guidò un'intera squadra di parecchie squa-
driglie.
Richthofen era perfettamente edotto di tutto in fatto
di aviazione. Sebbene egli fosse, forse, un tecnico non com.
pleto+ era completamente cosciente degli errori che si com-
pivano nei primi tempi delle costruzioni di velivoli, e diede
chiari, sicuri e tranquilli giudizi in proposito. Sapeva che
non si possono dare completamente a terra. Egli imparava
dai confronti. Non disistimò mai il nemico, e fu sempre giu.
sto con lui. Riconosceva potenza e debolezza dell'awersario
al primo sguardo del suo occhio d'aquila, lassù. in aria. LQ
stimava con precisione, e ciò gli dava già una certa superio-
rità nei suoi confronti. Si occupò sempre più dell'aviazione
in generale, e della lotta aerea in modo s p i a l e . Già nello
scorso agosto, quando lo rividi in patria, egli mi disse che
andavamo incontro a tempi discili, che il nemico ci emu-
lava in fatto di costruzioni e che in molte cose ci era ormai
superiore. Egli poteva giudicare con precisione e cognizione
di causa. Ciò nonostante andò sempre con la massima gioia
a com~iereil suo dovere: cd il tempo che passò a casa era
per lui soltanto una pausa delle sua appassionante attività
contro il nemico. Egli, un Richthofen, apparteneva alle
prime linee. al campa, là dove i Richthofen eran sempre
quando s'era trattato di difendere la patria: di fronte al
neinicol
Certamente in patria centinaia di migliaia di persone
lian seguito con ansia la via percorsa da quest'uomo, col
e con l'augurio che alla fine avesse un posto si.
curo, desistesse dalle sue airdacie eroiche. Egli non poteva.
Egli me l'ha ripetiito più d'una volta: ,i I1 mio posto è là,
in linea. Io non posso stare indietro! D.
Così morì egli. Esempio a centinaia, a migliaia di altri
che vengono dopo di lui. e debbono sokare il cielo su veli.
voli armati.
Fu la ~ersonificazionedel piii puro prussianesimo. un
nobile pieno d'amor patrio e di fedeltà al dovere, un gio.
vane eroe. quaIe il popolo si raffigura nell'ideale di ufficiale:
la nostra gioventù I'irniteri un giorno.
Egli rimarrà però unico. ineg~iagliabile.
Quando questa guerra mondiale sarà finita, si dirà di

.,
questo giavane, che vide appena la venticinquesima prima-
vera: c i Vi è stato un solo Richthofenl
RAPPORTI UFFICIALI

Comunicato Ufficiale del 23 aprile 1918.

Il 2 1 aprile il Capitano Manfredo barone di Richtho-


Een non è rientrato da un volo di caccia sulla Soinme.
Secondo delle testinionianze dei suoi compagni di volo
e di parecchie persone che lo osservavano da terra, Richtho,
fen avrebbe inseguito un apparecchio nemico sino a bassa
quota quando un improvvisa guasto al motore lo costrinse
ad atterrare al di là delle linee nemiche.
Poichè la discesa avvenne normalniente, si avevano
fondate speranze che il barone di Richthofen fosse riinasto
illeso. Ma successive comunicazioni deli'Ageazia Reuter del
22 aprile non lasciano purtro~p. o alcun dubbio sulla morte
di lui. Poichè egli come inseguitore non poteva faciImente
essere coIpito dall'aviatore nemico, si presutile che sia rima-
sto vittima di un colpo sparata da terra. Secondo il conin-
nicato inglese il barone di Riclithofen fu sepolto il 22 aprile
nei pessi del posto ove atterrò, e gli furono tributati onori
militari.

Bollettino del Quartiere Generale - 24 aprile 1918.


Sui campi di battaglia del Lys e della Somme l'atti.
vità di combattimento fu limitata ad alcune azioni locali.
A nord ovest di Baifleul prendemmo d'assalto l'altura
di Vleugelhoek e facemmo prigionieri dei francesi.
Ad est di Bailleul respingemmo degli attacchi inglesi.
A nord ovest di Béthune varii tentativi di avanzata
nemica vennezo sventati da!lc nostre prime linee. Numero-
si combattimenti di avaniposti in varie località ci permisero
di catturare alcuni prigionieri.
11 Capitano barone di Richthofen non è rientrato dal-
l'insegiiimento di un nemico al di là del campo di battaglia
della Somme. Secondo il comunicato inglese egli sarebbe
caduto.

Le truppe che sano al comando del Generale conte


di Goltz si sono impossessate dei nodi ferroviari di Nyvin-
ge e di Ruchimaki e rimane così costituita al nord di Lati
la congiiinzione con l'armata finlandese.

In Crirnca le truppe del Generale Kosch hanno rag.


giunto Simféropol.
I l capo di Stato Maggiore Genevale
LUDENDORFF.

COMUNICATI INGLESI
(Agenzia Retiteu)

Il Maresciallo inglese Haig comunica che il zr aprile


furono abbattiiti in combattimento aereo undici aeroplani
tedeschi. Si constath che uno degli aviatori abbattuti è il
L'ASSO NEMICO atl

capitano di Richthofen che a quanto egli asseriva avrebbe


fatto precipitare più di ottanta aeroplani aIleati. La sua sal-
ma fu tumufata lunedì con gli onori militari.

Rupporto del coriispomdente dell'Agenzk Reuter


presso ?Armata Inglese.

La tumulazione del barone di Richthofen ha dato liio-


go ad una imponente cerimonia. L'aviatore caduto venne
sepolto in un piccolo cimitero non lungi dal posto ove egli
venne abbattuto. Una sezione del corpo di aviazione inter.
venne ai funerali.
Il corrispondente aggiunge:
Sebbene non sia nostro compito imporre la civiltà
al resto del mondo, non cesseremo tuttavia di mostrarci cap
valtereschi verso i nostri nemici n.

COMUNICATI FRANCESI SULLE ESEQUIE


DI RICHTHOFEN

La morte di Richthofen. Le esequie del corsavo rosso.

En Sauterre, z j aprile.
Prima dell'inumazione andammo a vedere sul letto
di morte, le spoglie mortali del Capitano di Richthofen.
Era sotto 'una tenda alta e profonda: in questa dimora scos-
sa dai venti. null'altro che un quadrato di casse vuote, al
centro del quaIe giaceva il cadavere. La Foca luce che fil*
trava d d a porta di tela illuminava il suo pssente corpo
di atleta e la sua maschera piena di ombre e di rilievi nella
quale era scritto l'onore della caduta: egli discendeva con il
suo volto espressivo nel regno della morte.
Fuori alcuni aviatori, uno dei quali poteva essere il suo
vincitore. ci raccontano il combattimento. Richthofen e la
sua sqi~adri~lia rocca la I I" (una delle cinque che compone*
vano il suo gruppo) appaiono verso le ore i r,jo nel cielo
brumoso della Somme. Abitualmente i suoi compagni van-
no in esplorazione Fer il capo che lassù nella più alta nu.
vola attende l'avversario prescelto per precipitarsi contro
lui come un falco ed abbatterlo.
Appare una squadriglia australiana ed offre il lom-
battimento. Le mitragliatrici da entrambe le.parti crepi-
tano senza tregua: nel furore dell'azione i duellanti perdo*
no il loro ordine di formazione e combattono ognuno per
proprio conto. Oltrepassando le sile avanguardie von Rich.
thofen vuole mettersi in testa alla caccia. 11 suo apparecchio
dalle corte ali: un tri~lanoFokker tozzo, rosso, fulvo. sor+
ge, si volta, vira, si precipita simile ad un'ape rossa.
Stretto da vicino da due dei siioi più tenaci nemici
egli tenta svincolarsi ma lo inseguono sempre raffiche di
mitragliatrici.
Si vede il capitano rientrare nella sua carlinga e ca.
dere a foglia morta. i<Un altro I ~ I I C C O Boelcke C pensano
coloro che lo inseguono. Ma a terra vegliano altri mitra-
glieri,
Ignorando quale preziosa preda si offra loro essi aprono
i1 fuoco. L'ape rossa fa un'ultima capriola poi precipita, ac+
corrono dei soldati di fanteria. Intorno al motore sfondato
L'ASSO NEMICO 213
un cilindro rotativo è penetrato neli'ammasso delle ali e
della coda sfracellate al suolo. Presso il suo sedile. con il
braccio destro inerte incrostato di argilla, giace il cadavere
ancora caldo del barone. Sei palle nell'uno e nell'altro fian-
co, una di esse giunse sino a1 cuore; una palla sotto al men-
to che trapassò da parte a parte la testa: queste ie sue fe-
rite. A Sordo restavano sette nastri di mitragliatrice non an-
cora adoperati ed un moschetto da cavalleria carico. 11 diiel,
lo e la morte del Capitano degli Ulani von Richthofen di.
venuto asso degli assi tedeschi avvennero a mezzogiorno
dietro a Sayiii,le-Sce.
Le esequie sono compiute alle cinque naturalmente con
gli onori militari. Non vi manchiamo. Una guardia di do,
dici uomini è schierata e presenta le armi. Sei ~16ciali.tui,
ti piloti, tutti assi britannici sollevano la bara sulle loro
spalle e fra due ranghi di soldati, la caricano nel furgone
automobile: ciò che viene chiamato rimorchio, il quale con
lentissima marcia ci conduce verso la fossa.
Il pastore anglicano, poiche il morto era Iiiterano. par.
tito per primo, indossando la stola di sopra della giiibba or,
nata del D.S.O..ci attende sulla soglia del cimiteto.
Dietro al furgone i dodici uomini della parata cam,
miiiano con gli occhi al s~ioloe il fucile capavolto mtto al
braccio. Cinquanta aviatori, ufficiali e sottufficiali, formano
il corteo raggriippato a quattro a quattro. Dai campi del
Sud, in aeroplano. sono accorsi per tempo quattro aviatori
azzurri per un tributo d'onore da rendere da parte degli
assi di Francia ad un nemico coraggioso e leale. Siilla bara
sono distese cinque corone: cinque grevi corone di sempre-
vivi ornate di nastri dai colori tedeschi: una f i i inviata dal
18
Quartier Generale dell'aviazione britannica: le altre pro*
vengono dalle squadriglie viche. Tutte portano la seguente
iscrizione:

<i ~i RICHTHOFEN
AL CAPITANO
PRODE E DEGNO AWERSARIO >>.
Pronunciate le preci dei morti, la guardia d'onore spara
tre salve a polvere per i1 saluto aupremo.
Sopra il legno della bara si inchoda una placca di al-
luminio che porta due volte iscritte queste parole in inglese
ed in tedesco:

<iQui riposa il Capitano di cavaller~a


Manfredo barone di Richthofen,
venticinquenne
uccix, sul campo dell'onore
in combattimento aereo
il 21 aprik 1918 1,.

Aeroplani con le coccarde tricolori volteggiano sopra


le nostre teste, e poi prendono il largo per nuovi combat-
tiillenti.

Il giovane capo è scivolalo nella sua fossa.

La terra ricade sopra Iiii, E' laggiù. non lontano da Anueus,


una piccola tomba battuta dai venti, Una s i e ~ edi bianco-
spino poietta gi4 la sua ombra fiorita sopra il tumulo di
iin re deli'aria.
TESTIMONIANZA DI UN PRIGIONIERO
Dal dtario della madre cleli'eroe.
l
Uno dei prigionieri ha visitato or sono p h i giorni la
tomba del capitano di Richthafen. Essa si trova nel cimi,
tero civile francese di Bertangles dove solo pochi saldati

. sono sepolti. Sopra un'elica sono scritti in lettere argentee:


nome, grado, data d i morte ed alcune patolc di elogio. Sulla
! tomba erano posati dei fiori, e anche alcune corone vi gia,
cevano ancora.
Perche ti1 pure? T i pensavamo come la testimonianza
più cara della superiorità dell'aviazione tedesca e perciò
immune innanzi al demone poichè combattevi solo per pie.
garti al dovere.

l
!!
i
Volevamo tutti dirigere teneramente i nostri sguardi
verso questa gloria liiminosa in tempi più radiosi. verso
questo eroe che un intiero popolo acclama. Ed ora dobbia.
I rno invece ricacciare in cuore le nostre lacrime.
Ma perchè, domanda indignato il nostro dolore, per-
chè lasciaste sempre volare il grande vincitore? Quello do,
vevate strapparlo alla morte deli'aviatore.
In verità tu brilli ora nei canti e nelle leggende con
Sigfrido ed Achille per I'eternità, fiera consolazione ma pure
dotoroso distacco.
Lettera del Ten, aviatore W o l ~
a Lotavio Richthofen.

Caro Richthofen, Aeroporto, 25 aprile 1g18.


Non posso ancora credere clie sia vero, Mi pare di W -
p a r e Lin brutto sogno dal q~ialedebba risvegliarmi. E p
pure deve essere vero poiche tutto il mondo ne p r l a . Non
5 possibile fermare il pensiero sopra questa cosa orribile sec.
2 1 piangere. P o ~ ~ com~rendere
o il suo dolore paichè nulla
poteva colpirla così crudelmente come la perdita del suo
fratello. E' il più dolore che un esere uma-
na possa provare. Mz ariclie noi tutti persino il più giovafie
ir.ecc-nico lo piangiamo. Noi piangiamo un ilorno che er.i
rutto ~ e :noi. per il quale ovremmo con gioia dato tutto.
P~irtropponon ci fu concesso climostrargli la nostra fedeltà
indistruttibi!e; io in particolare modo sono infinitamente
triste. H o perdiito con lui plU che l'esempio luminosc che
egli era per i ~ i t t inoi; io l'ho amato come un padre. Ero
felice quando potevo s t x e con lui. Appiinto negli uliimi
teii-ip ciò si era verificato; si di un vola ;i Fribzirgo
ed a Spira. Dovevamo partire il 24 apile. Il Capitano va-
leva rimanere alcuni giorni nella Foresta Nera per cacciare
ii gallo di montagna poi visitare le oficine del Palatinato.
E ciò non saci più! Oya tutto muterà. Tutto poteva acca.
dere, ma non questo: il clestino è stato invero troppo
crudele. La sera del 20 aprile abbattè ancora il suo settan,
tanovcsimo C il suo ottantesimo avversario. L.a sera tardi.
verso le sette e mezzo eravamo partiti in volo ancora una
volta, Una divisione accanTpata presso Villers Breton-
neuse aveva chiesto protezione. Eravamo appena giunti al,
lorchè incontrammo un mucchio di Sopwith-Carneis; na-
turalmente li aitaccammo subito. Un minuto più tardi il
primo ardeva, subito dopo il secondo. ed in seguito ad itn
non lungo intervallo il terzo. la disgraziatamente non rii!-
scii ad abbattere il mio. Incidentalmente. ho ora nove vit-
torie da annoverare. Due ne aveva h t t i precipitare i1 capi,
tano il te;zo il tenente Weiss che ora coma:ida la ncstra
sqi~adri~lia e conta diciotto nemici abbattcti. Il capirano
deve essersi molto ralleglaro di qireste a i e dile nuove vit-
torie. Dopo il combztlirr.ento discese assai in bzsso cocicchè
tutti gli potessero riconoscere il suo apparecchio rosso, e
fate dei cenni di saluto alla fanteria e alle colonne in mar-
cia. Tutti sapevano chi pilotava quel velivolo e timi ave-
vano visto poco ~ r i t n aardere gli aeroplani inglesi. Entu-
siasti tutti salutarono e sventol-arono i loto berretti. Quando
il capitano scese a tetra battè lc i n a n ~e si mostrò mollo con-
tento dicendo: i Ottanta è iin magnifico numero! i, e noi
tutti ci raliegranimo con lui e lo guardammo pieni di ani,
mirazione.
Tutto ciò ebbe luogo la sera prima, poi giunse la mat-
tina fatale. Partimmo circa a mezzogiorno meno un quar-
to. in due colonne. Nella prima colonna il Capitano, il sot-
totenente barone di Richthofen, (un cugim di Manfredo).
il tenente Karjus? il zergente Scholtz ed io. Eravamo rp,
. ,
pena giunti sul fronte c~uandoscorgemmo al di sotto d! no,,
al di qua delle nostre linee nei pressi di Hamel. qualchecosa
come sette Sopwiih-Crrmels. 0lti.e a noi cinque vi era nel-
278 RICHTHOFEN

le vicinanze anche la 5' squadriglia da caccia ma più in-


dietro sulle retrovie nei pressi di Saillyle-Sec. Al di mpra
di noi vi erano altri setre Sopwith-Camels che però in parte
attaccarono la 5" squadriglia in parte rimasero in alto. Ne!
corso deI combattimento vidi p& volte il capitano nelle
mie vicinanze, non aveva ancora abbattiito nessun avver?
sario.
Della nostra colonna solo il tencnte Karjus si trovava
Fresco di me. II sergente Scholtz combatteva nel!a zona di
Saillyle-Sec co i gli Albatros. I1 xitcotenente von Richtho.
fen pare non si fosse ancora bene ambientato poichè era
quasi al suo primo combattimento aerw. Mentre con iI te.
nenle Karjus io lottavo contro due Camels, vidi improv*
visamente l'apparecchio rosso vicino, mentre tirava sopra
riii Camel che dapprima si lasciò cadere a foglia morta; poi
filò con un rapido v010 a candela verso l'ovest, Questo com.
Latti~iien~o avveniva gia al di sopra delie nostre linee all'al-
tezza di Hamelet.
Avevaino 1111 Eur~evento di levante, a ciò non aveva
pensato il Capitano. Poichè avevo in quel momento più
aria intorno a me ~ i i iocciipai un po' più intensamente di
iin Camel e lo abbattei, Mentre il Camel precipitava: cer-
cai con lo sguardo il capitano e lo scorsi ad una quota inolto
bassa quasi al di sopra della Somme. nei pressi di Corbie
che inseguiva sempre i1 suo inglese. Inconsciamente scossi
la testa meravigliandomi che il Capitano perseguisse un
avversario tanto lontano al di là delle nostre linee. Men+
tre cerco di osservare ove è caduto l'avversario da me abbat.
tuto, sento ail'improvviso crepitare una mitragliacrice die-
tro a me e vengo attaccato da un altro Camel; per di
questo mio nuovo avversario era un asso che mi conficcò
ben 20 proiettili neli'apparecchio. Quando mi riuscì di
liberarmi felicemente di lui mi guardai attorno in cerca del
Capitano ma non vidi più nessuno eccetto il tenente Ka-
rjus che era nelle mie vicinanze ma anche lui non si ren-
deva conto della situazione. Cominciai allora ad essere in,
quieto per suo fratello poiche avrei assoiutamente dovuto
vederlo. Ci aggirammo ancora un po' nella zona, fummo
nuovamente attaccati da un inglese che inseguimmo sino
all'altezza di circa novecento metri al disopra di Corbie ma
del capitano nessuno traccia. Rientrammo turbati da tristi
presentimenti. Ci attendevano inFatti notizie. Un triplano
POSX) aveva atterrato normalmente a nord-est di Corbie.
Che u n altro inglese lo avesse potuto calpire alle spalle era
escluso; di ciò mi rendevo garante io.
Questo sarebbe stato anche il più terribile per me
poiche io mi consideravo in certo qual modo la guardia del
corpo del Capitano. Pare egli abbia abbattuto l'inglese poi
volle risalire ma fece invece improvvisamente una brusca
discesa in volo $ané ed atterrò. A questo potevano averlo
forzato due ipotesi: un glurrtn drll'apparecchio a cui tvop
po laoo~o stufo chiesto uppt~reun proiettile che da terra
rrbbia colpito il motore.
Ma agii doveva essere in vita e questo pensiero miti*
gava il nostto dolore. Ci rallegravamo anzi per i suoi geni.
tori che avrebbero avuto la gioia di riabbracciate il loro
grande figliuolo dopo la guerra. Ma il giorno seguente ven-
ne il maggiore Hachnelt e ci disse che il Capitano era ca-
duto. Era impossibile. non poteva essere veto. Mi venne sii,
bito un orrendo sospetto. Si ~ e n dad un colpo di fucile,
2S0 RICHTHOFEN

Se il motore è colpito da terra, difficilmente si può col tri-


lan no atterrare normalmente. Ma in quella zona sono ac-
campati degli Australiani che hanno visto l'inglese preci-
pitare, C ad un tratto appunto in quel posta il triplano f u
costretto ad atterrare. M a il pensiero si rifiuta di concepire
una cosa simile. E' possibile che gli uomini tutti sieno così
selvaggi?
Lei riceverà certamente altre notizie a quesro riguardo.
E se fosse vero. tutto il popolo tedesco ne chiederà rad
gione. E noi la squadra da caccia Richthofen ed in partito.,
lar modo la undicesima squadriglia mostreremo agli Inglesi
che ce Richthofen è morto, il suo spirito sopravvive e so-
prawivecà eternamente in noi, A lei auguro una rapida
guarigione. Speriamo possa venire presto tra noi Fet gui-
darci di vittoria in vittoria, poiche siimo animati da un
solo pensiero. Vendicare il suo eroico fratello.
Con la rinnovata espressione delle più sincere condc-
glianze ed i pii1 devoti salilti.
SUOHANS WOLFF.

MORTE DI RICHTHOFEN
Resoconio del corrispondente di guerra Dv. Max Osborn.
Da.lla Somme, 24 aprile 1918.
11 caso mi condusse oggi sul campo di battaglia ad est
di Amiens sul posto ove or sono tre giorni il capirano Man-
fido di R~chthoEenè stato strappato alIa gloria e alla vita
nonchè a l cerchio dei suoi pii1 fidi compagni.
Per tutto il fronte qui ci combatte aspramente. e nep-
pure la morte di uno dei più popolari eroi che la guerra ci
abbia donato portare un solo istante di stasi nel gran.
de ingranaggio. ma la scomparsa di questa sublime perso.
nalità. di questiioino cavalleresco ammirato ed amato da
tutti viene, nonostante l'estrema tensione dell'ardua lotta.
dolorosamente sentita da ognuno.
Da ciò che intesi, ovvero da ciò che mi venne nar-
Iato dai compagni di Richthofen durante l'ultimo suo cam-
battimento. gli avvenimenti. del resto sinora non ancora
completamente noti, si svolero nel seguente modo:
Domenica, z r aprile nella tarda mattinata verso le
undici e mezzo il Capitano con quattro aviatori della sua
squadriglia. tra essi anche suo cugino che solo da Fow tem-
po apparteneva aiia ben nota undicesima squadriglia, e che
volava piU che altro per esercitarsi, partì in volo verm est
al di sopra delle prime linee tedesche. Essi, alla quota rela-
tivamente bassa di milIecinquecenta metri, in cielo nebbio-
so, si trovarono di fronte sette apparecchi Camels. mentre
altri sette aeroplani nemici si potevano scorgere a più note.
vole altezza.
Con i primi sette i nostri ingaggiarono subito un fiero
combattimento.
11 tenente K. e il sottotenente W. attaccarono vari in.
glesi e all'improwiso videro al loro fianco il rosa triplano
di Richthofen che a tutta velocità si precipitava sul nemi-
co p r attaccarlo. Con la sua abituale irresistibile foga il
Capitano prese di mira un Camel che immediatamente si
trovò sotto il fuoco deUa sua mitragliatrice. e cadde quasi
verticalmente. 11 forte vento di levante che spirava dome-
282 RICHTHOFEN

nica in quell'ora aveva fatto deviare ttrtto il gruppo dei com-


battenti dalla loro primitiva posizione verso ovest nel terri-
torio nemico. prima nei pressi di Hamelet, poi sopra i ter-
reni paludosi della Somme nella zona di Corbie. 1 più gio.
vani tedeschi videro come in quei Iiiogo l'ing& tentasse
riprendersi ancora una volta e come Richthofen tornasse ad
inseguirlo. Il sottotenente W. attaccò un nuovo avversa.
rio, e riuscì a farlo precipitare a sud di Hamelet: era que.
sto il suo nono nemico abbattuto. Subito dopo si volò at-
torno in cerca del capitano che era il capo della squadriglia
e potè scorgere il triplano rosso che inseguiva ancora più
verso ovest il suo awersario: questo fatto lo colpì ma non
potè più a lungo osservare come si svolgessero gli awe-
nimenti perche nuovamente aggredito dal nemico. Anche
gli altri erano impegnati nella lotta con i rimanenti aero.
plani inglesi: dopo essersi per un certo tempo battuti con il
nemico il combattimento cessò, e i tedeschi non scorgendo
il loro capo rientrarono soli al campo.
Vi giunsero. senza Richthofen già in pena per lui ma
ancora con la speranza che lui tanto provetto li seguirebbe
a breve distanza. Ma attesero invano. Nel frattempo 0s.
servatori sulle alture presso Hamelet avevano constatato co.
me l'Inglese che Richthofen aveva scelto a suo awersario
particolare, fosse precipitato a terra completamente 6nito
dopo esser stato costretto a scendere sino a duecento metri.
Videro in seguito come Richthofen elevasse il suo apparec-
chio evidentemente per voltare e tornare lui pure a casa:
e come invece all'improwiso scendesse in volo planata; <io.
nonostante a quanto fu con certezza potuto constatare dagli
osservatori, il triplano rosw riuscì ad atterrare senza inci.
L'ASSO NEMICO 283

denti immediatamente a nord ovest di Grbie già al di 13


dell'Ancre che quivi sbocca nella Somme. 1 compagni, per
questo, dovevano presumere che Richthofen fosse rimasto
in vita e fosse stato fatto prigioniero. Solo il comunicato
Reuter rivelò ad essi la tragica verità. Essi non vedono an-
cora chiaramente come possano essersi svolti gli avveni-
menti. E' possibile che il motore di Richthofen troppo for-
zato durante la caccia e l'inseg~iimentodel nemico si sia im.
p o w i s m e n t e arrestato costringendo l'aviatore ad una ra-
pida dircesa in volo planato. e che diirante questa egli sia
stdto mortalmente colpito da un proiettile di mitragliatrice
prqvaniente da terra {orsc sparato d brewissi~nadistanid.
Può anche essere che il capitano sia stato colpitp dal
basso mentre cercava cambiare rotta e prendere volo verso
il suo campo. In entrambi i casi occorre che l'eroico pilota
già votato alla morte abb~acon inaudita energia saputo te,
nere il volante in modo che l'apparecchio riuscì ad atter-
rare senza danno alcunu. Nè .dietro a lui nè al disopra di
di lui non fu in quel periodo di tempo visibile alcun appa-
recchio nemico.

L'Inglese che Richthofen abbattè immediatamente prid


ma della sua morte era l'ottantunesinio avversario da lui
scorifitto. CIÒ significa che ottantuna furono le sue vittorie
secondo le severe norme con le quali esse vengono con*
teggiate presso di noi. Gli ufficiali della sua squadriglia so,
no del parere che tale numero verrebbe considerevalniente
284 RICHTHOFEN

aumentato se si potessero aggiungere ad esso la non esigua


schiera di quelli che Richthufen abbattè e sconfisse troppo
al di Ià delle Linee nemiche perchè la loro caduta avesse po,
tiito essere con indubbia certezza constatata da noi. Inol-
t r e essi raccontarono come ogni qualvolta altri colpirono
insieme a lui un apparecchio nemico che fu poi abbattuto,
egli fersonalmente si foace tirato in disparte per lasciare al
compagno l'onore della vittoria: prova questa della sua ge-
nerosità e del suo elevato senso di cameratismo. Il settzn-
tanovesimo e l'ottantesimo avversario furono abbattuti da
Rishthofen la seta alla sua mmte, il 20 aprile
alle sette tra Warhisée-Abancourt e Villers-Bretonneux.
entrambi nello stesso conibattimento aereo. L'ur,o dopo l'al-
tro a due minuti di distanza. Aveva già prima detto che
sperava con una simile doppia vittoria raggiungere l'ottan.
tesima e si era itnme~isamentzrallegrato che le sue speran.
ze si fossero tradotte in realtà. Al ritorno aveva volato as-
sai b a m Fer fare cenno di saluto alle colonne di soldati
che marciavano sulla strada. L'apparecchio rosso era noto
a tutti i combattenti tantopiu che Richthofen attaccava in
particolare modo gli aviatori nemici che bombardavano Le
nostre truppe: esso era perci0 ammirato
dalla nostra fanteria,
Oggi, 24 aprile. il capitano Richthofen doveva anda.
re in licenza. Voleva volare con il sottotenente W. a Fri-
bilrgo e di lì recarsi per alcuni giorni nella Foresta Nera a
cacciare il gallo di montagna e adempiere poi ad un incarico
di servizio. I due aviatori avevano già stabilito il loro iti-
nerario. Se il tempo fosse stato cattivo il viaggio avrebbe
dovuto essere fatto in ferrovia: gli scontritii di viaggio era.
no a buon conto già riempiti. Ed ora invece uno dei corn-
pagni di Richthofen dovette volare a Kortryk per portare
al padre del caduto ia tragica notizia. Gli amici. i dipen-
denti e gli allievi consideravano l'eroe come invulnerabile.
credevano fermamente che nessun male potesse accadergli.
Noi solo abbiamo temuto che I'instancaLile potesse un gior-
no cadere sul campo di battaglia.
L'affetto e la venerazione che si ebbero Fer lui. van-
no ora al superbo ricordo di un combattente che cadde dopo
aver fatto per la patria quanto di meglio poteva essere
osato, il cui nome era già circondato quasi da una aureola
di leggenda. e che, come gli eroi delle vecchie fiabe vennc
dall'infido destino wspnto nell'ombra, nel Lorc della gio-
vinezza.

La squadriglia del capitano barone di RiciitiioEen, che


consta di circa 30 aeroplani, sorvolò domenica le linee in-
glesi sulla Somme. DoFo che Richthofen ebbe con la sua
squadriglia da caccia respinto alcuni apparecchi inglesi, si
diresse con la sua sezione verso nord. In breve tempo, circa
cinquanta aeroplani accorsi da ogni parte erano impegnati
in comhattiinento. Fii un'aspra battaglia nella quale era im-
possibile distinguere. amici c nemici, All'im~rovviwisi vide
I'apparecchio di Richthofen precipitare da una altezza di
circa ceritocinquanta metri. Q u a d o più tardi fu raccolto il
suo cadavere si constatò che egli aveva riportato delle fe-
rite al lato siiiistro in prossimità del ciiore.
RICHTHOFEN

L'ULTIMO VOLO DI RICHTHOFEN

Racconto del corrispondente di guerra Scheuermann.

Dalla rquadviglia Richthofen, 23 apile 1918.


Richthofen domenica mattina era partito in volo con
quattro aeroplani della sua squadra; di questi due erano
pilotati da esperti combattenti aerei il sottotenente Wolff
ed il sergente Scholtz: negli altri due volavano i1 tenente
Karjus che d o ~ oessersi per anni dimostrato eccellente os-
servatore. nonostante la wrdita della mano destra siibita
nel 1914, si era da poco dato all'aviazione da cornbattimeii-
to, ed il sottotenente Richthofen, un giovane cugino del
Capitano. Nella zona di Hamelet il sottotenente Wolff
ed il tenente Karjus vennero a trovarsi in mezzo ad un
combattimento contro sette Sopwith-Camels mentre una
squadriglia di Albatros tedeschi si avanzava a sua volta da
Sailly-le-Sec. Una parte clegli Inglesi cercò sfuggire agli Al+
batros e venne da questi inseguita. Wolff e Karjus rimasero.
impegnati in un comhattimento a breve distanza con tre o
quattro Sapwith*CaineLs, quando improvvisamente passò
loro di fianco il velivolo rosso di Richthofen che inseguiva
un nemico che scendeva rapidamente in volo planato. Nel
frattempo il sottotenente Woll'i faceva precipitare in fiam.
me uno degli avversari, il nono per lui, Mentre osservava la
caduta del nemico potè ancora vedere come Richthofen
continuasse ad inseguire l'avversario sino alquanto in basso,
verso ovest in direzione della Somme. Nell'istante seglien-
te il sottotenente W o H era impegnato in duello con un
avversario molto provetto. D o p un nutrito scambio di col-
pi la sua mitragliatrice si incep* il suo apparecchio inol-
tre era stato più volte colpito perciò fu costretto a ritirarsi.
Constatò allora con soddisfazione che l'aeroplano di Rich-
thofen era scomparso in direzione di Hamelet.
Sulla strada del ritorno fu costretto ad inseguire con
altri aviatori tedeschi una squadriglia inglese da loro incon*
trata.
Quando rientrarono al campo vi erano già varie noti-
zie concordanti giunte sia da osservatori aerei che da quelli
di artiglieria: secondo esse Richthofen spinto da un forte
vento di levante aveva contrariamente alle sue abitudini
inseguito il rieriiico sino ad otto chilometri a1 di là delle li.
nee nemiche, e abbattutolo aveva tentato di far innalzare
di nuova il suo apparecchio senza riuscirvi. o per causa di
iin colpo ricevuto ai timone o per un guasto al motore, così
Richthofen £LI costretto ad atterrare in terra nemica riu.
scendo a farlo senza danno alcuno anche se con un brusco
volo planato. Era convinzione generale che il Sigfrido del-
l'aria fosse cadiito illeso prigioniero degli inglesi poichè un
ferito non avrebbe potuto manovrare con tanta sicurezza il
pesante triplano. .%lo la comunicazione nemica per tele-
grafo senza fili partò la notizia appresa su tutto il fronte
con grande emozione, ma senza quasi prestarvi fede, della
morte dell'eroe. Nel frattempo si sparse la voce. che qui
circola ovunque senza che se ne conosca l'origine. che gli
australiani nel cui settore scese a terra l'aeroplano, abbiano
ucciso Richthofen dopo che fu disceso dal s ~ i oapparecchio.
11 posto ove ebbe fine la sua vita coronata dalla gloria
si trova a nord di Corbie sopra una piccola altura nella re-
gione ove I'Ancre sbocca nella Somme. Richthofen. come
sempre nei suoi voli non aveva con se documento alcuno.
Questa volta contrariamente alle sue abitudini non portava
neppure la Croce al Merito. che era uso agganciare sorto
alla pelliccia. Ma il nemico conosceva il suo triplano, che
sino dal piincipio della grande battaglia egli aveva nuova-
mente dipinto di rosso. e che con il suo apparire provocava
tanto entusiasmo presso la nostra fanteria e nelle nostre
file, quanto terrore in quelle nemiche.
Con grande dignità accolse i1 vecchio padre dell'eroe
la dolorosa notizia e dalla Fiandra ove è a capo di iin Co.
mando di Zona telegrafò alla squadriglia che continua 3
portare il nome di Richthofen esprimendo il desiderio che
lo spirito del suo figliiiolo continui a vivere nei suoi com-
pagni di lotta.

In occasione dell'e~oica inorte del Capitano Barone di


Richthofen il Generale in capo pirbblica il seguente anni~n,
cio nel i, Foglio d'ordini dell'aviazione i,:

riIl capitano Manfredo barone di Richthofen non è ri-


tornato dali'insegiiirnento di un nemico. Egli è caduto. L'ar.
mata ha perduto un aiato infaticabile: l'aviazione da caccia
il suo capo amato e il suo animatore. Egli rimarrà un eroe
del popolo tedesco per il quale combattè e morì.
L'ASSO NEMIW %I

La sua morte è come #una profonda ferita per la sua


squadra e per l'aviazione tutta che lw condusse alla vittoria.
II tenace valore che lo condusse alla vittoria e che egli
lasciò in retaggio ai suoi compagni la guarirà.
Generale v o ~HOEPPNER
Comandante Generale le Forze ~ e r e n.
e

Berlino, t3 aprile.
Nella riunione principale del Reichtstag stamane du-
rante la discussione sul bilancio dell'Armata il deputato
Muller Meirgen espresse al Ministro della Guerra le più
vive condoglianze per la morte del più glorioso av~atorete,
desco il Capitano Barone di Richthofen.
I1 Ministro della guerra von Stein commemorò quin-
di i'aviatore caduto con le seguenti parole.
La morte del Capitano barone di Richthofen è or-
mai certa. Anche questo eroe è ora coperto dalla terra.
Quale meraviglioso esempio egli sia stato non occorre io lo
ricordi: tutto il popolo tedesco, compresi i fanaulli, conosce
quanto egli abbia compiuto. Le sue gesta rimarranno irnpe,
ritura memoria, il suo esempio continueri a portare magni-
fici frutti ».

NELLA
SEDUTA PLENARIA DEL REICHSTAG.

Al Reichstag il Vice presidente Dr. Paasche, ricord;'


l'eroica morte del Capitano barone di Richthofen.
19
N Il più viva sentimento di ~artecipazioneal dolore del
paese intiero si è svegliato in milioni di cuori tedewhi ed
anche in questo consesso, il nostro re dell'aria il Capitano
di Richthofen non è rientrato fra noi. Voi tutti sapete come
nonostante i suoi venticinque anni egli 31a divenuto un
eroe nazionale 'unesempio di quello che un uomo di volere
può osare sul campo di battaglia.
Il suo modo di combattere. ~ i e n odi arditezza e di co.
raggio ha suscitato l'ammirazione nbn solo dei suoi uffL
ciali e dei suoi compagni ma di tutto il popolo tedesco. Con
il cuore oppresso prendiamo parte al grave lutto che ha col-
pito le nostre forze aeree. Egli era il tipo del vero ufficiale
tedesco. Vi siete tutti levati in piedi F.er onorare la sua
memoria: ne prendo atto.

Ai Vicepresidente del Reichstag consigliere segreto


Dott. Pnarche è giunto il telegramma seguente:

Qua~tierGenerale, 25 aprile.
Le calde prole con le quali l'Ecc. V. ha commerno-
rato ai Reichstag il nostro più grande aviatore e l'onore re,
so aila sua memoria dall'intiera rappresentanza deiia na-
zione hanno suscitato la più viva riconoscenza nel cuore di
tutti coloro che appartengono all'aviazione tedesca. Ci sen-
tiamo uniti con tutta la Germania nel rimpianto per i1 no,
stro compagno eroicamente caduto. La coscienza di ciò ci
dà la forza di soppartare la grave perdita che ci ha colpiti
e ravviva la serena certezza che I'intensa volontà d'azione
del nostro Richthofen sopravviverà quale retaggio d'onore
nel cuore di tutti coloro che appartengono au'armata aerea
e ci assicurerà anche in futuro il dominio dell'aria.
Il comandante gefierale le fmze aeuee
Generale VONHOEPPFER.

Signor Richthofen, 25 aprile 1918.


Quanto da tempo riempiva i noszri cilori cii ansia, il
timore cioè di perdere un giorno il suo eroica figliiiolo è
divenuta dolorosa realtà. Sono stato personalmente in di,
retto rapporto con lui e con la sua squadriglia c m i sono
spesso compiaciuto della sua forte personalità e della fiducia
illimitata con la quale i suoi subordinati si fiffidavano alla
sua guida. Perdere suo figlio significava perdere una forza
insostituibile dcll'aviatione: che avrebbe depresso la nostra
ed inccrraggiato l'arroganza di quelja nemica: percib ap-
punto volevo chiedere alla direzione generale dell'armata
di allontanare sua figlio dall'aviazione attiva. Senonchè era
stato annunciato il trasferimento di tutta la sua squadra
su altro fronte. La partenza per8 non potè subiro avvenire
a causa del tempo sfavorevole e l'ordine di trasierimento
venne doFo p c h i giorni ritirato. Suo figkio venne lui stesso
& me. e mi dimostrò la sua gioia: egli preferiva restare con
miDi,Prima che potessi ritornare al mio proponiriiento di
&&re il suo allontanamento dal luogo del ptricolo, egli
ci ha lasciati. La sua x6mpacsn mi colpisce assai dolorosn-
mente e la mia lettera, egregio signore Richthofen, vua-
le esserle testimonianza di come io pianga la morte de! suo
eroico figliuolo. La sua fama va assai più lontano che non
k frontiere della patria e sono convinto che anche il ne.
mico profondamente rispetta tanto eroismo. Ne fa fede. ;i
suo bollettino secondo il quale le esequie si sono svolte con
tutti gli onori militari.
T u t t o ciò farà bene al suo cuore; ma non può knire
il dolore di avere perduto un figliuolo. Sento la necessiti di
esprimerle non solranto le mie vive condoglianze, ma b e d
quelle di tutto lo stato maggiore del Fronte occidentale e
di assicurarla che il nome eroica di suo figlio vivrà indi.
nienticabile.
Possa Iddio a n n i p e n t e aiutarla a sopportare tanta
perdita e conservarle sano il suo secondogeni~oche pure. ha
già sanguinato per la patria. E questo il più sincero augurio
del suo dev.mo
VONDER MARWITZ
Generale di Cavalleria
Aiularile di Caiiipa deil'1mperata1.ee Comsndaiiie in Cap.

ELOGIO INGLESE

Molto si difEerenziano dal tono abituale della stampa


inglese. le calde parole m le quali ia rivista tecnica u Aed
roplane del 24 aprile ricordano Richthofen. V i si legge:
Richthoien e rimorarto.Tutti gli aviatori saranno contenti che
egli sia fuori combattimento, ma non vi sarà fra essi nerru-
L'ASSO NBWICO 293

no che non rimpianga sinceramente la morte di un valoroso


uomo d'onore. Or sono alcuni giorni ebbe luogo un bam
chetto in onore di uno dei nostri migliori aviatori. Questi
rispondendo ad un discorsa in suo onore brindò a Richtho,
fen e tutta la sua quadra spontaneamente si unì a lui in
questo riconoscimento di un valoroso avversario. Entrambi
questi valenti aviatori sono ora scomparsi nonostante il
nostro eroe avesse espresso l'augurio che entrambi potessero
sopravvivere a questa guerra per potersi a vicenda narrare
le pmprie avventure. Nessuno, nel corpo di aviazione noi1
si sarebbe rallegrato di riuscire ad abbattere Richthofen, ma
ognuno gli avrebbe con gioia stretto la mano se fosse ca-
duto vivo in prigionia. E' una bugia che tutti gli apparec,
chi abbattuti dalla sua squadriglia sieno stati atttibiiiti a
Richthofen. Le cifre tedesche sono sempre esattissinie ec-
cetto quando ragioni strategiche richiedano delle esagera.
zioni. Vero è però che i tedeschi contano i palloni ftenati
fatti precipitare come apparecchi abbattuti, ma anche senza
questi le vittorie di Richthofen sarebbero egualmente ot-
tanta. Richthofen era u n uomo valoroso un cornbattrriic
kale: un vero gentiluomo. Che egli riposi in pace.

DISCORSODEL PROVVEDITORE AGLI STUDIDOTT.BULOW,


PRONUNCLATO NEL GINNASIO DI SCHWEIDNITZ.

Signore e Signori,
L'epoca nella quale viviamo è assai grandiosa: forse la
più grandiosa per 11 storia del nostro popolo: ma anclie la
più diicile, una epoca della quale la spada della quale Gesù
294 RICHTHOFEY

di Nazareth pararlò a Maria ha trapassato il cuore di migliaia


e migliaia di madri tedesche: e nella quale un mare di la-
crime è sgorgato dagli occhi delle madri, delle spose e delle
sorelle, dei padri, dei fratelli, degli amici dei nostri eroi
caduti.
In questi tempi di dolore e di tristezza ci siamo r ~ u -
niti oggi nell'aula magna del nostro antico per
una degna e sacra cerimonia che commriove tutti pro.
fondamente. La nostra commozione si fa ancora piii intensa
al ricordo che colui che commemoriamo oggi. L'eroico svia;
tore caduto. il re dell'aria, il Capitano di Richthofen, di-
ciassette anni or sono si aggirava spensierato scolaretto di
prima ginnasiale Ira queste stesse mura. E se anche vi ri-
mase un anno solo prima di entrare come cadetto nella
scuola militare di Wahlstatt, dalla quale passi poi nel-
l'esercito, il nostro antico istituto lo ricorderà sempre: e
incide con orgoglio e riverenza il nome di lui come que'llo
di uno dei migliori suoi figli. nei suoi annali accanto ai
nomi di tanti altri illustri uomini che lo frequentarono
prima di lui. Anche i1 dott. Glabzer appartiene alla schiera
dei nostri scolari di un tempo. Ancorcliè non vi sia noto, la
nostra vecchia citti dai halcotii fioriti vede in Manfredo di
Richthofen uno dei suoi figli come egli stesso afferma nel
suo noto libro L'Aviatore rossa D. Nel siio messaggio di
(L

condoglianze alla niadre deli'eroe il nostro podestà nomi-


na due volte conic patria del gandt: aviatore la nostra
Sthveidnitz che si propone di onorare in modo degno l a
memoria del suo amato scoroparso: ed in realtà a questa
terra egli sentiva i!i appartenere, qui è la sua casa patema
ove spesso e volentieri egli soggiornava. Quale entusiasta
accoglienza gli fu riservata da parte dei nostri concittadini
quando nello scorso anno egli giunse qui in volo con il suo
ben noto velivolo rosso! &me lo ha acclamato la nostra
gioventù soprattutto, che guardava a lui con entusiasmo ed
ammirazione illimitatal
D'ora in poi quando i nostri scolaretti impareranno a
conoscere la leggenda di Achille, l'eroe pii1 caro agli Elle.
ni, che preferi una breve vita gloriosa ad una lunga ed
oxura esistenza, o ¶uando ascolteranno la leggenda di Sig.
kido lo splendente eroe germanico che la freccia di morte
colpi in pieno fiorire di gioventii e di bellezza, vedranno
innalzarsi loro accanto una terza luminosa figura: quelln
del nostro erw dell'aria, di Manfredo Richthofen. Ad
Achille ed a Sighido egli rassomiglia per la sua breve ma
gloriosa vita di eroe. Or sono quindici giorni, una darne-
nica la perfida morte dal campo di battaglia che non cono-
sce pietà l'ha rapito. Mancavano pochi giorni al due di
maggio in cui avrebbe compiuto il suo ventiseiesimo anno di
vita. Alla fine di maggio sarebbero stati tre anni dacchè
l'allora sottotenente degli Ulani entrò a far parte dell'avia.
zione: e in questo breve tempo di due anni ed undici mesi
egli ha conquistato sempre nuovi successi sino a divenire
i! più glorioso ed il più popolare arso tedesco, anzi il pii1
noto aviatore del monda il cui petto si era frcgiato deile
più alte onorificenze. I1 comandante in capo delle forze
aeree Generale von Hoeppner nel siio telegramma di con-
doglianze lo chiama i( Il naigliore, il capo degli az'iatori da
caccia ».
Hindenburg dice di lui a Come maestro dell'uuia~ione
d i perra come esempio per ogni tedesco, egli continuerù a
' T.
.~
. .,
. .
RICHTHOFBN

vivere nella memoria di tutto il popolo della Gevmania 1,.


E Ludendorff lo definisce I( La personifica~ione dello
spirito combattivo tedesco >i. Con ammirazione e trepida-
zione tutta la Germania e so~rattuttonoi aui a Schvednitz
abbiamo seguito la sua attiva e gloriosa vita di eroe. I seri,
ti'menti che ci hanno unanimemente coinmossi sono stati
espressi nel miglior modo possibile dalla nostra Imperatrice
nel suo telegramma ai genitori ove dice: I( tanto spesso ad
ogni notizia di una vittoria del 1070 figlitralo ho tremato
per la sua vita che egli aveva dedicato alla patria ed al ve i).
Ottanta volte egli fu vittorioso nella lotta aerea su
questo campo di battaglia che è il più aspro ed il più peri-
colocol ed ha superato così i due più noti assi tedeschi che
lo hanno preceduto. Boelcke ed Immelmann. Egli avrebbe
invero, dopo averli superati entrambi ed essersi così con.
quistato il primato nell'aviazione tedesca di guerra, potuta
tenersi un poco in disparte. Nessuno lo avrebbe biasimato,
molti anzi, forse tutti noi speravamo e ci auguravamo lo
facesse. tanto più che il nemico aveva più volte posto gros-
se taglie sopra il suo capo. Ma la sria indomabile volontà di
azione ed il suo illimitato eroico coraggio non lo perniette-
vano. Non era un vano desiderio di fama che lo spingeva,
ma bensì quell'immutabile profondo e modesto sentimento
del dovere, che animò tutti i grandi uomini prussiani ai
quali la Prussia e la Germania debbono la loro odierna gran-
dezza.
La sua giovane vita si svolse nello spirito e sulle orme
del grande Federico; di Uismark di Moltke, di Guglielmo i,
del nostro attuale Imperatore; uomini tutti la cui vita ha
per motto le grandi parole di Roma:
L'ASSO NEMICO
. 297

li PATRIAINSERVIEWDO CONSUMOR i,.

Mi consumo al servizio della Patria. L'importanza ed il


principale merito delle ottanta vittorie di Richthofen non
stanno solo nel numero elevato di avversari sconfitti 9 di
apparecchi 'distrutti, per quanto grave possa essere per il
nemico tale perdita, ma soprattutto nell'esempio che egli ha
dato a tutti i suoi compagni di aviazione e nell'emulazione
che egli ha così saputo suscitare in essi. Se il nostro esercito
nella guerra attuale rivendica la supremazia dell'aria ciò è
per una piccola parte metito di Richthofen. Quale impor-
tanza abbia nella guerra moderna l'amata aerea i noto a
noi tutti: il nostro Richthofen ha dunque in buona parte
contribuito ad intrecciare il serto di gloria che cinge la fton-
te dei nostri vittoriosi condottieri.
Altrettanto grande. forse anzi più grande e piii dup
ratura importanza delIe vittorie di guerra del nostro eroe
è la spinta potente che egli ha impressa all'aviazione tutta.
Egli ha dimostrato con i fatti con quale sicurezza e con qua,
le relativamente piccolo rischio l'aeroplano possa venire usa-
to anche nelle più difficili circ~stanre,con quanta precisione
la a nave aerea i> posa dalla mano dell'uomo venire guidata
verso la meta. In questo sta l'imperitura grandezza della
breve ma trionfale catriera aviatoria del nostro Richthofen.
In questo senso il giornale <iDie Ostschweiz n lo chiama un
pioniere nel c a m p deli'aviazione. di questo nuovo
campo aperto alla civiltà e lo pone accanto a 7xppelin. Le
benefiche conseguente dell'attività di questi due io mini per
lo sviluppo aereo si faranno pienamente scntire soltanto in
tempo di 'pace?
Non devesi tralasciare di ricordare che il nostro eroe
poco prima della sua morte. quasi la Fresentissc aveva com.
pilato un breve compendio sulla lotta aerea.
In esso ha sistematicamente riunite le sue esperienze
di combattente dell'aria lasciando così ai suoi compagni sco.
[ari e seguaci una preziosa somma di utili ammaestramenti
ed iin inestimabile retaggio.
Ciò che maggiorriiente attrae in Manfredo di Rich-
thofen sono le sue virtù che sopratutto adornano I'indo.
mito e glorioso combattente dell'aria, la sempliciti e la mod
destia. Tutti coloro che lo avviciriarono permnalmente fu-
rono awinti da queste sue qualità: esse risaltano anche dal
suo libro a L'Aviatore rossa >iove egli si dimostra con spic-
cata facilità chiara e concisa esposizioiie. Anche la nostra
Itiiperatricc ebbe a dire di Manfredo ai di lui genitori: I l
(0

loro figliuola mi è amova innanzi agli occhi rdla sw ma.


desiia e con la sempficitÀ dei siroi acconti quando in m q -
gai ebbi il piacere di poterlo fa!utare n.
Il magnifico e giovane eroe non è più. Egli, il caval*
leresco e nobile campione 6 morto senza essere stato vinto.
Questo B sicuro sebbene tanta oscurità circondi la sua mor.
re, una osci~ritàche noi non potremo mai ne vorremmo coin-
pletarnente chiarire. La sua spoglia eroica degna di Sigfri-
do, dorme ormai in terra nemica il sonno eterno. Grande C
sincero f u il lutto di iuiii qui comc nella Germania intiera
quando giunse la notizia della sua morte eroica. Da ogni
parte. dalle piu alte e note permnalirà giunsero ai genitori
commosse espressioni di condoglianza,
Forse questa compartecipazione di tutto il popolo te-
desco potrà un poco lenire il loro profondo e ,giustificatp
L'ASSO NEMICO 299

dolore. Conforto essi troveranno pure nella pura e semFlip


ce fede che Madredo stesa ha espresso nel suo libro con
le parole: (CNulla avviene senza il volerc di Dio è questa
Cina prola consolante che in questa guerra dobbiamo crjsì
spesso ripetere n. La sua famiglia e noi tutti dobbiamo con-
fortarci al pensiero che le opere ecl i suoi ineriti resteranno
imperituri. Finchè sopravviverà nel nostro popolo la me-
moria di questa gande e più d'ogni altra tremenda p e r -
ra; si ricorderà con animo riconoscente il pih grande erce
dell'aria deiia Germania: Manfredo di Richthvlen. La 5i.a
attività ed il suo esempio continueranno ad agire ropra-
tutto-sulla gioventù tedexa; e finchè il suo spirito eroico,
lo spirito di ardita temerarietà di fedeltà al dovere. di sa-
crificio animerà e guiderà la nostra gioventù. la Germania
non perirà.

T
Noi abbia o quindi ragione di piangere il nostro Mari.
fredo di Rich oEen ma non vogliamo compiangere colui
che se ne andò nel fiore degli anni ed all'apice della gloria.
Colui che è amato da Dio muore nel pieno della gioventù e
della fortuna. Vogliamo sentire r pensare così come Alfre-
do Wlotzha ha espresso nei suoi versi:
Non è tr:si;e morire anzitempo
Que~ldosfolgouando pev splenJore croico
Moriue noti è spegnersi,
.Ma divenire immoutltli.
Gloria a te valoroso eroe. nobile a n h a buonal
INDICE

W-
Prebioiie dei traduttori , . . . . . . . 5
I miei antenati . . . . . . . . . . 9
Nelle acuola dei cadeai . . . Il
Incorporazione nell'arrastn . . . . . . . 12
Inbio della cartiera militare . . . . . . .
d
14
G i o delle oaiiliià 1914 . . . . . . . . 16
Passaggio e h froniiera
Ve'eirpo la Francia . .
.
. . . .
18
21
Savizio di patiuglia . . . . 23
In panugliii con Loen . . . . . . . . . 30
1mmmiaVerdtui (invenio 1914) . . . 33
I1 prirno rolo al campo-scuola . . . . . . . 36
I1 p r h o volo di rirogiiizione . . . . . . . 38
In Rumio con Holck . . . . . . . . . 39
D& Xussia a Ostenda . 44
LP prima ferita . . . . . . . . 47
I1 primo combatliuiento aereo . . . . . . . 4.8
AUab~thgliadebChampagnr
Come conobbi Boelcbe . .
. . . .
50
5J
TroIo da sola . . . . . . . . 53
h morte di Holck . . . . . . . 58
Volo nella iempesta . . . . 59
n i m a volo di caccia . . . . . . . . . d
Bombardamenti nelle ie!rovis r u m
Finahente avistore da caccia . . 63
69
La mia prima vittoria . . . 70
Li morie di Boelcke 1916 . 73
L'ottavavittoria(novembre191b)
II mygioe Hawker . . . .
. . . . . .
76
79
al Merito di Giierra . 81
A l i m . . . . . . . 82
froneesi e uigleai . . . . 84
~ d r l n e m i c a. . . . . . . 85
L.mdi M aviatore . !l?
I1 prinio colpo doppio . . . . . . . . ,
La iii$urc giornata . . . . . . . . .
Gli inglesi Lomliardario il n d r o campo . . . . .
Sohacfcr attcrra fra le lùiee . . . . . . .
.Una squadriglia per iùrmi la caccia . . . . .
Voln verso h patria . . . .
%fio ErnteUo Lozario . . . . , . ,
. . .
.
. .
.
Aviazione da battaglia . . . . . . . .
.
Ferito alla tosta Lugùo 1917 . . . . . . .
Riconmceriza dei cittadini di Cotirtrni . . .
Scambiato per lo sposo , . , . . . .
. ..
In pallone firnaro . . . . . , . . . .
'I'auicu del r.omha~~iiiicriio acico . . . . . .
Lettere dal fronte alia madre . . . . . . .
Dal diario del Cralcllo Laiario . . . . . . .
Mcmoric deUa rnaàre . . . , . . . . .
-
Im arluailriglin Flichthore~i 14 ~ p r i t e1918 . , . .
Una tebtiniomanza olandese . . , , . . .
Richtliofa~come iiiperirir~ . . , . . . . .
Aneddoio di voti B. . . . . . , . . ,
I Rirliihofen; scritto &l suiccs5ore di 1vlaiiCt.rslu . . .
La 75' vittoria di Riclitliolen . . . . . . .
Un incoiuro con Glngeu . . . . . . , .
Richthdcn. Srritto di Sa1zu:aiiii . . , . . .
Comunicati iedeaehi iulla mnite di Hichiliiiro~.ii . . .
Comunicati inglesi . . * .' . . . . . *
Comunicati franceri 6ii11i escyiiir , . . , . .
'Teellinonianra di uii prigioniero . . . . . .
1,'nltinio iunibatiirneiito narratn dal l'eii. WoiiF , . .
,Morte di Rii:hihofeu ~critiada Mar OsLorn . . . .
1 ~ ' u l t h ovolo di Richthofen (coi1.is1i. d i giiirrii) . .
Coui4isiiiortiiiani e Conrlogliaiia~ . , . , . .
Elogio inglese . . . . . . . . . . .

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