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*copertina*

Giulio Gamberini

ABYSSUM

“Chi combatte contro i mostri deve guardarsi dal non diventare egli stesso un mostro. E
quando guardi a lungo in un abisso, anche l’abisso ti guarda dentro.”
Cit. Friedrich Nietzsche (dal Detti e Intermezzi, quarto capitolo di Al di là del bene e del male)

Questa storia è dedicata alla mia ispirazione nonchè spirito guida che mi ha supportato in ogni viaggio che
ho intrapreso
PARTE 1
Poco dopo, appena uscito da quell’incubo, Ryan si guardò alle spalle, vide per l’ultima volta
l’inferno, si voltò di scatto e riprese a correre più forte di prima.
Era una giornata nuvolosa, Ryan era appena uscito da scuola, al solo pensiero che di lì a
poco sarebbe dovuto tornare a casa per finire tutti quei compiti, venne preso da una
profonda voglia di evasione. Mentre pensava a cosa fare per far passare quel pomeriggio,
che sembrava essere eterno, gli balzò alla mente un’idea: andare in campagna per visitare
un edificio abbandonato, di cui tutti parlavano. Si dicevano le cose più strane su cosa
accadesse lì dentro, ma si sa: tutto ciò che non si conosce spaventa e suggestiona. Ryan
decise quindi di visitarlo comunque, con un pizzico di curiosità in più e molta voglia di
smentire le voci che giravano in città.
Dopo un’ora di cammino arrivò sul posto e si diresse all’entrata principale: era chiusa e sul
muro vicino era incisa una scritta. Perse qualche minuto per decifrarla e arrivò a leggere:
“stock descendit vel cadere in abyssum”. Non era certo abbastanza colto per capire il
latino, quindi pensò di lasciar perdere e continuare l’esplorazione. Riuscì a trovare un
punto d’accesso, una porta posta lateralmente all’edificio. Dopo un po’ di insicurezza si
fece coraggio e varcò la soglia. Appena entrato si accorse che il posto non aveva fonti
d’illuminazione e lui non aveva portato torcia, accendino o qualunque altra cosa che gli
permettesse di vedere cosa lo circondasse.
In quel momento era lì, perso nel buio, provava una strana sensazione, non era paura era
qualcosa di più profondo, un senso di sospensione come se non si trovasse più in un luogo
terreno. D’un tratto sentì un respiro sul collo, gli si gelò subito il sangue. Corse come non
aveva mai fatto prima verso l’uscita e, quando niente sembrava poter andare peggio, tirò
la maniglia della porta: era chiusa, non poteva uscire.
Dopo pochi minuti sentì una voce sussurrare: “vel cadere in abyssum” e comparse sotto i
suoi piedi una strana figura rossa in luminescenza, seguito da uno strano cigolio, suoni di
legno che si spezza. Provò un dolore atroce, come se tutte le ossa del suo corpo si
spaccassero nello stesso momento. Una volta passato il dolore, si ritrovò in un altro luogo
che riconobbe subito non essere l’edificio abbandonato.
Disorientato guardò intorno a sé, l’unica cosa che riusciva a vedere erano alberi spogli, il
cielo era completamente nero, tranne una parte occupata da una sorta di stella rossa che
splendeva in cielo, l’unica fonte di illuminazione. Il terreno sembrava cenere. Continuava a
girare lo sguardo intorno per tentare di scorgere qualcuno a cui chiedere aiuto, non
trovando nessuno capì che era il caso di esplorare quel posto che sembrava essere tutto
tranne che reale, perciò si mise in camino.
Sembrava che i minuti non passassero mai, continuava a camminare verso una meta ignota
senza pensare a cosa fare. Dopo un po' riuscì a intravedere da lontano una sorta di faro o
perlomeno una torre molto alta. Pensando che lì avrebbe potuto trovare qualcuno,
aumentò il passo e si diresse verso l’edificio. Mentre camminava si chiese se veramente
stava male in questa sorta di incubo senza fine, in fondo anche nella realtà che conosceva
aveva tanti “incubi” quotidiani da affrontare: non aveva molti amici e i pochi che aveva si
rivelavano sempre più falsi. Suo padre passava tutto il giorno a lavorare e la sera non
tornava mai a casa, inventandosi qualche scusa, ma in fondo sapeva che stava evitando di
vederlo perché come al solito tutti pensavano non fosse abbastanza; e la madre la vedeva
ormai solo su una foto attaccata ad una lapide.
In poco tempo riuscì però a riprendere la concentrazione, rilassare la mente, quasi
uccidere i suoi sentimenti e riprendere la camminata. Arrivato al faro non ebbe problemi
ad entrare, subito si guardò attorno velocemente, quasi compulsivamente, per scorgere
anche solo l’ombra di un essere umano, ma tutto ciò che trovò fu una stanza vuota con al
centro una rampa di scale che continuava verso l’alto.
Iniziò quindi a salire le scale. Arrivato in cima, con le gambe che quasi gli cedevano, scorse
una figura, non era un essere umano o terreno, era qualcosa che andava perfino oltre la
fantasia. Terrorizzato Ryan balbettò le uniche parole che gli vennero in mente:
“Chi sei?”
“Ti stavo aspettando, perché ci hai messo così tanto?”
“Ver- “
“Non importa, ora taci e ascolta: il tuo collegamento terreno era molto danneggiato ma mi
è stato possibile ristabilirlo. Tutto ciò che devi fare è morire in questo mondo e tornerai da
dove sei venuto; se invece vorrai rimanere qui, dovrai eliminare la tua presenza nel mondo
che conosci. Attento però: così facendo sarà praticamente impossibile ristabilire il contatto
e quindi potresti rimanere bloccato qui per sempre. A te la scelta.”
Ryan si bloccò. Perché stava esitando? Era ovvio che avrebbe dovuto scegliere di tornare
da dove era venuto, eppure, dandosi l’obbiettivo di scoprire di più riguardo questo mondo,
decise di correre il rischio e rimanere lì.
Proprio in quel momento l’essere sconosciuto davanti a lui gli porse un coltello e comparve
davanti a lui un suo sosia. Senza nemmeno pensare, pose il coltello sulla gola del sosia,
chiuse gli occhi e con un colpo solo strisciò il coltello. Proprio quando sentì il sangue
scorrergli sulla mano, capì che l’obbiettivo che si era posto al momento della scelta era
solo un capro espiatorio per non ammettere la verità a se stesso: odiava talmente tanto il
mondo che conosceva, che questa sorta di inferno senza fine sembrava meglio.
Venne interrotto dalle sue riflessioni dal tonfo del cadavere al terra che, subito dopo,
scomparve in una nube.
La figura riprese a parlare:
“Sono stupito, sei stato il primo a scegliere questa strada”
“Sì, ho pensato- “
“Non m’importa, non voglio sapere le tue motivazioni, ho solo il dovere e il ruolo di
osservatore.”
Ryan quasi d’istinto chiese:
“C’è qualche possibilità, nel caso cambiassi idea, di rimettere le cose come stavano prima?”
“Questo non posso dirtelo, sono solo un osservatore, dovrai cercare le risposte da solo.
Addio e buona fortuna per la tua avventura, ti servirà.” E così scomparve nella nebbia.
Ryan si guardò le mani piene di sangue, si sedette a terra, accennò un sorriso poi collassò
nel sonno.

FINE PARTE 1 CONTINUA

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