Martha Gellhorn, The Thirties (1978)
My life began in February 1930. I got ready in
the summer of 1929, by leaving college at the
end of my junior year, against my father’s will,
and running through two jobs, proof that I
could make my way and pay for it if I didn’t
mind a diet of doughnuts and pawning my
typewriter to tide me over weekends. 1930 was
the real thing. I persuaded the Holland America
Line to give me free passage in steerage, then
described as Student Third Class, in return for a
glowing article to use in their trade magazine.
Aged twenty-one, with a suitcase and about
seventy-five dollars, I set off for Paris, where I
knew nobody – a joyful confident grain of sand
in a vast rising sandstorm. I had visited Paris
twice before and it was not my dream city, but
I intended to become a foreign correspondent
within a few weeks, and Paris was the obvious
place to launch my career. The launch lacked a
certain savoir-faire. The flower stalls at the
Place de la Madeleine suited my liking for a
pretty neighbourhood. On a nearby side street, I
found a hotel, no more than a doorway, a desk
and dark stairs, and was gratified by the price
of the room. The room was smelly and squalid
and I thought it impractical to have a mirror on
the ceiling but perhaps that was a French
custom. There was an amazing amount of noise
in the corridors and other rooms but perhaps
the French did a lot of roaming in hotels. I
could not understand why the man at the desk
grew more unfriendly each time he saw me,
when I was probably the friendliest person in
Paris. Having checked the telephone directory,
I presented myself at the office of the New
York Times and informed the bureau chief, a
lovely elderly Englishman aged maybe forty,
that I was prepared to start work as a foreign
correspondent on his staff. He had been smiling
hugely at my opening remarks and mopped up
tears of laughter when he learned where I lived.
He took me to lunch – my enthusiasm for free
meals was unbounded – and explained that I
was staying in a maison de passe, where rooms
were rented by the hour to erotic couples. My
new English friend insisted that I change my
address, and bribed me with an invitation to
report next week again at lunch. He suggested
Martha Gelhorn, Gli anni ’30 (1978)
La mia vita iniziò nel Febbraio del 1930.
Nell’estate del 1929 mi preparai, lasciai
l’università alla fine del mio terzo anno, contro
la volontà di mio padre, e volando tra due
lavori, prova del fatto che avrei potuto fare la
mia strada e pagarla se non mi dispiaceva una
dieta di sole ciambelle e impegnare la mia
macchina da scrivere che mi aiutava nei fine
settimana. Il 1930 fu la volta buona.
Convinsi la Holland America Line a darmi un
passaggio gratuito in terza classe, allora
descritto come Student Third Class, in cambio
di un articolo entusiasmante da utilizzare nella
loro rivista commerciale.
All’età di ventun anni, con una valigia e con
all’incirca settantacinque dollari, partì per
Parigi, dove non conoscevo nessuno: un
gioioso e fiducioso granello di sabbia in
un’ampia e crescente tempesta di sabbia.
Visitai Parigi già due volte e non era la città dei
miei sogni, ma avevo intenzione di diventare
una corrispondente dall’estero in poche
settimane, e Parigi era il luogo adatto per
lanciare la mia carriera. Il decollo mancava di
un certo savoir-faire. Le bancarelle di fiori a
Piazza della Madelaine si adattavano ai miei
gusti per un bel quartiere. In una vicina strada
laterale trovai un hotel, con non più di un
ingresso, uno sportello e delle scale oscure, e
rimasi gratificata dal prezzo della stanza. La
stanza era fetida e squallida e pensai che uno
specchio sul soffitto fosse poco utile, ma forse
era un’usanza francese.
Vi era una quantità incredibile di frastuoni nei
corridoi e nelle altre stanze, ma magari i
francesi passeggiavano molto negli hotel. Non
riuscì a comprendere perché l’uomo allo
sportello diventava sempre più scortese tutte le
volte che mi vedeva, quando probabilmente ero
la persona più amichevole di Parigi. Dopo aver
controllato l’elenco telefonico, mi recai
all’ufficio del New York Times e informai il
capo dell’ufficio stampa, un adorabile
attempato inglese di circa quarant’anni, che ero
pronta di iniziare a lavorare come
corrispondente dall’estero nel suo personale.
Sorrise eccessivamente ai miei commenti
iniziali e si asciugò le lacrime del riso quando
the Left Bank; I would be safer in the students’ seppe dove abitavo. Mi portò a pranzo, il mio
milieu. entusiasmo per i pasti gratuiti era illimitato, e
mi spiegò che alloggiavo in una maison de
passe, una casa di piacere, dove le stanze si
affittavano a ore a coppie erotiche. Il mio
nuovo amico inglese insistette affinché
cambiassi indirizzo, e mi corruppe di
presentarmi la settimana prossima ad un nuovo
invito a pranzo. Suggerì la Rive gauche. Sarei
stata più sicura nell’ambiente studentesco.