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Dantedì, Paolo Di Stefano:

«La più grande eredità di Dante


sono i valori senza tempo presenti nella sua letteratura»

Il 25 marzo si festeggia il Dantedì, una giornata di celebrazioni dedicata a Dante


Alighieri istituita nel 2020 dal Consiglio dei ministri su proposta del Ministro Dario
Franceschini. La data del 25 marzo è stata scelta perché secondo gli studiosi è il giorno
dell’inizio del viaggio nell’aldilà intrapreso da Dante nella Divina Commedia.
Per questa occasione, il Centro per il libro e la lettura ha intervistato Paolo Di
Stefano, scrittore, giornalista e accademico che è stato anche il promotore del Dantedì.
Con lui abbiamo dialogato sulla genesi di questa celebrazione e sulla grandezza senza
tempo dell’opera di Dante.

― Lei è stato il promotore del Dantedì, come nasce l’idea di questa celebrazione?
«L’idea è nata come una specie di provocazione ispirata da una iniziativa digitale globale
partita da Buenos Aires nel 2017: la lettura di un canto della commedia al giorno, una
specie di catena umana internazionale e poi la condivisione su Twitter di commenti e
opinioni. Dall’America all’Australia le librerie vennero inondate di richieste del poeta, che
andarono esaurite. Io avevo commentato l’iniziativa sul Corriere della Sera e mi ero
entusiasmato all’idea che potesse avere un seguito. A questa suggestione si è aggiunta
l’idea di imitare il Bloomsday dedicato a Joyce in ogni parte del mondo e mi domandavo
come mai noi italiani ed europei non festeggiassimo Dante come merita. Anche
Shakespeare, Cervantes e Goethe hanno le loro giornate di festa e di celebrazione nei
rispettivi paesi. Tutto questo mi ha spinto a suggerire l’idea che ci fosse una giornata
dantesca dove Dante uscisse un po’ dal mondo accademico per entrare nei luoghi pubblici
ed essere raccontato anche in modi non convenzionali. Una sorta di festa laica annuale
capace di stimolare una familiarità più stretta e allegra con Dante e la sua opera».

― Dante solitamente è studiato in un contesto scolastico, quali letture consiglierebbe a


un giovane che vuole avvicinarsi a Dante?
«La cosa fondamentale è leggerlo, che non significa affrontare il testo in maniera scolastica
studiando tutti i commenti e cercando di capire tutti gli elementi che Dante offre. Per i più
piccoli ci sono strumenti utilissimi come “L’inferno di Topolino” o “Il mio amico Dante”,
tra le lezioni speciali di Geronimo Stilton uscite nel 2021. In generale sono state pubblicate
molte edizioni illustrate per l’infanzia come “La Divina Commedia raccontata ai bambini”
di Annamaria Piccione. Tuttavia, resto sempre dell’opinione che la cosa migliore per un
bambino o per un ragazzo sia affrontare la sua opera attraverso la passione di un
insegnante o di un adulto che sappia rispettare il testo senza sovraccaricarlo con troppi
commenti. Il consiglio è di leggere delle edizioni molto agili che esaltino la bellezza sonora
e musicale del testo senza la pretesa di capire tutto. Ci sono anche guide molto utili, ma
certamente questo per i più grandi e già un po’ appassionati come la biografia di
Alessandro Barbero, la monografia di Alberto Casadei, il romanzo della Commedia di quel
grande divulgatore oltre che studioso che è stato Marco Santagata. E poi non
dimenticherei il mio collega Aldo Cazzullo che con i suoi viaggi confidenziali nell’Inferno
e nel Purgatorio ha ottenuto un successo davvero incredibile attualizzando Dante e
gettando ponti con la contemporaneità. Mi pare giunto il momento di riconoscere che
ciascuno al suo livello e per un pubblico diversificato può fare benissimo il suo lavoro
senza troppa puzza sotto il naso da parte dell’accademia nei confronti dei divulgatori».

― L’opera di Dante è stata vivisezionata per secoli, c’è ancora qualcosa di inesplorato o
un versante che meriterebbe ulteriori approfondimenti?
«Per la Divina Commedia vale all’ennesima potenza quello che diceva Italo Calvino dei
classici, ovvero che si tratta di opere che non hanno mai finito di dire quel che hanno da
dire. Oggi non possiamo sapere quello che avrà da dire l’opera di Dante per i lettori del
2100, per esempio. Possiamo solo essere sicuri che la Commedia, anche nei prossimi secoli,
avrà qualcosa di nuovo da trasmettere e da insegnare. Con i classici bisognerebbe sfuggire
a due tentazioni opposte: da una parte l’attualizzazione forzata e dall’altra l’idea di
liquidarlo come qualcosa di polveroso da biblioteca o da museo. Per fortuna, Dante, con la
sua grandezza, riesce sempre a sottrarsi a tutto questo».

― Dante è uno degli autori più complessi della letteratura italiana e mondiale, ma è
anche un’icona pop. Cosa lo rende così trasversale?
«Lo rende trasversale soprattutto l’ampiezza e la grandezza della sua opera. Basti pensare
che nella Divina Commedia ci sono 500 personaggi ognuno con sentimenti, sguardi,
emozioni, parole, vite e avventure diverse. Questa ricchezza è appunto trasversale perché
va dall’alto al basso e tocca ogni tipo di emozione e di interesse culturale. È così che riesce
a coinvolgere tutti. Inoltre, Dante è apprezzabile anche al di là della comprensione storico-
filologica del testo, grazie alla memorabilità e alla cantabilità del poema. Tutto questo ha
fatto sì che questa sua opera monumentale riuscisse a coinvolgere diversi livelli della
società. C’è poi anche il fascino narrativo, la Commedia può esser letta come un intreccio
di racconti avvincenti, vere e proprie cronache nere del tempo, gialli politici, narrazioni
storiche, piccoli romanzi familiari, drammi psicologici, avventure fantasy eccetera».
― L’opera di Dante può essere ancora una chiave per leggere il presente?
«Può esserlo ma come dicevo non mi preoccuperei troppo dell’attualità a tutti i costi. Si
può anche apprezzare la distanza da noi. Potremmo anche solo accontentarci di ascoltare
la Divina Commedia come si fa con una sonata di Beethoven o di ammirarla come si fa con
un quadro di Van Gogh, senza chiederci nulla sulla sua attualità o utilità. Perché la sua
maggiore intramontabile attualità è nella bellezza incomparabile dei suoi versi e dei suoi
racconti».

― Qual è l’eredità più importante di Dante?


«Vittorio Sermonti, che è stato un grande lettore di Dante, ha elencato i sentimenti e i
valori che la sua letteratura è in grado di trasmettere, soprattutto ai giovani. La bellezza, il
piacere, la complessità, il coraggio, l’orgoglio, l’identità, la speranza: sono elementi
assoluti ed eterni di cui non possiamo fare a meno, anche con il passare dei secoli. Questi
sono i valori che, se noi saremo capaci, riusciremo a trasmettere ai nostri figli e ai nostri
nipoti anche attraverso la Divina Commedia. Non mi sembra male, no? La Commedia, più
di ogni altro classico, riesce a cogliere delle costanti della condizione umana, delle
percezioni della realtà e delle passioni che sono senza tempo. Mario Luzi disse che Dante
non finisce più».

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