Sei sulla pagina 1di 890

William D. Callister, Jr.

Department of Metallurgica[ Engineering


The University of Utah

Edizione italiana a cura di:

Prof. Claudio Caneva


Dipartimento di Ingegneria Chimica, dei
materiali, delle materie prime e metallurgia
Università degli Studi di Roma "La Sapienza"
In questa quinta edizione ho conservato gli obiettivi e gli approcci per l'insegnamento della
scienza e dell'ingegneria dei materiali che sono stati presentati nelle edizioni precedenti. Il
primo, e primario, obiettivo è di presentare le basi fondamentali ad un livello appropriato per
gli studenti di college/università che hanno completato i corsi di base di matematica, di
chimica e di fisica del primo anno. Per acquisire questo scopo ho cercato di usare
terminologie che sono familiari allo studente che incontra per la prima volta la disciplina
della scienza e dell'ingegneria dei materiali, ed anche di definire e spiegare tutti i termini non
familiari.
Il secondo obiettivo è quello di presentare la materia in ordine logico, dal semplice al più
complesso. I primi dodici capitoli riguardano essenzialmente i materiali metallici e le loro
leghe che, da un punto di vista strutturale, sono i più semplici dei quattro tipi di materiali. I
successivi cinque capitoli trattano, nell'ordine, i materiali ceramici, polimerici e compositi.
Inoltre, ogni capitolo si basa sui contenuti dei precedenti. Questo è particolarmente vero per
i Capitoli da 2 a 11, che trattano i legami atomici, le strutture cristalline, le imperfezioni, la
diffusione, le proprietà meccaniche, le dislocazioni, la frattura, i diagrammi di fase le tra-
sformazioni di fase ed i trattamenti termici, in questa sequenza.
Il Lerzo obiellivo, ovvero la filosofia, r.;hemi sono sforzato di mantenere in tutto il testo è
che se si deve trattare un argomento o un concetto, allora lo si deve trattare con sufficiente
dettaglio in modo che gli studenti abbiano l'opportunità di capirlo pienamente senza dover
consultare altre fonti; a ciò si aggiunge che, per la maggior parte degli argomenti trattati,
vengono citate applicazioni pratiche. La trattazione è condotta in modo chiaro e conciso, per
consentire un livello di comprensione appropriato.
Il quarto obiettivo è quello di includere in questo libro elementi destinati ad agevolare il
processo di apprendimento. Fanno parte di questi ausili didattici le numerose illustrazioni e
fotografie, per aiutare a visualizzare quel che si sta presentando; le domande ed i problemi di
fine capitolo e le risposte ad alcuni problemi per facilitare l'auto valutazione; un glossario, un
elenco dei simboli e bibliografia per facilitare la comprensione della materia; un software per
computer che fornisce ( 1) un componente interattivo che fa visualizzare meglio i concetti, (2)
un database che può essere usato per risolvere problemi di scelta dei materiali e di progetta-
zione e (3) uno strumento per risolvere le equazioni.
Riguardo alle domande ed ai problemi, la maggior parte dei problemi prevede dei calcoli
per ottenere soluzioni numeriche; in taluni casi, si richiede allo studente di dare un giudizio
sulla base di tali soluzioni. Inoltre, alcuni dei concetti che fanno parte della disciplina di
scienza ed ingegneria dei materiali. sono descrittivi in natura. Quindi, sono state incluse
anche domande che richiedono risposte descrittive scritte; il fornire risposte scritte aiuta lo
studente a comprendere meglio i relativi concetti. Le domande sono di due tipi: con un tipo
lo studente deve solo esporre con proprie parole un argomento del testo; le altre domande
chiedono allo studente di ragionarci sopra e/o di sintetizzare prima di pervenire ad una con-
clusione o ad una soluzione.
vili • Prefazione

ASPETII CHE SONO NUOVI PER QUESTA EDIZIONE (INEDITI)

Anzitutto, ogni capitolo inizia con due nuove sezioni: "Perché studiare ... " e "Obiettivi del
capitolo". Ciascuna sezione "Perché studiare ... " stabilisce la rilevanza degli argomenti che
sono discussi nel capitolo e, nella maggior parte dei casi, dà almeno un esempio. La sezione
"Obiettivi del capitolo" fornisce un breve elenco degli obiettivi di apprendimento generale
rilevanti per i principi ed i concetti chiave che lo studente dovrebbe venire a comprendere e
quindi, in talune circostante, essere in grado di applicare.
Secondo, per migliorare la comprensione del processo di scelta dei materiali, ho portato
significativi cambiamenti nelle appendici e aggiunto diversi esercizi sulla scelta dei materia-
li. L'Appendice B "Proprietà dei materiali ingegneristici selezionati" contiene ora i valori di
undici proprietà (p.es. densità, resistenza meccanica, conduttività elettrica, ecc.) per un cen-
tinaio di materiali. Alcuni di questi database erano nella quarta edizione (come Appendice C);
tuttavia, non sempre per uno stesso materiale si poteva disporre di tutte le proprietà. Inoltre,
è stata inclusa una nuova Appendice C che contiene i prezzi di tutti i materiali elencati
nel!' Appendice B; i criteri di scelta dei materiali comprendono quasi sempre considerazioni
sui costi.
Terzo. ho provato, in questa revisione, a limitare l'aggiunta di nuovo materiale. Le istitu-
zioni di ingegneria delle università sono giustamente preoccupate della crescita (e quindi
anche dei costi) delle nuove edizioni di un testo. Io concordo con questa preoccupazione ed
ho cercato di minimiz?are l'aggiunta di nuovo materiale che avrebbe potuto portare ad una
edizione più voluminosa. Tuttavia, alcuni aggiunte erano necessarie per poter mantenere un
testo aggiornato. Sono stati aggiunti un certo numero di problemi, la maggior parte dei quali
di tipo progettuale, e parte degli altri sono stati rinnovati. Dato il consenso che ha oggi un
testo di introduzione alla scienza ed ingegneria dei materiali nelle facullà di ingegneria sareb-
be, tra le altre cose, stato utile includere una componente significativa di progettazione. lo
non ho ritenuto conveniente per questo eliminare sezioni del libro, la perdita delle quali
avrebbe compromesso il contenuto di scienza, solo per fare questa edizione più breve.

SOFfWARE DI ACCOMPAGNAMENTO

Con questa nuova edizione del testo è disponibile su CD-ROM il software IMSE: lnteractive
Materials Science and Engineering, giunto alla terza edizione. Il software, già fornito con la
precedente edizione, è stato aggiornato ed arricchito ed ha ora le seguenti caratteristiche e
capacità:
1. Genera sul monitor del computer proiezioni tridimensionali delle figure e dei processi
che sono difficili da rappresentare su due dimensioni sulle pagine del testo (p.es., celle unita-
rie, piani e direzioni cristallografiche, molecole di polimeri, dislocazioni).
2. Contiene immagini relative ad alcuni dei problemi esercitativi, per facilitarne la solu-
zione.
3. Contiene un problema inerente un progetto della diffusione; lo studente ha la possibi-
lità di specificare i valori dei diversi parametri della diffusione, in base ai quali il software
esegue gli opportuni cak:uli per fornire alla fine una soluzione grafica.
4. Nuove animazioni (con audio) illustrano i fenomeni del rafforzamento mediante for-
mazione di soluzione solida ed i concetti che possono essere spiegati con i diagrammi di fase
(es. soluzioni solide e situazioni bifasiche).
5. Nel CD-ROM vi sono anche i database delle proprietà dei materiali e dei costi che sono
nell'Appendice B e C. L'utente può entrare con un elenco di proprietà o di costi ed avere i
materiali ordinati in base a valori di proprietà o di costo. In aggiunta, l'utente può utilizzare
Prefazione • ix

questi database per gli esercizi sulla scelta dei materiali. Per più di tre proprietà (o due pro-
prietà e costo) si può specificare il massimo ed il minimo valore ed il software selezionerà
tutti i materiali che rientrano in questo intervallo. Sono stati formulati numerosi problemi che
riguardano la scelta dei materiali e che possono essere risolti utilizzando questa caratteristica
del software.
6. Nuovo in questa versione del software è anche l'inserimento di E-Z So/ve: The
Engìneer's Equation Solving and Analysis Tool. Esso può essere utilizzato per risolvere con
facilità equazioni algebriche numeriche e differenziali ordinarie. In questa edizione sono stati
presi in considerazione alcuni di tali problemi. E, naturalmente, E-Z So/ve può essere usato
per risolvere problemi di calcolo complessi incontrati in altri corsi di ingegneria.
Qualora vi sia, in questo libro, un testo o un problema che richieda l'uso del software, una
piccola icona, riportata a margine, indica il modulo ad esso associato. Questi moduli e le loro


icone corrispondenti sono le seguenti:

Cristallografia e Celle unitarie Il Prove di trazione

Strutture ceramiche a Diffusione e problemi progettuali

Strutture polimeriche

Dislocazioni

Il
Irrobustimento per soluzione solida

Diagrammi di fase
••
SITO WEB DI SL'PPORTO

A sµpporto del testo esiste il sito Web www.wiley.com/college/callister. 11sito mette a dispo-
sizione un lungo elenco di obiettivi di apprendimento, aggiornamenti, argomenti aggiuntivi e
risorse didattiche, e si collega ad altri importanti siti Web ed altre risorse. Puoi visitarci spes-
so per raccogliere nuove risorse che rendiamo disponibili per aiutare i docenti ad insegnare e
gli studenti ad apprendere la scienza e l'ingegneria dei materiali.

RISORSE PER IL DOCENTE

Per i docenti che hanno adottato il testo sono disponibili su CD-ROM k seguenti risorse: (1)
soluzioni dettagliate di tutte le domande ed i problemi di ogni fine capitolo; (2) fotografie ed
illustrazioni chiave che appaiono nel libro, in modo che il docente possa stamparle e distri-
buirle agli allievi oppure preparare diapositive nel formato desiderato; (3) nuovo per questa
edizione, un elenco (con breve descrizione) di possibili dimostrazioni in aula che inquadrano
il fenomeno e/o illustrano principi discussi nel libro (con bibliografia per un maggior
approfondimento ed una migliore esposizione della dimostrazione); (4) un nuovo elenco di
importanti esperimenti di laboratorio e (5) suggerire programmi di corsi per diverse discipli-
ne ingegneristiche.

RIGRAZIAMENTI

Desidero esprimere il mio apprezzamento a coloro che hanno contribuito a questa edizione.
Sono particolarmente obbligato con le seguenti persone: Cari Wood della Utah State
x • Prefazione

University, Rishikesh K. Bharadwaj della Systran Federai Coporation, Martin Searcy della
Hewlett-Packard Company, James Moore e Linda Schadler del Rensselaer Polytechnic
Institute e Ronald G. Kander del Virginia Polytechnic Institute e della State University.
Inoltre, idee e suggerimenti utili mi sono stati fomiti da

Emily L. Allen San Jose State University


William D. Armstrong U niversisty of Washington
Miche! W. Barsoum Drexel University
Audrey Butler University of Iowa
Manfred Cantow San Jose State University
Paul R. Chalker The University of Liverpool
J. R. Chelikowsky University of Minnesota
George A. Cooper University of California (Berkeley)
Art Daiz San Jose State University
James H. Edgar Kansas State University
Stuart r-eidman University of Michigan
Brian Flinn University ofWashington
K. S. Sree Harsha San Jose State University
H. N. Hashemi Northeastern University
Roben Heidersbach Cal Poly San Luis Obispo
John Hudson Rensselaer Polytechnic Institute
Alan Karplus Western New England College
Sandra Kwiatek U.S. Naval Academy
Jennifer A. Lewis U niversity of Illinois
Nonnan Munroe Florida lnternational University
Patrick P. Pizzo San Jose State University
Mark R. Plichta Michigan Technological University
W. M. Reichert Duke University
Murray Roblin Cal Poly Pomona
J. W. Rogers, Jr. University of Washington
David Srolovitz University of Michigan
Thomas G. Stoebe University of Washington
Robert G. Slang University ofWashington
Steven M. Yalisove University of Michigan
Linda Vanasupa Cal Poly San Luis Obispo
I. M. Yang UCLA

Sono anche obbligato con Wayne Anderson, Editore garante, e con Monique Calello,
Editore di produzione, alla Wiley per la loro assistenza e la guida alla revisione. Ringrazio e
mi scuso con gli altri collaboratori che posso aver dimenticato di ringraziare. Infine, ma cer-
tamente non ultimo, il continuo incoraggiamento e sostegno della mia famiglia e degli amici
è profondamente e sinceramente apprezzato.

WILLIAM D. CALLISTER JR.


Salt lake City, Utah
Gennaio 1999
ELENCO DEI SIMBOLI XIX

1. Introduzione 1
Obiettivi di apprendimento 2
I.I Prospettive storiche 2
1.2 Scienza e ingegneria dei materiali 2
1.3 Perché studiare la scienza e l'ingegneria dei materiali? 4
1.4 Classificazione dei materiali 5
1.5 Materiali avanzati 6
1.6 Esigenze dei materiali moderni 6
Bibliografia 7

2. Struttura atomica e legami interatomici 9


Obiettivi di apprendimento 10
2.1 Introduzione 1O
STRUTTl'RA ATOl\llC\ 10
2.2 Concetti fondamentali 10
2.3 Gli elettroni negli atomi 11
2.4 La tavola periodica 17
LE<;AMI ATOMICI 'I/El SOLIDI ]7

2.5 Forze ed energie di Legame 17


2.6 Legami atomici primari 21
2.7 Legami secondari o Van der Waals 25
2.8 Mulernle 27
Sommario 27
Termini e concetti importanti 28
Biblio1vafia 28
Domande e problemi 29

3. La struttura dei solidi cristallini 31


Obiettivi di apprendimento 32
3.1 Introduzione 32
LESTlffTTlJRt:: CRIST,\LLll\E 32
3.2 Concetti di base 32
3.3 Le celle unitarie 33
3.4 Le strutture cristalline dei metalli 34
xii • Indice generale

3.5 Calcolo della densità 38 5.6 Altre vie della diffusione l 07


3.6 Polimorfismo ed allotropia 39 Sommario 108
3.7 Sistemi cristallini 39 Termini e concetti importanti 108
LE DIR~;zl()l\l E I PIA:-.11CRISTALLOGRAFICl 40 Bibliografia 108
Domande e problemi 108
3.8 Direzioni cristallografiche 40
3.9 Piani Cristallografici 44
6. Proprietà meccaniche dei metalli 113
3.10 Densità atomica lineare e planare 48
3.11 Le strutture cristalline compatte 50 Obiettivi di apprendimento 114
6.1 Introduzione 114
MATERIALI CRISTALLINI E NO', CRISTALLl1"I 52
6.2 Concetti di sforzo e di deformazione 115
3.12 Monocristalli 52
DEFORMAZIONF FT ASTU_·~ 11Q
3.13 Materiali policristallini 52
3.14 Anisotropia 53 6.3 Comportamento sforzo-deformazione 119
3.15 Diffrazione ai raggi X: determinazione delle 6.4 Anelasticità 122
strutture cristalline 54 6.5 Proprietà elastiche dei materiali 123
3.16 Solidi non cristallini 59 DEFORMAZIONE PLASTICA 125
Sommario 60 6.6 Proprietà a trazione 126
Termini e concetti importanti 61 6.7 Sforzo e deformazione reali 132
B iblio1?rafia 6 I 6.8 Recupero elastico durante deformazione
Domande e problemi 61 plastica 135
6.9 Deformazione a compressione a taglio ed a
4. Imperfezione nei solidi 67 torsione 135
Obiettivi di apprendimento 68 6.10 Durezza 135
4.1 Introduzione 68 6.11 Variabilità delle proprietà dei materiali 141
DIFETTI PU\òTlfALI 68 6.12 Fattori di progettazione e di sicurezza 143
Sommario 145
4.2 Vacanze e difetti autointerstiziali 68
Termini e concetti importanti 146
4.3 Impurezze nei solidi 70
Bibliografia 146
IMPEKFEZIONI '.\USTE 75 Domande e problemi 146
4.4 Dislocazioni - difetti lineari 75
4.5 Difetti interfacciali 79
4.6 Difetti di massa o di volume 82 7. Dislocazioni e Meccanismi
4.7 Vibrazioni atomiche 82 di indurimento 154
ESAMI VIICROSCOPICI 82 Obiettivi di apprendimento 155
4.8 Generalità 82 7.1 Introduzione 155
4.9 Microscopia 83 DISLOCAZIONl E OFl"ORMAZIO:,/t; PLASTICA 155
4.10 Determinazione della dimensione del grano 87 7.2 Concetti di base 155
Sommario 88 7.3 Caratteristiche delle dislocazioni 158
Termini e concetti importanti 89 7.4 Sistemi di scorrimento 159
Bibliografia 89 7.5 Scorrimento nei singoli cristalli 160
Domande e problemi 89 7.6 Deformazione plastica dei materiali
policristallini l 64
5. Diffusione 93 7.7 Deformazione per geminazione 165
Obiettivi di apprendimento 94 MECC.\',ISMI DI INDURIMENTO NEI METALLI 167
5.1 Introduzione 94
7.8 Indurimento per riduzione della dimensione del
5.2 Meccanismi di diffusione 95
grano 167
5.3 Diffusione stazionaria 97
7.9 Indurimento per formazione di una soluzione
5.4 Diffusione non stazionaria 99
solida 169
5.5 Fattori che influenzano la diffusione 102
7.10 Incrudimento 170
Indice generale • xiii

RH'O\'EKY, KICKl'>nl.l.lZ7.-\ZIOI\E, 9.7 Sistemi eutettici binari 255


ED ..\CCRt.St'l'\tE:-.TO DEL GR-"';0 173 9.8 Diagrammi di equilibrio con fasi o compo~ti
7.11 Recovery 173 intermedi 267
7.12 Ricristallizzazione 174 9.9 Reazioni eutettoidi e peritettiche 269
7.13 Ingrossamento del grano 178 9.10 Trasformazioni di fase congruenti 270
Sommario 180 9 .11 Ceramici e diagrammi di fase ternari 271
Termini e concetti importanti 180 9.12 La regola delle fasi di Gibbs 272
Bih/iograjia 181 li. SISTE\I..\ FERIW-C.\RIIO',JO 274
Domande e proh/emi 181 9.13 Il Diagramma di fase ferro-carburo di ferro
(Fe-Fe 3C) 274
8. La rottura 185 9.14 Evoluzione della microstruttura nelle leghe
Obiettivi di apprendimento 186 ft:rru--çarbuniu 277
8.1 Introduzione 186 9.15 L'influenza di altri elementi di lega 284
FR \TI U{.\ 186 Sommario 285
Termini e concetti importanti 286
8.2 Fondamenti della Frattura 186
Bibliografia 286
8.3 Frattura duttile 187
Domande e problemi 287
8.4 Frattura fragile 189
8.5 Principi di meccanica della frattura 192
Valutazione della frattura da impatto 205
10. Trasformazioni di fase nei metalli:
8.6
Evoluzione della microstruttura
FUIC \ 210 e modificazioni
8.7 Sforzi ciclici 21 O delle proprietà meccaniche 294
8.8 La curva S-N 212 Obiettivi di apprendimento 295
8.9 Innesco e propagazione della cricca 214 10.1 Introduzione 295
8.10 Velocità di propagazione di una cricca 21 7
TR .\SFOR\HZIO',I Ili F.\SE 295
8.11 Fattori che influiscono sulla vita a fatica 223
8.12 Effetti Ambientali 225 10.2 Concettidibase 295
10.3 La cinetica delle reazioni in fase solida 296
SUJRRI\IF'\TO "e uno o CREEI' 226
10.4 Trasformazioni multifasiche 297
8.13 Comportamento generai izzato
VARIAZIO\l DEI.L\ .\IICKOSfRlTTl'R.\ E llFLI.E
allo scorrimento a caldo 226
PROPRIET-'. -.1:1.u: 1.u;Hl n:RIW-CARBOl\10 298
8.14 Effetti dello sforzo e della temperatura 227
8.15 Metodi di estrapolazione dei dati 229 10.5 Diagrammi di trasformazione isotermica 298
8.16 Leghe per alta temperatura 230 10.6 Diagrammi di trasformazione in raffreddamento
Sommario 231 continuo 31 O
Termini e concetti importanti 233 10.7 Comportamento meccanico delle leghe
Bihliografia 234 ferro-carbonio 314
Domande e prohlemi 234 10.8 Martensite rinvenuta 318
10.9 Riepilogo delle trasformazioni di fase per le
9. Diagrammi di fase 241 leghe ferro-carbonio 321
Sommario 321
Obiettivi di apprendimento 242
Termini e concerti importanti 322
9.1 Introduzione 242
Bibliografia 322
D1-:t'l'HZIO',I t: CO'\CETTI DI 11.-\'ff 242 Domande e problemi 323
9.2 Limite di solubilità 243
9.3 Fasi 243 11. Trattamenti termici
9.4 Microstruttura 244 delle leghe metalliche 328
9.5 Equilibri di Fase 244 Obiettivi di apprendimento 329
D1.,cR.nm1 Lll F.\SE fil FQUI.IIIRIO 245 11.1 Introduzione 329
9.6 Sistemi binari isomo1fi 246 PROCESSI l)f Rll'OTTl.R.\ 3.?9
xiv • Indice generale

11.2 Ricottura intermedia 329 13.5 Imperfezioni nei ceramici 400


11.3 Distensione 330 13.6 Diagrammi di fase dei ceramici 403
11.4 Ricottura delle leghe ferrose 330 PROPRIETÀ MECCA'i!CHE 406
TRATTAME"ITI TERMICI DEGLI ACCIAI 331 13.7 Frattura fragile dei ceramici 406
11.5 Temprabilità 332 13.8 Comportamento sfor~u-deformazione 408
11.6 Influenza del mezzo temprante, della dimensione 13.9 Meccanismi di deformazione plastica 411
della provetta e della geometria 337 13.10 Considerazioni meccaniche varie 412
J:',DL"Rl\1El\TO PER PKECIPITAZto:-.•: 341 Sommario 414
Termini e concetti importanti 415
11.7 Trattamenti termici 342
Bihliowafia 415
11.8 Meccanismo dell'invecchiamento 344
Domande e problemi 416
11.9 Considerazioni aggiuntive 346
Sommario 346
Termini e concetti importanti 347
14. Produzione e applicazioni
Bibliografia 347
dei ceramici 421
Domande e problemi 348 Obiettivi di apprendimento 422
14.1 Introduzione 422
12. Leghe metalliche 351 VETRI 423
Obiettivi di apprendimento 352 14.2 Proprietà dei vetri 424
12.1 Introduzione 352 14.3 Lavorazione del vetro 425
FABBIUCAZ!O:'IE DEI MET.\Ll.l 352 14.4 Trattamenti termici dei vetri 427
14.5 Vetro - Ceramici 428
12.2 Operazioni di formatura 352
12.3 Fusione 355 PRODOTTI AR(;II.LOSI 428
12.4 Altre Tecniche 356 14.6 Caratteristiche dell'argilla 429
LEGHE FF.RKOSE 357 14.7 Composizione dei prodotti argillosi 429
14.8 Tecniche di fabbricazione 430
12.5 Acciai 358
14.9 Essiccamento e cottura 431
12.6 Ghise 363
REFKAHARI 433
LEGHE ~ON FFRROSE 369
14.10 Argille refrattarie 434
12.7 Rame e sue leghe 369
14.11 Refrattari di silice 434
12.8 Alluminio e sue leghe 371
14.12 Refrattari basici 435
12.9 Magnesio e sue leghe 373
14.13 Refrattari speciali 435
12.1O Titanio e sue leghe 373
12.11 Metalli Refrattari 374 ALrRE .~l'l'LICAZI01'1 E METODI

12.12 Superleghe 376 Ili PROULZI01'E 4.~5


12.13 Metalli Nobili 376 14.14 Abrasivi 435
12.14 Altre Leghe non Ferrose 376 14.15 Pressatura delle polveri 436
Sommario 377 14.16 Colaggioanastro 439
Termini e concetti importanti 378 14~1.7 Cementi 439
Bibliografia 378 14.18 Ceramici avanzati 440
Domande e problemi 378 Sommario 442
Termini e concetti importanti 443
13. Struttura e proprietà dei ceramici 381 Bibliografia 443
Obiettivi di apprendimento 382 Domande e problemi 443
13.1 Introduzione 382
15. La struttura dei polimeri 446
STRUTITRA DEI CERAMICI 382
Obiettivi di apprendimento 447
13.2 Strutture cristalline 382
15.1 Introduzione 447
13.3 Ceramici formati da silicati 392
15.2 Molecole degli idrocarburi 447
13.4 Carbonio 397
Indice generale XV

15.3 Molecole polimeriche 450 COMPOSITI RIJ\FORZATI CO'.'! PARTICELI.E 523


15.4 Chimica delle molecole polimeriche 450 17.2 Compositi rinforzati con particelle di grandi
15.5 Peso molecolare 453 dimensioni 523
15.6 Forma delle molecole 456 17.3 Compositi rinforzati per dispersione 527
15.7 Struttura molecolare 458
Cm,tPOSITI Rl"IFORZATI ('01'. FIBRE 528
15.8 Configurazioni molecolari 459
15.9 Copolimeri 462 17.4 Influenza della lunghezza delle fibre 528
15.10 Cristallinità dei polimeri 463 17.5 Influenza dell'orientazione e della
15.11 Cristalli polimerici 466 concentrazione delle fibre 529
Sommario 468 17.6 La fase fibre 538
Termini e concetti importanti 469 17.7 La fase matrice 538
Bibliografia 469 17.8 Compositi a matrice polimerica 540
Domande e pmhlemi 470 17.9 Compositi a matrice metallica 543
17.10 Compositi a matrice ceramica 544
16. Caratteristiche, applicazioni e processi di 17.1I Compositi carbonio-carbonio 546
produzione dei polimeri 473 17.12 Compositi ibridi 547
17.13 Processi produttivi dei compositi
Obiettivi di apprendimento 474
fibro-rinforzati 547
16.1 Introduzione 474
STRUTTURE CO:\ll'OSITE 553
CARATTERISTICHE \IE:CCA:\ICHt:
E TER\lOMECCA'.'IICHE 474 17.14 Laminati compositi 553
17.15 Pannelli sandwich 554
16.2 Comportamento sforzo-deformazione 474
Sommario 555
16.3 Deformazione dei polimeri semicristallini 476
Termini e concetti importanti 556
16.4 Fattori che influenzano le proprietà meccaniche
Bibliografia 556
dei polimeri 479
Domande e problemi 557
16.5 Ft:nomeni ùi cristallizzazione, fusione e
transizione vetrosa 482
18. Co"osione e degrado dei materiali 562
16.6 Polimeri termoplastici e termoindurenti 487
16.7 Viscoelasticità 487 Obiettivi di apprendimento 563
16.8 Deformazione degli elastomeri 491 I 8.1 Introduzione 563
16.9 Frattura nei polimeri 493 CORROSIO"I.E DEI ">IETJ\LLI 563
16.10. Altre caratteristiche 494 18.2 Considerazioni elettrochimiche 564
APPLICAZI0'.'11 DEI POLIMERI E PROCESSI 18.3 Velocità di corrosione 571
DI l'IWDllZIONE 496 18.4 Previsione della velocità di corrosione 572
16.11 Polimerizzazione 496 18.5 Passività 579
16.12 Additivi dei polimeri 498 18.6 Effetti ambientali 580
16.13 Tipi di polimero 499 18.7 Forme di corrosione 581
16.14 Plastiche 499 18.8 Ambienti corrosivi 589
16.15 Elastomeri 504 18.9 Prevenzione della corrosione 590
16.16 Fibre 506 18. l O Ossidazione 592
16.17 Applicazioni varie 507 CoRROSIOJ\E OF.I \1AT.EIUALI CERA\tlCI 595
16.18 Materiali polimerici avanzati 508 Un:RAOO OF.I POLIMERI 596
Sommario 512 I 8.11 Rigonfiamento e dissoluzione 597
Termini e concetti importanti 514 18.12 Rottura di legame 598
Bibliografia 514 18.13 Alterazione meteorica 599
Domande e problemi 5 I 5 Sommario 599
Termini e concetli importanti 600
17. Compositi 520 Bibliografia 601
Obietti vi di apprendimento 521 Domande e problemi 601
17.l Introduzione 521
xvi • Indice generale

19. Proprietà elettriche 605 20.4 Conduttività Termica 664


Obiettivi di apprendimento 606 20.5 Tensioni Termiche 667
19.l Introduzione 606 Sommario 669
Termini e concetti importanti 670
COI\DUCll.!111'1',\ ELETTRICA 606
Bibliografia 670
19.2 La legge di Ohm 606 Domande e problemi 671
19.3 Conducibilità elettrica 607
19.4 Conduzione elettronica e ionica 608 21. Proprietà magnetiche 674
19.5 Strutture a bande di energia nei solidi 608
Obiettivi di apprendimento 675
19.6 Interpretazione della conduzione in base ai
21.1 Introduzione 675
modelli di banda ed ai legami interatomici 611
21.2 Concetti di base 675
19.7 Mobilità elettronica 612
21.3 Diamagnetismo e paramagnetismo 679
19.8 Resistività elettrica dei metalli 613
21.4 Ferromagnetismo 681
19.9 Caratteristiche elettriche delle leghe
21.5 Antiferromagnetismo e Ferrimagnetismo 683
commerciali 616
21.6 Influenza della temperatura sul comportamento
SE\UCOI\DFITI\ITÀ 616 magnetico 687
19.10 Semiconduzione intrinseca 617 21.7 Domini ed Isteresi 688
19.11 Scmiconduzione estrinseca 619 21.8 Materiali magnetici teneri 691
19.12 Influenza della temperatura sulla conduttività e 21.9 Materiali magnetici duri 692
sulla concentrazione dei portatori 623 21.10 Memoria magnetica 695
19.13 L'effetto Hall 628 21.11 Superconduttività 698
19.14 Dispositivi a semiconduttore 630 Sommario 701
COI\DllZIONE t:U::TTRIC -1.'\El l'EIU\tlCI IO'\H'I Termini e concetti importanti 703
E !\El POLIMERI 637 Bibliografia 703
Domande e problemi 703
19.15 Conduzione nei materiali ionici 637
19. l 6 Proprietà elettriche dei polimeri 638
22. Proprietà ottiche 707
COMPORTAMEI\TO l)JELETTRl<'O 6.l9
Obiettivi di apprendimento 708
19.17 Capacità 639 22.1 Introduzione 708
19.18 Vettori di campo e polarizzazione 641
Col\CETTI 11.\.SIL\KI 708
19.19 Tipi di polarizzazione 644
19.20 Dipendenza dalla frequenza della costante 22.2 Radiazioni elettromagnetiche 708
dielettrica 646 22.3 Interazione della luce con i solidi 71 O
19.21 Rigidità dielettrica 64 7 22.4 Interazioni con gli atomi e con gli elettroni 711
19.22 Materiali dielettrici 64 7 f'ROPRIF.T-'. OTTICHE l)F.1 ;\IETALU 712
ALTRE CARATTl:l<ISTICHE ELETTRICHE PROl'RIET.-'. OTTll'Ht: In.I !\O'\ I\IETULI 713
DEI ~L\TERIAJ.I 647 22.5 Rifrazione 713
19.23 Ferroelettricità 647 22.6 Riflessione 714
19 .24 Pizoelettricità 648 22.7 Assorbimento 715
Sommario 649 22.8 Trasmissione 718
Termini e concetti importanti 650 22.9 Colore 718
Bibliografia 651 22.10 Opacità e traslucenza negli isolanti 720
Domande e problemi 65 l APl'LIL\ZIO!\I DEI n:'iO\IE\;I OTTICI 721
22.11 Luminescenza 721
20. Proprietà termiche 658 22.12 Fotoconduttività 722
Obiettivi di apprendimento 659 22. 13 Laser 722
20.1 Introduzione 659 22.14 Fibre ottiche nelle comunicazioni 726
20.2 Capacità termica 659 Sommario 730
20.3 Espansione Termica 661 Termini e concetti importanti 731
Indice generale • xvii

Bibliografia 731 24.2 Progettazione del Componente 780


Domande e problemi 731 24.3 Materiali 780
24.4 Tecniche di Produzione 780
23. Selezione dei materiali e CONSIDERAZIONI AMIIIENTALI E SOCIALI 781
considerazioni sulla progettazione 734
24.5 Aspetti relativi al riciclo nella scienza ed
Obiettivi di apprendimento 735 ingegneria dei materiali 783
23.1 Introduzione 735 Sommario 786
Sct:LL-\ DEI I\HTERIALI l'ER t:r, ALHERO CILINURICO Bibliografia 786
SOTTOPOSTO A SFORZO TORSIOl'<AI.F. 735
23.2 Resistenza 736
23.3 Altre considerazioni sulle proprietà e decisione Appendice A Il Sistema di unità di misura
finale 741 internazionale (SI) 787
MOI.1.A PER VALVOLA DI WTOMOIIILE 742
23.4 Introduzione 742 Appendice B Proprietà di materiali
23.5 Molla per valvola di automobile 743 ingegneristici selezionati 789
PROTF.SI D'ANCA ARTIFICIALE 749 B. l Densità 789
749 B.2 Modulo di Elasticità 792
23.6 Anatomia del giunto dell'anca
B.3 Rapporto di Poisson 796
23.7 Requisiti dei materiali 751
B.4 Resistenza e Duttilità 797
23.8 Materiali utilizzati 753
B.5 Tenacità a Frattura in Condizioni di
SISTEMA VI PROTEZIO,._E l'ERMICO DEI.LA 'ùWETLA
Deformazione Piana 802
SPAZIALE ORl!ITA~TE 755
B.6 Coefficiente Lineare di Espansione
23.9 Introduzione 755 Termica 803
23.1 O Requisiti di progetto-sistema di protezione B.7 Conduttività Termica 807
termico 755 B.8 Calore Specifico 8 IO
23.11 Sistema di protezione termica - B.9 Resistività Elettrica 812
Componenti 758 B.10 Composizione delle Leghe Metalliche 815
\fATERL\LI PER L' ASSEMIILAC,GIO DEI CIRCUTI
l'l"TH;RATI 761 Appendice C Costi e costi relativi di materiali
23.12 Introduzione 761 ingegneristici selezionati 817
23.13 Progettazione del telaio contatti e
dei materiali 763 Appendice D Strutture dei monomeri dei
23.14 Collegamento della piastrina 764 polimeri comuni 823
23.15 Collegamento elettrico 764
23.16 Protezione del circuito assemblato 768
23.17 Giunzione automatizzata a nastro 769 Appendice E Temperature di transizione vetrosa
Sommario 771 e di fusione per alcuni materiali polimerici
Bibliografia 773 comuni 827
Domande e problemi 773
Glossario 828
24. Aspetti economici, ambientali e sociali
Risposte ai problemi 843
nella Scienza ed Ingegneria
dei materiali 778 Indice analitico 849
Obiettivi di apprendimento 779
24.1 Introduzione 779
Co:-;srnERAZI0'-1 ECON0\11CHE 779
In parentesi viene indicata la sezione in cui il simbolo viene definito o illustrato.

,4 =area lunghezza del lato lungo l'asse z della


A =unità angstrom cella unitaria (3.7)
A; = peso atomico dell'elemento i (2.2) e = velocità delle onde elettromagnetiche
FCA = fattore di compattazione atomica (3.4) nel vuoto (22.2)
A% = duttilità,in riduzione percentuale di D = coefficiente di diffusione (5.3)
sezione (6.6) D = costante dielettrica (19 .18)
a = parametro del reticolo cristallino: d = diametro
lunghezza del lato lungo l'asse x della d = diametro medio del grano (7.8)
cella unitaria (3.4) dhkl = spaziatura interplanare degli indici di
a = lunghezza di una cricca superficiale Miller h, k ed/ (3.15)
(8.5) E = energia (2.5)
ato/o = percentuale atomica (4.3) E = modulo di elasticità o di Young (6.3)
B = densità del flusso magnetico i = intensità del campo elettrico (19.3)
(induzione) (21.2) E; = energia di Fermi (19.5)
B,. = rimanenza magnetica (21. 7) EK = energia di lacuna di banda (19.6)
ccc = struttura cristallina cubica a corpo E,.(t) = modulo di rilassamento (16.7)
centrato (3.4) A% = duttilità, in allungamento percentuale
b = parametro del reticolo cristallino: (6.6)
lunghezza del lato lungo l'asse y della e = carica elettrica per elettrone (19.7)
cella unitaria (3.7) e = elettrone ( 18.2)
b = vettore di Burger (4.4) erf = funzione di errore gaussiana (5.4)
e = capacità (19.17) exp = e, la base dei logaritmi naturali
ci = concentrazione (composizione) della F = forza, interatomica o meccanica (2.5,
componente i in% in peso (4.3) 6.2)
C'I = concentrazione (composizione) della .f = costante di Faraday (18.2)
componente i in% atomico (4.3) cfc = struttura cristallina cubica a facce
e,..cp = capacità termica a volume ed a centrate (3.4)
pressione costante (20.2) G = modulo di taglio (6.3)
VPC = velocità di penetrazione della H = resistenza del campo magnetico (21.2)
corrosione (18.3) H, = coercività magnetica (21.7)
CVN = Charpy con intaglio a V (8.6) HB = durezza Brine!! (6.10)
LF% = lavorazione a freddo percentuale es.e = struttura cristallina esagonale
(7.10) compatta (3.4)
c = parametro del reticolo cristallino: HK = durezza Knoop (6.10)
xx • Elenco dei simboli

HRB,HRF = durezza Rockwell: scale B ed F numerico (15.5) ·


(6.10) n•. = grado di polimerizzazione medio
HRI5N, HR45W= durezza Rockwell superficiale: ponderale (l5.5)
scale 15N e 45 W (6.10) p = polarizzazione dielettrica ( 19.18)
HV = durezza Vickers (6.10) rapporto P-B = rapporto Pilling-Bedworth ( 18.10)
h = costante di Plank (22.2) p = numero di lacune per metro cubo
(hk/) = indici di Miller per un piano (19.10)
cristallografico (3.9) Q = energia di attivazione
I = corrente elettrica Q = quantità di carica immagazzinata
i = intensità della radiazione (19.17)
elettromagnetica (22.3) R = raggio atomico (3.4)
= densità di corrente (18.3) R = costante dei gas
ic = densità di corrente di corrosione r = distanza interatomica (2.5)
(18.4) r = velocità di reazione (10.3, 18.3)
J = flusso di diffusione (5.3) /"A' Tr, = raggi ionici dei cationi e degli
J = densità di corrente elettrica ( 19.3) anioni (13.2)
K = fattore di intensificazione degli s == sforzo di fatica (8.8)
sforzi (8.5) SEM == microscopio elettronico a
K, = tenacità alla frattura (8.5) scansione
K1r = tenacità alla frattura per T = temperatura
sollecitazione piana per il modo I T,. = temperatura di Curie (21.6)
di apertura della cricca (8.5) Te = temperatura critica di
k = costante di Boltzmann (4.2) superconduttività (21.l l)
k = conduttività tenni ca (20.4) T~ = temperatura di transizione vetrosa
= lunghezza (14.2)
I, = lunghezza di fibra critica ( 17.4) Tm :e temperatura di fusione
In = logaritmo naturale TEM = microscopio elettronico a
log = logaritmo in base I O trasmissione
M = magnetizzazione (21.2) TS = resistenza a trazione (6.6)
Mn = peso molecolare medio di un :e tempo
polimero (15.5) t, = tempo di vita a rottura (8.13)
M •. = media pesata del peso molecolare U, = modulo di resilienza (6.6)
di un polimero(15.5) [uvw] = indici per una direzione
mo!% = percentuale molare cristallografica (3.8)
N == numero di cicli di fatica (8.8) V differenza di potenziale elettrico
NA = numero di Avogadro (3.5) (voltaggio) (18.2)
Nf = vita a fatica (8.8) Ve = volume della cella unitaria (3.4)
n == numero quantico principale (2.3) Ve = potenziale di corrosione ( 18.4)
n == numero di atomi per cella unitaria VH == potenziale Hall (19.13)
(3.5) V, :::: frazione volumetrica della fase i
n = esponente di indurimento per (9.6)
deformazione plastica (6.7) I! == velocità
n = numero di elettroni in una reazione voi% = percentuale in volume
elettrochimica (18.2) W, = frazione in peso della fase i (9.6)
n ::: numero di elettroni di conduzione % in peso == percentuale in peso (4.3)
per metro cubo (19.7) X = lunghezza
n = indice di rifrazione (22.5) X = coordinata spaziale
n' = per i ceramici, il numero di unità di y = parametro o funzione dimensionale
formula per cella unitaria (13.2) nella espressione della tenacità alla
nn :e grado di polimerizzazione medio frattura (8.5)
Elenco dei simboli • xxi

y = coordinata spaziale (T = conduttività elettrica (I 9.3)


z = coordinata spaziale a* = resistenza longitudinale
a = parametro reticolare: angolo fra gli (composito) (17 .5)
assi y-z della cella unitaria (3.7) fT,. = sforzo critico per la propagazione
a, /3,y = designazioni di fasi di una cricca (8.5)
a1 = coefficiente lineare di espansione ~:, resistenza a flessione (13.8)
termica (20.3) (J"m = sforzo massimo (8.5)
/3 = parametro reticolare: angolo fra gli (Tm = sforzo medio (8.7)
assi x-z della cella unitaria (3.7) (Tm ' = sforzo nella matrice alla rottura del
y = parametro reticolare: angolo fra gli composito ( 17.5)
assi x-y della cella unitaria (3.7) (JT = sforzo reale (6.7)
y = deformazione a taglio (6.2) O"•. = sforzo di sicurezza o di esercizio
A = variazione finita del parametro che (6.12)
segue il simbolo (1)_ = carico di snervamento (6.6)
E = deformazione nominale (6.2) 'T = sforzo di taglio (6.2)
E = permittività dielettrica (I 9.17) 'T,. = resistenza al taglio del legame
E,. = costante dielettrica o permittività fibra-matrice (17.4)
relativa ( 19.17) 1".•nic = sforzo di taglio indotto critico (7 .5)
E s = velocità di creep stazionaria (8.13) X'm suscettività magnetica (21. 2)
ET = deformazione reale (6.7)

T/ = viscosità (13.9)
T/ = sovratensione (18.4)
(} angolo di diffrazione di Bragg PEDICI
(3.15)
(}D = Temperatura di Debye (20.2) e =
composito
A = lunghezza d'onda di una cd =
compositi a fibre discontinue
radiazione elettromagnetica (3.15) cl =
direzione longitudinale (compositi
µ, = permeabilità magnetica (21.2) fibrosi allineati)
/1,H = magnetone di Bohr (21.2) et = direzione trasversale (compositi
f..l,. = permeabilità magnetica relativa fibrosi allineati)
(21.2) f = finale
/i, = mobilità elettronica ( 19.7) f = alla frattura
µ,,, = mobilità della lacuna ( 19.l O) f = fibra
jJ
= rapporto di Poisson (6.5) = istantaneo
jJ frequenza di una radiazione m = matrice
elettromagnetica (22.2) m,max = massimo
p = densità (3.5) min = minimo
p = resistività elettrica (19.2) o = originale
P, = raggio di curvatura a fondo cricca o = all'equilibrio
(8.5) o = nel vuoto
(T = sforzo nominale, di trazione o
compressione (6.2)
William D. Callister, Jr.
Department of Metallurgica[ Engineering
The University of Utah

Edizione italiana a cura di:

Prof. Claudio Caneva


Dipartimento di Ingegneria Chimica, dei
materiali, delle materie prime e metallurgia
Università degli Studi di Roma "La Sapienza"
obricato con Ire tipi differenti di materiali è il
sono vendute in lanine di alluminio (metallo) (in alto),
lro) e in bottiglie di plastica (polimero) (in basso).
lografìe è della Coca Cola Co1npany).
Obiettivi di apprendimento

Dopo aver studiato questo capitolo, dovresti essere in grado di fare le seguenti cose:

I. Elencare sei differenti proprietà dei materiali che 4. (a) Elencare le tre classificazioni primarie dei
definiscono la loro applicazione. materiali solidi, e quindi descrivere le caratte-
2. Citare i quattro componenti che sono coinvolti ristiche chimiche che li differenziano.
nella progettazione, nella produzione e nella utiliz- (b) Prendere in considerazione gli altri tre tipi di
zazione dei materiali. materiali e per ciascuno di essi le ca1·atteristi-
3. Citare tre criteri importanti per la scelta dei mate- che che li diMtinguono.
riali.

1.1 PROSPE'ITIVE STORICHE

I materiali nella nostra cultura sono probabilmente più radicati di quanto ci si renda conto. 1
trasporti, le case, l'abbigliamento, i mezzi di comunicazione e di svago, l'industria alimenta-
re - virtualmente ogni aspetto della vita di tutti i giorni è influenzato, per un verso o per un
altro, dai materiali. Da un punto di vista storico, lo sviluppo e l'evoluzione delle società sono
state intimamente legate alla abilità degli uomini a produrre ed elaborare materiali per sup-
plire alle loro necessità. Infatti, le antiche civiltà sono state denominate in base al livello di
sviluppo dei materiali (ad es. età della pietra, età del bronzo).
Gli uomini più antichi avevano accesso solo ad un numero molto limitato di materiali,
quelli presenti in natura: la pietra, il legno, l'argilla, le pelli e così via. Col tempo scoprirono
tecniche per produrre materiali di proprietà superiori a quelli naturali; fra questi, le cerami-
che ed i metalli. Inoltre, si scoprì che le proprietà dei materiali potevano essere modificate da
trattamenti termici e per aggiunta di altre sostanze. A questo punto, l'utilizzaLiune dei mate-
riali era essenzialmente un processo di scelta, cioè decidere, in base alle caratteristiche, quale
fra un dato, piuttosto limitato gruppo di materiali, poteva essere più adatto per un determina-
to impiego. È in un periodo relativamente recente che gli scienziati cominciarono a capire le
relazioni fra gli elementi strutturali dei materiali e le loro proprietà. Queste conoscenze,
acquisite negli ultimi 60 anni o giù di lì, hanno dato la possibilità di modellare, in misura
notevole, le caratteristiche dei materiali. In tal modo sono stati sviluppati decine di migliaia
di differenti materiali con caratteristiche abbastanza specifiche per venire incontro ai bisogni
della nostra moderna e complessa società; fra questi i vari metalli, le plastiche, i vetri e le
fibre.
Lo sviluppo di diverse tecnologie, che rendono la nostra esistenza così confortevole, è
stato collegato strettamente alla accessibilità di materiali appropriati. Un miglioramento delle
conoscenze di un tipo di materiale spesso prelude al progresso di una tecnologia. Per esem-
pio, non sarebbe stata possibile l'automobile senza la disponibilità di un acciaio di basso
costo o di altri materiali comparabili. Nella nostra era contemporanea, i sofisticati dispositi-
vi elettronici si basano su componenti che sono fatti dai cosiddetti materiali semiconduttori.

1.2 SCIENZA E INGEGNERIA DEI MATERIALI

Per scienza dei materiali si intende la disciplina che studia le relazioni che esistono fra la
struttura e le proprietà dei materiali. Invece per ingegneria dei materiali si intende la proget-
tazione o l'ingegnerizzazione della struttura di un materiale, sulla base di queste correlazioni
struttura-proprietà, per produrre un predeterminato insieme di proprietà. Con questo testo
attiriamo l'attenzione sulle relazioni fra le proprietà del materiale ed i suoi elementi struttu-
rali.

2
1.2 Scienza e ingegneria dei materiali • 3

"Struttura" è a questo punto un termine nebuloso che merita qualche spiegazione. In


breve, la struttura di un materiale in genere fa riferimento alla disposizione dei suoi compo-
nenti interni. La struttura subatomica fa riferimento agli elettroni che si trovano all 'intemo
dei singoli atomi e all'interazione con i rispettivi nuclei. A livello atomico la struttura fa rife-
rimento all'organizzazione reciproca degli atomi o delle molecole. Il successivo dominio
naturale più grande contiene estesi gruppi di atomi, normalmente agglomerati insieme, ed è
denominato "microscopico", che sta a significare che si può osservare direttamente con l'aiu-
to del microscopio. Infine, gli elementi strutturali che possono essere osservati con una lente
di ingrandimento sono denominati "macroscopici".
La nozione di "proprietà" merita alcune considerazioni. Durante l'impiego, tutti i mate-
riali sono esposti a stimoli esterni che producono diversi tipi di risposte. Per esempio, una
provetta sotto sforzo presenterà deformazioni; o una superficie metallica lucidata rifletterà la
luce. La proprietà è un aspetto del materiale in termini di tipo e di ampiezza di risposta rispet-
to ad una specifica stimolazione imposta. In generale, le definizioni delle varie proprietà sono
indipendenti dalla dimensione e dalla forma del materiale.
Virtualmente tutte le proprietà importanti di un materiale solido possono essere raggrup-
pate in sei differenti categorie: meccaniche, elettriche, termiche, magnetiche, ottiche e di
deterioramento. Per ciascuna di esse vi è un tipo di stimolazione caratteristica in grado di pro-
vocare differenti risposte. Le proprietà meccaniche si riferiscono alla deformazione sotto un
carico o sforzo applicato; gli esempi comprendono il modulo elastico e la resistenza a rottu-
ra. Per le proprietà elettriche, come la conduttività e la costante dielettrica, la stimolazione è
dovuta ad un campo elettrico. Il comportamento termico dei solidi può essere rappresentato
in termini di capacità termica e conduttività termica. Le proprietà magnetiche mostrano la
risposta di un materiale ad un campo magnetico applicato. Per le proprietà ottiche, la stimo-
lazione è elettromagnetica o da radiazione luminosa; l'indice di rifrazione e la riflettività
sono rappresentative delle proprietà ottiche. Infine, le caratteristiche di deterioramento indi-
cano la reattività chimica dei materiali. I capitoli che seguono illustreranno le proprietà che
rientrano in ognuna di queste sei classi.
In aggiunta a struttura e proprietà, altri due importanti componenti fanno parte della
scienza e dell'ingegneria dei materiali, il "processo di fabbricazione" e le "prestazioni". Per
quel che riguarda la relazione fra questi quattro componenti, si può dire che la struttura di un
materiale dipende da come è stato fabbricato. Inoltre, le prestazioni di un materiale saranno
funzione delle sue proprietà. Ne consegue che l'interazione fra processo di fabbricazione,
struttura, proprietà e prestazioni è lineare, come viene illustrato con lo schema riportato nella
Figura 1.1. In ogni parte del testo si presterà attenzione alle relazioni fra questi quattro com-
ponenti in termini di progettazione, produzione e utilizzazione del materiale.
Un esempio di questi principi, che riguardano l'interazione fra processo di fabbricazione-
struttura-proprietà-prestazioni, viene ora presentato con la Figura 1.2, micrografia che mostra
tre campioni di sottili dischetti appoggiati su un foglio stampato. Appare evidente che le pro-
prietà ottiche (in questo caso la luce trasmessa) di ciascuno dei tre materiali sono differenti;
il primo a sinistra è trasparente (in pratica tutta la luce riflessa lo attraversa), mentre i dischet-
ti al centro ed a destra sono rispettivamente traslucidi ed opachi. Tutti questi campioni sono
costituiti dallo stesso materiale, ossido di alluminio, ma quello più a sinistra è formato da un
cristallo singolo - è estremamente perfetto - che fa aumentare la trasparenza del dischetto.

Processo di fabbricazione - Struttura --- Proprietà----+ Presta1.ioni

F!GllRA 1.1 I quattro componenti della disciplina di scienza ed ingegneria dei materiali e della
loro interazione lineare.
4 • Capitolo 1 / Introduzione

FIGllHA 1.2
Nella fotografia viene rappresentata la
diversa trasmittanza della luce di tre cam-
pioni di ossido di alluminio. Da sinistra a
destra: materiale a cristallo singolo (zaffi-
ro), d1e è trasparente; un materiale cristal-
lino e completamente denso (non poroso),
che è traslucido; ed un materiale cristalli-
no che contiene circa 5% di porosità, che è
opaco. (Preparazione dei campioni di P.A.
Lessing; fotografia di J. Telford.)

Quello al centro è formato da numerosi e molto piccoli cristalli singoli, tutti fra loro connes-
si; i bordi di giunzione di questi minuti cristalli diffondono parzialmente la luce riflessa dalla
pagina stampata, rendendo questo materiale otticamente traslucido. Infine, il campione a
destra è formato non solo da piccoli cristalli interconnessi, ma anche da un gran numero di
pori, o di spazi vuoti, molto piccoli. Questi pori diffondono molto bene la luce riflessa e ren-
dono opaco questo materiale.
Pertanto, le strutture di questi tre campioni differiscono per bordi dei cristalli e per poro-
sità, caratteristiche che influenzano le proprietà di trasmittanza ottica. Inoltre. ciascun mate-
riale è stato prodotto con differenti tecniche di processo. E, naturalmente, se la trasmittanza
ottica è un parametro importante per l'impiego, saranno anche diverse le prestazioni di ogni
materiale.

1.3 PERCHÉ STVDIARE LA SUENZA E L'INGEGNERIA DEI MATERLUI?

· Perché studiare i materiali? Studiosi di scienze applicate o ingegneri, sia meccanici che civi-
li, chimici od elettrici, prima o poi potranno venire in contatto con problemi di progettazione
in cui sono coinvolti i materiali. Esempi possono essere gli ingranaggi di un cambio, la sovra-
struttura di un edificio, un componente di una raffineria di petrolio, o un chip di un circuito
integrato. Di conseguenza, gli scienziati e gli ingegneri dei materiali sono specialisti che ven-
gono completamente coinvolti nella ricerca e nella progettazione dei materiali.
Qualche volta, un problema di materiali è quello di scegliere il materiale giusto fra le
diverse migliaia disponibili. Vi sono diversi criteri su cui normalmente si basa la decisione
finale. Anzitutto, si devono caratterizzare le condizioni in servizio, che detteranno le pro-
prietà richieste del materiale. Solo in rare occasioni un materiale possiede le migliori o la
combinazione ideale delle proprietà. Di conseguenza può essere necessario mediare fra una
caratteristica e l'altra. Il classico esempio lo si ha con la resistenza e la duttilità; normalmen-
te, un materiale che possiede una resistenza elevata ha duttilità limitata. In tal caso può esse-
re necessario un ragionevole compromesso tra due o più proprietà.
Una seconda considerazione che riguarda la scelta è il decadimento delle proprietà del
materiale che si può verificare nel corso del servizio. Per esempio, l'esposizione ad elevate
temperature o in ambiente corrosivo può produrre significative riduzioni nella resistenza
meccanica.
Infine, la considerazione probabilmente condizionante è quella economica: Quale sarà il
costo del prodotto finito? Si può trovare un materiale che possiede l'insieme ideale delle pro-
I. 4 Classificazione dei materiali • 5

prietà ma a costi proibitivi. In tal caso è ancora inevitabile un compromesso. 11costo di un


pezzo finito comprende anche le spese affrontate durante la fabbricazione per produrre la
forma desiderata.
Quanto più un ingegnere od uno scienziato ha familiarità con le varie caratteristiche e con
le relazioni struttura-proprietà, così come con le tecniche di elaborazione dei materiali, tanto
più lui, o lei, sarà abik e sii.:uroper scegliere con saggezza i materiali basandosi su questi cri-
teri.

1.4 CLASSTFH~AZIONEDEI MATERL\Ll

I materiali solidi sono stati raggruppati in tre classi basilari: metalli, ceramici e polimeri. Que-
sto schema si basa anzitutto sulla composizione chimica e sulla struttura atomica, e la maggior
parte dei materiali ricadono in un gruppo distinto o in un altro, nonostante vi siano materiali in-
termedi. Vi sono, inoltre, tre altri gruppi di materiali ingegneristici importanti - i compositi, i
semiconduttori ed i biomateriali. I compositi sono formati dalla combinazione di due o più ma-
teriali differenti, mentre i semiconduttori sono impiegati a causa delle loro inusuali caratteri-
stiche elettriche; i biomateriali sono impiantati nel corpo umano. Di seguito viene data una
breve spiegazione dei tipi di materiali e delle loro caratteristiche più rappresentative.

METALT,I

I materiali metallici sono di norma combinazioni di elementi metallici. Essi hanno un gran
numero di elettroni delocalizzati, ovvero questi elettroni non sono legati ad un atomo parti-
colare. Diverse proprietà dei metalli vengono direttamente attribuite a questi elettroni. I
metalli sono conduttori di calore e di elettricità molto buoni e non sono trasparenti alla luce
visibile; la superficie levigata di un metallo ha un aspetto lucente. Inoltre, i metalli sono abba-
stanza resistenti, ma deformabili, e vengono considerati per il loro diffuso impiego nelle
applicazioni strutturali.

CERAl\UCJ

I ceramici sono composti fra elementi metallici e non metallici: essi sono per la maggior parte
ossidi, nitruri e carburi. L'ampio spettro di materiali che ricade in questa classificazione com-
prende i ceramici che sono composti da minerali argillosi, cementi e vetri. Questi materiali
sono tipicamente isolanti al passaggio dell'elettricità e del calore, e sono più resistenti dei
metalli e dei polimeri alle alte temperature ed agli ambienti più severi. Per quel che riguarda
il comportamento meccanico, i ceramici sono duri ma molto fragili.

POUJUERI

I polimeri comprendono le familiari materie plastiche e le gomme. Alcuni di essi sono com-
posti organici che sono basati chimicamente sul carbonio, idrogeno ed altri elementi non
metallici; inoltre essi hanno una struttura molecolare molto grande. Questi materiali hanno
tipicamente bassa densità e possono essere estremamente flessibili.

COMPOSITI

Sono stati ingegnerizzati un certo numero di materiali compositi, i quali sono formati da più
di un tipo di materiale. Un esempio familiare sono le vetroresine, in cui fibre di vetro sono
annegate entro un materiale polimerico. Un composito viene progettato per fornire una com-
6 • Capitolo I / Introduzione

binazione delle migliori caratteristiche di ciascun componente del materiale. Le fibre di vetro
acquisiscono resistenza dal vetro e flessibilità dal polimero. I materiali compositi sono fra
quei materiali che sono stati più sviluppati negli ultimi tempi.

SEMICONDUTTORI

I semiconduttori hanno proprietà elettriche che sono intermedie fra i conduttori elettrici e gli
isolanti. Inoltre, le caratteristiche elettriche di questi materiali sono estremamente sensibili
alla presenza di minute concentrazioni di atomi di impurezze, la cui concentrazione può esse-
re pilotata su regioni spaziali molto piccole. I semiconduttori hanno reso possibile l'avvento
dei circuiti integrati che hanno completamente rivoluzionato l'elettronica e l'industria dei
computer (senza menzionare la nostra vita) negli ultimi due decenni.

BIOMATERIALI

I biomateriali sono impiegati negli impianti inseriti nel corpo umano per sostituire parti dan-
neggiate o malate. Questi materiali non devono produrre sostanze tossiche e devono essere
rnmpatibili con i tessuti del corpo umano (cioè non devono causare reazioni biologiche
avverse). Tutti i summenzionati materiali- metalli, ceramici, polimeri, compositi e semicon-
duttori - possono essere usati come biomateriali. Per esempio, nella Sezione 23.8 sono
discussi alcuni dei biomateriali che sono utilizzati nelle protesi d'anca.

1.5 MATERIALI AVANZATI

l materiali che vengono utilizzati nelle applicazioni di alta tecnologia sono talvolta denomi-
nati materiali avanzati. Per alta tecnologia noi intendiamo un dispositivo o un prodotto che
opera o funziona usando principi relativamente complessi e sofisticati; come esempio si pos-
sono citare le apparecchiature elettroniche (videoregistratori, riproduttori CD, ecc.), compu-
ter, sistemi a fibre ottiche, veicoli spaziali, aeroplani e missilistica militare. Questi materiali
avanzati sono in genere formati sia da materiali tradizionali, le cui proprietà sono state
migliorate o sviluppate di recente, sia da materiali di elevate prestazioni. Inoltre essi possono
essere costituiti da qualsiasi tipo di materiale (metalli, ceramici, polimeri) e sono in genere
relativamente costosi. Nei successivi capitoli vengono discusse le proprietà e le applicazioni
di un certo numero di materiali avanzati - per esempio, materiali che vengono usati per i
laser, i circuiti integrati, la memorizzazione di informazioni magnetiche, i display a cristalli
liquidi (LCD), le fibre ottiche ed i sistemi di protezione termica per le navette spaziali orbi-
tanti.

1.6 ESIGENZE DEI MATERIALI MODERNI

Nonostante gli enormi progressi che sono stati fatti nella scienza e nell'ingegneria dei mate-
riali in questi ultimi anni, rimangono ancora numerose sfide tecnologiche tra cui, da un lato
lo sviluppo di materiali sempre più sofisticati e specialistici, dall'altro la valutazione del-
l'impatto ambientale della produzione dei materiali. È giusto fare qualche commento su que-
sti argomenti così come esplorare nuove prospettive.
L'energia nucleare mantiene qualche promessa, ma la soluzione dei problemi che restano
richiederà necessariamente adeguati materiali, sia per i combustibili che per le strutture di
contenimento per l'eliminazione dei rifiuti radioattivi.
Bibliografia • 7

Il trasporto richiede quantità di energia significative. Riducendo il peso dei veicoli (auto-
mobili, aerei, treni, ecc.), così come aumentando le temperature di funzionamento dei moto-
ri, si potrà migliorare l'efficienza del combustibile. Rimangono da sviluppare nuovi materia-
li strutturali a bassa densità e ad elevata resistenza, oltre a materiali che sono in grado di resi-
stere a temperature più alte, per impieghi nei componenti del motore.
Inoltre, vi è il riconosciuto bisogno di trovare nuove ed economiche sorgenti di energia e
di usare le attuali risorse con maggiore efficienza. I materiali indubbiamente svolgeranno un
ruolo significativo in questi sviluppi. Per esempio, è stata sperimentata la conversione diret-
ta dell'energia solare in energia elettrica, ma le celle solari sono formate da materiali abba-
stanza complessi e costosi. Per assicurare la dovuta attenzione a questa tecnologia, è neces-
sario sviluppare materiali ancora meno costosi e sempre più efficienti per il processo di con-
versione.
La qualità dell'ambiente dipende dalla nostra capacità di controllare l'inquinamento del-
l'aria e dell'acqua. Le tecniche di controllo dell'inquinamento utilizzano vari materiali. In
aggiunta, il processo di lavorazione dei materiali ed i metodi di raffinazione devono essere
migliorati in modo che producano meno degrado ambientale, cioè, meno inquinamento e
meno alterazione del paesaggio da parte delle miniere da cui si estraggono le materie prime.
Infine, in taluni processi di fabbricazione dei materiali vengono prodotte sostanze tossiche, e
deve essere preso in considerazione l'impatto ecologico del loro smaltimento.
Alcuni materiali che usiamo sono derivati da risorse non rinnovabili, cioè non in grado di
venire rigenerate. Fra questi i polimeri, per i quali la materia prima è il petrolio, ed alcuni me-
talli. Queste risorse non rinnovabili stanno gradualmente esaurendosi, per cui è necessario: 1)
scoprire altri giacimenti, 2) sviluppare nuovi materiali con proprietà comparabili e con im-
patto ambientale meno dannoso, e/o 3) aumentare il riciclo e sviluppare nuove tecnologie di ri-
ciclaggio. Come conseguenza economica non solo della produzione, ma anche dell'impatto
ambientale e dei fattori ecologici, sta diventando sempre più importante considerare il ciclo di
vita "nascita-morte" dei materiali in relazione soprattutto ai processi di fabbricazione.
I ruoli che svolgono gli scienziati e gli ingegneri dei materiali a questo proposito, come
anche le emissioni ambientali e le perdite sociali, verranno discusse più in dettaglio nel
Capitolo 24.

BIBLIOGRAFIA

Il numero di ottobre 1986 di Scientific American, Voi. Co., Pacific Grove, CA, 1994.
255, N. 4, è interamente dedicato a vari materiali avanza- Barrett, C.R., W.D. Nix, arrd A.S. Tetelman. The
ti ed ai loro impieghi. Altre voci bibliografiche per il Principles of Engineering Materials, Prentice Hall,
Capitolo 1 sono testi che trattano in modo esauriente i lnc., Englewood Cliffs, NJ, 1973.
fondamenti basilari della scienza e dell'ingegneria dei Flinn, R.A. and P.K. Trojan, Engineering Materials and
materiali. Their Applications, 4th edition, John Wiley & Sons,
New York, 1990.
Ashby, M.F. and D.R.H. Jones, Engineering Materials I, Jacobs, J.A. arrd T.F. Kilduff, Engineering Materials
An Introduction to Their Properties and Technolo[<y, 3rd editiorr, Prentice Hall, Upper
Applications, 2nd edition, Pergamon Press, Oxford, Saddle River, NJ, 1996.
1996. McMahon, C.J., Jr. and C.D. Graham, Jr., Introduction to
Ashby, M.F. and D.R.H. Jones, Engineering Materials 2, Engineering Materiai.e The Bicycle and the
An lntroduction to Microstruttures, Processing and Walkman, Merion Books, Philadelphia, 1992.
Design, Pergamon Press, Oxford, 1986. Murray, G.T., lntroduction to Engineering Materials -
Askeland, D.R., The Science and Engineering of Behavior, Properties, and Selection, Marce!
Materials, 3rd edition, Brooks/Cole Publishing Dekker, Inc., New York, 1993.
8 • Capitolo I / Introduzione

Ohring, M., Engineering Materials Science, Academic Shackelford, J.F., Introduction to Materials Science for
Press, San Diego, CA. 1995. Enginners, 4th edition, Prentice Hall, Inc., Upper
Ralls, K.M., T.H. Courtney, and J. Wulff, /ntroduction to Saddle River, NJ, 1996.
Materials Scìence and Engineering, John Wiley & Smith, W.F., Principles of Materials Sience and
Sons, New York, 1976. Engineering, 3rd edition, McGraw-Hill Book
Schaffer, J.P., A. Saxena, S.D. Antolovich, T.H. Sanders, Company, New York, 1995.
Jr., and S.B. Wamer, The Science and Design of Van Vlack, L. H., Elements of Materiai Science and
Engineering Materials, 2nd edition, Engineering, 6th edition, Addison-Wesley
WCB/McGraw-Hill, New York, 1999. Publishing Co., Reading, MA, 1989.
La presente
raffigurante
micrografia,
la superficie di
un provino d'oro, è stata
ottenuta con un microscopio
a forza atomica (AFM)
estremamente sofisticato.
L'ottima ri~oluzione
dell'immagine consente
l'individuazione dei singoli
atomi appartenenti alla
superficie del piano
cristallografico ( 111). È
interessante notare la scala
dimensionale (nella gamma
dei nanometri) presente sotto
la micrografia. ( Per gentile
concessione del Dr. Michael
Green, TopMetrix
Corporation).

Perché studiare la struttura atomica e i legami interatomici?

Una motivazione importante allo studio dei legami fite è relativamente tenera ed "untuosa" al tatto,
interatomici nei solidi risiede nel fatto che, in alcuni diamante è il materiale più duro che si conosc
casi, il tipo di legame permette di spiegare le proprietà Questa enorme differenza di proprietà è direttamer
presentale dai materiali. Si consideri, per esempio, il attribuibile al tipo di legame interatomico prese,
caso del carbonio il quale può esistere sia sotto forma nella grafite, che non esiste nella struttura del d
di grafite che sotto forma di diamante. Mentre la gra- mante (vedere Paragrafo 13.4).
Obiettivi di apprendimento

Dopo aver studiato questo capitolo, dovresti essere in grado di fare le seguenti cose:

I. Ricordare i due modelli atomici citati e conoscere della loro distanza interatomica.
le differem;e tra loro. (b) Osservare su questo diagramma la distanza
2. Enunciare il principio della meccanica-quantfatica equilibrio e l'energia di legame.
riguardante le energie elettroniche. 4. (a) Descrivere brevemente i legami ionico, cov
3. (a) Disegnare schematicamente il grafico conte- lente, metallico, idrogeno e di Van der Waals
nente le curve dell'energia netta, di attrazione (h) Indicare il nome di almeno un materiale c
e reptdsione per due atomi o ioni in funzione contenga ciascun tipo di legame citato.

2 .1 INTRODUZIONE

Alcune importanti proprietà dei materiali solidi dipendono dalla geometria della configu
zione atomica interna e, anche, dalle interazioni che esistono tra i loro costituenti: gli atom
le molecole. Il presente capitolo è propedeutico alle discussioni che seguiranno nei capit
successivi e contiene diversi concetti di importanza fondamentale, fra i quali la struttura a
mica, la configurazione elettronica degli atomi nella tavola periodica e diversi tipi di lega
interatomici primari e secondari per mezzo dei quali glÌ atomi sono trattenuti insieme a f
mare i solidi. Gli argomenti ora citati verranno brevemente esaminati. Si tenga presente ,
nella trattazione che segue si assumerà che il lettore abbia un minimo di familiarità con i pr
cipi di base inerenti i materiali.

STRUTTURA
ATOMICA
2.2 CONCETTI FONDAMENTALI

Ogni atomo è composto da un nucleo molto piccolo contenente protoni e neutroni, il qua
circondato da elettroni in continuo movimento. Sia i protoni che gli elettroni sono elettr
mente carichi e presentano una carica di 1.60 x 10-19 C, di segno negativo nel caso degli e
troni e positivo per i protoni; i neutroni, invece, sono elettricamente neutri. Le masse di e
ste particelle subatomiche sono infinitesimalmente piccole; i protoni ed i neutroni ha
approssimativamente la stessa massa, 1.67 x 10-27 kg, che è tuttavia significativamente
grande della massa degli elettroni, 9.11 x 10-3 'kg.
Ogni elemento chimico è caratterizzato dal numero dei protoni presenti nel nucleo, m
ro dal numero atomico (Z) 1• Per un atomo elettricamente neutro o completo, il numero
mica è anche uguale al numero degli elettroni. Il numero atomico è un numero intero ei
preso tra I per l'idrogeno e 94 per il plutonio, che presenta in assoluto il numero atomico
elevato fra gli elementi presenti in natura.
La massa atomica (A) di un atomo specifico può essere espressa come la somma e
masse dei protoni e dei neutroni presenti nel nucleo. Tuttavia, sebbene il numero dei pro
è sempre lo stesso per tutti gli atomi di un dato elemento, il numero dei neutroni (N), inv
può variare. Pertanto gli atomi di alcuni elementi presentano due o più differenti masse
miche: questi dementi sono gli isotopi. Il peso atomico di un elemento corrisponde
media pesata delle masse atomiche degli isotopi degli atomi naturalmente presenti in nati

1I tennini in grassetto sono riportati nel Glossario,di seguito ali' AppendiceE.


2li termine "massa atomica" è decisamente più appropriato di "peso atomico" in particolar mo,
questo testo nel quale si parla di masse e non di pesi. Tuttavia il termine "peso atomico" è conve
nalmente più impiegato nella terminologia corrente e verrà pertanto utilizzato anche in questo libi
noti però che non è quindi necessariodividere il peso molecolare per la costante gravitazionale.
2.3 Gli elettroni negli atomi • 11

Per il calcolo del peso atomico può essere impiegata l'unità di massa atomica (urna). A que-
sto scopo è stata stabilita una scala nella quale I urna è definita come r-
2 della massa atomica

del più comune isotopo del carbonio, il carbonio 12 (' 2C) (A= 12.00000). Con questa scala, le
masse dei protoni e dei neutroni sono leggermente superiori dell'unità e

A==-Z+N (2. l)

11peso atomico di un elemento o il peso molecolare di un composto possono essere specifi-


cati sulla base di un'urna per atomo (o molecola) o massa per mole del materiale. In una mole
di sostanza ci sono 6.023 x 1023 (Numero di Avogadro) atomi o molecole. Le due unità di
peso atomico sono correlate mediante la seguente equazione:

I urna/atomo (o molecola)= 1 g/mole

Per esempio, il peso atomico del ferro è 55.85 urna/atomo o 55.85 g/mole. Non vi è una rego-
la fissa nella scelta dell'unità: in alcuni casi è conveniente utilizzare l'unità urna/atomo o
molecola, in altre occasioni è preferito l'uso dei g (o kg)/mole. In questo libro verrà impie-
gata questa unità.

2.3 GLI ELETTROM NEGLI ATOJUI

I :UODELLI ATOMICI

~ell 'ultima parte del secolo diciannovesimo ci si è resi conto che molti fenomeni riguardanti
gli elettroni nei solidi non potevano essere spiegati con la teoria della meccanica classica. Per-
tanto si è dovuto ricorrere alla definizione di un nuovo insieme di principi e leggi che gover-
nano i sistemi di entità atomiche e subatomiche che sono noti con il nome di meccanica quan-
tistica. La comprensione del comportamento degli elettroni negli atomi e nei solidi cristallini
comporta necessariamente l'utilizzo di concetti di meccanica quantistica. Un dettagliato ap-
profondimento di tali principi non risponde, ovviamente. allo scopo del presente libro; tutta-
via è comunque opportuno trattare l'argomento anche se in modo molto sintetico e semplifi-
cato.
Un primo sviluppo della meccanica quantistica è rappresentato dal modello atomico
semplificato di Bohr. nel quale si suppone che gli elettroni girino intorno al nucleo atomico
su orbite ben definite di numero discreto e che la posizione di ciascun elettrone sia più o
meno ben definita in relazione alla sua orbita. Questo modello dell'atomo è rappresentato in
Figura 2.1.

Elettroni orbitali FtGl'lt\ 2.1 Rappresentazione schematica


dell'atomo di Bohr.
12 • Capitolo 2 / Struttura atomica e legami interatonùd

Fu;t IU 2.2 (a) I primi


tre stati di energia dell 'e- o --------~~------------- o
lettrone per l'atomo di 3d '--
idrogeno secondo Bohr. n=3 3p-=
3s _r
(b) I primi tre strati di
energia dell'elettrone per 2p '----
n=2
l'atomo di idrogeno 2s _r ---
secondo la teoria quanti-
stica-ondulatoria. (Da -5
W.G.Moffatt, G.W.
Pearsal e J. Wulff : The -1 X 10-lS ·
>
2!- ~

Structure and Properties cj


·~
of Materials, Voi. I. ·"'
OD
qj
qj
e
e w
Stucture,p. IO. Copyright LU

© 1964 di fohn Wiley &


Sons, New York. -10
Riproduzione autorizzata
da John Wiley & Sons,
lnc.)
-2 X 10-l&

n=l l& ---

-15 (a) (b)

Un altro importante principio della meccanica quantistica stabilisce che le energie dt


elettroni sono "quantizzate" cioè che gli elettroni possono avere solo specifici valori di er
gia. Ciascun elettrone può cambiare la sua energia, ma per far questo deve necessariame
compiere un "salto" di una fissata distanza verso un altro livello energetico, tra quelli amm
si, o più alto o più basso. Nel primo caso il salto dell'elettrone è accompagnato da un ass
bimento di energia da parte del sistema, mentre nel secondo caso da un'emissione di eneq
Spesso è pratico immaginare che queste energie ammesse per gli elettroni siano associai
livelli o stari di energia. L'energia di questi stati non varia con continuità; cioè stati adiac
ti sono contraddistinti da energie ben definite. Per esempio gli stati ammessi per l'atomc
idrogeno secondo la teoria di Bohr sono rappresentati in Figura 2.2a. Si assume che qm
energie siano negative, mentre il livello di riferimento zero è attribuito agli elettroni slega
liberi. Naturalmente, l'unico elettrone presente nell'atomo di idrogeno riempirà soltanto (
di questi stati.
Pertanto il modello di Bohr rappresenta un primo tentativo di descrivere la configura2
ne elettronica negli atomi, sia in termini di posizione occupata (orbitali elettronici), che in 1
mini energetici (livelli di energia quantizzata).
Successivamente apparve chiaro che il modello di Bohr presentasse alcune significat
limitazioni inerenti l'incapacità di spiegare diversi fenomeni riguardanti il comportarne
degli elettroni, per spiegare i quali fu introdotto un nuovo modello atomico, il modello m
canico-ondulatorio, il quale stabilisce che gli elettroni possiedono le caratteristiche tipi4
sia delle particelle che delle onde elettromagnetiche. Secondo questo modello un elettn
non è considerato come una particella che si muove su un determinato orbitale, ma piuttc
la posizione dell'elettrone è considerata come l'insieme delle posizioni intorno al nuc
dove vi è un'alta probabilità di trovare l'elettrone stesso. In altre parole, la posizion
descritta da una distribuzione di probabilità o nuvola elettronica. Nella Figura 2.3 è ripor1
un confronto tra il modello di Bohr ed il modello meccanico-ondulatorio per l'atomo di id
geno. Ambedue i modelli vengono utilizzati nel prosieguo del presente testo; la scelta dell
2.3 Gli elettroni negli atomi 13

F1u n ~ :! .:_~ Confronto tra


(a) il modello di Bohr e (b) il
1.0 - modello meccanico-ondula-
torio in termini di distribuzio-
ne elettronica. (Da Z.D.
Jastrzebski, The nature and
Properties of Engineering
Materia/s, 3rd cdition, p. 4
t Copyright ©1987 by John
Wiley Sons, New York,
Riproduzione autorizzata da
John Wiley & Sons, Inc.)

o
I I
--e-+-- Distanza dai nuclei~
I I

: --+-~····:
1/ I :.·.·.I

:;
I,
: : I
.·· ...•. ..·.:.

Elettrone orbitale { • Nucleo r


\~
I (b)
/a)

no o dell'altro viene effettuata al fine di garantire la maggiore semplicità e chiarezza possi-


bili nella spiegazione dei diversi fenomeni.

I l'TlJERf QL.-\1\TIU

Secondo la teoria della meccanica ondulatoria, ogni elettrone è caratterizzato da quattro para-
metri chiamati numeri quantici. La dimensione, la forma e l'orientamento spaziale della

Tahdla 2. I l\"umcro di stati elettronici pot,;sibili in alcuni gusci e sottogusci

Numero
Quantico Denominazione Numero Numero di Elettroni
principale dei Gusci Sottogusci degli Stati Per sottogusci Per gusci

K s 2 2
2 L s I 2 8
p 3 6
3 M s I 2 18
p 3 6
d 5 IO
4 N .I" I 2 32
p 3 6
d 5 IO
f 7 14
14 • Capitolo 2 / Struttura atomica e legami interatomici

densità elettronica di un elettrone sono descritti da tre dei quattro numeri quantici sudde1
Inoltre, i livelli energetici individuati dalla teoria di Bohr vengono ulteriormente affinati e
l'introduzione di sottolivelli elettronici e i numeri quantici indicano il numero degli stati et,
tronici all'interno di ogni sottolivello. I livelli o gusci sono identificati da un numero quan
co principale n, il quale può assumere soltanto valori interi a partire dall'unità; alcune vo
questi livelli sono identificati da lettere K, L, M, N, O e così via, le quali corrispondono risp1
tivamente a n = l, 2, 3, 4, 5, ..... , come indicato nella Tabella 2.1. Inoltre è interessante noi
re che questo numero quantico, e soltanto questo, è correlato con il modello proposto
Bohr. Questo numero quantico, infatti, tiene conto della distanza di un elettrone dal nuclt:
ovvero della sua posizione.
li secondo numero quantico, /, caratterizza i sottolivelli, i quali sono contrassegnati da
lettere minuscole s, p, d, o f; indica la forma dei gusci elettronici. Inoltre, il numero di qu
sti sottolivelli è limitato dal valore assunto dal numero quantico principale n. La Tabella~
riporta i sottogusci esistenti per ogni valore di n. Il numero dei livelli di energia consentiti~
ogni sottoguscio è determinato dal terzo numero quantico, m 1• Per un sottoguscio di tipo se:
ste soltanto un singolo livello di energia, mentre per i sottogusci p, d e/ ci sono rispeuili
mente tre, cinque e sette stati energetici (Tabella 2.1 ). In assenza di un campo magneti
esterno, gli stati energetici all 'intemo di ogni sottoguscio sono identici. Comunque, quan,
viene applicato un campo magnetico, questi sottogusci si separano ed ogni stato assume val
ri energetici leggermente differenti.
Associato ad ogni elettrone esiste un momento di spin, che è obbligatoriamente orienta
verso l'alto o verso il basso. Correlato a questo momento di spin è il quarto numero quan
co, ms, il quale può assumere soltanto due valori (+½e - ½),uno per ciascuna orientazio
dello spin.
Pertanto si può affermare che il modello di Bohr è stato ulteriormente affinato con l 'i
troduzione della meccanica ondulatoria, nella quale l'introduzione di tre nuovi numeri qua
tici identifica e introduce i sottogusci elettronici contenuti ali' interno dei gusci principali. l
confronto di questi due modelli basato su questi principi è riportato nelle Figure 2.2a e 2.2
In Figura 2.4 è rappresentato un diagramma completo relativo ai livelli energetici, coni
nente i diversi gusci e sottogusci, secondo quanto stabilito dal modello meccanico-ondulat
rio. È interessante analizzare diverse caratteristiche del diagramma. Per prima cosa si p1

FrGr R\ 2 .4, Rappresentazio


schematica delle energie relati
f-d- degli elettroni per vari livelli e s,
f--d--~== tolivelli (Da K.M. Ralls, T.l
Courtney e J. Wulff, lntroducti,
f--d--~== to Materials Science ai
Engineering, p. 22. Copyright
l d--P--
d--~==

s--
1976 by fohn Wiley & Sons, Ne
York. Riproduzione autorizzata
fohn Wiley & Sons, Inc.)
p--
5--

p--
s--
s--

2 3 4 5 6 7
Numeri quantici principali, n ---+-
2. 3 Gli elettroni negli atomi • 15

notare che minore è il valore del numero quantico principale, minore è il livello energetico;
ad esempio l'energia di uno stato ls è minore di quella di uno stato 2s, la quale, a sua volta,
è inferiore a quella dello stato 3s. Inoltre, all'interno di ogni guscio, l'energia di un sottoli-
vello energetico cresce al crescere del valore del secondo numero quantico l. Per esempio,
l'energia di uno stato 3d è maggiore di quella di uno stato 3p, che è maggiore di quella dello
stato 3s. Infine, si nota che possono anche presentarsi sovrapposizioni energetiche fra il livel-
lo di un guscio e il livello di un guscio adiacente, la quale cosa avviene in particolar modo tra
gli stati de j; per esempio l'energia di uno stato 3d è maggiore di quella di uno stato 4s.

CONFIGURAZIONE ELETIRONICA

Gli argomenti fin qui trattati hanno riguardato principalmente gli stati elettronici, ovvero i
valori energetici permessi per gli elettroni. Le modalità secondo le quali questi livelli elettro-
nici vengono occupati sono stabilite dal principio di esclusione di Pauli, il quale si basa su
un altro concetto della meccanica quantistica. Questo principio afferma che in ogni livello
energetico non possono coesistere più di due elettroni, i quali, peraltro, devono avere spin
opposti. Pertanto, i sottogusci s. p, d ef possono contenere al massimo rispettivamente 2, 6,
I O e 14 elettroni; nella Tabella 2.1 è riassunto il massimo numero di elettroni contenuti rispet-
tivamente nei primi quattro gusci.
Naturalmente, non tutti gli stati elettronici ammessi sono occupati dagli elettroni. Per la
maggior parte degli atomi, gli elettroni occupano soltanto i gusci e sottogusci dei livelli ener-
getici inferiori, riempiendoli con due elettroni (di spin opposto) per ogni livello. In Figura 2.5
è rappresentata la struttura energetica dell'atomo di sodio. Quando tutti gli elettroni occupa-
no ordinatamente i livelli energetici inferiori in accordo con le regole precedentemente
descritte, si dice che 1'atomo è nello stato stabile. Tuttavia, come verrà illustrato nei Capitoli
19 e 22, sono anche permesse transizioni elettroniche verso livelli elettronici di maggior con-
tenuto energetico. La configurazione elettronica o la struttura di un atomo rappresenta la
modalità con la quale i livelli energetici interni di un atomo vengono occupati dagli elettroni.
Nella notazione convenzionale, dopo la designazione del guscio principale e del sottoguscio,
viene riportato il numero di elettroni contenuto in ogni sottolivello annotandolo come apice.
Ad esempio le configurazioni elettroniche degli atomi di idrogeno, elio e sodio sono rispetti-
vamente ls1, ls 2 e Is22s2 2p 63s 1• Altre configurazioni elettroniche per alcuni dei più comuni
elementi sono riportate nella Tabella 2.2.
Appare a questo punto utile e necessario commentare queste configurazioni elettroniche.
Gli elettroni di valenza sono quelli che occupano i livelli energetici più esterni. Come si
vedrà successivamente, questi elettroni sono estremamente importanti, in quanto partecipano

FIGllRA 25 Rappresentazione schematica


dei livelli energetici completi per l'atomo di
-- --3p sodio.
--3s

-- -- --2p
--2s

--1s
16 • Capitolo 2 / Struttura atomica e legami interatomici

Tabella 2.2 Lista delle configurazioni elettroniche ipotizzate per alcuni dei
elementi più comuni•
Elemento Simbolo Numero Atomico C onfigura:done elettronica

Idrogeno H 1 ls'
Elìo He 2 ls'
Litio Li 3 1s22s'
Berillio Be 4 ls'2s'
Boro B 5 ls 2 2s 22p'
Carbonio e 6 1s22s22p2
Azoto N 7 ls'2s'2p 3
Ossigeno o 8 ls'2s'2p 4
Fluoro F 9 ls 22s'2p 5
Neon Ne IO ls 22s22p"
Sodio Na 11 l s'2s22p"3s'
Magnesio Mg 12 I s22s 22p6 3s2
Alluminio Al 13 1s 22s 22p63s23p'
Silicio Si 14 1s'2s 22p 6 3s2 3p'
Fosforo p 15 1s22s 22p6 3s'3p 1
Zolfo s 16 l s 22s 22p 63s23p 4
Cloro Cl 17 1s2 2s22p6 3i3p 5
Argon Ar 18 l s2 2s22p 6 Js'3p 6
Potassio K 19 1s'2s'2p 63s23p6 4s 1
Calcio Ca 20 ls'2s'2p 63s'3p64s'
Scandio Se 21 1s12s2 2p 63.,·'31l3d' 4s'
Titanio Ti 22 ls'2s'2p 6 3s'3p 0 3d'4s'
Vanadio V 23 1s 22s 22p6 3.1"3p'3d'4s2
Cromo Cr 24 ls'2s'2p 6 3s23p'3d'4s'
Manganese Mn 25 1s22s'2p63s'3p'3d'4s 2
Ferro Fe 26 I .1·22s'2p''J., 23p"3t:1'4s2
Cobalto Co 27 1s22s 22p 63s23p63d 14s'
Nichel Ni 28 1s22s 2 2p6 3s2 3p'3d84s2
Rame Cu 29 I s22s 22p6 3s2 3p63d' 0 4s 1
Zinco Zn 30 ls'2s 22p6 3s'3p 63d' 04s 2
Gallio Ga 31 I s22s 22p6 3.123p63d' 04s 24p 1
Germanio Ge 32 1s22s22p'3s'3p 63d' 04s24p2
Arsenico As 33 I s 22s22p 63.1'3p'3d'04s'4p 1
Selenio Se 34 1s'2s 12p 6 3s'3p 6 3d"'4s 2 4p"
Bromuro Br 35 ls 22s'2p 6 3s'3p 6 3d"'4s'4p'
Cripto Kr 36 1s22s 22p6 3s'3p 63d 104s'4p"

• In alcuni elementi che presentano legami covalenti si trovano ibridizzazioni ,\p. Questo fenomeno è ben p
sente negli atomi C, Si e Ge.

ai legami tra gli atomi e concorrono alla formazione di aggregati atomici e molecolari. lnol·
molte proprietà chimico-fisiche dei solidi dipendono proprio da questi elettroni.
Alcuni atomi possiedono quella che si chiama "configurazione elettronica stabile"
quale viene raggiunta quando gli stati elettronici più esterni, o di valenza, sono compie
mente riempiti dagli elettroni. Normalmente questa condizione corrisponde alla contigui
zione per la quale gli strati s e p dei gusci più esterni sono completi con otto elettroni, cor
avviene nel neon, nell'argon e nel krypton; fa eccezione l'elio, il quale ha soltanto due el,
troni nel livello 1s. Questi elementi (Ne, Ar, Kr e He) sono i gas nobili o elementi inerti, ov,
ro sono elementi chimicamente non reattivi. Alcuni atomi degli elementi che hanno i live
di valenza non completamente occupati tendono ad assumere configurazioni elettroniche s
bili, acquistando o cedendo elettroni e formando ioni carichi elettricamente, oppure mett~
do in comune i propri elettroni con altri atomi. Questo fenomeno è alla base di alcune n
zioni chimiche cd anche della formazione dei legami atomici nei solidi, come sarà spiegi
nel Paragrafo 2.6.
2.5 Forze ed energie di Legame • 17

In alcune circostanze, gli orbitali se p possono combinarsi e formare orbitali ibridi di tipo
sp", in cui l'apice n indica il numero di orbitalip coinvolti e può valere 1, 2 o 3. Gli elemen-
ti della tavola periodica appartenenti ai gruppi 3A, 4A e 5A (Figura 2.6) sono quelli che più
frequentemente formano orbitali ibridi. La forza motrice che genera la formazione degli orbi-
tali ibridi scaturisce dallo stato di minore energia nel quale gli elettroni di valenza si vengono
a trovare in seguito all'assunzione della nuova configurazione elettronica. L'ibridizzazione
sp 3 del carbonio, per esempio, è di primaria importanza per la chimica dei composti organici
e dei polimeri. La formazione degli orbitali sp 3 è la causa per la quale, nelle catene polimeri-
che, gli angoli di legame tra gli atomi di carbonio sono di 109° (o tetraedici) (Capitolo 15).

2.4 LA TAVOI...APERIODICA
Tutti gli elementi sono stati classificati secondo la loro configurazione elettronica nella tavo-
la periodica (Figura 2.6). In essa, nelle sette righe orizzontali, gli elementi sono ordinati
secondo il numero atomico crescente; queste righe orizzontali sono anche chiamate periodi.
Tutti gli elementi appartenenti ad una medesima colonna o gruppo, invece, sono caratteriz-
zati dall'avere simile struttura degli elettroni di valenza, ovvero simili proprietà chimico-fisi-
che. Queste proprietà variano gradualmente ma sistematicamente muovendosi orizzontal-
mente lungo ogni periodo. '
Gli elementi posizionati nel gruppo O, ovvero il gruppo all'estrema destra della tavola,
sono i gas inerti, i quali hanno l'ultimo livello completo e configurazioni elettroniche stabi-
li. Agli elementi appartenenti ai gruppi VIIA e VIA mancano rispettivamente uno o due elet-
troni per raggiungere la configurazione stabile. Gli elementi del gruppo VIIA ( F, Cl, Br, I e
At) sono chiamati alogeni. Gli alcali e i metalli alcalino-terrosi (Li, Na, K, Be, Mg, Ca, ecc.)
appartengono ai gruppi JA e IIA ed hanno rispettivamente uno o due elettroni in eccesso
rispetto alla struttura elettronica stabile. Gli elementi appartenenti ai tre periodi più lunghi,
dal gruppo ITIB al gruppo IIB, sono chiamati metalli di transizione ed hanno il livello d par-
zialmente riempito ed, in alcuni casi, il livello energetico superiore contenente uno o due elet-
troni. I gruppi lllA, IVA e VA contengono elementi (B, Si, Ge, As, ecc.) che mostrano, in virtù
delle loro strutture elettroniche di valenza, caratteristiche intennedie tra i metalli ed i non
metalli.
Come si può notare analizzando la tavola periodica, la maggior pane degli elementi pos-
sono essere classificati come metalli. Questi elementi vengono anche chiamati elettropositi-
vi, indicando con questo termine la loro propensione a cedere i loro pochi elettroni di valen-
za e diventare, così, ioni caricati positivamente. D'altra parte gli elementi situati nell 'estre-
mità destra della tavola periodica sono elettronegativi; ovvero essi sono in grado di acco-
gliere elettroni e formare così ioni carichi negativamente, oppure di mettere in comune alcu-
ni elettroni con altri atomi. In Figura 2.7 sono riportati i valori di elettronegatività assegnati
ai diversi elementi della tavola periodica. Come regola generale, l'elettronegatività degli ele-
menti cresce spostandosi da sinistra a destra e dal basso verso l'alto della tavola periodica. In
generale, sono atomi accettatori di elettroni quelli che hanno i livelli energetici più esterni
quasi completi, oppure se hanno gli elettroni meno "schermati", ovvero più vicini, al nucleo.

LEGAMIATOMICINEI SOLIDI ================================


2.5 FORZE ED ENERGIE DI LEGAME

Una corretta comprensione di molte proprietà fisiche dei materiali è legata alla conoscenza
delle forze interatomiche che legano insieme gli atomi al loro interno. Conviene dapprima
• Capitolo 2 / Struttura atomica e legami interatomici

Chiave
di lettura
D Metallo

IA o
Numero atomico
l Non metallo
H Simbolo
l.C080 IIA
Peso atomico
3 4
Intermedio
Li Be
6.939 9.0122
11 12
Na Mg VIII
22990 24.312 !IIB IVB VB VIB VIIB 1B 11B
l9 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31
K Ca Se li V Cr Mn Fe Co Ni Cu Zn
39102 40.08 44.956 47.90 50.942 51.996 54.938 55.847 58.933 58.71 63.54 65.37
37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48
Rb Sr y Zr Nb Mo Te Ru Rh Pd Ag Cd Sn
85.47 87.62 88.91 91.22 92.91 95.94 (99) 101.07 102.'JI 106.4 107 .87 112.40 114.82 118.69
55 56 72 73 74 75 76 77 78 79 80 BI 82
Serie
Cs Ba Lantanidi
Hl Ta w Re Os lr pt Au Hg TI Pb Bi
132.91 137.34 178.49 180.95 183.85 186.2 190.2 192.2 195.09 196.97 200.59 204.37 207.'.9 208.98
87 88
Serie
Fr Ra Attinirli
(223) (226)

57 58 59 60 61 62 63 64 65 66 67 68 69 70 71
Serie Lantanidi La Ce Pr Nd Pm Sm Eu Gd Tb Oy Ho Er Tm Yb Lu
138.91 140.12 140.91 144.24 (145) 150,35 151.96 157.25 158.92 162,50 164.93 167.26 168,93 173.04 174.97
89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 100 101 102 103
Serie Attinidi Ac Th Pa u Np Pu Am Cm Bk Cf Es Fm Md No Lw
(227, 232.04 (231) 238.03 (237) (242) (243) (247) (247) 1249) (254) 1253) (256) (254) (257)

FIGURA 2.6 La tavola periodica degli elementi. I numeri racchiusi tra parentesi sono i pesi ,
miei degli isotopi più stabili o maggiormente comuni.

IA o
-i-- 2
H He
2.1 IIA IIIA IVA VA VIA VIIA -
3 4 5 6 7 8 9 IO
Li Be B e N o F Ne
1.0 1.5 2,0 2.5 3.0 3,5 4.0 -
11 12 13 14 15 16 17 18
Na Mg VIII Al Si p s Cl Ar
0,9 1.2 IIIB IVB VB VIB VIIB 18 11B 1.5 1.8 2.1 2,5 3.0 -
19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36
K Ca Se lì V Cr Mn Fe Co Ni Cu Zn Ga Ge As Se Br Kr
0.8 LO 1.3 1.5 1.6 1,6 1.5 1.8 1.8 1.8 1.9 l.6 1.6 1.8 20 2.4 2.8 -
37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54
Rb Sr y Zr Nb Mo Te Ru Rh Pd Ag Cd In Sn Sb Te I Xe
0.8
55
1.0
56
1.2
57-71
1.4
72
1.6
73
1.8
74
1.9
75
2.2
76
2.2 2.2 l.9 I 1.7 1.7 l.8 1.9 2.1 2.5 -
77 78 79 80 81 82 83 84 85 86
Cs Ba La-Lu Hf Ta w Re 0s lr pt l'\u Hg TI Pb Bi Po Al Rn
G.7 0.9 1.1-1.2 1.3 1.5 1.7 1.9 2.2 2.2 2.2 2.4 r 1.9 1.8 1.8 1.9 2.0 2.2 -
87 88 89-102
Fr Ra Ac-No
0.7 0.9 l.1-1.7

FIGUlA 2. 7 Valori di elettronegatività per i diversi elementi. (Tratto da Linus Pauling, J


Nature of the Chemicai Bond, terza edizione. Copyright 1939 e 1940, terza edizione, Copyright
1960. della Cornwell University. Riproduzione autorizzata dall'editore, Cornwell I Jniven
Press.)
2.5 Forze ed energie di Legame • 19

illustrare i principi del legame atomico considerando le interazioni esistenti tra due atomi ini-
zialmente separati e progressivamente avvicinati l'uno all'altro. [nfatti a grandi distanze le
interazioni sono trascurabili, ma al diminuire della distanza tra gli atomi, ognuno di essi eser-
cita una forza mll'altro. Queste forze sono di due tipi: attrattive o repulsive e la loro entità è
funzione della distanza interatomica di separazione tra gli atomi stessi. L'origine della forza
attrattiva F_.
1 dipende dal particolare tipo di legame esistente tra i due atomi. Il suo valore varia
con la distanza tra gli atomi come riportato schematicamente in Figura 2.8a. Tuttavia, oltre
un certo avvicinamento, i livelli energetici più esterni dei due atomi cominciano a sovrap-
porsi. In queste circostanze entra in gioco la forza repulsiva Fw La forza globale netta FNesi-
stente tra i due atomi è data esattamente dalla somma di ambedue le componenti attrattiva e
repulsiva, ovvero:

(2.2)

la quale, inoltre, è funzione anche della distanza interatomica, come mostrato in Figura 2.8a.
Quando le forze FA e FR si bilanciano o si uguagliano, allora la forza risultante si azzera, ov-
vero:

(2.3)

In questa condizioni si dice che vi è equilibrio. I centri dei due atomi sono separati da una
distanza di equilibrio r 0 , anch'essa riportata in Figura 2.8a. Per molti atomi è circa uguale a
0.3 nm (3À). Una volta raggiunta questa configurazione di equilibrio, i due atomi oppongo-
no resistenza sia nei confronti di forze attrattive esterne tendenti a separarli, sia di forza repul-
sive tendenti a comprimerli.
Molte volte è più conveniente lavorare con le energie potenziali esistenti tra i due atomi
invece che con le forze. Matematicamente l'energia e la forza sono correlate dalla

(2.4)

O, in caso di sistemi atomici,


(2.5)

(2.6)

(2.7)

nelle quali Et,, E4 e ER sono rispettivamente le energie potenziali netta, attrattiva e repulsiva
di due atomi isolati adiacenti.
Nella Figura 2.8b sono riportate le energie attrattiva, repulsiva e netta in funzione della
distanza interatomica per due atomi; la curva dell'energia potenziale netta è ancora data dalla
somma delle altre due e mostra un punto di minimo in corrispondenza della distanza di equi-
librio r 0, che corrisponde alla distanza di separazione tra gli atomi in cui è minima la curva
dell'energia potenziale. L'energia di legame dei due atomi, E 0 , corrisponde ali' energia mini-
ma del sistema (anch'essa riportata in Figura 2.8b); rappresenta l'energia da fornire al siste-
ma necessaria per portare i due atomi ad una distanza infinita.
Sebbene la trattazione fin qui condotta riguardi una ipotetica situazione coinvolgente sol-
tanto due atomi, tuttavia la medesima situazione, sebbene più complessa, perché coinvolgen-
te le forze e le energie d'interazione tra più atomi, si ritrova all'interno dei materiali solidi.
Nondimeno è possibile associare ad ogni atomo della struttura solida un'energia di legame
20 Capitolo 2 / Struttura atomica e legllmi interatomici

Flcuu 2.8 (a) Dipendenza


+ \ Forza attrattiva FA
delle forze attrattiva, repulsi-
\. va e netta dalla distanza inte-
\ . ratomica per due atomi isola-
ti. (b) Dipendenza delle ener-
gie potenziali repulsiva,
attrattiva e netta, dalla distan-
Distanza interatomica r za interatomica per due atomi
isolati.

Forza netta F,,.

(a)

+· I
~ Energia repulsiva f•
Ci

it
\ I
IJ.J \ I
(lJ
o. \ I
~
N
e:
(lJ
o
(lJ
~

o
"11.., Distanza interatomica r

a.
I
"'

(1/
e: I I
O)
e:
LJ.J
o
.N
~
~
! _i___
Eo

l.
I

./,.-- Energia attrattiva EA

(a)

analoga alla E0, sopra descritta. L'entità di questa energia di legame e l'andamento della
curva energia/distanza interatomica varia da materiale a malt:riale, anche se ambedue la gran-
dezze dipendono dal tipo di legame atomico. Inoltre, un grande numero di proprietà dei mate-
riali dipendono dal valore di E0 , come ad esempio la forma della curva ed il tipo di legame.
Ad esempio, i materiali che hanno grandi energie di legami mostrano di avere anche alte tem-
perature di fusione. Ancora, a temperatura ambiente, se le energie di legame sono molto ele-
vate, si formano le sostanze solide , mentre per energie più piccole risulta favorito lo stato
gassoso; prevale, infine, lo stato liquido quando le energie in gioco sono intermedie tra quel-
le dello stato solido e dello stato gassoso. In aggiunta a quanto fino ad ora esposto, come sarà
successivamente trattato nel Paragrafo 6.3, la rigidità (ovvero il modulo di elasticità) di un
materiale dipende dall'andamento della sua curva forza atomica/distanza interatomica
(Figura 6.7). Infatti la pendenza di questa curva per un materiale relativamente rigido in cor-
rispondenza della posizione r = r0 risulta piuttosto ripida, mentre pendenze più dolci sono
tipiche di materiali meno rigidi. Anche la variazione volumetrica di un materiale in seguito
alla variazione della sua temperatura, come ad esempio i fenomeni di espansione di un corpo
riscaldato o contrazione di un corpo raffreddato (fenomeni descritti dal coefficiente lineare di
espansione termica), sono tutti fenomeni che dipendono dalla forma della curva EJ r0 (vede-
re Paragrafo 20.3). Una curva stretta e profonda, tipica dei materiali aventi elevate energie di
legame, è normalmente correlata a bassi coefficienti di espansione termica e, pertanto, a pic-
cole variazioni dimensionali del corpo sottoposto a variazioni di temperatura.
Nei solidi vi sono tre diversi tipi di legami atomici primari. li legarne ionico, il legame
covalente ed il legame metallico. Per ciascuno di essi il meccanismo di legame tiene neces-
2.6 Legami atomici primari • 21

sariamente in conto degli elettroni di valenza, anzi, sì può affermare che la natura del legame
dipende fondamentalmente dalla struttura atomica degli elettroni degli atomi costituenti la
materia. In generale, qualsiasi sia il tipo di legame, esso è frutto della tendenza deglì atomi ad
assumere strutture elettroniche stabili, completando il livello elettronico più esterno, così
come avviene per i gas inerti.
Nei solidi, tuttavia, ci sono anche altri tipi di legami, detti secondari, i quali sono più
deboli dei primi ma nondimeno influenzano le proprietà fisiche dei materiali stessi. Nei para-
grafi seguenti verranno descritti e spiegati diversi tipi di legami atomici primari e secondari.

2.6 LEGAJU ATOMICI PRllUARI

IL LEGA1fE IONICO

Tra tutti i legami atomici primari, il legame ionico è probabilmente quello più semplice da de-
scrivere e da visualìzzare. Esso è sempre presente nei composti formati dall'unione di un ele-
mento metallico e di uno non metallico, elementi che sono situati orizzontalmente alle estre-
mità della tavola periodica. Gli atomi di un elemento metallico cedono facilmente i loro elet-
troni di valenza ad atomi non metallici. A seguito di questo processo, tutti gli atomi coinvolti
assumono la configurazione elettronica stabile dei gas nobili e acquisiscono una carica; ov-
vero divengono ioni. Il cloruro di sodio (NaCl) rappresenta il classico esempio di materiale io-
nico. L'atomo di sodio è in grado di assumere la struttura elettronica del neon (e una carica po-
sitiva) cedendo il suo unico elettrone di valenza ad un atomo di cloro. In seguito a questo tra-
sferimento di elettroni, l'atomo di cloro assume una carica negativa netta ed una configura-
zione elettronica identica a quella dell'argon. Nel cloruro di sodio, il sodio ed il cloro sono pre-
senti entrambi in forma di ioni. Questo tipo di legame atomico è illustrato nella Figura 2.9.
Le forze attrattive di legame sono di tipo coulombiano; ovvero dovute ali 'attrazione reci-
proca di uno ione positivo ed uno negativo, in virtù della loro carica netta. Per due ioni isola-
ti, la dipendenza dell'energia di attrazione EAdalla distanza atomica è descritta da 3 :

(2.8)

Un'analoga espressione vale per l'energia repulsiva

(2.9)

In queste espressioni A, B e n sono costanti i cui i ·valori dipendono dal particolare sistema
ionico. Tuttavia in genere n vale circa 8.
Il legame ionico è un legame adirezionale, ovvero l'energia di legame è la stessa in tutte
le possibili direzioni intorno allo ione. Da questa circostanza deriva che una condizione
necessaria alla stabilità di un materiale ionico è che tutti i suoi ioni positivi debbano essere
circondati nelle tre direzioni da ioni negativi e viceversa. Il legame ionico è il legame mag-
giormente presente nei materiali ceramici. Alcune strutture atomiche di questi materiali ver-
ranno successivamente presentate nel Capitolo 13.

1 La costante A dell'equazione 2.8 è data da

4 1tEo (Z,e)(Z 2e)


dove E 0 è la permettività del vuoto (8.85 x 10-12 F/m), 2 1 e 2 2 sono le valenze dei due ioni ed e è la cari-
ca elettronica ( 1.602 x 10-19 C).
22 • Capitolo 2 I Struttura atomica e legami interatomici

Forza di legame coulombiana FlGlJRA 2. 9 Rappresentazione schematica del


legame atomico nel cloruro di sodio (NaCl).

Le energie di legame, che generalmente vanno dai 600 ai 1500 kJ/mol (3 e 8 e V/atomo),
sono decisamente elevate, come si nota anche dalle alte temperature di fusione. 4 La Tabella
2.3 riporta le energie di legame e le temperature di fusione per diversi materiali ionici. I mate-
riali contenenti legami ionici sono generalmente duri e fragili e sono, inoltre, isolanti elettri-
ci e termici. Come verrà discusso successivamente in altri capitoli, queste proprietà sono con-
seguenza diretta della configurazione elettronica interna e/o della natura dei legami atomici.

IL LEGAMECOVALENTE

Nel legame covalente la configurazione elettronica stabile viene raggiunta in seguito alla
condivisione di alcuni elettroni da parte di atomi adiacenti. Ciascun atomo che presenta un
legame covalente contribuisce al legame fornendo almeno un elettrone, e gli elettroni condi-
visi, ad esempio, tra due atomi, possono essere considerati come appartenenti ad entrambi gli
atomi. La Figura 2. IO illustra schematicamente il legame covalente presente in una moleco-
la di metano (CHJ. L'atomo di carbonio ha quattro elettroni di valenza, mentre gli atomi di
idrogeno ne hanno soltanto uno. Ciascun atomo di idrogeno può acquisire la configurazione
stabile dell'elio (con due elettroni di valenza nello stato 1s), se condivide un elettrone con I 'a-
tomo di carbonio. Il carbonio, invece, acquisisce quattro elettroni di valenza dall'unione con
i quattro idrogeni, raggiungendo così, con otto elettroni di valenza, la struttura elettronica del
neon. Il legame covalente è un legame direzionale; ovvero esso è presente tra atomi specifi-
ci e può esistere soltanto nella direzione congiungente gli atomi partecipanti alla condivisio-
ne elettronica.
Molte molecole di elementi non metallici (H 2, Cl 2 , F 2, ecc.) e molte molecole contenenti
atomi diversi fra loro, come CH 4 , Hp, HNO 3 e HF, presentano legami covalenti. Inoltre que-
sto tipo di legame è stato trovato in alcuni elementi solidi quali il diamante (carbonio), ìl sili-
cio e il germanio ed in altri composti solidi contenenti elementi chimici che si trovano nel-
1'estremità destra della tavola periodica, come, ad esempio, l'arseniuro di gallio (AsGa), I' an-
timoniuro di indio (InSb) e il carburo di silicio (SiC).
Il numero massimo di legami covalenti consentiti per ciascun atomo dipende dal numero

4Qualche volta le energie di legame possono essere espresse per atomo o per ione. In questi casi con-
viene prendere un 'unità di misura per l'energia abbastanza piccola, come è l'elettronvolt (eV). Esso è
per definizione l'energia acquistata da un elettrone quando questo passa attraverso una differenza di
potenziale di un volt. La conversione tra joule ed elettronvolt si ottiene: 1.602 x 1O ' 9 J = 1 eV.
2.6 Legami atomici primari • 23

Talwlla 2.:1 Energie di legame e temperature di fusione


per diverse sostanze

Energia di legame Temperatura


kJ/mol eV!atom. di fusione
Tipo di legame Sostanza (kcallmol) Ione, Molecohl (OC)

fonico NaCl 640 (153) 3.3 801


MgO 1000 (239) 5.2 2800
Covalente Si 450 (108) 4.7 1410
e (diamante) 713 (170) 7.4 >3550
Metallico Hg 68 (16) 0.7 -39
Al 324 (77) 3.4 660
Fe 406 (97) 4.2 1538
w 849 (203) 8.8 3410
Van der Waals Ar 7.7 (1.8) 0.08 -189
Cli 31 (7.4) 0.32 -101
Idrogeno NH3 35 (8.4) 0.36 -78
H20 51 (12.2) 0.52 o

dei suoi elettroni di valenza. Un atomo avente N' elettroni di valenza può legarsi covalente-
mente al massimo con altri 8-N' atomi. Per esempio, l'atomo di cloro ha N' = 7 e 8 - N' =l,
ovvero esso può legarsi soltanto con un altro atomo, come avviene nella molecola Cl2 •
Similmente, nel caso del carbonio N' = 4 e 8 - N' = 4, ovvero l'atomo di carbonio ha quattro
elettroni da condividere. Il diamante è semplicemente la struttura che risulta dalla intercon-
nessione tridimensionale di quattro atomi di carbonio, ognuno dei quali è legato agli altri
covalentemente. Questa struttura è riportata nella Figura 13.15.
I legami covalenti possono essere molto forti, come nel caso del diamante, che è anche
molto duro ed ha una temperatura di fusione molto elevata(> 3550°C), oppure molto deboli,
come nel caso del bismunto che fonde a circa 270°C. Le energie di legame e le temperature
di fusione per alcuni materiali che presentano legami covalenti sono riportate nella Tabella
2.3. Questo tipo di legame è tipico dei materiali polimerici. Infatti essi sono composti, come
strutture molecolari di base, da lunghe catene di atomi di carbonio legati tra di loro da lega-
mi covalenti impegnando due dei quattro legami covalenti possibili per ciascun atomo. I
rimanenti due legami vengono generalmente utilizzati con altri atomi, in grado di formare

elettrone condiviso elettrone condiviso FHXRA 2. J O Rappresentazione


dell'idrogeno --:,.='()Oli;:-- del carbonio schematica del legame covalente in
una molecola di metano (CH4 ).
24 • Capitolo 2 / Struttura atomica e legami inl"ralomid

legami covalenti. Le strutture molecolari dei polimeri verranno discusse con maggior de
glio nel Capitolo 15.
Molto spesso accade che all'interno di uno stesso materiale i legami interatomici sian<
parte ionici ed in parte covalenti; soltanto pochi composti presentano legami puramente ic
ci o covalenti. Nell'ambito di un composto chimico, la pen.:entuale relativa dei due tipi
legame dipende dalle posizione occupata dai suoi atomi costituenti all'interno della tav
periodica (Figura 2.6), oppure dalla loro differenza di elettronegatività (Figura 2. 7). In pa
colare, maggiore è la distanza tra i due atomi (sia orizzontalmente - relativamente al gru1
IVA- che verticalmente) dall'angolo inferiore sinistro della tavola a quello superiore dei
(ovvero maggiore è la differenza di elettronegatività dei due atomi) e maggiore sarà la f
centuale di legame ionico tra di essi. Viceversa, più vicine sono le posizioni degli atomi rn
tavola (elettronegatività simile), maggiore è la percentuale di legame covalente. La pere
tuale di legame ionico in un legame tra due elementi A e B (con A maggiormente elettro
gativo) può essere approssimativamente calcolata dalla seguente espressione

% legame ionico= { 1 - esp[- (0.25) (XA - Xi/Il x 100 (2. !

dove X" e Xn sono rispettivamente i valori di elettronegatività di ciascun elemento.

IL LEGAJIE l\JETALLICO

Rimane, infine, da introdurre l'ultimo dei legami primari: il legame metallico che si trova
metalli e nelle loro leghe. Esso può essere efficacemente schematizzato mediante un mod
che approssima molto bene la situazione reale. Intanto è necessario ricordare che i mate1
metallici possiedono uno, due o, al massimo, tre elettroni di valenza. i quali, secondo il 1
dello citato, non sono legati ad un particolare atomo della struttura solida, bensì sono in gr
di spostarsi all'interno (o attraverso) l'intera struttura metallica. Si può pensare ad essi cc
ad un "mare di elettroni" od a una "nuvola elettronica" appartenente al metallo. Le riman
parti degli atomi, ovvero gli elettroni non di valenza e il nucleo atomico, formano quello c
chiamato il cuore dello ione, che possiede una carica netta positiva della stessa entità della
rica elettrica totale fornita dagli elettroni di valenza di ciascun atomo. Nella Figura 2.11 1
portata un 'illustrazione schematica del legame metallico. Gli elettroni liberi schermano le
riche positive degli ioni positivi, in maniera da neutralizzare l'azione di forze elettrostat;
reciproche repulsive, che altrimenti interverrebbero. In conseguenza di quanto fino ad
detto, si può arguire facilmente che il legame metallico è un legame adirezionale. Inoltre
elettroni liberi agiscono da "collante" per trattenere insieme gli ioni positivi. Le energie d
game e le temperature di fusione di molti materiali metallici sono riportate nella Tabella 2
legami possono essere sia deboli che forti; le loro energie vanno dai 68 kJ/mol (0.7 eV/ato
del mercurio agli 850 kJ/mol (8.8 e V/atomo) del tungsteno. Le loro rispettive temperatu1
fusione sono di -39 e 341 O 0 C.
I legami metallici sono tipici degli elementi appartenenti ai gruppi IA e HA della ta
periodica che sono, infatti, gli elementi metallici.
In genere il comportamento delle diverse classi di materiali (ovvero metalli, ceram:
polimeri) può essere spiegato in base alla natura dei loro legami. Si prenda, ad esempi
caso dei metalli che, in conseguenza della loro struttura con gli elettroni liberi (si vedar
proposito i Paragrafi 19.5, 19.6 e 20.4), sono dei buoni conduttori sia elettrici che termic
contrario, i materiali che hanno legami interatomici ionici o covalenti hanno la struttura i1
na priva degli elettroni liberi e sono tipicamente buoni isolanti elettrici e termici.
Inoltre, nel Paragrafo 7.4 verrà presentato il comportamento a rottura dei materiali m
lici e delle loro leghe. i quali. a temperatura ambiente, mostrano una rottura di tipo du
2, 7 Leganù ~econdari o Van der Waals • 25

Cuore dello ione F1u·RA :.?.11 Illustrazione schema-


tica del legame metallico.

00
0000 - - -

0000 - - -

0000
Mare di elettroni di val('nzJ

ovvero la rottura è preceduta da un'ampia deformazione permanente del pezzo. Anche que-
sto comportamento è spiegato con un meccanismo di deformazione (Paragrafo 7.2) implici-
tamente correlato alle caratteristiche interne del legame metallico. Di contro, i materiali
costituiti da legami ionici sono intrinsecamente fragili in conseguenza della natura delle cari-
che elettriche degli ioni che li compongono (Paragrafo 13.9).

2. 7 LEGAJll SECOl\DARI O VA'.\ DER "'AALS

I legami secondari, di Van dcr Waals, o legami fisici sono decisamente più deboli dei legami
primari o chimici; infatti le energie di legame sono in genere soltanto dell'ordine di IO
kJ/mole (O.I eV/atomo). I legami secondari possono, in teoria, essere virtualmente presenti
tra tutti gli atomi o molecole, ma la loro presenza è inavvertibile se è contemporaneamente
presente un legame primario. I legami secondari sono riconoscibili nei gas inerti, i quali
hanno strutture elettroniche stabili e, inoltre, tra le molecole appartenenti a strutture moleco-
lari internamente legate covalentemente.
Le forze presenti nei legami secondari derivano dall'esistenza di dipoli negli atomi o
nelle molecole. In pratica, si è in presenza di un dipolo elettrico tutte le volte che vi è una
separazione tra le parti caricate positivamente e quelle caricate negativamente in un atomo o
in una molecola. li legame scaturisce dall'attrazione coulombiana tra l'estremità positiva di
un dipolo e la regione negativa di un altro dipolo adiacente, come raffigurato nella Figura
2.12. Le interazioni fra dipoli sono possibili sia tra dipoli indotti che tra molecole polari (che
invece hanno al loro interno dipoli permanenti). Il legame a idrogeno è un particolare tipo di
legame secondario presente fra molecole che hanno l'idrogeno tra i costituenti principali. Di
seguito vengono analizzati tutti questi meccanismi di legame.

I.EGAJll A DIPOLO INDOTTO FU TTl Al\TE

Un dipolo può essere creato od indotto anche in molecole o atomi che sono normalmente
elettricamente simmetriche, ovvero nelle quali la distribuzione elettronica spaziale è simme-
trica rispetto ai nuclei positivi, come raffigurato in Figura 2.13a. Tutti gli atomi, infatti, sono
in genere sottoposti a moti vibratori costanti in grado di causare brevi ed istantanee distor-
sioni nella simmetria elettrica degli atomi o delle molecole e di causare piccoli dipoli elettri-
26 Capitolo 2 / Struttura atomica e legami interatomici

F1G1 RA 2.12 Illustrazione schematica del


e----0.: e----0 legame tipo Van der Waals tra due dipoli.
~ ~
Dipoli atomici o molecolari

ci, come mostrato in Figura 2.13b. Ciascuno di questi dipoli, a turno, è in grado di causare
uno spostamento della distribuzione elettronica di un atomo di una molecola adiacente, la
quale diventa a sua volta un dipolo debolmente attratto o legato al primo; questo meccanismo
riguarda un tipo di legame di Van der Waals. Queste forze attrattive, temporanee e fluttuanti
nel tempo, possono tuttavia esistere tra un gran numero di atomi o molecole.
La liquefazione e, in alcuni casi, la solidificazione dei gas inerti e di altre molecole elettri-
camente neutre e simmetriche, quali H2 e Cl 2 , sono fenomeni che avvengono proprio in virtù
dell'esistenza di questo tipo di legame. Le temperature di fusione e di ebollizione per i mate-
riali nei quali il legame a dipolo indotto è predominante, sono in genere molto basse. Infatti
questi legami, tra tutti i legami intermolecolari possibili, sono i più deboli. Le energie di le-
game e le temperature di fusione per l'argon ed il cloro sono riportate anch'esse nella Tabella
2.3.

LEGAMI A DIPOLO 11\DOTTO NELLE MOLE(:OLE POLARI

Momenti di dipolo permanente sono presenti in alcune molecole in virtù di un posiziona-


mento asimettrico delle regioni cariche positivamente e negativamente; queste molecole
sono chiamate molecole polari. Nella Figura 2.14 viene rappresentata in modo schematico
la molecola dell'acido cloridrico; le cariche positive e negative, rispettivamente associate con
l'idrogeno e con il cloro nella molecola HCl, generano un momento dipolare permanente.
Le molecole polari sono anche in grado di indurre dipoli in molecole adiacenti non pola-
ri e di formare, pertanto, un legame con le forze attrattive tra le due molecole. La forza di un
legame così formato è comunque maggiore di quella presente in molecole legate da legami a
dipolo fluttuante indotti.

LRGA:'11A DIPOLO PERMANRNTE

Le forze di Van der Waals possono anche instaurarsi tra molecole polari adiacenti. Le energie
dei legami che vengono così a formarsi sono decisamente maggiori di quelle fino a qui incon-
trate nel caso dei dipoli indotti.
Il legame secondario più forte di tutti, infatti, è il legame a idrogeno che è appunto un
esempio di legame generato dalla polarità delle molecole. Questo tipo di legame si trova nelle
molecole nelle quali l'idrogeno è legato covalentemente al fluoro (come nella molecola HF),
all'ossigeno (nell'acqua Hp, per esempio) o all'azoto (come in NH 3 ). In tutti e tre i casi cita-
ti, H-F, H-0 e H-N, l'elettrone dell'idrogeno è condiviso con gli altri atomi. Pertanto, l'e-
stremità del legame dove c'è l'idrogeno consiste smtanzialmente in un protone caricato posi-

Nucleo atomico F1u H.\ 2. 1:i Rap-


Nucleo atomico presentazione sche-
matica di (a) un

Q,,.''"''""''' atomo elettricamen-


te simmetrico e (b)
un dipolo atomico
indotto.
2.8 Molecole • 27

FtGlltt-\ 2.1-1- Rappresentazione schematica della molecola polare


dell'acido cloridrico.

}ìGUR.\ 2.15 Rappresentazione schemati-


ca del legame a idrogeno nell'acido fluori-
drico (HF).
idrogeno

tivamente nudo non schermato da alcun elettrone. Pertanto questa estremità della molecola,
a carica estremamente positiva, è in grado di esercitare una grande attrazione nei confronti di
eventuali molecole adiacenti caricate negativamente, come viene mostrato nell'esempio
dell'HF riportato in Figura 2.15. In pratica il singolo protone forma un ponte tra due atomi
caricati negativamente. L'energia del legame a idrogeno è generalmente molto maggiore di
quelle proprie di altri legami secondari e può arrivare a 51 kJ/mole (0.52 eV /molecola), come
riportato nella Tabella 2.3. Infatti, in conseguenza della presenza del legame a idrogeno nelle
loro molecole, le temperature di fusione e di ebollizione per l'acido fluoridrico e l'acqua sono
enormemente superiori a quelle ipotizzabili in base ai loro pesi molecolari.

2.8 MOLECOLE

Appare utile terminare il presente capitolo puntualizzando il concetto di molecola nei mate-
riali solidi. Si può definire l'entità molecola come un gruppo di atomi legati insieme da forti
legami primari. In questo contesto, pertanto, è lecito considerare, alla stregua di una singola,
molecola, i manufatti formati da materiali in cui appaiono soltanto legami ionici o metallici.
Quanto finora affermato non vale per molte sostanze nelle quali predomina il legame cova-
lente; tra di esse vi sono sia le molecole diatomiche elementari (F2 , 0 2 , H 2 , ecc.) che i com-
posti in cui esse sono presenti (Hp, CO 2 , HNO.1,C 6H 6 , CH 4 , ecc.). Negli stati fisici solido e
liquido, i legami tra le molecole sono legami deboli secondari. Conseguentemente, i materia-
li molecolari presentano temperature di fusione e di ebollizione relativamente basse. Molti di
essi sono composti da molecole di piccole dimensioni contenenti pochi atomi e a temperatu-
ra e pressione ambiente sono generalmente presenti allo stato gassoso. D'altro canto molti
solidi polimerici moderni sono invece materiali molecolari composti da lunghe e complesse
macromolecole; molte loro proprietà, inoltre, dipendono molto dalla presenza all'interno
della molecola di legami a idrogeno o di tipo Van der Waals.

SOMMARIO
La parte iniziale del presente capitolo è stata dedicata ad una panoramica sugli aspetti fonda-
mentali della struttura atomica e, in particolare, sono stati esposti i modelli di Bohr e della
meccanica ondulatoria necessari a spiegare la disposizione elettronica all'interno degli atomi.
Il modello di Bohr ipotizza gli elettroni come particelle orbitanti intorno al nucleo atomico, i
quali seguono percorsi e orbite definite; nel modello della meccanica ondulatoria, invece, gli
elettroni sono assimilati ad onde elettromagnetiche e le posizioni da essi assunte sono deter-
minate in base a funzione di distribuzione di probabilità.
28 • Capitolo 2 / Struttura atomica e leganti interatomici

L'esistenza dì diversi numeri quantici differenzia ed identifica gli stati energetici degli
elettroni; in base al valore di questi parametri gli elettroni sono divisi in gusci e sottogusci
atomici. La configurazione elettronica di un atomo corrisponde, in pratica, alla modalità
secondo la quale i gusci e sottogusci sono riempiti dagli elettroni, seguendo il Principio di
esclusione di Pauli. La tavola periodica degli elementi riporta i diversi elementi chimici ordi-
nati secondo la loro configurazione rispetto agli elettroni di valenza.
I legami atomici nei solidi sono riconducibili a forze ed energie di attrazione o di repul-
sione. I tre tipi di legame primario presente nei solidi sono il legame metallico, il legame
ionico ed il legame covalente. Nel legame ionico si osserva la formazione di ioni in seguito
al trasferimento di uno o più elettroni da un atomo ad un altro, pertanto le forze in gioco sono
di tipo coulombiano. Nel caso del legame covalente, invece, vi è una condivisione di elettro-
ni tra atomi adiacenti. Nel legame metallico, infine, gli elettroni formano una "nube", unifor-
memente dispersa intorno agli ioni metallici e in grado di tenerli uniti come un collante.
I legami a idrogeno e i legami di Van der Waals, invece, sono chiamati legami secondari
e sono decisamente più deboli dei legami primari. Essi nascono dall'esistenza di forze attrat-
tive tra dipoli elettrici, sia indotti che permanenti. II legame a idrogeno, invece, deriva dalla
formazione dì molecole fortemente polari quando un atomo di idrogeno si lega covalente-
mente ad un elemento non metallico come, per esempio, il fluoro.

TERMINI E CONCETTI DIPORTANTI

Configurazioneelettronica Legame di Van der Waals Mokcola polare


Dipolo (elettrico) Legame ionico Numero atomico
Elettrone di valenza Legame metallico Numero quantico
Elenronegativo Legame primario Peso atomico
Elettropositivo Legame secondario Principio di esclusione di Pauli
Energia di legame Meccanica quantistica Stato elettronico
Forza coulombiana Modello atomico di Bohr Stato stabile
lsNopo Modello meccanico-ondulatorio Tavola Periodica
Legame a idrogeno Mole Unità di mas,a atomica (urna)
Legame covalente Molecola

Nota: In ogni capitolo, molti dei termini riportati nella sezione '"Terminie concetti importanti" sono
definiti nel glossario, che segue !"AppendiceE. Quelli che non compaiono nel glossario sono comun-
que trattati per esteso in almeno un paragrafo del testo e possono essere ricercati nell'indice.

BIBLIOGRAFIA.

Kotz, J.C. e P. Treichel, JR. Chemistry and chemical Masterton, W.L. and C.N. Hurley, Chemistry, Principles
Reactivity, 4 ed., Saunders College Publishing, Fort and Reactions, 3 ed., Saunders College Publishing,
Worth, TX, 1999. Philadelphia. 1996.
Domande e problemi • 29

DO ,r A 1'""D E E P R O B L E )I I

2.1 (a) Che cos'è un isotopo? (e) ls 22s 22p'.


(b) Per quale ragione i pesi atomici degli elementi (d) ls 22s 22p63s2 •
chimici non sono numeri interi? Citare almeno due (e) I s22s22p"3s2 3p"3d24s2•
ragioni. (f) ls 22s"2p6 3s2 3p64s 1•
2.2 Citare la differenza tra massa e peso atomico. 2.11 (a) Quale sottugoscio elettronico è completamente
2.3 Quanti grammi sono contenuti in un urna? riempito nel gruppo delle terre rare della tavola
2.4 (a) Citare almeno due importanti concetti della periodica?
meccanica quantistica correlati al modello atomico (b) Quali sottogusci elettronici sono riempiti nel
di Bohr. caso del gruppo degli actìnidi?
(b) Citare almeno due concetti importanti correlati 2.12 Calcolare la forza di attrazione presente tra gli ioni
al modello atomico meccanico-ondulatorio. K+ e 0 2- i due nuclei dei quali sono separati da una
2.5 1n riferimento agli elettroni e agli stati elettronici, distanza pari a 1.5 nm.
spiegare a cosa si riferiscono i quattro numeri quan- 2.13 L'energia potenziale netta E.v presente tra due ioni
tici. adiacenti può essere ricavata sommando le
2.6 Sono qui di seguito riportati i valori che possono Equazioni 2.8 e 2.9, ovvero:
essere assunti dai quattro numeri quantici: A B
E=--+- (2.11)
n = l, 2, 3, ... . N r r'
I= O, 1, 2, 3, .... , n - I Calcolare l'energia di legame E 0 mantenendo i
m, = O, ±1, ±2. ±3, .... , ± I parametri A, B e n utilizzando la procedura qui
m,= ±* riportata:
In Tabella 2.1 sono invece riportate le correlazioni 1. Calcolare la derivata di ENrispetto a r ponendo-
tra i valori di n e i nomi dei gusci atomici, mentre, la uguale a zero, dal momento che il grafico di E,v
relativamente ai sottogusci, si ha: rispetto a r ha un minimo in corrispondenza di E,,.
I = O corrisponde al sottoguscio s 2. Risolvere rispetto a r mantenendo i parametri A,
l = 1 corrisponde al sottoguscio p B e n, in maniera da ottenere rfl, ovvero la distanza
I = 2 corrisponde al sottoguscio d di equilibrio interatomico.
I = 3 corrisponde al sottoguscio f 3. Deterrninare l'espres~ione di E 0 sostituendo l'e-
Per il guscio K i quattro numeri quantici per ciascu- spressione di r 0 trovata nell'Equazione 2.11.
no dei due elettroni occupanti lo stato 1s nel!' ordi- 2.14 Per la coppia ionica formata da K+ e ci- le energie
ne nlm 1m, valgono 100(}) e 100( 1). di attrazione E_1 e di repulsione ER dipendono ambe-
Scrivere i quattro numeri quantici pr tutti gli due dalla distanza interionica r secondo le seguneti
elettroni appartenenti ai gusci Le Me indicare quali espressioni
appartengono ai sottogusci s, p e d.
2.7 Scrivere la configurazione elettronica dei seguen- EA = _ 1.436
ti ioni Fe 2+, Fe 3+, Cu+, Ba"+,Br-, e s2-. ,.
2.8 Il bromuro di cesio (CsBr) presenta per la maggior E = 5.86 X 10 6
parte legami ionici. Gli ioni Cs+ e Br- hanno la R /'9

struttura atomica identica a due gas inerti. Quali?


2.9 Che cosa hanno in comune nella configurazione nelle quali le energie sono espresse in elettronvolt
elettronica gli elementi appartenenti al gruppo per la coppia K+-c1-e r è la distanza in nanometri.
VIIA della tavola periodica? L'energia netta risultante è data dalla somma delle
2.10 Senza consultare la Tabella 2.2 né la Figura 2.6 espressioni sopra riportate:
indicare se ciascuna configurazione elettronica (a) Raffigurare in uno stesso diagramma E.\' , ER ,
sotto riportata è uguale a quella di un gas inerte, di E,,,rispetto a r per un massimo di r 0.1 nm.
un alogeno, di un metallo alcalino, di un metallo (b) In base al grafico costruito determinare la
alcalino-terroso o dì un metallo di transizione. distanza di equilibrio r0 tra gli ioni K+ e ci- il valo-
Giustificare la risposta. re della loro energia di legame E0 •
(a) ls22s22p63s 23p63d74s2. (e) Deterrninare matematicamente i valori di r 0 e
(b) ls 2 2s 2 2p6 3s 2 3p". E 0 utilizzando la soluzione del Problema 2.13 e
30 • Capitolo 2 / Struttura atomica e legami interatomici

confrontare i risultati ottenuti con quelli ottenuti dal 2.18 Suggerire una possibile spiegazione per la quale i
grafico nel precedente punto (b). materiali legati covalentemente sono meno densi di
2.15 Si consideri un'ipotetica coppia ionica formata quelli legati con legame ionico o metallico.
dagli ioni x• - y- per i quali la distanza di equili- 2.19 Calcolare le percentuali di legame ionico e cova-
brio interìonica e le energie di legame valgono lente per i seguenti composti: TiO 2 , ZnTe, CsCl,
rispettivamente 0.35 nm e -6.13 eV. Assumendo lnSb e MgCl 2 •
n = 10 nell'Equazione 2.11 e utilizzando i risultati 2.20 Tracciare un grafico delle energie di legame rispet-
del Problema 2.13, determinare le espressioni delle to alla temperatura di fusione per i metalli riportati
energie di attrazione e di repulsione EAe ER riporta- nella Tabella 2.3. Usando il diagramma tracciato,
te nelle Equazioni 2.8 e 2.9. indicare approssimativamente l'energia di legame
2.16 L'energia potenziale netta EN tra due ioni adiacenti del rame, il quale presenta una temperatura di
può essere espressa dalla seguente espressione fusione di l084°C.
E..V = - ~r + D esp (-_E_)
p (2.12)
2.21 Utilizzando la Tabella 2.2 determinare il massimo
numero di legami covalenti possibili per ciascun
nella quale r è la distanza interionica e C, D e p atomo dei seguenti elementi: germanio, fosforo,
sono costanti legate al tipo di materiale. selenio e cloro.
(a) Ricavare un'espressione per l'energia di lega- 2.22 Quale(i) tipo(i) di legame è presente nei seguenti
me E 0 in funzione della distanza interionica r 0 e materiali: ottone (lega rame-zinco), gomma, solfu-
delle costanti D e p utilizzando la seguente proce- ro di bario (BaS), xenon solido, bronzo. nylon e
dura: fosfuro d'alluminio (AlP)?
1. Calcolare la derivata di E" rispetto a r e porla 2.23 Spiegare per quale ragione l'acido fluoridrico (HF)
uguale a zero. ha una temperatura di fusione maggiore di quella
2. Risolvere rispetto a C mantenendo D, p e ru- dell'acido cloridrico (HCI) ( 19.4 rispetto a -85°C),
3. Determinare l'espressione di E0 sostituendo il sebbene l'HF presenti un minore peso molecolare.
valore trovato di C nell'Equazione 2.12. 2.24 Considerando la natura del legame a idrogeno,
(b) Ricavare un'altra espressione di E0 in funzione spiegare il comportamento anomalo presentato dal-
di r 0 , C e p utilizzando una procedura analoga a l'acqua quando congela. Perché si presenta un
quella suggerita nel punto (a). aumento di volume durante la solidificazione?
2.17 (a) Citare brevemente le maggiori differenze esi-
stenti tra i legami ionico, metallico e covalente.
(b) Enunciare il principio d'esclusione di Pauli.
e on ele,·ati potenziali
accelerare gli elettroni
è possibae
fino ad
ottenere fasci elettronici di elevata
velocità. In questo stato gli elettroni
assuntono un comportamento
assimilabile a quello delle ornle
elettromagnetiche, con lunghezze
d'onda di valore inferiore alle
distanze interatomiche. Per questo
motivo i fasci eleuronici possono
venire diffratti dai piani atomici
costituenti i rnlidi cristallini, secondo
lo stesso fcnom .. no rhe genera la
diffrazione a raggi x.
La micrografia, ottenuta mediante
rnicru~CUf'ÌU elcllrunicu H

trasmissione, mostra la diffrazione


prodotta da un monocristallo di
arseniuro di gallio. Il punto ,~entrale
più luminoso è prodotto dal fascio
elettronico incidente, il quale è
parallelo alla direzione
cristallografica <l H)>. Ndlo stesso
modo, ciascun punto chiaro <lella
microgratìa è prodotto dalla
diffrazione del fascio elettronico ad
opera di diverse famiglie di piani
cristallografici. (Per gentile
concessione del Dr. Raghaw S. Rai,
Motorola lnc., Austin, Texas)

Perché studiare la Struttura dei Solidi Cristallini?

La maggior parte delle proprietà di un mate1·ial1~ sono (vedere Paragrafo 7 .4).


direttamente correlate alla sua struttura cristallina. Inoltre, a parità di composizione, rn1 materiale cristal-
Ad esempio il magnesio ed il herillio puri e non defor- lino e uno non cristallino manifestano proprietà sigiù-
mali hanno una particolare struttura cristallina per la ficativamente differenti. Ad esempio i ceramici amor-
quale risultano molto più fragili (ovvero presentano fi e i polimeri sono di norma trasparenti, mentre gli
scarsa deformazione a rottura) di altri metalli ugual- stessi materiali nella forma cristallina o semicristallina
mente puri e non defor1nati quali l'oro e l'argento che sono opachi o, tuttalpiù, traslueidi.
presentano, però, una differente slrnttura cristallina

31
ObiettiYi di apprendimento

Dopo aver studiato questo capitolo, cllnrcsti essere in grado di fare le seguenti cose:

1. Descrivere le differenze presenti tra le strutture taria.


atomiche/molecolari dei materiali cristallini e non 5. Tracciare nella cella unitaria la direzione corri-
cristallini. spondente a tre indici di direzione dati.
2. Dio;cgnare le celle unitarie delle strutture cristalli- 6. lndivi•luarc gli indici di Millcr dei piani tracciati
ne cubiche a facce centrate, cubiche a corpo cen- nelle celle unitarie.
tralo cd esagonale •·ompalla. 7. Descrivere la modalità secondo la quale vengono
3. Derivare le relazioni intercorrenti tra la costante generate le strutture cubiche a facce centrate ed
reticolare della cella e il raggio atomico per le esagonale compatta in seguito a sovrapposizione di
strutture cristalline cubiche a facce centrate e piani di atomi ad elevata densità.
cubiche a corpo centralo. 8. Distinguere uu materiale monocristallino cd uno
4. Calc-olare le densità dri metalli aventi strutture cri- policristallino.
stalline cuhicl1e a facce nmll·alc e cubiche a corpo 9. Definire i termini anuwtropia e i,otropict in riferi-
centrato conoscendo le dimensioni della cella uni- mento alle proprietà dei materiali.

3.1 INTRODUZIONE

Nel Capitolo 2 sono stati presentati i diversi tipi di legame atomico, i quali dipendono dalle
strutture elettroniche dei singoli atomi. In questo capitolo, invece, si passa ad analizzare il
livello successivo della struttura dei materiali, ovvero le modalità secondo le quali più atomi
si dispongono a formare la struttura dei solidi, verranno pertanto introdotti i concetti di cri-
stallinità e non-cristallinità. Nel caso dei solidi cristallini, sarà introdotta la definizione di
struttura cristallina in termini di ripetizione nello spazio di una cella unitaria; verranno pre-
sentate le tre strutture cristalline tipiche dei metalli e verrà, infine, descritta la modalità cli
individuazione delle direzioni e dei piani cristallografici. Nella trattazione verranno analiz-
zati materiali monocristallini, policristallini e non cristallini.

LE STRUTTURE
CRISTALLINE
3.2 CONCETII DI BASE

I solidi possono essere classificati in funzione della regolarità con cui i suoi atomi o ioni sono
disposti nello spazio l'uno rispetto agli altri. Un materiale cristallino è caratterizzato dalla
presenza di configurazioni atomiche ordinate a lungo raggio nelle tre direzioni dello spazio.
In questo caso, in seguito a solidificazione, gli atomi si dispongono a formare un reticolo tri-
dimensionale ordinato e ripetitivo nel quale ciascun atomo fonna dei legami con gli atomi a
lui più vicini. Tutti i meta li i, molti ceramici e solo alcuni polimeri formano strutture cristalli-
ne in seguilo a solidificazione condotta in condizioni normali. Tutti i materiali che non cri-
stallizzano durante la solidificazione, non presentano una struttura ordinata a lungo raggio e
vengono chiamali solidi non cristallini o amo1fi. Questi materiali verranno brevemente trat-
tati alla fine del capitolo.
Alcune proprietà dei solidi cristallini dipendono dalla struttura cristallina del materiale,
ovvero dalla modalità secondo la quale gli atomi, gli ioni o le molecole si dispongono nello
spazio. Vi è un numero molto vasto di possibili strutture cristalline. tutte caratterizzate dalla
presenza di ordine a lungo raggio, e queste variano dalle strutture cristalline relativamente
semplici dei metalli, a strutture molto complesse quali quelle mostrate da alcuni ceramici e
polimeri. In questo capitolo verranno trattate soltanto le più comuni strutture cristalline dei
metalli. mentre per le strutture cristalline dei ceramici e dei polimeri si rimanda rispettiva-
mente ai Capitoli I 3 e 15.

.32
3.3 Le celle unitarie • 33

FIGURA 3 .1 Struttura

• cristallina cubica a facce


centrate: (a) rappresenia-
zione della cella unitaria

•• col modello a sfere rigide,

.
(b) rappresentazione col
modello a sfere piccole e

•------
I

,.,,,,,.,.,.,
(e) aggregato di parecchi
atomi. (W.G. Moffatt,
G.W. Pearsall e J. Wulff.
The structure and
(a) (bi Properties of Materials.
Vol.l, Structure, Pag. 51,
Copyright © 1964 di
John Wiley & Sons, New
York. Riproduzione auto-
rizzata da John Wilcy &
Sons, lnc.)

/e)

Per descrivere le strutture cristalline si ricorre all'ausilio di modelli di rappresentazioni di


atomi o ioni. Nel modello a sfere rigide gli atomi (o ioni) vengono rappresentati da sfere di
diametro definito e, in questo caso, le sfere rappresentanti atomi adiacenti si toccano. La
Figura 3. lc riporta un esempio di rappresentazione a sfere rigide della disposizione atomica
tipica di alcuni elementi metallici. In questo caso particolare tutti gli atomi sono identici fra
loro. Qualche volta per le strutture cristalline si usa il termine di reticolo; con questo tenni-
ne si intende una griglia tridimensionale nella quale i punti di intersezione tra le diverse linee
coincidono con i centri delle posizioni occupate dagli atomi (ovvero coincidono con i centri
delle sfere).

3. 3 LE CELLE UNITARIE

L'ordine atomico presente nelle strutture cristalline deriva della presenza di gruppi di atomi
che si dispongono secondo una disposizione geometrica ripetitiva. Pertanto risulta molto
conveniente descrivere le strutture cristalline come la ripetizione della più piccola unità ordi-
nata ripetitiva che viene chiamata cella unitaria. Nella maggior parte delle strutture cristal-
line le celle unitarie hanno la forma geometrica di un parallelepipedo o di un prisma, avente
tre coppie di facce parallele; nella Figura 3.1 e viene mostrata come aggregato di sfere una
cella a geometria cubica. La cella unitaria descrive il tipo di simmetria presente nel cristallo,
dal momento che tutte le posizioni atomiche del cristallo possono essere individuate traslan-
34 • Capitolo 3 / La struttura dei solidi cristallini

do la cella unitaria lungo le direzioni individuate dai suoi spigoli, di distanze discrete.
Pertanto la cella unitaria può essere considerata l'unità strutturale di base per la costruzione
del reticolo cristallino, che viene individuato in base alla geometria della cella ed alla dispo-
sizione degli atomi al suo interno. Nella rappresentazione a sfere rigide si assume, per con-
venzione, che i centri delle sfere coincidono con i vertici dei parallelepipedi raffiguranti le
celJe. Inoltre una particolare struttura cristallina può essere rappresentata da più di una sin-
gola cella, comunque generalmente si sceglie di impiegare la cella che presenta la maggiore
simmetria geometrica.

3.4 LE STRUTIURE CRISTALLINE DEI METALLI

Come visto in capitoli precedenti, gli atomi dei metalli sono tenuti insieme dai legami metal-
lici che sono intrinsecamente adirezionali, ne deriva che non vi sono particolari restrizioni nel
numero di atomi vicini tra loro e nelle posizioni relative che essi possono occupare. Pertanto,
la maggior parte delle strutture cristalline dei metalli è caratterizzata dalla presenza di un
grande numero di atomi e dall'elevato grado di densità di impacchettamento di atomi vicini.
Inoltre, nel caso dei metalli, si deve tenere presente che le sfere impiegate nella rappresenta-
zione dei retico! i raffigurano ioni. La Tabella 3.1 riporta i valori del raggio atomico per un
certo numero di metalli. Le strutture cristalline dei metalli più comunemente impiegati sono
tre e sono relativamente semplici: struttura cubica a facce centrate, struttura cubica a corpo
centrato ed esagonale compatta.

• LA STRUTIURA CRISTALLINA CUBICA A FACCE CENTRATE

La struttura cristallina tipica di molti materiali metallici è caratterizzata da una cella unitaria
cubica, nella quale gli atomi sono disposti ai vertici del cubo e al centro di ciascuna faccia.
Questa struttura cristallina è chiamata cubica a facce centrate (cfc). Il rame, l'alluminio,
l'argento e l'oro (vedi Tabella 3.1) sono alcuni metalli familiari che presentano una tale con-
figurazione. La Figura 3. la mostra la cella cfc rappresentata secondo il modello a sfere rigi-
de, mentre i cerchietti della Figura 3. lh rappresentano soltanto i centri degli atomi in manie-
ra da offrire una visione più semplice delle posizioni atomiche. L'aggregazione di atomi di
Figura 3. Ic, invece, raffigura una porzione del cristallo formata dall'insieme di più celle uni-
tarie cfc. In questo caso le sfere raffiguranti gli ioni si toccano lungo le diagonali delle facce
del cubo e, pertanto, si può individuare una relazione (vedere problema esempio seguente) tra
le lunghezza dello spigolo del cubo a e il raggio atomico R data da:

(3.1)

Nella strutcura cfc ogni atomo presente ai vertici del cubo è condiviso da altre otto celle
unitarie, mentre gli atomi delle facce appartengono soltanto a due celle. Pertanto se ne può
dedurre che il numero di atomi appartenenti alla cella cfc è quattro, essendo presenti un otta-
vo di atomo per ciascuno degli otto spigoli del cuho più metà atomo per cia5ctma delle sei
facce del cubo. Si può verificare quanto detto analizzando la Figura 3. la, nella quale sono
raffigurante soltanto le porzioni delle sfere presenti ali 'interno della cella cubica. La cella è
definita dal volume del cubo, il quale è delimitato dai centri degli atomi presenti ai vertici,
come riportato nella figura.
Le posizioni ai vertici e sulle facce sono equivalenti fra loro: infarti la struttura della cella
non viene alterata se si trasla un atomo dalla sua posizione originaria al vertice del cubo, al
centro di una faccia.
Ciascuna struttura cristallina è caratterizzata da altre due grandezze importanti: il nume-
3.4 Le strutture cristalline dei metalli . 35

Tabella 3.1 Raggio atomico e struttura cristallina di 16 metalli

Raggio Raggio
Metallo Struttura atomico 1' Struttura atomico
cristallina" (nm) Metallo cristallina (nm)

Allumino cfc 0.1431 Oro cfc 0.1442


Argento cfc 0.1445 Platino cfc 0.1387
Cadmio es.e 0.1490 Piombo cfc 0.1750
Cobalto es.e 0.1253 Rame cfc 0.1278
Cromo ccc 0.1249 Tantalio ccc 0.1430
Ferro (a) ccc 0.1241 Titanio es.e 0.1445
Molibdeno ccc 0.1363 Tugsteno ccc 0.1371
Nickel cfc 0.1246 Zinco es.e 0.1332

' cfc =cubico a facce centrate, ccc =cubico a corpo centrato, es.e =esagonale compatto
'nanometro (nm) ~ 10-''m. Per convertire da nanometri (nm) a angstrom (À) moltiplicare per IO.

ro di coordinazione e il fattore di compattazione atomica (FCA). Nei metalli ciascun


atomo ha un uguale numero di atomi vicini in contatto tra loro, il cui numero è detto numero
di coordinazione. Nelle strutture cubiche a facce centrate il numero di coordinazione è 12.
Questo numero può essere ricavato esaminando la Figura 3. la; l'atomo sulla faccia centrale
ha quattro atomi vicini su ciascuno dei quattro spigoli, quattro atomi appartenenti alle facce
in contatto posteriormente e altri quattro atomi equivalenti appartenenti alle facce in contat-
to frontalmente ed appartenenti alla cella unitaria successiva, la quale non è rappresentata in
figura.
Il FCA rappresenta la frazione di volume occupato dagli atomi rispetto al volume della
cella , assumendo il modello a sfere rigide si ha:

(3.2)

Per la struttura cfc il fattore di compattazione atomica è 0.74, il quale è il massimo possibile
nel caso di sfere dello stesso diametro. Il calcolo di questo FCA è riportato in un esempio di
problema. I metalli presentano in genere elevati valori di fattore di compattazione atomica in
maniera da potere massimizzare la schermatura offerta dalla nuvola di elettroni liberi.

LA STRUTTURA CRISTALLINA CUBICA A CORPO CENTRATO

Vi è anche un'altra struttura cristallina tipica dei metalli che ha la cella unitaria cubica nella
quale vi è un atomo centrale mentre gli altri atomi sono situati sugli otto vertici del cubo.
Questa struttura cristallina è chiamata cubica a corpo centrato (ccc). La Figura 3.2c riporta
una frazione di cristallo con le sfere disposte secondo questa struttura, mentre le Figure 3.2a
e b riportano la raffigurazione della cella unitaria ccc rispettivamente con il metodo delle
sfere rigide e con la raffigurazione delle posizioni dei centri degli atomi. Nella cella ccc gli
atomi centrali e quelli ai vertici sì toccano lungo la diagonale del cubo e, pertanto, questa
volta la costante reticolare e il raggio atomico sono legati dalla relazione

(3.3)
36 • Capitolo 3 / La struttura dei solidi cristallini

(a) (b) (C/

FIGURA 3.2 Struttura cristallina cubica a corpo centrato, (a) rappresentazione della cella unitaria
col modello a sfere rigide, (b) rappresentazione col modello a sfere piccole e (e) aggregato di
parecchi atomi. (Da W.G. Moffatt, G.W. Pearsall e J.Wulff, The structure and Properties of
Materials, Vol.1. Structure, Pag. 51, Copyright 1964 di John Wiley & Sons, New York.
Riproduzione autorizzata da John Wiley & Sons, lnc.)

Il cromo, il ferro, il tugsteno e molti altri metalli riportati nella Tabella 3.1 possiedono una
struttura cristallina ccc.
Ogni cella ccc contiene due atomi: un atomo distribuito ai vertici (un ottavo di atomo per
ognuno di essi) e un atomo centrale che non è condiviso con altre celle ma è interamente con-
tenuto dalla cella. Inoltre le posizioni ai vertici e quella centrale sono equivalenti tra loro. Il
numero di coordinazione della cella ccc è 8; infatti ogni atomo centrale è circondato dagli
otto atomi adiacenti giacenti ai vertici del cubo. Dal momento che il numero di coordinazio-
ne della cella ccc è minore di quello della cella cfc, allora anche il fattore di compattazione
atomica della cella ccc è minore e pari a 0.68 rispetto allo 0.74 della cfc.

LA STRUTIURA CRISTALLINA ESAGONALE COMPATTA

Non tutti i metalli presentano celle unitarie a simmetria cubica; è anche infatti comune tro-
vare metalli con strutture cristalline la cui cella è esagonale. La Figura 3.3a mostra una cella
unitaria con questa struttura raffigurata con il metodo delle sfere piccole. Questo tipo di strut-
tura è chiamata esagonale compatta (es. e). Dall'accostamento di più celle es.e si ottiene la
struttura riportata nella Figura 3.3b. Le facce superiore ed inferiore della cella unitaria consi-
stono in sei atomi disposti a formare un esagono regolare che contiene un atomo nel suo cen-
tro. Tra le due facce vi è un piano intermedio nel quale sono situati altri tre atomi, i quali
hanno come immediati vicini gli atomi appartenenti ai due piani adiacenti. Ogni cella es.e
contiene l'equivalente di 6 atomi; un sesto per ogni spigolo delle facce superiore ed inferio-
re, metà atomo al centro di ciascuna faccia e tre atomi nel piano centrale. Inoltre, se si indi-
cano con a e e rispettivamente la lunghezza di lati di base e la lunghezza dell'asse verticale,
allora il rapporto ideale eia dovrebbe essere pari a 1.633; tuttavia nel caso di alcuni metalli il
valore di questo rapporto devia dal valore ideale.
Il numero di coordinazione ed il fattore di compattazione atomica della struttura es.e sono
gli stessi trovati nel caso della struttura cfc, ovvero rispettivamente 12 e 0.74. Tra i metalli a
struttura es.e si ricordano il cadmio, il magnesio, il titanio e lo zinco. Alcuni di questi sono
riportati nella Tabella 3.1.
3.·t Le ~lrnllure cristalline dei metalli • 37

ì ['

l
(a/ (b)

1IGllHA 3.3 Struttura cristallina esagonale compaLta, (a) rappresentazione della cella unitaria col
1odello a sfere piccole e (/,) aggregato di parecchi atomi, (Da W.G. Moffatt, G.W. Pearsall e
.Wulff, The structure and Pmpf'rliPs nf Materials, Vol. l, Structure, Pag. 51. Copyright © 1964
i fohn Wiley & Sons, New York. Riproduzione autorizzata da fohn Wiley & Sons, Inc.)

~SEMl'lO DI PROBLEMA 3.1

Calcolare il volume dì una cella cfc in funzione del raggio atomico.

SowzJONE
Nella cella cfc illustrata,

gli atomi sono in contatto lungo la diagonale della faccia del cubo la cui lunghezza è pari a 4R.
Dal momento che la cella unitaria è cubica, il suo volume è pari a a", dove a è la lunghezza del
lato della cella. Dal triangolo retto sulla superficie si ha:

risolvendo rispetto ad a
a=2RV2 (3.1)

Il volume della cella cfc V, può venire calcolato dalla

V e= aJ = (2R Y2)i = 16 RJ V2 (3.4)


38 • Capitolo 3 / La struttura dei solidi .-ristallini

ESEMPIO m PRORI.K~IA 3.2

Dimostrare che il fattore di compattazione atomica della struttura cristallina cfc è 0.74.

SOL[!ZJ0,'1/E
Il FCA è definito come la frazione di volume della cella occupato dagli atomi, ovvero

Sia il volume della cella che il volume degli atomi (assimilati a sfere rigide) possono essere
calcolati in funzione del raggio R. Il volume di una sfera è dato da 1;rR3 e, siccome vi sono 4
atomi per ogni cella cfc. il volume totale occupato dagli atomi nella cfc è dato da
J 4 1 16 ,
L=(4)-.irR =-nR
' 3 3

Nel caso dell'Esempio di Problema 3.1 il volume totale della cella è dato da

Pertanto il fattore di compattazione atomica vale


V. (lfi):rr:R'
FCA=-s = 3 0.74
Ve l6R 3 \/i

3.5 CALCOLO DELLA DENSITÀ

La conoscenza della struttura cristallina di un metallo consente anche di valutarne la densità


reale p impiegando la relazione

(3.5)

dove

n = numero di atomi associati alla cella unitaria


A = peso atomico
Ve = volume della cella unitaria
N4 = numero di Avogadro (6.023 x I0~3 atomi/mole)

ESEl\11'10 m PRORI.l•:l\'IA 3.3

Il raggio atomico del rame è 0.128 nm (l.28À), esso possiede una struttura cristallina cfc e il
suo peso atomico è 63.5 g/mole. Sì calcoli il valore della densità e si confronti il risultato otte-
nuto con il valore della densità misurata.

SOU·ZIU,\I:.'
Per risolvere questo problema è necessario impiegare l'Equazione 3.5. Dal momento che il
rame ha struttura cristallina cfc, allora n. il numero degli atomi appartenenti alla cella. è pari a
3. 7 Sistemi cristallini • 39

4. Inoltre il peso atomico Acuè dato ed è pari a 63.5 g/mole. Il volume Vedella cella cFc è stato
detenni nato nell'Esempio di Problema 3.1 e vale 16 V2R3, dove R è il raggio atomico e vale
0.128 nm.
Sostituendo i valori nell'Equazione 3.5 si ha

p =_n_A_c_u
= ___ n_A~(=:u
__
Vr:NA (16R 3 Y2)N4

(4 atomi/unità cella)(63.5 g/mol)


=-----------------=---------
[16 V2(1.28 x 10-8 cm)3/unità cella] (6.023 x 1023 atomi/mo!)

= 8.89 µg/m 3

Il valore della densità del rame dato dalla letteratura è 8.94 µg!m-\ che è di fatto in buon accor-
do con il valore trovato dal calcolo effettuato.

3.6 POLI!\IORFIS!UO ED ALLOTROPIA

Alcuni metalli e anche non metalli possono presentare più di una struttura cristallina; questo
fenomeno è detto polimorfismo o allotropia quando compare nei solidi elementari. In essi la
struttura cristallina di volta in volta stabile dipende dalle condizioni di pressione e temperatura
in cui il solido si trova. Un esempio classico è quello del carbonio: a temperatura ambiente si
presenta in forma di grafite, mentre ad elevate pressioni prevale la forma allotropica del dia-
mante. Anche il ferro presenta polimorfismo avendo una struttura cristallina ccc a temperatura
ambiente che diventa cfc a 912°C. La transizione polimorfa è spesso accompagnata da varia-
zione della densità o di altre proprietà fisiche del materiale.

3. 7 SISTEMI CRIS'l~ULI~I

Dal momento che le possibili strutture cristalline sono molto numerose, a volte è convenien-
te suddividerle in gruppi secondo la cella unitaria e/o le configurazioni atomiche. Una possi-
bile classificazione è basata sulla sola geometria della cella unitaria, senza tenere conto delle
posizioni occupate dagli atomi all 'intemo della cella. In tale ottica si definisce un sistema di
coordinate x, y, z con origine in uno dei vertici della cella unitaria; ciascuno degli assi x, y e
z coincide con uno dei tre spigoli del parallelepipedo che si dipartono da questo vertice, come
mostrato in Figura 3.4. La geometria della cella unitaria è completamente definita mediante
sei parametri: le lunghezze dei tre spigoli a, b, e ed i tre angoli a, {3,y tra gli assi. Essi sono
indicati in Figura 3.4 e vengono anche chiamati parametri reticolari di una struttura cri-
stallina.
Basandosi su queste definizioni, si è riscontrato che i cristalli possono presentare al mas-
simo sette differenti combinazioni possibili di a, b, e ed a, {3,y, ciascuna delle quali rappresenta
un distinto sistema cristallino. Questi sette sistemi sono chiamati cubici, tetragonali, esagonali,
ortorombici, romboidali, monoclini e triclini. Le relazioni tra i parametri reticolari e la rappre-
sentazione grafica della cella unitaria per ciascun sistema sono riportati nella Tabella 3.2.11 si-
stema cubico, per il quale a ==h ==e ed a= f3= y = 90° , ha il maggior grado di simmetria. La mi-
nor simmetria si presenta nel sistema triclino, poiché a -etb =t e ed a =ft.f3 =ft.y.
Da quanto si è visto per le strutture cristalline metalliche, dovrebbe apparire evidente che
entrambe le strutture cfc e ccc appartengono al sistema cristallino cubico, mentre la struttura
es.e ricade in quello esagonale. La cella unitaria esagonale in realtà è formata da tre paralle-
lepipedi posizionati come mostrato nella Tabella 3.2.
40 • Capitolo 3 / La i;truttura dei solidi eristalliru

flf;l HA :1.-1 Una cella unitaria con gli assi x, y, z , dove


sono mostrate le lunghezze degli spigoli (a, h. e) e gli ango-
li interassiali ( a. {3,y ).

È importante notare che molti dei principi e concetti esposti precedentemente in questo
capitolo si applicano anche ai ceramici cristallini ed ai sistemi polimerici (Capitoli 13 e 15).
In questo caso le strutture cristalline sono molto spesso descritte in termini di celle unitarie,
che nonnalmente sono più complesse di quelle cfc, ccc ed es.e. Inoltre, per questi altri siste-
mi, si è spesso interessati a detenninare i fattori di impacchettamento atomico e le densità.
usando forme modificate delle Equazioni 3.2 e 3.5. Infine, le strutture cristalline di questi
altri tipi di materiale sono raggruppate nei sette sistemi cristallini, in funzione della geome-
tria delle celle unitarie.

LE DIREZIONIE I PIANICRISTALLOGRAFICI
Nel trattare i materiali cristallini, risulta spesso necessario specificare alcuni particolari piani
cristallografici degli atomi o una certa direzione cristallografica. Al riguardo si sono stabilite
alcune convenzioni per la loro classificazione, in base alle quali si usano tre numeri interi, od
indici. per individuare direzioni e piani. La base per individuare i valori degli indici è la cella
unitaria, con un sistema di coordinate costituito da tre assi (x, y, z) originati da uno dei verti-
ci e coincidenti con gli spigoli della cella unitaria, come mostrato in Figura 3.4. Per alcuni
sistemi cristallini - in particolare l'esagonale, il romboidale, il monoclino ed il triclino - i tre
assi non sono tra loro perpendicolari, come invece avviene nell" usuale modello di coordina-
te cartesiane.

3.8 DIREZIONI CRISTALLOGRAFICHE

Si definisce direzione cristallografica una linea tra due punti, ossia un vettore. Per detenni-
nare i tre indici relativi a tale direzione si seguono i seguenti passi:

I. Si posiziona un vettore di opportuna lunghezza in modo tale che passi attraverso l'o-
rigine del sistema di coordinate. Si noti che, se viene mantenuto il parallelismo, ogni
vettore può essere traslato attraverso il reticolo cristallino senza che venga alterato.
2. Si determina la lunghezza della proiezione del vettore su ciascuno dei tre assi; le
proiezioni .wno misurate utilizzando le dimensioni a, b, e della cella unitaria.
3. Questi tre numeri sono moltiplicati o divisi per un fattore comune così da ridurli al più
piccolo valore intero.
4. I tre indici, non separati da virgole, sono posti in parentesi quadre nel seguente modo:
luvw]. Gli interi u, 1•, w corrispondono, rispettivamente, alle proiezioni (ridotte al più
piccolo valore intero) lungo gli assi x, y, z.
3.8 Direzioni cristallografiche • 41

Tahella 3.2 Relazioni tra i parametri reticolari e rappresentazione delle geometrie


della cella wtltaria per i !òette sistemi cristallini

Sistema cristallino Relazioni assiali Angoli interassiali Geometria dellll cellll unitaria

Cubica a=b=c a = f3 = ')' = 90°

,.
Esagonale a=b,t,c a= f3 = 90°, y= 120°

Tetragonale a= b,t,c a=/3=')'=90°


e~

Romboedrico a=b=r a = f3 = y * 90°


e a
a

Ortorombico a,t,b,t,c a=/3=')'=90°


e~

Monoclino aicb ,t,c a = -y= 90° ,;:f3

~ b

Triclino
42 • Capitolo 3 / La struttura dei solidi cristallini

FIGURA 3.5 Le direzioni [100], [110] e [111] all'imerno di


una cella unitaria.

,,
I

Per ciascuno dei tre assi possono esistere coordinate sia positive che negative. Di conse-
guenza è possibile avere anche indici negativi, che SO!!O rappresentati mediante una barra po-
sta sopra l'indice stesso. Per esempio, la direzione [ 111l avrebbe una componente nella dire-
zione -y. Ancora, cambiando i segni di tutti gli indici si ottiene una direzione antiparallela;
cioè [111] è direttamente opposta a [111 ]. Se per una particolare struttura cristallina si deve
specificare più di una direzione o piano, è assolutamente necessario, per mantenere la con-
gruenza, che la convenzione positivo-negativo, una volta stabilita, non venga più cambiata.
Le direzioni l]OO], [110] e [111] sono quelle più comunemente usate; esse sono rappre-
sentate nella cella unitaria mostrata in Figura 3.5.

ESEMPIO UI PROBLE\1A 3.4

Determinare gli indici per la direzione indicata nella figura sottostante.


z

Sou1,1(JiliE
Il vettore, come si vede in figura, passa per l'origine del sistema di coordinate e perciò non è
necessaria alcuna traslazione. Le proiezioni di questo vettore sugli assi x, y, z sono, ri;;pettiva-
menre, a/2, b, Oc, che diventano~, 1, O in termini di parametri della cella unitaria (cioè quan-
do a. b, e vengono omesse). La "riduzione" di questi numeri ai corrispondenti interi di valore
più basso, si ottiene moltiplicandoli per il fattore 2. Questo porta agli interi I, 2, O che vengo-
no rappresentati in parentesi quadra come [ 120].
Questo processo si può sintetizzare come segue:

X y -
Proiezioni a/2 b Oc
Proiezioni (in termini di a, b. e) !
'
o
"Riduzione" 2 o
Rappresentazione in parentesi (120]
3.8 Direzioni cristallografiche 43

E~F.\lPIO nt PRORLF.\J \ 3. 5

Disegnare una direzione [ 110] all 'intemo di una cella unitaria cubica.

Sou z10.,1::.
Per prima cosa si definisca una cella unitaria ed un sistema di assi coordinati opponuni. Nella
figura seguente la cella unitaria è cubica e l'origine del sistema di coordinate, il punto O, è
posto in uno dei vertici del cubo.

1 a

+y

.r

Il problema si risolve applicando all'inverso la procedura dell'esempio precedente. Per questa


direzione LIIOJ,le proiezioni lungo gli assi x. y, z sono, rispettivamente, a, -a, Oa. Questa
direzione è definita da un vettore passante dall'origine e terminante nel punto P, che viene
localizzato muovendosi dapprima di a unità lungo l'asse x e quindi, da questa posizione, di -a
unità parallelamente all'asse y, come indicato nella figura. Non esiste componente z per il vet-
tore, dal momento che la proiezione z è uguale a zero.

Per alcune strutture cristalline, alcune direzioni non parallele, con indici differenti, sono
t effetti equivalenti; questo significa che la distanza frapposta fra gli atomi lungo ciascuna
irezione è la stessa. Per esemp~, nei cristalli c~bici, sono equi~alenti tutte le direzioni rap-
resentate dagli indici: [IO0J, [IO0J, [0I0J, [L0IOJ,[0011e [001]. Per praticità le direzioni
~uivalenti vengono raggruppate in una famiglia e indicate tra due apici. Nell'esempio espo-
o gli indici relativi alla famiglia di direzioni equivalenti sono indicati da <100>. Inoltre, nei
istalli cubici, risultano comunque equivalenti le direzioni che presentano gli stessi indici,
ur non tenendo conto dell'ordine o del segno; per esempio [ 123] e [213]. Questo non è vero,
t generale, per gli altri sistemi cristallini. Per esempio, per i cristalli a simmetria tetragona-
: le direzioni [ 100] e [010] sono equivalenti, mentre non lo sono [ I 00] e [00 I].

RISTALLIESAGOl\"ALI

cristalli a simmetria esagonale presentano una peculiarità rispetto a quanto detto finora,
tfatti in questo caso alcune direzioni cristallografiche equivalenti non hanno lo stesso insie-
1edi indici. Questo inconveniente può essere superato utilizzando un sistema di coordinate
quattro assi, detto di Miller-Bravais, come mostrato in Figura 3.6. I tre assi a 1, a 2 , a 3 sono
1tti contenuti in un unico piano (chiamato piano basale) e formano tra loro angoli di 120°.
'asse z è perpendicolare a questo piano base. GJi indici di direzione, ottenuti nel modo pre-
!dentemente descritto, sono rappresentati da quattro indici, come [uvtw ]; per convenzione i
44 • Capitolo 3 / La struttura dei solidi cristallini

z F1q Il\ :{.() Sistema di assi coordinati per una cella unita-
ria esagonale (schema di Miller-Bravais).

primi tre indici sono relativi alle proiezioni lungo i rispettivi assi ai, a 2 , a3 nel piano di base.
La conversione dal sistema a tre indici a quello a quattro indici, cioè

[u'v 1w 1 ]----+ [uvtw]

è realizzata con le seguenti formule:


u:::: 3n (2u-v, ') (3.6a)

v::::-(n 2 v-u
• ') (3.6b)
3
t::::-(u+v) (3.6c}
w=nw' (3.6d)
dove gli indici con il primo (') sono associati con lo schema a tre indici, mentre gli altri con
il nuovo sistema a quattro indici di Miller-Bravais; n è un fattore che può essere introdotto per
ridurre u, v, r. w agli interi più piccoli. Per esempio, usando tale conversione, la direzione
[010] diventa la [l2l0]. In Figura 3.7a sono riportate alcune differenti direzioni nella cella
unitaria esagonale.

rn Gli orientamenti dei piani appartenenti ad una struttura cristallina sono rappresentati in modo
del tutto simile a quello impiegato per le direzioni. Anche in questo caso si ricorre alla cella
unitaria, con il sistema di coordinate a tre assi come rappresentato in Figura 3.4. In tutti i

z z F11,1 rt, :{. :- Sistema cristal-


.f. lino esagonale, (a) le dire-
[00011 t zioni [0001], [1100) e
[1120) e (h) i piani (0001),
(!Oli) e (1010).
(1011)

(a) (b)
3. 9 Piani Cristallografici 45

Piano (11O) riferito


z all'origine al punto O

Altri piani (001) y


equivalenti
I
I
I
I
Altri piani (11O)
:X:
(a) equivalenti

(bi
Piano (111) riferito
z all'origine al punto O

F1,.1 1; \ :;,:: Rappresentazione di


.Y una serie di piani cristallografici
per: (a) (001), (h) (110) e (e)
(111).

:X:

sistemi cristallini, ad eccezione dell'esagonale, i piani cristallografici sono specificati per


mezzo di tre indici Miller del tipo (hkl). Piani tra loro paralleli sono equivalenti ed hanno
indici identici. Il metodo impiegato per determinare i valori degli indici h, k, I è il seguente:

1. Se il piano passa per l'origine, occorre costruire all'interno della cella unitaria, con
una appropriata traslazione, un altro piano parallelo, oppure occorre definire una
nuova origine nel vertice di un'altra cella unitaria.
2. A questo punto il piano cristallografico o interseca o risulta parallelo per ciascuno dei
tre assi; la lunghezza del punto d'intersezione del piano con ciascun asse è espressa
con i parametri reticolari a, h, c.
3. Si prendono i reciproci di tali numeri. Un piano che risulta parallelo ad uno degli assi
ha un punto d'intersezione all'infinito e, pertanto, ha il corrispondente indice eguale a
zero.
4. Se necessario, i tre numeri possono essere cambiati per ottenere il corrispondente
insieme degli interi più piccoli, moltiplicando o dividendo per un fattore comune 1•
5. Infine gli indici interi, non separati da virgola, vengono indicati tra parentesi tonde nel
modo seguente: (hkl).

Una intersezione dal lato negativo dell'origine è rappresentata da una barra o da un segno

1 A volte non si effettua la riduzione dell'indice (per esempio nel caso degli studi sulla diffrazione dei

raggi x descritta nella Sezione 3.15); per esempio (002) non viene ridotto a (001). Inoltre, per i mate-
riali ceramici, l'arrangiamento degli ioni in un piano descritto con gli indici ridotti può essere diverso
da quello descritto con gli indici non ridotti.
46 • Capitolo 3 / La struttura dei solidi cristallini

meno posizionato sopra l'indice corrispondente. Inoltre, invertendo le direzioni di tutti gli
indici, si ottiene un altro piano parallelo al primo, dalla parte opposta all'origine e da essa
equidistante. Alcuni piani con indici bassi sono mostrati in Figura 3.8.
Una caratteristica interessante ed unica dei cristalli cubici è rappresentata dal fatto che i
piani e le direzioni che hanno gli stessi indici sono perpendicolari tra di loro; al contrario, per
gli altri sistemi cristallini. non vi sono relazioni geometriche semplici tra i piani e le direzio-
ni che hanno gli stessi indici.

Es1mr10 DI PROBLE:\IA 3.6

Dt.:terminaregli indici di Miller per il piano indicato nella figura sottostante (a).

/a) (h)

SOU1.IO.\t;
Poiché il piano passa per l'origine O prescelta, si deve scegliere una nuova origine al vertice
di una cella unitaria adiacente, detta O' e mostrata in figura (h). Questo piano è parallelo
all'asse x ed il punto d'intersezione risulta 00 a. Le intersezioni con gli assi y e z, riferite alla
nuova origine O', sono, rispettivamente, -h e c/2. Così, in tennini di parametri reticolari a, b,
e, queste intersezioni sono 00 , -1 ed ~-I reciproci di questi numeri sono O, -1 e 2; pokhi tutti
risultano interi, non è necessaria una ulteriore riduzione. Infine la rappresentazione tra paren-
tesi risulta (012).
Questi passaggi sono sintetizzati nel modo seguente:
X y

Intersezioni "° a -h c/2


Intersezioni (in termini di parametri reticolari) -I l

Reciproci o -I 2
Riduzioni (non necessarie)
Rappresentazione in parentesi (012)

E:-DIPIO 1)1 PIWBLF\IA :~.,

Costruire un piano (01 l) ali 'interno di una cella unitaria cubica.

Sw.,zw.,t·
Per risolvere questo problema, si applica la procedura applicata nel precedente esempio in
ordine inverso. Per cominciare sì estraggono gli i11dicidalle parente~i e si prendono i rceiriro-
ci: a questo punto abbiamo=, -1 ed I. Ciò significa che questo piano particolare risulta parai-
3. 9 Piani Cristallografici • 47

Piano (011)

h
X

(il) (b)

lelo all'asse x mentre interseca gli assi y e z rispettivamente nei punti -h e e, come indicato
nella figura (a) che accompagna il testo. Il piano citato è stato rappresentato nella figura (h).
Un piano viene indicato dalle linee che rappresentano la sua intersezione con i piani che costi-
tuiscono le facce della cella unitaria o le loro estensioni. Per esempio, nella figura citata, la
linea ef è la intersezione tra il piano (011) e la faccia superiore della cella unitaria; parimenti
la linea gh rappresenta l'intersezione tra questo stesso piano (01 I) ed il piano che costituisce
l'estensione della faccia inferiore della cella unitaria. Analogamente le linee eg edfh sono le
intersezioni tra (011) e, rispettivamente, le facce posteriore ed anteriore della cella.

lfSPOSIZIONE ATOJ\IICA

:pesso è interessante conoscere la disposiz;ione degli atomi in un piano cristallografico, la


1uale dipende dalla struttura del cristallo. I piani atomici (110) per le strutture cristalline cfc
ccc sono riportati nelle Figure 3.9 e 3.10; in esse sono riportate le celle unitarie nella rap-
,resentazione a sfere piccole. Si noti che l'impacchettamento atomico è differente nei vari
asi. Tcerchi rappresentano gli atomi che giacciono nei piani cristallografici come si potreb-
1eroottenere da una sezione presa passando per i centri delle sfere.
Una "famiglia" dì piani contiene tutti quei piani che sono equivalenti dal punto di vista
ristallografico, cioè che presentano lo stesso impacchettamento atomico; una famiglia è
r1dividuata da indici che sono contenut\_in parentesi gr~fe.~ ese_!llgio 11Q__0}.Per esempio,
1eicristalli cubici i piani (111 ), ( 111), ( 111), (l 11), (111 ), (111 ), (111) e ( 111) appartengono
utti alla famiglia f l l 11.D'altr~parte per le str~tture cristalline tetragonali, la famiglia J 100}
omprende solo i piani (100), (100), (OIO) e (010) dal momento che i piani (001) e (001) non
ono equivalenti dal punto di vista cristallografico. invece, solo per i sistemi cubici, i piani
he hanno gli ~tessi indi~_isono equivalenti indipendentemente dall'ordine e dal segno. Per
sempio sia (123) che (312) appartengono alla famiglia { 123}.

e
F11;rn.\ 3.9 (a) Cella
unitaria cfc col modello a
sfere ridotte con il piano
( 110). (h) Impacchet-
tamento atomico di un
piano cfc (110). Sono
indicate le posizioni degli
atomi corrispondenti alla
figura (a).
D
/ai (b)
48 Capitolo 3 / La struttura dei solidi cristallini

Fu;rnA 3.10 (a) Cella unitaria ccc a B'


sfera ridotta con il piano (110). (b)
Impacchettamento atomico di un piano ccc
(] 10). Sono indicate le posizioni degli
atomi corrispondenti alla figura (a).

D'

/a} (b}

CRISTALLI ESAGONAU

Per i cristaili a simmetria esagonale è conveniente che i piani equivalenti abbiano gli stessi
indici; come nel caso delle direzioni, questo si ottiene per mezzo del sistema Miller-Bravais
mostrato in Figura 3.6. Questa convenzione porta allo schema a quattro indici (hkil), che è
preferibile nella maggior parte dei casi, dal momento che identifica più chiaramente l'orien-
tamento di un piano in un cristallo esagonale. Vi è una certa ridondanza in quanto i è defini-
to dalla somma di h e k secondo
i=-(h+k) (3.7)

Altrimenti i tre indici h, k, I sono identici per entrambi i sistemi di indici. La Figura 3.7b
mostra alcuni dei piani che si trovano più comunemente nei cristalli a simmetria esagonale.

3.10 DENSITi\. ATOMICA LINEARE E PLANARE

Nei due paragrafi precedenti si è trattato della equivalenza delle direzioni cristallografiche
non parallele e dei piani. L'equivalenza delle direzioni è correlata alla densità atomica linea-
re nel senso che direzioni equivalenti hanno densità lineari identiche. Il vettore direzione è
posizionato in modo tale da passare per i centri degli atomi, e la porzione del vettore occupa-
ta da questi atomi è eguale alla densità lineare.
Corrispondentemente, piani cristallografici equivalenti hanno la stessa densità atomica
planare. Il piano che interessa è posizionato in modo tale da passare attraverso i centri degli
atomi. La densità planare è semplicemente la percentuale dell'area totale del piano cristallo-
grafico che è occupata da atomi (rappresentati come cerchi). Si noti che i concetti di densità
lineare e planare sono gli analoghi mono e bi-dimensionali del fattore di impacchettamento
atomico; il modo di calcolare tali densità è illustrato nei due esempi che seguono.

EsE,ll'lO OI l'RORLMf,\ :J.8

Si calcoli la densità lineare della direzione [ 100) per il ccc.

Sou zw,1,;
Una cella unitaria ccc (modello a sfere ridotte) e la direzione [ 100] al suo interno sono ripor-
tate in Figura 3.1 la; in Figura 3.1lb è rappresentato l'impacchettamento lineare in questa dire-
zione. Si prenda a base dei nostri calcoli la lunghezza della linea all'interno della cella unita-
ria, L 1 , che nel nostro caso è il parametro a del reticolo, cioè la distanza tra i centri degli atomi
M ed N. Espresso in funzione del raggio atomico R, si ha
3.10 Densità atomica lineare e planare • 49

/a) (b)

FIGlllL-\ 3.11 (a) Cella unitaria ccc nel modello a sfera con indicata la ùin:zìune f 110]. (b)
Distanza interatomica nella direzione [ 11O], per una struttura cristallina tra gli atomi M ed N
indicati in (a).

4R
L, =a=-- (vedi l'Equazione 3.3)
y'3
Ora la lunghezza totale della linea che interseca i cerchi (gli atomi M ed N), Le ,è
eguale a 2R. La densità lineare DL è data quindi dal seguente rapporto:
DL =~= 4R =0.866
L, 4R /V3

E!\IPJO DI PROHLKlfA 3.9

Si calcoli la densità planare del piano (110) per il cfc.

SUU'ZIO;YE
L'impacchettamento atomico di questo piano è rappresentllto in Figura 3.9b. Consideriamo la
porzione del piano che interseca una cella unitaria (Figura 3.9b) e quindi calcoliamo, in fun-
zione del raggio atomico R, sia questa area planare sia l'area totale occupata dagli atomi. La
densità planare è proprio il rapporto tra queste due aree.
L'area planare della cella unitaria, AP,è semplicemente quella del rettangolo delimitato dai
centri degli atomi A, C, D ed F (Figura 3.9b). La lunghezza (AC) e la larghezza(AD) del ret-
tangolo sono, rispettivamente,

AC =4R
AD =2RV2 (vedi Equazione 3. 1)

Pertanto

AP (AC)(AD)
= (4R)(2R V2) = 8 R 2v'2
Ora, per il calcolo dell'area totale circolare, si osservi che un quarto di ciascuno degli atomi
A, C, D ed F ed un mezzo degli atomi B ed E sono compresi all'interno del rettangolo; il tutto
fornisce un totale equivalente a 2 cerchi. Pertanto l'area totale circolare A, risulta semplice-
mente
50 • Capitolo 3 / La struttura dei wlidi cristallini

A,= (2) ;r R 2

In definitiva la densità planare DP risulta


DP"' ~ = 2 :;r R i =0.555
Ap 8R 2 V2

Le densità lineari e planari sono fattori importanti da considerare nello studio dei proces-
si di scorrimento, cioè il meccanismo per il quale i metalli si deformano plasticamente
(Paragrafo 7.4). Lo scorrimento avviene sui piani cristallografici a maggiore densità atomica
e, in tali piani, di nuovo lungo le direzioni che presentano maggiore densità atomica.

3.11 LE STRFITl7RE CRJSTALLll\E COMPATTE

Tornando a quanto esposto sulle strutture cristalline dei metalli, si ricorda che entrambe le
strutture cristalline cubica a facce centrate ed esagonale compatta hanno fattori di compatta-
zione atomica pari a O.74, che è la maggiore possibile per atomi di eguali dimensioni. Inoltre,
per la rappresentazione della cella unitaria, queste due strutture cristalline possono essere
descritte in termini di piani di atomi ad elevata densità; una porzione di un tale tipo di piano
è illustrata in Figura 3.12a. Entrambe le strutture cristalline possono essere generate median-
te l'impilaggio dei piani ad elevata densità; la differenza tra le due strutture è dovuta alla
sequenza con la quale avviene l'impilaggio stesso.
Denominiamo con A i centri di tutti gli atomi in un piano ad elevata densità. Associati a
questo piano vi sono due insiemi di depressioni triangolari equivalenti, formate da tre atomi
adiacenti, entro le quali può allocarsi il successivo piano di atomi. In Figura 3.12b, le depres-
sioni che presentano il vertice del triangolo rivolto verso l'alto sono chiamate, in modo arbi-
trario, posizioni B, mentre le altre depressioni, cioè quelle col vertice rivolto in basso, sono
chiamate C.
FtGIR.\ 3.12 (a) Porzione di
un piano ad elevata densità
atomica; sono indicate le posi-
1 zioni A, Be C. (b) Sequenza di
'
j
;:,._ j/>.. )/t...
'T,r 'T,r •,r "'ti'
accatastamento AB per piani
'•
' '• ' J_.._
ad elevata densità atomica. (Da
j~' ' W.G. Moffatt, G.W. Pearsall e
"(
J_:;,.
.,
... "(
.,
J/;,.
... ,, ... J. Wulff, The Structure and
f
' ' Properties of Materials, Voi. I,
Srrucrure, p. 50. Copyright ©
(a)
1964 di fohn Wiley & Sons,
New York. Riprodotto per con-
cessione di John Wiley &
Sons, Inc.)

'b)
3.11 Le strutture cristalline compatte • 51

FtGCR.-\3.13 Sequenza di accatastamen-


to di un piano ad elevata densità atomica
per un es.e .(Da W.G. Moffatt, G.W.
Pearsall, e J. Wulff, The Structure and
A Properties of Materials, Voi. I, Structure,
p. 51. Copyright © 1964 di fohn Wiley &
Sons, New York. Riprodotto per conces-
sione di fohn Wiley & Sons, Inc.)
A

Un secondo piano ad elevata densità atomica può disporsi con i centri dei suoi atomi
sopra le posizioni B o C; a questo punto entrambe sono equivalenti. Supponiamo che venga-
no scelte le posizioni B; la sequenza di accatastamento viene denominata AB ed è quella illu-
strata in Figura 3.12b. La vera distinzione tra cfc ed es.e risiede proprio nel posizionamento
del terzo piano atomico. Per l'es.c, i centri di questo piano sono allineati direttamente sopra
le posizioni A originali. Questa sequenza di accatastamento, ABABAB .. .... si ripete continua-
mente. Naturalmente la disposizione ACACAC. ... ... sarebbe del tutto equivalente. Questi
piani ad elevata densità atomica per la struttura es.e sono piani di tipo (000 I), e la corrispon-
denza era questo e la rappresentazione della cella unitaria è mostrata in Figura 3.13.
Per la struttura cristallina a facce centrate, i centri del terzo piano sono situati sopra le
posizioni C del primo piano (Figura 3.14a). Questo dà luogo ad una sequenza di accatasta-
mento ABCABCABC. ...... ; cioè l'allineamento atomico si ripete ogni tre piani. È più diffici-
le correlare l'impilaggio dei piani della cella unitaria cfc. Tuttavia questa relazione è mostra-
ta in Figura 3.14b; questi piani sono del tipo ( 11 l). L'importanza dei questi piani ad elevata
densità atomica cFc ed es.e risulterà evidente nel Capitolo 7.

Fu;rn.A 3.14 (a)


Sequenza di impilaggio
B
per la struttura cubica a
facce centrate. (h) È stato
rimosso un vertice per A

mostrare la relazione tra


l'accatastamento dei piani e
atomici e la struttura cri-
stallina cfc; il triangolo B
scuro delinea un piano
(11l). (La Figura (h) è
A
tratta da W.G. Moffatt,
G.W. Pearsall e J. Wulff,
The Structure and e
Properties of Materials,
Voi. I, Structure, p. 51. B
Copyright © 1964 di
fohn Wiley & Sons, New
A
York.Riprodotto per con-
cessione di John Wiley &
Sons, Inc.) (a) (b)
52 • Capitolo 3 / La strullura dei solidi cristallini

I concetti esposti nei quattro paragrafi precedenti riguardano anche i ceramici cristallini
ed i materiali polimerci, che sono trattati nei Capitoli 13 e 15. Questo significa che si posso-
no specificare piani e direzioni cristallografiche in termini di indici direzionali e di Miller;
inoltre, all'occorrenza, è importante accertare le disposizioni atomiche e ioniche di particola-
ri piani cristallografici. Infine, le strutture cristalline di un certo numero di materiali cerami-
ci possono essere generate per impilaggio di piani ionici ad elevata densità (Sezione 13.2).

MATERIALI
CRISTALLINI
E NONCRISTALLINI
3.12 MONOCRISTALLI

Se in un solido cristallino gli atomi sono perfettamente ordinati secondo una ripetizione
periodica per tutto il solido senza interruzione, si ottiene un monocristallo. Tutte le celle uni-
tarie sono disposte nello stesso modo ed hanno lo stesso orientamento. Monocristalli esisto-
no in natura, ma possono anche essere prodotti artificialmente. Normalmente il loro accre-
scimento è difficile, perché l'ambiente circostante deve essere controllato molto attentamen-
te.
Se le estremità di un monocristallo possono crescere senza essere sottoposte a vincoli
esterni, il cristallo assume una forma geometrica regolare con facce piane, come accade per
alcune pietre preziose; la forma è indicativa della struttura cristallina. In Figura 3.15 è ripor-
tata la fotografia di alcuni monocristalli. Negli ultimi anni i monocristalli sono divenuti estre-
mamente importanti in molte tecnologie avanzate, in particolare nei microcircuiti elettroni-
ci, che impiegano monocristalli di silicio e di altri semiconduttori.

3.13 Mi\TERIALI POLICRISTALLIM

Gran parte dei solidi cristallini sono composti da un aggregato di molti piccoli cristallì o
grani; tali materiali sono detti policristallini. In Figura 3.16 sono rappresentati schematica-
mente vari stadi del processo di solidificazione di un campione policristallino. Inizialmente
si formano piccoli cristallì o nuclei in posizioni diverse. Questi presentano orientamenti cri-
stallografici del tutto casuali, come si vede nella figura. I piccoli grani crescono per succes-

FIGL:fl\ 3. J5 Fotografia che mostra alcuni cri-


stalli singoli di fluorite, CaF 2• (Fotografia
numero 38181P dell'Istituto Smithsoniano.)
51, • Capitolo 3 / l,a ~truttura dei solidi cri~tallini

TahcHa 3,;{ Valori del modulo di elasticità per alcuni metalli a vari
orientamenti cristallografici

Modulo di Elasticità (GPa)

Metallo [100] [110] [lll]

Alluminio 63.7 72.6 76.l


Rame 66.7 130.3 191.1
Ferro 125.0 210.5 272.7
Tungsteno 384.6 384.6 384.6

:Fonte: R.W. Hertzberg, Deformation and Fracture Mechanics of Engineering


Materials, 3rd editino. Copyright© 1989 di John Wiley & Sons, New York. Riprodotto
per concc,sione di John Wiley & Sons, In<:.

le: le stJ1,1tturetricline sono di nonna fortemente anisotrope. La Tabella 3.3 riporta i valori de
modulo di elasticità di alcuni materiali per gli orientamenti [ 100], 111O]e [ 111].
Per molti materiali policristallini, le orientazioni cristallografiche dei singoli grani son,
del tutto casuali. Quando ciò accade, anche se ciascun grano fosse anisotropo, un material-
composto da un aggregato di grani diventa isotropo. Inoltre, il valore di una proprietà eh
viene misurata rappresenta in qualche modo la media dei valori direzionali. Talvolta i grar
in materiale policristallino hanno un orientamento cristallografico preferenziale; in quest,
caso si dice che il materiale presenta una "trama".

3.15 DU'FRAZIO.l\E A RAGGI X: DETERJ\lll\'AZIONE DELLE


STRUTTl! RE CHISTA.LLINE

Storicamente molte delle nostre conoscenze sulle disposizioni atomiche e molecolari rn


solidi sono dovute alle ricerche condotte mediante diffrazione a raggi x; i raggi x sono ance
ra molto importanti nello sviluppo di nuovi materiali. Viene fornito un breve cenno sul fenc
meno della diffrazione e come, usando i raggi x, si possa risalire alle distanze atomiche inte
planari e alle strutture cristalline.

[L FENOME!\O DELLA DIFFRAZIO:'.'iE

La diffrazione avviene quando un'onda incontra una serie di ostacoli disposti ad interval
regolari, che (I) sono in grado di diffrangere l'onda e, (2) sono separati da distanze di enti
comparabile con la lunghezza d'onda del raggio incidente. Inoltre la diffrazione è la cons,
guenza di specifiche relazioni di fase che si stabiliscono tra due o più onde che sono state di
fratte dagli ostacoli.
Si considerino le onde 1 e 2 della Figura 3. l 7a, che hanno la stessa lunghezza d'onda(:
e sono in fase al punto 0-0 '. Si supponga che entrambe le onde vengano diffuse in modo cl
effettuino percorsi diversi. Assume importanza la relazione di fase tra le onde diffuse, cl
dipende dalla differente lunghezza dei percorsi. Un caso interessante si presenta quando
differenza di lunghezza dei percorsi è pari ad un numero intero di lunghezze d'onda. Con
mostrato in Figura 3.17a, queste onde diffuse (indicate come I' e 2') sono ancora in fase.
può dire che esse si rinforzano (o interferiscono in modo costruttivo) vicendevolmente;
quando le ampiezze si sommano, si ha come risultato l'onda mostrata sul lato destro de
figura. Quanto detto si manifesta nel fenomeno della diffrazione e si definisce fascio d
fratto quello composto da un gran numero di onde diffuse che si rinforzano mutuamente l 'u
con l'altra.
3.15 Diffra1.ione a raggi X: detenninazione delle strutture cristalline • 55

FtGIR\ :-J.17 (a) o


Dimostrazione di come Onda 1
due onde (denominate I e I-- À ---+-I
2) che hanno la stessa
lunghezza d'onda A e t
restano in fase dopo il :3
verificarsi di un evento di àj
diffusione (onde l' e 2') -~ I-- À. ---+-I
interferiscono in modo <C
,/41\ [\
costruttivo
(rafforzandosi) l'una con \ I V \
l'altra. Le ampiezze delle Onda 2 Onda 2'
onde diffuse si sommano
nell'onda risultante. (h)
Dimostrazione di come
due onde (denominate 3 e
U'
Posizione
- (a)

p Evento di
4) che hanno la stessa Onda .l Onda 3'
diffusione
lunghezza d'onda e
vanno fuori fase dopo un
evento di diffusione
(onde 3' e 4') i
interferiscono in modo :3 N
distruttivo tra di loro. Le I
ampiezze delle due onde ~
diffuse si annullano l'una
con l'altra.

Posi;:ione -
(bi

Tra onde diffuse sono possibili altre relazioni di fase che non portano a questo mutuo
rafforzamento. L'altro caso estremo è mostrato in Figura 3.17h, dove la differenza di lun-
ghezza dei percorsi dopo la diffusione è un numero intero di mezze lunghezze d'onda. Le
onde diffuse sono fuori fase: cioè le loro ampiezze si annullano o si cancellano tra di loro; in
altre parole interferiscono distruttìvamente (l'onda risultante ha ampiezza zero), come si
vede nella parte destra della figura. Naturalmente esistono le relazioni di fase intermedie tra
gli estremi tlescrilli, che danno luogo solo a rafforzamenti parzialì delle ampiezze d'onda.

DIFFRAZIONE A RAGGI X E LEGGE DI BRAGG

I raggi x sono una forma di radiazione elettromagnetica ad alta energia e corte lunghezze
d'onda, cioè lunghezze d'onda dell'ordine degli spazi interatomici all'interno dei solidi.
Quando un fascio di raggi x colpisce un materiale solido, una parte di questo fascio viene dif-
fratto in tutte le direzioni dagh elettroni associati a ciascun atomo o ione che si trovano sul
percorso del fascio. Esaminiamo a questo punto le condizioni necessarie per la diffrazione a
raggi x da parte di un reticolo regolare di atomi.
Si considerino i due piani di atomi, paralleli, A-A' e B-B' di Figura 3.18, che hanno gli
stessi indici di Miller h, k, le sono separati dalla distanza interplanare dhti· Si ipotizzi ora che
un fascio di raggi x, parallelo, monocromatico e coerente (in fase), di lunghezza d'onda À sia
incidente su questi due piani con un angolo 0. Due raggi di questo fascio, che denominiamol
56 Capitolo 3 / La struttura dei solidi cristallini

h1.1 i:,;L f::


Diffrazione a raggi x da 1 ~ ', l' Fascio
Fascio ', Y'l '-'~
parte dei piani di atomi incidente ,,. '-{_ , diffratto
(A-A' e B-B'). 2 L><ì
X' ()<1/
lx1,J
I / l, , ./ (J ~2

~
L><)/
----r "',
/ ' /,
/ /,,/

A--Q----0--"'.-0-~- " ----~Ì*fJ/


'
/
--o-::~--0-----0---1
/ \
-(_I_> ,
- A'
',~ ÌÌ'8 "0,,/, dhkl
S - I /T j
s--o----o----0--~---0----0----0---
Q
0•

--o----o----0---0-----0----0----0--

e 2, vengono diffratti dagli atomi P e Q_ Si ottengono interferenze di tipo costruttivo dei raggi
diffratti l' e 2', anch'esse con un angolo 0 rispetto ai piani, se la differenza di lunghezza del
percorso tra l-P-l' e 2-Q-2' (cioè SQ + QT) è eguale ad un numero intero, n, di lunghezze
d'onda. Cioè la condizione per la diffrazione è

n}.. = SQ+ QT (3.8)


ossia
nì-..=dh., sen8 + dhkl sen8 =2 dhkl sen8
(3.9)

L'Equazione 3.9 è nota come legge di Bragg; inoltre n rappresenta l'ordine della rifles-
sione, e può essere ogni numero intero (1, 2, 3, ..... ) tale che moltiplicato per sen8 non supe-
ri l'unità. Così si ha una semplice espressione che lega la lunghezza d'onda del raggio x e la
distanza interatomica con l'angolo del fascio diffratto_ Se la legge di Bragg non è soddisfat-
ta, allora l'interferenza è di tipo, per sua natura, non costruttivo e produce un fascio diffratto
di intensità molto bassa.
L'entità della distanza tra due piani di atomi adiacenti e paralleli (cioè la distanza inter-
planare dhkl) è funzione degli indici di Miller (h, k, l) e del parametro, o dei parametri, del reti-
colo. Per esempio, per strutture cristalline a simmetria cubica si ha

a
dhkl = ------ (3.10)
Yh2 + k2+ ,2

dove a è il parametro del reticolo (lunghezza dello spigolo della cella unitaria). Relazioni
simili alla 3.10, ma più complesse, esistono per gli altri sei sistemi cristallini indicati in
Tabella 3.2.
La legge di Bragg, cioè l'Equazione 3.9, è una condizione necessaria ma non sufficiente
per la diffrazione da parte dei cristalli reali. Essa specifica quando avviene la diffrazione per
celle unitarie che hanno atomi posizionati solo ai vertici della cella. Tuttavia gli atomi situa-
ti in altre posizioni (per esempio posizionati sulla superficie od all'interno della cella nel caso
delle celle cfc e ccc) si comportano come ulteriori centri di diffrazione, che possono produr-
re diffrazioni fuori fase per certi angoli di Bragg. II risultato complessivo è l'assenza di alcu-
ni fasci diffratti che, secondo l'Equazione 3.9, dovrebbero invece essere presenti. Per esem-
3.15 Diffrazione a raggi X: determinazione delle strutture cristalline • 57

F1c1 H \ :~.19 Rappresentazione sche-


matica di un diffrattometro a raggi x; T
= sorgente dei raggi x, S =campione, C
= rilevatore di raggi x, O= l'asse attor-
no al quale ruotano il campione ed il
rilevatore.

pio, per le strutture cristalline ccc, h + k + l deve risultare dispari se si vuole che avvenga la
diffrazione, mentre, per le cfc, h, k ed / devono essere tutti o pari o dispari.

Una tecnica di analisi per diffrazione a raggi x comunemente usata prevede l'impiego di un
campione in polvere formato da molte particelle, fini ed orientate in modo casuale, che sono
esposte a radiazioni x monocromatiche. Ciascuna particella (o grano) di polvere è un cristal-
lo, ed il fatto che esse siano in grande quantità con orientamenti casuali assicura che alcune
particelle siano orientate in modo corretto così che ogni possibile insieme di piani cristallo-
grafici sarà disponibile per la diffrazione.
li diffrattometro è un dispositivo usato per determinare gli angoli ai quali avviene la dif-
frazione per campioni in polvere; la sua configurazione è rappresentata schematicamente in
Figura 3.19. Un campione S sotto forma di disco piatto è posto su un supporto in modo tale
che possa ruotare intorno ad un asse indicato con O; questo asse è perpendicolare al piano
della pagina. Il fascio monocromatico di raggi x è generato nel punto T e le intensità dei fasci
diffratti sono rilevate con un contatore indicato in figura con C. Il campione, la sorgente dei
raggi x ed il contatore sono tutti complanari.
Il contatore è montato su di un carrello mobile che può anche ruotare intorno all'asse O;
la sua posizione angolare in termini di 20 è indicata su una scala graduata 2 • li carrello ed il
campione sono accoppiati meccanicamente in modo che ad una rotazione di 0 gradi del cam-
pione corrisponda una rotazione di 2fJ del rilevatore; questo assicura che gli angoli di inci-
denza e di riflessione siano mantenuti uguali tra di loro (Figura 3.19). All'interno del percor-
so del fascio sono incorporati dei collimatori per produrre un fascio ben definito ed a fuoco.
La presenza di un filtro fornisce un fascio quasi monocromatico.
Dal momento che il contatore si muove a velocità angolare costante, un registratore trac-
cia automaticamente l'intensità del fascio diffratto (rilevata dal contatore) in funzione di 20;

2 Si deve evidenziare che il simbolo (}è stato usato nella trattazione in due differenti contesti. Qui 0 rap-

presenta le posizioni angolati sia della sorgente che del contatore di raggi x rispetto alla superficie del
campione. Precedentemente (es. nell'Equazione 3.9), 6 denota l'angolo per il quale viene soddisfatto il
criterio di Bragg per la diffrazione.
58 • Capitolo 3 / La struttura dei solidi cristallini

(110)

(211)

(200)

20
Angolo di diffrazione 20

F1u Il\ ~.20 Spettro cti rliffra7ione rlel ferro <1-policristallino.

20 è chiamato l'angolo di diffrazione ed è misurato sperimentalmente. La Figura 3.20 mostra


uno spettro di diffrazione per un campione policristallino di ferro. I picchi di alta intensità si
hanno quando alcuni insiemi di piani cristallografici soddisfano la condizione di diffrazione
di Bragg. Nella figura questi picchi sono contrassegnati dagli indici dei piani.
Sono state individuate altre tecniche con le polveri, nelle quali l'intensità e la posizione
del fascio diffratto sono registrate su lastra fotografica anziché essere misurate da un conta-
tore.
Si può rilevare la dimensione e la geometria di una cella unitaria in base alle posizioni
angolari dei picchi di diffrazione, mentre è possibile individuare le dislocazioni degli atomi
ali 'interno di una cella unitaria misurando le intensità relative di questi piani.
I raggi x, come i fasci di elettroni e neutroni, sono anche utilizzati in altri tipi di indagini
sui materiali. Per esempio le individuazioni delle orientazioni cristallografiche dei singoli
cristalli sono possibili con l'uso di fotografie della diffrazione a raggi x (o di Laue). A pagi-
na 31 è riportata una fotografia che è stata prodotta usando un fascio incidente di elettroni su
un cristallo di arseniuro di gallio; ogni punto (ad eccezione del più luminoso vicino al centro)
è stato provocato da un fascio di elettroni che è stato diffratto da uno specifico insieme di
piani cristallografici. Tra gli altri usi dei raggi x si possono citare le analisi chimiche qualita-
tive e quantitative, la misurazione delle tensioni residue e della dimensione del çristallo.

ESDIPIO Hl PRORI.E"\ 3.10

Per il ferro ccc, rnkolare: (a) la distanza interplanare e (b) l'angolo di diffrazione per l'insie-
me di piani (220). Il parametro reticolare del Fe è 0.2866 nm (2.866 À). Inoltre si ipotizzi di
usare una radiazione monocromatica avente una lunghezza d'onda di 0.1790 nm (1.790 À) e
che l'ordine di riflessione sia I.

(a) Il valore della spaziatura interplanare dM1 si determina usando l'Equazione 3. l O, con a=
0.2866 nm, h = 2, k = 2 cd/= O, dal momento che stiamo considerando i piani (220). Pertanto
:-1.16 Solidi non cristallini • 59

a
dMI = --=-=-=-======
vh 2 + k2 + /2
0.2866 nm
----;.:===== = 0.1013 nm (l.013 À)
vc2)2 + (2f + co)2
(b) TI valore di Opuò essere calcolato usando l'Equazione 3.9, con n = 1, dal momento che la
riflessione è del primo ordine:
sen 0= = (1) (O.l7 90 nm)
__!!!:__ = 0.884
2d 1,u (2) (0.1013 nm)

0= sen- 1 (0.884) = 62.13°

L'angolo di diffrazione è 20, cioè

2 0 = (2) (62.13°) = 124.26°

3.16 SOLIDI 1\01\ CRISTALLll\l

È stato ricordato che i solidi non cristallini mancano di una disposizione sistematica e rego-
lare degli atomi su distanze atomiche relativamente grandi. Talvolta questi materiali sono
anche chiamati amorfi (che significa, letteralmente. senza forma), o liquidi sottoraffreddati,
dal momento che la loro struttura atomica rassomiglia a quella di un liquido.
Una condizione amorfa può essere illustrata paragonando le strutture cristallina e non cri-
stallina del composto ceramico biossido di silicio (SiO 2), che può esistere in entrambi gli
stati. Le Figure 3.21a e 3.21b mostrano due figure schematiche bidimensionali per le due
strutture del SiOo. Anche se ciascun ione silicio si lega a tre ioni ossigeno in entrambi gli stati,
per quanto riguarda la struttura, quella non cristallina è più disordinata ed irregolare.
11fatto che si formi un solido cristallino od amorfo dipende dalla facilità con la quale una
struttura atomica, che nel liquido è casuale, possa trasformarsi in uno stato ordinato durante
FtGI JU 3.21 la solidificazione. I materiali amorfi sono caratterizzati da strutture atomiche o molecolari
Schemi relativamente complesse e diventano pertanto ordinate solo con qualche difficoltà. Inoltre un
bidimensionali della
struttura di: (a)
biossido di silicio
cristallino e (h) • atomo di silicio
biossido di silicio non 9 atomo di os,igeno

cristallino.

(a) (b)
60 • Capitolo 3 / La struttura dei solidi eristallini

rapido raffreddamento alla temperatura di congelamento favorisce la formazione di un soli-


do non cristallino, dal momento che si lascia poco tempo al processo di ordinamento.
I metalli formano normalmente solidi cristallini; ma anche alcuni materiali ceramici sono
cristallini, mentre altri, i vetri inorganici, sono amorfi. I polimeri possono essere completa-
mente cristallini, completamente non cristallini od un misto dei due. Maggiori informazioni
circa la struttura e le proprietà delle ceramiche e dei polimeri amorfi si possono trovare nei
Capitoli 13 e 15.

SO:\illlARIO
Gli atomi nei solidi cristallini si dispongono in modo ordinato e ripetitivo che contrasta con
la distribuzione. atomica casuale e disordinata dei materiali non cristallini od amorfi. Gli
atomi si possono rappresentare come sfere rigide e, per i solidi cristallini, la struttura viene
rappresentata proprio dalla disposizione spaziale di queste sfere. Le diverse strutture cristal-
line sono descritte in termini di celle unitarie, che vengono caratterizzate dalla geometria e
dalla posizione degli atomi al loro interno.
I metalli più comuni possiedono almeno una delle tre strutture cristalline relativamente
semplici: cubica a facce centrate (cfc), cubica a corpo centrato (ccc) ed esagonale compatta
(es.e). Caratteristiche della struttura cristallina sono il numero di coordinazione (ossia il
numero degli atomi vicini ad un atomo) ed il fattore di compattazione atomica (cioè la fra-
zione di volume atomica contenuta all'interno della cella unitaria). Il numero di coordinazio-
ne ed il fattore di compattazione atomica sono gli stessi per le strutture cristalline cfc ed es.e,
ciascuna delle quali può essere ottenuta mediante accatastamento di piani ad elevata densità
atomica.
I piani cristallografici e le direzioni sono descritti mediante indici. La base per la deter-
minazione di ciascun indice è un sistema di assi coordinati definiti dalla cella unitaria per la
particolare struttura cristallina. Gli indici di direzione sono calcolati in base alle proiezioni
vettoriali su ciascuno degli assi coordinati, mentre gli indici planari sono determinati dai reci-
proci delle intersezioni degli assi. Per le celle unitarie esagonali, si è trovato più conveniente
uno schema a quattro indici sia per le direzioni che per i piani.
Le equivalenze cristallografiche direzionali e planari sono in relazione con le densità ato-
miche lineari e planari, rispettivamente. La densità planare delle sfere in un piano cristallo-
grafico dipende dagli indici del piano e dalla struttura cristallina. Per una data struttura cri-
stallina, i piani che hanno identica densità atomica, pur con differenti indici di Miller, appar-
tengono alla stessa famiglia.
I monocristalli sono materiali nei quali l'ordine atomico si estende ininterrottamente sul-
l'intero solido; sotto determinate circostanze essi possono avere facce piane e forme geome-
triche regolari. Tuttavia la gran parte dei solidi cristallini sono policristallini, essendo com-
posti da numerosi piccoli cristalli o grani che hanno differente orientamento cristallografico.
La misura della diffrazione a raggi x è usata per determinare la struttura cristallina e la
spaziatura interplanare. Un fascio di raggi x diretto su di un materiale cristallino può dar
luogo a diffrazione (interlerenza costruttiva), secondo la legge di Bragg, come conseguenza
della sua interazione con una serie di piani atomici paralleli. La spaziatura interplanare è fun-
zione degli indici di Miller e dei parametri reticolari, oltre che della struttura cristallina.
Domande e problemi • 61

TE R ,11 '\ I E CO'\ CE T T l l.\l POR T .\~TI

Allotropia Diffrazione Non cristallino


Amorfo Esagonale compatto Numero di coordinazione
Anisotropia Fattore di impacchettamento atomico Parametri reticolari
Bordo del grano Grano Policristallino
Cella unitaria Indici di Miller Polimorfismo
Cristallino Isotropo Reticolo
Cubico a corpo centrato Legge di Bragg Sistema cristallino
Cubico a facce centrate Monocristallo

R I R LI O C H _\ F l .\

Azaroff, L. F., Elements of X-ray Crystallography, 1998.


McGraw-Hill Book Company, New York, 1968. Schwartz, L. H. and J. B. Cohen, Diffraction from
Ristampato da TechBooks, Marietta, OH, 1990. Materials, 2nd edition, Springer-Verlag, New York,
Barrett, C. S. and T. B. Massalski, Structure of Metals, 1987.
3rd edition, Pergamon Press, Oxford, 1980. Wyckoff, R. W. G., Crystal Structures, 2nd edition,
Buerger, M. J., Elementary Crystallography, John Wiley Interscience Publisher, 1963. Ristampato da
& Sons, New York, 1956. Krieger Publishing Company, Melbourne, FL,
Cullity, B. D., Elements of X-ray Diffraction, 3rd edition, 1986.
Addison-Wesley Publishing Co., Reading, MA,

DO ,r.\'\ D E E P R O B L E :\I I

3.1 Quale è la differenza tra struttura atomica e strut- µg/m 3 e peso atomico di 192.2 g/mol.
tura cristallina? 3.10 Calcolate il raggio di un atomo di vanadio, sapen-
3.2 Quale è la differenza tra struttura cristallina e do che il V ha struttura cristallina ccc. densità di
sistema cristallino? 5.96 µg/m 3 e peso atomico di 50.9 g/mol.
3.3 Se il raggio atomico dell'alluminio è 0.143 nm, si 3.11 Un ipotetico metallo ha la struttura cristallina
calcoli, in metri cubi, il volume della sua cella cubica semplice mostrata in Figura 3.22. Se il suo
unitaria. peso atomico è di 70.4 g/mol ed il raggio atomico
3.4 Dimostrare che, per una struttura cristallina cubi- è di 0.126 nm, calcolare la sua densità.
ca a corpo centrale, la lunghezza a dello spigolo 3.12 Lo zirconio ha una struttura cristallina es.e ed una
della cella unitaria ed il raggio atomico R sono densità di 6.51 µg/m 1•
legati dalla relazione a = 4 R/ \/3. (a) Quale è il volume in metri cubi della cella uni-
3.5 Per la struttura cristallina es.e, dimostrare che il taria?
rapporto eia ideale è 1.633. (b) Se il rapporto eia è 1.593, calcolate i valori di
3.6 Dimostrare che il fattore di compattazione atomi- e ed a.
ca per la cella ccc è 0.68. 3.13 Usando i dati del peso atomico, della struttura cri-
3.7 Dimostrare che il fattore di compattazione atomi- stallina e del raggio atomico tabulati nel retro
ca per la cella es.e è 0.74. della copertina anteriore, calcolare le densità teo-
3.8 Il ferro ha una struttura cristallina ccc, un raggio riche del piombo, cromo e cobalto; quindi con-
atomico di 0.124 nm ed un peso atomico di 55.85 frontare questi valori con le densità misurate, la
g/mol. Calcolare e paragonare la sua densità con il cui lista è riportata in questa stessa tabella. Il rap-
valore sperimentale riportato dietro la copertina. porto eia per il cobalto è 1.623.
3.9 Calcolate il raggio atomico dell'iridio, sapendo 3.14 11rodio ha un raggio atomico di 0.1345 nm ( 1.345
che ha una struttura cristallina cfc, densità di 22.4 À) ed una densità di 12.41 µg/m 3 • Determinare se
62 • Capitolo :l I La struttura dei solidi cristallini

FJGY-R\ 3.22 Rappresentazione della cella unitaria con


sfere solide della struttura cristallina cubica semplice.

ha una struttura cristallina cfc o ccc. atomico di 0.137 nm ed un rapporto e/a di 1.615.
3.15 Di seguito vi è la lista dei pesi atomici, delle den- Calcolare il volume della cella unitaria.
sità e dei raggi atomici di tre ipotetiche leghe. 3.21 La figura che segue è una cella unitaria per un
Determinare per ciascuna se la struttura cristallina metallo ipotetico:
è cfc, ccc o cubica semplice e quindi giustificarne +z
i motivi. Una cella unitaria semplice è riportata in
Figura 3.22.

Peso Raggio
atomico Densità atomico
Lega

A
B
(glmol)

77.4
107.6
(µg/mJ)

8.22
13.42
(nm)

0.125
0.133
T
0.40 nm

1
e 127.3 9.23 0.142 -+y

3.16 La cella unitaria dello stagno ha simmetria tetra-


gonale, con i parametri reticolari a e h rispettiva-
mente di 0.583 e 0.318 nm. Se la sua densità, il
peso atomico ed il raggio atomico sono, rispetti- (a) A quale sistema cristallino appartiene?
vamente, 7.30 ,ug/m1, 118.69 g/mol e 0.151 nm, (b) Come si chiamerebbe questa struttura cristal-
calcolare il fattore di compattazione atomica. lina?
3.17 Lo iodio ha una cella unitaria ortorombica per la (e) Calcolate la densità del materiale, sapendo
quale i parametri del reticolo a, b, e, sono rispetti- che il peso atomico è I 4 I g/mol.
vamente 0.479, 0.725 e 0.978 nm. 3.22 Usando il File delle Definizioni Molecolari
(a) Se il fattore di compattazione atomica ed il (Molecule Definition File MDF) del CD-ROM
raggio atomico sono, rispettivamente, 0.547 e allegato a questo libro, generate una cella unitaria
0.177. determinare il numero degli atomi in cia- tridimensionale per il composto intermetallico
scuna cella unitaria. AuCu,. sapendo che: I) la cella unitaria è cubica
(b) Il peso atomico dello iodio è 126.91 g/mol; con uno spigolo dì lunghezza 0.374 nm; 2) gli
calcolare la sua densità. atomi dell'oro sono situati in tutti i vertici del
3.18 Il titanio ha una cella unitaria es.e il cui rappono cubo e 3) gli atomi del rame sono posizionati al
tra i parametri del reticolo e/a è 1.58. Se il raggio centro di tutte le facce della cella unitaria.
atomico è O.1445 nm, (a) determinare il volume 3.23 Usando il File delle Definizioni Molecolari
della cella unitaria e (b) calcolare la densità del Ti (Molecule Definìtion File MDF) del CD-ROM
e confrontarlo con il valore riportato nella lettera- allegato a questo libro, generate una cella unitaria
tura. tridimensionale per il composto intermetallico
3.19 Lo zinco ha una struttura cristallina es.e, un rap- AuCu, sapendo che: I) la cella unitaria è tetrago-
porto e/a di 1.856 ed una densità di 7 .13 ,ug/mi. nale con a = 0.289 nm e e = 0.367 nm (vedi
Calcolare il raggio atomico dello Zn. Tabella 3.2), 2) gli atomi dell'oro sono situati in
3.20 li renio ha una struttura cristallina es.e, un raggio tutti i vertici del cubo e 3) gli atomi del rame sono
Domande e problemi • 63

3.24
posizionati al centro della cella unitaria.
Disegnare schematicamente una cella unitaria per
m nella cella unitaria cubica della figura seguente:

la struttura cristallina ortorombica a corpo centra- +z

3.25
to.
Disegnare una cella unitaria ortorombica e, al suo
interno, una <lireLiorn:[ 121] ed un piano (21 O).
t
3.26 Disegnare schematicamente una cella unitaria
monoclina e, al suo interno, una direzione [Oli]
ed un piano (002).
3.27 Si abbiano (vedi figure) le celle unitarie per due
metalli ipotetici:
(a) Quali sono gli indici per le dire?ioni indicate --+y
dai due vettori in Figura (a)?

3.30 Determinare gli indici per le direzioni indicate


nella cella unitaria cubica della figura seguente:
--+y
+z

i I
2

(a) 2
3
(b) Quali sono gli indici per i due piani disegnati
in Figura (h)? -+y

Piano 2
\
T Pidno 1
+X/

3.31 Per i cristalli tetragonali, citare gli indici delle


direzioni che sono equivalenti a ciascuna delle
seguenti direzioni:
(a) 1101)
(b) 11101
(h) (e) [0101

3.28 All'interno di una cella unitaria cubica, disegnare 3.32 (a) Convertire le direzioni [1001 e (Ili] nel siste-
schematicamente le seguenti direzioni: ma a quattro indici di Miller-Bravais per k ct:lle
li (a) (110] (e)[llll
unitarie esagonali.
(b) Fare la stessa conversione per i piani (010) e
(b) [121] (f) [1221 ( 101).
(e) [012] (g)[l231 3.33 Determinare gli indici di Miller per i piani mostra-
(d) l 133] (h)[T03J ti nella seguente cella unitaria:

3.29 Determinare gli indici per le direzioni indicate


64 • t:apitolo 3 / La struttura dei solidi cristallini

+z 3.36 Disegnare schematicamente i piani (1101) e

i 3.37
( 1120) in una cella unitaria esagonale.

Determinare gli indici per i piani indicati nelle


seguenti celle unilarie esagonali.
z

-+y

/
+x

3.34 Determinare gli indici di Miller per i piani mostra-


ti nella seguente cella unitaria:

11
12
I

: B
,r----- - ~+y
,, ...

3.35 Determinare gli indici di Miller per i piani mostra-


ti nella seguente cella unitaria:
ffl 3.38 All'interno di una cella unitaria cubica, disegnare
~ +z schematicamente i seguenti piani:

i (a) (OTT) (e) (111)


(b) (112) (f) (122)
(e) (102) (g) (123)
I (d) (131) (h) (OTI)
2
3.39 Disegnare schematicamente l'impacchettamento
atomico di (a) il piano (100) per la struttura cri-
---+y stallina cfc, e (b) il piano ( 111) per la struttura cri-
stallina ccc (vedi le Figure 3.9h e 3.10h).
3.40 Si consideri la cella unitaria del problema 3.2 I,
con l'origine del sistema di coordinate posiziona-
ta in O. Determinare, per il seguente insieme di
piani, quali sono equivalenti:
(a) (100), (010) e (001)
Domande e problenù • 65

(b) (110), (lOl), (011) e (110) (a) A quale sistema cristallino appartiene la cella?
(e) (111), (111), (Ili) e (111) (b) Come si chiamerebbe la struttura cristallina?
3.48 Di seguito sono mostrati tre differenti piani cri-
3.41 Citare gli indici della direzione che si determina stallografici per una cella unitaria di un metallo
dall'intersezione di ciascuna delle seguenti coppie ipotetico; i cerchi rappresentano gli atomi:
di piani all'interno di un cristallo cubico: (a) piani
(110) e (111); (b) piani (110) e (110); (e) piani
(101) e (001).
3.42 Calcolate e confrontate le densità lineari delle
TE
e
11
E E
direzioni [ 100], [l 10] e [ 11l] per la cfc.
~
o o C
o
li)
C
~
si:
3.43 Calcolate e confrontate le densità lineari delle
direzioni [ 11O] e [ 111J per la ccc.
3.44 Calcolate e confrontate le densità planari dei piani
j__
11 l,-o.40 nm-l
f,.-o.35nm-+J
(100) e (111) per la cfc.
(001) (110) (101)
3.45 Calcolate e confrontate le densità planari dei piani
(100) e (I 10) per la ccc.
3.46 Calcolate la densità planare del piano (0001) per (a) A quale sistema cristallino appartiene la cella?
!'es.e. (b) Come si chiamerebbe la struttura cristallina?
3.47 Di seguito sono mostrati gli schemi di impacchet- (e) Se la densità di questo metallo è 8.95 µg/m3,
tamento atomico per alcune direzioni cristallogra- determinare il suo peso atomico.
fiche di metalli ipotetici. Per ciascuna direzione i 3.49 Spiegare perché le proprietà dei materiali policri-
cerchi rappresentano solo gli atomi contenuti stallini sono molto spesso isotrope.
nella cella unitaria e sono in scala diversa dalla 3.50 Usando i dati per il molibdeno riportati nella
loro dimensione reale. Tabella 3.1, calcolare la spaziatura interplanare
per l'insieme dei piani (111).
3.51 Determinare l'angolo di diffrazione atteso per una
r--o.40 nm---j riflessione di primo ordine dall'insieme dei piani
(113) per il platino cfc quando si usa una radiazio-
0--0 [100]. [010]
ne monocromatica di lunghezza d'onda di 0.1542
nm.
3.52 Usando i dati per l'alluminio riportati nella
Tabella 3.1, calcolare la distanza interplanare per
r--0.50nm---J l'insieme dei piani (110) e (221).

0--0 [001]
3.53 L'iridio ha un struttura cristallina cfc. Se l'angolo
di diffrazione per l'insieme dei piani (220) risulta
di 69.22° (primo ordine di riflessione) quando si
usa una radiazione x monocromatica di lunghezza
d'onda di 0.1542 nm, calcolare (a) la distanza
interplanare per questo insieme di piani e (b) il
raggio atomico dell'iridio.
[011], (101] 3.54 Il rubidio ha un struttura cristallina ccc. Se l'an-
golo di diffrazione per l'insieme dei piani (321)
risulta di 27 .00° (primo ordine di riflessione)
---0.566 nm--+< quando si usa una radiazione x monocromatica di
lunghezza d'onda di 0.0711 nm, calcolare (a) la
0-0---0 !1 !OJ
distanza interplanare per questo insieme di piani e
(b) il raggio atomico del rubidio.
3.55 Per quale insieme di piani cristallografici si ha un
picco di diffrazione di primo ordine con un ango-
lo di diffrazione di 46.21 ° per il ferro ccc quando
si usa una radiazione monocromatica di lunghez-
66 • Capitolo 3 / La struttura dei solidi cristallini

FtGLKA :-L23 Spettro di diffra-


zione per il rame policristallino.

40 50 60 70 80 90
Angolo di diffrazione 21)

za d'onda di 0.071 I nm? tracciato di diffrazione a raggi x del rame, che ha


3.56 La Figura 3.20 mostra lo spettro di diffrazione a una struttura cristallina cfc; è stata usata una
raggi x del ferro a ottenuto con un diffrattometro radiazione x monocromatica di lunghezza d'onda
e raggi x monocromatici di lunghezza d'onda di 0.1542 nm.
0.1542 nm; i picchi sono individuati da un indice. (a) Individuare gli indici h, k, ed I per ciascuno di
Calcolare la distanza interplanare per ciascun questi picchi.
insieme di piani ai quali si riferiscono gli indici; (b) Determinare la distanza interplanare per cia-
determinare anche i parametri reticolari del Fe per scuno di questi picchi.
ciascuno dei picchi. (e) Sempre per ciascuno dei picchi, determinare il
3.57 I picchi di diffrazione mostrati in Figura 3.20 sono raggio atomico per il Cu e confrontare i valori
individuati da indici definiti secondo le regole ottenuti con quelli esposti in Tabella 3.1.
della riflessione per le ccc (cioè la somma h + k + 3.59 Un materiale nel quale il legame atomico è preva-
l deve essere sempre dispari). Citare gli indici h, k, lentemente ionico in natura ha maggiore o minore
ed l per i primi quattro picchi di diffrazione per i facilità, rispetto ad un materiale covalente, a for-
cristalli cfc, coerenti con la condizione che h, k, ed mare solidi non cristallini nella solidificazione?
/ devono essere tutti pari o tutti dispari. Perché? (vedi Paragrafo 2.6.)
3.58 La Figura 3.23 mostra i primi quattro picchi del
M ic-rografia
ionico ripresa
in campo
sulla 11unta tli
un campione di tungsteno. La
micrografia in campo ionico
è una tecnica sofisticata e,I
affascinante eh,· Jlermctlt, ,li
osservare singoli atomi in un
solido, che sono rappresentati
da macchie bianche. La
simmetria e la regolarità della
disposizione degli alonù
ve~ono cvidenziatc dalla
posizione delle mm·clùe nella
nùcrografia. llna rottura
della simmetria si evidenzia
lungo un bordo del grano,
ù,dicata dalla freccia.
Ingrandimento cina
3460000x. (Per gentile
concessiom, di J .J. Hrcn e
R.W. Newman.)

Perché studiare le imperfezioui nei solidi?

Le proprietà di alcuni materiali sono profondamente 925/1000 (92.5 % argento - 7.5 <'/o rame) è molto
influenzate dalla presenza di imperft>zioni. Di conse- più duro e resistente ,Iell'argento puro (Sezione 7.9).
guenza è importante conoscere i tipi esistenti di Inoltre i diepositivi microelett1·oniei dei cir,·uiti
imperfezioni ed il ruolo che svolgono sul comporta- integrati che si trovano nei nostri romputer, calcola-
mento del materiale. Per esempio, le proprietà mec- tori ed elettrodomestici funzionano a causa di una ben
caniche dei metalli puri subiscono signifi .. ative altera- controllata concentrazione di impurezze specifiche
zioni quando questi vengono alligatì (ovvero quando incorporate in piccole e localizzate aree elci materiali
vengono aggiunti atomi di impurezze), p. es. l'argento semiconduttori (Sl~zìone 19.11 e 19.14).

67
Obiettivi di apprendimento

Dopo aver 8ludiato questo capitolo, dovre8ti essere in grado di fare le seguenti cose:

l. Descrivere 8ia le vacanze che i difetti autointer8ti- tuale in peso ed atomica per ciascun elemento.
ziali nei cristalli. 5. Per ogni dislocazione a spigolo, a vite e mista:
2. Calcolare il numero di vacanze di equilibrio in un (a) Descrivere e fare un disegno della di81ocazio-
materiale a determinate temperature, date le rela- ne;
tive costanti. (b) Individuare l'as8e della dislocazione;
3. Definire i due tipi di soluzioni solide e fornire una ( c) Indicare la direzione lungo la quale si svilup-
breve descrizione scritta e/o un abbozzo schemati- pa l'asse della dislocazione.
co di ciascuna. 6. Descrivere la struttura atomica in prossimità di a)
4. Date le masse ed i pesi atomici di due o più ele- un bordo del grano e b) un bordo geminato.
menti in una lega metallica, calcolare la percen-

4.1 INTRODUZIONE

Fino ad oggi è stato tacitamente assunto che, su scala atomica, in un materiale completamen-
te cristallino esista un ordine perfetto. Tuttavia un tale materiale solido non esiste; tutti con-
tengono un grande numero di vari difetti ed imperfezioni. In pratica le proprietà dei materia-
ii sono profondamente sensibili alle deviazioni dalla perfezione cristallina; l'influenza non è
sempre negativa, e spesso specifiche caratteristiche sono deliberatamente ottenute introdu-
cendo quantità o numeri controllati di particolari difetti, come descritto in dettaglio nei capi-
toli successivi.
Per "difetto cristallino" si intende una irregolarità del reticolo che ha dimensioni dell'or-
dine di un diametro atomico. La classificazione delle imperfezioni dei cristalli viene fre-
quentemente fatta in base alla geometria o alla estensione dei difetti. In questo capitolo sono
discusse varie imperfezioni, tra cui i difetti puntuali (che impegnano una o due posizioni ato-
miche), i difetti lineari (o monodimensionali) ed i difetti interfacciali, o bordi del grano, che
sono bidimensionali. Vengono anche discusse le impurezze nei solidi, in quanto gli atomi di
impurezze sono assimilabili a difetti puntuali. Infine vengono anche brevemente descritte le
tecniche per l'esame microscopico dei difetti e della microstruttura dei materiali.

DIFETTIPUNTUALI
4.2 VACANZE E DIFE'ITI ACTOINTERSTIZIALI

Il più semplice dei difetti puntuali è una vacanza, o un sito vacante del reticolo, un posto nor-
malmente occupato mancante di un atomo (Figura 4.1 ). Tutti i solidi cristallini contengono
vacanze e, in effetti, non è possibile ottenere un materiale esente da questi difetti. La neces-
sità dell'esistenza delle vacanze viene spiegata con i principi della termodinamica; in sostan-
za, la presenza di vacanze aumenta l'entropia del cristallo (cioè il disordine).
Il numero di vacanze di equilibrio N per una data quantità di materiale dipende e cresce
0

con la temperatura secondo la relazione:

N,,=Nexp(-;;
) (4.1)

In questa espressione, N è il numero totale dei siti atomici, Qv è l'energia richiesta per la for-
4.2 Vacanze e difetti autointersliziali 69

FIGlR\ ,1,. I Rappresentazione bidi-


mensionale di una vacanza e di un
autointerstiziale. (Da W.G. Moffatt,
G.W. Pearsall e J. Wulff, The
Structure and Properties of Materials,
Voi. I, Structure, p. 77. Copyright ©
1964 da John Wiley & Sons, New
York. Col permesso di John Wiley &
Sons, lnc.)

mazione di una vacanza, Tè la temperatura assoluta in kelvin 1 e k è la costante dei gas o di


Boltzmann. Il valore di k è 1.38 x 10-23 J/atomo K, o 8.62 x 10-5 e V/atomo K, in relazione
all'unità di misura di Q/ Ne consegue che il numero di vacanze cresce esponenzialmente
con la temperatura; come si vede nell'Equazione 4.1 se cresce T, cresce anche l'espressione
exp - (Qjk1). Per la maggior parte dei metalli, la frazione di vacanze NjN appena sotto la
temperatura di fusione è dell'ordine di 10-4; questo significa che un sito del reticolo ogni
10000 è vuoto. Come si vedrà in seguito, un certo numero di altri parametri dei materiali
hanno dipendenza esponenziale dalla temperatura simile a quella dell'Equazione 4.1.
Un autointerstiziale è un atomo del cristallo che si trova stipato in un sito interstiziale, un
piccolo spazio vuoto che normalmente non viene occupato. Questo tipo di difetti è anche rap-
presentato in Figura 4.1. Nei metalli, un autointerstiziale introduce una distorsione abbastanza
grande nel reticolo circostante in quanto l'atomo è più grande della spazio in cui si viene a tro-
vare. Di conseguenza, la formazione di questo difetto non è molto probabile ed esiste in con-
centrazioni molto piccole, che sono significativamente più basse che per le vacanze.

ESE\1PIO DI PROBLE'.\1 \ -l-.1

Calcolare il numero di vacanze all'equilibrio per metro cubo per il rame a 1000°C. L'energia
per la formazione di una vacanza è 0.9 e V/atomo; il peso atomico e la densità (a !000°C) per
il rame sono 63.5 g/mole e 8.4 Mg/m3, rispettivamente.

Suuzw,,·F.
Il problema può essere risolto utilizzando l'Equazione 4.1; è prima necessario, tuttavia, deter-
minare il valore di N, il numero di siti atomici per metro cubo per il rame, dal suo peso atomi-
co Ac., la sua densità p ed il numero di Avogadro N A• in accordo a

(4.2)

1La temperatura assoluta in kelvin (K) è eguale a °C + 273.


2La costante di Boltzrnann per mole di atomi diventa la costante dei gas R; in tal caso R"' 8.31 J/mole
K, o l.987 cal/mole K.
70 • Capitolo 4 / lmperfczioue nei 11olidi

N = (6.023 x I0 23 atomi/mole)(8.4 Mg/m3 )(106 g/Mg)


63.5 g/mole

=8.0 x I028 atomi/m3

Quindi il numero di vacanze a 1000°C (1273 K) è uguale a

N" = N exp (- ; 7)
, .
=(8.0 x 10-8 atom1/m)3 cxp
[ (0.9eV)
- (8_62 x 10"' eV/K) 0273 K)
l
= 2.2 x 1025 vacanza/m3

4.3 btPUREZZE NEI SOLIDI

Un metallo puro che contenga un solo tipo di atomi è praticamente impossibile; sono sempre
presenti impurezze o atomi estranei, ed alcuni esisteranno come difetti puntuali nel cristallo.
Infatti anche con tecniche relativamente sofisticate, è difficile raffinare il metallo ad una
purezza superiore al 99.9999%. A questo livello sarà presente un numero di atomi di impu-
rezze dell'ordine di IO~"- 10"3 per metro cubo di materiale. I metalli più familiari non sono
estremamente puri; piuttosto essi sono leghe, in cui gli atomi di impurezza sono stati aggiun-
ti intenzionalmente per impartire al materiale caratteri,tiche specifiche. L'alligazione viene
usata normalmente nei metalli per migliorare la resistenza meccanica e la resistenza alla cor-
rosione. Per esempio, l'argento sterling è una lega con 92.5% di argento e 7.5% di rame.
Nelle normali condizioni ambientali, l'argento puro è molto resistente alla corrosione, ma
anche molto tenero. L'alligazione col rame migliora significativamente la resistenza mecca-
nica, senza diminuire apprezzabilmente la resistenza alla corrosione.
L'aggiunta di atomi di impurezze ad un metallo darà origine alla formazione di una solu-
zione solida e/o di una nuova seconda fase, in relazione al tipo di impurezza, la loro con-
centrazione e la temperatura della lega. La presente trattazione riguarda la nozione di solu-
zione solida; l"illustrazione della formazione di una nuova fase è differita al Capitolo 9.
Diversi termini relativi alle impurezze ed alle soluzioni solide meritano di essere menzio-
nati. Per quanto riguarda le leghe, i tennini comunemente impiegati sono solvente e soluto.
Per "solvente" si intende il componente, elemento o composto, presente in maggiore quan-
tità; per questo gli atomi solventi sono anche chiamati atomi ospitanti. Per "soluto" si defini-
sce l'elemento o il composto presente in concentrazione minore.

SOLUZIONI SOLIDE

Si forma una soluzione solida quando, per aggiunta di atomi di soluto nel materiale ospite,
viene mantenuta la struttura cristallina e non si formano nuove strutture. Si può fare una ana-
logia con una soluzione liquida. Se due liquidi completamente solubili (es. acqua ed alcool),
si mescolano, si ottiene una soluzione liquida con le molecole mescolate e di composizione
omogenea in tutto il liquido. Anche una soluzione solida è di composizione omogenea; gli
atomi di impurezza sono dispersi uniformemente e casualmente nel solido.
I difetti puntuali di impurezze che si trovano nei solidi sono di due tipi: di sostituzione e
interstiziali. In quelli di sostituzione, gli atomi di impurezza o di soluto rimpiazzano o sosti-
tuiscono gli atomi ospitanti (Figura 4.2). Diverse caratteristiche degli atomi di soluto e di sol-
vente determinano il grado in cui uno si scioglie nell'altro; esse sono le seguenti:
4.3 Impurezze nei solitli 71

F1u:nA 4.2 Rappresentazione


schematica bidimensionale della
distribuzione di atomi di impurez-
za di tipo interstiziale e di sostitu-
zione. (Da W.G. Moffatt, G.W.
Pearsall e J. Wulff, The Strucrure
and Properries of Marerials, Voi.
I, Srructure, p. 77. Copyright ©
1964 da John Wiley & Sons, New
York. Col permesso di John Wiley
& Sons, lnc.)

atomi di impurezza
di tipo interstiziale

1. Fattore di dimensione atomica. Apprezzabili quantità di soluto possono venire accol-


te in questo tipo di soluzione solida solo quando la differenza nei raggi atomici tra i
due atomi è inferiore a circa il 15%. Altrimenti gli atomi di soluto creano distorsioni
del reticolo sostanziali e si forma una nuova fase.
2. Struttura cristallina. Per formare soluzioni solide in quantità apprezzabile, la struttu-
ra cristallina di entrambi gli atomi dei metalli deve essere la stessa.
3. Elettrone?,atività. Più un elemento è elettropositivo e più l'altro è elettronegativo,
maggiore è la probabilità che si formi un composto intermetallico anziché una solu-
zione solida di sostituzione.
4. Valenza. A parità di altri fattori, un metallo ha più tendenza a sciogliere un altro metal-
lo di valenza più alta piuttosto che uno di valenza più bassa.

Un esempio di soluzione solida di sostituzione lo si trova tra rame e nichel. Questi due
elementi sono completamente solubili l'uno nell'altro in tutte le proporzioni. Tenendo pre-
senti le summenzionate regole che governano il grado di solubilità, i raggi atomici per il rame
ed i I nichel sono 0.128 e 0.125 nm ( 1.28 e 1.25 À) rispettivamente, entrambi hanno la strut-
tura cristallina cfc e le loro elettronegatività sono .1.9 e 1.8 (Figura 2.7); infine le valenze più
comuni sono+ l per il rame (sebbene talvolta può essere +2) e +2 per il nichel.
Nelle soluzioni solide interstiziali, gli atomi di impurezza riempiono i vuoti o interstizi
presenti tra gli atomi ospitanti (vedi Figura 4.2). Per i materiali metallici che hanno un fatto-
re di impacchettamento atomico relativamente elevato, queste posizioni interstiziali sono
relativamente piccole. Di conseguenza il diametro atomico di una impurezza interstiziale
deve essere sostanzialmente più piccolo di quello dell'atomo ospitante. Normalmente la mas-
sima concentrazione tollerata di atomi di impurezza interstiziale è bassa (minore del I 0% ).
Anche gli atomi di impurezza molto piccoli sono ordinariamente più grandi dei siti intersti-
ziali e di conseguenza essi introducono deformazioni reticolari sugli atomi ospitanti adiacen-
ti. Il Problema 4.5 richiede, per la detenninazione del raggio degli atomi di impurezza (in ter-
mini di R, il raggio dell'atomo ospitante), che si adattino esattamente nelle posizioni intersti-
ziali senza introdurre alcuna deformazione nel reticolo, sia per le strutture cristalline cfc che
ccc.
Il carbonio forma una soluzione solida interstiziale quando viene aggiunto al ferro; la
concentrazione massima di carbonio è circa 2%. Il raggio atomico dell'atomo di carbonio è
molto minore di quello del ferro: 0.071 nm (0.71 À) rispetto a 0.124 nm ( 1.24 À). Soluzioni
solide sono anche possibili per i materiali ceramici, come discusso nella Sezione 13.5.
72 • Capitolo 4 / Imperfezione nei solidi

DESCRIZIOI\E DELLA COi\lPO~IZI01' E

È spesso necessario esprimere la composizione (o concentrazione)-1di una lega in termini dei


suoi elementi costitutivi. I due modi più comuni per esprimere la composizione sono il per-
cento in peso (o massa) ed il percento atomico. Il percento in peso(% peso) rappresenta il
peso di un particolare elemento rispetto al peso totale della lega. Per una lega che contiene
due ipotetici atomi denominati l e 2, la concentrazione di 1 in% peso, Ci, è definita come

(4.3)

dove m 1 ed m 2 rappresentano i pesi (o masse) degli elementi l e 2, rispettivamente. La con-


centrazione dell'elemento 2 viene calcolata in modo analogo.
Il percento atomico (at%) rappresenta il numero di moli di un elemento rispetto al tota-
le delle moli degli elementi nella lega. Il numero di moli in una massa definita di un ipoteti-
co elemento 1. nm,, può essere calcolato come segue:

- m'I
nm,--A-- (4.4)
1

Qui m;ed A1 esprimono la massa (in grammi) ed il peso atomico, rispettivamente, per l'ele-
mento l.
La concentrazione come percento atomico dell'elemento 1 in una lega contenente gli
atomi I e 2, e; , viene definita da 4

e;= nmt xlOO (4.5)


n,.1+ nm2

In modo simile si può determinare la percentuale atomica dell'elemento 2.


Il calcolo del percento atomico può anche essere fatto in base al numero di atomi anziché
di moli, in quanto una mole di tutte le sostanze contiene lo stesso numero di atomi.

COl\VERSIO~I DELLA CO;\lPOSIZIOl\E

Talvolta è necessario convertire uno schema di composizione ad un altro - per esempio dalla
percentuale in peso a quella atomica. Presenteremo ora delle equazioni per fare queste con-
versioni considerando due ipotetici elementi l e 2. Usando la convenzione della precedente
sezione (cioè chiamando C 1 e C 2 la percentuale in peso, e; e e; la percentuale atomica e A1
e A2 i pesi atomici), le espressioni di conversione sono le seguenti:

(4.6a)

3 l termini composizione e concentrazione avranno in questo libro lo stesso significato (cioè il contenu-
to relativo di uno specifico elemento o costituente in una lega) e verranno usati indifferentemente.
• Per evitare confusione nelle notazioni e nei simboli usati in questa sezione. si deve precisare che il
primo (come in e; e m;) viene usato per designare sia la composizione in percento atomico che la
massa del materiale in grammi.
4.3 Impurezze nei solidi • 73

e;= CzA, X 10(} (4.6b)


C,A2
+ CzA1

C,= C;A,c;A,
+ C{A 2
X 100 (4.7a)

c;A 2
C2= c;A,+ c;A X}()() (4.7b)
2

Poiché consideriamo solo due elementi, il calcolo considerato nelle precedenti equazioni
viene semplificato posto l:he
(4.8a)

e; +e;= 100 (4.8b)

Inoltre diviene talvolta necessario convertire la concentrazione dal percento in peso alla
massa di un componente per unità di volume di materiale (cioè da unità di% peso a kg/m 3);
quest'ultimo schema di composizione è spesso usato nel calcolo della diffusione (Sezione
5.3). La concentrazione in questi termini verrà indicata usando un doppio apice (cioè e;' e
C ;' ), e le relative equazioni diventano le seguenti:

(4.9a)

C;'=( e
_I
C2 e
+-2
) x icr (4.9b)

P1 Pi

Se la densità p viene espressa in Mg/m3, queste espressioni danno C; 'e C {' in kg/m3.
Un altro caso può capitare se desideriamo determinare la densità ed il peso atomico di una
lega binaria, data la composizione in percento in peso o percento atomico. Se rappresentiamo
la densità della lega ed il peso atomico con Pave e A •••• rispettivamente, allora

100
(4. lOa)

(4.10b)

100
A•••= e e (4.lla)
_, +-2
Ai Ai
74 • Capitolo 4 / Imperfezione nd "oliJi

(4.1 lb)

Si potrebbe obiettare che le Equazioni 4.9 e 4.11 non sono sempre esatte. Nella loro deri-
vazione si è assunto che il volume totale della lega è esattamente uguale alla somma dei volu-
mi degli elementi singoli. Normalmente, per la maggior parte delle leghe, questo non si veri-
fica; tuttavia, è una assunzione ragionevolmente valida e non porta ad errori significativi per
soluzioni diluite e al di fuori di intervalli di composizione dove esistono soluzioni solide.

E"iEl1PIO DI r>ROBLDtA 4.2

Derivare l'equazione 4.6a.

SoU'ZIUSE
Per semplificare questa derivazione, si considerano le masse espressi: i11grammi e indicate con
un apice (per es. m;).La massa totale della lega (in grammi) M' è

M' =m;+m; (4.12)

Usando la definizione di e; (Equazione 4.5) e l'espressione per n., 1, Equazione 4.4 e l'a-
naloga per nm2 si ottiene:

e;= fimi X 10()


nml + nm2

m'l
= - A-1--x 100 (4.13)
__
m'l +---m~
Al A2

Se nell'Equazione 4.3 si sostituisce la massa totale della lega in grammi si ha:

(4.14)

Sostituendo questa espressione ed il suo equivalente m;nell'Equazione 4. I 3, si ottiene

C 1M'
C' ___ IO_(_lA_I_~ X 100 (4.15)
1 = C,M' C,M'
--+--
IOOAI IOOA2
E semplificando abbiamo

che è identica all'Equazione 4.6a.


4.4 Di~locazioni - difetti lineari • 75

ESElfPIO m PROHLnU 1,.3

Determinare la composizione, in percentuale atomica, di una lega formata da 97% in peso di


alluminio e 3% in peso dì rame.

Sou,zto,\'E
Se si indica la rispettiva composizione in percentuale in peso come CA1 = 97 e Ccu= 3, la sosti-
tuzione nelle Equazioni 4.6a e 4.6b porta a

CAlACu
C'Al =CAIACu+ CcfiAt
X ]00

(97)(63.55 g/mol)
=(97)(63.55 g/mol) + (3)(26.98 g/mol) X 100

= 98.7 at%
e
CcfiA1 X 100
C'cu =
CcuA,\l + eAIA('u

(3)(26.98 g/mol)
=(3)(26.98 g/mol) + (97)(63.55 g/mol) X 100

= 1.30 at%

IMPERFEZIONI
MISTE

4.4 DISLOCAZIONI - UIFETTI LINEARI

Una dislocazione è un difetto lineare o ad una dimensione intorno a cui gli atomi sono fuori po-

Il sto. Un tipo di dislocazione è rappresentato nella Figura 4.3: una porzione di un piano aggiun-
tivo di atomi, o semipiano, i cui spigoli terminano entro il cristallo. Questo viene definito una
dislocazione a spigolo; si tratta di un difetto lineare centrato intorno alla linea che viene defi-
nita lungo l'estremità dell'extra semipiano di atomi. Questo è talvolta denominato asse della
dislocazione, che, per le dislocazioni a spigolo nella Figura 4.3, è perpendicolare al piano del
foglio. Entro la regione intorno ali 'asse della dislocazione sono localizzate le distorsioni del
reticolo. Gli atomi al di sopra l'asse della dislocazione della Figura 4.3 sono compressi fra
loro, e quelli al di sopra sono tensionati; questo viene riflesso nella leggera incurvatura per i
piani di atomi venicali che si flettono intorno a questo extrapiano. L'ampiezza di questa di-
,torsione diminuisce con la distanza dall'asse della dislocazione; in posizioni lontane il reti-
colo cristallino è virtualmente perfetto. Talvolta la dislocazione a spigolo di Figura 4.3 viene
rappresentata con il simbolo .l, che indica anche la posizione dell'asse della dislocazione. Una
dislocazione a spigolo può anche essere formata da un extra semipiano di atomi compreso
nella porzione inferiore del cristallo; in tal caso la sua designazione è T.
Esiste un altro tipo di dislocazione, chiamato dislocazione a vite, che può essere imma-
ginato come ottenuto da uno sforzo di taglio per produrre la distorsione rappresentata in
Figura 4.4a: la regione superiore anteriore del cristallo è scivolata di una distanza interato-
mìca a destra rispetto alla porzione inferiore. La distorsione atomica associata con una dislo-
cazione a vite è anch'essa lineare ed avviene lungo un'asse della dislocazione, linea AB in
76 • Capitolo 4 I Imperfezione nei solidi

Vettore di Burgers FIGI.RA 4-.3 Posizione degli atomi


b intorno ad una dislocazione a spigolo: il
semipiano aggiuntivo di atomi viene rap-
presentato in prospettiva. (Da A.G. Guy,
E.tsentials of Materials Srience,
McGraw-Hill Book Company, New
Asse della York, 1976, p.153.)
dislocazione
a spigolo

Figura 4.4b. Le dislocazioni a vite derivano il loro nome dal percorso a spirale o elicoidale o
dalla rampa che si deve percorrere intorno all'asse della dislocazione sui piani atomici. Per
designare una dislocazione a vite si usa talvolta il simbolo e.
La maggior parte delle dislocazioni che si trovano in un materiale cristallino non sono

Il probabilmente né a spigolo né a vtte, ma presentano i componenti di entrambi i tipi; queste


vengono quindi chiamate dislocazioni miste. I tre tipi di dislocazioni sono rappresentati
schematicamente nella Figura 4.5; la distorsione del reticolo che viene prodotta sulle due
facce viene miscelata, assumendo in vario modo la caratteristica dello spigolo e della vite.
L'ampiezza e la direzione della distorsione del reticolo associate con una dislocazione
vengono espresse dal vettore di Burgers, definito con b. I vettori di Burgers sono indicati
nelle Figure 4.3 e 4.4, per le dislocazioni a spigolo ed a vite, rispettivamente. Inoltre, la natu-
ra di una dislocazione (a spigolo, a vite o miste) viene definita dalla relativa orientazione del-
l'asse della dislocazione e dal vettore di Burgers. Per una a spigolo sono fra loro perpendico-
lari (Figura 4.3), mentre per una a vite sono paralleli (Figura 4.4); per una dislocazione mista,
non sono né perpendicolari né paralleli. Anche se una dislocazione cambia direzione e natu-
ra all'interno del cristallo (per esempio da spigolo a mista a vite), il vettore di Burgers è lo
stesso in tutti i punti lungo il suo asse. Per esempio, tutte le posizioni della dislocazione cur-
vilinea nella Figura 4.5 hanno lo stesso vettore di Burgcrs indicato. Per i materiali metallici,
il vettore di Burgers di una dislocazione si orienta nella direzione cristallografica a maggiore
densità atomica ed è di valore uguale alla distanza interatomica.
Le dislocazioni in un materiale cristallino possono essere osservate al microscopio elet-
tronico. La Figura 4.6 rappresenta una micrografia ripresa ad alto ingrandimento al micro-
scopio elettronico a trasmissione: le linee scure rappresentano le dislocazioni.
Virtualmente tutti i materiali cristallini contengono dislocazioni, introdotte durante la
solidificazione, la deformazione plastica e come conseguenza di stress termici che risultano
da un rapido raffreddamento. Le dislocazioni provenienti dalla deformazione plastica ver-
ranno trattate nel Capitolo 7.
4.4 Di~loeazioni - difetti lineari • 77

FIGI'R\ 4.4 (a) Una disloca-


zione a vite ali' interno di un
cristallo. (b) La dislocazione a
vite precedente vista dall'alto.
L'asse della dislocazione si
estende lungo la retta AB. La
posizione degli atomi al di
sopra del piano di scorrimento
sono disegnati a cerchi bian-
chi, quelli al di sotto a cerchi
scuri. (Figura (b) da W.T. Read
Jr., Dislocation in Crystals,
McGraw-Hill Book Company,
New York, 1953.)

Asse della
dislocazione
Vettore di
Burgers b

(a)

. . .
. . . .
. . . . . . . .
. . . . . . . .
. . . . . . .
. . . . . . . . .
I I I I I
' ' i I I I I I
'
A
I I\ I
I I
I
;l l I
I : ì\ I
I
,' l I
I I
I
I
I
I
I
I
I L
B
r. ; ì: I
I :ì 1' I I
I
I
I
I
I I
I
1; ì I
I
I
I I
I ì
I I I
. .
I I I I
.
I I I I I
.
I I

. . . . . .
. . . . .
r---1' . . . . .
. . . . . . ±
I
.
D e
(b)
78 • Capitolo 4 / Imperfezione nei ~olidi

FIGl'RA ,.t,5 (a) Rappre-


sentazione schematica di una
dislocazione che ha carattere a
spigolo, a vite e mista. (b) Vista
dall'alto in cui i cerchi chiari
indicano la posizione degli
atomi sopra il piano di scorri-
mento, i cerchi scuri gli atomi
nel piano sottostante. Al punto
A. la dislocazione è di pura
vite, mentre al punto B è di
puro spigolo. Per le regioni
intermedie dove si verifica una
curvatura dell'asse della dislo-
cazione, le caratteristiche sono
miste, dello spigolo e della
vile. (Figura (b) da W.T. Read
Jr., Dìslocatwn in Crystals,
McGraw-Hill Book Company,
New York, 1953.)

(a!

·- - - - _: -

-,._ ___
---.,..__ -

--~- -
~ k¾:
l
-~·)ti~\
..·~,.!\t' &~ ~', ~ ~-
e
~ ~~ ~ ~11
A b
(b)
4.5 Difetti interfacciali • 79

FIGLRA 4.6
Micrografia al microscopio elettronico a tra-
smissione di una lega di titanio in cui le linee
scure sono dislocazioni. 51450 x (Per gentile
concessione di M.R. Plichta, Michigan
Technological University.)

4.5 DIFETTI INTERFACCIALI

I difetti interfacciali sono linee di confine che hanno due dimensioni e nonnalmente separa-
no regioni di materiali che hanno differente struttura cristallina e/o differente orientazione
cristallografica. Queste imperfezioni comprendono le superfici esterne, i bordi dei grani, i
bordi geminati, i difetti di impilaggio ed i contorni 1.klle fasi.

SUPERFICI ESTERNE

Una delle linee di confine più ovvia è la superficie esterna, lungo cui tennina la struttura del
cristallo. Gli atomi superficiali non hanno il massimo numero di legami con gli atomi imme-
diatamente adiacenti ed hanno quindi uno stato energetico più alto rispetto agli atomi interni.
I legami di questi atomi superficiali che non sono saturati danno luogo ad una energia super-
ficiale, espressa in unità di energia per unità di area (J/m 2 o erg/cm 2). I materiali, per ridurre
questa energia, tendono a diminuire. se esiste la minima possibilità, l'area superficiale totale.
Per esempio un liquido assume una configurazione caratterizzata da un'area minima - le
gocce diventano sferiche. Questo tuttavia non è possibile con i solidi, che sono meccanica-
mente rigidi.

BORDI DEI GRANI

Un altro difetto interfacciale, il bordo dei grani, è stato introdotto nella Sezione 3.13 come il
confine che separa due grani o cristalli che hanno differente orientazione cristallografica nei
materiali policristallini. Un bordo del grano viene rappresentato schematicamente da una
prospezione atomica nella Figura 4.7. Entro la regione di confine, larga probabilmente alcu-
ne distanze interatomiche, vi sono atomi disposti in modo irregolare, assumendo posizioni di
orientazione intennedia fra quella di un grano e quella del grano adiacente.
Tra grani adiacenti sono possibili vari gradi di disallineamento cristallografico (Figura
4.7). Quando questo disallineamento è blando, dell'ordine di pochi gradi. viene usato il ter-
mine di bordo del grano a basso angolo. Questi bordi a basso angolo possono essere descrit-
ti in termini di dislocazioni. Un semplice bordo del grano a basso angolo viene formato quan-
do dislocazioni a spigolo vengono allineate nel modo riportato nella Figura 4.8. Questo tipo
perfezione nei solidi
80 • Capitolo 4 / Im

ineamento ,,.. 7
Angolo di disall
am m a sc he-
Diagr
at ic o ch e ra pp re-
m
i de i
senta bord
ad al to e
grani
o an go lo e la
bass
gli
pos1z10ne de
i
Bordi dei gran
ad alto angolo atomi adia ce nt i.

ineamento
Angolo di disall

un bordo
zione di come
F1G('R.\ ,1.3 Dimostra neamento O pro-
n un angolo di disalli
in cl in at o co ioni a spigolo,
laggio di dislocaz
venga da un impi

.L

.L

'-
' -

- ,-

.L

-
I .

,..
4.5 Difetti interfacciali • 81

viene chiamato un bordo inclinato; l'angolo di disallineamento, 8, viene indicato nella figu-
ra. Quando l'angolo di disallineamento è parallelo al bordo, ne risulta un bordo geminato che
può essere descritto da una distribuzione di dislocazioni a vite.
Gli atomi lungo il bordo di un grano hanno legami meno regolari (le distanze di legame
sono più lunghe e, di conseguenza, si trova una energia interfacciale o di bordo di grano simi-
le alla energia superficiale descritta in precedenza. L'ampiezza di tale energia è funzione del
grado di disallineamento, essendo maggiore per i bordi ad alto angolo. I bordi dei grani sono
chimicamente più reattivi dei grani di per sé, in conseguenza di questa energia di bordo.
Inoltre, gli atomi di impurezze segregano spesso preferenzialmente lungo questi bordi, a
causa del loro stato energetico maggiore. L'energia interfacciale totale è più bassa nei mate-
riali a grana grande e grossolana piuttosto che in quelli a grana fina, in quanto vi è meno
estensione del contorno del grano. La crescita del grano a temperatura elevata, per ridurre l' e-
nergia totale del contorno del grano, è un fenomeno che sarà spiegato nella Sezione 7.13
Malgrado questa disposizione disordinata degli atomi e la non regolarità delle distanze di
legame al bordo del grano, un materiale policristallino è ancora molto resistente; sono sem-
pre presenti forze di coesione all'interno del grano e attraverso il bordo. Inoltre la densità di
un materiale policristallino è virtualmente identica a quella del monocristallo dello stesso
materiale.

BORDI GEI\Ill\ATI

Un bordo geminato è un particolare tipo di bordo del grano attraverso cui vi è una specifica
simmetria speculare del reticolo cristallino; cioè, atomi da una parte del bordo, sono situati in
posizione di immagine speculare rispetto agli atomi dell'altra parte del bordo (Figura 4.9). La
regione di materiale tra queste bordi è propriamente definita geminato. I geminati risultano
da disposizioni atomiche prodotte da sforzi meccanici di taglio (geminati meccanici) ed
anche durante i trattamenti termici di ricottura a seguito di defonnazione plastica (geminati
da ricottura). La geminazione si verifica su un definito piano cristallografico ed in una speci-
fica direzione, che dipendono entrambi dalla struttura cristallina. Geminati da ricottura si tro-
vano tipicamente nei metalli che hanno struttura cristallina cfc, mentre geminati meccanici si
osservano nei metalli ccc ed es.e. Il ruolo dei geminati meccanici nei processi di deforma-
zione viene discusso nella Sezione 7.7. I geminati da ricottura possono essere osservati nella
micrografia di un campione di ottone policristallino rappresentata in Figura 4.1 lc. I gemina-
ti corrispondono a quelle regioni che hanno contorni relativamente dritti e paralleli ed un dif-
ferente contrasto visivo rispetto alle regioni non geminate dei grani entro cui risiedono. Nella
Sezione 4.9 viene spiegata la ragione della varietà dei contrasti della microstruttura che appa-
re in questa micrografia.

}ÌGL IH 4. 9 Diagramma schema-


tico rappresentante un piano o
bordo geminato e la posizione
degli atomi adiacenti (circoli neri).
82 • Capitolo 4 / Imperfezione nei solidi

DIFEITI INTERFACCIALI MISTI

Altri possibili difetti interfacciali includono difetti di impilaggio, contorni di fase e confini di
campo ferromagnetico. I difetti di impilaggio si trovano nei metalli cfc quando si verifica una
interruzione nella sequenza di impilaggio ABCABCABC ...... dei piani ad elevata densità ato-
mica (Sezione 3.11). Tcontorni di fase esistono nei materiali multifasici (Sezione 9.3) attra-
verso cui si verifica un repentino cambiamento di caratteristiche fisiche e/o chimiche. Per i
materiali ferromagnetici e ferrimagnetici, il confine che separa regioni aventi differenti dire-
zioni di magnetizzazione viene chiamato parete di dominio, che viene discussa nella Sezione
21.7
Con ciascuno dei difetti discussi in questa sezione è associata una energia interfacciale, la
cui ampiezza dipende da tipo di confine e varia da materiale a materiale. Normalmente, l'e-
nergia interfacciale è maggiore per le superfici esterne e minima per le pareti di dominio.

4.6 DIFEITI DI MASSA O DI VOLUME

In tutti i materiali solidi si trovano anche altri difetti, che sono molto più grandi di quelli fino-
ra discussi. Questi comprendono pori, cricche, inclusioni estranee ed altre fasi. Questi difetti
sono in genere introdotti durante le fasi di fabbricazione e di lavorazione. Alcuni di questi
difetti ed i loro effetti sulle proprietà dei materiali sono discussi nei capitoli successivi.

4.7 VIBRAZIONI ATOMICHE

Ogni atomo in un materiale solido vibra molto rapidamente intorno alla sua posizione retico-
lare ali 'interno del cristallo. In un certo senso, queste vibrazioni possono essere immaginate
come imperfezioni o difetti. Ad ogni istante non tutti gli atomi vibrano alla stessa frequenza o
ampiezza, o con la stessa energia. Ad una data temperatura esisterà una distribuzione di ener-
gie degli atomi costituenti intorno alJ'energia media. Nel tempo l'energia di vibrazione di ogni
specifico atomo varia in modo casuale. AH' aumentare della temperatura. questa energia media
cresce, ed infatti la temperatura di un solido è reabnente una misura dell'attività vibrazionale
media degli atomi e delle molecole. A temperatura ambiente, una tipica frequenza vibrazionale
è dell'ordine di 1013 vibrazioni per secondo. mentre l'ampiezza è di pochi migliaia di nanome-
tri.
Alcune proprietà e mutamenti nei solidi sono manifestazioni di questo movimento vibra-
zionale dell'atomo. Per esempio, la fusione si verifica quando le vibrazioni sono abbastanza
vigorose da rompere un gran numero di legami atomici. Una più dettagliata discussione delle
vibrazioni atomiche e della loro influenza sulle proprietà dei materiali viene presentata nel Ca-
pitolo 20.

ESAMIMICROSCOPICI
4.8 GENERALITÀ

In determinate occasioni è necessario, o desiderabile, esaminare gli elementi strutturali ed i


difetti che influenzano le proprietà dei materiali. La possibilità di eseguire tali esami è impor-
tante. anzitutto per garantire l'esatta conoscenza delle correlazioni esistenti tra le proprietà e
la struttura (ed i difetti), ed in ~econdo luogo per predire le proprietà dei materiali una volta
che queste relazioni sono state stabilite. Di seguito vengono discusse diverse tecniche usate
comunemente per queste indagini.
1,.9 !Uierosrnpia • 83

FIGlTRA 4.10 Lingotto di piombo


policristallino ad elevata purezza in
cui si possono distinguere i singoli
grani. 0.7 x. (Da Metals Handbook,
Vol. 9, 9th edition. Metallography
and Microstructures, Amcrican
Society for Metals, Metals Park,
OH, 1985.)

Alcuni elementi strutturali sono di dimensioni macroscopiche, cioè sono abbastanza


grandi per essere osservati ad occhio nudo. Per esempio, la forma e la dimensione o il dia-
metro medio dei grani di un materiale policristallino sono importanti elementi strutturali.
Grani macroscopici sono spesso evidenti su pali di alluminio per illuminazione stradale ed
anche sui bidoni della spazzatura. Grani relativamente grandi con differente conformazione
sono chiaramente visibili sulla superficie del lingotto di piombo sezionalo rappresentato
nella Figura 4.10. Tuttavia, nella maggior parte dei materiali, i grani coslituenli su11u Ji
dimensioni microscopiche, avendo diametri che possono essere dell'ordine del micron 5 e per
indagare i loro minuti particolari si deve far uso del microscopio, nei suoi diversi tipi. La
dimensione dei grani e la loro forma sono solo due delle caratteristiche di quella che è deno-
minata la microstruttura; queste ed altre caratteristiche microstrutturali sono discusse nei
seguenti capitoli.

4. 9 MICROSCOPIA

Nella microscopia vengono comunemente usati sia il microscopio ottico che quello elettro-
nico. Questi strumenti aiutano nell'indagine delle caratteristiche microstrutturali di tutti i tipi
di materiali. La maggior parte di queste tecniche impiega apparecchiature fotografiche in
connessione con il microscopio; la fotografia su cui viene registrata l'immagine è chiamata
micrografia.

MICROSCOPIA OTTICA

Con la microscopia ottica, per studiare la microstruttura viene usato un microscopio ottico; i
suoi elementi basilari sono i sistemi di ottica e di illuminazione. Per i materiali che sono opa-
chi alla luce visibile (tutti i metalli ed alcuni ceramici e polimeri), si puù usse;:rvan: solo la
superficie, ed il microscopio ottico deve essere usato nel modo a riflessione. I contrasti nella
immagine vengono ottenuti dalla differente riflettività delle varie regioni della microstruttu-
ra. Indagini di questo tipo sono spesso denominate metallografiche, in quanto i metalli sono
stati i primi ad essere esaminati con questa tecnica.

5 Un micron (µm), talvolta chiamato micrometro,è 10--0m.


84 • Capitolo 4 / Imperfezione nei solidi

Normalmente, è necessario preparare con grande cura e meticolosità la superficie per


poter rivelare i particolari importanti della microstruttura. La superficie del campione deve
anzitutto essere levigata e lucidata fino ad una finitura a specchio. Questo si ottiene usando
dapprima carte abrasive e poi polveri abrasive, sempre più fini. La microstruttura viene rive-
lata da un trattamento superficiale usando un appropriato reagente chimico secondo una pro-
cedura denominata attacco metallografico. La reattività chimica dei grani di alcuni materiali
monofasici dipende dall'orientazione metallografica. Di conseguenza, in un campione poli-
cristallino, le caratteristiche dell'attacco variano da grano a grano. La Figura 4. l lh mostra

l:'IU IU 4.11 (a) Grani


polimentari ed attaccati
come possono apparire
quando vengono visti con
un microscopio ottico. (b)
La sezione eseguita attra-
verso questi grani mostra
(a) come le caratteristiche del-
1'attacco e la risultante tes-
situra superficiale varino da
grano a grano a causa della
differente orientazione
metallografica. (e) Micro-
grafia di un campione dì
ottone policristallino. 60x.
Superficie (Da J.E. Burke, Generai
polimentata Electric Co.
ed attaccata

(b)

(C)
4. 9 Microscopia • 85

come un raggio di luce ad incidenza normale viene riflesso dalla superficie di tre grani attac-
cati, ciascuno con una differente orientazione. La Figura 4.1 la riporta la struttura della super-
ficie come può apparire quando viene vista al microscopio; la luminosità o la struttura di ogni
grano dipende dalle sue proprietà di riflessione. Una micrografia dì un campione policristal-
lino presenta queste caratteristiche che sono riportate nella Figura 4.1 lc.
Inoltre, in conseguenza dell'attacco metallografico si formano piccoli solchi lungo i bordi
dei grani. Poiché gli atomi lungo i bordi dei grani sono più attivi chimicamente, si dissolvo-
no a velocità maggiore di quelli all'interno del grano. Questi solchi diventano distinguibili al
microscopio poiché riflettono la luce ad un angolo differente da quello dei grani; questo effet-
to viene evidenziato in Figura 4.12a. Nella Figura 4.12b viene riportata una micrografia di un
campione policristallino in cui i solchi ai bordi dei grani sono chiaramente visibili come linee
scure.

F1Gt RA 4.12 (a) Sezione di un


bordo di grano e dei suoi solchi
superficiale prodotti dall'attacco;
vengono anche rappresentate le
caratteristiche di riflessione della
luce nella vicinanza del solco. (h)
Micrografia della superficie di un
Superficie campione policristallino di lega
poli menta la
ed attaccata
ferro-cromo polimentato ed attaccato
in cui il bordo del grano appare
scuro. 100x. (Per gentile concessione
di L.C. Smith and C. Brady, the
National Bureau of Standards,
Washington, D.C.)

Bordo del grano

(a)

(b)
86 • Capitolo 4 I Imperfezione nei solidi

Quando si deve esaminare la microstruttura di una lega bifasica, si deve scegliere un reat-
tivo di attacco tale da produrre differenti aspetti per ciascuna fase in modo da poter distin-
guere una fase dal!' altra.

MICROSCOPIA ELEITRONICA

Il limite di ingrandimento più alto possibile con un microscopio ottico è di circa 2000 dia-
metri. Di conseguenza, taluni elementi strutturali possono essere troppo fini e piccoli per
poter essere osservati con un microscopio ottico. In tali circostanze si può impiegare il micro-
scopio elettronico che consente ingrandimenti molto più elevati.
L'immagine della struttura in esame viene formata, invece che da una radiazione lumino-
sa, da un fascio di elettroni. In accordo alla meccanica dei quanti, un elettrone che si muove
a velocità elevata si comporta come un'onda elettromagnetica con una lunghezza d'onda
inversamente proporzionale alla sua velocità. Quando gli elettroni vengono accelerati con un
alto potenziale possono assumere lunghezze d'onda dell'ordine di 0.003 nm (3 pm). Gliele-
vati ingrandimenti e l'elevato potere risolutivo di questi microscopi sono dovuti alle corte
lunghezze d'onda dei fasci elettronici. Il raggio elettronico viene focalizzato e va a fonnare
l'immagine mediante lenti magnetiche; per il resto la geometria dei componenti del micro-
scopio è sostanzialmente la stessa del microscopio ottico. Con il microscopio elettronico è
possibile operare sia in trasmissione che in riflessione.

lJlicroscopio elettronico " trasmi,s.~ione

L'immagine che si osserva con un microscopio elettronico a trasmissione (TEM) viene


ottenuta tramite il passaggio di un raggio elettronico attraverso il campione. Si possono
osservare i dettagli delle caratteristiche della struttura interna; i contrasti dell'immagine sono
prodotti dalle differenze nella diffusione o nella diffrazione del raggio prodotte dai vari ele-
menti della microstruttura o dai difetti. Poiché i materiali solidi assorbono molto i fasci elet-
tronici, il campione da esaminare deve essere preparato nella forma di una lamina molto sot-
tile; questo assicura la trasmissione attraverso il campione di una apprezzabile frazione del
raggio incidente. Il raggio trasmesso viene proiettato su uno schermo fluorescente o su un
film fotografico in modo da poter vedere l'immagine così formata. Con il microscopio elet-
tronico a trasmissione è possibile arrivare ad ingrandimenti di I000000x, che sono frequen-
temente utilizzati nello studio delle dislocazioni.

Mit:roscopio elettronico a scansione

Un più recente e molto usato strumento investigativo è il microscopio elettronico a


scansione (SEM). La superficie del campione che deve essere esaminata viene spazzolata
con un raggio elettronico, ed il raggio di elettroni riflesso (o retrodiffuso) viene raccolto,
quindi proiettato con la stessa velocità di scansione su un tubo a raggi catodici (simile ad uno
schermo TV). L'immagine sullo schermo, che può essere fotografata, riporta le caratteristi-
cht: superficiali del campione. La superficie può o no essere lucidata ed attaccata, ma deve
essere elettricamente conduttiva; sui materiali non conduttivi deve essere applicato uno stra-
to molto sottile di metallo. Sono possibili ingrandimenti da IO a 50000 diametri, insieme ad
una elevata profondità di campo. Equipaggiamenti accessori consentono di effettuare l'ana-
lisi qualitativa e semiquantitativa della composizione elementare su aree superficiali molto
localizzate.

L'esame microscopico è un metodo molto usato per lo studio e la caratterizzazione dei


materiali. Questo si vedrà meglio nei prossimi capitoli in cui viene correlata la microstruttu-
4.10 Determinazione della dimensione del grano • 87

ra con le varie caratteristiche e proprietà. L'esame della microstruttura viene anche usato per
determinare il tipo di frattura meccanica, per predire le proprietà meccaniche delle leghe, per
verificare se una lega è stata trattata termicamente in modo corretto ed anche per progettare
una lega con nuove combinazioni di proprietà .

.lll(:ROSCOPIO A SOl'"DA DI SCANSIONE

Negli ultimi quindici anni. il settore della microscopia è stato rivoluzionato con lo sviluppo
di una nuova famiglia di microscopi a sonda di scansione. Questo microscopio a sonda di
scansione (SPM), di cui ve ne sono diversi tipi, differisce dai microscopi ottici ed elettroni-
ci in quanto per formare l'immagine non viene usata né la luce né gli elettroni. Il microsco-
pio genera una mappa topografica, su scala atomica, che è una rappresentazione degli aspet-
ti e delle caratteristiche della superficie del campione che si sta esaminando. Alcuni degli
aspetti che differenziano il SPM dalle altre tecniche microscopiche sono le seguenti:

• È possibile l'esame su scala nanometrica in quanto si possono ottenere ingrandimenti


superiori a 109 x; le risoluzioni sono di gran lunga migliori di quelle ottenibili con altre tecni-
che microscopiche.
• Vengono generate immagini ingrandite tridimensionali che forniscono informazioni topo-
grafiche sugli aspetti di interesse.
• Alcuni SPM possono operare in vari ambienti (p. es. nel vuoto, in aria, in un liquido); in
tal modo un particolare campione può venire esaminato nel suo ambiente più adatto.

Il microscopio a sonda di scansione impiega una piccola sonda con un punta molto fine che
è portata vicinissima (circa un naometro) alla superficie del campione. La sonda è quindi fotta
scansionare attraverso il piano della superficie. Durante la scansione, la sonda subisce defles-
sioni perpendicolari a questo piano, in risposta a interazioni elettroniche o ad altre tra la sonda
e la superficie del campione. I movimenti nel piano e fuori dal piano della sonda sono control-
lati da componenti ceramici piezoelettrici (Sezione 19.24) che hanno risoluzione nanometrica.
Inoltre, tali movimenti della sonda sono monitorati elettronicamente ed inviati alla memoria di
un computer, che genera quindi l'immagine tridimensionale della superficie.
Le tecniche microscopiche a sonda di scansione differiscono dalle altre riguardo al tipo di
alterazione che viene monitorata. Nella pagina 9 e nelle fotografie a colori I e J sono rappre-
sentate micrografie di forza atomica in cui si possono osservare le strutture molecolari ed ato-
miche.
Questi nuovi SPM, che consentono l'esame della superficie dei materiali a livello mole-
colare ed atomico, hanno fornito importanti informazioni su una moltitudine di materiali, dai
chip dei circuiti integrati alle molecole biologìche. Infine, l'avvento del SPM ha aiutato ad
entrare nell'era dei nanomateriali - materiali le cui proprietà sono progettate dall'ingegneria
delle strutture molecolari ed atomiche.

4.10 DETERllINAZIONE DELLA DIMENSIONE DEL GRANO

Quando si esaminano le proprietà di un materiale policristallino viene spesso misurata la


dimensione del grano. A questo riguardo esistono numerose tecniche in cui la dimensione
viene espressa come volume, diametro o area del grano medio. La dimensione del grano può
venire stimata usando il metodo della intercetta, descritto nel modo seguente. Su di una
micrografia che riporta la microstruttura a grani, vengono tracciate un certo numero di linee
rette della stessa lunghezza. I grani intersecati da ciascun segmento vengono contati; la lun-
ghezza della linea è quindi divisa con il numero medio dei grani intersecati, considerati su
88 • Capitolo 4 / Imperfezione nei solidi

tutti i segmenti. Il diametro medio del grano si trova dividendo questo risultato con il valore
dell'ingrandimento lineare delle micrografie.
Probabilmente il metodo più comune utilizzato è tuttavia quello ideato dalla ASTM
(Ametican Society for Testing and Matcrials). 6 La ASTM ha preparato diverse schede stan-
dard di riferimento, tutte con differente dimensione del grano medio. Ad ognuno è assegnato
un numero, variabile da I a I O, che viene definito il numero di dimensione delirano; più è
grande questo numero, più piccolo è il grano. Il campione deve essere preparato in modo tale
da far apparire la microstruttura a grani, che viene fotografata ad un ingrandimento di I OOx.
La dimensione del grano viene espressa come il numero di dimensione del grano della sche-
da che più si avvicina al grano della micrografia. In tal modo è possibile una determinazione
visiva del numero di dimensione del grano relativarrn::ntesemplice e conveniente. Il numero
della dimensione del grano viene usato ampiamente nella specificazione degli acciai.
La spiegazione razionale che sta alla base dell'assegnazione del numero della dimensio-
ne del grano alle varie schede è la seguente. Sian il numero della dimensione del grano ed N
il numero medio dei grani presenti in un pollice quadrato ad un ingrandimento di 1OOx.
Questi due parametri sono fra loro in relazione mediante l'espressione:

(4. I 6)

SOMMARIO
Tutti i materiali solidi contengono un gran numero di imperfezioni o deviazioni dalla forma
cristallina perfetta. I diversi tipi di imperfezioni wno classificati in base alla loro geometria
e dimensione. I difetti puntuali sono quelli associati ad una o due posizioni atomiche, inclu-
dendo vacanze (o posizioni vacanti del reticolo), autointerstiziali (atomi ospitati nelle posi-
zioni interstiziali) ed atomi di impurezza.
Quando ad un solido vengono aggiunti atomi di impurezza si può formare una soluzione
solida, in tal caso viene mantenuta la struttura cristallina originaria e non si formano nuove
fasi. Nelle soluzioni solide di sostituzione gli atomi di impurezza sostituiscono gli atomi
ospitanti e la solubilità è apprezzabile quando i diametri atomici e l'elettronegatività di
entrambi i tipi di atomi sono simili, quando entrambi gli elementi hanno la stessa struttura
cristallina e quando gli atomi di impurezza hanno una valenza che è la stessa o inferiore a
quella del materiale ospitante. Si formano soluzioni solide interstiziali quando atomi dì impu-
rezza relativamente piccoli occupano posizioni interstiziali tra gli atomi ospitanti.
La composizione di una lega può essere espressa in percento in peso o percento atomico.
Alla base del calcolo del percento in peso è il peso (o massa) di ciascun costituente della lega
in relazione al peso totale della lega. Il percento atomico viene calcolato in termini del nume-
ro di moli di ciascun costituente in relazione al numero totali di moli dì tutti gli elementi pre-
senti nella lega.
Le dislocazioni sono difetti cristallini monodimensionali presenti in due tipi fondamenta-
li: a spigolo ed a vite. Una dislocazione a spigolo può essere definita come una distorsione
del reticolo lungo l'estremità di un semipiano aggiuntivo di atomi; una dislocazione a vite
come una rampa elicoidale planare. Nelle dislocazioni miste si trovano i componenti di
entrambe le dislocazioni elementari a spigolo ed a vite. L'ampiezza e la direzione delle
distorsioni del reticolo associate con una dislocazione viene specificata dal suo vettore di
Burgers. L'orientazione relativa del vettore di Burgers e dell'asse della dislocazione sono ( 1)

6 ASTM StandardE 112,"StandardMethodsfor Estimatingthe AverageGrain Size far Metal,..,


Domande e problemi • 89

perpendicolari per le dislocazioni a spigolo e (2) parallele per le dislocazioni a vite e (3) né
perpendicolari né parallele per le miste.
Altre imperfezioni comprendono difetti interfacciali [superfici esterne, bordi del grano
(sia a basso che ad alto angolo) bordi geminati], difetti di volume (cricche, pori, ecc.) e vibra-
zioni atomiche. Ciascun tipo di imperfezioni influenza le proprietà di un materiale.
Alcuni imponami difetti ed elementi strutturali dei materiali sono di dimensioni micro-
scopiche ed è possibile osservarli solo con l'ausilio di un microscopio. Vengono impiegati sia
microscopi ottici che elettronici, in genere fomiti di dispositivi per la ripresa fotografica. Per
ogni tipo di microscopio è possibile operare sia in trasmissione che in riflessione; la prefe-
renza viene dettata sia dalla natura del campione, sia dagli elementi della struttura e dai difet-
ti che si devono esaminare.
Più recentemente sono state sviluppate tecniche microscopiche a sonda di scansione con
cui si producono mappe topografiche rappresentanti gli aspetti e le caratteristiche superficia-
li del campione. Con queste tecniche sono possibili esami su scala atomica e molecolare.
La dimensione del grano dei materiali policristallini viene frequentemente determinata
mediante tecniche micrografiche. Si impiegano comunemente due metodi: delle intercette e
delle carte standard di confronto.

TERMINI E COl\CETTI IMPORTANTI

Asse della dislocazione Lega Percentuale atomica


Autointerstiziale Micrografia Soluto
Composizione Microscopia Soluzione solida
Costante di Boltzmann Microscopio u sonda di scansione Soluzione solida di sostituzione
Difetti puntuali Microscopio elettronico a scansione Soluzione solida interstiziale
Dimensione del grano (SEM) Solvente
Dislocazione a spigolo Microscopio elettronico a trasmissione Vacanza
Dislocazione a vite (TEM) Vettore di Burgers
Dislocazione mista Microstruttura Vibrazione atomica
Imperfezioni Percento in peso

BIBLIOGRAFIA

ASM Handbook, Voi. 9, Metallography and 1971..


Microstructures, ASM International, Materials Van Bueren, H.G., lmpe1fections in Crystals, North-
Park, OH, 1985. Holland Publishing Co., Amsterdam (Wiley-
Moffall, W.G., G.W. Pt:arsall, a11dJ.Wulff, The S1ruc1ure Interscience, New York), 1960.
and Properties of Materia/s, Voi. 1, Structure, fohn Vander Voort, G.F., Metallography, Principles and
Wiley & Sons, New York, 1964. Practice, McGraw-Hill Book Co., New York,
Phillips, V.A., Modern Metallographic Techniques and 1984.
Their Applications, Wiley-Interscience, New York,

DOMANDE E PROBLEMI

4.1 Calcolare la frazione di siti atomici vacanti per il vacanza è 1.08 e V/atomo. Inoltre il peso specifico
piombo alla sua temperatura di fusione di 327°C. ed il peso atomico per il Fe è rispettivamente 7.65
Assumere una energia di formazione di vacanze Mg/m 3 e 55.85 g/mol.
pari a 0.55 eV/atomo. 4.3 Calcolare l'energia per la formazione di vacanze
4.2 Calcolare il numero di vacanze per metro cubo nel per l'argento, posto che il numero di vacanze all'e-
ferro a 850°C. L'energia per la formazione di una quilibrio a 800°C (1073 K) è 3.6 x 1023 m- 3• Il peso
90 • Capitolo 4 / Imperfezione nei solidi

atomico e la densità (a 800°C) sono rispettivamen- 4.6 Derivare le seguenti equazioni:


te 107 .9 g/m e 9.5 Mg/m'. (a) Equazione 4.7a.
4.4 Vengono di seguito tabulati raggio atomico, struttu- (b) Equazione 4.9a.
ra cristallina, elettronegatività e valenze più comu- (e) Equazione 4.10a.
ni per diversi elementi; per i non metalli viene (d) Equazione 4.1 lh.
riportato solo il raggio atomico.
4.7 Qual è la composizione in percento atomico di una
lega formata da 30% in peso di Zn e 70% in peso di
Raggio Elettro-
Cu?
atomicfJ Struttura negati-
4.8 Qual è la composizione in percento in peso di una
Elemento (mm) cristallina vi1à Valenza
lega formata da 6% atomico di Pb e 94% atomico di
Cu 0.1278 cfc 1.9 +2 Sn?
e 0.071 4.9 Calcolare la composizione. in percento in peso, di
H 0.046 una lega contenente 218.0 kg di titanio, 14.6 kg di
o 0.060 alluminio e 9.7 kg di vanadio.
Ag 0.1445 cfc 1.9 +l 4.10 Qual è la composizione in percento atomico di una
Al 0.1431 cfc 1.5 +3 lega contenente 98 g di stagno e 65 g di piombo?
Co 0.1253 es.e 1.8 +2 4.11 Qual è la composizione in percento atomico di una
Cr 0.1249 ccc 1.6 +3 lega contenente 99.7 lbmdi rame, 102 lbmdi zinco e
Fe 0.1241 ccc 1.8 +2 2.1 lbmdi piombo?
Ni 0.1246 cfc 1.8 +2 4.12 Qual è la composizione in percento atomico di una
Pd 0.1376 cfc 2.2 +2 lega contenente 97% in peso di Fe e 3% in peso di
Pt 0.1387 cfc 2.2 +2 Si?
Zn 0.1332 es.e 1.6 +2 4.13 Convertire la composizione in percento atomico
del problema 4.1 I in percento in peso.
4.14 Calcolare il numero di atomi per metro cubo nel-
Quali di questi elementi ti aspetti che formino con 1'alluminio.
il rame: 4.15 La concentrazione di C in una lega ferro-carbonio è
(a) Una soluzione solida di sostituzione a comple- 0.15 % in peso. Qual è la concentrazione in chilo-
ta solubilità? grammi di carbonio per metro cubo di lega?
(b) Una soluzione solida di sostituzione a solubi- 4.16 Determinare la densità approssimata di un ottone
lità parziale? altolegato che ha composizione di 64.5% in peso di
(e) Una soluzione solida interstiziale'? Cu, 33.5% in peso di Zn e 2% in peso di Pb.
4.5 Sia per le strutture cristalline cfc che ccc, vi sono 4.17 Per una soluzione solida formata da due elementi
due differenti tipi di posizioni interstiziali. In ogni (designati 1 e 2), è talvolta desiderabile detennina-
caso una posizione è più grande dell'altra, posizio- re il numero di atomi per centimetro cubico di un
ne che è normalmente occupata da atomi di impu- elemento in una soluzione solida. N 1, data la con-
rezza. Per i cfc questa posizione più grande è situa- centrazione in percento in peso C 1 dì quell'elemen-
ta al centro di ogni spigolo della cella unitaria; que- to specificato. Questo calcolo è possibile usando la
sta viene definita una posizione interstiziale ottae- seguente espressione:
drica. D'altra parte, con i ccc il tipo di sito più gran-
de viene stabilito nelle posizioni O, 1, i - cioè, sulle
(4.17)
facce j 100 }, e situato nel mezzo tra due spigoli
della cella unitaria su questa faccia e un quarto
della distanza fra gli altri due spigoli della cella uni-
taria; questa è chiamata posizione interstiziale
tetraedrica. Calcolare per entrambe le strutture cri- dove
stalline cfc e ccc, il raggio r di un atomo di impu- NA = numero di Avogadro
rezza che si possa inserire in uno di queste posizio- Pi e p2 = densità dei due elementi
ni in funzione del raggio atomico R dell'atomo
Ai== peso atomico dell'elemento I
ospitante.
Domande e problemi • 91

Derivare l'Equazione 4.17 usando l'Equazione 4.2 lega con 95% in peso di Pt e 5% in peso di Cu.
e le espressioni viste nella Sezione 4.3. 4.24 Indicare le orientazioni relative vettore di Burgers-
4.18 L'oro forma con l'argento una soluzione solida di asse della dislocazione, per le dislocazioni a spigo-
sostituzione. Calcolare il numero di atomi per cen- lo, a vite e miste.
timetro cubico di oro per una lega argento-oro che 4.25 Per entrambe le strutture cristalline cfc e ccc, il vet-
contiene il I 0% in peso di Au ed il 90% di Ag. Le tore di Burgers b può venire espresso come
densità dell'oro e dell'argento puri sono rispettiva- a
mente 19.32 e 10.49 Mg/m3. b =2 [hkl]
4.19 Il Germanio forma una soluzione solida di sostitu-
dove a è il lato della cella elementare e [hkl] è la
zione con il silicio. Calcolare il numero di atomi
direzione cristallografica che ha la maggiore den-
per centimetro cubico di germanio per una lega ger-
sità atomica lineare.
manio-silicio che contiene il 15% in peso di Ge e
(a) Quali sono le rappresentazioni del vettore di
l '85% di Si. Le densità del germanio puro e del sili-
Burgers per le strutture cristalline cfc, ccc e cubico
cio sono rispettivamente 5.32 e 2.33 Mg/m 3 •
semplice? Vedi Problemi 3.42 e 3.43 alla fine del
4.20 È spesso utile determinare la percentuale in peso di
Capitolo 3.
un elemento, Ci, che produrrà una specifica con-
(b) Se il valore del vettore di Burgers è
centrazione di numero di atomi per centimetro
cubico, N., per una lega composta da due tipi di !hl=.!!___
[hl+ k?-+ /2]1/2
atomi. È possibile effettuare questo calcolo in base 2
alla seguente espressione: determinare il valore di lblper l'alluminio ed il
tungsteno. Se vuoi consulta la Tabella 3.1.
4.26 (a) L'energia superficiale di un singolo cristallo
dipende dall'orientazione cristallografica rispetto
(4.18) alla superficie. Spiegare perché.
(b) Per un cristallo cfc, come l'alluminio, ci si
dove aspetta che l'energia superficiale per un piano
N A = numero di Avogadro (100) sia maggiore o minore rispetto al piano
p 1 e p 2 = densità dei due elementi (ll l)? Perché?
A e A]= pesi atomici dei due elementi
1
4.27 (a) Per un dato materiale ci si aspetta che l'energia
superficiale sia più grande, uguale o minore dell 'e-
nergia del bordo del grano? Perché?
Derivare l'Equazione 4.18 usando l'Equazione 4.2
e le espressioni riportate nella Sezione 4.3. (b) L'energia al bordo del grano di un bordo del
grano a basso angolo è minore che per uno ad alto
4.21 Il molibdeno forma una soluzione solida di sostitu-
angolò. Perché?
zione con il tungsteno. Calcolare la percentuale in
peso del molibdeno che deve essere aggiunta al 4.28 (a) Descrivere brevemente un geminato ed un
tungsteno per ottenere una lega contenente bordo geminato.
I.O x 1022 atomi di Mo per centimetro cubico. Le (b) Descrivere la differenza fra geminazione mec-
densità del Mo e del W puri sono rispettivamente canica e di ricottura.
10.22 e 19.30 Mg/m 3 • 4.29 Per ciascuna delle seguenti sequenze di impilaggio
4.22 Il niobio forma una soluzione solida di sostituzione che si trovano nei metalli cfc, descrivere il tipo di
con il vanadio. Calcolare la percentuale in peso di difetti planari che esistono.
niobio che deve essere aggiunta al vanadio per otte- (a) ... AB e AB e BA e BA ...
nere una lega contenente 1.55 x 1022 atomi di Nb (b) ... AB e AB e B e A R e ...
per centimetro cubico. Le densità del Nb e del V Ora copiare la sequenza di impilaggio ed indicare
puri sono rispettivamente 8.57 e 6.10 Mg/m 3• la o le posizioni del (o dei) difetto (i) planare con
4.23 Il rame ed il platino hanno entrambi struttura cri- una linea verticale tratteggiata.
stallina cfc ed il rame forma una soluzione solida di 4.30 Usando il metodo delle intercette, determinare la
sostituzione fino alla concentrazione di circa il 6% dimensione del grano medio, in millimetri. del
in peso a temperatura ambiente. Calcolare la lun- campione la cui struttura è rappresentata nella
ghezza dello spigolo della cella elementare per una Figura 4.12h; considerare l'ingrandimento 1OOxed
92 Capitolo 1, / Imperfezione nei solidi

utilizzare almeno sette segmenti. Problemi progettuali


4.31 Impiegando la tecnica delle intercette, determinare
la dimensione del grano medio per un campione di 4.D1 Le leghe alluminio-litio sono state sviluppate dal-
acciaio la cui microstruttura è rappresentata nella l'industria aeronautica per ridurre il peso e miglio-
Figura 9.23a; usare almeno selle segmenti. rare le prestazioni ùei suoi aerei. Per il materiale di
4.32 (a) Per una dimensione del grano ASTM pari a 4. rivestimento di un aereo commerciale si vuole una
quanti grani potrebbero esserci approssimativa- densità di 2.55 Mg/m 3 • Calcolare la concentrazione
mente in un pollice quadrato in una micrografia con di litio richiesta.
ingrandimento lOOx? 4.D2 Sia il ferro che il vanadio hanno struttura cristallina
(b) Stimare il numero della dimensione del grano ccc ed il V forma soluzioni solide di sostituzione
per la micrografia della Figura 4.12b, assumendo nel Fe fino a concentrazioni di circa il 20% in peso
un ingrandimento di lOOx. di V a temperatura ambiente. Determinare la con-
4.33 In una micrografia ad ingrandimento di lOOx, è centrazione in percento in peso di V che deve esse-
stato determinato che il numero medio dei grani per re aggiunta al Fe per ottenere una cella elementare
pollice quadrato è pari a 10. Calcolare il numero di di lato pari a 0.289 nm.
dimensione del grano ASTM per questa lega.
diare la Diffusione?

ttati termka- tiche ed appropriate costanti di diffusione.


. I fenomeni L'ingranaggio in acciaio rappresentato in questa pagi-
!nto termico na è stato cementato (Sezione 8.11); è stata, cioè,
,nù. Spesso si aumentata la ~ua durezza e la resistenza a rottu1·a per
diffusione; o fatica facendo diffondere nello strato superficiale
ire e tempi di c~tcrno carbonio o azoto in ececcsso.
ffreddamento
ioni materna-

93
Obiettivi di apprendimento

Dopo aver studiato questo capitolo, dovresti essere in grado di fare le >1eguenti cose:

I. Nominare e des1~rivere i due meccanismi di diffu- 4. Scrivere la soluzione della seconda legge di Fick
sione degli atomi. per la diffusione entro un solido semi-infinito
2. Distinguere fra stato stazionario e non stazionario quando "iene mantenuta costante sulla superficie
della diffusione. la concentrazione delle specie che diffondono.
3. (a) Scrivere le equazioni della prima e della Definire tutti i parametri di 11uesta equazione.
seconda legge di Fick e definire tutti i para- 5. Calcolare il coefficiente di diffusione per detenni-
metri. nati materiali ad una data temperatura, note le
(b) Osservare i ti1,i di diffusione per cui vengono costanti di diffusione.
applicate normalmente queste leggi.

5.1 INTRODUZIONE

Diverse reazioni e processi importanti nel trattamento dei materiali si basano sul trasferi-
mento di massa sia all'interno di un determinato solido (in genere a livello microscopico) sia
da un liquido, da un gas o da un'altra fase solida. Questo è necessariamente accompagnato
dalla diffusione, il fenomeno di trasporto di materiale per movimento di atomi. Questo capi-
tolo illustra i meccanismi atomici attraverso cui si manifesta la diffusione, le espressioni ana-
litiche della diffusione e l'influenza sulla velocità di diffusione della temperatura e delle spe-
cie atomiche che diffondono.
Il fenomeno della diffusione può essere dimostrato considerando una coppia di difjì,sio-
ne, formata unendo insieme due barrette di metalli differenti in modo tale che vi sia intimo
contatto tra le due facce; nella Figura 5.1 viene illustrato il caso della coppia rame-nichel con
la rappresentazione in modo schematico della posizione degli atomi e della composizione ai
due lati delrinterfaccia. Questa coppia viene scaldata ad ekvata temperatura (ma al di sotto
della temperatura di fusione di entrambi i metalli) per un lungo tempo e raffreddata poi a tem-

FIGl'RA 5.1 (a) Coppia di diffusione rame-nichel prima di


un trattamento termico ad alta temperatura. (h)
Rappresentazione schematica della disposizione degli
atomi di Cu (cerchi colorati) e Ni (cerchi grigi) all'interno
della coppia di diffusione. (e) Concentrazione di rame e di
:a) nichel in funzione della posizione all'interno della coppia.

o o o o o o o e o o e a
o o o o o o o e e • o •
O O O O~) O G G 9 O GO
o o o o o o o o o o.o.
o o o o o e • e o o o o

(h}

~ 100....-------,·--------
z Cu Nì

o-~-~-~------' Posizione
/e)

94
5.2 Meccanismi di diffusione • 95

.Cu
-
Diff. degli <)IOm1

I L'gd Cu-.'Ji
di Cu
FlGl tu 5.2 (a) Coppia di diffusione rame-nichel
dopo un trattamento termico ad alta temperatura:
zona alligata per diffusione. (b) Rappresentazione
schematica della localizzazione degli atomi di Cu

-
Dift degli atomi d1 Ni

{a)
(cerchi colorati) e Ni (cerchi grigi) all'interno della
coppia di diffusione. (e) Concentrazione di rame e
di nichel in funzione della posizione alt' interno
della coppia.

00000•0•••••
ooo•oo•o••••
00000•0•0•••
0000•0•0••••
000000••••••

(b)

(e)

peratura ambiente. L'analisi chimica rivela una condizione simile a quella rappresentata in
Figura 5.2, e precisamente, rame e nichel puri alle due estremità della coppia, separate da una
regione di alligazione. La concentrazione di entrambi i metalli varia con la posizione come
rappresentato nella Figura 5.2c. Questo risultato indica che gli atomi di rame sono migrati o
diffusi nel nichel e che il nichel è diffuso nel rame. Questo processo, per cui gli atomi di un
metallo diffondono nell'altro, è chiamato interdiffusione o diffusione di impurezze.
È possibile mettere in evidenza, su scala macroscopica, l'interdiffusione, in base alle
variazioni di concentrazione che si verificano nel tempo, come ncll 'esempio riportato per la
coppia di diffusione Cu-Ni. Vi è una netta direzionalità, o trasporto, di atomi dalle regioni ad
alta concentrazione a quelle a bassa concentrazione. La diffusione si verifica anche per i
metalli puri, ma in tal caso tutti gli atomi che cambiano posizione sono dello stesso tipo; que-
sto viene definito autodiffusione. Naturalmente, l'autodiffusione non comporta, di norma,
alcuna variazione di composizione.

5.2 MECCANISlll DI DIFFUSIONE

Su scala atomica, la diffusione è semplicemente la graduale migrazione di atomi da una posi-


zione reticolare ad un'altra. Infatti, gli atomi nei materiali solidi sono in costante movimento
e cambiano rapidamente di posizione. Un atomo può compiere tali movimenti solo se si rea-
lizzano due condizioni: (1) vi deve essere una posizione adiacente vuota e (2) gli atomi devo-
no avere sufficiente energia per vincere i legami con gli atomi vicini e quindi provocare
distorsioni reticolari durante lo spostamento. L'energia disponibile in natura è quella vibra-
zionale (Sezione 4.7). Ad una determinata temperatura piccole frazioni di atomi sono in
grado di avere movimenti diffusivi, in virtù dell'ampiezza delle loro energie vibrazionali.
Questa frazione aumenta con l'aumentare della temperatura.
96 • Capitolo 5 f fiifTu~ionr

Per questi movimenti atomici sono stati proposti numerosi modelli differenti; per la dif-
fusione nei metalli ne prevalgono due.

DIFFUSIONE DI VACANZE

Il meccanismo implica l'interscambio di un atomo da una posizione normale del reticolo ad


una posizione vacante adiacente, o vacanza, come rappresentato in modo schematico in
Figura 5.3a. Questo meccanismo viene appunto chiamato diffusione per vacanze.
Naturalmente, questo processo ha bisogno della presenza di vacanze. e l'estensione con cui
si può verificare è funzione del numero di vacanze che sono presenti; si possono trovare con-
centrazioni significative di vacanze nei metalli ad elevate temperature (Sezione 4.2). Dal
momento che gli atomi che diffondono e le vacanze cambiano di posizione, alla diffusione
degli atomi in una direzione corrisponde il movimento di vacanze in direzione opposta. Con
questo meccanismo si può attuare sia l'autodiffusione che l'interdiffusione; per quest'ultimo,
gli atomi di impurezza devono sostituire gli atomi ospitanti.

DIFFVSIO!'\"EINTERSTIZTALE

Il secondo tipo di diffusione implica atomi che migrano da una posizione interstiziale ad
un'altra adiacente vuota. Questo meccanismo lo si trova nel caso di interdiffusione di impu-
rezze come idrogeno, carbonio, azoto e ossigeno, che hanno atomi abbastanza piccoli per
poter entrare nelle posizioni interstiziali. Atomi ospiti o di impurezze di sostituzione forma-
no raramente interstiziali e di norma non diffondono con questo meccanismo. Questo feno-
meno viene chiamato diffusione interstiziale (Figura 5.3h).
Nella maggior parte delle leghe metalliche, la diffusione interstiziale è molto più rapida
della diffusione per vacanze, in quanto gli atomi interstiziali sono più piccoli e quindi più

FJG('R.-\ 5.3 Movimento di un


atomo ospite o di
Rappresentazione sostituzione

••••
schematica di (a)
diffusione per vacanze e
(b) diffusione
interstiziale.
~···
• • •••• • Vacanza •

a•• ··~
• " Vacanza..)

{a)

Posizione di atomi interstiziali Posizione di atomi interstiziali

.c.~
prima de>lladiffusione dopo la diffusione

~; •
ib)
•••
5.3 Diffusione stazionaria • 97

mobili. Inoltre vi sono più posizioni interstiziali vuote che vacanze; quindi la probabilità di
movimenti atomici interstiziali è maggiore che per la diffusione per vacanze.

5.3 DffFl:SIONE STAZIONARIA

La diffusione è un processo che dipende dal tempo - cioè, in senso macroscopico, la quantità
di un elemento che viene trasportato entro un altro è funzione del tempo. Spesso è necessario
conoscere quanto veloce è la diffusione, ovvero la rapidità con cui la massa viene trasferita.
Questa velocità viene frequentemente espressa dal flusso di diffusione (JJ, definito come la
massa (o, in modo equivalente, il numero di atomi) M che diffonde attraverso e in modo per-
pendicolare ad una sezione unitaria di un solido per unità di tempo. In forma analitica, que-
sto può venire rappresentato come
M
.1=-
·. At (5. la)

dove A indica l'area attraverso cui si verifica la diffusione e tè il tempo di diffusione impie-
gato. In forma differenziale, questa espressione diventa

dM
J= A -----;Jt (5.lb)

Le unità di misura di J sono chilogrammi o atomi per metro quadro per secondo (kg/m 2s
oppure atomi/m 2s).
Se il flusso di diffusione non varia nel tempo, si consegue una condizione stazionaria. Un
esempio piuttosto comune di diffusione stazionaria è la diffusione degli atomi di un gas
attraverso una piastra di metallo per cui la concentrazione (o la pressione) delle specie che
diffondono vengono mantenute costanti su entrambe le superfici della piastra. Questo viene
rappresentato schematicamente in Figura 5.4a.
Quando viene diagrammata la concentrazione C in funzione della posizione (o distanza)
x all 'intemo del solido, la curva risultante viene chiamata profilo di concentrazione; la pen-
denza in un particolare punto sulla curva è il gradiente di concentrazione:

dC
gradiente di concentrazione = dx (5.2a)

FtGLK\ a.4
(a) Diffusione stazionaria Piastra sottile di metallo lJ
attraverso una piastra P., > P• e ~
e
sottile. (b) Profilo di costante o
·::;;
:,
concentrazione lineare :,::

--!\
Gas alla ii
per la situazione di e:
diffusione (a). (lJ
·ç CA
(lJ
c.
Gas alla ~
"'
pressione P, Direzione di
.::
-o
a,
diffusione delle e:
o
specie gassose 'N
t"
(lJ
C9 --+-------,
I I
V
e:
I I
e I I
u
Posizione, x

Area, A (b)
(ai
98 • Capitolo .,; / Diffusione

Nella presente trattazione, il profilo di concentrazione viene assunto come lineare, come
riportato in Figura 5.4b, e

!1C
gradiente di concentrazione= 11.x =
(5.2b)

Per problemi di diffusione, è talvolta conveniente esprimere la concentrazione come massa


delle specie che diffondono per unità di volume di solido (kg/m 3 o g/cm 3). 1
L'espressione analitica della diffusione stazionaria lungo un'unica direzione (x) è relati-
vamente semplice, in quanto il flusso è proporzionale al gradiente di concentrazione median-
te l'espressione

(5.3)

La costante di proporzionalità D è chiamata coefficiente di diffusione e viene espressa in


metri quadrati per secondo. li segno negativo in questa espressione indica che la diffusione
va in senso contrario all'aumento del gradiente di concemrazione, cioè dall'alta alla bassa
concentrazione. L'Equazione 5.3 è anche chiamata prima legge di Fick.
Talvolta, per esprimere ciò che costringe al verificarsi di una reazione, viene usato il ter-
mine di forza guida. Per le reazioni di diffusione, le forze possibili sono numerose; ma se la
diffusione segue l'Equazione 5.3, la forza guida è il gradiente di concentrazione.
Un esempio pratico della diffusione stazionaria lo si trova nel caso della purificazione
dell'idrogeno gassoso. Un lato di un foglio sottile di palladio viene esposto ad un gas di idro-
geno impuro, contenente altre specie gassose come azoto, ossigeno e vapor d'acqua.
L'idrogeno diffonde attraverso il foglio, in modo selettivo, verso il lato opposto, che viene
mantenuto ad una pressione di idrogeno più bassa e costante.

ESF.MPIO DI PHOBLEl\1A 5.1

Una piastra di acciaio viene esposta ad una atmosfera carburante (ricca di carbonio) da un lato,
e ad una atmosfera decarburante (carente di carbonio) dall'altro lato, a 700°C. Se si raggiunge
una condizione stazionaria, calcolare il flusso di diffusione del carbonio attraverso la piastra
se la concentrazione di carbonio all'interno della piastra, ad una distanza di 5 e 10 mm (5 x
1O J m e 10-2 m) dalla superficie di carburizzazione è 1.2 e 0.8 kg/m3, rispettivamente.
Considerare un coefficiente di diffusione di 3 x 10 " m2/s a questa cemperalura.

SOU'ZIO:'VE
Per determinare il flusso di diffusione viene utilizzata la prima legge di Fick, Equazione 5.3.
Con i valori dati si ottiene

= 2.4 x 10-9 kg/m 2-s

' Usando l'Equazione 4.9, è possibile effettuare la conversione della concentrazione da percento in
peso a massa per unità di volume (in kg/m-').
5.4 Diffusione non stazionaria • 99

FIGURA 5.5 Profili di concentrazione per


diffusione non stazionaria presi a tre
tempi differenti, ti' t 2 e t 3•

5 .4 DIFFUSIONE NON STAZIONARL\

La diffusione nella maggior parte dei casi non è stazionaria. Questo vuol dire che, in un deter-
minato punto posto all'interno di un solido, il flusso di diffusione ed il gradiente di concen-
trazione variano nel tempo, portando ad un accumulo o ad un impoverimento delle specie che
diffondono. Questo viene illustrato nella Figura 5.5, in cui si riportano i profili di concentra-
zione per tre tempi di diffusione differenti. In queste condizioni di stato non stazionario, l'uso
dell'Equazione 5.3 non è più conveniente; viene invece impiegata l'equazione differenziale
parziale
~~_i__(D
ac)
at ax ax (5.4a)

conosciuta come seconda legge di Fick. Se il coefficiente di diffusione è indipendente dalla


composizione (che si dovrebbe verificare per ogni situazione di diffusione) l'Equazione 5.4a
si riduce a

(5.4b)

Le soluzioni di questa espressione (concentrazione in funzione sia della posizione che del
tempo) sono possibili solo quando vengono specificate le condizioni al contorno più signifi-
cative da un punto di vista fisico. Un'ampia raccolta di questi dati sono fomiti da Crank,
Carslaw e Jaeger (vedi bibliografia).
Una soluzione importante da un punto di vista pratico la si ottiene per un solido semi-infi-
nito~ in cui la concentrazione alla superlicie viene mantenuta costante. Frequentemente le
specie che diffondono hanno origine da una fase gassosa, la cui pressione parziale viene man-
tenuta ad un valore costante. Vengono inoltre fatte le seguenti assunzioni:
1. Prima della diffusione, gli atomi di soluto, che diffonderanno nel solido, sono unifor-
memente distribuiti ed hanno concentrazione pari a C0 •
2. Il valore dix alla superficie è zero e cresce con la distanza verso l 'intemo del solido.
3. Il tempo viene considerato zero un istante prima che abbia inizio il processo di diffu-
sione.

2 Una barra di un solido è considerata essere semi-infinita se nessuno degli atomi in diffusione rag-
giunge l'estremità della barra entro il tempo in cui si verifica la diffusione. Una barra di lunghezza/
viene considerata semi-infinita quando/ >10 ,c"Dt.
100 • Capitolo 5 I Diffusione

Tabella 5.1 Tabulazione dei valori della funzione di errore

z erf(z) z erf(z) z erf(z)

o o 0.55 0.5633 1.3 0.9340


0.025 0.0282 0.60 0.6039 1.4 0.9523
0.05 0.0564 0.65 0.6420 1.5 0.9661
O.IO 0.1125 0.70 0.6778 l.6 0.9763
0.15 0.1680 0.75 0.7112 l.7 0.9838
0.20 0.2227 0.80 0.7421 1.8 0.9891
0.25 0.2763 0.85 0.7707 1.9 0.9928
0.30 0.3286 0.90 0.7970 2.0 0.9953
0.35 0.3794 0.95 0.8209 2.2 0.9981
0.40 0.4284 I.O 0.8427 2.4 0.9993
0.45 0.4755 I.I 0.8802 2.6 0.9998
0.50 0.5205 1.2 0.9103 2.8 0.9999

Pertanto le condizioni al contorno vengono così stabilite


Per f = o,C = Co a O S X S 00
Per t > O, C = e, (la concentrazione superficiale costante) per x = O
e = Co per X = 00
L'applicazione di tali condizioni all'Equazione 5.4b porta a

(5.5)

dove C" rappresenta la concentrazione alla profondità x dopo il tempo t. L'espressione


erf(x/2\'Dt) è la funzione di errore Gaussiana3, i cui valori vengono dati in tabelle per vari
valori di x/2,/Dt; nella Tabella 5.1 ne viene riportato un elenco parziale. I parametri di con-
centrazione che compaiono nell'Equazione 5.5 vengono illustrati nella Figura 5.6, in cui si
riporta un profilo di concentrazione dopo un determinato tempo. Pertanto l'Equazione 5.5
mostra la relazione fra concentrazione, posizione e tempo, cioè che si può determinare Cx,

5.6 Profilo di concentrazione


--------------------1-
FIGl RA
1

per diffusione non stazionaria; i parame-


\.)c. tri di concentrazione sono dati
:ii' dall'Equazione 5.5.
e:
o
] ~-~
E
~ Cx --T--
8 Cr - Co
Co ___ i _____________
~-~---~
Distanza dall'interfaccia, x

' Questa funzione di errore gaussiana viene definita da

erf(z) 2 f' e·Y2 dy


=---:=-
\' :rr, e
dove x/2 Fi>t
è stata sostituita dalla variabile z.
5.4 Diffm;ione non stazionaria • 101

ssendo una funzione del parametro adimensionale xf ..;Dt, per ogni tempo e posizione una
olta noti i parametri C0 ,C, e D.
Supponiamo che si desideri ottenere in una lega una determinata concentrazione di solu-
), C 1; la parte sinistra dell'Equazione 5.5 diventa ora

C 1 -C 0 = costante
Cs- Co

1 tal caso anche la parte destra della stessa espressione è costante e di conseguenza
X
= costante (5.6a)
2 -..;Dt
?
ppure X-
= costante (5.6b)
Dt

Sulla base di queste relazioni vengono facilitati i calcoli inerenti la diffusione, come
imostrato nell'esempio di Problema 5.3.

~SE:\IPIO DI PUOBLE\I\ .'i.2

Per talune applicazioni, è necessario indurire la superficie di un acciaio (o di una lega


ferro-carbonio) a valori superiori a quelli presenti al suo interno. Un modo per realizzarlo è
quello di aumentare la concentrazione di carbonio in superficie mediante un processo chiama-
to <licarburizzazione; il pezzo di acciaio viene esposto, ad elevata temperatura, ad una atmo-
sfera ricca in gas di idrocarburi, come il metano (CH 4).
Si consideri una tale lega, che ali 'inizio abbia una concentrazione uniforme di carbonio
pari allo 0.25% in peso e deve essere trattata a 950°C. Se la concentrazione del carbonio alla
superficie è rapidamente portata e mantenuta a 1.20 % in peso, quanto ci vorrà per acquisire
un contenuto di carbonio di 0.80 % in peso ad una posizione di 0.5 mm al di sotto della super-
ficie? Il coefficiente di diffusione per il carbonio nel ferro a questa temperatura è 1.6 x 10-11
m 2/s; assumere che il pezzo di acciaio sia semi-infinito .

.'ÌOU'UOSlì
Essendo questo un problema di diffusione in stato non stazionario, in cui la composizione
viene mantenuta costante, si può usare l'Equazione 5.5. I valori per tutti i parametri in questa
espressione, eccetto il tempo t, sono specificati nel problema come segue:

C0 = 0.25 % in peso di C
e,= 1.20 % in peso di C
e,= 0.80 % in peso di e
x= 0.50 mm= 5 x 10--4m
D = 1.6 x 10- 11 m2/s
Pertanto.

C- C0 = 0.80 - 0.25 = l _ erf [ (5 X 10- 4 m) ]


C. - C0 1.20 - 0.25 2V(l.6 x 10- 11 m2 /s)(t)

0.4210 = erf ( 62 ~
112
)
5.5 Fattori che influenzano la diffusione • 103

Tahella ,; . 2 Alcuni dati di diffusione

Energia di attivazione Qd Valori Calcolati


Specie Metallo
che diffonde ospite D 0 (m'I.~) kJ/mole eV/atomo T(°C) D (m2/s)

Fe Fe-a 2.8 X 10- 4 251 2.60 500 3.0 X 10- 21


ccc 900 1.8 X 10- 15
Fe Fe-y 5.0 X 10-s 284 2.94 900 1.1 X 1Q- 17
cfc 1100 7.8 X 10- 16
e Fe-a 6.2 X 10- 7 80 0.83 500 2.4 X 10- 12
900 1.7 X 10- 10
e Fe-y 2.3 X 10 5 148 1.53 900 5.9 X 10- 12
1100 5.3 X 10- 11
Cu Cu 7.8 X 10- 5 211 2.19 500 4.2 X 10- 19
Zn Cu 2.4 X 10- 5 189 1.96 500 4.0 X 10- 18
Al Al 2.3 X 10- 4 144 1.49 500 4.2 X 10- 14
Cu Al 6.5 X 10-, 136 1.41 500 4.1 X 10- 14
Mg Al 1.2 X 10- 4 131 l.35 500 1.9 X 10- 13
Cu Ni 2.7 X 10-, 256 2.65 500 1.3 X 10- 22

Fonte: E.A. Brandcs e G.B. Brook (Editori), Smithel/.1·Metals Reference Book, 7th edition, Butterworth-Heinemann, Oxford, 1992.

diffusione, per diversi sistemi metalhci. Il coefficiente di diffusione dipende sia dalle specie
che diffondono, sia dal materiale che le ospita. Per esempio, a 500°C, vi è significativa diffe-
renza tra l'autodiffusione e l'interdiffusione del carbonio nel ferro a, in cui il valore di D è
più grande per l'interdiffusione del carbonio (3.0 x 10-21 rispetto a 2.4 x 10-12 m 2/s). Questo
confronto mette anche in evidenza la differenza fra i modi di diffusione per vacanze ed inter-
stiziale. L'autodiffusione si verifica con meccanismo per vacanze, mentre la diffusione del
carbonio nel ferro è interstiziale.

TEMPERATURA

La temperatura ha profonda influenza sulla velocità e sul coefficiente di diffusione. Per


esempio, per l'autodiffusione del Fe nel Fe-a, il coefficiente di diffusione aumenta all'incir-
ca di sei ordini di grandezza (da 3.0 x 10-21 a 1.8 x 10-15 m 2/s) nel passare dalla temperatura
di 500°C a 900°C (Tabella 5.2). La dipendenza dalla temperatura del coefficiente di diffusio-
ne viene espressa dalla relazione

(5.8)

dove

D 0 = grandezza indipendente dalla temperatura (m2/s)


Qd = energia di attivazione della diffusione (]/mole, cal/mole o e V/atomo)
R = costante dei gas, 8.31 J/mole K, 1.987 cal/mole K o 8.62 x 10-seV/atomo
T= temperatura assoluta (K)

L'energia di attivazione può essere definita come l'energia richiesta per produrre il movi-
mento di diffusione di una mole di atomi. Ad una grande energia di attivazione corrisponde
104 • Capitolo 5 / Diffusione

Ft<;nu .'i. 7 Variazione Temperatura (°C)


del coefficiente di
1500 1200 1000 800 600 500 400 300
diffusione in funzione del 10-B
reciproco della
temperatura assoluta per
alcuni metalli. 10-10
[Da E.A. Brandes e G.B.
Brook (Editori).
Smithells Metals
?-
s

:::l\
Reference Book. 7th (I)
e
o
edition, Butterworth- ·;;;
:::,
~;,e,
Heinemann, Oxford, ·~
1992.] "
"'~e
"'
·u
e=
ci 10-16r
o '\ "\. Cu in Cu
u

10-18

10-20~ _______ .....__


_______ ...________ ~

0.5 1.0 1.5 2.0


Reciproco della Temperatura (1000/K)

un coefficiente di diffusione relativamente piccolo. La Tabella 5.2 riporta alcuni valori di D 0


e di Qd per diversi sistemi di diffusione.
Trasformando in logaritmi naturali l'Equazione 5.8, si ottiene

In D = In D 0 _ ;/ ( ~ ) (5.9a)

O, in logaritmi in base 10

log D = log D O -
Qd
2.3R
(_!._)
T (5.9b)

Poiché D 0 , Q" ed R sono costanti, l'Equazione 5.9b prende la fom1a dell'equazione di una
retta:
y=b+mx

= dove y ex sono rispettivamente analoghi alle variabili log D e 1/T. Pertanto, se si riporta in
diagramma il Log D in funzione del reciproco della temperatura assoluta, si devono ottenere
delle rette di coefficiente angolare pari a-Q/2.3R e che intersecano l'asse y al valore log D0 •
Con questo procedimento vengono determinati sperimentalmente i valori di Q" e D0 . Nella
Figura 5. 7 vengono riportati gli andamenti per alcuni sistemi di leghe; si può osservare che
per tutti i casi rappresentati la relazione è lineare.

ESEMPIO U1 PKOBLEMA 5.4

Con i dati della Tabella 5.2, calcolare il coefficiente di diffusione del magnesio nell'alluminio
a550°C.
5.5 Fattori che influenzano la diffusione • 105

SOU!ZIONE
Con l'Equazione 5.8 si può determinare il coefficiente di diffusione; i valori di D 0 e di QJ,in
base alla Tabella 5.2, sono rispettivamente 1.2 x 10--4m2/s e I 31 kJ/mole. Pertanto,

D = (1. 2 x 10--4m2/s) exp [- (131000 J/mole) ]


(8.31 J/mole-K) (550 + 273 K)
= 5.8 x 10-13 m2/s

~L\11'101.)1 PROBLE:MA 5.5

Nella Figura 5.8 è rappresentato l'andamento del logaritmo (in base 10) del coefficiente di dif-
fusione in funzione del reciproco della temperatura assoluta, per la diffusione del rame nell'o-
ro. Determinare i valori dell'energia di attivazione e di D 0 •

Sou:z10tvE
In base all'Equazione 5.9b, la pendenza della retta nella Figura 5.8 è data da --Qj2.3R e l'in-
tersezione con l'asse y per 1/T = O ci dà il valore di Iog Do-Pertanto, l'energia di attivazione
può venire determinata come

dove D 1 e D2 sono i valori dei coefficienti di diffusione a l/T 1 e l/T 2 rispettivamente. Poniamo,
in modo arbitrario, 1/T 1 = 0.8 x 10-3 (Kt 1 e 1/T 2 = 1.1 x 10-3 (Kf 1. Possiamo ora leggere i cor-
rispondenti valori di log D 1 e log D 2 sulla relativa retta nella Figura 5.8.
[Prima di far questo, è bene tener presenti alcune considerazioni. L'asse verticale della
Figura 5.8 è suddivisa su scala logaritmica (in base 10); su questo asse, tuttavia, vengono rile-

FIGURA 5.8 Andamento del


10-12 logaritmo del coefficiente di
diffusione in funzione del
?. I
reciproco della temperatura
sC)
10-13 I
I assoluta per la diffusione del
e I
o
·:;:; I rame nell'oro.
:, I
:t:: 10-14 I
'6 I
"O I
I
~<lJ 10-15 I
I
·w
ii:
"'
o
----:-----------------
1
u 10-16 I
I
I

10-17
0.7 0.8 0.9 1.0 1.1 1.2
Reciproco della Temperatura (1000/K)
106 • Capitolo 5 / Diffuiiione

vati i valori dei coefficienti di diffusione come tali. Per esempio, per D ==10-14 m 2/s, il logarit-
mo di D è -14 e non I o-14 • Inoltre, questa suddivisione su scala logaritmica influenza le lettu-
re tra le decadi dei valori; per esempio, per la posizione a metà fra 10-14 e 10-15 , il valore non
è 5 x 10-15 , ma 10-1•- 5 ==3.2 x 10-15 ].
Pertanto, dalla Figura 5.8, per l/T 1 = 0.8 x 10-3 (Kf 1 , log D, ==-12.40, mentre per 1/T2 ==
1.1 x 10-3 (Kt' , log D~ = -15.45 e la pendenza della retta nella Figura 5.8 è

-12.40 - ( -15.45) ]
= -2.3 (8.31 J/ mole -K) [ 0.S X 10_3 (K)-t _ 1.1 X rn-3 (Kt1

= 194000 J/mole = 194kJ/mole

Ora, piuttosto che provare a fare una estrapolazione grafica per detenninare D0 , si può ottene-
re un valore più accurato per via analitica, usando l'Equazione 5.9b, ed un valore specifico di
D (o logD) ed il corrispondente T (o 1/Ddalla Figura 5.8. Dal momento che sappiamo che
logD = -IS.45 per 1/T = 1.1 x 10 3 (K)"', allora

logD 0 = logD + /i~(t)


= _ 15 45 + (194000 J/ mole )(1.1 X 10- 3 [KJ-1)
· (2.3)(8.31 J/mole-K)
= -4.28
Pertanto, D 0 = 10-4-28 m 2 /s = 5.2 X 10-5 m 2 /s.

ESEMPIO DI PROGETI'O 5.1

Si deve migliorare la resistenza all'usura di un ingranaggio di acciaio per indurimento super-


ficiale. Ciò si può realizzare aumentando il contenuto di carbonio in uno strato superficiale
mediante diffusione del carbonio nell'acciaio; il carbonio deve venire fornito dall'esterno da
una atmosfera gassosa ricca in carbonio ad una temperatura t:lt:vata e costante. Il contenuto
di carbonio iniziale presente nell'acciaio è 0.20 % in peso, mentre la concentrazione in super-
ficie viene mantenuta all' I% in peso. Perché questo trattamento sia efficace, è necessario
avere in una posizione all'interno, ad una distanza di 0.75 mm dalla superficie, un contenuto
di carbonio di 0.60% in peso. Specificare il trattamento termico in termini di temperatura e
tempi, alle temperature comprese fra 900°C e 1050°C. Utilizzare i dati della Tabella 5.2 per
la diffusione del carbonio nel ferro y.

So1.11z10rH,
Essendo questa una situazione di diffusione in stato non stazionario, possiamo impiegare
l'Equazione 5.5, utilizzando, per i parametri di concentrazione, i seguenti valori:
C0 = 0.20% in peso C
e, = 1.00% in peso C
C, = 0.60% in peso C
5.6 Altre vie della diffusione • 107

Quindi

C,-C 0 _ 0.60 - 0.20 = } _ erf ( X )


C,-C 0 1.00 - 0.20 2 ,!Dt

E perciò

Usando una tecnica di interpolazione, come mostrato nell'Esempio di Problema 5.2 ed i dati
della Tabella 5.1
X
--=0.4747 (5.10)
2 -.;Dt

Il problema richiede espressamente che x = 0.75 mm = 7 .5 x 10--4m. Quindi

7.5 X J0-4m
= 0.4747
2 ,!Dt

Questo porta a
Dt = 6.24 X w- m 1 2

Inoltre, il coefficiente di diffusione dipende dalla temperatura secondo l'Equazione 5.8; e, dai
dati della Tabella 5.2 per la diffusione del carbonio nel Fey, D 0 = 2.3 x 10-5 m 2/s e Qd =
148000 J/mole. Quindi

Dt = D 0 exp ( - ;; ) (t) = 6.24 X 10- 7 m2

( 0 _5 21) [ 148,000 J/mole


2.3 X 1 m s exp - (8.31 J/mol-K)(T)
J(t )_ 6 24 x 10
- .
_1
m
2

E risolvendo per il tempo t


0.0271
t (in s) = ( 17,810)
exp ---
T
In questo modo, il tempo di diffusione richiesto può venire calcolato per temperature speci-
ficate (in K). Qui sotto sono tabulati dei valori di t per quattro differenti temperature com-
prese netrintervallo richiesto dal problema.

Temperatura Tempo
(OC) s h

900 106400 29.6


950 57200 15.9
1000 32300 9.0
1050 19000 5.3

5.6 ALTRE VIE DELLA DIFFL'SIONE

Migrazione di atomi si può anche verificare lungo le dislocazioni, i bordi dei grani e la super-
ficie esterna. Qu1:sti sunu talvolta chiamati "corri-circuiti" dei cammini di diffusione in
108 Capitolo 5 / Diffusione

quanto consentono diffusione molto più veloce rispetto alla diffusione ali 'interno del volume.
Tuttavia, in molte situazioni i contributi dei corti-circuiti sono insignificanti rispetto al flus-
so di diffusione complessivo, poiché le sezioni trasversali di questi cammini sono estrema-
mente piccole.

La diffusione in fase solida rappresenta una possibilità di trasporto di massa all'interno di un


materiale solido mediante movimenti graduali di atomi. Il termine "autodiffusione" si riferisce
alla migrazione degli stessi atomi ospiti; sì usa invece il termine di interdiffusione per la mi-
grazione degli atomi di impurezze. Due meccanismi sono possibili: interstiziale e per vacanze.
Per un dato metallo ospite, le specie atomiche interstiziali normalmente diffondono più rapi-
damente.
Nel caso di diffusione stazionaria, il profilo di concentrazione delle specie che diffondo-
no è indipendente dal tempo ed il flusso, o la velocità, è proporzionale al gradiente di con-
centrazione espresso in forma negativa, in accordo con la prima legge di Fick. La trattazione
analitica per lo stato non stazionario viene data dalla seconda legge di Fick, in forma di equa-
zione differenziale parziale. Per la soluzione, nel caso di una condizione al contorno di com-
posizione superficiale costante, si deve far ricorso alla funzione di errore Gaussiana.
11valore del coefficiente di diffusione è indicativo della velocità di movimento degli atomi,
essendo fortemente dipendente dalla temperatura con cui cresce in modo esponenziale.

' " "\ ! F T T I 1'1 I' O H'I \ '\ T I

Autodiffusione Diffusione non stazionaria Interdiffusione (diffusione di


Carburizzazione Diffusione stazionaria impurezze)
Coefficiente di diffusione Energia di attivazione Prima legge di Fick
Diffusione Flusso di diffusione Profilo di concentrazione
Diffusione interstiziale Forza guida Seconda legge di Fick
Diffusione per vacanze Gradiente di concentrazione

i ; ;: ! I
.
I; i' !, \ l· I \
---~---··-------------·-~-·-------·---·----·---·, ___________
.....
_,. _
Borg, R.J. and G. J. Dienes (Editors), An lntroduction to Crank, J. The Mathematics of Diffusion, 2nd edition,
So/id State Dif.fusion, Academic Press, San Diego, Clarendon Press, Oxford, I980.
1988. Girifalco, L.A, Atomic Migration in Crystals, Blaisdell
Brandes, E.A. and G.B. Brook (Editors), Smithe/1s Pubfohing Company, New York, 1964.
Metals Reference Book, 7th edition, Butterworth- Shewmon, P.G., Diffusion in Solids, McGraw-Hill Book
Heinemann Ltd., Oxford, 1992. Company, New Yrok, 1963. Reprinted by the
Carslaw, H.S. and J.C. Jaeger, Conduction of Heat in Minerals, Metals and Materials Society,
Solids, 2nd edition, Clarendon Press, Oxford, 1986. Warrendale, PA, 1989.

; I I I \ I \ ·, I i ( !. I' li I .1 I: I. F 'J I
--------------------------·-------··-
5.1 Spiegare brevemente la differenza fra autodiffu- l' autodiffusione.
sione cd interdiffusione. 5.3 (a) Confrontare i meccanismi di diffusione degli
5.2 L'autodiffusione implica il movimento di aromi atomi per vacanze e per interstiziali.
dello stesso tipo; pertanto non è soggetta a varia- (b) Indicare due ragioni per cui la diffusione inter-
zione di composizione, come 1'interdiffusione. stiziale è molto più rapida di quella per vacanze.
Suggerisci un modo con cui si può monitorare 5.4 Spiegare brevemente come il concetto dì stato sta-
Domande e problemi • 109

zionario si applica alla diffusione. Qd sono rispettivamente 1.4 x 10-7 m 2/s e 13400
5.5 (a) Spiegare brevemente il concetto di forza J/mole. Si consideri una sottile membrana di ferro
guida. di 1 mm di spessore a 250°C. Calcolare il flusso di
(b) Qual è la forza guida per la diffusione stazio- diffusione attraverso questa membrana nel caso in
naria? cui la pressione dell'idrogeno su un lato della
5.6 !\ella Sezione 5.3 è stata discussa la purificazione membrana sia 0.15 MPa ( 1.5 bar) e sull'altro lato
di idrogeno gassoso per diffusione attraverso un 7.5 MPa (75 bar).
foglio di palladio. Calcolare il numero di kg di 5.10 Mostrare che
idrogeno che attraversano in un'ora un foglio di
paJladio di 5 mm di spessore con una superficie di
c.,= _f!_ exp (- .r )
...;Dr 4 Dr
0.20 m\ a 500°C. Assumere un coefficiente di dif-
fusione di I .O x 10-8 m2/s, che la concentrazione è anche una soluzione dell'Equazione 5.4b. Il
dai lati di alta e bassa pressione del piano sia 2.4 e parametro B è una costante, essendo indipendente
0.6 kg di idrogeno per metro cubo di palladio e sia da x che da t.
che siano mantenute le condizioni di stato stazio- 5.11 Determinare il tempo necessario di carburizzazio-
nano. ne, a 1000°C, per avere una concentrazione di car-
5.7 Un foglio di acciaio di 1.5 mm di spessore viene bonio di 0.45% in peso, 2 mm all 'intemo di una
esposto da entrambi i lati ad una atmosfera di lega ferro-carbonio che inizialmente contiene
azoto, a 1200°C, fino ad ottenere condizioni di 0.20% in peso. La concentrazione superficiale
diffusione stazionaria. Il coefficiente di diffusione viene mantenuta a 1.30% in peso di C. Usare, per
per l'azoto nell'acciaio a questa temperatura è il Fe-y, i dati di diffusione della Tabella 5.2.
6 x 10- 11 m 2/s, il flusso di diffusione è pari a 5.12 Una lega ferro-carbonio cfc contenente 0.35% in
1.2 x 1O 7 kg/m 2 s, e la concentrazione di azoto peso di C, viene esposta a 1400 K (1127°C) ad
nell'acciaio alla superficie di alta pressione è 4 una atmosfera ricca in ossigeno e priva di carbo-
kg/m'. A quale distanza dalla superficie di alta nio. In queste condizioni il carbonio diffonde
pressione la concentrazione all'interno del foglio verso la superficie, ove reagisce con l'ossigeno: in
sarà pari a 2.0 kg/m 1'? Considerare un profilo di tal modo la concentrazione in superficie si riduce
concentrazione lineare. allo 0%. (Questo processo di impoverimento è
5.8 Un foglio di ferro ccc, di 1 mm di spessore, viene chiamato decarhurazione). A quale distanza dalla
esposto, a 725°C, su di un lato ad una atmosfera di superficie si avrà lo 0.15% in peso di C dopo I O
gas carburante e sull'altro ad una atmosfera decar- ore di trattamento? Il valore di D a 1400 K è
burante. Una volta raggiunto lo stato stazionario, 6.9 x 10· 11 m 2/s.
il ferro viene rapidamente raffreddato a tempera- 5.13 Si vuole diffondere azoto da una fase gassosa nel
tura ambiente. Le concentrazioni di carbonio sulle ferro puro a 700°C. Se si mantiene in superficie la
due superfici del foglio risultano essere O.O12 e concentrazione a O.I% in peso di N, quale sarà la
0.0075 % in peso. Calcolare il coefficiente di dif- concentrazione alla distanza di I mm dalla super-
fusione con un flusso di diffusione di 1.4 x 10---S ficie dopo IO ore? Il coefficiente di diffusione del-
kg/m 2 s. Suggerimento: Usare l'Equazione 4.9 per l'azoto nel ferro a 7QQ°Cè 2.5 X 10-ll m 2/s.
convertire le concentrazioni da % in peso a kg di 5.14 (a) Si consideri una coppia di diffusione composta
carbonio per m 3 di ferro. da due solidi semi-infiniti dello stesso metallo.
5.9 Quando il ferro a viene esposto ad una atmosfera Ciascun lato della coppia di diffusione ha una dif-
di idrogeno gassoso, la concentrazione dell'idro- ferente concentrazione dello stesso elemento di
geno nel ferro, CH (in% in peso), è funzione della impurezza; inoltre, ogni livello di impurezza è
pressione di idrogeno, PH? (in MPa), e della tem- costante all'interno del proprio lato della coppia
peratura assulula (7) secondo la relazione: di diffusione. Risolvere in base alla seconda legge
di Fick per questa situazione di diffusione assu-
27.2 kJ/mol ) mendo che il coefficiente di diffusione per le
CH= l.34 x 10-2 ,/pH2 exp (-
RT impurezze è indipendente dalla concentrazione, e
(5.11) con le seguenti condizioni al contorno:
C = C 1 per X< 0 e t = 0
Per questo sistema di diffusione, i valori di D 0 e di C = C 2 per X> 0 e t = 0
11 O • Capitolo 5 / Diffusione

Qui poniamo che la posizione x = O sia al confine attivazione Qd.


della coppia di diffusione iniziale. (b) Determinare il valore di D a l 100°C ( 1373 K).
(b) Usando il risultato della parte a, si consideri 5.22 I coefficienti di diffusione per l'argento nel rame
una coppia di diffusione composta da due leghe a due diverse temperature sono:
argento-oro; queste leghe hanno composizione di
98% in peso Ag-2% Au e 95% in peso Ag-5% T(K)
Au. Determinare il tempo per cui questa coppia di
diffusione deve essere mantenuta a 750°C ( 1023 650 5.5 X J0- 16
K) per avere la composizione di 2.5% in peso di 900 1.3 X JO·"
Au ad una distanza di 50 µm dalla superficie nel
lato 2% in peso di Au. I valori di D 0 e di Qd per la (a) Determinare i valori di D0 e di Q,,.
diffusione di Au in Ag sono rispettivamente 8.5 x (b) Qual è il valore di Da 875°C?
10-5 m 2/s e 202100 J/mole. 5.23 Nel seguente diagramma è riportato, per la diffu-
5.15 Un trattamento termico di carburizzazione della sione del ferro nel cromo, l'andamento del loga-
durata di IO ore consente ad un acciaio di aumen- ritmo (in base 10) del coefficiente di diffusione in
tare la sua concentrazione in carbonio fino a funzione del reciproco della temperatura assoluta.
0.45% in peso alla distanza di 2.5 mm dalla super- Determinare i valori di D 0 e dell'energia di attiva-
ficie. Stimare il tempo necessario per acquisire la zione Q".
stessa concentrazione a 5 mm dalla superficie per
un identico acciaio ed alla stessa temperatura di
carburizzazione.
5.16 Analizzare i valori dei coefficienti di diffusione
per I 'interdiffusione del carbonio sia nel Fe-a
(ccc) che nel Fe-y (cfc) a 900°C. Qual è più gran-
de? Spiegare il perché.
5.17 Usando i dati nella Tabella 5.2, calcolare il valore
di D per la diffusione dello zinco nel rame a
650°C.
5.18 A quale temperatura il coefficiente di diffusione
relativo alla diffusione del rame nel nichel assu-
merà il valore di 6.5 x 10-11 m2/s? Usare i dati di
diffusione della Tabella 5.2.
5.19 I valori di D 0 e della energia di attivazione QJper
la diffusione del ferro nel cobalto sono rispettiva- Reciproco della temperatura (1000/K)
mente 1.1 x 10-5 m 2/s e 253300 J/mole. A quale
temperatura il coefficiente di diffusione assumerà 5.24 Attraverso una lastra di acciaio di 15 mm di spes-
il valore di 2.1 x 10- 14 m 2/s? sore, viene fatto diffondere del carbonio. Le con-
5.20 L'energia di attivazione per la diffusione del car- centrazioni di carbonio sulle due facce vengono
bonio nel cromo è 111000 J/mole. Calcolare il mantenute costanti e pari a 0.65 e 0.30 kg C/m 3 Fe.
coefficiente di diffusione a 1100 K (827°C), Se i valori di D 0 e di Qd sono rispettivamente
sapendo che D a 1400 K (1127°C) è 6.25 x I 0- 11 6.2 x 10-1 m 2/s e 80000 J/mole, calcolare la tempe-
m2/s. ratura a cui il flusso di diffusione è 1.43 x 10-9
5.21 I coefficienti di diffusione per il ferro nel nichel a kg/m 2 s.
due diverse temperature sono: 5.25 Il flusso di diffusione stazionario attraverso una la-
stra metallica è 5.4 x 10-10 kg/m 2 s alla temperatura
T(K) D (m1/s) di 727°C (1000 K) e quando il gradiente di concen-
trazione è -350 kg/m 4 • Calcolare il flusso di diffu-
1273 9.4 X l0- 16 sione a 1027°C (1300 K) per lo stesso gradiente di
1473 2.4 X 10-14 concentrazione ed assumendo una energia di atti-
vazione per la diffusione di 125000 J/mole.
(a) Determinare i valori di D0 e dell'energia di 5.26 A quale temperatura di carburizzazione deve esse-
Domande e problemi • I II

re portato un campione di ferro y per avere in 2 ore la concentrazione di carbonio è 0.35% alla
ore lo stesso risultato di diffusione prodotto a distanza di 4.0 mm dalla superficie, determinare
900°C per 15 ore? la temperatura a cui il trattamento è stato condot-
5.27 (a) Calcolare il coefficiente di diffusione del rame to.
nell'alluminio a 500°C.
(b) Quanto tempo ci vorrà per ottenere a 600°C lo Problemi di progettazione
stesso risultato di diffusione (in termini di concen- 5.01 Si desidera aumentare la pressione parziale di
trazione in un punto specifico) prodotto a 500°C idrogeno in una miscela di gas idrogeno-azoto in
per 10 ore? cui le pressioni parziali di entrambi i gas sono
5.28 Viene formata una coppia di diffusione rame-ni- 0.1013 MPa (1 bar). Ci si propone di conseguire
chel simile a quella presentata nella Figura 5. la. questo risultato facendo passare entrambi i gas
Dopo 700 ore di trattamento termico a 1100°C attraverso una sottile membrana di metallo ad ele-
( 1373 K), la concentrazione di Cu, a 3.0 mm dalla vata temperatura; poiché l'idrogeno diffonde
superficie (ali' interno del nichel), è pari a 2.5% in attraverso la membrana ad una velocità più alta
peso. A quale temperatura si deve scaldare la cop- rispetto all'azoto, si otterrà, dall'altra parte della
pia di diffusione per produrre la stessa concentra- membrana stessa, un aumento della pressione par-
zione (cioè 2.5% in peso di Cu) a 2.0 mm dalla su- ziale dell'idrogeno. La richiesta di progetto per le
perficie, dopo 700 ore? I valori di D 0 e di QJper la pressioni parziali è di 0.05 I MPa (0.5 bar) per l'i-
diffusione del Cu nel Ni vengono dati nella Tabella drogeno e di 0.01013 MPa (0.1 bar), per l'azoto.
5.2. Le concentrazioni di idrogeno ed azoto (CH e CN,
5.29 Viene preparata una coppia di diffusione, simile a in moli/m 1) in questo metallo sono funzioni delle
quella rappresentata nella Figura 5. la, usando due pressioni parziali dei gas (pH2 e PN2 , in MPa) e
ipotetici metalli A e B. Dopo 30 ore di trattamen- della temperatura assoluta e sono date dalle
to termico a 1000 K (e successivo raffreddamento seguenti espressioni:
a temperatura ambiente) la concentrazione di A in
B a 15.5 mm dalla superficie, all'interno del - ( 27 .8 kJ/mol )
CH = 584 ,./p112 exp - RT
metallo B, è pari a 3.2% in peso. Se su una identi-
ca coppia di diffusione viene condotto un altro (5.12a)
trattamento termico, a 800 K per 30 ore, a quale 37.6 kJ/mol )
distanza dalla superficie si potrà trovare la com- RT
posizione del 3.2% in peso? Assumere che i valo- (5.12b)
ri di D 0 e dell'energia di attivazione Qd siano Inoltre, i coefficienti di diffusione per la diffusio-
rispettivamente 1.8 x 10-s m 2/s e 152000 I/mole. ne di questi gas in questo metallo sono funzioni
5.30 Si deve indurire la superficie di un ingranaggio di della temperatura assoluta come segue:
acciaio aumentando il suo contenuto di carbonio.
Il carbonio viene fornito da una atmosfera di gas D 11( m 2/·)s -_ 1.4 x 10_7 exp (- 13.4RT
kJ/mol )
ricca di carhonio, mantenuta a temperatura eleva-
ta. Un trattamento termico di diffusione a 850°C (5.13a)
( 1123 K) per 10 minuti fa aumentare la concentra-
zione di carbonio a 0.90% in peso a 1 mm dalla Dim2/s) = 3.0 x 10-1 exp (- 76. I 5R~/mol )
superficie. Stimare il tempo di diffu"ione richiesto
a 650°C (923 K) per acquisire la stessa concentra- (5.13b)
zione sempre ad I mm dalla superficie. Assumere
che il contenuto di carbonio alla superficie sia lo È possibile purificare il gas di idrogeno in questa
stesso per entrambi i trattamenti e che venga man- maniera? Se sì, specificare a quale temperatura
tenuto costante. Usare i dati di diffusione della può avvenire questo processo e lo spessore della
Tabella 5.2 per la diffusione del C nel Fe-a. membrana di metallo che si ritiene necessario per
5.31 Una lega ferro-carbonio cfc con 0.20% in peso di realizzarlo. Se questa procedura non è possibile,

• C viene carburizzata ad elevata temperatura e in


atmosfera in cui la concentrazione di carbonio in
superficie è mantenuta a I% in peso. Se dopo 49.5
5.02
stabilire le ragioni del perché.
Una miscela gassosa contiene due specie atomi-
che A e B le cui pressioni parziali sono per
112 Capitolo 5 / Diffusione

entrambe O.1013 MPa (I bar). Si vuole aumentare È possibile purificare il gas A in questa maniera?
ìn questa miscela la pressione parziale della spe- Se sì, specificare a quale temperatura può essere
cie A facendo passare il gas attraverso una sottile condotto questo processo e lo spessore della
membrana di metallo, ad elevata temperatura. La membrana di metallo che si ritiene necessario per
miscela arricchita risultante ha una pressione par- realizzarlo. Se questa procedura non è possibile,
ziale di 0.051 MPa (0.5 bar) per il gas A e 0.0203 stabilire le ragioni del perché.
"1Pa (0.2 bar) per il gas B. Le concentrazioni di A 5.03 Si deve migliorare la resistenza all'usura di un
e di B (CA e C 8 , in moli/m') sono funzioni delle albero di trasmissione di acciaio mediante induri-
pressioni parziali del gas (p ._2 e p 82 , in MPa) e mento superficiale. Questo effetto si può realizza-
della temperatura assoluta, secondo le seguenti re facendo diffondere azoto in superficie in modo
espressioni; da aumentarne il contenuto entro un determinato
strato superficiale. L'azoto viene fornito da un
- ( 20.0 kJ/rnol ) gas, ricco di azoto, a temperatura elevata che
e,\= 500 \J}A2 exp - RT viene mantenuta costante. Il contenuto iniziale di
(5.14a) azoto dell'acciaio è 0.002% in peso, mentre la
27.0 kJ/mol) concentrazione superficiale deve essere mantenu-
RT ta a 0.50%. Per rendere efficace questo trattamen-
(5.14b) to, si deve avere. ad una distanza dalla superficie
di 0.40 mm, un contenuto di azoto di 0.10% in
Inoltre, i coefficienti di diffusione per la diffusio- peso. Definire dei trattamenti termici appropriati
ne di questi gas nel metallo sono funzioni della sia per temperatura che per durata, entro un inter-
temperatura assoluta, secondo le seguenti espres- vallo dì temperature comprese fra 475°C e 625°C.
sioni: I valori di D 0 e della energia di attivazione Qd per
la diffusione dell'azoto nel ferro, in questo inter-
I 3.0 kJ/mol ) vallo di temperatura, sono rispettivamente
DA(m2/s) = 5.0 x 10-7 exp (-
RT 3 x 10-7 m 2/s e 76150 J/mole.
(5. 15a)

21.0 kJ/mol )
D8 (m 2/s) = 3.0 x 1O 6 exp (-
RT
(5.15b)
~aniclre tlei Metnlli'?

!)iegare, in maniera tale che le strutture


.ino deformazioni inaccettabili o, peggio,
procedura della scelta del materiale verrà
riferimento alla progettazione di un appa-
1ra di traziont', nell'E~empio 6. I.

113
Obiettivi di apprendimento

Dopo aver studiato questo capitolo, dovresti es!!ere in grado di fare le seguenti cose:

I. Definire lo sforzo nominale e la deformazione 6. Calcolare la duttilità sia in termini di allungamento


nominale. percentuale che come riduzione di sezione, per un
2. Citare le legge di Hooke e in quali condizioni ope- materiale ~otloposto a carichi di trazione fino a
rative essa è valida. rottura.
3. Definire il rapporto di Poisson. 7. Citare le due più comuni tecniche di misura della
4. Dato un di~anuna sforzo-deformazione nominale, durezza e descrivere almeno due differenze tra di
determinare a) il modulo elastico, h) il limite di sner- esse.
vamento (ad 1lllll deformazione pari allo 0.002), c) 8. a) Citare e descrivere brevemente due tecniche di
il carico di rottura ed) l'allungamento perct:ntuale. misura della microdurezza e b) citare in quali casi
5. Descrivere i cambiamenti che avvengono durante esse vengano comunemente impiegate.
la deformazione a trazione di un provino cilindrico 9. Calcolare il carico di lavoro per un materiale dut-
in materiale duttile, fino al prmto di frattura. tile.

6.1 INTRODUZIONE

Durante la loro vita in esercizio, tutti i materiali sono soggetti ali' azione di forze e carichi;
quali esempi si possono citare le leghe di alluminio utilizzate nella costruzione delle ali di un
aeroplano oppure l'acciaio con cui è formato l'asse di un'automobile. ln tutte queste situa-
zioni è necessario conoscere le proprietà del materiale in maniera tale da progettare corretta-
mente i componenti desiderati senza che essi siano soggetti a deformazioni inaccettabili o,
peggio, a rotture. Il comportamento meccanico di un materiale rappresenta la risposta o la
deformazione offerta nei confronti di un carico applicato, ovvero di una forza. Importanti
proprietà meccaniche sono la resistenza, la durezza, la duttilità e la rigidezza.
Le proprietà meccaniche dei materiali vengono determinate mediante la realizzazione
accurata di prove di laboratorio appositamente progettate, le quali riproducono il più fedel-
mente possibile le condizioni di esercizio. l fattori che devono essere considerati includono
la natura del carico applicato, la sua durata e le condizioni ambientali. In particolare, il cari-
co può essere di trazione, di compressione o di taglio; inoltre esso può essere costante o varia-
re continuamente nel tempo. Il tempo di applicazione del carico, infine, può variare dalla fra-
zione di secondo fino ad una estensione pari ad un periodo di molti anni. Anche la tempera-
tura di esercizio dei componenti, infine, può essere un fattore di grande rilevanza.
La conoscenza e l'uso delle proprietà meccaniche è patrimonio comune ad un vasto
numero di soggetti (ad esempio i produttori e consumatori dei materiali, le organizzazioni di
ricerca, le agenzie governative), i quali molto spesso le applicano in campi molto differenti.
Conseguentemente è estremamente importante che le prove condotte sui materiali, nonché
l'interpretazione dei loro risultati, portino a valori universalmente affidabili. Questa affidabi-
lità viene ottenuta effettuando i test secondo procedure normalizzate. L'istituzione e la pub-
blicazione delle norme sono spesso coordinate da apposite associazioni. Negli Stati Uniti
l'associazione più attiva nella realizzazione e promulgazione degli standard è la Arnerican
Society for Testing and Materials (ASTM). Ogni anno la ASTM promulga il Libro Annuale
degli Standard ASTM il quale è composto da numerosi volumi, annualmente emessi e aggior-
nati. Un grande numero di standard contenuti nelle succitate pubblicazioni annuali riguarda
le tecniche di realizzazione dei test per l'individuazione delle proprietà meccaniche.
Successivamente, nel corso di questo e dei capitolì seguenti, si farà riferimento, rm:diante
note a piè pagina, a numerose procedure di prova ASTM.
Il ruolo dell'ingegnere strutturale è quello di determinare gli sforzi e la distribuzione degli
sforzi sopportati dai componenti che sono sottoposti a ben definiti livelli di carico. Ciò può
essere ottenuto effettuando analisi sperimentali e/o analisi teoriche e matematiche degli sfor-
zi. Questi argomenti vengono trattati nei testi riguardanti la tradizionale analisi delle solleci-
taziuni e la resistenza dei materiali.

114
6.2 Concetti di sforzo e di deformazione • 115

Gli ingegneri dei materiali e quelli metallurgici, invece, si occupano degli aspetti della
produzione e fabbricazione dei materiali in maniera che siano garantiti i requisiti dettati dal-
1'analisi degli sforzi. Questo aspetto richiede necessariamente la comprensione delle relazio-
ni che legano lo stato microstrutturale (ovvero lo stato interno) del materiale e le sue pro-
prietà meccaniche.
Spesso la scelta di un materiale per applicazioni strutturali viene effettuata tenendo in
considerazione la combinazione delle sue proprietà meccaniche. Nel presente capitolo si
terrà in considerazione soprattutto il comportamento meccanico dei metalli, mentre i polime-
ri ed i ceramici verranno trattati separatamente a causa della grande diversità del loro com-
portamento meccanico rispetto a quello dei metalli. In questo capitolo verrà illustrato il com-
portamento sforzo-deformazione dei metalli e le proprietà meccaniche ad esso correlate,
inoltre verranno esaminate altre importanti proprietà meccaniche. Le discussioni relative agli
aspetti microscopici dei meccanismi di deformazione, nonché la descrizione dei metodi di
rafforzamento dei metalli, verranno invece presentati in capitoli successivi.

6.2 CONCETII DI S.FORZO E DI DEFORMAZIONE

Il comportamento meccanico di una struttura può essere accertato mediante una prova sfor-
zo-deformazione, nel caso in cui il carico sia statico o vari in maniera relativamente lenta nel
tempo e sia applicato uniformemente sulla sezione o sulla superficie del componente. Questi
test sono quelli più comunemente condotti sui metalli a temperatura ambiente. Vi sono tre
FIGlltA 6.1 F
(a) Ili ustrazione
schematica
dell'allungamento prodotto
dall'applicazione di un
carìco di trazione e della
deformazione lineare
positiva. Le linee n
tratteggiate indicano la
struttura prima della
deformazione, mentre le
linee continue sono
relative alla situazione
dopo la deformazione. (b)
Illustrazione
F
u F
schematica delle (il) (bi
contrazioni e della
deformazione lineare
negativa prodotte da
carichi di compressione.
(e) Rappresentazione
T
schematica della
deformazione a taglio y,
dove y = tan (}.
(d) Rappresentazione
schematica della
deformazione a torsione
(angolo di torsione 1/J)
prodotta

-
da una coppia di
torsione T.
F
116 • Capitolo 6 / Proprietà meccaniche dei metalli

FtGCRA 6.2 Sezione ridotta


Un provino di trazione ----2 .!.• ---.i
standard a sezione
circolare.
f---f--
!
f----
o.,o;•:rn,_
2'--+1
--1----~
t,, .
¾}m~,~
Tratto utile 8 Raggio

modi principali secondo i quali il carico può essere applicato: in tensione, compressione e
taglio (Figure 6. Ia,b, e). Tuttavia nella pratica ingegneristica molti carichi sono di torsione
piuttosto che puramente di taglio. come illustrato nella Figura 6.ld.

PROVE DI TRAZIONE 1

Una della più comuni prove meccaniche sforzo-deformazione è la prova di trazione. Come
verrà in seguito descritto, la prova di trazione viene utilizzata per determinare diverse pro-
prietà dei materiali, che sono estremamente importanti ai fini della progettazione.
Generalmente il provino in esame viene deformato fino a rottura mediante incremento gra-
duale del carico, il quale viene applicato in maniera uniassiale lungo l'asse più lungo del pro-
vino. La Figura 6.2. riporta un'illustrazione di un provino standard per le prove di trazione.
Nonnalmente i provini sono di forma cilindrica, ma è anche possibile impiegare provini di
sezione rettangolare. Durante la prova, la deformazione è confinata nella zona centrale del
provino, che ha sezione costante lungo la sua lunghezza. Il diametro standard è di circa 12.8
mm, mentre la lunghezza del tratto a sezione costante deve essere almeno quattro volte il dia-
metro del provino; 60 mm è un valore tipico. Le informazioni relative alla lunghezza sono
impiegate nel calcolo della duttilità (vedere Paragrafo 6.6): il valore standard del tratto utile
della lunghezza è pari a 50 mm. Il provino così ottenuto viene sottoposto alla prova inseren-
do le sue estremità nelle testate di afferraggio della macchina di trazione (Figura 6.3). La
macchina di trazione è configurata in maniera tale da garantire che il provino subisca un
allungamento a velocità costante; essa inoltre misura continuamente e simultaneamente, 1
durante la prova, sia il carico istantaneamente applicato (mediante la cella di carico) che l'al-;
lungamento risultante (mediante l'impiego di estensimetri). In genere una prova di trazione1
dura qualche minuto ed è una prova di tipo distruttivo, ovvero il provino viene deformato id
maniera permanente e, molto spesso, fratturato. j
I valori misurati durante la prova di trazione sono il carico o la forza in funzione dell'al-
lungamento e sono generalmente stampati da un plotter o, più comunemente, visualizzati su
un computer. Le caratteristiche carico-deformazione dipendono dalle dimensioni del provi-
no. Infatti se, ad esempio, si raddoppia la sezione di un provino, la forza necessaria a causa-
re il medesimo allungamento è doppia. A questo proposito, al fine di rendere la prova indi-
pendente dai parametri geometrici del provino, il carico e l'allungamento vengono normaliz-
zati in maniera da ottenere rispettivamente i parametri sforzo nominale e deformazione
nominale. Lo sforzo nominale o è definito dalla relazione

a=rF o
(6.1

nella quale F è il carico instantaneamente applicato perpendicolarmente alla sezione del pro-
vino ed ha le dimensioni di una forza (newtons, N), mentre A 0 è l'area iniziale della sezione

1 ASTM standard E 8 ed E 8M, '"Standard test methods far Tension Testing of Metallic Materials ··.
6.2 Concetti di sforzo e <li deformazione • 11 7

Cella di carico FJGUU 6.:J Rappresentazione schemati-


ca del dispositivo di misura impiegato per
condurre le prove sforzo-deformazione.
L'allungamento viene realizzato dal moto
della traversa. La cella di carico e l'esten-
simetro misurano, rispettivamente, il cari-
co applicato e l'allungamento. (Adatta da
H. W. Hayden, W. G. Moffatt e J. Wulff,
The Strucrure and Properties of Marerials,
Vol. III, Mechanica/ Behavior, p.2,
Copyright © 1965 by John Wiley & Sons,
New York. Riproduzione autorizzata da
John Wiley & Sons, lnc.)
J Movimento
½ della traversa

del provino, prima cioè che venga applicato il carico (in m 2). Le unità di misura dello sforzo
nominale (che verrà di seguito chiamato semplicemente sforzo) sono i megapascal (.\.1:Pa)
(SI) (con lMPa = 106 N/m 1)2.
La deformazione nominale E è definita dalla

.e
l-l .11
= _,·-·_o_=--
. lo lo (6.2)

nella quale lu è la lunghezza originaria, misurata a provino scarico, mentre /1 è la lunghezza


istantanea. Spesso la quantità/, - l 0 viene indicata con il simbolo t-.l, che rappresenta l'allun-
gamento, ovvero la variazione di lunghezza istantanea, rispetto alla lunghezza iniziale. La
deformazione nominale (che successivamente verrà chiamata semplicemente deformazione)
è un numero adimensionale, ma spesso viene indicata come metro su metro; in ogni caso, il
valore della deformazione è indipendente dal sistema di unità di misura adottato. Molte volte
la deformazione viene espressa come valore percentuale, nel qual caso il valore della defor-
mazione medesima viene moltiplicato per 100.

PROVE DI C0.\1PRESSIONE 3

Le prove sforzo-deformazione in compressione possono venire effettuate se le forze in azione


sono di questo tipo. La prova di compressione è mollo simik alla pruva di trazione, tranne per
il fatto che la forza è di compressione e il provino si contrae nella direzione dello sforzo appli-
cato. Le Equazioni 6. l e 6.2 vengono utilizzate per valutare rispettivamente lo sforzo e la
deformazione a compressione. Per convenzione, la forza di compressione è negativa, circo-
stanza che conduce all'ottenimento di sforzi negativi. Inoltre, siccome /0 è maggiore di/,, an-
che le deformazioni di compressione calcolate con l'Equazione 6.2 sono necessariamente ne-
gative. In genere le prove di trazione sono effettuate piì"1frequentemente sia perché sono più fa-
cilmente realizzabili, sia perché, nel caso dei materiali più comunemente utilizzati in applica-
zioni strutturali, la prova di compressione non offre molte informazioni aggiuntive. Tuttavia le

2 La conversione tra i sistemi di riferimento SI (in MPa) e US (in psi) è data dalla relazione 145 psi= I
MPa.
3 ASTM StanctarctE 9, "Standard Test Methods of Compression Testing of Metallic Materials at Room

Temperacure".
118 • Capitolo 6 / Proprietà meccaniche dei metalli

prove di compressione vengono effettuate quando si è in presenza di materiali fragili per i quali
la prova di trazione è molto difficoltosa, o anche nel caso si voglia studiare il comportamento
di un materiale sottoposto a deformazioni grandi e permanenti (ad esempio deformazioni pla-
stiche).

PROVE DI TAGLIO E TORSIONE-'

Per quanto riguarda le prove nelle quali viene applicata una forza puramente di taglio (come
mostrato in Figura 6. lc), lo sforzo dì taglio viene calcolato con la seguente espressione:

.· . F· .
. 't.; ·,\, .. (6.3)

dove F è la forza o il carico applicato parallelamente alle facce superiori ed inferiori del pro-
vino, ognuna delle quali ha una superficie Aw La deformazione di taglio y è definita come la
tangente dell'angolo di deformazione 8, come riportato in figura. Le unità di misura dello
sforzo e della deformazione a taglio sono le stesse indicate per le corrispondenti grandezze
nella prova di trazione.
La sollecitazione di torsione, invece, è una variante della sollecitazione pura di taglio e si
presenta quando un componente strutturale viene sollecitato a torsione come indicato nella
Figura 6.ld. Le forze di torsione producono un movimento di rotazione intorno all'asse lon-
gitudinale di un'estremità del componente rispetto all'altra. Esempi di sollecitazione a tor-
sione sono gli assali delle autovetture, gli alberi di trasmissione ed anche i trapani. Le prove
di resistenza a torsione vengono solitamente effettuate ~u harre cilindriche o tubi. Lo sforzo
di taglio è funzione della torsione applicata T, mentre la deformazione di taglio y è correlata
all'angolo di torsione </>,come riportato nella Figura 6. ld.

CONSIDERAZIONI GEO:\fETRJCHE SLLLO STATO DI TENSIONE

Gli stati di tensione che vengono generati dall'applicazione di forze di trazione, compressio-
ne, taglio e torsione rappresentate in Figura 6.1, agiscono sia parallelamente che perpendico-
larmente alle superfici piane appartenenti ai corpi rappresentati nelle illustrazioni citate.
Tuttavia è importante rimarcare che lo stato di sollecitazione interna dipende dalle orienta-

F1GUlA 6.4 Rappresentazione schematica di uno sforzo nor-


male (a') e di taglio (r') agente su di un piano orientalo di un
angolo fJ rispetto al piano perpendicolare alla direzione di
applicazione dello sforzo di trazione pura (a).

p'

4 ASTM Standard E 143, '·Standard Test for Shcar Modulus".


6.3 Comportamento sforzo-deformazione • 119

zioni delle superfici sulle quali lo sforzo medesimo agisce. Si prenda, ad esempio, il provino
di trazione cilindrico di Figura 6.4 soggetto ad uno sforzo di trazione a parallelo al proprio
asse. Si consideri, inoltre, anche il piano p-p' orientato secondo un angolo arbitrario 8rispet-
to ad uno dei piani posti alle estremità del provino. Lo sforzo agente sul piano Jrp' non può
più essere considerato un puro sforzo di trazione, ma piuttosto uno sforzo di natura più com-
plessa, composto, in particolare, da una componente di trazione pura d agente normalmente
al piano p-p' e da una componente di taglio che agisce parallelamente al medesimo piano.
Ambedue le componenti citate sono rappresentate in figura. Usando i principi della meccani-
ca dei materiali 5, è possibile sviluppare delle equazioni, le quali riportano de -r' in funzione
di ae dell'angolo (f.
d = acos 2 0 = o ( 1 + c~s 2 8 ) (6.4a)

-r' = asen 0cos 0= o ( sen22 8 ) (6.4b)

I medesimi principi della meccanica consentono di traslare i componenti dello sforzo da un


sistema di assi coordinati ad un altro di differente orientazione. Tuttavia questo argomento
esula dallo scopo di questa trattazione.

DEFORMAZIONE
ELASTICA

6.3 CO.:\IPORTA1IENTO SFORZO-DEFORMAZIONE


Il grado di deformazione di una struttura dipende dall'entità dello sforzo applicatogli. Per
molti materiali metallici sottoposti a sforzi di trazione, per carichi relativamente bassi, lo
sforzo e la deformazione sono proporzionali secondo la relazione:

(6.5)

conosciuta come legge di Hooke, dove la costante di proporzionalità E (GPa) 6 è il modulo


elastico-o modulo di Young. Per i materiali metallici il valore di questo modulo varia dai 45
GPa del magnesio ai 407 GPa del tungsteno. 1 moduli elastici di alcuni metalli a temperatura
ambiente sono riportati nella Tabella 6.1.

Talwlla 6.1 Modulo ela.;tieo e di taglio, P rapporto di Poisson a temperatura


ambiente per vari metalli e leghe metalliche

Metalli Modulo di Elasticità Modulo di taglio Rapporto di Poisson


GPa GPa

Acciaio 207 83 0.30


Alluminio 69 25 0.33
Magnesio 45 17 0.29
Nichel 207 76 0.31
Ottone 97 37 0.34
Rame 110 46 0.34
Titanio 107 45 0.34
Tungs1eno 407 160 0.28

5 Vedere, per esempio, W.F. Riley. L.D. Sturges e D.H. Morris, Mechanics of MateriaJs, 5' edizione,
John Wiley & Sons, New York, 1999.
6 L"unitàdi misura del modulo di elasticità nel SI è il gigapascal GPa, dove 1 GPa= 109 N/m 2 = l0 3 MPa.
120 Capitolo 6 / Proprietà meccaniche dei metalli

Fu;t H \ h.:i Rappresentazione schematica del dia-


gramma sforzo-<lefonnazione che mostra la deforma-
Scarico zione elastica lineare per cicli di carico e scarico.

Pendenza = modulo
/
di elasticità

Deformazione

La deformazione per la quale lo sforzo e la deformazione sono proporzionali è chiamata


deformazione elastica. In questo caso il grafico dello sforzo in funzione della deformazione
risulta lineare, come mostrato in Figura 6.5. e la pendenza del tratto lineare corrisponde al
modulo elastico E. Si può pensare al modulo E come ad una grandezza che misura la rigi-
dezza del materiale, ovvero come alla resistenza che il materiale stesso oppone alla deforma-
zione elastica. Maggiore è il modulo, più rigido è il materiale, ovvero minore è la deforma-
zione elastica che risulta dall'applicazione di un determinato carico. Il modulo, infine, è un
parametro di progetto molto importante, che permette di tenere in considerazione le defor-
mazioni elastiche.
La deformazione elastica è una deformazione reversibile, il che significa che una volta
rimosso il carico applicato, il pezzo riacquista la sua forma originaria. Come mostrato nel
diagramma sforzo-deformazione (Figura 6.5), l'applicazione del carico corrisponde a muo-
versi sulla curva dall'origine verso J'alto. Viceversa, quando il carico viene rilasciato, la linea
è ripercorsa a ritroso fino all'origine.
Per alcuni materiali (come ad esempio la ghisa grigia, il calcestruzzo e molti polimeri) il
tratto elastico iniziale della curva non è lineare (Figura 6.6); pertanto in questi casi non è pos-
sibile determinare il modulo elastico come precedentemente descritto. Nel caso di comporta-
mento elastico non lineare, si utilizzano generalmente i moduli tangente o secante. Il modu-
lo tangente è dato dalla pendenza della tangente alla curva sforzo-deformazione ad uno spe-

/
~ -------------------~"

_________
...,
r," ,"

MOO"I'ra,geme (a o)

,4 I
I
I
I
I F!<;t H,<-.<,Rappresentazione sche-

I
I
g ~~ =
Modulo secante
(tra origine e a,)
matica della curva sforzo-deforma-
zione, nella quale è mostrato il com-
portamento elastico non lineare e la
I
I modalità di determinazione dei
I
I
I moduli secante e tangente.
Deformazione e
6.3 Comportamento sforzo-deformazione 121

FH,l t:.\ b.7


Curva forza-distanza
interatomica per materiali
con legami deboli e forti.
Il valore del modulo
elastico è proporzionale
alla pendenza di ciascuna ...
curva calcolata alla "'
~ Ot-------,1t---;,-------------- Distanza r
distanza interatomica di ..t
equilibrio ,-1)'

cifico livello di sforzo, mentre il modulo secante è la pendenza di una retta secante passante
per l'origine e per un punto definito della curva sforzo-deformazione. La modalità di deter-
minazione di questi moduli è riportata nella Figura 6.6.
A livello atomico, la deformazione elastica macroscopica si manifesta come piccole
variazioni della distanza interatomica e dello stiramento dei legami interatomici. Pertanto il
modulo elastico di un materiale è la misura della resistenza opposta alla separazione di due
atomi adiacenti, ovvero la misura delle forze di legame interatomiche. Il modulo elastico è
inoltre proporzionale alla pendenza della curva forza-distanza interatomica (Figura 2.8a) alla
distanza di equilibrio. ·
E :x(dF)
dr (6.6)
ro

In Figura 6.7 sono riportate le curve forza-distanza interatomica per materiali aventi legami
interatomici forti e deboli. Per ogni curva è indicata la pendenza per una distanza r 0 •
I valori del modulo elastico per i materiali ceramici sono significativamente maggiori di
quelli dei materiali metallici, mentre i moduli elastici dei materiali polimerici sono inferiori a
quelli dei metalli. Le differenze nei valori del modulo elastico per le tre classi di materiali citate
sono direttamente correlabili con i diversi tipi di legami atomici presenti al loro interno. È anche
importante rimarcare che il modulo elastico varia al variare della temperatura e, in particolare,
decresce al crescere della temperatura, come viene mostrato in Figura 6.8 per diversi metalli.

~k1 i:\ti.i: Diagramma


modulo elastico--
temperatura per il
tungsteno, l'acciaio e
l'alluminio. (Da K.M.
Ralls, T.H. Courtney e J.
Wulff, lntroduction to
400

300
------ ~----
Materia/s Science and 200
Engineering. Copyright
© 1976by John Wiley &
100
Sons, New York.
Ristampa autorizzata da Alluminio
John Wìley & Sons, Inc.)
O -200 o 400 600 800
Temperatura (°C)
122 • Capitolo 6 / Proprietà meccaniche dei metalli

Inoltre, come è lecito supporre, il comportamento elastico di un materiale è influenzato


dal tipo di sforzo applicato, sia esso di compressione, torsione o taglio. Tuttavia per bassi
livelli di sollecitazione la curva sforzo-deformazione è praticamente la stessa sia in caso di
compressione che di trazione. Gli sforzi e le deformazioni di taglio, invece, sono tra loro_pro-
porzionali tramite l'espressione

r.;Gy
(6.7)

dove G è il modulo di taglio, ovvero la pendenza della regione elastica lineare della curva
sforzo-deformazione. La Tabella 6.1 riporta i moduli di taglio per un certo numero di metal-
li di uso comune.

6.4 ANEJ.ASTICITÀ

Le considerazioni fino a qui presentate sono state esposte considerando implicitamente che
la deformazione elastica di un materiale non dipenda dal tempo, ovvero che l'applicazione dì
uno sforzo produca una deformazione elastica istantanea, la quale rimane costante per tutto il
periodo di applicazione dello sforzo. Si è anche assunto, c):ie successivamente alla rimozione
del carico applicato, la deformazione venga completamente recuperata e ritorni a zero istan-
taneamente. Tuttavia molti materiali ingegneristicamente interessanti presentano una compo-
nente della deformazione elastica dipendente dal tempo. Questa deformazione elastica per-
mane anche dopo la rimozione dello sforzo e, inoltre, il recupero totale della deformazione
stessa non è istantaneo ma richiede del tempo. Il fenomeno per il quale il comportamento ela-
stico di un materiale è dipendente dal tempo si chiama anelasticità. Essa è causata dalla
dipendenza dal tempo di alcuni fenomeni che avvengono a livello microscopico e atomico
durante la deformazione. Per i materiali metallici la componente anelastica è generalmente
molto piccola e viene spesso trascurata. Per alcuni materiali polimerici, invece, detta compo-
nente è decisamente significativa e il comportamento risultante viene chiamato comporta-
mento viscoelastico, come sarà discusso nel Paragrafo 16.7

ESDJPIO UI PKORLE'.\U. 6.1

Un provino di rame di lunghezza iniziale 305 mm viene sottoposto ad uno sforzo di trazione di
276 MPa. Se la deformazione è completamente elastica, quale sarà l'allungamento risultante?

SoJ,l'ZJO'\t:
Dal momento che la defonnazione è puramente dastica, essa sarà legata allo sforzo applicato
mediante l'Equazione 6.5. Inoltre l'allungamento è a sua volta correlato con la lunghezza ini-
ziale del provino mediante l'Equazione 6.2. Combinando le due equazioni e risolvendo rispet-
to a t,,,/si ottiene

I valori di ae /0 sono, rispettivamente, 276 MPa e 305 mm mentre il modulo E per il rame è
riportato nella Tabella 6.1 e vale 11O GPa. L'allungamento è quindi ottenuto inserendo i valo-
ri numerici nell'espressione sopra riportata

M = (276 MPa)(305 mm)= 0 _77 mm


110 x 10' MPa
6.5 Proprietà ela.~tiche dei materiali • 123

6.5 PROPRIETl ELASTICHE DEI MATERL\LI

Come visto precedentemente, quando uno sforzo di trazione viene applicato ad un provino
metallico si osserva un allungamento di questo, valutabile da una deformazione E, nella dire-
zione di applicazione dello sforzo (qui arbitrariamente fissato nella direzione z), come
mostrato nella Figura 6.9. In conseguenza di questo allungamento nella direzione z, si verifi-
ca nel provino anche una strizione laterale nelle direzioni x e y, perpendicolari alla direzione
di applicazione dello sforzo. Dalle contrazioni laterali del provino è possibile determinare le
deformazioni laterali di compressione E., e E, . Inoltre, se lo sforzo è uniassiale (ovvero agen-
te solamente nella direzione z) e il materiale è isotropo, allora si ha E, = E, . Il rapporto tra la
deformazione assiale e quella laterale è un parametro chiamato rapporto di Poisson v:

.v= (6.8)

Il segno negativo nell'Espressione 6.8 è stato introdotto al fine di rendere v sempre positivo,
dal momento che E, e E_. hanno sempre segno opposto. In teoria il valore del rapporto di
Poisson per i materiali is-otropidovrebbe essere ¼ ed il valore massimo di v (ovvero il valo-
re per il quale non si registra alcuna variazione di volume del provino) è 0.50. Per molti
metalli e per molte leghe, tuttavia, il valore del rapporto di Poisson varia tra 0.25 e 0.35. Nella
Tabella 6.1 sono riportati i valori di v per i materiali metallici di uso comune.
Per i materiali isotropi, il modulo elastico ed il modulo di taglio sono correlati tra loro e
con il rapporto di Poisson secondo la

E= 2 G(l + .v)
(6.9)

Per molti metalli G vale circa 0.4E, pertanto una volta noto il valore di un modulo, l'altro può
essere ricavato dall'equazione 6.9, seppure approssimativamente.
Alcuni materiali sono elasticamente anisotropi, ovvero il loro comportamento elastico (e
quindi il valore del modulo E) varia con la direzione cristallografica (Tabella 3.3). Per que-
sto tipo di materiali, le proprietà elastiche sono completamente caratterizzate soltanto speci-
ficando il valore di un certo numero di costanti elastiche, dipendendo dalle caratteristiche

FIGUt\ 6.9 Allungamento assiale (asse


ill, z, deformazione positiva) e contrazioni
2
-----1 laterali (assi x e y e deformazioni negati-
.L Dr~~, ve) generate da sollecitazioni di trazione.

TI-----
l
10,
1
1
--
I
I
I
I
I
Le linee continue indicano le dimensioni
geometriche successivamente all'appli-
cazione dello sforzo, le linee tratteggiate
I quelle iniziali.

li
I
I
I
I
;)

,, M,12
z=T
e, M/2
-2=-ç
124 Capitolo 6 / Proprietà meccaniche dei metalli

della struttura cristallina. Anche nel caso di materiali isotropi, per una completa caratterizza-
zione delle proprietà elastiche, è necessario conoscere almeno due costanti elastiche. Dal
momento che, nei materiali policristallini l'orientazione dei grani è del tutto casuale, detti
materiali possono essere considerati isotropi così come i vetri ceramici inorganici. ~el segui-
to della trattazione sul comportamento meccanico i materiali vengono considerati isotropi e
policristallini, dal momento che queste sono caratteristiche proprie della maggior parte di
materiali ingegneristici.

E~E\IPIO OI PHOHLDIA 6.2

Un carico di trazione viene applicato lungo l'asse di simmetria di una barra cilindrica di otto-
ne avente un diametro di IO mm. Detenninare il carico necessario a produrre una variazione
del diametro di 2.5 x 1o·-
3 mm, ipotizzando una deformazione puramente elastica.

La situazione della deformazione è riportata nel disegno seguente.


F

i
r----+r::~
r---- L_, z

W !
F
Quando viene applicata una forza F, la barra si allunga nella direzione z e si riduce di diame-
lru ~d di 2.5 x 10-3 mm lungo la direzione x_ Per la deformazione nella direzione x si ha

= !:J.d= -2.5 x 10-3 mm= _ 2 5 10_4


Ex do 10mm . x

la quale è negativa dal momento che si ha una riduzione del diametro.


Si applica, poi, l'Equazione 6.8 per valutare la deformazione lungo l'asse z. Il rappo!-"lodi
Poisson per l'ottone è 0.34 (Tabella 6.1) e, pertanto,

=- Ex= - (-2.5 X 10-4) = 7 35 10-4


E, J/ 0.34 . X

Lo sforzo applicato può essere valutato mediante l'Equazione 6.5 dove il modulo elastico E è
97 GPa, come riportato in Tabella 6.1.

a= Efi= (7.35 x 10--4)(97x 103MPa) = 71.3 MPa


6.5 Proprietà elastfrhe dei materiali • 125

Infine, dall'Equazione 6.1 si è in grado di determinare la forza applicata

F = uA 0 = u (~o)
\ 7

= (71.3 X 106 N/m 2 ) ( 10 X ~o-m


3
r 1T = 5600 N

DEFORMAZIONEPLASTICA==-----·--------==========
Per molti materiali metallici, la deformazione rimane elastica solo fino a deformazioni di
circa 0.005. Non appena il materiale viene deformato al di sopra di questa soglia, lo sforzo
non segue più un andamento proporzionale alla defomJazione (la legge di Hooke, Equazione
6.5, cessa di essere valida) e appare una deformazione plastica la quale è una deformazione
permanente e non recuperabile. In Figura 6.1 Oa è riportata schematicamente una curva sfor-
zo-deformazione nel campo di deformazione plastica per un metallo. La transizione dal com-
portamento elastico a quello plastico avviene generalmente in maniera piuttosto graduale per
la maggior parte dei metalli e, ali 'insorgere della deformazione plastica, appare una curvatu-
ra dt:I diagramma, che cresce più rapidamente al crescere dello sforzo.
Dal punto di vista atomico, la deformazione plastica corrisponde alla rottura di alcuni
legami tra atomi vicini, allo scorrimento degli stessi ed alla conseguente formazione di nuovi
legami tra nuovi atomi vicini. Una volta rimosso lo sforzo, gli atomi e le molecole non pos-
sono più ritornare nelle loro posizioni originali. TI meccanismo di deformazione plastica è
diverso nel caso di materiali cristallini e nel caso di materiali amorfi. Per solidi cristallini, la
defonnazione awiene per mezzo di un processo chiamato scorrimento, il quale coinvolge il
movimento delle dislocazioni, come verrà discusso nel Paragrafo 7.2. La deformazione pla-
stica nei solidi non cristallini (così come nei liquidi), invece, avviene per mezzo di un mec-
canismo di scorrimento viscoso, come verrà indicato nel Paragrafo 13.9.

l·lt,l H\ C.. I O
(a) Tipica curva
Elastica I Plastica
sforzo-deformazione per
un metallo, nella quale Limite di
snervamento
sono riportate le deforma-
superiore
zioni elastiche e plasti-
che, il limite di propor-
zionalità P ed il limite di
snervamento a,.,determi-
nato secondo il metodo
della deformazione allo snervamento
0.002. (b) inferiore
Comportamento
sforzo-deformazione per
alcuni acciai nel quale si
riconosce il fenomeno
dello snervamento.

I Deformazione Deformazione
~0.002

(,1) (b)
126 • Capitolo 6 / Proprietà meccaniche dei metalli

6.6 PROPRIETÀ A TRAZIONE

SNERVAJU.El\TOE CARICO DI Sl'ìERVA:'WENTO


In molti casi, nella fase di progettazione si prevede che le strutture siano sottoposte sempre
ad uno sforzo in campo elastico. È pertanto necessario conoscere il valore dello sforzo oltre
il quale inizia la deformazione plastica, ovvero av,viene il fenomeno di snervamento. Per i
metalli, per i quali la transizione tra il comportamento elastico e quello plastico è graduale, il
punto di snervamento può essere determinato come il punto oltre il quale la curva
sforzo-deformazione non segue più un andamento lineare; questo punto è spesso chiamato il
limite di proporzionalità, indicato dal punto P nella Figura 6.1 Oa.Tuttavia, in alcuni casi, la
posizione di questo punto può non essere determinabile graficamente con sufficiente preci-
sione. Pertanto è stata introdotta una convenzione la quale stabilisce che il limite P può esse-
re determinato tracciando una linea parallela alla linea del tratto elastico e passante per una
fis5ata deformazione, in genere pari a 0.002. Lo sforzo corrispondente all'intersezione di
questa linea con la curva sforzo-deformazione è definito carico di snervamento a,7.li pro-
cedimento ora descritto è mostrato nella Figura 6.10a. Naturalmente le unità di misura del
carico di snervamento sono MPa.
Per i materiali che presentano un comportamento elastico non lineare (Figura 6.6), il
metodo ora descritto non può essere applicato e la pratica corrente prevede la definizione di
limite di snervamento come lo sforzo richiesto per produrre una certa e determinata defor-
mazione (per esempio E.= 0.005).
Alcuni acciai ed altri materiali presentano una curva sforzo-deformazione a trazione
come quella riportata nella Figura 6. l0h. La transizione tra il campo di deformazioni elasti-
che e quelle plastiche è molto ben definita ed avviene in un tratto chiamato zona di .men'f1-
mento. La deformazione plastica inizia in corrispondenza di una decrescita dello sforzo al
punto detto limite di snervamento superiore. Successivamente la deformazione varia flut-
tuando intorno ad un valore di sforzo medio, chiamato il limite di snervamento inferiore; suc-
cessivamente lo sforzo cresce al crescere della deformazione. Per i metalli che mostrano tale
comportamento, si assume quale carico di snervamento lo sforzo medio associato con il limi-
te di snervamento inferiore, dal momento che questo è un valore ben definito, relativamente
indipendente e non influenzato dalla procedura di prova 8 • Pertanto, per questi materiali non è
necessario impiegare la costruzione grafica precedentemente descritta.
Il carico di snervamento per un metallo è la misura della resistenza da questo opposta ad
essere deformato plasticamente. I carichi di snervamento variano dai 35 MPa per l'alluminio
a bassa resistenza, fino ai 1400 MPa per gli acciai ad alta resistenza.

RESISTENZA A ROTTLRA

Dopo lo snervamento, lo sforzo necessario a continuare la defonnazione plastica nei metalli


cresce fino a raggiungere un valore massimo, il punto M nella Figura 6.11 e, successivamen-
te, decresce fino alla frattura, indicata dal punto F. La resistenza di rottura (MPa) è lo sfor-
zo rappresentato dal punto di massimo della curva sforzo-deformazione (Figura 6.11).
Questo valore corrisponde allo sforzo massimo che può essere sostenuto da una struttura s·ol-
lecitata a trazione; pertanto se questo sforzo viene applicato e mantenuto, si ottiene la rottura
del pezzo. Le deformazioni che avvengono sul provino fino a questo punto sono ripartite

7Vieneusato il termine ''resistenza" al posto di sforzo, perché la resistenzaè una proprietàdel materia-
le mentre lo sforzo è il valore del carico applicato.
"Si potrebbenotare che per osservare il punto di snervamentosi deve impiegareun dispositivodi presa
di trazione "rigido" in modo da non avere deformazioneelastica della macchinadurante la trazione.
6.6 Proprietà a trazione • 127

FIGllU 6. ll
Tipica curva
sforzo-deformazione fino M
TS -----------------..:-::,;-__..-----
a frattura (punto F). li
carico di rottura è indica-
to dalla lettera M. Nei
riquadri circolari sono
rappresentate le variazio-
ni della geometria del
provino in punti differenti
della curva.

Deformazione

unifonnemente lungo tutta la sua lunghezza. Invece, in corrispondenza dello sforzo massimo,
si comincia a formare un piccolo restringimento di sezione (strizione) dove vengono localiz-
zate tutte le defonnazioni successive, come indicato nei riquadri relativi alla geometria del
provino di Figura 6.11. Questo fenomeno si chiama "strizione" e la frattura, che giunge alla
conclusione della prova, avviene proprio al centro del restringimento. Il carico di frattura cor-
risponde invece allo sforzo presente al punto di frattura.
La resistenza a rottura può variare tra i 50 MPa per l'alluminio e i 3000 MPa degli acciai ad
alta-resistenza. Generalmente, tuttavia, per quanto riguarda i calcoli di progetto, si utilizza il
limite di snervamento, dal momento che quando si è nell 'inromo del carico di rottura, il mate-
riale ha già subito una deformazione plastica così ragguardevole da essere inutilizzabile. I ca-
richi di rottura, infatti, non vengono normalmente neanche specificati nei progetti.

ESB1PIO DI PROBI.DIA 6.3

Basandosi sulla curva sforzo-deformazione di un provino in ottone riportata nella Figura 6.12,
si determinino le seguenti grandezze:

(a) il modulo elastico


(b) il carico di snervamento per una deformazione di 0.002
(e) il carico massimo che il provino cilindrico è in grado di sostenere se esso ha un diametro
iniziale di 12.8 mm
(d) l'allungamento subito dal provino, originariamente lungo 250 mm, quando sottoposto ad
uno sforzo pari a 345 MPa.

SOLVZUHE
(a) Il modulo elastico è la pendenza del tratto lineare iniziale della curva sforzo--<iefonnazio-
ne. Nel riquadro interno di Figura 6.12 è riportato un ingrandimento dell'asse delle deforma-
zioni per facilitare il calcolo. La pendenza della regione lineare è data dalla variazione dello
sforzo diviso la corrispondente variazione della defonnazione, ovvero, in termini matematici:
128 • Capitolo 6 I Proprietà meccaniche dei metalli

500
!<esistenza a trazione

"
450MPa ~

400
/-:-
MPa
-;; 300
c. I
~ I
o I
200 I
"
'2 I
Carico di
V) I
200 I ~nervamento
I
J 250 MPa
I
100 J
I
I
100 I
I
I
o
0.005

0.10 0.20 0.30 0.40


Deformazione

FIGI RA 6. 12 Curva sforzo---defonnazione per il provino in ottone, oggetto del Problema 6.3.

11a
E = pendenza = & =
(6.10)

D'altronde, dal momento che la retta passa per l'origine, è conveniente assumere a 1 e E 1 pari
a zero. Gli altri valori possono essere scelti arbitrariamente considerando, però, che a uno sfor-
zo a 2 pari a 150 MPa corrisponde e 2 pari a 0.0016. Pertanto

E= ( 150 - O) MPa = 93.8 GPa


(l.0016 - O

il valore ottenuto è estremamente prossimo al valore nominale di 97 GPa riportato per l'otto-
ne nella Tabella 6. l.
(b) Per intercettare il carico di snervamento, è necessario costruire una linea retta passante per
0.002 come riportato nel riquadro in figura, l'intersezione di tale retta con la curva corrispon-
de ad un carico di 250 MPa, che è il carico di snervamento dell'ottone.
(e) Il carico massimo che il provino è in grado di sostenere viene calcolato applicando
l'Equazione 6. I, nella quale a è il carico di rottura, pari a 450 MPa (Figura 6.12). Risolvendo
la citata equazione rispetto a F si ottiene

F= <TAo
= <T(~o)\-

= (450 X 106 N/m 2) ( 12·8 \ 10- 3 m r 7T = 57,900 N

(d) Per calcolare la variazione dell'allungamento ,1/ dall'E4uazione 6.2 è prima necessario
determinare la deformazione causata dall'applicazione di un carico pari a 345 MPa. Ciò viene
ottenuto individuando sulla curva il punto corrispondente a questo sforzo (punto A) e leggcn-
6.6 Proprietà a trazione • 129

FIGI RA 6.13 Rappresentazione schemati-


ca del comportamento sforzo-deforma-
zione di un materiale fragile e di un mate-
riale duttile caricati fino a rottura.

B'

A e e·
Deformazione

L do poi la corrispondente deformazione sull'asse delle ascisse, che in questo caso è circa pari a
0.06. Essendo /0 = 250 mm si ha

l'll = E/ 0 = (0.06)(250 mm)= 15 mm

DLTTILITÀ

La duttilità è un'altra proprietà meccanica molto importante. Essa è una misura della defor-
mazione plastica che il materiale può subire senza rompersi. Un materiale che presenta scar-
sa u inesistenk deformazione plaslirn viene (.kfinilu un malt:rialt:J,-u.i:ile. In Figura 6.13 sunu
state riportate le curve sforzo-deformazione per un materiale fragile e per uno a comporta-
mento duttile.
La duttilità può essere espressa sia come a/lw1&amentopercentuale che come percentua-
le di riduzione della sezione. L'allungamento percentuale A% è la percentuale della defor-
mazione plastica a rottura, ovvero

/ - / )
{T (6.11)
A%= xlOO

dove 11 è la lunghezza a rottura 9 e [0 la lunghezza iniziale del provino. D'altronde dal momen-
to che la maggior parte della deformazione plastica si manifesta nella strizione, l'entità della
A% dipende dalla lunghezza iniziale del provino. Minore è /0 , maggiore è l'incidenza della
percentuale di allungamento presente nella strizione e, conseguentemente, maggiore è anche
A%. Pertanto è necessario sempre specificare il valore di /0 quando vengono riportati i dati
di allungamento percentuale, anche se in genere è pari a 50 mm.
La riduzione percentuale di sezione S% è definita come

(6.12)

9La misura di lr e di A1 viene effettutata dopo la frattura, accostando e ricomponendo le estremità della
provetta rotta.
130 • Capitolo 6 / Proprietà meccaniche dei metalli

Tabella 6.2 Tipiche roprietà meccaniche di alcuni metalli e leghe nello stato ricotto

Carico di Carico di Duttilità A%


Leghe metalliche snervamento MPa rotturaMPa (su 50 mm)

Alluminio 35 90 40
Rame 69 200 45
Ottone (70Cu-30 Zn) 75 300 68
Ferro 130 262 45
Nichel 138 480 40
Acciaio (1020) 180 380 25
Titanio 450 520 25
Molibdeno
565 655 35

dove A 0 è la sezione iniziale e Ar la sezione del provino a frattura. I valori di riduzione della
sezione sono indipendenti sia da /0 che da A 0 . Per un dato materiale i valori di A% e di S%
sono in genere diversi. La maggior parte dei metalli presenta, a temperatura ambiente, un
certo grado di duttilità che in genere si perde al diminuire della temperatura (Paragrafo 8.6).
La conoscenza della duttilità di un materiale è molto importante per almeno due ragioni.
In primo luogo, essa è un indice del grado di deformazione plastica che una struttura può sop-
portare prima di giungere a rottura. Secondo, essa indica anche il grado di deformazione con-
sentito durante la fase di fabbricazione dei componenti. Qualche volta i progettisti chiamano
"comprensivi" quei materiali che, in caso di errore nel calcolo dello sforzo in fase di proget-
to, sono in grado, grazie all'elevata duttilità, di sostenere severe deformazioni locali senza
rompersi.
In genere si classificano come materiali fragili quelli che presentano approssimativamen-
te deformazioni a rottura inferiori al 5%.
Come fin qui visto, moltissime proprietà importanti dei metalli possono essere dedotte
dalla curva sforzo-deformazione. Nella Tabella 6.2. sono riportati alcuni valori del limite di
snervamento, carico di rottura e duttilità per diversi fra i più comuni materiali metallici.
Bisogna tuttavia considerare che queste proprietà dipendono dalle condizioni nelle quali il
provino si trova al momento della prova e quindi precedenti deformazioni, presenza di impu-
rità ed eventuali trattamenti termici possono influire sulle proprietà trovate. 11modulo elasti-
co, invece, non è influenzato da nessuno di questi fattori. In tutti i casi, invece, sia il modulo
elastico che il limite di snervamento e il carico di rottura diminuiscono al crescere della tem-
peratura, mentre, al contrario, la duttilità aumenta. Nella Figura 6.14 sono riportate le curve
sforzo-deformazione per il ferro a diverse temperature.

FIGLRA 6.14 800


Curve -200"C
sforzo-deformazione per
il ferro a diverse 600
temperature. ~
5
o 400
t'
..2
V)

200

o..____ __._
____ _._____ ..__
___ __._
____ _.
o 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5
Deformazione
6.6 Proprietà a trazione • 131

RESILIEl\ZA

La resilienza è la capacità di un materiale di assorbire energia se sottoposto a deformazione


elastica e poi di rilasciarla durante la fase di scarico. La grandezza associata a questo fenomeno
è il modulo di resilienza V, che rappresenta l'energia di deformazione per unità di volume ne-
cessaria per portare un materiale dallo stato iniziale a raggiungere il suu limite di snervamento.
Per calcolare il modulo di resilienza di un provino sottoposto a un carico a trazione unias-
siale è necessario valutare l'area sottesa alla curva sforzo-deformazione fino al limite di
snervamento (Figura 6.15), ovvero

u,.;.,JA~de
•.. o .. (6.13a)

che, assumendo la regione elastica lineare,

(6.13b)

dove EY è la deformazione allo snervamento.


Le unità di misura della resilienza sono il prodotto delle unità di misura riportate su cia-
scun asse del diagramma sforzo-deformazione. Nel SI essa si misura in joules per metro
cubo (J/m\ equivalente al Pa). Ambedue le unità sono quelle di un'energia e pertanto l'area
sottesa alla curva sforzo-deformazione rappresenta l'energia assorbita per unità di volume
del materiale.
Inserendo l'Equazione 6.5 nell'Equazione 6.13b si ottiene:

·.. ' ·•:.· ·..·.(·()'.) .... ci .·


Ur. --·'la·.· ... -· 1.,.,,.
.... ;,.·.,..,.·..·, ....
· (6.14)
2 Y"°.Y - t '-'j, -.- - --
···. ·...·.. .····.... E 2E

pertanto i materiali resilienti sono quelli che presentano elevato limite di snervamento e
basso modulo elastico; leghe con queste caratteristiche dovrebbero essere impiegate nella
fabbricazione di molle.

TENACITÀ

Il termine tenacità viene in genere impiegato in diversi contesti. In parole povere, esso indi-
ca la capacità di un materiale di assorbire energia fino al raggiungimento della rottura. Nella

FIGI:&\ 6.15 Rappresentazione schematica che mostra la

fl
determinazione del modulo di resilienza (corrispondente
/I all'area ombreggiata) da una curva sforzo-deformazione di
. ,::
.I I
un materiale.
:,' :
f'.
···' I1
o ·'/ .I
t:' I.. I
2 ·•,- I
V, J I
I :
/ I
1· I
I I
I .1
·.I . I
I. . I

-j f-0.002
.,
Deformazione
132 • Capitolo 6 / Proprietà meccaniche dei metalli

determinazione della tenacità sono molto importanti sia la geometria del provino che la
modalità di applicazione del carico. Nel caso di condizioni di carico dinamico (alta velocità
di deformazione) e in presenza di intagli (o punti di concentrazione degli sforzi) viene deter-
minata la resilienza a intaglio mediante l'impiego di test di impatto, come verrà disoosso nel
Paragrafo 8.6. La tenacità a frattura indica anche la capacità di resistenza di un materiale alla
frattura quando una cricca è presente al suo interno (Paragrafo 8.5).
Nel caso di condizioni statiche (bassa velocità di deformazione), la tenacità può venire
determinata dalla curva sforzo-deformazione. In questo caso essa è l'area sottesa alla curva
o-E fino al punto di rottura. Le unità di misura della tenacità sono le stesse impiegate per la
resilienza (ovvero energia per unità di volume). Un materiale tenace mostra sia elevata resi-
stenza che duttilità e infatti, molto spesso, i materiali duttili sono più tenaci di quelli fragili.
Questa asserzione è dimostrata dalla Figura 6.13 nella quak sono riportate le curve sfor-
zo-deformazione di entrambi i materiali duttili e fragili. Pertanto, anche se i materiali fragi-
li presentano maggiore limite di snervamento e carico di rottura, tuttavia, come è possibile
verificare confrontando le aree ABC e AB' C' di Figura 6.13, essi hanno minore tenacità dei
materiali duttili, in quanto difettano di duttilità.

6. 7 SFORZO E DEFORMAZIOl\"E REALI

Analizzando la curva riportata in Figura 6.11 si nota che dopo il raggiungimento del punto M
la curva comincia a decrescere come se il materiale si indebolisse. In realtà ciò non è affatto
vero, dal momento che lo sforzo cresce sempre. Quello che invece varia è la sezione del pro-
vino che diminuisce velocemente in prossimità della strizione, dove è concentrata la defor-
mazione. Questa concomitanza di eventi genera una riduzione della capacità del provino di
sopportare lo sforzo. In realtà è da tenere presente che lo sforzo calcolato applicando
l'Equazione 6.1 è riferito alla sezione iniziale del provino, prima che intervenisse qualsiasi
deformazione e non tiene quindi in conto l'avvento della strizione.
ln alcune circostanze è più corretto invece impiegare una curva sforzo-deformazione
reale. Lo sforzo reale oR è definito come il rapporto tra la forza F e la sezione istantanea Ai
sulla quale insiste la deformazione (la strizione), ovvero
F
OR::a:-
A; (6.15)

Parimenti alcune volte è conveniente riferirsi alla deformazione reale EH definita come

(6. 16)

Se non avviene alcun cambiamento di volume, si ha

(6.17)

e pertanto gli sforzi e le deformazioni reali e nominali sono legate dalle

OR ::a: o(l + E)
(6.18a)
eR::::ln(l + e)
(6.18b)

Le Equazioni 6. I 8a e 6. I 8b sono valide soltanto fino alla strizione, mentre oltre questo punto
gli sforzi e le deformazioni dovrebbero venire calcolati misurando gli effettivi carichi, sezio-
ni e lunghezze.
6. 7 Sforzo e deformazione reali • 133

t'u;i Il\ 6. 16 Confronto fra le curve


sforzo-deformazione reali e nominali.
Re:----
La slrizione si verifica in prossimità
M'~-::--=-::-
----co-:ua del punto M sulla curva nominale. che
corrisponde al punto M' della curva
reale. La curva denominata "corretta"
prende in considerazione il complesso
Nominale stato di sollecitazione presente nella
zona della strizione

Oeformazione

La Figura 6.16 mette a confronto le curve schematiche nominale e reale. È interessante


notare che lo sforzo realmente occorrente per sostenere la continua crescita della deforma-
zione è sempre crescente, anche dopo aver passato il punto M '.
In corrispondenza della strizione, in questa zona appare anche la formazione di uno stato
tensionale piuttosto complesso caratterizzato dall'esistenza di componenti di sforzo in dire-
zioni diverse dallo sforzo assiale. Lo sforzo realmente agente in direzione assiale è quindi
leggermente inferiore a quello calcolato basandosi sul valore del carico applicato.
Considerando anche questi aspetti si giunge alla curva "corretta" di Figura 6.16.
Nel caso di alcuni metalli e leghe, la regione della curva sforzo---<leformazionecompresa
fra il tratto dove inizia la deformazione plastica e il punto di inizio della strizione, può esse-
re descritta dalla:

(6.19)

In questa espressione K e n sono costanti il cui valore cambia da lega a lega e dipende anche
dalla condizione del materiale (ovvero se esso è stato precedentemente deformato, sottoposto
a trattamento termico, ecc.). Il parametro n è spesso chiamato esponente di indurimento per
deformazione plastica ed è sempre inferiore all'unità. I valori di K e n per diverse leghe sono
riportati nella Tabella 6.3.

Tahdla 6.:~ Valori dine di K (Equazione 6.19) per alcune leghe

K
Materiale n MPa

Acciaio al carbonio (ricotto) 0.26 530


Acciaio legato (tipo 4340, ricouo) 0.15 640
Acciaio inossidabile (tipo 304, ricotto) 0.45 127S
Alluminio (ricotto) 0.20 180
Lega di alluminio (tipo 2024, trattata termicamente) 0.16 690
Rame (ricotto) 0.54 315
Ottone (70Cu-30Zn, ricotto) 0.49 895
Fonte: Da Manufacturin[? Processes for Engineering Materials di Seope Kalpakjian; Copyright © 1984 da
Addson-Wesley Publishing Company. Ristampa autorizzata.
134 • Capitolo 6 / Proprietà meccaniche tlei metalli

ESEl.\11'10 DI l'KOBI.EMA 6.4

Un provino cilindrico in acciaio di diametro iniziale 12.8 mm è sottoposto a trazione fino a rot-
tura e presenta un carico di rottura nominale a1 patì a 460 MPa. Se il diametro a rottura è di
10.7 mm determinare:

(a) la duttilità in termini di riduzione di sezione percentuale


(b) il carico di rottura reale.

Sou 1z10,VF:

r r
(a) La duttilità viene calcolata impiegando l'Equazione 6.12, ovvero

. (12.82mm 1T _ (10.72mm TI

--S%= -----------
(12.82mm TI r X 100

= 128.7 mm2 - 89.9 mm2 100 = 30o/i


128.7 mm2 x 0

(b) Il carico di rottura reale è definito dall'Equazione 6.15, dove in questo caso deve venire
impiegata la sezione a rottura Af. Comunque, è necessario prima calcolare la forza a rottura dal
carico di rottura:

Pertanto il carico reale è dato dalla

F 59,200N
a. = A1 = _____ (_l_m_z_)_
(89.9 mm2) 106mm2

= 6.6 x 108 N/m 2 = 660 MPa

E~utPIO m PROBLE]H.\ 6 . .5

Calcolare l'esponente di indurimento per deformazione n nell'Equazione 6. I 9 per una lega per
la quale lo sforzo reale di 415 MPa produce una deformazione di O.t O; si assuma per K il valo·
re di 1035 MPa.

Sou·zto.\'E
Questo quesito richiede alcune trasformazioni algebriche dell'Equazione 6.19 per esplicitare
il parametro n. Questo può essere ottenuto impiegando i logatitmi e rielaborando. Risolvendo
rispetto ansi ottiene:

n = log Ok - log K
)og ER
= log(415 MPa) - log(1035 MPa) = 0 40
log(O.l) .
6.10 Durezza • 135

6.8 RECUPERO ELASTICO DURANTE


DEFOR.\'IAZIONE PLASTICA

Quando il carico viene rilasciato durante una prova di trazione, una frazione della deforma-
zione totale, la deformazione elastica, viene recuperata. Questo comportamento è descritto
nella Figura 6.17 dove è riportata schematicamente una curva sforzo-deformazione nomina
le. Durante il ciclo di scarico, la curva di scarico è una linea retta dal punto di scarico (punto
D), con una pendenza virtualmente pari al modulo elastico, ovvero parallela al tratto iniziale
ela<;ticodella curva. L'entità della deformazione elastica, che viene recuperata in fase di sca-
rico, corrisponde appunto all'entità del recupero, come mostrato in Figura 6.17. Se poi il cari-
co viene nuovamente applicato, la curva di carico coinciderà perfettamente con la linea di
scarico, in direzione opposta e le condizioni di snervamento saranno nuovamente raggiunte
in corrispondenza dello sforzo al quale era iniziato lo scarico. Vi è anche un recupero elasti-
co associato alla frattura.

6. 9 DEFORMAZIONE A COMPRESSIONE
A TAGLIO ED A TORSIONE

Naturalmente, anche quando si applicano carichi di compressione, taglio e torsione i metalli


possono subire deformazione plastica. Il comportamento sforzo-deformazione nella regione
plastica è simile al corrispondente tratto della curva ottenuta nel caso di carico trazione
(Figura 6.10a; snervamento e curva associata). Comunque in questi casi non vi è un massimo
della curva né il fenomeno della strizione, inoltre anche il meccanismo di rottura è diverso da
quello presente in caso di trazione.

6.10 DLREZZA

Un 'altra proprietà meccanica che può risultare importante considerare è la durezza, che è la
misura della resistenza offerta da un materiale alla deformazione plastica (ovvero a un pic-
colo penetratore o un incisore). Le prime prove di durezza prevedevano l'impiego di minera-
li naturali, la cui durezza era riportata su di una scala empirica costruita considerando la capa-
cità di un materiale di riuscire a penetrare un altro evi<le11tementepiù morbido.
Con questo metodo è stata sviluppata una scala qualitativa e, per certi versi, arbitraria , chia-
mata scala Mohs, che viene impiegata per classificare la durezza di diversi materiali, con
valori che vanno da I per il materiale più morbido, il talco, a 10 per il diamante. Nel tempo

FIGUU 6.17 Diagramma sforzo----<lefor-


mazionc schematico nel quale è mostrato il
fenomeno del recupero elastico e dell' indu-
rimento per deformazione. Il primo carico
di snervamento viene indicato con a, ,
carico
mentre o;. è lo snervamento dopo aver ril~-
o
N sciato il carico al punto D e poi ricaricato il

<J) provino.

Riapplicazione
del carico

Deformazione

Recupero
deformazione elastica
136 Capitolo 6 I Proprietà meccaniche dei metalli

poi sono state ideate tecniche per la valutazione quantitativa della durezza, le quali prevedo-
no l'impiego di un piccolo penetratore il quale viene forzato a penetrare attraverso la super-
ficie del materiale da analizzare, secondo modalità di applicazione di carico e velocità di
penetrazione controllata. La profondità e la fonna dell'impronta risultante viene poi Rlisura-
ta e da queste misure si risale alla valutazione della durezza espressa con un numero. Più
larga e profonda è l'impronta lasciata dal penetratore, minore è la durezza del materiale e
l'indice di durezza ad esso associato. È importante notare che le misure di durezza non sono
valori assoluti, ma relativi e che, soprattutto, esse sono legate al tipo di tecnica impiegata per
la sua valutazione, pertanto è sempre necessario prestare molta attenzione quando si parago-
nano valori provenienti da misure effettuate impiegando differenti metodologie.
Le prove di durezza sono effettuate molto più frequentemente delle altre prove meccani-
che per diversi motivi:

1. Sono semplici e poco costose - infatti il campione non deve subire particolari prepa-
razioni preliminari e, inoltre, l'apparato di misura è poco costoso.
2. La prova è di carattere non distruttivo - ovvero il campione non viene né fratturato né
eccessivamente defonnato, l'unica deformazione che rimane è una piccola impronta.
3. Altre proprietà meccaniche possono spesso venire dedotte dalle misure di durezza,
come ad esempio il carico di rottura (Figura 6.19).

PHOVA IH Dl REZZc\ 111

La prova Rockwell costituisce uno dei metodi più comunemente impiegato per misurare la
durezza perché è molto semplice da effettuare e non richiede particolari conoscenze da parte
dell'operatore. A seconda del tipo di penetratore scelto e del carico applicato possono venire
impiegate diverse scale, in maniera tale che sia possibile misurare tutti i metalli e le leghe,
dalle più dure alle più morbide. I penetratori consistono in sfere di acciaio incrudito con dia-
metri pari a ~. ½,¼e 1pollice ( 1.588, 3.175, 6.350 e 12.7 mm) oppure in un diamante a forma
conica (penetratore Brale), che viene invece impiegato per i materiali più duri.
Con questa metodologia la durezza viene misurata come la differenza di profondità delle
impronte generate dall'imposizione di un carico basso (inizialmente imposto) e poi da un
carico maggiore, successivamente imposto. L'imposizione di un basso carico iniziale serve a
fornire garanzia di maggiore accuratezza nei risultati. A seconda dell'entità dei due carichi
impiegati si hanno due differenti tipi di prove: la Rockwell e la Rockwell superficiale. Nella
Rockwell il carico più basso è di IO kg, mentre il carico maggiore può essere di 60, 100 o 150
kg. In corrispondenza di questi carichi esistono altrettante scale di durezza contrassegnate da
diverse lettere dell'alfabeto, come riportalO per molte di esse nella Tabella 6.4 e 6.5a dove
vengono anche riportati i diversi tipi di penetratori. Nel caso della durezza superficiale, i cari-
chi sono pari a 3 kg per il minore e 15, 30 o 45 kg per i maggiori. In questo caso le scale sono
contrassegnate dai numeri 15, 30 e 45 (a seconda del carico massimo applicato) e dalle lette-
re N, T, W, X o Y in base al penetratore impiegato. Le prove di durezza superficiale vengo-
no in genere effettuate su provini sottili. Nella Tabella 6.5b sono riportate alcune scale di
durezza superficiale.
Quando si riportano i valori di durezza Rockwell o Rockwell superficiale, è necessario
indicare sia il numero della durezza che la scala impiegata. La scala è riportata con il sim-
bolo HR seguito dal numero identificativo della scala 11• Ad esempio, 80 HRB significa una

10 ASTM Standard E 18, "Standard Test Methods for Rockwell Hardness and Rockwell Superficial

Hardncss of Metallic Materials.'"


11 Le scale Rockwell sono spesso indicate con la R ed una lettera che si riferisce alla specifica scala. Per

esempio Re indica la Rockwell con la scala C.


6.10 Durezza • 137

Il
>
;:r:
'01l èl;""oi)'
0ll 00 IOO
.:.: .:.O:.><.:.:.:.:.:.:
~8~ ~~~

TahPlla h. I Sistemi di prova per la durezza

Forma dell'impronta

Prova Penetratore Vista laterale Vista da/l'alto

Brinnell Sfera in au:iaio o


carburo di
lugsteno
diametro IO mm

Microdurczza Piramide di
Vickers diamante

Microdurezza Piramide di
.__ rt
Knoop diamante - llb = 7.11 t
bit= 4.00

Rockwell e Cono di diamante


Rockwell { s'.er~ in. accia!o
superfic ialc d1 d1ame1ro ;;;,
~. ~ e ~ pollice

z.'~

---- --
"Per le formule di durezza fomile, P (carico applicalo) è in kg, mentre D, d, d 1 ed I sono in in mm.
Fonte: Da H. W. Hayden, W. G. Moffatt e J. Wulff, The Structure and Properties ofMaterials, Voi. lii, Meehanica
Ristampa aulorizzata da John Wiley & Sons, lnc.
138 • Capitolo 6 / Proprietà meccaniche dei metalli

Tabella 6.5a Scale di durezza Rockwell

Simbolo scala Penetrato re Carico maggiore (kg)

A Diamante 60
B Sfera 1/16 in. 100
e Diamante 150
D Diamante l00
E Sfera 1/8 in. 100
F Sfera l/16in. 60
G Sfera 1/16 in. 150
H Sfera I/8 in. 60
K Sfera I/8 in. 150

Talwlla 6.5b Scale di durezza Rockwell superficiale


Simbolo scala Penetratore Carico maggiore (kg)

15N Diamante 15
30N Diamante 30
45N Diamante 45
15T Sfera 1/16 in. 15
30T Sfera 1/16 in. 30
45T Sfera 1/16 in. 45
15W Sfera 1/8 in. 15
30W Sfera 1/8 in. 30
45W Sfera 1/8 in. 45

durezza Rockwell pari a 80 della scala B, mentre 60 HR30W indica una durezza superficia-
le paria 60 nella scala 30W.
Per ogni scala, la durezza può arrivare fino a 130; comunque è importante notare che quando
i valori di durezza superano 100 o sono inferiori a 20 in tutte le scale, allora essi devono essere
considerati inaffidabili, ma siccome tra le diverse scale vi è un certo livello di sovrapposizione, in
questi casi è necessario passare a impiegare la scala di durezza maggiore o minore.
L'inaffidabilità dei risultati può anche derivare dall'impiego di un provino troppo sottile,
oppure se l'impronta viene effettuata vicino al bordo del provino, oppure ancora se vengono
fatte due impronte troppo vicine tra loro. Lo spessore dei provino dovrebbe essere pari ad al-
meno I O volte la profondità del!' impronta, mentre i centri di due di verse impronte o il centro
di una impronta e il bordo del provino dovrebbero essere separati da una distanza almeno pari
a tre diametri dell'impronta. Inoltre si deve evitare di effettuare le impronte tenendo due pro-
vini sovrapposti. L'affidabilità dei risultati dipende anche dalla finitura superficiale del pro-
vino che deve essere liscia e piatta.
Lo strumento moderno per la misura Rockwell (pagina 113) è automatico e molto semplice
da usare, la durezza è direttamente riportata su un display e ogni misura richiede appena pochi
secondi.
Queste apparecchiature più recenti permettono anche la variazione del tempo di applica-
zione del carico. In questo caso, però, anche questa variabile deve essere considerata nel! 'in-
terpretazione dei risultati.

PROVA DI DUREZZA BRINELL' 1

Anche nella prova Brinell, così come nella Rockwell, un penetratore sferico duro viene for-
zato a penetrare sulla superficie del metallo. Il diametro del penetratore di acciaio incrudito
(o di carburo di tungsteno) è di l O mm. I pesi standard vanno dai 500 ai 3000 kg con inere-

12 ASTM Standard E 10, "Standard Test Method for Brine!! Hardness of Metallic Materials."
6.10 Durezza • 139

menti di 500 kg; durante il test il carico viene mantenuto costante per un determinato tempo
(compreso tra i 10 e i 30 s). Naturalmente i materiali più duri richiedono l'applicazione di
carichi più elevati. Tl numero di durezza Brinell, HB, è una funzione sia dell'entità del cari-
co, che del diametro dell'impronta (Tabella 6.4)u. 11diametro dell'impronta viene misurato
con un microscopio di bassa potenza, impiegando una scala che è direttamente riportata sul-
l'oculare. Il diametro misurato viene poi convertito nel corrispondente numero HB impie-
gando un diagramma, in questo caso vi è solo una scala.
Anche in questo caso lo spessore massimo consentito, la posizione dell'impronta (rispet-
to al bordo del provino) e la distanza minima tra due impronte sono gli stessi previsti per la
prova Rockwell. Inoltre, è necessario che l'impronta sia ben definita e pertanto serve una
superficie di prova liscia e piatta nella quale fare l'impronta.

PROVE DI "'.\'IICKODUREZZAVICKEKS E KNOOP 11

Altri due metodi per misurare la durezza sono il metodo Knoop (si pronuncia nìlp) e il
Vickers (a volte chiamato a piramide di diamante). In ambo i casi il penetratore è un piccolo
diamante a geometria piramidale. I carichi applicati sono molto inferiori a quelli impiegati
nei metodi Rockwell e Brinell e vanno da I a 1000 g. L'impronta viene quindi osservata al
microscopio ottico e misurata; questa misura viene poi convertita in numero di durezza
(Tabella 6.4). In questo caso la superficie del provino deve venire attentamente preparata
(lisciata e pulita) per assicurare la qualità dell'impronta che si deve poi misurare. Le durezze
Knoop e Vickers vengono designate rispettivamente dalle lettere HK e HV 15 e le loro scale
sono praticamente equivalenti. I bassi carichi e le dimensioni delle impronte giustificano il
nome di microdurezze impiegato in questi casi. Ambedue i metodi sono molto adatti per
misurare piccole aree o regioni specifiche; inoltre la Knoop viene impiegata per provare la
durezza di materiali fragili come i ceramici.
Vi sono altre tecniche di durezza che vengono frequentemente impiegate, ma che non ver-
ranno qui presentate; queste includono i metodi di misura della microdurezza a ultrasuoni,
dinamica (Scleroscope), con il durometro (per le plastiche e gli elastomeri) e la prova di graf-
fio. In ogni caso chi fosse interessato può consultare la bibliografia riportata a fine capitolo.

CONVERSIONE DEI VALORI DI DUREZZA

La possibilità di convertire e confrontare le misure di durezza effettuate con metodi diversi è


sicuramente un aspetto estremamente desiderabile. Comunque, dal momento che la durezza
non è una grandezza facilmente definibile e che vi sono parecchie e non trascurabili diffe-
renze tra le diverse metodologie di misura, allo stato attuale non è ancora stata sviluppata una
procedura di conversione univoca. Le metodologie di conversioni attuali si basano su raf-
fronti sperimentali fra le scale e dipendono fortemente dal tipo di materiale in esame e dalle
sue caratteristiche. I dati attualmente più affidabili riguardano quelli della conversione delle
durezze degli acciai; i dati proposti nella Figura 6.18 riguardano la conversione tra le scale
Knoop, Brinell e le due Rockwell, oltre a quella Mohs. Tabelle di conversione dettagliate per
diversi metalli e leghe sono riportate dallo standard ASTM E 140 intitolato "Tabelle di con-
versione di durezze dei metalli". Alla luce della trattazione precedente, è bene ricordare che
l'estrapolazione delle conversioni dei dati da una lega ad un'altra deve essere effettuata con
la massima cura ed attenzione.

1.iI numeri di durezza Brinell vengono anche indicati come BHN.


14 ASTM Standard E 92, "Standar Test method for Vickers Hardness of Metallic Materials" e ASTM
Standard E 384, "Standard Test for Microhardness of Materials."
15 Talvolta i numeri di durezza Knoop e Vickers vengono indicati con KHN e VHN, rispettivamente.
140 • Capitolo 6 / Proprietà meccaniche dei metalli

FIGURA 6.18 10,000


Confronto tra diverse
scale di durezza (Da G.F. 10 Diamante
Kinney, Engineering 5,000
Properties and
Applications of Plastics,
p. 202. Copyright ©
1957, di fohn Wiley e 2,000
Sons, New York.
Riproduzione autorizzata 9 Zaffiro
da fohn Wiley & Sons, Acciai nitrurati
1,000 80 8 Topazio
lnc.)
1000 Utensili,da taglio
7 Quarzo
800 60 I
Lime
600 500
6 Ortoclasio
40
400
300
110

100
I
Acciai
5 Apatite

20 facilmente
200 fabbricati
200
80 o 4 ~luorite
Rockwell 3 Calcite
100 60 e
100
Durezza
40
20 Ottoni e
Knoop o leghe di
50 Rockwell alluminio
B

2 Gesso
20 Maggior parte
dei polimeri

10

5
Durezza Talco
Brincll
Scala
Mohs

CORRELAZIONE TRA LA DUREZZA E IL CARICO DI ROTTLllA

Sia il carico di rottura che la durezza sono indicatori della resistenza dei metalli alla defor-
mazione plastica. Conseguentemente queste grandezze possono essere considerate approssi-
mativamente proporzionali al carico di rottura, come riportato nella Figura 6.19, dove è ripor-
tato il carico di rottura in funzione di HB per la ghisa, l'acciaio e l'ottone. Tuttavia la stessa
relazione di proporzionalità non vale per tutti i metalli (Figura 6.19). Come regola generale
approssimativa, per la maggior parte degli acciai il carico di rottura e I'HB possono essere
correlate da
TS(MPa)!::·3.45x·aa
(6.20)
6.11 Variabilità delle proprietà dei materiali 141

Durezza Rockwc!I Fl(;nu 6.19


II Correlazione tra durezza e cari-
60 70 80 90 100 HRB co di rottura per l'acciaio, l'otto-
ne e la ghisa. (Da Metals
Handhook: Properties and
Selection: Irons and Steels. Voi.
1, 9th edition, B. Bardes, Editor,
American Society for Metals,
1978, pp. 36 e 461; e Metals
1500 Handbooks: Properties and
Selection: Nonferrous Alloys
and Pure Metals, Vol. 2, 9th edi-
'"
e,_

~
tin, H. Baker, Managing Editor,
Amcrican Society for Metals,
2"' 1000 1979,p. 327)
2
"O
e
.~
u"'
500

Numeri di durezza Brinell

6.11 VARIABILIT,\ DELLE PROPH.IKI',\ DEI MATERIALI

A questo punto della trattazione è bene sottolineare un fatto che alcune volte non è del tutto
chiaro alla maggior parte degli studenti di ingegneria, ovvero che le proprietà dei materiali mi-
surate non sono mai quantità esatte. Questo vuol dire che anche se si impiega lo strumento di
misura più preciso possibile e si adotta una procedura di misura estremamente rigorosa e con-
trollata, vi sarà sempre una dispersione fra i dati ottenuti effettuando più prove su più provini,
sebbene essi siano realizzati con lo stesso materiale. Per esempio, si consideri di avere un certo
numero di provini di trazione identici provenienti e preparati tutti dalla medesima barra di un
certo metallo o lega e si supponga di sottoporli tutti ad una prova di trazione con la medesima
apparecchiatura. Alla fine della prova si osserverà che i grafici dei risultati ottenuti sono leg-
. germente differenti tra loro. Questo fa sì che si ottengano diversi valori del modulo elastico,
dello snervamento e del carico di rottura. Un numero elevato di fattori è responsabile della non
perfetta riproducibilità dei dati misurari. Tra questi vi è il metodo di prova, piccole variazioni
nella procedura di preparazione dei provini, l'irriproducibilità delle mosse dell'operatore e la
calibrazione dell'apparato di misura. Inoltre possono anche essere presenti disomogeneità
nell'ambito dello stesso materiale e altre piccole differenze tra i lotti dei provini. L' ineluttabi-
lità di questi piccoli errori sistematici naturalmente non dispensa dal dovere sempre prendere
tutte le possibili precauzioni per minimizzare le possibilità di errore e anche per mitigare e
controllare quei fattori che possono condurre alla variabilità dei dati.
Bisogna tuttavia ricordare che la dispersione dei risultati è sempre presente anche quando
si misurano altre proprietà dei materiali quali ad esempio la densità, la conducibilità elettrica
e il coefficiente di dilatazione termica.
È molto importante che un ingegnere progettista sia conscio dell'ineluttabilità della pre-
senza della dispersione e della variabilità dei dati sulle proprietà dei materiali, ma è altrettanto
142 • Capitolo 6 / Proprietà meccanicht, dei metalli

importante che egli sia in grado di sapere come gestire e tenere in dovuta considerazione questo
fattore. In alcune circostanze è addirittura consigliabile che i dati vengano rielaborati applicando
opportune tecniche di calcolo statistico o delle probabilità. Ad esempio l'ingegnere dovrebbe es-
sere avvezzo a chiedersi "Qual è la probabilità di rottura di questa lega nelle condizioni cji carièo
in esame?" invece di porsi la domanda "Quale è il carico di rottura di questa lega?".
Tuttavia, nonostante la variabilità dei dati misurati per una l:erla proprietà, è sempre co-
modo potere far riferimento a un valore di quella proprietà diciamo "tipico" di un certo mate-
riale. Pertanto comunemente si prende come valore rappresentativo di una certa proprietà la
media dei valori ottenuta dai dati misurati. Essa si ottiene dividendo la somma dei valori dei
dati misurati per il numero delle misure effettuate. In termini matematici la media x di un pa-
rametro x si ottiene applicando la ·

- Li;~,
(6.21)
x=--
n
dove 11 è il numero di misure e X; è il valore della singola misura.
È comunque anche utile potere quantizzare il grado di variabilità, ovvero la dispersione,
dei dati misurati. Questo si ottiene comunemente valutando la deviazione standard s, la quale
si determina con la seguente espressione:

s=[ t(x;-]1ri x)2 (6.22)

n- I
dove X;, x e 11 sono le medesime grandezze sopra definite. Maggiore è il valore della devia-
zione standard, maggiore è il grado di dispersione dei dati analiaati.

Est:}tl'lO DI PRORLt:i\tA 6.6

Quattro provini composti dalla stessa lega sono stati sottoposti ad una prova di trazione, otte-
nendo i seguenti valori del carico di rottura:

Numero del Carico di rottura


campione (MPa)

I 520
2 512
3 515
4 522

(a) Calcolare il carico di rottura medio.


(b) Determinare la deviazione standard .

.'ÌOLl'ZIO,VF.
(a) Il carico di rottura standard (TS) viene calcolato utilizzando l'Equazione 6.21 nella quale
sì pone n = 4.
4

L(TS),
TS=-,=~'--
4
520 + 512 + 515 + 522
4
= 517 MPa
6.12 Fattori di progettazione di sicurezza . 143

525 525

..
c..
~ 520 X
X
,.
c..
~ 520
-TS+s

Q) Q)
e: e:

-~
.Q o
N ·;;;;
;,"' ~
"' "'
"'
N
e:
"'
N
e:

*
-~ 515 X ,i
Q)
515
e,: e,:

-TS-s
X

510 510
2 3 4
Numero del campione
(al (b)

FIGU(A 6.20
(a) Dati del carico di rottura dell'Esempio 6.6. (b) Modalità con la quale questi dati dovrebbe-
ro venire graficati. Il cerchietto rappresenta il valore medio del carico di rottura, TS i valori
alle estremità delle linee indicano il grado di dispersione e corrispondono al valore medio del
carico di rottura+ o - la deviazione standard ( TS ± s).

(b) Per calcolare la deviazione standard si impiega l'Equazione 6.22

s
= [t{(TS); -
4-1
TS}2] 112

= [(520 - 517)2 + (512 - 517)2 + (515 - 517)2 + (522 - 517)2 ] 112


4-1
=4.6MPa

La Figura 6.20 riporta il carico di rottura in funzione del numero dei provini per questo pro-
blema, ed anche la modalità con la quale questi dati dovrebbero essere rappresentati in fonna
grafica. Il punto del carico di rottura indicato con un cerchietto (Figura 6.20b) indica il valore
medio del carico di rottura TS, mentre la dispersione è riportata dalle barrette (linee corte oriz-
zontali) situate sopra e sotto il cerchietto della media e connesse ad esso da due linee continue
verticali. La barretta superiore è posizionata ad un valore del carico di rottura pari al valore
medio più la deviazione (TS + s), mentre la barretta inferiore corrisponde ad un valore pari al
carico di rottura medio meno la dispersione (TS - s).

•6.12 FATTORI nr PROGETTAZIONE E DI SICLREZZA

È chiaro che vi è sempre una indeterminazione nel quantificare precisamente gli sforzi ai
quali una certa struttura è soggetta durante la sua vita in servizio, anche quando si conoscano
i carichi ad essa applicati. Infatti i calcoli relativi alle sollecitazioni sono molto spesso
approssimati. Inoltre, come visto nel paragrafo precedente, le proprietà stesse dei materiali
144 • Capitolo 6 / Proprietà meccaniche dei metalli

presentano una certa variabilità nelle proprietà meccaniche a loro attribuite. Pertanto, duran-
te la fase di progettazione, è molto importante tenere in debita considerazione tutti questi fat-
tori di incertezza per prevenire e scongiurare rotture impreviste e anticipate. Una maniera di
procedere per tenere conto di questo aspetto prevede di stabilire, di volta in volta, per.ogni··
singola applicazione, uno sfuno di progetto indicato con la lettera ad. In caso di condizio-
ni di carico statiche e quando è previsto l'impiego di materiali duttili, ad viene preso pari al
valore dello sforzo calcolato a,. (basato sul valore del carico massimo raggiungibile) molti-
plicato per un fattore di progettazione N', ovvero

a d =N' a' (6.23)

dove N' è maggiore dell'unità. Pertanto la scelta del materiale viene condotta scegliendo un
materiale che presenti un valore del carico di snervamento che sia almeno pari a CT,r
Un'altra maniera di procedere prevede l'impiego di una grandezza chiamata sforzo di
sicurezza o sforzo in condi:ioni di fm,oro aw., il quale è definito come il carico di snerva-
mento di un materiale diviso un fattore di sicurezza N, ovvero.

ay (6.24)
a=--·
w N

In genere si preferisce utilizzare lo sforzo di progetto e l'Equazione 6.23 in quanto, in


questo caso, si opera tenendo in considerazione il carico massimo in gioco nell'applicazione
e non il carico di snervamento del materiale: è infatti in genere più difficile stimare il primo
del secondo. Tuttavia, nel prosieguo del testo, ci si occuperà dei fattori in grado di influenza-
re il carico di snervamento delle leghe metalliche e non metalliche nella determinazione dei
carichi applicati. Pertanto la discussione seguente si baserà sugli sforzi in condizioni di lavo-
ro e sui fattori di sicurezza.
A questo punto è necessario effettuare una corretta scelta del valore appropriato del fatto-
re di sicurezza N. Se N è troppo grande, allora si giungerà ad un sovradimensinamento del
componente, il che si traduce nell'impiego di materiale in eccesso rispetto a quello necessa-
rio o nella scelta di una lega che presenta valori del carico di rottura inutilmente elevati per
l'applicazione in esame. In genere i valori di N sono compresi tra 1.2 e 4. La scelta del fatto-
re N dipende da una serie di fattori tra i quali quelli economici, l'esperienza del progettista,
l'accuratezza con la quale vengono determinate le condizioni di sollecitazione e le proprietà
meccaniche del materiale e, fattore più importante, le conseguenze che rotture premature
pmsono causare in tennini di perdita di vite umane e/o di danneggiamenti alle cose.

ESDlPIO DI PROGKITO 6. I

Si deve costruire una macchina per prove di trazione che sopporti un carico massimo di
220000 N. In particolare si devono realizzare due cilindri, ognuno dei quali deve essere cari-
cato con metà del carico massimo. Inoltre devono essere impiegati un basamento e barre di
sostegno della traversa in acciaio al carbonio (1045). Il limite di snervamento e il carico di
rottura minimi di questa lega valgono rispettivamente 310 MPa e 565 MPa. Si indichino
diametri necessari a realizzare questi sostegni cilindrici.

SOU'ZIONF.
Il primo passo da realizzare in questa progettazione riguarda l'individuazione del fattore di
sicurezza N, il quale conduce all'individuazione del carico di lavoro, secondo quanto impo-
Sommario • 145

sto dall'Equazione 6.24. Inoltre, per assicurare la massima sicurezza della macchina in con-
dizioni di lavoro, si vogliono anche minimizzare le eventuali flessioni delle barre durante l 'e-
secuzione delle prove. Tenendo in considerazione tutti questi fattori si decide di impiegare un
fattore di sicurezza conservativo pari aN = 5. Pertanto il corrispondente carico di lavoro sarà
di:

a=--
o;
" N

= 310~Pa =62MPa
:,

Inoltre, dalla definizione di sforzo dell'equazione 6. l si ha

Ao = (ç!_)
2
2
rr = .f._
Uw

dove d è il diametro della barra e F è il carico applicato; inoltre, ognuna delle due barre deve
resistere ad un carico pari alla metà del carico totale di 110000 N. Pertanto, risolvendo rispet-
to a d, si ottiene:

d=2 /F
y~
110000 N
=2
1T(62 X 10 6 N/m 2 )

= 4.75 x 10- 2 m = 47.5 mm


Pertanto il diametro di ciascuna delle due barre deve essere pari a 47.5 mm.

SO101ARI 0===================================
In questo capitolo sono state presentate e descriue un cero numero di proprietà meccaniche
dei materiali e, soprattutto, dei metalli. Ali 'inizio sono stati introdotti i concetti di sforzo e
deformazione. Lo sforzo è una misura del carico o forza applicata ad un certo pezzo, nor-
malizzata per tenere in considerazione la geometria, ovvero la sezione del pezzo. Sono stati
definiti due parametri di sfurLo: lo sforzo reale e quello nominale. Con la grandezza defor-
mazione si indica la deformazione causata dall'applicazione di un certo sforzo, anche in que-
sto caso sono stati definiti uno sforzo reale ed uno nominale.
Alcune proprietà dei materiali possono venire valutate abbastanza facilmente effettuando
prove di sforzo-deformazione. Vi sono quattro tipi di prove: prove di trazione, di compressione,
torsione e di taglio. Le prove più comuni sono quelle di trazione. Quando si applica uno sforzo ad
un materiale, esso subisce inizialmente una deformazione elastica reversibile proporzionale allo
sforzo. La costante di proporzionalità è il modulo elastico che rimane lo stesso per la compres-
sione e la trazione. mentre è diverso (modulo di taglio) se si applicano sforzi di taglio.
11fenomeno dello snervamento si presenta quando inizia a prospettarsi una deformazione
plastica permanente; il limite di snervamento si determina dalla curva sforzo-deformazione
tracciando una retta a partire da una deformazione prefissata. Il carico di rottura corrisponde al
carico massimo che può essere imposto ad un provino, mentre l'allungamento percentuale e la
variazione della sezione misurano la duttilità - ovvero la quantità di deformazione plastica
146 • Capitolo 6 / Proprietà meccaniche dei metalli

presente alla rottura. La resilienza è la capacità di un materiale di assorbire energia durante una
deformazione elastica; il modulo di resilienza è valutato dall'area sottesa alla curva
sforzo-deformazione fino al limite di snervamento. Invece la tenacità statica rappresenta l'e-
nergia assorbita durante la rottura del materiale ed è valutata come l'area sottesa a tutta la curva
sform---deformazione. I materiali duttili sono in genere più tenaci di quelli fragili.
La durezza è la misura della resistenza ad una deformazione plastica localizzata. In molti
metodi di valutazione della durezza (Rockwell, Brinell, Knoop e Vickers) un piccolo pene-
tratore viene indotto a penetrare sulla superficie del materiale. Successivamente, sulla base
delle dimensioni e della profondità dell'impronta si determina un numero di durezza. Per
molti metalli, la durezza e il carico di rottura sono approssimativamente proporzionali.
Le proprietà meccaniche misurate (così come altre proprietà dei materiali) non sono mai
quantità esatte e precise, ovvero vi è sempre una certa dispersione fra i dati misurati. infatti i
valori numerici delle proprietà dei materiali vengono in genere riportati come medie di più
valori e l'entità della dispersione viene comunemente espressa come deviazione standard.
Al fine di tenere in considerazione i margini di incertezza sempre presenti lavorando con
le proprietà meccaniche e con gli sforzi di carico, è pratica comune riferirsi, in fase di pro-
getto, a sforzi di progetto o sforzi di sicurezza. Nel caso di materiali duttili, lo sforzo di sicu-
rezza è dato dal rapporto tra il limite di snervamento e il fattore di sicurezza.

TERMI°"I E CONCETTI IIUPORTA!\TI

Anelasticità Duttilità Sforzo di progetto


Carico di rottura Limite di proporzionalità Sforzo di sicurezza
Carico di snervamento Limite di snervamento Sforzo nominale
Deformazione elastica Modulo elltsticn Sforzo reale
Deformazione nominale Rapporto di Poisson Snervamento
Deformazione plastica Resilienza Taglio
Deformazione reale Resistenza a trazione Tenacità
Durezza Ricupero elastico

BIBLIOGRAFIA

ASM Handbook, Vol. 8, Mechanical Testing, ASM Han, P. (Editor), Tensile Testing, ASM Imernational,
lntemational, Materials Park, OH, 1985. Materials Park, OH, 1992.
Boyer, H.E. (Editor), Atlas of Stress-Strain Cun 1es, ASM McClintock, F.A. and A.S. Argon, Mechanical Behavior
Intemational, Materials Park, OH, 1986. of Materials, Addison-Wesley Publishing Co.,
Boyer, H.E. (Editor), Hardness Testing, ASM Reading, MA, 1966. Reprinted by TechBooks,
International, Materials Park, OH, 1987. Marietta, OH.
Dieter, G.E., Mechanical Metallurgy, 3rd edition, Meyen;, M.A and K.K. Chawla, Mechanical Metallurgy,
McGraw-Hill Book Co., New York, 1986. Principles and Applications, Prentice Hall, Inc.,
Dowling, N.E., Mechanical Behavior of Materials, Englewood Cliffs, NJ, 1984.
Prentice Hall, lnc., Englewood Cliffs, NJ, 1993.

DOMANDE E PROBLEMI

6.1 Impiegando i principi della meccanica dei materia- clinazione del piano sul quale essi sono applicati
li (ovvero le equazioni di equilibrio meccanico (angolo fJ di Figura 6.4). Tracciare un diagramma
applicate ad un corpo libero), ricavare le Equazioni sul quale sono riportati i parametri di orientazione di
6.4a e 6.4b. queste espressioni (cos 2 0e sen 0 cos0), rispetto a e.
6.2 (a) Le Equazioni 6.4a e 6.4b sono relative agli sforzi (b) Dal diagramma tracciato, per quale angolo di
assiali (a') e di taglio (T') rispettivamente in fun- inclinazione si trova lo sforzo massimo assiale?
zione dello sforzo applicato (a) e dell'angolo di in- ((:) in corrispondenza di quale angolo di inclinazio-
Domande e problemi • 14 7

}'u;ua6.21
600
Curva
sforzo-deformazione per
un acciaio al carbonio. 500

-;;,-
Q.
~
o 300
t:!
..E
V,

200

100

o
o 0.05 0.10 0.15
Deformazione

ne è massimo lo sforzo di taglio? 6.7 Lo sforzo al quale una lega di bronzo inizia a defor-
6.3 Un provino in alluminio di sezione rettangolare di marsi plasticamente è pari a 245 MPa, con un
10 mmx 12.7 mm, è sottoposto ad un carico di tra- modulo elastico di 115 GPa.
zione di 35500 N, che lo deforma plasticamente. (a) Qual è il carico massimo che si può applicare ad
Calcolare tale deformazione. un provino realizzato con questo materiale di sezio-
6.4 Un provino cilindrico in lega di titanio con un ne pari a 325 mm 2 senza avere deformazione plasti-
modulo elastico di 107 GPa e diametro iniziale di ca?
3.8 mm è sottoposto ad un carico di trazione di (b) Se la I unghezza iniziale del provino è di 115 mm,
2000N che lo deforma elasticamente. Calcolare la qual è la lunghezza massima che il provino può rag-
lunghezza massima del provino prima della defor- giungere senza subire deformazione plastica?
mazione, se l'allungamento massimo permesso è di 6.8 Una barra cilindrica di rame (E= 110 GPa) avente
0.42 mm. carico di snervamento pari a 240 MPa è sottoposta
6.5 Una barra di acciaio lunga 100 mm di sezione qua- ad un carico di 6660 N. Se la lunghezza iniziale
drata con un lato lungo di 20 mm è sottoposta a tra- della barra è 380 mm, quale diametro deve avere
zione con un carico di 89000 N al quale corrispon- affinché si abbia un allungamento di 0.5mm?
de un allungamento di 0.10 mm; assumendo che la 6.9 Un provino cilindrico di acciaio di 10 mm (Figura
deformazione sia completamente elastica, calcolare 6.21) di diametro e lungo 75 mm viene sottoposto
il modulo elastico del!' acciaio. a trazione. Si calcoli l'allungamento ottenuto quan-
6.6 Si consideri di avere un cavo in titanio di diametro do si applichi un carico di 23500 N.
di 3 mm e lungo 2.5 x 104 mm. Calcolare l'allunga- 6.10 Nella Figura 6.22 è riportata la parte in campo ela-
mento risultante all'applicazione di un carico di stico di una curva sforzo-deformazione nominale
500 N. Si assuma la deformazione completamente di una ghisa grigia. Si determinino (a) il modulo
elastica. secante preso a 35 MPa e (b) il modulo tangente per

60 F1u1R,\ 6.22 Curva sforzo-deformazio-


ne per una ghisa grigia.
50

-;;,- 40
Q.
~
o
N 30

V,
20

10

Deformazione
148 • Capitolo 6 / Proprietà meccaniche dei metalli

l'origine. mo della curva EN- r (Figura 2.8b), si ponga la


6.11 Nella Sezione 3.14 si è visto che i monocristalli di derivata dE,../druguale a zero e si risolva in funzio-
alcune sostanze mostrano anisotropia delle pro- ne di r, che corrisponde a r 0 •
prietà fisiche, ovvero esse variano con la direzione 4. Si sostituisca, infine, questa espressione ottenu-
cristallografica. Tra queste proprietà vi è il modulo
ta per r 0 nella relazione ottenuta per la dF/dr.
elastico. Per i monocristalli cubici il modulo elasti-
co E,y, in una generica direzione [xyzj è dato dalla 6.13 Impiegando la soluzione del Problema 6.12, si met-
relazione tano in ordine decrescente, dal maggiore al minore,
il valore dei moduli elastici per tre ipotetici mate-
riali X, Y e Z. I valori dei parametri A, Be n
(Equazione 6.25) per ciascuno dei tre materiali
sono riportati nella tabella sottostante e corrispon-
dono a EN in eV e rin nm.
dove E<lOO> e E< 111> sono rispettivamente i moduli
Materiai A B n
elastici nelle direzioni llOOl e [ 111I; mentre a, j3 e
y sono i coseni degli angoli compresi tra [xyz] e
rispettivamente le direzioni [100!, [0101 e [001]. Si X 2.5 2 X 10-5 8
verifichi che il valore del modulo E<IIO> per l'allu- y 2.3 8 X to· 6 I0.5
minio, il rame e il ferro riportati nella Tabella 3.3 z 3.0 1.5 X 10-5 9
siano corretti.
6.12 Nella Sezione 2.6 si è visto che l'energia netta di
6.14 Un provino cilindrico di alluminio, avente un dia-
legame EN tra uno ione positivo ed uno negativo
isolati è funzione della distanza interionica secondo metro di 19 mm e lunghezza pari a 200 mm, viene
la deformato elasticamente a trazione con una forza di
A B 48800 N. Utilizzando i dati di Tabella 6.1 calcolare:
EN'= - - r + , --JI (6.25)
(a) L'allungamento nella direzione di applicazione
dove A, B e n sono costanti tipiche della coppia dello sforzo.
ionica scelta. L'Equazione 6.25 è anche valida per (b) La variazione del diametro del provino.
l'energia di legame tra ioni adiacenti nei materiali
Aumenterà o diminuirà?
solidi. Il modulo elastico E è proporzionale alla
pendenza della curva forza-distanza interionica 6.15 Una barra cilindrica di acciaio di 10 mm di diame-
calcolata alla distanza di equilibrio, ovvero tro viene deformata elasticamente applicando una
forza assialmente. Utilizzando i dati di Tabella 6.1
E cx(!!!_)
dr r,.
si determini il valore della forza in grado di produr-
re una riduzione di diametro pari a 3 x 10-1 mm.
6.16 Un provino cilindrico ha un diametro di 8 mm e
Si derivi un'espressione per descrivere la dipen-
viene sottoposto a trazione in campo elastico.
denza del modulo E dai parametri A, Ben (perun si-
stema a due ioni) impiegando la seguente proce- L'applicazione di una forza di 15700 N produce
dura: una riduzione di diametro di 5 x 10-3 mm. Si calco-
I. Si determini una relazione tra la forza F in fun- li il rapporto di Poisson di questo materiale, sapen-
zione di r, ammettendo che do che esso ha un modulo elastico <li I40 GPa.
6.17 Un cilindro metallico viene sottoposto a compres-
F= dE,v sione. Se il diametro iniziale è 20.000 mm, quello
dr
finale 20.025 mm e la lunghezza finale 74.96 mm,
si calcoli il valore della lunghezza originaria, consi-
2. Si faccia la derivata dF!dr
3. Si sviluppi un'espressione per r 0 , che è la distan- derando la deformazione completamente elastica. li
za interionica all'equilibrio. Dal momento che r0 modulo elastico e di taglio di questo materiale val-
corrisponde al valore di r per il quale si ha il mini- gono rispettivamente 105 GPa e 39.7 GPa.
Domande e problemi • 149

6.18 Si consideri un provino cilindrico di 8 mm di dia-


metro. Un carico in campo elastico di 1000 N pro- Materiale Modulo Limite di Rapporto di
elastico snervamento Poisson
duce una riduzione del diametro pari a 2.8 x 10--4
(GPa) (MPa)
mm. Si calcoli il modulo elastico di questo materia-
li. sapendo che il rapporto di Poisson è 0.30.
Lega di allumi11io 70 200 0.33
6.19 Un provino cilindrico di ottone con diametro di
Ottone 101 300 0.35
12.7 mm e lungo 250 mm viene sottoposto a trazio-
Acciaio 207 400 0.27
ne tanto da generare un allungamento di 7.6 mm.
Lega di titanio 107 650 0.36
Questa lega ha il carico di snervamento di 275
MPa, il carico di rottura pari a 380 MPa e il modu-
lo elastico di 103 MPa. In base alle informazioni 6.24 Una barra cilindrica lunga 380 mm e con diametro

date, è possibile calcolare il carico necessario a iniziale di IO mm, viene sottoposta a trazione. La
generare l'allungamento dato? Se sì, calcolare detto barra non deve subire deformazione plastica né
allungamenti superiori a 0.9 mm quando vi si appli-
carico. Se no, spiegarne il motivo.
chi un carico di 24500 N. Quale/i tra i materiali
6.20 Un provino cilindrico (diametro 15 mm, lunghezza
riportati nella tabella sottostante potrebbero venire
150mm) viene sottoposto ad un carico di trazione
impiegati? Si giustifichi la risposta.
di 50 MPa, in corrispondenza del quale si ha una
deformazione totalmente elastica.
Materiale Modulo Limite di Resistenui a
(a) Quale tra i materiali riportati nella Tabella 6.1 elastico snervamento trazione
deve essere impiegato, se si vuole ottenere un (GPa) (MPa) (MPa)
allungamento inferiore a 0.072'! Perché?
(b) Se, inoltre, si deve anche verificare che il dia- Leghe di alluminio 70 255 420
metro non si restringa oltre 2.3 x 1O 3 mm, quale dei Ottone 100 345 420
materiali riportati nella Tabella 6.1 è possibile Rame 110 250 290
impiegare? Perché? Acciaio 207 450 550
6.21 Si consideri di avere un ottone la cui curva sfor-
zo-deformazione è riportata nella Figura 6.12. Un 6.25 Nella Figura 6.21 è riportata una curva sforzo-
provino cilindrico realizzato con questo materiale deformazione per un acciaio.
(diametro 6 mm, lunghezza 50 mm) viene sotto- (a) Qual è il modulo elastico?
posto a un carico di trazione di 5000 N. Sapendo (b) Quanto vale il limite elastico?
che il rapporto di Poisson è pari a 0.30, sì calcoli: (e) Quanto vale lo snervamento corrispondente ad
(a) l'allungamento subito dal provino e (b) la ridu- una deformazione pari a 0.002?
zione del diametro. (d) Quanto vale il carico di rottura?
6.22 Si citino le principali differenze tra le deformazioni 6.26 Un provino di ottone lungo 60 mm deve subire un
elastica, plastica e anelastica. allungamento dì 10.8 mm quando sottoposto ad un
6.23 Una barra cilindrica lunga 100 mm con diametro di carico di trazione di 50000 N. Considerando i vin-
IO mm viene sottoposta ad un carico di trazione di coli riportati, si calcoli il valore iniziale del raggio
27500 N. Non si vuole che la barra subisca defor- del provino. Si prenda l'ottone la cui curva sfor-
mazione plastica né che si presenti una riduzione di zo-deformazione è riportata nella Figura 6.12.
diametro superiore a 7.5 x 10-1 mm. Si scelga il 6.27 Un carico di 44500 N è applicato ad un provino,
materiale adatto a questa applicazione tra quelli cilindrico di acciaio (curva sforzo-deformazione
riportati nella tabella sottostante. Si giustifichi la riportata in Figura 6.21) di diametro iniziale pari a
scelta effettuata. 10mm.
Domande e problemi . 151

6.33 Si calcoli il modulo di resilienza per ciascuna delle Carico Lunghev.a Diametro
seguenti leghe
(N) (mm) (mm)
Carico di snervamento
46100 56.896 11.7 I
Materiale MPa 44888 57.658 10.95
42600 58.420 10.62
Acciaio 550 36400 59.182 9.40
Ottone 350
Lega di alluminio 250 6.39 Una prova di trazione viene condotta su un provino
Lega di titanio 800 metallico e per uno sforzo reale di 575 MPa si ottie-
ne una deformazione plastica di 0.20. Per lo stesso
metallo il valore K dell'Equazione 6.19 è di 860
Usando i valori del modulo elastico della Tabella
MPa. Si calcoli la deformazione reale relativa ad
6.1.
una applicazione di sforzo reale di 600 MPa.
6.34 Per realizzare una molla si deve impiegare un otto-
6.40 Per alcune leghe metalliche uno sforzo reale di 415
ne con un modulo di resilienza di almeno 0.75 MPa produce una deformazione plastica reale di
MPa. Quale deve essere il minimo valore del carico 0.475. Quanto si allungherà un provino realizzato
di snervamento? con questo materiale quando vi sì applichi uno sfor-
6.35 (a) Si tracci un grafico schematico di una tipica zo di 325 MPa, essendo la sua lunghezza iniziale
curva sforzo----defonnazionereale a trazione per una pari a 300 mm? Si assuma un valore di 0.25 per l'e-
lega metallica. sponente n.
(b) Sul medesimo grafico, si tracci anche la curva 6.41 Gli sforzi reali sotto riportati producono queste
sforzo-deformazione reale a compressione della deformazioni reali per una lega di ottone:
stessa lega. Si spieghi la differenza tra questa e la
curva di cui al precedente punto (a). Sforzo reale Deformazione reale
(e) Sempre sul medesimo grafico, si tracci anche la MPa
curva sforzo-deformazione nominale a compres- 345 0.10
sione della stessa lega. Si spieghi la differenza tra 414 0.20
questa e la curva di cui al precedente punto (b).
6.36 Si mostri che le Equazioni 6.18a e 6.18b sono vali-
de soltanto se non vi è variazione di volume duran- Quale carico reale è necessario applicare per pro-
te la deformazione. durre una deformazione plastica di 0.25?
6.37 Si dimostri che l'Equazione 6.16, che descrive l'e- 6.42 Per una lega di ottone, gli sforzi nominali qui ripor-
spressione della deformazione reale, può anche tati producono le riportate corrispondenti deforma-
venire sostituita dalla zioni plastiche nominali prima della strizione

€7 = ln (~o)
I
Sforzo nominale
(MPa)
Deformazione nominale

235 0.194
se non vi sono variazioni di volume durante la 250 0.296
deformazione. Quale tra le due espressioni descrive
meglio la zona della strizione? Perché? Sulle basi dei dati riportati, si calcoli lo sforzo
6.38 Impiegando i dati del Problema 6.29 e le Equazioni nominale necessario a produrre una deformazione
6.15, 6.16 e 6.18a, si tracci un curva sforzo-defor- nominale di 0.25.
mazione reale per l'alluminio. L'Equazione 6.18a 6.43 Si trovi la tenacità (ovvero l'energia necessaria a
non è più applicabile dopo il punto nel quale inizia creare una frattura) per un metallo che presenta sia
a manifestarsi la strizione, pertanto di seguito ven- deformazione elastica che plastica. Si assuma vali-
gono riportati i diametri misurati per i quattro ulti- da l'Equazione 6.5 per la deformazione elastica,
mi punti che devono venire considerati per la valu- con E = 172 0Pa, e che la deformazione elastica
tazione dello sforzo reale. termini a O.OI. Si assuma inoltre valida l'Equazione
152 • Cnpitolo 6 / Proprietà meccaniche dei metalli

6.19 per la deformazione plastica, nella quale i pronta se si ottiene una durezza pari a 450 HB
valori di K e n valgono rispettivamente 6900 MPa e applicando lo stesso carico?
0.30. Inoltre, si verifica deformazione plastica tra i 6.49 Si valutino le durezze Rockwell e Brinnell per i
valori 0.01 e 0.75, a cui si frattura. seguenti materiali:
6.44 Nel caso di una carico di trazione, si può dimostra- (a) lJn ottone ammiragliato la cui curva sforzo--
re che la strizione si manifesta quando deformazione è riportata in Figura 6.12.
(b) Un acciaio la cui curva sforzo-deformazione è
riportata in Figura 6.21.
(6.26) 6.50 Impiegando i dati riportati nella Figura 6.19, si
determinino le equazioni di correlazione tra il cari-
Impiegando l'Equazione 6.19 si determini il valore co di rottura e la durezza Brinell per l'ottone e la
dello sforzo reale ali' insorgere della strizione. ghisa nodulare. Si considerino per esempio
6.45 Effettuando i logaritmi di ambo i membri l'Equazioni 6.20 per gli acciai.
dell'Equazione 6.19 si ottiene la 6.51 Si citino cinque fattori responsabili della dispersio-
ne delle misure delle proprietà dei materiali.
log aR - log K + n Iog ER (6.27) 6.52 Si calcoli la media e la deviazione standard dei
seguenti valori di durezza Rockwell B, misurati
Pertanto riportando in un diagramma log oR in fun- sullo stesso provino di acciaio.
zione di log e.R nella regione plastica fino al punto
di inizio della strizione si ha un andamento lineare 83.3 80.7 86.4
con pendenza pari a n e intercetta pari a log K (per 88.3 84.7 85.2
logaR ==0). Impiegando i dati tabulati per il 82.8 87.lì 86.9
Problema 6.29, si tracci un diagramma del logoR in 86.2 83.5 84.4
funzione di logER e si determinino i valori dine K. 87.2 85.5 86.3
Sarà necessario convertire gli sforzi nominali e le
deformazioni in sforzi e deformazioni reali impie- 6.53 Quali sono i tre criteri sui quali si basano i fattori di
gando le Equazione 6.18a e 6.18b. sicurezza?
6.46 Un provino cilindrico di ottone lungo 90 mm e con 6.54 Si determinino i valori degli stress in esercizio per
un diametro di 7 .5 mm viene sottoposto ad un cari- le due leghe per le quali le curve sforzo-deforma-
co di trazione di 6000 N, che viene successivamen- zione sono riportate nelle Figure 6.12 e 6.21.
te rimosso.
(a) Si calcoli la lunghezza finale del provino dopo
la rimozione del carico. La curva sforzo-deforma- Problemi di progettazione
zione a trazione di questa lega è riportata nella
Figura 6.12. 6.Dl Una grande torre deve essere sorretta da una serie
(b) Si calcoli la lunghezza finale del provino quan- di cavi in acciaio. Si è valutato che ciascun cavo
do il carico imposto, e successivamente rimosso, è deve sostenere un carico rli 11100 N. Si determini il
pari a 16500 N. minimo valore del diametro di ciascun cavo, assu-
6.47 Un provino di acciaio di sezione rettangolare di mendo un fattore di sicurezza pari a 2 e i I carico di
19 x 3.2 mm presenta la curva sforzo-deformazio- snervamento pari a 1030 MPa.
ne riportata in Figura 6.21. Ipotizzando di sottopor- 6.D2 (a) Dell'idrogeno gassoso a pressione costante pari
re questo provino ad un carico di trazione pari a a 1.013 MPa deve flussare nell'interno di una tubo
33400 N si rleterminino: cilindrico di nickel di spessore sottile e con O.I mdi
(a) la deformazione elastica e quella plastica. raggio. La temperatura del tubo è di 300°C e la
(b) la lunghezza finale del provino dopo che il pressione dell'idrogeno esternamente al tubo viene
carico è stato rimosso. mantenuta a 0.01013 MPa. Si calcoli lo spessore
6.48 (a) Un penetratore Brinell di IO mm di diametro è minimo del tubo necessario affinché il flusso non
in grado di produrre su una lega di acciaio, con un sia maggiore di I x 10-1 mol/m 2s. La concentrazio-
carico di 500 kg, un'impronta di 16.2 mm di dia- ne di idrogeno nel nickel, CH (in moli di idrogeno
metro. Si calcoli la durezza HB di questo materiale. per m 3 di nickel) è una funzione della pressione del-
(b) Quale sarebbe il valore del diametro dell'im- 1'idrogeno Ptt1 (in MPa) e della temperatura assolu-
Domande e problemi • 153

ta (T) secondo la to del Ni è 100 MPa e diminuisce di circa 5 MPa


per ogni 50°C di aumento di temperatura. Lo spes-
C" = 30.8
.---
,.Jpu
( 12.3 kJ/mol
2 exp - RT ) sore del mantello cilindrico calcolato al punto (b)
sarebbe adatto se il cilindro di Ni lavorasse a
(6.28) 300°C? Si motivi la risposta.
(d) Se lo spessore risulta adatto alle temperature
Inoltre, il coefficiente di diffusione dell'H in Ni richieste, si calcoli allora lo spessore minimo che
dipende dalla temperatura secondo la può essere impiegato senza che sopraggiunga alcu-
na deformazione del tubo. Quanto aumenterebbe la
diffusione con la diminuzione dello spessore del
tubo? D'altra parte, se lo spessore determinato al
Du(m2/s) = 4.76 x 10 7 exp (- 39 ·5 ~1/mol )
punto (c) risulta inadatto, si specifichi lo spessore
(6.29) minimo necessario. In questo caso quanto sarebbe
il decremento del flusso?
(b) ~el caso di tubi cilindrici a parete sottile pres- 6.D3 Si consideri che la diffusione dell'idrogeno attra-
surizzati, lo sforzo circonferenziale è una funzione verso le pareti di un tubo di nickel, sia stazionario
del gradiente di pressione attraverso lo spessore come descritto nel Problema 6.D2. Una progetta-
(/J,.p),del raggio del cilindro (r) e dello spessore del zione prevede un flusso diffusionale di 5 x I 0--S
tubo (Ax) secondo la mol/m 2s, il raggio del tubo di 0.125 m e le pressio-
ni interna ed esterna rispettivamente pari a 2.026
rèJ.p MPa (20 atm) e 0.0203 MPa (0.2 atm); la tempera-
a=
4Ax (6.30) tura massima consentita è pari a 450°C. Si indichi
la temperatura adatta e lo spessore del tubo neces-
Si calcoli lo sforzo circonferenziale al quale è sot- sari a consentire questo flusso ma anche ad assicu-
toposto il mantello del cilindro pressurizzato. rare che le pareti del tubo non subiscano alcuna
(e) A temperatura ambiente il carico di snervamen- deformaziom; permanente.
Perc.•hé studiare Le dislocazioni ed i Meccaui~

Con la conoscenza della natura delle dislocazioni e metalli c delle loro leghe;
del ruolo che esse svolgono ne) pnu·esso di defor- bile progettare e confezi
mazione plastica, sìamo in grado di conoscere i mec- prietà meccaniche dei m~
canismi fondamentali delle tecniche che "engono resif>tenza e la tenacità di
impiegate per indurire e migliorare la resistenza dei metallica.

1.54
O h i e tt i Y i ti i a p p re n ti i m e n t o

Dopo uvcr studiuto questo cupitolo, dovresti essere in grudo di furc le seguenti cose:

1. Descrivere il movimento delle dislocazioni a spigo- 6. Descrivere e spiegare l'indurimento dovuto alla
lo cd a vite su scala atomica. formazione di una soluzione solida di sostituzione
2. Descrivere la deformazione plastica in hase al con ato1ni di impurezze, in base all'interazione tra
movimento delle dislocazioni a spigolo ed a vite deformazione del reticolo e dislocazioni.
mediante sollecitazioni di taglio. 7. Descrivere e spiegare il fenomeno di incrudimento
~- OP.fìnirP. nn 1,ist.P.ma <li 1,corrinwnt.o P farP nn p;;pm- (o lavoraziont- a fredflo) ,:-ome intera:r.ione fra
pio, dislocazioni e campo di deformazione.
4. Descrivere come viene alterata la struttura a grani 8. Descrivere la ricristallizzazione sia come modifica-
cristallini quando si deforma plasticamente. zione della microstruttura che delle caratteristiche
5. Spiegare come i hordi dei grani ostacolino il movi- meccaniche del materiale.
mento delle dislocazioni e perché un metallo a 9. Descrivere il fenomeno della crescita del grano sia
grani fini è più rei.istente di uno a grani grossi. su scala atoniica che 1111u:roscopica.

7 .1 ll\TRODl:ZlOl\E

Nel Capitolo 6 è stato chiarito che i materiali possono subire due tipi di deformazioni: ela-
stiche e plastiche. La deformazione plastica è permanente ed il carico di rottura e la durez-
za sono misure della resistenza del materiale a questa deformazione. Su scala microscopi-
ca, la deformazione plastica corrisponde al movimento all'interno del reticolo di un gran
numero di atomi in risposta ad una sollecitazione applicata. Durante questo processo, i
legami interatomici vengono interrotti e ripristinati. Nei solidi cristallini, la deformazione
plastica interessa il più delle volte il movimento delle dislocazioni, i difetti lineari dei cri-
stalli conosciuti nella Sezione 4.4. In questo capitolo vengono discusse le caratteristiche
delle dislocaLioni ed il loro coinvolgimento nella lkformazione plastica. Vengono inoltre
presentate, dandone maggiore rilevanza, le diverse tecniche per aumentare la resistenza
meccanica dei metalli monofasici, descrivendone i meccanismi di azione in termini di
dislocazioni. Infine, nelle ultime sezioni di questo capitolo si parla di recovery e di ricri-
stallizzazione - processi che si verificano nei metalli deformati plasticamente, normalmen-
te a temperature elevate - e, inoltre, di crescita del grano.

DISLOCAZIONI
E
DEFORMAZIONEPLASTICA
Gli studi classici portano ad un calcolo della resistenza teorica di un cristallo perfetto che
risulta di alcune volte più grande di quella effettivamente misurata. Nel corso degli anni '30
venne teorizzato che questa discrepanza nella resistenza meccanica poteva essere attribuita
ad un tipo di difetto lineare del cristallo che da allora viene conosciuto come dislocazione.
L'esistenza di difetti come le dislocazioni sono stati tuttavia confermati solo a partire dagli
anni '50, quando ne è stata possibile l'osservazione diretta al microscopio elettronico. Da
allora, è stata elaborata la teoria delle dislocazioni che spiega i diversi fenomeni fisici e mec-
canici nei materiali cristallini, essenzialmente metallici e ceramici.

7 .2 COI\CETTI DI BASE

I due tipi fondamentali di dislocazione sono a spigolo ed a vite. In una dislocazione a spigo-
lo, il reticolo viene deformato localmente all'estremità di un semipiano aggiuntivo di atomi,

1.5.5
156 • Capitolo 7 / Dislocazioni e Meccanismi di indurimento

ove si trova anche l'asse della dislocazione (Figura 4.3). Una dislocazione a vite può essere
immaginata come il risultato di una deformazione del reticolo dovuta ad uno sforzo di taglio;
l'asse della dislocazione è al centro di una spirale, formata da una rampa di piani atomici
(Figura 4.4). Alcune dislocazioni nei materiali cristallini hanno entrambe le componenti a
spigolo ed a vite; sono queste le dislocazioni miste (Figura 4.5).
La deformaziom: plastica corrisponde al moto di un gran numero di dislocazioni. Una
dislocazione a spigolo si muove se si applica uno sforzo di taglio nella direzione perpendico-
lare al suo asse; la meccanica del moto delle dislocazioni viene rappresentata nella Figura 7 .1.
Il Sia il piano A l'iniziale semipiano in eccesso di atomi. Quando viene applicato lo sforzo di
taglio come indicato (Figura 7. la), il piano A viene sollecitato verso destra; questo progres-
sivamente spinge le metà superiori dei piani B, C, De così via, nella stessa direzione. Se lo
sforzo di taglio applicato è sufficientemente grande, i legami interatomici del piano B ven-
gono recisi lungo il piano di taglio e la metà superiore del piano B diventa il semipiano in
eccesso non appena il piano A si unisce con la metà inferiore del piano B (Figura 7.lh).
Questo processo viene successivamente ripetuto per gli altri piani, in modo tale che il semi-
piano in eccesso, gradualmente, si muove da sinistra verso destra per successive e ripetute
interruzioni di legami e scivolamenti di una distanza interatomica dei semipiani superiori.
Prima e dopo il moto di una dislocazione attraverso alcune particolari regioni del cristallo, la
disposizione degli atomi è ordinata e perfetta; è solo durante il passaggio del semipiano in
eccesso che la struttura reticolare viene scomposta. Alla fine il semipiano in eccesso può
emergere alla superficie destra del cristallo, formando uno spigolo largo quanto una distanza
interatomica, come viene rappresentato nella Figura 7. le.
Il processo che produce deformazione plastica per moto di dislocazioni viene chiamato
scorrimento; il piano cristallografico lungo il quale si sposta l'asse della dislocazione è il
piano di scorrimento, come indicato in Figura 7. I. La defom1azione plastica macroscopica è
del tutto corrispondente alla defonnazione permanente che risulta dal moto delle dislocazio-
ni, o scorrimento, in risposta all'applicazione di una sollecitazione di taglio, come rappre-
sentato nella Figura 7 .2a.

Sforzi Sforzi Sforzi


di taglio dì taglio dì taglio
(

Piano di
Unità di

(a) (b) /e)

F!Gl rlA 7. 1 Ridisposizione degli atomi causata dal moto di una dislocazione a spigolo ,ollecita-
ta da uno sforzo di taglio. (a) Il semipiano aggiuntivo è indicato con A. (h) La dislocazione si spo-
sta a destra di una distanza interatomica non appena A si unisce alla parte inferiore del piano B; nel
processo, la parte superiore di B diventa il semipiano aggiuntivo. (e) Quando il semipiano aggiun-
tivo raggiunge la superficie del cristallo si fonna un gradino. (Da A.G. Guy, Essenzial ,~fMaterials
Science, McGraw-Hill Book Company, New York, 1976, p. 153.)
7 .2 Conceui di ha!!e • 15 7

FIUHA 7.2
Formazione di un gradino alla superficie
di un cristallo a seguito del moto di (a)
una dislocazione a spigolo e (h) di una
dislocazione a vite. Notare che per quel-
la a spigolo, l'asse della dislocazione si
muove nella direzione dello sforzo di
taglio applicato r, per una a vite il moto .,.
dell'asse della dislocazione è perpendi- (a)
colare alla direzione dello sforzo. (Da
H.W. Hayden. W.G. Moffatt e
J. WulfL The Structure and Properties
of Marerials, Voi. Ili, Mechanical
Behaviour, p. 70. Copyright© 1965 by
Direzione
John Wilcy & Sons, New York. Per con- del moto
cessione di John Wilcy & Sons, !ne.)

1'

(b)

li moto delle dislocazioni è analogo al modo di locomozione utilizzato da un bruco


(Figura 7 .3 ). li bruco forma una gobba vicino alla sua estremità posteriore attirando a sé l 'ul-
timo paio di zampe di una unità di lunghezza. Quando la gobba raggiunge l'estremità ante-
riore. l'intero bruco si è spostato in avanti di una lunghezza pari alla distanza che intercorre
fra le coppie di zampe. La gobba del bruco ed il suo movimento corrisponde al semipiano in
eccesso di atomi nel modello a dislocazioni della deformazione plastica.
Il moto di una dislocazione a vite a seguito dell'applicazione di uno sforzo di taglio
viene rappresentato nella Figura 7 .2b; la direzione del moto è perpendicolare alla direzio-
ne dello sforzo. Per una a spigolo, il movimento è parallelo allo sforzo di taglio. Tuttavia,

• la deformazione plastica effettiva per il moto di entrambi i tipi di dislocazioni è lo stesso


(vedi Figura 7 .2). La direzione del moto dell'asse delle dislocazioni miste non è né per-
pendicolare né parallelo allo sforzo applicato, ma si trova all'incirca nel mezzo.
Virtualmente tutti i materiali cristallini contengono dislocazioni che si sono formate
durante la solidificazione, durante la deformazione plastica e come conseguenza di tensioni
di origine termica che si formano a seguito di un rapido raffreddamento. li numero di dislo-
cazioni, o densità di dislocazioni in un materiale, viene espresso come lunghezza totale di
dislocazione per unità di volume o, in modo equivalente, come numero di dislocazioni che
intersecano un 'area unitaria di una sezione qualsiasi. L'unità di misura della densità di disio-

FIGIIR4. ì.3 Rappresentazione dell'analogia tra il moto di un bruco e di una dislocazione.


158 • Capitolo 7 / Dislocazioni e Meccanismi di indurimento

cazioni è millimetri di dislocazioni per millimetro cubo o anche per millimetro quadrato.
Densità di dislocazioni inferiori a 103 mm- 2 si trovano tipicamente nei cristalli di metalli
solidificati lentamente. Per metalli deformati a fondo, la densità può diventare superiore a
109 -!0w mm- 2 • Per trattamento termico un metallo deformato può ridurre la sua densità,di
dislocazioni fino a 105-10 6 mm- 2 •

7 .3 CARATTRRISTICHE DELLE DISLOCAZIONI

Diverse caratteristiche delle dislocazioni influenzano le proprietà meccaniche dei metalli.


Queste comprendono i campi di deformazione che si formano intorno alle dislocazioni ed
hanno influenza sul moto delle dislocazioni e sulla loro facilità a riprodursi.
Quando i metalli vengono deformati plasticamente, alcune frazioni dell'energia della
deformazione (circa il 5%) viene trattenuta all'interno; l'energia rimanente viene dissipata
sotto forma di calore. La parte più grande di questa energia immagazzinata rappresenta l'e-
nergia di deformazione associata alle dislocazioni. Si consideri la dislocazione a spigolo rap-
presentata nella Figura 7.4. Come già illustrato, vi sono deformazioni del reticolo cristallino
intorno all'asse della dislocazione a causa della presenza di un semipiano aggiuntivo di atomi.
Di conseguenza, vi sono zone in cui vengono imposte sugli atomi adiacenti sforzi reticolari
di compressione, trazione e taglio. Per esempio, gli atomi immediatamente sopra ed adiacen-
ti l'asse della dislocazione sono premuti insieme. Ne risulta che questi atomi si possono
immaginare sottoposti ad una sollecitazione di compressione rispetto agli atomi di un cristal-
lo perfetto e lontano dalla dislocazione; questo è illustrato nella Figura 7.4. Immediatamente
sotto il semipiano, l'effetto è esattamente l'opposto; gli atomi del reticolo subiscono una sol-
lecitazione di trazione, così come viene rappresentato. In vicinanza ùdla dislocazione a spi-
golo esistono anche sforzi di taglio. Per una dislocazione a vite, le tensioni sul reticolo sono
solo di taglio puro. Le deformazioni del reticolo possono essere considerate campi di tensio-
ne che si irradiano a partire dall'asse della dislocazione. Le tensioni si estendono agli atomi
circostanti, diminuendo di valore al crescere della distanza dalla dislocazione.
I campi di tensione che circondano dislocazioni molto vicine possono interagire in modo
cale che su ciascuna dislocazione possono agire sforzi che risulrano dall'intera7ione combi-
nata di tutte le dislocazioni vicine. Per esempio, consideriamo due dislocazioni a spigolo che
hanno lo stesso segno ed identico piano di scorrimento, come rappresentato in Figura 7.5a. I
campi di sforzo di trazione e di compressione giacciono per entrambi sullo stesso lato del
piano di scorrimento; l'interazione del campo di tensione è tale che tra queste due disloca-
zione si genera una mutua forza repulsiva che tende a separarle. D'altro canto, due disloca-
zioni di segno opposto e con lo stesso piano di scorrimento saranno attratte l'una con l'altra,
come indicato in Figura 7.5h, e si annulleranno al momento dell'incontro. In tal caso, infatti,

FIGl 1H 7.-1- Zone di compressione (scure) e


di trazione (colorate) localizzate intorno ad
una dislocazione a spigolo. (Da W.G.
Moffatt, G.W. Pearsall e J. Wulff, The
t
Compressione Structure and Properties of Materials, Voi. I,
Trazione Structure, p. 85. Copyright © I 964 by fohn
Wiley & Sons, New York. Per concessione di
John Wiley & Sons, Inc.)
7.4 Sistemi di scorrnnento 159

FIGCR\ 7 .."i
(a) Due dislocazioni a spigolo dello
stesso segno e giacenti sullo stesso
piano di scorrimento manifestano uno
sforzo repulsivo reciproco; Ce T
indicano regioni di compressione e di
trazione, rispettivamente. (h)
Dislocazioni a spigolo di segno opposto
e giacenti sullo stesso piano di
scorrimento manifestano una mutua
forza attrattiva. Dopo l'incontro, si
annullano reciprocamente lasciando una
regione cristallina perfetta. (Da HW.
Annullo
Ilayden, W.G. Moffatt e J. Wulff, The dislocazione

+
Structure and Properties of Materials,
Voi. Ill, MechanicalBehaviour,p. 75.
Copyright © 1965 by JohnWiley &
Sons, New York. Per concessione di
John Wiley & Sons, Inc.) Cristallo
perfetto
T e
(b)

i due semipiani di atomi aggiuntivi si tmveranno allineati, formando un piano completo. Le


interazioni
t'rale dislocazioni
sonopossibilitradislocazioni
a spigolo,a vitee/omistee per
una varietàdi orientazioni.Questicampi di tensionie di forze applicatesono importantinei
meccanismi di indurimento per i metalli.
Nel corso della deformazione plastica, il numero di dislocazioni cresce drammatica-
mente. Noi sappiamo che la densità di dislocazioni in un metallo che è stato fortemente
deformato può superare lOJOmm· 2 • Importanti sorgenti di nuove dislocazioni sono le stes-
se dislocazioni esistenti, che si moltiplicano; inoltre, i bordi del grano, così come difetti
interni ed irregolarità superficìali come graffi e incisioni, che agiscono come concentrato-
ri di sforzi, possono costituire sedi di formazione di nuove dislocazioni nel corso della
deformazione plastica_

7 .4 SISTEMI DI Sf:ORRl'.}IENTO

Le dislocazioni non si muovono con la stessa facilità in tutti i piani cristallografici ed in tutte
le direzioni. Normalmente vi è un piano preferenziale ed in quel piano vi sono specifiche
direzioni lungo le quali si verifica il moto delle dislocazioni. Questo piano viene chiamato il
piano di scorrimento. Esso segue la direzione del movimento ed è chiamalo direzione di
scorrimento. Questa combinazione del piano di scorrimento e della direzione di scorrimento
viene definita il sistema di scorrimento. Il sistema di scorrimento dipende dalla struttura cri-
stallina del metallo ed è tale che la distorsione atomica dovuta al moto di una dislocazione sia
minima. Per una particolare struttura cristallina, il piano di scorrimento è quel piano che ha il
più denso impacchettamento atomico, cioè, ha la più grande densità planare. La direzìone di
scorrimento corrisponde alla direzione, in questo piano, che è più strettamente impacchetta-
ta di atomi, cioè che ha la più alta densità lineare. Le densità planari e lineari sono state
discusse nella Sezione 3.1O.
Si consideri, per esempio, la struttura cristallina cfc, rappresentata con una cella unitaria
nella Figura 7 .6a. Esiste una serie di piani, la famiglia { 111}, tutti fortemente impaccati.
Nella cella unitaria viene indicato un piano tipo-( 111); nella Figura 7 .6b tale piano è disposto
nel piano della pagina e gli atomi vengono rappresentati in contatto con quelli adiacenti.
160 • Capitolo 7 / Di.locazioni e :vlcceonismi di induriment.o

A FIGI RA 7. 6 (a) Rappresen-


tazione di un sistema di scorri-
mento {111) (110) in una cella
unitaria cfc. (h) Il piano (111) da
(a) e tre direzioni di scorrimento
( I I O) ( come indicato dalle frec-
ce), entro quel piano, sono possi-
bili sistemi di scorrimento.
(b)

la)

l .o scorrimento si verifica lungo le direzioni tipo-( 11O) nei piani 11111, come indicato dalle
frecce nella Figura 7.6. Quindi, I 1111(110)rappresenta la combinazione del piano e della dire-
zione di scorrimento, ovvero il sistema di scorrimento per cfc. La Figura 7 .6b dimostra che un
dato piano di scorrimento può contenere più di una direzione di scorrimento. Per cui per una
particolare struttura cristallina possono esistere diversi sistemi di scorrimento; il numero dei
sistemi di scorrimento indipendenti rappresenta le differenti possibili combinazioni di direzio-
ni e di piani di scorrimento. Per esempio. per il cubico facce centrate, vi sono 12 sistemi di
scorrimento: quattro piani {111l e, per ciascun piano, tre direzioni indipendenti (11O).
Nella Tabella 7.1 sono elencati i possibili sistemi di scorrimento per le strutture cristalli-
ne ccc ed es.e. Per ognuna di queste strutture, è possibile lo scorrimento su più famiglie di
piani (p. es. 1110 I, {2 Il I e j 321 l per i ccc). Per i metalli con due strutture cristalline, alcu-
ni sistemi di scorrimento sono spesso attivi solo a temperature elevate.
I metalli con strutture cristalline cfc o ccc hanno un numero relativamente elevato di siste-
mi di scorrimento (almeno 12). Questi metalli sono abbastanza duttili a causa dell'ampia
deformazione plastica che di norma è possibile ottenere con i vari sistemi. Al contrario i metal-
li es.e .. che possiedono pochi sistemi di scorrimento attivi, sono in genere piuttosto fragili.

7.5 SCORRl~'IE!\TO NET SJl\'GOLI l~RISTALIJ

L'approfondimento dello scorrimento può venire semplificato trattando il processo per un


singolo cristallo ed estendendolo successivamente ai materiali policristallini. Come detto in
precedenza, le dislocazioni a spigolo, a vite e miste si muovono quando si applica uno sfor-

Tabella 7-1 Si,itemi di scorrimento per metalli 1\11bico facce centrate, cubico corpo
centrato ed eeagonale compatto
Numero di sistemi
Metalli Piani di scorrimento Direzione di scorrimento di scorrimento

Cubico facce centrate


Cu, Al. Ni, Ag, Au {111 l (I IO) 12
Cubico corpo centrato
Fcu, W,Mo { 110) (111) 12
Fca, W {211) (111) 12
Fen.K {321 l (111) 24
Esagonale compatto
Cd, Zn, Mg. Ti. Be {0001) (1120) 3
Ti, Mg, Zr l 1010} (I 120) 3
Ti.Mg { 101I} (1120) 6
7.5 Scorrimento nei singoli cristalli 161

zo di taglio lungo un piano di scorrimento ed in una determinata direzione. Come osservato


nella Sezione 6.2, anche con una sollecitazione di pura trazione (o di compressione), si pos-
sono ottenere componenti di taglio in tutte le direzioni, salvo le parallele e le perpendicolari
alle direzioni degli sforzi. (Equazione 6.4b). Questi vengono definiti sforzi di taglio indotti
e la loro ampiezza dipende non solo dalla sollecitazione applicata, ma anche dall 'orientazio-
ne sia del piano di scorrimento che della direzione di scorrimento all'interno di quel piano.
Posto <Pl'angolo tra la nonnale al piano di scorrimento e la direzione della sollecitazione
applicata e À l'angolo tra la direzione della sollecitazione e quella di scorrimento, come indi-
•«
cato nella Figura 7 .7, lo sforzo di taglio indotto è dato da

JR=acosq,cosÀ (7.1)

dove a è lo sforzo applicato. In generale, <P+ À .- 90°, poiché la direzione della sollecitazio-
ne di trazione, la normale al piano di scorrimento e la direzione di scorrimento non si trova-
no necessariamente nello stesso piano.
Un singolo cristallo di un metallo ha un certo numero di differenti sistemi di scorrimento
in grado di operare. Per ciascuno di essi lo sforzo di taglio indotto è in genere diverso, poiché
è diversa la loro orientazione rispetto alla direzione della sollecitazione (angoli <Pe À).
Tuttavia, un sistema di scorrimento è in genere orientato nel modo più favorevole, ha cioè lo
•«
sforzo di taglio indotto più elevato, (max):

rR (max)= a(cos </JcosJ..t., (7.2)

Per reazione ad una sollecitazione di trazione o di compressione, lo scorrimento in un singo-


lo cristallo inizia, per il sistema di scorrimento orientato nel modo più favorevole, non appe-
na lo sforzo di taglio indotto raggiunge il valore critico, denominato sforzo di taglio indotto
critico r,,; esso rappresenta lo sforzo di taglio minimo richiesto per poter iniziare lo scorri-
0;

mento e costituisce una proprietà del materiale che si calcola al momento in cui compare lo
•«
snervamento. li singolo cristallo si deforma plasticamente o si snerva quando (max) = r";c,

Normale
al piano di
scorrimento

F
162 • Capitolo 7 / Dislocazioni e Meeeanismi di indurimento

Direzione FtGL,RA7 .8 Scorrimento macroscopico in un cristallo singolo.


del lo sforzo

ed il valore dello sforzo da applicare per poter iniziare lo snervamento (ovvero il carico di
snervamento o) è dato da:
'l' _.,_.·
a.·::;: SIJC

' ..
(c:os. 4>
'
cos
J.)~
·.. ·, .: (7.3)

La sollecitazione minima necessaria per iniziare lo snervamento si raggiunge quando un sin-


golo cristallo è orientato in modo tale che <J,=À =45°; in queste condizioni,

(7.4)

Nella Figura 7 .8 viene rappresentata la deformazione di un cristallo singolo sollecitato in


trazione; lo scorrimento si verifica lungo un certo numero di piani e direzioni equivalenti,
orientati nel modo più favorevole, a varie posizioni lungo l'asse del cristallo. La deformazio-
ne dovuta allo scorrimento si manifesta con dei piccoli gradini sulla superficie del cristallo,
paralleli fra loro e sviluppati lungo la circonferenza del cristallo, come indicato in Figura 7 .8.
Ciascun gradino è il risultato del moto di un gran numero di dislocazioni lungo lo stesso
piano di scorrimento. Sulla superficie lucidata di una barretta di un cristallo singolo, questi
gradini appaiono come rigature, che sono chiamate linee di scorrimento. In Figura 7.9 viene
rappresentato un singolo cristallo di zinco, deformato plasticamente ad un grado tale che
sono distinguibili tali impronte dello scorrimento.
Con il procedere dell'allungamento del crist<!_llo,aumenterà sia il numero delle linee di
scorrimento sia la larghezza dei gradini. Per i metalli cfc e ccc, lo scorrimento può comincia-
re eventualmente lungo un secondo sistema di scorrimento, che viene orientato successiva-
mente nel modo più favorevole con la direzione di sollecitazione. Inoltre, per i cristalli es.e che
hanno pochi sistemi di scorrimento, se, per il sistema di scorrimento più favorevole, la dire-
zione dello sforzo è o perpendicolare alla direzione dello scorrimento (À = 90°) o parallela al
piano di scorrimento (<f,= 90°), lo sforzo di taglio indotto critico è nullo. Per queste orienta-
zioni estreme il cristallo normalmente si frattura piuttosto che deformarsi plasticamente.

ESDJPIO DI PROHLEJU 7 .1

Si consideri un singolo cristallo di ferro ccc orientato in modo tale che lungo la direzione
[0IOJ agisca uno sforzo di t~zione. (a) Calcolare lo sforzo di taglio indotto lungo un piano
(I IO) ed in una direzione [ 111] quando si applica uno sforzo di trazione di 52 MPa. (b)
Calcolare lo sforzo di trazione necessario per iniziare lo snervamento quando su un piano
( 11O) e in una direzione [ 111] si veri
di 30 MPa.

S01,1,'·zw,,·t:
Nella figura (a) viene rappresentata 1
di scorrimento e la direzione degli sf
direzione [010] è 45°. Dal triangolo,
e [010] è tg··1(a-.;'2 /a).,, 54.7°; essen
do l'Equazione 7.1, che

rR= acostj>cosÀ

(a)
164 Capitolo 7 / Dislocazioni e Meccanismi di indurimento

(b) Il carico di snervamento a, può venire calcolato in base all'Equazione 7.3; rpe À saranno
gli stessi della risposta (a) e quindi

30MPa
a,=-------= 73.4 MPa
(cos 45°)(cos 54.7°)

7.6 DEFORMAZIONE PLASTICA DEI


)IATERUU POLICRIST\LLINI

Nei materiali policristallini la deformazione plastica e lo scorrimento sono un po' più comples-
si. Avendo i grani cristallini una orientazione cristallografica del tutto casuale, ne consegue che
le direzioni di scorrimento variano da grano a grano. Per ciascuno di essi, infatti, il movimento
delle dislocazioni si verifica, come stabilito in precedenza, secondo il sistema di scorrimento
che ha l'orientazione più favorevole. A titolo di esempio viene riportata la micrografia di un

Fu;nu 7. l O Linee di scorrimento


sulla superficie di un campione di rame
policristallino che è stato lucidato ed in
seguito deformato. l 73x. (Micrografia
per gentile concessione di C. Brady,
National Bureau of Standards.)
7. 7 Deformazione per geminazione • 165

FtGlll\ 7.11
Modìficazione della mi-
crostruttura dei grani di un
metallo policristallino
dopo deformazione pla-
stica. (a) Prima della
deformazione i grani sono
equiassici. (b) La deforma-
zione ha prodotto dei grani
allungati. 170x. (Da W.G.
Moffatt, G.W. Pearsall e J.
Wulff, The Structure and
Properties of Materials,
Voi. 1,Structure, p. 140.
Copyright © 1964 by J ohn
Wiley & Sons New York.
Per concessione di John
Wiley & Sons, Jnc.)

campione di rame policri~tallino deformalo plasticamente (Figura 7.10); prima della deforma-
zione ne è stata lucidata la superficie. Sono visibili le linee di scorrimento e si rileva che, per la
maggior parte dei grani hanno agito due sistemi di sconimento, come viene evidenziato da due
serie di linee parallele che :-;iintersecano. In base al differente allineamento delle linee di scor-
rimentoneivaril]:rani.
si puòinoltreevidenziare
il loroctiver:so
orientamento.
Ad un'intensa deform:izione pb~tica in un mll.terialepolicri~rallmo
corri~ponde
una
intensa deformazione. per scorrimento. di ogni singolo grano. Nel corso della deformazione.
lungo i bordi dei grani viene conservata sia l'integrità meccanica che la coesione; i bordi dei
grani, infani, normalmente non si separano né :,i aprono. Come conseguenza, ciascun grano
viene costretto dai grani adiacenti ad assumere. entro certi limiti, una determinata forma.
Nella Figura 7 .11 viene illustrato come si defonnano i grani per una intensa deformazione
plastica. Prima della de!ormazione i grani ~uno e4uia:,sici eù hmmo all'incirca la ste~~a
dimemione in tutte le direzioni. A causa di questa particolare deformazione, i grani tendono
ad allungarsi lungo la direzione in cui si allunga il materiale.
I metalli policristallini sono più forti di un loro singolo cristallo, il che significa che per
iniziare lo scorrimento ed il concomitante snervamento si richiedono sforzi maggiori. Questo
è, in larga misura, anche dovuto alla costrizione geometrica che viene imposta sui grani
durante la deformazione. Anche se un singolo grano può risultare, ai fini dello scorrimento,
orientato favorevolmente con lo sforzo applicato, non può deformarsi fino a che anche i grani
adiacenti meno favorevolmente orientati sono in grado di avere scorrìmento; questo richiede
un livello di sforzo applicato maggiore.

7. 7 DEFOR.\IAZIO:NE PER GE.\H~AZIO!\ E

In alcuni materiali metallici la defonnazione plastica si può presentare, oltre che per sconimen-
to, anche per formazione di un geminato meccanico, o geminazione. Il concetto di geminato è
stato introdotto nella Sezione 4.5; cioè, uno sforzo di taglio può produrre spostamenti di atomi
in modo tale che su un lato di un piano (il bordo geminato) gli atomi si posizionano in modo da
formare una immagine speculare rispetto agli atomi sull'altro lato. La maniera con cui questo
avviene viene mostrata nella Figura 7 .12. Qui, i circoli chiari rappresentano gli atomi che non si
muovono ed i circoli neri e le linee tratteggiate rappresentano le posizioni originali e finali,
rispettivamente, degli atomi all'interno dell'area di geminazione. Come si può notare in questa
166 • Capitolo 7 / Dislocazioni e Meccanismi di indurimento

Superficie lucidata

Piano Piano
di geminazione d, geminazione

(a) (b)

FIGLR\ 7. l 2 Diagramma schematico che rappresenta il modo di fonnazione di geminati per


applicazione di uno sforzo di taglio r. In (b) i circoli chiari rappresentano gli atomi che non hanno
cambiato posizione; i circoli pieni e tratteggiati le posizioni di origine e finali degli atomi, rispet-
tivamente. (Da G.E. Dieter, Mechanical Metallurgy, 3rd edition. Copyright© 1986 by McGraw-
Hill Book Company, New York. Per concessione di McGraw-Hill Book Company.)

figura, l'ampiezza dello spostamento all'interno dell'area gemella {indicata con le frecce) è pro-
porzionale alla distanza fra i due piani. Inoltre, la geminazione compare su un piano cristallo-
grafico definito e in una direzione specifica che dipende dalla struttura cristallina. Per esempio,
per i metalli ccc, il piano geminato e la direzione sono ( 112) e [ 111], rispettivamente.
Nella Figura 7.13 vengono confrontate le deformazioni per scorrimento e per geminazio-
ne in un singolo cristallo sottoposto ad uno sforzo di taglio r. Nella Figura 7 .13a vengono
rappresentati i gradini dello scorrimento, la cui formazione è stata descritta nella Sezione 7 .5;
per geminazione, la deformazione di taglio è omogenea (Figura 7.13b). Questi due processi
differiscono l'uno dall'altro per diversi motivi. Anzitutto, per scorrimento, l'orientazione cri-
stallografica sopra e sotto il piano di scorrimento è la stessa prima e dopo la deformazione;
mentre per geminazione si verifica una riorientazione ali 'interno del piano geminato. Inoltre,
lo scorrimento si verifica su moltepliò ùistanze atomiche distinte, mentre lo spostamento di
atomi per geminazione è inferiore ad una distanza interatomica.
Geminazione meccanica compare nei metalli con strutture cristalline ccc ed es.e, a bassa
temperatura e ad elevata velocità di sollecitazione (tensionamento da shock), condizioni in
cui il processo di scorrimento viene limitato; vi sono quindi pochi sistemi di scorrimento ope-
rativi. La quantità di deformazione plastica per geminazione è normalmente piccola rispetto
a quella dovuta allo scorrimento. La vera importanza della geminazione è comunque dovuta
alla riorientazione cristallografica che produce: la geminazione può disporre nuovi sistemi di
scorrimento nelle orientazioni più favorevoli rispetto alla direzione di sollecitazione in modo
da attuare nuovi processi di scorrimento.

F1GrRA 7. J3 Cristallo sin-


golo sottoposto ad una soJle-
Piani c i t azi ont: di taglio -r, (a)
geminati
defonnazione per scorrimen-
Piani to; (b) deformazione per
di scorrimento geminazione.

-
T

(a) ib}
7.8 Indurimento per riduzione della dimemione del grano 167

MECCANISMIDI INDURIMENTO
NEI METALLI

Gli ingegneri metallurgici e dei materiali vengono spesso interpellati per progettare leghe che
abbiano, allo stesso tempo, alta resistenza. duttilità e tenacità; normalmente. la duttilità viene
sacrificata a favore della migliore resistenza. A disposizione dell'ingegnere vi sono diverse
tecniche di indurimento e la scelta, non di rado, è in relazione con l'attitudine di un materia-
le ad assumere le caratteristiche meccaniche richieste per una determinata applicazione.
Per conoscere i meccanismi di rinforzo è importante correlare il movimento delle disloca-
zioni con il comportamento meccanico dei metalli. Poiché la deformazione plastica macrosco-
pica corrisponde al movimento di un gran numero di dislocazioni, la capacità di un metallo a
deformarsi plasticamente dipende dalla capacità di movimento delle dislocazioni. Dal momen-
to che la durezza e la resistenza (sia di snervamento che di trazione) sono correlate alla facilità
con cui si può verificare la deformazione plastica, riducendo la mobilità delle dislocazioni, si
può aumentare la resistenza meccanica; sarà pertanto necessario un maggiore sforzo per far ini-
ziare la deformazione plastica. Al contrario, più si libera il movimento delle dislocazioni, più si
facilita la deformazione di un metallo, che risulta quindi più tenero e meno resistente.
Virtualmente tutte le tecniche di rinforzo confidano su questo semplice principio: limitando o
ostacolando il movimento delle dislocazioni si rende un materiale più duro e più resistente.
La presente discussione è limitata ai meccanismi di rinforzo per i metalli monofasici,
basati sulla riduzione della dimensione del grano, l'alligazione della soluzione solida e l'in-
durimento. La deformazione ed il rinforzo delle leghe a più fasi sono più complicati, doven-
do far riferimento a concetti non ancora introdotti.

7 .8 INDURIMENTO PER RIDUZIONE DELLA Dll\1ENSIOl\'E DEL GRANO

In un metallo policristallino la dimensione del grano, ovvero il diametro medio del grano, ha in-
fluenza sulle proprietà meccaniche. I grani adiacenti hanno normalmente orientazione cristallo-
grafica differente e, naturalmente, un bordo del grano comune, come indicato nella Figura 7.14.
Nel corso della deformazione plastica, scorrimento o movìmento di dislocazioni devono proce-
dere attraverso questo bordo comune, per esempio dal grano A al grano B della Figura 7.14. Il
bordo del grano si comporta come una barriera al movimento delle dislocazioni per due ragioni:

1. Dal momento che due grani hanno differente orientazione, una dislocazione che
passa nel grano B deve cambiare direzione di movimento; questo diventa più dif-
ficile al crescere della diversità di orientazione.
FtGLHA 7.14,
Movimento di una dislocazione o
in prossimità del bordo di un
grano; il bordo fa da barriera al
Bordo del grano ~ o o
O O 0/
procedere dello scorrimento. I 0000000 O 0//0
piani di scorrimento sono discon-
tinui e cambiano direzione pas-
OOOO O O O 0//0 O
'sando attraverso il bordo. (Da A O O O O r.ì O O O q//0 O O
Textbook of Materials Piano di scorrimento ----------- Y~------ / 0 0 0
Technology by Lawrence H. Van 0000 000 O O
Vlack; Copyright 1973 by 00000000000
Addison-Wesley Publishing
Company. Ristampa autorizzata.) 00000000
Grano A Grdnu B
168 • f:.apitolo 7 / Dislocazioni e Meccani11mi di indurimento

2. Lo stato di disordine degli atomi in corrispondenza del bordo del grano porta ad
una discontinuità dei piani di scorrimento da un grano all'altro.

Si potrebbe menzionare che, se i bordi del grano formano grandi angoli fra loro, le disJoca-
zioni possono anche non essere in grado di attraversare il bordo del grano durante la defor-
mazione; invece, una concentrazione di tensione davanti un piano di scorrimento può attiva-
re sorgenti di nuove dislocazioni in un grano adiacente.
Un materiale a grano fine (uno che ha grani piccoli) è più duro e resistente di uno che ha
grani grossi, in quanto i primi hanno maggiore sviluppo di bordo di grano per impedire il
movimento delle dislocazioni. Per diversi materiali, il limite di snervamento a, varia con la
dimensione del grano secondo la relazione

(7.5)

In questa espressione, denominata Equazione di Hall-Petch, d è il diametro medio dei grani


e a0 e k, sono costanti per un dato materiale. Si potrebbe osservare che l'Equazione 7.5 non è
valida per i materiali policristallini con grani o molto grandi (cioè grossi) o estremamente
fini. La Figura 7 .15 dimostra la dipendenza del limite di snervamento, di una lega di ottone,
dalla dimensione del grano. Si può controllare la dimensione del grano con la velocità di soli-
dificazione dalla fase liquida ed anche per deformazione plastica seguita da un appropriato
trattamento termico, come discusso nella Sezione 7 .13.
Si potrebbe anche menzionare che la riduzione della dimensione del grano migliora non
solo la resistenza, ma anche la tenacità di alcune leghe.
Bordi del grano a piccoli angoli (Sezione 4.5) non sono efficaci nel contrastare il proces-
so di scorrimento a causa del loro scarso disallineamento cristallografico lungo il bordo.
D'altra parte, bordi gemelli (Sezione 4.5) bloccheranno efficacemente lo scorrimento e
aumenteranno la resistenza del materiale. Bordi fra due differenti fasi sono anche un impedi-
mento al movimento delle dislocazioni; questo è importante per l'aumento della resistenza di
leghe più complesse. La dimensione e la configurazione delle fasi costituenti influenzano in
modo significativo le proprietà meccaniche delle leghe a più fasi; questi argomenti verranno
discussi nelle Sezioni 10.7, 10.8 e 17.1.

Dimensione del grano, d (mmi FIGllU 7 .15 Influenza de Il a dimen-


sione del grano sul limite di snerva-
5 X 10- 3
mento di una lega di ottone
200 70 Cu-30 Zn. Notare che il diametro
del grano cresce da destra a sinistra e
r.: non è lineare. (Da H. Suzuki, "The
o..
6 150 Relation Between the Structure and
o Mechanical Propcrties of Metals",
.,
1:
Vol. II, National Physical Labotatory,
E
Symposium n. 15, 1963, p. 524.)
~ 100
"~
'o
-~
50

4 12 16
INDURIMENTO PER FOHMA7

Un'altra tecnica utile pt

Il con atomi estranei in m


modo viene chiamato i1
quasi sempre più teneri i
7.16a e 7.16b, nel caso
degli elementi di lega ~
snervamento; nella Figu
Le leghe sono più fc
solida in genere induco1
Ne risulta una interazio
di lega e viene, di cons~
atomo estraneo è più p
reticolo cristallino sfor
Figura 7. 17a. AI contrn
pressione sugli atomi v
segregare intorno alle e
cioè, da annullare parte

10 20 30 40 5,
Contenuto di nichel(% in peso)
/a)

Contenuto di nichel(% in peso)


/e)
1 70 • Capitolo 7 / Dislocazioni e Meccanismi di indurimento

F1Gl:RA 7. l 7 (a) Rappresentazione


00CXX)00 delle tensioni reticolari di trazione sugli
atomi ospitanti per sostituzione di un
00CXX)00 atomo di impurezza più piccolo. (b)

0002000 Possibile accomodamento di atomi di


impurezza più piccoli in una dislocazio-
000000 ne a spigolo in modo che vi sia una par-
ziale eliminazione delle tensioni reticola-
{a)
000000 ri impurezza-dislocazione.

(bi

re questo risultato, un atomo di lega più piccolo si dispone dove le sua tensione di trazione
può compensare parzialmente la tensione di compressione della dislocazione. Per la disloca-
zione a spigolo nella Figura 7 .17b, questa situazione si verifica vicino l'asse della disloca-
zione, al di sopra del piano di scorrimento. Un atomo di lega più grande si viene a disporre
come nella Figura 7 .18b.
La resistenza allo scorrimento è maggiore quando gli atomi di impurezza sono presenti
poiché la tensione reticolare totale deve crescere se una dislocazione è portata via (consuma-
ta) da loro. Inoltre, le stesse interazioni delle tensioni reticolari (Figura 7 .17b e 7 .18b) esiste-
ranno tra gli atomi di impurezza e le dislocazioni che sono in movimento durante la defor-
mazione plastica. Allora, è necessario applicare uno sforzo più grande per iniziare la prima
e quindi continuare la deformazione plastica per le leghe in soluzione solida, al contrario dei
metalli puri; questo è evidenziato dall'aumento della resistenza e della durezza.

7.10 INCRL"DIMENTO

L'incrudimento è il fenomeno per cui un metallo duttile diviene più duro e più resistente
quando viene deformato plasticamente. Talvolta è anche chiamato indurimento da lavorazio-
ne o, poiché la temperatura a cui si verifica la deformazione è "fredda" rispetto alla tempera-
tura assoluta di fusione del metallo, lavorazione a freddo. La maggior parte dei metalli
diventa dura a temperatura ambiente.
È talvolta conveniente esprimere il grado di deformazione plastica come percento di lavo-
razione aji·eddo piuttosto che come allungamento. 11percento di lavorazione a freddo (LF%)
è definito come

LF%=( ) X 100 (7.6)

F1Gl'IU 7.18 (a) Rappresentazione


delle tensioni reticolari di compressione
sugli atomi ospitanti per sostituzione di
un atomo di impurezza più grande. (h)
Possibile accomodamento di atomi di
impurezza più grandi in una dislocazio-
ne a spigolo in modo che vi sia una par-
(il) ziale eliminazione delle tensioni retico-
lari impurezza-dislocazione.
lbJ
Acciaio 1040

(
Ottone

Rame

10 20 30 40 50 60 71
Lavorazione a freddo(%)

20 60
Lavorazione a freddo (%)

7 .19 Per acciaio 1040, ottone e rame, (,


(e) diminuzione della duttilità (A%) co
~.-lrons and Steel, Voi. 1, 9th edition, I
1k: Properties and Selection: Nonferrous
,n Society for Metals, 1979, pp. 276 e 32'i
1 72 • Capitolo 7 / Dislocazioni e Meceanis1ni di indurimento

dove A0 è l'area originale della sezione trasversale che subisce deformazione e A" è l'area
dopo la defonnazione.
Le Figure 7.19a e 719h dimostrano come acciaio, ottone e rame aumentino il limite di
snervamento e la resistenza a traziune al crescere della lavorazione a freddo. Il prezzo di'que-
sto aumento di durezza e di resistenza è la duttilità del metallo. Questo è rappresentato nella
Figura 7.19c, in cui la duttilità, in allungamento percentuale, mostra una riduzione con l'au-
mento del percento di lavorazione a freddo per tutte e tre le leghe. L'influenza della lavora-
zione a freddo sul comportamento sforzo-allungamento di un acciaio viene lucidamente illu-
strata nella Figura 7.20.
L'indurimento per deformazione viene dimostrato in un diagramma carico-allungamento
presentato in precedenza (Figura 6.17). Inizialmente, il metallo con limite di snervamento a,0
viene deformato plasticamente al punto D. li carico viene rilasciato, quindi riapplicato con un
risultante nuovo limite di snervamento, a,. Il metallo è quindi diventato più resistente nel
corso del processo, poiché a,; è maggiore di a, 0 •
Il fenomeno di indurimento per deformazione viene spiegato in base alle interazioni del
campo di tensione dislocazione-dislocazione, simile a quelle discusse nella Sezione 7.3. La
densità di dislocazioni in un metallo cresce con la deformazione o con la lavorazione a fred-
do, dovuta alla moltiplicazione di dislocazioni o alla formazione di nuove dislocazioni, come
osservato in precedenza. Di conseguenza, la distanza media fra le dislocazioni diminuisce -
le dislocazioni sono più compattate insieme. li risultato finale è che il movimento delle dislo-
cazioni viene ostacolato dalla presenza di altre dislocazioni. Come la densità di dislocazioni
aumenta, questa resistenza al movimento delle dislocazioni da parte di altre dislocazioni
diviene più pronunciato. Allora, lo sforzo imposto necessario per deformare un metallo cre-
sce all'aumentare della lavorazione a freddo.
L'indurimento per deformazione viene spesso utilizzato commercialmente per incremen-
tare le proprietà meccaniche dei metalli durante il processo di fabbricazione. Gli effetti del-
l'indurimento per deformazione possono venire rimossi con un trattamento termico di ricot-
tura, come discusso nella Sezione 11.2.
lncidenlalrnente, per le espressioni matematiche relative allo sforzo ed all'allungamento,
Equazione 6.19, il parametro n è chiamato l'esponente dell'indurimento per deformazione, che è
una misura della capacità del metallo ad indurire per deformazione; maggiore sarà il suo valore,
più grande sarà l'indurimento per deformazione per una determinata deformazione plastica.

FIGl Il.A 7 .20


Influenza della lavorazione a freddo
sul comportamento carico-deformazione di un
acciaio a basso tenore di carbonio. (Da Metals
Handhook: Properties and Selection: lrons and
Steel, Vol. I, 9th edition, B. Bardes, Editor,
American Society for Metals, 1978, p. 221.)

Carico
7.11 Recovery • 173

ESK\11'10 DI l'lUJIJLt::\IA 7 .2

Calcolare la resistenza a trazione e la duttilità (A%) di una barra di rame cilindrica se viene
lavorata a freddo in modo tale che il diametro viene ridotto da 15.2 mm a 12.2 mm.

Sou·z,o,vE
È anzitutto necessario determinare la percentuale di lavorazione a freddo risultante dalla
deformazione. Questo è possibile utilizzando l'Equazione 7.6:

( 15.22mm rJr- ( 12.2 tmr


%LF = -------------
( 15.22mm rn
x 100 = 35.6%

La resistenza a trazione viene letta direttamente dalla curva per il rame (Figura 7.19b) pari a
340 MPa. Dalla Figura 7 .19c, la duttilità a 35.6 %LF è circa 7% A.

Ricapitolando, abbiamo appena discusso i tre meccanismi che possono essere usati per
indurire e migliorare la resistenza di leghe metalliche monofasiche - mediante riduzione
della dimensione del grano, mediante formazione di soluzioni solide e per incrudimento.
~aturalmente essi possono essere usati congiuntamente; per esempio, una lega indurita per
soluzione solida, può anche venire incrudita.

RECOVERY~ RICRISTALLIZZAZIONE
ED AeeRE~eIMENTo DEL GRAN
o ==============================
Come evidenziato nel precedente paragrafo di questo capitolo, deformando plasticamente
un metallo policristallino a temperature relativamente basse rispetto alla temperatura di
fusione si producono variazioni nella microstruttura e neJJe proprietà tra cui (I) la varia-
zione della configurazione del grano (Sezione 7 .6), (2) l'incrudimento (Sezione 7 .10) e (3)
l'aumento della densità delle dislocazioni (Sezione 7.3). Parte dell'energia spesa per la
deformazione viene immagazzinata nel metallo come energia di deformazione, che è loca-
lizzata nelle zone di trazione, di compressione e di taglio intorno alle nuove dislocazioni
create (Sezione 7 .3). Inoltre altre proprietà, come la conduttività elettrica (Sezione 19.8) e
la resistenza alla corrosione, possono essere modificate come conseguenza della deforma-
zione plastica.
Queste proprietà e queste strutture possono tornare allo stato antecedente la lavorazione a
freddo, mediante un appropriato trattamento termico (talvolta denominato trattamento di ricot-
tura). Tale recupero è il risultato di due differenti processi che si verificano ad elevata tempe-
ratura: il recovery e la ricristallizzazione, che può essere seguita dalla crescita del grano.

7.11 RECOVERY

Durante il recovery, parte dell'energia di deformazione interna immagazzinata viene rila-


sciata in virtù del movimento di dislocazioni (in assenza di uno sforzo esterno applicato), per
174 • Capitolo 7 / Dislocazioni e Meccanismi di indurimento

effetto di un aumento della diffusione degli atomi ad elevata temperatura. Si verifica una par-
ziale riduzione del numero di dislocazioni e vengono prodotte configurazioni di dislocazioni
(simili a quelle rappresentate nella Figura 4.8) con bassa energia di deformazione. In aggiun-
ta, proprietà fisiche come la conduttività elettrica e termica e simili vengono riportate flllo
stato precedente alla lavorazione a freddo.

7.12 RICRlSTAl.Ll7..ZAZIONE

Una volta completato il recovery, i grani sono ancora in un relativamente alto stato di ener-
gia di deformazione. La ricristallizzazione è la formazione di una nuova configurazione di
grani esenti da deformazione ed equiassici (cioè aventi approssimativamente uguale dimen-
sione in tutte le direzioni) che hanno bassa densità di dislocazioni e sono caratteristiche delle
condizioni precedenti alla lavorazione a freddo. La forza guida per produrre questa struttura
di grani nuovi è la differenza di energia interna tra materiale deformato e non deformato. Si
formano nuovi grani da nuclei molto piccoli che crescono fino a sostituire il materiale di ori-
gine, processi che interessano la diffusione su breve distanza. I diversi stadi del processo di
ricristallizzazione sono rappresentati nelle Figure 7.2 la- 7.2 ld; in queste micrografie, i pic-
coli grani maculati sono quelli ricristallizzati. Pertanto, la ricristallizzazione dei metalli lavo-
rati a freddo può venire usata per affinare la struttura dei grani.
Inoltre, durante la ricristallizzazione, le proprietà meccaniche, modificate in seguito alla
lavorazione a freddo, _vengono ripristinate ai valori che avevano in precedenza; il metallo
diviene quindi più soffice, meno resistente, ma più duttile. Alcuni trattamenti termici sono

(a} (b)

Flct HA 7 .2 I Micrografie rappresentanti i diversi stadi della ricristallizzazione e della crescita


del grano di un ottone. (a) Struttura del grano dopo lavorazione a freddo (33% di LF). (h) Stadio
iniziale della ricristallizzazione dopo riscaldamento di 3 s a 580°C; i grani molto piccoli sono quel-
li ricristallizzati. (e) Parziale sostituzione dei grani da lavorazione a freddo con quelli ricristalliz-
zati (4 sa 580°C). (d) Ricristallizzazione completa (8 sa 580°C). (e) Aumento del grano dopo 15
minuti a 580°C. (j) Aumento del grano dopo IO minuti a 700°C. Tutte le micrografie a 75x. (Per
gentile concessione di J.E. Burke, Genera! Electric Company.)
7 .12 Ricristallizzazione • 175

Fu;1 11\ 7.21


(Continua)

(e) (di

(e) ({J

designati per consentire la ricristallizzazione che si verifica con queste modifiche nelle carat-
teristiche meccaniche (Sezione 11.2).
La ricristallizzazione è un processo la cui estensione dipende dal tempo e dalla tempera-
tura. Il grado (o frazione) di ricristallizzazione cresce col tempo, come si può notare nelle
micrografie presentate nelle Figure 7 .21 a-d. La dipendenza della ricristallizzazione dal
tempo viene trattata con maggiore dettaglio nella Sezione 10.3.
L'influenza della temperatura è dimostrata nella Figura 7.22, che riporta in diagramma la
resistenza a trazione e la duttilità (a temperatura ambiente) di una lega di ottone in funzione
della temperatura, dopo un trattamento termico a temperatura costante di I ora. Viene anche
presentata in modo schematico la struttura a grani ai vari stadi del processo.
176 • Capitolo 7 / Dislocazioni e Mcceanism.i di indurimento

FIGl,RA 7.22
Influenza della temperatura di
ricottura sulla resistenza a trazio-
600 ..----,,----~---.----......--r---,---,60
ne e sulla duttilità di una lega di
ottone. Viene indicata la dimen-
sione del grano in funzione delle
.:e- 50
temperatura di ricottura. Vengono a..
rappresentati in modo schematico ~
., 500
gli stadi della struttura cri stallina e
o
·;::;
durante il recovery, la ricristalliz- 1
zazione e la crescita del grano. "' ·;:;
"' :i
(Da G. Sachs e K.R.Van Horn, N
e o
30
Practical MetallurRy, Applied
Metaflurgy and the Industriai
*
-~
c.:
400

Processing of F errous and


Non.ferrous Metals and Alloys, 20
American Society for Metals,
1940,p.139.)

B
u 0.020
~
0 o.oio

100 200 300 400 500 600 700

Temperatura di ricottura (0 C)

Il comportamento alla ricristallizzazione di un particolare metallo viene 1alvolta specifi-


cato in termini di temperatura di ricristallizzazione, la temperatura a cui la ricristallizza-
zione si completa in 1 ora. Di conseguenza, la temperatura di ricristallizzazione per la lega di
ottone della Figura 7.22 è circa 450°C. Tipicamente, si trova tra un terzo e la metà della tem-
peratura di fusione assoluta di un metallo o una lega e dipende da diversi fattori, incluso l'en-
tità della lavorazione a freddo precedente e la purezza della lega. Al crescere della percen-
tuale di lavorazione a freddo aumenta la velocità di ricristallizzazione, con il risultato che si
abbassa la temperatura di ricristallizzazione e si avvicina ad una costante o valore limite alle
alte deformazioni; questo effetto viene rappresentato nella Figura 7.23. Inoltre, normalmen-
te viene specificata in letteratura la temperatura di ricristallizzazione minima o limite. Esiste
un valore critico di lavorazione a freddo al di sotto del quale la ricristallizzazione non si può
verificare, come rappresentato nella figura; normalmente questo è compreso fra 2 e 20% di
lavorazione a freddo.
La ricristallizzazione procede più rapidamente nei metalli puri che nelle leghe. Ne conse-
gue che l'alligazione fa aumentare la temperatura di ricristallizzazione, spesso anche in modo
sostanziale. Per i metalli puri la temperatura di ricristallizzazione è normalmente 0.37ì, dove
7ìè la temperatura di fusione assoluta; per alcune leghe commerciali può essere elevato a
O.7T1 Nella TabeJla 7 .2 sono riportate le temperature di fusione e di ricristallizzazione di
alcuni metalli e leghe metalliche.
7.12 Ricristalliz:r.azione • 177

FIGl:RA ì .23 Variazione della


temperatura di ricristallizzazio-
2 800 ne con la percentuale di lavora-
<l,
e
zione a freddo, per il ferro. Per
.Q deformazioni inferiori a quella
;:j 700
critica (circa 5% ), non si verifica
-~ ricristallizzazione.
]i
:~ 600

;:
:o 500
~
'-'
a.
E
~ 400

Percentuale
Deformazione di lavorazione
critica a freddo

Le operazioni di deformazione plastica vengono spesso condotte al di sopra della tempe-


ratura di ricristallizzazione in un processo chiamato di lavorazione a caldo, descritto nella
Sezione 12.2. 11materiale rimane relativamente tenero e duttile durante la deformazione poi-
ché non incrudisce e, di conseguenza, sono possibili grandi deformazioni.

làhclla 7.2 Temperature di ric.•ristallizzazione e di fusione per alcuni metalli e


leghe metalliche

Temperatura Temperatura
di ricristallizzazione di fusione
Metallo (•C) (•C)

Piombo --4 327


Stagno --4 232
Zinco IO 420
Alluminio (99.999 % in peso) 80 660
Rame (99.999 % in peso) 120 1085
Ottone (60 Cu-40 Zn) 475 900
Nichel (99.99% in peso) 370 1455
Ferro 450 1538
Tungsteno 1200 3410

ESE:\IPIO DI PttOGt:TrO 7. l

Una barra cilindrica di ottone, avente un diametro iniziale di 6.4 mm, deve essere lavora-
ta a freddo per trafilatura in modo da ridurre la sua sezione trasversale. Si richiede, dopo lavo-
razione a freddo, un limite di snervamento di almeno 345 MPa ed una duttilità superiore al
20 % A; è inoltre necessario un diametro finale di 5.1 mm. Descrivere il modo per consegui-
re questo risultato.
1 78 • Capitolo 7 / Dislocazioni e Meccanismi di indurimento

Sou ·zw.,t:
Consideriamo anzitutto gli effetti (come limite di snervamento e duttilità) della lavorazione a
freddo per cui il diametro dell'ottone viene ridotto da 6.4 mm (designato con d 0) a 5.1 mm
(d).La% di LF può essere calcolata dall'Equazione 7.6 come

%LF= X 100

( 6.4;nm )" Jr-( 5.1 ;mf


=---------- x l 00 = 36.5% LF
( 6.4 mm ) 2 JT
2

In base alle Figure 7 .19a e 7. l 9c, con questa deformazione si ottiene un limite di snerva-
mento di 410 MPa ed una duttilità di 8% A. Per ~oddisfare le richieste, il limite di snerva-
mento è soddisfacente, mentre la duttilità è troppo bassa.
Un processo alternativo è una parziale riduzione di diametro, seguita da un trattamento
termico di ricristallizzazione in cui si annullano gli effetti della lavorazione a freddo. Il limi-
te di snervamento richiesto, la duttilità ed il diametro vengono acquisiti con un secondo sta-
dio di trafilatura.
Ancora, la Figura 7.19a indica che 20% di LF è richiesto per dare un limite di snerva-
mento di 345 MPa. D'altra parte, dalla Figura 7.19c, duttilità maggiori del 20% A sono pos-
sibili solo per deformazioni del 23% LF o meno. Quindi, durante l'operazione finale di trafi-
latura, la deformazione deve essere compresa fra 20% e 23% di LF. Si prende la media di
questi estremi, 21.5% LF, e quindi si calcola il diametro finale per la prima trafilatura d0 ', che
diventa il diametro originale per la seconda trafilatura. Ancora, usando l'Equazione 7.6,

21.5%LF=
({f Jr-(5.12mm r X 100
(~~ f
Ora, risolvendo da d0 ' dall'espressione precedente si ottiene

----------------------------------,~ ~.· .... ,)

7.13 ll\GR0SSA..\fENTO DEL GRA~O

Una volta completata la ricristallizzazione, se il metallo viene lasciato a temperature elevate,


i nuovi grani formati continueranno a crescere (Figure 7.21d-f>; a questo fenomeno si dà il
nome di crescita del grano. La crescita del grano non ha bisogno di essere preceduta da reco-
very e ricristallizzazione e si può verificare in tutti i materiali policristallini, metalli e cera-
m1c1.
Al bordo del grano è a~sociata una energia, come spiegato nella Sezione 4.5.
All'aumentare della dimensione del grano, lu sviluppo del bordo diminuisce, con conse-
guente riduzione dell'energia totale; è questa la forza guida per la crescita del grano.
7.13 Ingrossamento del grano • 179

FIGL Il.\ 7 .2 I Rappresentazione schematica


della crescita del grano per diffusione atomica.
(Da Elements of Materials Science and
Engineering. 6'h Edition by Lawrence H. Van
Vlack; Copyright© 1989 by Addison-Wesley
Publishing Company. Ristampa autorizzata.)

Direzione del moto


del bordo del grano

La crescita del grano si verifica per migrazione dei bordi del grano. Ovviamente, non tutti
i grani possono espandersi, ma la gran parte cresce a spese di quelli più piccoli, che scom-
paiono. Di conseguenza, la dimensione media dei grani aumenta col tempo e ad ogni istante si
avrà una gamma di dimensioni del grano. Il movimento del bordo è proprio dovuto alla diffu-
sione a breve distanza di atomi da un lato all'altro del bordo. Le direzioni del movimento del
bordo e del moto degli atomi sono opposti l'uno all'altro, come rappresentato nella Figura
7.24.
Per diversi materiali cristallini, il diametro del grano d varia col tempo r secondo la rela-
zione
d"-d 0"=Kt (7.7)

dove d0 è il diametro del grano iniziale a t ==Oe K ed n sono costanti indipendenti dal tempo;
il valore di n è in genere uguale o maggiore di 2.
La dipendenza della dimensione del grano dal tempo e dalla temperatura è dimostrata nella
Figura 7 .25, un grafico del logaritmo della dimensione del grano in funzione del logaritmo del
tempo per una lega di ottone a diverse temperature. Alle temperature più basse le curve sono
lineari. Inoltre, la crescita del grano procede più rapidamente al crescere della temperatura; cioè
le curve hanno andamento ascendente verso dimensioni del grano maggiori. Questo effetto
viene spiegato con l'aumento della velocità di diffusione al crescere della temperatura.

FICLIl\ 7 .25 Diagramma logaritmico del diame-


tro del grano in funzione del tempo per la crescita
del grano di un ottone a diverse temperature. 1.0
(Da J.E. Burke, "Some Factors Affecting the Rate
of Grain Growth in metals''. Ristampa autorizzata
da Metallurgica! Transartion, Voi. 180, 1949, a
publication ofThe Metallurgica! Society of AIME,
· Warrendale, Pennsylvania.)

102
Tempo (min)
(Scala logaritmica)
180 • Capitolo 7 / Dislocazioni e Meccanismi di indurimento

Le proprietà meccaniche a temperatura ambiente di un metallo a grana fine sono in gene-


re superiori (cioè più alta resistenza e tenacità) di quelle a grano grossolano. Se il grano cri-
stallino di una lega monofasica è più grosso di quello desiderato, si può affinare deformando
plasticamente il materiale e quindi sottoponendolo a trattamento termico di ricristallizzazio-
ne, come descritto in precedenza.

SO}L\1ARIO====================================
A livello microscopico, la deformazione plastica corrisponde al movimento di dislocazioni in
risposta all'applicazione di uno sforzo di taglio esterno, un processo chiamato "scorrimento".
Lo scorrimento si verifica lungo specifici piani cristallografici ed entro questi piani solo,in
certe direzioni. Un sistema di scorrimento rappresenta una combinazione piano di sconi-
mento-direzione di scorrimento ed i possibili sistemi di scorrimento dipendono dalla struttu-
ra cristallina del materiale.
Lo sforzo di taglio indotto critico è il minimo sforzo di taglio richiesto per iniziare il
movimento delle dislocazioni; il limite di snervamento di un singolo cristallo dipende sia dal
valore dello sforzo di taglio indotto critico, sia dal dall'orientazione dei componenti di scor-
rimento in relazione alla direzione dello sforzo applicato. Per i materiali policristallini, lo
scorrimento si verifica entro ciascun grano lungo i sistemi di scorrimento più favorevolmen-
te orientati con lo sforzo applicato; inoltre, durante la deformazione, i grani modificano l'a-
spetto in modo tale che venga comunque conservata coesione al bordo dei grani.
Sotto talune circostanze si può verificare deformazione plastica limitata nei metalli ccc ed
es.e per geminazione meccanica. Normalmente, la geminazione diventa importante se inter-
venendo sulla riorientazione cristallografica rende il processo di scorrimento più favorevole.
Dal momento che la facilità con cui un materiale è in grado di deformarsi plasticamente è
funzione della mobilità delle dislocazioni, limitando il loro movimento si aumenta la durez-
za e la resistenza. Sulla base di questo principio sono stati discussi tre differenti meccanismi
di indurimento. Il bordo del grano costituisce una barriera al movimento delle dislocazioni;
quindi, riducendo la dimensione del grano in un materiale policristallino, si aumenta la
durezza e la resistenza. L'indurimento per soluzione solida è dovuto alle tensioni che si gene-
rano nel reticolo tra atomi di impurezze e dislocazioni. Ed, infine, come un materiale è defor-
mato plasticamente, la densità delle dislocazioni aumenta, come fa anche l'ampiezza di inte-
razioni del campo di tensioni dislocazione-dislocazione repunsive; l'incrudimento è anche
aumento della resistenza col crescere della deformazione plastica.
Le caratteristiche meccaniche e microstrutturali di un metallo deformato plasticamente pos-
sono essere riportate al stato precedente la deformazione con un appropriato trattamento termi-
co, che consente il recovery, la ricristallizzazione ed il processo di crescita del grano. Con il
recovery si riduce la densità delle dislocazioni e si modifica la loro configurazione. La ricristal-
lizzazione consiste nella formazione di nuovi grani esenti da tensioni; inoltre, il materiale divie-
ne più tenero e più duttile. La crescita del grano è l'aumento delle dimensioni medie dei grani
dei materiali policristallini, che si ottiene mediante il movimento dei bordi dei grani.

TERlll'.'\I E CO~CETTJ l.'\lPORTA:\Tl

Crescita del grano Lavorazione a freddo Sforzo di taglio indotto


Deformazione del reticolo Rccovery Sforzo di taglio indouo critico
Densità di dislocazioni Ricristallizzazione Temperatura di ricristallizzazione
Indurimento per soluzione solida Scorrimento
Indurimento per deformazione Sistema di scorrimento
Domantlc e problemi • 181

BJRLIOGRAFIA

Byrne, J.G., Recol'ery, Recrystallization, and Grain Read, W.T., Jr., Dislocations in Crystals, McGraw-Hill
Growth, The Macmillan Co., New York, l 965. Book Company, New York, l 953.
Hirth, J.P., and J. Lothe, Theory of Dislocations, 2nd edi- Weertman J. and J.R. Weertman, Elementary Dislocatìon
tion, Wiley-Interscience, New York, 1982. Theory, The Macmillan Co., New York, 1964.
Reprinted by Krieger Publishing Company, Reprinted by Oxford University Press, Oxford,
Melbourne, FL, 1992. 1992.
Hull, D., lntroduction to Dislocations, 3rd edition,
Pergamon Press, Inc., Elmsford, NY, 1984.

D O JI A l\ D E E P R O B L E )11

7.1 Per avere la sensazione delle dimensioni dei difet- 7 .6h, un piano { 11O} per la struttura ccc, rappre-
ti atomici, si consideri un metallo con una densità sentando gli atomi con dei circoletti. Indicare poi
di dislocazioni di 104 mm". Se si rimuovono tutte con delle frecce due differenti direzioni di scorri-
le dislocazioni comprese in I000 mm 3 ( I cm 3) e si mento ( 111) all'interno di questo piano.
uniscono estremità per estremità, quanto potrebbe 7.8 Un sistema di scorrimento per un cristallo es.e, è
essere lunga (in km) questa catena? Se per lavora- I 0001 }(1120). Schematizzare, come nella Figura
zione a freddo la densità aumenta fino a 10 10 7 .6b, un piano {0001 } per la struttura es.e ed indi-
mm-2, a quanto potrebbe arrivare la nuova catena care con delle frecce tre differenti direzioni di
di dislocazioni in I 000 mm 3 di materiale? scorrimento ( 1120) ali' interno di questo piano.
7.2 Si considerino due dislocazioni a spigolo di segno Può essere di aiuto la Figura 3.7.
opposto e con i piani di scorrimento separati da 7.9 Spiegare la differenza fra componente di taglio e
alcune distanze atomiche come indicato nel dise- componente di taglio critica.
gno. Descrivere brevemente il difetto risultante 7.10 Talvolta il cos</)cos.ìi. nell'Equazione 7. I viene
quando le due dislocazioni si allineano fra loro. chiamato Fattore di Schmid. Determinare il valo-
re di tale fattore per un cristallo cfc orientato con
la direzione [ 100 I parallela a quella di sollecita-
J_- zione.
7.11 Si consideri un cristallo di metallo orientato in
modo che la normale al piano di scorrimento e la
direzione di scorrimento formino angoli di 43. l O e
7.3 È possibile che due dislocazioni a vite di segno 47.9°. rispettivamente, con la direzione di trazio-
opposto si annullino reciprocamente? Spiegare la ne. Se la componente di taglio critica è 20.7 MPa,
risposta. si avrà snervamento nel cristallo con uno sforzo di
7.4 Indicare la relazione fra la direzione dello sforzo 45 MPa? Se no, quale dovrà essere lo sforzo
di taglio applicato e la direzione del moto dell 'as- necessario?
se della dislocazione, per le dislocazioni a spigo- 7.12 Un cristallo di alluminio sottoposto a trazione è
lo, a vite e miste. orientato in modo che la normale al suo piano di
7.5 (a) Definire un sistema di scorrimento. scorrimento formi un angolo di 28.1 ° con la dire-
(b) I metalli hanno tutti lo stesso sistema di scor- zione di trazione. Tre possibili direzioni di scorri-
rimento? Perché o perché no? mento formano angoli di 62.4 °, 72.0° e 81.1 ° con
7.6 ' (a) Confrontare le densità planari (Sezione 3.10) la stessa direzione di trazione.
per i piani (100), (110) e (111) di un cfc. (a) Quale di queste tre direzioni di scorrimento è
(b) Confrontare le densità planari per i piani la più favorita?
(100), ( I 10) e (111) di un ccc. (b) Se la deformazione plastica inizia per uno
7.7 Un sistema di scorrimento per un cristallo ccc è sforzo di trazione di 1.95 MPa, determinare la
{110}(111). Schematizzare, come nella Figura componente di taglio critica -r:,111per l'alluminio.
182 • Capitolo 7 / Dislocazioni e Meccanismi tli indurimento

7.13 Un cristallo di argento sottoposto a trazione è 7.24 (a) Mostrare che, in una prova di trazione,
orientato in modo tale che lo sforzo venga appli-
cato lungo una direzione [001]. Se si verifica scor-
rimento su un piano (1 I I) ed in una direzione
LF % = (--t-) x 100
E +I
[101 ], con uno sforzo di trazione di 1.1 MPa, cal-
colare la componente di taglio critica r"ic" se non c'è variazione di volume durante il proces-
7.14 La componente di taglio critica r,"' per il ferro è so di deformazione (cioè Aj 0 = AJ.J.
27 MPa. Determinare il massimo carico di snerva- (b) Usando il risultato della parte a, calcolare la
mento per un cristallo di Fe sottoposto a trazione. percentuale di lavorazione a freddo sperimenta-
7.15 Elencare quattro differenze importanti tra la ta da un ottone navale (il comportamento sfor-
deformazione per geminazione e quella per scor- zo-allungamento rappresentato nella Figura
rimento, riguardo al meccanismo, condizioni in 6.12) quando viene applicato un sforzo di 400
cui si verificano e risultato finale. MPa.
7.16 Spiegare brevemente perché bordi dei grani che 7.25 Due provette cilindriche di una lega, non incru-
formano fra loro angoli piccoli interferiscono dite, devono subire deformazione plastica per
meno con i processi di scorrimento di quelli con ridurre la sezione trasversale (mantenendola
angoli più elevati. circolare). Per una provetta, i raggi prima e
7.17 Spiegare in breve perché i metalli es.e sono tipi- dopo deformazione sono 16 mm e 11 mm,
camente più fragili dei metalli etc e ccc. rispettivamente. La seconda provetta, con un
7.18 Descrivere con parole proprie i tre meccanismi di raggio iniziale di 12 mm, deve avere, dopo
indurimento discussi in questo capitolo (ovvero deformazione, la stessa durezza della provetta
per riduzione della dimensione del grano, per solu- precedente; calcolare il raggio finale di questa
zione solida, per incrudimento). Spiegare inoltre provetta.
come le dislocazioni intervengano nei tre casi. 7 .26 Due provette non incrudite dello stesso metallo
7.19 (a) Dalla curva del limite di snervamento in fun- devono subire deformazione plastica per ridurre
zione del (diametro del granof 112per un ottone per la loro sezione trasversale. Una ha sezione circo-
cartucce, Figura 7.15, ricavare le costanti a0 e k_, lare, 1'altra rettangolare; durante la deformazione
dell'Equazione 7.5. le sezioni, circolare e rettangolare, rimangono tali.
(b) Calcolare il limite di snervamento di questa Le dimensioni, prima e dopo deformazione, sono
lega quando il diametro medio del grano è I .O x le seguenti:
10--1mm.
7.20 Il limite di snervamento del ferro con un diametro Circolare Rettangolare
medio del grano di 5 x 10 2 mm è 135 MPa. Con (diametro, mm) (mm)
un diametro del grano di 8 x 10-.1mm, il limite di
snervamento aumenta a 260 MPa. A quale diame- Dimensioni originali 15.2 125 X 175
tro di grano il limite di snervamento sarà 205 Dimensioni dopo 11.4 75 X 200
MPa? deformazione
7.21 Supponendo che il diagramma di Figura 7.15 si
riferisca ad un ottone non incrudito, determinare
la dimensione del grano della lega della Figura Dopo deformazione plastica, quale delle due pro-
7.19, assumendo una composizione uguale a quel- vette avrà maggiore durezza e perché?
la di Figura 7.15. 7.27 Una provetta cilindrica di rame lavorato a freddo
7 .22 Indicare, come nelle Figure 7 .17h e 7. l 8b. dove, ha una duttilità (A%) di 25%. Se dopo incrudi-
in corrispondenza di una dislocazione a spigolo, mento ha un raggio di 10 mm, quale era il raggio
ci si aspetterebbe di trovare un atomo estraneo prima della deformazione?
interstiziale. Spiegare quindi, in breve, perché in 7.28 (a) Che duttilità approssimativa (A%) avrà un
base alle tensioni sul reticolo, sarebbe situato in ottone con limite di snervamento di 275 MPa?
questa posizione. (b) Che durezza Brinell avrà un acciaio 1040 con
7.23 Nel fare misure di durezza. quale sarà l'effetto se limite di snervamento di 690 MPa?
si fa una impronta molto vicina ad una preesisten- 7.29 È stato osservato sperimentalmente che, nel caso
te? Perché? di singoli cristalli di numerosi metalli, la compo-
Domande e problemi • 183

nente di taglio critica r,,;cè funzione della densità la temperatura non sia indicata esplicitamente
di dislocazioni Pn nell'Equazione 7.7.
(a) In quale dei parametri di questa espressione
potrebbe essere inclusa la temperatura?
(b) Per intuizione, indica una esplicita espressione
dove r 0 ed A sono dellt: i.:ostanti. Per il rame, la per questa dipendenza dalla temperatura.
componente di taglio critica è 2.10 MPa con una 7.39 Una provetta di ottone non incrudita con dimen-
densità di dislocazioni di 105 mm- 2 . Se il valore di sione media del grano di 0.008 mm ha un limite di
A per il rame è 6.35 x 10-3 MPa-mm, calcolare r,,ù· snervamento di 160 MPa. Stimare il limite di
con una densità di dislocazioni di 107 mm- 2 • snervamento di questa lega dopo riscaldamento a
7.30 Indicare brevemente la differenza fra processi di 600°C per 1000 s, sapendo che il valore di k, è
recovery e di ricristallinazione. 12.0 MPa-mm 112•
7.31 Stimare la frazione di ricristallizzazione per la
micrografia della Figura 7.21c.
7.32 Spiegare le differenze nelle microstrutture dei Problemi di progettazione
grani di un metallo lavorato a freddo ed uno lavo- 7.D1 Determinare se sia o no possibile lavorare a fred-
rato a freddo e ricristallizzato. do un acciaio in modo da ottenere una durezza
7.33 Spiegare brevemente perché alcuni metalli (es. Brinell minima di 225 ed avere, allo stesso tempo,
piombo e stagno) non incrudiscono se deformati a una duttilità di almeno 12 A%. Giustificare la
temperatura ambiente. risposta.
7.34 (a) Qual è la forza guida per la ricristallizzazio- 7.D2 Determinare se sia o no possibile lavorare a fred-
ne? do un ottone in modo da ottenere una durezza
(b) E per la crescita del grano? Brinell minima di 120 ed avere, allo stesso tempo,
7.35 (a) In base alla curva di Figura 7 .25, calcolare il una duttilità di almeno 20 A%. Giustificare la
tempo necessario per far cresi.:en.: il diametro risposta.
medio del grano da 0.01 a O.I mm a 500°C, per 7 .D3 Una provetta cilindrica di acciaio lavorata a fred-
quell'ottone. do ha durezza Brinell di 250.
(b) Ripetere il calcolo a 600°C. (a) Stimare la sua duttilità in A%.
7.36 Nella tabella sono riportate due misure a tempi (b) Se la provetta rimane cilindrica durante la
diversi del diametro medio del grano di un ottone, deformazione, determinare il raggio finale, sapen-
misurato in funzione del tempo a 6S0°C. do che quello originario era di 5 mm.
7.04 È necessario scegliere una lega metallica per una
applicazione che richiede un limite di snervamen-
Tempo Diametro del grano to minimo di 345 MPa ed una duttilità (A%) di
(miri) (mm) almeno il 20%. Se il metallo può essere lavorato a
freddo, decidere quale fra i seguenti: rame, ottone,
30 3.9 X 10-2
e acciaio 1040. Perché?
90 6.6 X )0- 2
7.05 Una barra cilindrica di acciaio 1040 di 15.2 mm
di diametro deve essere lavorata a freddo per tra-
(a) Qual era il diametro del grano originale? filatura; durante la deformazione verrà mantenu-
(b) Quale diametro del grano si può prevedere ta la sezione circolare. Si desidera una resistenza
dopo 150 mina 650°C? a trazione di 840 MPa ed una duttilità di almeno
7.37 Una provetta non incrudita di una lega ha un dia- 12 A%. Inoltre, il diametro finale deve essere 10
metro medio del grano di 0.040 mm. Si tlt:vt: mm. Spiegare come si possa soddisfare queste
ridurre tale diametro a 0.010 mm. È possibile? Se richieste.
sì, spiegare le procedure che si intendono usare e 7.06 Una barra cilindrica di rame di 16.0 mm di diame-
tndicare i processi previsti. Se non è possibile tro deve essere lavorata a freddo per trafilazione;
.,. spiegare perché. durante la deformazione viene mantenuta la
7.38 La crescita del grano è fortemente dipendente sezione circolare. Dopo lavorazione a freddo si
dalla temperatura (cioè la velocità di crescita del vuole un limite di snervamento di 250 MPa ed una
grano aumenta con la temperatura), malgrado che duttilità di almeno 12 A%. Inoltre, il diametro
184 • l:apitolo 7 / Dislocazioni e Meccani~ru.i rii imlurimento

finale deve essere 11.3 mm. Spiegare come può disponibile un diametro di 7.94 mm di acetato
essere soddisfatto. I 040, che è stato lavorato a freddo del 20%.
7.D7 Una barra cilindrica di acciaio 1040 ha una resi- Descrivere la procedura che si intende seguire per
stenza a trazione minima di 865 MPa e duttilità di ottenere questo materiale. Assumere che I '.acciaio
almeno 10 A%, con diamt:tro finale di 6.0 mm. È 1040 si fessuri al 40% di LF.
na J>"lrolicra che ha subito un c-edinwnto struttu1·ale; la rottura è avvenuta in morlo
"per propagazimw di una cric(•a lungo il perimetro (Fotografia ,li Ncal Bocnzi, Thl'
York Times.)

ché si studin fo rottura?

o di una struttura si mento - ed in piì1 familiarizzare con quei principi pro-


ilell'iugegnere di mini- gettuali che poi.sono essere utilizzati per prevenire
ra. È quindi et.lrema- rotture in ;;ervizio. Nella Sezione 23.5 verranno
(}ossono essere i 1mssi- di;;cussi i problemi relativi alla scelta del materiale ed
rattura, fatica, scorri- al progetto di una molla per valvola di automobile.

18.5
Obiettivi di apprendimento

Dopo aver studiato questo capitolo, dovresti essere in grado di fare le seguenti cose:

I. Descrivere i meccanismi di propagazione della 6. Def'mire la fatica e specificare le condizioni per le


cricca per i due modi di rottura, duttile e fragile, quali questa avviene,
2. Spiegare perché la resistenza di materiali fragili è 7. Attraverso un diagramma di fatica di uno specifico
molto più bassa di quella calcolabile per via teori- materiale determinare (a) il limite di fatica (per un
ca, determinato livello di carico), (b) la resistenza a
3. Def'mire la tenacità a frattura in termini di (a) una fatica (per un determinato numero di cicli),
descrizione concisa e (b) un'equazione; defmire 8, Definire lo scorrimento a caldo e specificare le
tutti i parametri di tale equazione. condizioni per le quali questo avviene.
4. Saper distinguere tra fattore di intensificazione 9. Dato un diagramma di scorrimento a caldo, speci-
degli sforzi, tenacità a frattura e tenacità a frattu- fico di un materiale, determinare (a) la velocità di
ra in condizioni di deformazione piana. scorrimento stazionario e (h) il limite di rottura,
5. Nominare e descrivere le due tecniche di valuta-
zione della rottura da impatto,

8.1 INTRODL"ZJ01'E

La rottura di un materiale è quasi sempre un evento indesiderabile per una serie di ragioni; tra
queste il fatto che vite umane possono essere messe in pericolo, che vi siano perdite econo-
miche, che vi sia influenza sul servizio e reperibilità di determinati prodotti. Anche se le
cause di cedimento ed il comportamento di un materiale sono note, la prevenzione della rot-
tura è difficile da garantire. Le cause più comuni sono la scelta non appropriata del materia-
le, l'errata progettazione e produzione del componente o un suo cattivo utilizzo. È responsa-
bilità dell'ingegnere prevedere e pianificare i possibili cedimenti e, nel caso che vi siano rot-
ture, stabilirne le cause e adottare le dovute misure preventive affinché, nel futuro, non si
verifichino incidenti analoghi.
Gli argomenti principali di questo capitolo sono: la frattura semplice (sia duttile che fra-
gile), i fondamenti della meccanica della frattura, le prove di rottura da impatto, la transizio-
ne duttile-fragile, la fatica e lo scorrimento a caldo. Le discussioni includono i meccanismi
di rottura, le tecniche di valutazione, i metodi attraverso i quali la rottura può essere preve-
nuta o controllata.

FRATTURA
8.2 FO!\DAJ\'IENTI DELLA FRATTCRA

La frattura di tipo semplice è la separazione di un corpo in uno o più elementi costituenti in


risposta ad un carico imposto di tipo statico (cioè costante o che cambia lentamente nel
tempo) ed a temperature che sono basse rispetto alla temperatura di fusione del materiale. Il
carico applicato può essere di trazione, di compressione, di taglio o torsionale; la discussio-
ne presente si limiterà alla rottura dovuta ali' applicazione di carichi di trazione uniassiali. Per
i materiali ingegneristici, sono possibili due modi di frattura: duttile e fragile. La classifica-
zione si basa sulla capacità di un materiale di subire deformazione plastica. I materiali dutti-
lì mostrano una notevole capacità di deformarsi plasticamente assorbendo grandi quantità
d'energia prima della rottura. Al contrario, la rottura di tipo fragile è caratterizzata da una
deformazione plastica scarsa o assente ed è accompagnata da un basso assorbimento d'ener-
gia. L'andamento della curva caric~eformazione per i due tipi di frattura è riportato in
Figura 6.13.
"Duttile" e "fragile" sono termini relativi; il fatto che una rottura avvenga in un modo o

186
8.3 Frattura duttile • 187

nell'altro dipende dalla situazione particolare in cui questa avviene. La duttilità può essere
quantificata in termini d'allungamento percentuale (Equazione 6.11) e riduzione percentuale
di sezione (Equazione 6.12). Inoltre, la duttilità è funzione della temperatura del materiale,
della velocità di deformazione e dello stato di sforzo. La tendenza di un materiale duttile a
rompersi in modo fragile è discussa nel Paragrafo 8.6.
Ogni processo di rottura avviene in due stadi - la formazione e la propagazione della cric-
ca- in risposta ad un carico imposto. Il modo di rottura è fortemente dipendente dal mecca-
nismo di propagazione della cricca. La rottura duttile è caratterizzata da un'intensa deforma-
zione plastica nelle immediate vicinanze della cricca che avanza. Il processo, inoltre, proce-
de relativamente lento all'aumentare della lunghezza della cricca stessa. Tale tipo di cricca
viene solitamente definita stabile: resiste ad ogni ulteriore avanzamento finché non si ha un
aumento del carico applicato. Vi sarà, inoltre, una marcata e visibile deformazione delle
superfici di rottura (ad es. torsione e lacerazione). Per la rottura di tipo fragile, invece, le cric-
che possono propagarsi in modo estremamente rapido, accompagnate da una deformazione
plastica estremamente contenuta. Tale tipo di cricche possono essere definite instabili e la
propagazione, una volta innescata, continuerà spontaneamente senza bisogno di aumentare il
carico applicato.
La frattura duttile è quasi sempre preferibile per due ragioni. In primo luogo, la rottura
fragile avviene improvvisamente e catastroficamente senza nessun preavviso; questo è una
conseguenza della propagazione spontanea e rapida della cricca. Per la frattura duttile, inve-
ce, la presenza di deformazione plastica è un indice dell'imminenza della rottura, il che per-
mette l'adozione di misure preventive. In secondo luogo, per provocare una rottura di tipo
duttile è richiesta un'energia di deformazione superiore, per cui i materiali duttili sono gene-
ralmente più tenaci. Sotto l'azione di un carico di trazione, la maggior parte delle leghe
metalliche prese11tanocompmtamento duttile, mentre i ceramici sono decisamente fragili ed
i polimeri possono mostrare entrambi i tipi di rottura.

8.3 FRATTliRA DUTTILE

Le superfici di una rottura duttile mostrano proprie caratteristiche distintive sia a livello
macroscopico che microscopico. La Figura 8.1 mostra una rappresentazione schematica di
due profili di rottura macroscopici caratteristici. La configurazione mostrata in Figura 8. la è
caratteristica di metalli estremamente teneri, come l'oro puro ed il piombo a temperatura
ambiente, ed altri metalli, polimeri e vetri inorganici a temperature elevate. Questi materiali
altamente duttili subiscono strizione fino al punto di rottura, mostrando una riduzione di
sezione virtualmente del 100%.

FIGlR\ 8. I (a) Frattura altamente


duttile in cui il provino striziona fino
ad un punto. (h) Frattura moderata-
mente duttile dopo una certa strizio-
ne. (e) Frattura fragile senza alcuna
deformazione plastica.

/a) (bi (C)


188 • Capitolo 8 / La rottura

FtCl RA 8.2 Stadi nella frattura coppa


e cono. (a) Strizione iniziale. (b)
Formazione di piccole cavità. (e)
Coalescenza delle cavità fino a forma-
zione della cricca. (d) Propagazione
della cricca. (e) Rottura di taglio finale
ad un angolo di 45° rispetto alla dire-
zione di trazione. (Da K. M. Ralls, T.
H. Courtneye e J. Wulff, Introduction
/a) {b) /e) to Materials Science and Engineering,
p. 468 Copyright © 1976John Wiley &
Sons, New York. Ristampa autorizzata
da John Wiley & Sons, lnc.)

Taglio
Fibrosa

t
(d)

11tipo più comune dì profilo dì rottura tensile per un metallo duttile è quello rappresenta-
to nella Figura 8. lh, la cui rottura è preceduta soltanto da una modesta strizione. Il processo
di rottura avviene normalmente in più stadi (Figura 8.2). Dapprima, una volta iniziata la stri-
zione, sì formano piccole cavità o microvuoti al! 'interno della sezione trasversale, come indi-
cato in Figura 8.2b. Dopo, continuando la deformazione, questi microvuoti si allargano, si
avvicinano fino a coalescenza formando una cricca ellittica, il cui asse maggiore risulta per-
pendicolare alla direzione dello sforzo. La cricca continua a crescere in direzione parallela
all'asse maggiore in virtù di questo processo di coalescenza dei microvuoti (Figura 8.2c).
Alla fine, si ha rottura a causa della rapida propagazione della cricca lungo il perimetro ester-
no della parte strizionata (Figura 8.2d), dovuta ad una deformazione di taglio avente un ango-
lo di circa 45° rispetto all'asse di trazione - questo è l'angolo al quale lo sforzo di taglio è
massimo. Una frattura che presenta questo contorno superficiale caratteristico è, a volte, defi-
nita rottura a coppa e cono perché una delle due superfici è a forma di coppa e l'altra di cono.
In questo tipo di provino rotto (Figura 8.3a), la parte centrale interna della superficie appare
di forma irregolare e fibrosa, il che è indicativo di una deformazione plastica.

la) (b)

FIGl"K\ 8.3 (a) Frattura coppa e cono nell'alluminio. (h) Frattura fragile in un acciaio dolce.
8.4 Frattura fragile • 189

Fic1 1RA 8.4 (a) Frattografia elettronica a scansione in cui sono visibili depressioni emisferiche
caratteristiche di una rottura duttile dovuta ad applicazione di carichi tensili uniassiali. 3300x. (b)
Frattografia a scansione elettronica in cui si evidenziano depressioni a forma di parabola caratte-
ristiche di una rottura di tipo duttile dovuta a sforzi di taglio. 5000x. (Da R. W. Hertzberg,
Deformarion and Fracture Mechanics of Engineering Materiafs, 3rd edition. Copyright © 1989
John Wiley & Sons, New York. Ristampa autorizzata da John Wiley & Sons, lnc.)

Infonnazioni più dettagliate riguardanti il meccanismo di frattura si possono ricavare da


un esame microscopico, utilizzando di nonna il microscopio elettronico a scansione. Studi di
questo tipo vengono definitifrattoJ?rafìci. Il microscopio elettronico a scansione è da prefe-
rirsi, negli esami frattografici, in quanto presenta una migliore risoluzione e profondità di
campo rispetto al microscopio ottico; tali caratteristiche sono necessarie per mettere in evi-
denza i dettagli topografici delle supe1t"ici di rottura.
Quando viene esaminata la zona fibrosa centrale di una frattura a coppa e cono attraverso
il microscopio elettronico, ad alti ingrandimenti, si vedrà che questa è formata da numerose
depressioni emisferiche (Figura 8.4a); questa struttura è caratteristica di fratture risultanti da
rotture di trazione uniassiali. Ogni depressione corrisponde ad una metà del microvuoto for-
matosi e separatosi durante il processo di rottura. Le cavità si formano anche sul margine di
taglio a 45° della frattura a coppa e cono. Tuttavia, queste ultime risulteranno allungate o a
forma di C, come mostrato in Figura 8.4b. Questa forma parabolica può essere indicativa di
una rottura di taglio. Inoltre, si possono avere altre superfici di rottura microscopiche carat-
teristiche. Frattografie come quelle mostrate in Figura 8.4a e 8.4b forniscono informazioni
utili nell'analisi della rottura, come il modo in cui è avvenuta, lo stato tensionale ed il punto
d'innesco della cricca.

8.4 FRATTURA FRAGILE

La frattura di tipo fragile avviene senza alcuna apprezzabile deformazione con una rapida
propagazione della cricca. La direzione del moto della cricca è molto vicina a quella perpen-
dicolare alla direzione del carico di trazione applicato e porta ad una superficie di frattura
relativamente piana, come indicato in Figura 8.1 c.
La superficie di frattura di un materiale che si rompe in modo fragile ha una sua caratte-
ristica distintiva; ogni segno evidente di deformazione plastica è assente. Ad esempio, in un
acciaio si possono formare una serie di linee a V rovesciata vicino al centro della sezione tra-
sversale della frattura che puntano verso il sito d'innesco (Figura 8.5a). Altre superfici di frat-
tura fragile contengono linee o creste che si irradiano a ventaglio dal punto di origine della
cricca (Figura 8.5b). Spesso, entrambi questi segni caratteristici sono sufficientemente pro-
1 90 Capitolo 8 / La rottura

(il)

(b)

FJC;c H \ B.5 (a) Fotografia in cui sono mostrate le linee a fonna di V rovesc
della rottura fragile. Le frecce indicano il punto d'innesco della cricca. Dirne
(Da R. W. Hertzberg, Deformation and Fracture Mechanics of Engineering 1'
tion. Copyright © 1989 John Wilcy & Sons, New York. Ristampa autorizzata
Sons, Inc. Fotografia per gentile concessione di Roger Slutter, Lehigh Universi
della superficie di una rottura fragile in cui si evidenziano le creste distribuite 1
taglio. La freccia indica l'origine della cricca. Circa 2x. (Ristampa autorizza
Understanding How Components Fail, American Society for Metals, Material1

nunciati da essere discriminati ad occhio nudo. Per metalli molto duri e a !


alcun segno di frattura distinguibile. La frattura fragile nei materiali amorfi,
miei, porta ad una superficie relativamente lucida e liscia.
Per la maggior parte dei materiali cristallini fragili, la propagazione e
sponde a rotture successive e ripetute dei legami atomici lungo piani cristal
cisi; tale processo è definito clìvag{tio. Questo tipo di frattura viene detta t1
transcristal/ina) perché le cricche di rottura attraversano i grani. Macro
superficie di rottura può avere una struttura granulosa o sfaccettata (Figura:
8.4 Frattura fragile 191

F1<;1 Il\ B.<•


(a) Frattografia
elettronica a scansione di
una ghisa duttile in cui è
evidente la superficie di
rottura transgranulare.
Ingrandimento non noto.
(Da V. J. Colangelo e F.
A. Heiser, Analysis of
Metallurgica! Failures,
2nd edition. Copyright ©
1987 by John Wiley &
Sons, New York.
Ristampa autorizzata da
John Wiley & Sons. Inc.)
(b) Fratto grafia
elettronica a scansione di
una superficie di frattura
intergranulare. 50x.
(Riproduzione autorizzata
da ASM Handhook,
Voi. 12, Fractography,
(a)
ASM Intemational,
Materials Park, OH,
1987.)

(b)

tato dei cambiamenti di orientazione dei piani di clivaggio da grano a grano. Questa caratte-
ristica è più evidente nella micrografia elettronica a scansione mostrata in Figura 8.6a.
In alcune leghe la propagazione della cricca avviene lungo i bordi di grano; questa frattu-
ra è definita intergranulare. La Figura 8.6b è una micrografia elettronica a scansione di una
tipica frattura intergranulare, in cui si può vedere la natura tridimensionale dei grani. Questo
tipo di rottura normalmente è conseguenza di processi di indebolimento o di fragilizzazione
delle zone a bordo grano.
192 • Capitolo 8 / La rottura

8.5 PRJl\CJPI DI MECCANICA DELLA FR.\1Tl~R,\

La frattura fragile di un materiale normalmente duttile, come quella riportata nella fotografia
di inizio capitolo, dimostra la necessità di una migliore comprensione dei meccanismi di oot-
tura. Gli intensi sforzi di ricerca compiuti nei passati decenni hanno portato all'evoluzione
della meccanica della frattura. Questa materia permette la quantificazione dei rapporti tra
proprietà del materiale, livello di sforzo, presenza di difetti capaci di indurre formazioni di
cricche e meccanismi di propagazione della cricca. Gli ingegneri progettisti sono oggi meglio
attrezzati per anticipare, e quindi prevenire, i cedimenti strutturali. La discussione seguente è
incentrata su alcuni dei principi fondamentali della meccanica della frattura.

CONCENTRAZIONE DEGLI SFORZI

La resistenza a rottura di un materiale solido è funzione delle forze coesive esistenti tra gli
atomi. Su queste basi la resistenza teorica coesiva di un solido fragile elastico è stata stimata
essere approssimativamente E/1 O, dove E è il modulo di elasticità. La resistenza a rottura spe-
rimentale, della maggior parte dei materiali utilizzati in ingegneria, è normalmente da 10 a
1000 volte inferiore a questo valore teorico. Negli anni '20, A. A. Griffith ipotizzò che que-
sta discrepanza tra i valori di resistenza coesiva teorica e la resistenza a rottura osservata
potesse essere spiegata dalla presenza di piccolissimi, microscopici difetti, o cricche, che esi-
stono sempre nelle normali condizioni in superficie e all 'intemo di un materiale. Tali difetti
diminuiscono la resistenza a rottura in quanto il carico applicato può venire amplificato o
concentrato all'apice del difetto e l'intensità di amplificazione dipende dall'orientazione
della cricca e dalla geometria. Questo fenomeno è evidenziato in Figura 8.7, in cui si riporta
l'andamento dello sforzo in una sezione trasversale contenente una cricca interna. Come
indicato dal profilo, l'intensità di questo sforzo localizzato diminuisce con la distanza dall 'a-
pice della cricca. In una posizione sufficientemente lontana, lo sforzo è uguale a quello nomi-
nale a 0, ovvero al carico applicato diviso l'area trasversale del provino (perpendicolare a que-
sto carico). A causa della capacità di intensificare localmente lo sforzo applicato, questi difet-

(J'm -----------

O'o

:,e s'

!
Posizione lungo X-X'

(J) (b)

Fu;IR\ 8. 7 (a) Geometria di cricche interne e superficiali. (b) Profilo di sforzo lungo la linea
X-X' in (a), da cui si evince l'amplificazione dello sforzo all'apice della cricca.
8.,:; Principi di meccanica della frattura • 193

ti sono a volte detti intensificatori di sforzi.


Se si assume che una cricca abbia una forma ellittica (o circolare) e che sia orientata per-
pendicolarmente al carico applicato, lo sforzo massimo all'apice della cricca, e~", è uguale a

(8.1a)

dove a 0 è l'intensità dello sforzo nominale di trazione applicato, p, è il raggio di curvatura


all'apice della cricca (Figura 8.7a), ed a rappresenta la lunghezza di una cricca di superlicie,
o metà della lunghezza di una cricca interna. Per microcricche relativamente lunghe che pre-
sentano un piccolo raggio di curvatura, il fattore (a/p,) 112 può essere molto grande (sicura-
mente più grande dell'unità); in questo caso l'equazione 8.la prende la forma

(8. lb)

Inoltre, a"' sarà diverse volte il valore di a0 .


A volte il rapporto a)o; 1 è detto fattore di concentrazione degli sforzi K, :
Il'

K==~cca2!!_ ( ) (8.2)
I Clii P,

che è semplicemente una misura del grado di amplificazione dello sforzo esterno all'apice
della cricca.
A titolo di commento, dovrebbe essere detto che l'amplificazione dello sforzo non è limi-
tata a questi difetti microscopici; può venire in corrispondenza di discontinuità interne
macroscopiche (ad esempio vuoti), di angoli appuntiti e di intagli in grandi strutture. La
Figura 8.8 mostra la curva teorica del fattore di concentrazione degli sforzi per diverse
discontinuità semplici e comuni.
Inoltre, l'effetto di un intensificatore di sforzo è più significativo nei materiali fragili che in
quelli duttili. Per un materiale duttile, la deformazione plastica avviene quando lo sforzo mas-
simo supera la resistenza di snervamento. Ciò porta ad una più uniforme distribuzione degli
sforzi in prossimità dell'intensificatore e ad un fattore di concentrazione degli sforzi massimo
minore di quello teorico. Tale snervamento e ridistribuzione dello sforzo non avvengono in modo
apprezzabile intorno ai difetti ed alle discontinuità nei materiali fragili; si avrà perciò come risul-
tato un valore del fattore di concentrazione degli sforzi molto vicino a quello teorico.
Griffith ipotizzò che tutti i materiali fragili contenessero una popolazione di piccole cric-
che e difetti di varie forme, geometrie e orientazioni. La rottura avviene quando, sotto l'azio-
ne di uno sforzo di trazione, la resistenza teorica di coesione di un materiale viene superata
all'apice di uno di questi difetti. Ciò porta alla formazione di una cricca che si propaga suc-
cessivamente in modo rapido. Se non sono presenti difetti, la resistenza a rottura sarebbe
uguale a quella coesiva del materiale. Whiskers metallici e ceramici molto piccoli e virtual-
mente privi di difetti hanno mostrato valori di resistenza a rottura che approssimano quelli
teorici.

TEORIA DELLA FR.\TTCRA FRAGILE DI GRIFFITH

Durante la propagazione di una cricca avviene un rilascio di quella che è definita energia di
deformazione elastica, ovvero di parte dell'energia che è immagazzinata nel materiale quan-
194, • Capitolo 8 / La rottura

1-·,uH \ 8.H Curva 3 .4 r-,c--,~-,----,----,--,---,----,--,


QJ
teorica del fattore di e:
concentrazione degli ·"~- 3.0

~
N
~
sforzi per tre forme e:·-N
QJ
u
..i2 2.6
~
geometriche semplici. w e:
::, ~

(Da G. H. Neugebauer, ;_; ·-


·- '"io
-o QJ 2.2
Prod. Eng. (NY), Voi. QJ -o

14, pp. 82-87, 1943.) o


;:,
Cl
u... 0.2 0.4 0.6 0.8 1.0
d
(a/
w

3.8 ~-.--~-~~---~-.-~

3.4
~

N 3.0
g:,,:-
c: ·-
QJ N
u ~
e: ,_f
o~-
u ·-
·-
,:;"Sb .,
'-',:;
2 1.8
~ 1.4
~2r~
1.0~~-~-~~-~-~~-~
o 0.2 0.4 0.6 0.8
r
X
(b)

3.2 r---r---r-r-r-r--r-~-
3.0
,,,,_-
·:; 2.8
,E
-~ 2.6
------w------;, .. ~ 2.4
-o
QJ
§ 2.2
g 'J~-o
·;::;

r §e 1.8
h 2 1.6

::' 1.4
o
;a 1.2
"-

0.2 0.4 0.6 0.8 1.0


r
X
(e)

do questo viene deformato elasticamente. Inoltre, durante il processo di propagazione della


cricca, vengono create nuove superfici libere all'apice della cricca che danno luogo ad un
incremento dell'energia superficiale del sistema. Griffith sviluppò un criterio per la propaga-
zione di una cricca ellittica (Figura 8. 7a) attraverso un bilancio energetico di queste due ener-
gie. Egli dimostrò che lo sforzo critico richiesto o; perché si abbia propagazione della cricca
in un materiale fragile è descritto dall'equazione
8.5 Principi di meccanica della frattura • 195

a-,. _(2 Ey, )


---:rra
112
(8.3)

dove
E = modulo di elasticità
y, = energia superficiale specifica
a = semìlunghezza di una cricca interna

Vale la pena notare che quest'espressione non prende in considerazione il raggio all'apice
della cricca p 1 come invece avviene per l'equazione della concentrazione degli sforzi
(Equazione 8.1); ,i assume, tuttavia, che il raggio sia sufficientemente piccolo (dell'ordine
dello spazio interatomico) da dar luogo ad un'intensificazione dello sforzo locale all'apice
che supera la resistenza di coesione del materiale.
Lo sviluppo precedente si applica soltanto a materiali completamente fragili, per i quali
non si ha deformazione plastica. La maggior parte dei metalli e molti polimeri presentano un
certo grado di deformazione plastica durante la rottura; per questo motivo, l'evoluzione della
cricca richiede un incremento di energia superficiale maggiore rispetto al caso puramente fra-
gile. Di quest'incremento si può tener conto, sostituendo, nell'Equazione 8.3, y, con
(y, + yP), dover,, è l'energia di defonnazione plastica associata alla propagazione della cric-
ca. Perciò,
1/2
;;;:[ 2 E (y, + Yp)) (8.4a)
a" :rea

Per materiali molto duttili, si può avere Yr >> y, e quindi

2 E ]u 2
(8.4b)
a e = [-------1.._
:rra

Negli anni '50 G. R. lrwin decise di inserire y, e Yrin un unico termine, C§,

(8.5)

C§, è noto come velocità di rilascio del!' energia critica di deformazione. Sostituendo
l'Equazione 8.5 nell'Equazione 8.4a e dopo qualche trasformazione, si ottiene l'espressione
del criterio di Griffith

<§=trda
(8.6)
" E

Perciò, la propagazione di una cricca avviene quando Jt0 2 a/E supera il valore di Cf3,per il par-
ticolare materiale considerato.

E~n11•10 DI Puonu:.U.\ 8.1

Una lastra di vetro, relativamente grande, è sottoposta ad un carico di trazione pari a 40 MPa. Se
l'energia specifica superficiale ed il modulo di elasticità per tale vetro sono 0.3 J/m 2 e 69 GPa,
rispettivamente, determinare la lunghezza massima ammissibile di un difetto superficiale che
non porti a rottura.
1 96 • Capitolo 8 / La rottura

Sou•zJO,YE
Per risolvere questo problema è necessario impiegare l'Equazione 8.3. Rimaneggiando l'e-
quazione in modo che sia a la variabile dipendente, e ricordando che a= 40 MPa, y, =0.3 J/m 2
ed E = 69 GPa, si ha che

a= 2Ey,
:rrd
(2)(69 x !09 N/m 2)(0.3 N/m)
=-------------
:rr(40 x 10 6 N/m 2)2
= 8.2 x IO 6 m = 0.0082 mm= 8.2 µm

ANALISI DELLO SFORZO DI l]\A CRHXA

Continuando ad illustrare la fenomenologia della meccanica della frattura, vale la pena esa-
minare la distribuzione degli sforzi nelle immediate vicinanze dell'apice di una cricca che
avanza. Ci sono tre tipi fondamentali, o modi, secondo i quali il carico può agire su di una
cricca ed ognuno influenza in maniera diversa l'apertura delle superfici della cricca stessa;
questi diversi meccanismi sono illustrati in Figura 8.9. Il modo I è di apertura o tensile, men-
tre i modi II e III sono di scorrimento e lacerazione. rispettivamente. li modo I si incontra più
frequentemente e sarà il solo che verrà trattato nella discussione sulla meccanica della frattu-
ra che segue.
FIGLR.-1.8.9
I tre modi di apertura di
una cricca. (a) Modo I, di
apertura o tensile;
(b) modo II, di
scorrimento;
(e) modo m,di
lacerazione.

(a) (bi (cJ

Per la configurazione del modo I, lo sforzo agente su di un elemento di volume di mate-


riale è rappresentato nella Figura 8.10. Utilizzando i principi della teoria elastica e le nota-
zioni indicate, gli sforzi di trazione (a, e cr/
e di taglio (r,) sono funzione sia della distanza
radiale che dell'angolo 0 nel seguente modo: 2

1 Con a,. si intende uno sforzo di trazione parallelo alla direzione y; non deve essere confuso con la resi-

stenza a snervamento (Sezione 6.6), che utilizza la stessa simbologia.


'Le funzionif(e) sono le seguenti:

.
.!, (())= cos 2 e( :w)
l - sen 20 sen 2

J, (0) = cos 2e ( 1 + sen 2e sen 230)

. A 8 30
J,, (8) = sen y cos 2 cos 2
8.5 Principi di meccauica della frattura • 197

F1u R\ B. I O Sforzo agente all 'a-


pice di una cricca, sottoposta ad un
carico di trazione tipico della con-
figurazione nel modo I.

(8.7a)

(8.7b)

(8.7c)

Se la piastra è sottile rispetto alle dimensioni della cricca, allora a, = O e si dice che siamo in
condizioni di sforzo piano. Ali' opposto (per una piastra relativamente spessa), a, =
v(a, + a) ed in questo caso lo stato di sforzo è definito come stato di deformazione piana
(in quanto E, = 0); v è il rapporto di Poisson.
Nell'Equazione 8. 7 il parametro K è detto fattore di intensificazione degli sfur:.ii;il suo
utilizzo consente una comoda specificazione della distribuzione degli sforzi intorno ad un
difetto. Occorre notare che questo fattore di intensificazione degli sforzi e quello K,
dell'Equazione 8.2, sebbene simili, non sono equivalenti.
Il fattore d'intensificazione degli sforzi è correlato al carico applicato ed alla lunghezza
della cricca dalla seguente equazione:

K= Yavna (8.8)

dove Y è un parametro od una funzione adimensionale che dipende sia dalle dimensioni e
geometria della cricca e del provino, sia dal modo di applicazione del carico. Verrà detto di
più riguardo Y n~lla discussione che segue. Si deve inoltre evidenziare che K ha le inusuali
unità di MPa v'm.
198 Capitolo 8 / La rottura

t'1u R-\ H. I I Rappre-

t sentazioni schematiche di
(a) Cricca interna in una
piastra di larghezza infini-
ta e (h) Una cricca"di
superficie in una piastra di
larghezza semi-infinita.

(ai (b)

T.El\AcrT..\ A FHAT'ITRA

Nei paragrafi precedenti è stato sviluppato un criterio di analisi per la propagazione della
cricca in un materiale fragile contenente un difetto; la frattura avviene quando il carico appli-
cato supera il valore critico a, (Equazione 8.3). In modo simile, dato che i carichi applicati
nelle immediate vicinanze dell'apice della cricca possono essere definiti in termini del fatto-
re di intensificazione degli sforzi, esiste un valore critico di K che può essere usato per defi-
nire le condizioni di frattura fragile; questo valore critico è detto tenacità a frattura K, e,
dall'Equazione 8.8, si ha che

K, = Y (a/W)a; v'na (8.9)

dove a;.è il valore critico di sforzo per la propagazione della cricca e Y una funzione sia della
lunghezza della cricca (a) che della larghezza del componente (W) - ad esempio Y(a!W).
Riguardo alla funzione Y(a/W), man mano che il rapporto a!W si avvicina a zero (quindi
per piastre molto larghe e cricche corte), Y(a!W) si approssima all'unità. Per una piastra di
larghezza infinita contenente una cricca passante, Figura 8. I la, Y(a/W) = I .O;per una piastra
di larghezza semi-infinita, invece, contenente una cricca di superficie di lunghezza a (Figura
8.1 lh), Y(a!W) = 1.1. Per componenti di dimensioni finite, la funzione Y(alw) è relativa-

u
Fu;1 R.\8.12 Rappresentazione schematica di una piastra
piana di larghezza finita con cricca centrale che ne attra·
versa lo spessore (passante).
w

~1-'.,
H2a
-,,

u
8.5 Principi di meccanica della frattura

4.00 ---j
!

X,= YF '\lira
WB
3.00
y

2.00

1.00
o.o 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 o
/a) a!W

1.22

1.20
7
X,= YF yiiii
WB
1.18

y 1.16

1.14

1.12

1.10
o.o 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 o
2a!W
(b)

1.9

'
1.7
/J
K,,= 3FSY \hra
4W2B
1.5
y
1.3

1.1

0.9
o.o 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 o
a/W

(e/
200 • Capitolo 8 / La rottura

t'11;L Il\ 8. L-t


Rappresentazione
schematica dell'effetto
dello spessore della
piastra sulla tenacità a
frattura.

-- -
Condizioni di
sforzo piano
Condizioni di
deform azione
piana

Spessore B

mente complessa. Ad esempio per una piastra di larghezza W, con una cricca centrale (pas-
sante) (Figura 8. I 2), si ha

Y(a!W)= w
(-tg 1rwa)112 (8.10)
na

dove na!W è l'argomento della tangente espresso in radianti, non in gradi. Per alcune speci-
fiche configurazioni componente-cricca risulta spesso utile che Y(a/W) sia diagrammata
rispetto a a!W (o variazioni di a/W). Alcuni di questi diagrammi sono rappresentati nella
Figura 8.13a. h e e, in cui sono anche riportate le equazioni utilizzate per determinare K,.s.
Per definizione, la tenacità a frattura è una proprietà che misura la resistenza del mate-
riale a rompersi in modo fragile in presenza di una cricca. Le sue unità di misura
sono le stesse del fattore di intensificazione degli sforzi (MPa v' m).
Per provini relativamente sottili, il valore di K, dipende dallo spessore B e decresce
all'aumentare di questo, come indicato in Figura 8.14. In condizioni di deformazione piana
K,. risulta indipendente da B1.Il valore costante di K, per provini più spessi è noto come tena-
cità a frattura in condizioni di deformazione piana K1,,che è definita come 4 :

(8.11)

Tale tenacità a frattura è quella normalmente citata, dato che il suo valore è sempre minore di
K,. TIpedice/ in K" sta a significare che questo valore critico di K vale per l'apertura secon-
do il modo I, come illustrato in Figura 8.9a. I materiali fragili, per i quali non è possibile alcu-
na deformazione plastica apprezzabile all'apice di una cricca che avanza, hanno bassi valori

·' Sperimentalmente è stato verificato che in condizioni di deformazione piana si ha:

B~ ~-r
2.5( (8.12)

dove a,. è il valore del carico di snervamento del materiale per una deformazione pari a 0.002.
4 Nella discussione che seguirà Y sta per Y(a!W), in modo da semplificare la forma dell'equazione.
8. 5 Principi di meccanica della frauura • 201

Tahella 8.1 Carico di snervamento a temperatura ambiente e tenacità a frattura in


condizioni di defonnazione piana per alcuni materiali ingegneristici

Carico di snervamento K,,


Materiale MPa MPav' m
Metalli

Lega di Alluminio' (7075-T65 I) 495 24

Lega di Alluminio" (2024--T3) 345 44

Lega di Titanio"(Ti-6Al--4V) 910 55

Acciaio'(4340 temprato a 260°C) 1640 50.0

Acciaio' (4340 temprato a 425°C) 1420 87.4

Ceramici
Calcestruzzo 0.2-1.4
Vetro calce-sodico 0.7-0.8
Ossido di Alluminio 2.7-5.0

Polimeri
Polistirene (PS) 0.7-1.1

Polimetilmetacrilato (PMMA) 53.8-73.l 0.7-1.6

Policarbonato (PC) 62.) 2.2

'Fonte: Ristampa autorizzala, Ad1·anced Matcrials and Processes, ASM International, © I 990.

di K1ce sono suscettibili a rotture catastrofiche. All'opposto, i valori di K1cper i materiali dut-
tili sono relativamente elevati. La meccanica della frattura risulta particolarmente utile nel
prevenire rotture catastrofiche in quei materiali che mostrano avere una duttilità intermedia.
I valori della tenacità a frattura in condizioni di deformazione piana per alcuni materiali sono
riportati in Tabella 8.1; una lista più ampia dei valori di K1,.viene riportata nel!' Appendice
B.5.
Il fattore di intensificazione degli sforzi K nell'Equazione 8.7 e la tenacità a frattura in
condizioni di deformazione piana K1,. sono correlati l'uno all'altrn allo stesso modo dello
sforzo e del carico di snervamento. Un materiale può essere sottoposto a valori diversi di
sforzo; tuttavia, c'è un livello specifa;o di sforzo a cui il materiale si deforma plasticamente
che è il carico di snervamento. Allo stesso modo, un materiale può assumere diversi valori di
K, ma ha un solo valore di K", che indica le condizioni di dimensione del difetto e di sforzo
necessari per produrre la frattura fragile.
Per misurare K1cvengono utilizzate diver~e tecniche di prova. 5 La dimensione e la forma
dei prnvini, se compatibili con il modo I di apertura della cricca, possono essere qualsiasi e si
potranno ricavare valori accurati una volta determinato il parametro di scala Y
nell'Equazione 8.11.
La tenacità a frattura in condizioni di deformazione piana K1, è una proprietà fondamen-
tale di un materiale e dipende da diversi fattori, tra cui i più influenti sono la temperatura, la

1 Vedere, a<l esempio, ASTM Standard E 399, "Standard Test Mcthod for Piane Strain Fracture

Toughness of Metallic Materials".


202 • Capitolo 8 / La rottura

velocità di deformazione e la microstruttura. Il valore di K1cdiminuisce all'aumentare della


velocità di deformazione ed al diminuire della temperatura. Inoltre, un aumento del carico dì
snervamento dovuto a formazione di soluzioni solide o di dispersioni di precipitati o ad incru-
dimento provoca, generalmente, una diminuzione di K1r.Il Kh aumenta di norma al diminui-
re delle dimensioni del grano, a parità di composizione e di altre variabili microstrutturali.

PROGETTARE l!TIUZZAl\DO LA 11ECCA1\IC\ DELLA FRATTI RA

In accordo con le Equazioni 8.9 e 8.11 le variabili da prendere in considerazione per la valu-
tazione della possibilità di rottura di un componente strutturale sono tre - la tenacità a frattu-
ra (K,.) o la tenacità a frattura in condizioni di deformazione piana (K,,), il carico imposto (a)
e le dimensioni del difetto (a), assumendo, naturalmente, nota l'espressione di f. Quando si
progetta un componente è importante decidere per prima cosa quali di queste variabili sono
vincolate dalla particolare applicazione e quali possono essere variabili di progetto. Ad esem-
pio, la selezione di un materiale (e quindi K, o K1r) è spesso condizionata da fattori come la
densità (in applicazioni che richiedono un basso peso) o dalle caratteristiche di corrosione
ambientale. Le dimensioni del difetto ammissibile sono condizionate dai limiti della tecnica
di analisi dei difetti disponibile. È importante capire, tuttavia, che una volta che è adottata una
combinazione di due dei suddetti parametri, il terzo risulta fissato (Equazioni 8.9 e 8.11). Ad
esempio, se si assume che K".e le dimensioni di a sono vincoli specifici dell'applicazione, il
carico di progetto (o critico) ac deve essere:

K
ac-< _1c_ (8.13)
Yviia
D'altra parte, se il livello di carico e la tenacità a frattura in condizioni di deformazione piana
risultano fissati dalla situazione progettuale, allora il valore massimo ammissibile per le
dimensioni del difetto a, risulta

a
e
=..!_(!S:___)i
:,r or
(8.14)

Diverse tecniche di indagine non distruttiva (NDT) permettono di rilevare e misurare i


difetti sia superficiali che interni. Questi metodi vengono utilizzati per evitare che si verifi-
chino rotture catastrofiche andando alla ricerca di difetti e fessure aventi dimensioni che
approssimano il valore critico.

E~EUl'IO m PIWJlLE\I \ 8.2

Un componente strutturale, nella forma di una piastra molto larga, come mostrato in Figura
8. l la, deve essere fabbricato utilizzando acciaio 4340. Sono disponibili due lastre di questo
acciaio, ciascuna delle quali ha subito differenti trattamenti termici e quindi aventi differenti
proprietà. Una, denominata materiale A, ha un carico di snervamento di 860 MPa ed una tena-
cità a frattura in condizioni di deformazione piana di 98.9 MPaV m. Per l'altra, materiale Z, ar
e K" valgono 1515 MPa e 60.4 MPav'm, rispettivamente.
(a) Per ciascun materiale determinare se, per uno spessore della piastra di IO mm, prevalgo-
no o meno le condizioni cli deformazione piana.
8.5 Principi di meccanica della frattura • 203

(b) Non è possibile determinare dimensioni di un difetto inferiore a 3 mm, limite di risolu-
zione della strumentazione di rilevamento. Se lo spessore della piastra è tale che può essere
utilizzato K1c,indicare se è possibile rilevare un difetto di dimensioni critiche. Si assuma che
il livello di carico progettuale sia la metà di quello di snervamento e che, per questa configu-
razione, Y sia 1.0.

Sou·z10s1-.
(a) Le condizioni di deformazione piana sono stabilite dall'Equazione 8.12. Per il materiale A

B = 2.5 ( :: )2 = 2.5 ( 98:6~:ap:mr


= 0.033 m = 33 mm
Perciò non sussistono le condizioni di deformazione piana per il materiale A perché questo
valore è più grande di IO mm, che è lo spessore reale della piastra; la situazione è di sforzo
piano e come tale deve essere trattata.
Per il materiale Z

60.4 MPa Vm )2
B = 2.5 ( -~.,...,,..,,....,.-,,-- = 0.004 m = 4.0 mm
1515 MPa

che è inferiore allo spessore della piastra, per cui valgono le condizioni di deformazione piana.
(b) Occorre determinare la dimensione critica del difetto solo per il materiale Z perché il
materiale A non è in condizioni di deformazione piana e il K1<non può essere utilizzato.
Dall'Equazione 8.14 e sostituendo con a/2

1 ( 60.4 MPa Vm ) 2
a,=n (1)(1515/2) MPa

= 0.002 m = 2.0 mm

Si evince quindi che le dimensioni critiche del difetto, per il materiale Z, non possono essere
rilevate dato che sono inferiori a 3 mm.

ti~
~
-~,:

~"f ESEMPIO DI PROGETTO 8.1

Consideriamo un serbatoio sferico a pareti sottili di raggio re spessore t (Figura 8.15) che
ò essere utilizzato come serbatoio a pressione.
FtGl RA 8.1.'i Disegno
schematico rappresentante
la sezione trasversale di un
serbatoio sferico soggetto
ad una pressione interna p,
avente una cricca radiale di
lunghezza 2a nella parete.

CT
204 • Capitolo 8 / La rottura

(a) Una prima soluzione consiste nel progettare il serbatoio in modo che il materiale costi-
tuente le pareti possa avere snervamento prima della rottura a seguito della formazione di una
cricca di dimensioni critiche e della sua conseguente propagazione. In questo modo si avrà
deformazione plastica delle pareti, con conseguente diminuzione della pressione all'i9temo
del serbatoio, prima che vi sia rottura catastrofica. Si devono preferire, quindi, materiali che
hanno lunghezze critiche di cricca elevate. Sulla base di questo criterio si possono ordinare le
leghe elencate nella Tabella B.5, in Appendice B, in funzione della dimensione critica di cric-
ca, dalla più lunga alla più corta.
(b) Un progetto.alternativo, che viene spesso utilizzato con i recipienti a pressione, è defini-
to perdita prima della rottura ("lbb", dall'inglese leak-before-break, n.d.t.). Utilizzando i
principi della meccanica della frattura viene lasciata una certa tolleranza per la crescita di una
cricca attraverso lo spessore delle pareti del recipiente prima della propagazione rapida
(Figura 8.15). In questo modo la cricca perforerà le pareti senza che vi sia rottura catastrofi-
ca, permettendo con ciò il suo rilevamento a causa della perdita del fluido pressurizzato. Con
questo criterio la lunghezza critica di cricca (metà della lunghezza totale interna della cricca)
viene posta uguale allo spessore del recipiente in pressione t. La tolleranza per ac = t invece
di a, = t/2 assicura che la perdita di fluido avverrà prima dell'incremento di pressioni perico-
losamente alte. Utilizzando questo criterio si possono ordinare le leghe metalliche della
Tabella B.5, nell'Appendice B, in funzione della massima pressione ammissibile.

Per questo recipiente a pressione sferico, lo sforzo radiale alle pareti o è funzione della
pressione p nel recipiente, del raggio re dello spessore t secondo l'espressione

pr
a=- (8.15)
2t

Per entrambi le parti (a) e (b) assumere le condizioni di deformazione piana.

Sou·z,o.w,

(a) Per il primo criterio di progetto è richit:~lu cht: lu sforzo radiale alla parete sia minore del
carico di snervamento del materiale. Sostituendo a con a,nell'Equazione 8.11 ed ingloban-
do un fattore di sicurezza N si ha che

Klc = y (N(}"})..;- JT.ll,. (8.16)

dove a,. è la lunghezza critica di cricca. Risolvendo per a, si ha

2
N2 ( K ) (8.17)
a, = y2n; ,;'

La lunghezza critica di cricca è quindi proporzionale al quadrato del rapporto K 1, -a,., i cui
valori sono alla base della classificazione delle leghe di cui alla Tabella B.5. La classifica-
zione è fornita nella Tabella 8.2, dove si può vedere che un acciaio a medio tenore di carbo-
nio (1040), che ha il rapporto più alto, ha la maggiore lunghezza critica di cricca e, perciò,
sulle basi del criterio scelto, è il materiale migliore.
(b) Come stabilito prima, il criterio di perdita prima di rottura è rispettato quando la metà
della lunghezza di una cricca interna eguaglia lo spessore del recipiente a pressione.
Sostituendo a= t nell'Equazione 8.11 si ha :

(8.18)
8.6 Valutazione della frattura da impatto • 205

Tahclla 8.2 Classificazione di alcune leghe metalliche in fun-


zione della lunghezza critica di cricca (Criterio di snervamen-
to) per un recipiente sferico a parete sottile in pressione

Materiale K )' (mm)


( -"-·
0:,,

Acciaio a medio carbonio ( 1040) 43.1


Lega di Magnesio AZ318 19.6
Lega di Alluminio 2024 (T3) 16.3
Lega di Titanio Tì-5Al-2.5Sn 6.6
Acciaio 4140 (temprato a 482°C) 5.3
Acciaio 4340 (temprato a 425°C) H
Lega di Titanio Ti-6Al--4V 3.7
Acciaio I 7-7PH 2.4
Lega dì Alluminio 7075 (T65 I) 3.4
Acciaio 4140 (temprato a 370°C) 1.6
Acciaio 4340 (temprato a 260°C) 0.93

E, dall'Equazione 8.15
pr
t=-
2a (8.19)

Lo sforzo è sostituito dal carico di snervamento in quanto il serbatoio dovrebbe essere pro-
gettato per sopportare la pressione senza snervarsi; inoltre, sostituendo l'Equazione 8.19
nell'Equazione 8.18 e dopo qualche riarrangiamento, si ottiene la seguente espressione:

_
p-~- 2 KJ,.)
(-- (8.20)
Y2.irr a,.

Per un dato recipiente sferico di raggio r, la massima pressione ammissibile compatibile con
il criterio di perdita prima di rottura è quindi proporzionale a K7c
/a,. . Gli stessi materiali sono
classificati, secondo questo criterio, in Tabella 8.3; come si può notare, l'acciaio a medio car-
bonio sopporterà la pressione più elevata.
Delle undici leghe metalliche riportate in Tabella B.5 l'acciaio a medio carbonio sarà il
primo nella lista in accordo sia al criterio di snervamento che a quello di perdita prima di rot-
tura. Per queste ragioni molti recipienti a pressione sono costruiti con questo tipo di acciaio,
ammesso che non si debbano prendere in considerazione temperature estreme e corrosione.
·:~

----------------------------------àJ
8.6 VALL'L\ZIONE DRLl,A FR.\TTURA DA IMPATTO

Prima del!' avvento della meccanica della frattura come disciplina scientifica, per accertare le
caratteristiche di rottura dei materiali, venivano usate tecniche di valutazione dell'impatto. Si
comprese che i risultati ottenuti dalle prove di trazione in laboratorio non potevano essere
estrapolati per predire il comportamento a rottura; ad esempio, in alcune particolari circo-
stanze, metalli normalmente duttili si rompono improvvisamente e con pochissima defonna-
zione plastica. Le condizioni delle prove da impatto furono scelte per rappresentare quelle
più severe relative al potenziale di frattura e cioè (I) deformazione a temperatura relativa-
mente bassa, (2) alta velocità di deformazione e (3) condizioni di sforzo triassiali (che pos-
sono essere introdotte attraverso un intaglio).
206 • Capitolo 8 / La rottura

Tabella 8.3 Classificazione di alcune leghe metalliche in funzione della


massima pressione ammissibile (Criterio della perdita prima di rottura)
per un recipiente sferico a parete sottile in pressione

Materiale ( ~: ) (MPa-m)

Acciaio a medio carbonio (1040) 11.2


Acciaio 4140 (temprato a 482°C) 6.1
Lega di Titanio Ti-5Al-2.5Sn 5.8
Lega di Alluminio 2024 (T3) 5.6
Acciaio 4340 (temprato a 425°C) 5.4
Acciaio l7-7PH 4.4
Lega di Magnesio AZ3 IB 3.9
Lega di Titanio Ti-6Al--4V 3.3
Acciaio 4140 (temprato a 370°C) 2.4
Acciaio 4340 (temprato a 260°C) 1.5
Lega di Alluminio 7075 (T651) 1.2

TECNICHE DI VALl'.TAZIONE DELJ:BJPATTO

Sono state messe a punto due metodologie standardizzate6, la Charpy e la lzod, che vengo-
no tutt'oggi utilizzate per valutare l'energia di impatto, che viene a volte definita come
tenacità all'intaglio. Il metodo Charpy con intaglio a V (CVN, dall'inglese "Charpy
V-notch", N.d.t.) è quello più comunemente utilizzato negli Stati Uniti. Per tutti e due i meto-
di il provino consiste in una barretta di sezione quadrata nella quale viene ricavato un intaglio
a forma di V (Figura 8.16a). Il dispositivo sperimentale di prova è illustrato in Figura 8.16b.
Il carico viene applicato tramite un martello che viene lasciato ricadere da un'altezza nota, h.
Il provino viene posizionato alla base come illustrato in figura. Dopo il rilascio, un coltello
montato sul pendolo colpisce e rompe la barretta in corrispondenza dell'intaglio, che funge
da punto di intensificazione dello sforzo, a causa dell'elevata energia di impatto. Il pendolo
continua la sua corsa, dopo l'impatto, risalendo ad un'altezza h', inferiore ad h. L'energia
assorbita, calcolata dalla differenza tra le due altezze h ed h', è una misura del!' energia di rot-
tura per impatto. La differenza principale tra il metodo di Izod e quello di Charpy risiede nel
modo in cui viene fissato il provino, come illustrato in Figura 8.16b. Questi metodi, inoltre,
vengono definiti "prove di impatto" in virtù del modo in cui viene applicato il carico. Occorre
però tener presente che variabili quali la forma e le dimensioni del provino, così come la con-
figurazione dell'intaglio e la sua profondità, hanno una notevole influenza sui risultati.
Sia la tenacità a frattura in condizione di deformazione piana che queste tecniche di
impatto determinano le proprietà a frattura di un materiale. La prima è di tipo quantitativo in
quanto viene determinata una proprietà specifica del materiale (cioè K1c). Il risultato delle
prove di impatto, d'altra parte, è più qualitativo ed è di poco aiuto per scopi progettuali. Le
energie di impatto sono interessanti soltanto in senso relativo e per fare dei confronti - i valo-
ri assoluti hanno poco significato. Sono stati effettuati tentativi per correlare la tenacità a frat-
tura in condizione di deformazione piana e le energie CVN, con successi molto limitati. Le
prove di valutazione della tenacità a frattura in condizione di deformazione piana non sono

6ASTM Standard E 23, "Standard Test Methods for Notched Bar Umpact Testing of Metallic
Materials."
8.6 Valutazione della frattura da intpallo • 207

FIGlRA 8.16 (a)


Provino utilizzato per
prove di impatto Charpy
e Izod. (b) Disegno
schematico di un
dispositivo per prove di
impatto. Il martello viene
lasciato cadere da
un'altezza prefissata h e
colpisce il provino;
l'energia spesa nella
frattura è data dalla
differenza tra il valore h e
quello h' che si raggiunge
dopo rottura. È illustrato
anche il posizionamento
del provino sia per la
prova Charpy che Izod.
(Figura (b) da H. W.
Hayden, W. G. Moffatt e
J. Wulff, The Structure
and Properties of Scala
Materiai, Vol. III,
Mechanical Behavior, p. lzod
13. Copyright© 1965
John Wiley & Sons, New
York 1965. Ristampa Posi.lione di pdrlenLd
autorizzata da fohn Wiley
& Sons, Inc.) I

,,,,
I

,,,:,
,,
,,,,
,,
Fine corsa ,'
,,,,
1
~---</
'\ '\
j---<. .._ I
\ -../
\
' .........__.,,,.,,,,

(b)

così facilmente realizzabili come quelle di impatto; per di più, l'attrezzatura ed i provini sono
molto più costosi.

TRANSIZIOl\"E DUTTILE-FRAGILE

Una delle funzioni primarie della prova Charpy e Izod è determinare se il materiale mostra
una transizione duttile-fragile al diminuire della temperatura e, in questo caso, il campo di
temperatura in cui ciò avviene. La transizione duttile-fragile è legata alla temperatura attra-
208 Capitolo 8 / La rottura

F11;1 tt\. 8. l 7
Dipendenza dalla
temperatura dell'energia
di impatto per la prova 100
CVN (curva A) e
percentuale di rouura di
taglio (curva B) per un
80
acciaio A283. (Ristampa
da Welding .lournal.
Utilizzo autorizzato da
American Welding
ci
f 60
-
Energia
di impattu
Society.)

20

-40 -20 o 20 40 60 80 100 120 140


TempC'ratura (°C)

verso l'energia di impatto assorbita. Questa transizione, per un acciaio,


Figura 8.17 dalla curva A. A temperature più alte l'energia CYN è relativa
frattura è di tipo duttile. Al diminuire della temperatura, ed in un ristretto ir
di impatto diminuisce improvvisamente fino ad assumere dei valori relati·
sì mantengono costanti per successive diminuzioni; a questo punto la rotti
le.
L'aspetto della superficie di rottura è indicativo della natura della ro
essere utilizzato per determinare la temperatura di transizione. Per una 1
superficie appare fibrosa od opaca (o con caratteristiche di taglio); al c,
totalmente fragili hanno un aspetto (lucente) granulare (carattere dì clivag
zione duttile-fragile coesistono entrambi questi tipi di superfic
Frequentemente la percentuale della frattura di taglio è diagrammata in fl
peratura - curva B in Figura 8.17.

-59 -12 4 16 24 79

FlGl HA 8. 18 Fotografia delle superfici di frattura per un provino Charpy co


acciaio A36 alla temperatura indicata (in °C). (Da R. W. Hertzberg, Deform
Mechanics of Engineering Materials, 3rd edition, Fig. 9.6, p. 329. Copyright
& Sons, lnc., New York. Ristampa autorizzata da John Wiley & Sons, Inc.)
8.6 Valutazione della frattura da impatto • 209

Per molte leghe esiste un intervallo di temperature nel quale si ha transizione duttile-fra-
gile (Figura 8.17); ciò rende difficile specificare la temperatura di transizione duttile-fragile
ben detenninata. Nessun criterio specifico è stato stabilito e, perciò, questa temperatura viene
spesso definita come quella temperatura a cui l'energia CVN assume un certo valore (ad
esempio 20 J) o a cui corrisponde un qualche definito aspetto di frattura (ad esempio, 50% di
frattura fibrosa). Le cose si complicano ancor più in quanto si può ottenere una diversa tem-
peratura di transizione per ciascuno di questi criteri. Probabilmente la temperatura di transi-
zione più conservativa è quella a cui la superficie di frattura diviene fibrosa al 100%; su que-
ste basi, la temperatura di transizione per l'acciaio considerato in Figura 8.17 è approssima-
tivamente I 10°C.
Le strutture costruite con leghe che mostrano questo comportamento duttile-fragile
dovrebbero essere utilizzate a temperature superiori a quella di transizione, in modo da evi-
tare fragilità e quindi rotture catastrofiche. Un classico esempio di questo tipo di rottura,
avvenuto con conseguenze disastrose durante la II Guerra Mondiale, riguarda un certo nume-
ro di navi da trasporto saldate che si spaccarono a metà nonostante fossero distanti dai campi
di battaglia. Gli scafi, infatti, erano costruiti con un acciaio che possiede una sufficiente dut-
tilità in accordo alla prova di trazione a temperatura ambiente. La rottura fragile avvenne a
temperature ambientali relativamente basse, circa 4°C, in prossimità della temperatura di
transizione della lega. Ogni cricca di rottura prese origine in qualche punto dove si concen-
travano gli sforzi, probabilmente uno spigolo appuntito od un difetto di fabbricazione, e poi
si propagò lungo l'intera sezione della nave.
Non tutte le leghe metalliche mostrano una transizione duttile-fragile. Quelle che hanno
struttura cristallina cfc (incluse le leghe a base di alluminio e rame) restano duttili anche a
temperature estremamente basse. Invece, leghe ccc ed es.e mostrano questo tipo di transizio-
ne. Per questi materiali la temperatura di transizione dipende sia dalla composizione della
lega che dalla microstruttura. Ad esempio, diminuendo le dimensioni medie del grano di un
acciaio si ha una corrispondente diminuzione della temperatura dì transizione. Quindi, affi-
nare le dimensioni del grano fa aumentare la resistenza (Sezione 7.8) e la tenacità dell'ac-
ciaio. ln contrasto, l'aumento del contenuto di carbonio, sebbene provochi un aumento della
resistenza dell'acciaio, aumenta la transizione CVN come indicato in Figura 8.19.

F1u.11,8.19 Influenza
del contenuto di carbonio
sul comportamento di un
provino in acciaio tipo
Charpy con intaglio a V. 300
(Ristampa autorizzata da
ASM Intemational,
Metals Park, OH 0.01 0.11
44073-9989, USA; J. A. g
Reinbolt e W. J. Harris, [ 200 0.22
Jr., "Effect of Alloying .§
Elements on Notch "'
Toughness of Pearlitìc -~
Steels", Transactions of
"'
e
w

ASM, Voi. 43, 1951.) 100

-100 o 100 200


Temperatura (°C)
21 O • Capitolo 8 / La rottura

Anche molti ceramicì e polimeri mostrano una transizione duttile-fragile. Per i materiali
ceramicì la transizione avviene solo ad elevate temperature, nonnalmente oltre i 1000° C.
Questo comportamento per quanto riguarda i polimeri è discusso nella Sezione 16.10.

FATICA
La fatica è un tipo di rottura che avviene in strutture sottoposte a sforzi dinamici e fluttuanti
(ad es., ponti, aerei e componenti di macchine). In queste circostanze è possibile che la rottu-
ra avvenga a livelli di carico considerevolmente inferiori ai carichi di trazione o snervamen-
to in condizioni statiche. Il termine "fatica" viene utilizzato in quanto questo tipo di rottura
normalmente avviene dopo lunghi periodi di sforzo ripetuto o allungamenti ciclici. La fatica
è importante in quanto è la causa principale di rottura nei metalli, che si stima riguardi circa
il 90% delle rotture; i polimeri ed i ceramici (eccetto i vetri) sono aoch 'essi suscettibili di
questo tipo di rottura. Per di più, è catastrofica ed insidiosa ed avviene improvvisamente e
senza alcun preavviso.
Le rotture per fatica avvengono in modo simile a quello fragile anche in metalli a compor-
tamento normalmente duttile, in quanto si ha poca, o affatto, ddormazione plastica associata
alla rottura. Il processo avviene per iniziazione e propagazione di cricche e normalmente la su-
perficie di rottura è perpendicolare alla direzione dello sforzo di trazione applicato.

8. 7 SFORZI CICLICI

Il carico applicato può essere di tipo assiale (trazione-compressione), flettente o torsionale.


In generale sono possibili tre modi diversi di fluttuazione sforzo-tempo. Uno è schematica-
mente rappresentato in Figura 8.20a da un andamento sinusoidale e regolare nel tempo, di
ampiezza simmetrica per un livello medio di sforzo pari a zero, ad esempio alternante da uno
sforzo massimo di trazione ( ama,) ad uno sforzo minimo di compressione ( amin)di stessa
ampiezza; tale ciclo viene definito ciclo a carico invertito. Un altro tipo, definito ciclo a cari-
co ripetuto, è illustrato in Figura 8.20b; il massimo ed il minimo sono asimmetrici rispetto al
livello di sforzo nullo. Per ultimo, il livello di sforzo può variare casualmente in ampiezza ed
in frequenza come esemplificato in Figura 8.20c.
In Figura 8.20b sono anche indicati diversi parametri utilizzati per caratterizzare il ciclo
di carico fluttuante. Lo sforzo medio amè definito come la media algebrica dello sforzo mas-
simo e minimo nel ciclo, o

a,,,=0 w;
amin (8.21)

Inoltre, l'intervallo del ciclo di s/:orzo


'J' ar è la differenza tra amu e amin• cioe'
'-::.:·

· ct;~'.tr~"1•0 mm··· (8.22)

L'ampiezza del ciclo di sforzo 00 è la metà dell'intervallo degli sforzi,

(8.23)
8. 7 Sforzi cieliei • 211

FlGl'HA 8.20
Andamento dello sforzo
nel tempo per cicli di
fatica. (a) Ciclo a carico
invertito, in cui lo sforzo
si alterna da un valore
massimo di trazione (+)
ad uno di compressione
(-) di stessa ampiezza.
(b) Ciclo a carico ripetuto
in cui gli sforzi massimo
e minimo sono Tempo ---
asimmetrici rispetto al (a)
livello di sforzo nullo;
sono indicati amcarico
medio, a,.intervallo di
sforzo e aPampiezza del ------1----r-----------
carico. (e) Ciclo a carico
casuale.
-------1---- ~ -----------
_l___
0-m

Tempo---

(b)

Q,)
e:
,Q
N +1
"'
o i=
t:
~ Q,)
"' e
-~
[
E
I!
uo
Tempo

(e)

Il rapporto di carico R è il rapporto tra l'ampiezza massima e minima dello sforzo:

(8.24)

Per convenzione i carichi di trazione sono positivi mentre quelli dì compressione sono nega-
tivi. Ad esempio, per un ciclo di carico inverlilo il valore di R è -1.
212 • Capitolo 8 / La rottura

8.8 I ~A CUR\'A S-N


Come per altre caratteristiche meccaniche, le proprietà di fatica di un materiale possono esse-
re effettuate con prove di laboratorio. 7 Si deve configurare un dispositivo di prova in grado di
simulare, nel modo più fedele possibile, le condizioni di sforzo di servizio (livello di carico,
frequenza, andamento del carico. t:<.:c.).Nella Figura 8.21 viene riportato il disegno schema-
tico di una apparecchiatura per prove di flessione rotante, comunemente utilizzata nelle
prove di fatica. Sulla provetta vengono applicati alternativamente sforzi di trazione e di com-
pressione man mano che contemporaneamente ruota e si flette. Frequentemente si fanno
anche prove con un ciclo di carico uniassiale di trazione-compressione.
Una campagna di prove comincia sottoponendo un provino ad un ciclaggio con un'am-
piezza di carico massimo (am,J relativamente grande. normalmente dell'ordine dei due terzi
della resistenza a trazione statica; viene contato il numero dei cicli a rottura. Questa proce-
dura è ripetuta su altri provini ad ampiezze di carico massimo progressivamente decrescenti.
I risultati sono diagrammati come carico S rispetto al logaritmo del numero dei cicli a rottu-
ra N per ogni provino. I valori di Svengono normalmente presi come ampiezza di carico (a«,
Equazione 8.23); occasionalmente si possono utilizzare i valori am,_ o amtn·
Si possono osservare due andamenti distinti nelle curve S-N, della Figura 8.22. Si nota
che, più grande è l'ampiezza dello sforzo più piccolo è il numero di cicli che il materiale è in
grado di sopportare prima della rottura. Per alcune leghe ferrose e di titanio, la curva S-N
(Figura 8.22a) diviene orizzontale per alti valori di N; vi è quindi un livello di sforzo limite,
detto limite di fatica (o a volte limite di durata), al di sotto del quale la rottura per fatica non
avviene. Questo limite di fatica rappresenta il valore più grande di carico fluttuante che non
causerà rottura per un numero sostanzialmente infinito di cicli. Per molti acciai il limite di
fatica varia tra il 35 ed il 60% della resistenza a trazione.
Molte leghe non ferrose (ad es., alluminio, rame, magnesio) non presentano un limite di
fatica e quindi la curva S-N prosegue nel suo andamento decrescente all'aumentare del
numero N di cicli (Figura 8.22b). In questo caso, si avrà sempre fatica indipendentemente
dall'ampiezza dello sforzo. Per questi materiali la risposta a fatica è definita come resisten-
za a fatica, che è il livello di sforzo a cui si ha rottura per un numero definito di cicli (ad es.,
I 0 7 cicli). Il calcolo del limite di fatica è mostrato nella Figura 8.22h.

Accoppiamento fle,sibile
Contagiri
Motore ad
alta
velocità
Cuscinetto di
supporto

Carico Carico

Fu;rn__.\ 8.21 Disegno schematico dell'apparecchiatura di valutazione della fatica per prove a
flessione rotante (Cari A. Keyser, Materials Science in Engineering, Fourth Edition, © 1973.
Ristampa autorizzata da Prentice-Hall, Inc., Upper Saddle River, NJ.)

'Vedere ASTM Standard E 466, "Standard Practice for Conducting Comtant Amplitude Axial Fatigue
Tests of Metallic Materials," e ASTM Standard E 468, "Standard Practice for Presentation of Constant
Amplitude Fatigue Test Results for Metallic Matcrials.'·
8.8 La curva S-N • 213

F11;1 B \ 8.22
Ampiezza del carico
(S) rispetto al logaritmo
del numero di cicli di
fatica a rottura (N) per
(a) un materiale avente
.2
un limite di fatica, (b)
~ Limite
un materiale che non ;3 di fatica
mostra alcun limite di N
O)
·c.
fatica. E
<

1010
Ciel i a rotlura. N
l5Cala logaritmica)
(a!

.,..,
ò
"
~
_;,
oi
-::,
Cl
N
N
O)
S1
·c.
E
<
Rf'sistenz;i a fatica
per N, cicli

104 Vita a fatica per uno 10 7 N1 10 8 1010


sforzo pari ad 5,
Cicli a rottur.i, N
(scala logarrtmica)
(b)

Un altro importante parametro che caratterizza il comportamento di un materiale a fatica


è la vita a fatica N1• Tale parametro rappresenta il numero di cicli che provoca rottura ad uno
specifico livello di carico, come ricavabile dal grafico S-N (Figura 8.22b).
Sfortunatamente, esiste sempre una dispersione considerevole nei dati di fatica che pro-
voca una variazione nella misura del valore di N per le stesse condizioni di prova e di carico.
Ciò può portare a significative incertezze progettuali allorché vengono prese in considera-
zione la vita a fatica e/o il limite di fatica (o resistenza). Lo scarto nei risultati ottenuti è dovu-
to all'influenza dei parametri di prova e del materiale che è difficile tenere completamente
sotto controllo. Questi parametri comprendono la fabbricazione del provino e la preparazio-
ne della superficie, le variabili di tipo metallurgico, l'allineamento del provino nella macchi-
na di prova, il carico medio e la frequenza dei cicli.
Le curve di fatica S-N, simili a quelle riportate in Figura 8.22, rappresentano curve rica-
vate mediante interpolazione di valori medi sperimentali. Si deve notare che approssimativa-
mente la metà dei provini testati si rompe a livelli di carico che sono circa il 25% al di sotto
della curva (come ricavato sulla base di una trattazione statistica). Sono state sviluppate
diverse tecniche statistiche per definire la vita a fatica ed il limite di fatica in termini di pro-
214 Capitolo 8 / La rottura

FIG(JR.\ 8.23 Curve di


probabilità di rottura per
fatica S-N per una lega di
alluminio 7075-T6; 400
P indica la probabilità -;.-
di rottura. (Da G. M. c..

Sìnclair e T. J. Dolan.
6 300
V)

Trans.,ASME, 75, 1953, o'


~
p. 867. Ristampa autoriz- J?
V)
200
zata da American Society
of Mechanical
Engineers.) 100
104 105 106
Cicli a rottura, N
(scala logaritmica)

babilità. Una via conveniente di rappresentare i dati trattati in questo modo è attraverso una
serie di curve a probabilità costante, alcune delle quali sono diagrammate in Figura 8.23. Il
valore P associato ad ogni curva rappresenta la probabilità a rottura. Ad esempio, ad un cari-
co di 200 MPa ci si aspetta che si rompa l'un per cento dei provini a circa 106 cicli ed il 50%
a circa 2 x 107 cicli e così via. Deve essere ricordato che le curve S-N riportate in letteratu-
ra rappresentano, normalmente, valori medi a meno che non sia specificato altrimenti.
Il comportamento a fatica rappresentato nelle Figure 8.22a ed 8.22b può essere classifi-
cato in due domini. Uno è associabile a carichi relativamente alti che producono, ad ogni
ciclo, non solo deformazioni elastiche ma anche plastiche. Conseguentemente la vita a fatica
risulta relativamente breve; tale dominio è definito fatica a basso ciclo ed avviene per un
numero di cicli inferiore a 104-10 5 • Per livelli di sforzo inferiori, dove le deformazioni sono
totalmente elastiche, si hanno vite più lunghe. Tale dominio è chiamato fatica ad alto ciclo in
quanto è richiesto un numero di cicli relativamente alto per produrre rottura per fatica. La
fatica ad alto ciclo comporta una vita a fatica superiore a 104-10 5 cicli.

8. 9 INNESCO E PROPAGAZIONE DELLA (:RICCA

Il processo di rottura per fatica è caratterizzato da tre fasi distinte: (1) innesco della cricca, nel
quale si forma una piccola cricca in un punto dove si verifica una elevata concentrazione di
sforzo; (2) propagazione della cricca, durante la quale la cricca avanza ad ogni ciclo di cari-
co; (3) rottura finale, che avviene molto rapidamente una volta che la cricca raggiunge le
dimensioni critiche. La vita a fatica Nf' cioè il numero totale di cicli a rottura, può essere per-
ciò considerata come somma del numero dei cicli necessari per l'innesco N, e quello per la
propagazione della cricca NP:

(8.25)

Il contributo della fase finale di rottura alla vita totale a fatica è insignificante in quanto
avviene rapidamente. Il contributo relativo di N, ed NPdipende dal tipo di materiale e dalle
condizioni di prova. A bassi livelli di sforzo (quindi per fatica ad alto ciclo), una frazione rile-
vante della vita a fatica viene utilizzata nell'innesco.All'aumentare del livello di sforzo, N;
decresce e le cricche si formano più rapidamente. Perciò, per fatica a bassi cicli (elevati livel-
li dì sforzo), la fase di propagazione predomina (cioè NP> N;).
8. 9 Innesco e propagazione della cricca • 215

u J<'u;rn.\8.24 Rappresentazione schematica in cui


si evidenziano le fasi I e Il della propagazione di una
cricca di fatica in un metallo policristallino.
(Copyright ASTM. Ristampa autorizzata.)

Le cricche associate alle rotture per fatica si innescano (o nucleano) quasi sempre in cor-
rispondenza della superficie di un componente in un punto di concentrazione di sforzo. Siti
di nucleazione della cricca possono essere scalfitture superficiali, bruschi raccordi, scanala-
ture, filetti, denti e simili. In più, il carico ciclico può produrre microscopiche discontinuità
superficiali risultanti dallo scorrimento di dislocazioni che possono agire, anch'esse, da
intensificatori di sforLo e perciò essere siti di innesco preferenziali per la cricca.
Una volta che viene enucleata una cricca stabile, questa si propaga all'inizio molto lenta-
mente e, in un metallo policristallino, lungo i piani cristallografici dove più alto è lo sforzo di
taglio. Questo stadio, a volte definito stadio I di propagazione (Figura 8.24), può costituire
una frazione piccola o grande della vita totale a fatica, a seconda del livello di sforzo e della
natura del provino; sforzi elevati e presenza di intagli favoriscono uno stadio I breve. Nei
metalli policristallini le cricche si estendono normalmente, durante questo stadio di propaga-
zione, soltanto attraverso alcuni grani. La superficie di fatica che si forma durante lo stadio I
ha un aspetto liscio e privo di caratteristiche particolari.
Nel secondo stadio di propagazione (stadio li) la velocità di estensione della cricca
aumenta drammaticamente. Inoltre, a questo punto, si assiste ad un cambiamento nella dire-
zione di propagazione che diviene praticamente perpendicolare alla direzione di applicazio-
ne dello sforzo di trazione (vedi Figura 8.24). Durante questo stadio di propagazione, la cre-
scita della cricca procede attraverso ripetuti processi di arrotondamento e di affinamento pla-
stico all'apice della cricca, secondo il meccanismo illustrato in Figura 8.25. All'inizio del
ciclo di carico (zero o carico massimo di compressione), l'apice della cricca ha una forma di
un doppio intaglio appuntito (Figura 8.25a). Nel momento in cui viene applicato uno sforzo
di trazione (Figura 8.25b), si ha una deformazione localizzata in corrispondenza di ognuno di
questi intagli lungo piani di scorrimento orientati a 45° rispetto al piano della cricca.
All'aumentare della larghezza della cricca, l'apice avanza attraverso una continua defo1ma-
zione di scorrimento, assumendo una configurazione arrotondata (Figura 8.25c). Durante la
compressione, la direzione della deformazione di scorrimento all'apice della cricca è inverti-
ta (Figura 8.25d) finché, al culmine del ciclo, si forma un nuovo doppio intaglio appuntito
(Figura 8.25e). Perciò, l'apice della cricca è avanzato di una distanza pari ad un intaglio
durante il corso di un ciclo completo. Questo processo si ripete per ogni ciclo seccessivo fin-
ché, alla fine, si raggiungono le dimensioni critiche della cricca che portano alla fase finale
di rottura ed al conseguente cedimento catastrofico.
216 • Capitolo 8 / La rottura

l<ìGrn\ 8.2:i
Meccanismo di
propagazione della
cricca (stadio II) per
ripetuti arrotondamenti
plastici ed affinamenti; (J)
(a) carico nullo o di
massima compressione;
(h) piccolo carico di
trazione; (e) carico di
trazione massimo:
(d) piccolo carico di
(e)
compressione; (e)
carico di compressione
massimo o nullo; (j)
piccolo carico di
trazione. L'asse di
applicazione del carico
è verticale. (Copyright
(e) (f)
ASTM. Ristampa
autorizzata.)

La regione della superficie di frattura. che si forma durante lo stadio II di propagazione,


può essere caratterizzata da due differenti segni detti linee di .1piat::f?Ìae striature. Entrambe
queste caratteristiche indicano la posizione del!' apice della cricca in un determinato momen-
to ed appaiono come linee concentriche che si propagano dal(i) punto(i) d'innesco della cric-
ca, solitamente in modo circolare o semicircolare. Le linee di spiaggia (a volte definite a
"conchiglia") sono di dimensioni macroscopiche (Figura 8.26) e si possono osservare ad
occhio nudo. Questi segni sono tipici di componenti per i quali lo stadio II di propagazione
subisce ripetute interruzioni - ad esempio una macchina che opera soltanto durante il nonna-
le turno di lavoro. Ogni striatura rappresenta un periodo di tempo nel quale si ha crescita della
cricca.

F1c111\ H.26 Superficie di


rottura di un albero rotante in
acciaio che mostra rottura a fati-
ca. Nella fotografia sono visibili
i segni delle linee di spiaggia.
(Riproduzione autorizzata da D.
J. Wulpi. Understanding How
Components Fai/, American
Society for Mctals, Materials
Park, OH l 985.)
8.1 O Veloci là di propagazione di una cricca • 21 7

F1crRA 8.27 Frattografia


elettronica in trasmissione in cui
sono visibili striature di fatica
nel! 'alluminio. Ingrandimento
sconosciuto. (Da V. J. Colangelo
e F. A. Heiser, Analysis of
Metallurgica/ Failures, 2nd edi-
tion. Copyright © 1987 John
Wiley & Sons, New York.
Ristampa autorizzata da John
Wiley & Sons, lnc.)

Le striature di fatica sono invece di dimensioni microscopiche e possono essere osserva-


te al microscopio elettronico (sia TEM che SEM). La Figura 8.27 è una frattografia elettro-
nica che mostra questa caratteristica. Si pensa che ogni striatura rappresenti la distanza di
avanzamento del fronte della cricca durante un singolo ciclo di carico. La larghezza della
striatura dipende da, ed aumenta con, l'aumentare dello sforzo.
A questo punto si deve sottolineare che, sebbene sia le linee di spiaggia che le striature
sono caratteristiche della superficie di rottura a fatica aventi apparenza simile, sono, tuttavia,
diverse sia per ciò che concerne l'origine che le dimensioni. Possono esserci migliaia di stria-
ture ali 'interno di una singola linea di spiaggia.
La causa della rottura può essere spesso dedotta esaminando la superficie di frattura. La
presenza su una superficie di linee di spiaggia e/o striature conferma che la causa della rottu-
ra è stata la fatica. Ciononostante, l'assenza di una o entrambe queste caratteristiche non
esclude che la causa della rottura sia stata la fatica.
Un commento finale che riguarda le superfici di rottura a fatica: le linee a spiaggia e le
striature non sono visibili in quelle regioni dove si è avuta una rottura rapida. La rottura rapi-
da può essere sia duttile che fragile; evidenze di deformazione plastica sono presenti nelle
rotture duttili ed assenti in quelle fragili. In Figura 8.28 si può notare questa regione di rottu-
ra.

8. 10 VELO(TJ'~ DI PHOPAG.AZIOI\E DI Ul\A CRI(:CA


Anche se si possono adottare contromisure per cercare dì minimizzare le possibilità di rottu-
ra per fatica, nei componenti strutturali esisteranno sempre sia cricche che siti di nucleazio-
ne. A causa dei carichi ciclici si avrà la formazione di cricche nonché la loro crescita. Tale
processo, se non contrastato, potrà portare a rottura catastrofica. Scopo della seguente discus-
sione è quello di sviluppare un criterio in base al quale si possa stabilire una vita a fatica
secondo dei parametri relativi al materiale ed al suo stato di sforzo. I princìpi della meccani-
ca della frattura (Sezione 8.5) verranno utilizzati per stabilire una lunghezza critica della cric-
ca che può essere tollerata senza che vi sia rottura. Occorre osservare che tale discussione è
relativa al dominio della fatica ad alti cicli, cioè per vita a fatica maggiore di 104-10 5 cicli.
218 • Capitolo 8 / La rottura

Flr;nu 8.28 Superficie dì


rottura per fatica. Una cricca
si è formata in corrisponden-
za del bordo superiore. Là
regione liscia, anèh'essa
vicino al bordo superiore,
coni sponde ad un'area in cui
la propagazione della cr-icca
è avvenuta lentamente. La
rottura repentina si è avuta
nella regione che mostra un
aspetto fibroso (l'area di
dimensioni maggiori).
Approssimativamente O.Sx.
(Ristampa autorizzata da
Metals Handhook: Fracto·
graphy and Atlas of
Fractography, Vol.9, 8th edi-
ti on, H.E.Boyer, Editor,
Amcrican Society of Metals,
1974.)

I risultati di studi di fatica hanno dimostrato che la vita di un componente strutturale può
essere correlata alla velocità di crescita della cricca. Durante lo stadio II di propagazione, le
cricche possono crescere da una dimensione appena apprezzabile fino alle dimensioni criti-
che. Sono disponibili tecniche sperimentali di monitoraggio, durante il ciclo di carico, della
lunghezza della cricca. I dati sono registrati e ripo1tati in un grafico lunghezza della cricca
rispetto al numero di cicli N. 8 Un grafico tipico è rappresentato in Figura 8.29, dove le curve
sono ricavate da dati relativi a due diversi livelli di sforzo; la lunghezza iniziale della cricca

F1Gl 11\ 8.29 Lunghezza


della cricca in funzione del
X
numero di cicli al livello cli
sforzo <r1 e a-2 • La velocità
di crescita daldN è indicata
alla lunghezza a I per
"'
,,,- entrambi i livelli di sforzo.
'-'
'-'
·5
c.,
N
N 01
(1J
..e
ec
e
:::,
--'

ao

Cicli N

8 li simbolo N nel Paragrafo 8.8 rappresenta il numero di cicli di rottura a fatica; nella presente discus-
sione denota il numero di cicli associato ad una lunghezza di cricca qualunque prima della frattura.
8.1 O Velocità di propagazione di una cricca • 219

a 0 è la stessa per le due serie di dati. La velocità di crescita della cricca da/dN è data dalla pen-
denza della curva in un punto. Due sono i risultati che vale la pena notare: (1) inizialmente,
la velocità di crescita è piccola ma aumenta ali 'aumentare della lunghezza della cricca; (2) la
velocità di crescita aumenta all'aumentare dello sforzo applicato e per una determinata lun-
ghezza di cricca (a 1 in Figura 8.29).
La velocità di propagazione della cricca, durante lo stadio II, è una funzione non soltanto
del livello di sforzo e delle dimensioni della cricca, ma anche di variabili legate al materiale.
Matematicamente questa velocità può essere espressa in termini di fattore di intensificazione
degli sforzi K (sviluppato utilizzando la meccanica della frattura della Sezione 8.5) ed assu-
me la forma

(8.26)

I parametri A ed m sono costanti che dipendono dal materiale e che sono influenzate dal-
l'ambiente, dalla frequenza e dal rapporto R (Equazione 8.24). Il valore normale di m varia
tra 1 e 6.
Af( rappresenta la variazione del fattore di intensificazione degli sforzi ali' apice della
cricca, cioè
t1[(;:;;KtnaK- K,.;n
(8.27a)

o, dall'Equazione 8.8,

(8.27b)

Dato che la crescita della cricca si arresta o diviene trascurabile per quella parte del ciclo
nella quale vi sono soltanto sforzi di compressione, se CTmin è di compressione allora Km,n e a min
sono posti uguali a zero, cioè 6K = Km., e Lirr = rr max· Da notare, inoltre, che Kmrn e Kmax rap-
presentano, nell'Equazione 8.27a, i fattori di intensificazione degli sforzi e non la tenacità a
frattura Kc né, tantomemo, la tenacità a frattura in condizioni di deformazione piana K1c.
Il tipico andamento della velocità di propagazione di una cricca di fatica è riportato sche-
maticamente in Figura 8.30 come logaritmo della velocità di crescita da!dN rispetto al loga-
ritmo della variazione del fattore di intensificazione degli sforzi LiK. La curva risultante ha
un andamento sinusoidale che individua tre regioni distinte, dette regione I, II e HL Nella
zona I (a bassi livelli di carico e/o per piccole dimensioni della cricca), le cricche preesisten-
ti non cresceranno durante il ciclo di carico. Nella zona III, invece, si ha una crescita accele-
rata della cricca, che avviene immediatamente prima della rottura.
La curva è essenzialmente lineare nella zona li e l'andamento corrisponde all'Equazione
8.26. Ciò può essere facilmente ricavato esplicitando il logaritmo dell'Equazione 8.26:

log ( ;; ) = log [A (A.Kr] (8.28a)

log ( :; ) :;; m log 6K + log A (8.28b)

In accordo con l'Equazione 8.28b, una volta che vengono trasferiti i dati sul grafico
log(da/dN) rispetto a log flK si ottiene effettivamente una linea retta; la pendenza della retta
corrisponde al valore di m e l'intercetta a quello del log A, e tali valori possono quindi esse-
220 • Capitolo 8 / La rottura

FlGlRA 8.30 Rappresentazione


schematica della velocità di propa-
gazione della cricca da/dN rispetto
al logaritmo della variazione del
fattore di intensificazionè degli
sforzi 11K.Le tre regioni a diffe-
rente andamento della velocità di
crescita (I, II e III) sono indicate
mediante linee tratteggiate.
(Ristampa autorizzata da ASM
International, Metals Park, OH
4473-9989. W.G.Clark, Jr., "How
Fatigue Crack lnitiation and
Growth Properties A ffect
Materials Selection and Design
Criteria", Metals Engineering
Quarterly, Vol.14, No.3, 1974.)

I
I
I
I
I
I
I
I Regione 1 !I Regione lii Regione
Cricca di l Relazione lineare tra Crescita
fatica stabile
logilKe log J~ instabile
della cricca

Variazione del fattore di intensificazione degli siorzi, J.K (scala logaritmica\

re determinati dai dati sperimentali che sono stati rappresentati come nella Figura 8.30. La
Figura 8.31 rappresenta uno di questi grafici per un acciaio Ni-Mo-V. Si può notare la linea-
rità dei dati che verifica la legge di potenza dell'Equazione 8.26. Il valore di m in questo caso
risulta pari a 3; A è approssimativamente 1.8 x 10~14, come risulta dall'estrapolazione del-
l'intercetta per da/dN in mm/cycle e ilK in MPav'm.
Uno degli scopi dell'analisi della frattura è quello di poter predire la vita a fatica di un
componente, note le condizioni di esercizio ed i dari delle prove di laboratorio. A questo
punto siamo in grado di sviluppare un'espressione analitica per Nrnello stadio li, integrando
l'Equazione 8.26. Occorre prima riscrivere l'equazione:

da
dN = A (A.K)"' (8.29)

che può poi essere integrata come

(8.30)

I limiti sul secondo integrale corrispondono alla lunghezza iniziale del difetto a0 , che può
essere misurata attraverso tecniche di indagine non distruttiva ed alla lunghezza critica di
cricca a,.determinata attraverso prove di tenacità a frattura.
8.10 Vt

MPa-Jm
20 40 60 80 100

0.2'¾, del carico di snervamento


Temp. di prova 24°C
Frequenza di prova = 30 Hz
Carco ciclico ml':IX, lbr

•4000
o 5000
• 6000
• 7000
v 8000
o 9200
L>.9900

;tituendo l'espressione per il tJ..K.


(Equ
222 • Capitolo 8 / La rottura

Si assume che Aa-(o erma,- CTm;) sia costante. Inoltre, in generale Y dipenderà dalla lunghez-
za della cricca a e perciò non potrà essere portato fuori dall'integrale.
Attenzione: l'Equazione 8.31 presume la validità dell'Equazione 8.26 per l'intera vita del
componente; essa ignora il tempo occorso alla cricca per l'innesco ed anche per la rottura
finale. Perciò, quest'espressione può essere solo presa come stima per Nr

E~E:nr10m P1wu:rro 8.2 ==============================


Una lastra di acciaio relativamente grande deve essere sottoposta a carichi di trazione e com-
pressione ciclici rispettivamente di 100 MPa e 50 MPa. Prima della prova si è determinato
che la lunghezza della cricca superficiale più grande è 2 mm. Calcolare la vita a fatica di que-
sta lastra considerando che la tenacità a frattura in condizioni di deformazione piana è 25
MPa Vm ed il valore di me A nell'Equazione 8.26 sono rispettivamente 3 e l x 10-12(.it1
in MPa e a in m). Assumere che il parametro Y sia indipendente dalla lunghezza della cricca
ed abbia un valore pari ad I.

So1Tzto \f:

È necessario calcolare dapprima la lunghezza critica della cricca a,, che è l'estremo superio-
re di integrazione nell'Equazione 8.3 I. Per questo calcolo si impiega l'Equazione 8. 14 assu-
mendo un livello di sforzo di 100 MPa dato che questo è il massimo sforzo di trazione.
Perciò,

llc= ..!.(K1c)2
1r uY

1 ( 25 MPaVm ) 2
= ;;. (100 MPa)(l) = 0 ·02 m

L'Equazione 8.31 si risolve utilizzando come limite inferiore di integrazione, a[, il valore
0.002 m come specificato nel problema. Il valore di ACTè 100 MPa, corrispondente al valore
dello sforzo dì trazione, dato che amin è di compressione. Perciò, integrando si ha

2 ( 1 1 )
= A 1T312(Au)3
y3 ¼o - Y0c
2 ( 1 1 )
= (1.0 X 312(100) 3 (1) 3 VQ.002- VQ.02
lO- 12)(11')
= 5.49 X 106 cicli

--------.1
8. I I Fattori che influiscono sulla vita a fatica • 22 3

8.11 FATTORI CHF: INFLLJISCOM) sru,A VITA A FATICA

Come detto nella Sezione 8.8, il comportamento a fatica dei materiali ingegneristici è estre-
mamente sensibìle ad un certo numero di variabili. Alcuni di questi fattori includono il livello
medio di sforzo, il disegno geometrico, gli effetti superficiali, le variabili metallurgiche e
l'ambiente. In questa sezione di discuteranno questi fattori e le misure da adottare per miglio-
rare la resistenza a fatica dei componenti strutturali.

SFORZO :\IEDIO
La dipendenza della vita a fatica dall'intensità dello sforzo viene rappresentata su un dia-
gramma S-N. Tali dati vengono riportati per un valore costante dello sforzo medio a-m,spes-
so per la situazione di ciclo alterno ( a-m= O). Lo sforzo medio, tuttavia, influenza la vita a fati-
ca come mostrano la serie di curve S-N, ciascuna presa ad un differente um,come mostrato
schematicamente in Figura 8.32. Si può notare che all'aumentare del livello di sforzo medio
si ha una diminuzione della vita a fatica.

EFFETTI SLP.ERFICIALI
Per molte situazioni comuni di carico, il massimo sforzo all'interno di un componente o di
una struttura si ha in corrispondenza della superficie. Di conseguenza la maggioranza delle
cricche che portano a rottura di fatica si originano da siti superficiali, in special modo in punti
dove si ha concentrazione di sforzi. È stato osservato, quindi, che la vita a fatica è estrema-
mente sensibile alle condizioni ed alla configurazione della superficie del componente.
Numerosi sono i fattori che influenzano la resistenza a fatica e la loro corretta gestione con-
durrà ad un miglioramento della vita a fatica. Tali fattori includono criteri di progetto e vari
trattamenti superficiali.

Fattori di progetto
Il progetto di un componente può avere un 'influenza significativa sulle sue caratteristiche di
fatica. Ogni intaglio o discontinuità geometrica può fungere da intensificatore di sforzi e da
sito d'innesco della cricca; queste caratteristiche di progetto comprendono solchi, buchi, sca-
nalature, filettature e così via. Più appuntita è la discontinuità (cioè più piccolo il raggio di
curvatura), più severa sarà la concentrazione di sforzo. La probabilità di rottura per fatica può
essere ridotta evitando (quando possibile) queste irregolarità strutturali, o adottando modifi-
che di progetto dove vengono eliminati improvvisi cambiamenti di contorno che danno ori-
gine ad angoli vivi - ad esempio adottando raccordi arrotondati con un raggio di curvatura
sufficientemente grande in punti dove si ha una variazione del diametro di un albero rotante
(Figura 8.33).

})Gnu 8.:J2 Influenza dello sforzo


medio u., sul comportamento a fatica
S-N.

Cicli a rottura, N
(scala logaritmica}
224 • Capitolo 8 / La rottura

Fu;tK\ 8.:{:{ Dimostrazione di come


scelte di progetto possono ridurre l'ampli-
ficazione degli sforzi. (a) Cattiva proget-
tazione: angoli appuntiti. (b) Buona pro-
gettazione: la vita a fatica di un ·albero
rotante viene aumentata con l 'irnpiego di
raccordi arrotondati nei punti dove si ha
una variazione di sezione.
(a) (b}

Trattamenti superficiali
Durante le lavorazioni, si introducono, inevitabilmente, sulla superficie del pezzo lavorato,
piccoli graffi e solchi dovuti agli utensili da taglio. Questi segni superficiali possono limita-
re la vita a fatica. Si è osservato che, migliorando la finitura superficiale mediante lucidatu-
ra, la vita a fatica aumenta significativamente.
Uno dei metodi più efficaci per aumentare le prestazioni a fatica è l'applicazione di uno
sforzo residuo di compressione in uno spessore sottile della superficie esterna. ln questo
modo uno sforzo di trazione superficiale esterno verrà parzialmente annullato e ridotto in
intensità dalla tensione residua di compressione. L'effetto finale è quello di una riduzione
della probabilità di formazione di cricche e perciò di rottura a fatica.
Nei metalli duttili si è soliti introdurre meccanicamente sforzi residui di compressione
mediante deformazione plastica localizzata sulla regione superficiale esterna. Commer-
cialmente ciò viene spesso ottenuto attraverso un processo detto di pa/linatura. Piccole sfere
dure aventi diametri compresi tra 0.1 ed I .O mm vengono proiettate ad alta velocità sulla
superficie da trattare. La deformazione plastica risultante induce sforzi di compressione ad
una profondità compresa tra un quarto e metà del diametro dei pallini. L'influenza della pal-
linatura sul comportamento a fatica dell'acciaio è mostrata in Figura 8.34.
La cementazione è una tecnica in cui vengono aumentate sia la durezza superficiale che
la vita a fatica degli acciai. Ciò viene ottenuto attraverso un processo di carburazione o nitru-
razione nel quale un pezzo viene immerso ad elevata temperatura in una atmosfera ricca in
carbonio o azoto. Si ottiene uno strato superficiale ricco in carbonio o azoto per effetto della
diffusione atomica dalla fase gassosa. Lo strato cementato è profondo normalmente I mm ed
è più duro del materiale interno. (L'influenza del contenuto di carbonio sulla durezza delle

F1(;nt\ H.:l-1 Curve S-N per un


acciaio normale e pallinato.

Dopo pallinatura

Normale

Cicli a roltura(scala logaritmica)


8.12 ElTctti Ambientali • 225

FH;nu 8.:1;; Micrografia in cui è visibile


sia il cuore (in basso) che la parte cementata
mediante carburazione (in alto) di un acciaio.
La parte cementata è più dura come dimostra
una impronta più piccola. lOOx (Da R.W.
Hertzberg, Deformation and Fracture
Mechanics of Engineering Materials, 3rd
edition. Copyright © 1989 John Wiley &
Sons. New York. Ristampa autorizzata da
John Wiley & Sons, lnc.)

leghe Fe-C è mostrata in Figura 10.21a). L'aumento delle proprietà a fatica è dovuto all'au-
mento della durezza della parte cementata e da sforzi residui di compressione indotti dal pro-
cesso di carburazione o nitrurazione. Uno strato esterno cementato ricco in carbonio è visibi-
le per l'ingranaggio della fotografia di pagina 93; si vede uno strato esterno scuro nella parte
sezionata. L'incremento della durezza della parte cementata è mostrato nella fotomicrografia
di Figura 8.35. Le forme scure a forma di diamante rappresentano impronte di microdurezza
tipo Knoop. L'impronta superiore, effettuata nello strato carburato, è più piccola di quella al
cuore.

Fattori ambientali possono influire sul comportamento a fatica dei materiali. Un breve cenno
verrà dato relativamente a due tipi di rottura per fatica ambiente-assistita: la fatica termica e
la fatica corrosione.
La fatica termica è normalmente indotta a temperature elevate a causa di sollecitazioni
termiche fluttuanti; devono essere presenti, in ogni caso, sforzi meccanici esterni. L'origine
di queste tensioni termiche risiede nell'impossibilità delle strutture, sottoposte a variazioni di
temperatura, ad espandersi o contrarsi liberamente. L'intensità dello sforzo termico dovuto
ad una variazione di temperatura 6.T è funzione del coefficiente d'espansione termica o.1 e del
modulo di elasticità H secondo l'equazione
(8.32)
u = a, E .1T

(L'argomento relativo all'espansione termica ed agli sforzi termici verrà discusso nelle
Sezioni 20.3 e 20.5). Naturalmente non si avrà sforzo termico se è assente la limitazione
meccanica. Un modo ovvio per prevenire questo tipo di fatica è quello di eliminare, o al limi-
te ridurre, le cause che non consentono variazioni dimensionali, o scegliere materiali che pre-
sentano appropriate proprietà fisiche.
La rottura che avviene per azione simultanea di sforzi ciclici e attacco chimico viene defi-
nita fatica corrosione. Gli ambienti corrosivi hanno un 'influenza negativa e diminuiscono la
vita a fatica. Anche il normale ambiente atmosferico influenza il comportamento a fatica di
alc1111imateriali. Si rossono formare riccole vaiolature come risultato di unii reazione chimi-
ca tra l'ambiente ed il materia!~, che fungono da punti di concentrazione degli sforzi e quin-
226 • Capitolo 8 / La rottura

di da siti preferenziali di nucleazione della cricca. In più, la velocità di propagazione della


cricca viene esaltata dall'ambiente corrosivo; ad esempio, un abbassamento della frequenza
del carico applicato porta ad un aumento dei tempi di esposizione della cricca all'ambiente
corrosivo e quindi ad una diminuzione della vita a fatica.
Esistono diversi metodi per prevenire la fatica corrosione. Si possono prendere misure tali
da ridurre la velocità di corrosione attraverso tecniche come quelle discusse nel Capitolo 18,
come ad esempio rivestimenti protettivi, materiali più resistenti alla corrosione, riduzione dd-
1'aggressività dell'ambiente. Può essere consigliabile adottare azioni atte a minimizzare la
probabilità di rotture per fatica "normale" riducendo, ad esempio, il livello di carico di trazione
applicato e inducendo tensioni residue di compressione sulla superficie del componente.

seo RRIMENTo A eALDo o e REEp ==================-==--==--==--=--=--=--


I materiali vengono spesso posti in servizio a temperature elevate ed esposti a sforzi mecca-
nici di tipo statico (ad es. rotori di turbine nei motori a reazione e nei generatori di vapore che
sono sottoposti a sforzi centrifughi e tubazioni di vapore ad alta pressione). Le deformazioni
che avvengono in queste condizioni vengono dette per scorrimento a caldo o creep. Definito
come deformazione permanente e dipendente dal tempo di un materiale soggetto ad un cari-
co costante o sforzo, lo scorrimento a caldo è normalmente un fenomeno indesiderabile e
spesso diviene il fattore limitante nella vita di un componente. Si osserva in tutti i tipi di
materiali; per i metalli diviene rilevante solo per temperature maggiori di 0.4 Tm(Tm= tem-
peratura assoluta di fusione). I polimeri amorfi, che includono plastiche e gomme, sono estre-
mamente sensibili alla deformazione da creep come discusso nella Sezione 16.7.

8.13 COMPORTA~lEYfO GENERALIZZATO ALLO SCORRJ:\'IE~TO A CALDO

Una prova tipica di scorrimento a caldo 9 consiste nell'assoggettare un provino ad un carico o


sforzo costante mantenendo invariata la temperatura; si misura la deformazione o l'allunga-
mento in funzione del tempo. La maggior parte delle prove sono del tipo a carico costante e
forniscono informazioni di natura ingegneristica; le prove a sforzo costante vengono utiliz-
zate al fine di ottenere una migliore comprensione del meccanismo di scorrimento.
La Figura 8.36 è una rappresentazione schematica del comportamento dei metalli sottopo-
sti a creep a carico costante. Al momento dell'applicazione del carico vi è una deformazione
istantanea, come indicato in figura, che è quasi totalmente elastica. La curva di scorrimento
può essere suddivisa in tre regioni, ciascuna delle quali ha la sua propria caratteristica distin-
tiva deformazione-tempo. Il creep primario, o transiente, ha luogo per primo ed è caratteriz-
zato da una velocità di scorrimento continuamente decrescente; infatti, la pendenza della curva
diminuisce col tempo. Ciò suggerisce il fatto che il materiale stia aumentando la resistenza al
creep o l'incrudimento da deformazione (Sezione 7 .10)- la deformazione diviene più difficile
man mano che questa aumenta. Per il creep secondario, a volte detto creep stazionario, la ve-
locità è costante; infatti, la curva diviene lineare. Questo stadio è spesso quello che ha la più
grande durata. La costanza della velocità di scorrimento si spiega sulle basi di un bilancia-
mento tra i processi competitivi di incrudimento da deformazione e recovery essendo il "reco-
very" (Sezione 7 .11) il processo nel quale un materiale diviene più duttile e ristabilisce la sua
capacità a deformarsi. Infine, per il creep terziario, c'è un'accelerazione della velocità fino al

9 ASTM Standard E 139, "Standard Practice for Conducting Creep, Creep-Rupture, and Stress-Rupture

Tests of Metallic Materials."


8.14 Effetti dello sforzo e della temperatura • 227

FIGUU 8.36 Curva tipica di scor-


Rottura rimento defonnazione vs. tempo a
X
sforzo costante e a temperatura ele-
vata costante. La minima velocità di
scorrimento ,1Ef ,1t è le pendenza
del segmento lineare nella regione
se(.;unùaria. Il tempo di vita a rottura
t, è il tempo totale a rottura

tDeformazione istantanea

Tempo, t

cedimento finale. Tale cedimento è frequentemente definito rottura ed è il risultato di cambia-


menti microstrutturali e/o metallurgici; ad esempio, separazione al bordo dei grani e forma-
zione di cricche interne, cavità e vuoti. In caso di carichi di trazione si ha, inoltre, la forma-
zione di una contrazione in alcune zone all 'intemo della regione deformata. Tutto ciò porta ad
una diminuzione dell'area trasversale effettiva e ad un incremento della velocità di deforma-
zione.
Per i materiali metallici la maggior parte delle prove di scorrimento viene condotta in
condizioni di tensione uniassiale utilizzando un provino avente la stessa geometria di quello
utilizzato nelle prove di trazione (Figura 6.2). D'altra parte, le prove di compressione unias-
siale sono più appropriate per i materiali fragili in quanto forniscono una misura più efficace
delle proprietà intrinseche di scorrimento a caldo. In questo caso, infatti, non c'è intensifica-
zione degli sforzi e propagazione di cricca come avviene per i carichi di trazione. I provini
per le prove di compressione sono solitamente cilindri o parallelepipedi aventi un rapporto
lunghezza/diametro variabile tra 2 e 4. Per la maggioranza dei materiali le proprietà di creep
sono virtualmente indipendenti dalla direzione di applicazione del carico.
Il parametro più importante nelle prove di scorrimento è, probabilmente, la pendenza della
nella Figura 8.36); è spesso chiamata velo-
parte secondaria della curva di scorrimento (l!,,.e/l!,,.t
cità minima o di creep stazionario È,. Tale parametro è quello da prendere in considerazione in
sede di progetto per applicazioni di lungo periodo, come quelli di componenti in impianti nu-
cleari che vengono programmati per operare per diverse decine d'anni e quando non è consen-
tita rottura o eccessiva deformazione. D'altra parte, per molte situazioni di scorrimento relati-
vamente brevi (ad esempio palette di turbina in aerei militari ed ugelli nei motori dei razzi), il
tempo a rottura, o il tempo di vita a rottura t,, è la considerazione di progetto dominante ed è
indicata in Figura 8.36. Naturalmente per la sua determinazione, le prove di scorrimento de-
vono essere condotte fino al cedimento; tali prove sono definite di creep a rottura. La cono-
scenza delle caratteristiche di scorrimento a caldo di un materiale permette, perciò, all 'inge-
gnere progettista di attuare la scelta migliore per l'applicazione specifica.

8.14 E.F.FETTI DELLO SFORZO E DELLA TEMPERATURA

Sia la temperatura che il livello di sforzo applicato influenzano le caratteristiche di scorri-


mento a caldo (Figura 8.37). A temperature sostanzialmente al di sotto di 0.4 Tme dopo una
deformazione iniziale, l'allungamento è virtualmente indipendente dal tempo. All'aumentare
o dello sforzo o della temperatura si nota che: (1) la deformazione istantanea al momento del-
l'applicazione dello sforzo aumenta; (2) la velocità di scorrimento stazionario aumenta; (3) il
tempo di vita a rottura diminuisce.
I risultati delle prove di scorrimento a rottura vengono più comunemente rappresentati in
228 • Capitolo 8 / La rottura

Fu;FR.\ 8.3i Influenza dello sforzo


u e della temperatura T sul comporta-
mento allo scorrimento a caldo.

T<0.4Tm

Tempo

un diagramma doppio logaritmo dello sforzo rispetto al tempo di vita a rottura. La Figura
8.38 rappresenta uno di questi grafici per una lega di nichel in cui è evidente l'andamento
lineare alle diverse temperature.
Per alcune leghe e per un campo di sforzo relativamente ampio si osserva una non linea-
rità nelle curve riportate.
Sono state sviluppate relazioni empiriche nelle quali la velocità di scorrimento staziona-
rio è espressa in funzione dello sforzo e della temperatura. La sua dipendenza dallo stress può
essere scritta come

(8.33)

dove K 1ed n sono costanti del materiale. Un diagramma del logaritmo di i 8 rispetto al logaritmo
di u diviene una linea retta con pendenza pari a n; ciò può essere visto in Figura 8.39 per una
lega di nichel a tre diverse temperature. Ad ogni temperatura corrisponde un segmento lineare.
Adesso, se includiamo l'influenza della temperatura,

(8.34)

dove K 2 e Q, sono costanti; Q, è l'energia di attivazione per lo scorrimento a caldo.

400
300
200
----427°C
ro
o..
1 100
80
o
t:! 60
.E
<J':
40
30
20

102 103 104 105


Tempo di vita a rottura (hl

F1u 11\ B.38 Sforzo (scala logaritmica) rispetto al tempo di vita a rottura (scala logaritmica) per
un acciaio al nichel a basso carbonio a tre temperature diverse. (Da Metals Handbook: Properties
and Selection: Stainless Steels, Tc!OIMaterials and Special-Purpose Metals, Voi. III, 9th edition,
---------~D. Benjamin, Senior Editor, American Society for Metals, 1980, P. 130.) _...
8.15 Metodi di estrapolazione dei dati 229

200

100
80

a... 60
~
e, 40
t:' 30
2<fl
20

10
8
10-2 10-1 1.0
Velocità di srnrrimento stazionario(% 1ODOh)

Fu;1 Il\ a.:{<J Sforzo (scala logaritmica) rispetto alla velocità dì scorrimento stazionario (scala
logaritmica) per un acciaio al nichel a basso carbonio a tre temperature diverse. (Da Metals Hand-
hook: Properties and Selection: Stainless Steels, Tool Materials and Special-Purpose Metals, Voi.
lll, 9th edition, D. Benjamin, Senior Editor. American Society for Metals, 1980, p. 131.)

Per spiegare il comportamento a creep di diversi materiali sono stati proposti differenti
meccanismi teorici; tali meccanismi prevedono la diffusione di vacanze indotta da sforzo, la
diffusione al contorno dei grani, il movimento di dislocazioni e lo scorrimento del bordo dei
grani. Ognuno di tali meccanismi è caratterizzato da un diverso valore dell'esponente dello
sforzo n nell'Equazione 8.33. È stato possibile chiarire i diversi meccanismi di creep per un
particolare materiale confrontando i valori sperimentali di n con quelli teorici predetti per tali
meccanismi. In più, sono state effettuate correlazioni tra l'energia d'attivazione per il creep
(Q.) e l'energia d'attivazione per la diffusione (QJ, Equazione 5.8).
Dati di creep di tale natura vengono rappresentati, per alcuni sistemi ben studiati, in forma
di diagrammi sforzo-temperatura, detti mappe dei meccanismi di deformazione. Queste
mappe indicano regimi (o aree) sforzo-temperatura su cui operano vari meccanismi. Spesso
vengono anche indicati i profili di velocità di deformazione costante. Così, per alcune situa-
zioni di creep, una volta definita la mappa più appropriata del meccanismo di deformazione e
due dei tre parametri - temperatura, livello di sforzo e velocità di deformazione da creep -
può essere determinato il terzo parametro.

8.15 ]\'IETOIH DI ESTRAPOLAZIOl\E DEI D \TI

La necessità di utilizzo di tali metodi spesso sorge per i dati ingegneristici di creep non otte-
nibili dalle normali prove di laboratorio. Ciò risulta vero in modo particolare per esposizioni
prolungate (dell'ordine di anni). Una soluzione a questo problema consiste nell'eseguire il
creep, e/o le prove di creep a rottura, a temperature maggiori di quelle richieste, per periodi
di tempo inferiori e a livelli di sforzo comparabili, e quindi eseguendo un'estrapolazione
appropriata alle condizioni di servizio. Una procedura di estrapolazione comunemente usata
utilizza i parametri Larson-Miller, definiti come

T(C + log t,)


(8.35)

dove C è una costante (in genere circa 20), T la temperatura in Kelvin e t, il tempo di vita a
rottura in ore. Il tempo di vita a rottura di un dato materiale, misurato ad uno specifico livel-
lo di sforzo, varierà con la temperatura in modo tale da lasciare costante questo parametro.
230 Capitolo 8 / La rottura

FIGl!RA 8A-O Logaritmo dello


103 T(20 + logt,.)("R-h) sforzo rispetto al parametro
40 45 50 Larson-Miller per l'acciaio
S-590. (Da F. R. Larson e J.
Miller, Trans. ASME, 74,765,
1952. Ristampa autorizzata da
ASME.)

103 T(20 + log t,)(K-hl

I dati possono essere diagrammati come il logaritmo dello sforzo in funzione del parame-
tro Larson-Miller, come mostrato in Figura 8.40. L'utilizzazione di questa tecnica è dimo-
strata nel seguente esempio di progetto.

EsE,tPIO DI PHOGETl'O 8.3 =====================


Utilizzando i dati Larson-Miller per il ferro S-590 della Figura 8.40, calcolare il tempo a rot-
tura di un componente che è sottoposto a uno sforzo di 140 MPa a 800°C.

Sou:uou;

Dalla Figura 8.40 a 140 MPa il valore del parametro Larson-Miller è 24.0 x 103, per T in K
e t, in h; perciò

24.0 x 103 = T(20 + log t,)


= 1073 (20 + log t,)

e, risolvendo rispetto al tempo,

____________
22.37 = 20 + log t,
r_,=_2_33_h_(9_._7_g_om_i)
_________ i'
8.16 LEGHE PER ALTA TEMPERATURA

Ci sono diversi fattori che intluenzano le caratteristiche di scorrimento a (;aldo dei metalli.
Tra questi la temperatura di fusione, il modulo elastico e le dimensioni del grano. In genera-
le, più alta è la temperatura di fusione, più alto il modulo elastico e più grandi le dimensioni
Sommario • 2 31

Getto convenzionale Grano colonnare Monocristallo


FIGI lt\ 8A I (a) Paletta di turbina policristallina che è stata prodotta mediante una tecnica con-
venzionale dì fusione. La resistenza a scorrimento ad alta temperatura è migliorata mediante una
struttura colonnare orientata del grano (b) prodotta attraverso una tecnica di solidificazione dire-
zionale sofisticata. La resistenza a scorrimento viene ulteriormente aumentata quando sono utiliz-
zate palette a monocristallo (e). (Cortesemente da Prati & Whitney.)

del grano, migliore è la resistenza allo scorrimento a caldo del materiale. Per quanto concer-
ne le dimensione del grano, grani più piccoli permettono un maggiore scorrimento al bordo
di grano che si sostanzia in più elevate velocità di creep. Questo effetto è esattamente l'op-
posto di ciò che accade per l'influenza delle dimensioni del grano sul comportamento mec-
canico alle basse temperature [cioè aumento sia della resistenza (Sezione 7 .8) che della tena-
cità (Sezione 8.6)].
Gli acciai inox (Sezione 12.5), i metalli refrattari (Sezione 12.11) e le superleghe (Sezione
12.12) sono particolarmente resistenti al creep e vengono comunemente impiegati in appli-
cazioni ad alta temperatura. La resistenza allo scorrimento a caldo delle superleghe di cobal-
to e nichel viene aumentata mediante alligazione in soluzione solida ed anche per precipita-
zione di una fase dispersa insolubile nella matrice. In più sono state utilizzate tecniche di pro-
duzione avanzata; una di queste tecniche è la solidificazione direzionale che produce sia
grani molto allungati che componenti in monocristallo (Figura 8.41). Un'altra riguarda la
solidificazione unidirezionale controllata di leghe aventi una composizione specificatamente
progettata, nella quale risultano due fasi composite.

SOlllIARIO
La frattura in risposta ad un carico di trazione ed a temperature relativamente basse può avve-
nire nei modi duttile e fragile, i quali prevedono la formazione e la propagazione di cricche.
Per la frattura duttile si avrà una notevole deformazione plastica in corrispondenza della
superficie di frattura. Durante la trazione i metalli molto duttili strizioneranno fino ad arriva-
re ad una frattura sostanzialmente puntuale; si avranno superfici di frattura a coppa e cono in
caso di minore duttilità. Microscopicamente vengono prodotti avvallamenti (sferici e para-
bolici). Le cricche nei materiali duttili vengono dette stabili (cioè resistono alla propagazio-
ne senza un incremento del carico applicato); dato che la rottura è non catastrofica, questo
tipo di frattura è quasi sempre da preferire.
Per la rottura fragile, le cricche sono instabili e la superficie di frattura è relativamente
liscia e perpendicolare alla direzione del carico di trazione applicato. L'aspetto della superfi-
cie può presentare linee a V o a creste che indicano la direzione della propagazione della cric-
232 Capitolo 8 / La rottura

ca. Materiali fragili policristallini presentano fratture transgranulari (attraverso il grano) ed


intergranulari (tra i grani).
La meccanica della frattura permette di capire meglio il processo di rottura e permette di
progettare strutture per le quali viene minimizzata la probabilità di rottura. La differenza
significativa tra la resistenza a rottura reale e quella teorica dei materiali fragili viene spiega-
ta con l'esistenza di piccoh difetti in grado di amplifìcan: nelle loro immediate vicinanze lo
sforzo di trazione applicato, conducendo alla fine alla formazione di cricche. L'ampli-
ficazione dello sforzo è maggiore per difetti allungati aventi piccoli raggi di curvatura all 'a-
pice. La frattura avviene quando la resistenza teorica coesiva viene superata all'apice di uno
di questi difetti. Considerazioni riguardo alla deformazione elastica e all'energia superficia-
le di una cricca portarono Griffith a sviluppare un'espressione per lo sforzo critico necessa-
rio alla propagazione di una cricca nei materiali fragili; tale parametro è funzione del modu-
lo elastico, dell'energia superficiale specifica e della lunghezza della cricca.
La distribuzione dello sforzo sul fronte di una cricca in propagazione può essere espressa
in termini di posizione (mediante coordinate radiali ed angolari) e con il fattore di intensifi-
cazione degli sforzi. Il valore critico del fattore di intensificazione degli sforzi (cioè quello a
cui si ha rottura) è detto tenacità a frattura ed è legato al livello di sforzo, alla lunghezza della
cricca ed a un fattore geometrico. I .a tenacità a frattura di un materiale è indicativa della sua
resistenza a rottura fragile quando è presente una cricca. Dipende dallo spessore del provino
e, per provini relativamente spessi (cioè in condizioni di deformazione piana), è detta tena-
cità a frattura in condizioni di deformazione piana. Questo parametro viene normalmente uti-
lizzato in sede di progetto; il suo valore è relativamente grande per i materiali duttili (e pic-
colo per quelli fragili) ed è funzione della microstruttura, della velocità di deformazione e
della temperatura. Per progettare in modo tale che vi sia una bassa probabilità di frattura
occorre tener presente, oltre al materiale in considerazione (la sua tenacità a frattura), il livel-
lo di sforzo ed il limite di rilevabilità delle dimensioni del difetto.
Qualitativamente il comportamento a frattura di un materiale può essere determinato con
impatto Charpy e Izod; l'energia d'impatto (o tenacità all'intaglio) viene misurata su provet-
te su cui è stato praticato un intaglio a forma di V. Sulla base della dipendenza daJla tempe-
ratura di questa energia di impatto (o l'aspetto della superficie di frattura), è possibile stabi-
lire se o no un materiale mostra una transizione duttile-fragile ed il campo di temperature nel
quale tale transizione avviene. Le leghe metalliche aventi strutture cristalline ccc ed es.e
mostrano questo tipo di transizione e, per applicazioni strutturali, dovrebbero essere sempre
utilizzate a temperature superiori a tale campo di transizione.
La fatica è un tipo comune di rottura catastrofica in cui il livello di sforzo applicato è flut-
tuante nel tempo. I dati sperimentali sono diagrammati come sforzo in funzione del logarit-
mo del numero di cicli a rottura. Per molti materiali, il numero di cicli a rottura aumenta in
modo continuo al diminuire dello sforzo. La resistenza a fatica rappresenta lo sforzo di rottu-
ra per un determinato numero di cicli. Per alcuni acciai e leghe di titanio lo sforzo cessa di
diminuire con, e diviene dipendente dal, numero dei cicli; il limite di fatica è il valore di que-
sto livello di sforzo costante. al di sotto del quale non si ha fatica anche per un numero vir-
tualmente infinito di cicli. Un'altra proprietà della fatica è la vita a fatica, che rappresenta il
numero dei cicli a rottura per una determinata sollecitazione.
In genere le misure della fatica hanno una discreta dispersione, per cui è necessario effet-
tuare analisi di tipo statistico che portano ad esprimere la vita ed il limite di fatica in tennini
di probabilità.
Sono stati esaminati i processi d'innesco e di propagazione delle cricche di fatica. Le cric-
che normalmente originano sulla superficie di un componente in punti nei quali vi è concen-
trazione di sforzo. La propagazione procede in due stadi caratterizzati da direzione e velocità
di propagazione. Il meccanismo per il più rapido stadio II prevede ripetuti processi di defor-
mazione plastica di arrotondamento e di affilatura ali 'apice della cricca avanzante.
Termirù e concetti importanti • 233

Proprietà caratteristiche delle superfici di frattura di fatica sono le linee di spiaggia e le


striature. Le linee di spiaggia si formano su componenti che subiscono interruzioni nel cari-
co applicato; possono essere normalmente visibili ad occhio nudo. Le striature di fatica sono
di dimensioni microscopiche ed ognuna di esse si pensa rappresenti la distanza di avanza-
mento dell'apice della cricca in un singolo ciclo di carico.
È stata proposta un'espressione analitica per la velocità di propagazione della cricca di
fatica in termini di campo d'intensificazione dello sforzo all'apice. L'integrazione dell'e-
spressione porta ad un'equazione dalla quale può essere dedotta la vita a fatica.
Le misure che si possono adottare per estendere la vita a fatica includono (1) riduzione del
livello medio di sforzo, (2) eliminazione di discontinuità superficiali, (3) miglioramento della
finitura superficiale mediante lucidatura, (4) generazione di tensioni residue di compressione
sulla superficie mediante pallinatura, (5) cementazione mediante processi di carburazione o
nitrurazione.
Il comportamento a fatica dei materiali può essere anche influenzato dall'ambiente.
Sforzi termici possono essere indotti in componenti esposti a elevate fluttuazioni di tempera-
tura e quando l'espansione e/o la contrazione termica è impedita; la fatica in queste condi-
zioni è detta fatica termica. La presenza di un ambiente chimicamente attivo può portare ad
una riduzione della vita a fatica per corrosione da fatica; piccole vaiolature, siti di nucleazio-
ne della cricca, si formano sulla superficie del componente come risultato di reazioni chimi-
che.
La dipendenza dal tempo della deformazione plastica, di un materiale soggetto a carico ( o
sforzo) costante ed a temperature maggiori di 0.4 Tm,è detta scorrimento a caldo o creep.
Una curva tipica di creep (deformazione rispetto a tempo) è normalmente caratterizzata da tre
regioni distinte. Per lo scorrimento transiente (o primario), la velocità (o pendenza) diminui-
sce col tempo. La curva diviene lineare (cioè la velocità di scorrimento è costante) nello sta-
dio stazionario (o secondario). Infine, la deformazione aumenta per lo scorrimento terziario
immediatamente prima del cedimento o rottura. Parametri di progetto importanti, che si evin-
cono da tale curva, sono la velocità di scorrimento stazionario (pendenza della regione linea-
re) ed il tempo di vita a rottura.
Sia la temperatura che il livello di sforzo applicato influenzano lo scorrimento a caldo.
Aumentando entrambi questi parametri si producono i seguenti effetti: (I) un aumento istan-
taneo della deformazione iniziale, (2) un aumento della velocità di scorrimento stazionario e
(3) una diminuzione del tempo di vita a rottura. È stata presentata un'espressione analitica
che porta ad esprimere Esin funzione sia della temperatura che dello sforzo. È possibile
distinguere i vari meccanismi del creep in base all'esponente dello sforzo per condizioni sta-
zionarie ed in base ai valori dell'energia di attivazione del creep.
È possibile estrapolare i dati delle prove di scorrimento, a più basse temperature e tempi
più lunghi, mediante l'utilizzo del parametro Larson-Miller.
Le leghe metalliche resistenti allo scorrimento a caldo hanno alti moduli d'elasticità e
temperature di fusione; tra questi vi sono le superleghe, gli acciai inossidabili ed i metalli
refrattari. Per migliorare le proprietà di scorrimento di questi materiali vengono impiegate
diverse tecniche di produzione.

TERi\IJNI E COl\t:ETTI 11\IPOH.TAI\Tl

Cemeniazione Frattura fragile Resistenza a fatica


Corrosionea fatica Frattura intergranulare Scorrimento
Defonnazioncpiana Frattura transgranulare Tenacità a frattura in condizioni di
Energia di impatto Intensificatore dello sforzo deformazione piana
Fatica Limite di fatica Transizione duttile fragile
Fatica termica Meccanica della frattura Vita a fatica
Fattore d'intensificazione degli sforzi Prova Charpy
Frattura duttile Prova Izod
234 • Capitolo 8 / La rottura

BIBLIOGRAFIA

ASM Handbook, Voi. 11, F ailure Analysis and Esaklul, K.A., Handbook of Case Histories in Failure
Prevention, ASM International, Materials Park, Analysis, ASM International Materials Park,.OH,
OH, 1986. 1992 and 1993. In due volumi.
ASM Handbook, Voi. 12, Fractography, ASM Fatigue Data Book: Light Structural Alloys, ASM
lntemational, Materials Park, OH 1987. International, Materials Park, OH, 1995.
Boyer, H. E. (Editor), Atlas of Creep and Stress-Rupture Hertzberg, R. W. Deformation and Fracture Mechanics
Curves, ASM Intemational Materials Park, OH, of Engineering Materials, 4th edition, fohn Wiley
1988. & Sons, New York, 1996.
Boyer, H. E. (Editor), Atlas of Fatigue Curves, ASM Murakami, Y. (Editor), Stress Intensity Factors
International, Materials Park, OH, 1986. Handbook, Pergamon Press, Oxford, 1987. In tre
Colengelo, V.J. e F.A. Heiser, Analysis of Metallurgica/ volumì.
Failures, 2nd edition, John Wiley & Sons, New Tetelman, A.S. and A. J. McEvily, Fracture of Structural
York, 1987. Materials, fohn Wiley & Sons, New York, 1967.
Collins, J.A., Failure of Materials in Mechanical Design, Stampato da Books on Demand, Ann Arbor, MI.
2nd edition, fohn Wiley & Sons, New York, 1993. Wulpi, D.J., Understanding How Components Fail,
Courtney, T.H. Mechanical Behavior of Materials, American Society for Metals, Materials Park, OH,
McGraw-Hill Book Co., New York, 1990. 1985.
Dieter, G.E., Mechanìcal Metallurgy, 3rd edition,
McGraw-Hill Book Co., New York, 1986.

D01fANDE E PROBLEMI

8.1 Citare almeno due situazioni nelle quali la possibi- pagazione di una cricca superficiale di lunghezza
lità di rottura fa parte del progetto di un componen- 0.05 mm.
te o prodotto. 8.7 Un componente in polistirene non deve rompersi
8.2 Stimare la resistenza teorica coesiva dei materiali con un carico di trazione di 1.25 MPa. Determinare
ceramici riportati in Tabella 13.5. la massima lunghezza di cricca superficiale con-
8.3 Qual è l'intensità dello sforzo massimo all'apice di sentita se l'energia superficiale del polistirene è
una cricca interna avente un raggio di curvatura di 0.50 J/m 2• Assumere un modulo di elasticità di 3.0
2.5 x 10- 4 mm ed una lunghezza di GPa.
2.5 x I 0-2 mm, se lo sforzo di trazione applicato è di 8.8 Il parametro K nelle Equazioni 8.7a, 8.7b e 8.7c è
170MPa? una funzione dello sforzo nominale applicato a e
8.4 Stimare la resistenza teorica a rottura in un materia- della lunghezza della cricca a secondo l'equazione
le fragile sapendo che la frattura avviene per propa-
gazione di una cricca superficiale ellittica di lun-
ghezza 0.25 mm ed avente un raggio di curvatura
all'apice di 1.2 x I 0-3 mm quando viene applicato Calcolare l'intensità degli sforzi normali cr, e u,
un carico di 1200 MPa. all'apice di una cricca superficiale di lunghezza 2.5
8.5 Un provino di materiale ceramico con un modulo di mm (come descritto in Figura 8.1 O) con uno sforzo
elasticità di 300 GPa viene sottoposto ad uno sfor- nominale dì trazione di 75 MPa nelle seguenti posi-
zo di trazione di 900 MPa. Si avrà rottura del pro- zioni:
vino se il suo più severo difetto è una cricca interna (a) r;::: O.l 5 mm, 0 = 30°
di lunghezza 0.3 mm e raggio di curvatura all'apice (b) r=0.15mm,0=60°
5 x 10-4mm? Perché o perché no? (e) r = 0.75 mm, 0 = 30°
8.6 Se l'energia specifica superficiale di un vetro (d) r = 0.75 mm, 0 = 60°
sodio--<:alcico è 0.3 J/m2, con i dati della Tabella 8.9 11parametro K nelle Equazioni 8.7a, 8.7b e 8.7c è
13.5, calcolare lo sforzo critico richiesto per la pro- definito nel precedente problema.
Domande e problemi • 235

(a) Per una cricca di superficie di lunghezza pari a 8.14 Un provino di acciaio 4340 avente una tenacità a frat-
3 mm, determinare la posizione radiale per un tura in condizioni di deformazione piana di 45
angolo 0 di 45° a cui lo sforzo normale a, è 110 MPaV m è sottoposto ad uno sforzo pari a 1000 MPa.
MPa quando si applica uno sforzo nominale di I 00 Si avrà rottura del provino sapendo che la più grande
MPa. cricca superficiale è lunga 0.75 mm? Perché o perché
(b) Calcolare lo sforzo normale CT>nella stessa no? Assumere il valore 1.0 per il parametro Y.
posizione. 8.15 Alcuni componenti di aereo sono fabbricati in lega di
8.10 Una porzione di un provino di trazione è mostrata alluminio avente una tenacità a frattura in condizioni
di seguito: di deformazione piana di 35 MPaVm. È stato calco-
u lato che la frattura avviene con uno sforzo di 250 MPa
quando la lunghezza della cricca interna massima (o
t critica) è 2.0 mm. Per lo stesso componente e lega si
~25mm avrà rottura se il livello di sforzo è di 325 MPa e la
lunghezza della cricca interna massima è di 1 mm?
Perché o perché no?
8.16 Supporre che un componente alare di un aereo sia
fabbricato in una lega di alluminio avente una tena-
cità a frattura in condizioni di deformazione piana
pari a 40 MPaVm. Si è calcolato che la frattura
3mm avviene con uno sforzo pari a 365 MPa se la massi-
ma cricca interna ha lunghezza 2.5 mm. Per lo stes-
so componente e tipo di lega, calcolare il livello di
sforzo al quale si ha rottura quando la lunghezza
critica di una cricca interna è 4.0 mm.
~20mm--j 8.17 Una grande lastra piana è fabbricata in acciaio
avente una tenacità a frattura in condizioni di defor-
!
u
mazione piana pari a 55 MPaV~. Se durante l'uti-
lizzo in servizio la piastra è sottoposta ad uno sfor-
(a) Calcolare l'intensità dello sforzo al punto P zo di trazione pari a 200 MPa, calcolare la minima
quando il carico esterno applicato è pari a 100 MPa. lunghezza di una cricca superficiale che dà luogo a
(b) Di quanto deve essere aumentato il raggio di rottura. Assumere il valore I .O per Y.
cmvatura al punto P affinché lo sforzo si riduca del 8.18 Calcolare la massima lunghezza di una cricca inter-
20%? na ammissibile per un componente in lega di allu-
8.11 Un foro cilindrico di 25 mm di diametro attraversa minio 7075-T65l (Tabella 8.1) che è caricato fino
interamente lo spessore di una piastra di acciaio di ad uno sforzo pari alla metà del suo carico di sner-
15 mm di spessore, 100 mm dì larghezza e 400 mm vamento. Assumere che il valore di Y sia 1.35.
di lunghezza (vedi Figura 8.8a). 8,19 Un componente strutturale, nella forma di una larga
(a) Calcolare lo sforzo al bordo del foro quando un piastra, deve essere fabbricato in acciaio avente una
carico di trazione di 50 MPa è applicato nella dire- tenacità a frattura in condizioni di deformazione
zione della lunghezza. piana pari a 77 MPa Vm ed un carico di snervamen-
(b) Calcolare lo sforzo al bordo del foro quando lo to di 1400 MPa. La risoluzione limite dello strumen-
stesso carico è applicato nella direzione della lar- to di misura delle dimensioni del difetto è pari a 4.0
ghezza. mm. Se lo sforzo di progetto è pari alla metà del cari-
8.12 Dire qual è la differenza significativa tra il fattore co di snervamento ed il valore di Y è 1.0, dire se è
di intensificazione degli sforzi, la tenacità a frattura possibile determinare la lunghezza critica del difetto.
in condizioni di sforzo piano e la tenacità a frattura 8.20 Un componente strutturale nella forma di una pia-
in condizioni di deformazione piana. stra piana spessa 12.5 mm deve essere fabbricato
8.13 Per ogni lega metallica riportata in Tabella 8.1, cal- con una lega metallica avente un carico di snerva-
colare lo spessore minimo del componente affinché mento ed una tenacità a frattura in condizioni di
siano verificate le condizioni di deformazione deformazione piana rispettivamente di 350 MPa e
piana. 33 MPaVm; per questa particolare geometria il
236 • Capitolo 8 / La rottura

valore di Y è pari a 1.75. Assumendo uno sforzo di (b) Determinare la transizione duttile-fragile
progetto pari alla metà del carico di snervamento, è come temperatura corrispondente alla media tra la
possibile calcolare la lunghezza critica di una cric- massima e la minima energia di impatto.
ca di superficie? Se sì, determinare tale lunghezza; (e) Determinare la temperatura di transizione dut-
se tale calcolo non è possibile spiegarne i motivi. tile-fragile a cui l'energia di impatto è pari a 70 J.
8.21 Dopo aver consultato altri riferimenti bibliografici, 8.24 Spiegare brevemente i motivi per cui le leghe ccc e
scrivere un breve rapporto su una o due tecniche di es.e mostrano transizione duttile-fragile al dimi-
indagine non distruttive che vengono utilizzate per nuire della temperatura; mentre quelle cfc no.
determinare e misurare difetti interni e/o di superfi- 8.25 Si è condotta una prova di fatica in cui lo sforzo
cie nelle leghe metalliche. medio era pari a 50 MPa e l'ampiezza della solleci-
8.22 Qui di seguito sono tabulati i dati ricavati da una tazione 225 MPa.
serie di prove di impatto tipo Charpy su di una (a) Calcolare il massimo e minimo livello di sfor-
ghisa duttile: zo.
(b) Calcolare il rapporto di sforzo.
Temperatura (°C) Energia di Impatto (J) (e) Calcolare l'intensità del campo di sforzo.
8.26 Una barra cilindrica di acciaio 1045 (Figura 8.42) è
-25 124
-SO 123
sottoposta ad uno sforzo ciclico di trazione-com-
-75 115 pressione lungo il suo asse. Se l'ampiezza del cari-
-85 100 co è 22000 N, calcolare il minimo diametro ammis-
-100 73 sibile affinché non vi sia rottura. Assumere un fat-
-110 52
-125 26 tore di sicurezza pari a 2.0.
-150 9 8.27 Una barretta cilindrica di 8.0 mm di diametro in
-175 6 ottone rosso (Figura 8.42) è soggetta ad un carico
ciclico invertito trazione-compressione lungo il
(a) Riportare i dati in un grafico energia di impat- suo asse. Se i massimi carichi di compressione e di
to-temperatura. trazione sono +7500 Ne -7500 N rispettivamente,
(b) Determinare una temperatura di transizione dut- determinare la vita a fatica. Assumere che lo sforzo
tile-fragile come temperatura corrispondente alla diagrammato in Figura 8.42 corrisponda all'am-
media tra la massima e la minima energia di impatto. piezza del ciclo.
(e) Determinare la temperatura di transizione dutti- 8.28 Una barretta cilindrica, di diametro pari a 12.5 mm
le-fragile a cui l'energia di impatto è pari ad 80 J. fabbricata in lega 2014-T6 (Figura 8.42). è sotto-
8.23 Qui di seguito sono tabulati i dati ricavati da una posta ad un carico ciclico ripetuto di tensione-com-
serie di prove di impatto tipo Charpy su di un pressione lungo il suo asse. Calcolare il massimo e
acciaio temprato 4140: minimo carico che può essere applicato per avere
una vita a fatica pari a 1.0 x 107 cicli. Assumere che
Temperatur<I (°C) Energia di impallo (J) lo sforzo diagrammato sull'asse verticale sia l'am-
piezza e che i dati siano ricavati per uno sforzo
100 89.3
75 88.6
medio pari a 50 MPa.
50 87.6 8.29 I dati di fatica per un ottone sono fomiti nel modo
25 85.4 seguente:
o 82.9
-25 78.9 Ampiezza dello sforzo Cicli a rottura
-50 73.1
(MPa)
-65 66.0
-75 59.3
310 2 X 105
-85 47.9
223 Ix 10<·
-100 34.3
-125 29.3 191 3 X 106
168 I X 107
-150 27.l
-175 25.0 153 3 x 107
143 1 X]()'
134 J X IO'
(a) Riportare i dati in un grafico energia di impat- 127 1 X J0 9
to-temperatura.
Domande e problemi • 237

500

~ 400
c...
6 Acciaio 1045
V)

o'
~ 300
~
_Q
a,
""Cl 200
]
~
100

O~-~--~--~-~--~--~--'
103
Cicli a rottura, N

F1GtK.\ 8.42 Intensità dello sforzo Sin funzione del logaritmo del numero di cicli N a rottura per fatica per l'ottone rosso,
una lega di alluminio ed un acciaio al carbonio. (Da H. W. Hayden, W. G. Moffatt e J. Wulff, The Structure and Properties
of Materials, Vol.III, Mechanical Behavior, p. 15. Copyright© 1965 John Wiley & Sons, New York. Ristampa autorizzata
da John Wiley & Sons, lnc. Anche da A.SM Handhook, Voi. 2, Properties and Selection: Nonferrous Alloys and Special
Purpose Materials, 1990. Ristampa autorizzata da ASM lntemational.)

(a) Costruire un diagramma S-N (ampiezza dello (a) Costruire un diagramma S-N (ampiezza dello
sforzo rispetto al logaritmo del numero di cicli a sforzo rispetto al logaritmo del numero di cicli a
rottura) utilizzando i dati forniti. rottura) utilizzando i dati forniti.
(b) Determinare la resistenza a fatica a 5 x 101 (b) Qual è il limite di fatica per questa lega?
cicli. (e) Determinare il tempo di vita a fatica per un
(e) Determinare la vita a fatica a 200 MPa. ampiezza di sforzo pari a 230 MPa e 175 MPa.
8.30 Supporre che i dati di fatica per 1'ottone, forniti nel (d) Stimare la resistenza a fatica a 2 x 105 e
Problema 8.29, siano stati ric:avati da prove torsio- 6 X 106 Cicli.
nali e che un albero in questa lega debba essere uti- 8.32 Supporre che i dati fomiti per la ghisa nel Problema
lizzato in accoppiamento con un motore elettrico 8.31 siano stati ricavati in una prova a flessione
operante a 1500 giri/m. Fornire la massima ampiez- rotante e che la barretta di tale lega debba essere
za possibile dello sforzo torsionale per ognuno dei usata per un asse di un auto che ruota alla velocità
seguenti tempi di vita dell'accoppiamento: (a) I di 750 giri al minuto. Calcolare il massimo tempo
anno; (b) l mese; (e) 1 giorno e (d) 2 ore. di vita ammissibile per una guida continua ai
8.31 I dati di fatica per una ghisa duttile sono i seguenti: seguenti livelli di sforzo: (a) 250 MPa, (b) 215
MPa, (e) 200 MPa e (d) 150 MPa.
Ampiezza dello sforzo Cicli a rottura 8.33 Tre identici provini di fatica (denominati A, Be C)
(MPa) vengono fahhricati con leghe non ferrose. Ognuno
di essi è sottoposto ad uno dei cicli di sforzo massi-
248 1 X 10' mo-minimo elencati di seguito:
236 3 x 105
224 ] X ]0 6

213 3 x IO' Provino u,,,,.,(MPa) u,,.;,,(MPa)


201 1 X 107
193 3 X 10' A +450 -350
193 I X JO' B +400 -300
193 3 x IO' e +340 -340
2 38 • Capitolo 8 / La rottura

(a) Ordinare i tempi di vita a fatica dei tre provini ad uno sforzo di trazione di 40 MPa a 538°C. Deter-
dal più lungo al più corto. minare l'allungamento dopo 5000 h. Assumere che
(b) Giustificare tale ordinamento utilizzando un la somma della deformazione istantanea e primaria
diagramma S-N schematico. dello scorrimento a caldo sia pari a 1.5mm. ·
8.34 Citare cinque fattori che possono portare ad una 8.44 Per un provino cilindrico in acciaio al nichel a
dispersione dei dati di vita a fatica. basso carbonio (Figura 8.39) originariamente di 10
8.35 Fornire una trattazione schematica del comporta- mm di diametro e di 500 mm di lunghezza, qual è il
mento a fatica di alcuni metalli aventi il rapporto R carico necessario a produrre un allungamento tota·
pari a +I. le di 3 .2 mm dopo I 0000 h a 427°C? Assumere che
8.36 Utilizzando le Equazioni 8.23 e 8.24, dimostrare la somma dell'allungamento istantaneo e primario
che l'aumento del rapporto R produce una diminu- di scorrimento a caldo sia 0.8 mm.
zione dell'ampiezza dello sforzo aa. 8.45 Se un componente fabbricato con un acciaio al
8.37 Le superfici di alcuni provini in acciaio che si sono nichel a basso carbonio (Figura 8.38) deve essere
rotti per fatica presentano un aspetto cristallino sottoposto ad uno sforzo di trazione di 60 MPa a
lucente o granuloso. I profani spiegherebbero la 538°C, valutare il suo tempo di vita a rottura.
rottura dicendo che il metallo è cristallizzato in ser- 8.46 Un componente cilindrico costruito con un acciaio
vizio. Fornire una critica di tale affermazione. al nichel a basso carbonio (Figura 8.38) ha un dia-
8.38 Spiegare brevemente la differenza tra le striature di metro di 12 mm. Determinare il massimo carico
fatica e le linee di spiaggia sia in termini (a) di che può essere applicato affinché il componente
dimensioni che (b) di origine. sopravviva 500 h a 649°C.
8.39 Elencare quatto misure che possono essere prese 8.47 e
Dall'Equazione 8.33, se il logaritmo di 5 è dia-
per aumentare la resistenza a fatica di una lega grammato in funzione del logaritmo di a si dovreb-
metallica. be ottenere una linea retta la cui pendenza è l'espo-
8.40 Indicare la temperatura alla quale la deformazione nente di sforzo n. Utilizzando la Figura 8.39, deter-
per scorrimento a caldo diviene rilevante per i minare il valore di n per un acciaio al nichel a basso
seguenti metalli: nichel, rame, ferro, tungsteno, carbonio ad ognuna delle tre temperature.
piombo e alluminio. 8.48 (a) Stimare l'energia di attivazione per lo scorri-
8.41 Sovrapporre sullo stesso diagramma deformazio- mento a caldo (cioè Q,. nell'Equazione 8.34) per
ne-tempo le curve schematiche di scorrimento sia l'acciaio al nichel a basso carbonio avente l'anda-
per sforzo di trazione costante che per carico mento per lo scorrimento stazionario mostrato in
costante e spiegare le differenze di comportamento. Figura 8.39. Utiliuare i dati ricavati ad un livello di
8.42 Sono stati fomiti i seguenti dati di scorrimento a sforzo di 55 MPa ed alle temperature di 427°C e
caldo per una lega di alluminio a 400°C ed a sforzo 538°C. Assumere che l'esponente dello sforzo n sia
costante di 25 MPa. Diagrammare i dati in un grafi- indipendente dalla temperatura. (b) Stimare 5 a e
co deformazione-tempo e determinare quindi la 649°C (922 K).
velocità di scorrimento a caldo minima o staziona- 8.49 I dati di velocità di scorrimento a caldo stazionario
ria. Nota: la deformazione iniziale ed istantanea sono di seguito riportati per il nichel a I 000°C
non sono incluse. (1273 K):

Tempo Tempo CT(MPa)


(min) Allungamento ( min) Allunga,rwnto
IO"' 15
O 0.000 16 0.135 10-< 4.5
2 0.025 18 0.153
4 0.043 20 0.172
6 0.065 22 0.193 Se è noto che l'energia di attivazione per lo scorri-
8 0.078 24 0.218 mento a caldo vale 272000 J/mol, calcolare la velo-
lO 0.092 26 0.255
12 0.109 28 0.307 cità di scorrimento stazionario a 850°C ( 1123 K) ed
14 0.120 30 0.368 a 25 MPa.
8.50 I dati per lo scorrimento a caldo stazionario ottenu-
8.43 Un provino lungo 750 mm di acciaio al nichel a ti per un acciaio inossidabile ed a 70 MPa sono i
basso carbonio (Figura 8.39) deve essere sottoposto seguenti:
Domande e prohlenù • 239

K,, per questo materiale è 0.45 MPaV~. Per una


T(K) cricca lunga 0.25 mm, determinare il massimo
I x 10-s 977 carico che può essere applicato senza che vi sia
2.5 X 10-' 1089 rottura se B = 4 mm, S = 8 mm e W = 1 mm.
Assumere che la cricca sia posizionata a S/2.
Sapendo che l'esponente dello sforzo n per questa 8.D6 (a) Per il serbatoio sferico a parete sottile discus-
lega è 7 .O, calcolare la velocità di scorrimento a so nell'Esempio di Progetto 8.1, sulle basi del cri-
caldo stazionario a 1250 K e ad un livello di sforzo terio delle dimensioni critiche della cricca come
pari a 50 MPa. specificato nella parte (a), ordinare i seguenti
8.51 Citare tre tecniche metallurgiche/di produzione che polimeri in funzione della lunghezza critica di
vengono impiegate per aumentare la resistenza allo cricca dalla più lunga alla più corta: nylon 6.6
scorrimento a caldo delle leghe metalliche. (50% di umidità relativa), policarbonato, polieti-
lentereftalato e polimetìlmetacrilato. Commentare
Problemi di progettazione la distribuzione di tali valori con quelli tabulati
8.D1 Considerare una piastra piana di larghezza 90 mm per le leghe metalliche della Tabella 8.2. Per que-
che contiene in posizione centrale una cricca pas- sti calcoli, utilizzare i dati contenuti nelle Tabelle
sante (cioè 2a) di lunghezza 20 mm (Figura 8.12). B.4 e B.5 nell'Appendice B.
Determinare la minima tenacità a frattura in con- (b) Ordinare adesso gli stessi quattro polimeri
dizioni di deformazione piana necessaria affinché rispetto alla massima pressione ammissibile in
non si abbia rottura per uno sforzo di progetto di accordo al criterio di perforarsi prima di rompersi,
375 MPa. Il rapporto '!Ta/W è in radianti. come descritto nella parte (b) dell'Esempio di
8.02 Una piastra piana di una lega metallica contiene in Progetto 8.1. Come sopra, commentare tali valori
posizione centrale una cricca passante (Figura rispetto a quelli per le leghe metalliche tabulati
8.12). Determinare la lunghezza critìca della cric- nella Tabella 8.3.
ca se la tenacità a frattura in condizioni di defor- 8.D7 Considerare una piastra piana di una lega metalli-
mazione piana della lega vale 38 MPaV~. la lar- ca che deve essere sottoposta a carichi ciclici di
ghezza della piastra è 50 mm e lo sforzo di pro- trazione-compressione ripetuti in cui lo sforzo
getto è 300 MPa. Il rapporto 1ra/W è in radianti. medio è pari a 25 MPa.Se le lunghezze iniziale e
8.D3 Considerare una piastra di acciaio avente una cric- critica di una cricca superficiale sono rispettiva-
ca passante al bordo simile a quella mostrata in mente 0.15 e 4.5 mm ed il valore di m ed A sono
Figura 8.13a. Sapendo che la minima lunghezza rispettivamente 3.5 e 2 x 10-14 (per ~a in MPa ed
della cricca che può essere rilevata è 2 mm, deter- a in m), stimare lo sforzo di trazione massima che
minare la minima larghezza della piastra ammissi- dà luogo ad una vita a fatica di 2.5 x 107 cicli.
bile, assumendo una tenacità a frattura in condi- Assumere che il parametro Y abbia un valore di
zioni di deformazione piana di 80 MPaVm, un 1.4 e che sia indipendente dalla lunghezza della
carico di snervamento di 825 MPa e che la piastra cricca.
debha essere caricata alla metà del carico di sner- 8.D8 Considerare una larga piastra piana di lega di tita-
vamento. nio che deve essere sottoposta a cicli invertiti di
8.D4 Considerare una piastra di acciaio avente una cric- trazione-compressione aventi un 'ampiezza di
ca passante al bordo simile a quella mostrata in sforzo pari a 100 MPa. Se inizialmente la lun-
Figura 8.13a; la larghezza della piastra (W) è 75 ghezza della cricca superficiale più grande in que-
mm, il suo spessore (B) è 12 mm. Inoltre, la tena- sto provino è 0.30 mm e la tenacità a frattura in
cità a frattura in condizioni di deformazione piana condizioni di deformazione piana è 55 MPaVm,
ed il carico di snervamento per questo _pmteriale mentre i valori di me A sono rispettivamente 3.0 e
valgono, rispettivamente, 80 MPaVm e 1200 2 x l 0- 11 (per ilo- in MPa ed a in m), stimare la vita
MPa. Se la piastra deve essere caricata ad uno a fatica della piastra. Assumere che il parametro Y
sforzo di 300 MPa, vi sarà rottura se la lunghezza abbia un valore 1.45 e che sia indipendente dalla
della cricca a è pari a 15 mm? Perché o perché no? lunghezza della cricca.
8.D5 Una piastra piana piccola e sottile di materiale fra- 8.D9 Considerare un componente metallico che è sotto-
gile avente una cricca passante superficiale deve posto a sforzi ciclici di trazione-compressione. Se
essere caricata come in Figura 8.13c; il valore del il tempo di vita a fatica deve essere di almeno
240 • Capitolo 8 / La rottura

Fua R-\ 8.--1-3Logaritmo dello sforzo in


103 T(20 + log t,WR -h)
funzione del parametro Larson-Miller
per un acciaio inossidabile 18-8 Mo.
(Da F. R. Larson e J. Miller, Trans.
ASME, 74, 765, 1952. Ristampa auto-
rizzata da ASME).

12 16 20 24 28

10 3 T(20 - log t,)(K · hl

I x 107 cicli e sapendo che la massima lunghezza la vita a fatica della piastra se le lunghezze iniziale e
iniziale della cricca superficiale è di 0.254 mm ed critica della cricca sono, rispettivamente, 5 e 12mm.
il massimo sforzo di trazione è di 104 MPa, calco- Assumere i valori 3.5 e 1.5 x 10-12 per i parametri m
lare la lunghezza critica della cricca superficiale. ed A rispettivamente, con CTin MPa ed a in m.
Assumere Y indipendente dalla lunghezza della 8.D12 Il serbatoio sferico mostrato in Figura 8.15 è pres-
cricca e di valore pari ad 1.75 ed m ed A pari a 2.5 surizzato e depressurizzato alternativamente tra la
ed 1.5 x 10-is rispettivamente, per LÌCT ed a in pressione atmosferica ed una pressione positiva p;
MPa ed in m rispettivamente. è quindi soggetto a rottura per fatica. Utilizzando
8.D10 Considerare una piastra metallica sottile larga 20 l'Equazione 8.31, ricavare un'espressione per la
mm che contiene in posizione centrale una cricca vita a fatica N1 in termini di p, del raggio del ser-
passante come mostrato in Figura 8.12. Tale pia- batoio r, ùello spessore te di altri parametri assu-
stra deve essere sottoposta a cicli invertiti di tra- mendo che: Y è indipendente dalla lunghezza
zione-compressione aventi ampiezza dello sforzo della cricca, m ;f. 2 e le lunghezze originaria e cri-
pari a 125 MPa. Se le lunghezze iniziale e critica tica della cricca sono parametri variabili.
della cricca sono, rispettivamente, 0.20 e 8 mm ed 8.D13 Un componente in ferro S-590 (Figura 8.40) deve
ìl valore di m ed A sono 4 e 5 x 10- 12 rispettiva- avere un tempo di rottura per scorrimento a caldo
mente (per t:..crin MPa ed a in m), valutare la vita di almeno 100 giorni a 500°C (773 K). Calcolare
a fatica della piastra. il massimo livello ammissibile di sforzo.
8.D11 Per una cricca di bordo in una piastra di larghezza 8.D14 Un componente in ferro S-590 (Figura 8.40) è
finita (Figura 8.13a), Y è funzione del rapporto sottoposto ad uno sforzo di 200 MPa. Quale tem-
lunghezza cricca-larghezza provino secondo peratura corrisponde ad un tempo di vita a rottura
di 500 h?
8.D15 Calcolare il tempo di rottura per un componente in
acciaio inossidabile 18-8 Mo (Figura 8.43) sotto-
Y= (8.36) posto ad uno sforzo di 80 MPa a 700°C (973 K).
8.D16 Un componente in acciaio inossidabile 18-8 Mo
(Figura 8.43) è esposto ad una temperatura di
500°C (773 K). Qual è il livello massimo ammis-
Considerare una piastra larga 60 mm sottoposta a sibile di sforzo per un tempo di vita a rottura di 5
sforzi ciclici di trazione-compressione (cicli di anni? 20 anni?
sforzo invertiti) per i quali a min=-135 MPa. Valutare
•erché studiare i Diaf,>1·m11mi
di fase'?

'Olloscenza e la contpren- tuttavia anche m;ati per capire come si evolvono e


sia unportante per l'inge- mantengono le strutture di non ec1uilibrio e le pi
ione ed il controllo delle prietà che ne derivano; si verifica spesso il caso t'
nico; talune proprietà dei •1uestc proprietà siano più ricercate di 11uelle relati
!I. loro 1nicrostruttura e di allo stato di equilibrio. Questo viene esaurientemcr
,ria termica. Sebbene la illm;trato dal fenomeno di imlurimento per precipi1
mi di fase rappresentino zione (Sezioni 11. 7 e 11.8).
( o rli equilibrio), vengono
Obiettivi tli apprendimento

Dopo aver studinto questo capitolo, dovre11ti eiu,;ere in grado di fare le seguenti cose:

1. (a) Disegnare in modo schematico diagrammi di degli eutettici, eutettoidi, peritettici e le tra-
fase isomorfi ed eutettiei semplici. sformazioni di fase congruenti;
(b) Indicare per ogni regione le varie fasi presen- (b) scrivere le reazioni delle trasformazioni sia in
ti su questi diagrammi. riscaldamento che in raffreddamento.
(c) Indicare le curve di liquidus, di solidus e di 4. Data la composizione di una lega ferro-carlionio
solvus. con contenuto di C variabile dallo 0.022% al
2. Dato un diagre.mrn.a di fase binario, la composizio- 2.14% in peso, essere in grado di:
ne di una lega e la temperatura a cui si trova, ed (a) specificare se la lega è ipoeutettoide o ipereu-
assumendo che si trovi in equilibrio strutturale, tettoide;
determinare: (b) indicare la fase proeutettoide;
(a) quale o quali fasi sono presenti; (c) calcolare la frazione in peso della fase proeu-
(b) la composizione della o delle fasi; tettoide e della perlite;
(e) la frazione in peso della o (fo11e fasi. (d) tracciare un diagramma schematico della
3. Su determinati diagrammi di fase binari fare le microstruttura ad una temperatura appena
seguenti operazioni: inferiore a quella dell'eutettoide.
(a) trovare la temperatura e la composizione

9 .1 INTRODrZIONE

La conoscenza dei diagrammi di fase per le leghe è estremamente importante perché c'è una
forte correlazione fra microstruttura e proprietà meccaniche e lo sviluppo della microstruttu-
ra di una lega dipende dalle caratteristiche dei diagrammi di fase. Inoltre i diagrammi di fase
forniscono preziose informazioni sulla fusione, sulla solidificazione, sulla cristallizzazione e
su altri fenomeni.
Questo capitolo presenta ed illustra i seguenti argomenti: (1) terminologia relativa ai dia-
grammi di fase ed alle trasfonnazioni di fase; (2) interpretazione dei diagrammi di fase; (3)
alcuni dei più comuni e relativamente semplici diagrammi di fase. compreso il diagramma
ferro-carbonio e (4) genesi delle microstrutture di equilibrio, in raffreddamento, per diverse
situazioni.

DEFINIZIONI
E CONCETTI
DI BASE
Prima di addentrarsi nell'interpretazione e nell'utilizzazione dei diagrammi di fase, è neces-
sario fornire delle definizioni e dei concetti di base sulle leghe, le fasi e l'equilibrio. In que-
sta illustrazione viene frequentemente usato il termine componente; componenti sono i
metalli puri e/o i composti di cui la lega è formata. Per esempio, in un lega rame-zinco, i
componenti sono Cu e Zn. Soluto e solvente, altri termini comuni, sono stati già definiti nella
Sezione 4.3. Un altro termine usato in questo contesto è sistema, che ha due significati.
Anzitutto, "sistema" può essere riferito ad un corpo specifico di un materiale in considera-
zione (es. una mestolata di acciaio fuso). O, ci si può riferire ad serie di leghe possibili che
hanno un medesimo componente, ma senza specificare la composizione della lega (es. siste·
ma ferro-carbonio).
Il concetto di soluzione solida è stato introdotto nella Sezione 4.3. Come si ricorda, una
soluzione solida è formata da atomi di almeno due differenti tipi; gli atomi di soluto occupa-
no, nel reticolo cristallino del solvente, posizioni interstiziali o di sostituzione e viene mante-
nuta la strutmra cristallina del solvente.

24-2
9.3 Fasi • 243

9.2 LIMITE DI SOLUBILlL\

Per determinati sistemi di leghe ed a una certa temperatura, esiste una concentrazione massi-
ma di atomi di soluto che possono venire disciolti nel solvente per formare una soluzione
solida; questa viene definita limite di solubilità. L'aggiunta ulteriore di soluto oltre il limite
di solubilità dà luogo alla formazione di un'altra soluzione solida o composto che presentano
una composizione marcatamente differente. Per illustrare questo concetto consideriamo il
sistema acqua-zucchero (C 12H 22O 11-H 2 O). All'inizio, come si aggiunge zucchero nell'acqua,
si forma una soluzione di acqua e zucchero, o sciroppo. Mano a mano che lo zucchero viene
introdotto, la soluzione diviene sempre più concentrata fino a che si raggiunge il limite di
solubilità, a cui la soluzione diviene satura di zucchero. A questo punto la soluzione non è più
in grado di sciogliere ancora zucchero: ulteriori aggiunte si depositeranno sul fondo del reci-
piente. Il sistema è ora formato da due sostanze separate: una soluzione liquida dello scirop-
po acqua-zucchero e dei cristalli solidi dello zucchero non disciolto.
Il limite di solubilità dello zucchero nell'acqua dipende dalla temperatura dell'acqua e
può essere rappresentato in forma grafica in un diagramma, con la temperatura in ordinata e
la composizione (percentuale in peso di zucchero) in ascissa, come rappresentato in Figura
9.1. Lungo l'asse della composizione, la concentrazione di zucchero è crescente da sinistra a
destra, mentre la percentuale di acqua viene letta da destra verso sinistra. Poiché sono pre-
senti solo due componenti (acqua e zucchero), la somma delle concentrazione sarà, per ogni
composizione, sempre pari al 100% in peso. Il limite di solubilità è rappresentato dalla curva
verticale riportata nella figura. Per composizioni e temperature poste a sinistra della curva di
solubilità, esiste solo la soluzione liquida dello sciroppo; a destra della curva coesistono lo
sciroppo e lo zucchero solido. Il limite di solubilità ad una certa temperatura è dato dalla
composizione che corrisponde all'intersezione della coordinata di quella data temperatura
con la curva di solubilità limite. Per esempio, a 20°C la solubilità massima dello zucchero
nell'acqua è il 65% in peso. Come si vede dalla Figura 9.1, il limite di solubilità aumenta leg-
germente all'aumentare della temperatura.

9.3 FASI
Anche il concetto di fase è critico per la conoscenza dei diagrammi di fase. Una fase può
essere definita come una porzione omogenea dì un sistema che ha caratteristiche chimiche e
fisiche uniformi. Ogni materiale puro viene considerato come un 'unica fase; così anche ogni

FIGl!R.-\9.1 Solubilità
100 ~-~---------~-~-~-~~
dello zucchero
(C12H 220 11) in uno scirop-
po zucchero-acqua. 80 Limite di solubilità

Soluzione liquida (sciroppo) Soluzione


liquida
+
zucchero
solido

20

o------------~-~-~-~~
Zucchero O 20 40 60 80 100
Acqua 100 80 60 40 20 o
Composizione(% in peso)
244 • Capitolo 9 / Diagrammi di fase

solido, liquido e le soluzioni di gas. Per esempio, la soluzione di sciroppo acqua-zucchero


appena discussa è una fase e lo zucchero solido è un'altra fase. Ciascuna ha proprìetà fisiche
differenti (una è un lìquido, l'altra è un solido); inoltre sono chìmicarnente differenti (cioè
hanno diversa composizìone chimìca); una è virtualmente zucchero puro, l'altra una ~oluzio-
ne di H2 O e di C 12 H22 OII' Se in un determinato sistema è presente più dì una fase, ciascuna
avrà proprìetà ben definite ed esisterà una superfic'ie di separazione tra le fasi attraverso cui
si avrà un discontinuo e repentino cambiamento delle caratteristiche chimiche e/o fisiche.
Quando in un sìstema sono presenti due fasi, non è necessario che vì sia differenza sia nelle
proprietà fisiche che chimiche, è sufficiente che vi sia disparità per l'uno o per l'altro gruppo
di proprietà. Quando in un recipiente sono presenti acqua e ghiaccio, si formano due fasi
separate; esse sono fisicamente dissimili (una è solida, l'altra è liquida) ma identiche per
composizione chimica. inoltre, quando una sostanza può esistere in due o più forme poli-
morfe (p.cs. con due strutture cfc e ccc), ciascuna di queste strutture costituisce una fase sepa-
rata perché le loro rispettive caratteristiche fisiche differiscono.
Talvolta, un sistema monofasico viene definito "omogeneo". Sistemi con due o più fasi
vengono definiti "miscele" o "sistemi eterogenei". Da questo punto di vista, la maggior parte
delle leghe metalliche e diversi sistemi polimerici, ceramici e compositi sono eterogenei.
Normalmente, le fasi interagiscono in modo tale che la combinazione delle proprietà dei
sistemi multifase è diversa, e più attraente, di quella delle singole fasi individuali.

9.4 l\IlCROSTRCTTURA

Molte volte le proprietà fisiche e, in particolare, il comportamento meccanico di un materia-


le, dipendono dalla sua microstruttura. La microstruttura si può osservare direttamente al
microscopio, sia ottico che elettronico; questo argomento è stato trattato nella Sezione 4.9.
Nelle leghe metalliche, la microstruttura è caratterizzata dal numero delle fasi presenti, dalla
loro quantità relativa e dal modo in cui sono distribuite e disposte. La microstruttura di una
lega dipende da diverse variabili come la presenza degli elementi di lega, la loro concentra-
zione ed il trattamento termico della lega (cioè la temperatura raggiunta, la durata del sog-
giorno a quella temperatura e la velocità di raffreddamento fino alla temperatura ambiente).
La procedura di preparazione di un campione per l'esame microscopico è stata breve-
mente accennata nella Sezione 4.9. Dopo appropriata pulitura ed attacco, è possibile distìn-
guere le diverse fasi in base al loro aspetto. Per esempio, per una lega bifasica, una fase può
apparire chiara e l'altra scura, come a pag. 241. Quando è presente solo una fase o una solu-
zione solida, la topografia superficiale sarà uniforme, ad eccezione che per il contorno del
grano che può venire così evidt:nLiato (Figura 4.12h ).

9.5 E()l ILIBIU DI E\SE

Un altro concetto essenziale è quello dell'equilibrio. Può venire descritto molto bene in ter-
mini di una grandezza termodinamica energia libera. In breve, l'energia libera è una funzio-
ne dell'energia interna di un sistema ed anche della casuale disposizione o disordine degli
atomi e delle molecole (o entropia). In determinate condizioni di temperatura, pressione e
composizione un sistema è in equilibrio se la sua energia libera è al minimo. In senso macro-
scopico questo significa che le caratteristiche del sistema non cambiano col tempo ma si
mantengono per un tempo indefinito; ovvero il sistema è stabile. Un cambiamento in tempe-
ratura. pressione e/o composizione per un sistema in equilibrio porterà ad un aumento dell'e-
nergia libera ed in un possibile cambiamento spontaneo in un altro stato in cui l'energia libe-
ra è più bassa. i
9 ..'i Equilibri di Fase • 245

Il termine equilibrio di fase, spesso usato nel contesto di questa discussione. si riferisce
all'equilibrio applicato ai sistemi in cui può esistere più di una fase. L'equilibrio di fase viene
espresso dalla costanza nel tempo delle caratteristiche delle fasi di un sistema. Un esempio
illustra forse meglio questo concetto. Supponiamo che uno sciroppo di acqua e zucchero
venga contenuto in un recipiente chiuso e che la soluzione· sia in contatto con lo zucchero
solido a 20"C. Se il si:slt:rna è ali 'equilibrio, la wmposi1:ione dello sciroppo è ùd 65% in peso
di C 1~H2p 11 e del 35% in peso di Hp (Figura 9.1) e le quantità e le composizioni dello sci-
roppo c dello zucchero solido rimarranno costanti nel tempo. Se la temperatura del sistema è
improvvisamente aumentata - per es. a I00°C - questo equilibrio o bilanciamento viene tem-
poraneamente turbato in quanto il limite di solubilità viene aumentato all'80% in peso di
C 12H220 11 (Figura 9.1 ). Pertanto parte dello zucchero solido andrà in soluzione nello scirop-
po. Questo effetto continuerà fino a che viene raggiunto un nuovo equilibrio di concentra-
zione dello sciroppo a temperatura più alta.
Questo esempio sciroppo-zucchero ha illustrato il principio dell'equilibrio di fase usan-
do un sistema solido-liquido. In molti sistemi di materiali e metallurgici di particolare inte-
resse, l'equilibrio di fase implica solo fasi solide. A questo riguardo lo stato del sistema viene
rispecchiato dalle caratteristiche della microstruttura, che contiene non solo le fasi presenti e
le loro composizioni ma, in aggiunta, anche le quantità relative delle fasi e la loro distribu-
zione o disposizione spaziale.
Le considerazioni di energia libera e di diagrammi simili alla Figura 9.1 forniscono infor-
mazioni sulle caratteristiche di equilibrio di un particolare sistema, che è importante; ma non
indicano il periodo di tempo necessario al conseguimento di un nuovo stato di equilibrio. Si
presenta spesso il caso, specialmente nei sistemi solidi, che uno stato di equilibrio non sia mai
completamente acquisito perché la velocità di avvicinamento all'equilibrio è estremamente
bassa; un tale sistema viene detto essere in uno stato di non equilibrio o stato metastabile.
Uno stato metastabile o una microstruttura può mantenersi indefinitivamente, sperimentando
col tempo solo variazioni estremamente basse e pressoché impercettibili. Spesso le strutture
metastabili sono di significato più pratico di quelle di equilibrio. Per esempio, diversi acciai
e leghe di alluminio basano la loro resistenza sullo sviluppo di microstrutture metastabili
durante trattamenti termici progettati con cura (Sezioni 10.5 e 11.7).
Pertanto non è solo importante la conoscenza degli stati di equilibrio e delle strutture, ma
devono essere anche considerate la velocità con cui si stabiliscono ed inoltre i fattori che
influiscono sulla velocità. Questo capitolo è dedicato quasi esclusivamente alle strutture di
equilibrio; la trattazione delle velocità di reazione e delle strutture di nonequilibrio è differi-
ta ai Capitoli IO e 11.

DIAGRAMMI
DI FASEDI EQUILIBRIO
Molte delle informazioni sulla microstruttura o sulla struttura delle fasi di un particolare
sistema di lega vengono presentate in modo vantaggioso e conciso in quello che viene chia-
mato diagramma di fase, spesso anche denominato dia1-:rammadi equilibrio o diagramma
di costituzione. Diverse microstrutture prendono origine dalle trasformazioni di fase, a segui-
to <limorlifica7ioni delle fasi che si verificano al variare della temperatura (in genere per raf-
freddamento). Questo può riguardare la transizione da una fase ad un'altra, o la comparsa o
scomparsa di una fase. I diagrammi di fase sono di aiuto per prevedere trasformazioni di fase
e le microstrutture conseguenti, che possono essere di equilibrio o di non equilibrio.
I diagrammi di fase di equilibrio descrivono le relazioni fra temperatura, composizione ed
il numero delle fasi all'equilibrio. Vi sono numerose possibilità diverse; ma nella presente
trattazione, i parametri variabili, per le leghe binarie, sono la temperatura e la composizione.
Una lega binaria è una lega che contiene due componenti. Se sono presenti più di due com-
246 • Capitolo 9 I Diagrammi di fase

ponenti, i diagrammi d1 fase diventano estremamente complicati e di difficile rappresenta-


zione. I principi del controllo microstrutturale, con l'aiuto dei diagrammi di fase, possono
venire illustrati con le leghe binarie anche se, in realtà, la maggior parte delle leghe contiene
più di due componenti. Anche la pressione esterna è un parametro che ha influenzii sulla
struttura delle fasi. Tuttavia, in pratica, la pressione rimane virtualmente costante nella mag-
gior parte delle applicazioni; quindi, i diagrammi di fase qui presentati sono alla pressione
costante di una atmosfera ( I atm).

9.6 SISTEMI BINARI ISOMORFI

Il tipo più semplice possibile dei diagrammi di fase binari da comprendere ed interpretare è
quello caratteristico del sistema rame-nichel (Figura 9.2a). Sull'asse delle ordinate viene
riportata la temperatura e sul!' ascissa la composizione della lega, in percento in peso (in
basso del diagramma) ed in percento atomico (in alto) di nichel. La composizione va dallo
0% di Ni (100% di Cu) sulla sinistra del!' asse orizzontale, al 100% di Ni (0% di Cu) sulla
destra. Sul diagramma compaiono tre diverse regioni di fase, o campi, un campo alfa (a), un
campo liquido (L) ed un 1.:ampoa due fasi a+ L. Ciascuna regione viene definita dalla fase o
dalle fasi che esistono entro un intervallo di temperatura e di composizione delimitato dalle
curve di confine delle fasi.


li liquido L è una soluzione liquida omogenea di rame e di nichel. La fase a è una solu-
zione solida di sostituzione fonnata sia da atomi di rame che di nichel, con una struttura cri-
stallina cfc. Alla temperatura al di sotto di circa 1080°C, rame e nichel sono mutuamente
solubili l'uno nell'altro allo stato solido, per tutte le composizioni. Questa completa solubi-
lità viene spiegata dal fatto che entrambi, rame e nichel, hanno la stessa struttura cristallina
(cfc), raggio atomico ed elettronegatività pressoché uguali, e valenza simile, come illustrato
nella Sezione 4.3. Il sistema rame-nichel viene detto isomorfo a motivo della completa solu-
bilità dei due componenti sia nel liquido che nel solido.
Qualche commento sulla nomenclatura. Anzitutto, per le leghe metalliche, le soluzioni
solide vengono comunemente indicate con le lettere greche minuscole (a, {3,y, ecc.). Inoltre,
per quel che riguarda il confine fra le diverse fasi, la curva che separa il liquido L dal campo
bifasico L + a viene chiamata curva di liquidus, come indicato nella Figura 9.2a; la fase
liquida è presente a tutte le temperature e le composizioni al di sopra di questa curva. La
curva di solidus è situata tra le regioni di a ed a + L, al di sotto della quale esiste solo la fase
solida a.
Nella Figura 9.2a, le curve di liquidus e di solidus si intercettano alle due estremità della
composizione; queste corrispondono alla temperatura di fusione dei due componenti puri.
Per esempio, le temperature di fusione del rame puro e del nichel puro sono, rispettivamen-
te, 1085°C e 1453°C. Riscaldare il rame puro conisponde a muoversi lungo l'asse verticale
della temperatura a sinistra del diagramma. Il rame rimane solido fino a che si raggiunge la
sua temperatura di fusione. La trasformazione solido-liquido si verifica alla temperatura di
fusione e non è possibile un ulteriore riscaldamento fino a che questa trasfonnazione non si
è completata.
Per ogni composizione diversa da quella dei componenti puri, questo fenomeno di fusio-
ne si verifica nell'intervallo di temperatura compreso fra le curve di solidus e di liquidus; in
questo intervallo di temperatura la fase solida a è in equilibrio con la fase liquida. Per esem-
pio, se si riscalda una lega di composizione 50% Ni e 50% Cu in peso (Figura 9.2a), questa
inizia a fondere alla temperatura di circa 1280°C; la quantità di fase liquida continua a cre-
scere con la temperatura fino raggiungere i circa 1320°C, a cui la lega è completamente
liquida.
9.6 Sistemi binari isomorfi • 247

Fu;uu 9.2 (a) Composizione{% atomico Ni)


Diagramma di fase
o 20 40 60 80 100
rame-nichel. (Da Phase 1600
Diagrams of Binary
Nickel Alloys, P. Nash,
Editor, 1991. Ristampa
autorizzata da ASM 1500 Liquido
Intemational, Materials 1453°C
Park, OH.) (b) Parte del
diagramma di fase 1400
rame-nichel in cui si
osserva come al punto B o
~
Curva di
siano determinate sia la ~
liquidus solidus
composizione che le ;;, 1300
"'
ai
quantità delle fasi o..
E
presenti. ~
1200 a

1100 •A
1085°C

1000
o 20 40 60 80 100
(Cu) Composizione(% peso Ni) (Ni)
/a)

Liquido
1300 Linea coniugata
corrispondente
tr=
:i

'"
ai
o.. I
E I
~ I
I a
1200 I
----s-------,
I
I
I

20 30 40 50
CL Co c.
Composizione(% peso Ni)
(b)

11\TERPRETAZIONE DEI DIAGRA:\Ufl DI FASE

Per un sistema binario di composizione nota e temperatura all'equilibrio, sono disponibili


almeno tre tipi di informazioni: (I) le fasi presenti, (2) la loro composizione e (3) la loro
quantità in percentuale o la loro frazione. Le procedure per trarre queste informazioni ven-
gono illustrate utilizzando il sistema rame-nichel.
248 • Capitolo 9 / Diagrammi di fase

Fasi presenti
Stabilire quali fasi sono presenti è relativamente facile. Si localizza esattamente il punto tem-
peratura-composizione sul diagramma e si osserva la o le fasi corrispondenti al campo di fase
designato. Per esempio, una lega di composizione 60% Ni - 40% Cu in peso a 1100°C \t'iene
localizzata in corrispondenza del punto A nella Figura 9.2a; poiché si trova all'interno della
regione a, è presente solo la fase a. D'altra pane, una lega 35% Ni - 65% Cu in peso a
1250°C (punto B) è formata dalle fasi a e liquido in equilibrio.

Detenninazirme della composizione delle fasi


La prima fase della determinazione della composizione delle fasi (in termini di concentra-
zioni dei componenti) è localizzare il punto temperatura-composizione sul diagramma di
fase. Vengono usati diversi metodi per le regioni ad una o a due fasi. Se è presente solo una
fase, la procedura è banale: la composizione di questa fase è semplicemente la stessa della
composizione globale della lega. Per esempio, si consideri la lega 60% Ni - 40% Cu in peso
a 11OD°C(punto A, Figura 9.2a). A questa temperatura e composizione è presente solo la fase
a, con una composizione di 60% Ni e 40% Cu in peso.
Per una lega che ha una composizione e temperatura localizzata in una regione bifasica,
la situazione è più complicata. In tutte le regioni bifasichc (e solo nelle regioni bifasiche) si
possono immaginare una serie di linee orizzontali, una per ogni Lemperatura; ciascuna di que-
ste è conosciuta come una linea corrispondente o talvolta come una isoterma. Queste linee
corrispondenti si estendono attraverso la regione bifasica e terminano alle curve di confine su
entrambi i lati. Per calcolare la concentrazione all'equilibrio delle due fasi si usa la seguente
procedura:

1. Viene tracciata una linea corrispondente attraverso la regione bifasica alla temperatu-
ra della lega.
2. Vengono annotate le intersezioni della linea corrispondente ai bordi delle fasi su
entrambi i lati.
3. Vengono tracciate le perpendicolari a queste intersezioni sull'asse orizzontale della
composizione, su cui viene letta la composizione relativa a ciascuna delle rispettive
fasi.

Per esempio, si consideri ancora la lega 35% Ni - 65% Cu in peso a I 250°C, individuata
dal punto B nella Figura 9.2h e all'interno della regione a+ L . Il problema è di determinare
la composizione (in% in peso di Ni o di Cu) per entrambe le fasi. a e L. Sono state traccia-
le le linee corrispondenti attraverso la regione a+ L, come riportato nella Figura 9.2b. La
perpendicolare dal punto di intersezione della curva corrispondente con la curva di confine
del liquido incontra l'asse delle composizioni al 31.5% di Ni - 68.5% di Cu in peso, che cor-
risponde alla composizione della fase liquida, CL. Nello stesso modo, per intersezione della
linea corrispondente con la curva di solidus, si trova la composizione Cadella soluzione soli-
da a, pari al 42.5% di Ni - 57.5% di Cu in peso.

Determinn:zione della qutlntità delle fasi


Con i diagrammi di stato si possono anche· calcolare le quantità relative delle fasi presenti
all'equilibrio (come frazione o in percentuale). Di nuovo, si deve trattare separatamente la
situazione di fase singola o di due fasi. La soluzione è ovvia per la regione monofasica. Dal
momento che è presente una sola fase, la lega è formata interamente da questa fase e quindi
la frazione di fase è pari ad I .Oo, in alternativa, la percentuale è del 100%. Per l'esempio pre-
cedente, della lega con 60% Ni - 40% Cu, a l l00°C (punto A in Figura 9.2a), è presente solo
la fase a; quindi la lega è al l 00% a.
9.6 Sistemi binari Ì!!omorfi • 249

Se la composizione ad una certa temperatura cade entro una regione bifasica, le cose si
complicano. Si deve utilizzare la linea corrispondente con una procedura che è spesso deno-
minata la regola della leva (o la reiola della leva inversa), che viene applicata nel modo
seguente:

1. Alla temperatura a cui si trova la lega si traccia la linea corrispondente attraverso la


regione bifasica.
2. La composizione globale della lega si trova sulla linea corrispondente.
3. La frazione di una fase viene calcolata prendendo la lunghezza della linea corrispon-
dente dal punto di composizione globale della lega alla curva limite di fase dell'altra
fase e dividendo per la lunghezza totale della linea corrispondente.
4, La frazione dell'altra fase viene determinata nello stesso modo.
5. Se si desidera la percentuale di fase, ciascuna frazione di fase viene moltiplicata per
100. Quando l'asse della composizione viene espressa in percentuale in peso, le fra-
zioni di fase calcolate con la regola della leva sono frazioni di massa - la massa (o
peso) di una specifica fase divisa per la massa (o peso) totale della lega. La massa di
ciascuna fase viene calcolata dal prodotto di ciascuna frazione di fase per la massa
totale della lega.

Nell'impiego della regola della leva, le lunghezze dei segmenti delle linee corrisponden-
ti possono essere determinati sia per misura diretta sul diagramma di fase usando una scala
lineare, preferibilmente graduata in millimetri, sia per sottrazione di composizioni così come
si rilevano sull'asse della composizione.
Si consideri ancora l'esempio rappresentato nella Figura 9.2h, in cui a 1250°C per una
lega con il 35% di Ni e 65% di Cu in peso sono presenti entrambe le fasi a e L. Il problema
è calcolare la frazione di ciascuna delle due fasi a e L. La linea corrispondente è la stessa di
quella che è stata tracciata per la determinazione della composizione delle fasi a e L. Si indi-
vidui lungo tale linea corrispondente il punto della composizione globale della lega chia-
mandolo C0 e indicando le frazioni di massa con W 1 e W,, per le rispettive fasi. In base alla
regola della leva, W1 può venire calcolato secondo la relazione:

·'w··.·~......§.___
..
. L ~R +s (9.la)

o, per sottrazione di composizioni,

(9.1 b)

Per una lega binaria si deve specificare la composizione con un solo costituente; per il calco-
lo di cui sopra si può usare il percento in peso del nichel (cioè, Cc= 35% Ni, C"= 42.5% Ni,
e CL= 31.5% Ni), e quindi:

WL = 42.5 - 35 = 0.68
42.5 - 31.5
2 50 • Capitolo 9 / Di~ramnù di fase

In modo analogo, per la fase a,


. R .
W~=R+S (9.2a)

(9.2b)

= 35 - 31.5 = 0.32
42.5 - 31.5

Naturalmente si ottiene un risultato identico se le composizioni vengono espresse in percen-


tuale in peso del rame anziché di nichel.
In questo modo la regola della leva può venire utilizzata per determinare le quantità rela-
tive o le frazioni delle diverse fasi in ogni regione bifasica per una lega binaria, conoscendo
la temperatura e la composizione e se ci si trova in equilibrio. La sua derivazione viene pre-
sentata come esempio di problema.

È facile confondere le precedenti procedure per la determinazione della composizione


delle fasi e della quantità relativa; per cui si giustifica un breve sommario. La composizione
delle fasi viene espressa in termini di percentuale in peso dei componenti (es. % Cu, % Ni).
Per ogni lega formata da una sola fase, la composizione della fase è uguale alla composizio-
ne totale della lega. Se sono presenti due fasi, si deve utilizzare la linea corrispondente, le cui
estremità individuano la composizione delle rispettive fasi. Per quanto riguarda le quantità
frazionarie dellefasi (es. la frazione di massa di a o della fase liquida). quando ci si trova con
una sola fase, la lega è completamente formata da quella fase. Per una h:ga con due fasi pre-
senti, si deve utilizzare la regola della leva, in cui viene preso il rapporto fra le lunghezze dei
segmenti sulla linea conispondente.

ESE.\lPIO DI PllOBLE\tA 9.1

Derivare la regola della leva.

Sot.('ZIOSF,
Si consideri il diagramma di fase rame - nichel (Figura 9.2b) e la lega di composizione C0 a
1250°C, ponendo che C", C0 W" e WLrappresentino gli stessi parametri di cui sopra. Questa
derivazione è ottenuta mediante due espressioni di conservazione di massa. Con la prima, sic-
come sono presentì solo due fasi, la somma delle loro frazioni di massa deve essere pari all'u-
nità, e quindi,
(9.3)

Con la seconda, la massa di uno dei componenti (sia Cu o Ni), presente in entrambe le fasi,
deve essere uguale alla massa di quel componente nella lega, e quindi,

(9.4)

La soluzione simultanea di queste due equazioni porta all'espressione della regola della
leva per questa particolare situazione, le Equazioni 9. lb e 9.2b:
W - Cu- Cn
L- Ca- CL (9.lb)

(9.2b)
9.6 Sistemi binari isomorfi • 251

Per le leghe multifasiche è spesso più conveniente specificare le quantità relative delle
fasi come frazione volumetrica piuttosto che di massa. Le frazioni volumetriche sono prefe-
rite perché (al contrario delle frazioni di massa) possono venire determinate dall'esame della
microstruttura; inoltre le proprietà di una lega multifasica possono venire stimate sulla base
delle frazioni volumetriche.
Per una lega formata dalle fasi a e fi, la frazione volumetrica della fase a. V", è definita
da:

(9.5)

dove v"e vfl stanno ad indicare i volumi delle rispettive fasi nella lega. Naturalmente, esiste una
espressione analoga per V.a e, per una lega formata solo da due fasi, si ha che V,.+ VfJ= 1.
Può essere necessario convertire la frazione di volume in frazione di massa (o viceversa).
Le equazioni che facilitano tale conversione sono le seguenti:

wa
V= Pa (9.6a)
a . W W~
_i!+___,,_
Pa PFJ

~
VfJ - _,.,,...Pc...
8"-=,.,.._ (9.6b)
wa+ w/1
Pa P/J
e

(9.7a)

(9.7b)

In queste espressioni, P~e p/l sono le densità delle rispettive fasi; queste possono essere
determinate approssimativamente usando le Equazioni 4. 10a e 4.10b.
Quando le densità delle fasi nelle leghe bifasiche differiscono in modo significativo, vi
sarà abbastanza disparità fra le frazioni di massa e le frazioni di volume; per contro, se le den-
sità delle fasi sono simili, le frazioni di massa e quelle di volume sono identiche.

EVOLUZIONE DELLA l\UCROSTRUTTURA r-.ELLE LEGHE ISOJIORFE -


RAFFREDDAME~TO DI EQlJILIBRIO

A questo punto è istruttivo esaminare l'evoluzione della microstruttura che compare nelle
leghe isomorfe durante la solidificazione. Tratteremo anzitutto la situazione in cui il raffred-
damento è molto lento, per cui viene costantemente assicurato l'equilibrio di fase.
Prendiamo in considerazione il sistema rame-nichel (Figura 9.2a), in particolare una lega
di composizione 35% in peso di Ni e 65% di Cu, così come viene raffreddata a partire da
1300°C. La regione del diagramma di fase Cu-Ni nella vicinanza di questa composizione è
rappresentata nella Figura ?-3._IlraffreddamenLUdi una lega della composizione di cui sopra
L
L
(35 N1)

30 40 50
Composizione(% peso Ni)

spostare verso il basso la linea verticale tratteggiata. A 1300


nte liquida (di composizione 35% in peso di Ni e 65% di (
·esentata dal circolo inserito nella figura. Ali 'inizio del rafl
variazioni microstrutturali o di composizione fino a che r
,us (punto b, - l 260°C). A questo punto si comincia a formar
nposizione individuata dalla linea corrispondente tracciata a
li Ni e 54% di Cu, segnato come a (46Ni) ]; la composizione,
in peso di N i e 65% di Cu [L(35 Ni) I, che è diversa da quella<
ffreddamento, cambiano sia le composizioni che le quantit.
)mposizioni del liquido e della fase a seguono, rispettivam
idus. Inoltre la frazione della fase a aumenta col raffreddarr
complessiva della lega (35% in peso di Ni e 65% di Cu) ri
damento, anche se si verifica una ridistribuzione di rame ed
punto e nella Figura 9.3, le composizioni del liquido e della
1aNi - 68% Cu IL(32Ni)] e 43% Ni - 57% Cu [a(43Ni)].
) di solidificazione è virtualmente completo a circa 1220°(
,alido aè ali 'incirca 35% Ni- 65% Cu (composizione glob:
.iquido rimasto è 24% di Ni - 76% Cu. Una volta raggiunta
tsto solidifica; il prodotto finale è quindi formato da una so
.a fase a che ha una composizione omogenea pari a 35% J\
Un ulteriore raffreddamento non produce alcuna alterazio1
9.6 Sistemi binari isomorfi • 253

EVOLl~ZJO!\"E DELLA l\IICROSTlWTTllRA -


RAFFREDDAME!\"TO DI NOl\ EQULIJUUO

La solidificazione in condizioni di equilibrio e la formazione della microstruttura, così come


descritto nella sezione precedente, vengono ottenute solo per velocità di raffreddamento
estremamente basse. La ragione di questa situazione è che al variare della temperatura si
devono realizzare riaggiustamenti della composizione della fase liquida e della fase solida in
accordo col diagramma di fase (cioè secondo le curve di liquidus e di solidus), come già
visto. Questi riaggiustamenti sono accompagnati da processi di diffusione, che avvengono sia
nelle fasi liquida e solida, sia attraverso l'interfaccia liquido-solido. Essendo la diffusione un
fenomeno tempo dipendente (vedi Sezione 5.3), ne consegue che, per mantenere l'equilibrio
durante il raffreddamento, vi deve essere un tempo sufficiente per consentire che ad ogni
temperatura si realizzi il riaggiustamento della composizione appropriato. Le velocità di dif-
fusione (e quindi i valori dei coefficienti di diffusione) sono particolarmente basse, special-
mente per le fasi solide e, sia per la fase liquida che per quella solida, diminuiscono con la
temperatura. Praticamente in tutte le situazioni di solidificazione reale, la velocità di raffred-
damento è troppo rapida per consentire i riaggiustamenti della composizione e mantenere
così l'equilibrio; di conseguenza l'evoluzione della microstruttura è diversa da quella prece-
dentemente descritta.
Vengono ora illustrate alcune delle conseguenze della solidificazione di non equilibrio
per le leghe isomorfe, prendendo in considerazione la lega 35% in peso di Ni e 65% di Cu, la
stessa composizione che è stata considerata nella precedente sezione per descrivere il raf-
freddamento di equilibrio. Nella Figura 9.4 viene rappresentata la parte del diagramma di
fase prossima a questa composizione; sono inoltre state evidenziate con inserti circolari le
microstrutture e le composizioni delle fasi ad esse associate che compaiono allt: varie tempe-
rature nel corso del raffreddamento. Nell'intento di semplificare questa discussione si assu-
me che le velocità di diffusione in fase liquida sono sufficientemente rapide in modo che nel
liquido venga mantenuto l'equilibrio.
Iniziamo il raffreddamento dalla temperatura di circa I 300°C; questo viene indicato dal
punto a' nella regione del liquido. Questo liquido ha una composizione di 35% in peso di Ni
e 65% di Cu [evidenziato come L(35 Ni) nella figura], e non si verificano cambiamenti nel
corso del raffreddamento nella regione del liquido (muovendosi in verticale verso il basso dal
punto a'). Al punto b' (a circa l 260°C) si inizia a formare la fase a che, in base alla linea cor-
rispondente tracciata per questa temperatura, ha la composizione di 46% in peso di Ni e 54%
di Cu [a(46 Ni)].
Per ulteriore raffreddamento fino al punto e' (a circa l 240°C) la composizione del liqui-
do si è spostata al 29% Ni -71 % Cu; inoltre, a questa temperatura la composizione della fase
a che è solidificata è 40% Ni-60% Cu [a(40 Ni)]. Tuttavia, poiché la diffusione nella fase
solida a è relativamente bassa, la fase a che si è formata al punto h' non ha cambiato la com-
posizione in modo apprezzabile - ovvero, si trova ancora a circa il 46% di Ni - e la compo-
sizione dei grani di a varia con continuità in modo radiale, a partire dal 46% di Ni al centro
del grano fino al 40% di Ni al perimetro più esterno del grano. In tal modo, al punto e', la
composizione media dei grani di solido a che si sono formati viene espressa dalla composi-
zione media pesata in volume per ogni grano, oscillando fra il 46 ed il 40% di Ni; per.com-
pletare il discorso, poniamo questa composizione media al 42% Ni - 58% Cu [a(42 Ni)J.
[noltre, in base alla regola della leva, troviamo che, per queste condizioni di non equilibrio,
la quantità di liquido presente è maggiore rispetto a quella che si troverebbe in condizioni di
equilibrio. L'implicazione dì questi fenomeni di solidificazione di non equilibrio è che la
curva di solidus sul diagramma di fase risulta scivolata verso contenuti di Ni più elevati - per
le composizioni medie della fase a (cioè 42% Ni a l240°C)- ed è rappresentata dalla curva
tratteggiata nella Figura 9.4. La curva di liquidus non presenta una analoga alterazione in
fase

a'•
,fj
a

20 30 40 50 6(
Composizione(% in peso Ni)

,sunto che l'equilibrio nella fase liquida viene mantenuto dur,


le velocità di diffusione sono sufficientemente rapide.
i' (- l 220°C) e per velocità di raffreddamento di equilibrio, I
:re completa. Tuttavia, per questa situazione di non equilibrio, e
frazione di liquido residuo e la fase a che si sta formando ha ui
(35 Ni)); inoltre la composizione media della fase a in questo

icazione di non equilibrio si completa finalmente al punto e


: dell'ultima fase a che solidifica a questo punto è circa 31 %
!ella fase a a solidificazione completa è 35% Ni. Il cerchietto
1 punto f' rappresenta la microstruttura del materiale complet,
i scostamento della curva di solidus di non equilibrio da qw
velocità di raffreddamento. Più lenta è la velocità di raffredd
:tamento - ovvero, è più bassa la differenza fra la composizio
uella media del solido. Inoltre, se aumenta la velocità di diffu
scostamento.
[cune importanti conseguenze per le leghe isomorfe che solid
equilibrio. Come in precedenza illustrato, la distribuzione e
1 _granonon è uniforme, un fenomeno chiamato sef(reJ;?aziom
9. 7 Sistemi eutettici binari • 255

cioè gradienti di concentrazione attraverso i grani, rappresentati negli inserti della Figura 9.4.
Il centro di ciascun grano, che è la prima parte a solidificare, è ricca nell'elemento più
alto fondente (il nichel nel sistema Cu-Ni), mentre la concentrazione dell'elemento bas-
sofondente cresce mano a mano che ci si allontana da questa posizione verso il bordo del
grano. Questa viene chiamata struttura a cuore e può essere osservata nella foto a colori D,
micrografia di un getto di bronzo; la variazione della composizione attraverso il grano viene
evidenziata dalle variazioni della tonalità di colore. Le proprietà di una struttura a cuore sono
inferiori a quelle ottimali; non appena un getto con una struttura a cuore viene nuovamente
riscaldato, le regioni al bordo del grano fondono prima in quanto sono più ricche nel compo-
nente bassofondente. Questo produce una perdita immediata dell'integrità meccanica a causa
del sottile film liquido che separa i grani. Inoltre questa fusione può iniziare ad una tempera-
tura inferiore a quella del solidus di equilibrio della lega. La struttura a cuore può venire eli-
minata con un trattamento termico di omogeneizzazione condotto ad una temperatura infe-
riore al punto di solidus in relazione alla specifica composizione della lega. Durante questo
processo si verifica la diffusione degli atomi, che porta a grani di composizione omogenea.

PROPRIET,~ MEf:CANICIIE DELLE LEGHE ISOMORFE

Esploriamo ora brevemente in che modo le proprietà meccaniche delle leghe isomorfe nello
stato solido vengano influenzate dalla composizione mantenendo costanti le altre variabili
strutturali (es. la dimensione del grano). Per tutte le temperature e le composizioni inferiori
alla temperatura di fusione del componente più bassofondente, esiste solo una singola fase so-
lida. Quindi, ciascun componente andrà a rafforzare la soluzione solida (Sezione 7 .9) od avrà
un aumento della resistenza e della durezza per aggiunta dell'altro componente. Questo effetto
viene mostrato nella Figura 9.5a come resistenza a trazione in funzione della composizione
per il sistema rame-nichel a temperatura ambiente; alle composizioni intermedie, la curva
passa necessariamente per un massimo. Nella Figura 9.5b viene riportato il comportamento
duttilità (A%) - composizione, che è esattamente l'opposto della resistenza a trazione; infatti
la duttilità diminuisce per aggiunta del secondo componente e la curva presenta un minimo.

9. 7 SISTE.\ll ELTETTin BINARI

Un altro tipo comune e relativamente semplice di diagrammi di fase per le leghe binarie è
riportato nella Figura 9.6 per il sistema rame-argento; questo è conosciuto come un dia-
gramma di fase binario eutettico. Di questo diagramma sono importanti un certo numero di
caratteristiche e meritano di essere poste in evidenza. Innanzitutto, nel diagramma si trovano

60


:,__ 400
E
E
6.., o
U"l
50
e: :::,
.Q V,

N -;/2_
_g !è.-
40
B
"" 300 e:
""
N
e:
li.I
E
li.I
-:;; "
te
30
-~ e:
-=
"" <
200...._.....__.__.__...,___.___..__...,___.___.__,
20
o 20 40 60 80 100 o 20 40 60 80 100
{Cu)
Composizione(% in peso Ni) (Nil (Cu) Composizione(% in peso Ni) (Ni)
(a) (b)

F1cnu 9.5 Sistema rame-nichel. (a) Resistenza a trazione in funzione della composizione e (b)
duttilità (A%) in funzione della composizione a temperatura ambiente. Per questo sistema vi è
soluzione solida a tutte le composizioni.
256 • Capitolo 9 / Diagrammi di fase

Composizione(% dlomico Ag)


o 20 40 60 80 100
1200

1000

a+ L

800 " 779°C (TE)


2 B
~
:,
2:,
::,_
E
~ 600

Solvus
a + (3
\
400
e
H

2000 20 40 60 80 100

(Cu) Composizione(% in peso Ag) (Ag)

t'1u Il-\ 9.6 Diagramma di fase rame-argento. (Da Binary Al/oy Phase Diagrams, 2nd edition,
Vol.1, T.B. Massalski, Editor-in-Chief, 1990. Ristampa autorizzata da ASM International,
Materials Park, OH.)

tre regioni monofasiche: a, f3 e liquido. La fase a è una soluzione solida ricca in rame; ha
l'argento come componente soluto ed una struttura cristallina cfc. Anche la soluzione solida
/3ha una struttura cfc, ma il soluto è il rame. Tecnicamente, il rame puro e l'argento puro ven-
gono considerati, rispettivamente, come fasi a e /3.


Pertanto, la solubilità in ciascuna di queste fasi solide è limitata, per cui ad ogni temperatura
interiore alla retta BEG solo una limitata concentrazione di argento si discioglie nel rame (pe:r la
fase a) ed analogamente per il rame nel! 'argento (per la fase /3).ll limite di solubilità per la fase
a conisponde alla curva di confine, designata CBA, tra le regioni a I (a + /3) e
a/(a+ L); questo aumenta con la temperatura fino ad un massimo [8.0% in pesodiAg a 779°C]
al punto Be diminuisce fino a zero alla temperatura di fusione del rame puro. punto A [1085°C].
Per temperature inferiori a 779°C, la curva limite di solubilità del solido che separa le regioni
delle fasi a e a + f3viene chiamata curva di solvus; il confine AB tra i campi a e
a+ L è la curva di solidus, come indicato nella Figura 9.6. Per la fase f3esistono entrambe le
curve di solvus e di solidus, HG e GF, rispettivamente, come illustrato. Anche la massima solu-
bilità del rame nella fase (3,punto G (8.8% in peso Cu), si verifica a 779°C. Il segmento orizzon-
tale BEG. che è parallelo ali' asse della composizione e si estende tra queste posizioni di massima
solubilità, può essere anche considerato una curva di solidus; esso rappresenta per ogni lega in
equilibrio del sistema rame-argento la temperatura più bassa a cui può esistere la fase liquida.
Vi sono anche tre regioni bifasiche nel sistema rame-argento (Figura 9 .6 ): a+ L , f3+ L e
a+ (3.Le soluzioni solide delle fasi a e f3coesistono per tutte le composizioni e temperature
entro il campo di fasi a+ {3;anche le fasi a+ liquido e f3+ liquido coesistono nelle rispettive
regioni di fase. Inoltre, le composizioni e le quantità relative delle fasi possono venire deter-
9. 7 Si;itenri eulcttici binari • 25 7

minate usando le linee corrispondenti e la regola della leva, come evidenziato nella sezione
precedente.
Mano a mano che l'argento viene aggiunto al rame diminuisce lungo la curva di liquidus,
curva AE, la temperatura a cui la lega diventa completamente liquida; in tal modo la tempera-
tura di fusione del rame viene abbassata per aggiunta di argento. Lo stesso vale per l'argento:
l'introduzione di rame riduce la temperatura di fusione completa seguendo l'altra curva di li-
quidus, FE. Queste curve di liquidus si incontrano al punto E sul diagramma di fase, attraverso
cui passa anche la retta isoterma orizzontale BEG. Il punto E viene definito un punto inva-
riante e viene individuato dalla composizione CE e dalla temperatura TE; per il sistema
rame-argento, i valori di CEe di TEsono, rispettivamente, 71.9% in peso Ag e 779°C.
Per una lega di composizione CE si verifica nel corso del raffreddamento una reazione
importante quando si raggiunge la temperatura T~; questa reazione può essere scritta nel
modo seguente:

raffreddamento
(9.8)
riscaldamento

In sostanza, per raffreddamento, alla temperatura T, una fase liquida viene trasformata in due
fasi solide a e /3;per riscaldamento si verifica la reazione opposta. Questa è chiamata rea-
zione eutettica (eutettico significa di facile fusione) e CEe T, rappresentano, rispettivamen-
te, la composizione e la temperatura; C,iEe CffEsono rispettivamente le composizioni delle
fasi a e f3 a TF..Allora, per il sistema rame-argento, la reazione eutettica, Equazione 9.8, può
essere scritta nel modo seguente:

raffreddamento
L(71.9% in peso Ag) = a (8.0% Ag) + f3 (91.2% Ag)
riscaldamento

Di solito il segmento orizzontale del solidus TEviene chiamato isoterma eutettica.


La reazione eutettica, al raffreddamento, è simile a quella della solidificazione per i com-
ponenti puri, in cui la reazione procede, fino alla solidificazione completa, a temperatura
costante, o isotermicamente, a TE.Tuttavia, il solido prodotto dalla solidificazione eutettica è
sempre costituito da due fasi, mentre nel caso di un componente puro si forma una sola fase.
A causa di questa reazione eutettica, i diagrammi del tipo di quello della Figura 9.6 vengono
chiamati diagrammi di fase eutettici; i componente che presentano questo comportamento
fanno parte di un sistema eutettico.
Nella costruzione dei diagrammi di fase binari, è importante sapere che entro un campo
di fase possono essere in equilibrio uno o al massimo due fasi. Questo è vero per i diagram-
mi di fase nelle Figure 9.2a e 9.6. Per un sistema eutettico possono essere in equilibrio tre fasi
(a, f3 e L), ma solo nei punti lungo l'isoterma eutettica. Un'altra regola generale è che le
regioni monofasiche sono sempre separate da una regione bifasica, comprendente le due fasi
che separa. Per esempio, nella Figura 9.6 il campo a + f3è situato fra le regioni monofasiche
di a e di ,6.
Un altro sistema eutettico molto comune è quello formato da piombo e stagno; il dia-
gramma di fase (Figura 9.7) ha un aspetto generale simile a quello rame-argento. Per il siste-
ma piombo-stagno le soluzioni solide sono sempre designate a e /3;in questo caso a rap-
presenta una soluzione solida di stagno in piombo, mentre nel caso di f3 lo stagno è il sol-
vente ed il piombo è il soluto. Il punto eutettico invariante è situato al 61.9% in peso di Sn e
183°C. Naturalmente, le composizioni inerenti la solubilità massima nel solido e le tempera-
ture di fusione dei componenti sono, per i due sistemi rame-argento e piombo-stagno, diffe-
renti, come si può osservare confrontando i rispettivi diagrammi di fase.
258 Capitolo 9 I Diagrammi di fase

Composizione(% atomico Sn)


o 20 40 60 80 1(

300

2r: 200
:::,

~
o,
Q.
E
~

100

00 20 40 60 80 1(

(Pb) Composizione (% in peso Sn) (S

F1u RA 9. 7 Diagramma di fase piombo-stagno. (Da Binary Alloy Phase Diagrams, :


tion, Vol.3, T.B.Massalski, Editor-in-Chief, 1990. Ristampa autorizzata da ASM lnterr
Materials Park, OH.)

A questo proposito, leghe a bassa temperatura di fusione vengono preparate con ,


sizioni vicine a quella eutettica. Un esempio familiare è la lega per saldare 60-40, co
te 60% in peso di Sn e 40% di Pb. Dalla Figura 9.7 si osserva che una lega di questa,
sizione è completamente fusa a circa l 85°C, che rende questo materiale particolarmer
ressante come lega saldante a bassa temperatura, in quanto fonde facilmente.

EsE:UPIO BI PKOBLE\l\ 9.2

Per una lega 40% in peso Sn--60% Pb a 150°C dire: (a) Quale(i) fase(i) è (sono) pres
(b) Qual è (quali sono) la sua (le loro) composizione(i)?

SOI./UO.\E
(a) Si individua il punto composizione-temperatura sul diagramma di fase (punto
Figura 9.8). Trovandosi all'interno della regione a+ /3,coesistono entrambe le fasi a
(b) Essendo presenti insieme, è necessario tracciare una linea corrispondente a 150°
verso il campo di fase a+ /3,come indicato nella Figura 9.8. La composizione dell:
viene data dall'intersezione della linea corrispondente con la curva di solvus a I (a -
delimita la regione a - circa 10% in peso Sn-90% Pb, indicata come Ca· Si procede i
analogo per la fase /3.che ha la composizione approssimativa di 98% in peso Sn e 2%
9. 7 Sistemi eutettiei binari • 259

300

2[:
200
;;;i

"aic.
E
~

100

0----t---------t---~-~-~
o 20 60
......
-~-~-~
80 100
(Pb) (Sn)
C1
Composizione(% in peso Sn)

FIGIR\ 9.8 Diagramma di fase piombo-stagno. Per una lega 40% in peso Sn-60% Pb a
150°C (punto B), sono state calcolate nei Problemi 9.2 e 9.3 la composizione delle fasi e le
loro quantità relative.

c:\1l'IO 1H l'ROBEUU 9.3

Per la lega dell'Esempio di problema 9.2, calcolare le quantità relative di ciascuna fase in ter-
mini di (a) frazione di massa e (b) frazione di volume. A 150°C le densità del Pb e dello Sn
sono, rispettivamente, 11.23 e 7.24 Mg/m3.

.SOUZIO:'\J;
(a) Dato che la lega è formata da due fasi è necessario ricorrere alla regola della leva. Se C 1
indica la composizione complessiva della lega, le frazioni di massa si possono calcolare per
sottrazione di composizioni, in termini di percento in peso di stagno, nel modo seguente:

98- 40
98- 10 = 0.66

C 1 -C" 40- IO
W~= C~-C 0 = 98-10 =0. 34
(b) Per calcolare le frazioni di volume è necessario dapprima determinare la densità dì cia-
scuna fase usando l'Equazione 4. !0a. Quindi:

100
Pa= -------
Csn(cx) + CPb(cx)

Psn PPb

dove C snr,,, e C Pòrai indicano, rispettivamente, la concentrazione in percento in peso di stagno


e di piombo nella fase a . Dall'Esempio di problema 9.2, questi valori sono 10% e 90%.
Inserendo questi valori nel calcolo della densità dei componenti si ottiene:
260 • Capitolo 9 / Diagrammi di fase

100
Pa= --------- = 10.64 Mg/ m3
10 90
7.24 Mg/ m 3+ 11.23 Mg/ m3

Analogamente per la fase f3


100
Pf3=
Csn(/:ll t- CPh(ll)
Psn PPb
100
--------- = 7.29 Mg/m 3
98 2
----+-----
7.24 Mg/m 3 ll.23Mg/m 3

Si devono ora utilizzare le Equazioni 9.6a e 9.6b per determinare V" e V/l come
Wa

0.66
___ _M_g_/
1_0._6_4 m_3
__ = O.S?
0.66 .J_ 0.34
10.64 Mg/m 3 7.29 Mg/m 3

0.34
___ 3__
7._2_9_M~g'-/_m_ = 0.43
0.66 + 0.34
10.64Mg/m 3 7.29 Mg/m 3

F.VOU 1ZIONE UEJ.LA 3-HCROSTRUTTURA


l\ELU: LEGHF. ELTETTICHE

Le leghe appartenenti ai sistemi eutettici binari possono assumere con un lento raffredda-
mento tipi di microstruttura differenti, variabili con la composizione. Vediamo queste possi-
bilità nel diagramma di fase piombo-stagno. Figura 9.7.
Il primo caso considerato è quello che si verifica per composizioni che vanno dal compo-
nente puro alla massima solubilità del solido per questo componente alla temperatura
ambiente (20°C). Nel sistema piombo-stagno, questa situazione corrisponde alle leghe ric-
che in piombo contenenti tra Oe circa il 2% in peso di Sn (per la soluzione solida a) ed anche
per quelle ricche in stagno contenenti tra circa 99% in peso di Sn e lo stagno puro (per la fase
/3). Per esempio, si consideri una lega di composizione C 1 (Figura 9.9), raffreddata lentamen-
te a partire da 350°C, temperatura che si trova all'interno della regione del liquido; questo
corrisponde a muoversi lungo la linea verticale tratteggiata ww'. La lega rimane completa-
mente liquida e di composizione C 1 fino a che si interseca la curva di liquidus a circa 330°C,
9. 7 Sistemi eutettici binari • 2 61

FH;t Il.\ 9. t) Rap-


presentazione sche-
matica delle micro-
strutture di equili-
brio, assunte nel
corso del raffredda-
mento a partire dal
300 liquido, dalla lega
piombo-stagno di
composizione C 1•

t2
~ 200
1s.
E
~

100


o~- 10 20 30
Composizione (% in pt'su Sn)

a cui si inizia a formare la fase solida a. Durante il passaggio attraverso questa stretta regio-
ne di a + L , la solidificazione procede nello stesso modo descritto nella precedente sezione
per la lega rame-nichel; cioè, al procedere del raffreddamento aumenta la formazione della
fase solida a. Naturalmente, la composizione della fase liquida è diversa da quella del solido
in quanto si seguono le rispettive curve di liquidus e di solidus. La solidificazione è comple-
ta quando la linea ww' interseca la curva di solidus. La lega che risulta è policristallina con
composizione uniforme pari a C,, e non si verificano ulteriori variazioni raffreddando fino a
temperatura ambiente. Questa microstruttura viene rappresentata schematicamente nel cer-
chio corrispondente al punto e nella Figura 9.9.
Il secondo caso considerato è quello che si verifica per composizioni che vanno dalla
solubilità limite del solido alla temperatura ambiente a quella massima alla temperatura
eutettica. Nel sistema piombo-stagno (Figura 9.7), queste composizioni vanno da circa il 2%
in peso di Sn al 18.3% (per le leghe ricche in piombo) e dal 97.8% in peso di Sn a circa 99%
di Sn (per le leghe ricche in stagno). Esaminiamo una lega di composizione C2 raffreddata
lungo la verticalexx'nella Figura 9.10. Le modificazioni che si verificano scendendo lungo
la linea verticale xx' fino all'intersezione con la curva di solvus, attraversando le regioni di
fase corrispondenti, sono del tutto simili a quelle viste nel caso precedente (come mostrato
nei cerchi corrispondenti ai punti d, e ed/). Appena al di sopra della intersezione della curva
di solvus, punto/, la microstruttura è formata da grani di a di composizione C2 • Supenmdo la
curva di solvus, si va oltre la solubilità del solido a, per cui si ha la formazione di piccole par-
ticelle di fase {3;queste vengono indicate nella microstruttura del cerchio corrispondente al
punto g. Al proseguire del raffreddamento, queste particelle aumentano di dimensione in
262 Capitolo 9 / Diagrammi di fase

FtGl H.\ 9. I O Rap-


presentazione schemati-
ca delle microstrutture
di equilibrio, assunte nel
corso del raffreddamen-
to a partire dal liquido,
300 dalla lega piombo-sta-
gno di composizione C2•

2
"'
:i 200
~
<LI
a.
E
~

100

o 10 20 30 40 50
t
C2
Composizione (% in peso Sn)

quanto al diminuire della temperatura aumenta progressivamente la frazione di massa della


fase /l
Il terzo caso è quello relativo alla solidificazione alla composizione eutettica, 6 (9% in
peso di Sn (C 3 nella Figura 9.11). Consideriamo una lega con questa composizione che venga
raffreddata a partire da una temperatura all'interno della regione del liquido (ad es. 250°C},
scendendo lungo la retta verticale yy' in Figura 9.11. Al diminuire della temperatura non si
verificano cambiamenti fino a che non si raggiunge la temperatura eutenica, 183°C. Non
appena si interseca l'isoterma eutettica, il liquido si trasforma nelle due fasi a e /3.Si può rap-
presentare questa trasformazione con la reazione
raffreddamento
l(61.9 % in peso Ag) a (18.3 % Sn) + (3(97.8 % Sn) (9.9)
riscaldamento
in cui le composizioni delle fasi a e f3 vengono date dai punti estremi dell'isoterma eutettica.
Nel corso di questa trasformazione vi deve essere necessariamente una ridistribuzione dei
componenti di piombo e di stagno, dal momento che le fasi a e /3hanno diversa composizio-
ne e nessuna ha la composizione del liquido (come indicato nell'Equazione 9.9). Questa ridi-
stribuzione viene realizzata mediante diffusione degli atomi, La microstruttura del solido che
risulta da questa trasformazione è formata da lamine alternate (talvolta chiamate lamelle)
delle fasi a e f3 che si formano simultaneamente durante la trasformazione. Questa micro-
struttura, rappresentata in modo schematico in Figura 9.11, punto i, viene chiamata struttu-
ra eutettica ed è caratteristica di questa reazione. Una micrografia di questa struttura per
9.7 Sistemi eutetlici binari • 263

l<)G{'.R\. 9.11
Rappresentazione
schematica delle
microstrutture di 300 y
I
equilibrio, assunte dalla
lega piombo-stagno di L
h
composizione eutettica
C,, al di sopra e al di
sotto della temperatura
o
"---200 a 183"C /3
~
eutettica. ::,
97.8
;;,;
ai
o.
E
~

100 a+ /3

a(18.3% /3(97.8%
in peso Sn) in peso Sn)

y
o
o 20 40 60 80 100
(Pb) C3 (Snl
(61.9)
Composizione(% in peso Sn)

l'eutettico piombo-stagno viene riportata in Figura 9.12. Il successivo raffreddamento della


lega da una temperatura appena inferiore a quella eutettica fino a quella ambiente porta a
modificazioni microstrutturali di scarso rilievo.
La variazione microstrutturale associata alla trasformazione eutettica viene rappresentata
in modo schematico nella Figura 9 .13; qui viene riportata la crescita a lamine a - /3che si rea-
lizza all'interno della fase liquida e, nel contempo, la rimpiazza. Il processo di ridistribuzio-
ne del piombo e dello stagno avviene per diffusione nel liquido in prossimità dell'interfaccia
liquido-eutettico. Le frecce indicano le direzioni della diffusione degli atomi di piombo e di
stagno; gli atomi di piombo diffondono verso le lamine della fase a essendo questa più ricca
in piombo (18.3% in peso Sn - 81.7% Pb); mentre la direzione di diffusione dello stagno è
opposta, in quanto avviene nella direzione delle lamine /3ricche in stagno (97.8% in peso Sn
- 2.2% Pb). Le strutture eutettiche si formano con questa alternanza di lamine poiché, per la
configurazione lamellare, la diffusione degli atomi di stagno e di piombo si può realizzare su
distanze relativamente brevi.

F1G11u 9.12 Microstruttura di una lega


piombo-stagno di composizione eutettica.
La microstruttura è formata da lamine
alternate di soluzione solida a , ricca in
piombo (lamine scure) e da una soluzione
solida f3 , ricca in stagno (lamine chiare).
375 x. (Riproduzione autorizzata da Meta/s
Handbook, Voi. 9, 9th edition,
Meta/lography and Microstructures,
American Society for Metals, Materials
Park, OH, 1985.)
264 • Capitolo 9 / Diagrammi di fa~c

F1Gl"RA9.13 Rappresentazione
schematica della formazione della
struttura eutettica per sistema piom-
bo-stagno. Le direzioni della diffu-
sione degli atomi di stag·no e di
piombo vengono indicate dalle frec-
ce colorata e nera, rispettivamente.

Direzione
di crescita
eutettica

TIquarto e conclusivo caso di microstruttura per questi si.5temi si verifica anche per le
composizioni diverse da quella eutettica ma che durante il raffreddamento comunque incon-
trano l'isoterma eutenica. Consideriamo, per esempio, la composizione C4 , Figura 9.14, che
si trova a sinistra dell'eutettico; al diminuire della temperatura ci si muove verso il basso
lungo la retta zz ', a partire dal punto j. L'evoluzione della microstrnttura tra i punti j ed I è del
lutto simile a quella del secondo caso discusso, cosicché appena prima di incontrare l'isoter-
ma eutettica (punto l) sono presenti le fasi a e liquido con composizioni approssimative del
18.3 e 61.9% in peso di Sn, rispettivamente, come determinato dalla linea corrispondente.
Non appena la temperatura si abbassa appena sotto l 'eutettica, la fase liquida, che si trova alla
composizione eutettica, si trasforma nella struttura eutettica (cioè a lamelle alternate di a e di
fi); la fase a, che si è formata durante il raffreddamento attraverso la regione a+ L. non subi-
sce variazioni significative. Questa microstruttura viene rappresentata in modo schematico
nel cerchio corrispondente al punto m in Figura 9.14. Pertanto, la fase a è presente sia nella
.~truttura eutettica, sia anche come fase a sé stante fonnata durante il raffreddamcntò attra-
verso il campo di fase a+ L. Per distinguere una fase a dall'altra, si definisce a eutettica
quella che si trova nella struttura eutettica ed a primaria quella che si è fonnata prima di
raggiungere l'isoterma eutettica; entrambe queste fasi sono indicate nella Figura 9.14. Nella
micrografia della Figura 9.15 viene mostrata, per una lega piombo-stagno, sia la a primaria
che la struttura eutettica.
Parlando di microstrutture, è spesso conveniente usare il tennine di microcostituente,
che ha il significato di un elemento della microstruttura che presenta struttura caratteristica e
ben identificabile. Per esempio, nel cerchio corrispondente al punto m, Figura 9 .14, vi sono
due microcostituenti, a primario e la struttura eutettica. Pertanto la struttura eutettica costi-
tuisce un microcosliLuenLeanche se è una miscela di due fasi, avendo una struttura a lamelle
ben distinte, con un rapporto fra le due fasi ben definito.
È possibile calcolare le quantità relative di entrambi i microcostituenti a primario ed
eutettico. Poiché il microcostituente eutettico si forma sempre da un liquido con composizio-
ne eutettica, si può assumere che questo microcostituente abbia la composizione di 61.9% in
peso di Sn. A questo punto, si applica la regola della leva sulla linea corrispondente, tra la
curva di confine a - ( a + /3)( 18.3% in peso cii Sn) e la composizione eutettica. Per esempio,
consideriamo la lega di composizione C' 4 in Figura 9.16. La frazione del microcostituente
eutettico W,. è la stessa della frazione di liquido W, da cui prende origine, quindi
9. 7 Sistemi eutettici binari • 26,'j

300
L

200
2 "
"'
2
"ai
c.
E
~ o prim,irir,
a +
(18.3% in pt·so Sn)
f3
100 ·-

~ {97.13% in rwso Sn)


u cutenico
118.3% in
pe,o Snl

o~--~------~---,,--~-~--~---~--~------~
o 20 60 80 100
(Pb) r, (Sn)
(40)

Composizione (% in peso Sn)

F1Gl H\ 9.1--1- Rappresentazione schematica delle microstrutture di equilibrio, assunte nel corso
del raffreddamento a partire dal liquido dalla lega piombo-stagno di composizione C4 •

FIGIR\ 9.15 Microstruttura di una lega


piombo-stagno di composizione 50% in
peso di Sn - 50% di Pb. La microstruttu-
ra è formata da una fase a primaria ricca
in piombo (aree grandi scure) all'interno
di una struttura cutcttica lamellare costi-
tuita da una fase f3ricca in stagno (lami-
ne chiare) e da una fase a ricca in piom-
bo (lamine scure). 400 x. (Riproduzione
autorizzata da Metals Handbook, Voi. 9,
9th edition, Metatlo,:raphy and Micro-
structures, Ameri.:an Society for Mctals,
Materials Park, OH, I 985.)
266 • Capitolo 9 / Diagramnù di fase

l'IGLR.-\ 9.16 Calcolo, sul dia-


gramma di fase piombo-sta-
300 gno, delle quantità relative dei
L microcostituenti a primario ed
eutettico per una lega' di com-
posizione C '4·
~ 200
e
:,
-:;;
.; Q
o.. I
E ·1
~ I
lOO l
I
I
I
I
I
I
o.____
(Pb>
-+---+--------;i-------- (Sn)
18.3 e\ 61.9 97.8
Composizione (% in peso Sn)

p
w.= WL= _P_+_Q_

e;- 18.3 _ c;-18.3 (9.10)


61.9 - 18.3 - 43.6

Inoltre, la frazione di a primario, W ,,.,è la frazione della fase a che esiste prima della tra-
sformazione eutettica; quindi, dalla Figura 9.16,

p
W.,,= P+Q

61.9-c; 61.9-c; (9.11)


61.9- 18.3 43.6

La frazione totale di a , W" (primario ed eutettico), ed anche quella di fJ,W/J' vengono


determinale con la regola della leva e con una linea corrispondente che si sviluppa intera-
mente entro la regione bifasica a + {3.Pertanto, per-la lega di composizione C; ,

w- . ...
Q+R ·-..
..· a-p+ Q+R

97.s-c; 97.s-c; (9.12)


97.8 - 18.3
=---~-
79.5
e

=
e; - 18.3 e:- 1s.3 (9.13)
97.8- 18.3 79.5
9.8 Diagramnù di equilibrio con fasi o composti intermedi • 267

Trasformazioni e microstrutture analoghe si hanno per leghe situate, per composizione, a


destra dell'eutettico (cioè tra 61.9 e 97.8% in peso di Sn). Tuttavia, al di sotto della tempera-
tura eutettica, la microstruttura è formata dai microcostituenti eutettico e /3primario in quan-
to, per raffreddamento a partire dal liquido, si attraversa il campo di fase /3+ liquido.
Se, come per il caso 4 (rappresentato nella Figura 9.14), durante il passaggio attraverso la
regione a (o fJ) + liquido non vengono mantenute le condizioni di equilibrio, si possono veri-
ficare sulla microstruttura, una volta superata l'isoterma eutettica, i seguenti effetti: (I) i
grani del costituente primario presentano segregazione a cuore, ovvero hanno disuniforme
distribuzione del soluto all'interno del grano andando dal centro al bordo e (2) la frazione del
microcostituente eutettico formato risulta, rispetto alla situazione di equilibrio, maggiore.

9.8 DIAGR.UDII DI EQULIBRIO CO~ FASI O CO)IPOSTI l;r\TERIUEDI

I diagrammi di fase isomorfi ed eutettici in precedenza discussi sono relativamente sempli-


ci, ma per molti sistemi binari ve ne sono di molto più complessi. l diagrammi di fase eutet-
tici rame-argento e piombo-stagno (Figure 9.6 e 9.7) hanno solo due fasi solide, a e /3;que-
ste vengono talvolta chiamate soluzioni solide terminali, perché hanno un intervallo di com-
posizione che si estende fino alle estremità del diagramma di fase. Per altri sistemi di leghe
si possono trovare soluzioni solide intermedie (o fasi intermedie) con composizioni diverse
dalle due estreme. È il caso del sistema rame-zinco. Il suo diagramma di fase (Figura 9.17)
può, ad un primo momento, apparire formidabile poiché vi sono punti invarianti e reazioni
simili ali 'eutettico che non sono stati discussi. Inoltre, vi sono sei differenti soluzioni solide
- due terminali (a ed 17)e quattro intermedie (/3,y, o ed e). (La fase /3'viene denominata
soluzione solida ordinata, in quanto gli atomi di rame e di zinco sono disposti all'interno di
ogni cella elementare secondo una distribuzione ordinata e specifica). Nella Figura 9.17 alcu-
ne curve che delimitano le regioni delle fasi, nella parte inferiore del diagramma, sono trat-
teggiate per indicare che la loro posizione non è stata determinata con esattezza. Il motivo è
che alle basse temperature, le velocità di diffusione sono molto lente per cui si richiedono
tempi enormemente lunghi per raggiungere l'equilibrio. Infine, si nota che sul diagramma si
trovano solo regioni monofasiche e bifasiche, ed inoltre valgono le stesse regole descritte
nella Sezione 9.6, per calcolare la composizione e le quantità relative delle fasi presenti. Gli
ottoni commerciali sono leghe rame-zinco; per esempio l'ottone per cartucce ha la composi-
zione di 70% in peso di Cu - 30% di Zn e la microstruttura è formata da una singola fase a.
Alcuni sistemi possono presentare sul diagramma di fase un certo numero di composti
intermedi anziché soluzioni solide, e questi composti hanno formule chimiche ben distinte;
per i sistemi metallo-metallo, vengono chiamati composti intermetallici. Consideriamo, ad
esempio, il sistema magnesio-piombo (Figura 9.18). Il composto Mg 2Pb ha una composizio-
ne di 19% in peso di Mg-81 % di Pb (33% atomico Pb) ed è rappresentato sul diagramma da
una linea verticale, invece che da una regione di fase di una determinata larghezza; quindi,
Mg 2Pb può esistere come tale solo a questa precisa composizione.
Per questo sistema magnesio-piombo si devono evidenziare diverse altre caratteristiche.
Anzitutto, il composto Mg 2Pb che fonde a circa 550°C, come indicato dal punto M nella
Figura 9.18. Inoltre, la solubilità del piombo nel magnesio è piuttosto estesa, come indicato
dal relativamente ampio spazio abbracciato dalla composizione per il campo della fase a.
Dall'altra parte, la solubilità del magnesio nel piombo è invece estremamente limitata.
Questo è evidente dallo spazio molto esiguo occupato dalla regione della soluzione solida
terminale /3sulla destra o sul lato ricco in piombo del diagramma. Infine, questo diagramma
di fase può essere pensato come due diagrammi eutettici semplici accostati lungo la compo-
sizione del composto, uno per il sistema Mg-Mg 2Pb, l'altro per il sistema Mg 2Pb-Pb; in tal
Composizione (% atomico Zn)

20 40 60 80 100

1000

800
o
~
~
3
f:!
Q.J
c.
E
~
600

400

200 ._____ ..,__


___ ___._
___ ___.__.......
__ .____ _.__..._
___ ..u...__ _,___._ ___ _._.__ _ _._ _ _.____ __.o=,
o 20 40 60 80 100
(Cul (Znl
Composizione(% in peso Zn)

FH:L 11\ 9. 17. Diagramma di fase rame-zinco. (Da Binar_\'Allo_vPhase Diagrams, 2nd edition, Voi. 2, T.B. Massalski,
Editor-in-Chief, 1990. Per concessione di ASM Intemational, Materials Park, OH.)
9. 9 Reazioni eulettoidi e peritettichc

Composizione(% atomico Pb)

o 5 10 20 30 40 70 1(

700 L

600

500

2 "
~ 400
::,

~
(.)
Q.
E
(.)
f-" 300

200

100 I
I
J

00 20 40 60 80 lC

(Mg) Composizione(% in peso Pb) (P

Fii :l Il\ 9. 18. Diagramma di fase magnesio-piombo. (Da Phase Diarvams of Binary Ma;
Alloys, A.A. Nayeb-Hashemi and J.B. Clark,, Editors, I 988. Ristampa autorizzata d
International, Materials Park, OH.)

modo il composto Mg 2Pb è in realtà considerato come un componente. Questo fui


mento dei diagrammi di fase complessi in unità componenti più piccole, li rende più :
ci e ne facilita l'interpretazione.

9.9 RK\ZIO:\I El TETTOHH E 1-'ERITETTICHE

In alcuni sistemi di leghe si trovano altri punti invarianti oltre agli eutettici, che implic
differenti fasi. Questo si verifica, ad esempio, nel sistema rame-zinco (Figura 9.17) a
e 74% in peso di Zn-26% di Cu. Nella Figura 9.19 appare ingrandita la porzione e
gramma di fase interessata. Per raffreddamento, la soluzione solida osi trasforma in d1
fasi solide (y ed e) secondo la reazione

raffreddamento
y +E
riscaldamento

Per riscaldamento si verifica la reazione inversa. Questa reazione viene chiamata re


eutettoide (o pseudoeutettica) ed il punto invariante (punto E, Figura 9.19) e la line:
270 Capitolo 9 / Diagrammi di fase

FIGl IH 9.19. Regione


ingrandita del diagramma
di fase rame-zinco per
presentare i punti 700
invarianti eutettoidi e
peritettici, indicati con E
(560°C, 74% in peso w
~
di Zn) e P (598°C, 78.6% ~
:,
in peso di Zn), ~QJ
600 'Y
rispettivamente. (Da o..
E
Binary Alloy Phase ~
Diagrams, 2nd edition,
Vol.2, T.B. Massalski,
Editor-in-Chief, 1990. 500
Ristampa autorizzata da
ASM lntemational,
Materials Park, OH.) 60 70 80 90
Composizione i% in peso Zn)

spandente orizzontale a 560°C vengono denominati, rispettivamente, eutettoide e isoterma


eutettoide. La caratteristica che distingue l' "eutettoide" dall' "eutettico" è che è una fase soli-
da anziché un liquido che si trasforma in altre due fasi solide ad una stessa temperatura. Una
reazione eutettoide la si trova nel sistema ferro-carbonio (Sezione 9.13) ed è molto impor-
tante per i trattamenti termici degli acciai.
Un'altra reazione invariante con tre fasi in equilibrio è la reazione peritettica. Con que-
sta reazione, per riscaldamento, una fase solida si trasforma in una fase liquida ed in un'altra
fase solida. Una reazione peritettica si trova nel sistema rame-zinco (Figura 9.19, punto P) a
598°C e 78.6% in peso di Zn-21.4% di Cu; la reazione è la seguente:

raffreddamento
6+l E
riscaldamento !
(9. 5)

La fase solida a bassa temperatura può essere una soluzione solida intermedia (es. e nella pre-
cedente reazione) o una soluzione solida terminale. Un peritettico di quest'ultimo tipo esiste
a circa 97% in peso di Zn e 435°C (vedi Figura 9.17), in cui lafase ri, per riscaldamento, si
trasforma in f ed in una fase liquida. Nel sistema Cu-Zn si trovano altri peritettici, le cui rea-
zioni coinvolgono, come fasi a bassa temperatura, le soluzioni solide intermedie {3,c'ìe y che
si trasformano per riscaldamento.

9.10 TRASFORJL:\ZIO~I DI FASE CONGRl'.E:~TI

Le trasformazioni di fase possono venire classificate in base a che vi sia o no variazione di


composizione delle fasi coinvolte. Quelle per cui non si verificano alterazioni della composi-
zione vengono dette trasformazioni congruenti. Al contrario, nelle trasformazioni incon-
gruenri, almeno una delle fasi cambia di composizione. Esempi di trasformazioni congruen-
ti sono le trasformazioni allotropiche (Sezione 3.6) e la fusione dei materiali puri. Le reazio-
ni eutettiche ed eutettoidi, così come la fusione di una lega che appartiene ad un sistema iso-
9. l l Cerami~i e diagrammi di fase ternari • 271

Composizione(% atomico Ti) F1u Il.\ 9.20 Porzione del


diagramma di fase
nichel-titanio in cui viene
rappresentato un punto di
fusione congruente per la
soluzione solida y a 13lOOC
e 44.9% in peso di Tt. (Da
Phase Diagrams of Binary
Nickel Alloys, P. Nash,
1300
Editor, 1991. Ristampa
Ci
e__ autorizzata da ASM
e
:,
International, Matedals
1200 Pari, OH.)
~
aJ
a.
E
~
1100

30 40 50 60 70
Composizione(% in peso Ti)

morfo, sono tutte trasformazioni incongruenti.


Le fasi intermedie sono talvolta classificate in base al modo di fondere congruente o
incongruente. Il composto intermetallico Mg 2Pb fonde in modo congruente al punto M nel
diagramma di fase magnesio-piombo, Figura 9.18. Anche nel sistema nichel-titanio, Figura
9.20, si trova, per la soluzione solida y, un punto di fusione congruente che conisponde al
punto di tangenza della curva di liquidus con quella di solidus, a 1310°C e 44. 9% in peso di
Ti. La reazione peritettica, infine, è un altro esempio di fusione incongruente di una fase
intermedia.

9.11 CERAJIICI E DIAGRA...\'Hll DI FASE TERNARI

Non si deve pensare che i diagrammi di fase esistano solo per i sistemi metallo-metallo; sono
stati infatti determinati sperimentalmente un certo numero di diagrammi di fase anche per i
sistemi ceramici; diagrammi che vengono molto usati in fase di progettazione e di lavorazio-
ne di questi materiali. I diagrammi di fase ceramici sono discussi nella Sezione 13.6.
Per i sistemi metallici (così come per i ceramici) sono stati anche determinati diagrammi
di fase con più di due componenti; la loro rappresentazione ed interpretazione può divenire,
tuttavia, eccessivamente complessa. Per esempio, un diagramma di fase ternario, ovvero a tre
componenti, composizione-temperatura, viene descritto completamente da un modello a tre
dimensioni. Disegnare le caratteristiche del diagramma o del modello su due dimensioni è
possibile, ma piuttosto difficile.
2 72 • Capitolo 9 / Diagraimni di fase

9.12 LA REGOLA DELLE FA~l DI Gmns


Sia la costruzione dei diagrammi di fase che i principi che governano le condizioni di equili-
brio delle fasi derivano dalle leggi della termodinamica. Uno di questi è la regola delle·fasi
di Gibbs, proposto dal fisico Willard Gibbs nel diciannovesimo secolo. Questa regola stabi-
lisce un criterio per definire il numero delle fasi che coesistono in un sistema ali' equilibrio ed
è espressa da una semplice equazione

P+F=C+N (9.16)
dove P rappresenta il numero delle fasi presenti (il concetto di fase è stato trattato nella Se-
zione 9.3). Il parametro F è definito il numero dei vadi di libertà o il numero di variabili con-
trollato all'esterno (cioè temperatura, pressione, composizione), che deve essere specificato
per definire completamente lo stato del sistema. O, espresso in altro modo, F è il numero di
queste variabili che possono essere cambiate indipendentemente senza modificare il numero
delle fasi che coesistono all'equilibrio. Il parametro C nell'Equazione 9.16 rappresenta il nu-
mero dei componenti del sistema. I componenti, di norma, sono elementi o composti stabili e,
nel caso dei diagrammi di fase, sono i materiali situati alle due estremità dell'asse orizzontale
della composizione (cioè H20e C 12H 2p 1l' e Cu e Ni per i diagrammi di fase rappresentati nelle
Figure 9.1 e 9.2a, rispettivamente). Infine, N rappresenta ne Il 'Equazione 9.16 il numero delle
variabili non di composizione (cioè temperatura e pressione).
Dimostriamo la regola della leva applicandola ai diagrammi di fase temperatura-compo-
sizione binari, in particolare al sistema rame-argento, Figura 9.6. Essendo la pressione
costante ( 1 bar), il parametro N è 1 - la temperatura è la sola variabile di non composizione.
L'Equazione 9.16 diviene
P+F=C+I (9.17)

Inoltre, il numero di componenti C è 2 (Cu e Ag) e

P+F=2+1=3
o
F=3-P

Consideriamo i campi monofasici sul diagramma di fase (cioè a, f3 e la regione del liqui-
do). Essendo presente una sola fase, P = I e

F =3-P
=3-1=2

Questo significa che per descrivere completamente le caratteristiche di ciascuna lega che si
trova all 'intemo di uno di questi campi di fase, dobbiamo specificare due parametri; questi
sono la composizione e la temperatura, che individuano la lega rispettivamente nella posi-
zione orizzontale e verticale sul diagramma di fase.
Per le situazioni all'interno di aree con due fasi che coesistono, per esempio, a+ L, fJ+
L e a + {3, Figura 9.6, la regola delle fasi stabilisce che abbiano un solo grado di libertà,
essendo
F =3-P
=3-2=1

Quindi è necessario specificare la temperatura o la composizione di una delle fasi per defini-
re completamente il sistema. Per esempio, supponiamo di decidere di specificare la tempera-
9.12 La regola delle fasi di Gihbs • 273

Fu;uu 9.2 l Porzione del


diagramma di fase Cu-Ag
ricca in rame, in cui viene
1000 dimostrata la regola delle fasi
di Gibbs per la coesistenza di
due fasi (a e L). Una volta
specificata la composizione
di una fase (C o CJ o la tem-
0

peratura (T 1) i valori dei due


parametri che rimangono
2 800 a vengono stabiliti in base alla
~
2 costruzione della linea coniu-
"'
:ii
:::,_ gata appropriata.
E
~

600

4000 20 40 60
(Cu) Composizione(% in peso Ag)

tura per la regione bifasica a+ L, per esempio T, nella Figura 9.2 l. Le composizioni delle
fasi a e liquido (Ca e CJ sono individuate dalle estremità della linea coniugata tracciata a T 1
attraverso il campo a + L. Si potrebbe notare che in questa trattazione è importante solo la
natura delle fasi e non le quantità relative. In sostanza la composizione globale della lega
potrebbe trovarsi in un punto qualsiasi lungo la linea coniugata tracciata per la temperatura
T 1 e dare sempre le composizioni C e CL per le rispettive fasi del solido a e del liquido.
O

La seconda alternativa è quella di fissare la composizione di una delle fasi per questa
situazione bifasica ed in tal modo viene definito completamente lo stato del sistema Per
esempio, se noi specifichiamo C,, come composizione della fase a che è in equilibrio con il
liquido (Figura 9.21), vengono stabilite sia la temperatura della lega (T,) sia la composizione
de!Ja fase liquida (CL), sempre mediante la linea coniugata tracciata attraverso la regione
bifasi ca a + L in modo tale da dare la composizione Ca·
Per i sistemi binari, quando sono presenti tre fasi, non ci sono gradi di libertà, in quanto

F =3-P
=3-3=0

Questo significa che sia le composizioni di tutte e tre le fasi che la temperatura sono fissate.
Si incontra questa condizione nei sistemi eutettici sull'isoterma eutettiea; per il sistema
Cu-Ag (Figura 9.6), è la linea orizzontale che si estende tra i punti Be G. A questa tempera-
tura. 779°C, i punti in cui le regioni di fase a, L e f3 toccano la linea isoterma corrispondono
alle composizioni delle rispettive fasi; in pratica la composizione della fase a è fissata al
8.0% in peso di Ag, quella del liquido al 71.9% in peso di Ag e quella della fase f3 al 91.2%
in peso di Ag. Pertanto l'equilibrio trifasico non è rappresentato da una regione di fase, ma
piuttosto da una linea isoterma orizzontale. Inoltre, per ogni lega la cui composizione si trova
sull'isoterma eutettica, tutte e tre le fasi sono in equilibrio (cioè, per il sistema Cu-Ag a
'C e per composizioni comprese tra 8.0% e 91.2% in peso di Ag).
Jn impiego della regola delle fasi di Gibbs lo si trova per l'analisi delle condizioni e
librio. Per esempio, una microstruttura di una lega binaria che si evolve nell'arco
~allo di temperatura ed è formata da tre fasi non è in equilibrio; in queste situazioni
possono esistere solo ad una determinata temperatura.

KO-CARBONIO===================================
1tti i sistemi di leghe binarie, quello più importante è il ferro-carbonio. Sia gli acci
1ise, materiali strutturali di primaria importanza in ogni cultura tecnologicamente
, sono essenzialmente leghe ferro-carbonio. Questa sezione è dedicata allo studio d1
ima di fase per questi sistemi ed ali' evoluzione delle diverse microstrutture possib
:ioni fra trattamento termico, microstruttura e proprietà meccaniche sono tratta
itOli 10 e 11.

DI FASE FERRO-<:ARBL"RO DI FERRO (Fe-Fe 3 C)


1 Figura 9 .22 viene rappresentata una parte del diagramma di fase ferro-carbo1
, puro, per riscaldamento, presenta, prima di fondere, due modificazioni della su
lllina. A temperatura ambiente, la forma stabile, chiamata ferrite, o ferro a, ha str

Composizione (% atomico C)
5 10 15 20 2

----
....
____
y, Austenite
--
----
121°c

•, Ferrite
Cementite (Fe,C)

2 3 4 5 6 6.,
Composizione (% in peso C)

1 \ 9.22 Diagramma di fase ferro-carburo di ferro. (Da Binary Alloy Phase Diagrarn
m, Vol.1, T.B. Massalski, Editor-in-Chief, 1990. Ristampa autorizzata da
1ational,Materials Park, OH.)
9.13 D diagramma di flllle ferro-carburo di ferro (Fe-Fe 3 C) • 275

cristallina ccc. A 9 l 2°C la ferrite subisce una trasformazione polimorfa in austenite, o ferro
y,con struttura cristallina cfc. L'austenite si mantiene fino a 1394°C, temperatura a cui il reti-
colo cfc ritorna ad una fase ccc conosciuta come ferrite{,, che fonde a 1538°C. Tutte queste
variazioni sono evidenziate sull'asse verticale sinistra del diagramma di fase.
L'asse della composizione nella Figura 9.22 arriva solo al 6.70% in peso di C; a questa
concentrazione si forma il composto intermedio carburo di ferro, o cementite (Fe 3C), che
viene rappresentato da una linea verticale nel diagramma di fase. Pertanto il sistema
ferro-carbonio può essere diviso in due parti: una porzione ricca in ferro, come nella Figura
9.22 ed un'altra (non rappresentata) per composizioni tra 6.70 e 100% in peso di C (grafite
pura). In pratica, tutti gli acciai e le ghise hanno contenuti di carbonio minori del 6.70% di C;
quindi possiamo considerare solo il sistema ferro-carburo di ferro. Il diagramma di Figura
9.22 potrebbe essere definito più propriamente il diagramma di fase Fe-Fe 3C, in quanto Fe3 C
è considerato un componente. Per convenzione e per convenienza la composizione continua
ad essere espressa in "% in peso di C" anziché "% in peso di Fe 3C"; 6. 70% in peso di C cor-
risponde al I 00% in peso di Fe 3C.
Il carbonio è un'impurezza interstiziale del ferro e forma una soluzione solida sia con le
ferriti a e {J, che con l'austenite, come indicato dalle regioni monofasiche a, {J e y nella
Figura 9.22. Nella ferrite ccc a il carbonio è molto poco solubile; la solubilità massima è
0.022% in peso a 727°C. La limitata solubilità viene spiegata in base alla configurazione ed
alla dimensione delle posizioni interstiziali del reticolo ccc, che rende difficile l'accomoda-
mento degli atomi di carbonio. Anche se presente in concentrazioni relativamente basse, il
carbonio ha notevole influenza sulle proprietà meccaniche della ferrite. Questa particolare
fase del sistema ferro-carbonio è relativamente tenera, è magnetica a temperature inferiori a
768°C ed ha una densità di 7.88 Mg/m 3• Nella Figura 9.23a viene rappresentata la micro-
struttura della ferrite a.
L'austenite, o fase y del ferro, quando è legata con poco carbonio, non è stabile al di sotto
di 727°C, come indicato nella Figura 9.22. La solubilità massima del carbonio nell'austenite,
2.14% in peso, si ottiene al 147°C. Questa solubilità è all'incirca 100 volte più graride della
massima solubilità del carbonio nella ferrite ccc, in quanto le posizioni interstiziali del reti-

w ~
F1Grn..\9.23 Micrografie di (a) ferrite a (90x) e (b) austenite (325x). lCopyright 197 l by United
States Steel Corporation.)
276 • Capitolo 9 / Diagrammi di fase

colo cfc sono più grandi (vedi i risultati del Problema 4.5) e quindi le tensioni indotte sugli
atomi di ferro circostanti sono molto più basse. Come si può rilevare dalla discussione che
segue, le trasformazioni di fase che coinvolgono l'austenite sono molto importanti per i trat-
tamenti termici degli acciai. Si deve inoltre osservare che l'austenite non è magnetica. Nella
Figura 9.23b viene rappresentata la microstruttura dell'austenite.
La ferrite <5è virtualmente la stessa ferrite a , considerando il diverso intervallo di tem-
peratura in cui ciascuna esiste. Essendo la ferrite <5stabile solo a temperature relativamente
alte, non è importante da un punto di vista tecnologico, per cui non viene ulteriormente con-
siderata.
La cementite (Fe 3C) si forma quando si supera il limite di solubilità del carbonio nella fer-
rite a al di sotto di 727°C (per composizioni comprese nella regione di fase a+ Fe_1C). Come
indicato nella Figura 9.22, Fe3C coesiste con la fase y tra 727° e 1147°C. Da un punto di vista
meccanico, la cementite è molto dura e fragile; la resistenza di diversi acciai viene grande-
mente aumentata dalla sua presenza.
Strettamente parlando, la cementite è solo metastabile; ovvero, a temperatura ambiente si
mantiene come composto per un tempo indefinito. Ma se viene riscaldata fra 650 e 700°C per
diversi anni, si modifica gradualmente trasformandosi in ferroa e carbonio, in forma di gra-
fite, e rimane tale per successivo raffreddamento fino alla temperatura ambiente. Pertanto, il
diagramma di fase della Figura 9.22 non è un vero diagramma di equilibrio poiché la cemen-
tite non è un composto di equilibrio. Tuttavia, poiché la velocità di decomposizione è estre-
mamente lenta, virtualmente tutto il carbonio è presente nell'acciaio come Fe 3C e non come
grafite ed il diagramma di fase ferro-carburo di ferro è valido a tutti gli effetti. Come si vedrà
nella Sezione 12.6, l'aggiunta di silicio alla ghisa accelera fortemente la reazione di decom-
posizione della cementite che porta alla formazione di grafite.
Nella Figura 9.22 sono state designate le regioni bifasiche. Si può notare che, per il siste-
ma ferro-carburo di ferro, esiste un eutettico a 4.30% in peso di Ce 1I 47°C; per questa rea-
zione eutettica
raffreddamento
L
riscaldamento (9.18)

il liquido che solidifica forma le fasi austenite e cementite. Naturalmente, per successivo ra(-
freddamento fino alla temperatura ambiente si potranno produrre ulteriori variazioni di fase.
Si può notare che il punto invariante eutettoide esiste alla composizione di 0.76% in peso
dì C ed alla temperatura di 727°C. Questa reazione può venire rappresentata da

raffreddamento
y (0.76% in peso C) = a (0.022% C) + Fe 3C (6.7% C)
riscaldamento . (9.19)

ovvero, per raffreddamento, la fase solida y si trasforma in ferro a e cementite. (Le trasfor-
mazioni di fase eutettoidi sono state trattate nella Sezione 9.9). Le variazioni di fase eutettoi-
di descritte dall'Equazione 9.19 sono molto importanti, in quanto, come si vedrà in seguito,
sono fondamentali per i trattamenti termici degli acciai.
Le leghe ferrose sono quelle in cui il ferro è il primo componente, ma possono essere pre-
senti sia il carbonio che altri elementi di lega. La classificazione delle leghe ferrose prevede,
in base al contenuto di carbonio, tre tipi di lega: ferro, acciaio e ghisa. Il ferro commercial-
mente puro contiene meno dello 0.008% in peso di Ce, in base al diagramma di fase, è com-
posto, a temperatura ambiente, quasi esclusivamente da ferrite. Le leghe ferr~arbonio che
contengono fra 0.008 e 2.14% in peso di C vengono classificate acciai. Nella maggior parte
degli acciai la microstruttura è costituita dalle fasi a e Fe 3C. Per raffreddamento fino alla
9.14 Evoluzione della microstruuura nelle leghe ferro-carbonio • 277

temperatura ambiente, una lega di composizione compresa entro questo intervallo deve attra-
versare almeno una porzione della regione di fase y; in tal caso si ottengono microstrutture
caratteristiche, come discusso in precedenza. Sebbene una lega di acciaio possa contenere
fino al 2.14% in peso di C, in pratica la concentrazione di C raramente supera I' I%. Le pro-
prietà e la classificazione dei vari acciai vengono trattati nella Sezione 12.5. Le ghise vengo-
no classificate come leghe ferrose contenenti tra il 2. 14 cd il 6.70% in peso di C. Le ghise
commerciali tuttavia contengono normalmente meno del 4.5% in peso di C. Queste leghe
vengono discusse nella successiva Sezione 12.6.

9.14 E\ OLLZIO.'\E DELLA .\BCHOSTHLTTLHA 1'ELLE LEGHE l<'EHHO-CAHB0:\10

Vengono ora illustrate le microstrutture che si presentano nelle leghe di acciaio e le loro rela-
zioni con il diagramma di fase ferro-carbonio e viene anche dimostrato che la microstruttura
che si sviluppa dipende sia dal contenuto di carbonio che dal trattamento termico. La discus-
sione viene limitata a condizioni di raffreddamento delle leghe di acciaio molto lente, per cui
viene costantemente mantenuto l'equilibrio. Un esame più dettagliato dell'influenza dei trat-
tamenti termici sulle microstrutture e sulle proprietà meccaniche degli acciai viene trattato
nel Capitolo 1O.
Le variazioni di fase che si verificano quando si passa dalla regione y a quella a + Fe,C
(Figura 9.22) sono relativamente complesse e simili a quelle descritte per i sistemi eutettici
nella Sezione 9.7. Consideriamo, ad esempio, una lega di composizione eutettica (0.76% in
peso di C) che viene raffreddata da una temperatura all'interno della regione della fase y, ad
es. 800°C, iniziando cioè dal punto a della Figura 9.24 e muovendosi verso il basso lungo la
retta verticale xx'. All'inizio, la lega è formata interamente dalla fase austenite di composi-
zione 0.76% in peso di Ce, nella Figura 9.24 viene indicata la microstruttura corrisponden-

1100.-------.----.----....------,.------,
f<'luH \ 9.21 Rappresentazione
schematica della microstruttura
di una lega ferro-carbonio di
1000 'Y composizione eutettoide (O.76%
in peso di C) a temperatura supe-
riore ed inferiore a quella eutet-
900
toide.

i 800
["
2
["
cu
o_
E 700
~
"
600

500

x'
400,..._ __ __.__~--'-----'-----''-----'
o 1.0 2.0
Composi7.ione (% in peso C)
278 • Capitolo 9 I Diagnmmi di fue

FI<a;M 9.25 Micrografia di un acciaio


eutettoide che mostra la perlite, microstrut-
tura formata da una alternanza di strati di
ferrite a (fase chiara) e Fe3C (lamelle sottilì
che appaiono p1u scure). 500x.
(Riproduzione autorizzata da Metals
Handbook, Voi. 9, 9th edition,
Metallography and Microstructures,
American Society for Metals, Materials
Park, OH, 1985.)

te. Nel corso del raffreddamento non si veòficano variazioni fino a che non si raggiunge la
temperatura eutettoide (727°C). Nell'attraversare questa temperatura fino al punto b, l 'auste-
nite si rrasfonna :secondo l'Equazione 9.19.
La microstruttura di questo acciaio eutettoide, raffreddato lentamente attraverso la tem-
peratura eutettoide, è costituita da un'alternanza di strati, o lamelle, delle due fasi (a e Fe,C)
che si formano simultaneamente nel corso della trasfonnazione. In questo caso, lo spessore
relativo degli strati è all'incirca di 8 a 1. Questa microstruttura, rappresentata schematica-
mente nella Figura 9.24, punto b, è chiamata perlite per il suo aspetto simile alla madre perla
quando viene osservata al microscopio a hasso ingrandimento. La micrografia della Figura
9.25, relativa ad un acciaio eutettode, rappresenta la perlite. La perlite si presenta in grani,
spesso denominati "colonie"; all'interno di ogni colonia glì strati sono orientati essenzial-
mente nella stessa direzione, che varia da una colonia ali' altra. Gli strati sottili chiari sono
formati dalla fase ferrite, mentre la fase cementite appare come lamelle sottili per lo più
scure. Alcuni strati di cementite sono così sottili che i bordi di confine con le fasi adiacenti
sono indistinguibili, per cui a questo ingrandimento tali strati appaiono scuri. Da un punto di
vista meccanico, la perlite ha proprietà intennedie tra la ferrite, tenera e duttile, e la cementi-
te, dura e fragile.
La ragione per cui nella perlite si formano strati alterni di a e di FeJC è la stessa che portà
alla formazione della struttura eutettoide (Figure 9.11 e 9.12) - ed è dovuta al fatto che la
composizione della fase di origine [in questo caso l'austenite (0.76% in peso di C)] è diffe-
rente da quella delle fasi prodotte [ferrite (0.022% in peso di C) e cementite (6.7% in peso di
C)], per cui la trasformazione di fase richiede che vi sia una ridistribuzione del carbonio per
diffusione. La Figura 9.26 illustra in modo schematico le variazioni microstrutturali che
accompagnano la reazione eutettoide; qui le direzioni della diffusione del carbonio sono indi-
cate dalle frecce. Gli atomi di carbonio diffondono dallo 0.022% in peso delle regioni ferriti-
che al 6.7% in peso degli strati di cementite, mano a mano che la perlite si estende all'inter-
no del grano austenitico non ancora completamente trasfonnato. La perlite si forma a strati
perché in tal modo, per la formazione di questa struttura, gli atomi di carbonio possono
diffondere su distanze minime.
Infine, un successivo raffreddamento della perlite a partire dal punto b della Figura 9.24
non produce che variazioni microstrutturali del tutto insignificanti.

LEGHE IPOELTETTOIDI

Vengono ora indagate le microstrutture delle leghe ferro-carbonio di composizione diversa


da quella eutettoide; queste sono analoghe ai quattro casi descritti nella Sezione 9.7 e illu-
9.14 Evoluzione della microstruttura nelle leghe ferro-carbonio • 279

, del grano
F11;1 Il\ 9.26 Rappresentazione
,itico schematica della formazione di per-
lite da austenite; la direzione della
diffusione del carbonio viene indica-
ta dalle frecce.
. )'(
Femte {a) l'
Ferrite {a) \

Direzione di crescita
della perlite

Diffusione del carbonio

la Figura 9.14 per i sistemi eutettici. Si consideri una composizione C0 a sinistra del-
de, tra 0.022 e 0.76% in peso di C; questa lega è denominata lega ipoeutettoide
,l!a composizione dell'eutettoide). li raffreddamento di una lega di questa composi-
ne rappresentato muovendosi verso il basso lungo la verticale yy' in Figura 9.27. A
°C, punto e, la microstruttura è formata interamente da grani della fase y, come rap-
o schematicamente nella figura. Giunti al punto d, a circa 775°C, che si trova ali' in-
la regione a + y, coesistono queste due fasi, come rappresentato nella microstruttu-

F1(;l'R\. 9.27 Rappresentazioni


schematiche delle microstruttu-
re di una lega ferro-carbonio di
composizione ipoeutettoide C 0
(contenente meno dello 0.76%
in pesu di C) che si ottengono
M nel corso del raffreddamento
dell'austenite fino ad una tem-
peratura inferiore ali' eutettoide.

a proeutettoide
a eutettoide

1.0 2.0
Co Composizione(% in peso C)
280 • Capitolo 9 / Diagranuni di fase

ra in modo schematico. La maggior parte delle piccole particelle a si formano lungo i bordi
dei grani originari della fase y. Si può determinare la composizione di entrambe le fasi a e y
mediante l'appropriata linea corrispondente; queste composizioni corrispondono, rispettiva-
mente, a circa 0.020% e 0.40% in peso di C.
Durante il raffreddamento di una lega, che si trova nella regione bifasica a + y, la com-
posizione della fase ferrite cambia con la temperatura lungo la curva di confine delle fasi a-
(a + y), curva MN, diventando leggermente più ricca in carbonio. D'altra parte, la variazione
della composizione dell'austenite al diminuire della temperatura è più drammatica, proce-
dendo lungo il confine delle fasi (a+ y) - y, curva MO.
Il raffreddamento dal punto dal punto e, appena sopra l'eutettoide ma ancora nella regio-
ne a + y, produce un incremento della frazione della fase a ed una microstruttura simile a
quella rappresentata: le particelle di a hanno dimensioni maggiori. A questo punto si può
determinare la composizione delle fasi a e y costruendo la linea corrispondente alla tempe-
ratura T,.; la fase a contiene 0.022% in peso di C, mentre la fase y ha la composizione del-
l'eutettoide, 0.76% in peso di C.
Quando la temperatura si abbassa, appena al di sotto dell'eutettoide, al punto./, tutta la fase
y, che era presente alla temperatura T, (e con la composizione eutettoide) si trasforma in per-
lite, secondo la reazione dell'Equazione 9.19. Non ci sono virtualmente variazioni nella fase a
che esisteva al punto e quando si attraversa la temperatura eutettica - essa è presente normal-
mente sotto forma di fase matrice che avvolge colonie isolate di perlite. La microstruttura al
punto/si presenta come quella rappresentata schematicamente nella Figura 9.27. In tal modo
la fase ferrite è presente sia nella perii te, sia come fase che si forma quando si attraversa la re-
gione di fase a+ y. La ferrite che è presente nella perlite viene chiamata ferrite eutettoide,
mentre l'altra, che si è formata al di sopra di T.,,viene denominata ferrite proeutettoide (che
significa prima o dopo l'eutettoide) come indicato in Figura 9.27. La micrografia del la Figura
9.28 si riferisce ad un acciaio con 0.38% in peso di C; le ampie regioni bianche corrispondono
alla ferrite proeutettoide. Per la perlite, lo spazio fra gli strati di a. e di Fe 3C variano da grano a
grano; parte della perlite appare scura poiché gli spazi fra gli strati non sono risolti all 'ingran-
dimento della micrografia. A pagina 241 viene riportata una micrografia al microscopio elet-
tronico a scansione di un acciaio ipoeutettoide (0.44% in peso di C) in cui si può ancora vedere

Fru H\ 9.28
Micrografia di un acciaio
con 0.38% in peso di C
con una microstruttura
formata da perlite e
ferrite proeutettoide.
635x. (Per gentile '
concessione di Republic
Steel Corporation.)
9,14 Evoluzione della microstruttura nelle leghe ferro-carbonio • 281

sia la perlite che la ferrite proeutettoide, solo ad un ingrandimento più alto. Si può anche notare
che in queste micrografie sono presenti i due microcostituenti - ferrite proeutettoide e perlite -
che appaiono in tutte le leghe ferr(}--{;arbonioipoeutettoidi quando vengono raffreddate lenta-
mente fino ad una temperatura inferiore all'eutettoide.
Le quantità relative di a proeutettoide e di perlite possono venire determinate in modo del
tutto simile a quello descritto nella Sezione 9.7 per i microcostituenti primari e per l'eutetti-
co. Applicheremo la regola della leva su una linea corrispondente che va dal limite della fase
a-(a + Fe 3C) (0.022% in peso di C) alla composizione eutettoide (0.76% in peso di C), dato
che la perlite è il prodotto di trasformazione di un' austenite che ha questa composizione. Per
esempio, si consideri una lega di composizione C0 ' in Figura 9.29. La frazione di perlite, W1,,
può venire determinata in base a

(9.20)
_ e~- 0.022 _ e~-
0.022
-0.76 - 0.022- -~o~.7~4--

La frazione di a proeutettoide, W,,., viene invece calcolata come segue

u
W.,.= T+ U

(9.21)
_ 0.76-C~ _ 0.76- C~
-0.76- 0.022- -~0~.7~4----"--

Naturalmente, la frazione di a totale (eutettoide e proeutettoide) e di cementite vengono


determinate applicando la regola della leva e sulla linea corrispondente che va da un limite
ali 'altro della regione di fase a+ Fe 3C, da 0.022 a 6.7% in peso di C.

Fl(;( R\ 9.29 Parte del


diagramma di fase
·Fe-Fe 3C utilizzata per il
calcolo delle quantità
relative dei
microcostituenti a
proeutettoide e perii te per
composizioni
ipoeutettoide cc(;)ed
ipereutettoide (C;). 1T1 U V X
I I
I I
I I
I I
I l
I !
I l
I I
I I

6,70

0.022 Ci) 0.76 Ci


Composizione(% in peso C)
282 Capitolo 9 / Diagrammi di fase

LEGHE IPEREUTETTOIDI

Trasformazioni e microstrutture analoghe si presentano per le leghe ipereutettoidi, per quel-


le leghe che contengono tra 0.76 e 2.14% in peso di C, quando vengono raffreddate da-tem-
perature che si trovano all'interno del campo di fase y. Si consideri una lega di composizio-
ne C 1 nella Figura 9.30 che, per raffreddamento, si muove lunga la verticale zz '. Al punto g è
presente solo la fase y con la composizione di C 1; la microstruttura sarà formata unicamente
da grani y. Per raffreddamento all 'intemo del campo di fase y + Fe,C, per esempio al punto h,
inizia a formarsi la fase cementite lungo i bordi dei grani originari di y, in modo simile alla
fase a della Figura 9.27, nel punto d. Questa cementite viene chiamata cementite proeutet-
toide - che si forma cioè prima della reazione eutettoide. Naturalmente, la composizione
della cementite rimane costante (6.70% in peso di C) al variare della temperatura. La com-
posizione della fase austenite si muove invece lungo la curva PO fino a raggiungere l'eutet-
toide. Quando la temperatura ha oltrepassato l'eutettoide ed è diminuita fino al punto i, tutta
I 'austenite rimasta, di composizione eutettoide, è stata convertita in perlite; quindi, la micro-
struttura risultante è formata dai costituenti perlite e cementite proeutettoide (Figura 9.30).
Nella micrografia di un acciaio con 1.4% in peso di C (Figura 9.31) si nota che la cementite
proeutettoide appare chiara. Poiché l'aspetto è molto simile a quello ùella ferrite proeutettoi-
de (Figura 9.28) vi è una certa difficoltà a distinguere, in base alla microstruttura, un acciaio
ipoeutettoide da un acciaio ipereutettoide.
Per gli acciai ipereutettoidi le quantità relative dei microcostituenti perlite e Fe 3C proeu-
tettoide possono venire calcolate in modo del tutto analogo a quello già visto per gli acciai
ipoeutettoidi; in tal caso l'appropriata linea corrispondente viene estesa fra 0.76 e 6.70% in

1100.----,-----,------.---w-----.
FIGl Il\ 9.:30 Rappresentazioni
schematiche delle microstrutture
di una lega ferro-carbonio di
1000 -y composizione ipereutettoide C,
(contenente tra 0.76 e 2.14% in
peso di C) che si presentano
durante il raffreddamento a parti-
900
re dall'austenite fino al di sotto
della temperatura eutettoide.

2 800
"
5
-::;
to. ••
t I
E 700
I
~ a I
I
I
I
I
600 I a
I
, Fc,C
: Proeutettoide Fe,e Eutettoide
I
I
500 I
a+ Fe3C
I
I
I
I
I z'
400
o l.Ot 2.0

C1
Composizione(% in peso C)
:so di C. Pertanto, per una lega di compo
·P e di cementite proeutettoide W Fe 3c ven.
gola della leva:
W X 6.'.
r= V+X = 6.7

V C
wF,;e=v+x 6:

Per la lega 99.65% in peso Fe - 0.35% i,


l'eutettoide, determinare

(a) La frazione delle fasi di ferrite totale


(b) Le frazioni di ferrite proeutettoide e 1
(e) La frazione di ferrite eutettoide.

Sou·zunE
(a) Questa parte del problema si risolve
considerando una linea corrispondente et
Fe 3C. In tal caso, e,;è 0.35% in peso C, ,

e
284 • Capitolo 9 I Diagrammi di fase

(b) Le frazioni di perlite proeutettoide e di perlite vengono determinate applicando la regola


della leva ed una linea corrispondente che si estende solo alla composizione eutettoide (vedi
le Equazioni 9.20 e 9.21). O
0.35-0.022
W= p =0.44
0.76-0.022
e
0.76-0.35
wa.= =0.56
0.76-0.022

(e) La ferrite totale è costituita sia da quella proeutettica che da quella eutettoide (contenuta
nella perlite). Pertanto, la somma di queste due frazioni di ferrite equivale alla ferrite totale, e
quindi

dove W a.e indica la frazione della lega totale costituita da ferrite eutettoide. I valori di Wa e "di
Wa. restano determinati in parte da (a) ed in parte da (b), come 0.95 e 0.56, rispettivamente.
Pertanto,
W,,,.= Wa - Wa. = 0.95 - 0.56 = 0.39

RAFFREDDAME'\TO DI \O~ Ef)l ilLIRRIO

Nella discussione sull'evoluzione della microstruttura nelle leghe ferro-carbonio si è assun-


to che, per raffreddamento, le condizioni di equilibrio metastabile 1 vengano costantemente
mantenute; cioè, che vi sia un tempo sufficiente per consentire, ad ogni nuova temperatura
raggiunta, tutti gli aggiustamenti necessari sia di composizione delle varie fasi che delle loro
quantità relative, come previsto dal diagramma di fase Fe-Fe 3C. Nella maggior parte delle
situazioni questo comporta velocità di raffreddamento eccessivamente lente e impraticabili.
Inoltre, da un punto di vista pratico non sempre sono necessarie; infatti, in diverse occasioni
vengono addirittura ricercate condizioni di non equilibrio. Da un punto di vista pratico, nel
caso del non equilibrio, si devono considerare due effetti importanti: (I) la comparsa di cam-
biamenti di fase o di trasformazioni a temperature diverse da quelle previste in base ali~
curve che delimitano le varie regioni nel diagramma di fase e (2) l'esistenza a temperatura
ambiente di fasi di non equilibrio che non appaiono nel diagramma di fase. Entrambi questi
effetti vengono discussi nel prossimo capitolo.

9.15 L'J'.\FLlT'\L\ f)J ALTRI ELK\IE1\Tl UI LEGA

L'aggiunta di altri elementi di lega (Cr, Ni, Ti, ecc,) porta a sostanziali modifiche nel dia-
gramma di fase binario ferro-carburo di ferro della Figura 9.22. La portata di queste altera-
zioni, di modifica delle posizioni delle curve del diagramma e della configurazione dei campi
delle fasi, dipende dal particolare elemento di lega e dalla sua concentrazione. Un cambia-
mento importante riguarda la traslazione della posizione dell'eutettoide rispetto alla tempe-
ratura ed alla concentrazione di carbonio. Questi effetti vengono illustrati nelle Figure 9.32 e
9.33, che mettono in relazione la temperatura eutettoide e la composizione dell'eutettoide (in
% in peso di C) in funzione della concentrazione di diversi elementi di lega. Pertanto, con
l'aggiunta si altera non solo la temperatura della reazione eutettoide, ma anche le relative fra-
zioni di perlite e della fase proeutettoide che si formano. Gli acciai sono normalmente alliga-
ti per diverse ragioni, comunque - in genere sia per migliorare la loro resistenza alla corro-
sione sia per renderli più disponibili ai trattamenti termici (vedi Capitolo Il).

1 Il termine "equilibrio metastabile" viene usato in questa discussione in quanto Fe,C è un composto

metastabile.
Sommario • 285

Fu;, i:\ 9.:tl Dipendenza della tempe-


T1
ratura eutettoide dalla concentrazione di
w alcuni elementi di lega nell'acciaio.(Da
o!è-- 1200 Mo
Edgar C. Bain, Functions of the Alloying
O)
""O Elements in Steel, American Socicty for
·e
~ 1000
Metals, 1939, p.127.)
=i
u..J

'.'e
:,
-;
ai 800
a.
E
~
600

o 2 4 6 8 10 12 14
Concentrazione degli elementi di lega
(% in peso)

o 0.8 FtctJL-\ 9.:~:3 Dipendenza della composizione


e dell'eutettoide(% in peso di C) dalla concentrazio-
V
c. ne di alcuni clementi di lega nell'acciaio. (Da
.S
0.6 Edgar C. Bain, Functions of the Alloying E/ements
~
OJ in Steel, American Society for Metals, I 939,
""O
·o
::,
p.127.)
~
:,
0.4
u..J

9'!
ò
';:i
·;g
D.
~
u 00 2 4 6 8 10 12 14
Concentrazione degli elementi di lega
(% in peso)

SO)I )I ARIO-==----==--=---
I diagrammi di equilibrio rappresentano un modo conciso e conveniente per rappresentare le
relazioni stabili fra le fasi nei sistemi di lega. Questa discussione ha preso in considerazione
i diagrammi di fase binari, per cui le variabili sono la temperatura e la composizione. Su que-
sti diagrammi temperatura-composizione vengono definite le aree, o le regioni di fase, in cui
possono esistere una o due fasi. Per una lega di composizione specifica e ad una conosciuta
temperatura, possono venire determinate le fasi presenti, la loro composizione e le loro quan-
tità relative in condizioni di equilibrio. Entro le regioni bifasiche, si devono usare le linee cor-
rispondenti e la regola della leva per calcolare, rispettivamente, la composizione e la frazio-
ne di massa.
Per i sistemi metallici sono discussi diversi tipi differenti di diagrammi di fase. I dia-
grammi isomorfi sono quelli caratterizzati da una solubilità completa in fase solida; il siste-
ma rame-nichel presenta questo comportamento. Per le leghe appartenenti ai sistemi iso-
morfi sono anche discussi l'evoluzione della microstruttura, sia nel caso di raffreddamento di
equilibrio che di non equilibrio, e la dipendenza delle caratteristiche meccaniche dalla com-
pos1zt0ne.
In una reazione eutettica, come si rileva in diversi sistemi di leghe, una fase liquida si tra-
sforma isotermicamente per raffreddamento in due differenti fasi solide. Si osserva tale rea-
286 • Capitolo 9 / Diagrammi di fase

zione nei diagrammi di fase rame-argento e piombo-stagno. La solubilità completa, per tutte
le composizioni, non esiste; invece, le soluzioni solide sono tenninali - vi è solo una limita-
ta solubilità di ciascun componente nell'altro. Vengono discussi quattro differenti tipi di
microstruttura che possono svilupparsi per raffreddamenti di equilibrio di leghe che prrsen-
tano sistemi eutettici.
Altri diagrammi di fase sono più complessi, presentando composti e/o fasi intermedie,
eventualmente più di un eutettico, ed altre reazioni fra cui le eutettoidi, le peritettiche e le tra-
sformazioni di fase congruenti. Questi li possiamo trovare nei sistemi rame-zinco e magne-
sio-piombo.
È stata presentata la regola delle fasi di Gibbs; è una equazione semplice che pone in rela-
zione il numero delle fasi presenti in un sistema in equilibrio con il numero di gradi di libertà,
il numero dei componenti ed il numero di variabili non di composizione.
È stata data considerevole attenzione al sistema ferro-carbonio e, più specificamente, al
diagramma di fase ferro-carburo di ferro, che da un punto di vista tecnologico è uno dei dia-
grammi più importanti.L'evoluzione della microstruttura in alcune leghe ferro-carbonio e ne-
gli acciai dipende dalla reazione eutettoide in cui la fase austenite cfc di composizione 0.76%
in peso C si trasforma isotermicamente nella fase ferrite a ccc (0.022% in peso di C) e nel
composto intermetallico, cementite (Fe 3C). Il prodotto microstrutturale di una lega ferro-car-
bonio di composizione eutettoide è la perlite, un microcostitueme formato da strati alterni di
ferrite e di cementite. Le microstrutture delle leghe aventi contenuti di carbonio minori del-
1'eutettoide (ipoeutettoidi) sono formate da ferrite proeutettoide, oltre la perlite. Dall'altra
parte, per le leghe ipereutettoidi, quelle per cui il contenuto di carbonio è maggiore della com-
posizione eutettoide, i microcostituenti sono la perlite e la cementite proeutettoide.

T E R 111 ;\ I E t: O "'"C E T T l I '.\I P O H T A ~ T l

Austenite Fase Perlite


Cementite Fase primaria Punto invariante
Cementite proeutettoide Ferrite Reazione eutettica
Componente Ferrite proeutettoide Reazione eutettoide
Composto intermetallico Fase eutettica Reazione pericettica
Curva di liquidus Isomorfo Regola della leva
Curva di solidus Lega ipereutettoide Regola delle fasi di Gibbs
Curva di solvus Lega ipoeutettoide Sistema
Diagramma di fase Limite di solubilità Soluzione solida intermedia
Energia libera Linea corrispondente Soluzione solida terminale
Equilibrio Metastabile Struttura eutettica
Equilibrio di fase Mìcrocostituente Trasformazione congruente

BIBLIOGRAJ.<'JA

ASM Handbook, Voi. 3, Alloy Phase Diagrams, ASM Hansen, M., and K. Anderko, Constitution of Binary
Intemational, Materials Park, OH, 1992. Alloys, 2nd edition, McGraw-Hill Book Company,
ASM Handbook, Voi. 9, Metallography and New York, 1958. First Supplement (R.P. Elliott),
Microstructures, ASM Intemational, Materiai Park, 1965. Second Supplement (F.A. Shunk), 1969.
OH, 1985. Riprodotto da Genium Publishing Corp.,
Gordon, P., Principfes of Phase Diagrams in Materiai.~ Schenectady, NY.
Systems, McGraw-Hill Book Company, New York, Massalski. T.B. (Editor), Binary Phase Diagrams, 2nd
1968. Riprodotto da Krieger Publishing Company, edition, ASM Intemational, Materials Park, OH,
Melbourne, FL, 1983. 1990. Tre volumi. On CD-ROM.
Domande e problemi • 287

Petzow, G. e G. Effenberg, Ternary Alloys, A Rhines, F.N., Phase Diagrams in Metallurgy - Their
Comprehensive Compendium of Evaluated Developmet and Application. McGraw-Hill Book
Constitutional Data and Phase Diagrams. VCH Company, Inc. New York, 1956.
Publishers, New Yrk, 1988. Otto volumi.

D O :\1 A I\ D E E P R O B L E 111

9.1 Indicare tre variabili che determinano la micro- Metallo Temperatura Densità
struttura di una lega. (OC) (Mglm 3)
9.2 Quali condizioni termodinamiche si devono verifi-
care perché vi sia equilibrio? Ag 900 9.97
Cu 400 8.77
9.3 Per le leghe metalliche, l'evoluzione della micro-
Cu 900 8.56
struttura dipende dai fenomeni di diffusione
Pb 175 11.20
(Figure 9. 13 e 9.26). È stato osservato nella Sn 175 7.22
Sezione 5.3 che la forza guida per la diffusione in Zn 400 6.83
condizioni stazionarie è un gradiente di concentra-
zione. Tuttavia, i gradienti di concentrazione sono
di norma assenti nelle regioni in cui si verifica la 9.10 In base alla porzione del diagramma di fase
diffusione, come rappresentato nelle Figure 9. I 3 e H20-NaCl sotto riportato:
9.26; per queste situazioni, qual è la forza guida?
9.4 Qual è la differenza fra stato di equilibrio stabile e
metastabile? 10
9.5 Indicare per le seguenti leghe, le fasi presenti e la
loro composizione: Liquido
(a) 90% in peso Zn - 10% Cu a 400°C. o- (brina)

(b) 75% in peso Sn - 25% Pb a 175°C.


(e) 55% in peso Ag - 45% Cu a 900°C. o
~
Sale
+
(d) 30% in peso Pb - 70% Mg a 425°C. "'
:i Liquido
-10
(e) 2.12 kg Zn e 1.88 kg Cu a 500°C. "oi
:::L
+
{brina)

(f) 8.2 moli Ni e 4.3 moli Cu a 1250°C. E


~ Liquido
(g) 4.5 moli Sn e 0.45 moli Pb a 200°C. (brina)
9.6 Per una lega di composizione 74% in peso Zn - -20
26% Cu, indicare le fasi presenti e le loro composi-
zioni alle seguenti temperature: 850°C, 750°C,
680°C, 600°C e 500°C. -30~-~-~---~-~--~~
NaCI O 10 20 30
9.7 Determinare le quantità relative (come frazioni di
H20 100 90 80 70
massa) delle fasi, per le leghe ed alle temperature Composizione (% in peso)
date nel Problema 9.5.
9.8 Ricavare le Equazioni 9.6a e 9.7a, che possono
essere usate per convertire le frazioni in massa in (a) Spiegare brevemente come il sale steso. sul
ghiaccio, che si trova ad una temperatura inferiore
frazioni in volume e viceversa.
a 0°C, può portare alla fusione del ghiaccio.
9.9 Determinare le quantità relative (in termini di fra- (b) Quale concentrazione di sale è necessaria per
zioni di volume) delle fasi, per le leghe ed alle tem- avere 50% di ghiaccio-50% di liquido a -10°C?
perature date nel Problema 9.5a, b e c. Vengono 9.11 Un campione di 1.5 kg di una lega, 90% in peso
date nella tabella le densità approssimative dei vari Pb-10% Sn, viene scaldato fino a 250°C, alla cui
metalli alle temperature delle leghe: temperatura è interamente formato dalla soluzione
288 Capitolo 9 / Dia!!rammi di fase

solida a (Figura 9.7). La lega deve poi venire par- 9.15 Una lega magnesio-piombo di massa 5.5 kg è for-
zialmente fusa per avere 50% di liquido ed il resto mata da un solido a che ha una composizione appe-
fase a. Questo può essere ottenuto sia per riscalda- na al di sotto del limite di solubilità a 200°C.
mento sia modificando la composizione, mante- (a) Qual è la massa di piombo nella lega?
nendo la temperatura costante. (b) Se la lega viene scaldata a 350°C, quanto
(a) A quale temperatura deve essere scaldato il piombo può ancora venire disciolto nella fase a
campione? senza superare il limite di solubilità di questa fase?
(b) Quanto stagno deve essere aggiunto al 1.5 kg 9.16 (a) Descrivere brevemente il fenomeno di segrega-
del campione per acquisire questo stato a 250°C? zione a cuore e perché si verifica.
9.12 Tenendo presente il diagramma di fase (b) Citare una conseguenza indesiderabile della
zucchero-acqua di Figura 9.1. segregazione a cuore.
(a) Quanto zucchero si scioglierà in 1500 g di 9.17 Si desidera produrre una lega rame-nichel che
acqua a 90°C? abbia una resistenza a trazione minima di 350 MPa
(b) Se questo liquido saturo viene raffreddato a e una duttilità (A%) di almeno 48%. È possibile?
20°C, parte dello zucchero precipiterà come solido. Se sì, quale deve essere la sua composizione? Se
Quale sarà la composizione del liquido saturo (in non è possibile spiegare perché.
% di zucchero) a 20cc7 9.18 È possibile avere una lega rame-argento che, all'e-
(e) Quanto zucchero solido viene precipitato per quilibrio, è formata da una fase f3 di composizione
raffreddamento a 20°C? 92% in peso Ag-8% Cu, e anche una fase liquida di
9.13 Si consideri un campione di ghiaccio 1 a - l 0°C e I composizione 76% in pt:su Ag-24% Cu? Se sì, qual
bar di pressione. Utilizzando il diagramma pressio- è la temperatura approssimativa di questa lega? Se
ne-temperatura per l'Hp di Figura 9.34, determi- questo non è possibile, spiegare perché.
nare la pressione a cui il campione deve essere por- 9.19 È possibile avere una lega rame-zinco che, all'e-
tato per provocare la (a) fusione e (b) la sublima- quilibrio, è formata da una fase é: di composizione
zione. 80% in peso Zn-20% Cu, ed anche una fase liquida
9.14 Alla pressione di O.OI bar, determinare (a) la tem- di composizione 95% in peso Zn-5% Cu? Se sì,
peratura di fusione per il ghiaccio I e (b) la tempe- qual è la temperatura approssimativa della lega? Se
ratura di ebollizione per l'acqua. questo non è possibile, spiegare perché.

F1c1H.\ •>.:.$
I 10,000
.io l I
Diagramma di fase A
pressione (su scala 1.000 -

\e
logaritmica}-temperatura
Liquido
dell'H,O. 100

~
-2. 10
"'
e
e Ghiaccio I
·;:;;
1.0
i
et
0.1

0.01

0.001
-20 o 20 40 60 80 100 120
Temperatura (0 Cl
Domande e problemi • 289

9.20 Una lega rame-nichel di composizione 70% in 9.25 Per leghe di due ipotetici metalli A e B, esiste una
peso Ni-30% Cu viene riscaldata lentamente a par- fase a, ricca in A ed una fase {3,ricca in B. Dalle
tire dalla temperatura di l 300°C. frazioni di massa di entrambe le fasi per due diffe-
(a) A quale temperatura si forma il primo liquido? renti leghe, alla stessa temperatura, determinare la
(b) Qual è la composizione di questa fase liquida?
composizione al limite della regione di fase (o limi-
(e) A quale temperatura sì completa la fusione
te di solubilità) sia per la fase a che per la fase /3a
della lega?
(d) Qual è la composizione dell'ultimo solido questa temperatura.
rimasto prima che si completi la fusione?
9.21 Una lega 50% in peso Pb-50% Mg viene lentamen- Composizione lega Frazione Frazione
te raffreddata da 700°C a 400°C. Fase a Fase j3
(a) A quale temperatura si forma la prima fase soli-
da? 60% in peso A-40% B 0.57 0.43
(b) Qual è la composizione di questa fase solida? 30% in peso A-70% B 0.14 0.86
(e) A quale temperatura il liquido completa la soli-
dificazione?
9.26 Una ipotetica lega A-B di composizione 55% in
(d) Qual è la composizione dell'ultimo liquido a
solidificare? peso B-45% A, ad una determinata temperatura, è
9.22 Una lega 90% in peso Ag-10% Cu viene scaldata costituita da una fase a ed una fase /3con frazioni di
ad una temperatura compresa nella regione bifasica massa pari a 0.5. Se la composizione della fase /3è
fJ+ liquido. Se la composizione della fase liquida è 90% in peso B-10% A, qual è la composizione
85% Ag, determinare (a) la temperatura della lega, della fase a?
(b) la composizione della fase f3 e (e) le frazioni di 9.27 È possibile avere una lega rame-argento di compo-
massa di entrambe le fasi. sizione 50% in peso Ag-50% Cu, che all 'equilihrio
9.23 Nella tabella vengono date le temperature di soli-
è formata dalle fasi a e f3aventi le frazioni di massa
dus e di liquidus per il sistema germanio-silicio.
W., = 0.60 e W/l. = 0.40? Se sì, qual è la temperatu-
Costruire il diagramma di fase e designare ciascuna
ra approssimativa della lega? Se tale lega non è
regmne.
possibile, spiegare perché.
9.28 Per 11.20 kg di una lega magnesio-piombo, di
Composizione Temperatura Temperatura composizione 30% in peso Pb-70% Mg, è possibi-
(% in peso Si) solidus liquidus le al\ 'equilibrio avere le fasi a e Mg 2Pb aventi
(OC)
rispettivamente masse di 7 .39 kg e 3.81 kg? Se sì,
o 938 938 qual è la temperatura approssimativa della lega? Se
10 1005 1147 questa lega non è possibile, spiegare perché.
20 1065 1226 9.29 A 700°C, qual è la massima solubilità (a) di Cu in
30 1123 1278 Ag? (b) Di Ag in Cu?
40 1178 1315 9.30 Una lega 45% in peso Pb-55% Mg viene rapida-
50 1232 1346 mente temprata fino a temperatura ambiente da ele-
60 1282 1367 vata temperatura, in modo tale da conservare la
70 1326 1385
microstruttura presente ad alta temperatura. Questa
80 1359 1397
90 1390 1408 microstruttura è formata dalle fasi a e Mg 2Pb,
100 1414 1414 aventi rispettivamente frazioni di massa pari 0.65 e
0.35. Determinare la temperatura approssimativa
dalla quale la lega è stata temprata.
9.24 Una lega 30% in peso Sn-70% Pb viene scaldata ad
una temperatura compresa nella regione bifasica a 9.31 È possibile avere una lega rame-argento in cui le
+liquido.Se la frazione di massa di ciascuna fase è frazioni di massa di f3 primario e di /3totale sono,
0.5, stimare (a) la temperatura della lega e (b) la rispettivamente, 0.68 e 0.925, a 775°C. Perché o
composizione delle due fasi. perché no?
290 • Capitolo 9 / Diagrammi di fa.e

9.32 Per 6. 70 kg di una lega magnesio-piombo, è possi- microstruttura consistente di due fasi solide a strati
bile, a 400°C, avere le masse di a primario e di a alterni.
totale di 4.23 kg e 6.00 kg, rispettivamente? Perché 9.37 Per una lega 85% in peso Pb-15% Mg._fare uno
o perché no? schema della microstruttura che si potrebbe usser-
9.33 Per una lega rame-argento di composizione 25% in vare, in condizioni di raffreddamento molto lento,
peso Ag-75% Cu e a 775°C: alle seguenti temperature: 600°C, 500°C, 270°C e
(a) Determinare le frazioni di massa delle fasi a e 200°C. Dare un nome a tutte le fasi ed indicare,
{J. approssimativamente, la loro composizione.
(b) Detenninare le frazioni di massa di a primario 9.38 Per una lega 68% in peso Zn-32% Cu, fare uno
e dei microcostituenti eutettici. schema della microstruttura che si potrebbe osser.:
(e) Determinare la frazione di massa di a eutettico. vare, in condizioni di raffreddamento molto lento,
9.34 La microstruttura di una lega piombo-stagno a alle seguenti temperature: I000°C, 760°C, 600°C e
I 80°C è formata da {J primario e strutture eutetti- 400°C. Dare un nome a tutte le fasi ed indicare,
che. Se le frazioni di massa di questi due microco- approssimativamente, la loro composizione.
stituenti sono 0.57 e 0.43, rispettivamente, determi- 9.39 Per una lega 30% in peso Zn-70% Cu, fare uno
nare la composizione della lega. schema della microstruttura che si potrebbe osser-
9.35 Si consideri il diagramma di fase eutettico ipotetico vare, in condizioni di raffreddamento molto lento,
per i metalli A e B, simile a quello del sistema alle seguenti temperature: 1100°c, 950°C, 900°C e
piombo-stagno di Figura 9.7. Assumere che (I) alle 700°C. Dare un nome a tutte le fasi ed indicare,
due estremità A e B del diagramma di fase vi siano, approssimativamente, la loro composizione.
rispettivamente, le fasi a e {J; (2) la composizione 9.40 Qual è la principale differenza fra trasformazione
eutettica sia 47% in peso B-53% A e (3) la compo- di fase congruente ed incongruente?
sizione della fase fJ alla temperatura eutettica sia 9.41 Nella Figura 9.35 viene rappresentato il diagramma
92.6% in peso B- 7.4% A. Detenniruire la composi- di fase alluminio-neodimio, in cui viene nominata
zione di una lega che abbia le frazioni di massa di a solo una singola regione di fase. Specificare i punti
primario e di a tota!e, rispettivamente, 0.356 e temperatura-composizione a cui compaiono le tra-
0.693. sformazioni di fase eutettiche, eutettoidi, peritetti-
9.36 Spiegare brevemente perché, per solidificazione, che e congruenti. Inoltre, per ognuna, scrivere le
una lega di composizione eutettica forma una reazioni che avvengono per raffreddamento.

1600
1400

1200

~ 1000
~
:,
800
~
Q)
c. 600
E
~
400

200

00 20 60 80 100
(Al) Composizione (% in peso Ndt (Nd)

FIGURA 9.35 Diagramma di fase alluminio-neodimio. (Da ASM Handbook, Voi. 3, Alloy Phase
Diagrams, H.Baker, Editor, 1992. Ristampa autorizzata da ASM lntemational, Materials Park,
OH.)
Domande e problemi • 291

F1Gl Il.\ 9.3() Diagramma di


1700 fase titanio-rame. (Da Phase
I'' Diagrams of Binary Alloys,
'' J.L.Murray, Editor, 1987.
1500 '' Ristampa autorizzata da ASM
\
\ '' L
lntemational, Materials Park,
OH.)
\ ''
1300 \ '
o
\ ''
!:..,
\
\ ''
f
.2 1100
\
\
''
' ------ ' '
"'
<ii Il
c.
E
~
900

700
.. "'N
(.)

500
o 20 40 60
(li) Composizione (% in peso Cu)

9.42 Nella Figura 9.36 viene riportata una parte del dia- 830°C.
gramma di fase titanio-rame, in cui viene nominata • La massima solubilità di A in B è 12% in peso
solo una singola regione di fase. Specificare i punti A, che si verifica a 700°C.
temperatura-composizione a cui compaiono le tra- • A 600°C, la solubilità di A in B è 8% in peso
sformazioni di fase eutettiche, eutettoidi, peritetti- A.
che e congruenti. Inoltre, per ognuna, scrivere le •
A 700°C e 75% in peso B-25% A, c'è un
reazioni che avvengono per raffreddamento. eutettico.
9.43 Per un sistema ternario sono presenti tre compo- • Un secondo eutettico compare a 730°C e 60%
nenti; anche la temperatura costituisce una variabi- in peso B-40% A.
le. Calcolare il numero massimo di fasi che posso- • Un terzo eutettico capita a 755°C e 40% in
no essere presenti in un sistema ternario, assumen- peso B-60% A.
do che la pressione sia mantenuta costante.
• C'è punto di fusione congruente a 780°C e
9.44 Nella Figura 9.34 viene rappresentato il diagramma
51 % in peso B--49% A.
di fase pressione-temperatura per l'H 20. Applicare
• Un secondo punto di fusione congruente
la regola delle fasi di Gibbs ai punti A, B e C; spe-
compare a 755°C e 67% in peso B-33% A.
cificare, cioè, il numero di gradi di libertà in cia-
scuno di questi punti, ovvero il numero di variabili • C'è un composto intermetallico AB a 51 % in
controllabili dall'esterno che bisogna fissare per peso B--49% A.
. definire completamente il sistema. • Un secondo composto intermetallico AB 2 a
9.45 Costruire l'ipotetico diagramma di fase per i metal- 67% in peso B-33% A.
li A e B tra le temperature di 600°C e 1000°C, in 9.46 Gli elementi A e B formano due composti interme-
· base alle seguenti informazioni: tallici AB e AB 2 • Se le composizioni per AB e AB 2
• La temperatura di fusione del metallo A è sono rispettivamente 34.3% in peso A---05.7% B e
940°C. 20. 7% in peso A- 79 .3 B e l'elemento A è potassio,
• La solubilità di B in A è trascurabile a tutte le identificare l'elemento B.
temperature. 9-47 Calcolare le frazioni di massa di ferrite a e di
• La temperatura di fusione del metallo B è cementite nella perlite.
292 • Capitolo 9 / Diagrammi di fase

9.48 Qual è la differenza fra una fase ed un microcosti- 9.58 La microstruttura di una lega ferro-carbonio è for-
tuente? mata da ferrite proeutettoide e da perlite; le frazio-
9.49 (a) Qual è la distinzione fra acciai ipoeutettoidi ed ni dì massa di questi microcostituenti sono, r!spetti-
ipereutettoidi?
vamente, 0.20 e 0.80. Determinare la concentrazio-
(b) In un acciaio ipereutettoide è presente sia la fer-
ne di carbonio di questa lega.
rite proeutettoide che la ferrite eutettoide. Spiegare
la differenza fra le due ferriti. Qual è la concentra- 9.59 Si consideri 2.0 kg di una lega 99.6'* in peso
zione in carbonio in ciascuna? Fe-0.4% C che viene raffreddata ad una temperatu-
9.50 Spiegare brevemente perché una fase proeutettoide ra appena inferiore all'eutettoide.
si forma lungo i grani di austenite. Si sugf?erisce di (a) Quanti kg di ferrite proeutettoide si formano?
consultare la Sezione 4.5. (b) Quanti kg di ferrite eutettoide si formano?
9.51 Qual è la concentrazione in carbonio di una lega
(e) Quanti kg di cementite si formano?
ferro-carbonio per la quale la frazione di ferrite
9.60 Calcolare la massima frazione di massa possibile di
totale è 0.94?
9.52 Qual è la fase proeutettoide per una lega ferro-car- cementite proeutettoide per una lega ferro-carbo-
bonio in cui le frazioni di massa della ferrite totale nio ipereutettoide.
e della cementite totale sono, rispettivamente, 0.92 9.61 È possibile avere una lega ferro-carbonio in cui le
e 0.08? Perché? frazioni di massa della ferrite totale e della cemen-
9.53 Si consideri I .Okg di austenite contenente 1.15% in tite proeutettoide siano rispettivamente 0.846 e
peso e, raffreddata al di sotto di 727°C.
0.049? Perché o perché no?
(a) Qual è la fase proeutettoide?
9.62 È possibile avere una lega ferro-carbonio in cui le
(b) Quanti kg di ferrite totale e di cementite si for-
mano? frazioni di massa della cementite totale e della per-
(e) Quanti kg di perlite e di fase proeutettoide si lite siano, rispettivamente, 0.039 e 0.417? Perché o
formano? perché no?
(d) Schematizzare e descrivere la microstruttura 9.63 Calcolare la frazione di massa della ferrite eutettoi-
risultante. de in una lega ferro-carbonio contenente 0.43% in
9.54 Si consideri 2.5 kg di austenite contenente 0.65% in
peso di C.
peso C, raffreddata al di sotto di 727°C.
9.64 La frazione di massa di cementite eutettoide in una
(a) Qual è la fase proeutettoide?
(b) Quanti kg di ferrite totale e di cementite si for- lega ferro-carbonio è 0.104. Sulla base di questa
mano? informazione è possibile determinare la composi-
(e) Quanti kg di perlite e di fase proeutettoide si zione della lega? Se sì, qual è la sua composiziohe?
formano? Se questo non è possibile, spiegare perché.
(d) Schematizzare e descrivere la microstruttura
9.65 La frazione di massa di ferrite eutettoide in una lega
risultante.
ferro-carbonio è 0.82. Sulla base di questa infor-
9.55 Calcolare le frazioni di massa di ferrite proeutettoi-
de e di perlite che si formano in una lega ferro----car- mazione è possibile determinare la composizione
bonio contenente 0.25% in peso C. della lega? Se sì, qual è la sua composizione? Se
9.56 La microstruttura di una lega ferro-carbonio è for- questo non è possibile. spiegare perché.
mata da ferrite proeutettoide e da perlite; le frazio- 9.66 Per una lega ferro-carbonio di composizione 5% in
ni di massa di questi due microcostituenti sono peso C-95% Fe, fornire uno schema della micro-
0.286 e O.714, rispettivamente. Determinare la con-
struttura che si potrebbe osservare, in condizioni di
centrazione di carbonio di questa lega.
raffreddamento molto lento, alle seguenti tempera-
9.57 Le frazioni di massa di ferrite totale e di cementite
totale in una lega ferro-carbonio sono, rispettiva- ture: l l 75°C, l 145°C e 700°C. Dare un nome alle
mente. .88 e 0.12. Si tratta di una lega ipoeutettoi- fasi ed indicare le loro composizioni (approssima-
de o ipereut<--- · ? Perché'? te).
Domande e prohlemi • 293

9.67 Spesso, le proprietà delle leghe multifasiche posso- delle fasi a e /3così come della struttura eutettica
no essere approssimate dalla relazione sono, rispettivamente, 11.2, 7.3 e 8.7 Mg/m 3 e (3)
questa micrografia rappresenta la microstruttura in
equilibrio a l 80°C.
9.69 Una lega di acciaio contiene 97.5% in peso Fe,
in cui E rappresenta una proprietà specifica (modu- 2.0% Mo e 0.5% C.
lo di elasticità, durezza, ecc.) e V è la frazione di (a) Qual è la temperatura eutettoide di questa lega?
volume. Gli indici a e {3denotano le fasi o i micro- (b) Qual è la composizione eutettoide?
costituenti presenti. Impiegare la suddetta relazione (e) Qual è la fase proeutettoide?
per determinare la durezza Brinell approssimata di Assumere che non vi siano cambiamenti nella posi-
una lega 99.80% in peso Fe-0.20% C. Assumere la zione delle curve relative alle altre fasi con l'ag-
durezza della ferrite e della perlite, rispettivamente, giunta del Mo.
di 80 e 280 e che le frazioni dì volume sia approssi- 9.70 Una lega di acciaio contiene 93.8% in peso Fe,
mativamente uguali alle frazioni di massa. 6.0% Ni e 0.2% C.
9'.68 In base alla micrografia (cioè alla quantità relativa (a) Qual è la temperatura eutettoide approssimativa
dei microcostituenti) della lega piombo-stagno di questa lega?
rappresentata in Figura 9.15 ed al diagramma di (b) Qual è la fase proeutettoide quando questa lega
fase Pb-Sn (Figura 9.7), stimare la composizione viene raffreddata ad una temperatura appena sotto
della lega e quindi confrontare questa stima con la l'eutettoide?
composizione data nella legenda della Figura 9.15. (e) Calcolare le quantità relative della fase proeu-
Fare le seguenti assunzioni: (1) la frazione d'area di tettoide e della perlite. Assumere che non vi siano
ciascuna fase e dei microcostituenti nella microgra- alterazione nella posizione delle curve relative alle
fia è uguale alla frazione di volume; (2) le densità altre fasi con l'aggiunta del Ni.
Perché studiare le Trasfonm,zioni ,li fose nei 1

;insieme delle proprietà meccaniche di un materiale grado di progettare un trai


l ottengono s1,esso mediante una trasformazione di produrre per una detcrmin
1se, ~he si realizza attraverso un trattamento tenni- caniche che si desideraE
o. Per descrivere l'influenza della temperatura e ambiente. Per esempio, la r
ella durata del trattamento necessari per realizzare lega ferro-carbonio di ,
~ trasformazioni di fase vengono impiegati diagramllli (O. 76% in peso di C) può ,
i fase opportunamente modificati. È importante 700 MPa a 2000 MPa, in
onoscere come usare questi diagram:mi per essere in termico utilizzato.
O bi f' tt i , i di a p p r t> n cl i 111 f' n I o

Dopo aver studiato questo capitolo, dovresti essere in grado di fare le seguenti cose:

I. Tracciare un diagramma trasformazione-tempo scuno dei seguenti microcostiluenti: perlite fine,


(su scala logaritmica) per una tipica trasformazio- perlile grossolana, sferoidite, bainile, martensite e
ne solido-solido; indicare le equazioni che descri- martensite rinvenuta. Spiegare brevemente,
vono questo comportamento. basandosi sulla microstruttura (o sulla struttura
2. Descrivere brevemente la microstruttura per cristallina), questi comportamenti.
ognuno dei seguenti microcostituenti che si trova- 4. Dati i diagrammi di trasformazione isotermica (o
no negli acciai: perlite fine, perlite grossolana, sfe- di trasformazione in raffreddamento continuo)
roidite, bainile, martensite e martensite rinvenuta. progettare un trattamento termico che produca
3. Indicare le proprietà meccaniche generali per eia- una determinata microstruttura.

10.1 II\TRODLZIOl\E

La versatilità dei materiali metallici trova ragione nell'ampio spettro di proprietà meccaniche
che essi possiedono e che si possono ottenere in vari modi. Nel Capitolo 7 sono stati discus-
si tre meccanismi di indurimento, precisamente mediante affinamento della dimensione del
grano, indurimento da soluzione solida ed incrudimento da lavorazione plastica. Oltre a que-
ste, sono disponibili altre tecniche di indurimento in cui le proprietà meccaniche dipendono
dalle caratteristiche della microstruttura.
Lo sviluppo della microstruttura delle leghe, sia monofasiche che bifasiche, comporta, in
generale, determinati tipi di trasformazione di fase - una modifica del numero e/o delle carat-
teristiche delle fasi. La prima parte di questo capitolo è dedicata ad una breve discussione di
alcuni principi basilari sulle trasformazioni delle fasi solide. Dal momento che la maggior
parte delle trasformazioni di fase non avvengono in modo istantaneo, viene anche presa in
considerazione la dipendenza dal tempo del progredire delle reazioni, o velocità di trasfor-
mazione. Segue poi una discussione sullo sviluppo delle microstrutture bifasiche nelle leghe
ferro-carbonio. Vengono quindi presentati diagrammi di fase modificati che consentono di
determinare la microstruttura che risulta da un determinato trattamento termico. Infine, ven-
gono presentati altri microcostituenti in aggiunta alla perlite e, per ognuno, vengono discus-
se le proprietà meccaniche.

DI FASE
TRASFORMAZIONI
10.2 COl\f:ETII DI BASR

Nella lavorazione dei materiali si incontrano numerose trasformazioni di fase importanti,


che implicano, in generale, modificazioni microstrutturali. Per facilitare la discussione, si
possono suddividere queste trasformazioni in tre classi. Di un gruppo fanno parte le trasfor-
mazioni che dipendono solo dalla diffusione, in cui non si verificano modificazioni sia nel
numero che nella composizione delle fasi presenti. A questo gruppo appartiene la solidifica-
zione di un metallo puro, le trasformazioni allotropiche, la ricristallizzazione e la crescita del
grano cristallino (vedi Sezioni 7.12 e 7.13).
Ad un altro gruppo di trasformazioni, che dipendono dalla diffusione, appartengono quelle
che prevedono variazioni di composizione delle fasi presenti e spesso anche del loro numero;
la microstruttura finale è in genere formata da due fasi. Di questo tipo è la reazione eutettoide,
descritta dall'Equazione 9.19; a questa si dedicherà ulteriore attenzione nella Sezione 10.5
Il terzo tipo di trasformazioni è quello senza diffusione, con cui si producono fasi meta-
stabili. A questa categoria appartengono le trasformazioni martensitiche, che si possono otte-
nere per alcuni acciai, come verrà discusso nella Sezione 10.5.

29.5
296 Capitolo 1 O / Trasformazioni di fase nei metalli

I 0.:1 LACINETICA DELLE REAZIOI\I IN FASE SOLIDA

Le trasformazioni allo stato solido non avvengono in genere istantaneamente, in quanto il


decorso della reazione può venire impedito da diversi ostacoli e si viene così a creare una
dipendenza temporale. Per esempio, poiché la maggior parte delle trasformazioni implica la
formazione di almeno una nuova fase, caratterizzata da composizione e/o struttura cristallina
diversa da quella da cui proviene, si deve attivare una ridistribuzione di atomi mediante dif-
fusione. La diffusione è un fenomeno che dipende dal tempo, come discusso nella Sezione
5 .4. Un secondo impedimento alla formazione di una nuova fase è l'aumento di energia asso-
ciato alla formazione dei bordi dei grani che si creano fra le fasi di origine e quelle prodotte.
Da un punto di vista microstrutturale, il processo iniziale che accompagna una trasforma-
zione di fase è la nucleazione - la formazione di particelle molto piccole (spesso submicro-
scopiche), o nuclei, della nuova fase, che poi si accrescono. Le posizioni favorevoli per la
formazione dei nuclei sono localizzate in corrispondenza delle imperfezioni, in particolare ai
bordi dei grani. Il secondo stadio è l'accrescimento, in cui i nuclei aumentano di dimensione;
naturalmente durante questo processo si assottiglia il volume della fase di origine. La tra-
sformazione si può completare solo se l'accrescimento delle particelle delle nuove fasi è in
grado di procedere fino a che si raggiunge la frazione di equilibrio.
Come ci si può aspettare, la dipendenza dal tempo della velocità di trasformazione (che
viene spesso chiamata la cinetica di una trasformazione) costituisce un aspetto importante
per il trattamento termico dei materiali. Con studi di cinetica si può misurare, ad ogni tem-
peratura (mantenuta costante durante la trasformazione), il decorso della reazione. In genere,
si può controllare il progredire della trasformazione sia attraverso un esame microscopico,
sia mediante la misura delle proprietà fisiche (come la conduttività elettrica), il cui valore
costituisce elemento di riconoscimento della nuova fase. I dati vengono diagrammati come
frazione di materiale trasformato in funzione del logaritmo del tempo; la curva a S della
Figura IO.I rappresenta il comportamento cinetico tipico per la maggior parte delle reazioni
in fase solida. Nella figura vengono indicati gli stadi di nucleazione e di crescita.
Per le trasformazioni in fase solida, che presentano il comportamento cinetico della
Figura 10.1, la frazione di materiale che viene trasformata, y è funzione del tempo t in base
alla seguente relazione:
y = L- exp(-kt")
( 10.1)

dove k ed n sono costanti indipendenti dal tempo per la particolare reazione. Questa espres-
sione viene spesso definita equazione di Avrami.

I.O
Fiu u, 1 O. I Andamento della fra-
:,._
zione di materiale trasformata in

funzione del logaritmo del tempo,
"'
E
tipico per diverse trasformazioni in
~ fase solida a temperatura costante.
f; 0.5
"'
e:
.Q
N
2
u...

o ,_ ____ ...,,::_
____ L_ _______ __J

I . .
Nucleazionel
'
Accrescimento

Logaritmo del tempo di riscaldamento, I


.I
10.4 Trasformazioni mwtifasiche . 297

100
.8
e;)
N
N 80
~
·;:: 60
'-'
·;::

.,"'
cii
e:
40

"'
'-'
:ii
20
c...

10 102 104
Tempo (min)
(Scala logaritmica)

Fu:,. Il\ I 0.2 Percentuale di ricristallizzazione in funzione del tempo ed a temperatura costante,
per il rame puro. (Ristampa autorizzata da Metalfurgical Transactions. Voi. 188, 1950, pubblica-
zione della The Metallugical Society of AIME, Warrendale, Pennsylvania. Da B.F. Decker and D.
Harker, "Recrystallization in Rolled Copper," Trans. A/ME, 188, 1950, p. 888.)

Per convenzione, la velocità r di una trasformazione è data dal reciproco del tempo richie-
slo pn 1;omplt:lan: metà dd processo di lrasfunnaziunc, 105 , u

l
r:;:;;-_- (l 0.2)
to.s

11valore t05 è riportato nella Figura I O.I.


La temperatura costituisce una variabile in un processo di trattamento termico controlla-
to e può avere una profonda influenza sulla cinetica e quindi sulla velocità di una trasfonna-
zione. Questo è dimostrato nella Figura 10.2, dove sono rappresentate curve ad S di y in fun-
zione del log t per diverse temperature di ricristallizzazione del rame.
Per la maggior parte delle reazioni e con intervalli di temperatura specifici, la velocità
cresce con la temperatura in accordo a

(10.3)

dove
R :;:;;
costante dei gas
T:;:;;temperatura assoluta
A =costante indipendente dalla temperatura
Q =energia di attivazione per la particolare reazione

Si deve richiamare l'attenzione sul fatto che il coefficiente di diffusione ha la stessa dipen-
denza dalla temperatura (Equazione 5.8). l processi le cui velocità presentano questa interre-
lazione con la temperatura sono talvolta definiti attivati termicamente.

TRASFORM .\ZIO'.\l 1\ffLTIFASICHE

Nei sistemi metallici si possono produrre trasformazioni di fase agendo sulla temperatura,
sulla composizione e sulla pressione; tuttavia il modo più conveniente per ottenere trasfonna-
zioni di fase è quello di variare la temperatura mediante trattamenti termici. Questo corri-
sponde, per una lega di determinata composizione, ad attraversare, nel diagramma di fase
298 • Capitolo 10 / Trasfonnazioni di fase nei metalli

composizione-temperatura, le curve che delimitano le fasi, mediante riscaldamento e raffred-


damento.
Nel corso di una trasformazione di fase, una lega procede attraverso stati di equilibrio,
caratterizzati sul diagramma di fase in base alle fasi prodotte, alle loro composizioni ed alle
loro quantità relative. La maggior parte delle trasformazioni di fase richiedono tempi finiti
per arrivare al completamento, per cui la rapidità o la velocità diventano spesso parametri
importanti per definire la relazione fra il trattamento termico e l'evoluzione della microstrut-
tura. Una limitazione dei diagrammi di fase è la loro incapacità ad indicare il periodo di
tempo richiesto per il raggiungimento dell'equilibrio.
La velocità di approccio all'equilibrio per i sistemi solidi è così lenta che vere strutture di
equilibrio si incontrano raramente. Le condizioni di equilibrio vengono mantenute solo se il ri-
scaldamento ed il raffreddamento sono condotti a velocità talmente basse da risultare imprati-
cabili. Per raffreddamenti diversi da quelli di equilibrio, le trasformazioni vr.:ngono traslate a
temperature più basse rispetto a quelle indicate dal diagramma di stato; per riscaldamento la
traslazione avviene verso le temperature più alte. Questi fenomeni sono chiamati, rispettiva-
mente, di sottorafTreddamento e di sovrariscaldamento. Il grado di ciascuno dipende dalla
rapidità con cui si cambia la temperatura; più rapido è il raffreddamento o il riscaldamento,
maggiore è il sottoraffreddamento o il sovrariscaldamento. Per esempio, per nonnali velocità
di raffreddamento, la reazione eutettoide del sistema f1::rro-carbonio viene tipicamente spo-
stata da l O a 20°C al di sotto della temperatura di trasformazione di equilibrio.
Per diverse leghe, importanti da un punto di vista tecnologico, lo stato o la microstruttu-
ra preferita è quella metastabile, che è intermedia tra lo stato iniziale di origine e quello di
equilibrio; all'occasione viene anzi desiderata una struttura lontana dallo stato di equilibrio.
Diventa quindi imperativo studiare l'influenza del tempo sulle trasformazioni di fase.
L'informazione cinetica è, in molti casi, più importante che non la conoscenza dello stato
finale di equilibrio.

VARIAZIONI
DELLAMICROSTRUTTURA
E DELLE
'
PROPRIETANELLELEGHEFERRO-CARBONIO
Vengono ora estesi ed applicati in modo particolare alle leghe ferro-carbonio alcuni dei prin-
cipi cinetici di base delle trasformazioni in fase solida, in cui si considerano le relazioni èhe
si vengono a detenninare fra trattamento termico, evoluzione della microstruttura e proprietà
meccaniche. È stato prescelto questo sistema non solo perché è familiare, ma anche perché
con le leghe ferro-carbonio (o acciai) è possibile ottenere una grande varietà di microstruttu-
re e di proprietà meccaniche.

10.5 DIAGR..A!\'E\H
DI TR.i\SFORMAZJO.l\"E
ISOTERMICA

PERLITE

Si consideri ancora la reazione eutettoide ferro-carburo di ferro

raffreddamento ::1.
y (0.76% in peso C)
riscaldamento
a (0.022 % in peso C)+ Fe 3C(6.70 % in peso C}i~

(9.19)
che è fondamentale per lo studio dello sviluppo della microstruttura negli acciai. Per raffred·
<lamento, l 'austenite, avendo una concentrazione in carbonio intermedia, si trasforma in una
fase ferrite, che ha un contenuto di carbonio molto più basso, ed in cementite, che ha con-
10.5 Diagrammi di trasformazione isotermica • 299

o 1-"u;cH, l O.~ Andamento


della frazione di materiale
trasformata, in funzione
.;,i
del logaritmo del tempo,
·e per la trasformazione del-
.;,i
V,
:, 1'austenite in perlite, per
"'
'o una lega ferro-carbonio di
50 ., composizione eutettoide
si
:,
1: (0.76% in peso di C).
<.i
\::'.
<.i
Ci..

100
10 103
fémpò (s)

centrazione in carbonio molto più alta. La perlite è un prodotto microstrutturale di questa tra-
sformazione (Figura 9.25) ed il meccanismo di formazione della perlite è stato discusso pre-
cedentemente (Sezione 9.14) e dimostrato nella Figura 9.26.
La temperatura svolge un ruolo importante sulla velocità di trasformazione austenite -per-
lite. La dipendenza dalla temperatura di una lega ferro-carbonio di composizione eutettoide è
indicata nella Figura 10.3, che riporta in diagramma le curve a S della percentuale di trasfor-
mazione in funzione del logaritmo del tempo per tre diverse temperature. I dati di ogni curva
sono stati ottenuti raffreddando rapidamente un campione, costituito da 100% di austenite, alla
temperatura indicata; quest'ultima viene mantenuta costante per tutta la durata della reazione.
Un modo più conveniente per rappresentare l'andamento della trasformazione, in funzio-

Cli
-~ (1)
100 FH;cH \ 10.-l Dimostrazione
e -
a...:.=
~ (U
:, c. Temperatura di Fine trasformazione
di come si possa ottenere un
"'
:.a.!:: trasformazione 675°C diagramma di trasformazione
a,~ 50 isotermica (in basso) misu-
-"E "' rando la percentuale di auste-
3
~-ti
o lnizio
~ f: trasiormaz ione nite trasformata in funzione
(I)
Ci..
- del logaritmo del tempo (in
o
10 alto). (Da H. Boyer, Editor
I
Tempo (s) Atlas of Isothermal
I I Transformation and Cooling
I I
I I Transformation Diagrams,
American Society for Metals,
Austenite (stab~-- -~ _-1L_
Temperatura eutettoid_ 1977, p.369.)
700 Austenite
(instabile)
I 1
--
-Jl.------- 1
600
Curva del 50% di trasformazione

\
500 ' Curva di fine trasformazione
(- 100% perlite)

Curva di inizio trasformazione


400 (- 0% perlite)

IO 10 3 10 5
Tempo (s)
300 • Capitolo 10 / Trasformazioni di fase nei metalli

ne sia del tempo che della temperatura, viene riportato nella parte inferiore della Figura 10.4.
In questo diagramma, gli assi verticale ed orizzontale sono quelli della temperatura e del
logaritmo del tempo, rispettivamente. Sono state tracciate due curve continue; una rappre-
senta il tempo richiesto, ad ogni temperatura, per l'inizio, o per far partire la trasfoTITYdzione;
l'altra per concludere la trasformazione. La curva tratteggiata corrisponde al 50% della tra-
sformazione. Queste curve vengono individuate da una serie di punti corrispondenti alla per-
centuale di trasformazione in funzione del logaritmo del tempo, per varie temperature. La
curva a S (alla temperatura di 675°C), nella parte superiore della Figura 10.4, illustra come
viene fatto il trasferimento dei dati.
Nell'interpretazione di questo diagramma si osserva anzitutto che la temperatura dell 'eu-
tettoide (727°C) viene indicata da una linea orizzontale; alle temperature superiori all'eutet-
toide, per tutti i tempi, esiste solo austenite, come indicato dalla figura. La trasfonnazione
austenite - per lite si verifica solo se una lega viene sottoraffreddata al di sotto del!' eutettoi-
de; come indicato dalle curve, il tempo necessario per iniziare e terminare la trasformazione
varia con la temperatura. Le curve di inizio e di fine trasformazione sono all'incirca paralle-
le e tendono asintoticamente all'isoterma eutettoide. A sinistra della curva di inizio trasfor-
mazione è presente solo l'austenite (che è instabile), mentre a destra della curva di fine rra-
sfomiazione esiste solo la perlite. Lo spazio tra le due curve rappresenta lo stadio in cui I 'au-
stenite si sta trasformando in perlite, per cui sono presenti entrambi questi microcostituenti.
In accordo con l'Equazione 10.2, la velocità di trasformazione ad una data temperatura è
inversamente proporzionale al tempo richiesto per ottenere il 50% della reazione di trasfor-
mazione (curva tratteggiata nella Figura I 0.4 ). Cioè, quanto più breve è questo tempo, tanto
più veloce è la reazione. Quindi, dalla Figura 10.4, a temperature appena inferiori ali' eutet-
toide (corrispondenti a pochi gradi di sottoraffreddamento) per far avvenire il 50% della tra-
sformazione, si richiedono tempi molto lunghi (dell'ordine di 105 s), per cui la velocità di rea-
zione è molto bassa. La velocità di trasformazione cresce con il diminuire della temperatura
in modo tale che a 540°C si richiedono solo 3 s per avere il 50% della reazione.
Questo comportamento velocità-temperatura è in apparente contraddizione con l'Equa-
zione 10.3, che stabilisce che la velocità cresce col crescere della temperatura. La ragione di
questa disparità è dovuta al fatto che, in questo intervallo di temperatura (tra 540° e ì27°C), la
velocità di trasformazione è controllata dalla velocità di nucleazione della per lire e la velocità
di nucleazione diminuisce all'aumentare della temperatura (minore sottoraffreddamq1to).
Questo comportamento può venire spiegato dall'Equazione 10.3, in cui l'energia di attiva-
zione Q per la nucleazione è funzione di, e cresce con, l'aumento di temperatura. Troviamo che
alle temperature più basse la trasformazione di decomposizione dell'austenite è controllata
dalla diffusione e che il comportamento della velocità è come previsto dall'Equazione 10.3,
con una energia di anivazione per la diffusione indipendente dalla temperatura.
Nell'uso di diagrammi, come quello di Figura 10.4, si devono tener presenti alcune limi-
tazioni. Anzitutto, questo particolare diagramma è valido solo per una lega ferro-carbonio di
composizione eutettoide; per altre composizioni le curve hanno differente configurazione.
Inoltre, questi diagrammi sono accurati solo per trasformazioni in cui la temperatura della
lega viene mantenuta costante per rutta la durata della reazione. Le condizioni di temperatu-
ra costante vengono chiamate isotermiche; quindi diagrammi come quelli di Figura 10.4 sono
detti diagrammi di trasformazioni isotermica, o anche diagrammi temperatura-tempo--
trasformazione (o T-T-T).
Nella Figura I 0.5 è stata tracciata, sul diagramma di trasformazione isotermica per una
lega ferro-carbonio eutettoide, una curva corrispondente ad un trattamento isotermico
(ABCD). li raffreddamento molto rapido dell'ausrenite a partire da una certa temperatura
viene indicata da una curva quasi verticale AB ed il trattamento isotermico a questa tempe-
ratura viene rappresentato dal segmento orizzontale BCD. Naturalmente, il tempo aumenta
lungo questa curva da sinistra verso destra. La trasformazione da austenite a perlite inizia al
10.5 Uiagrammi di trasformazione isolennica 301

l s 1 min 1h 1 Ciorno

Temperatura
A Austenite (stabile) eutettoide
121•c
-------- ----
700

Perlitc grossolana
Ferrite"

~
i:! B
g 600
~
E
i-"

500 Trasformazione Indica che sta avvenendo


111111111111111111111
Austenite - p,:,rlite una trasformazione

10 102
Tempo (sJ

1')Gt~-\ 10.5 Diagramma di trasformazione isotermica per una lega ferro-carbonio eutettoide,
con sovrapposta la curva relativa ad un trattamento isotermico (ABCD). Vengono riportate le
microstrutture prima, durante e dopo la trasformazione austenite-perlite. (Da H. Boyer, Editor,
Atlas <~f/sothermal Tran.~formationand Cooling Tran.~formationDiagrams, Amcrican Society for
Metals, 1977, p. 28.)

punto di intersezione C (dopo circa 3.5 s) e si completa in 15 s, in corrispondenza del punto


D. La Figura 10.5 riporta anche in modo schematico le microstrutture che si vengono a for-
mare nel tempo con il progredire della reazione.
La differenza di spessore delle lamine di ferrite e di cementite nella perlite è nel rapporto
di circa 8 a I. Tuttavia, lo spessore della lamina dipende dalla temperatura alla quale avviene
la trasformazione isotermica. Alle temperature appena inferiori all'eutettoide si producono,
per le due fasi di ferrite a e dì Fc 3C, lamine relativamente spesse; questa struttura è chiama-
ta perlite grossolana e la regione a cui si forma viene indicata a destra della curva di fine
trasformazione nella Figura 10.5. A queste temperature, le velocità di diffusione sono relati-
vamente elevate, per cui, durante la trasformazione illustrata nella Figura 9.26, gli atomi di
carbonio possono diffondere a distanze relati'-'amente lunghe, da cui ne risulta la formazione
di lamelle spesse. Col diminuire della temperatura. la velocità di diffusione del carbonio
diminuisce e le lamine diventano progressivamente più sottili. La struttura a lamine sottili
prodotta in vicinanza di 540°C viene chiamata perlite fine; come viene anche indicato nella
Figura 10.5. Rimane da discutere nella Sezione 10.7 la dipendenza delle proprietà meccani-
che dallo spessore delle lamelle. Nella Figura 10.6 si riportano le micrografie della perlite
grossolana e fine per una composizione eutettoide.
Per leghe ferro-carbonio di composizione diversa, insieme alla perlite coesiste una fase
proeutettoide (ferrite o cementite), come discusso nella Sezione 9.14. In tal caso nel dia-
gramma di trasformazione isoterma si devono inserire le curve corrispondenti alla trasforma-
zione proeutettoide. Nella Figura 10.7 viene riportata una parte di tale diagramma per una
lega al 1.13% in peso di C.
rossolana e (h) perlite fine. 3000 x. (Da K. M. Rall
'. and EnJ?ineering. p. 361. Copyright© 1976 by Ji
autorizzazione di John Wiley & Sons, Jnc.)

FIGrR..\ 10. 7 Diagramm,


trasformazione isoterm
per una lega ferro--<arbo
con 1.13% in peso di C;
peratura eutettoide austenite; C, cement
proeutettoide; P, perlite. (
- H. Boyer, Editor, Atlas
lsothermal Transformat
and Cooling Transformat
Diagrams, American Soci
for Metals, 1977, p.33.)

e sezione, ci si potrebbe ragionevolmente aspett


di cementite divenga via via più sottile mano a m,
isotermica si abbassa fino a quella in cui si for
che si verifica; dall 'austenite vengono prodotti a
costituenti che possono e:
mato bainite. Si è inoltre
sono esistere due tipi di t
la perlite, la microstruttm
tavia, la loro disposiziorn
Per temperature tra ci
li (strisce strette e sottili
cementite. Questa bainite
sono così fini che è possi
tronica della Figura 10.81

L 11\ I 0.8 (a) Micrografia elettronica a trasmisi


ma replica che mostra la struttura della bainite s
·e. Un grano di bainite va dall'angolo sinistro in t
angolo destro in alto ed è formato da particelle di
mgate e aghiformi entro una matrice di ferrite. La
circonda la bainite è martensite. (Per concessior
tals Handbook, Voi. 8, 8th edition, MetallogrG
1ctures and Phase Diagrams, American Societ:
tals, Materials Park, OH, 1973.) (b) Micrografia
lica a scansione che mostra la bainite inferiore ir
trice di martensite per un acciaio AISI, dopo tra
zione isotermica a 300°C. Viene riportato un dett;
1m grano di bainite inferiore. 2300x. (Da Joh
hoeven, Fundamentals of Physical Metallurgy, p.
pyright ©1975 by John Wiley & Sons, New 'I
tampa su autorizzazione di John Wiley & Sons, l1
304 • Capitolo JO / Trasformazioni di fase nf'i metalli

sinistra in basso a destra in alto); nella micrografia sono indicate le varie fasi presenti. La fase
che circonda la bainite è la martensite, alla cui descrizione è dedicata una sezione successiva.
Infine, con la bainite non si formano fasi proeutettoidi.
A temperature più basse, tra circa 200° e 300°C, il prodotto della trasformazione è la bai-
nite inferiore. Nella bainite inferiore la fase ferrite si presenta in forma di placche sottili
(anziché listelli come con la bainite superiore) ed all'interno di queste placche di ferrite si
formano sottili particelle di cementite (come barrette molto fini o lamine). La micrografia
elettronica della Figura 10.8h mostra la bainite inferiore; nella micrografia le placche di bai-
nite appaiono come strutture aghiformi e la fase che le circonda è la martensite. Le particel-
le di cementite, all'interno delle placche di bainite, sono così piccole da non poter essere·
risolte; il dettaglio, riportato con questa micrografia, illustra in modo schematico la struttura
di queste placche.
La dipendenza tempo - temperatura della trasformazione bainitìca può anche venire rap-
presentata sul diagramma di trasformazione isotermica. Questa si verifica a temperature infe-
riori a quelle in cui si forma perlite; le curve di inizio, di fine e di metà trasformazione conti-
nuano quelle relative alla trasformazione perlitica, come mostrato nella Figura 10.9, che
riporta il diagramma di trasformazione isotermica di una lega ferro-carbonio di composizio-
ne eutettica, esteso alle temperature più basse. Tutte e tre le curve sono a forma di C ed hanno
un "naso" al punto N, dove la velocità di trasformazione è massima. Come si può notare,
quando la perlite si forma al di sotto del naso - cioè dell'intervallo di temperatura tra circa
540° e 727°C - e quindi per trattamenti isotermici a temperature comprese fra circa 215° e
540°C, il prodotto di trasformazione è la bainite. Nella Figura 10.9 sono anche indicati gli
intervalli di temperatura in cui si forma bainite superiore ed inferiore.
Si può anche osservare che le trasformazioni perlitiche e bainitiche sono realmente com-
petitive con ogni altra trasformazione, e una volta che parti di una lega si sono trasformate in
perlite o bainite, non è più possibile trasformarle in altri costituenti a meno di non riscaldare
nuovamente per formare l'austcnite.

800r-----r---------,-----,----,------,-----, Fua-R.\ 10.9 Diagramma


A __.- Temperatura eutettoide di trasformazione isoter-

700
--------------------- mica di una lega
A
ferro-carbonio di compo-
sizione eutett ica, com-
prendente le trasformazio-
600
ni da austenite a perlite
(A-P) e da austenite a bai-
N nite (A- B ). (Da H. Boyer,
500
Editor, Arlas rl lsothermal
Tran.~formatìon and
400
Cooling Transformation
Dia1trams, American
Society for Metals, 1977,
300 - p.28.)

200 - 50%

100 ~--~--~--~---~--~--~
10-l 10 10;; 103 104 10 5
Tempo (s)
10 ..'i Diagrammi di trasformazione isotermica 305

Si deve inoltre sottolineare che la cinetica di trasformazione della bainite (sotto il naso
nella Figura 10.9) obbedisce all'Equazione 10.3; cioè la velocità (1/tu.s•Equazione 10.2) cre-
sce esponenzialmente con l'aumentare della temperatura. Anche le cinetiche di alcune tra-
sformazioni allo stato solido vengono rappresentate da queste curve caratteristiche a forma di
C (Figura 10.9).

SFEROIDITE

Se un acciaio con microstruttura perlitica o bainitica viene riscaldato e mantenuto ad una


temperatura inferiore all'eutettoide per un periodo di tempo sufficientemente lungo - per
esempio. a circa 700°C per 18 - 24 ore - si forma ancora un'altra microstruttura. che viene
chiamata sferoidite (Figura 10.1O). Al posto dell'alternanza di lamelle di ferrite e di cemen-
tite (perlite), o delle microstrutture osservate nelle bainiti. superiore ed inferiore, compare
una fase Fe 3C sotto forma di particelle sferiche disperse in una matrice continua di fase a .
Questa trasformazione si attua mediante una ulteriore diffusione del carbonio, senza produr-
re variazioni della composizione o delle quantità relative delle fasi di ferrite e di cementite.
La micrografia a pag. 294 mostra la perlite di un acciaio parzialmente trasformata in sferoi-
ditc. La forza guida per far avvenire questa trasformazione è la riduzione dell'area di confi-
ne tra le fasi a e Fe 3C. Le cinetiche dì formazione della sfcroìdltc non sono previste nei dia-
grammi di trasformazione isotermica.

:\IAKT.E:'<iSITE

Quando le leghe ferro-carbonio, una volta ponate in fase austenitica, vengono raffreddate
rapidamente (o temprate) fino ad una temperatura relativamente bassa (prossima a quella
ambiente), si forma ancora un altro microcostituente, o fase, denominato martensite. La
martensite è una struttura monofasica di non equilibrio che risulta dalla trasfonnazione senza
diffusione dell 'austenite. Si può dire che è un prodotto di trasformazione in competizione con
la perlite e la bainite. La trasformazione martensitica si verifica quando la velocità di tempra
è sufficientemente rapida in modo da prevenire la diffusione del carbonio. La diffusione por-
terebbe infatti alla formazione delle fasi ferrite e cementite.
La trasformazione manensitica non è ben conosciuta. Tuttavia, un gran numero di atomi
si muovono in tutto l'insieme, in modo tale che si verifichino solo lievi spostamenti di cia-
scun atomo rispetto a quelli adiacenti. Questo fa sì che l'austenite cfc subisca una trasforma-

..,,..,, •
vQ

~ . Jg
Q •
o
.. B.'

• .. ~. ·~ -~ .......
-..,•
Q
·,,;v:~~.
• •• . (
.,
tlU

u '.:o '
~
.. Il\...- • .Q 0,-.v . FIGI RA l O. JO Micrografia di un acciaio
con microstruttura sleroiditica. Le picco-
le particelle sono di cementite; la fase
o ·a o • .. ~ •• . _.•·lò·.
"- O • • ., I) -il• •• • •it I continua è ferrite a. IO00x. (Copyright
• ~.•i·=~._
........., • e .. .,_ • • •• I

o ~on ·o" .o·


' ·~n,.· • 1971 by United States Steel Corporation.)

P°. o~~[·

e . ·ero,.....:-..::-~4b
O

•e • ~I) 2:....._
.. _. ··~ •

- • u. -~
-9. 'JA;/

·1~
·Jcr...-•
·~_o~,oe-..~·,"•
~ · · o -· ....
O~
;..
.,.D
• V".• .._,•
~-
··
.

"Q o~· 1·· ~


·~.. ·.~.-~i
-- •--
••o cl • .... •· •
-!li
• ~~ .. ....
_.
~. o,, 111
...

'3!)'
e
'

- o~ .o O .....,I
o~.:.P· ~. •,
~ •. -" t>
jl.r,
~
.,.~
q() •• '... -e.~lf
o {$ .•. - -· . •
.• , -~ i>.d
..a. ' .. . o
f . od:.'\
,_ .
.•\) a o.•,,_~
0 ~ -.
l~• "'• I
..
-.
A.. .. .., •• ,'•o•·
'11 .•
• • • _
J.,
"1
.4

'O/ ~ "'~"-fllfJo :-. ~- ·o.. .I" ~·o •


•~ ~ OO " Q 6o '!\ • .o _o,:: 0
J.-- o oV::.,,.,__ · ·Il • Qil"r,.
306 • Capitolo l O / Trasformazioni di fase nei metalli

t'IGllt\ 10.11 Cella elementare tetragonale corpo-centra-


to di un acciaio martensitico in cui vengono rappresentati gli
atomi di ferro (cerchi) e le posizioni che possono essere
occupate dagli atomi di carbonio (croci). Per questa '2ella

T
I

e
*:u- elementare tetragonale, e > a.
I

l
I

zione polimoifa a una martensite tetragonale a corpo centrato (tee). Una cella unitaria di que-
sta struttura cristallina (Figura 10.11) è semplicemente un cubo corpo centrato che è stato
allungato lungo una sua dimensione; questa struttura è nettamente diversa da quella ccc della
ferrite. Tutti gli atomi di carbonio, presenti nell'austenite, rimangono nella martensite come
impurezze interstiziali; in tal modo, vengono a costituire una soluzione solida sovrasatura in
grado di trasformarsi rapidamente in altre strutture se riscaldata a temperature tali che vi
possa essere diffusione e che abbia una velocità apprezzabile. Alcuni acciai, comunque, man-
tengono a temperatura ambiente la loro struttura martensitica pressoché indefinitamente.
La trasformazione martensitica non è tuttavia propria solo delle leghe ferro carbonio. La
si trova anche in altri sistemi ed è caratterizzata, in parte, da trasformazione senza diffusione.
Poiché la trasformazione martensitica non comprende la diffusione, si verifica pressoché
istantaneamente; il grano di martensite nuclea e si accresce a velocità molto elevata - alla
velocità del suono entro la matrice austenitica. Ne consegue che la velocità di trasformazio-
ne martensitica, in pratica, è indipendente dal tempo.
Nelle leghe ferr~arbonio vi sono due distinte microstrutture martensitiche diverse: a
listelli e lenticolare. Per leghe contenenti meno dello 0.6% in peso di C, i grani di martensite
si formano a listelli (cioè come laminette sottili, come fili d'erba) che si formano lato per lato
e si allineano in modo parallelo le une alle altre. Inoltre, questi listelli sono raggruppati in
entità strutturali più grandi, chiamati blocchi; la morfologia di questa martensite a listelli (o
compatta) è rappresentata in modo schematico nella Figura 10. J 2.1 dettagli strutturali di que-
sto tipo di martensite sono troppo fini per essere rivelati da un microscopio ottico e si deve
quindi utilizzare un microscopio elettronico.
La martensite lenticolare (o a placchette) la si trova tipicamente nelle leghe ferro--carbo-

FtGl"R.A I 0.12 Diagramma schematico


rappresentante le caratteristiche micro-
strutturali della martensite a listelli o com-
patta.(Da A.R. Marder e J.I. Goldsteìn,
Editor, Phase transformations in Ferrous
Alloys, The Metallurgìcal Society of
AIME, 1984.)
10.5 Diagrammi di trasformazione isotermica • 307

FtUR-\. I 0.13 Micrografia rappresentante la


microstruttura lenticolare o martensite a plac-
che. I grani aghiformi sono la fase martensiti-
ca, e le regioni bianche sono l'austenite che
non si è trasformata durante la tempra. l 220x.
(Per gentile concessione della United States
Stccl Corporation.)

nio contenenti più dello 0.6% in peso di C. Con questa struttura i grani di martensite prendo-
no un aspetto aghiforme (cioè lenticolare) o a placchette, come indicato nella micrografia
della Figura l 0.13. Le parti scure rappresentano i grani di martensite lenticolare, mentre la
fase bianca è formata da austenite residua che non si è trasformata durante la tempra. I grani
a forma di aghi della martensite lenticolare si possono osservare anche nella tavola a colori F.
Si potrebbe notare che, come già stato menzionato, entrambi questi tipi di martensite così
come altri costituenti (es. perlite e bainite) possono coesistere.
Essendo una fase di non equilibrio, la martensite non appare nel diagramma di fase
ferro-carburo di ferro (Figura 9.22). La trasformazione austenite-martensite è invece rap-
presentato nel diagramma di trasformazione isotermica. Dal momento che la trasformazione
martensitica è istantanea e senza diffusione, in questo diagramma non viene riportata alla
stessa maniera delle reazioni perlitiche e bainitiche. L'inizio di questa trasformazione è rap-
presentato da un segmento orizzontale designato M(start) (Figura 10.14) Due altri segmenti
orizzontali e tratteggiati. designati M(50%) e M(90% ), indicano la percentuale di trasforma-
zione da austenite in martensite. Le temperature a cui questi segmenti sono localizzati varia-
no con la composizione della lega ma sono, comunque, relativamente basse in quanto la dif-
fusione del carbonio è praticamente inesistente. L'andamento orizzontale e lineare di questi
segmenti indicano che la trasformazione martensitica è indipendente dal tempo; è funzione
solo della temperatura a cui la lega viene temprata o ratlreddata rapidamente. Una trasfor-
mazione di questo tipo viene chiamata trasformazione atermica.
Si consideri una lega di composizione eutettoide che viene raffreddata rapidamente da
una temperatura superiore a 727°C a, per esempio, 165°C. In base al diagramma di trasfor-
mazione isotermica (Figura 10.14), si può notare che il 50% dell 'austenite viene trasformato
immediatamente in martensite; e per quanto a lungo venga mantenuta questa temperatura,
non si verifica alcuna ulteriore trasformazione.
La presenza di elementi di lega diversi dal carbonio (es. Cr, Ni, Mo e W) può produrre
sostanziali modifiche della posizione e dell'aspetto delle curve nei diagrammi di trasforma-
zione isotermica. Questo comprende (1) spostamento a tempi più lunghi del naso della tra-
sformazione da austenite a perlite (ed anche del naso della fase proeutettoide, se esiste) e (2)
la formazione di un naso separato di bainite. Si possono osservare queste alterazioni con-
frontando le Figure 10. 14 e 10.15, che presentano i diagrammi di trasformazione isotermica,
rispettivamente, per gli acciai al carbonio e per gli acciai legati.
A

M(50%)
-------------------------------·
M(90%)
----------------------------~--

IO
Tempo(,)

Temperatura eutctloidt'

A
10.5 Diagrammi tli trasformazione isotermi~a • 309

Gli acciai in cui il carbonio è l'elemento di lega•primario sono denominati acciai al car-
bonio, mentre gli acciai legati contengono quantità apprezzabili di altri elementi, includen-
do quelli citati nel precedente paragrafo. Nel Capitolo 12 si dirà di più sulla classificazione e
sulle proprietà delle leghe ferrose.

E~nwm m l'Hom.F.\I.\ 1O. I

Usando il diagramma di trasformazione isotermica per una lega ferro-carbonio di composi-


zione eutettica (Figura 10.14). specificare la natura della microstruttura finale (in termini di
microcostituenti pre~enti ed in quale percentuale approssimativa) di un piccolo campione che
ha subito i seguenti traltamenti temperatura-tempo. In ogni caso ipotizzare che il campione si
trova a 760°C e che è stato mantenuto a questa temperatura per un tempo sufficientemente
lungo per assumere una completa ed omogenea struttura austenitica.

(a) Rapido raffreddamento a 350°C. mantenimento per 10; s e tempra a temperatura ambien-
te.
( b) Rapido raffredd<1mento a 250°C. mantenimento per I 00 s e tempra a temperatura ambien-
te.
(e) Rapido raffreddamento a 650°C. mantenimento per 20 s, rapido raffreddamento a 400°C.
mantenimento per IOJ se tempra a temperatura ambiente .

.'Ìfl/.1 7.111.\L
I percorsi temperatura-tempo per tutti i tre trattamenti sono rappresentati in Figura 10.16. In
ciascun caso il raffreddamento iniziale è ahbastanza rapido per prevenire qualsiasi tra,fonna-
zione.

(a) A 350°C l'austcnite si trasforma isotermicamentc in hainite; questa reazione inizia dopo
circa IO se si completa dopo circa 500 s. Quindi, dopo 10-ls, come richiesto dal problema,
I 00% del campione è bainite e non sono possibili ulteriori trasformazioni, a meno che la curva
di tempra finale passi attraverso la regione marLt:nsiLica<lei<liagramma.

(b) In questo caso ci vogliono circa 150 s a 250°C per far iniziare la trasformazione bainitica,
e quindi dopo 100 s il campione è ancora con il 100% di austenite. Non appena si raffredda
entro la regione martensìtica, che inizia a 2 I 5°C, I' austenite si trasforma, progressivamente, in
modo istantaneo in martensite. Questa trasformazione si completa nel tempo impiegato a rag-
giungere la temperatura ambiente, in tal modo la microstruttura finale è formala dal 100% di
martensitc.

(e) In base alla curva isotermica a 650°C. la perlite inizia a formarsi dopo circa 7 s; trascorso
il tempo di 20 s, solo circa il 50% del campione si è trasformato in perlite. li rapido raffredda-
mento a 400°C è indicato dal segmento verticale: durante questo raffreddamento, molta del-
1'austenite rimanente viene trasformata in perlitc o bainite. a meno che la curva di raffredda-
mento non attraversi le regioni della perlite e della bainite del diagramma. A 400°C, inizia il
conteggio del tempo ripartendo da zero (come indicato nella Figura 10.16); così, trascorsi 10'
s. tutto il 50% dell'austenite rimanente si trasformerà completamente in bainitc. Per tempra
fino a temperatura ambiente non sarà possibile alcuna ulteriore trasfom1azione, in quanto non
è rimasta più austenite; così la microstruttura finale a temperatura ambiente è formata da 50%
di perlite e 50% di bainite.
Trasformazioni di fase nei metalli

aoo.----~-----.-------,---- .......
---...------,
A Temperatura eutettoide

700
-----------------------
(e)

p
600 A

500
B
A
2
e
3
~ 400
a;
e::.
E
~

300
(b)

200
M(50%)

M(90%)

100
(o cl (a)
I 00% 50% Perlite 100%
Martensite 50% Bainite Bainite
o L-----'------L----'-----__,__ ___ ..,___ _
10- 1 10 102 103 104 1(

Tempo (s)

F1f;nu I O. I 6 Diagramma di trasformazione isotennica per una lega fem


posizione eutettoide con i trattamenti isotermici (a), (b) e (e) dell'Esempio

H UI TRASFOR11AZIONEIN R.AFFREDDAMEl\"TOCOl\TlM

trattamenti isotermici non sono i più pratici da condurre in quanto si deve


ega sia raffreddata rapidamente da una temperatura superiore a quella dell
enuta a temperatura elevata. La maggior parte dei trattamenti termici degl
nvece il raffreddamento continuo fino a temperatura ambiente. Un diagra1
:ione isotermica è valido in condizioni di temperatura costante, per cui, J
he si verificano nel corso di una continua variazione di temperatura, il
·ssere modifo:ato. Per raffreddamento continuo, il tempo richiesto per far
e una reazione è ritardato. Così le curve isotermiche vengono traslate a te
temperature più basse, come indicato nella Figura 10.17 per una lega
omposizione eutettoide. Il grafico delle curve di inizio e fine reazione cos
hiamato diagramma di trasformazione in raffreddamento continm
ontrollo può essere mantenuto sulla velocità di variazione della temperatu
'ambiente di raffreddamento. Nella Figura 10. 18 sono state sovrapposte
reddamento, una veloce, l'altra lenta, sempre per un acciaio eutettoide. l
11iziadopo un periodo di tempo corrispondente ali 'intersezione della curv,
I O. 6 Diagrammi di trasformazione in raffreddamento continuo • 311

FIGl lt.\ I0.17 800 .-----,----r-----,------r---""""T---,


Sovrapposizione di un
diagramma isotermico e Temperatura eutettoide
di un diagramma di
trasformazione in
raffreddamento continuo
700 --------
per una lega
ferro---<:arbonio. 600
(Da H. Boyer, Editor,
Atlas of I sothermal Trasformazione in
Transformation and raffredda mento

Cooling Tran.~formation 500


Diagrams, American
Society for Metab, 1977,
2~
p.376.) 3
"' 400 ''
Q)
o.. ''
~
E
''
''
300 ''
' '\
200
M(50%)

M(90%)

100

O'------'-----L---~----'----...&...------'
10- 1 1 10 102 103 104 105
Tempo (s)

to con la curva di inizio reazione e si conclude dopo aver incrociato la curva di trasformazio-
ne completa. I prodotti microstrutturali per le curve di velocità di raffreddamento moderata-
mente rapida e lenta della Figura I 0.18 sono perlite fine e grossolana, rispettivamente.
Normalmente, non si forma bainite quando una lega di composizione eutettoide o un ac-
ciaio comune al carbonio che raggiunge questa composizione, viene raffreddato in modo con-
tinuo fino a temperatura ambiente. Questo avviene perché tutta l'austenite si sarà trasformata
in perlite prima che la trasformazione baìnitica diventi possibile. Così, la regione che rappre-
senta la trasformazione austenite-perlite terrnma appena sotto il naso (Figura 10.18) come in-
dicato dalle curve AB. Per curve di raffreddamento che passano attraverso AB nella Figura
10.18, la trasformazione si arresta al punto di intersezione; con raffreddamento continuato,
l'austenite non reagita inizia a trasformarsi in martensite dopo aver attraversato la curva
M(start).
Riguardo alla rappresentazione della trasformazione martensitica, le curve M(start),
M(50%) e M(90%) compaiono alle identiche temperature sia per i diagrammi di trasforma-
zione isotermica che per quelli di trasformazione in raffreddamento continuo. Questo si può
verificare per una lega ferro-carbonio di composizione eutettoide confrontando le Figure
10.14 e 10.17.
Per il raffreddamento continuo di un acciaio, si definisce una velocità dì tempra critica,
che rappresenta la minima velocità di raffreddamento necessaria per ottenere una struttura
completamente martensitica. Tale velocità di raffreddamento sfiorerà appena, nel diagramma
di trasformazione continua, il naso di inizio trasformazione perlitica, come illustrato nella
312 • Capitolo IO/ Trasformazioni di fase nei metalli

.l-'IUIIA 10.J8 800~------~---~---~---~--~


Sovrapposizione di curve
di raffreddamento Temperatura eutettoide

moderatamente rapido e
lento su un diagramma di 700
trasformazione in
raffreddamento continuo
per una lega 600
ferro-carbonio eutettoide.

500

2
2
:,
400
A -
Curva di
.,,...-""B

e raffreddamento
"
E
Q
moderatamente
~ rapido
300 (normalizzazione)

M (sta,t)

200
M(50%)
M(90%)
----------------------
100
~ lnd1ra un<,
rasiciiri1,lz,onedur,mte
·1 r,11fredclam~n10 Perli1e
Periite fine gros~olaria
o L------'-------'------'-------J...-----'-------'
10-l 10
Tempo(,)

Figura 10.19. La figura evidenzia anche che, per velocità di tempra maggiori di quella criti-
ca, si forma solo martensite; esiste inoltre una gamma di velocità entro cui si prudu<.:onosia
perlite che martensite. Infine, per basse velocità di raffreddamento si forma una struttura intt:;-
ramente perlitica.
Il carbonio e gli altri elementi di lega spostano a tempi più lunghi i nasi della perlite
(insieme alla fase proeutettoide) e della bainite, ne consegue che la velocità critica di raf-
freddamento diminuisce. Infatti, uno dei motivi di alligazione degli acciai è quello di facili-
tare la formazione di martensite in modo che si possano produrre strutture interamente mar-
tensitiche in un ampio spessore di sezione trasversale. La Figura 10.20 rappresenta il dia-
gramma di trasformazione in raffreddamento continuo per lo stesso acciaio legato, il cui dia-
gramma di trasfonnazione isotermica è riportato nella Figura 10.15. La presenza del naso di
bainite spiega la possibilità di formare bainite per trattamento termico in raffreddamento con-
tinuo. Le diverse curve di raffreddamento sovrapposte sul diagramma della Figura 10.20
indicano sia la vt:!Ol:itàdi raffreddamento critica, sia come la velocità dì raffreddamento
influenzi la trasformazione e la microstruttura finale.
È interessante osservare che la presenza di carbonio diminuisce la velocità critica di raf-
freddamento. Infatti, leghe ferro-carbonio con tenori di carbonio inferiori allo 0.25% in peso
di C, non vengono normalmente trattate termicamente per formare martensite in quanto sì
richiederebbe una velocità di tempra troppo elevata da realizzare praticamente. Altri elemen-
ti di lega particolarmente efficaci per rendere gli acciai trattabili termicamente sono cromo,
nichel, molibdeno, manganese, silicio e tungsteno; questi elementi devono comunque trovar-
si, al momento della tempra, in soluzione solida nell'austenite.
10.6 Diagrammi di lrasformazione in r

~.
,, ________ Temperatura eutettoic~e __

- \
\\
''
'\
\
\
''
\
\
\
\

\
\~ ,<&:,
\q \~
\~ \
Velocità \ \
critica di........-\ \
raffredda- \ \

,_____
_____
mento
________ I \
\ M(start)
I \
I \
I \
I \
I Martensite \
I + \
- Martcnsite-f-- Perlite __ l'erlitc
-+Jo+\..,,._ -

10 102
Tempo (s)

Temperatura cuteltoide ____ -~

-.., o> - ... , ',, -, ~tei


\'ul ' .,.,.e
\'2 ' .,.f·
\'d- \ \"·t' \ ustenite ~
\ ---..-~ Perlite
\ "Naso'' \ o \
\ b" .. \(;.) \ \
\ a1n:11rn O \ \
' ¾ '~--~~~a---~
'(\•
\ I \l';\'a',lo
lo
I I~ \ e",
Velocità I I I -.;;
critica di I \ ~ \
raffredda-~ Auslenile -+ B . ·1 I
mento I a1r I e 1

-----
M(startl Austenitc
I
-
I
----~-----~--,
Martensitc I \
I I

I
I I I
I I I I
I I I I
I I I IM+F+
I I I P+B
I I I
I M+ F I F+ P
--M- ~M+B
+B

10 10 3
Tempo (s)
314 • Capitolo I O / Trasformazioni di fase nei metalli

Riassumendo, i diagrammi di trasfonnazione continua ed isotermici sono, in un certo


senso, diagrammi di fase in cui è stato inserito il parametro tempo. Ogni diagramma viene
determinato sperimentalmente e si riferisce ad una lega di determinata composizione, mentre
le variabili sono la temperatura ed il tempo. Questi diagrammi consentono di prevedere la
microstruttura per trattamento termico a temperatura costante o in raffreddamento continuo,
rispettivamente.

10.7 CO.\IPORTA.ME1Yf0 :\IE(X:ANICODELLE LEGHE FERRO-<.:ARRONIO

Discuteremo ora del comportamento meccanico delle leghe ferro-<:arbonio che possiedono le
microstrutture fino ad ora discusse, e precisamente la perlite fine e grossolana, la sferoidite,
la bainite e la martensite. Se si eccettua la martensite, sono sempre presenti due fasi (ferrite e
cementite). Di seguito vengono pertanto illustrate le correlazioni microstruttura-proprietà
meccaniche che esistono per queste leghe.

PERLITE

La cementite è molto più dura ma più fragile della ferrite. Per cui al crescere della frazione di
Fe 3C in un acciaio, a parità di contenuto degli altri elementi microstrutturali, aumenterà la
durezza e la resistenza Questo effetto viene dimostrato nella Figura 10.21a, in cui viene
riportato in diagramma la resistenza a trazione, il limite di snervamento e la durezza Brinell
in funzione del percento in peso di carbonio (o del percento equivalente di Fe 3C), per gli
acciai costituiti da perlite fine. Tutti e tre i parametri aumentano con il carbonio. Dal momen-
to che la cementite è più fragile, al crescere del suo contenuto diminuisce sia la duttilità che
la tenacità (o energia di impatto). Questi effetti sono rappresentati, per gli stessi acciai a per-
lite fine, nella Figura I0.21 b.
Il comportamento meccanico del materiale dipende anche dallo spessore delle lamine di
ciascuna delle fasi di ferrite e di cementite della microstruttura. La perlite fine è più dura e
più resistente della perlite grossolana, come dimostrato nella Figura 10.22a, che riporta in
diagramma la durezza in funzione del contenuto di carbonio.
La ragione di questo comportamento risiede nei fenomeni che si verificano all'interfaccia
fra le fasi a e Fe 3C. Si osserva anzitutto che fra le due fasi vi è grande aderenza. Per cui, nelle
zone adiacenti l'interfaccia, la fase cementite, rigida e resistente, è in grado di contenere for-
temente la defonnazione della fase ferrite, più tenera; in tal modo si può dire che la cementi-
te va a rinforzare la ferrite. Il grado di rinforzo è sostanzialmente più alto nella perlite fine
perché è più grande l'area sviluppata dall'interfaccia fra le fasi, per unità di volume di mate-
riale. Inoltre i bordi delle fasi fungono da barriera al movimento delle dislocazioni molto più
che il bordo del grano (Sezione 7.8). Per la perlite fine vi è più bordo attraverso cui la dislo-
cazione deve passare durante la deformazione plastica. In tal modo, un rinforzo più grande ed
una maggiore limitazione al movimento delle dislocazioni spiegano la maggiore durezza e la
migliore resistenza della perlite fine.
La perlite grossolana è più duttile della perlite fine, come illustrato nella Figura 10.22b,
che riporta in diagramma l'area di riduzione percentuale in funzione del contenuto di carbo-
nio per i due tipi di strutture. Si osserva che la maggiore restrizione alla deformazione plasti-
ca viene data dalla perlite fine.

SFEROIDITE

Altri elementi della microstruttura sono collegati alla forma ed alla distribuzione delle fasi.
Da questo punto di vista, la fase cementite ha forma e disposizione notevolmente differenti
nelle strutture della perlite e della sferoidite (Figure 10.6 e 10.10). Le leghe a microstruttura
Percento Fc,C

-., 3 6 9 12 15
a.. Percento Fe.C
::;;
3 6 9 12 15
1200 120 -- Perlite + Ferrite
Perlite
Perlite + Ferrite 80
1100 350 +

o
e
Q)
E
1000

300
100
- Energia dì
impatto lzod
Fe,C

60 en
'S
"'
è':
Q)
900 :::::
80 !:'o
-e,
fl, .~ o
à:i !::'
ii 800 ~ o
40 t<
-~
E
250 "'
;:j :~ "'
D.
:,
i!!
<:.)
700 -e, :i 60 -~
Q)
,:: '6 o 'o
o
-;;; Q) 20 .§"'
b 600 200§ Q)
e:
"' z 40
LU

"'
N
e: 500
,e!
.,, o
-~ 150
C<'.
400 20
Allungamento
300
100
o(
0.2 0.4 0.5 0.8 1.0 0.2 0.4 0,6 0,8 1.0
Composizione(% in peso C) Composizione (% in peso C)
(a) (b)

F11;1 R\ I O.:! I (a) Resistenza a trazione, limite di snervamento e durezza Brine in funzione del contenuto di carbonio, per acciai
comuni al carbonio con microstruttura di perlite fine. (b) Duttilità (A% e C%) ed i !rgia dì impatto lzod in funzione del contenuto di
carbonio per acciai comuni al carbonio çun microstruttura di perlite fine. (Dati presi t Metals Handbook: Heat Treating, Voi. 4, 9th edì-
tion, V. Masseria, Managing Editor, American Society for Metals, 1981, p. 9.)
316 • Capilolo l O / Trasformazioni di fa!òc nei metalli

Percc"nto Fc,C

90 or---3,-- __ 6,--__ 9.---__ 1....


2__ --,1s
Percento Fe,C

80

70
280 30

60
25 HRB
--.; 240 - 100
~
e
20 ~ 50
~
~ :~
2 200 s 40
e
·e: ~
"' 160 N 30
E 80 ::,2::
::,
7: o
70 20
120
60
10
80

o 0.2 0.4 0.6 0.8 1.0 0.2 0.4 0.6 0.8 I.O
Composizione 1% in peso C) Composizione l'¼, in peso C)
~ M
F1u H\ I 0.22 (a) Durezza Brinell e Rockwell in funzione del tenore di carbonio per acciai
comuni al carbonio con microstruttura di perlite fine, di perlite grossolana e di sferoidite. (b)
Duttilità (C%) in funzione del tenore di carbonio per acciai comuni al carbonio rnn microstruttu-
ra di perlite fine, di perlite grossolana e di sferoidite. (Dati presi da Metal.,- Handbook: Heat
Treating. Voi. 4, 9th cdition, V. Masseria, Managing Editor, American Society lor Metals, 1981,
pp.9e 17.)

perlitica hanno maggiore resistenza e durezza rispetto a quelle a struttura sferoidica. Nella
Figura 10.22a viene confrontata la durezza in funzione del tenore di carbonio per i tipi di
struttura perlitica e sferoidica. Anche questo comportamento viene spiegato come dovuto ad
un effetto di rinforzo e dì impedimento al movimento delle dislocazioni attraverso le super-
fici dì separazione tra la ferrite e la cementite, come discusso in precedenza. Nella sferoidite
c'è meno interfaccia per unità di volume, per cui viene meno ostacolata la deformazione pla-
stica ed il materiale diviene meno duro e meno resistente. Infatti, fra tutti gli acciai, quelli
meno duri e meno resistenti hanno microstruttura sferoidica.
Come ci si può aspettare, gli acciai sferoìdici sono estremamente duttili, molto più di
quelli a perlìte grossolana o fine (Figura 10.22h). Inoltre, sono notevolmente tenaci perché
ogni cricca, propagandosi nella matrice duttile di ferrite, può incontrare solo frazioni molto
piccole di particelle di cementire fragile.

BAL\ITE

Gli acciai bainitici, avendo una struttura più fine (cioè con particelle di ferrite-a e dì Fe3C più
minute). sono generalmente più duri e resistenti degli acciai perlitici; mostrano inoltre una
favorevole combinazione di resistenza e duttilità. La Figura 10.23 fa vedere l'influenza della
temperatura di trasformazione sulla durezza e sulla resistenza a trazione di una lega
Tl'mperatura di trasìormazionl' ("C)

Jonìo di composizione eutettoide: nella par


di temperatura in cui si fonna perii te e bain
ermica per questa lega, Figura 10.9).

\SIT.E

ie microstrutture che è possibile ottenere in


a e la più resistente e, per giunta, anche la~
t durezza dipende dal contenuto di carbon
1clla Figura I 0.24, che riporta la durezza de

Percentuale Fc,C
3 6 9 12

o 0.2 0.4 0.6 0.8


Compo,izione (% in peso C)
318 • Capitolo l O / Trasformazioni di fase nei metalli

zione della percentuale in peso di carbonio. A differenza degli acciai perlitici, la resistenza e
la durezza della martensite non sono correlate con la microstruttura. Queste proprietà sono
piuttosto da attribuire all'efficacia che hanno gli atomi di carbonio in posizione interstiziale
nell'ostacolare il movimento delle dislocazioni (come un effetto soluzione solida, S6zione
7 .9) ed agli scarsi sistemi di scorrimento (lungo i quali si muovono le dislocazioni) per le
strutture tee.
L'austenite è leggermente più densa della martensite e quindi, durante la trasfonnazione
di fase a seguito della tempra, si verifica un deciso aumento dì volume. Di conseguenza,
pezzi di dimensione relativamente grande, se temprati rapidamente, possono fessurarsi a
seguito di tensioni interne; questo costituisce un problema specialmente quando il contenuto
di carbonio è maggiore dello 0.5% in peso.

10.8 l\1ARTENSITF: Hl'\ VF.!\ llTA

Nello stato temprato la martensite, oltre ad essere molto dura, è anche così fragile da non
poter essere utilizzata per molte applicazioni; inoltre, le tensioni interne, che possono essere
state introdotte con la tempra, hanno effetto di indebolimento. È tuttavia possibile, con un
trattamento termico conosciuto come rinvenimento, aumentare la duttilità e la tenacità della
martensite e rimuovere le tensioni interne.
Il rinvenimento è realizzato riscaldando un acciaio martensitico ad una temperatura infe-
riore all'eutettoide per un determinato periodo di tempo. Normalmente, il rinvenimento viene
condotto alle temperature comprese fra 250° e 650°C; va rilevato, tuttavia, che tensioni inter-
ne possono essere rimosse anche a temperature minori di 200°C. Il trattamento termico di rin-
venimento consente, in base a processi di diffusione, la formazione di martensite rinvenu-
ta, in accordo alla reazione

martensite (tee, monofasica) - martensite rinvenuta (fasi a+ Fe 3C)


(10.4)

in cui la martensite tee monofasica, sovrasatura di carbonio, si trasforma in martensite rinye-


nuta, che è costituita dalle fasi di ferrite stabile e di cementite, come indicato nel diagramma
di fase ferro-carburo di ferro.
La microstruttura della martensite rinvenuta è formata da particelle di cementite estrema-
mente piccole ed uniformemente disperse in una matrice continua di ferrite. Questa micro-
struttura è simile a quella della sferoidite, ma in questo caso le particelle di cementite sono
molto, ma molto più piccole. Nella Figura 10.25 viene presentata una micrografia elettronica
della microstruttura della martensite rinvenuta ad ingrandimento molto elevato.
La martensite rinvenuta può essere dura e resistente quasi come la martensite, ma con dut-
tilità e tenacità sostanzialmente accresciute. Per esempio, nella Figura 10.24, che descrive
l'influenza del contenuto di carbonio sulla durezza, è stata anche riportata la curva relativa
alla martensite rinvenuta. La buona durezza e resistenza possono essere spiegate in base alla
grande superficie, per unità di volume, dell'interfaccia ferrite-cementite, che si viene a for-
mare con particelle di cementite, molto fini e numerose. Inoltre, la fase dura di cementite va
a rinforzare la matrice di ferrite lungo l'interfaccia e questa interfaccia agisce anche da bar-
riera al movimento delle dislocazioni durante la deformazione plastica. La fase continua di
ferrite è anche molto duttile e relativamente tenace e questo spiega il miglioramento di que-
ste due proprietà per la martensite rinvenuta.
La dimensione delle particelle di cementite influenza il comportamento meccanico della
martensite rinvenuta; al! 'aumentare della dimensione delle particelle diminuisce la superficie
10.8 Martensite rinvenuta 319

Ft<.tH.\ I 0.2.; Micrografia


elettronica di martensite rin-
venuta. Rinvenimento a
600°C. Le piccole particelle
sono formate da cementite;
mentre la matrice è ferrite a.
9300x (Copyright 1971 by
United States Steel
Corporation.)

dell'interfaccia ferrite-cementite e, di conseguenza, il materiale risulta meno duro e resisten-


te anche se più tenace e più duttile. La dimensione delle particelle di cementite dipende da
come si conduce il trattamento termico di rinvenimento. Le variabili del trattamento termico
sono la temperatura ed il tempo, e la maggior parte dei trattamenti sono processi a tempera-
tura costante. Poiché nella trasformazione martensite-martensite rinvenuta viene interessata
la diffusione del carbonio, all'aumentare della temperatura si accelera la diffusione, la velo-
cità di crescita delle particelle dì cementite e, di conseguenza, la velocità di addolcimento.
Nella Figura 10.26 viene rappresentata l'influenza della temperatura di rinvenimento sulla
resistenza a trazione, sul limite di snervamento e sulla duttilità di un acciaio legato. Prima del

FIGl Il\ I 0.26


Influenza della
temperatura di
rinvenimento sulla
resistenza a trazione, sul
limite di snervamento e
sulla duttilità (C %) per "' 1800
Cl.
un acciaio legato (tipo L
4340), temprato in olio. o
e
(Figura gentilmente ~c., 1600
fornita da Republic Steel >
oi
Corporation.) Si
~
-~ 1400
-~
Cl
C)

.9 1200
N
60
g
nl

"'
N 50 l
~
<l,
1000 e:
o
·i"' 40
";:;j
·.s
Cl:'.
Strizione V,

800
30

200 300 400 500 600


Temperatura di rinvenimento (0 ()
320 • Capitolo JO / Trasformazioni di fase nei metalli

t't(;(lt-\ J0.27
1 min 1h 1 gior;iu
Influenza della durata del 70
rinvenimento sulla
durezza per un acciaio al 65 700
carbonio eutettoide (tipo 205°c
1080), temprato in acqua.
(Da Edgard C. Bain, 60
31s c
0
600
Functions of the Alloying u a;
.:::
Elements in Steel. ""
I 55 c:Ì:i
American Socicty for $ a; '""
.',J

Metals, 1939. p. 233.) -"'u "


2
e 50 -@
""
,.,,
',J
e)

-~
"::,
i:: 45 E
::,
~ 400 z
40

35
300
I
30
101 102 10 3
Tt'mpo (s)

rinvenimento, per ottenere la struttura martensitica il materiale è stato temprato in olio; la


durata del rinvenimento. per ogni temperatura considerata. era di un'ora. Questo tipo di dati
sul rinvenimento sono in genere fomiti dal produttore dell'acciaio.
Nella Figura 10.27 viene illustrata. per un acciaio di composizione eutettoide temprato in
acqua. la dipendenza della durezza dal tempo di trattamento alle diverse temperature; la scala
del tempo è logaritmica. La durezza diminuisce all'aumentare del tempo, in relazione con la
crescita e la coalescenza delle particelle di cementite. A temperature prossime all'eutettoide
(700°C) e dopo diverse ore di trattamento, la microstruttura diventa sferoidica (Figura
I O.I 0), con voluminosi sferoidi di cementite annegati in una fase continua di ferrite. Ne co11-
segue che la martensite sovrarinvenuta è relativamente tenera e duttile.

FRAGILIT\ HA RI!\\ E-'l\lE~TO

Il trattamento di rinvenimento può, per alcuni tipi di acciai. portare ad una diminuzione di
tenacità, come si rileva con prove di impatto (Sezione 8.6); a questo fenomeno si dà il nome
di fragilità da rinre11imento. Il fenomeno si verifica quando l'acciaio viene rinvenuto ad una
temperatura superiore a circa 575°C e poi raffreddato lentamente fino a temperatura ambien-
te, o quando il rinvenimento è condotto a temperature comprese fra circa 375° e 575°C. Si è
rilevato che gli acciai suscettibili di fragilità da rinvenimento contengono quantità apprezza-
bili di determinati elementi di lega, quali manganese. nichel o cromo. oltre a piccole quantità
di impurezze, come antimonio, fosforo, arsenico e stagno. presenti insieme o singolarmente.
La presenza di questi elementi fa spostare la temperatura di transizione duttile-fragile verso
valori sensibilmente più alti; in tal modo alla temperatura ambiente ci si viene a trovare al di
sotto di questa transizione, e quindi in regime di fragilità. Si è osservato che la propagazione
delle cricche nei materiali così infragiliti è di tipo intergranulare; l'andamento della frattura
segue cioè i bordi dei grani della fase austenitica che fa da precursore. È stato anche rilevato
che elementi di lega e di impurezza tendono a segregare preferenzialmente in queste regioni.
Sommario • 321

F1(;nu I 0.2B Le trasformazio-


I Au,tenitc ni possibili basate sulla decom-
posizione dell'auslenite. Le frec-

Raffreddamento
/ l \\
Raffredd,imento Tempra
ce in tratto continuo riguardano
le trasformazioni con diffusione,
mentre le frecce tratteggiate le
lento moderato rapirla
trasfom,azionì senza diffusione.
\
\
....
Pcrlile (n + Fe,C) + Bainite Martensite
una fase (fasi a+ Fe,C) (fase tee)
proeutettoidc

\
Riscalrlamento

M,Hlensite rinvenuta
:ìasi u + Fe,CJ

La fragilità da rinvenimento può essere evitata (I) agendo sulla composizione e/o (2) con-
ducendo il rinvenimento al di sopra di 575° o al di sotto di 375°C, facendo seguire una tem-
pra fino a temperatura ambiente. La tenacità degli acciai che sono stati infragiliti può essere
sensibilmente migliorata per riscaldamento a circa 600°C e quindi rapido raffreddamento per
portarsi al di sotto dei 300°C.

10.9 RIEPILOGO DELLE TRASFORUAZIO:',l l)J FASE


PER U: LEGIIF. FERRO-C.\RBO~ IO

In questo capitolo sono state discusse le diverse differenti microstrutture che si possono pro-
durre nelle leghe ferro-carbonio con i traltamenti termici. Nella Figura J0.28 vengono sche-
matizzaci i modi di trasformaLione che producono le varie microstrutture. Qui si è assunto
che la perlite, la bainite e la martensite provengano da trattamenti di raffreddamento conti-
nuo; inoltre, che la formazione di bainite sia possibile solo per gli acciai legati (non per quel-
li comuni ai carbonio) come evidenziato in precedenza.

SOl11IA.RJ
O ---- ----------
Le tematiche trattate in questo capitolo sono le trasformazioni di fase nei metalli - le modifi-
cazioni della struttura delle fasi o microstruttura - e la loro influenza sulle proprietà mecca-
niche. Alcune trasformazioni prevedono fenomeni di diffusione, il che significa che il loro
decorso dipende dal tempo. Sono stati pertanto approfonditi alcuni concetti cinetici fonda-
mentali, includendo la relazione fra grado di completezza della reazione e tempo, la nozione
di velocità di trasformazione e come la velocità dipenda dalla temperatura.
Da un punto di vista pratico, i diagrammi di fase sono molto limitativi per le trasforma-
zioni che avvengono nelle leghe multifasiche, in quanto non danno informazioni sulla velo-
cità di trasformazione delle fasi. L'elemento tempo è invece presente sia nei diagrammi di
trasformazione isoterma sia nei diagrammi di trasformazione in raffreddamento continuo; il
procedere della trasformazione viene espresso. per una specifica lega. in funzione della tem-
322 • Capitolo 10 / Trasformazioni di fase nei metalli

peratura e del tempo trascorso, a temperatura costante e per trattamenti in raffreddamento


continuo, rispettivamente. Sono stati riportati i due tipi di diagrammi per alcune leghe di
acciaio e ne è stata discussa la utilità per quel che riguarda la previsione dei prodotti micro-
strutturali.
Negli acciai possono essere presenti diversi microcostituenti, la cui formazione dipende
dalla composizione e dal trattamento tennico. Di questi microcostituenti fanno parte la perii-
te fine e grossolana e la bainite (superiore ed inferiore), che sono formati dalle fasi ferrite e
cementite e risultano dalla decomposizione dell 'austenite mediante processi di diffusione. Se
si tratta termicamente un acciaio, costituito da una delle suddette microstrutture, ad una tem-
peratura appena inferiore ali 'eutettoide, si può formare una microstruttura di sferoidite (sem 0

preformata dalle fasi ferrite e cementite). Vengono infine messe a confronto le caratteristi-
che meccaniche degli acciai perlitici, bainitici e sferoiditici, che vengono anche interpretate
in funzione dei microcostituenti presenti negli acciai.
Un altro prodotto di trasformazione degli acciai è la martensite, che si ottiene raffred-
dando molto rapidamente l'austenite. Si tratta di una struttura metastabile monofasica che si
può produrre negli acciai mediante trasformazione dell'austenite in modo pressoché istanta-
neo e senza diffusione. La martensite si può presentare con due differenti morfologie (a listel-
li e lenticolare). Il decorso della trasformazione dipende dalla temperatura piuttosto che dal
tempo e può venire rappresentata sia sui diagrammi isotermici che di raffreddamento conti-
nuo. Inoltre, l'aggiunta di elementi di lega ritarda la velocità di formazione della perii te e
della bainite, rendendo in tal modo la trasformazione martensitica più competitiva. Da un
punto di vista meccanico, la martensite è estremamente dura; l'impiego è tuttavia limitato a
causa della fragilità. Un trattamento termico di rinvenimento fa aumentare la duttilità a sca-
pito della resistenza e della durezza. Nel corso del rinvenimento la martensite si trasforma in
martensite rinvenuta, che consiste delle fasi di equilibrio ferrite e cementite. Per rinvenimen-
to alcuni acciai tendono a diventare fragili, se contengono determinati elementi di lega e di
impurezza e se il rinvenimento viene effettuato entro determinati intervalli di temperatura.

TE R \111\ I E CO 1' (:ETTI DI PO H T A'° TI

Acciaio al carbonio Martensite Trasformazione atermica


Acciaio legato Martensite rinvenuta Trasfonnazione attivata termicamente
Bainite Nucleazione Trasfonnazione di fase
Cinetiche Perlite fine Velocità di trasformazione
Diagramma di trasformazione in Perlite grossolana
raffreddamento continuo Sferoidite
Diagramma di trasformazione Sottoraffreddamento
isotermica Sovrariscaldamento

BlllLJOGRAFlA

Atkins, M., Atlas of Continuous Coo/ing Transformation Brophy, J.H., R.M. Rose, and J. Wulff, The Structure and
Diagrams for Engineering Steels, British Steel Properties of Materials, Voi. II, Thermodynamics
Corporation, Sheffield, England, 1980. of Structure, John Wiley & Sons, New York, 1964.
Atlas od lsothermal Transformation and Cooling Riprodotto da Books on Demand, Ann Arbor, ML
Transformation Diagrams, American Society for Porter, D.A. and K.E. Easterling, Phase Transformations
Metals, Metals Park, OH, 1977. in Metals and Al/oys, Van Nostrand Reinhold
Brooks, C.R., Principles of the Heat Treatment of Plain (lntemational) Co. Ltd., Workingham, Berkshire,
Carbon and Low Alloy Steels, ASM lnlt:maLional, England, 1981. Riprodotto da Chapman and Hall,
Materials Park, OH, 1996. New York, 1992.
Domande e problemi • 323

Shewmon, P.G., Transformations in Metal.i·, McGraw- Materials Park, OH, 1991.


Hill Book Company, New York, 1969. Riprodotto Vander Voort, G. (Editor), Atlas of Time-Temperature
da Williams Book Company, Tulsa, OK. Diagrams for Nonferrous Alloys, ASM
Vander Voort, G. (Editor), Atlas of Time-Temperature International, Materials Park, OH, 1991.
Diagramsfor Jrons and Stee/s, ASM lntemational,

DOXlA'"D.E E PROBLE'.Ul

Frazione ricristallizz.ata Tempo (s)


10.1 Citare due stadi del processo di formazione di par-
ticelle di una nuova fase. Descriverli brevemente.
0.20 13.1
10.2 Per alcune trasformazioni che hanno cinetiche che 0.70 29.1
obbediscono all'equazione di Avrami (Equazione
10.1), il parametro n assume il valore di 1.7. Se
10.7 (a) Dalle curve della Figura 10.2 ed usando
dopo 100 s la trasformazione è completata al 50%,
l'Equazione 10.2, determinare la velocità di ricri-
quanto tempo (tempo totale) ci vuole perché si
stallizzazione per il rame puro alle diverse tempe-
completi al 99%?
rature.
10.3 Calcolare la velocità delle reazioni che obbedi- (b) Graficare il ln(velocità) in funzione del reci-
scono alle cinetiche di Avrami, assumendo che le proco della temperatura (in K-') e determinare
costanti n e k abbiano valori di 3.0 e 7 x 10-3, l'energia di attivazione del processo di ricristalliz-
rispettivamente, con il tempo espresso in secondi. zazione. (vedi Sezione 5.5.)
10.4 È noto che le cinetiche di ricristallizzazione per (e) Stimare, per estrapolazione, il tempo richiesto
talune leghe obbediscono all'equazione di Avrami per ricristallizzare, a temperatura ambiente
e che il valore di n nell'esponenziale è 2.5. Se, ad (20°C), il 50%.
una data temperatura, la frazione ricristallizzata è 10.8 Quali sono i due principali limiti del diagramma
0.40 dopo 200 minuti. determinare la velocità di di fase ferro-carburo di ferro, per quel che riguar-
da i trattamenti termici e l'evoluzione della micro-
ricristallizzazione a questa temperatura.
struttura?
10.5 Le cinetiche di trasformazione da austenite in per-
10.9 (a) Descrivere brevemente il fenomeno di sovrari-
lite obbediscono alla relazione di Avrami. Usando
scaldamento e di sottoraffreddamento.
i dati di frazione trasformata-tempo della tabella, (b) Perché si verificano?
determinare il tempo totale richiesto per trasfor- 10.10 Supponi che un acciaio di composizione eutettoi-
mare il 95% di austenite in perlite: de venga raffreddato a 550°C da 760°C in meno
di 0.5 s e mantenuto a questa temperatura.
Frazione trasformata Tempo (s) (a) Quanto ci metterà il 50% di austenite a tra-
sformarsi in perlite? Ed il 100%?
0.2 12.6 (b) Stimare la durezza della lega una volta tra-
0.8 28.2 sformata completamente in perlite.
10.11 Spiegare brevemente perché la velocità di reazio-
ne della trasformazione da austenite in perlitc,
10.6 Nella tabella sono riportati i dati della frazione
come riportato nella Figura 10.5 ed in base
ricristallizzata in funzione del tempo di ricristal-
all'Equazione 10.2, diminuisce al crescere della
lizzazione a 600°C di un acciaio in precedenza temperatura, in apparente contraddizione con
deformato. Ponendo che le cinetiche di questo l'Equazione 10.3.
processo obbediscano alla relazione di Avrami, 10.12 Definire brevemente le differenze di microstruttu-
determinare la frazione ricristallizzata dopo un ra e di proprietà meccaniche della perlite, della
tempo totale di 22.8 minuti. bainite e della sferoidite.
324 • Capitolo 10 / Trasfonnazioni di fase nei metalli

10.13 Qual è la forza guida per la formazione di sferoi- (Figura 10.29), determinare la microstruttura fina-
dite? le (come microcostituenti presenti) di un piccolo
10.14 Utilizzando il diagramma di trasfonnazione iso- campione sottoposto ai seguenti trattamenti tem-
termica per una lega ferro-carbonio di composi- peratura-tempo. In ciascun caso assumere èhe il
zione eutettoide (Figura 10. 14 ), specificare la campione si trovi a 845°C e vi sia stato abbastan-
natura della microstruttura finale (come tipo di za a lungo per poter assumere una completa ed
microcostituenti e loro presenza percentuale omogenea struttura austenitica.
approssimativa) di un piccolo campione, sottopo- (a) Raffreddamento rapido a 250°C, manteni-
sto ai seguenti trattamenti temperatura-tempo. In mento per I 0 3 s, quindi tempra a temperatura
ciascun caso assumere che il campione si trovi a ambiente.
760°C e vi sia stato abbastanza a lungo per poter (b) Raffreddamento rapido a 700°C, manteni-
assumere una completa ed omogenea struttura mento per 30 s, quindi tempra a temperatura
austenitica. ambiente.
(a) Raffreddamento rapido a 700°C, manteni- (e) Raffreddamento rapido a 400°C, manteni-
mento per 10-1s, quindi tempra a temperatura mento per 500 s, quindi tempra a temperatura
ambiente. ambiente.
(b) Nuovo riscaldamento parziale del campione a (d) Raffreddamento rapido a 700°C, manteni-
700°C per 20 ore. mento per I 0 5 s, quindi tempra a temperatura
(e) Raffreddamento rapido a 6000C, manteni- ambiente.
mento per 4 s, rapido raffreddamento a 450°C, (e) Raffreddamento rapido a 650°C, manteni-
mantenimento per IO s, quindi tempra a tempera- mento per 3 s. raffreddamento rapido a 400°C,
tura ambiente. mantenimento per 10 s, quindi tempra a tempera-
(d) Raffreddamento rapido a 400°C, manteni- tura ambiente.
mento per 2 s, quindi tempra a temperatura (f) Raffreddamento rapido a 450°C, manteni-
ambiente. mento per I O s, quindi tempra a temperatura
(e) Raffreddamento rapido a 400°C, manteni- ambiente.
mento per 20 s, quindi tempra a temperatura {g) Raffreddamento rapido a 625°C, manteni-
ambiente. mento per 1 s, quindi tempra a temperatura
(f) Raffreddamento rapido a 400°C, manteni- ambiente.
mento per 200 s, quindi tempra a temperatura (h) Raffreddamento rapido a 625°C, manteni-
ambiente. mento per· lU s, rapido raffreddamento a 400°C,
(g) Raffreddamento rapido a 575°C, manteni- mantenimento per 5 s, quindi tempra a temperatu-
mento per 20 s, raffreddamento rapido a 350°C, ra ambiente.
mantenimento per 100 s, quindi tempra a tempe- 10.17 Determinare la percentuale approssimativa dei
ratura ambiente. microcostituenti che si formano con i trattamenti
(h) Raffreddamento rapido a 250°C, manteni- a, e, d, f eh del Problema 10.16.
mento per 100 s, quindi tempra in acqua, a tempe- 10.18 Su una copia del diagramma di trasformazione
ratura ambiente. Nuovo riscaldamento a 3 l 5°C isotermica. di una lega ferro-carbonio con 0.45%
per I ora e raffreddamento lento a temperatura in peso di C (Figura 10.29), tracciare e denomina-
ambiente. re i percorsi temperatura-tempo per ottenere le
10.15 Su una copia del diagramma di trasformazione seguenti microstrutture:
isotermica, di una lega ferro-carbonio di compo- (a) 42% di ferrite proeutettoide e 58% di perlite
sizione eutettoi<.k (Figura 10.14 ), trace i are e grossolana.
denominare i percorsi temperatura-tempo per (b) 50% di perlitc fine e 50% di bainite.
ottenere le seguenti microstrutture: (e) 100% di martensite.
(a) l00% di perlite grossolana. (d) 50% di martensite e 50% di austenite.
(b) 100% di martensite rinvenuta. 10.19 Definire i prodotti microstrutturali di campioni di
(e) 50% di perlite grossolana, 25% di bainite e lega ferro-carbonio eutettoide (0.76% in peso di
25% di martensitc. C) che sono dapprima trasformati in austcnite,
10.16 Utilizzando il diagramma di trasformazione iso- quindi raffreddati a temperatura ambiente con le
termica di un acciaio con 0.45% in peso di C seguenti velocità: (a) 200°C/s, (b) 100°C/s e (e)
Domande e problemi • 325

F1Gl H.\ I 0.29 900 ~----,------,------,---,-----.------,


Diagramma di
trasformazione isotermica
per una lega 800 -
ferrD-Carbonio con
0.45°h;in peso di C: A, 700
austenite; B, baìnite; F,
ferrite procutcttoidc; M,
600
martensire: P, perlite. (Da
Atlas of
Time-Temperature t 500
Diagrams.for lrons and 2
2
Steels, G.F. Vandcr Voort, 2
~ 400
Editor, 1991. Ristampa e
autorizzata da ASM ~

Intemational, Materials
Park, OH.)
300
--------------------------------
M(50%)
_ M (90%) _________________________ _

200

100

O~--~---~---~---~---~--~
0.1 10 10 2
Tempo (s)

20°C/s. (b) Martensite.


10.20 Su una copia del diagramma di trasformazione in (e) Martensite e cementite proeutettoide.
raffreddamento continuo di una lega ferro-carbo- (d) Pcrlitc grossolana e cementite proeutettoide.
nio con 1.13% in peso di C (Figura I 0.30), trac- (e) Martensite, perlite fine e cementite proeutet-
ciare e denominare le curve di raffreddamento toide.
continuo per ottenere le seguenti microstrutture: 10.21 Citare due maggiori differenze tra trasformazione
(a) Perlite fine e cementite proeutettoide. perlitica e martensitica.

Ftcrn_\ 10.:-rn Diagramma di trasfor-


800 mazione in raffreddamento continuo di
una lega ferro-carbonio con 1.13% in
peso di C.

200
A--,..M

o~-----~-----~--~-~
O.I 10
Tempo (s)
326 • Capitolo 10 / Trasformazioni di fase nei metalli

10.22 Citare due importanti differenze tra i diagrammi 10.32 Descrivere brevemente la più semplice procedura
di trasformazione in raffreddamento continuo per di trattamento termico che potrebbe essere usata
gli acciai al carbonio e per gli acciai legati. per convertire un acciaio con lo 0.76% in peso di
10.23 Spiegare brevemente perché non c'è regione di C da una microstruttura all'altra, come segue:
trasformazione bainitica nei diagrammi di trasfor-
(a) Da sferoidite a martensite rinvenuta.
mazione in raffreddamento continuo per una lega
(b) Da martensite rinvenuta a perlite.
ferro-carbonio di composizione eutettoide.
(e) Da bainite a martensite.
10.24 Definire i prodotti microstrutturali di un campio-
ne di acciaio legato 4340 che è stato prima tra- (d) Da martensite a perii te.
sformato completamente in austenite e poi raf- (e) Da perlite a martensite rinvenuta.
freddato a temperatura ambiente con le seguenti (f) Da martensite rinvenuta a perlite.
velocità: (a) 10°C/s, (b) I °C/s, (e) O.I °C/s e (d) (g) Da bainite a martensite rinvenuta.
0.01°C/s. (h) Da martensite rinvenuta a sferoidite.
10.25 Descrivere brevemente la più semplice procedura 10.33 (a) Descrivere brevemente le differenze micro-
di trattamento termico in raffreddamento continuo strutturali tra sferoidite e martensite rinvenuta.
che potrebbe essere usata per convertire un (b) Spiegare perché la martensite rinvenuta è
acciaio 4340 da una microstruttura ad un'altra.
molto più dura c resistente.
(a) Da (martensite + bainite) a (ferrite+ perlite).
10.34 Stimare la durezza Rockwell per campioni di
(b) Da (martensite + bainite) a sferoidite.
leghe ferro-carbonio di composizione eutettoide
(e) Da (martensite + bainite) a (martensite + bai-
nite + ferrite). che sono stati sottoposti ai trattamenti termici
10.26 In base alla diffusione, spiegare perché la perlite descritti nel Problema 10.14, ai paragrafi b, d, f, g
fine si forma per moderato raffreddamento del- ed h.
1'austenite attraverso la temperatura eutettoide, 10.35 Stimare la durezza Brinell per campioni di leghe
mentre la perlite grossolana si forma con velocità ferro-carbonio con 0.45% in peso di C, che sono
di raffreddamento relativamente lente. stati sottoposti ai trattamenti termici descritti nel
10.27 (a) È più stabile la microstruttura della perlite o Problema I 0.16, ai paragrafi a, d ed h.
della sferoidite?
10.36 Determinare la resistenza a trazione approssimati-
(b) Perché?
va dì campioni di una lega ferro-carbonio eutet-.
10.28 Spiegare brevemente perché la perlite fine è più
toide che è stata sottoposta ai trattamenti termici
dura e più resistente della perlite grossolana, che è
a sua volta più dura e resistente della sferoidite. descritti nel Problema I 0.19, ai paragrafi a e c.
10.29 Citare due ragioni sul perché la martensite è così 10.37 Descrivere, per un acciaio eutettoide, i trattamen~
dura e fragile. ti isotermici necessari per ottenere le seguenti
10.30 Ordinare le seguenti leghe ferro-carbonio, con le durezze Rockwell: (a) 93 HRB (b) 40 HRC e (e)
relative microstrutture, in base alla resistenza a 27 HRC.
trazione, da quella più elevata a quella più bassa: 10.38 Le resistenze a trazione a temperatura ambiente
(a) 0.25% in peso di C con sferoidite, (b) 0.25% del rame puro e del! 'argento puro sono, ri,pettiva-
in peso di C con perlite grossolana, (e) 0.6% in mente, 209 MPa e 125 MPa.
peso di C con perlite fine e (d) 0.6% in peso di C
(a) Tracciare un grafo.:o schematico della resi-
con perlite grossolana. Giustificare tale ordina-
stenza a trazione a temperatura ambiente in fun-
mento.
zione della composizione per tutte le composizio-
10.31 Spiegare brevemente perché la durezza della mar-
tensite rinvenuta diminuisce con la durata del rin- ni comprese fra il rame puro e l'argento puro.
venimento (a temperatura costante) e con l'au- (b) Tracciare sullo stesso grafico, in modo sche-
mento di temperatura (a tempo di rinvenimento matico, l'andamento della resistenza a trazione in
costante). funzione della composizione a 600°C.
Domande e problemi • 327

(e) Spiegare la forma della due curve e le loro posizione e quale microstruttura (perlite fine e
differenze. grossolana e sferoidite sono alternative) deve
avere? Se questo non è possibile, spiegare perché.
10.D4 (a) Per un acciaio 1080, temprato in acqua, stima-
Problemi di progettazione re la durata del rinvenimento a 425°C per ottenere
10.D1 È possibile produrre una lega ferr~arbonio di una durezza di 50 HRC.
composizione eutettoide con durezza minima di (b) Quale sarà la durata del rinvenimento a 3 l5°C
90 HRB e con duttilità minima di C% del 35%? necessaria per ottenere la stessa durezza?
Se sì, descrivere il trattamento termico in raffred- 10.D5 Un acciaio legato (4340) deve essere utilizzato per
damento continuo necessario per poter ottenere un'applicazione che richiede una resistenza a tra-
queste proprietà. Se non è possibile, spiegare per- zione minima di 1380 MPa e una duttilità minima
ché. C% del 43%. Si deve impiegare una tempra in
10.D2 È possibile produrre una lega ferro-carbonio con olio seguita da rinvenimento. Descrivere breve-
resistenza a trazione minima di 690 MPa e dutti- mente il trattamento termico di rinvenimento.
lità minima C% del 40%? Se sì, quale sarà la sua 10.D6 È possibile produrre un acciaio 4340 temprato in
composizione e la sua microstruttura (perlite fine olio e rinvenuto che ha un minimo di resistenza
e grossolana e sferoidite sono alternative)? Se allo snervamento di 1400 MPa ed una duttilità
questo non è possibile, spiegare perché. C% di almeno 42%? Se questo è possibile, descri-
10.D3 Si vuole produrre una lega ferro-carbonio con vere il trattamento termico di rinvenimento. Se
durezza minima di 175 HB e duttilità minima C% non è possibile, spiegare perché.
del 52%. È una lega possibile? Se sì, quale com-
r n alto: lln aereo Boeinµ; 767 in \'olo. (Per -,ortese conecssione
il'rografia elettroni,·a a trasmissioni'" che rapprcso,nla
della Ro .. ing Commereial.
la microstrullura della lega di allumin
pl'riori, parti della strultura interna ,lo>lle ali e div.-rse parti della fusoliera del Bo.-ing 76 7
~a 71.'>0 T651 (6.2 Zn, 2.3 Cu, 2.3 Mg, 0.12 Zr, resto Al) che è stata indurita per preripit
icrografia è la matrfre, una soluzione solida ,li alluminio. La maggior parte delle piccole 1•a
rrna ,li pÌl_'colc piastrine sono una fase <li transizione l'l • ;t ri1nun~nte è la faH4~ in ~quilibrio l

,i µ;1·a1ù!luno "dceorati" da alcune ,li •1uesle partieelle. 80,J,75x. (-\licrograf'ia dcttronica ge


uayanan ami A.G. Miller, Boeing Commerciai Airplane Company.)

Pereh;. :.tm.liart.• 1 tr<1ttame11ti tPrmid delle lei

importante ,.apcn:' che le tt>cniche di trattamento <1ucsti trattamenti termit:


rmico (,li verse da quelle discussi:' nel Capitolo I O) conseguire tale cono;;ccnz:
lssono anche essere utilizzati per pro,lurre, nelle prietà mec,·aniche di una l
ghe metalliche, gli stati di resistenza nwccanica n1if'an1ente, po;;sono veni1
chie;;ti per specifiche applicazioni. È inoltre t~ssen- se vit-nc succesi;ivaancntc
ale la conoscenza dei meccanismi tli azione, dell'in- razioni di !;aldatura).
llenza dt>lla temperatura f' del tempo ,. degli effetti ,li

28
O h i (' l l i Y i fl i a p p r ,. n cl i m P nto

Dopo a,,cr stmliato qursto capitolo, dovre,;li essere in grado cli fare le seguenti cose:

1. Defuùre lo scopo e descriYere le procedure dei della barretta.


seg1wnti trattanu:nti termici: ricottura intermedia, 4. Usando w1 diagramma di fase, descrivere e !>piega-
ricottura di distensione, normalizzazione, ricottu- re i due trattamenti termici che vengono utilizzati
ra nm1plt:ta e sfcroidizzazione. per indurire per precipitazione una lega metallica.
2. Defmire la temprabilità. 5. Fare un diagramma se hematic o re;,iistenza ( o
3. Produrre un profdo •li durt:zza per una pnn·ctta durezza) a temperatura ambiente in funzione del
cilindrica di acciaio che è stata austenitizzata e logaritmo del tempo per un trattamento termico di
quindi temprata, trareiando la curva di tcmprahi- precipitazione a temperatura costante. Spiegare la
lità per la specifica lega, ed aYere informazioni fornia di l)Uesta curva in hase al 1neccanis1no di
sulla velocità di tempra in funzione del diametro indurimento per precipitazione.

11.1 INTHODLZlOJ\E

Nei capitoli precedenti sono stati discussi un certo numero di fenomeni che si verificano nei
metalli e nelle leghe ad elevata temperatura, per esempio. la ricristallizzazione e la decom-
posizione dell 'austenite. Essi sono in grado di modificare le caratteristiche meccaniche se si
ottengono con appropriati trattamenti o processi termici. Infatti l'uso dei trattamenti termici
sulle leghe commerciali è una pratica del tutto comune. Prendiamo pertanto in considerazio-
ne alcuni di questi processi, soffermandosi sui procedimenti di ricottura, sui trattamenti ter-
mici degli acciai e sul! 'indurimento per precipitazione.

PROCESSIDI RICOTTURA
Il termine ricottura si riferisce ad un trattamento termico in cui il materiale è mantenuto ad
elevata temperatura per un periodo di tempo abbastanza lungo e quindi raffreddato lenta-
mente. Normalmente, la ricottura viene condotta per ( 1) eliminare le tensioni; (2) diminuire
la durezza ed aumentare la duttilità e la tenacità e/o (3) ottenere una determinata microstrut-
tura. Una grande varietà di trattamenti termici di ricottura sono possibili; essi sono caratte-
rizzati dalle variazioni che vengono indotte, che a volte sono microstrutturali e sono respon-
sabili delle modificazioni delle proprietà meccaniche.
Ogni processo di ricottura si suddivide in tre stadi: (I) riscaldamento alla temperatura
desiderata, (2) mantenimento o "permanenza" a questa temperatura e (3) raffreddamento, di
norma fino a temperatura ambiente. Il tempo è un parametro importante per queste procedu-
re. Durante il riscaldamento ed il raffreddamento, vi saranno gradienti di temperatura fra le
zone interne ed esterne del pezzo: la loro ampiezza dipende dalla dimensione e dalla geome-
tria del pezzo. Se la velocità di variazione della temperatura è troppo grande, si possono
indurre gradienti di temperatura e tensioni interne che possono portare a deformazioni o
anche a rottura. Inoltre, il tempo di ricottura effettivo deve essere abbastanza lungo per con-
sentire le reazioni di trasformazione necessarie. Un parametro importante è anche la tempe-
ratura a cui viene fatta la ricottura; la ricottura può venire accelerata aumentando la tempera-
tura, in quanto normalmente vengono coinvolti processi di diffusione.

ll.2 RICOTTCRA l~TERlUEDIA

La ricottura intermedia è un trattamento termico che viene usato per annullare gli effetti di
una lavorazione a freddo. cioè, per attenuare la durezza ed aumentare la duttilità di un metal-
lo in precedenza incrudito. Il processo è comunemente utilizzato nelle lavorazioni che richie-

.329
330 • Capitolo l l / Trattamenti termici delle leghe metalliche

dono intensa deformazione plastica, per consentire la continuazione della deformazione


senza rischio di frattura o eccessivo consumo di energia. Con il trattamento si verificano pro-
cessi di recovery e di ricristallizzazione. Poiché di norma si desidera una struttura a grana
fine, si fa terminare il trattamento termico prima che il grano cresca in modo apprezzabrle. Si
può prevenire o minimizzare l'ossidazione o la scaglia superficiale conducendo la ricottura a
temperatura relalivamente bassa (ma sempre al di sopra della temperatura di ricristallizza-
zione) o in ambiente non ossidante.

ll.3 DISTEl\SIOl\E

Nei manufatti metallici si possono sviluppare tensioni interne residue a seguito di: (I) pro-
cessi di deformazione plastica, come lavorazioni alle macchine utensili o di molatura; (2) raf-
freddamento non uniforme di pezzi lavorati o prodotti a temperatura elevata, come si verifi-
ca con una saldatura o in un getto e (3) una trasformazione di fase indotta per raffreddamen-
to in cui la fase originaria e quella prodotta hanno differente densità. Se non si rimuovono
queste tensioni residue si possono verificare distorsioni e deformazioni. Si può ottenere la
loro eliminazione mediante trattamento termico di distensione in cui i pezzi vengono riscal-
dati alla temperatura stabilita, mantenuti per un tempo sufficiente per raggiungere una tem-
peratura uniforme e quindi raffreddati in aria fino a temperatura ambiente. La temperatura di
ricottura è di norma relativamente bassa in modo da non influire sugli effetti di un incrudi-
mento o di un trattamento termico.

11.4, R1orrTURA DELLE J,EGIIE FEKRO~E

Per migliorare le proprietà degli acciai si possono effettuare diversi procedimenti di ricottu-
ra. Prima di discuterli è comunque necessario fare qualche osservazione sulla designazione
delle curve che delimitano le varie fasi. La Figura I I. I rappresenta la parte del diagramma di
fase ferro-carburo di ferro in prossimità dell'eutettoide. La linea orizzontale alla temperatura
dell'eutettoide, chiamata per convenziunt:A., è la temperatura critica inferiore, al di sotto
della quale, in condizioni di equilibrio, tutta l'austenite si trasforma in ferrite e cementite. ].,e
delimitazioni delle fasi indicate con A 3 e Acm rappresentano, rispettivamente, le curve della
temperatura critica superiore per acciai ipoeutettoidi ed ipereutettoidL Per temperature e

F1Grn_-\ I Ll 1000~-......----,--------~---,----,--.,---,
Diagramma di fase ferro-
carburo di ferro in
prossimità dell'eutettoide,
con le indicazioni degli 900 Normalizzazione

intervalli di temperature
di trattamento termico per ~
:::
gli acciai al carbonio. (Da .3
800
~
Metals Handbook, <I.I
Q_

T. Lyman, Editor, E
~
American Society for ,è:~.,~~,>~,:~~"';,iif':.ttt~~r;J,~1:~~'f:t~.,,ef'
700 A1
Metals, 1948, p. 661.)
Sferoidizzazione

600~-~-~--~-~-----~-~-~
O 0.2 0.4 0.6 0.8 I.O 1.2 1.4 1.6
Composizione(% peso C)
l 1.4 Ricottura delle leghe ferrose • 331

composizioni al di sopra di queste curve, è presente solo la fase austenite. Come spiegato
nella Sezione 9.15, gli elementi di lega (diversi dal carbonio) spostano le posizioni dell'eu-
tettoide e delle curve di delimitazione di queste fasi.

!\ ORMALl7..Z.AZIO
NE
Gli acciai che hanno subito deformazione plastica, ad esempio per laminazione, sono forma-
ti da grani di per lite (e molto probabilmente anche da una fase proeutettoide ), di fonna irre-
golare e relativamente grandi e, in più, di varia dimensione. Per ottenere una migliore e più
uniforme distribuzione dimensionale si impiega un trattamento termico di ricottura detto di
normalizzazione che ha lo scopo di affinare il grano (diminuire cioè la dimensione media del
grano); gli acciai perlitici a grana fine sono più tenaci di quelli a grana grossa. La normaliz-
zazione viene ottenuta mediante riscaldamento a circa 55-85°C al di sopra della temperatura
critica superiore, il cui valore dipendente dalla composizione, come indicato nella Figura
11.l. Dopo un tempo sufficiente che consenta alla lega di trasformarsi tutta in austenite - un
processo chiamato di austenitizzazione - il trattamento si conclude con un raffreddamento
in aria. Nella Figura 10.18 è stata sovrapposta una curva di raffreddamento di normalizza-
zione sul diagramma di trasformazione in raffreddamento continuo.

RlCOTTl~RA COMPLETA
Un trattamento termico conosciuto come ricottura completa è spesso utilizzato per gli acciai
a medio e basso carbonio destinati alle lavorazioni alle macchine utensili o ad estesa deforma-
zione plastica per i processi di formatura. La lega è austenitizzata per riscaldamento a I S-40°C
al di sopra delle curve A 3 o Ai, come indicato nella Figura 11. l, fino al raggiungimento dell'e-
quilibrio. La lega è quindi raffreddata in forno; cioè, il forno del trattamento termico viene
spento e sia il forno che l'acciaio si raffreddano fino a temperatura ambiente con la stessa ve-
locità, che prende diverse ore. Il prodotto microstrutturale di questo ricotto è perii te grossolana
(in aggiunta alla fase proeutettoide) che è relativamente tenera e duttile. Il procedimento di raf-
freddamento della ricottura completa (rappresentato anche nella Figura 10.18) è basato sul
tempo; comunque, si può anche ottenere una microstruttura a grani piccoli e uniformi.

SJ<'EROJDIZZAZlO~E
Gli acciai a medio ed alto contenuto di carbonio, con microstruttura funnata da perlite anche
grossolana, possono essere ancora troppo duri per le lavorazioni alle macchine utensili o per
la deformazione plastica. Questi acciai possono essere trattati termicamente, ovvero ricotti,
per produrre una struttura sferoiditica, come descritto nella Sezione 10.5. Gli acciai sferoi-
dizzati hanno la massima tenerezza e duttilità e sono facilmente lavorati alle macchine uten-
sili o deformati. Il trattamento termico di sferoidizzazione consiste nel riscaldamento della
lega ad una t~mperatura appena al di sotto l'eutettoide (curva A 1 nella Figura 11.1, ovvero a
circa 700°C) nella regione a + Fe 3C del diagramma di fase. Se la microstruttura di origine
contiene perlite, il tempo di sferoidizzazione normalmente è tra le 15 e le 25 ore. Durante
questa ricottura Fe 3C coalesce per formare particelle sferoidali (vedi pagina 294).
Sono anche possibili altri trattamenti di ricottura. Per esempio, i vetri sono ricotti, come
menzionato nella Sezione 14.4, per rimuovere tensioni interne residue che renderebbero il
materiale eccessivamente debole. Inoltre, le alterazioni microstrutturali e le desiderate modi-
ficazioni delle proprietà meccaniche delle ghise grigie provengono, come discusso nella
Sezione 12.6, da trattamenti di ricottura.

TRATTAMENTI
TERMICIDEGLIACCIAI
Le procedure di trattamento termico convenzionale per ottenere acciai martensitici di norma
prevedono un raffreddamento rapido e continuo di un pezzo au~tenitizzato in vari tipi di
332 • Capitolo 11 / Trattamenti termici delle leghe metalliche

mezzi tempranti, come acqua, olio o aria. Un acciaio temprato e rinvenuto può conseguire
proprietà ottimali solo se, con il trattamento termico di tempra, ha acquisito un alto contenu-
to di martensite; la formazione di perlite e/o di bainite non dà la migliore combinazione di
caratteristiche meccaniche. Con il trattamento di tempra, risulta impossibile raffreddar~ la
provetta a velocità uniforme - la superficie si raffredderà sempre più rapidamente delle zone
interne. Quindi, poiché la trasformazione dell'austenite avviene in un arco di temperature, si
ottengono, all'interno del pezzo, microstrutture e proprietà che variano con la distanza dalla
superficie.
La riuscita di un trattamento termico per produrre negli acciai una microstruttura prevalen-
temente martensitica su tutta la sezione dipende essenzialmente da tre fattori: ( 1) dalla compo-
sizione della lega, (2) dal tipo e dalle caratteristiche del mezzo di tempra e (3) dalla dimensione
e dalla forma del pezzo. L'influenza di ognuno di questi fattori viene ora discussa.

11.5 TEJlPRABILIT.4

L'influenza della composizione della lega sulla capacità di un acciaio a trasformarsi in mar-
lt:nsite con un determinato trattamento di tempra viene espressa da un parametro chiamato
temprabilità. Per ogni acciaio vi è una specifica relazione fra le proprietà meccaniche e la
velocità di raffreddamento. "Temprabilità" è un termine che viene usato per descrivere la
capacità di una lega ad essere indurita mediante formazione di martensite ottenuta con un
determinato trattamento termico. Temprabilità non è "durezza", che è la resistenza all'inden-
tazione; piuttosto, la temprabilità è una misura qualitativa della rapidità con cui la durezza
crolla con la distanza all'interno di un materiale. come risultato della diminuzione del conte-
nuto di martensite. Un acciaio con elevata temprabilità è uno che indurisce, ovvero forma
martensite, non solo in superficie, ma anche in profondità nell'interno.

LA PROY-\ Ul PROFO!\"Ol'L\ DI T.EJJPR.AJ0.\111\ \


Una procedura standard largamente utilizzata per determinare la temprabilità è la prova di
profondità di tempra Jominy. 1 Con questo procedura, tutti i fattori che possono influenza-.
re la profondità a cui un pezzo indurisce (cioè forma e dimensioni della provetta e trattamen-
to di tempra) vengono mantenuti costanti, eccetto la composizione della lega. Una provetta
cilindrica di 25.4 mm di diametro e 100 mm di lunghezza viene austenitizzata ad una pre-
scritta temperatura e per un tempo determinato. Una volta estratta dal forno, viene rapida-
mente appesa ad una attrezzatura come quella mostrata nella Figura 11.2a. L'estremità infe-
riore viene temprata da un getto d'acqua con un determinato flusso e ad una determinata tem-
peratura. In tal modo la velocità di raffreddamento è massima all'estremità temprata e dimi-
nuisce con la distanza da questo punto lungo la lunghezza della provetta. Dopo essere stata
raffreddata alla temperatura ambiente, vengono ricavate per molatura due strisce piane super-
ficiali profonde 0.4 mm, sulle quali viene misurata la durezza Rockwell per i primi 50 mm
(Figura 11.2b); per i primi 12.8 mm le impronte della durezza sono effettuate ad intervalli di
1.6 mm, e per i rimanenti 38.4 mm ogni 3.2 mm. Se si riporta in diagramma la durezza in fun-
zione della distanza dall'estremità temprata si ottiene la curva di temprabilità.

1 ASTM Standard A 255, "Standard Test Method for End-Quench Test for Hardenability of Steel."
11.5 Temprabilità • 333

FH,l H\ 11.:!
Disegno schematico di
Attrezzatura di
una provetta per la fissaggio
profondità di tempra
Jominy (a) montaggio per
la tempra e (h) dopo Molatura piatta
indagine di durezza lungo la barretta
dall'estremità temprata
lungo la superficie
Provetta Jominy --~
molata. (Da A. G. Guy,
Essentials of Materials
Prove dì durezza
Science. Copyright 1978 l" Rockwell
by McGraw-Hill Book 2
Company, New York.)
Getto d'acqua (24°C)
(b)

(a)

ClH\ E DI TK\IPR\HJI.IT\
Una tipica curva di temprabilità è rappresentata nella Figura 11.3. L'estremità temprata è
stata raffreddata molto rapidamente e presenta quindi la massima durezza; per la maggior
parte degli acciai in questa posizione si ha il 100% di martensite. La velocità di raffredda-
mento diminuisce con la distanza dall'estremità temprata, e diminuisce anche la durezza,
come indicato nella figura. Al diminuire della velocità di raffreddamento il carbonio ha più
tempo a disposizione per diffondere e per formare maggiori quantità della più tenera perlite,
che può venire miscelata con la martensite e la bainite. Pertanto, un acciaio molto temprabi-
le ha grandi valori di durezza a distanze relativamente lunghe; uno poco temprabile no.
Inoltre, ogni acciaio ha una propria curva di temprabilità.
Talvolta conviene riferire la durezza alla velocità di raffreddamento piuttosto che alla
distanza dall'estremità temprata di una provetta Jominy standard. La velocità di raffredda-
mento (presa a 700°C) viene di nonna rappresentata sull'asse orizzontale superiore di un dia-
gramma di temprabilità; tale scala viene riportata nelle curve di temprabilità qui presentate.
La correlazione fra posizione e velocità di raffreddamento è la stessa per gli acciai al carbo-
nio e per molti acciai legati poiché la velocità di trasmissione del calore è pressoché indipen-

Fu;1 11\ 11.:{ Tipico diagramma di


temprabilità che riporta la durezza
Rockwell C in funzione della distanza
~ dall'estremità temprata.
I
,,,-
N
N
~
:::,
o

Distanza dall'estremità temprata


334 Capitolo 11 / Trattamenti termici delle leghe metalliche

FlGlR\ 11.1-
Correlazione della
temprabilità con le curve
di raffreddamento
continuo per una lega
ferro-carbonio di
composizione eutettoide.
(Da H. Boyer, Editor, 800
Atlas of lsothermal
Transformation and
Cooling Transformation
Diagrams, American
Socicty for Metals, 1977,
p. 376.)
"'
~[" 400
"'
c.
E
~

200

Diagramma di trasformazione in
raffreddamento
Curve di raffreddamento
Trasformazione durante il raffreddamento

0.1 10
Tempo (s)

dente dalla composizione. La velocità di raffreddamento, ovvero la posizione a partire dal-


!'estremità temprata, può anche venire espressa come distanza Jominy, ponendo l'unità di
distanza Jominy pari a 1.6 mm.
Si può anche correlare la posizione lungo la provetta Jominy con la trasfonnazione in raf-
freddamento continuo. Per esempio, la Figura 11.4 mostra un diagramma di trasformazione
continuo per una lega ferro-carbonio eutettoide su cui sono state sovrapposte le curve di raf-
freddamento per quattro differenti posizioni Jominy, e le corrispondenti microstrutture risul-
tanti. Per questa lega è stata anche riportata la curva di temprabilità.
La Figura 11.5 mostra le curve di temprabilità di cinque differenti acciai, con lo 0.40% in
peso di C, ma con elementi di lega diversi. Uno è un acciaio al carbonio (1040); gli altri quat-
tro sono acciai legati (4140, 4340, 5140 e 8640). Le composizioni di questi ultimi sono spe-
cificate nella figura. Il significato dei numeri di designazione delle leghe (es. 1040) è spiega-
to nel Capitolo 12. Su queste curve si possono fare alcune osservazioni. Anzitutto, tutte e cin-
que le leghe hanno, in corrispondenza dell'estremità temprata, durezza identica (57 HRC);
questa durezza è funzione solo del contenuto di carbonio, che è lo stesso per tutte le leghe.
La caratteristica più significativa di queste curve è probabilmente la forma, che è funzio-
ne della temprabilità. La temprabilità del!' acciaio al carbonio I 040 è bassa poiché la durezza
cade precipitosamente (a circa 30 HRC) ad una distanza Jominy relativamente bassa (6.4
I 1.5 Temprabilità • 335

ftGlRA 11.5
Velocità di raffreddamento a 700°C
Curve di temprabilità per
cinque differenti acciai 270
60...+-.-----.--~--.---,-r---.-----.--~-----,---,-r---r---.--~.....,
contenenti tutti lo 0.4% in
peso di C. Le 100
i5
composizioni ., ~
«i ·v;
approssimate sono le
seguenti: 4340 - 1.85 Ni,
50 80
- "'E
:::, e
et::
Qj
~
"'

0.80 Cr e 0.25 Mo; 4140 uc.: &'.


- I .OCr e 0.20 Mo; 8640 :i: 50
40
- 0.55 Ni, 0.50 Cr e 0.20 "'
N
N
~
Mo; 5140 - 0.85 Cr; ::,
1040 è un acciaio non o
legato. (Da una figura 30
cortesemente fornita da
Republic Steel
Corporation.)
10 20 30 40 50 mm
Distanza dall'estremità temprata

mm). Al contrario, la diminuzione di durezza degli altri quattro acciai è notevolmente più
graduale. Per esempio, ad una distanza Jominy di 50 mm, le durezze delle leghe 4340 e 8640
sono approssimativamente 50 e 32 HRC, rispettivamente; quindi, di queste due leghe, la
4340 è la più temprabile. Un acciaio al carbonio 1040 temprato in acqua può indurire solo
fino ad una profondità appena al di sotto della superficie, mentre gli altri quattro acciai lega-
ti possono mantenere l'elevata durezza di tempra ad una profondità molto più grande.
I profili di durezza nella Figura 11.5 sono indicativi dell'influenza della velocità di raf-
freddamento sulla microstruttura. Ali' estremità temprata, dove la velocità di tempra è di circa
600°C/s, è presente per tutte le cinque leghe il I 00% di martensite. Per velocità di raffredda-
mento inferiori a circa 70°C/s, ovvero a distanze Jominy maggiori di circa 6.4 mm, la micro-
struttura dell'acciaio I 040 è essenzialmente perlitica, con della ferrite proeutettoide. La
microstruttura dei quattro acciai legati è invece costituita essenzialmente da una miscela di
martensite e bainite; il contenuto di bainite cresce col diminuire della velocità di raffredda-
mento.
Questa disparità di comportamento nei riguardi della temprabilità per le cinque leghe
della Figura 11.5 si spiega con la presenza di nichel, cromo e molibdeno negli acciai legati.
Questi elementi di lega ritardano le reazioni da austenite a perlite e/o a bainite, come spiega-
to in precedenza; questo permette di formare più martensite per una particolare velocità di
raffreddamento, portando ad una durezza maggiore. L'ordinata destra della Figura 11.5 rap-
presenta la percentuale approssimativa di martensite che è presente alle varie durezze per
queste leghe.
Le curve di temprabilità dipendono anche dal contenuto di carbonio. Questo effetto è
dimostrato nella Figura 11.6 per una serie di acciai legati in cui viene variata solo la concen-
trazione di carbonio. Le durezze, per ogni posizione Jominy, crescono con la concentrazione
di carbonio.
L'acciaio prodotto industrialmente presenta sempre una leggera, inevitabile variazione
della composizione e della dimensione del grano medio da una partita all'altra. Questo porta
ad una dispersione dei dati di temprabilità, che frequentemente sono tracciati come una banda
che rappresenta i valori massimi e minimi che ci si potrebbe aspettare per una particolare
336 Capitolo 11 / Trattamenti termici delle leghe metalliche

Fu;1 R\ 11.6
Curve di temprabilità
Velocità di raffreddamento a 700°C
per quattro acciai della
270 9 5.6 3.9 2.8 2 OCIS
serie 8600 con contenuto
di carbonio indicato: (Da
60 una figura cortesemente
fornita da Republic Steel
8660 Corporation.)
50
u
""
I

"'
N
N
o.; 40
:5
o

30
(0.3% in peso C)
(0.2% in
peso C)
20
o 10 20 30 40 50 mm
Distanza dall'estremità tempra:a

lega. Una tale banda di temprabilità è tracciata nella Figura l l. 7 per un acciaio 8640. Un H
che segue la specificazione di designazione di una lega (per es. 8640H) indica che la compo-
sizione e le caratteristiche della lega sono tali che la sua curva di temprabilità giacerà all'in-
terno di una specifica banda.

Velocità di raffreddamento a 700°C


Fu.1 IL\ 11. 7
Banda di temprabilità
per un acciaio 8640 che
mostra i limiti di massi-
mo e di minimo. (Da una
figura cortesemente for-
nita da Republic Steel
50
Corporation.)
u
""
I

"'
N
N
i!!
40
:,
:i

30

Distanza dall'estremità temprata


11.6 Influenza dd mezzo temprante, della dnnensione della provetta e della geometria 337

11.6 l:\FLI E.'IZ.-\ DEL ..\rEZZO 1T\IPIL\YrE. DELL \ DHIE:\"SIO:\E


UELL\ Pl{O\ ETT.\ E l)EJ.L.\ (;EO\IETRL\

La precedente trattazione sulla temprabilità ha riguardato l'influenza sia della composizione


della lega che della velocità di raffreddamento, o di tempra, sulla durezza. La velocità con cui
un pezzo si raffredda dipende dalla rapidità con cui si riesce a dissipare l'energia termica, che
è funzione delle caratteristiche del mezzo temprante in contatto con la superficie, così come
dalla dimensione e geometria del pezzo stesso.
Per dare una valutazione della velocità con cui si raffredda viene spesso usato il termine
di "severità di tempra"; più rapida la tempra, più severa la tempra. Dei tre più comuni mezzi
tempranti - acqua, olio e aria- l'acqua produce la tempra più severa, seguita dall'olio, che a
sua volta è più efficace dell'aria. Anche il grado di agitazione del mezzo influenza la velocità
di rimozione del calore. Aumentando la velocità di passaggio del mezzo temprante sulla
superficie del materiale si migliora l'efficacia della tempra. Per il trattamento termico di
diversi acciai legati va bene la tempra in olio. Infatti, per acciai ad alto carbonio, la tempra in
acqua è troppo severa poiché può produrre deformazioni e fessurazioni. Il raffreddamento in
aria di acciai al carbonio austenitizzati produce in genere strutture quasi interamente perliti-
che.
Per effettuare la tempra di un acciaio, si deve prima portare l'energia termica in su-
perficie, in modo che il mezzo temprante possa dissiparla. Di conseguenza, la velocità di
raffreddamento entro ed attraverso la struttura del!' acciaio varia con la distanza dalla su-
perficie e dipende dalle dimensioni e dalla geometria del pezzo. Le Figure 11.8a e 11.8b
mostrano la velocità di raffreddamento (a 700°C) in funzione del diametro di una barra
cilindrica, per quattro posizioni radiali (supe1ficie, a tre quarti del raggio, a metà cd al
centro). La tempra è effettuata in acqua mediamente agitata (Figura 11.8a) ed in olio (Fi-
gura 11.8h); la velocità di raffreddamento viene anche espressa come distanza Jominy
equivalente, in quanto questi dati sono spesso usati insieme con le curve di temprabilità.
Diagrammi simili a quelli della Figura 11.8 vengono anche prodotti per geometrie diverse
da quella cilindrica (per es. lastre piane).
Una utilità di questi diagrammi è quella di prevedere la variazione della durezza lungo la
sezione del pezzo. Per esempio, la Figura 11.9a mette a confronto la distribuzione radiale di
durezza per pezzi cilindrici di acciaio al carbonio (l 040) e di acciaio legato (4140), entrambi
con un diametro di 50 mm e temprati in acqua. La differenza di temprabilità è evidente da
questi due profili. Anche il diametro della provetta influenza la distribuzione di durezza,
come mostrato nella Figura 11.9b, che descrive i profili di durezza per cilindri di 4140 tem-
prati in acqua e con diametri di 50 e 100 mm. L'Esempio di Problema I I.I illustra come si
determinano questi profili di durezza.
Per quel che riguarda la forma del pezzo, dal momento che l'energia termica viene dissi-
pata dal mezzo temprante attraverso la superficie, la velocità di raffreddamento per un deter-
minato trattamento di tempra dipende dal rapporto fra l'area della superficie e la massa del
pezzo. Maggiore è questo rapporto, più rapida sarà la velocità di raffreddamento e, di conse-
guenza, maggiore sarà la profondità dell'indurimento. Forme irregolari con spigoli ed ango-
li hanno rapporti superficie-massa migliori rispetto alle forme arrotondate (es. sfere e cilin-
dri) e sono quindi più predisposte ad indurire per tempra.
Vi è una moltitudine di acciai che sono suscettibili ad un trattamento martensitico ed uno
dei criteri più importanti di scelta è la temprabilità. Le curve di temprabilità, se utilizzate
insieme ai diagrammi come quelli della Figura 11.8 per vari mezzi di tempra, possono esse-
re utili per stabilire la convenienza ad impiegare un determinato acciaio per una particolare
applicazione. O, al contrario, si può determinare se una procedura di tempra è adeguata per
una certa lega. Per parti destinate ali 'impiego in cui sono previste sollecitazioni relativamen-
338 • Capitolo 11 / Trattamenti ternùci delle leghe metalliche

Velocità di raffreddamento a 700°C Velocità di raffreddamento a 700°C

170 70 31 18 9 170 70 31 18 9 5.6 3,


100

E 75
s
~
~
.o"'
~ 50 ~ 50
ai Centro ai
-e, -e,
e
~E l..R Centro .:;

~~~--
E
"' 25
i5 o"' 25

o.___ _..__
_ _..__ ...__ __._
__ ..__ _, o~-~-__. __ ..._______ ........
__
O 10 20 30 mm o 10 20 30

Distanza equivalente dall'estremità temprata Distanza equivalente dall'estremità temprata

(a) (b)

FlGllHA 11.8 Velocità di raffreddamento in fun:t:ione del diametro alla superficie, a tre quarti del raggio {¾R),
(½R)ed al centro della barretta cilindrica temprata in (a) acqua e (b) olio moderatamente agitati. Le posizion
valenti vengono indicate sull'ascissa. (Da Metals Handbook: Properties and Selection: Irons and Steels, Voi.
B. Bardes, Editor, American Society for Metals, 1978, p. 492.)

te elevate, si deve avere all'interno almeno 1'80% di martensite, ottenuta coi


mento di tempra. Per parti moderatamente sollecitate è invece sufficiente u1
50%.
FIGURA 11.9
Profili di durezza radiale 60.----+---~ 60r----~------...---~
per (a) provette di acciaio
1040 e 4140 cilindriche,
di 50 mm di diametro
temprate in acqua 50
moderatamente agitata e
u u
(b) provette di acciaio O! O!
I I
4140 cilindriche, di 50 e eÒ
N 40
,.· 50
N
100 mm di diametro N
~
N
Q)

temprate in acqua ::, ~


o o
moderatamente agitata.
30

20-------~
~SOmm------1 401 ~50mm---J I
~lOOmm~
(a) (b)
1enza del mezzo temprante, della dimensione della provetta e della geometria • 339

sl\lPIO m PROBLE,u. 11.1

Determinare il profilo radiale di durezza per un pezzo cilindrico di acciaio 1040 di 50 mm di


diametro, temprato in acqua moderatamente agitata.

Sot,UZIO-'liF
Si deve anzitutto valutare la velocità di raffreddamento (in funzione della distanza Jominy dal-
l'estremità temprata), nelle posizioni radiali al centro, alla superficie, a metà ed a tre quarti del
pezzo cilindrico. Ciò si ottiene dal diagramma velocità di raffreddamento - diametro della
barra che, considerando il mezzo di tempra, è quello della Figura 11.Sa. Si deve quindi con-
vertire la velocità di raffreddamento di ciascuna di queste posizioni radiali in valori di durez-
za in base alla curva di temprabilità della lega in esame. Si ottiene, infine, il profilo di durez-
za diagrammando la durezza in funzione della posizione radiale.
Questo proçedimento viene mostrato nella Figura 11.10, per la posizione centrale. Si rileva
che per un cilindro di 50 mm (2 in.) di diametro, temprato in acqua, la velocità di raffredda-
mento al centro è pari a circa 9.5 mm (i in.) dall'estremità temprata di una provetta Jominy
(Figura 11.l0a). Questo corrisponde ad una durezza di circa 28 HRC, come si rileva dal dia-

FtGUlA 11.10
lmpiego dei dati di temprabilità per genera-
re profili di durezza. (a) Si determina la
velocità di raffreddamento al centro del
(a) pezzo di 50 mm (2 in.) di diametro per tem-
pra in acqua. (b) Si converte la velocità di
raffreddamento in durezza HRC per un
acciaio 1040. (e) Si riporta la durezza
Rockwell sul profilo della durezza radiale.
1 I 3
4 2 4
Distanza dall'estremità temprata (in.)

:::.....__________ __
u
o,; 50
:r:
''' ', ' -
--

"" 40 ' ' ......... (b)
~
o
::,
''' ' ',,....__ __
-----·
--------·
....
30
__
..........
200 ! I 3 2
2 ·4
4
Distanza dall'estremità temprata (in.)
I
60...-~~--.

u
~ 50

""~ 40
::,
o

(e)
340 Capitolo 11 / Trattamenti termici delle leghe metalliche

gramma di temprabilità per l'acciaio 1040 (Figura 11.I0b). Infine, questo dato viene riporta-
to nel diagramma del profilo di durezza della Figura 11.1Oc.
In modo simile si possono determinare le durezze alla superficie, a metà ed a tre quarti del
raggio. Si ottiene così il profilo completo, i cui dati sono riportati nella tabella che segue.

Distanza equivalente
dall'estremità temprata Durezza
Posizione radiale [mm (in.)] HRC

Centro 9.5 (3/8) 28


Metà raggio 8.0 (5/16) 30
Tre quarti del raggio 4.8 (3/16) 39
Superficie 1.6 (l/16) 54

E:--DIPlO DE.;J(;'\ 1 J. I

Si deve scegliere un acciaio per un albero di trasmissione. Il progetto richiede un albero cilin-
drico di 1 in. di diametro, avente una durezza in superficie di almeno 38 HRC ed una dutti-
lità minima di 12 A%. Trovare una lega ed un trattamento che soddisfino questi requisiti.

.'Ìf 11.l1 IO.\~:


Prima di tutto, il costo è sicuramente un importante parametro progettuale che va considera-
to. Questo potrebbe probabilmente eliminare acciai relativamente costosi, come l'acciaio
inossidabile e quelli indurenti per precipitazione. Cominciamo pertanto ad esaminare acciai
al carbonio e bassolegati e di quali trattamenti si dispone per modificare le loro caratteristi-
che meccaniche.
È improbabile che uno di questi acciai per solo incrudimento possa produrre la desidera-
ta combinazione di durezza e di duttilità. Per esempio, dalla Figura 6.19, una durezza di 38
HRC corrisponde ad una resistenza a trazione di 1200 MPa. La resistenza a trazione in fun-
zione del percento di lavorazione a freddo per un acciaio 1040 viene rappresentata nella .
Figura 7.19h. Si può o~servare che al 50% di lavorazione a freddo si ottiene una resistenza a
trazione di solo 900 MPa; inoltre, la duttilità corrispondente è di circa 10% A (Figura 7. I 9c).
Quindi, entrambe queste proprietà sono inferiori a quelle richieste nel progetto; anche I 'in-·
crudimento di altri acciai al carbonio o bassolegati potrebbe probabilmente non far rnggiun-
gere i valori minimi richiesti.
Un'altra possibilità è quella di realizzare una serie di trattamenti termici in cui l'acciaio
viene austenitizzato, temprato (per formare martensite) ed alla fine rinvenuto. Esaminiamo
ora le proprietà meccaniche di alcuni acciai al carbonio e bassolegati che sono stati trattati in
questo modo. Per cominciare, la durezza superficiale del materiale temprato (che alla fine

Talwlla I I . l Durezza superficiale di cilindri


di acciaio 1060 di vario diametro

Diametro (in.) Dureu.a superficiale (HRC)

0.5 59
I 34
2 30.5
4 29
11.6 Innuenza tld mezzo temprante, della dimensione della provetta e della geometria • 341

Talwlla I 1.2 Valori di durezza Rockwell (Superficiale) e di allungamento percentuale per cilindri di I in.
di diametro di sei acciai, temprati e rinvenuti a temperature diverse
----·
Rinvenuto Rinvenuto Rinvenuto
Solo tempra a540°C a595°C a650°C
-----~--
Legai Durezza Dure:a.a Duttilità Durezza Duttilità Durezw Duttilità
Mezzo temprante (HRC) (HRC) (A%) (HRC) (A%) (HRC) (A%)

1040/ olio 23 (12.5)" 26.5 (10)" 28.2 (5.5]" 30.0


1040 / acqua 50 (17.5)" 23.2 (15)" 26.0 (12.5)" 27.7
4130 / acqua 51 31 18.5 26.5 21.2
4140 I olio 55 33 15.5 30.0 19.5 27.5 21.0
4150/ olio 62 38 14.0 35.5 15.7 30.0 18.7
4340 / olio 57 38 14.2 35.5 16.5 29.0 20.0
6150 I olio 60 38 14.5 33.0 16.0 31.0 18.7

~ Questi valori di durezza sono approssimativi in quanto sono minori di 20 HRC.

influenza la durezza del rinvenuto) dipenderà sia dalla composizione che dal diametro del-
l'albero, come discusso nelle due sezioni precedenti. Per esempio, il grado con cui la durez-
za superficiale diminuisce col diametro è rappresentato nella Tahella 11.1per un acciaio 1060
che è stato temprato in olio. Inoltre, la durezza della superficie rinvenuta dipenderà anche
dalla temperatura e dal tempo di rinvenimento.
Nella Tabella 11.2 vengono presentati i dati di duttilità e di durezza dopo tempra e
dopo rinvenimento, per un acciaio al carbonio (AISI/SAE 1040) e per alcuni acciai bas-
solegati comuni e facilmente disponibili. Vengono indicati il mezzo temprante (acqua o
olio) e le temperature di rinvenimento (540°, 595° e 650°C). Come si può osservare, le
sole combinazioni lega-trattamento termico che rispondono aì requisiti richiesti sono la
4150/olio-rinvenuta a 540°C, la 4340/olio-rinvenuta a 540°C e la 6150/olio-rinvenuta a
540°C; i dati relativi sono segnati in neretto nella tabella. I costi di questi tre materiali
sono probabilmente confrontabili; si potrebbe tuttavia condurre anche un'analisi dei costi.
Infine, la lega 6150 ha, sia pure di poco, la duttilità più alta, che potrebbe conferirle un
leggero vantaggio in fase di scelta.

INDURIMENTO
PER PRECIPITAZIONE-_-
__
-~-=-~
La resistenza e la durezza di alcune leghe metalliche possono essere aumentate mediante for-
mazione di particelle estremamente piccole uniformemente disperse di una seconda fase
all'interno della fase matrice originaria; questo può essere ottenuto con un adeguato tratta-
mento termico. Il processo è chiamato indurimento per precipitazione poiché le piccole
particelle della nuova fase sono dette "precipitati". Per designare questo procedimento viene
anche usato il termine di "indurimento per invecchiamento" in quanto la resistenza si svilup-
pa col tempo e quindi con l'età della lega. Esempi di leghe che sono indurite mediante un trat-
tamento di precipitazione sono le alluminio-rame, le rame-berillio, le rame-stagno e le
magnesio-alluminio; anche alcune leghe ferrose possono essere indurite per precipitazione.
L'indurimento per precipitazione ed il trattamento dell'acciaio che porta alla formazione
di martensite sono fenomeni completamente differenti, anche se i procedimenti del tratta-
mento termico sono simili; pertanto, i processi non dovrebbero essere confusi. La differenza
principale risiede nei meccanismi con cui si ottengono l'indurimento e l'aumento di resisten-
za. Questi diventano chiari una volta spiegato l'indurimento per precipitazione.
342 • Capitolo 11 / Trattamenti termici delle leghe metalliche

11.7 TRATIA..l\fENTT TERMICI

Dal momento che l'indurimento per precipitazione è dovuto alla formazione di particelle di
una nuova fase, l'interpretazione del trattamento termico viene facilitata se si fa riferimento
ai diagrammi di fase. La discussione viene semplificata limitandosi a sistemi binari, anche se,
nella pratica, alcune leghe indurenti per precipitazione contengano due o più elementi di lega.
Il diagramma di fase deve essere della forma rappresentata per l'ipotetico sistema A-B nella
Figura 11.11.
Per avere indurimento per precipitazione i diagrammi di fase delle leghe devono presen-
tare due caratteristiche indispensabili: una apprezzabile solubilità massima di un componen- ·
te nell'altro, dell'ordine di diverse unità per cento ed un limite di solubilità, come concentra-
zione nel componente maggiore, che diminuisce rapidamente con la temperatura. Entrambe
queste condizioni vengono soddisfatte dall'ipotetico diagramma di fase (Figura 11.l l ). La
massima solubilità corrisponde alla composizione del punto M. Inoltre, il confine che limita
la solubilità fra le regioni delle fasi a e a+ f3 diminuisce da questa concentrazione massima
fino ad un punto N, con contenuto di B in A molto basso. Infine, la composizione di una lega
indurente per precipitazione deve essere minore della solubilità massima. Queste condizioni
sono necessarie ma non sufficienti per ottenere l'indurimento per precipitazione di una lega.
Altri requisiti sono discussi più oltre.

TRATTAMENTO TERMICO DI SOLUZIONE


L'indurimento per precipitazione viene realizzato mediante due differenti trattamenti termi-
ci. Il primo è un trattamento termico di soluzione in cui tutti gli atomi di soluto vengono
disciolti per formare una soluzione solida monofasica. Si consideri una lega di composizione
C0 nella Figura 11.1. Il trattamento consiste nel riscaldare la lega ad una temperatura che la
porti entro la regione monofasica a - supponiamo T0 - ed attendere fino a che tutta la fase {3
eventualmente presente sia completamente disciolta. A questo punto, la lega è costituita solo
da una fase a di composizione C 0 • Questo procedimento prevede un successivo rapido raf-
freddamento, ovvero una tempra alla temperatura T 1, che per diverse leghe è la temperatura
ambiente, in modo da prevenire qualsiasi diffusione e la conseguente formazione della fase
{3.Si determina quindi una situazione di non equilibrio in cui è presente a T 1 solo la soluzio-
ne solida a sovrasatura di atomi di B; in questo stato la lega è relativamente tenera e di bas~a
resistenza. Inoltre, per la maggior parte delle leghe la velocità di diffusione a T 1 è estrema-
mente bassa; in tal modo la fase a si mantiene sovrasatura a questa temperatura per periodi
relativamente lunghi.

FIGl R\ 1 J.11 Diagramma di


fase ipotetico per una lega
indurente per precipitazione di
composizione C0 •

Cp
Composizione (% in peso B)
11. 7 Trattamenti ternùci • 343

Trattamento termico Fica R\ 1 1. 12 Diagramma


di soluzione
schematico temperatura-tempo
To che rappresenta i trattamenti ter-
-- Tempra
mici di solubilizzazione e di pre-
cipitazione per l'indurimento da
precipitazione.
Trattamento termico
di precipitazione

T1 .__ _______ ..._ ________ ~_

Tempo

TRATTA!\ilEI\TO TERMICO DI PHECIPITAZIOI\E


Per il secondo o trattamento termico di precipitazione, la soluzione solida a sovrasatura
viene di norma riscaldata ad una temperatura intermedia T2 (Figura 11.11) entro la regione
bifasica a + /3,alla cui temperatura diventa apprezzabile la velocità di diffusione. Inizia così
a formarsi la fase /3,sotto forma di particelle finemente disperse di composizione C~, con un
processo che è talvolta chiamato "invecchiamento". Dopo un adeguato periodo di tempo alla
temperatura T2 , la lega è raffreddata a temperatura ambiente; di nonna, questa velocità di raf-
freddamento non è considerata importante. Sia il trattamento di soluzione che quello di pre-
cipitazione sono rappresentati su un diagramma temperatura-tempo (Figura 11.12). Le carat-
teristiche di queste particelle /3,e di conseguenza la resistenza e la durezza della lega, dipen-
dono sia dalla temperatura di precipitazione T2, che dal tempo di soggiorno a questa tempe-
ratura. Per diverse leghe, l'invecchiamento si verifica spontaneamente a temperatura ambien-
te con periodi di tempo abbastanza lunghi.
La dipendenza della crescita del precipitato di particelle f3 dal tempo e dalla temperatura
in condizioni di trattamento isotermico può essere rappresentata mediante curve a forma di C
simili a quelle nella Figura l 0.9 per le trasformazioni eutettoidi negli acciai. Tuttavia, è più
usato e conveniente presentare i dati come resistenza a trazione, limite di snervamento o
durezza a temperatura ambiente in funzione del logaritmo del tempo di invecchiamento, a
temperatura costante T2 • Il comportamento per una tipica lega indurente per precipitazione
viene rappresentato nella Figura 11.13. Al crescere del tempo, la resistenza o la durezza cre-
sce, raggiunge un massimo ed alla fine diminuisce. Questa riduzione di resistenza e di durez-
za che si verifica dopo periodi di tempo lunghi è conosciuta come sovrainvecchiamento.
Viene anche considerata l'influenza della temperatura sovrapponendo, su un singolo dia-
gramma, curve ottenute a varie temperature.

FlGL 1u 11.13 Diagramma


schematico che rappresenta
"'
N
la variazione della resisten-
N
2
:::,
za e della durezza in funzio-
"'o ne del logaritmo del tempo
IJ
"'
N
di invecchiamento a tempe-
e
ratura costante durante il
-~
~ trattamento termico di pre-
CJ
o,:
cipitazione.

Logaritmo del tempo di invecchiamento


344 • Capitolo 11 I Trattamenti termici delle leghe metalliche

FrGIR\ 11.1 l
Composizione(%, atomico Cu)
Lato del diagramma di
fase alluminio-rame ricco 700 or-----,5 ___ ---r10
______ ...,20
_____ 3.,.o_--,
in alluminio. (Da J. L.
Murray, lnternational
Metals Review, 30, 5,
1985. Riproduzione 600
autorizzata da ASM o
lntemational.). ~
[:
::, 9
~ 500 (CuA1
2)
V
Q_
E
~ a+e

400

300----~---_._ ___ _...____ ._ ___ _.__-'L....I


o 10 20 30 40 50
Composizione (% in peso Cu)

11.8 1\1EU_:,\1\IS1TO DEU,'I:\\ EO:tlL\}lE-',TO

L'indurimento per precipitazione viene comunemente utilizzato nelle leghe di alluminio di


alta resistenza. Sebbene la gran parte di queste leghe abbia elementi alliganti differenti, sia
per tipo che per quantità, il meccanismo di indurimento è stato forse più estesamente studia-
to per le leghe alluminio-rame. La Figura 11.14 riporta il lato del diagramma di fase allumi-
nio-rame ricco in alluminio. La fase a è una soluzione solida di sostituzione di rame in allu-
minio, mentre la fase fJè il composto intennetallico CuAl 2 • Durante il trattamento termico di
precipitazione di una lega alluminio-rame, ad esempio di composizione 96% peso di Al e 4%
peso di Cu, la formazione della fase 8 di equilibrio viene preceduta da di verse fasi di transi-
zione formate in precisa sequenza. Le proprietà meccaniche sono influenzate dalle caratteri-
stiche delle particelle di tali fasi di transizione. Durante lo stadio di indurimento iniziale ~a
tempi brevi, Figura 11.13) gli atomi di rame si raccolgono insieme in dischi molto piccoli e
sottili, spessi uno o due atomi e larghi circa 25 atomi; questi dischi sono molto numerosi e

Atomo solvente (Al) Atomo Particella di


soluto (Cu) --··· iase tl'' ,- Particella di fase O

(a) (b) /ci

Fu;1 R\ 1 1.1 ~ Rappresentazione schematica dei diversi stadi di formazione della fase precipi-
tata di equilibrio ( 0). (a) Soluzione solida u sovrasatura. (/,) Fase di precipitato, (J", di transizio-
ne. (e) Fase 0 di equilibrio, all'interno della fase matrice a. Le dimensioni reali delle particelle
sono molto più grandi di quelle qui rappresentate.
11.8 Meccanismo dell'invecchia

11temodella fase a. I grappoli, talvolta chiamati zone, so1


possono essere considerati come particelle precipi1
>e la conseguente diffusione degli atomi di rame, le zor
:e crescono di dimensione. Queste particelle di precipit,
di transizione (designate 0" e 0'), prima della forma;
·a 11.l Sc). Le particelle di fase di transizione per una
mtate nella micrografia elettronica di pagina 328.
durimento e di aumento della resistenza rappresentati 1
resenza di numerose particelle di queste fasi di transi
:Hafigura, la massima resistenza coincide con la formazi
1servataraffreddando la lega a temperatura ambiente. U
: alla progressiva crescita delle particelle ed alla formazi

ncremento della resistenza viene accelerato se si aumer


la Figura 11.16a, in cui si riporta la resistenza a trazio1

1 min l h 1 giorno 1 mese 1 ar


~1,-----,------...---,------,---,

-s,,___,__
_ __._
__ ~-----------~--
10-2 10- 1 10 102 103
Durata del trattamento :ermico di precipitazione (h)
(a)

1 min 1h 1 giorno 1 mese 1 anr


-si,-----.-------.---,------,---
204°c 149'C 121 °C

41,---'--------'------'----'---__.._ _ __. __
10- 2 10- 1 10 10 2 10 3
Durata del trattamento termico di precipitazione (h)
(b)
346 • Capitolo 11 / Trettwnenti termici delle leghe metalliche

logaritmo del tempo per una lega di alluminio 2014 a diverse temperature di precipitazione.
La temperatura ed il tempo del trattamento termico di precipitazione ideali sono quelli che
producono la durezza e la resistenza vicine al massimo valore. Con l'aumento della resisten-
za si ha una riduzione di duttilità, come mostrato nella Figura 11.16b per la stessa lega di-allu-
minio 2014 a diverse temperature.
Non tutte le leghe che soddisfano le condizioni menzionate in precedenza, relative alla
composizione ed alla configurazione del diagramma di fase, sono suscettibili di indurimento
per precipitazione. È infatti necessario che si realizzi anche una deformazione del reticolo
all'interfaccia matrice-precipitato. Per le leghe alluminio-rame, la distorsione del reticolo cri-
stallino si verifica intorno e nell'immediata vicinanza delle particelle di queste fasi di transi- ·
zione (Figura I I . I 5b). Durante la deformazione plastica, i movimenti delle dislocazioni ven-
gono efficacemente impediti da queste distorsioni e, di conseguenza, la lega diventa più dura
e resistente. Con il sovrainvecchiamento si forma la fase 0, che offre minore resistenza allo
scorrimento, il che giustifica la conseguente perdita di durezza e di resistenza.
Le leghe, che mostrano un apprezzabile indurimento per precipitazione a temperatura
ambiente e dopo un periodo di tempo relativamente breve, devono essere temprate e poi man-
tenute in condizioni refrigerate. Diverse leghe di alluminio usate per rivetti mostrano questo
comportamento. Esse sono messe in opera mentre sono ancora tenere, e vengono quindi
lasciate indurire a temperatura ambiente. Questo viene chiamato invecchiamento naturale;
l'invecchiamento artificiale è infatti ottenuto a temperature più elevate.

11.9 CO!\SIDERAZIONI AGGHTNTIVE

Nelle leghe ad alta resistenza si possono sfruttare gli effetti combinati dell'incrudimento e
dell'indurimento per precipitazione. Per ottenere la combinazione ottimale delle proprietà
meccaniche è importante effettuare i processi secondo un certo ordine. Dì nonna, sulla lega
viene dapprima effettuato il trattamento termico di soluzione, quindi la tempra. Segue poi la
lavorazione a freddo ed alla fine il trattamento termico di indurimento per precipitazione. Nel
trattamento finale si può avere qualche perdita di resistenza a causa della ricristallizzazion~.
Se la lega viene indurita per precipitazione prima della lavorazione a freddo, si deve spende-
re maggiore energia per deformarla; inoltre è anche possibile che si fessuri, in quanto l'indu-
rimento per precipitazione riduce la duttilità.
La maggior parte delle leghe indurenti per precipitazione hanno una temperatura di uti-
lizzo limitata. L'esposi1.ione alle temperature alle quali si manifesta l'invecchiamento può
portare infatti alla perdita di resistenza per sovrainvecchiamento.

In questo capitolo sono stati discussi alcuni dei trattamenti termici che vengono utilizzati per
modellare a piacimento le proprietà meccaniche di una lega metallica. L'esposizione ad ele-
vata temperatura per un esteso periodo di tempo seguita da raffreddamento a temperatura
ambiente ad una velocità relativamente lenta è detta ricottura; sono stati brevemente discus-
si diversi trattamenti di ricottura particolari. Durante la ricottura intermedia, un pezzo lavo-
rato a freddo viene di nuovo reso più tenero e più duttile per ricristallizzazione. Le tensioni
interne residue, indotte in precedenza, vengono eliminate mediante ricottura di distensione.
Bibliografia 34 7

Per le leghe ferrose viene usata la normalizzazione per affinare e migliorare la struttura del
grano. Si possono anche migliorare le caratteristiche di fabbricazione mediante trattamenti di
ricottura completa e di sferoidizzazione che producono microstrutture formate, rispettiva-
mente, da perlite grossolana e da sferoidite.
Per gli acciai ad alta resistenza è possibile realizzare la miglior combinazione delle carat-
teristiche meccaniche producendo sull'intera sezione del materiale una microstruttura preva-
lentemente martensitica; questa può essere convertita in martensite rinvenuta per trattamen-
to termico di rinvenimento. La temprabilità è un parametro usato per valutare l'influenza
della composizione sulla suscettibilità a formare strutture prevalentemente martensitiche con
determinati trattamenti termici. La rìlevazione della temprabilità si effettua mediante una
prova Jominy standard, da cui si ottengono le curve di temprabilità.
Anche altri fattori influenzano la profondità di formazione della martensite. Fra i mezzi
comuni di tempra, l'acqua è la più efficace, seguita dall'olio e dall'aria, in questo ordine. Le
relazioni fra velocità di raffreddamento e dimensioni e geometria del pezzo, per un determi-
nato mezzo di tempra, vengono frequentemente rappresentate con grafici empirici; ne sono
stati illustrati due, per pezzi cilindrici. Questi possono venire usati insieme ai dati di tempra-
bilità per tracciare profili di durezza sulla sezione trasversale.
Alcune leghe sono suscettibili all'indurimento per precipitazione, cioè, all'aumento della
resistenza mediante formazione di particelle molto piccole di una seconda fase, o precipita-
to. Il controllo della dimensione delle particelle, e di conseguenza della resistenza, viene rea-
lizzato con due trattamenti termici. Per il secondo, ovvero il trattamento di precipitazione a
temperatura costante, la resistenza cresce col tempo fino ad un massimo e poi decresce per il
sovrainvecchiamento. Questo processo viene accelerato aumentando la temperatura. Il feno-
meno di aumento della resistenza viene spiegato in termini di una crescita della resistenza al
movimento delle dislocazioni a causa di distorsioni del reticolo, che si determinano in vici-
nanza di queste particelle microscopiche di precipitato.

TERMINI E CONCETTI IMPORTANTI

Austenitizzazione Prova Jorniny Temperatura critica inferiore


Distensione Ricottura Temperatura critica superiore
Indurimento per precipitazione Ricottura completa Temprabilità
Invecchiamento artificiale Ricottura intermedia Trattamento termico di precipitazione
Invecchiamento naturale Sferoidizzazione Trattamento termico di soluzione
Normalizzazione Sovrain vecchiarnento

BIBLIOGRAFIA

ASM Handbook, Voi. 4, Heat Treating, ASM of Nonferrous Alloys, ASM Intemational, Materials
Intemational, Materia! Park, OH, 1991. Park, OH, 1982.
Brooks, C. R., Heat Treatment, Structure and Properties Brooks, C. R. Principles of the Heat treatment of Plain
348 • Capitolo 11 / Trattamenti termid delle leghe metalliche

Carbon and Low Alloy Steels, ASM Intemational, Procedures for Irons and Steels, 2nd edition, ASM
Materials Park, OH, 1995. Intemational, Materials Park, OH, 1995.
Grossmann, M. A. and E. C. Bain, Principles of Heat Krauss, G. Steels: Heat Treatment and Processing
T,-eatment, American Society for Metals, Metals Principles, ASM lntemational, Materials Park, OH,
Park, Ohio, I 964. 1990.
Heat Treater's Guide: Standard Practices and

DO '..\1\ ~ DE E P R () H I, E .\I I

11.1 Descrivi con parole tue i seguenti procedimenti quantità di martensite.


di trattamento termico per gli acciai ed indica, 11.10 Definire due proprietà termiche di un mezzo
per ciascuno, la microstruttura finak relativa: liquido che ne influenzano l'efficacia temprante.
ricottura completa, normalizzazione, tempra e 11.11 Costruire i profili di durezza radiale per:
rinvenimento. (a) Un cilindro di acciaio 8640 di 50 mm di dia-
11.2 Citare tre sorgenti di tensione interna residua nei metro temprato in olio moderatamente agitato.
componenti metallici. Quali sono due possibili (b) Un cilindro di acciaio 5140 di 75 mm di
conseguenze negative causate da queste tensio- diametro temprato in olio moderatamente agita-
ni? to.
11.3 Dare l'intervallo di temperatura a cui è possibile (e) Un cilindro di acciaio 8620 di 65 mm di
austenitizzare ciascuna delle seguenti leghe diametro temprato in acqua moderatamente agi-
ferro-carbonio per un trattamento termico di tata.
normalizzazione: (a) 0.20% peso di C, (b) ( d) Un cilindro di acciaio 1040 di 70 mm di
0.76% peso di Ce (e) 0.95 % peso di C. diametro temprato in acqua moderatamente agi-
11.4 Dare l'intervallo di temperatura più conveniente tata.
per austenitizzare ciascuna delle seguenti leghe 11.12 Confrontare l'efficacia della tempra in acqua
ferro-carbonio per un trattamento termico di moderatamente agitata ed in olio, graficando, su .
ricottura completa: (a) 0.25% peso di C, (b) un singolo diagramma, i profili di durezza radia-
0.45% peso di C, (e) 0.85 % peso di Ce (d) 1.10 le per un cilindro di acciaio 8630 di 65 mm di
% peso C. diametro temprato in entrambi i mezzi.
11.5 Qual è lo scopo di di un trattamento termico di 11.13 Confrontare l'indurimento per precipitazione
sferoidizzazione? Su quali classi di leghe viene (Sezioni 11.7 e 11.8) e l'indurimento dell'ac-
normalmente utilizzato? ciaio per tempra e rinvenimento (Sezioni 10.5,
11.6 Spiegare brevemente la differenza fra durezza e 10.6 e 10.8) riguardo a
tem prabili tà. (a) Il procedimento dell'intero trattamento ter-
11.7 Qual è l'influenza della presenza di un elemento mico.
di lega (diverso dal carbonio) sulla forma di una (b) Le microstrutture che si ottengono.
curva di temprabilità? Spiegare brevemente que- (e) La variazione delle proprietà meccaniche
sto effetto. durante le diverse fasi del trattamento termico.
11.8 Come ritieni che una diminuzione del grano 11.14 Qual è la principale differenza tra i processi di
austenitico influenzi la temprabilità di un invecchiamento naturale ed artificiale?
acciaio? Perché?
11.9 (a) Definire i tre fattori che influenzano il tenore Problemi di progettazione
di martensite sulla sezione trasversale di un 11.D1 Un cilindro di acciaio di 25 mm di diametro
pezzo di acciaio. deve essere temprato in olio moderatamente agi-
(b) Per ognuno, dire come si può aumentare la tato. La durezza in superficie deve essere alme-
Domande e problemi • 349

no 55 HRC, ed al centro 50 HRC. Quale delle delle seguenti leghe potrà soddisfare questi
seguenti leghe potrà soddisfare questi requisiti: requisiti: 1040, 5140, 4340, 4140, 8620, 8630,
1040, 5140, 4340, 4140 e 8640? Giustificare le 8640 e 8660? Giustificare le scelte.
scelte. 11.D5 Un cilindro di acciaio 4140 deve essere austeni-
11.D2 Cn cilindro di acciaio di 75 mm di diametro tizzato e temprato in olio moderatamente agita-
deve essere austcnitizzato e temprato in modo da to. Se la microstruttura deve essere formata da
ottenere, sull'intero pezzo, una durezza minima almeno il 50% di martensite sull'intero pezzo,
di 40 HRC. Quale delle leghe 8660, 8640, 8630 quale potrà essere il diametro massimo?
e 8620 possiede i requisiti necessari se il mezzo Giustificare la risposta.
temprante è (a) acqua moderatamente agitata e 11.D6 Un albero di trasmissione cilindrico di 45 mm di
(b) olio moderatamente agitato? Giustificare diametro di acciaio 1040 deve essere trattato ter-
la(e) scelta( e). micamente in modo da confergli una resistenza a
11.D3 Cn cilindro di acciaio di 38 mm di diametro trazione, uniforme sull'intera sezione, di almeno
deve essere austenitizzato e temprato in modo da 620 MPa. Descrivere un trattamento termico che
ottenete sull'intero pezzo una microstruttura for- può essere utilizzato.
mata da 80% di martensite. Quale delle leghe 11.D7 Un cilindro di acciaio 8640 deve essere austeni-
4340, 4140, 8640, 5140 e 1040 possiede i requi- tizzato e temprato in olio moderatamente agita-
siti necessari se il mezzo temprante è (a) olio to. Per avere una durezza in superficie di almeno
moderatamente agitato e (b) acqua moderata- 49 HRC, quale diametro massimo si può utiliz-
mente agitata? Giustificare la(e) scelta(e). zare? Giustificare la risposta.
11.D4 Un cilindro di acciaio di 90 mm di diametro 11.D8 Le leghe rame-berillio ricche in rame sono indu-
deve essere temprato in acqua moderatamente renti per precipitazione. Dopo aver osservato il
agitata. La durezza in superficie deve essere diagramma di fase (Figura 11.17) fare quanto
almeno 55 HRC. ed al centro 40 HRC. Quale segue:

FH;t B \ I 1. I 7 Lato ricco in rame


del diagramma di fase rame-beril-
Composizione (% atomico Be) 1io. (Da Bìnary Alloy Phase
Diagrams, 2nd edition, Voi. 2, T. B.
o 5 10 15 20 Massalski, Editor-in-Chief, 1990.
Ristampa autorizzata da ASM
1000 Tntemational,Materials Park, OH.)

400

o 2 3 4

CCul
Composizione (% peso Be)
350 • Capitolo 11 / Trattamenti termici delle leghe metalliche

(a) Specificare l'intervallo di composizione resistenza a trazione minima di 450 MPa ed una
entro cui queste leghe possono essere indurite duttilità di almeno 15 A%. Specificare un tratta-
per precipitazione. mento termico di precipitazione in termini di
(b) Descrivere brevemente i procedimenti di temperatura e di tempo che possa dare queste
trattamento termico (in termini di temperature) caratteristiche meccaniche. Giustificare la rispo-
che potrebbero essere usati per indurire per pre- sta.
cipitazione una lega avente composizione di tua 11.D10 È possibile produrre una lega di alluminio 2014
scelta, ma compresa nell'intervallo dato nella indurita per precipitazione avente una resistenza
parte a. a trazione minima di 425 MPa ed una duttilità di
11.D9 Una lega di alluminio 2014, che ha subito un almeno I 2% A? Se sì, specificare il trattamento
trattamento termico di soluzione, deve essere termico di precipitazione. Se non è possibile,
indurita per precipitazione in modo da avere una spiegare perché.
, uesta fotografia mostra lattine di alluminio per bibita a vari ~tadi di produzione. La lattina è prodotta a partire
iin singolo foglio di una lega di alluminio, Le operazioni di produzione includono l'imbutitura, la formazione della
~tla, la rifilatura, la pulitura, la decoratura e lo stampaggio del collo e della flangia. (PEPSI è un marchio
istrato di PepsiCo, Inc. Utilizzo autorizzato.)

Perché studiare le leghe metalliche?

egneri sono spesso coinvolti nelle decisioni tenenti i valori delle proprietà di un largo numero di
anti la selezione dei materiali il che presuppo- materiali. Ad esempio, nella Sezione 23.2 discutere-
essi abbiano una qualche familiarità con le mo il processo di selezione di un materiale che deve
ristiche generali di una grande varietà di metal- essere utilizzato per un albero cilindrico sottoposto a
o leghe (così come altri tipi di materiale). In sforzo di torsione.
ò essere richiesto l'accesso a banche dati con-

3.51
Obi.-.tti,i di app1°C"'111limP11lo

Dopo aver studiato qm~i.to capitolo, dovresti essere in grado di fare le seguenti cose:

I. Nominare e descrivere quattro operazioni di for- 4. Nominare i quattro tipi di ghisa e, per ciascuno,
matura utilizzate per modellare le leghe metalli- descriverne la microstruttura e le caratteristiche
che. meccaniche generali.
2. Nominare e descrivere quattro tecniche di fusione. 5. Nominare sette diversi tipi di leghe non ferros~ e,
3. Nominare quattro tipi differenti di acciaio e, per per ciascuna, citare le sue distintive caratteristiche
ciascuno, citare le differenze di composizione, le fisiche e meccaniche e, in più, enumerare almeno
proprietà distintive e ~li usi tipici. tre applicazioni tipiche.

12.1 ll\TROUl ZTOl\E

Risulta appropriato terminare la trattazione dei materiali metallici discutendo riguardo ad al-
cune delle leghe ingegneristiche importanti in termini di composizione, proprietà, applica-
zioni e tecniche di fabbricazione. Ci soffermeremo su un numero di concetti e fenomeni che
sono stati sviluppati nei precedenti capitoli, incluse le proprietà meccaniche, i diagrammi di
fase e vari meccanismi di rafforzamento. La prima parte è dedicata ad una breve esplorazione
di diverse tecniche attraverso cui vengono fabbricati i metalli. Le leghe metalliche, in virtù
della loro composizione, vengono spesso raggruppate in due classi - ferrose e non ferrose. Le
leghe ferrose, quelle in cui il ferro è il costituente principale, includono gli acciai e le ghise.
Tali leghe e le loro caratteristiche verranno trattate nella seconda parte di questo capitolo. Le
leghe non ferrose - tutte le leghe che non sono basate sul ferro - sono l'oggetto della discus-
sione finale.
Molte volte un problema relativo ad un materiale è sostanzialmente quello di selezionare
quel materiale che possiede la giusta combinazione di caratteristiche per un 'applicazione spe-
cifica. Perciò, le persone che sono coinvolte nelle decisioni dovrebbero avere alcune nozioni
delle possibili opzioni. Questa presentazione estremamente concisa fornisce una veduta d'in-
sieme di alcune leghe commerciali, delle loro proprietà generali e delle loro limitazioni.

L'adeguatezza di un materiale per un'applicazione è dettata dalla facilità di produzione nella


forma desiderata e dal relativo costo. Le tecniche di fabbricazione dei metalli sono i metodi
attraverso cui metalli e leghe vengono formati e manufatti in prodotti utili. Tali tecniche sono
precedute da raffinazione, alligazione e spesso da processi di trattamento termico che forni-
scono leghe con le caratteristiche desiderate.
La classificazione delle tecniche di fabbricazione include vari metodi di metallo-forma-
tura, fusione, metallurgia delle polveri, saldatura e lavorazione alle macchine; spesso posso-
no essere utilizzate due o più di queste prima che il pezzo sia finito. Il metodo scelto dipende
da diversi fattori; il più importante riguarda le proprietà del metallo, la dimensione e forma
del pezzo finito e, naturalmente, il costo. Le tecniche di fabbricazione dei metalli discusse in
questo capitolo sono classificate secondo lo schema illustrato in Figura 12.1.

12.2 OPER\ZIO\I DI Fnnu\TUt\

Le operazioni di formatura sono quelle nelle quali la forrna di un pezzo metallico viene cam-
biata per deformazione plastica; ad esempio la forgiatura, la laminazione, l'estrusione e la
trafilatura sono tecniche di formatura comuni. Naturalmente la deformazione deve essere
indotla ùa una forza o sforzo esterno la cui intensità deve superare il carico di snervamento
12.2 Operazioni di formatura • 353

Tecniche di fabbricazione dei metalli

I
Oper<1zioni di formatura
I
Fusione Altre
I

Forgia-
tura
Lamind-
zìone
I
Estru-
sione
Trafila-
tura
In
Sabbia
In
stampo
I
A cera
persa
Continua
~
Metallurgia
delle polveri
Salda-
tura

FH.t 1t, 12. I Schema di classificazione delle tecniche di fabbricazione dei metalli discusse in
questo capitolo.

del materiale. La maggior parte dei materiali metallici può essere assoggettata a queste pro-
cedure, essendo i metalli almeno moderatamente duttili ed in grado di deformarsi permanen-
temente senza fessurazione o frattura.
Quando viene effettuata una deformazione ad una temperatura al di sopra di quella di ricri-
stallizzazione, il processo si definisce deformazione a caldo (Sezione 7 .12); altrimenti defor-
mazione a freddo. Per molte delle tecniche di formatura sono possibili sia la procedura a caldo
che a freddo. Per le operazioni di deformazione a caldo sono possibili grandi deformazioni che
possono essere successi"amente ripetute dato che il metallo rimane tenero e duttile. Inoltre,
l'energia di deformazione richiesta è minore che per la deformazione a freddo. Tuttavia, la
maggior parte dei metalli mostrano dell'ossidazione superficiale a cui corrisponde una perdita
di materiale ed una scadente finitura finale della superficie. La deformazione a freddo pro-
duce un incremento della resistenza con una corrispondente attesa diminuzione della duttilità
visto che il metallo si incrudisce; i vantaggi rispetto alla deformazione a caldo includono una
finitura supt:rficiale di migliore qualità, migliori proprietà meccaniche ed una più ampia va-
rietà di queste, un più fine controllo dimensionale del pezzo finito. A.Il'occasione, la deforma-
zione totale è ottenuta in una serie di stadi nei quali il pezzo viene sottoposto a parziale defor-
mazione a freddo seguita da processo di ricottura (Sezione 11.2); tuttavia, tale procedura è co-
stosa e scomoda.
Una breve descrizione delle tecniche di formatura è schematicamente illustrata nella
Figura 12.2.

FOHUSfn·t\

La forgiatura è il termine che descrive il processo di lavorazione o deformazione meccani-


ca di un singolo pezzo di metallo normalmente a caldo; ciò può essere ottenuto attraverso
l'applicazione di colpi o attraverso compressione continua. Le forgiature vengono classifica-
te in forgiature a stampo chiuso o aperto. Per stampi chiusi, viene applicata una forza su due
o più semi stampi, di forma uguale a quella desiderata, in modo che il metallo possa defor-
marsi nella cavità tra loro compresa (Figura 12.2a). Per lo stampo aperto, vengono impiega-
ti due stampi di forme geometriche semplici (ad es. piani paralleli, semicircolari), normal-
mente su grandi pezzi. Gli articoli forgiati hanno strutture granulari ben definite e la miglio-
re combinazione di proprietà meccaniche. Le chiavi, gli alberi a manovella nelle autovetture
e le barre di connessione dei pistoni sono articoli tipici formati utilizzando queste tecniche.
354 • Capitolo 12 / Leghe metalliche

Forza

Stampo

(a) t
Forza
(bi

Stampo

-
Forza

Blocco di-,_._....._
tenuta
...........................

(e) (d)

FtGITRA 12.2 Defonnazione del metallo durante {a) la forgiatura, (b) la laminazione, {e) l'estru-
sione e (d) la trafilatura.

LAMINAZIONE

La laminazione è il processo di deformazione più utilizzato e consiste nel far passare un


pezzo di metallo attraverso due rulli; una riduzione di spessore viene esercitata dai due rulli
attraverso degli sforzi di compressione. La laminazione a freddo può essere utilizzata nella
produzione di fogli, strisce, lamine aventi una elevata finitura superficiale. Forme circolari
così come travi ad I e binari ferroviari sono ottenuti attraverso l'uso di rulli sagomati.

ESTRUSIONE

Per estrusione una barra di metallo è forzata attraverso l'orifizio di uno stampo mediante una
forza di compressione che è applicata ad un pistone; il pezzo estruso che si ottiene ha le
dimensioni desiderate ed ha subito una riduzione della sua sezione trasversale. I prodotti di
estrusione includono barre e tubi che possiedono geometrie trasversali piuttosto complicate;
si possono anche estrudere tubi privi di saldature.

TRAJ<'ILATURA

La trafilatura è un'operazione che consiste nel sottoporre un pezzo metallico ad una forzadi
trazione all'uscita di uno stampo avente un'anima conica. Il risultato è una riduzione della
sezione trasversale ed un corrispondete aumento della lunghezza. L'operazione globale di
trafilatura può comprendere diversi stampi posti in serie. Barre, fili e prodotti tubolari ven-
gono comunemente fabbricati in questo modo.
12.3 Fusione • 355

12.3 FUSIONE
La fusione è un processo in cui un metallo allo stato totalmente fuso viene versato entro uno
stampo cavo di dimensioni desiderate; attraverso la solidificazione, il metallo assume la
forma dello stampo, ma è soggetto ad un certo grado di restringimento. Le tecniche di fusio-
ne vengono impiegate quando ( l) la forma finale è così grande o complicata che altri metodi
sarebbero impraticabili, (2) una particolare lega ha una duttilità così bassa che la formatura,
sia a caldo che a freddo, sarebbe difficoltosa e (3) in confronto ad altri processi di fabbrica-
zione, la fusione risulta la più economica. Anche i processi finali di rifinitura, persino di
materiali duttili, possono comportare un processo di fusione. Esistono diverse tecniche di
fusione di uso comune tra cui fusione in sabbia, pressofusione, microfusione e fusione conti-
nua. Di seguito è riportato un breve cenno di questi trattamenti.

FUSIONE IN SABBIA

Nella fusione in sabbia, probabilmente il metodo più usato, viene utilizzata sabbia comune
come materiale da stampo. Viene formato uno stampo in due pezzi distribuendo la sabbia in
modo da darle la forma del getto finale. Inoltre, è solitamente inserito nello stampo un siste-
ma di condotti di colata in modo da permettere un più rapido flusso del metallo fuso nella
cavità, minimizzando i difetti di fusione interna. Parti fuse in sabbia includono blocchi cilin-
drici per automobili, idranti e grossi raccordi di tubi.

PRESSOFUSIONE

Nella pressofusione, il metallo liquido è forzato entro uno stampo per effetto di una pressio-
ne e ad una velocità relativamente alta e lasciato solidificare mantenendo la pressione costan-
te. Allo scopo viene impiegato uno stampo permanente in acciaio in due pezzi o blocco stam-
po; quando vengono uniti insieme, i due pezzi danno luogo alla forma desiderata. Quando
viene ottenuta la completa solidificazione, il blocco stampo è aperto ed il pezzo fuso viene
espulso. Il fatto che siano possibili alte velocità di fusione rendono tale metodo poco costo-
so; per di più, una singola serie di stampi può essere utilizzata per migliaia di fusioni.
Tuttavia, questa tecnica si presta soltanto per la produzione di pezzi relativamente piccoli e
per leghe di zinco, alluminio e magnesio, che hanno basse temperature di fusione.

MICROFUSIONE

Nella microfusione (a volte detta fusione a cera persa), il modello è fatto di cera o plastica
avente bassa temperatura di fusione. Intorno al modello viene versato un impasto fluido che
si indurisce fonnando una pasta solida o un rivestimenlo; solitamente viene utilizzato gesso
di Parigi. Lo stampo viene poi scaldato in modo che il modello liquefi e possa venir bruciato
completamente, lasciando così uno stampo cavo avente la forma desiderata. Questa tecnica
viene impiegata quando è richiesta una elevata accuratezza dimensionale, la riproduzione di
un sottile dettaglio ed un eccellente finitura - ad esempio, in gioielleria, per corone dentali ed
otturazioni. Le palette per turbine a gas e le giranti di motori a reazione sono prodotti median-
te microfusione.

FLSIONE CONTINUA

Alla fine del processo di estrazione molti metalli fusi solidificano per fusione in grandi stam-
pi a lingotto. I lingotti vengono normalmente sottoposti ad una prima operazione di stam-
paggio a caldo, il cui prodotto è un foglio piano o lastra; queste fonne sono punti di partenza
più convenienti per successive operazioni secondarie di formatura (cioè forgiatura, estrusio-
356 • Capitolo 12 / Leghe metalliche

ne, trafilatura). Questi stadi di fusione e stampaggio possono essere combinati in un proces-
so afusione continua (a volte detto "fusione a filo"). Utilizzando questa tecnica il metallo raf-
finato e fuso è prodotto direttamente in un filo che può avere sezione sia rettangolare che cir-
colare; la solidificazione avviene in uno stampo raffreddato ad acqua avente la geometria
della sezione desiderata. La composizione chimica e le proprietà meccaniche risultano più
uniformi per tutta la sezione per la fusione continua rispetto ai prodotti fusi in lingotto.
Inoltre, la fusione continua è altamente automatizzata e più efficiente. La figura L, nelle tavo-
le centrali a colori, mostra la fusione continua dell'acciaio inossidabile.

l2.l A1:rn.1<:
TEC\ICHE

\IET.\Ll..l"HGI \ Il.EU.E POL\ EHI

Un'altra tecnica di fabbricazione comporta la compattazione del metallo ridotto in polvere


seguita da un trattamento di riscaldamento che permette di produrre un pezzo più denso. Il
processo viene propriamente chiamato metallurgia delle polveri, spesso designato come
P/M. La metallurgia delle polveri rende possibile produrre pezzi virtualmente non porosi
aventi proprietà quasi equivalenti al materiale base completamente denso. 1 processi dì diffu-
sione durante il trattamento tecnico sono fondamentali per l'ottenimento di queste proprietà.
Questo metodo è particolarmente indicato per metalli aventi bassa duttilità, in quanto si ha
soltanto una piccola deformazione plastica delle particelle costituenti la polvere. 1 metalli
aventi elevate temperature di fusione sono difficilmente liquefacibili e fondibili e la fabbri-
cazione viene ottenuta tramite P/M. Inoltre, le parti che richiedono tolleranze dimensionali
molto strette (ad esempio bronzine ed ingranaggi) possono essere prodotte in via più econo-
mica utilizzando questa tecnica. Il motivo decorativo sulla lama del coltello mostrata nella
figura C, nelle tavole centrali a colori, è prodotto utilizzando la tecnica della metallurgia delle
polveri.

S-\1.D \TI H..\

In un certo senso la saldatura può essere considerata una tecnica di fabbricazione. Nella s~l-
datura, due o più parti metalliche si uniscono a formare un singolo pezzo quando la fabbri-
cazione in un solo pezzo è costosa o non fattibile. Possono essere saldati sia metalli simili che
dissimili. Il legame di unione è di tipo metallurgico (coinvolgendo la diffusione) invece che
meccanico come nel caso della rivettatura e della bullonatura. Esiste una varietà di metodi di
saldatura, come quella ad arco, a gas, per brasatura e saldobrasatura.

Frazione dal Frazione dal Ftcl B \ I:!.:{ Rappresentazione


metallo di apporto metallo base
schematica di una sezione tra-
sversale della zona in prossimità
di una tipica saldatura fusa. (Da
lron Castings Handbook, C. F.
Walton e T. J. Opar, Editors,
I 981.)

termicamente base fuso


alterata

Pezzo 1 Pezzo 2
12.4 Altre tccnich~ 357

Durante la saldatura ad arco e a gas i pezzi da unire ed il materiale di apporto (cioè la bar-
retta di saldatura) vengono scaldati ad una temperatura sufficientemente alta da causare la
locale fusione di entrambi; durante la solidificazione, il materiale di apporto forma un giun-
to di fusione tra i due pezzi. Perciò, c'è una regione adiacente la saldatura che può aver subi-
to alterazioni microstrutturali e di proprietà; tale regione è chiamata zona termicamente alte-
rata (a volte abbreviata in ZTA). Le possibili alterazioni sono:

1. Se il materiale del pezzo da saldare è stato preventivamente lavorato a freddo, questa


zona termicamente alterata può aver subìto ricristallizzazione e crescita del grano e
quindi una diminuzione di resistenza, durezza e tenacità. La ZTA per questo caso è
schematicamente rappresentata nella Figura 12.3.
2. Durante il raffreddamento si possono formare, in questa regione, delle tensioni resi-
due che indeboliscono il giunto.
3. Per gli acciai, il materiale in questa zona può essere stato scaldato a temperature suffi-
cientemente alte da formare austenite. Durante il raffreddamento a temperatura am-
biente, la microstruttura finale dipenderà dalla velocità di raffreddamento e dalla com-
posizione della lega. Per acciai a basso carbonio che presentano basse temprabilità,
normalmente saranno presenti perlite ed una fase proeutettoide. Tuttavia, per gli acciai
si potrebbe ottenere della martensite, che è solitamente indesiderabile perché fragile.
4. Alcuni acciai inossidabili possono essere "sensibilizzati" durante la saldatura il che li
rende suscettibili a corrosione intergranulare, come spiegato nella Sezione 18.7.

Una tecnica relativamente moderna è quella della saldatura a laser, nella quale un fascio la-
ser altamente focalizzato ed intenso viene utilizzato come sorgente di calore. Il fascio laser li-
quefa i metalli da unire e si produce un giunto di fusione durante la solidificazione; spesso non
vi è neppure la necessità di utilizzare un materiale riempitivo. Alcuni dei vantaggi di questa
tecnica sono i seguenti: (I) è un processo non a contatto, che elimina le distorsioni meccaniche
dei pezzi; (2) può essere rapido ed altamente automatizzato; (3) l'energia trasmessa al pezzo è
bassa e, perciò, la zona termicamente alterata è minima; (4) le saldature possono essere piccole
e molto precise; (5) una gran varietà di metalli e leghe può essere unita utilizzando questa tec-
nica; (6) si possono avere saldature esenti da porosità e con resistenza uguale o superiore a
quella del metallo base. La saldatura a fascio laser è molto utilizzata nell'industria automobili-
stica ed elettronica dove elevata qualità e velocità di saldatura si rendono necessarie.
Oltre ai fasci laser, si possono utilizzare fasci elettronici come sorgenti di calore per la sal-
datura dei metalli. Nella figura K, nelle tavole centrali a colori, è mostrata la microstruttura
nelle vicinanze di un giunto di saldatura a fascio elettronico.

-LEGHEFERROSE-----~~~- --=--=---=---=---
----··--

Le leghe ferrose - quelle in cui il ferro è il costituente primario - sono prodotte in quantità
maggiori rispetto ad ogni altro tipo di metallo. Sono particolarmente importanti come mate-
riali ingegneristici da costruzione. Il loro uso diffuso è dovuto a tre fattori: (I) i composti con-
tenenti ferro esistono in quantità abbondanti sulla crosta terrestre; (2) il ferro metallico e gli
acciai possono essere prodotti attraverso tecniche di estrazione, raffinazione, alligazione e
fabbricazione relativamente economiche; (3) le leghe ferrose sono estremamente versatili in
quanto possono essere configurate in modo tale da avere un ampio spettro di proprietà mec-
caniche e fisiche. Il principale svantaggio di molte leghe ferrose è la loro sensibilità alla cor-
rosione. Questo capitolo tratta della composizione, microstruttura, e proprietà di un numero
diverso di classi di acciai e ghise. Uno schema di classificazione tassonomico per le varie
leghe ferrose viene fornito in Figura 12.4.
358 Capitolo 12 / Leghe metalliche

Leghe metalliche

I
I
Ferrose Non ferrose

I
Acciai Ghise

Basso-legati Grigie Duttili Bianche Malleabili


(nodulari)

I Alto-legati

Basso carbonio Medio carbonio

~~
A~;o~

Comuni al Basso-lPgati, Comuni al Trattabili Comuni al Utensili Inossidabili


carbonio alta resistenza carbonio a caldo carbonio

FtGUU 12..1-Schema di classificazione di varie leghe ferrose.

12.5 ACCIAI

Gli acciai sono leghe ferro--<:arbonio che possono contenere concentrazioni apprezzabili cji
altri elementi di lega; esistono migliaia di leghe aventi diverse composizioni e/o trattamenti
termici. Le proprietà meccaniche risultano sensibili al contenuto di carbonio, che è normal-
mente inferiore a 1.0% in peso. Alcuni dei più comuni acciai sono classificati secondo la con-
centrazione di carbonio, nominalmente in tipi a basso, medio ed alto carbonio. Esistono
anche delle sottoclassi entro ogni gruppo corrispondenti alla concentrazione di altri elementi
di lega. Gli acciai comuni al carbonio contengono soltanto concentrazioni residue di impu-
rezze oltre al carbonio ed un po' di manganese. Per gli acciai legati, più elementi di lega ven-
gono intenzionalmente aggiunti in concentrazioni specifiche.

ACCIAI A BASSO TENORE UI CARBONIO

Di tutti i diversi acciai quelli produui in più grande quantità cadono entro la classificazione a
basso carbonio. Tali acciai generalmente contengono meno dello 0.25% in peso di Ce sono
insensibili a trattamenti termici intesi a formare martensite; l'aumento di resistenza è ottenu-
to attraverso lavorazione a freddo. Le microstrutture consistono di ferrite e perlite. Di conse-
guenza tali leghe sono relativamente tenere e poco resistenti, ma hanno una notevole duttilità
e tenacità; in più sono lavorabili, saldabili e, di tutti gli acciai, i meno costosi da produrre.
Applicazioni tipiche includono componenti della carrozzeria dell'automobile, forme struttu-
rali (travi ad I, canali ed angolari), lamiere utilizzate nelle tubazioni, in edilizia, ponti e latti-
ne per bevande. La Tabella 12. la 12.b presentano, rispettivamente, la composizione delle
12.5 Acciai • 359

Tabella 12. 1a Composizione di cinque acciai a basso tenore di carbonio e tre


basso-legati ad alta re!!istenza
Denominazione•
AISIISAE Numero Composizione(% in peso)° o
NumeroASTM UNS e Mn Allri

Acciai comuni a basso tenore di carbonio


1010 Gl0100 0.10 0.45
1020 010200 0.20 0.45
A36 K02600 0.29 1.00 0.20 Cu (min)
A5 l 6 Grado 70 K02700 0.31 1.00 0.25 Si

Acciai basso-legati ad ata resistenza


A440 Kl2810 0.28 1.35 0.30 Si (max), 0.20 Cu (min)
A633 Grado E K12002 0.22 1.35 0.30 Si, 0.08 V, 0.02 N, 0.03 Nb
A656Grado I K11804 0.18 1.60 0.60 Si, 0.1 V, 0.20Al. 0.015 N

' l codici utilizzati dalla American Iron and Steel lnstitute (AISI), dalla Society of Automotive Engineers
(SAE) e dalla American Society for Testing and Materials (ASTM) e nel Sistema di Numerazione Uniforme
(UNS) sono spiegati nel testo.
• Anche un massimo di 0.04 % in peso di P. 0.05 % in peso di S, 0.30 % in peso di Si (a meno che specifica-
to altrimenti).
Fonte: Da Metals Handbook: Properties and Selection: fron.1· and Steels, Voi. I, 9th edition, B. Bardes
(Editor). American Society for Metals, 1978, pp. 185,407.

Tabella 12. lh Caratteristiche meccaniche di materiali laminati a caldo ed applica-


zioni tipiche di vari acciai comwtl a basso tenore di carbonio e basso-legati ad alta
resistenza

Resistenza Resistenza DuttiliJà


AISIISAE a trazione a snervamento (A%m
NumeroASTM (MPa) (MPa) 50mm) Applicazioni tipiche

Acciai comuni a basso tenore di carbonio


10IO 325 180 28 Pannelli per automobili,
eh ìodi e fil i

1020 380 205 25 Tubazioni, Acciaio strutturale


e ìn lamiere

A36 400 220 23 Strutturale (ponti ed edifici)

A516 Grado 70 485 260 21 Recipienti in pressione


a bassa temperatura

Acciai basso-legati ad alta resistenza


A440 435 290 21 Stn1tture che sono
imbullonate o rivettate

A633 Grado E 520 380 23 Strutture utilizzate


in ambienti a bassa
temperatura

A656Grado I 655 552 15 Telai di camion e vagoni


ferroviari
360 Capitolo 12 / Leghe metalliche

proprietà meccaniche di diversi acciai a basso tenore di carbonio. Tipicamente hanno una
resistenza a snervamento di 275 MPa, resistenza a trazione tra 415 e 550 MPa ed una dutti-
lità di 25% A.
Un altro gruppo di acciai a basso tenore di carbonio sono gli acciai ad alta resistenza,
basso-legati (HSLA). Tali acciai contengono altri elementi di lega come rame, vanadio,
nichel e molibdeno in una concentrazione non superiore al IO% in peso, possiedono resi-
stenza più alta rispetto agli acciai a basso tenore di carbonio. Molti possono essere rafforzati
mediante trattamenti termici, arrivando a resistenze a trazione superiori ai 480 MPa; in più
sono duttili, formabili e lavorabili ali 'utensile. Diversi tipi sono riportati nella Tabella 12.1.
In atmosfera normale gli acciai HSLA sono più resistenti alla corrosione degli acciai al car-
bonio che hanno rimpiazzato in molte applicazioni, là dove la resistenza strutturale è critica
(ad esempio ponti, torri, colonne portanti nei palazzi e recipienti in pressione).

-\CCJ\I A )IEBIO TEI\ORE DI C--\.lWOl\10

Gli acciai a medio carbonio hanno una concentrazione di carbonio compresa tra 0.25 e 0.60
% in peso. Tali leghe possono essere trattate termicamente per austenitizzazione, raffredda-
mento e tempra in modo da migliorare le loru proprietà meccaniche. Vengono spesso utiliz-
zati nello stato temprato, avente la microstruttura della martensite. Gli acciai a medio carbo-
nio hanno bassa temprabilità e possono essere trattati termicamente con successo soltanto per
sezioni molto sottili e con velocità di raffreddamento molto rapide. Addizioni di cromo,
nichel e molibdeno migliorano la capacità di queste leghe ad essere trattate termicamente
(Sezione 11.5), dando origine ad una varietà di combinazioni resistenza---duttibilità.Queste
leghe Lrallatetermicamente sono più forti degli acciai a basso tenore di carbonio, ma a disca-
pito della duttilità e tenacità. Le applicazioni includono le ruote ferroviarie ed i binari, gli

Talwlla 12.2a Sistema di denominazione AISI/SAE ed L~NS e variazione di


composizione per acciai al carbonio non legati e vari acciai basso-legati
---·---·--------
Intervalli di composizione
Denominazione• Denominazione (% in peso di elementi di lega addizionati al C/ .
AISIISAE UNS Ni Cr Mo Altri

lOxx, comune al carbonio GIOxx0


11xx, lavorabile Gllxx0 0.08-0.33S
12xx, lavorabile Gl2xx0 O.I0--0.35S
0.04--0. I2P
13xx Gl3xx0 1.60-l.90Mn
40xx G40xx0 0.20-0.30
4lxx G4lxx0 0.80-1.10 0.15-0.25
43xx G43xx0 1.65-2.00 0.40-0.90 0.20--0.30
46xx G46xx0 0.70-2.00 0.15--0.30
48xx G48xx0 3.25-3.75 0.20-0.30
5lxx G5hx0 0.70-1.10
6lxx G6lxx0 0.50-1.10 0.I0-0.15V
86xx G86xx0 0.40--0.70 0.40--0.60 0.15--0.25
92xx G92xx0 l.80-2.20Si
···---·---- ----------- ·-------·---------
"Il contenuto di carbonio, 100 volte la percentuale in peso(% in peso), viene inserito al posto di "xx" per
ogni specifico acciaio.
'Eccetto che per gli acciai l3xx, la concentrazione di manganese è inferiore al 1.00% in peso.
Eccetto che per gli acciai 12xx, la concentrazione del fosforo è inferiore al 0.35% in peso.
Eccetto che per gli acciai 11xx e 12xx, la concentrazione di zolfo è inferiore a 0.04% in peso.
Eccello che per gli acciai 92xx, la concentrazione di silicio varia tra 0.15 e 0.35% in peso.
12.5 Acciai • 361

'foht•lla 12.21, Applicazioni tipiche ed intervalli di variazione delle proprietà


meccaniche per acciai legati e comuni temprati in olio e rinvenuti

Numero Numero Resistenw a Resistenza a Duttilità


AISI UNS trazione Snervamento (A% su
(MPa) (MPa) 50mm) Applicazioni tipiche
---------------~·------

Acciai comuni al carbonio

1040 GI0400 605-780 430--585 33-19 Alberi a gomiti, bulloni


1080' 010800 800-1310 480--980 24--13 Scalpelli, martelli
1095' Gl0950 760--1280 510--830 26---10 Coltelli, lame per seghetti

Acciai legati

4063 G40630 786---2380 710--1770 24---4 Molle, utensili a mano


4340 G43400 980--1960 895-1570 21-11 Boccole, tubazioni di aerei
6150 G61500 815-2170 745-1860 22-7 Alberi, pistoni, ingranaggi

' Classificato come acciaio ad alto carbonio.

ingranaggi, gli alberi a gomito ed altre parti di macchine e componenti strutturali ad alta resi-
stenza che richiedono una combinazione di alta resistenza, resistenza ali 'usura e tenacità.
La composizione di alcuni di questi acciai a medio tenore di carbonio è riportata nella
Tabella 12.2a. Un commento deve essere speso riguardo lo schema di denominazione che
viene fornito. La Society of Automotive Engineers (SAE), l'American lron and Steel
lnstitute (AISI) e l' American Society for Testing and Materials (ASTM) sono responsabili
della classificazione degli acciai così come di altre leghe. La denominazione AISI/SAE per
questi acciai è un numero a quattro cifre: le prime due indicano il contenuto della lega; le ulti-
me due la concentrazione del carbonio. Per gli acciai al carbonio, le prime due cifre sono l e
O; gli acciai sono designati da altre due combinazioni di cifre (ad esempio 13, 41, 43). La
terza e quarta cifra rappresentano il percento in peso di carbonio moltiplicato per cento. Ad
esempio un acciaio 1060 è un acciaio al carbonio contenente 0.60% in peso di C.
Un sistema unificato (UNS) è utilizzato per indicare in modo uniforme sia leghe ferrose
che non ferrose. Ogni numero UNS consiste di una singola lettera prefisso seguita da cinque
cifre. La lettera è indicativa della famiglia di metalli a cui la lega appartiene. La designazio-
ne UNS per queste leghe inizia con una G, seguita da il numero AISI/SAE; la quinta cifra è
zero. La Tabella 12.2b contiene le caratteristiche meccaniche e le applicazioni tipiche di alcu-
ni di questi tipi di acciai, che sono stati temprati e rinvenuti.

ACCIAI AB AITO T.EM)RE DI CABROi\TO

Gli acciai ad alto tenore di carbonio, normalmente hanno un contenuto in carbonio compre-
so tra 0.60 e 1.4% in peso e sono i più duri, più forti ed i meno duttili di tutti gli acciai al car-
bonio. Sono praticamente utilizzati soltanto negli stati indurito e temprato e, in tale stato,
sono particolarmente resistenti all'usura e capaci di mantenere un profilo tagliente. Gli acciai
per utensili e per stampo sono leghe ad alto carbonio che contengono solitamente cromo,
vanadio, tungsteno e molibdeno. Questi elementi di lega combinati col carbonio formano car-
buri molto duri e resistenti all'usura (ad esempio Cr 23C6 , V4 C3 , WC). La composizione di
ùa utensili e le loro applicazioni sono riportate nella Tabella 12.3 Questi acciai
alcuni a1.:1.:iai
362 • Capitolo 12 / Leghe metalliche

Tabella 12.3 Designazione, composizione e applicazioni per sei acciai da utensile

Numero Numero Composizione(% in peso)"

AISI UNS e Cr Ni Mo w V Applicazioni Tipiche

Ml Tll301 0.85 3.75 0.30 max 8.70 1.75 1.20 Punte trapano, seghe;
utensili per tornio e
piallatrici
A2 T30102 1.00 5.15 0.30max 1.15 0.35 Perforatrici, stampi
per impressione a secco
D2 T30402 1.50 12 0.30max: 0.95 I.IO max Coltelleria, stampi
per imbutitura
01 T3!501 0.95 0.50 0.30max 0.50 0.30max: Lame per cesoie, utensili
da taglio
SI T41901 0.50 1.40 0.30 max 0.50 max 2.25 0.25 Tagliatubi, punte per calcestruzzo
Wl T72301 I.IO 0.15 max 0.20 max O.IOmax 0.15 max O.IOmax Utensili da fabbro, utensili
per la lavorazione
del legno

"La rimanenza nella composizione è il ferro. La concentrazione di manganese varia tra O.I O e 1.40% in peso a seconda della lega; quella
del silicio tra 0.20 ed 1.20% in peso a seconda della lega.
Fonte: Da ASM Handbook, Voi. I, Properties and Selection: Jrons, Steels, and High-Performunce Al/oys, 1990. Ristampa autorizzata da
ASM lnternational, Materials Park, OH.

sono utilizzati per utensili da taglio e stampi per la formatura e la messa in forma di materia-
li, e inoltre per coltelli, rasoi, lame per seghetti e fili ad alta resistenza.

ACCIAI INOSSIDABILI

Gli acciai inossidabili sono altamente resistenti alla corrosione (ruggine) in molti ambienti
ed in special modo in quello atmosferico. li loro elemento di lega principale è il cromo; è
richiesta una concentrazione di almeno 11% in peso di Cr. La resistenza alla corrosione può
essere aumentata anche attraverso aggiunte di nichel e molibdeno. Una Ford del 1936 con
telaio in acciaio inossidabile non verniciato è mostrata nella figura A, nelle tavole centrali a
colori.
Gli acciai inossidabili si dividono in tre classi sulla base della fase predominante nella
microstruttura - martensite, ferrite o austenite. La Tabella 12.4 riporta alcuni acciai inossida-
bili, per classe, compresa la composizione, le proprietà meccaniche tipiche e le applicazioni.
Un vasto campo di proprietà meccaniche combinate con un'eccellente resistenza alla corro-
sione, rendono gli acciai inossidabili estremamente versatili nelle applicazioni.
Gli acciai inossidabili martensitici possono essere trattati a caldo in modo che la marten-
site risulti il microcostituente primario. Aggiunte di elementi di lega in concentrazioni signi-
ficative producono alterazioni notevoli nel diagramma di fase ferr~arburo di ferro (Figura
9.22). Per gli acciai inossidabili austenitici, il campo di esistenza dell'austenite (o y) si esten-
de a temperatura ambiente. Gli acciai inossidabili ferritici sono composti da ferrite a (ccc).
Gli acciai inossidabili austenitici e ferritici sono induriti e rafforzati tramite lavorazione a
freddo dato che non possono essere trattati termicamente. Gli acciai inossidabili austenitici
sono i più resistenti alla corrosione a causa dell'elevato contenuto di cromo e delle aggiunte
di nichel; sono quelli prodotti in maggior quantità. Gli acciai inossidabili sia martensitici che
ferritici sono magnetici; quelli austenitici no.
Alcuni acciai inossidabili sono frequentemente impiegati a temperature elevate ed in
ambienti aggressivi vista la loro resistenza all'ossidazione e la loro capacità di mantenere
l'integrità meccanica in tali condizioni; il limite di temperatura superiore in atmosfera ossi-
dante è circa l 000°C. Le apparecchiature che impiegano questo tipo di acciai includono tur-
12.6 Ghise 363

Tahella 12.,J De!iiignazione, composizione, proprietà meccaniche e applicazioni tipiche di acciai


inossidabili austenitici, ferritici, martensitici ed indurenti per precipitazione

Proprietà meccaniche

Resitenza a Carico di Duttilità


Numero Numero Composizione trazione snervamento (A%su
AISI UNS (% in peso)" Stato• (MPa) (MPa) 50mm) Applicazioni tipiche

Ferritici
409 S40900 0.08 C, l LO Cr, Ricotto 380 205 20 Componenti di automobili
1.0 Mn, 0.50 per gas di scarico, serbatoi
Ni, 0.75 Ti per spruzzatori agricoli

446 S44600 0.20 C, 25 Cr, Ricotto 515 275 20 Valvole (alta temperatura),
1.5 Mn stampi per vetro, camere
di combustione

A ustenitici
304 S30400 0.08 C, 19 Cr, Ricotto 515 205 40 Apparecchiature per la
9Ni. 2,0 Mn produzione chimica
ed alimentare, serbatoi
criogenici

316L S31603 0.03 C, 17 Cr, Ricotto 485 170 40 Costruzioni saldate


12 Nì. 2,5 Mo,
2.0Mn

Martensitici
410 S41000 0.15 C, 12,5 Cr, Ricotto 485 275 20 Canne di fucile, coltelleria,
l.OMn Te R 825 620 12 parti di motore a reazione

440A S44002 O,70 C, 17 Cr, Ricotto 725 415 20 Coltelleria, cuscinetti, utensili
0.75 Mo, I.O Mn Te R 1790 1650 5 chirurgici

Indurenti per Precipita:done


17-7 PH S17700 0.09 C, 17 Cr, Indurito l 450 13 IO 1-6 Molle, coltelli. recipienti
7 Ni, l.OAl per a pressione
l.OMn precipitazione

• La rimanenza nella composizione è ferro,


b T e R indicano una tempra ed un rinvenimento.
Fonte:Da ASM Handbook, Voi. I, Properties and Selection: lrons. Sreels, and High-Performance Alloys, 1990. Ristampa autorizzata da
ASM Jntemational, Materials Park, OH,

bine a gas, generatori di vapore ad alta temperatura, forni per trattamenti termici, aerei, mis-
sili e generatori di potenza nucleari. Inclusi nella Tabella 12.4 vi sono anche gli acciai inos-
sidabili ad ultra-alta resistenza ( 17-7PH), che sono insolitamente forti e resistenti alla corro-
sione. L'aumento di resistenza è ottenuto attraverso trattamenti termici di indurimento per
precipitazione (Sezione 11.7).

12.6 GHISE
Genericamente le ghise sono una classe di leghe ferrose aventi un contenuto di carbonio
superiore al 2.14% in peso; tuttavia, in pratica, la maggior parte delle ghise contiene tra il 3.0
ed il 4.5% in peso di Ce, in aggiunta, altri elementi di lega. Un riesame del diagramma di fase
ferro-carburo di ferro (Figura 9.22) evidenzia che le leghe che presentano questo campo di
composizione divengono completamente liquide a temperature comprese approssimativa-
mente tra 1150 e 1300°C, che sono di molto inferiori a quelle degli acciai. Perciò, le ghise
sono facilmente liquefacibili e lavorabili per fusione. Inoltre, alcune ghise sono molto fragi-
li e la fusione è la tecnica di fabbricazione più conveniente.
364 • Capitolo 12 / Leghe metalliche

La cementite (Fe 3C) è un composto metastabile e, in alcune circostanze, si può dissocia-


re o decomporre a formare ferrite a e grafite, in accordo con la reazione

(12.1)

Perciò, il diagramma di equilibrio del ferro e carbonio non è quello presentato nella
Figura 9.22, ma piuttosto quello mostrato nella Figura 12.5. I due diagrammi sono virtual-
mente identici per quanto concerne la parte ricca in ferro (ad esempio, le temperature eutetti-
ca ed eutettoide per il sistema Fe-Fe 3C sono, rispettivamente, 1147 e 727°C in confronto a
1153 e 740°C per il sistema Fe-C); tuttavia, la Figura 12.5 si estende fino al 100% in peso di
carbonio in modo che la grafite sia la fase ricca in carbonio invece che la cementite al 6.7%
in peso C (Figura 9.22).
Questa tendenza a formare grafite è regolata dalla composizione e dalla velocità di raf-
freddamento. La formazione di grafite è promossa dalla presenza di silicio in concentrazioni
maggiori di 1% in peso. Velocità di raffreddamento più basse durante la solidificazione favo-
riscono anch'esse la grafitizzazione (la fonnazione di grafite). Per molte ghise, il carbonio
esiste come grafite e sia la microstruttura che il comportamento meccanico dipendono dalla
composizione e dal trattamento termico. I più comuni tipi di ghisa sono grigie, nodulari,
bianche e malleabili.

GHISA GRIGIA

Il contenuto di carbonio e silicio delle ghise grigie varia tra 2.5 e 4.0% in peso e 1.0 e 3.0%
in peso, rispettivamente. Per la maggior parte di queste ghise, la grafite esiste nella fonna di

F1Gt'RA 12.5 Diagramma Composizione (% atomico C)


di equilibrio vero o 5 10 15 98
ferr(}-{;arboniocon la 1600
grafite al posto della
cementite come fase sta- Liquido Liquido
bile. (Da Binary Alloy 1400
+
Fase Diagrams, T. B. Graiite
Massalski, Editore
Responsabile, 1990. 1200
Ristampa autorizzata da
ASM International,
2l':
;;:,
2.1% in pesoC
Materials Park, OH.) "ié 1000
ai
Q.
-y + Grafite
E
~
800
740°c

O.bS% in peso C
600 a {Ferrite)
a+ Grafite

4000 2 3 4 90 100
Composizone (0/4,in peso O
Grafite
12.6 Chise 365

fiocchi (simili a "com-flakes·'). che sono nonnalmente circondati da una matrice di ferrite a
o perlite; la microstruttura di una tipica ghisa grigia è mostrata in Figura 12.6a.
A causa di questi fiocchi di grafite la superficie di frattura assume un aspetto grigio, da cui
il nome.

(e) (d)

FIGUIA 12,6 Micrografia ottica d1 varie ghise. (a) Ghisa gngia: i fiocchi scuri di grafite sono im-
mersi in una matrice di ferrite a. 500x. (Per gentile concessione di C. H. Brady, Nutional Bureau of
Standards, Washington, DC). (h) Ghisa nodulare (duttile): i noduli scuri di grafite sono circondati da
una matrice di ferrite a. 200x. (Per gentile concessione di C. H. Brady e L. C. Smith, National Bu-
reau of Standards, Washington, DC). (e) Ghisa bianca: le regioni chiare di cementite sono circondate
da perlite, che ha una struttura stratificata ferrite-cementite. 400x. (Per gentile com:essione di Am-
casr Industriai Corporation). (d) Ghisa malleabile: rosette di grafite scura (carbonio rinvenuto) in una
matrice di ferrite a. I 50x. (Ristampa autorizzata da Iron Castings Society, Des Plaines, IL).
Tahella 12.5 Designazione, proprietà meccaniche minime, composizione approssimata ed applicazioni tipiche per varie ghise grigie,
nodulari e malleabili

Proprietà meccaniche

Resitenza a Carico di Duttilità


Numero Composizione Struttura trazione snervamento (A%su
Grado UNS (% in peso)" della matrice (MPa) (MPa) 50mm) Applicazioni tipiche

Ghise Grigie

SAEG1800 FI0004 3.40---3.7e, Ferrite + Perlite 124 Fusioni in ghisa tenera in cui la resistenza non è il fattore primario
2.55 Si,
0.7Mn

SAEG2500 FI0005 3.2-3.5 e, Ferrite + Perlite 173 Piccoli blocchi di cilindri, teste di cilindri, pistoni, piastre
2.20Si, per frizione, scatole di trasmissione
0.8 Mn

SAEG4000 FI0008 3.0---3.3e, Perlite 276 Fusioni per motori diesel, camice, cilindri e pistoni
2.0 Si,
0.8 Mn

Ghise Duttili (o Nodulari)


ASTMA536
60-40-18 F32800 Ferrite 414 276 18 Parti in pressione, come corpi di pompe e valvole
3.5-3.8 e,
2.0---2.8Si,
100-70-03 F34800 0.05 Mg, Perlite 689 483 3 Ingranaggi ad alta resistenza e componenti di macchine
<0.20 Ni,
120-90-02 F36200 < O.IO Mo Martcnsite 827 621 2 Pignoni, ingranaggi, rulli, carrelli a slitta
rinvenuta

Ghise Malleabili
32510 F22200 2.3-2.7C, Ferrite 345 224 IO
1.0-1.75

45006
Si,< 0.55
Mn
2.4-2.7 e, Ferrite + Perlite 448 310 6
} Dispositivi di impianti generali a temperature
normali ed elevate

1,25-1.55
Si,< 0.55
Mn

' La rimanenza nella composizione è ferro.


Fonte:Da ASM Handbook, Voi. 1, Properlies and Selection: lrons, Steels. and Hif!,h-Performance Alloys, 1990. Ristampa autorizzata da ASM lntemational, Materials Park, OH.
12.6 Ghlse • 367

F1GL RA J 2. 7 Confronto tra le capacità relative

-----
di smorzamento delle vibrazioni di (a) un
acciaio e (b) una ghisa grigia. (Da Metals
Engineering Quarterly, February 1961.
(a) Copyright 1961 American Society for Metals.)

Meccanicamente, la ghisa grigia è debole e fragile a trazione come conseguenza della sua
microstruttura; le punte dei fiocchi di grafite sono acuminate e possono divenire punti di con-
centrazione dello sforzo quando viene applicato un carico di trazione esterno. Sotto l'azione
di carichi di compressione la resistenza e la duttilità sono molto più alte. Proprietà meccani-
che tipiche e composizione di alcune ghise grigie comuni sono riportate in Tabella 12.5. Le
ghise grigie hanno alcune caratteristiche desiderabili e per questo vengono utilizzate in modo
esteso. Sono molto efficaci nello smorzare l'energia vibrazionale; ciò è rappresentato in
Figura 12.7 dove vengono confrontate le capacità relative di smorzamento di un acciaio e di
una ghisa grigia. Strutture base di macchinari ed apparecchiature pesanti soggette a vibrazio-
ni vengono frequentemente costruite con questo materiale. In più. le ghise grigie mostrano
un'elevata resistenza all'usura. Inoltre, nello stato liquido hanno un'alta fluidità alla tempe-
ratura di fusione, il che permette di ottenere pezzi fusi aventi forme complicate; il ritiro di
fusione è inoltre basso. Ultimo, e probabilmente più importante, le ghise grigie sono, tra i
materiali metallici, i meno costosi.
Le ghise grigie aventi microstrutture diverse da quella mostrata in Figura 12.6a possono
essere prodotte attraverso aggiustamenti di composizione e/o l'utilizzo di appropriati tratta-
menti. Ad esempio, abbassando il contenuto di silicio o aumentando la velocità di raffredda-
mento si può prevenire la completa dissociazione di cementite in grafite (Equazione 12.1). In
questo caso la microstruttura consisterà di fiocchi di grafite immersi in una matrice di pcrli-
te. La Figura 12.8 confronta schematicamente le diverse microstrutture della ghisa ottenute
attraverso variazioni di composizione o trattamento termico.

GHlSE DlfTTILI (O !\ODl"L,\Rl)

Aggiungendo una piccola quantità di magnesio e/o cerio alle ghise grigie si ottengono micro-
strutture differenti e con diverse proprietà meccaniche. Si ha ancora formazione di grafite, ma
sotto forma di noduli o particelle sferoidali al posto dei fiocchi. La lega risultante viene chia-
mata ghisa nodulare o duttile e la sua tipica microstruttura è mostrata in Figura 12.6b. La
matrice che circonda tali particelle è costituita da perlite o ferrite a seconda del trattamento
termico (Figura 12.8); normalmente si ha perlite nel caso di un pezzo in getto. Tuttavia, un
trattamento termico di alcune ore a circa 700°C porterà alla formazione di una matrice ferri-
te, come mostrato nella micrografia. I getti sono più resistenti e molto più duttili rispetto alle
ghise grigie, come si evince da un paragone delle proprietà meccaniche in Tabella 12.5. La
ghisa duttile ha, infatti, caratteristiche meccaniche che approssimano quelle degli acciai. Ad
esempio, ghise duttili ferritiche hanno resistenza a trazione che varia tra 380 e 480 MPa e dut-
tilità (come percentuale dì allungamento) che varia tra il IO ed il 20%. Applicazioni tipiche
dì questi materiali comprendono le valvole, i corpi pompa. gli alberi a gomiti, gli ingranaggi
ed altri componenti di automobili e macchine.
368 • Capitolo 12 / Leghe metalliche

GHI~E BIA!\UIE E MALLEABILI

Per ghise a basso silicio (contenenti meno di 1% in peso di Si) e velocità di raffreddamento
rapide, la maggior parte del carbonio esiste sotto forma di cementite anziché grafite, come
indicato nella Figura 12.8. La superficie di frattura per queste leghe ha un aspetto bianco e
perciò si definiscono ghise bianche. In Figura 12.6c è riportata una fotografia che mostra la
microstruttura della ghisa bianca. Sezioni spesse possono avere soltanto uno strato superfi-
ciale di ghisa bianca che è stata raffreddata durante il processo di fusione; le ghise grigie for-
mano la regione interna che si raffredda più lentamente. In conseguenza della presenza di una
larga percentuale di cementite, le ghise bianche sono estremamente dure e fragili, al punto da
essere virtualmente non lavorabili al! 'utensile. Il loro utilizzo è limitato ad applicazioni che
necessitano di una superficie molto dura e resistente e priva di duttilità- ad esempio come
rulli nei mulini. Generalmente le ghise bianche sono utilizzate come intermedi nella produ-
zione di altre ghise, le ghise malleabili.

F1r;i H \ 12.H Dal dia-


gramma dì fase
ferro-carbonio, campi di
variazione di composi-
zione per alcune ghise
commerciali. È mostrata
anche la microstruttura
che si ottiene attraverso
diversi trattamenti termi-
ci. Gr grafite a fiocchi;
G,, grafite a rosette;
~--------+---+-----~-- - ..,- - -
Gn, grafite a noduli; Intervallo di composizione Fe3c e
P, perlite; cx,ferrite. (Da delle ghise commercia~
W.G. Moffatt, G.W. Mg/Ce t
Pearsall e J.Wulff, The

, ' .,
Rafr(.'ddJm~nlo
Structure and Properties lento
ofMaterials, Voi.I,
Srructure, p.195.
Copyright ©1964 da
P+ Gr

, ~

e~•~e
fohn Wiley & Sons, New
York. Ristampa autoriz-
zata da John Wiley &
Sons, Inc.)
Ghisa ' Ghsa grigia Ghisa grigia Ghisa duttile Ghisa duttile
bianca perlitica ferritica perlitica ierritica
Riscaldamento a -700°C
per almeno 3 h

Raffreddamento Rai re <'Jmemo


ra:>1do lento

Malleabile Malleabile
perlitica ferritica
12. 7 Rame e sue leghe 369

Scaldando le ghise bianche a temperature comprese tra 800 e 900°C per periodi di tempo
prolungati in atmosfera neutra (in modo da prevenire l'ossidazione) si ha la decomposizione
della cementite in grafite, in fonna di aggruppamenti o rosette in una matrice di perlite o fer-
rite a seconda della velocità di raffreddamento, come indicato in Figura 12.8. Una microgra-
fia di ghisa malleabile ferritica è mostrata in Figura 12.6d. La microstruttura è simile a quel-
la delle ghise nodulari (Figura 12.6h), il che spiega la resistenza relativamente alta e l'ap-
prezzabile duttilità o malleabilità. Alcune tipiche caratteristiche meccaniche sono riportate
nella Tabella 12.5. Applicazioni rappresentative sono barre di connessione, ingranaggi di tra-
smissione e scatole di trasmissione per l'industria automobilistica ed anche flange, raccordi
per tubazioni e parti di valvole per servizi ferroviari, navali ed altri utilizzi intesivi.

LEGHENONFERROSE
Gli acciai e le leghe ferrose vengono consumati in gran quantità a causa del loro ampio spet-
tro di proprietà meccaniche, della loro relativa facilità di fabbricazione e dell'economicità di
produzione. Tuttavia, anch'esse hanno alcune limitazioni distintive: (1) hanno densità relati-
vamente alte; (2) hanno una conduttività elettrica bassa; (3) hanno un 'intrinseca suscettibilità
alla corrosione in diversi ambienti comuni. Per molte applicazioni si rende perciò necessario
ricorrere ad altre leghe aventi una combinazione di proprietà più adatte. Le leghe vengono
classificate in accordo sia al componente base, sia ad alcune specifiche caratteristiche che il
gruppo di leghe ha in comune. Questo capitolo tratta dei seguenti metalli e sistemi di leghe:
leghe di rame, alluminio, magnesio e titanio, metalli refrattari, metalli nobili, leghe varie,
incluse quelle contenenti nichel, piombo, stagno, zirconio e zinco come metalli base.
Per l'occasione viene fatta una distinzione tra leghe da lavorazione plastica e leghe da
fonderia. Le leghe che sono così fragili che la formatura o la messa in fonna per deformazio-
ne non è possibile sono normalmente getti; vengono classificate come leghe da fonderia.
All'opposto, quelle che possono essere deformate meccanicamente vengono definite leghe
da lavorazione plastica.
La lavorabilità a caldo di una lega è citata frequentemente. Una lega è "trattabile a caldo"
quando le sue proprietà meccaniche possono essere migliorate mediante indurimento per pre-
cipitazione o trasformazione martensitica (normalmente la prima), che coinvolgono proce-
dure specifiche di trattamento termico.

12.7 RA.\IE E SLE LEGHE

Il rame e le leghe di rame, possedendo una combinazione favorevole di proprietà fisiche,


sono stati utilizzati in molte applicazioni sin dall'antichità. Il rame non legato è tenero, dutti-
le e difficile da lavorare alle macchine utensili; può essere lavorato a freddo illimitatamente.
Resiste molto bene alla corrosione in ambienti diversi incluso quello atmosferico, marino e
di alcune industrie chimiche. Le proprietà meccaniche e di resistenza a corrosione possono
essere migliorate attraverso l'alligazione. La maggior parte delle leghe di rame non possono
essere indurite o rafforzate attraverso trattamenti termici; conseguentemente, a tale scopo
occorre utilizzare la lavorazione a freddo e/o l'alligazione in soluzione solida.
Le leghe di rame più comuni sono gli ottoni nei quali lo zinco, presente come impurezza
sostituzionale, è l'elemento alligante predominante. Come si può osservare dal diagramma di
fase rame-zinco (Figura 9.17), la fase a è stabile per concentrazioni fino a circa il 35% in
peso di Zn. Questa fase ha una struttura cristallina cfc e gli ottoni a sono relativamente dolci,
duttili e facilmente lavorabili a freddo. Le leghe di ottone, avendo un più alto contenuto di
zinco, contengono sia la fase a che j3' a temperatura ambiente. La fase j3' ha una struttura cri-
stallina ccc ed è più dura e più resistente di quella a; di conseguenza, le leghe a + j3' sono
lavorate a caldo.
3 70 • Capitolo 12 / Leghe metalliche

Alcuni degli ottoni più comuni sono gialli come gli ottoni navali, il 70/30, il metallo Muntz
o ottone malleabile ed il metallo dorato. La composizione, le proprietà ed i diversi utilizzi di al-
cuni di queste leghe sono riassunti nella Tabella 12.6. Alcuni degli usi comuni degli ottoni in-
cludono gioielli, bossoli, radiatori di auto, strumenti musicali, circuiti stampati e monete.·
I bronzi sono leghe di rame e di diversi altri elementi, incluso stagno, alluminio, silicio e
nichel. Queste leghe sono più resistenti degli ottoni e presentano una più elevata resistenza
alla corrosione. La Tabella 12.6 riassume la composizione, le proprietà e le applicazioni di
alcune leghe bronzee. Generalmente vengono utilizzate quando, oltre ad una buona resisten-
za alla corrosione, sono richieste buone proprietà tensili.

Talwlla 12.6 Composizione, proprietà meccaniche e applicazioni tipiche di otto leghe di rame

Proprietà meccaniche

Resistenza Carico di Duttilità Applicazioni


Numero Composizione a trazione snervamento (A% su tipiche
Lega UNS (% in peso)" Stato (MPa) (MPa) 50mm)

Leghe da lavorazione plastica


Rame Cll0OO 0.040 Ricotto 220 69 45 Fili elettrici, rivetti,
elettrolitico schermature, guarnizioni,
pentole, chiodi, tetti di
copertura

Rame berillio Cl7200 1.9 Be, 0.20 Co Indurito 1140-1310 690-860 4-10 Molle, mantici, percussori,
per precipi- bronzine, valvole, diaframmi
tazione

Ottone 70/30 C26000 30Zn Ricotto 300 75 68 Radiatori per auto, componenti
per cartucce Incrudito di munizioni,
(H04) 525 435 8 componenti portalampade,
involucri di lampadine flash,
zoccoli dì protezione porte

Bronzo al C51000 5 Sn, 0.2 P Ricotto 325 no 64 Mantici, dischi frizione,


fosforo, Incrudito diaframmi, supporti per
5%A (H04) 560 515 IO fusibili, molle, barre saldate

Rame-nichel, C71500 30Ni Ricotto 380 125 36 Componenti di scambiatori


30% Incrudito di calore e condensatori,
(H02) 515 485 15 tubazioni per acqua salata

Leghe da fonderia
Ottone giallo C85400 29 Zn. 3 Pb Getto 234 83 35 Componenti di mobili,
al piombo 1 Sn accessori per radiatori,
attrezzatura per lampadine,
morsetti per batterie

Bronzo C90500 IO Sn, 2Zn Getto 310 152 25 Cuscinetti, bronzine, anelli di
stagno pistoni, accessori per vapore,
ingranaggi

Bronzo C95400 4 Fe, 11 Al Getto 586 241 18 Cuscinetti, ingranaggi, viti


alluminio senza fine, bronzine,
alloggiamenti e guardie per
valvole, ganci per decapaggio

" Il rimanente è rame


Fonte: Da ASM Handbook, Vol.2, Properties and Selecrion: Nu,tferrous A/loys and Special-Purpose Materia/s, 1990. Ristampa autoriz-
zata da ASM Intemational, Materials Park, OH.
12.8 Allwninio e sue leghe • 371

Le più comuni leghe di rame, indurenti per precipitazione, sono quelle al berillio. Tali
leghe possiedono un'interessante combinazione di proprietà: resistenza a trazione fino a
1400 MPa, eccellenti proprietà elettriche e di resistenza alla corrosione, resistenza all'usura
se appropriatamente lubrificate; possono essere fuse, lavorate a caldo o a freddo. Si possono
ottenere elevate resistenze attraverso trattamenti termici di indurimento per precipitazione.
Queste leghe sono costose a causa dell'aggiunta di berillio che varia rra 1.0 e 2.5% in peso.
Le applicazioni possibili includono i cuscinetti per jet aerei e bronzine, molle e strumenti chi-
rurgici e dentistici. Una di queste leghe (C 17200) è inclusa tra quelle riportate nella Tabella
12.6.

12.8 AU.U\111\10 E Sl:E LEGHE

L'alluminio e le sue leghe sono caratterizzati da una relativamente bassa densità (2.7 Mg/m 3
in confronto ai 7.9 Mg/m 3 dell'acciaio), conduttività elettrica e termica elevate, resistenza
alla corrosione in alcuni ambienti comuni tra cui quello atmosferico. La maggior parte di
queste leghe vengono stampate facilmente a causa della loro elevata duttilità; ciò risulta evi-
dente pensando ai sottili fogli di alluminio in cui il materiale relativamente puro può essere
ridotto. Dato che l'alluminio presenta una struttura cristallina cfc, la sua duttilità non viene
meno neanche a basse temperature. Il principale limite dell'alluminio è il suo basso punto di
fusione (660°C), che limita la massima temperatura a cui può essere impiegato.
La resistenza meccanica dell'alluminio può essere aumentata attraverso la lavorazione a
freddo o attraverso l'aggiunta di elementi di lega; tuttavia, entrambi questi processi tendono
a diminuire la resistenza alla corrosione. I principali elementi alliganti sono il rame, il magne-
sio, il silicio, il manganese e lo zinco. Leghe non trattabili a caldo sono monofasiche, per cui
un aumento della resistenza viene ottenuto attraverso rafforzamento in soluzione solida. Altre
leghe vengono rese termicamente trattabili (capaci di subire un processo di indurimento per
precipitazione) mediante aggiunta di elementi di lega. In molte di queste leghe l'indurimen-
to è ottenuto per precipitazione di due elementi diversi dall'alluminio che formano un com-
posto intermetallico, come ad esempio MgZn 2 •
Le leghe d'alluminio, generalmente, vengono classificate come leghe da fonderia o come
leghe da lavorazione plastica. La composizione di entrambi questi tipi è definita da una serie
di quattro numeri che indicano le principali impurezze e, in alcuni casi, il grado di purezza.
Per le leghe da fonderia. un punto viene posto tra le due ultime cifre. Dopo questi numeri c'è
un trattino e la designazione dello stato di fornitura - una lettera ed un numero da una a tre
cifre indicano il trattamento meccanico e/o termico a cui le leghe sono state sottoposte. Ad
esempio F, H ed O rappresentano, rispettivamente, gli stati grezzo di calata, incrudito per
deformazione a freddo e ricotto; T3 significa che la lega ha subito un processo di solubiliz-
zazione a caldo, lavorata a freddo e poi invecchiata naturalmente (indurimento da invecchia-
mento). Un trattamento termico di solubilizzazione seguito da tempra ed invecchiamento
artificiale è indicato con T6. La composizione, le proprietà e le applicazioni di alcune leghe
sono contenute nella Tabella 12.7. Alcune delle più comuni applicazioni delle leghe di allu-
minio riguardano parti strutturali di aerei, lattine per bibite, carrozzerie per autobus e parti di
automobili (corpo motore, pistoni e collettori).
Recentemente l'attenzione si è rivolta alle leghe di alluminio ed altre leghe a bassa den-
sità (ad es. Mg e Ti) come materiali ingegneristici nel settore dei trasporti, nell'intento di
ridurre i consumi di carburante. Un 'importante caratteristica di questi materiali è la resisten-
za specifica, che viene quantificata attraverso il rapporto tra la resistenza a trazione ed il peso
specifico. Sebbene una lega di uno di questi metalli presenti una resistenza inferiore a quella
di altri materiali più densi (come l'acciaio), a parilà di peso sono cumum1ue in grado di sup-
portare un carico maggiore.
3 72 • Capitolo 12 / Leghe metalliche

TahcUa 12. 7 Composizione, proprietà meccaniche ed applicazioni tipiche di alcune leghe comuni
di allwninio
Proprietà Meccaniche

Numero Condizione Resistenza Carico di Duttilità Applicazioni


Associazione Numero Composizione (Designazfone a trazione snervamento {A%in Tipiche/
Alluminio UNS (% in peso)" dello stato) [MPa] [MPa] 50mm] Caratteristiche

Leghe da lavorazione plastica, non trattabili termicamente


1100 A91100 0.12 Cu Ricotto (0) 90 35 35-45 Apparecchiature settore
alimentare/chimico,
scambiatori di calore,
riflettori di luce

3003 A93003 0.12 Cu, 1.2 Mn, Ricotto (0) 110 40 30-40 Utensileria da cucina,
O.I Zn recipienti in pressione e
tubazioni

5052 A95052 2.5 Mg, 0.25 Cr Incrudito 230 195 12-18 Carburante,
(H32) olio negli aerei, serbatoi
carburante, apparecchia-
ture, rivetti, fili

Leghe da lavorazione plastica, trattabili termicamente


2024 A92024 4.4 Cu, 1.5 Mg, Trattato 470 325 20 Strutture aeronautiche.
0.6Mn termicamente (T4) rivetti; ruote camion,
prodotti per tomi da
viteria

6061 A9606l I .O Mg, 0.6 Si. Trattato 240 145 22-25 Camion, canoe, carrozze
0.30 Cu, 0.20 Cr termicamente (T4) ferroviarie, arredamento,
tubature

7075 A97075 5.6 Zn, 2.5 Mg. Trattato 570 505 ll Pani strutturali di aerei e
1.6 Cu, 0.23 Cr termicamente (T6) altre applicazioni
fortemente sollecitate

Leghe dafonderia trattabili termicamente


295.0 A02950 4.5 Cu, l.1 Si Trattato 221 110 8.5 Alloggiamenti per assi
termicamente (T4) posteriori e volano, ruoìe
per bus e aerei,
basamenti per motori

356.0 A03560 7.0 Si, 0.1 Mg Trattato 228 164 3.5 Parti di pompe per aereo,
termicamente (T6) scatole trasmissione
auto, blocco cilindri
raffreddato ad acqua

Leghe Alluminio - Litio


2090 2.7 Cu, 0.25 Mg, Trattato 455 455 5 Strutture aeronautiche e
2.25 Li, O.l 2 Zr termicamente strutture di stoccaggio
Incrudito (T83) criogeniche

8090 1.3 Cu, 0.95 Mg Trattato 465 360 Strutture aeronautiche


2.0 Li, O.I Zr termicamente che devono possedere
Incrudito {T65 l) un 'elevata tollerabilità
al danno

"li resto nella composizione è alluminio.


Fonte: Da ASM Handbook, Voi. 2, Properr;es and Selection: Nonferrous Alloys and Special-P11rpose Marerials. 1990. Ristampa autoriz-
zata da ASM Intemational, Materials Park, OH.
12. I O Titanio e sue leghe • 3 73

Una nuova generazione di leghe alluminio-litio è stata recentemente sviluppata per appli-
cazioni nell'industria aeronautica ed aerospaziale. Questi materiali possiedono densità relati-
vamente basse (tra 2.5 e 2.6 Mg/m'), elevato modulo di elasticità specifico (rapporto modu-
lo elastico - peso specifico), eccellenti proprietà a fatica e di tenacità a bassa temperatura.
Inoltre, alcune possono essere indurite per precipitazione. Tuttavia, tali materiali sono più
costosi da produrre rispetto alle leghe convenzionali di alluminio a causa di tecniche di pro-
cesso speciali dovute all'elevata reattività chimica del litio.

12.9 MAGNESIO E ~rE LEGHE

Probabilmente la caratteristica più importante del magnesio è la sua densità. 1.7 Mg/m3, che
è la più bassa tra tutti i metalli strutturali; per tale motivo, le sue leghe vengono utilizzate là
dove il peso assume un significato molto importante (ad es. nei componenti di aerei). Il
magnesio ha un reticolo cristallino es.e, è relativamente duttile ed ha un basso modulo elasti-
co: 45 GPa. A temperatura ambiente il magnesio e le sue leghe risultano difficili da deforma-
re; infatti, si possono indurre solo piccole deformazioni a freddo senza ricuocere.
Conseguentemente, la produzione avviene per fusione o per lavorazione a caldo a tempera-
ture comprese tra 200 e 350°C. Il magnesio, come l'alluminio, ha una modesta temperatura
di fusione (651 °C).Chimicamente le leghe di magnesio sono relativamente instabili e soprat-
tutto suscettibili alla corrosione in ambiente marino. D'altra parte, la resistenza alla corrosio-
ne ed all'ossidazione è ragionevolmente buona in ambiente atmosferico; si ritiene che tale
comportamento sia dovuto alle impurezze piuttosto che ad una proprietà intrinseca delle
leghe di magnesio. Polvere fine di magnesio si incendia facilmente se riscaldata all'aria; si
deve perciò prestare attenzione quando si deve maneggiarlo in questo stato.
Queste leghe sono classificate come da fonderia o da lavorazione plastica ed alcune di
esse possono essere trattate termicamente. L'alluminio, lo zinco, il manganese ed altri ele-
menti delle terre rare sono i maggiori elementi di lega. Anche per queste leghe si può utiliz-
zare uno schema composizione - designazione dello stato di fornitura simile a quello per le
leghe dell'alluminio. La Tabella 12.8 elenca la composizione, le proprietà e le applicazioni di
alcune leghe comuni di magnesio. Queste leghe sono utilizzate sia in applicazioni aeronauti-
che e missilistiche che, ad es., per valigeria. Negli ultimi anni, la domanda di leghe di magne-
sio è aumentata notevolmente in diversi tipi di industrie. Per molte applicazioni, le leghe di
magnesio hanno rimpiazzato le plastiche di pari densità in quanto i materiali a base di magne-
sio risultano, evidentemente, più rigidi, più facilmente riciclabili e meno costosi da produrre.
Ad esempio il magnesio viene attualmente impiegato in numerosi dispositivi di lavorazione
manuale (ad es. motoseghe, tagliasiepi, utensili), nelle automobili (ad es. volante e piantone
dello sterzo, telai per sedili, scatole di trasmissione) e nelle apparecchiature audio - video,
computer e comunicazioni (ad es. computer portatili, videocamere, apparecchi TV, telefoni
cellulari).

12.10 TITANIO E SLE LEGHE

Il titanio e le sue leghe sono materiali ingegneristici relativamente nuovi che possiedono una
straordinaria combinazione di proprietà. Il metallo puro ha una densità relativamente bassa
(4.5 Mg/m 3), un elevato punto di fusione (1668°C) ed un modulo elastico di 107 GPa. Le
leghe di titanio sono estremamente resistenti; si possono ottenere resistenze a trazione a tem-
peratura ambiente fino a 1400 MPa, che comportano resistenze specifiche ragguardevoli.
Inoltre, k leghe sono mollo duLLilie possono essere fadlmenle forgiate e lavorate alle mac-
chine.
374 • Capitolo 12 / Leghe metalliche

Talwlla 12.B Composizione, proprietà meccaniche e applicazioni tipiche di sei leghe


comuni di magnesio

Proprietà Meccaniche

Resistenza Carico di Duttilità


Numero Numero Composizione a trazione mervamento {A%in Applicazioni
ASTM uvs (% in peso)" Condizione [MPa] {MPa] 50mm] tipiche

Leghe da lavorazione Plastica


AZ3IB Ml13 ll 3.0AI, I.O Estrusa 262 200 15 Strutture e tubazioni,
Zn,0.2 Mn protezione catodica

HK31A Ml3310 3.0Th, Incrudita 255 200 9 Alta resistenza fino a


0.6 Zr parzialmente 315°c
ricotta

ZK60A Ml6600 5.5 Zn, Invecchiata


0.45 Zr artificialmente 350 285 Il Forgiati di alta resistenza
per aerei

Leghe dafonderia
AZ91D Mll916 9.0A!, 0.15 Getto 230 150 3 Parti pressofuse di
Mn, 0.7 Zn auto, valige e dispositivi
elettronici

AM60A M10600 6.0AI. Getto 220 130 6 Ruote automobili


0.13Mn

AS41A M10410 4.3AI, I.O Getto 210 140 6 Pressofusioni che


Si,0.35 Mn richiedono una buona
resistenza allo scorrimento
a caldo

"li rimanente è magnesio


Fonte: Da ASM Handbook, Voi. 2, Properties and Selection: Nonferrous Alloys and Special-Purpose, Materia/s, 1990. Ristampa autoriz-
zata da ASM Intemational, Materials Park, OH.

Il maggior limite del titanio è dovuto alla sua reattività chimica con altri materiali ad ele-
vata temperatura. Tale proprietà ha reso necessario lo sviluppo di sistemi di raffinazione,
fusione e stampaggio non convenzionali; di conseguenza le leghe di titanio risultano piutto-
sto costose. A dispetto di questa elevata reattività ad elevata temperatura, la resistenza alla·
corrosione delle leghe di titanio a temperature normali è solitamente elevata; sono virtual-
mente immuni in aria, ambiente marino ed in numerosi ambienti industriali. La Tabella 12.9
presenta le proprietà e le applicazioni tipiche di diverse leghe di titanio. Vengono comune-
mente utilizzate in strutture aeronautiche, veicoli spaziali e nell'industria chimica e petrol-
chimica.

12.11 METALLI REFR-\TTAHI

I metalli che presentano temperature di fusione estremamente elevate vengono classificati


come metalli refrattari. In questo gruppo vi sono il niobio (Nb), il molibdeno (Mo), il tung-
steno (W) ed il tantalio (Ta). Il campo di temperature di fusione varia tra 2468°C per il nio-
bio e 3410°C, la temperatura di fusione più elevata tra tutti i metalli, per il tungsteno. Il lega-
me interatomico in questi metalli è estremamente forte, il che spiega le temperature di fusio-
ne ed in più l'elevato modulo elastico, l'alta resistenza e durezza sia a temperatura ambiente
che elevata. Le applicazioni di questi metalli sono diverse. Ad esempio, il tantalio ed il molib-
deno sono alliganti dell'acciaio e ne migliorano la resistenza alla corrosione. Le leghe di
Tabella 12.9 Cornposizione, proprietà rneccaniche e applicazioni tipiche di alcune leghe comuni di titanio

Proprietà Meccaniche Medie

Resistenza Carico di Duttilità


Tipo di lega Nome comune Composizione Stato a trazione snervamento [A%in
(Numero UNS) (% in peso) [MPa] [MPa] 50mm] Applicazioni Tipiche

Commercialmente Non legato 99.t Ti Ricotto 484 414 25 Coperture protettive di motori a reazione,
puro (R50500) apparecchiature resistenti alla corrosione per
l'industria navale e chimica di processo

a Ti-5AI-2.5Sn 5 Al, 2.5 Sn, Ricotto 826 784 16 Copenure ed anelli di turbine a gas, apparec-
(R54520) resto Ti chiature chimiche di processo che richiedo-
no elevata resistenza a temperature di circa
480°C

Ti-8Al-1Mo 8AI, I Mo, I Ricotto 950 890 15 Forgiati per componenti di motori a reazione
-l V (R548 IO) V, resto Ti (duplex) (dischi per compressori, piastre e bocchetto-
ni)

a--f3 Ti---6Al-4V 6Al,4V Ricotto 947 877 14 Impianti protesici ad elevata resistenza,
(R56400) resto Ti equipaggiamento d'impianti chimici di pro-
cesso, componenti scheletrati strutturali

u-f3 Ti---6Al---6V-2Sn 6AI, 2 Sn, 6 Ricotto 1050 985 14 Applicazioni per alloggiamenti di motori per
(R56620) V, 0.75 Cu razzi e telai di strutture ad elevata resistenza
resto Ti

Ti-l0V-2Fe-3Al I0V, 2 Fe,3 Solubilizzazione 1223 ll50 IO Migliore combinazione d'elevata resistenza
Al, resto + invecchiamento e tenacità tra tutte le leghe commerciali in
Ti titanio; utilizzata per applicazioni che richie-
dono uniformità di proprietà tensili sia in
superficie che al cuore; telai di componenti
ad alta resistenza

Fonte: Da ASM Handbook, Voi. 2. Properties and Selection: Nonferrous Alloys and Special-Purpose Materials, 1990. Ristampa autorizzata da ASM International, Materials Park,
·OH.
376 • Capitolo 12 / Leghe metalliche

molibdeno sono utilizzate per stampi per estrusione e per parti strutturali in veicoli spaziali;
i filamenti delle luci ad incandescenza, i tubi per raggi x e gli elettrodi per saldatura utilizza-
no leghe di tungsteno. TItantalio è immune dall'attacco chimico virtualmente in qualunque
ambiente a temperature inferiori ai l 50°C ed è frequentemente utilizzato in applicazioni che
richiedono un materiale così resistente alla corrosione.

12.12 SUPERLEGHE

Le superleghe hanno combinazioni di proprietà superiori. Molte vengono utilizzate in com-


ponenti di turbine di aerei che devono sopportare l'esposizione ad un ambiente estremamen-
te ossidante e ad elevate temperature per lunghi periodi. L'integrità meccanica in queste con-
dizioni è il fattore critico; a tale proposito, la densità è un elemento importante dato che le
forze centrifughe diminuiscono, nelle parti in rotazione, proprio al diminuire della densità.
Questi materiali vengono classificati secondo l'elemento predominante nella lega, che può
essere cobalto, nichel o ferro. Altri elementi di lega comprendono i metalli refrattari (Nb, Mo,
W, Ta), il cromo ed il titanio. Oltre alle applicazioni per le turbine, queste leghe sono utiliz-
zate per reattori nucleari e per apparecchiature nell'industria petrolchimica.

12.13 METALLI NOBILI

I metalli nobili o preziosi sono un gruppo di otto elementi che hanno alcune caratteristiche
comuni. Sono costosi (preziosi) e sono superiori o nobili per alcune proprietà - ad es. teneri,
duttili e resistenti al calore. I metalli nobili sono l'argento, l'oro, il platino, il palladio, il
rodio, il rutenio, l'iridio e l'osmio; i primi tre sono i più comuni e vengono utilizzati intensa-
mente in gioielleria. L'argento e l'oro possono essere rinforzati mediante alligazione in solu-
zione solida con rame; l'argento sterling è una lega argento - rame contenete approssimati-
vamente il 7.5% in peso di Cu. Le leghe di argento e oro vengono impiegate come materiali
di supporto in odontoiatria; anche alcuni circuiti elettrici sono fatti in oro. Il platino è utiliz-
zato per apparecchiature da laboratorio chimil:u, come catalizzatore (specialmente nella pro-
duzione di benzine) ed in termocoppie per misurare elevate temperature.

12.14 ALTRE LEGHE NON FERROSE

La discussione fatta copre la maggior parte delle leghe non ferrose; tuttavia, è possibile
imbattersi in un numero di altre tipi di leghe in molte altre applicazioni ingegneristiche e vale
la pena riportare una breve trattazione anche di queste.
Il nichel e le sue leghe sono molto resistenti alla corrosione in molti ambienti e in special
modo in quelli basici (alcalini). Il nichel è spesso utilizzato come rivestimento protettivo su
alcuni metalli altrimenti suscettibili alla corrosione. Il monel, una lega a base di nichel con-
tenente approssimativamente il 65% in peso di Ni ed il 28% in peso di Cu (resto ferro), pos-
siede una elevata resistenza ed è estremamente resistente alla corrosione; viene utilizzato
nelle pompe, nelle valvole ed in altri componenti in contatto con acidi e soluzioni petrolife-
re. Come già detto, il nichel è uno dei principali elementi di lega negli acciai inossidabili ed
uno dei maggiori costituenti nelle superleghe.
Il piombo, lo stagno e le loro leghe hanno alcune applicazioni come materiali ingegneri-
stici. Entrambi sono teneri e poco resistenti, hanno basse temperature di fusione, sono abba-
stanza resistenti alla corrosione ed hanno temperature di ricristallizzazione al di sotto della
temperatura ambiente. Molte leghe per saldatura sono piombo - stagno data la bassa tempe-
ratura di fusione. Le applicazioni concernenti il piombo e le sue leghe riguardano gli scher-
mi per raggi x e batterie di accumulatori. L'uso principale dello stagno è come sottile rivesti-
mento all'interno di contenitori di acciaio al carbonio (lattine) che vengono utilizzati come
contenitori di cibo; questi rivestimenti inibiscono le reazioni chimiche tra l'acciaio ed i pro-
dotti alimentari.
Lo zinco non legato è un metallo relativamente tenero con una bassa temperatura di fusio-
ne ed una temperatura di ricristallizzazione al disotto della temperatura ambiente.
Chimicamente è reattivo in un gran numero di ambienti diversi e. perciò, suscettibile di cor-
rosione. L'acciaio galvanizzato è semplicemente un acciaio al carbonio rivestito con un sot-
tile strato di zinco; lo zinco si corrode preferenzialmente e protegge l'acciaio (Sezione 18.9).
Applicazioni tipiche dell'acciaio galvanizzato sono familiari (lamiere, staccionate, schermi,
viti, ecc.). Applicazioni comuni delle leghe di zinco includono pagaie, parti di automobili
(maniglie di portiere e griglie) e apparecchiature per ufficio.
Sebbene lo zirconio sia relativamente abbondante sulla crosta terrestre, soltanto recente-
mente sono state messe a punto tecniche di raffinazioni commerciali. Lo zirconio e le sue
leghe sono duttili e possiedono caratteristiche meccaniche confrontabili con quelle delle
leghe di titanio e degli acciai inossidabili austenitici. Tuttavia, il primo scopo di queste leghe
è la resistenza alla corrosione in ambienti contenenti soluzioni corrosive, inclusa l'acqua sur-
riscaldata. Inoltre, lo zirconio è trasparente ai neutroni termici tanto che le sue leghe sono
state utilizzate come placcatura per uranio combustibile in reattori nucleari raffreddati ad
acqua. Per motivi di costo, queste leghe sono spesso scelte negli scambiatori di calore, nei
reattori e nelle condutture per l'industria chimica di processo e nucleare. Vengono inoltre uti-
lizzate come sigillanti di tubi a vuoto.

Nell'Appendice B sono riportate diverse proprietà (ad es. densità, modulo elastku, resi-
stenza a trazione e carico di snervamento, conduttività elettrica, coefficiente di espansione
termica, ecc.) di un gran numero di metalli e leghe.

SO~B1ARIO
ln questo capitolo la discussione è iniziata riguardo a diverse tecniche di produzione che pos-
sono applicarsi ai materiali metallici. Le operazioni di formatura sono quelle in cui un pezzo
metallico è modellato per deformazione plastica. Se la deformazione viene eseguita al di
sopra della temperatura di ricristallizzazione, viene definita lavorazione a caldo altrimenti si
definisce lavorazione a freddo. La forgiatura, la laminazione, 1'estrusione e la trafilatura sono
quattro delle più comuni tecniche di formatura. In funzione delle proprietà e della forma del
pezzo finito, lo stampaggio può essere il metodo di fabbricazione più desiderabile e più eco-
nomico; sono state trattate anche la colata in sabbia, in stampo, a cera persa e continua. Altri
processi di fabbricazione, inclusa la metallurgia delle polveri e la saldatura, possono essere
utilizzati da soli o in combinazione con altri metodi.
Rispetto alla composizione, i metalli e le leghe vengono classificati in ferrosi e non fer-
rosi. Le leghe ferrose (acciai e ghise) sono quelle aventi il ferro come costituente primario.
Molti acciai contengono meno dell' 1% in peso di Ce, in più, altri elementi di lega che li ren-
dono suscettibili ai trattamenti termici (e ne esaltano le proprietà meccanid1t:) e più resisten-
ti alla corrosione. I tipi più comuni sono gli acciai a basso tenore di carbonio e quelli ad alta
resistenza basso legati, a medio tenore di carbonio e quelli inossidabili.
Le ghise contengono una percentuale di carbonio più elevata, normalmente tra il 3.0 ed il
4.5% in peso di C ed altri elementi di lega, soprattutto silicio. Per questi materiali la maggior
parte del carbonio esiste sotto forma di grafite piuttosto che combinata col ferro come cemen-
tite. Le ghise grigie, duttili (o no,~j]ari) e quelle malleabili sono i tre tipi più comunemente
utilizzate; le ultime due ~ono abbastanza duttili.
378 • Capitolo 12 / Leghe metalliche

Tutte le altre leghe cadono nella categoria delle leghe non ferrose, che è ulteriormente sud-
divisa in base al metallo costituente principale o ad alcune caratteristiche distintive che sono
comuni ad un gruppo di leghe. La composizione, le proprietà tipiche e le applicazioni delle le-
ghe di rame, alluminio, magnesio, titanio, nichel, piombo, stagno, zirconio e zinco, così-come
dei metalli refrattari, le superleghe ed i metalli nobili sono state anch'esse discusse.

TER1fll\I .E t:ONCETTI IMPORTANTI

Acciai legati Ghise Leghe ferrose


Acciai comuni al carbonio Ghise bianche Leghe non ferrose
Acciai basso-legati ad alta resistenza Ghise duttili (nodulari) Metallurgia delle polveri (P/M)
(HSLA) Ghise grigie Ottoni
Acciaio inossidabile Ghise malleabili Resistenza specifica
Bronzi Laminazione Saldatura
Designazione dello stato di fornitura Lavorazione a caldo Trafilatura
Estrusione Lavorazione a freddo
Forgiatura Leghe da lavorazione plastica

B I B I, I O G R A F I A

AS.M Handbook, Vol. 1, Properties and Selection: Irons, tion, ASM lntemational, Materials Park, OH, 1994.
Stee/s, and High-Performance Alloys, ASM Kalpakjian, S., Manufacturing Processes for
Intemational, Materials Park, OH, 1990. Engineering Materials, 2nd edition,
ASM Handbook, Vol. 2, Properties and Selection: Addison-Wesley Publishing Co., Reading, MA,
Nonferrous Alloys and Special-Purpose Materials, 1991.
ASM lntemational, Materials Park, OH, 1991. Metals and Alloys in the Unified Numbering System, 7th
ASM Handbook, Vol. 6, Welding, Brazing and Soldering, edition, Society of Automotive Engineers, and
ASM Intemational, Materials Park, OH, 1993. American Society for Testing and Materials,
ASM Handbook, Voi. 14, Forming and Forging, ASM Warrendale, PA, 1996.
International, Materials Park, OH, 1988. Walton, C. F. and T. F. Opar (Editors), /ron Castings
ASM Handbook, Voi. 15, Casting, ASM International, Handbook, Iron Castings Society, Des Plaines, IL,
Materials Park, OH, 1988. 1981.
Brick, R. M., A. W. Pense, and R. B. Gordon, Structure Welding Handbook, 7th edition, American Welding
and Properties of Engineering Materials, 4th edi- Society, Miami, FL, 1976. In five volumes.
tion, McGraw-Hill Book Company, New York, Worldwide Guide to Equivalent Irons and Steels, 3rd edi-
1977. tion, ASM International, Materials Park, OH, 1993.
Dieter, G. E., Mechanical Metallurgy, 3rd edition, Worldwide Guide to Equivalent Nonferrous Metals and
McGraw-Hill Book Company, New York, 1986. Alloys, 3rd edition, ASM Intemational, Materials
Chapters 15-21 previde an excellent discussion of Park, OH, 1996.
various metal-forming techniques.
Frick, J. (Editor), Woldman's Engineering Alloys, 8th edi-
D O ::\-IA 1\ D E E P R O B L E M I

12.1 Citare vantaggi e svantaggi della lavorazione a 12.3 Elencare quattro situazioni in cui la fusione è la
freddo e a caldo. tecnica di fabbricazione ideale.
12.2 (a) Elencare i vantaggi della formatura dei metal- 12.4 Confrontare le tecniche di colata in sabbia, in
li per estrusione in confronto alla laminazione. (b) stampo, a cera persa e continua.
citare gli svantaggi. 12.5 (a) Citare alcuni vantaggi della metallurgia delle
Domande e problemi • 3 79

polveri rispetto alla fusione. (b) Citare gli svan- 12.18 È possibile produrre ghisa malleabile in pezzi
taggi. aventi grosse sezioni? Perché o perché no?
12.6 Quali sono le differenze principali tra saldatura, 12.19 Qual è la differenza principale tra lega da fonderia
brasatura e saldobrasatura. Potrebbe essere neces- e lega da lavorazione plastica?
12.20 Qual è la differenza principale tra un ottone ed un
sario consultare altre fonti.
bronzo?
12.7 Se si assume che, per gli acciai, la velocità media
12.21 Perché i rivetti in lega di alluminio 2017 devono
di raffreddamento della zona termicamente altera- essere raffreddati prima dell'utilizzo?
ta nelle vicinanze della saldatura sia 10°C/s, con- 12.22 Spiegare perché, in certe circostanze, non è consi-
frontare le microstrutture e le relative proprietà gliabile saldare una struttura fabbricata in lega di
per una lega 1080 (eutettoide) ed una 4340 nella alluminio 3003.
loroZTA. 12.23 Qual è la differenza principale tra leghe trattabili e
12.8 Descrivere un problema che si potrebbe avere in non trattabili termicamente?
una saldatura di un acciaio raffreddata molto rapi- 12.24 Fornire alcune caratteristiche distintive, limitazio-
ni ed applicazioni dei seguenti gruppi di leghe:
damente.
leghe di titanio, metalli refrattari, superleghe e
12.9 (a) Elencare le quattro classificazioni per gli
metalli nobili.
acciai. (b) Per ognuno descrivere brevemente le
proprietà e le applicazioni tipiche. Problemi di progeita:.ione
12.10 (a) Citare tre motivi per cui le leghe ferrose sono
utilizzate così diffusamente. (b) Citare tre caratte- 12.D1 Tra le leghe seguenti scegliere quelle che possono
ristiche delle leghe ferrose che ne limitano l'uti- essere rinforzate per trattamento termico, lavora-
lizzo. zione a freddo o entrambe: titanio R50500,
12.11 Spiegare brevemente perché gli acciai ferritici ed magnesio AZ31 B, alluminio 6061, bronzo al
fosforo C5 l 000, piombo, acciaio 6150, acciaio
austenitici non sono trattabili termicamente.
inossidabile 304 e berillio - rame C 17200.
12.12 Quale è la funzione degli elementi alliganti negli 12.02 Un componente strutturale lungo 100 mm deve
acciai da utensili? essere in grado di sopportare un carico di 50000 N
12.13 Calcolare il volume percentuale di grafite VOr in senza deformarsi plasticamente. In base a questo
una ghisa al 3.5% in peso di C, assumendo che criterio ed ai dati di seguito fomiti per l'ottone,
tutto il carbonio esista come grafite. Assumere l'acciaio, l'alluminio ed il titanio, elencare in
densità pari a 7.9 e 2.3 Mg/m 3 per la ferrite e la ordine di peso i materiali suddetti dal più leggero
grafite, rispettivamente. al più pesante.
12.14 Sulle basi della microstruttura, spiegare breve-
Lega Carico
mente il motivo per cui la ghisa grigia è fragile e
di snervamento Densità
poco resistente a trazione. MPa (Mglm 3 )
12.15 Confrontare le ghise grigie e malleabili per ciò
che riguarda (a) composizione e trattamento ter- Ottone 415 8.5
mico (b) microstruttura (e) caratteristiche mecca- Acciaio 860 7.9
niche. Alluminio 310 2.7
12.16 È possibile produrre ghise consistenti di una Titanio 550 4.5
matrice di martensite in cui è dispersa la grafite
sotto forma sia di fiocchi, che di noduli o rosette.
12.D3 Valutare se può essere consigliabile lavorare a
Descrivere brevemente il trattamento necessario a
freddo o a caldo i seguenti metalli e leghe sulla
produrre ognuna di queste tre microstrutture. base della temperatura di fusione, della resistenza
12.17 Confrontare la ghisa bianca e nodulare per ciò che all'ossidazione, del carico di snervamento e del
concerne (a) composizione e trattamento termico grado di fragilità: stagno, tungsteno, leghe di allu-
(b) microstruttura (e) caratteristiche meccanj<.he. minio, leghe di magnesio e acciaio 4140.
380 • Capitolo 12 / Leghe metalliche

12.D4 Di seguito è riportata una lista di metalli e leghe: (d) Punte per trapano.
(e) Contenitori criogenici (cioè per temperature
Acciaio comune al carbonio Magnesio molto basse).
Ottone Zinco (f) Come materiali pirotecnici (ad es. nei fuochi
Ghisa grigia Acciaio da utensili d'artificio o nei razzi di segnalazione).
Platino Alluminio (g) Elementi per forni ad alta temperatura da uti-
Acciaio inossidabile Tungsteno lizzare in atmosfera ossidante.
Lega di ~itanio 12.D5 (a) Elencare almeno tre importanti caratteristiche
richieste ad una lega metallica da utilizzare per
Selezionare dalla lista un metallo od una lega che monete. (b) Scrivere un rapporto sulle leghe che
meglio si adatta alle seguenti applicazioni e citare vengono utilizzate per il conio nel vostro Paese e
almeno una ragione per la scelta effettuata: fornire una spiegazione razionale per il loro utiliz-
(a) La base di un mulino. zo.
(b) Le pareti di una caldaia a vapore.
(e) Aerei ad alta velocità.

~ importante studiare la struttura e le proprietà


miei?

possono essere zione tra le molecole di acqua e la struttura dell,


Ad esempio: (a) argille (Sezioni 13.3 e 14.6 e Figura 13.14); (e) i
materiali vetrosi comportamento magnetico permanente e ferroelettri
stallinità; (b) l'i.- co di alcuni materiali ceramici sono spiegabili attra
tppo di plasti<'ità verso la loro struttura cristallina (Sezione 21.4 ,
relato all'intera- 19.23).

38]
Obiettivi di apprendimento

Dopo aver studiato questo capitolo, dovresti essere in grado di fare le seguenti cose:

1. Disegnare/descrivere le celle wùtarie delle struttu- miei.


re dei cristalli del cloruro di sodio, cloruro di 4. Spiegare brevemente perché vi è normalmente una
cesio, blenda, diamante cubico, fluorite e peroY- notevole dispersione della resistenza a frattura per
skite. In modo analogo per le strutture atomiche di provini identici dello stesso materiale ceramico.
grafite e vetro silicato. 5. Calcolare la resistenza a flessione di una harrètta
2. Data la formula chimica di un composto ceramico cilindrica di materiale ceranùco sottoposto a fles-
ed il raggio ionico dei suoi ioni componenti, deter- sione in una prova di carico a tre punti.
minare la struttura cristallina. 6. Sulle basi di considerazioni di scorrimento, spiega-
3. Nominare e descrivere otto diversi difetti ionici re i motivi per cui i materiali ceramici sono nor-
puntuali che possono trovarsi nei composti cera- malmente fragili.

13.1 INTRODUZIONE

I materiali ceramici sono stati discussi brevemente nel Capitolo 1, in cui si è evidenziato la
caratteristica di materiali inorganici e non metallici. Molti ceramici sono composti tra ele-
menti metallici e non metallici per i quali i legami interatomici sono totalmente ionici, o prin-
cipalmente ionici con carattere parzialmente covalente. li termine ''ceramico" deriva dalla
parola greca "keramikos", che significa "materiale cotto" e sta ad indicare che le proprietà
desiderate di questi materiali si ottengono, normalmente, dopo un trattamento termico ad alta
temperatura detto cottura.
Fino a quasi cinquant'anni fa, i materiali più importanti appartenenti a questa classe veni-
vano detti "ceramici tradizionali", quelli per i quali il componente principale è l'argilla; i pro-
dotti considerati come ceramici tradizionali sono la porcellana cinese, la porcellana comune, i
mattoni, le piastrelle ed inoltre i vetri ed i ceramici ad alta temperatura. Di recente, sono stati
fatti progressi significativi per capire le caratteristiche fondamentali di questi materiali ed ife-
nomeni che avvengono in essi e che sono responsabili delle loro tipiche proprietà. Conseguen-
temente, una nuova generazione di questi materiali si è sviluppata ed il termine "ceramico" ha
assunto un significato più ampio. Per un verso o per un altro, questi nuovi materiali hanno un
effetto piuttosto marcato nella nostra vita; l'elettronica, i computer, le comunicazioni, l'indu-
stria aerospaziale ed una moltitudine di altre industrie si basa sul loro utilizzo.
Questo capitolo tratta dei tipi di struttura cristallina e dei difetti atomici puntuali che si
trovano nei materiali ceramici e, inoltre, di alcune delle loro caratteristiche meccaniche. Le
tecniche di fabbricazione e le applicazioni di questa classe di materiali saranno discusse nèl
prossimo capitolo.

sTRu TTu RA DEI e ERAMI e I ==-==-==-==-==-==-==--==--==-==-==--==--==-==-==--==--==--


Dato che i ceramici sono formati da almeno due elementi, e spesso anche di più, le loro strut-
ture cristalline sono generalmente più complesse di quelle dei materiali metallici. Il lega.'lle
atomico, in questi materiali, varia da puramente ionico a totalmente covalente; molti cerami-
ci mostrano una combinazione di questi due tipi di legame essendo la percentuale di caratte-
re ionico dipendente dall'elettronegatività degli atomi. La Tabella 13.1 riporta la percentuale
di carattere ionico per diversi materiali ceramici comuni; questi valori sono stati determinati
utilizzando l'Equazione 2.10 e le elettronegatività di Figura 2.7.

13.2 STRTTTURE ClUSTALLl~E

Per quei materiali ceramici per i quali il legame atomico è principalmente ionico, la struttura
cristallina può essere pensata come composta da ioni elett.ricamente carichi anziché atomi.

:182
13.2 Strutture cristalline • 383

Taht>lla l :~. L Percentuale del


carattere ionico del legame
interatomico per diversi mate-
riali ceramici

Materiale Percentuale carattere


ionico

CaF, 89
Mg6 73
NaCI 67
Al,O, 63
SiÒ 2 · 51
Si,N 4 30
ZnS 18
SiC 12

Gli ioni metallici, o cationi, sono caricati positivamente in quanto hanno ceduto i loro elet-
troni di valenza agli ioni non metallici, o anioni, che risultano quindi carichi negativamente.
La struttura cristallina è influenzata da due caratteristiche degli ioni che compongono il mate-
riale ceramico: l'intensità della carica elettrica su ciascuno degli ioni componenti e le dimen-
sioni relative dei cationi e degli anioni. Riguardo alla prima caratteristica, il cristallo deve
essere elettricamente neutro; ogni catione caricato positivamente deve quindi essere bilan-
ciato da un uguale numero di anioni caricati negativamente. La formula chimica di un com-
posto indica il rapporto esistente tra cationi ed anioni, o la composizione che permette di otte-
nere questo bilancio di cariche. Ad esempio, nel fluoruro di calcio, ogni ione calcio ha due
cariche + (Ca 2+), mentre associate ad ogni singolo ione fluoruro vi è una singola carica (r).
Occorreranno, perciò, il doppio di ioni r rispetto a quelli Ca 2+,come rispecchiato dalla for-
mula chimica CaF 2•
Il secondo criterio coinvolge le dimensioni o raggio ionico dei cationi e degli anioni,
rispettivamente re ed 1:.i.Dato che gli elementi metallici perdono elettroni se ionizzati, i catio-
ni sono normalmente più piccoli degli anioni e, conseguentemente, il rapporto rcf 1:.ièinferio-
re all'unità. Ogni catione preferisce avere il massimo numero possibile di anioni vicino. Gli
anioni a loro volta tendono a circondarsi del massimo numero dì cationi possibile.
Le strutture ceramiche stabili si formano quando gli anioni che circondano un catione
sono tutti in contatto con quel catione, come illustrato in Figura 13.1. Il numero di coordina-
zione (cioè il numero di anioni immediatamente vicini ad un catione) dipende dal rapporto tra
il raggio del catione e quello dell'anione. Per uno specifico numero di coordinazione, esiste
un rapporto critico, o minimo, rei,A per il 4uale sì stabilisce questo contatto tra anione e catio-
ne (Figura l 3.1) e che può essere calcolato mediante semplici considerazioni geometriche
(vedi Esempio di Problema 3.1 ).
I numeri di coordinazione e le conseguenti geometrie, per vari valori del rapporto rei ,:1
sono riportate in Tabella 13.2. Per valori di r,I rAminori di 0.155 il catione molto piccolo è
legato a due anioni in modo lineare. Se rei rAha un valore compreso tra O.I 55 e 0.225, il

fiu 11.\ 13. l Configurazioni di

88ffi ffi
coordinazione anione-catione sta-
bili e non stabili. I cerchi bianchi
rappresentano gli anioni; quelli
colorati i cationi.

Stabile Stabile Instabile


384 • Capitolo 13 / Strutture e proprietà dei ceramici

Tahella 13.2 Numeri di coordinazione e geometrie


per diversi rapporti dei raggi catione-anione (rc. / rA)

Numero Rapporto raggi Geometria di


di coordinazione Catione-Anione coordinazione

2
<0.155
~
---

3 0.155-0.225

4 0.225-0.414

6 0.414-0.732

8 0.732-1.0

Fonte: W.D. Kingery, H.K. Bowen and D.R. Uhlmann, lnt.-oductionto


Ceramics, 2nd edition. Copyright© 1976 di fohn Wiley & Sons, New
York. Ristampa autorizzata da fohn Wiley & Sons, Inc.

numero di coordinazione del catione è 3. Ciò significa che ogni catione sarà circondato da tre
anioni nella forma di un triangolo equilatero, col catione collocato al centro. Il numero di
coordinazione diviene 4 per un valore di rei'À compreso tra 0.225 e 0.414; il catione si troverà
al centro di un tetraedro, con cia<;cun anione in corrispondenza di uno dei quattro vertici. Per
'él rAcompreso tra 0.414 e 0.732 si può pensare che il catione sia situato al centro di un ottae·
dro circondato da sei anioni, uno per ogni vertice, come mostrato nella tabella. 11numero di
13.2 Strutture cristalline • 385

'ahella 13.3 Raggi ionici per diversi cationi ed anioni (per


111numero di coordinazione pari a 6)

'aJione Raggio ionico Anione Raggio ionico


(nm) (nm)

AJ3+ 0.053 Br- 0.196


Ba 2 + 0.136 e,- 0.181
Ca 2 + 0.100 p- 0.133
es+ 0.170 r- 0.220
Fe 2 + .0.077 02- 0.140
0.069 s2- 0.184
Fe 3 '
K+ 0.138
Mg2+ 0.072
Mn2 + 0.067
Na+ 0.102
Ni 2 + 0.069
Si4 + 0.040
Ti 4 + 0.061

oordinazione è 8 per 'èl 1:~ compreso tra O.732 e 1.0, con gli anioni ai vertici di un cubo ed il
atione posizionato al centro. Per un rapporto dei raggi superiore al! 'unità, il numero di coor-
inazione è 12. TInumero di coordinazione più comune per i materiali ceramici è 4, 6 e 8. La
'abella 13.3 riporta i raggi ionici di diversi anioni e cationi comuni nei materiali ceramici.

:sE:\lPIO Hl PROHLDL.\. 13. l

Far veder che il minimo rapporto dei raggi catione-anione per il numero di coordinazione 3 è
pari a 0.155.

Sou zwslè
Per questo numero di coordinazione, il piccolo catione è circondato da tre anioni in modo da
formare un triangolo equilatero come mostrato sotto - triangolo ABC; i centri di tutti e quattro
gli ioni sono complanari.

0rc
Catione

G Anione

Il tutto, quindi, si riduce ad un semplice problema di trigonometria piana. Se si consi-


dera il triangolo APO, risulta chiaro che le lunghezze laterali dipendono dai raggi degli
anioni ,Ae dei cationi re, vale a dire
386 • Capitolo 13 / Strutture e proprietà dei ceramici

Inoltre, il rapporto tra le lunghezze AP/AO è funzione dell'angolo a in quanto

AP
-=-=cosa
AO

L'ampiezza di a è 30° dato che la lineaAO biseca l'angolo di 60° BAC. Perciò,

AP = __ r:..:..A_
= cos 300 = _V3_3
AO rA + re 2

Ovvero, risolvendo rispetto al rapporto dei raggi catione-anione,

l;: l-V3/ 2 =0.155


rA V3/2

STRl~TTLRE CRISTALLl1'"ETIPO AX

Alcuni materiali ceramici comuni sono caratterizzati dall'avere un numero uguale di cationi
ed anioni. Spesso tali composti vengono detti composti AX, dove A denota il catione ed X
l'anione. Esistono differenti strutture cristalline per i composti AX; ognuna di queste è nor-
malmente definita dal particolare materiale che assume quella struttura.

m Struttura della salgemma


Probabilmente la più comune struttura di tipo AX è quella del cloruro di sodio (NaCI) o sal-
gemma. Il numero di coordinazione sia per l'anione che per il catione è 6 e perciò il rappor-
to dei raggi catione-anione è compreso, approssimativamente, tra 0.414 e O.732. La cella uni-
taria per questa struttura cristallina (Figura 13.2) è generata da una disposizione tipo cfc di
anioni con un catione situato al centro del cubo ed un altro al centro di ognuno dei 12 lati del
cubo. Una struttura cristallina equivalente si ottiene da una disposizione cfc dei cationi·. Per
questo motivo, la salgemma può essere pensata come costituita da due reticoli cfc compene-
tranti, uno fatto di cationi e l'altro di anioni. Alcuni materiali ceramici comuni che presenta-
no questa struttura sono il NaCl, MgO, MnS, LiF e FeO.
FlGl H \ l ~.2 Cella unitaria per la
struttura cristallina della salgemma
(NaCI) .

• Na+
13.2 Strutture cristalline • 387

FIGLtu 13. :J Cella unitaria per la struttu-


ra cristallina del fluoruro di cesio (CsCI).

• es+

Struttura del Cloruro di Cesio


La Figura 13.3 mostra la cella unitaria per la struttura del cloruro di cesiu (CsCI); il numero
di coordinazione è 8 per entrambi i tipi di ioni. Gli anioni sono situati ai vertici della struttu-
ra cubica, mentre al centro è situato un singolo catione. Scambiando gli anioni coi cationi e
viceversa si ottiene la stessa struttura cristallina. Questa non è una struttura ccc perché sono
coinvolti ioni di due diverse specie.

Struttura della Blenda


Una terza struttura AX è quella in cui il numero di coordinazione è 4; tutti gli ioni sono coor-
dinati tetraedricamente. Tale struttura viene detta blenda di zinco, o sfalerite, dal nome del
minerale del solfuro di zinco (ZnS). La cella unitaria è rappresentata in Figura 13.4; tutti i
vertici e le facce della cella cubica sono occupati dagli atomi di S, mentre gli atomi di Zn
sono posizionati ali 'interno in posizione tetraedrica. Una struttura equivalente si ottiene
invertendo k posizioni degli atomi di Zn e S. Perciò, ogni atomo di Zn è circondato da 4
atomi di S e viceversa. Molto spesso il legame atomico, in composti che mostrano questo tipo
di struttura, è di tipo prevalentemente covalente (Tabella 13.1), come in ZnS, ZnTe e SiC.

F1c.rn.\ I :-J.--l Cella unitaria per la strut-


tura della blenda (ZnS).

ezn Qs
388 Capitolo 13 / Strutture e proprietà dei ceramici

l•tGlR\ 13 ..'i Cella unitaria per la struttura


cristallina della fluorite (CaF2).

e Ca2 +

STRUTTURE CRISTALLINE TIPO A XJl · m

Se le cariche dei cationi e degli anioni non sono k slt:sse, può esistere un composto avente
formula chimica A,,,XP, dove m e/op *
1. Un esempio potrebbe essere AX 2 , a cui corrispon-
de la struttura cristallina comune della fluorite (CaF 2). Il rapporto dei raggi catione-anione
per il CaF 2 è circa 0.8 che, in accordo con la Tabella 13.2, fornisce un numero di coordina-
zione pari ad 8. Gli ioni calcio sono posizionati al centro dei cubi, mentre i fluoruri occupa-
no i vertici. Dalla formula chimica si ricava che ci sono soltanto la metà di ioni Ca 2• rispetto
agli ioni P- e perciò la ,truttura cristallina sarà simile a quella del CsCl (Figura 13.3) eccetto
che soltanto metà delle posizioni centrali del cubo sarà occupata da ioni Ca 2•. Una cella ele-
mentare è composta da otto cubi, come indicato in Figura 13.5 Altri composti che hanno la
stessa struttura cristallina includono UO2 , PuO 2 e ThO 2 •

STRrTTURE (~RISTALLINE TIPO A,.,R,,X1,

È possibile avere composti ceramici costituiti da tipi diversi di cationi; per due tipi di cationi
(rappresentati con A e B), la formula chimica può essere espressa come A.,B.Xr. Il titanato (li
bario (BaTiO 3 ), avente sia cationi Ba 2+ sia Ti4 +,cade in questa classificazione. Questo mate-
riale possiede una struttura cristallina perovskitica ed è interessante per le sue proprietà elet-
tromeccaniche discusse più avanti. A temperature superiori a I 20°C, la struttura cristallina è
cubica. Una cella unitaria di questa struttura è mostrata in Figura 13.6; gli ioni Ba2+ sono

l<"1r;cR,13.6 Cella unitaria per la struttura


cristallina della perovskite.

I
I I
I I

•-1-.--•---
• I

I
I
I
,.

I
I
I
r:L',--~---
_.,A;,_ -

• Ti4 + o Ba2+ • 02-


13.2 Strutture cristalline • 389

TalwUa 1;{. -1- Riepilogo di alcune strutture cristalline di ceramici comuni

Numero
coordinazione
Tipo
Nome struttura struttura Impaccamento anionico Cationi Anioni Esempi

Salgemma (cloruro di sodio) AX cfc 6 6 NaCl, MgO, FeO


Cloruro di cesio AX Cubico semplice 8 8 CsCl
Blenda (sfaleritc) AX cfc 4 4 ZnS, SiC
Fluorite AX2 Cubico semplice 8 4 CaF,, UO,. ThO,
Perovskite ABX, cfc 12(A) 6 BaTiO,, s·rzro,,·
6(B) SrSnO,
Spinello cfc 4(A) 4 MgAl,0 4 , Fe A12O 4
6(B)

Fonte: W.D. Kingery, H.K. Bowen and D.R. Uhlmann, lntroduction ro Ceramics, 2nd edition. Copyright© 1976 di John Wiley & Sons,
New York. Ristampa autorizzata da John Wiley & Sons, Inc.

situati in corrispondenza agli otto vertici del cubo con un singolo Ti4 • al centro, gli ioni O 2-
invece sono posizionati al centro di ognuna delle sei facce.

La Tabella 13.4 riepiloga le caratteristiche delle strutture cristalline della salgemma, clo-
ruro di cesio, blenda, fluorite e perovskite in termini di rapporto catione-anione e numero di
coordinazione e fornisce esempi per ognuna. Naturalmente possono esistere molte altre strut-
ture cristalline.

STRLTTLRE CRISTALLI~E DERIVA~TI


DALL'BlPACCAME'°TO RAVVICl~ATO DI Al\lOM

Può essere utile ricordare che per i metalli (Sezione 3.11) i piani di massima densità di atomi
impilati uno sull'altro danno origine sia a strutture cfc che es.e. In modo analogo, un numero
diverso di strutture di cristalli ceramici possono essere considerate in termini di piani di mas-
sima densità di ioni, così come in termini di celle unitarie. Di solito i piani di massima densità
sono formati dagli anioni più grandi. Dato che tali piani sono impilati uno sull'altro, si creano
tra di loro degli spazi interstiziali in cui possono trovare inserimento i cationi.
Tali posizioni interstiziali esistono in due diverse tipologie, come illustrato in Figura 13.7.
In una, quattro atomi (tre in un piano ed uno singolo in quello adiacente) circondano lo spa-
zio interstiziale, contrassegnato T nella figura; tale posizione viene detta tetraedrica, in
quanto è possibile formare un tetraedro a quattro lati disegnando delle linee dritte a partire dal
centro delle sfere. L'altro tipo di posizione, denotata dalla lettera O in Figura 13.7, coinvolge
sei sfere di ioni, tre in ognuno dei due piani. Poiché congiungendo i sei centri di tali sfere si
ottiene un ottaedro, questa posizione viene detta ottaedrica. Il numero di coordinazione per
i cationi che occupano le posizioni tetraedriche ed ottaedriche è, rispettivamente, 4 e 6.
Inoltre. per ogni sfera di anioni, esiste una posizione tetraedrica ed una ottaedrica.
Le strutture cristalline ceramiche di questo tipo dipendono da due fattori: (1) l'impila-
mento dello strato ad alta densità di anioni (sono possibili sia disposizioni cfc che es.e, a cui
corrispondono, rispettivamente, le sequenze ABCABC ... e ABABAB ... ) e (2) il modo in cui i
siti interstiziali sono occupati dai cationi. Ad esempio, consideriamo la struttura della sal-
gemma discussa precedentemente. La cella unitaria ha una simmetria cubica ed ogni catione
(Na•) ha sei ioni ci- vicini, come può essere verificato dalla Figura 13.2. Gli ioni Na• al cen-
tro hanno come vicini immediati sei ioni ci- che risiedono al centro di ognuna delle facce del
390 • Capitolo 13 / Strutture e proprietà dei ceramici

F1r:rn\ 13. 7 Impilaggio di un piano ad alta densità di sfere (anioni) una sull'altra; le posizioni
tetraedriche ed ottaedriche tra i piani sono contrassegnate mediante una T ed una O, rispettiva-
mente. (Da W. G. Moffatt, G. W. Pearsall, and J. Wuff, The Structure and Properties of Materials,
Vol.1, Structure. Copyright© 1964 di John Wiley & Sons, New York. Ristampa autorizzata da
John Wiley & Sons, Inc.)

cubo. La struttura cristallina, avente simmetria cubica, può essere considerata in termini di
struttura cfc di piani ad alta densità di anioni, essendo tutti i piani del tipo { 111l. I cationi
occupano le posizioni ottaedriche perchè hanno come atomi vicini i sei anioni. Le posizioni
ottaedriche sono inoltre tutte occupate dato che esiste un singolo sito per anione ed il rappor-
to anioni---{;ationiè 1: 1. Per questa struttura cristallina, la relazione esistente tra cella elemen-
tare e schema di impilaggio dei piani ad alta densità è illustrata in Figura 13.8.
Altre strutture cristalline ceramiche, ma non tutte, possono essere trattate allo stesso
modo; tra queste la struttura della blenda e della perovskite. La struttura di tipo spinello è del
tipo AmB"X"come nello spinello o alluminato di magnesio (MgAl 20 4). In questo tipo di strut-
tura, gli ioni 0 2- formano un reticolo cfc, mentre quelli Mg 2+ occupano le posizioni tetraedri-
che e quelli di Al 3+ le posizioni ottaedriche. I ceramici magnetici, o ferriti, possiedono una
struttura cristallina che differisce leggermente da quella a spinello; le caratteristiche magne-
tiche sono influenzate dall'occupazione delle posizioni tetraedriche e ottaedriche (vedi
Sezione 21.5)

F1c.t li\ 13.8 Sezione della


struttura della salgemma da cui è
stato rimosso un angolo. Il piano
di anioni esposto (sfere chiare
all'interno del triangolo) è del
tipo { 111}; i cationi (sfere scure)
occupano le posizioni interstiziali
ottaedriche.
13.2 Strutture cristalline • 391

Est::\IPIO DI PROtiLE:\T,\ 13.2

Sulla base dei raggi atomici, quale struttura cristallina si può prevedere per l'FeO?

SOU'l,IO,YE
Per prima cosa si noti che FeO è un composto tipo AX. Poi, si detennini il rapporto tra i raggi
atomici catione-anione, che dalla Tabella 13.3 risulta

rF,1+ = 0.077 nm = 0 _550


r 0 ,- 0.140 nm

Questo valore è compreso tra 0.414 e 0.732 e, perciò. dalla Tabella 13.2 il numero di coordi-
nazione per Fe2• è 6; tale valore è anche quello dell 'O 2- dato che vi è un uguale numero di
cationi e di anioni. La struttura cristallina sarà quindi quella della salgemma, cioè del tipo AX,
avente un numero di coordinazione pari a 6, come risulta in Tabella 13.4.

CALCOLO DELLA DENSIL\ DEI CERAMICI

È possibile calcolare la densità teorica di un materiale ceramico cristallino, partendo dai dati
relativi alla cella elementare in un modo simile a quello descritto per i metalli nella Sezione
3.5. In questo caso la densità p può essere determinata utilizzando una forma modificata
dell'Equazione 3.5 nel seguente modo:

n'(I.Ac + I,A.)
p = --~-,-,---"n- (13.1)
Vc;NA

dove
n' = il numero di unità di formula' nella cella unitaria
Mc = somma dei pesi atomici di tutti i cationi nell'unità di formula
L4 4 = somma dei pesi atomici di tutti gli anioni nell'unità di formula
Ve = volume cella unitaria
NA = numero di Avogadro, 6.023 x 1023 unità di formula/ mo!

EsE,11'10 DI PROBLEJI.~ 13.:{

Sulle basi della struttura cristallina calcolare la densità teorica per il cloruro di sodio. Quale
valutazione si può dare a questo valore rispetto a quello della densità misurata?

Sou·z10,·,;
La densità può essere determinata mediante l'Equazione 13.1, dove n', numero di unità NaCl
per cella unitaria, è 4 dato che sia gli ioni sodio sia quelli cloruro formano un reticolo cfc.

1 Per "unità di formula" intendiamo tutti gli ioni inclusi nella formula chimica elementare.Ad esempio

per il BaTiO,, un'unità di formula è data da uno ione bario, uno ione titanio e tre ioni ossigeno.
392 • Capitolo 13 / Strutture e proprietà dei ceramici

Inoltre,
IAc =AN,= 22.99 g/mol
IAA = A, 1 = 35.45 g/mol
Poiché la cella unitaria è \.:ubka, V,= a', essendo a la lunghezza del lato della cella unitaria.
Per la faccia della cella unitaria mostrata sotto,

essendo rN,•ed rcr i raggi ionici del sodio e del cloro, che dalla Tabella 13.3 risultano essere,
rispettivamente, 0.102 e O.181 nm

Quindi

Ed infine,

p=-----

4(22.99 + 35.45)
=--------------------
(2(0.102 X 10-') + 2(0.18 I X l(J- 7) j3 (6.023 X I 0 21)

= 2.14 Mg/m'
Tale valore, se paragonato con quello sperimentale pari a 2.16 Mg/m 3, risulta molto buono.

13.3 CERA:'.\UCIFORMATI DA SILICATI

I silicati sono materiali formati principalmente da silicio ed ossigeno, i due elementi più
abbondanti sulla crosta terrestre; di conseguenza, la maggior parte del suolo, rocce, argille e
sabbia rientrano nella classificazione dei silicati. Piuttosto che caratterizzare la struttura cri-
13.3 Ceramid fonnati tla silicati • 393

FtGlRA 13.9 Un
tetraedro silicio-ossigeno
(SiOt)

stallina secondo la cella elementare, è più conveniente utilizzare diverse disposizioni di un


tetraedro Sia:-(Figura 13.9). Ogni atomo di silicio è legato a quattro atomi di ossigeno, che
sono posizionati ai vertici del tetraedro; l'atomo di silicio è situato al centro. Dato che questa
configurazione è quella base per la cella unitaria dei silicati, viene spesso trattata come una
entità carica negativamente.
I silicati spesso non sono considerati ionici a causa del carattere significativamente cova-
lente del legame interatomico Si-O (Tabella 13.1), che risulta essere direzionale e relativa-
mente forte. A dispetto del carattere del legame Si-O, vi è una carica --4 associata ad ogni
tetraedro Sia;-, dato che ognuno dei quattro atomi di ossigeno necessita di un elettrone in più
per raggiungere una configurazione elettronica stabile. Le varie strutture dei silicati derivano
dai diversi modi in cui le unità Sia:- possono essere combinate in disposizioni mono-, bi- e
tridimensionali.

SILICE

Chimicamente il silicato più semplice è il biossido di silicio o silice (SiO 2). Strutturalmente è
costituito da una rett:: Lridimt::nsionaleche viene a formarsi allorché un atomo di ossigeno al
vertice di un tetraedro è condiviso col tetraedro adiacente. Il materiale è quindi elettricamen-
te neutro e tutti gli atomi raggiungono una configurazione elettronica stabile. In questo caso
il rapporto tra gli atomi di Si e quelli di a è l :2, come indicato nella formula chimica.
Se questi tetraedri sono disposti in un modo regolare ed ordinato, si viene a formare una
struttura cristallina. Vi sono tre forme cristalline primarie polimorfiche per la silice: il quar-
zo, la cristobalite (Figura 13.10) e la tridimite. La loro struttura è relativamente complessa ed

FIGCRA 13.10 Disposizione degli atomi di


silicio ed ossigeno nella cella unitaria di cristo-
balite, composto polimorfo della SiO2 •

• s;4~ 002-
394 • Capitolo 13 / Strutture e proprietà dei ceramici

abbastanza aperta, nel senso che gli atomi non sono molto impaccati. Di conseguenza, que-
ste silici cristalline hanno relativamente bassa densità; il quarzo possiede ad esempio, una
densità a temperatura ambiente pari a 2.65 Mg/m3 • L'elevata resistenza dei legami interato-
mici Si-O si riflette nel punto di fusione relativamente alto, 171O°C.

VETRI SILICEI

La silice può esistere anche in una forma solida non cristallina, o vetro, avente un elevato
grado di disordine atomico, tipico dei liquidi; tale materiale è detto silice fusa o silice vetro-
sa. Come per la silice cristallina, il tetraedro di Sio:-- costituisce l'unità base; a parte questa
struttura esiste un considerevole disordine. Le strutture della silice cristallina e non cristalli-
na sono confrontate schematicamente nella Figura 3.21. Altri ossidi (ad es. B2 0 3 e GeO2 ) pos-
sono formare strutture vetrose (e strutture di ossidi poliedrici simili a quelle mostrate in
Figura 13.9); questi materiali, insieme alla SiO2, vengono definiti formatori di reticolo.
I vetri inorganici comuni, utilizzati per contenitori, finestre ed altro, sono vetri silicei a cui
sono stati aggiunti altri ossidi come CaO e Nap. Questi ossidi non formano strutture retico-
lari poliedriche. I loro cationi vengono piuttosto inglobati e vanno a modificare il reticolo di
ioni SiO.;; per tale motivo questi ossidi vengono detti modificatori di reticolo. Ad esempio,
la Figura 13.11 rappresenta schematicamente la struttura del vetro sodio-silicato. Altri ossi-
di, come TiO 2 e Al2O3, anche se non sono formatori di reticolo, sono sostituti del silicio e
divengono parte del reticolo stabilizzandolo; tali ossidi vengono detti intermediari. Da un
punto di vista pratico, l'addizione di questi modificatori ed intermediari fa diminuire il punto
di fusione e la viscosità del vetro, rendendo più facile la lavorazione a temperature più basse
(Sezione 14.2).

I SILICATI

Per i vari minerali silicati, uno, due o tre atomi di ossigeno ai vertici del tetraedro di SiO;
sono condivisi da altri tetraedri per dar luogo a strutture piuttosto complesse. Alcune di que-

t'IGl tu J ~1.1 l Rappresentazione


schematica della posizione degli ioni
in un vetro sodio-silicato .

• 5;4+ 00 2 - • Na+
13.3 Ceramici formati da ~ilicati • 395

FIGl IL\ 13.12


Rappresentazione

Jo I
SiO~-
(aJ
di cinque diverse
strutture di ione sili-
cato formate da
tetraedri di SiOt.
Si20~-
Si30~-
lb)
(e)

(Si0 3 ),~n-
leJ

002-

ste sono rappresentate in Figura 13.12 ed hanno formula Sio:--, Si 20t, Si30;- e così via; esi-
stono anche strutture a catena singola, come in Figura 13.12e. I cationi carichi positivamen-
te come Ca 2 •, Mg 2+ e Al 3+ assolvono due compiti. Primo, compensano le cariche negative
delle unità di ioni Sio:-- in modo da mantenere la neutralità elettrica; secondo, legano ionica-
mente i tetraedri Si O:-
insieme.

Silicati semplici
Tra questi silicati quello strutturalmente più semplice comprende solo tetraedri isolati (Figura
13.12a). Ad esempio, la forsterite (Mg 2 Si0 4 ) ha l'equivalente di due ioni Mg 2+ associati ad
ogni tetraedro in modo tale che ogni Mg 2+ ha sei ossigeni vicini.
L'Si 2 0t è formato da due tetraedri che condividono un atomo di ossigeno (Figura
13.12b). L'akennanite (Ca 2MgSip 7) è un minerale avente l'equivalente di due ioni Ca 2+ ed
uno ione Mg 2+ legati ad ogni unità SiP-i-

Silicati stratifonni
Una lamina a due dimensioni od una struttura stratificata può essere prodotta per condivisio-
ne di tre ioni ossigeno in ognuno dei tetraedri (Figura 13.13); per questa struttura la formula
elementare ripetitiva può essere rappresentata da (Si 20 5)2-.La carica netta negativa è asso-
ciata con gli atomi di ossigeno non legati che si proiettano fuori dal piano della pagina.
L'elettroneutralità viene normalmente stabilita da una seconda struttura lamellare piana aven-
te un numero di cationi in eccesso, i quali si legano agli atomi di ossigeno non legati dalla
lamina di Si2 0 5 • Questi materiali sono chiamati silicati lamellari o stratificati e la loro strut-
tura di base è caratteristica delle argille ed altri minerali.
Uno dei più comuni minerali argillosi, la caolinite, presenta una struttura lamellare relati-
vamente semplice di silicati a due strati. La caolinite ha la formula Ali(Si 20 5 )(0H) 4 ; in essa
lo strato silicico tetraedrico, rappresentato da (Si 20 5)2-, diviene elettricamente neutro attra-
verso lo strato adiacente di AllOH);+. Una singola lamella di questa struttura è rappresenta-
ta in Figura 13.14, che è esplosa in direzione verticale in modo da fornire una migliore pro-
spettiva della posizione degli ioni; nella figura sono anche indicati i due strati in modo distin-
to. Il piano mediano di anioni consiste di ioni 0 2-dello strato (Sip 5) 2-, così come di ioni OH
396 • Capitolo 13 / Strutture e proprietà dei ceramici

FtGL1lA 13.13 Rappresentazione schema-


tica di una struttura silicatica lamellare a
due dimensioni avente formula elementare
ripetitiva (Sip 5) 2-.

• s;4•

che fanno parte dello strato Alz(OH);+. Mentre il legame all'interno della lamella a due strati
è forte, e con carattere intennedio tra ionico e covalente, le lamelle adiacenti sono debol-
mente legate tra loro da forze di Van der Waals.
Un cristallo di caolinite è formato da una serie di questi doppi strati o lamine impilati
parallelamente una all'altra che formano piccole piastre piane aventi un diametro inferiore ad
1 µm e approssimativamente esagonali. A pagina 381 è riportata una micrografia di un cri-
stallo di caolinite ad elevato ingrandimento, dove sono visibili le piastre cristalline esagona-
li, alcune rlelle quali risultano sovrapposte una sull'altra.
Queste strutture lamellari di silicati non sono solo dell'argilla; altri minerali appartenenti
a questo gruppo sono il talco [Mg 3 (SiP 5 )lOH) 2 J e le miche [ad es., muscovrte,
KAl 3 Sip 10(0H) 2 J, che sono importanti materiali ceramici naturali. Come si può dedurre

l<IGUU 13.14 Struttura della caolinite.


(Da W. E. Hauth, "Crystal Chemistry of
Ceramics", Amerìcan Ceramic Society
Bullettin, Vol. 30, No.4, 1951, p. 140.)

Piano mediano degli anioni

• s;4+

0 Al3+

Qow
Q

(:)02-
13.4 Carbonio • 397

dalla formula chimica, le strutture di alcuni silicati sono tra le più complesse tra tutti i mate-
riali inorganici.

13.4 CARBONIO

Il carbonio è un elemento che esiste sia in varie forme polimorfiche che in uno stato amorfo.
Questo gruppo di materiali non rientra in nessuno degli schemi tradizionali di classificazione
dei metalli, ceramici o polimeri. Tuttavia è stato deciso di trattare questi materiali in questo
capitolo dato che la grafite, una delle forme polimorfe, è talvolta classificata come ceramico
ed inoltre la struttura cristallina del diamante, un'altra forma polimorfa, è simile a quella
della blenda discussa nella Sezione 13.2. La trattazione relativa ai materiali del carbonio si
concentrerà sulla struttura e caratteristiche della grafite, del diamante e dei nuovi fullereni,
con in più uno sguardo ai loro utilizzi correnti e potenziali.

DIAMANTE

Il diamante è una forma metastabile polimorfa del carbonio a temperatura ambiente e pres-
sione atmosferica. La sua struttura cristallina è una variante della blenda nella quale gli atomi
di carbonio occupano tutte le posizioni (sia dello Zn che dello S), come indicato nella cella
unitaria mostrata nella Figura 13.15. Ogni carbonio, perciò, è legato a quattro altri atomi di
carbonio con legami totalmente covalenti. Questo tipo di struttura viene definita struttura cri-
stallina cubica del diamante, che è anche tipica di altri elementi del Gruppo IVA della tavola
periodica degli elementi (ad es. germanio, silicio, stagno grigio sotto i l 3°C).
Le proprietà fisiche del diamante ne fanno un materiale estremamente attraente. È molto
duro (il materiale più duro attualmente noto) ed ha una bassa conduttività elettrica; queste
caratteristiche sono dovute alla struttura cristallina ed ai forti legami interatomici covalenti.
Inoltre, presenta un'inattesa elevata conduttività termica per un materiale non metallico, è
otticamente trasparente nelle regioni del visibile e dell'infrarosso dello spettro elettromagne-
tico ed ha un alto indice di rifrazione. Singoli cristalli di diamante di dimensioni relativa-
mente grandi vengono utilizzati come gemme. Industrialmente i diamanti sono utilizzati per
macinare o tagliare altri materiali più teneri (Sezione 14.4). A partire da metà degli anni '50,
sono state sviluppate tecniche per produrre diamante sintetico che sono state successivamen-
te raffinate ad un livello tale che oggi una gran parte dei materiali prodotti industrialmente
sono artificiali.
Durante gli ultimi anni, è stato prodotto diamante nella forma di film sottili. Le tecniche
di crescita dei film comportano reazioni chimiche in fase vapore seguite da deposizione del

FIGURA 13.15 Cella unitaria della strut-

o tura cubica del diamante.


398 • Capitolo 13 / Strutture e proprietà dei ceramici

FH;nH 13.16
Micrografia elettronica
a scamione di un film
sottile di diamante in
cui sono visibili nume-
rosi microcristalli mul-
tifacce. l00Ox.
(Fotografia per gentile
concessione di Norton
Company.)

film. Gli spessori massimi del film sono dell'ordine del millimetro. Nessuno dei film attual-
mente prodotti ha tuttavia raggiunto quella regolarità cristallina a lungo raggio propria del
diamante naturale. Il diamante è policristallino e può essere formato da grani relativamente
piccoli e/o grandi; può essere inoltre presente della grafite o del carbonio amorfo. Una micro-
grafia al microscopio elettronico a scansione della superficie del film di diamante è riporta-
ta in Figura 13.16. Le proprietà meccaniche, elettriche ed ottiche dei film di diamante appros-
simano quelle del diamante puro. Tali proprietà desiderabili sono state e continueranno ad
essere sfruttate per creare prodotti nuovi e migliori. Ad esempio, punte per trapano, stampi,
cuscinetti, coltelli ed altri utensili sono stati rivestiti con film di diamante per aumentare la
durezza superficiale; lenti e coperture di radar sono state rafforzate con l'applicazione super-
ficiale di rivestimenti in diamante pur rimanendo trasparenti; sono stati applicati rivestimen-
ti ad altoparlanti per alte frequenze di casse acustiche ed a micrometri ad alta precisione.
Applicazioni potenziali di questi film includono rivestimenti superficiali di componenti di
macchine come ingranaggi, testine ottiche e dischi di registrazione e come substrato per
dispositivi semiconduttori.

GRAHTE

Un 'altra forma polimorfa del carbonio è la grafite; la struttura cristallina (Figura 13.17) si
differenzia in modo ~ostanziale da quella del diamante ed è più stabile a pressione e tempe-
ratura ambiente. La struttura della grafite consiste di vari strati di atomi di carbonio disposti
in fonna esagonale, in ognuno di questi strati, ogni atomo di carbonio è legato ad altri tre
atomi complanari adiacenti mediante legami covalenti forti. TI quarto elettrone di legame
prende parte ad un legame debole tipo Van der Waals che s'instaura tra gli strati. Come con-
seguenza di questi legami deboli, risulta piuttosto facilitato lo scorrimento interplanare, che
conferisce alla grafite delle eccellenti proprietà lubrificanti. Anche la conduttività elettrica
risulta relativamente elevata nelle direzioni cristallografiche parallele ai piani esagonali.
Vi sono altre attraenti proprietà della grafite tra cui: elevata resistenza e buona stabilità
chimica ad alta temperatura ed in atmosfera non ossidante, elevata conduttività termica,
basso coefficiente di espansione tennica ed alta resistenza agli shock termici, elevato adsor-
bimento di gas e buona lavorabilità. La grafite è comunemente utilizzata come elemento
13.4 Carbonio • 399

F1GliH.\ 13. 1 ì Struttura della grafite.

riscaldante nei forni elettrici, come elettrodi per saldature ad arco, nei crogioli metallurgici,
negli stampi per fusione di leghe metalliche e ceramici, come refrattario ed isolante ad alta
temperatura, negli ugelli di razzi, nei reattori chimici, per contatti elettrici, spazzole e resi-
stori, come elettrodi per batterie ed in dispositivi di purificazione dell'aria.

FLLLEREl\l

Un 'altra forma polimorfa del carbonio è stata scoperta nel 1985. Esiste in forme molecolari
discrete ed è formata da raggruppamenti sferici vuoti costituiti da 60 atomi di carbonio; una
molecola singola viene definita come C60 ed è composta da gruppi di atomi di carbonio che
sono legati ad altri in modo da formare configurazioni geometriche costituite sia da esagoni
(sei atomi di carbonio) sia da pentagoni (cinque atomi di carbonio). Una di tali molecole,
mostrata in Figura 13.18, è costituita da 20 esagoni e 12 pentagoni disposti in modo tale che
due pentagoni non condividono un lato comune; la superficie della molecola perciò mostra la
simmetria di un pallone da calcio. TI materiale costituito da molecole C 60 è noto come buck-
minsterfullerene, detto così in onore di R. Buckminster Fuller, che inventò questo cupola
geodetica; ognuno di questi Cw è semplicemente una replica di tale cupola, che spesso viene
detta per brevità "buckyball". 11 termine fullerene è utilizzato per identificare la classe di
materiali composti da questo tipo di molecole.
Il diamante e la grafite sono ciò che si potrebbe definire un solido reticolato, in cui tutti
gli atomi di carbonio formano legami primari con gli atomi adiacenti attraverso tutto il soli-
do. In modo opposto, gli atomi nel buckminsterfullerene sono legati insieme in modo da for-

FIGURA 13. 18 Struttura di una mole-


cola di et-I)"
400 Capitolo 13 / Strutture ., proprietà dei ceranùci

mare le molecole sferiche. Nello stato solido, le unità C 60 formano una struttura cristallina e
sono impaccate secondo una disposizione cubica a facce centrate.
Come solido puro cristallino questo materiale è elettricamente isolante. Tuttavia, con ocu-
late addizioni di impurezze, può essere reso altamente conduttivo e semiconduttivo. Come
nota finale, sono state recentemente scoperte forme molecolari diverse da quella sferica; tali
forme includono strutture tubolari e poliedriche su scala nanometrica. Si prevede che svilup-
pi futuri renderanno i fullereni materiali tecnologicamente molto importanti.

13 ..5 bIPERFEZIONI NEI (:ERAMICI

DIFETTI ATff\IICI PIJNTUALI

Nei composti ceramici possono esistere difetti atomici che coinvolgono gli atomi ospiti. Così
come per i metalli, sono possibili difetti sia del tipo vacanze sia interstiziali; tuttavia, dato che
i materiali ceramici contengono atomi di almeno due tipi diversi, si possono avere i difetti
tipici per ogni tipo di ione. Ad esempio, nel NaCl possono esistere interstiziali e vacanze Na
ed interstiziali e vacanze Cl. È molto improbabile che vi sia un'apprezzabile concentrazione
di anioni interstiziali. L'anione è relativamente grande e per sistemarsi nelle piccole cavità
interstiziali dovrebbe aversi una certa deformazione degli ioni circostanti. Le vacanze di
anioni e di cationi e cationi interstiziali sono rappresentati nella Figura 13.19.
L'espressione struttura difettata è spesso utilizzata per designare i tipi e la concentra-
zione di difetti atomici nei materiali ceramici. Poiché gli atomi esistono come ioni carichi,
quando viene considerata una struttura difettata si devono mantenere le condizioni di elettro-
neutralità. L'elettroneutralità è quello stato che esiste quando si il numero di cariche positive
e negative relative agli ioni è uguale. Di conseguenza, i difetti nei materiali ceramici non sono
mai di un singolo tipo. Un tale tipo di difetto coinvolge una coppia catione-vacanza e ca-
tione-interstiziale. Tale difetto è detto di Frenkel (Figura 13.20). Si può pensare tale difetto
come fonnato a seguito di un catione che lascia la sua posizione normale e si posta in un sito in-
terstiziale. Non c'è variazione di carica perché il catione mantiene la stessa carica positiva.
Un altro tipo di difetto, trovato nei materiali tipo AX, è la coppia vacanza cationìca -
vacanza anionica noto come difetto tipo Schottky, rappresentato anch'esso schematicam1::n-
te in Figura 13.20. Questo difetto può essere pensato come creato dalla rimozione di un catio-
ne ed un anione dall'interno del cristallo che vengono poi posizionati entrambi in corrispon-
FIGLR\ 13.19

••••••••••••
Rappresentazione
schematica di vacanze
anioniche e cationiche e
di interstiziali catìonici.
(Da W. G. Moffatt, G.
W. Pearsall e J. Wuff, ••••••••••••interstiziale
•·•·•·•·Il!.~·
• •••••••••• e
The Structure and
Properties of Mat('rials,
Vol.1, Structure, p. 78 .
Copyright © 1964 di

•········------a·a·ca
. ·•--•1•·•·
.•.•. ;,
/Ba!•·•
John Wiley & Sons,
New York. Ristampa
autorizzata da John
Wiley & Sons, Jnc.)

•·•·•·•·•·•·
13.5 Imperfezioni nei ceramici 401

FH;L'RA J 3.20
Diagramma schematico
in cui sono evidenziati
i difetti di Frenkel e
Schottky nei
solidi ionici.
(Da W. G. Moffatt,
G. W. Pearsall e
J. Wuff, The Structure
and Properties of
Materials, Voi.i,
Structure, p. 78.
Copyright © 1964 di
John Wiley & Sons,
New York. Ristampa
autorizzata da John
Wiley & Sons, Inc.)

denza ad una superficie esterna. Dato che sia i cationi che gli anioni hanno la stessa carica e
che per ogni vacanza anionica esiste una vacanza cationica, la neutralità di carica del cristal-
lo è conse1,1ata.
Il rapporto tra anioni e cationi non è alterato dalla presenza di un difetto di Frenkel o
Schottky. Se non è presente nessun altro difetto, il materiale viene detto stechiometrico. La
stechiometria può essere definita come quello stato in cui un composto ionico ha il rappor-
to tra cationi ed anioni esattamente uguale a quello predetto dalla formula chimica. Ad esem-
pio, il NaCl è stechiometrico se il rapporto tra Na+ e ci- è esattamente I: 1. Un composto cera-
mico è non stechiometrico quando vi è un a variazione qualsiasi da tale valore.
La non stechiometria può aversi per alcuni materiali ceramici nei quali esistono due stati
di valenza (o ionici) per uno dei tipi di ioni. L'ossido di ferro (wiistite, FeO) è uno di questi
materiali in quanto il ferro può essere presente sia come Fe 2+ sia come Fe 3\ il numero di
ognuno di questi tipi di ione dipende dalla temperatura e dalla pressione ambiente dell'ossi-
geno. La formazione di ioni Fe 3+ distrugge l'elettroneutralità del cristallo, introducendo un
eccesso di carica +I, che deve essere compensato da un qualche tipo di difetto. Ciò può esse-
re ottenuto per fonnazione di una vacanza Fe 2+(o dalla rimozione di due cariche positive) per
ogni ione Fe 1+ che si è formato (Figura 13.21 ). Il cristallo non è più stechiometrico perché vi

FIGl"IIA 13.2 l Rappresentazione


schematica di una vacanza Fe 2+nel
FeO risultante dalla formazione di
due ioni Fe 3•.
402 Capitolo 13 / Strutture e proprietà dei ceramici

Flf.lTRA 13.22 Rappresentazione schematica di impurezze interstiziali e di sostituzione anioni-


che e cationiche in un composto ionico. (Da W. G. Moffatt, G. W. Pearsall e J. Wuff, The Structure
and Properties of Materials, Voi.I, Structure, p. 78. Copyright © 1964 di fohn Wiley & Sons,
New York. Ristampa autorizzata da John Wiley & Sons, Inc.)

è uno ione ossigeno in più rispetto al Fe, ma rimane, tuttavia, elettricamente neutro. Questo
fenomeno è piuttosto.comune nell'ossido di ferro, per il quale la formula chimica è spesso
scritta come Fe 1_p (dove x è una frazione piccola e variabile sostanzialmente inferiore all'u-
nità), ad indicare una condizione di non stechiometria per mancanza di Fe.

IMPUREZZE NEI CERAMICI

Gli atomi di impurezze possono formare soluzioni solide nei materiali ceramici molto più che
nei metalli. Si possono avere soluzioni solide sia di sostituzione che interstiziali. Per un'in-
terstiziale, il raggio ionico dell'impurezza deve essere relativamente piccolo in confronto
all'anione. Dato che ci sono sia anioni che cationi, un'impurezza di sostituzione prenderà il
posto dello ione al quale è elettricamente più simile: se l'atomo di impurezza forma un catio-
ne nel materiale ceramico, è più probabile che sostituisca un catione. Ad esempio, nel cloru-
ro di sodio, impurezze Ca"+ e 0 2- sostituiranno facilmente Na+ e ci-, rispettivamente. Una
rappresentazione schematica di impurezze di sostituzione di anioni e cationi, così come inter-
stiziali, è rappresentata in Figura 13.22. Per ottenere un'apprezzabile solubilità allo stato soli-
do di impurezze atomiche di sostituzione, le dimensioni ioniche e le cariche devono essere
circa uguali a quelle degli ioni sostituiti. Per un'impurezza ionica, avente una carica diversa
da quella che deve essere sostituita, il cristallo deve compensare tale differenza di carica in
modo da mantenere l'elettroneutralità nel solido. Un modo in cui ciò può essere ottenuto è
mediante la formazione di difetti nel reticolo - vacanze, interstiziali o di entrambi i tipi,
come già detto.

E~EVIPIO UI PROnJ.J::\1A 13A

Se deve essere conservata l'elettroneutralità, quali difetti puntuali sono possibili nel NaCI
quando uno ione Ca2+ sostituisce uno ione Na•? Quanti di questi difetti si avranno per ogni
ione Caè•?
13.6 Diagrammi di fase dei ceramici • 403

Sou·zWNE
La sostituzione di uno ione Na+ con uno Ca 2• introduce una carica positiva in più.
L'elettroneutralità è mantenuta quando la singola carica positiva è eliminata oppure quando è
introdotta un'altra carica negativa. La rimozione di una carica positiva è ottenuta per forma-
zione di una vacanza Na•. Alternativamente, un interstiziale ci- fornirà la carica negativa in
più, annullando l'effetto dello ione Ca 2•. Tuttavia, come detto sopra, la fonnazione di 4uesto
difetto è molto improbabile.

13.6 DIAGRAMMI DI FASE DEI CERAl\1IU

I diagrammi di fase sono stati determinati sperimentalmente per un gran numero di sistemi
ceramici. Per diagrammi di sistemi binari, o a due componenti, è frequente il caso in cui i due
componenti sono composti che hanno un elemento in comune, spesso l'ossigeno. Questi dia-
grammi possono avere configurazioni simili a quelle dei sistemi metallo - metallo e vengo-
no interpretati allo stesso modo. Per un ripasso dell'interpretazione dei diagrammi di fase il
lettore può far riferimento alla Sezione 9.6.

Uno dei diagrammi di fase relativamente semplice è quello relativo al sistema ossido di allu-
minio - ossido di cromo, Figura 13.23. Questo diagramma ha la stessa forma di quello iso-
morfo rame - nickel (Figura 9.2a), e consiste di regioni monofasiche nel liquido e nel solido
separate da una regione a due fasi solido - liquido avente la forma di una lente. La soluzione
.
solida Al 2O.1 - Cr 2O3 è di sostituzione in cui AlJ+ sostituisce il Cr1• e viceversa. Al di sotto

Composizione (mol% Cr,O,)


FIGlR-\ U.23
20 40 60 80 100
Diagramma di fase
ossido di alluminio - 2275 ± 2s c
0

ossido di cromo.
(Da E. N. Bunting,
"Phase Equilibria in the
System AlPJ - Crp 3",
2200
Bur. Standards J.
Research, 6, 1931,
p. 948.)
"'
:i
l5
:V

È
.::.>
2100
r-

2045 ± s0 c

2000

. 20 40 60 80

Composizione(% in peso Cr,(\)


404 • Capitolo 13 / Strutture e proprietà dei ceramici

della temperatura di fusione esiste, per tutte le composizioni, Al 2O3 in quanto gli ioni allumi-
nio e cromo hanno la stessa carica e simile raggio (rispettivamente 0.053 e 0.062 nm). Sia
Al 2O3 che Cr 2O 3 hanno inoltre la stessa struttura cristallìna.

Il diagramma di fase per il sistema ossido di magnesio - ossido di alluminio (Figura 13.24) è
simile per molti aspetti a quello piombo - magnesio (Figura 9.18). Esiste una fase interme-
dia, o meglio, un composto chiamato spinello, che ha formula chimica MgAl 2 O 4
(o Mg0-Al 2O3 ). Anche se lo spinello è un composto distinto [di composizione 50% mol
Al2O 3-50% mol MgO (72% in peso di Alp_ 1-28% in peso di MgO)], viene rappresentato sul
diagramma di fase mediante un campo monofasico piuttosto che come una linea vei:ticale,
come per l'Mg 2Pb (Figura 9. 18); esiste un campo di composizione in cui lo spinello è un
composto stabile. Lo spinello è, quindi, non stechiometrico per composizioni diverse da 50%
mo! Al 20r 50% mo! MgO. La solubilità dell'Alp 3 nell'MgO al di sotto dei 1400°C, nella
parte sinistra della Figura 13.24, è inoltre limitata, a causa soprattutto della differenza di cari-
ca e di raggio degli ioni Mg 2+ e Al 3 +. Per la stessa ragione, l'MgO è virtualmente insolubile
nell 'Al 2O 3 , come messo in evidenza dalla mancanza di una soluzione solida terminale nella
parte destra del diagramma di fase. Si possono facilmente individuare anche due eutettici,
uno per parte, ai due lati del campo di esistenza della fase spinello; inoltre lo spinello ste-
chiometrico fonde congruentemente a circa 2100°C.

IL SISTEMA ZrO2-CaO

Un altro importante sistema ceramico binario è quello dell'ossido di zirconio (zirconia) e del-
l'ossido di calcio (calce); una porzione di questo diagramma è riportata in Figura 13.25.
L'asse orizzontale si estende solo fino al 31 % in peso di CaO (50% mol CaO), composizione

lIGl'RA l:l.2,1
Diagramma di fase Composizione (mol 0/4,Al,O 1)

ossido di magnesio - o 20 40 60 BO
ossido di alluminio; ss
indica soluzione solida. 2800 Liquido
(Da B. Hallstedt,
"Thermodynamic
Assessment of the
System MgO-Alp/, 2400
J. Am. Ceram. Soc., 75
[6) 1502 ( 1992).
Ristampa autorizzata da
American Ceramic 2000
Society.)

1600 MgO (ss)


+
MgAl2 0 4 (ss)

1200

o 20 40 60 80
{MgO) Composizione(% in peso Al,O 1)
13.6 Diagrammi di fase dei cerami

Composizione (mal% CaO)


10 20 30 40 5

Liquido

Liquido+
CaZrO,

Cubico
Zr0 2 {ss)
Cubico ZrO, (ss)

/
Cubico ZrO, (ss)
+
' ,,
:', I
-~.11.,-----\ I
CaZr4 0 9
1 Cunico + , 1
(1 Monoclino \ 1
L------·"' ·--
1
,
I Monoclino

10 20 30
Composi;,:ionc (% in peso CaO) CaZ1

:ione del composto CaZrOy Vale la pena notare che si possono


a, delle reazioni: una di tipo eutettico (2250°C e 23% in peso di
: e 2.5% in peso di CaO e 850°C e 7.5% in peso di CaO).
e osservare dalla Figura 13.25 che la fase ZrOi, avente tre dive
, in questo sistema, come tetragonale, monoclina e cubica. L
:mnazione di fase da tetragonale a monoclina a circa 1150°C.
1seè accompagnata da una variazione di volume relativamente
zione di cricche che rendono i prodotti ceramici inutilizzabili.
'stabilizzando" la zirconia mediante aggiunta di CaO in porzic
1 peso. In questo campo di composizione ed a temperature supt
Jresenti sia la fase cubica che quella tetragonale. Raffreddandc
e, secondo condizioni di raffreddamento normali, la fase mo
,rmano (come previsto dal diagramma di fase); di conseguenza
,nale e cubica e si evita la formazione di cricche. Una zirconii
li calce nelle proporzioni succitate viene detta zirconia parzia/,
1ssidodi ittrio e quello di magnesio vengono anch'essi utilizzati
:r elevati contenuti di stabilizzante, inoltre, la sola fase cubica v
ratura ambiente; un tale materiale è totalmente stabilizzato.
406 Capitolo 13 / Strutture e proprietà dei ccranùci

FIGL Il,\ 13.26 Composizione (mol % Al,0 3)

Diagramma di fase 20 40 60 80
silice - allumina 2200.------r------,----.--- ......--....---------~
(Da F. J. Klug, S.
Prochazka e R. H.
Doremus, "Alumina -
Silica Phase Diagram in
2000 Liquido
the Mullite Region", J.
Am. Ceram. Soc., 70 [101
758 (l 987). Ristampa
autorizzata da American ~
Ceramic Society.) ~
::,
1i, 1800
a:; Cristobalite Mullite (ss)
Q_
E +
~ Liquido
Allumina
+
1587 :t 10°c Mullite Issi
1600
Mullite (ss)
+
Cristobalite

1400 ..__....,_ __ _._ _ __. __ _._ _ __,,__ _ _._ __ .,___ __.___ ...,__
_ __,
o 20 40 60 80
(Si02l Composizione(% in peso Al,O,)

Commercialmente il sistema silice - allumina è importante perché questi due composti sono
tra i principali costituenti di molti materiali refrattari. La Figura 13.26 mostra il diagramma di
fase dell 'Si0 2-Alp 1• La forma polimorfa della silice stabile a queste temperature è chiamata
cristohalite, la cui cella unitaria è mostrata in Figura 13.10. La silice e l'allumina non sono so-
lubili mutuamente l'una nel!' altra, come si evidenzia dall'assenza di una soluzione solida ter-
minale ad entrambe le estremità del diagramma di fase. Si deve inoltre notare che esiste il com-
posto intermedio mullite, 3Alp 3-2Si0 2, che è rappresentato da un ristretto campo di fase nella
Figura 13.26; la mullite, inoltre, fonde incongruentemente a l 890°C. Esiste un solo eutettico a
1587°C e 7.7% in peso di Alpy Nelle Sezioni 14.10 e 14.11 saranno discussi i materiali cera-
mici refrattari di cui l'allumina e la silice sono i costituenti principali.

'
PROPRIETAMECCANICHE
I materiali ceramici sono in qualche modo limitati nelle loro applicazioni dalle loro proprietà
meccaniche, che per molti versi sono inferiori a quelle dei metalli. Il principale svantaggio è
la predisposizione a cedimenti catastrofici in modo fragile con un assorbimento di energia
molto basso.

13.7 FRATTURA FRAGILE DEI CERA-'1ICI

A temperatura ambiente, sia i ceramici cristallini che quelli non cristallini si fratturano quasi
sempre prima che avvenga una qualsiasi deformazione plastica in conseguenza di un carico
13. 7 Frattura fra~rile dei ceramici • 407

di trazione applicato. Gli argomenti relativi alla meccanica della frattura ed alla rottura fragi-
le, precedentemente discussi nelle Sezioni 8.4 ed 8.5, valgono anche per la frattura dei mate-
riali ceramici e saranno di seguito brevemente rivisti.
La frattura fragile è un processo che consiste nella formazione e propagazione di cricche
attraverso l'intera sezione del materiale, in una direzione perpendicolare a quella del carico
applicato. La crescita di una cricca in un ceramico cristallino avviene solitamente attraverso
i grani (cioè transgranularmente) e lungo specifici piani cristallografici (o di clivaggio), i
piani ad alta densità atomica.
La resistenza a frattura sperimentale dei materiali ceramici è di molto inferiore a quella che
può essere predetta mediante il calcolo delle forze di legame. Ciò può spiegarsi a causa di picco-
lissime ed onnipresenti cricche all'interno del materiale che fungono da punti di intensificazione
degli sforzi in corrispondenza dei quali l'ampiezza del carico applicato viene amplificata. 11
grado di amplificazione dello sforzo dipende dalla lunghezza della cricca e dal raggio di curva-
tura, secondo l'Equazione 8.1 b, essendo maggiore per difetti lunghi e appuntiti. Questi intensifi-
catori di sforzo possono essere rappresentati da piccole cricche superficiali od interne (micro-
cricche ), porosità interne. lacerazioni di grano che risultano virtualmente impossibili da elimi-
nare o controllare. Ad esempio, anche l'umidità e gli inquinanti presenti nell'atmosfera possono
produrre cricche superficiali in fibre vetrose appena prodotte; tali cricche influenzano negativa-
mente la resistenza del materiale. La concentrazione degli sforzi all'apice di un difetto può cau-
sare la formazione di una cricca, che può successivamente propagarsi fino alla rottura finale.
La capacità di resistere a frattura dei materiali ceramici, in presenza di una cricca, viene
esplicitata come tenacità a frattura. La tenacità a frattura in condizioni di deformazione piana
K,, , come già discusso nella Sezione 8.5, è definita dall'espressione

( 13.2)

dove Y è un parametro adimensionale od una funzione che dipende dalla geometria sia del
provino sia della cricca, o è il carico applicato ed a è la lunghezza di una cricca superficiale
o metà della lunghezza di una cricca interna. La propagazione di una cricca non avverrà fin-
tanto che il membro a destra dell'Equazione 13.2 è minore della tenacità a frattura in condi-
zioni di deformazione piana del materiale. I valori della tenacità a frattura per i materiali c~ra-
mici sono inferiori rispetto a quelli dei metalli; tipicamente sono inferiori a IO MPa Vm. I
valori di K,,. per diversi ceramici sono riportati nella Tabella 8.1 e nell'Appendice B.5.
In certe condizioni, Ja frattura dei materiali ceramici può avvenire per lenta propagazione
di cricche, quando i carichi applicati sono di tipo statico, ed iJ membro a destra de li 'Equazione
13.2 è inferiore a Kfr. Questo fenomeno è detto fatica statica, o.frattura differita; l'utilizzo del
teTITiine"fatica" è in qualche modo fuorviante in quanto la frattura avviene in assenza di cari-
chi ciclici (la fatica nei metalli è stata discussa nel Capitolo 8). Si è potuto costatare che questo
tipo di frattura è sensibile alle condizioni ambientali, specialmente all'umidità presente nell 'a-
ria. Per quanto riguarda il meccanismo, all'apice della cricca si produce un fenomeno di tenso
- corrosione; la combinazione del carico applicato di trazione e della dissoluzione del mate-
riale porta ad un appuntimento e ad un allungamento delle cricche finché, una di esse rag-
giunge dimensioni tali da propagarsi rapidamente in accordo all'Equazione 8.3. La durata del-
l'applicazione del carico, prima della frattura finale, diminuisce all'aumentare del carico
stesso. Di conseguenza, quando si specifica la resistenza a fatica statica, anche il tempo di ap-
plicazione del carico deve essere specificato. I vetri silicati sono molto suscettibili a questo
tipo di frattura così come altri ceramici incluse le porcellane, il cemento portland, i ceramici ad
alto contenuto di allumina, il titanato di bario ed il nitruro di silicio.
Vi è generalmente un ampio campo di dispersione dei valori di resistenza a frattura di un
determinato materiale ceramico. La distribuzione della resistenza a frattura per un cemento
408 • Capitolo 13 / Strutture e proprietà dei ceranùci

FIGllU 13.27 Frequenza di distribu-


zione della resistenza a frattura per un
0.16 cemento portland. (Da W. Weibull,
lng. Vetensk. Akad., Proc. 151, No.
0.14 153, 1939.)

0.12
~
:,
,::, 0.10
"'
-!=
'o
0.08
"'
N
e:
QJ
:::,
v 0.06
'-'
...::
0.04

0.02

o
1.5 2.0 2.5 3.0 3.5
Resistenza (MPa)

portland è riportata nella Figura 13.27. Questo fenomeno può essere spiegato in base alla
dipendenza della resistenza a frattura dalla probabilità di esistenza di un difetto capace di dar
origine ad una cricca. Tale probabilità varia, per lo stesso materiale, da provino a provino e
dipende dalle tecniche di fabbricazione a dai successivi trattamenti. Le dimensioni del provi-
no ed il suo volume hanno anch'essi un'influenza sulla resistenza a frattura; più grande è il
provino più elevata è la probabilità di esistenza di un tale difetto e minore quindi la resisten-
za a frattura.
Nel caso di carichi di compressione non vi è alcuna amplificazione degli sforzi associata
ai difetti esistenti. Per tale motivo, i ceramici fragili mostrano valori di resistenza a compres-
sione molto più elevati che in trazione (dell'ordine di un fattore 10) e vengono generalmente
utilizzati in condizioni di carico di compressione. La resistenza a frattura di un ceramico fra-
gile può essere drammaticamente elevata imponendo sforzi di compressione residui sulla sua
superficie. Un modo per ottenere ciò è mediante la tempra (vedi Sezione 14.4).
Sono state sviluppate teorie statistiche che, congiuntamente ai dati sperimentali, vengono
utilizzate per determinare il rischio di rottura di un determinato materiale; la discussione di
tali teorie va oltre lo scopo della presente trattazione. Tuttavia, a causa della dispersione dei
valori di resistenza a frattura dei materiali ceramici fragili, ai fini progettuali non vengono di
norma utilizzati valori medi e fattori di sicurezza, come quelli discussi nella Sezione 6.12.

13.8 COMPORTAMENTO SFORZO-DEFORMAZIO!\E

RESISTENZA A FLESSIONE

L'andamento sforzo- deformazione dei materiali ceramici non viene normalmente ottenuto
mediante prove di trazione, come specificato nella Sezione 6.2, per tre motivi. Primo, è diffi-
cile preparare dei provini aventi una ben determinata geometria. Secondo, è difficile serrare
materiali fragili senza fratturarli; terzo, i ceramici si rompono dopo appena lo 0.1 % di allunga-
mento, il che necessita di un perfetto allineamento dei provini di trazione in modo da evitare la
presenza di eventuali componenti di flessione, che non possono venire facilmente calcolati.
Per tali motivi viene più convenientemente utilizzata una prova di flessione, nella quale una
13.8 Comportamento sforzo-deformazione • 409

Possibili sezioni trasver;ali FIGUU. 13.28 Schema dì solleci-


tazione a tre punti per la misura
del comportamento sforzo-
Rettangolare deformazione e della resiscenza a
flessione di ceramici fragili, con
Circolare
le espressioni per il calcolo dello
sforzo per sezioni trasversali cir-
colari e rettangolari.

Mc
a = sforzo = 1
dove M = momento flettente massimo
e = distanza dal centro del provi no al le
fibre più esterne
= momento di inerzia della sezione
trasversale
F = carico applicato

M ~ 1 }_

FL d bd' JFL
Rettangolare
4 2 TI 2 bd 2
FL ,r{?' FL
Circolare R
4 4 rrR'

barretta, avente sezione trasversale circolare o rettangolare, viene flessa fino a rottura utiliz-
zando una tecnica a tre o quattro punti;2 lo schema di sollecitazione a tre punti è illustrato nella
Figura 13.28. Nel punto di carico, la superficie superiore del provino vit:ue assoggettata a
compressione, mentre quella inferiore è in trazione. Lo sforzo viene calcolato mediante lo
spessore del provino, il momento flettente ed il momento di inerzia della sezione trasversale;
questi parametri sono messi in risalto nella Figura 13.28 per le sezioni rettangolare e circolare.
Lo sforzo massimo di trazione (determinato utilizzando questa espressione) si ha in corrispon-
denza della superficie inferiore del provino al di sotto del punto di applicazione del carico.
Dato che la resistenza a traLione dei ceramici è all'incirca un decimo di quella a compressione,
e dato che la frattura avviene in corrispondenza della faccia in trazione, questo tipo di prova è
un ragionevole sostituto della prova di trazione semplice.
Il carico a rottura ottenuto utilizzando questa prova è noto come resistenza flessionale,
modulo di rottura, resistenza a frattura o resistenza a flessione ed è un importante parametro
per i materiali ceramici. Per una sezione trasversale rettangolare, la resistenza flessionale a1,
è uguale a

,~~~~''i~,,:
... (13.3a)

dove F1 è il carico di rottura, L è la distanza tra i punti di appoggio e gli altri parametri sono
quelli indicati in Figura 13.28. Quando la sezione trasversale è circolare si ha

(13.3h)

essendo R il raggio del provino.

2 ASTM Standard Cll61, "Standard Test Method for Flexural Strength of Advanced Ceramics at
Ambient Temperature".
410 • Capitolo 13 / Strutture e proprietà dei ceramici

Tabella 13.5 Resistenze a flessione (modulo di rottura) e moduli di elasticità per


dieci materiali ceramici comuni

ResistenZA a flessione Modulo di elasticità

Materiale MPa GPa

Nitruro di Silicio (Si 3 N4 ) 250-1000 304


Zirconia" (Zr0 2) 800-1500 205
Carburo di Silicio (SiC) 100-820 345
Ossido di Alluminio (Al,0 3) 275-700 393
Vetro--ceramichc (Pyroceram) 247 120
Mullite (3A!.0,-2Si0,) 185 145
Spinello (MgAl,0 4) - 110-245 260
Ossido di Magnesio (MgO) 105'' 225
Silice fusa (SiO,) 110 73
Vetri sodio-silicati 69 69

"Parzialmente stabilizzata con 3% mol Y,O,.


'' Sinterizzato e contenente approssimativ~rrÌcnte 5% di porosità.

Valori caratteristici di resistenza a flessione per diversi materiali ceramici sono riportati
in Tabella 13.5. Dato che durante la prova di flessione un provino è sottoposto a sforzi sia di
trazione sia di compressione, il valore della resistenza a flessione è più grande di quella a tra-
zione. lnoltre, a1, dipenderà dalle dimensioni del provino; come già spiegato nella sezione
precedente, aumentando il volume del provino (sotto sforzo) vi è un corrispondente aumento
della probabilità di trovare un difetto in grado di produrre una cricca e conseguentemente una
diminuzione della resistenza a flessione.

C0:.\1PORTAMENTO ELASTICO

L'andamento sforzo - deformazione, in campo elastico, per i materiali ceramici, ricavato da


prove a flessione, è simile a quello di trazione per i metalli: esiste una relazione lineare tra
sforzo e deformazione. La Figura 13.29 paragona l'andamento sforzo-deformazione a rottu-
ra per l'ossido di alluminio (allumina) e per il vetro. Anche in questo caso, la pendenza della

F11;rnA 13.29 Andamento tipico


250
della curva carico-deformazione
X
per l'ossido di alluminio ed il vetro.

200

-;; Ossido di alluminio


CL

I 150
o
N
._Q
V)

100

50

o
o 0,0004 0.0008 0.0012
Deformazione
13.9 Mec~,anismi di deformazione plastica • 411

curva nella regione elastica rappresenta il modulo di elasticità; il modulo di elasticità per i
materiali ceramici varia tra 70 e 500 0Pa, un po' più elevato che per i metalli. La Tabella 13.5
dà i valori per alcuni materiali ceramici. Una tabulazione più esaustiva è contenuta
nell'Appendice B.2.

13.9 MECCANISMI DI DEFOR::\IAZIONEPLi\STH:A

Sebbene a temperatura ambiente la maggior parte dei materiali ceramici subisce rottura
prima che possa esserci alcuna deformazione plastica, è opportuna una breve illustrazione del
possibile meccanismo che l'accompagna. La deformazione plastica è diversa per i ceramici
cristallini e non cristallini e quindi verrà discussa per entrambi i casi.

CERAMICICRISTALLINI

Per i ceramici cristallini, la deformazione plastica avviene, come per i metalli, attraverso il
movimento di dislocazione (Capitolo?). La durezza e la fragilità di questi materiali è dovuta
alla difficoltà di scorrimento (o moto di dislocazione). Per i ceramici cristallini per i quali il
legame è prevalentemente ionico, esistono pochissimi sistemi di scorrimento (piani cristallo-
grafici e direzioni all 'intemo di questi) lungo i quali si possono muovere dislocazioni. Ciò è
dovuto alla presenza degli ioni. In caso di scorrimento, infatti, ioni di uguale carica possono
trovarsi in contatto reciproco; per cui, a causa della repulsione elettrostatica, questo tipo di
scorrimento è molto limitato. Nei metalli ciò non avviene dato che gli atomi sono elettrica-
mente neutri.
Nei ceramici in cui, invece, il legame è prevalentemente covalente, lo scorrimento è dif-
ficile ed essi sono fragili per i seguenti motivi: (1) i legami covalenti sono piuttosto forti; (2)
vi sono anche in questo caso un numero limitato di sistemi di scorrimento; (3) le strutture
delle dislocazioni sono piuttosto complesse.

C.EHAMH:I NOI\" CRJSTALLI:'111

La deformazione plastica, nel caso di materiali ceramici non cristallini, non avviene per scor-
rimento di dislocazioni perché non c'è una struttura atomica regolare. Questi materiali si
deformano, piuttosto, per scorrimento l'iscoso, nello stesso modo in cui si deformano i liqui-
di; la velocità di deformazione è proporzionale allo sforzo applicato. In risposta ad una cari-
co di scorrimento applicato, gli atomi scorrono uno rispetto ali' altro rompendo e riformando
i legami atomici. Tuttavia, non esiste un modo od una direzione preferenziale nella quale que-
sto fenomeno avviene come invece accade per le dislocazioni. Lo scorrimento viscoso, su
scala macroscopica, è mostrato nella Figura 13.30.
La proprietà caratteristica dello scorrimento viscoso, la viscosità, è una misura della resi-

F1u;RA 13.30 Rappresentazione


A F del flusso viscoso di un liquido o di
un vetro fluido in risposta ad una
forza di scorrimento applicata.

1
y
u---.-
412 • Capitolo 13 / Strutture e proprietà dei ceramici

stenza di un materiale non cristallino alla deformazione. Per uno scorrimento viscoso in un
liquido che si origina a causa di uno sforzo di taglio imposto tra due elementi piani paralleli,
la viscosità 1Jè il rapporto tra lo sforzo di taglio applicato-re la variazione di velocità dv, con
la distanza dy in una direzione perpendicolare e lontana dai piani, ovvero

T FIA
11= dvldy (13.4)
- - dvldy

Questo schema è rappresentato in Figura 13.30.


Le unità di misura per la viscosità sono i poises (P) ed i pascal-secondo (Pa-s); I P = 1
dyne/ cm 2 ed I Pa-s = IN-s/m 2 • La conversione da un sistema all'altro è

10 P= l Pa-s

I liquidi hanno una densità relativamente bassa; ad esempio la viscosità dell'acqua a tempe-
ratura ambiente è circa 10-3 Pa-s. I vetri sono invece molto viscosi a temperatura ambiente,
proprio a causa dei loro forti legami interatomici. Aumentando la temperatura, la forza di
legame diminuisce, il moto di scorrimento o flusso di atomi o ioni è facilitato e conseguente-
mente vi è una corrispomlente diminuzione della viscosità. Una discussione sulla dipenden-
za della viscosità dalla temperatura per i vetri è riportata nella Sezione 14.2.

13.10 CONSIDERAZIONI MECCANICHEVARIE

INFLUENZADELLA POROSITÀ

Come verrà discusso nelle Sezioni 14.8 e 14.15, per alcune tecniche di produzione dei cera-
mici, il materiale precursore è in fonna di polvere. Di conseguenza, per compattazione o for-
matura di queste particelle di polvere nella fonna desiderata, si verranno a creare tra le parti-
celle di polvere pori e spazi vuoti. Durante il seguente trattamento termico, molta di questa
porosità sarà eliminata, ma non tutta e, conseguentemente, rimarrà un certo grado di porosità
residua (Figura 14.14). Ogni porosità residua ha un effetto deleterio sia sulle proprietà elasti-
che sia sulla resistenza. Ad esempio, si è potuto costatare per alcuni materiali ceramici che il
modulo di elasticità E diminuisce con il volume di frazione porosa P secondo l'espressione

(13.5)

dove Et,è il modulo di elasticità del materiale non poroso. L'influenza della frazione di volu-
me di porosità sul modulo di elasticità dell'ossido di alluminio è riportata nella Figura I 3.31;
la curva rappresentata in figura è in accordo ali 'Equazione 13.5.
La porosità è negativa nei confronti della resistenza a flessione per due motivi: (I) i pori
riducono l'area della sezione trasversale resistente sulla quale viene applicato il carico, (2) si
comportano come concentratori di sforzo - per un poro isolato sferico, uno sforzo di trazio-
ne applicato è amplificato per un fattore due. L'influenza della porosità sulla resistenza è
piuttosto drammatica; ad esempio è comune che il I 0% voi di porosità diminuisca la resi-
stenza a flessione del 50% rispetto ai valori ricavati per il materiale non poroso. Il grado di
influenza del volume dei pori sulla resistenza a flessione è mostrato in Figura 13.32, anche in
questo caso per l'ossido di alluminio. Sperimentalmente si è visto che le resistenza flessio-
nale diminuisce esponenzialmente col volume della frazione porosa (P) secondo

(13.6)

In questa espressione a 0 ed n sono costanti sperimentali.


13. l O Considerazioni meccaniche varie • 413

400

Q'" 300
Cl.

,.3
·g
~ 200
-e
o
"3
"C
o
~ 100

Frazione volumetrica della porosità


FtGrRA 13.31 Influenza della porosità sul modulo di elasticità dell'ossido di alluminio a tempe-
ratura ambiente. La curva riportata è in accordo con l'Equazione 13.5. (Da R. L. Coble e W.D.
Kingery, "Effect of Porosity on Physical Properties of Sintered Alumina", J. Ceram. Soc., 39, 11,
Nov. 1956, p. 381. Ristampa autorizzata da American Ceramic Society.)

DUREZZA

Una benefica proprietà meccanica dei materiali ceramici è la durezza, che viene spesso sfrut-
tata quando sono richieste proprietà abrasive o di macinazione; effettivamente i materiali più
duri conosciuti sono ceramici. Un elenco di un certo numero di materiali ceramici secondo la
loro durezza Knoop è riportato nella Tabella 13.6. Soltanto ceramici aventi durezza Knoop di
circa 1000 o più grande vengono utilizzati per le loro proprietà abrasive.

250

~
Cl. 200
s Il!
e:;
e:
o
·;,; 150
"'
Il!
""'
"' N
e: 100
*
·;,;
Q.)
o,:
50

o
o.o 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6
Frazione volumetrica della porosità

FtGliRA 13.32 Influenza della porosità sulla resistenza a flessione dell'ossido di alluminio a
temperatura ambiente (Da R. L. Coble e W.D. Kingery, "Effect of Porosity on Physical Properties
of Sintered Alumina", J. Ceram. Soc., 39, 11, Nov. 1956, p. 382. Ristampa autorizzata da
American Ceramic Society.)
414 • Capitolo I 3 / Strutture e proprietà dei ceramici

Tahdla 13.6 Durezza Knoop approssi-


mativa ( 100 g di carico) per sette mate-
riali ceramici

DureWl Knoop
Materiale approssimati va

Diamante (carbonio} 7000


Carburo di boro (8 4C) 2800
Carburo di silicio (SiC) 2500
Carburo di tungsteno (WC) 2100
Ossido di alluminio (Al,0 3) 2100
Quarzo (SiO 2) 800
Vetro 550

SCORRJME1"TO(CREEP)

I materiali ceramici mostrano spesso defonnazione per scorrimento come risultato dell 'espo-
sizione a sforzi (solitamente di compressione) a temperature elevate. In generale il compor-
tamento di deformazione per scorrimento nel tempo dei ceramici è simile a quello dei metal-
li (Sezione 8.13); tuttavia, lo scorrimento avviene, nei ceramici, a temperature superiori.
Prove di scorrimento per compressione ad alta temperatura vengono effettuate per accertarne
il grado di deformazione in funzione della temperatura e del livello di sforzo.

SOMJIARIO
Per i ceramici sono possibili sia gli stati cristallini sia quelli non cristallini. Le strutture cristal-
line di quei materiali per cui il legame atomico è prevalentemente ionico sono determinate dal-
l'ampiezza della carica e del raggio di ciascun tipo di ioni. Alcune delle più semplici strutture
cristalline sono descritte in termini di celle unitarie; sono state discusse alcune di queste (sal-
gemma, cloruro di cesio, blenda, diamante cubico, grafite, fluorite, perovskite e spinello).
Per i silicati la struttura viene più convenientemente rappresentata attraverso l'intercon-
nessione di tetraedri Sio:-. Si possono avere strutture relativamente complesse quando ven-
gono aggiunti altri cationi (ad es. Ca 2+. Mg 2-,A1'•) ed anioni (ad es. OH-). Sono state presentate
le strutture della silice (Si0 2), dei vetri silicati e di alcuni dei silicati semplici e multistrato.
Sono state inoltre discusse le varie forme del carbonio - diamante, grafite e fullereni. Il
diamante è una gemma e, data la sua durezza, è utilizzato per il taglio e la macinazione di
materiali più teneri. Attualmente viene inoltre prodotto ed utilizzato sotto forma di film sot-
tili. La struttura lamellare della grafite è alla base delle buone proprietà lubrificanti e della
relativamente alta conducibilità elettrica che questa possiede. La grafite è anche nota per la
sua elevata resistenza e stabilità chimica alle temperature elevate ed in atmosfere non ossi-
danti. Il fullerene, recentemente scoperto, esiste come molecola vuota e sferica formata da
sessanta atomi di carbonio. Nello stato cristallino queste molecole C 60 sono impacchettate
insieme in una disposizione cubica facce centrate. Il materiale puro è elettricamente isolante,
mentre appropriate addizioni di impurezze possono indurre un comportamento metallico,
semiconduttivo o superconduttivo.
Riguardo ai difetti atomici puntuali, si possono avere, per ogni anione e per ogni catione,
i tipi intersliLiale e vacanze. Queste imperfezioni spesso si trovano in coppia come difetti di
Frenkel e Schottky, in modo da assicurare l'elettroneutralità del cristallo. L'addizione di
atomi di impurezze può dar luogo alla formazione di soluzioni solide di sostituzione o inter-
Bibliografia • 415

stiziali. Ogni sbilancio di carica creata dalle impurezze può essere compensato mediante la
creazione di una vacanza o di un interstiziale.
Sono stati discussi i diagrammi di fase Alp,-Crp 3 , MgO- Al 2O 3 , ZrO 2-CaO e SiO-
Al2Oy Questi diagrammi sono utili specialmente per stabilire le prestazioni dei materiali
ceramici ad alta temperatura.
A temperatura ambiente, virtualmente tutti i ceramici sono fragili. Microcricche. la cui
presenza è difficilmente controllabile, danno luogo ad un'amplificazione degli sforzi di tra-
zione applicati e sono responsabili della bassa resistenza a frattura (resistenza flessionale).
Tale amplificazione non avviene nel caso di carichi compressivi e, conseguentemente, i cera-
mici sono più resistenti in compressione. La resistenza dei materiali ceramici è determinata,
in via significativa, attraverso la prova di frattura a flessione.
Ogni deformazione plastica di ceramici cristallini è il risultato del movimento delle dislo-
cazioni; la fragilità di questi materiali è in parte imputabile al fatto che i sistemi possibili di
scorrimento sono limitati. La deformazione plastica nei materiali non cristallini avviene per
scorrimento viscoso; la resistenza di un materiale alla deformazione è espressa come viscosità.
A temperatura ambiente la viscosità di molti ceramici non cristallini è estremamente elevata.
Molti ceramici contengono una porosità residua che è deleteria sia per il modulo elastico
sia per la resistenza a frattura. Oltre alla loro fragilità intrinseca, i materiali ceramici si distin-
guono per la loro durezza. Inoltre, dato che questi materiali vengono frequentemente utilizzati
ad elevata temperatura e sotto carichi applicati, le caratteristiche di creep sono importanti.

TER)UNJ E CONCFTTI D1PORTAI\TI

Anione Elettroneutralità Sted1iumetria


Catione Posizione Ottaedrica Struttura difettata
Difetto di Frenkel Posizione Tetraedrica Vi~cosità
Difetto di Schottky Resistenza flessionale

BIBLIOGRAFIA

Barsoum, M. W., Fundamentals of Ceramics, The Cook, L. P. and H. F. McMurdie (Editors), Phase
McGraw-Hill Companies, lnc., New York, 1997. Diagrams for Ceramists, Voi. VII, American
Bergeron, C. G. and S. H. Risbud, lntroduction to Phase Ceramic Society, Columbus, OH, 1989.
Equilibria in Ceramics, American Ceramic Curi, R. F. and R. E. Smalley, "Fullerenes," Scientific
Society, Columbus, OH, 1984. Americun, Voi. 265, No.4, Octobcr 1991, pp.
Bowen, H. K., "Advanced Ceramics," Scientific 54-63.
American, Vol. 255, No. 4, October 1986, pp. Davidge, R. W., Mechanical Behaviour of Ceramics,
168-176. Cambridge University Press, Cambridge, 1979.
Budworth, D. W., An lntroduction to Ceramic Science, Reprinted by TechBooks, Marietta, OH.
Pergamon Press, Oxford, 1970. Engineered Materials Handbook, Vol. 4, Ceramics and
Chiang, Y. M., D. P. Birnie, lll, and W. D. Kingery, Glasses, ASM International, Materials Park, OH,
Physical Ceramics: Principlesfor Ceramic Science 1991.
and Engineering, John Wiley & Sons, Inc., New Gilman, J. J., "The Nature of Ceramics," Scientific
York, 1997. American, Vol. 217, No. 3, September I 967, pp.
Charles, R. J., "The Nature of Glasses," Scientific 112-124.
American, Voi. 217. No. 3, September 1967, Hauth, W. E., "Crystal Chemistry in Ceramics,"
pp.126--136. American Ceramic Society Bulletin, Voi. 30, 1951:
No.1, pp. 5-7; No.2, pp. 47---49;No.3, pp. 76--77;
416 • Capitolo ] 3 / Strutture e proprietà dei ceramici

No.4, pp. 137-l42; No.5, pp. 165-167; No.6, pp. OH, 1990.
203-205. A good overview of silicate structures. Norton, F. H., Elements of Ceramics, Addison-Wesley
Kingery, W. D., H. K. Bowen, and D. R. Uhlmann, Publishing Company, 1974. Reprinted by
lntroduction to Ceramics, 2nd edition, John Wiley TechBooks, Marietta, OH, 1991. Chapters 2 and
& Sons, New York, I976. Chapters 1--4, 14, and 15. 23.
Levin, E. M., C. R. Robbins, and H. F. McMurdie Richerson, D. W., Modem Ceramic Engineering, 2nd
(Editors), Phase Diagrams for Ceramists, Voi. I, edition, Marce! Dekker, New York, 1992.
American Ceramic Society, Columbus, OH, 1964. Van Vlack, L. H., Physical Ceramics fur Engineers,
Also supplementary Volumes Il, III, IV, V and Vl, Addison-Wesley Publishing Company, Reading,
published in 1969, 1973, 1981, 1983 and 1987, MA, 1964. Chapters 1--4 and 6-8.
respectively. Wachtman, J. B., Mechanical Properties of Ceramics,
Mysen, B. O. (Editor), Phase Diagrams for Ceramists, John Wiley & Sons, Inc., New York, 1996.
Voi. Vlll, American Ceramic Society, Columbus,

D01\IANDE E PROBLEMI

13.1 Quali sono le due caratteristiche degli ioni com- 13.9 La struttura cristallina della blenda è quella che si
ponenti che determinano la struttura cristallina di può generare da piani ad alta densità di anioni.
un composto ceramico?
13.2 Dimostrare che il minimo rapporto dei raggi (a) La sequenza di impilaggio sarà per questa
catione-anione per un numero di coordinazione struttura ccc oppure es.e? Perché?
pari a 4 è 0.225.
(b) I cationi occuperanno le posizioni ottaedriche
13.3 Dimostrare che il minimo rapporto dei raggi
catione-anione per un numero dì coordinazione o tetraedriche? Perché?
pari a 6 è 0.414. Suggerimento: utilizzare la strut- (e) Quale frazione delle posizioni sarà occupata?
tura cristallina del NaCl (Figura 13.2) ed assume-
13.10 La struttura cristallina del corindone, ricavata per
re che anioni e cationi si toccano lungo gli spigoli
del cubo e attraverso le diagonali delle facce. Al20J, è formata da una disposizione es.e di ioni
13.4 Dimostrare che il minimo rapporto dei raggi 0 2-; gli ioni Ali+ occupano posizioni ottaedriche.
catione-anione per un numero di coordinazione di
(a) Quale frazione delle posizioni ottaedriche
8 è 0.732.
13.5 Sulla base della carica ionica e dei raggi ionici, disponibili è utilizzata dagli ioni Af+?
ricavare la struttura cristallina dei seguenti mate- (b) Disegnare due piani ad alta densità di ioni 0 2-
rì al i: (a) Csl, (b) NiO, (e) KI, (d) NiS.
Giustificare la vostra selezione. impilati secondo la sequenza AB ed evidenziare le
13.6 Quali dei cationi della Tabella 13.3 pensiate possa posizioni ottaedriche che verranno occupate dagli
formare ioduri aventi la struttura cristallina del ioni Al 3+.
cloruro di cesio? Giustificate la vostra scelta.
13.7 Calcolare il fattore di addensamento atomico per 13.11 Il solfuro di ferro (FeS) può formare una struttura
la struttura cristallina del cloruro di cesio nella cristallina consistente in una disposizione es.e di
quale rcfrA= 0.732.
13.8 La Tabella 13.3 fornisce per i raggi ionici dì K+ed
ioni s
2-.

0 2 i valori, rispettivamente, di O.I 38 e 0.140. (a) Quale tipo di siti interstiziali saranno occupati
Quale sarà il numero di coordinazione per ogni dagli ioni Fe 2+?
ione 0 2-? Descrivere brevemente la struttura cri-
(b) Quale frazione di questi siti interstiziali dispo-
stallina risultante per il Kp. Spiegare perché
viene detta struttura dell 'antifluorite. nibili sarà occupata dagli ioni Fe 2+?
Domande e problemi 41 7

13.12 TI silicato di magnesio, Mg 2 SiO 4 , ha la struttura 13.20 Dai dati in Tabella 13.3, calcolare la densità del
cristallina dell'olivina caratterizzata da una dispo- CaF 2 che ha la struttura cristallina della fluorite.
sizione es.e di ioni 0 2-. 13.21 Un materiale ceramico ipotetico tipo AX ha una
(a) Quale tipo di siti interstiziali saranno occupati
densità di 2.65 Mg/m 1 ed una cella unitaria a sim-
dagli ioni Mg 2+?
(b) Quale tipo di siti interstiziali saranno occupati metria cubica con una lunghezza di spigolo di
dagli ioni Si4 +? 0.43 nm. I pesi atomici degli elementi A ed X
(e) Quale sarà la frazione dei siti tetraedrici totali? sono, rispettivamente, 86.6 e 40.3 g/mol. Sulle
(d) Quale sarà la frazione dei siti ottaedrici totali? basi delle informazioni avute, quale delle seguen-
13.13 Utilizzando il File di definizione Molecole
ti strutture cristalline è possibile per questo mate-
Il (MDF) sul CD-ROM allegato a questo libro,
creare una cella elementare tridimensionale per
l'ossido di piombo, PbO, sapendo che: (I) la cella
riale: salgemma, cloruro di cesio o blenda di
zinco? Giustificate la vostra scelta.
unitaria è tetragonale con a = 0.397 nm e e = 13.22 La cella unitaria per MgFe 2O4 (MgO-Fep 3) ha
0.502 nm, (2) gli ioni ossigeno si trovano a tutti i una simmetria cubica con una lunghezza di spigo-
vertici del cubo ed al centro delle due facce qua-
lo pari a 0.836 nm. Se la densità del materiale è
drate, (3) uno ione ossigeno è posizionato su
ognuna delle due altre facce opposte (rettangolari) 0.452 Mg/m 3 calcolare il fattore dì densità atomi-
alle coordinate 0.5a-0.237c, (4) per gli altri due ca. Per questo calcolo avrete bisogno dei raggi
rettangoli e facce opposte, gli ioni ossigeno sono atomici della Tabella 13.3.
situati alle coordinate 0.5a-0.763c. 13.23 La cella unitaria per Alp 3 ha una simmetria esa-
13.14 Calcolare la densità del FeO noto che la sua strut-
gonale con parametri di reticolo a= 0.4759 nm e
tura cristallina è uguale a quella della salgemma.
13.15 L'ossido di magnesio ha la struttura della salgem- e= 1.2989 nm. Se la densità di questo materiale è
ma ed una densità di 3.58 Mg/m'. 3.99 Mg/m', calcolare il fattore di addensamento
(a) Determinare la lunghezza del lato della cella atomico. Per questo calcolo utilizzare i raggi ioni-
unitaria. ci elencati in Tabella 13.3.
(b) Come sì pone questo risultato in confronto alla
13.24 Calcolare il fattore di addensamento ionico per la
lunghezza del lato determinata in base ai raggi
della Tabella 13.3, assumendo che Mg2+ e 0 2- si struttura cristallina cubica del diamante (Figura
tocchino l'uno con l'altro lungo i lati? 13.15). Assumere che gli atomi legati si tocchino
13.16 Calcolare la densità teorica del diamante noto che l'un con l'altro, che l'angolo tra legami adiacenti
la distanza C-C e l'angolo di legame sono, rispet- sia 109.5° e che ogni atomo all'interno della cella
tivamente, 0.154 nm e I09.5°. Come valutate que-
unitaria sia collocato ad a/4 della distanza dalle
sto valore rispetto a quello della densità misurata?
13.17 Calcolare la densità teorica dello ZnS noto che la due più vicine facce (a è la lunghezza dello spigo-
distanza Zn-S e l'angolo di legame sono, rispetti- lo della cella).
vamente, 0.234 nm e 109.5°. Come si rapporta 13.25 Calcolare ìl fattore di addensamento atomico per
tale valore rispetto a quello di densità misurata? il cloruro di cesio utilizzando i raggi ionici della
13.18 TI solfuro di cadmio (CdS) ha una cella unitaria
Tabella 13.3 ed assumendo che gli ioni si tocchino
cubica e, dai dati di diffrazione a raggi x, si cono-
sce la lunghezza del lato della cella pari a 0.582 lungo le diagonali del cubo.
nm. Se la densità misurata è 4.82 Mg/m', quanti 13.26 Per ognuna delle seguenti strutture cristalline,
ioni Cd 2+ e S2 ci sono per cella unitaria? rappresentare il piano indicato nella maniera di
13.19 (a) Utilizzando i raggi ionici della Tabella 13.3, Figura 3.9 e 3.10, mostrando sia gli anioni sia i
calcolare la densità del CsCl. Suggerimento: uti-
cationi: (a) piano (100) per la struttura cristallina
lizzare una modifica dei risultati del Problema
3.4. della salgemma, (b) piano ( 110) per la struttura
(b) La densità misurata è 3.99 Mg/m 1• Come spie- cristallina del cloruro di cesio, (e) piano (111) per
gate la leggera discrepanza tra i valori da voi cal- la struttura cristallina della blenda e (d) piano
C()latie quelli misurati? ( 110) per la struttura cristallina della perovskite.
418 • Capitolo 13 / Strutture e proprietà dei ceramici

13.27 Spiegare, in termini di legame, il motivo per cui (a) Dalla parte del campo di esistenza dello spi-
un silicato ha una densità relativamente bassa. nello ricca in Al 20 1, il massimo non stechiometri-
13.28 Determinare l'angolo tra i legami covalenti nel co si ha a circa 2000°C corrispondente a circa 82
tetraedro Sio_:-.
mol% di Alp 3 (92% in peso). Determinare il tipo
13.29 Quando la caolinite [AllSiz0 5)(0H) 4] è riscaldata
di vacanza che si produce e la percentuale di
ad una temperatura sufficientemente elevata,
viene liberata acqua di composizione. vacanze esistenti a questa composizione.
(a) In queste circostanze, qual è la composizione (b) Dalla parte del campo di esistenza dello spi-
del prodotto rimanente? nello ricca in MgO, il massimo non stechiometri-
(b) Quali sono le temperature di liquidus e di soli- co si ha a circa 2000°C corrispondente a circa 39
dus di questo materiale? molo/odi Al 2 0 1 (62% in peso). Determinare i! tipo
13.30 Vi aspettereste dei difetti di Frenkel per anioni
di vacanza che si produce e la percentuale di
presenti in ceramici ionici in elevata concentra-
vacanze esistenti a questa composizione.
zione? Perchè o perchè no?
13.31 Definire brevemente, con vostre parole, il termine 13.37 Spiegare brevemente (a) perchè può esserci una
"stechiometrico". dispersione significativa nei dati relativi alla resi-
13.32 Se l'ossido di rame (CuO) è esposto ad atmosfera stenza a rottura di alcuni dati materiali ceramici e
riducente ad elevate temperature, alcuni ioni Cu 2+ (b) perchè la resistenza a rottura aumenta al dimi-
diverranno Cu+ .
nuire delle dimensioni del provino.
(a) In queste condizioni, nominare un difetto cri-
13.38 La resistenza a trazione di un materiale fragile
stallino che vi aspettiate si formi per mantenere
I' elettroneutralità. può essere determinata utilizzando una variante
(b) Quanti ioni Cu+ servono per creare ogni difet- dell'Equazione 8.1 b. Calcolare il raggio critico
to? all'apice della cricca per un provino in Alp 3 che
(e) Come esprimereste la formula chimica di que- si rompe a trazione in corrispondenza ad un cari-
sto composto non stechiometrico? co applicato di 275 MPa. Assumere una lunghez-
13.33 (a) Supponete che Lip sia aggiunto come impu-
za critica della cricca superficiale di 2 x 10-3 mm
rezza al CaO. Se il Li+ sostituisce il Ca 2+, quale
ed una resistenza a trazione teorica di E/10, dove
tipo di vacanza vi aspettate che si formi? Quante
vacanze vengono create per ogni Li+ aggiunto? E è il modulo di elasticità.
(b) Supporre che sia aggiunto come impurezza del 13.39 La resistenza a rottura di un vetro può essere
CaCl 2 al CaO. Se i ci- sostituiscono gli 0 2-, quale aumentata mediante attacco chimico superficiale.
tipo di vacanza vi aspettate che si formi? Quante Si pensa che tale attacco alteri le caratteristiche
vacanze si creano per ogni CJ-? geometriche della cricca ùi superficie (cioè ne
13.34 Quali difetti puntuali si possono avere quando
riduca la lunghezza e ne aumenti il raggio all'api-
MgO è presente come impurezza nell' Al 2 0 3 ?
ce). Calcolare il rapporto dei raggi all'apice della
Quanti ioni Mg 2+ devono essere aggiunti per for-
mare uno di questi difetti? cricca originaria e dopo attacco a cui corrisponde
13.35 Per il sistema Zr0 2-Ca0 (Figura 13.25), scrivete un aumento pari ad otto volte la resistenza a rottu-
tutte le reazioni eutettiche ed eutettoidi al raffred- ra, quando vengono rimossi i due terzi della lun-
damento. ghezza della cricca.
13.36 Dalla Figura 13.24, il diagramma di fase per il
13.40 Una prova di flessione a tre punti viene eseguita
sistema MgO-Alp_ 1, si può notare che la soluzio-
su di un provino di vetro avente una sezione tra-
ne solida dello spinello esiste in un certo campo di
composizione, il che significa che per composi- sversale rettangolare di altezza d 5 mm e larghez-
zioni diverse da 50 mo!% MgO- 50 molo/oAlz0 3 è za b 1O mm; la distanza tra i supporti è pari a 45
non stechiometrica. mm.
Domande e problemi • 419

(a) Calcolare la resistenza a flessione se il carico 13.46 Il modulo di elasticità del carburo di boro (B 4C)
di rottura è 290 N. avente il 5% in vol di porosità è 290 GPa.
(b) Il punto di massima flessione Ay si ha al cen-
(a) Calcolare il modulo di elasticità per il materia-
tro del provino e viene definito da
le non poroso.
FL 3 (b) A quale percentuale di volume di porosità cor-
..1y----
48 El risponde un modulo di elasticità di 235 GPa?
13.47 Utilizzando i dati in Tabella 13.5:
dove E è il modulo di elasticità ed I il momento di
(a) Determinare la resistenza a flessione per
inerzia della sezione trasversale. Calcolare Ay per
un carico di 266 N. l'MgO non poroso assumendo un valore per n,
13.41 Un provino circolare di MgO è caricato utilizzan- nell'Equazione 13.6, pari a 3.75.
do il metodo a tre punti. Calcolare il minimo rag- (b) Calcolare la frazione percentuale in volume di
gio possibile del provino affinché non vi sia rottu-
porosità per cui la resistenza a flessione vale 62
ra, noto che il carico applicato è pari a 425 N, la
resistenza a flessione è 105 MPa e la distanza tra i MPa.
punti di carico è 50 mm. 13.48 La resistenza a flessione per due provini dello
13.42 Una prova di flessione a tre punti è stata eseguita stesso materiale ceramico con diversa percentuale
su un provino di ossido di alluminio avente una
in volume di porosità è la seguente:
sezione circolare di raggio 3.5 mm; il provino si è
rotto per un carico di 950 N quando la distanza tra
i supporti era di 50 mm. Un altra prova è stata ese- a1, (MPa) P
guita su un provino dello stesso materiale, ma
avente una sezione quadrata di lato 12 mm. A 100 0.05
quale carico vi aspettate che tale provino si 50 0.20
rompa, noto che la distanza tra i punti di appoggio
è40 mm? (a) Calcolare la resistenza a flessione per provino
13.43 (a) Una prova di flessione a tre punti trasversale è
di un componente non poroso di questo materiale.
condotta su un provino cilindrico di ossido di allu-
minio avente una resistenza a flessione di 390 (b) Calcolare la resistenza a flessione per una
MPa. Se il raggio del provino è 2.5 mm ed i punti porosità in frazione di volume pari a O.I.
di appoggio sono distanti 30 mm, dite se vi aspet-
tate o meno che il provino si rompa in corrispon-
Problemi di progettazione
denza ad un carico di 620 N. Giustificate la vostra
previsione.
(b) Siete certi al 100% delle previsioni fatte al 13.D1 L'arsenuro di gallio (GaAs) ed il fosfuro di gallio
punto a? Perchè o perchè no? (GaP) hanno entrambi la struttura cristallina della
13.44 Citare una ragione per cui i materiali ceramici
blenda di zinco e sono solubili l'uno nell'altro in
~ono, in generale, più duri e tuttavia più fragili dei
metalli. tutte le concentrazioni. Detenninare la concentra-
13.45 Il modulo di elasticità deJl 'ossido di berillio zione percentuale in peso di GaP che deve essere
(BeO) avente il 5% in vol di porosità è 310 GPa. aggiunta al GaAs affinché la lunghezza del lato
(a) Calcolare il modulo di elasticità per il materia-
della cella unitaria sia 0.5570 nm. Le densità del
le non poroso.
(b) Calcolare il modulo di elasticità per il 10% in GaAs e del GaP sono, rispettivamente, 5.307 e
voi di porosità. 4.130 Mg/m 3 •
420 • Capitolo 13 / Strutture e proprietà dei ceramici

13.D2 È necessario selezionare un materiale ceramico do il carico applicato è pari a 275 N. Se la distan-
mediante una prova di flessione a tre punti (Figura za tra i punti di appoggio è di 45 mm, quale dei
13.28). 11provino deve avere una sezione trasver- materiali in Tabella 13.5 sarà il candidato più ido-
sale circolare ed un raggio di 2.5 mm, deve inoltre neo? L'ampiezza della freccia massima al centro
non giungere a rottura o avere una freccia massi- del provino può essere calcolata utilizzando l'e-
ma superiore a 6.2 x 10-2 mm al suo centro, quan- quazione fornita nel Problema 13.40.
importante studiare la Produzione e le applicazioni dei
~

come la produ- convenzionali di formatura dei metalli (Capitolo 12).


ceramici sono Come vedn~mo in questo capitolo, vengono spesso
miche e termi- prodotti con metodi di compattazione delle polveri e
rl alte tempera- successivi trattamenti di cottura (cioè di trattamento
ceran1ico, ad termico).
con le tecniche

421
Obiettivi di apprendimento

Dopo aver studiato questo capitolo, dovresti essere in grado di fare le seguenti cose:

1. Elencare e descrivere brevemente quattro metodi 5. Citare tre importanti requisiti che solitamente
di formatura utilizzati nella fabbricazione del devono avere i materiali ceramici refrattari ed
vetro. abrasivi.
2, Descrivere brevemente e spiegare le procedure 6. Descrivere brevemente e diagrammare il processo
con le quali un pezzo in vetro viene temprato. di sinterizzazione di aggregati di particelle.
3. Descrivere il processo utilizzato per produrre 7. Descrivere il meccanismo per il quale il cemento si
vetro-ceramici, indurisce a seguito dell'aggiunta di acqua.
4. Elencare i due tipi di prodotti argillosi e darne poi
due esempi applicativi per ognuno.

14.1 INTRODUZIONE

La discussione precedente, sulle proprietà dei materiali ceramici, ha dimostrato che vi è una
significativa diversità tra le caratteristiche fisiche dei metalli e quelle dei ceramici. Questi
ultimi, di conseguenza, vengono utilizzati in applicazioni totalmente differenti dai primi e
tendono ad essere complementari sia ai metalli che ai polimeri. Molti materiali ceramici pos-
sono essere suddivisi nei seguenti gruppi: vetri, prodotti strutturali argillosi, porcellane bian-
che, refrattari, abrasivi, cementi e ceramici avanzati innovativi. La Figura 14.1 presenta una
classificazione di alcuni tipi di ceramici; si parlerà distintamente di ciascuno di loro nel pro-
sieguo del capitolo.
Una delle principali preoccupazioni nell'applicazione dei materiali ceramici riguarda il
modo di produzione. Molte delle operazioni di formatura dei metalli, discusse nel Capitolo
12, si basano su fusioni o tecniche che comportano deformazione plastica del materiale. Dato
che i ceramici hanno temperature di fusione relativamente alte, la fusione è normalmente
impraticabile. D'altra parte, la fragilità di questi materiali ne preclude qualsiasi tipo di defor-
mazione. Alcuni ceramici vengono formati a partire dalle polveri (o particolati) che devono
poi essere essiccate e cotte. I vetri vengono lavorati ad elevate temperature a partire da una
massa che diviene molto viscosa al raffreddamento. l cementi vengono lavorati ponendo in
uno stampo una pasta che indurisce ed assume una forma definitiva in virtù delle reazioni
chimiche che si sviluppano. Uno schema dei diversi tipi di tecniche di formatura dei materiali
ceramici è riportato nella Figura 14.2. Ogni tipo di tecnica verrà discussa all'interno della
trattazione riguardante il gruppo di ceramici per il quale è solitamente più utilizzata.

Materiali ceramici

Vetri Prodotti argillosi Refrattari Abrasivi Cementi Ceramici


avanzati

Vetri Vetro-- Prodotti Porcellane Argillosi Silicei Basici Speciali


ceramici argillosi bianchl·
strutturali

FlGt!Jl.\.Il.1 Classificazione dei materiali ceramici in base alla loro applicazione.

422
14.2 Proprietà dei vetri 423

F11;1R-\ J 1.2 Tecniche di fabbricazione dei ceramici


Schema di classificazione
per le tecniche di
formatura dei ceramici
discusse in questo
capitolo. Processi di formatura Processi di formatura Cementazione
del vetro del particolato

Pressatura Soffiatura Trafilatura Formazione Pressatura Formatura Formatura Colaggio


di fibre delle polveri idroplastica per colaggio a nastro
I

A caldo
I I:
Uniassiale lsostatic~
I
I
I

Essiccamento
I
I
Cottura

VETRI
I vetri sono un gruppo di ceramici piuttosto familiare; contenitori, finestre, lenti e fibre rap-
presentano tutte tipiche applicazioni. Come già detto i vetri sono silicati non cristallini con-
tenenti altri ossidi, in particolare CaO, Nap, K2 O e Alp 3 , che ne influenzano le proprietà
vetrose. Un vetro calce-sodico tipico è composto approssimativamente dal 70% in peso di
SiO2 ed il restante principalmente di Nap (soda) e CaO (calce). La composizione di alcuni
tipi diversi di vetri comuni è riportata nella Tabella 14.1. Probabilmente le due principali qua-
lità di questi materiali sono la loro trasparenza ottica e la relativa facilità con cui possono
venire fabbricati.

Tabella 14.1 Composizione e caratteristiche di alcuni comuni vetri commerciali

Composizione(% in peso)

Tipo di Vetro Si0 2 Nap CaO A/ 2 O, B2 0, Altri Caratteristiche e Applicazioni

Silice fusa >99.5 Alte temperature di fusione, bassissimi coeffi-


ciemi d'espansione termica (resistente agli
shock)
Silice 96% 96 4 Resistenza chimica ed agli shock termici -
(Vycor) vetreria di laboratorio
Borosilicato 81 3.5 2.5 13 Resistenza chimica ed agli shock termici -
(Pyrex) vetreria per forno
Contenitore 74 16 5 4MgO Basse temperature di fusione, lavorabile facil-
(calce - sodico) mente, durevole
Fibre di vetro 55 16 15 IO 4MgO Facilmente estrudibile in fibre - compositi in
vetroresina
Vetroper lenti 54 37 PbO, Alta densità ed alto indice di rifrazione - lenti
8K,O oniche
Vetro-ceramici 43.5 14 30 5.5 6.5 TiO,, Fabbricabile facilmente; resistente; resistente
(Pyroceram) 0.5As,O, agli shock termici - vetreria per forno
424 • Capitolo 14 / Produzione e applicazioni dei ceramici

14.2 PROPRIETÀ DEI VETRI

Prima di parlare specificamente delle tecniche di formatura dei vetri, è necessario presentare
alcune proprietà, dipendenti dalla temperatura, dei materiali vetrosi. I materiali vetrosi, o non
cristallini, non solidificano allo stesso modo di quelli cristallini. Durante il raffreddamento,
un vetro diviene sempre più viscoso in modo continuo col diminuire della temperatura; non
c'è una temperatura ben definita alla quale il liquido si trasforma in un solido, come avviene
per i materiali cristallini. Tra i materiali cristallini e non cristallini può essere fatta una distin-
zione che, in effetti, riguarda la dipendenza del volume specifico (o volume per unità di
massa - l'inverso della densità) dalla temperatura, come illustrato nella Figura 14.3. Per i
materiali cristallini, vi è una brusca diminuzione del volume alla temperatura di fusione T.,.
Per i materiali vetrosi, invece, il volume diminuisce in modo continuo al diminuire della tem-
peratura; una leggera diminuzione nella pendenza della curva avviene in corrispondenza di
quella che viene definita temperatura di transizione vetrosa, o temperatura.fittizia, TK.Al
di sotto di questa temperatura, il materiale viene considerato vetro; al di sopra diviene dap-
prima un liquido sottoraffreddato e, alla fine, un liquido.
Nelle operazioni di formatura sono anche importanti le caratteristiche viscosità-tempera-
tura del vetro. La Figura 14.4 riporta l'andamento logaritmico della viscosità rispetto alla
temperatura per la silice fusa, i vetri ad alto contenuto di ~ilice, i borosilicati e quelli calce-
sodici. Sulla scala della viscosità sono evidenziati alcuni punti caratteristici importanti ai fini
del processo di fabbricazione e produzione:
1. Il punto di fusione, corrispondente a quella temperatura alla quale la viscosità è pari
a 10 Pa-s (100 P); il vetro è sufficientemente fluido da poter essere considerato un
liquido.
2. Il punto di lavorazione, che rappresenta la temperatura alla quale la viscosità è Hl'
Pa-s ( 104 P); a questa viscosità il vetro è facilmente deformabile.

FIGURA 14.3 Confronto tra l'andamento


Liquido
del volume specifico in funzione della tem-
peratura per materiali cristallini e non cri-
stallini. I materiali cristallini solidificano
alla temperatura di fusione T'". Caratteristica
o I dello stato non cristallino è la temperaturadi
u I transizione \'etrosa T,.
~ I
u
a,
~
IJ.J
i1 Cristalliz-
zazione
E I
:,
g I

cristallino

Tg Tm
Temperatura
14.3 Lavorazione del vetro • 425

}ÌGLRA 14.4
Andamento logaritmico
della viscosità in ..----.---r----.----r----,---......---.---,10 18
funzione della 1016
Vetro
temperatura per la silice borosilicato Vetro siliceo Silice
fusa e diversi vetri silicei. 1014 al 96% fusa Soglia di deformazione
(Da E. B. Shand,
Engineerin~ Glass,
1012
Modem Materials, Vol. 6,
Academic Press, New
York, 1968, p. 262.)

Punto di
____
ì____
-- rammollimento

Intervallo di

____
!__________
_
lavorazione

Punto di fusione

1
-----~-~--~-__., __ .......,_~----1
~ ~ ~ ~ l~l~l~l~l~
Temperatura (°C)

3. li punto di rammollimento, è la temperatura alla quale la viscosità è pari a 4 x I 06


Pa-s (4 x 107 P), è la massima temperatura a cui un pezzo di vetro può essere maneg-
giato senza causarne significative alterazioni dimensionali.
4. Il punto di ricottura è la temperatura alla quale la viscosità è 10 12 Pa-s (10 13 P); a
questa temperatura, la diffusione atomica è sufficientemente rapida da far sì che ogni
tensione residua può essere rimossa entro circa 15 min.
5. Il punto di deformazione corrisponde alla temperatura a cui la viscosità diviene
3 x 1013 Pa-s (3 x 1014 P); per temperature al di sotto del punto dì deformazione, si ha
frattura prima dell'inizio della deformazione plastica. La temperatura di transizione
vetrosa è al di sopra del punto di deformazione.

La maggior parte delle operazioni di formatura ùt:l vetro sono portate a termine nell'in-
tervallo compreso tra le temperature di lavoro e quella di rammollimento.
La temperatura in corrispondenza della quale si possono individuare tali punti particolari
dipende, naturalmente, dalla composizione del vetro. Ad esempio, il punto di rammollimen-
to per un vetro calce - sodico e per uno siliceo al 96% sono individuabili nella Figura 14.4,
rispettivamente, alle temperature di 700 e 1550°C. Le operazioni di lavorazione possono
quindi essere eseguite a temperature significativamente inferiori per il vetro calce - sodico.
La lavorabilità di un vetro dipende in larga misura dalla sua composizione.

14.3 LAVORAZIONEDEL VETRO

li vetro viene prodotto per riscaldamento delle materie prime ad una temperatura elevata, al
di sopra della quale si ha fusione. La maggior parte dei vetri commerciali sono del tipo
calce-sodico la silice è solitamente utilizzata sotto forma di comune sabbia di quarzo, men-
tre N3iO e CaO vengono aggiunti come carbonato di sodio (Na 2CO 1) e carbonato di calcio
14.4 Trattamenti termici dei vetri • 427

Fu;uu. 1,1-.6
Processo per la Rulli di formatura
laminazione continua di Rulli di
Lastra di vetro trasµorto Schermo raffreddato ad acqua
lastre di vetro. (Da W. D.
Kingery, lntroduction to
Ceramics, Copyright©
1960 di John Wiley &
Sons, New York.
Ristampa autorizzata da
fohn Wiley & Sons, Inc.)

14.4 TRATTA.\IENTI TERllIIO DEI VETRI

RU:OTTCRA

Quando un materiale ceramico viene raffreddato da una temperatura elevata, si possono


indurre delle tensioni interne, dette tensioni termiche, a causa della diversa velocità di raf-
freddamento e della contrazione termica tra la superficie e le regioni interne. Tali tensioni ter-
miche sono importanti nei ceramici fragili, specialmente nei vetri, in quanto possono inde-
bolire il materiale o, in casi estremi, portare a frattura, che in questo caso è detta per shock
termico (vedi Sezione 20.5). In genere si cerca di evitare le tensioni termiche adottando velo-
cità di raffreddamento sufficientemente basse. Una volta che tali tensioni sono state introdot-
te nel materiale, la loro eliminazione, o almeno la riduzione della loro intensità, è possibile
mediante un trattamento termico di ricottura in cui il manufatto in vetro viene riscaldato fino
al punto di ricottura e, successivamente, raffreddato lentamente a temperatura ambiente.

TK\IPRA DEL VETRO

La resistenza di un pezzo in vetro può venire aumentata introducendo intenzionalmente ten-


sioni residue di compressione sulla sua superficie. Tale risultato può essere ottenuto con un
trattamento termico detto tempra termale.Con questa tecnica, il vetro è riscaldato ad una tem-
peratura al di sopra della regione di transizione vetrosa, ma inferiore al punto di rammolli-
mento. Il successivo raffreddamento fino a temperatura ambiente viene effettuato mediante un
getto d'aria o, in alcuni casi, in un bagno d'olio. A causa delle diverse velocità di raffredda-
mento tra la superficie e le regioni interne insorgono nel pezzo delle tensioni residue. Inizial-
mente la superficie si raffredda più velocemente e, una volta raggiunta una temperatura infe-
riore al punto di deformazione, diviene rigida. A questo punto, le regioni interne, essendosi raf-
freddate più lentamente, sono ancora a temperature elevate (superiori al punto di deforma-
zione) e perciò sono ancora plastiche. Proseguendo nel raffreddamento, l'interno tende a con-
trarsi ad un grado superiore a quello che la rigida superficie esterna consente. Per questo mo-
tivo l'interno tende a tirare a sé l'esterno, o ad imporre tensioni radiali dirette verso l'interno
stesso. Di conseguenza, dopo che il vetro è stato raffreddato a temperatura ambiente, si
avranno degli sforzi dì compressione in corrispondenza della superficie e degli sforzi di tra-
zione nelle regioni interne. La distribuzione degli sforzi a temperatura ambiente, su di una se-
zione trasversale di una piastra di vetro, è riportata schematicamente nella Figura 14.7.
La rottura dei materiali ceramici è dovuta, quasi sempre, ad una cricca che si forma in
superficie a causa di uno sforzo di trazione esterno applicato. Perché si abbia rottura di un
vetro temprato, l'intensità dello sforzo di trazione applicato deve essere abbastanza elevata
428 • Capitolo 14 / Produzione e applicazioni dei ceramici

FIGllHA 14. 7 Distribuzione delle


tensioni residue a temperatura
ambiente su di una sezione trasversa-
le di una lastra di vetro temprato. (Da
W. D. Kingery, H. K. Bowen, e D. R.
Uhlmann, lntroduction to Ceramics,
2a edizione, Copyright © 1976 di
John Wiley & Sons, New York.
Ristampa autorizzata da John Wiley
& Sons, Inc.)

120 80 40 o 40 80 120
Compressione Sforzo (MPa) Trazione

da superare in primo luogo gli sforzi di compressione residua e poi, da sottoporre la superfi-
cie a sforzi di trazione sufficienti da poter innescare una cricca capace, successivamente, di
propagarsi. Per il vetro non temprato, l'innesco della cricca avverrà ad un livello di sforzi
esterni più basso e, conseguentemente, la resistenza sarà minore.
Il vetro temprato è utilizzato per applicazioni nelle quali è importante l'elevata resisten-
za, quali, ad esempio, grandi porte, finestrini delle automobili e lenti di occhiali.

14.5 VETRO - CERAMICI

Molti vetri inorganici possono essere indotti a passare da uno stato non cristallino ad uno cri-
stallino attraverso un appropriato trattamento termico ad elevata temperatura. Questo proces-
so è detto di devitriflcazione ed il prodotto che se ne ottiene è un materiale policristallino a
grana fine e dispersa che viene spesso chiamato vetro--ceramico. Per indurre la cristallizza-
zione, o processo di devitrificazione, deve essere aggiunto un agente nucleante (di solito ossi-
do di titanio). Tra le caratteristiche desiderabili dei vetro-ceramici vi è un basso coefficiente
d'espansione termica, che rende il prodotto vetro-ceramico non suscettibile a shock termici;
si ottengono, inoltre. una resistenza meccanica ed una conduttività termica relativamente ele-
vate. Alcuni vetro-ceramici possono essere resi otticamente trasparenti, altri opachi. La
caratteristica probabilmente più attraente di questa classe di materiali è la loro facilità di fab-
bricazione. Nella produzione su scala industriale si possono, infatti, utilizzare le tecniche
convenzionali di formatura dei vetri, ottenendo prodotti praticamente privi di porosità.
I vetro-ceramici sono commercialmente prodotti sotto i marchi registrati di Pyroceram,
Comingware, Cercor e Vision. L'utilizzo più comune di questi materiali è come articoli da
forno e da tavola, principalmente per la loro resistenza meccanica, l'eccellente resistenza a
shock termici e la loro elevata conduttività termi1.:a. Possono anche servire come isolatori
elettrici e come substrati per schede di circuiti stampati e sono utilizzati per rivestimenti
architettonici, per scambiatori di calore e rigeneratori. Un tipico vetro-ceramico è incluso
nella Tabella 14.1 e la microstruttura di un materiale commerciale è mostrata a pagina 421.

PRODOTTIARGILLOSI
Una materia prima ceramica più largamente utilizzata è l'argilla. Questo ingrediente poco
costoso che si trova in grande abbondanza in natura è spesso utilizzato così come estratto
14. 7 Composizione dei prodotti argillosi • 429

senza alcun aumento di qualità. Un'altra ragione per la sua popolarità si deve alla facilità con
cui i prodotti argillosi possono essere formati. Una volta mescolati nelle giuste proporzioni,
argilla e acqua formano una massa plastica che è facilmente modellabile. Il pezzo formato
viene poi essiccato per rimuovere parte dell'umidità, dopodiché viene cotto ad una tempera-
tura elevata per migliorarne la sua resistenza meccanica.
La maggior parte dei prodotti a base di argilla cadono entro due principali categorie: i pro-
dotti argillosi strutturali e le porcellane bianche. I prodotti argillosi strutturali includono
mattoni da costruzione, piastrelle e condotti fognari - applicazioni per le quali è importante
l'integrità strutturale. Le porcellane bianche divengono bianche dopo cottura ad elevata tem-
peratura. In questo gruppo sono incluse le porcellane, le ceramiche, gli articoli da tavola, la
porcellana fine e le apparecchiature idrauliche (articoli sanitari). Oltre all'argilla, molti di que-
sti prodotti contengono ingredienti non plastici che influenzano i cambiamenti che avvengono
durante i processi di essiccamento e di cottura e le caratteristiche finali dei pezzi finiti.

14.6 CARATTERISTICHE DELL'ARGILLA

I minerali argillosi svolgano un ruolo molto importante nel gruppo dei ceramici. In primo
luogo, una volta aggiunta acqua, divengono molto plastici, condizione che viene definita
idroplasticità. Questa proprietà è molto importante nelle operazioni di formatura, come di
seguito discusso. Secondariamente, l'argilla fonde o liquefa entro un intervallo di temperatu-
ra e perciò, durante la cottura, può essere prodotto un pezzo ceramico denso e resistente senza
che vi sia fusione completa, in modo che venga conservata la forma originaria. Questo inter-
vallo di temperatura di fusione dipende naturalmente dalla composizione dell'argilla.
Le argille sono alluminosilicati, essendo composti da allumina (Alz0 3 ) e silice (SiO 2 ), che
contengono acqua legata chimicamente. Presentano una gran varietà di proprietà fisiche, di
composizione chimica e di strutture; le impurezze più comuni includono composti (solita-
mente ossidi) di bario, calcio, sodio, potassio e ferro ed anche materia organica; tuttavia, la
caratteristica prevalente è la struttura stratiforme. I minerali argillosi più comuni e di mag-
giore interesse hanno quella che viene detta struttura caolinitica. L'argilla caolinitica
[Alz(Siz0 5)(OH) 4 ] presenta la struttura cristallina mostrata in Figura 13. 14. Quando viene
aggiunta acqua, le molecole di quest'ultima s'interpongono tra gli strati di lamelle e formano
un film sottile attorno alle particelle di argilla. Le particelle divengono così libere di muo-
versi l'una sull'altra, il che rende conto della plasticità della miscela acqua-argilla.

14.7 COl\tPOSIZIONE DEI PRODOTTI ARGILLOSI

Oltre all'argilla, molti di questi prodotti (in particolare le ceramiche bianche) contengono
anche alcuni ingredienti non plastici; i minerali non argillosi includono la selce o il quarzo
finemente macinato ed un fondente come il feldspato. Il quarzo è utilizzato principalmente
come materiale riempitivo, essendo poco costoso, relativamente duro e chimicamente inerte.
Non mostra, inoltre, apprezzabili cambiamenti durante i processi di trattamento termico a
temperatura elevata perché presenta un 'alta temperatura di fusione; se fuso, tuttavia, il quar-
zo può formare vetro.
Una volta mescolato all'argilla, il fondente forma un vetro che ha un punto di fusione
relativamente basso. Gli agenti fondenti più comunemente utilizzati sono i feldspati costitui-
ti da alluminosilicati contenti ioni K+,Na+ e Ca 2+.
Come ci si potrebbe aspettare, i cambiamenti che avvengono durante i processi di essic-
camento e cottura, come anche le caratteristiche del pezw finito, sono influenzati dalle pro-
porzioni di questi tre costituenti: argilla, quarzo e fondente. Una porcellana tipica dovrebbe
contenere approssimativamente il 50% di argilla, il 25% di quarzo ed il 25% di feldspato.
430 • Capitolo 14 / Produzione e applicazioni dei ceramici

14.8 TECl\lCHE DI FABBRICAZIONE

La materia prima così come viene estratta, solitamente deve essere sottoposta a delle opera-
zioni di frantumazione o macinatura nelle quali le dimensioni delle particelle vengono ridot-
te. Tali operazioni vengono poi seguite da vagliatura e dimensionamento, in modo da ottene-
re un prodotto avente le caratteristiche dimensionali desiderate. Per sistemi multicomponen-
ti, le polveri devono essere interamente mescolate con acqua e probabilmente altri ingredien-
ti, in modo da ottenere le volute caratteristiche di scorrimento compatibili con la particolare
tecnica di formatura. Il pezzo formato deve avere sufficiente resistenza meccanica da rima-
nere intatto durante le operazioni di trasporto, essiccamento e cottura. Per la formatura ven-
gono utilizzate due tecniche comuni di sagomatura per composizioni a base di argilla: la for-
matura idroplastica e la formatura per colaggio.

FORMATUR<\ IDROPLASTICA

Come già detto i minerali argillosi, una volta mescolati con acqua, divengono altamente pla-
stici e plasmabili e possono essere stampati senza fessurazioni; tuttavia la loro resistenza a
snervamento è estremamente bassa. La consistenza (rapporto acqua-argilla) della massa
idroplastica deve fornire una resistenza a snervamento tale da permettere al pezzo formato di
mantenere la sua forma durante il maneggiamento e l'essiccamento.
La tecnica più comune di formatura idroplastica è l'estrusione, nella quale una massa rigi-
da di ceramico plastico è forzata attraverso un orifizio avente la desiderata geometria tra-
sversale; la tecnica è simile a quella utilizzata per l'estrusione dei metalli (Figura 12.2c).
Mattoni, tubazioni, blocchi ceramici e piastrelle vengono comunemente fabbricati utilizzan-
do questa tecnica. Solitamente il ceramico plastico viene forzato attraverso uno stampo
mediante una vite senza fine e spesso, per aumentare la densità, si rimane l'aria sotto vuoto.
Cavità interne al pezzo estruso (ad es. mattoni da costruzione) vengono ottenute mediante
inserti situati nello stampo.

1''0RMATCRA PER COLAGGIO

Un altro processo di formatura utilizzato per materiali a base di argilla è la formatura per co-
laggio. La sospensione liquida di argilla e/o altri materiali non plastici è detta barbottìna. Una
volta versata in uno stampo poroso (solitamente gesso di Parigi), l'acqua della sospensione è
assorbita dallo stampo dando origine ad uno strato solido, in corrispondenza delle pareti dello
stampo, il cui spessore dipende dal tempo. Questo processo può essere proseguito finché l'in-
tera cavità dello stampo diviene solida (colata solida), come mostrato nella Figura 14.8a, op-
pure può essere interrotto quando lo spessore del guscio solido raggiunge le dimensioni vo-
lute, rovesciando lo stampo e svuotando l'eccesso di sospensione; questo secondo metodo è
detto colata per scorrimento (Figurai 4.8b ). Quando il pezzo colato essicca e ritira, si staccherà
dalle pareti dello stampo; a questo punto lo stampo potrà essere smontato ed il pezzo rimosso.
La natura della barbottina è estremamente importante; deve avere un peso specifico ele-
vato e tuttavia essere molto fluida e facile da versare. Queste caratteristiche dipendono dal
rapporto solido-acqua e dagli altri agenti aggiunti. Una soddisfacente velocità di colata è un
requisito essenziale. Il pezzo colato deve, inoltre, essere privo di bolle ed avere un basso riti-
ro durante l'essiccamento ed una relativamente alta resistenza.
Le proprietà dello stampo stesso influenzano la qualità della colata. Viene normalmente
impiegato come materiale per stampo il gesso di Parigi, che è economico, relativamente faci-
le da produrre in fonne anche complesse e riutilizzabile. Molti stampi sono formati da un
diverso numero di pezzi che devono essere assemblati prima della colata. La porosità dello
stampo può essere variata in modo da controllare la velocità di colata. Le forme ceramiche
14.9 Essiccamento e cottura • 431

FlGt%\ 14.8 Stadi La sospensione liquida viene Assorbimento


introdotta nello stampo d'acqua
nella colata (a) solida e
(h) per scorrimento
utilizzando uno stampo in Pezzo finito
gesso di Parigi. (Da W. D.
Kingery, lntroduction to
Ceramics. Copyright©
1960 di fohn Wiley &
Sons, New York.
Ristampa autorizzata da
John Wiley & Sons, Inc.)

(a)

la sospensione
liquida viene
introdotta nello Drenaggio dello
stampo Raddrizzamento
stampo
Pezzo finito

(b)

piuttosto complesse che possono essere prodotte mediante formatura per colaggio compren-
dono gli articoli sanitari da bagno, gli oggetti artistici ed articoli specifici per laboratori scien-
tifici come tubi ceramici.

14.9 ESSICCAMENTO .E COTTURA

Un pezzo ceramico che è stato ottenuto per formatura idroplastica o per colaggio conserva
una significativa porosità ed un'insufficiente resistenza per molte applicazioni pratiche. Può
inoltre contenere ancora parte del liquido (ad es. acqua) aggiunto durante le operazioni di for-
matura. Tale liquido viene rimosso durante il processo di essiccamento; la densità e la resi-
stenza, invece, aumentano come risultato dei processi di trattamento ad elevata temperatura
o di cottura. Un oggetto che è stato formato ed essiccato ma non cotto viene detto verde. Le
tecniche di essiccamento e di cottura sono critiche in quanto, durante tali operazioni, posso-
no essere introdotti difetti che rendono i prodotti inutilizzabili (ad es. deformazione, distor-
sione e criccature). Questi difetti sono, normalmente, dovuti a tensioni residue derivanti da
un non uniforme ritiro .

.ESSICCA.'1ENTO

Durante il processo d'essiccamento, il prodotto ceramico è sottoposto anche ad un certo


grado di ritiro. Nei primi stadi dell'essiccamento le particelle d'argilla sono virtualmente cir-
condate e separate l'una dall'altra da un film sottile d'acqua. Col proseguire dell'essicca-
mento e della rimozione di acqua, la separazione interparticellare diminuisce e tale fenome-
no si manifesta con il ritiro (Figura 14.9). Durante l'essiccamento diviene quindi critico il
controllo della velocità di rimozione dell'acqua. L'essiccamento delle regioni interne è otte-
432 • Capitolo 14 I Produzione e applicazioni dei ceramici

/a) (b) ic)

FiGVRA 14.9 Stadi successivi di rimozione dell'acqua tra le particelle di argilla durante il pro-
cesso di essiccamento. (a) corpo umido; (b) corpo parzialmente essiccato; (c) corpo completa-
mente essiccato. (Da W. D. Kingery, lntroduction to Ceramics, Copyright© 1960 di John Wiley
& Sons, New York. Ristampa autorizzata da John Wiley & Sons, Inc.)

nuto mediante diffusione delle molecole d'acqua alla superficie, dove avviene l 'evaporazio-
ne. Se la velocità di evaporazione è più grande di quella di diffusione, la superficie si sec-
cherà (e di conseguenza si ritirerà) più rapidamente rispetto all'interno, con un'elevata pro-
babilità di formazione dei suddetti difetti. La velocità d'evaporazione alla superficie dovreb-
be essere uguale a quella di diffusione; il suo controllo può effettuarsi attraverso la tempera-
tura, l'umidità e la velocità della corrente d'aria.
Esistono altri fattori che possono influenzare il ritiro. Uno di questi è lo spessore del
corpo; il ritiro non uniforme e la formazione di difetti sono più pronunciati in pezzi spessi che
non in quelli sottili. Anche il contenuto d'acqua del corpo formato è un fattore critico: più è
grande, più grande sarà il ritiro. In conseguenza di ciò il contenuto d'acqua sarà mantenuto il
più basso possibile. Le dimensioni delle particelle di argilla hanno anch'esse un'influenza,
dato che il ritiro aumenta al diminuire delle loro dimensioni. Per minimizzare il ritiro, le
dimensioni delle particelle devono essere aumentate o si deve aggiungere del materiale non
plastico avente dimensione delle particelle relativamente grande.
È possibile utilizzare l'energia delle microonde per essiccare i prodotti ceramici. Un van-
taggio di questa tecnica consiste nell'evitare le elevate temperature che normalmente vengo-
no utilizzate nei metodi convenzionali; le temperature di essiccamento possono essere man-
tenute al di sotto di 50°C. Questo fatto risulta particolarmente importante per l'essiccamento
di quei materiali sensibili alla temperatura.

COTTURA

Dopo l'essiccamento, un corpo è solitamente cotto ad una temperatura compresa tra i 900 ed
i 1400°C; la temperatura di cottura dipende dalla composizione e dalle proprietà desiderate
del pezzo finito. Durante l'operazione di cottura, la densità aumenta ulterionnente (a fronte
di una corrispondente diminuzione della porosità) così come la resistenza meccanica.
Quando un materiale a base argillosa viene riscaldato ad elevata temperatura, avvengono
alcune reazioni piuttosto complesse. Una di queste è la vetrificazione, cioè la graduale fonna-
zione di vetro liquido che fluisce e riempie parte dei puri. Il grado di vetrificazione dipende
dalla temperatura di cottura e dal tempo, così come dalla composizione del corpo. La tempera-
tura alla quale si forma la fase liquida è abbassata dall'aggiunta di agenti fondenti come i feld-
spati. Questa fase fusa fluisce intorno alle restanti particelle non fuse e riempie i pori a causa
delle forze di tensione superficiale (o azione capillare); anche il ritiro accompagna questo pro-
cesso. Durante il raffreddamento questa fase fusa fonna una matrice vetrosa che dà luogo ad
un corpo denso e resistente. La microstruttura finale, perciò, consiste di una fase vetrificata, di
particelle di quarzo non reagite e di porosità. La Figura 14.10 è una micrografia a scansione di
una porcellana cotta nella quale sono visibili questi elementi microstrutturali.
14. 9 Essicf'amento e cottura 433

FtGl:R\ 14.10 Micrografia a scansione elettronica di una porcellana cotta (attacco 15s, 5°C,
10%HF) nella quale si possono distinguere le seguenti caratteristiche: grani di quarzo (particelle
grandi e scure) che sono circondati da bordi vetrosi scuri; regioni di feldspati parzialmente disciol-
ti (piccole aree); aghi di mullite e pori (buchi scuri con bordi bianchi). Si possono notare anche
cricche all'interno delle particelle di quarzo, prodottesi durante il raffreddamento, a causa della
differenza di ritiro tra la matrice vetrosa cd il qm1rzo. 1500 x. (Per gentile concessione di H. G.
Brinkies, Swinburne University of Technology, Hawthorn Campus, Hawthorn, Victoria,
Auslrnlia.)

Il grado di vetrificazione influenza, naturalmente, le proprietà a temperatura ambiente del


prodotto ceramico; la resistenza, la durabilità e la densità vengono tutte elevate all'aumenta-
re di questo. La temperatura di cottura determina il grado di vetrificazione, quest'ultimo
aumentando all'aumentare della prima. I mattoni da costruzione sono normalmente cotti a
circa 900°C e sono relativamente porosi. La cottura di porcellane altamente vetrificate, i cui
bordi risultano otticamente traslucidi, avviene, invece, a temperature ben più elevate. La
vetrificazione completa viene evitata, durante la cottura, in quanto il corpo diviene troppo
tenero e collassa.

REFRATTARI
Un 'altra classe importante di materiali ceramici che viene utilizzata in grandi quantità è quel-
la dei ceramici refrattari. Le proprietà salienti di questi materiali sono la capacità di sop-
portare elevate temperature senza fondere o decomporsi e quella di rimanere inerti se esposti
ad ambienti aggressivi. La capacità di fornire isolamento termico, inoltre, è un'altra conside-
razione importante. I materiali refrattari sono commercializzati in varie forme, ma il mattone
è quella più comune. Applicazioni tipiche sono rivestimenti di forni per raffinazione di metal-
li, produzione del vetro, trattamenti termici metallurgici e generatori di energia.
Le prestazioni dei ceramici refrattari dipendono, in larga misura, dalla loro composizio-
ne. In base a ciò, esistono diverse classificazioni, come argille refrattarie, refrattari di silice,
refrattari basici e speciali. La composizione per diversi refrattari commerciali è mostrata in
Tabdla 14.2. Per multi materiali cummen.:iali, l'ingrediente primario consiste di parti<.:ellesia
grandi che fini, che possono avere diverse composizioni. Durante la cottura, le particelle fini
434 • Capitolo 14 / Produzione e applicazioni dei cerarnici

Tahella 1-1-.2 Composizione di cinque comuni materiali ceramici refrattari

Porosità
Composizione(% in peso) Apparente
Tipo di refrattario AlzO., SiO 2 MgO Cr2O_, Fe 2 O3 CaO TiO2 (%)

Argille refrattarie 25-45 70-50 0-1 0-1 0-1 1-2 10-25


Retrattari ad alto 90-50 10-45 0-1 0-1 0-1 1-4 18-25
contenuto di allumina
Refrattari di siIice 0.2 96.3 0.6 2.2 25
Magnesite I.O 3.0 90.0 0.3 3.0 2.5 22
Magnesite-cromo 9.0 5.0 73.0 8.2 2.0 2.2 21

Fonte: Da W. D. Kingery, H. K. Bowen e D. R. Uhlmann, lntroduction to Ceramics, 2nd editi on, Copyright© 1976 di John Wiley & Sons,
New York. Ristampa autorizzata da fohn Wiley & Sons, !ne.

normalmente vengono utilizzate per la formazione di una fase legante, che è responsabile
del! 'aumento di resistenza dei mattoni. Questa fase può essere prevalentemente vetrosa o cri-
stallina. La temperatura di servizio è normalmente inferiore a quella a cui il pezzo refrattario
è stato cotto.
La porosità è una variabile microstrutturale che deve essere controllata per produrre un op-
portuno mattone refrattario. La resistenza, la capacità di sopportare il carico e la resistenza agli
attacchi da parte dei materiali corrosivi aumentano col diminuire della porosità. Allo stesso
tempo, le caratteristiche di isolamento tennico e la resistenza agli shock termici ne vengono
penalizzate. Naturalmente la porosità ottimale dipenderà dalle condizioni di servizio.

) it. l () ARGILLE HEFRAT'l~\RIE

Gli ingredienti primari per le argille refrattarie sono le argille refrattarie ad alta purezza,
miscele di allumina e silice contenenti solitamente una percentuale di allumina compresa tra
il 25 ed il 45%. In accordo con il diagramma di fase di SiO 2-Alp 1, Figura 13.6, in questo
campo di composizione la più alta temperatura possibile senza che si abbia formazione di una
fase liquida è 1587°C. Al di sotto di questa temperatura le fasi in equilibrio presenti sono la
mullite e la silice (cristobalite). Durante l'utilizzo in servizio del refrattario, è tollerata la pre-
senza di piccole quantità di fase liquida senza che sia compromessa l'integrità meccanica.
Sopra i 1587°C la frazione di fase liquida presente dipenderà dalla composizione del refrat-
tario. Aumentando il contenuto di allumina aumenterà la massima temperatura di servizio per
la quale è ancora ammissibile la presenza di una piccola 4ua11ticàdi liquido.
I mattoni di argilla refrattaria vengono utilizzati principalmente per la costruzione di
forni, per confinare ambienti caldi e per isolare tennicamente componenti strutturali dall'e-
sposizione a temperature eccessive. Per i mattoni in argille refrattarie, la resistenza non è nor-
malmente una considerazione importante in quanto non viene solitamente richiesto alcun
supporto di carichi strutturali. Controlli vengono normalmente effettuati riguardo l'accura-
tezza dimensionale e la stabilità dei prodotti finiti.

J4.11 REFR4.TTARI DI SILICE

L'ingrediente principale dei refrattari di silice, a volte detti refrattari acidi, è la silice. Questi
materiali, ben noti per la loro capacità di sopportare carichi ad elevate temperature, sono co-
munemente usati nei forni con tetto ad arco per la produzione di acciaio e vetro. Per queste ap-
plicazioni si possono raggiungere temperature di I 650°C. In queste condizioni una piccola
porzione dei mattoni esiste sotto forma liquida. La presenza di allumina, anche in piccole con-
14.14 Abrasivi 435

centrazioni, ha un influenza negativa sulle prestazioni di questi refrattari che può essere spie-
gata attraverso il diagramma di stato silice-allumina, Figura 13.26. Dato che la composizione
eutettica (7.7 % in peso di Alz0 3) è molto vicina all'estremità della silice nel diagramma di
fase, anche piccole aggiunte di Alp 3 abbassano notevolmente la temperatura del liquidus, il
che si sostanzia nella presenza di liquido a temperature superiori a l 600°C. Il contenuto di al-
lumina deve perciò essere mantenuto ad un valore minimo, normalmente compreso tra 0.2 e
I .O% in peso.
Questi materiali refrattari sono anche resistenti alla loppa ricca in silice (detta loppa
acida) e sono spesso utilizzati come recipienti per il loro contenimento. D'altro canto sono
invece attaccati da loppe contenenti alte percentuali di CaO e/o MgO (loppe basiche) ed il
contatto con queste ultime deve essere evitato.

14.12 REFRATTARI BASICI

I refrattari che sono ricchi in periclasio, o magnesia (MgO), vengono detti basici; possono
contenere anche composti di calcio, cromo e ferro. La presenza di silice è deleteria per lepre-
stazioni ad alta temperatura. I refrattari basici sono resistenti in special modo agli attacchi
delle loppe contenenti alte concentrazioni di MgO e CaO, e trovano un utilizzo intensivo in
alcuni forni a suola per la produzione dell'acciaio.

14.13 REFlUTIARI SPECIALI

Vi sono altri materiali ceramici refrattari che sono utilizzati per applicazioni particolari.
Alcuni di questi sono ossidi a purezza relativamente elevata, alcuni dei quali possono essere
prodotti con una porosità molto bassa. Inclusi in questo gruppo vi sono l'allumina, la silice,
la magnesia, la berillia (BeO), la zirconia (Zr0 2 ) e la mullite (3Alz0 3-2SiO 2 ). Altri compren-
dono carburi oltre a carbonio e grafite. Il carburo di silicio (SiC) è utilizzato per elementi di
resistenza elettrica, come materiale per crogioli e per componenti interni di forni. Il carbonio
e la grafite sono molto refrattari ma hanno limitate applicazioni data la loro elevata sensibi-
lità all'ossidazione a temperature superiori a 800°C. Come si può immaginare, questi parti-
colari refrattari sono piuttosto costosi.

ALTREAPPLICAZIONI
E
--=============================
METODIDI PRODUZIONE
·14.14 ABRASIVI
I ceramici abrasivi sono utilizzati per scavare, macinare o tagliare altro materiale che neces-
sariamente è più tenero. Il requisito primario per questo gruppo di materiali è perciò la durez-
za e la resistenza all'usura; oltre a ciò un alto grado di tenacità è essenziale per assicurare che
le particelle abrasive non si rompano facilmente. Inoltre, poiché per l'attrito dovuto all'abra-
sione si possono produrre temperature elevate, è auspicabile anche un certo grado di refratta-
rietà.
I diamanti, sia naturali che sintetici, sono utilizzati come abrasivi; il loro costo è tuttavia
elevato. Gli abrasivi ceramici più comuni sono il carburo di silicio, il carburo di tungsteno
(WC), l'ossido di alluminio (o corindone) e la sabbia di silice.
Gli abrasivi sono utilizzati in forme diverse - legati a ruote da macina, come rivestimen-
ti abrasivi e in forma granulare. Nel primo caso, le particelle abrasive sono legate ad una
ruota da macina attraverso un ceramico vetroso od una resina organica. La struttura superfi-
ciale dovrebbe contenere delle porosità; per prevenire un eccessivo riscaldamento viene fatto
circolare entro i pori che circondano i grani refrattari un flusso continuo d'aria o di liquido
436 • Capitolo 14 / Produzione e applicazioni dei ceramici

FIGl H.\ J,J..11 Micrografia di un ceramico legato di ossido di alluminio abrasivo. Le regioni
chiare sono costituite da grani abrasivi di Al2O 1; le aree grigie e più scure sono costituite, rispetti-
vamente, dalla fase legante e da porosità. I OOx.(Da W. D. Kingery, H. K. Bowen, and D. R.
Uhhnann, lntroduction to Ceramics. 2nd edition, p. 568. Copyright© 1976 di John Wiley & Sons.
Ristampa autorizzata da John Wiley & Sons, Inc.)

refrigerante. La Figura 14.11 mostra la microstruttura di un abrasivo legato ed evidenzia i


grani abrasivi, la fase legante ed i pori.
Gli abrasivi rivestiti sono quelli in cui una polvere abrasiva riveste un certo tipo di carta
o materiale tessuto; la carta abrasiva è probabilmente l'esempio più familiare. Il legno, i
metalli, i ceramici e le plastiche sono tutti frequentemente abrasi e levigati utilizzando que-
sto tipo di abrasivi.
Le ruote per la macinazione, la lappatura e la levigatura utilizzano spesso grani abrasivi
veicolati con olio od acqua. I diamanti, il corindone, il carburo di silicio e l'ossido di ferro
sono utilizzati in forma sciolta in una gran varietà di dimensioni granulari.

14.15 PHESSA.Tt:RA DELLE POLVERI

Si è già parlato di diverse tecniche di formatura dei ceramici in relazione alla fabbricazione
dei vetri e dei prodotti argillosi. Un altro metodo importante e comunemente utilizzato, che
garantisce trattamenti brevi, è la pressatura delle polveri. La pressatura delle polveri, l'analo-
go ceramico della pressatura metallurgica, è utilizzata per fabbricare sia componenti argillo-
si che non argillosi, come i ceramici elettronici e magnetici ed i mattoni refrattari. In sostan-
za, una massa di polvere, solitamente contenente una piccola percentuale d'acqua od altri
leganti, viene compattata sotto pressione nella forma desiderata. Il grado di compattazione è
massimizzato e la frazione di vuoti minimizzata utilizzando particelle grossolane e fini
mescolate nelle giuste proporzioni. Non v'è deformazione plastica delle particelle durante la
compattazione, come può accadere invece nel caso delle polveri metalliche. Una funzione del
legante è quella di lubrificare le particelle di polvere durante il loro movimento l'una contro
l'altra nel processo di compattazione.
Vi sono tre procedure base nella pressatura delle polveri: uniassiale, isostatica (o idrosta-
tica) e pressatura a caklu. Nt:lla pn:ssatura uniassiale, la polvere è compattata in uno stampo
metallico e la pressione è applicata in una sola direzione. Il pezzo formato assume la confor-
mazione dello stampo e della piastra attraverso cui è applicata la pressione. Questo metodo è
14. I 5 Pressatura delle polveri • 43 7

F1u.1u 14-.12 Rappresentazione schemati-


ca degli stadi della pressatura uniassiale. (a)
La cavità dello stampo è riempita con la pol-
vere. (b) La polvere è compattata attraverso
la pressione applicata alla sommità dello
stampo. (e) Il pezzo compattato è espulso
attraverso l'azione di sollevamento del pun-
zone terminale. (d) Il pezzo compattato è
espulso e lo stadio di riempimento viene
ripetuto. (Da W. D. Kingery, Editor, Ceramic
Fabrication Processes, MIT Press.
(a) (b)
Copyright © 1958 del Massachusetts
Institute of Technology.)
D D

(C) (d)

limitato a forme relativamente semplici; tuttavia, la velocità di produzione è alta ed il pro-


cesso è poco costoso. Gli stadi che tale tecnica comporta sono illustrati in Figura 14.12.
Jliella pressatura isostatica il materiale in polvere è contenuto in un involucro di gomma e
la pressione è applicata attraverso un fluido, isostaticamente (vale a dire con la stessa inten-
sità in tutte le direzioni). Con questa tecnica si possono ottenere forme più complesse che con
la pressatura uniassiale, ma è più lenta e costosa.
Per entrambe le procedure, uniassiale ed isostatica, dopo l'operazione di pressatura si
rende necessaria un'operazione di cottura. Durante quest'ultima il pezzo formato subisce riti-
ro e mostra una riduzione della porosità ed un miglioramento dell'integrità meccanica.
Questi cambiamenti avvengono per coalescenza delle particelle di polvere in una massa più
densa, in un processo detto di sinterizzazione. Il meccanismo della sinterizzazione è sche-
maticamente illustrato nella Figura 14.13. Dopo la pressatura molte particelle della polvere si
toccano l'una con l'altra (Figura 14.13a). Durante lo stadio iniziale di ritiro. si formano dei
colli lungo le regioni di contatto tra particelle adiacenti; all'interno d •ogni restringimento,
inoltre, si forma un bordo di grano, mentre ogni interstizio tra le diverse particelle diviene un
poro (Figura 14.13b). Nel prosieguo del processo di sinterizzazione i pori divengono più pic-
coli e di dimensioni più sferiche (Figura 14. 13c). Una micrografia a scansione elettronica di
un'allumina sinterizzata è riportata in Figura 14.14. La forza guida della sinterizzazione è la
riduzione della superficie delle particelle; le energie superficiali sono, infatti, maggiori delle
energie del bordo dei grani. La sinterizzazione viene effettuata a temperature inferiori a quel-
la di fusione in modo che non vi sia fase liquida. Il trasporto di massa, necessario per realiz-
zare i cambiamenti visti in Figura 14.13, viene completato mediante diffusione atomica dalle
regioni interne della particella verso quelle in corrispondenza del collo.
Con la pressatura a caldo, la pressatura della polvere ed il trattamento di riscaldamento
vengono effettuati simultaneamente - l'aggregato di polvere è compattato ad una temperatu-
ra elevata. La procedura è utilizzata per materiali che non fonnano una fase liquida, se non a
temperature molto elevate e non raggiungibili; viene inoltre utilizzata quando si vogliono
438 • Capitolo 14 / Produzione e applicaziorù dei ceramici

F)GnCA 14. l3 Cambiamenti microstruttura-


li che avvengono durante la cottura di una
polvere compattata. (a) Particelle della pol-
vere dopo la pressatura. (h) Coalescenza
delle particelle e formazione di pori all'inizio
della sinterizzazione. (e) Cambiamento di
dimensioni e di forma dei pori nel prosieguo
della sinterizzazione.
(a)

Collo

Poro
Bordo grano

(b)

(e)

FrGl'H \ 14.11 Micrografia a scan-


sione elettronica di una polvere
compattata di ossido di alluminio
sinterizzata a l 700QC per 6 min.
5000x. (Da W. D. Kingery, H. K.
Bowen, and D. R. Uhlmann,
lntroduction to Ceramics, 2nd edi-
tion, p.483. Copyright© 1976 di
John Wiley & Sons, New York.
Ristampa autorizzata da fohn Wiley
& Sons, Inc.)
14.17 Cementi • 439

ottenere elevate densità senza apprezzabile crescita dei grani. Questa tecnica è poco costosa
ma presenta alcune limitazioni. Costa in termini di tempo dato che sia la matrice dello stam-
po che lo stampo stesso devono essere riscaldati e raffreddati per ogni ciclo. Lo stampo è
inoltre costoso e solitamente ha una breve vita di utilizzo.

14.16 COLAGGIO A ~ASTRO

Di seguito verrà brevemente illustrata una tecnica, relativamente nuova ed importante, di fab-
bricazione dei ceramici: il colaggio a nastro. Come il nome stesso implica, attraverso un pro-
cesso di colata, vengono prodotti dei fogli sottili di nastro flessibile. Questi fogli sono prepa-
rati a partire da sospensioni per molti aspetti simili a quelle utilizzate nella formatura per
colaggio (Sezione 14.8) e che consistono di particelle ceramiche in una soluzione organica
contenente anche leganti e plastificanti, aggiunti per conferire resistenza e flessibilità al
nastro. Per rimuovere l'aria intrappolata, o qualunque bolla di vapore di solvente che potreb-
bero fungere da siti preferenziali di innesco di cricche nel pezzo finito, si può rendere neces-
saria una deareazione sotto vuoto. Il nastro vero e proprio viene formato versando la sospen-
sione su di una superficie piana (di acciaio, di vetro o film polimerico, o carta); una lama
distributrice spande la sospensione in un sottile nastro di spessore uniforme, come mostrato
schematicamente nella Figura 14.15. Nel processo d'essiccamento, i componenti volatili
della sospensione sono rimossi per evaporazione; il prodotto non sinterizzato è un nastro fles-
sibìle che può essere tagliato o in cui possono essere praticati dei fori prima dell'operazione
finale di cottura. Lo spessore del nastro varia normalmente tra 0.1 e 2 mm. La colata a nastro
è largamente utilizzata nella produzione di substrati ceramici che sono utilizzati per circuiti
stampati e per condensatori multistrato.

14.17 CEMEl\TI
Diversi materiali ceramici familiari vengono classificati come cementi inorganici: il cemen-
to, il gesso di Parigi e la calce che, come gruppo, sono prodotti in grandissima quantità. La
caratteristica tipica di questi materiali è che una volta mescolati con acqua, formano una
pasta che successivamente fa presa e indurisce. Quest'aspetto è particolarmente utile per
quelle strutture solide e rigide, che possono avere una forma qualunque, perché possono esse-
re formate rapidamente. Alcuni di questi materiali si comportano come una fase legante che
unisce chimicamente aggregati particellari in una singola struttura coesiva. In queste condi-
zioni, il ruolo del cemento è simile a quello della fase vetrosa legante che si forma quando i
prodotti argillosi ed alcuni mattoni refrattari vengono cotti. Un 'importante differenza, tutta-
via, è data dal fatto che i legami cementizi si sviluppano a temperatura ambiente.

1-l. l.'> Diagramma


F1 Gl It \

Aria calda
schematico del processo di
Sospensione colaggio a nastro che utilizza
per il colaggio
\ una lama distributrice. (Da W.

LJ
D. Richerson, Modern
Ceramic Engineering, 2nd
edition, Marcel Dekker, lnc.,
NY, 1992. Ristampa tratta da
Modern Ceramic Enginee-
ring, 2nd edition, p. 472, gen-
tilmente concessa da Marce!
'!.upporto Dekker, Inc.)
Bobina della pellicola : _
portante
440 • Capitolo 14 / Produzione e applicazioni dei ceramici

Di questo gruppo di materiali, il cemento portland è quello che viene consumato in mag-
gior quantità. Viene prodotto per macinazione e intimo mescolamento, nelle giuste propor-
zioni, di argilla e minerali contenenti calce e successivo riscaldamento a 14002 C in un forno
rotativo; questo processo, a volte detto di calcinazione, produce cambiamenti fisici e chimi-
ci nei materiali di base. Il "clinker" risultante viene successivamente macinato in una polve-
re molto fine a cui vengono aggiunte piccole percentuali di gesso (CaSO 4-2H 2O) per ritarda-
re il processo di presa. [I prodotto ottenuto è il cemento portland. Le proprietà del cemento
portland, incluso il tempo di presa e la resistenza finale, dipendono in larga misura dalla sua
composizione.
Possono essere individuati diversi costituenti del cemento portland, essendo il principale
il silicato tricalcico (3CaO-SiO 2) e il silicato dicalcico (2CaO-SiO 2 ). La presa e l'induri-
mento di questo materiale sono il risultato di complicate reazioni d'idratazione che avven_go-
no tra i vari costituenti del cemento e l'acqua aggiunta. Ad esempio, una reazione d'idrata-
zione che coinvolge il silicato dicalcico è la seguente:

2CaO-SiO 2 + x Hp = 2Ca0-SiO 2-xHp (14. l)

dove x è variabile e dipende dalla quantità di acqua disponibile. Questi prodotti idratati sono
presenti in forma di gel complessi o sostanze cristalline che formano i legami cementizi. Le
reazioni di idratazione iniziano non appena viene aggiunta acqua al cemento. Si manifestano
dapprima con la presa (cioè con l'indurimento della pasta prima plastica), che ha inizio
immediatamente dopo la miscelazione e si completa solitamente entro alcune ore.
L'indurimento della massa che segue, come risultato dell'ulteriore idratazione, è un processo
relativamente lento che può continuare anche per diversi anni. Si deve sottolineare che il pro-
cesso attraverso cui il cemento si indurisce non è di essiccamento ma, piuttosto, di idratazio-
ne in cui l'acqua effettivamente prende parte ad una reazione chimica legante.
Il cemento portland è definito cemento idraulico perché la sua durezza si sviluppa per rea-
zione chimica con l'acqua. Viene utilizzato principalmente nella malta e nel calcestruzzo per
legare, in una massa coesiva, particelle di aggregati inerti (sabbia e/o ghiaia); questi ultimi
vengono considerati materiali compositi (vedi Sezione 17.2). Altri materiali cementizi, come
la calce, sono non idraulici, cioè nei quali responsabili delle reazioni di indurimento sono
composti diversi oltre l'acqua (ad es. CO 2 ).

14.18 CERAMICI AVANZATI

Sebbene la maggior parte della produzione riguarda i ceramici tradizionali fin qui discussi, è
iniziato, e continuerà, Io sviluppo di nuovi ceramici definiti "ceramici avanzati", destinati a
divenire una nicchia importante nelle nostre tecnologie avanzate. In particolare, sono state
sfruttate le proprietà elettriche, magnetiche ed ottiche e le combinazioni di proprietà univo-
che dei ceramici per diversi nuovi prodotti; alcuni di questi sono discussi nei Capitoli 19, 21
e 22. I ceramici avanzati, inoltre, sono, o hanno, il potenziale per essere utilizzati nei motori
a combustione interna ed in quelli a turbina, come protezioni balistiche, nei circuiti stampa-
ti, come utensili da taglio e per sistemi di conversione, stoccaggio e generazione di energia.
Alcuni di questi sono ora discussi.

APPLICAZIONI PER MOTORI TERMICI

I materiali ceramici avanzati stanno appena iniziando ad essere utilizzati nei motori a com-
bustione interna delle automobili. I vantaggi principali di questi nuovi materiali, rispellu alle
leghe metalliche convenzionali, sono: la capacità di sopportare temperature di esercizio più
alte, con un'efficienza di combustibile, quindi, maggiore; l'eccellente resistenza ali' usura ed
14.18 Ceramici avanzati • 441

alla corrosione; una diminuzione delle perdite per attrito; la capacità di operare senza neces-
sità di impianto di raffreddamento; densità minori, che comportano un minor peso del moto-
re. Tali motori sono ancora nello stadio di sviluppo; tuttavia, sono stati già prodotti, a titolo
dimostrativo, il blocco motore ceramico e valvole, camice, pistoni, cuscinetti ed altri compo-
nenti. La ricerca viene condotta, inoltre, anche su motori a turbina a gas per automobile che
impiegano rotori ct:ramici, statori, rigeneratori e camere di combustione.
Sulla base delle loro attraenti caratteristiche fisiche e chimiche i materiali ceramici avan-
zati saranno, nel futuro, certamente molto utilizzati nei motori di aviogetti. Di particolare
importanza è la loro relativamente bassa densità, che permetterà di ottenere palette di turbina
più leggere delle tradizionali in superlega, così come altri componenti di basso peso.
Materiali attualmente in esame per utilizzo nei motori ceramici a combustione sono il nitru-
ro di silicio (Si3N4 ), il carburo di silicio (SiC) e la zirconia (ZrO 2 ).
La resistenza all'usura e/o le caratteristiche di deterioramento ad alta temperatura di alcu-
ne parti di motore a combustione in metallo, attualmente in uso, sono state migliorate signi-
ficativamente utilizzando rivestimenti ceramici. Ad esempio, i componenti di motore di tur-
bina di aeroplano in superlega sono protetti da uno strato di zirconia che funge da barriera ter-
mica. L'efficacia delle prestazioni di questi rivestimenti dipende dallo stabilirsi di un forte
legame tra il ceramico e il suo substrato metallico, legame che deve essere mantenuto duran-
te il ciclaggio termico.
Lo svantaggio principale dei ceramici, nei motori a combustione, è la loro tendenza alla
rottura fragile e catastrofica, a causa della loro relativamente bassa tenacità a rottura. Le tec-
niche che vengono attualmente sviluppate sono volte ad aumentare le caratteristiche di tena-
cità di questi materiali, ad es., attraverso l'impiego di compositi a matrice ceramica, che ver-
ranno discussi nella Sezione 17.1O.
Sono inoltre necessarie migliori tecniche di lavorazione per produrre materiali aventi una
specifica microstruttura e, quindi, con caratteristiche uniformi e affidabili di resistenza mec-
canica ed alla corrosione a temperature elevate. Numerosi argomenti chiave relativi alla lavo-
razione includono la caratterizzazione della polvere del ceramico di partenza (cioè purezza,
dimensioni delle particelle e loro distribuzione); la sintesi ed il trattamento delle polveri;
migliori tecniche di densificazione e la valutazione delle proprietà (per esempio, meccaniche,
fisiche e chimiche). Inoltre, è importante sviluppare una metodologia con la quale si possano
eseguire, per questi materiali, previsioni di vita in servizio più affidabili.

PROTEZIO~I BALISTICHE CER..Al\Uf:HE

Alcuni dei nuovi ceramici avanzati vengono utilizzati in sistemi di protezione balistica del
personale militare e dei veicoli. La considerazione principale in queste applicazioni è il peso
del materiale protettivo richiesto per ostacolare l'impatto del proiettile. In base al peso, alcu-
ni materiali ceramici hanno elevata efficacia protettiva.
La maggior parte dei sistemi di protezione è costituita da una o più piastre ceramiche
affacciate all'esterno, tenute insieme da un supporto più duttile e più morbido. Quando avvie-
ne l'impatto, le piastre devono essere dure in modo sufficiente da abbattere l'elevata velocità
del proiettile, il quale, a causa dell'impatto, produce la rottura fragile della piastra sttfssa. I
materiali ceramici di protezione sono l'alluminio (AlP), il carburo di boro (B4C), il carbu-
ro di silicio (SiC) ed il diboruro di titanio (TiB2 ).
Il supporto della protezione deve assorbire la restante energia cinetica del proiettile per
defonnazione ed, inoltre, arrestare la penetrazione di frammenti del proiettile e di ceramico.
A tale scopo vengono utilizzati normalmente l'alluminio ed i laminati di fibre sintetiche
disperse in una matrice plastica.
442 • Capitolo 14 / Produzione e applicazioni dei ceramici

ASSE11BLAGGIO ELETTRO~ICO

L'industria elettronica è alla ricerca continua di nuovi materiali in grado di tenere il passo con
la tecnologia. Di particolare interesse è l'assemblaggio di circuiti integrati. In alcuni proget-
ti, tali circuiti sono montati su un substrato di materiale che deve essere elettricamente iso-
lante, avere le volute caratteristiche dielettriche (cioè bassa costante dielettrica) e dissipare il
calore generato da correnti elettriche che attraversano i componenti elettronici (cioè, essere
termicamente conduttivo). Dato che i componenti elettronici nei circuiti integrati vengono
montati l'uno vicino all'altro, questa dispersione di calore diventa molto critica.
L'ossido d'alluminio è stato finora il substrato di supporto standard; la sua limitazione
principale è data dalla relativamente bassa conduttività termica. Come regola generale, i
materiali che sono cattivi conduttori elettrici sono anche cattivi conduttori termici e vic~ver-
sa. Le eccezioni (cioè, isolanti elettrici e conduttori termici) sono i materiali ceramici ad ele-
vata purezza che hanno strutture cristalline semplici; questi sono ad esempio il nitruro di boro
(BN), il carburo di silicio (SiC) ed il nitruro di alluminio (AlN). Attualmente, l'alternativa più
promettere è data dal substrato di AIN, che ha una conduttività termica migliore di un fattore
10 rispetto a quella dell'allumina. Inoltre, l'espansione termica dell'AIN è molto vicina a
quella dei chips in silicio per cui può essere utilizzato come substrato.
Un caso-studio dettagliato riguardante i materiali che sono utilizzati negli assemblaggi
elettronici è presentato nel Capitolo 23.

S(DIJL\R IO

In questo capitolo si è discusso di diversi tipi di materiali ceramici e, per ognuno, dei princi-
pali metodi di produzione.
I vetri vengono formati a temperature elevate e, per questo motivo, la conoscenza del
comportamento temperatura - viscosità è molto importante. I punti di fusione, di lavoro, di
rammollimento, di ricottura e di deformazione rappresentano temperature che corrispondono
a valori della viscosità ben determinati. La conoscenza di questi punti è importante nella pro-
duzione e nel trattamento di un vetro di data composizione. Sono state brevemente discusse
quattro delle più comuni tecniche di formatura del vetro - pressatura, soffiatura, trafilatura e
formatura di fibre. Dopo la produzione, i vetri devono essere ricotti e/o temprati per miglio-
rarne le proprietà meccaniche. I vetro-ceramici vengono inizialmente prodotti come un
vetro, quindi cristallizzati o devitrificati.
L'argilla è il componente principale delle ceramiche bianche e dei prodotti di argilla strut-
turali. Possono essere aggiunti altri ingredienti, come feldspati e quarzo, che influiscono sui
cambiamenti che si verificano durante la cottura. La formatura idroplastica e la formatura per
colaggio sono due tecniche di produzione frequentemente utilizzate. Dopo la formatura, un
corpo deve essere prima seccato e quindi cotto ad una temperatura elevata per ridurre la poro-
sità ed aumentare la resistenza. Una contrazione eccessiva o troppo rapida può portare a rotture
e/o distorsioni e quindi ad un manufatto inutilizzabile. La densificazione durante la cottura è
accompagnata da vetrificazione, cioè dalla formazione di una fase legante vitrea.
l ceramici refrattari sono i materiali che vengono impiegati a temperature elevate ed in am-
bienti spesso reattivi; occasionalmente, viene sfruttata anche la loro capacità di isolamento ter-
mico. Sulla base della composizione e delle applicazione, le quattro principali suddivisioni dei
materiali refrattari sono: argille refrattarie, refrattari silicei, refrattari basici e refrattari spe-
ciali.
I ceramici abrasivi, essendo duri e tenaci, sono utilizzati per tagliare, abradere e lucidare altri
materiali più morbidi. Gli esempi più comuni sono il diamante, il carburo di silicio, il carburo di
tungsteno, il corindone e la sabbia di silice. Gli abrasivi possono essere impiegati sotto forma di
granuli sciolti, legati insieme su una ruota abrasiva o come rivestimenti su carta o su un tessuto.
Domande e problemi • 443

Alcuni manufatti ceramici vengono formati per compattazione di polveri; le tecniche pos-
sibili sono quella uniassiale, isostatica e di pressatura a caldo. Inoltre, i substrati ceramici sot-
tili vengono sovente fabbricati per colaggio su nastro.
I cementi inorganici mescolati con l'acqua formano una pasta in grado di assumere prati-
camente qualunque forma richiesta. La successiva presa od indurimento sono dovuti a rea-
zioni chimiche delle particelle di cemento e si verificano a temperatura ambiente. Per cemen-
ti idraulici, tra cui il cemento portland è il più comune, la reazione chimica è una reazione d'i-
dratazione.
Alcune moderne tecnologie utilizzano e continueranno ad utilizzare ceramici avanzati a
causa delle loro proprietà meccaniche, chimiche, elettriche, magnetiche ed ottiche uniche e
della combinazione di tali proprietà. Vi è, tuttavia, la necessità di migliorare l'affidabilità e di
sviluppare tecniche di caratterizzazione e di produzione tali da rendere questi materiali avan-
zati effettivamente convenienti da un punto di vista economico.

TE R l\H N I E C O N C ETTI Dl PO R T AN T 1

Abrasivi (ceramici) Porcellana bianca Refrattario (ceramico)


Calcinazione Prodotti argillosi strutturali Shock termico
Ceramico verde Punto di deformazione (vetro) Sinterizzazione
Cottura Punto di fusione (vetro) Temperatura di transizione vetrosa
Devetrificazione Punto di lavorazione (vetro) Tempra termale
Formatura idroplastica Punto di rammollimento(vetro) Vetrificazione
Formatura per colaggio Punto di ricottura (vetri) Vetro--<:eramico

R I B L I O G R A }' I A

Coes, L., Jr., Ahrasives, Springer-Verlag, New York, Reed, J. S., Principles of Cerami e Processing, 3rd edition,
1971. John Wiley & Sons, New York, 1995.
EnRineered Materials Handbook, Voi. 4, Ceramics and Richerson, D. W., Modem Ceramic Engineering. 2nd edi-
Glasses, ASM Intemational, Materials Park, OH, tion, Marcel Dekker, New York, 1992.
1991. Tooley, F. V. (Editor), Handbook of Glass Manufacture,
Kingery, W. D., H. K. Bowen, and D. R. Uhlmann, lntro- Ashlee Publishing Company, Inc., New York, 1985.
duction to Ceramics, 2nd edition, John Wiley & In two volumes.
Sons, New York, 1976. Chapters I, 10, 11, and 16. Van Vlack, L. H .• Physical Cerami es for Engineers, Addi-
Lea, F. M., The ChemisflJ' ofCement and Concrete, Che- son-Wesley Publishing Company, Reading, MA,
mical Publishing Company, New York, 1971. I 964. Chapters 8, 13, and 14.
Norton, F. H., Refractories, 4th edition. Reprinted by Te-
chBooks, Marietta, OH, 1985.

D O M A N D E E P R O B L E .\11

14.1 Citare due caratteristiche desiderabili dei vetri. posizione 75% in peso di Si0 2 , 15% in peso di
14.2 La soda e la calce vengono aggiunti al bagno di Nap e 10% in peso di CaO.
vetro come carbonato di sodio (Na 2C0 1) e carbo- 14.3 Quale è la differenza tra temperatura di transizio-
nato di calcio (CaC0 3). Durante il riscaldamento, ne vetrosa e quella di fusione?
questi due composti si decompongono liberando 14.4 Sulla base delle caratteristiche meccaniche asso-
anidride carbonica (C0 2 ) e producendo calce e ciate al comportamento mostrato in Figura 14.3,
soda. Calcolare il peso di carbonato di sodio e car- spiegare perché un vetro può essere trafilato in
bonato di calcio che deve essere aggiunto a 4.54 fibre mentre un ossido di alluminio cristallino no.
kg di quarzo (Si0 2) per ottenere un vetro di com- 14.5 Confrontare le temperature a cui i vetri
444 • Capitolo 14 / Produzione e applicazioni dei ceramici

calce-sodici, borosilicati, silice al 96% e la silice ze della superficie con altri cationi aventi un dia-
fusa possono essere ricotti. metro maggiore. Suggerire un tipo di cationi che,
14.6 Confrontare i punti di rammollimento per i vetri rimpiazzando gli Na+, inducono la tempra chimi-
silicei al 96%, borosilicati e calce-sodici. ca in un vetro calce-sodico.
14.7 La viscosità, T/,del vetro varia con la temperatura 14.13 (a) Cos'è la devetrificazione?
secondo la relazione (b) Citare due proprietà che possono essere
migliorate con la devetrificazione e due che ne
risultano peggiorate.
14.14 Spiegare brevemente perché un vetro-ceramico
non è in genere trasparente. Potete consultare il
dove Qvis è l'energia di attivazione per lo scorri- Capitolo 22.
mento viscoso, A una costante indipendente da1la 14.15 Citare due caratteristiche attraenti dei mineraii
temperatura ed R e T sono, rispettivamente, la argillosi relative ai processi di fabbricazione.
costante dei gas e la temperatura assoluta. Un gra- 14.16 Spiegare brevemente, da un punto di vista mole-
fico del In T/ rispetto a 1/f dovrebbe essere linea- colare, il meccanismo con cui i minerali argillosi
re con pendenza pari a QvJR. Utilizzando i dati divengono idroplastici quando viene aggiunta
della Figura 14.4, (a) disegnare il diagramma per acqua.
il horosilicato e (b) determinare l'energia di atti- 14.17 Gli oggetti ceramici spessi sono più suscettibili a
vazione tra le temperatura di 500 e 900°C. fratturarsi rispetto ai più sottili durante l'essicca-
14.8 Per molti materiali viscosi, la viscosità T/ può
mento. Perché?
essere definita secondo l'espressione
14.18 Spiegare perché un'argilla, una volta cotta a tem-
peratura elevata, perde la sua idroplasticità.
14.19 (a) Quali sono i tre componenti principali delle
a ceramiche bianche come la porcellana?
r,=---
dE/dt (b) Quale ruolo gioca ogni componente nei pro-
cessi di formatura e di cottura?
14.20 (a) Perché è così importante controllare la velo-
dove a e dE/dt sono, rispettivamente, Io sforzo dì
cità d'essiccamento di un corpo ceramico che è
trazione e la velocità di deformazione. Un provino
stato formato idroplasticamente o per colaggio?
cilindrico di vetro calce-sodico, del diametro di 5
(b) Citare tre fattori che influenzano la velocità di
mm e lunghezza 100 mm, è sottoposto ad una
forza di trazione di 1 N lungo il suo asse, per un essiccamento e spiegare come ognuno di questi la
tempo di una settimana. Utilizzando la Figura influenza.
14.4, determinare la temperatura massima a cui 14.21 Citare un motivo per cui il ritiro durante l'essicca-
tale provino può essere riscaldato. mento è più grande per prodotti formati per colag-
14.9 (a) Spiegare il motivo per cui in un manufatto di gio o idroplasticamente che hanno particelle di
vetro, durante il raffreddamento, vengono intro- argilla più piccole.
dotti tensioni termiche residue. 14.22 (a) Elencare tre fattori che influenzano il grado di
(b) Si possono indurre tensioni termiche durante il vetrificazione nei prodotti ceramici a base di
riscaldamento? argilla.
(e) quale è l'influenza dello spessore dell'oggetto (b) Spiegare come la densità, la deformazione da
in vetro sull'ampiezza delle tensioni termiche? cottura, la resistenza meccanica, la resistenza alla
Perché? corrosione e la conduttività termica sono influen-
14.10 I vetri borosilicati e la silice fusa sono resistenti zate dal grado di vetrificazione.
agli shock termici. Perché? 14.23 Per i materiali ceramici refrattari, citare tre carat-
14.11 Spiegare brevemente, con vostre parole, cosa teristiche che migliorano, e due che peggioran.o,
accade quando un vetro viene temprato. all'aumentare della porosità.
14.12 Il vetro può essere rafforzato mediante tempra 14.24 Trovare la temperatura massima a cui i seguenti
chimica. Con questa procedura, la superficie del materiali refrattari a base magnesia allumina pos-
vetro viene posta in uno stato di compressione sono essere riscaldati prima che compaia una fase
mediante scambio di alcuni cationi nelle vicinan- liquida.
Domande e problemi • 445

(a) Un materiale di allumina legato a spinello di (b) Per il sistema Mg0-Alp 3 qual è la tempera-
composizione 95 % in peso di Al 20 3 - 5% in peso tura massima possibile per la formazione di una
di MgO. fase liquida? A quale composizione o per quale
(b) Uno spinello di magnesia-allumina di compo- fascia di composizione si raggiungerà tale tempe-
sizione 65% in peso di Alp 3 - 35% in peso di ratura?
MgO. Consultare la Figura 13.24. 14.28 Alcuni materiali ceramici sono fabbricati per
14.25 Prendendo in considerazione il diagramma di fase pressatura isostatica. Citare alcuni limiti e diffi-
del sistema Si0 2-Alp 3, Figura 13.26, per ogni coltà associati a questa tecnica.
coppia delle seguenti composizioni, quale giudi- 14.29 Confrontate il modo in cui le particelle aggregate
cate essere il materiale refrattario più attraente? si legano insieme nelle miscele a base di argilla
Giustificate la vostra scelta. durante la cottura e nei cementi durante la presa.
(a) 20% in peso di Alp 3- 80% in peso di Si0 2 e 14.30 Spiegare perché è importante macinare il cemento
25% in peso di Al 20 3- 75% in peso di Si0 2 in una polvere fine.
(b) 70% in peso di Alp 3- 30% in peso di Si0 2 e
80% in peso di Al 20 3- 20% in peso di Si0 2 Problemi di progettazione
14.26 Calcolare la frazione in peso di liquido nei 14.D1 Alcuni moderni articoli da cucina sono fatti in
seguenti materiali refrattari a 1600QC: materiale ceramico.
(a) 6% in peso di Alp 3- 94% in peso di Si 0 2• (a) Elencare almeno tre caratteristiche importanti
(b) 10% in peso di AIP 3- 90% in peso di Si0 2 • richieste a questi materiali per il loro utilizzo in
(e) 30% in peso di A120 3- 70% in peso di Si0 2• queste applicazioni.
(d) 80% in peso di AIP 3- 20% in peso di Si0 2• (b) Fate un paragone tra tre materiali ceramici in
14.27 ta) Per il sistema AIP 3-Si0 2 qual è la temperatu- base alle loro proprietà ed in base al loro costo.
ra massima possibile senza formazione di fase (e) Sulla base di questo confronto, selezionate il
liquida? A quale composizione o per quale fascia materiale migliore per l'applicazione suddetta.
di composizione si raggiungerà tale temperatura?
Micrografia elettronica
a trasmissione che mostra la
struttura sferulitica in un
campione di gomma
naturale. Cristalliti lamellari
a catena ripiegatasi di circa
1 O nm di spessore si
sviluppano in direzione
radiale a partfre dal centro:
nella micrografia appaiono
come linee bianche.
30000x. (Fotografia fornita
da P.J. Philips. Prima
pubblicazione su
R. Bartnikas e R.M.
Eichhorn, Engineering
Dwwcirics, Voi. HA,
Electrical Properties of
Solid lnsulating Materials:
Molecular Structure ami
Electrical Behavior.
Copyright ASTM, 1916
Race Street. Philadelphia,
PA 19103. Reprinted with
permission). Ristampa
autorizzata.

Perché iitudiare la Struttura <lei polimeri?

Le proprietà ed i comportainenli dei materiali polime- 2. Grado di reticolazione in funzione della rigidità dei
rici sono influenzate da un numero relativamente ele- materiali gommosi (Sezione 16.8).
valo di caratteristiche chimiche e strutturali. Alcune 3. Chimica dei polimeri in funzione della tempera-
di tali caratteristiche sono qui di seguito riportate: tura di fusione e di transizione vetrosa (Sezione
1. Grado di cristallinità dei polimeri semicristallini in 16.5).
funzione della densità, rigidità, resistenza meccanica e
duttilità (Sezioni 15.10 e 16.4).

446
O hietti vi di a pprend imcnto

Dopo aver studiato que1oto capitolo, dovresti essere in grado di fare le seguenti co~P.!

1. Descrivere una tipica molecola polimerica, la sua 4. Nominare e descrivere brevemente:


struttura a catena e come tale catena può essere (a) i quattro tipi di strutture molecolari polimeri-
generata dalla ripetizione delle unità monomeri- che;
che. (b) i tre tipi di stereoisomeri;
2. Disegnare i monomeri del polietilene, cloruro di (e) i due tipi di isomeri geometrici;
polivinile, politetraf1norPtilene, polipropilene e (d) i quattro tipi di copolimeri.
polistirene. 5. Descrivere brevemente lo stato cristallino nei
3. Calcolare per un dato polimero la media aritmeti- materiali polimerid.
ca e la media pesata del peso molecolare e la 6. Descrivere brevemente e disegnare la struttura
media aritmetica e la media pesata del grado di sferulitica di un polimero semicristallino.
polimerizzazione.

15.1 INTRODUZIONE

I polimeri che si trovano in natura - quelli derivati da piante ed animali - sono usati da parec-
chi secoli; tra questi si possono citare il legno, la gomma, il cotone, la lana, il cuoio e la seta.
Altri polimeri naturali quali le proteine, gli enzimi, gli amidi e la cellulosa sono importanti
nei processi biologici e fisiologici di piante ed animali. I moderni mezzi di ricerca hanno reso
possibile l'identificazione delle strutture molecolari di questo gruppo di materiali e lo svi-
luppo di numerosi polimeri che vengono sintetizzati da molecole organiche di piccole dimen-
sioni. Molti dei nostri materiali più utili, quali le plastiche, gomme e fibre sono polimeri sin-
tetici. In effetti, a partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, il campo dei materiali è
stato virtualmente rivoluzionato dall'avvento dei polimeri sintetici. Essi possono essere pro-
dotti a basso costo e le loro proprietà possono essere controllate con un tale grado di preci-
sione che molte di esse risultano superiori a quelle degli omologhi prodotti naturali. In diver-
se applicazioni, parti in metallo o in legno sono state sostituite dalle plastiche, che presenta-
no proprietà soddisfacenti e costi di produzione più bassi.
Come per i metalli e le ceramiche, le proprietà dei polimeri sono correlate in modo complesso
agli elementi strutturali del materiale. Questo capitolo esplora le strutture molecolari e cristalline
dei polimeri; nel Capitolo 16, invece, vengono discusse le relazioni tra struttura ed alcune delle
proprietà fisiche e chimiche insieme ad applicazioni tipiche e metodi di produzione.

15.2 MOLECOLE DEGLI IDRO(:ARBURI

Poiché la gran parte dei polimeri è di natura organica, si richiamano in breve alcuni concetti
di base relativi alla struttura delle loro molecole. Prima di tutto, molti materiali organici sono
idrocarburi; cioè sono composti di idrogeno e carbonio. Inoltre i legami intramolecolari sono
di natura covalente. Ciascun alumo ùi carbonio ha quattro elettroni che possono partecipare
alla formazione di un legarne covalente, mentre ogni atomo di idrogeno ha un solo elettrone
di legame. Un legame covalente singolo si determina quando ciascuno degli atomi che si lega
fornisce un elettrone, come rappresentato schematicamente in Figura 2.1 O per una molecola
di metano (CH4 ). Legami doppi e tripli tra due atomi di carbonio comportano la condivisione,
rispettivamente, di due o tre coppie di elettroni. Per esempio, nell'etilene, che ha formula chi-
mica C2 H4 • i due atomi di carbonio hanno un legame doppio tra loro ed inoltre ciascuno di essi
ha un legame singolo con due atomi di idrogeno, secondo la fonnula di struttura
H H
I I
C=C
I I
H H

44-7
448 • Capitolo 15 / La struttura dei polimeri

dove - e= indicano, rispettivamente, un legame covalente singolo ed uno doppio. Un esem-


pio di legame triplo si trova nell'acetilene, C2H 2 :

H-C=C-H

Le molecole che presentano legami doppi e tripli sono chiamate insature, dal momento
che ciascun atomo di carbonio non è legato al numero massimo, ovvero quattro, altri atomi.
Per una molecola insatura, un legame doppio può essere pensato come se si trattasse di due le-
gami singoli. Un trasferimento di posizione intorno all'atomo di carbonio, da parte di un le-
game singolo, consente l'aggiunta di un altro atomo, o gruppo di atomi, alla molecola origina-
ria. Naturalmente tutti i legami presenti in un idrocarburo saturo sono singoli (e saturi) e, per-
tanto, non possono essere aggiunti nuovi atomi senza rimuoverne altri già legati alla molecola.
Alcuni degli idrocarburi semplici appartengono alla famiglia delle paraffine; molecofe le
cui catene appartengono alla famiglia delle paraffine sono il metano (CH 4 ), l'etano (C 2H 6 ), il
propano (C3Hg)ed il butano (C 4H 10). Le composizioni e le strutture molecolari delle moleco-
le paraffiniche sono riportate nella Tabella 15.1. I legami covalenti presenti in ciascuna mole-
cola sono legami forti, mentre i legami esistenti tra le diverse molecole sono legami deboli di
tipo a idrogeno o di Van der Waals; pertanto questi idrocarburi hanno punti di fusione e di
ebollizione relativamente bassi. Per contro, le temperature di ebollizione crescono al cresce-
re del peso molecolare (Tabella 15.1).
Alcuni composti idrocarburici presentano la stessa composizione, ma differente disposi-
zioni atomiche; questo fenomeno è.chiamato isomerismo. Per esempio, ci sono due isomeri
del butano; il normai butano ha la struttura
H H H H
I I I I
H-C-C-C-C-H
I I I I
H H H H

Tabella 15. I Composizione e strutture molecolari per alcuni


composti paraffinici C,.H2 n+ 2

Nome Composizione Struttura Temperatura di ebollizione (°C)

H
I
Metano H-C-H -164
I
H
H H
I I
Etano H-C-C-H -88.6
I I
H H
H H H
I I I
Propano C3H8 H-C-C-C-H --42. I
I I I
H H H
Butano C4H10 --0.5
Pentano CsH12 36.1
Esano C6H14 69.0
15.2 Molecole degli idrocarburi • 449

mentre una molecola di isobutano è rappresentata


H
I
H-C-H
1
H-C-C-C-H
I r
I I I
H H H
Alcune proprietà fisiche degli idrocarburi dipendono dallo stato isomerico, per esempio la
temperatura di ebollizione del nonna! butano e dell'isobutano sono, rispettivamente, di ---0.5
e -12.J °C.
Vi sono numerosi altri gruppi organici che fonnano strutture polimeriche. Alcuni tra i
gruppi più comuni sono riportati nella Tabella 15.2, dove R e R' rappresentano i radicali
organici - ovvero gruppi di atomi che restano come una singola unità e mantengono la loro
identità durante le reazioni chimiche. Esempi di radicali idrocarburici a legame singolo sono
i gruppi CH,, C2H5 e C6 H5 (metile, etile e fenile).

Tabella 15.2 Alcuni gruppi di idrocarburi comuni

Famiglia Unità Caratteristica Composto Rappresentativo

H
Alcooli
R-OH
I Alcool metilico
H-C-OH
I
H
H H
Eteri R-0-R'
I I Etere dimetilico
H-C-O-C-H
I I
H H
OH H OH
Acidi I I / Acido acetico
R-C H-C-C
~ I ~
H O
R
\ H
·Aldeidi C=O \ Formaldeide
I C=O
H I
H

Idrocarburi aromatici

6 Fenolo

" La struttura semplificata 6 indie, un gruppo fooilico


450 Capitolo J5 / La struttura dei pollineri

15.3 MOLECOLE POLIMERICHE

Le molecole dei polimeri sono molto più grandi rispetto a quelle degli idrocarburi dei quali
si è discusso poc'anzi; infatti, proprio in virtù delle loro dimensioni, esse sono comunemen-
te chiamate macromolecole. Ali 'interno di ciascuna molecola gli atomi sono legati tra loro
da legami interatomici covalenti. Per la maggior parte dei polimeri le molecole si presentano
sotto forma di catene lunghe e flessibili, la cui struttura portante è una fila di atomi di carbo-
nio: spesso ciascun atomo di carbonio presenta un legame singolo con altri due atomi di car-
bonio adiacenti su ciascun lato, secondo il seguente schema bidimensionale:
I I I I I I I
-c-c-c-c-c-c-c-
1 I I I I I I
Ciascuno dei due elettroni di valenza rimanenti in ogni atomo di carbonio può essere interes-
sato da legami laterali con atomi o radicali che si posizionano adiacentemente alla catena.
Naturalmente sono anche possibili doppi legami sia nella catena che lateralmente.
Le lunghe molecole polimeriche sono composte da unità strutturali chiam·ate "meri", le
quali si ripetono in successione lungo la catena. "Mero" deriva dalla parola greca meros che
significa parte; un singolo mero è chiamato monomero, mentre il termine polimero è stato
coniato per indicare una pluralità di meri. Il "mero" indica l'unità ripetitiva in una catena di
polimeri, mentre "monomero" è utilizzato in un contesto di una molecola costituita da un sin-
golo mero.

15.4 CHIMICA DELLE .'1OLECOLE POLBJERICHE

Si consideri ancora l'idrocarburo etilene (C 2H4 ) che, a pressione e temperatura ambiente, è un


gas, il quale ha la seguente struttura molecolare:
H H
I I
C=C
I I
H H
Se il gas etilene è soggetto ad opportune condizioni di temperatura e pressione in presen-
za di un catalizzatore, esso si trasforma in polietilene (PE), che è un materiale polimerico
solido. Questo processo comincia quando si forma un mero attivo dalla reazione tra un ini-
ziatore o specie catalitica (R ·) ed una molecola di etilene come di seguito schematizzato:

H H H H
I I I I
R· + C=C-R-C-C· (15.1)
I I I I
H H H H

Successivamente, la catena del polimero si forma per mezzo di ulteriori sequenziali addizio-
ni di altri monomeri di polietilene al nucleo attivo dell'iniziatore/mero. Il sito attivo. ovvero
l'elettrone spaiato (indicato con ·), viene trasferito sempre all'ultimo monomero aggregatosi
alla catena. Questo meccanismo viene qui di seguito schematizzato:

HH HH HHHH
I I I I I I I I
R-C-C· + C=C-R-C-C-C-C· (15.2)
I I I I I I I I
HH HH HHHH
15.4 (:himica delle molecole polimeriche • 451

Frc1 H..\ I a.I 1-----,


Per il polietilene: (a) H H H : H H : H H H
I I I I I I I I I I
rappresentazione -c-c-c-c-c-,--c-c-c-
schematica del 1 I I : I I I I I I
H H H I H H I H H H
monomero e della , _____ J
struttura della catena; (h) Monomero
una vista pru~pellica della (,1)
molecola che mostra
la struttura a zig-zag
della catena.

Oc ~H
(b)

Il risultato finale, dopo l'aggiunta di molte unità monomeriche dell'etilene, è la molecola di

• polietilene, una parte della quale è mostrata in Figura 15. la. Questa rappresentazione, tuttavia,
non è del tutto corretta in quanto l'angolo tra gli atomi di carbonio legati singolarmente non è
a 180° come rappresentato in figura, ma piuttosto vicino ai 109°. In un modello tridimensio-
nale più accurato gli atomi di carbonio formano un percorso a zig-zag (Figura 15.1 b), dove la
lunghezza del legame C-C è di 0.154 nm. Tuttavia, in questo testo, le molecole polimeriche
sono di norma rappresentate in foITI1asemplificata usando, cioè, il modello a catena lineare.
Se nel polietilene tutti gli atomi di idrogeno vengono sostituiti da atomi di fluoro, si ottie-

• ne un polimero chiamato politetrafluoroetilene (PTFE), le cui strutture monomeriche e della


catena sono riportate in Figura 15.2a. Il politetrafluoroetilene (conosciuto con il nome com-
merciale di Teflon) appartiene alla famiglia di polimeri chiamati fluorocarburi.

F
I
F
I
F:F
I
r-----,
I
-c-c-c-c-c-,-c-c-c-
I
F:F
I I I
F
I
F
I
FH;1 R_\ 15.2 Monomero e struttura
della catena per (a) politetrafluoroetile-
1 I I : I I I I I I
ne, (h) cloruro di polivinile, (e) polipro-
F F F I F F I F F F pilene.
t _____ j

Monomero
/a)

r-----,
H H H : H H : H H H
I I I I I I I l I I
-c-c-c-c-c-,--c-c-c-
1 I I l I I l l I
H Cl H : _Cl H : Cl H Cl
[ _____ j

Monomero
ruJ

r-----,
I l
H H H I ti H 1 H H H
I I I I I - I I I I I
- c-c-c___..c~c-,--c-c-c-
1
I I I . f t · I I I
H CH3 H p;ttzK ·lCH3 H CH3
t-~---l
Monomero
/ci
452 • Capitolo 15 / La struttura dei polimeri

• Il cloruro di polivinile (PVC) è un altro polimero molto comune. Esso ha struttura leg-
germente diversa dal polietilene, in quanto un atomo di idrogeno su quattro è sostituito da
un atomo di cloro. La sostituzione di ogni atomo di cloro del PVC con un gruppo metile
CHJ,

H-C-H
I
H
invece, genera il polipropilene (PP). Anche le strutture delle catene del cloruro di polivinile
e del polipropilene sono riportate nella Figura 15.2. Nella Tabella 15.3, invece, è riportata una
lista delle strutture monomeriche di alcuni dei polimeri più comuni; come si può notare alcu-
ne di esse, ad esempio il nylon, il poliestere ed il policarbonato sono relativamente comples-
se. Ulteriori strutture monomeriche di un grande numero di polimeri comuni sono riportate
nell'Appendice D.
Quando tutte le unità monomeriche presenti in una catena polimerica sono dello stesso
tipo, il polimero risultante è chiamato omopolimero. Non vi sono limitazioni nella sintesi di
polimeri alla formazione di altri composti oltre gli omopolimeri ed infatti le catene possono

Tabella 1.5.3 Strutture dei monomeri dei 10 materiali polimerici più comwii

Polimero Struttura (monomero) ripetitiva


H H
Polietilene (PE) I I
-e-c-
l I
H H
H H


I I
Cloruro di polivinile (PYC) -e-c-
l I
H Cl
F F

• Politetrafluoroetilene (PTFE) I I
-e-c-
l I
F F


H H
I I
Polipropilene (PP) -e-c-
l I
H CH 3


H H
Polistirene (PS) I I
-c-c-

~6

H CH 3
Polimetilmelacrilato (PMMA) I I
-e-c-
l I
H C-0-CH
Il J

o
15.5 Peso molecolare • 453

'fabella l.'i.3 (Continuaj


Polimero Struttura (monomero) ripetitiva

• Fenolo-Formaldeide (Bakelite)

• Poliesametilene
adipammide (nylon 6,6)
-~-r-;-J-~-Lq-]
H lH H 6 H 4


O b O H H
Polietilentereftalato
(PET, un poliestere) -~-0-!-o-{-{-o- H H
b CH 3 O

-o -0- r---O--o-c-

I~ Il
Policarbonato

CH3
H H
\ I
C=C

b Il simbolo -O- nelle catene di base indica la presenza di un ane!lo . -C\_


aromat1codel tipo
I
e-e
\
c-
11
I \
H H

essere composte da unità appartenenti a due o più unità monomeriche differenti ed in questo
caso sono chiamati copolimeri (vedere Sezione 15.9).
Le unità monomeriche fin qui considerate hanno due legami attivi in grado di formare
legami covalenti con altri monomeri, come sopra indicato per l'etilene. Questo genere dì
monomeri è detto bifunzionale, cioè essi si possono legare con altre due unità monomeriche
per formare una struttura molecolare bidimensionale del tipo a catena. Tuttavia esistono altri
monomeri, come ad esempio il fenolo-formaldeide (Tabella 15.3), i quali sono trifunziona-
li, ovvero hanno tre legami attivi in grado di formare una struttura a rete tridimensionale,
come verrà descritto nel seguito di questo capitolo.

15.5 PESO 1\IOLECOLARE

Pesi rnolecolari 1 molto elevati si riscontrano nei polimeri a catene molto lunghe. Durante il
processo di polimerizzazione nel quale queste grandi macromolecole vengono sintetizzate da

1 "Massa molecolare" "massa molare" e "massa molecolare relativa" sono termini usati in maniera più

appropriata rispetto a "peso molecolare" nel contesto di questa trattazione: in effetti si tratta di una
massa e non di pesi. Tuttavia, il termine peso molecolare è il più comunemente utilinato nella lettera-
tura dei polimeri e, pertanto, sarà impiegato anche in questo libro.
454 • Capitolo 15 / La struttura dei polimeri

0.3 0.3

u"' o
-~ 0.2 "'
~
o.
0.2
E
:, .é:
e :.,
Cl) e:
e: o
o 'N
·;:;
~
"' 0.1
w:: "- 0.1

0o 5 10 15 20 25 30 35 40 OO 5 10 15 20 25 30 35 40

Peso molecolare (10' g/mol) Peso molecolare (103 g/mol)


(a) (b)

FtGIRA 13.3 Distribuzione ipotetica delle dimensioni della molecola di un polimero sulla base
(a) del numero e (b) del peso delle molecole.

molecole più piccole, non tutte le molecole raggiungono la stessa lunghezza; quello che in
effetti si ottiene è una distribuzione delle lunghezze delle catene e dei pesi molecolari. Di
nonna viene definito un peso molecolare medio che può essere determinato misurando alcu-
ne proprietà fisiche quali la viscosità e la pressione osmotica.
Ci sono diversi modi di definire il peso molecolare medio. I "a media numerica del peso
molecolare Mn si ottiene dividendo le catene in una serie di intervalli e quindi detenninando
la percentuale delle catene aventi uguale lunghezza (Figura 15.3a). Il peso molecolare medio
numerico è espresso dalla

(15.3a)

dove M, rappresenta il peso molecolare medio nell'intervallo dimensionale i e X; è la frazione


del numero totale di catene all'interno del corrispondente intervallo dimensionale.
La media pesata del peso molecolare M,,. è basata sulla frazione in peso delle mole-
cole ali 'interno dei diversi intervalli di peso (Figura 15.3b). Esso viene calcolato con

(15.3b)

dove, ancora, M; è il peso molecolare medio all'interno di un intervallo dimensionale, mentre


w, indica la frazione in peso delle molecole entro lo stesso intervallo. Nell'Esempio di
Problema 15.1 sono calcolate entrambe la media numerica e la media pesata dei pesi moleco-
lari. La Figura 15.4 indica una distribuzione tipica del peso molecolare e delle relative medie.
Un altro modo di esprimere la dimensione media delle catene polimeriche è il grado di
polimerizzazione n, che rappresenta il numero medio di unità monomeriche appartenenti ad
una catena. È possibile calcolare sia la media aritmetica (n.) che la media pesata (n.) del
grado di polimerizzazione nel modo seguente:
M
nn =--n
- (15.4a)
m

M_.
n.,=--m (15.4b)
15.5 Peso molecolare • 455

F1Gl Il.-\ Li A Distribuzione dei pesi


Media numerica, M, molecolari in un polimero tipico.

Peso molecolare -

.ove M" e M. sono la media numerica e la media pesata dei pesi molecolari come in pre-
edenza definiti, mentre m è il peso molecolare del monomero. Per un copolimero, (conte-
ete due o più differenti tipi di monomero), m si determina come:

(15.5)

n questa espressioneJ; e m1 sono, rispettivamente, la frazione della catenaj ed il peso mole-


olare dell'unità monomericaj.

~SlrnPJO Ili PROBI.F:)l\ 15. l

Si ipotizzi che la distribuzione del peso molecolare mostrata nella Figura 15.3 sia del cloruro
di polivinile. Per questa molecola calcolare: (a) la media numerica del peso molecolare. (b) la
media aritmetica del grado di polimerizzazione, (e) la media pesata del peso molecolare.

(a) I dati necessari per il calcolo, ripresi dalla Figura 15.3a, sono riportati nella Tabella 15.4a.
Applicando l'Equazione 15.3a, la sommatoria di tutti i prodotti x.M, (dalla colonna a destra)
fornisce la media numerica del peso molecolare che, nel caso in esame, è 21150 g/mol.
'foJwlla 15.4a Dati utilizzati per il calcolo della media numerica del peso
molecolare nell'Esempio di Problema 15.1

Intervallo Peso M;medio


Molecolare (g!mol) (glmol) X; xM;
5000---10000 7500 0.05 375
10000---15000 12500 0.16 2000
15000-20000 17500 0.22 3850
20000-25000 22500 0.27 6075
25000-30000 27500 0.20 5500
30000-35000 32500 0.08 2600
35000-40000 37500 0.02 750

M, =21150
456 Capitolo 15 / La struttura dei polimeri

Tal:wlla I ."l.4-hDati utilizzati per il calcolo della media pesata del peso
molecolare nell'Esempio di Prohlema 15.1

Intervallo Peso Mi medio


Molecolare (g!mol) (glmol) wi w;M;

5000-10000 7500 0.02 150


10000--15000 12500 0.10 1250
15000--20000 17500 0.18 3150
20000--25000 22500 0.29 6525
25000--30000 27500 0.26 7150
30000--35000 32500 0.13 4225
35000-40000 37500 0.02 750

M. = 23200

(b) Per determinare la media aritmetica del grado di polimerizzazione (Equazione 15.4a) è
necessario innanzitutto calcolare il peso molecolare del monomero. Per il PVC, ciascun mono-
mero è composto da due atomi di carbonio, tre atomi dì idrogeno ed un solo atomo di cloro
(Tabella 15.3). I pesi atomici cti C., H e Cl sono, rispettivamente, 12.01, 1.01 e 35.45 g/mol.
Quindi, per il PVC

m= 2(12.01 g/mol) + 3(1.01 g/mol) + 35.45 g/mol


= 62.50 g/mol
e
n =-"=
M 21150 g/mol = 338
" -m 62.50 g/mol

(e) La Tabella 15.b mostra i dati per la media pesata del peso molecolare tratti dalla Figura
15.3b. I prodotti »·,M1 per alcuni intervalli dimensionali sono riportati nella colonna a destra.
La somma di tali prodotti (Equazione 15.3b) porta ad un valore dì 23200 g/mol per M •. .

Numerose caratteristiche dei polimeri dipendono dall'entità del peso molecolare. Una di
queste è la temperatura di fusione o di rammollimento, la temperatura di fusione cresce con
l'aumentare del peso molecolare (per M sino a circa 100000 g/mol). A temperatura ambien-
te, i polimeri con catene molto corte (con pesi molecolari dell'ordine di 100 g/mol) si pre-
sentano allo stato liquido o gassoso. Quelli con peso molecolare intorno ai 1000 g/mol sono
solidi cerosi (ad esempio le cere e le paraffine) e resine morbide. I polimeri solidi (a volte
chiamati alti polimeri) che costituiscono il tema principale di questa trattativa, normalmente
hanno dei pesi molecolari che vanno dai 10000 a diverse milioni di g/mol.

15.6 FOR.UA DELLE .MOLECOLE

Le molecole di una catena polimerica non sono rigorosamente lineari, ovvero bisogna tenere
conto della conformazione a zig-zag degli atomi della struttura di base (Figura 15. lb). l lega-
mi di una singola catena, infatti, sono in grado di ruotare e flettersi nello spazio. Si conside-
rino gli atomi della catena di Figura 15.Sa; un terzo atomo di carbonio può collocarsi in cia-
scun punto del <.:uuodi rivoluzione e mantenendo un angolo di circa 109° nel legame con gli
altri due atomi. Si ha un segmento di catena lineare quando gli atomi successivi della catena
si posizionano come in Figura 15.5b. D'altra parte si possono avere catene inclinate e ritorte
15.6 Forma delle molecole • 457

(a) (b)

Fu;1H.\ I 5 ..'i Rappresentazione schematica dell'influenza della posizione degli atomi di carbonio
(cerchi pieni) della struttura di base sulla forma di una catena polimerica. (a) L'atomo ali 'estre-
mità destra può trovarsi in un qualsiasi punto della circonferenza tratteggiata e sottendere un ango-
lo di I 09° con il legame tra gli altri due atomi. Quando gli atomi della struttura di base si colloca-
no come in (h) e (e) si generano segmenti di catena, rispettivamente, lineari e ritorti. (Riprodotto
con il permesso della Brooks/Cole Publishing Company, a division of Intemational Thomson
Publishing lnc.; fax (800)730-2215. From The Science and Engineering o.f Materials, 3/e by D.
Askeland. © 1994.)

quando gli atomi della catena ruotano in altre posizioni, come indicato in Figura 15.5c."
Pertanto una singola molecola della catena, composta di molti atomi, potrebbe assumere una
forma simile a quella rappresentata schematicamente in Figura 15.6, con una moltitudine di
piegamenti, contorcimenti e cappi3. Nella figura è anche indicata la distanza inizio-fine della
catena polimerica; questa distanza è molto minore della lunghezza totale della catena.
I polimeri sono costitutiti da un gran numero di catene molecolari, ciascuna delle quali
può inclinarsi, arrotolarsi a spirale, formare cappi come in Figura 15.6. Questo porta ad un
notevole intrecciamenlo ed aggrnvigliamenlo delle molecole delle catene adiacenti, come
accade ad una lenza da pesca che fuoriesce dal mulinello. Queste spirali casuali e gli aggro-

FtGl lt \ 15.6 Rappresentazione sche-


matica di una singola catena polimerica
con numerose e casuali spirali prodotte
dalla rotazione dei legami della catena.
(Da L.R.G. Treloar, The Physics o.f
Rubher Elasticity, 2nd edition, Oxford
University Press, Oxford, 1958, p.47.)

i Per alcuni polimeri la rotazione degli atomi di carbonio della struttura di base può essere impedita da
voluminosi gruppi di elementi appartenenti a catene adiacenti.
3 Il termine conformazione è spesso utilizzato in riferimento al profilo fisico delle molecole, o forma

molecolare, che può essere alterato solo dalle rotazioni degli atomi della catena attorno ai legami sin-
goli.
458 • Capitolo 15 / La struttura dei polimeri

vigliamenti molecolari sono all'origine di alcune importanti caratteristiche dei polimeri, per
esempio la grande estensibilità elastica offerta dalle gomme.
Alcune delle caratteristiche meccaniche e termiche dei polimeri dipendono dalla capacità
di segmenti di catena di ruotare in risposta a sforzi applicati o ad oscillazioni termiche. La
flessibilità alla rotazione dipende dalla struttura e dalla chimica dei monomeri. Per esempio,
la parte di catena che ha un legame doppio (C=C) è rigida alla rotazione. Ancht: l'introdu-
zione di un gruppo laterale voluminoso riduce i movimenti rotazionali. Per esempio, le mole-
cole di polistirene, che hanno un gruppo laterale fenile (Tabella 15.3), sono più resistenti alle
sollecitazioni rotazionali di quanto lo siano le catene di polietilene.

15.7 STRlTI'l;RA l\lOLE{:OLARE

Le caratteristiche fisiche di un polimero dipendono non solo dalla sua forma e dal suo peso
molecolare, ma anche dalle differenze di configurazione strutturale delle catene molecolari.
Le moderne tecniche di sintesi dei polimeri consentono un notevole controllo sulla produ-
zione delle varie alternative strutturali. Questo paragrafo Lrattaalcune strutture molecolari tra
le quali la lineare, la ramificata, a legami incrociati e reticolare, oltre a varie configurazioni
isomeriche.

POLl:\JERI LINEARI

I polimeri lineari sono quelli nei 4uali le unità monomeriche sono unite da un estremo all'al-
tro in una singola catena. Queste lunghe catene sono flessibili e possono essere immaginate
come una massa di spaghetti, come si può vedere schematicamente in Figura 15.7a, dove cia-
scun cerchio rappresenta un 'unità monomerica. Tra le catene dei polimeri lineari vi posso-
no essere numerosi legami di tipo Van der Waals. Tra i polimeri lineari di maggior impiego
comune che presentano strutture lineare vi sono il polietilene, il cloruro di polivinile, il poli-
stirene, il polimetilmelm.:rilato, il nylon ed i fluorocarburi.

POLDIRRI RA::\-llFICATI

I polimeri possono essere sintetizzati in maniera che dalla catena si dipartano ramificazioni
laterali, come schematizzato in Figura 15.7h; questi polimeri sono chiamati polimeri rami-
ficati. I rami, da considerarsi parte delle molecole della catena principale, sono generati da
reazioni laterali che avvengono durante la sintesi del polimero. Con la formazione delle rami-
ficazioni si riducono le capacità di impacchettamento della catena per cui la densità del poli-
mero diminuisce. Gli stessi polimeri che formano strutture lineari possono anche essere poli-
meri ramificati.

POLl11ERI A LEG ..Ull l~CROCL\TI

Nei polimeri a legami incrociati, le catene lineari adiacenti sono unite l'una ali' altra in vari
punti da legami covalenti, come si vede in Figura 15.7c. Lo sviluppo di legami incrociati è
ottenuto sia durante la sintesi, sia con una reazione chimica non reversibile che viene nor-
malmente effettuata ad elevata temperatura. Spesso questi legami incrociati si ottengono
mediante aggiunte di atomi o molecole che si legono alla catena principale con legami cova-
lenti. Molti materiali gommosi ed elastici presentano legami incrociati; nelle gomme questa
caratteristica è chiamata vulcanizzazione, come descritto nella Sezione 16.15.
15.8 Configurazioni molecolari 459

................ ••• ...


(a) (b)

(r) (d)

FIGl'R\ l.'i. 7 Rappresentazione schematica di strutture molecolari lineari (a), ramificate (b), a
legami incrociati (e) e a rete tridimensionale (d).I cerchi indicano le unità monomeriche.

POLIMERI RETICOLATI

Le unità monomeriche trifunzionali che hanno tre legami covalenti attivi formano reti tridi-
mensionali (Figura 15.7d}e sono denominati polimeri reticolati. In effetti, un polimero che
presenta un elevato grado di legami incrociati può essere classificato come un polimero a
rete. Questi materiali hanno proprietà meccaniche e termiche caratteristiche; tra questi vi
sono le resine epossidiche e le fenolo-formaldeide.

Si deve notare che i polimeri non sono formati in genere da un solo tipo di struttura. Ad
esempio un polimero prevalentemente lineare potrebbe avere alcune limitate ramificazioni o
legami incrociati.

15.8 COl\FIGLRAZIOl\l MOLECOLARI

Per i polimeri che presentano più di un atomo o gruppi di atomi legati lateralmente alla catena
principale, la regolarità e la simmetria della configurazione del gruppo laterale possono in-
fluenzare significativamente le proprietà del polimero stesso. Si consideri l'unità monomerica
H H
I I
-e-e-

460 • Capitolo l 5 / La struttura dei polimeri

nella quale R rappresenta un atomo o gruppi laterali diversi dall'idrogeno (ad esempio CI,
CH3 ). Una configurazione possibile prevede il succedersi di unità manomeriche con il grup-
po laterale R nello stesso ordine, in modo da alternare R lungo la catena:

H H H H
I I I I
-c-c-c-c-
(15.6a)
k@ k@
Questa configurazione è chiamata testa-coda. 4 La sua complementare è la configurazione
testa-testa la quale si presenta quando i gruppi R si legano ad atomi di catena adiacenti:

H H H H
I I I I
-c-c-c-c- (15.6b)
k @@k
Nella maggior parte dei polimeri predomina la configurazione testa-coda poiché, spesso,
nella configurazione testa-testa si manifesta una repulsione polare tra i gruppi R.
Nelle molecole polimeriche si presenta anche il fenomeno dell'isomerismo (Sezione
15.2) per il quale composti aventi la stessa composizione chimica presentano differenti con-
figurazioni atomiche. Nelle sezioni seguenti saranno presentati due sottoclassi isomeriche: lo
stereoisomerismo e l'isomerismo geometrico.

STEREOIS(HIEHTS:\10

È presente stereoisomerismo quando gli atomi sono collegati tra loro nello stesso ordine
(testa-coda) ma differiscono nella loro disposizione spaziale. Per uno stereoisomero, tutti i
gruppi R sono situati nello stesso lato della catena, come qui indicato:


H H H H H H H H
I I I I I I I I
-c-c-c-c-c-c-c-c- ( 15.7)
A@A@A®~®
Questa configurazione è chiamata configurazione isotattica.
In una configurazione sindiotattica, invece, i gruppi R si alternano sui lati della catena:

y y y °?y y y °?
• 4
-c-c-c-c-c-c-c-c-
A@~ A A@A~
(15.8)

Il termine configurazione viene usato con riferimento alla disposizione delle unità lungo l'asse della
catena o a posizioni dell'atomo che non sono modificabili se non rompendo e poi ricostituendo i lega-
mi originari.
15.8 Configurazioni molecolari 461

Infine, per un posizionamento casuale

1 1 1 Y Y'11
-c-c-c-c-c-c-c-c- (15.9)
A® k ® AA k ®
si usa il termine configurazione atattica.
La conversione di uno stereoisomero da una forma all'altra (ad esempio da isotattico a
sindiotattico) non è possibile con una semplice rotazione dei singoli legami della catena,
bensì occorre prima recidere questi legami i quali poi, dopo essere avvenuta l'appropriata
rotazione, vengono ricostituiti.
Nella realtà ogni polimero può presentare più di una configurazione e la forma predomi-
nante fra queste dipende dal metodo di sintesi del polimero stesso.

1:-iCHIERIS)lO Gro,rnTRJ(:O

Nel caso delle unità monomeriche che presentano un doppio legame tra gli atomi di carbonio
della catena, sono possibili altre importanti configurazioni della catena dette isomeri geome-
trici. Infatti, legato a ciascun atomo di carbonio formante il doppio legame vi può essere un
singolo atomo o un radicale, i quali possono essere situati da un lato o dall'altro della catena.
Si consideri il monomero dell'isoprene avente la struttura

1®, 1
-C-C=C-C-
1 I
H H
nella quale il gruppo CH 3 e l'atomo H sono posizionati dallo stesso lato della catena. Questa
struttura è chiamata struttura cis ed il polimero risultante, il cis-poliisoprene, è la gomma
naturale, un segmento della catena è riprodotto sulla copertina di questo testo. Per l'isomero
alternativo

H@ H
1q5' I
-C-C=C-C-
k ®k
che presenta la cosiddetta struttura trans, il CH 3 e l 'H sono situati su lati opposti della catena.
Il trans-poli isoprene, detto anche guttaperca, in virtù della differente conformazione isome-
rica, mostra proprietà nettamente distinte da quelle della gomma naturale. Non è possibile ot-
tenere una conversione da trans a cis o viceversa mediante una semplice rotazione del legame
della catena, dal momento che una catena contenete un doppio legame è estremamente rigida.
Nella copertina posteriore di questo testo è riportato un segmento di catena del trans-poliiso-
prene.

Riassumendo le sezioni precedenti ricordiamo che le molecole di un polimero possono


essere caratterizzate dalla loro dimensione, forma e struttura. La dimensione delle molecole
è definita dal peso molecolare (o grado di polimerizzazione). La forma delle molecole è cor-
relata al grado di torsione, di flessione e di avvolgimento. La struttura molecolare dipende,
invece, dalla maniera secondo la quale le unità strutturali sono collegate tra loro. Sono possi-
462 • Capitolo 15 / La struttura dei polimeri

FIGl:R\ 15.8 Caratteristiche molecolari


Classificazione
schematica delle
caratteristiche molecolari
dei polimeri.
Chimica (composizione Dimensione Forma
I
Struttura
del monomero) (peso molecolare) (rotazione,
avvolgimento, ecc.)

I
Lineare Ramificata Legami Reticolata
incrociati

Stati isomerici

Stereoisomeri Isomeri geometrici

Isotattici Sindiotattici Atattici cis trans

bili tutti i tipi di strutture: lineare, ramificata, a legami incrociati ed a legami reticolati, in
aggiunta a diverse configurazioni isomeriche (isotattiche, sindiotattiche, atattiche, cis e
trans). Queste caratteristiche delle molecole sono mostrate nella carta tassonomica di Figura
15.8. Si noti che alcuni degli elementi strutturali non sono mutuamente escludenti e, infatti,
può essere necessario descrivere una struttura molecolare impiegando più di un elemento.
Per esempio un polimero può essere ano stesso tempo lineare ed isotattico.

15.9 COPOLI!UERl

Studiosi e scienziati sono sempre alla ricerca di nuovi materiali polimerici che possano esse-
re facilmente ed economicamente sintetizzati e prodotti ma che presentino, allo stesso tempo,
migliori proprietà rispetto a quelle offerte dagli omopolimeri dinanzi descritti. I nuovi mate-
riali, inoltre, tendono anche ad offrire una sinergia delle proprietà singolarmente offerte da
più distinti omopolimeri. Questi materiali sono i copolimeri.
Si consideri un copolimero formato da due unità monomeriche rappresentate da • e e in
Figura I 5.9. In funzione del processo di polimerizzazione e delle quantità relati ve dei due
monomeri, sono possibili diverse distribuzioni dei monomeri lungo la catena del polimero. In
un caso, come mostrato in Figura 15.9a, le due differenti unità monomeriche sono casual-
mente disperse lungo la catena dando luogo a quello che viene chiamato un copolimero
casuale. Nel caso di un copolimero alternato, come suggerisce il termine, le due unità
monomeriche si alternano nella catena, come mostrato in Figura 15.9b. Un copolimero a
blocchi è un copolimero nel quale monomeri identìci sono raggruppati in blocchi lungo la
catena (Fìgura 15.9c). Infine, su di una catena principale costituita da un omopolimero, pos-
sono essere innestati rami laterali costituiti da un omopolimero diverso da quello della cate-
na principale. In questo caso si chiama copolimero ad innesto (Figura 15.9d).
15.10 Cristallinità dei polimeri • 463

........
'
}'IGl-RA la. 9 Rap-

...........
presentazioni schemati-

...... ,· che di copolimeri casuali


(a), alternati (b), a bloc-
chi (e) e ad innesto (d). I

....., ,......_
due differenti monomeri
(a) sono rappresentati da cer-
chi neri e colorati.

._
.............
I ._ ... ._

...........
(b)

...... ......... (e)


-

••••
•••••••••••• ........
•••. ,

(d)

Le gomme sintetiche, delle quali si è parlato nella Sezione 16.15, sono spesso copolime-
ri; le unità monomeriche impiegate in alcune di queste gomme sono riportate nella Tabella
15.5. La gomma stirene-butadiene (SBR) è un comune copolimero casuale col quale si pro-
ducono i pneumatici per automobile. La gomma nitrile (NBR) è un altro copolimero casuale
composto da acrilonitrile e butadiene. Esso è anche fortemente elastico e molto resistente ai
solventi organici. I tubi per il rifornimento di carburante sono realizzati in NBR.

15.10 CRISTALLINITi DEI POLIM.ElU

I materiali polimerici possono esistere anche allo stato cristallino. Tuttavia, poiché si tratta di
molecole invece che di atomi o di ioni, come nel caso dei metalli e dei ceramici, nel caso dei
polimeri le disposizioni atomiche sono più complesse. Si deve pensare alla cristallinità dei
polimeri come ad un impacchettamento delle catene molecolari al fine di produrre una strut-
tura atomica ordinata. Le strutture cristalline possono essere descritte in termini di celle uni-
tarie che sono spesso abbastanza complesse. Per esempio, la Figura 15.10 mostra la cella uni-
taria per il polietilene e la sua relazione con la struttura molecolare della catena. Questa cella
unitaria ha la geometria ortorombica (Tabella 3.2). Naturalmente le molecole della catena si
estendono anche oltre la cella unitaria mostrata nella figura.
Le sostanze molecolari che hanno molecole piccole (es. acqua e metano) sono normai-
464 Capitolo 15 / La strullura dei polimeri

Tabella 15.~ Unità monomeriche ùnpiegate nei copolimeri per la produzione delle gomme

Nome delle unità Struttura del monomero Nome delle unità Struttura del monomero

H H H CH 3 H H
Il Acrilonitrile I I
-e-e-
I I
Il ci.v-isoprene I
-C-C=C-C-
1
1 I I
I
H C=N H H
H H
Il Stirene
I I
Il lsobutilenc
H CH,

À6
-e-e- I
-e-c-
l
H
I
I
CH 3

H H H H CH,
Butadiene I I I
-C-C=C-C-
I
I
I
Il Dimetilsilossano I .
-Si-0-
1
H H CH,

H Cl H H

Il Cloroprene
I I I
-C-C=C-C-
I
I
I
H H

mente totalmente cristalline (come i solidi) o totalmente amorfe (come i liquidi). Invece, in
conseguenza delle loro dimensioni e, spesso, complessità le molecole dei polimeri sono di
solito solo parzialmente cristalline (o semicristalline), presentando regioni cristalline disper-
se all'interno della restante massa amorfa. Ogni disallineamento o disordine all'interno della
catena dà luogo a regioni amorfe, una condizione che è piuttosto comune dal momento che
torsioni, cappi ed attorcigliamenti impediscono uno stretto ordinamento di ogni segmento di
ogni catena. Altri effetti della struttura hanno influenza nel determinare l'estensione della
zona cristallina.
Il grado di cristallinità di un polimero può variare da zero, ovvero polimero completa-
mente amorfo, allo stato quasi completamente cristallino (oltre circa il 95%); mentre, al con-
trario, i metalli sono pressoché sempre interamente cristallini e i ceramici possono essere sia
totalmente cristallini che totalmente non cristallini. I polimeri semicristallini sono. in un certo
senso, analoghi alle leghe metalliche bifasiche precedentemente dest:rillt:.
A parità di peso molecolare, la densità di un polimero cristallino è maggiore di quella
dello stesso polimero amorfo dal momento che, in una struttura cristallina, le catene sono rag-
gruppate insieme in maniera più compatta. Il grado di cristallinità può essere determinato
mediante accurate misure della densità:

% cristallinità = p,.(p,- p) X 100


(15.10)
p,(p,.- Pa)

dove Psè la densità del campione del quale si vuole determinare la percentuale di cristallinità,
Pa è la densità del polimero totalmente amorfo e p, è la densità del polimero perfettamente
cristallino. I valori Pa e p,. devono essere misurati sperimentalmente.
Il grado di cristallinità di un polimero dipende dalla velocità di raffreddamento durante la
solidificazione, così come dalla configurazione delle catene. Durante il processo di cristalliz-
15. l O Cl'istallinità dei polimeri 465

F1u1n I ?l. I O
Disposizione delle catene
molecolari in una cella
unitaria per il polietilene
(Da C.W. Bunn, Chemical
Cristallography, Oxford
University Press, I 945, p.
233.)

zazione per raffreddamento a partire dalla temperatura di fusione, le catene, che sono forte-
mente disperse e aggrovigliate nel liquido viscoso, devono assumere una configurazione
ordinata. Perché ciò accada si deve lasciare tempo sufficiente perché le catene si muovano e
si allineino.
Anche la composizione chimica della struttura, oltre che la configurazione della catena,
influenza la capacità di un polimero di cristallizzare. La cristallinità non è favorita nei poli-
meri che sono composti da monomeri con strutture chimicamente complesse (ad esempio il
polistirene). D'altro canto non si può facilmente evitare la cristallizzazione nei polimeri chi-
micamente semplici come il polietilene ed il politetrafluoroetilene, anche applicando tempi
di raffreddamento molto rapidi.
La cristallinità si può facilmente ottenere nel caso dei polimeri lineari, dal momento che
praticamente non ci sono limitazioni all'allineamento delle catene. Le ramificazioni laterali
interferiscono nel processo di cristallizzazione, con la conseguenza che i polimeri ramificati
non presentano mai un elevato grado di cristallinità; in effetti la ramificazione eccessiva può
impedire ogni possibilità di cristallizzazione. I polimeri reticolati sono quasi totalmente
amorfi, mentre si possono avere vari gradi di cristallinità per i polimeri a legami incrociati.
Riguardo agli stereoisomeri, i polimeri atattici cristallizzano difficilmente, mentre i polimeri
isotattici e sindiotattici cristallizzano molto più facilmente grazie alla regolarità della geome-
tria dei gruppi laterali che facilita l'avvicinamento di catene adiacenti. In definitiva, tanto più
i gruppi sono voluminosi. tanto meno si manifesta la tendenza alla cristallizzazione.
Come regola generale per i copolimeri, tanto più irregolari e casuali sono le disposizioni
dei monomeri, tanto maggiore è la tendenza alla non cristallinità. Per i polimeri alternati e a
blocchi, vi è qualche tendenza alla cristallizzazione, mentre i copolimeri casuali sono di
norma amorfi.
Le proprietà fisiche dei materiali polimerici sono influenzate dal grado di cristallinità. I
polimeri cristallini sono di norma più forti e resistenti alla temperatura, ovvero alla fusione
ed al rammollimento. Alcune di quese proprietà saranno descritte nei capitoli seguenti.
466 • Capitolo 15 / La struttura dei polimeri

F1u:R-\15.11 Modello a micelle-frangiate


per un polimero semicristallino che mostra
sia regioni cristalline che amorfe. (Da H.W.
Hayden, W.G. Moffatt, and J.Wulff, The
Strucutre And Properties of Materìals Voi.
III) Mechanical Behavìor. Copyright ©
1965, by John Wiley & Sons, New York.
Riproduzione Autorizzata da John Wiley &
Sons, lnc.)

15. l] CRJSTAI.LI POLIMERICI

In questo paragrafo si esporranno brevemente alcuni dei modelli proposti per descrivere la
disposizione spaziale delle catene molecolari nei polimeri cristallini. Uno dei primi modelli,
seguito per molti anni, è il modello a micelle frangiate (Figura 15.11). In esso si ipotizza che
un polimero semicristallino sia formato da piccole regioni cristalline (chiamate cristalliti o
micelle) aventi un preciso allineamento e disperse all'interno di una matrice amorfa compo-
sta da molecole orientate in modo del tutto casuale. Secondo questo modello una singola
catena potrebbe attraversare sia diverse cristalliti sia regioni amorfe.
Più recentemente le ricerche sono state focalizzate su singoli cristalli polimerici ottenuti
da soluzioni diluite. Questi cristalli presentano forma regolare, sottili placchette (o lamelle)
approssimativamente di spessore tra 10 e 20 nm e lunghe circa 10 µm. Frequentemente que-
ste lamelle formano strutture multistrato come mostrato nella micrografia elettronica di un
singolo cristallo di polietilene di Figura 15.12. Si ipotizza che le catene molecolari all'inter-

fIGl RA 15.12
Micrografia elettronil:a di
un singolo cristallo di
polietilene. 20000x.
(Da A. Keller, R.H.
Doremus, B.W. Roberts
and D. Tumbull, Editors,
Growth and Perfection of
Crystals, Generai
Electric Company and
John Wiley & Sons,
Inc., 1058, p. 498.)
15.11 Cristalli polimeri • 467

FIGl Il\ L"'i.1:-J


Struttura a catena
ripiegata per una )
cristallite laminare in un - 10 nm
polimero.
1

no di ciascuna lamella si ripieghino su se stesse presentando la piegatura sulla superficie


esterna. Questa struttura, propriamente detta modello a catena ripiegata, è illustrata nella
Figura 15.13. Ciascuna lamella è costituita da un certo numero di molecole, tuttavia la lun-
ghezza media di ciascuna catena è molto più grande dello spessore di una lamella. Nella
Tavola a colori J è mostrato un ripiegamento della catena del polietilene fotografato al micro-
scopio elettronico a scansione.
Molti polimeri che sono cristallizzati da un fuso formano sferuliti. Come indica il nome,
ogni sferulita cresce con una forma approssimativamente sferica; una di esse, nel nostro caso
quello della gomma naturale, è mostrata nella micrografia elettronica a trasmissione di pagi-
na 446. Una sferulita è costituita da un aggregato di cristalliti (lamelle) a forma di nastro a
catene ripiegate spesse circa 10 nm che si irradiano dal centro verso l'esterno. Nella micro-
grafia elettronica, queste lamelle appaiono come sottili linee bianche. La struttura in dettaglio
di una sferulita è riportata schematicamente in Figura 15.14. In essa si possono notare i cri-

z
Cri sta 11ile
lamellare a
catena ripiegata

Molecole di legame

Superficie della Materiale amorfo


sferulite

Fu~, 1u l .'J.14 Rappresentazione schematica della struttura di una sferulite. (Da John C. Cobum
Dielectric Relaxation Processes in Poly (ethylene therephthalate ), Dissertazione, Università dello
Utah, 1984.)
468 • Capitolo 15 / La ~trultura dei polimeri

Fu;i H \ I:,. l~ Micrografia in trasmissione (in luce polarizzata incrociata) che mostra la struttu-
ra sferulitica del polietilene. Si notano le linee di confine tra sferuliti adiacenti mentre, all'inter-
no di ciascun sferulite, si nota una Croce Maltese. 525 x. (Per gentile concessione F. P. Price,
Genera! Electric Company.)

stalli lamellari a singola catena ripiegata separati tra di loro da materiale amorfo. Attraverso
le regioni amorfe le lamelle adiacenti vengono collegate mediante catene molecolari.
Quando il processo di cristallizzazione di una struttura sferulitica giunge al completa-
mento, le estremità di sferuliti adiacenti cominciano ad urtarsi formando confini più o meno
piani; prima di questo momento esse mantengono la loro conformazione sferica. Questi con-
fini sono evidenziati in Figura 15.15 che è una micrografia in luce polariuata incrociata del
polietilene. In ciascun sferulite si può riconoscere una caratteristica figura a forma di croce di
Malta.
Le sferuliti dei polimeri possono essere considerate analoghe ai grani cristallini nelle strut-
ture metalliche e ceramiche. Tuttavia, come detto prima, ciascun sferul ite è in realtà composta
da molti cristalli lamellari e da materiale amorfo. Polietilene, polipropilene, cloruro di polivi-
nile, politetrafluoroetilene e nylon formano strullure ~ferulitiche quando cristallizzano da fusi.

SO1111ARI O
La maggior parte dei materiali polimerici è composta da catene molecolari di atomi di car-
bonio molto lunghe, lateralmente alle quali sono legati vari atomi o radicali. Queste macro-
molecole sono composte da monomeri, entità strutturali principali, che si ripetono lungo tutta
la catena. Sono state descritte le strutture monomeriche di alcuni polimeri semplici (es. polie-
tilene, polipropilene, cloruro di polivinile e politetrafluoroetilene).
I pesi molecolari per gli alti polimeri possono superare il milione. Tuttavia, dal momento
che le molecole non sono tutte della stessa dimensione, esiste una distribuzione dei pesi
molecolari. TIpeso molecolare si esprime spesso in termini di media aritmetica e media pesa-
Bibliografia • 469

ta. Analogamente la lunghezza della catena può essere determinata dal grado di polimerizza-
zione, cioè dal numero di unità monomeriche per molecola media.
Sono state altresì esposte alcune caratteristiche delle molecole che influenzano le pro-
prietà dei polimeri. Si verificano grovigli molecolari quando le catene assumono fonne o
contorni ritorti, avvolti a spirale o a cappio. Riguardo alla struttura molecolare, sono possibi-
li strutture lineari, ramificate, a legami incrociati e reticolati, oltre alla presenza di stereoiso-
meri isotattici, sindiotattici ed atattici e ad isomeri geometrici cis e trans. I copolimeri pre-
sentano tipologie casuali, alternate, a blocchi e ad innesto.
Quando l'impacchettamento delle catene molecolari è tale da produrre una configurazio-
ne atomica ordinata, si dice che vi è una condizione di cristallinità. Oltre ad esistere in forma
completamente amorfa, i polimeri possono anche mostrare una cristallinità pressoché totale
oppure parziale; in quest'ultimo caso le regioni cristalline sono disperse all'interno di aree
amorfe. La forma cristallina è facilitata in quei polimeri che sono chimicamente semplici e
che presentano strutture a catena regolare e simmetrica.
l polimeri a cristallo singolo possono svilupparsi da soluzioni diluite sotto forma di lamel-
le (placche) sottili con struttura a catena ripiegata. Molti polimeri semicristallini formano sfe-
ruliti, ciascun sferulite è costituita da un insieme di cristalliti lamellari a catena ripiegata che
si irradiano dal suo centro verso l'esterno.

TER1lJ:\T E COì'ICETTJ JJJPOKTA.l\TI

Chimica delle molecole Cristalli te Peso molecolare


Cis (struttura) Grado di polimerizzazione Polimero
Configurazione atattica Insaturo Polimero a legami incrociati
Configurazione isotattica Isomerismo Polimero lineare
Configurazione sindiotattica Macromolecola Polimero ramificato
Copolimeri alternati Mero Polimero reticolato
Copolimero Modello a catena ripiegata Saturato
Copolimero a blocchi Monomero Sferulite
Copolimero ad innesto Monomero bifunzionale Stereoisomerismo
Copolimero casuale Monomero trifunzionale Struttura molecolare
Cristallinità dei polimeri Omopolimero Trans (struttura)

BIBLIOGRAFIA

Baer, E., "Advanced Polymers," Scientific American, Principles of Polymer Engineering, 2nd edition,
Voi. 255, No. 4, October 1986, pp. 178- I 90. Oxfod University Press, Oxford, 1997. Chapters 0-
Bovey, F.A. and F.H. Winslow (Editors), 6.
Macromolecules: An lntroduction to Polymer Rodriguez, F., Principles of Polymer Systems, 3rd edi-
Science, Academic Press, New York, 1979. tion, Hemisphere Publishìng Company (Taylor &
Cowie, J.M.G., Polymers: Chemistry and Physics of Francis), New York, 1989.
Modern Materials, 2nd edition. Chapman and Hall Rosen, S.L., Fundamental Principles of Polymeric
(USA), New York, I 991. Materials, 2nd edition, John Wiley & Sons, New
Engìneered Materials Handbook, Voi. 2, Engineering York, 1993.
Plastics, ASM Tnternational, Materials Park, OH, Rudin, A., The Elements of Polymer Science and
1988. Engineering: An lntroductory Text far Engineers
McCrum, N.G., C.P. Buckley, and C.B. Bucknall, and Chemists, Academic Press, New York, 1982.
4 70 • Capitolo 15 / La struttura dei polimeri

Schultz, J., Polymer Materials Science, Prentice-Hall, Science, 2nd edition, John Wiley & Sons, New
Englewood Cliffs, NJ, 1974. York, 1992.
Seymour, R.B. and C.E. Carraher, Jr., Polymer Young, R.J. and P. Lovell, lntroduction to Po/ymers, 2nd
Chemistry, An lntroduction, 3rd edition, Marce! edition, Chapman and Hall, London, 1991.
Dekker, lnc., New York, 1992.
Sperling, L.H., lntroduction to Physical Polymer

DOMA~DE E PROBLEMI

15.1 Esprimere la differenza tra polimorfismo ed iso- di un certo materiale è pari a 780, di quale poli-
merismo. mero si tratta fra quelli riportati nella Tabella
15.2 Sulla base delle strutture descritte in questo capi- 15.3? Perché? (d) Quale è la media numerica del
tolo, descrivere sommariamente le strutture grado di polimerizzazione di questo materiale?
monomeriche dei seguenti polimeri: (a) fluoruro
di polivinile, (b) policlorotrifluoroetilene, (e) Intervallo di peso
alcool polivinilico. molecolare (glmol) X; W;

15.3 Calcolare i pesi molecolari per i seguenti mono-


meri: (a) cloruro di polivinile, (b) polietilenteref- 15000-30000 0.04 0.01
talato, (e) policarbonato e (d) polidimetilsilossa- 30000-45000 0.07 0.04
no. 45000-60000 0.16 O.I I
15.4 La media numerica del peso molecolare del poli- 60000-75000 0.26 0.24
propilene è 1000000 g/mol. Calcolare la media 75000-90000 0.24 0.27
numerica del grado di polimerizzazione. 90000-105000 0.12 0.16
15.5 (a) Calcolare il peso molecolare del monomero 105000-120000 0.08 O.12
del polistirene. (b) Calcolare la media pesata del 120000-135000 0.03 0.05
peso molecolare del polistirene avente un grado di
polimerizzazione medio-pesato di 25000. 15.8 È possibile avere un omopolimero di polimetil-
15.6 Nella tabella sottostante sono riportati i pesi mole- metacrilato con i seguenti valori di peso moleco-
colari per il polipropilene. Calcolare (a) la media lare ed un grado di polimerizzazione medio pesa-
numerica del peso molecolare, (b) la media pesa- to di 585? Motivare la risposta.
ta del peso molecolare, (e) la media numerica del
grado di polimerizzazione e (d) la media pesata Intervallo di peso
del grado di polimerizzazione. molecolare (glmol) X; W;

Intervallo di peso 8000-20000 0.04 O.O!


molecolare (glmol) X; W; 20000-32000 O.IO 0.05
32000-44000 0.16 0.12
8000-16000 0.05 0.02 44000-56000 0.26 0.25
16000-24000 0.16 O.IO 56000-68000 0.23 0.27
24000-32000 0.24 0.20 68000-80000 0.15 0.21
32000-40000 0.28 0.30 80000-92000 0.06 0.09
40000-48000 0.20 0.27
48000-56000 0.07 0.11 15.9 Il polietilene ad alta densità può essere clorato
mediante la sostituzione casuale dell'idrogeno
15.7 I valori del peso molecolare per alcuni polimeri con atomi di cloro.
sono riportati nella seguente tabella. Calcolare (a) (a) Determinare la concentrazione di cloro (%in
la media numerica del peso molecolare, (b) la peso) che deve essere aggiunta se la sostituzione
media pesata del peso molecolare. (e) Sapendo deve interessare il 5% di tutti gli atomi di idroge-
che la media pesata del grado di polimerizzazione no iniziali.
Domande e problemi • 4 71

(b) In che modo il polietilene clorato differisce 15.18 Un copolimero alternato ha una media numerica
dal cloruro di polivinile? del peso molecolare di 250000 g/mol ed una
15.10 Con riferimento alle catene polimeriche, qual è la media numerica del grado di polimerizzazione di
differenza tra configurazione e conformazione? 3420. Se uno dei monomeri è stirene l'altro è eti-
15.11 In una molecola polimerica lineare la lunghezza
lene, propilene, tetrafluoroetilene o cloruro di
totale L della catena dipende dalla lunghezza dei
vinile? Perché?
legami tra gli atomi della catena d, dal numero
totale N dei legami nella molecola e dall'angolo 8 15.19 (a) Determinare i monomeri di butadiene rispetto
tra gli atomi adiacenti alla catena di base, secondo a quelli di stirene in un copolimero che ha una
la relazione media pesata del peso molecolare di 3S0000
g/mol ed una media pesata del grado di polimeriz-
L= Ndsen (~) (15.11)
zazione di 4425.
(b) Quale(i) tipo(i) di copolimero(i) è il copolime-
Inoltre, la distanza media r da estremo ad estremo ro di cui al punto (a) tra le seguenti possibilità:
per una serie di molecole polimeriche in Figura
casuale, alternato, ad innesto, a blocchi? Perché?
15.6 è uguale a
15.20 I polimeri reticolati composti dal 60% in peso di
r=d,iN (15.12) etilene e dal 40% di propilene possono avere pro-
prietà elastiche simili a quelle delle gomme natu-
La media numerica del peso molecolare di un rali. Per un copolimero di tale composizione
politetrafluoroetilene è 500000 g/mol, calcolare i determinare le percentuali di entrambi i tipi di
valori medi di L ed r per questo matriale. monomero.
15.12 Usando la definizione di L (Equazione I 5.11) per 15.21 Un copolimero casuale poli(isobutilene-isoprene)
la lunghezza totale di una catena ed r (Equazione
ha una media pesata del peso molecolare di
15.12) per la distanza media da estremo ad estre-
200000 g/mol ed una media pesata del grado di
mo della catena, determinare per il polietilene
lineare: (a) la media numerica del peso molecola- polimerizzazione di 3000. Calcolare la percentua-
re per L = 2500 nm e (b) la media numerica del le dei monomeri di isobutilene e di isoprene pre-
peso molecolare per r = 20 nm. senti in questo copolimero.
15-13 Disegnare delle porzioni di una molecola di poli- 15.22 (a) Confrontare le caratteristiche dello stato cri-
stirene che siano: (a) sindiotattiche, (b) atattiche e stallino nei polimeri e nei metalli.
(e) isotattiche. (b) Confrontare le caratteristiche dello stato non
15.14 Disegnare le strutture di monomeri cis e trans per cristallino nei polimeri e nei vetri ceramici.
(a) il butadiene e (b) il cloroprene.
15.23 Spiegare brevemente perché la tendenza di un
15.15 Disegnare le strutture monomeriche per ciascuno
polimero a cristallizzare diminuisce all'aumenta-
dei seguenti copolimeri alternati: (a) poli(butadie-
ne--cloroprene), (b) poli(stirenmetilmetacrilato) e re del suo peso molecolare.
(e) poli(acrilonitrile-vinilcloruro ). 15.24 Per ciascuna delle seguenti coppie di polimeri sta-
15.16 La media numerica del peso molecolare medio di bilire: (1) se è possibile o meno determinare la
un copolimero alternato poli(stirene-butadiene) è rispettiva possibilità di cristallizzare, (2) se è pos-
1350000 g/mol; determinare il numero medio sibile o meno determinare la rispettiva facilità di
delle unità monomeriche di stirene e butadiene cristallizzare e indicarne le motivazioni, (3) se
per molecola. non è possibile indicarne la motivazione:
15.17 Calcolare la media numerica del peso molecolare
(a) cloruro di polivinile lineare e sindiotattico,
di una gomma nitrilica casuale [copolimero
polistirene lineare e isotattico;
poli( acrilonitrilebutadiene) J nel quale la percen-
tuale dei monomeri di butadiene è 0.30; si assuma (b) fenolo-formaldeide reticolato, cis-isoprene
che questa concentrazione corrisponda ad una lineare a legami fortemente incrociati;
media numerica del grado di polimerizzazione di (e) polietilene lineare, polipropilene isotattico
2000. leggermente ramificato.
472 Capitolo 15 / La struttura dei polimeri

(d) copolimero alternato poli(stirene-etilene), stallinità di due materiali in politetrafluoroetilene


copolimero casuale poli(vinilcloruro-tetrafluo- sono:
roetilene).
15.25 Calcolare la densità del polietilene totalmente cri- Densità (Mglm 1) Cristallinità (%)
stallino. La cella unitaria ortorombica per il polie-
tilene è riportata in Figura 15.10; inoltre, all'inter- 2.144 51.3
no di ciascuna cella unitaria è contenuto l'equiva- 2.215 74.2
lente di due unità monomeriche di etilene.
15.26 La densità del polipropilene completamente cri- (a) Calcolare le densità del politetrafluoroetilene
stallino a temperaturn ambiente è 0.946 Mg/m 3• totalmente cristallino e totalmente amorfo.
]noltre, a temperatura ambiente la cella unitaria di (b) Determinare la percentuale di cristallinità di
questo materiale è monoclina con i parametri : un composto che presenta una densità di 2.26
Mg/m 3 •
a=0.666nm Q= 90° 15.28 La densità e la corrispondente percentuale di cri-
b= 2.078 nm fJ= 99.62° stallinità di due materiali in nylon 6,6 sono:
e= 0.650 nm y=90°
Densità (Mg/m-') Cristallinità (%)
Se il volume di una cella unitaria monoclina,
Vmono' è una funzione di questi parametri secondo 1.188 67.3
la relazione 1.152 43.7

Vmono = a b e sen f1 (a) Calcolare le densità del nylon 6,6 totalmente


cristallino e totalmente amorfo.
determinare il numero di unità monomeriche per (b) Determinare le densità di un campione che
cella unitaria. presenta il 55.4% di cristallinità.
15.27 La densità e la corrispondente percentuale di cri-

(9

•e

••
~
- . ~
;,~1

'
·
.

'
. ,t,
'"
..

't>r .. hé stmlian· le Curolleristirllf•, fr• Applica;;;io11i


,1 i processi di l'rodu;;;;io11e<lei Polimeri1

~r le quali un ingegnere 16.4). Inoltre, l'introduzione di appropriati additiv


, i concetti basilari delle consente la modifica di numerose proprietà del mate
azioni e dei processi pro- riale ospitante fra cui la resi~tenza meccanica, la resi
~rici. La conoscenza dei stenza all'abrasione, la tenacità, la stabilità tennica, I;
i polimeri si deformano rigidità, la deteriorabilità, il colore e la resistenza all;
te permette all'ingegnere fiamma (vedere Sezione 16.12).
o proprietà quali il modu-
a rottura (Sezioni 16.3 e
Obietlivi cli apprendimento

Dopo aver studiato questo capitolo, dovresti essere in grado di fare le seguenti cose:

1. Tracciare in modo schematico le curve relative ai 5. Citare le differenze nel comportamento e nella
comportamenti sforzo-deformazione osservati struttura molecolare per i polimeri termoplastici
nei materiali polimerici. e termoindurenti.
2. Descrivere e tracciare i diversi stadi della defor- 6. Descrivere il meccanismo molecolare secondo il
mazione plastica per un polimero semicristallino quale gli elastomeri si deformano elasticamente.
(sferulitico ). 7. Descrivere hreve111e1Lle i meccanismi di polime-
3. Descrivere l'influenza dei seguenti fattori sul rizzazione per addizione e per condensazione.
modulo elastico a trazione e/o sulla resistenza a 8. Elencare i cinque tipi di additivi per polimeri e,
trazione: (a) peso molecolare, (b) grado di cri- per ognuno di essi, indicare come agiscono sulle
stallinità, ( c) stiramento e (d) trattamento termi- proprietà originarie.
co di materiali non deformati, 9. Citare i sette diversi tipi di applicazioni per i poli-
4. Elencare quattro caratteristiche o componenti meri e, per ognuno di essi, descriverne le carat-
strutturali di un polimero in grado di influire sia teristiche gene1·ali.
sulla temperature di fusione che sulla temperatu- I O. Elencare e descrivere brevemente cinque tecniche
ra di transizione vetrosa. di fabbricazione utilizzate per i polimeri plastici.

16.1 ll\TRODLZI01'-E

In questo capitolo vengono presentate alcune importanti caratteristiche dei materiali polime-
rici, diversi tipi di polimeri ed i loro processi di produzione.

CARATTERISTICHE
MECCANICHE
E TERMOMECCANICHE

16.2 COJ.IP()H.TAlIENTO !-,t,'ORZ()-UEF()R.\JAZIONE

Le proprietà meccaniche dei polimeri sono valutate, per la maggior parte dei casi, dagli stes-
si parametri usati per i metalli, ovvero il modulo di elasticità, il carico di rottura, la resisten-
za ad impatto e alla fatica. Per molti materiali polimerici, la semplice curva sforzo-deforma-
zione viene utilizzata per la determinazione di alcuni di questi parametri 1• La maggior parte
delle caratteristiche meccaniche dei polimeri sono molto influenzate dalle velocità di defor-
mazione, dalla temperatura e dalla natura chimica dell'ambiente circostante (ad esempio
della presenza di acqua, ossigeno, solventi organici, ecc.). Pertanto si sono rese necessarie,
rispetto alle prove condotte sui metalli, alcune modificazioni sia delle metodologie di prova,
sia della forma dei provini (Capitolo 6), specialmente nel caso di polimeri altamente elastici
quali le gomme.

• Nella Figura 16.1 sono riportati i tre tipici comportamenti sforzo-deformazione dei mate-
riali polimerici. La curva A illustra il caratteristico sforzo-<leformazione di un polimero fra-
gile, come si nota dal fatto che esso si rompe essendo ancora in campo elastico. Il comporta-
mento di un materiale plastico, curva B, è simile a quello trovato nei materiali metallici: ali 'i-
nizio si ha deformazione elastica, seguita poi dallo snervamento e da una regione a compor-
tamento plastico. Infine la defurrna.lione mostrata dalla curva C è completamente elastica:
questa elasticità, simile a quella delle gomme (grandi e recuperabili deformazioni prodotte da
bassi carichi), è mostrata da una classe di polimeri chiamati elastomeri.
Il modulo elastico (chiamato anche modulo a trazione o, più semplicemente modulo) e la
duttilità come allungamento percentuale vengono determinati, nel caso dei polimeri, con la

1 Nonna ti va ASTM D 638 "Metodi di Test standard per le Proprietà a Trazione delle Plastiche."

474
16.2 Comportamento sforz~eformazione • 475

FIGl H \ 16. l Curva sfor-


zo-deformazione per un
polimero fragile (curva A),
A
plastico (curva B) ed alta-
mente elastico (elastome-
ro)(curva C).

r------· B

2 3 4 5 6 7 8
Deformazione

:todologia utilizzata per i metalli (Sezione 6.6). Per i polimeri a comportamento pia-
va B , Figura 16.1), quale limite di snervamento si assume il valore massimo della
quale incorre subito alla fine del tratto di curva a comportamento elastico (Figura
1alore della sollecitazione in questo punto di massimo è chiamato appunto carico di
mto (aJ La resistenza a trazione (TS), invece, corrisponde alla sollecitazione alla
'iene la rottura (Figura 16.2); TS può essere più grande o più piccolo di a, . Per que-
iali, quando si parla di resistenza si intende in genere la resistenza a trazione. La
6.1 riporta le citate proprietà meccaniche per alcuni materiali polimerici, una lista
1 è riportata nelle Appendici B.2, B.3 e B.4.
meri sono, sotto molti aspetti, meccanicamente diversi dai metalli. Per esempio, il
:lastico dei materiali polimerici altamente elastici può variare da soli 7 MPa, fino a
1caso di alcuni polimeri molto rigidi; mentre per i metalli i valori dei moduli sono
nte più grandi e vanno da 48 a 410 GPa. l carichi massimi a trazione per i polimeri
l'ordine dei 100 MPa - mentre per alcune leghe metalliche sono di 4100 MPa.
anto, laddove l'allungamento massimo per i metalli non supera mai il 100%, ak:u-
:ri altamente elastici possono arrivare ad allungamenti fino al 1000%.
tro aspetto da notare è il fatto che le caratteristiche meccaniche dei polimeri sono
,sibili alle variazioni di temperatura, soprattutto per temperature vicino alla tempe-
biente. Si consideri, ad esempio, la curva sforzo-deformazione per il polimetilme-
Plexigas) a diverse temperature tra4 e 60°C (Figura 16.3). Osservando questo gra-

F1u RA 16.2 Curva schematica


sforzo-deformazione per un poli-
mero plastico dove si mostra
----------------------x come vengono determinati il cari-
co di snervamento ed il carico di
rottura.
476 Capitolo 16 / Caratteristiche, applicazioni e processi di produzione dei polimeri

Taht'lla 16.1 Caratteristiche meccaniche a temperatura ambiente di alcuni


tra i più comwtl materiali polimerici

Peso Modulo Resistenza Carico di Allungamento


specifico a trazione a trazione sneroamento a rottura
Materiltle Mglm 3 (GPa) (MPa) (MPa) (%)
·----·

Polietilene (bassa densità) o.917-0.932 0.17-0.28 8.3-31.4 9.0-14.5 100-650

Polietilene (alta densità) 0.952-0.965 1.06-1.09 22.1-31.0 26.2-33.1 10-1200

Cloruro di polivinile 1.30-1.58 2.4-4.1 40.7-51.7 40.7-44.8 40-80


.
Poi itetrafluoroetilcne 2.14-2.20 0.40-0.55 20.7-34.5 200-400

Polipropilene 0.90-0.91 1.14-1.55 31-41.4 31.0-37.2 100-600

Polistirene 1.04-1.05 2.28-3.28 35.9-51.7 1.2-2.5


Polimctilmetacrilato 1.17-1.20 2.24-3.24 48.3-72.4 53.8-73.1 2.0-5.5

Fenolo-formaldeide 1.24-1.32 2.76-4.83 34.5-62.1 1.5-2.0

Nylon 6.6 1.13-1.15 1.58-3.80 75.9-94.5 44.8-82.8 15-300

Poliestere (PET) 1.29-1.40 2.8-4.l 48.3-72.4 59.3 30-300

Policarbonato 1.20 2.38 62.8-72.4 62.1 110-150

Fonte: Modem Plastics Encyclopedia '96. Copyright 1995, McGraw-Hill. Ristampa autorizzata.

fico, è interessante notare diverse particolarità: l'aumento della temperatura determina (1)
una diminuzione del modulo elastico, (2) una riduzione del carico di rottura, (3) un aumento
della duttilità a 4°C il materiale è completamente fragile, mentre si ha una considerevole
deformazione plastica sia a 50 che a 60°C.
Anche l'influenza della velocità di deformazione sul comportamento meccanico è impor-
tante. In generale, la diminuzione della velocità di deformazione ha lo stesso effetto sulla
curva sforzo-deformazione di un aumento di temperatura: ovvero il materiale diventa più
morbido e duttile.
La comprensione dei meccanismi di deformazione dei materiali polimerici è importante
dal momento ci permette di governare le caratteristiche meccaniche di questi materiali. A
questo riguardo, è bene porre l'attenzione sui modelli di deformazione di due diverse tipolo-
gie di polimeri: i semicristallini e gli elastomerici. La rigidezza e la resistenza dei materiali
semicristallini sono ambedue molto importanti; i meccanismi di deformazione elastica e pla-
stica verranno trattati nella sezione successiva, mentre i metodi impiegati per aumentare la
rigidità e la resistenza verranno discussi nella Sezione 16.4. Inoltre, vi sono gli elastomeri che
vengono impiegati in base alle loro particolari caratteristiche; il meccanismo di deformazio-
ne di questi polimeri verrà trattato nella Sezione 16.8.

16.3 lh:FOR.\l ·\ZIOi'i F: DEI POLI UEIU SK\IICHIST.\.LUl\l

Molti polimeri semicristallini hanno, a livello microscopico la struttura sferulitica descritta


nella Sezione 15.11. Al fine di effettuare un breve richiamo, si ricorda che ogni sferulite con-
16.3 Deformazione dei polimeri semicristallini • 477

80
4°C
70

60

50
'"
Cl..

~
o 40
~
2
U)
30
50°C
20

10 60°C -
To 1.30

o
o D.l 0.2 0.3
Deformazione

FtGl"R\ 16.:~ Influenza della temperatura sulla curva sforzo-deformazione per il polimetilmeta-
crilato (Da T.S. Carswell e H.K. Nason, "Effect of Environmental Conditions on the Mechanical
Properties of Organic Plastics", Symposium on Plastics, American Society for Testing and
Materials, Philadelphia, 1944. Copyright ASTM, 1916 Race Street, Philadelphia, PA 19103.
Riproduzione autorizzata.)

siste in laminette di numerose catene ripiegate che si irradiano dal centro verso l'esterno.
Queste lamelle sono separate da regioni di materiale amorfo (Figura 15.14); lamelle adiacen-
ti sono interconnesse tra loro da catene molecolari che legano le lamelle attraverso il mate-
riale amorfo.

,rncCA!\IS:uo UI DEFoR,IAZlO-'E ELA~TIC\.

Il meccanismo per il quale nei polimeri semicristallini sollecitati a sforzi di trazione si deter-
mina la deformazione elastica è l'allungamento, nella direzione dello sforzo applicato, delle
catene molecolari dalla loro conformazione stabile, in seguito all'allungamento ed al tensìo-
namento dei forti legami covalenti. Può anche intervenire un leggero scorrimento fra mole-
cole adiacenti, al quale, però, si oppongono legami secondari o di Van der Waals relativa-
mente deboli. Inoltre, dal momento che i polimeri semicristallini sono composti sia da regio-
ni cristalline che da regioni amorfe, essi, in un certo senso, possonu essen: 1:onsideratimate-
riali compositi. Pertanto, il modulo elastico può essere preso come una combinazione dei
moduli elastici delle fasi cristallina ed amorfa.

,rn(C\..\ISl\1O DELL\ BEFOR,IAZ10l\E PL\~TICA

Il meccanismo di deformazione plastica è bene descritto dalle interazioni tra le lamelle e le


regioni amorfe. Questo processo si manifesta secondo diversi stadi, che sono schematica-
mente diagrammati nella Figura 16.4. Due lamelle a catena ripiegate e la regione amorfa
interposta tra loro prima della deformazione sono raffigurate nella Figura 16.4a. Durante lo
stadio iniziale della deformazione (Figura 16.4b) le catene molecolari della regione amorfa
scivolano l'una sull'altra e sì allineano nella direzione della sollecitazione. Questo causa
semplicemente lo scivolamento delle lamelle l'una sull'altra mano a mano che le catene
molecolari della ragione amorfa si allungano. La continua deformazione, durante il secondo
stadio, porta alla rotazione delle lamelle in maniera tale che le catene tendono ad allinearsi
(a)

(b (e) (d) /e)

Fu;i IU Hl.'I, Stadi della defonnazione di un polimero semicristallino. (a) Due lamelle a catene ripiegate, adiacenti a materiale amorfo interlaminare, prima della
defonnazione. (b) Allungamento delle catene della regione amorfa nel primo stadio della defonnazione. (e) Rotazione delle lamelle durante il secondo stadio. (d)
Separazione dei blocchi cristallini nel corso del terzo stadio. (e) Orientazione dei blocchi e delle catene della regione amorfa con l'asse di trazione nello stadio fina-
le della defonnazione. (Da Jerold M. Schultz, Polymer Materials Science, copyright© 1974, pp. 500-501. Ristampa autorizzata da Prentice-Hall, Inc., Englewood
Cliffs, NJ .)
16.4 Fattori che influenzano le proprietà meccaniche dei polimeri • 479

con l'asse di trazione (Figura 16.4c). Inoltre i blocchi cristallini si separano dalle lamelle e
rimangono attaccati l'un l'altro mediante le catene della regione amorfa (Figura 16.4d).
Nell'ultimo stadio (Figura 16.5e) sia i blocchi che le catene della regione amorfa si trovano
allineate con la direzione dello sforzo. Pertanto una sufficiente deformazione a trazione gene-
ra, nei polimeri semicristallini, una struttura altamente orientata. Durante la deformazione,
inoltre, le sferuliti suhiscono un cambiamento di forma anche per moderati livelli di allunga-
mento. A maggiori deformazioni, invece, la struttura sferulitica viene completamente distrut-
ta. Inoltre è anche interessante notare che il processo illustrato nella Figura 16.4 è in gran
parte reversibile. Pertanto, se viene fatta cessare la deformazione ad un certo punto arbitrario
ed il provino viene riscaldato ad elevata temperatura vicino al suo punto di fusione (come
nella ricottura), il materiale polimerico riacquista la sua struttura sferultica così come era
prima nello stato indeforrnato. Ancora, il provino tende a riacquistare anche la forma che
aveva prima della deformazione; la forma ed il recupero strutturale dipendono sia dalla tem-
peratura di ricottura che dal grado di allungamento subito.

DEFOR}L\ZIOl\E JIA(:ROSCOPICA

• Alcuni aspetti della deformazione macroscopica di polimeri cristallini meritano una certa at-
tenzione. La curva sforzo-deformazione di un materiale semicristallino, inizialmente senza
orientazione, è mostrata nella Figura 16.5; nella medesima figura sono riportate delle rappre-
sentazioni schematiche del profilo del provino durante i vari stadi della deformazione. En-
trambi i punti di snervamento alto e basso sono evidenti nella curva e sono seguiti da una zona
ad andamento quasi orizzontale. Nel punto dello snervamento più alto, si inizia a formare una
piccola strizione nella zona centrale del provino. In questa zona le catene sono bene orientate
(ovvero l'asse di ciascuna catena si orienta parallelamente alla direzione dello sforzo) e lo
sforzo si localizza. Conseguentemente, in questo punto si sviluppa una maggiore resistenza
alla deformazione, che può continuare solamente estendendo la strizione lungo il tratto utile
del provino ancora non deformato; il fenomeno dell'orientazione della catena accompagna
l'estensione della strizione. Questo comportamento a trazione contrasta con quanto trovato nel
caso dei metalli duttili (Sezione 6.6), per i quali, una volta formata la strizione, tutta la defor-
mazione successiva viene localizzata nella regione della strizione stessa.

16.4 FATTORI CHE 11\FLlJENZANO LR PROPRIETÀ


'.\'IRCC\l\lCHE UEl POLIMERI

Molti sono i fattori che influenzano le caratteristiche meccaniche dei materiali polimerici. Ad
esempio, è stato già descritto l'effetto della temperatura e della velocità di deformazione sulla

FIGl'IU 16.5 Curva sforzo-defor-


mazione per un polimero semicri-
stallino. Sono riportati anche i pro-
fili del provino durante vari stadi
della deformazione. (Da Jerold M.
Schultz, Polymer Materials
Science, Copyright© 1974, p.
488. Ristampa autorizzata da
Prentice-Hall, Inc., Englewood
Cliffs, NJ.)

Deformazione
480 Capitolo 16 / Caratteristiche, applicazioni e processi di produzione dei polimeri

curva sforzo-deformazione (Sezione 16.2, Figura 16.3). In particolare, l'aumento della tem-
peratura o la diminuzione della velocità di deformazione porta ad una diminuzione del modu-
lo di trazione ed un aumento della duttilità.
Inoltre anche svariati fattori legati alla struttura ed alla produzione possono decisamente
influenzare il comportamento meccanico (ovvero resistenza e modulo) dei materiali polime-
rici. Un aumento della resistenza avviene sempre, ogniqualvolta viene imposta una restrizione
al processo illustrato nella Figura 16.4; per esempio un grande aggrovigliamento delle catene
o un grado significativo di legami intermolecolari inibiscono il moto relativo delle catene.
Inoltre, è interessante notare che, sebbene i legami secondari intermolecolari (tipo Van der
Waals) siano decisamente più deboli dei legami primari covalenti, tuttavia il grande numero
dei legami tipo Van der Waals tra le catene crea una rete di forze intermolecolari molto signifi-
cati va. Inoltre il valore del modulo cresce quando aumentano sia le forze di legame second3!io
sia il grado di allineamento delle catene. Verranno ora presentati diversi fattori legati al pro-
cesso di produzione ed alla struttura (come il peso molecolare, il grado di cristallinità, lo stira-
mento e i trattamenti termici) che influenzano il coportamento meccanico dei polimeri.

PE~O JIOLECOL\RE

Il valore del modulo a trazione non sembra essere influenzato direttamente dal peso moleco-
lare. Mentre, d'altro canto, è stato osservato che per molti polimeri la resistenza a trazione
cresce al crescere del peso molecolare. Matematicamente, TS è una funzione della media arit-
metica del peso molecolare secondo la:
A
TS = TS~--= (16.1)
Mn

dove TS è la resistenza a trazione per un peso molecolare infinito ed A è una costante. Il com-
00

portamento descritto da questa equazione è spiegato con la crescita dell'allineamento delle


catene al crescere di Mn.

GRADO DI CRISTALU~TT_a\

Per un polimero il grado di cristallinità può avere un 'influenza piuttosto significativa sulle
sue proprietà meccaniche, dal momento che esso riguarda l'estensione ,dei legami intermole-
colari secondari. Nelle regioni cristalline, nelle quali le catene molecolari sono parallele ed
impacchettate in disposizioni ordinate, vi è un numero elevato di legami secondari tra i seg-
menti di catene adiacenti. I legami s1;:1:ondarisono molto meno numerosi nelle regioni amor-
fe, a causa del disordine e non allineamento delle catene polimeriche. In conseguenza di ciò,
nel caso dei polimeri semicristallini, il modulo di trazione cresce significativamente con il
grado di cristallinità. Per esempio, per il polietilene, il modulo aumenta approssimativamen-
te di un ordine di grandezza quando il grado di cristallinità cresce da 0.3 a 0.6.
Inoltre, la crescita del grado di cristallinità di un polimero generalmente fa aumentare la
resistenza ed il materiale tende a diventare più fragile. I !influenza della chimica della catena
e della sua struttura (ramificazioni, stereoisomerismo, ecc.) è stata descritta nel Capitolo 15.
Gli effetti sia della percentuale di cristallinità che del peso molecolare sullo stato fisico
del polietilene sono rappresentati nella Figura 16.6.

PREDEFOR'1\ZT01\E PER STIR.-HIEYl'O

Dal punto di vista commerciale, una delle più importanti tecniche impiegate per migliorare la
resistenza meccanica ed il modulo a trazione consiste nel deformare permanentemente il
16.4 Fatturi che influenzano le proprietà meccanicht, dei polimeri • 481

FHXR-\ 16.6
Influenza del grado di
cristallinità e del peso Plastici duri
molecolare sulle
caratteristiche fisiche del :~ 75
e:
polietilene.
(Da R. B. Richanh, ~ Plastiti teneri
·5 50
"Poiyethylene-Structure, e
E
Cristallinity and <li
2
Properties." .I. Appl. o.,
o... 25
Chem., I, 370, I 951.)

500 2000 5000 20000 40000

Peso molecolare (scala non lineare)

polimero mediante trazione. Questa tecnica è qualche volta chiamata stiramento e corrispon-
de al processo di strizione schematicamente illustrato nella Figura 16.5. Lo stiramento è il
trattamento per i materiali polimerici analogo all'incrudimento dei metalli. Questa è un'im-
portante tecnica di rafforzamento e di irrigidimento comunemente impiegata nella produzio-
ne delle fibre e dei film. Durante lo stiramento le catene molecolari slittano una sull'altra e si
orientano maggiormente; nel caso di materiali semicristallini, le catene assumono configura-
zioni simili alla situazione raffigurata nella Figura 16.4e.
Il grado di rafforzamento e di irrigidimento dipende dall'estensione della deformazione nel
materiale. Inoltre, le proprietà dei polimeri stirati sono fortemente anisotrope. Per i materiali
stirati in direzione uniassiale, il modulo a trazione e la resistenza sono molto più grandi nella
direzione della deformazione che non nelle altre. Il modulo a trazione nella direzione dello sti-
ramento può essere aumentato di un fattore tre rispetto allo stesso materiale non stirato. Il mo-
dulo è minimo in una direzione di 45° rispetto all'asse di trazione; rispetto a questa orienta-
zione il valore del modulo è circa un quinto del valore mostrato da un polimero stirato.
La resistenza a trazione parallelamente alla direzione di orientazione può essere miglio-
rata di un fattore da due a cinque volte rispetto a quella del materiale non orientato. D'altra
parte, perpendicolarmente alla direzione di allineamento, la resistenza a trazione viene ridot-
ta da un terzo alla metà.
Per un polimero amorfo, trafilato ad elevata temperatura, la struttura molecolare orienta-
ta viene mantenuta solo quando il materiale viene raffreddato velocemente alla temperatura
ambiente; questa procedura fa aumentare gli effetti di irrobustimento e di irrigidimento
descritti nel precedente paragrafo. D'altra parte, se, dopo stiramento, il polimero è mantenu-
to alla temperatura di trafilatura, le catene molecolari si rilassano ed assumono le caratteri-
stiche configurazioni casuali dello stato antecedente la deformazione; come conseguenza,
l'estrusione non porterà ad acun effetto sulle caratteristiche meccaniche del materiale.

TIL\.1T\.:\IK'\TO T ElUll CO

Il trattamento termico (ovvero la ricottura) di un polimero scmicristallino porta a modifica-


zioni nelle dimensioni e nelle perfezioni delle cristalliti, così come della struttura sferulitica.
Per materiali non trafilati sottoposti a trattamenti termici a tempi costanti, l'incremento della
temperatura di ricottura porta a: (I) un aumento del modulo a trazione. (2) un aumento del
carico di snervamento e ad una riduzione della duttilità. Si potrebbe osservare che questi
effetti della ricottura sono opposti a quelli tipicamente osservati per i materiali metallici
(Sezione 7 .12) - cioè indebolimento, addolcimento, ed aumento della duttilità.
Per alcune fibre polimeriche, che sono state trafilate, l'influenza della ricottura sul modu-
482 Capitolo 16 / Caratteristiche, applicazioni e processi di produzione dei pollineri

lo di trazione è contrario a quello per i materiali non trafilati - cioè il modulo decresce con
l'aumentare della temperatura di ricottura dovuto alla perdita di orientazione della catena ed
alla cristallinità indotta dalla deformazione.

16.5 FEl\OMEl\I DI UUSTALLIZZAZIOl\E, Fl~SIONE E TRANSIZIOl\E VETROSA

Dal momento che le proprietà meccaniche dei polimeri sono molto sensibili ai cambiamenti di
temperatura, diverse sezioni verranno dedicate ali' esame delle caratteristiche termiche e ter-
momeccaniche di questi materiali. Iniziamo con i fenomeni di cristallizzazione, fusione e tran-
sizione vetrosa. La cristallizzazione è il processo per il quale, mediante raffreddamento, par-
tendo da un fuso a struttura molecolare altamente disordinata, si perviene ad una fase solida or-
dinata (cristallina). La trasformazione fisica della fusione, invece, è il processo inverso che si
determina quando si riscalda un polimero. Il fenomeno di transizione vetrosa si manifesta
esclusivamente nei polimeri amorfi (non cristallini) i quali, quando sono raffreddati dal fuso,
danno luogo a solidi rigidi che mantengono la struttura molecolare disordinata caratteristica
dello stato liquido; pertanto essi possono essere considerati liquidi "congelati" (o solidi
amorfi). Naturalmente, durante i passaggi fisici della cristallizzazione, fusione e transizione
vetrosa si ùetenninano delle modificazioni delle proprietà fisiche e meccaniche dei polimeri.
Nel caso dei polimeri semicristallini, le zone non cristalline subiscono il fenomeno della tran-
sizione vetrosa, mentre le regioni cristalline presentano il solo fenomeno della fusione.

CRISTAl,LIZZAZIO!\E

La comprensione del meccanismo e della dinamica della cristallizzazione nei polimeri è im-
portante dal momento che il grado di cristallinità influenza le proprietà termiche e meccaniche
di questi materiali. La cristallizzazione di un polimero fuso avviene attraverso processi di nu-
cleazione e crescita, argomenti discussi nell'ambito delle trasfonnazioni di fase per i metalli
nella Sezione I 0.3. Per i polimeri, raffreddando al di sotto della temperatura di fusione, si for-
mano nuclei all'interno dei quali piccole aree di molecole disordinate e casualmente orientate
diventano ordinate ed allineate formando strati di catene ripiegate come in Figura 15.13. A
temperature superiori a quella di fusione questi nuclei sono instabili a causa delle vibrazioni
termiche degli atomi che tendono a rompere le configurazioni molecolari ordinate. Dopo la
formazione dei nuclei e durante la fase di sviluppo della cristallizzazione, i nuclei crescono
continuamente dal momento che ulteriori segmenti di catene molecolari. si ordinano e si alli-
neano alle precedenti; gli strati a catene ripiegate, cioè, aumentano le dimensioni laterali op-
pure, nel caso di strutture sferulitiche (vedere Figura 15.14), aumenta il raggio della sferulite.
La dipendenza della cristallizzazione dal tempo è la stessa di molte altre trasformazioni
allo stato solido - Figura I O.I; cioè, il fenomeno può essere descritto da una curva sigmoida-
le in una rappresentazione grafica che riporti, a temperatura costante, in ordinate la percen-
tuale della trasformazione (ad es. la frazione di cristallizzazione) ed in ascisse il tempo in
scala logaritmica. La curva è riportata in Figura 16.7 per la cristallizzazione del polipropile-
ne a tre diverse temperature. Matematicamente, la frazione di cristallizzazione y è una fun-
zione del tempo t secondo l'equazione di Avrami, Equazione 10.1,

y = 1 - exp(-kt") (10.l)

dove k ed n sono costanti indipendenti dal tempo, i cui valori dipendono dal sistema di cristal-
lizzazione. Naturalmente l'estensione della cristallizzazione è misurata campionando i cam-
biamenti di volume, dal momento che viene a determinarsi una differenza di volume tra le fasi
liquida e cristallizzata. La velocità di cristallizzazione può essere determinata, come per le tra-
sformazioni esaminate nel paragrafo 10.3, secondo l'Equazione I 0.2; ovvero la velocità di cri-
16.5 Fenomeni di cristallizzazione, fusione e transizione vetrosa 483

1.0 Fu;1 Il\ Ht. 7 Curva della


frazione di cristallizzazio-
c.,
e ne normalizzata in funzio-
.9 0.8
""' ne del logaritmo del tempo
N
"'
-~ -;; per il polipropilene alle
]] 0.6 temperature di 140°C, 150
"'
ti E °Ce 160°C. (Da P. Parrini e
'e o 0.4 G. Corrieri, Makromol.
$! e
15 Chern., 62, 83, 1963.
.N
~ Ristampa autorizzata da
u.. 0.2 Hiithig & Wepf Publishers,
Zug, Switzerland.)
o.o
10
Tempo (min)
(Scala logaritmica)

stallizzazione è pari al reciproco del tempo richiesto a cristallizzare il 50% del fuso. La velo-
cità di cristallizzazione dipende dalla temperatura alla quale la cristallizzazione stessa avviene
(Figura 16.7) ed anche dal peso molecolare del polimero; essa decresce all'aumentare del peso
molecolare.
Per il polipropilene, tuttavia, non è mai possibile raggiungere il 100% della cristallinità.
Per questo motivo, nella Figura 16.7 in ordinate è riportato il valore della "frazione di cri-
stallizzazione normalizzata". Un valore I.O di questo parametro corrisponde, pertanto, al
massimo livello di cristallizzazione raggiunto durante le prove che, in realtà, è minore di una
cristallizzazione completa.

FLSIO~E

La fusione di un polimero cristallino corrisponde alla trasformazione di un materiale solido


avente una struttura a catene molecolari ordinate in un liquido viscoso la cui struttura è forte-
mente disordinata. Questa trasformazione avviene quando, riscaldando un siffatto materiale,
si giunge alla sua temperatura di fusione T.,. Vi sono alcuni aspetti caratteristici della fusione
dei polimeri che non sono normalmente presenti nei processi di fusione dei metalli o dei mate-
riali ceramici, in quanto detti aspetti scaturiscono dalla particolare struttura molecolare e dalla
morfologia lamellare cristallina dei polimeri. Innanzitutto, il processo di fusione di un mate-
riale polimerico avviene in un intervallo di temperatura e non ad una fissata temperatura; que-
sto aspetto sarà approfondito più dettagliatamente in seguito. Inoltre il comportamento alla fu-
sione dipende dalla storia precedente del campione in esame e, in particolare, dalla tempera-
tura alla quale è avvenuta la sua cristallizzazione. Inoltre, dal momento che, lo spessore delle
lamelle della catena dipende dalla temperatura di cristallizzazione; tanto maggiore è lo spes-
sore delle lamelle, tanto maggiore è anche la temperatura di fusione. Infine, il reale comporta-
mento alla fusione di un materiale polimerico dipende dalla velocità di riscaldamento; un ri-
scaldamento più rapido determina un aumento della temperatura di fusione.
Inoltre, come indicato nella sezione precedente, i materiali polimerici reagiscono ai tratta-
menti termici con modificazioni della loro struttura e delle loro proprietà. Ad esempio, si può ot-
tenere un aumento dello spessore delle lamelle ricuocendo il pezzo appena al di sotto della tem-
peratura di fusione. La ricottura, a sua volta, aumenta la temperatura di fusione del polimero.

LA TRAI\SIZIONE VETROSA

11fenomeno della transizione vetrosa si presenta nei polimeri amorfi e semicristallini ed è do-
vuto alla riduzione della mobilità di grandi segmenti di catene molecolari al diminuire della
484 • Capitolo 16 / Caratteristiche, applicazioni e processi di produzione tlci polimeri

.Fl(,llt\16.8 Andamento del volume


specifico in funzione della temperatura
a partire da un fuso per polimeri total-
mente amorfi (curva A), semicristallini
(curva B) e cristallini (curva C).

o
1·u
Vetro
~
(.)
E Solido
::,
sernieri stai Iin
g

Solido cristallino
T8 Tm
Ternperatu ra

temperatura. Per raffreddamento di polimero fuso si incorre nella graduale trasformazione da


un liquido ad un materiale gommoso e quindi ad un solido rigido; quest'ultimo passaggio cor-
risponde alla transizione vetrosa. In particolare, la temperatura alla quale un polimero subisce
la trasformazione da uno stato gommoso ad uno rigido è chiamata temperatura di transi-
zione vetrosa T,. Naturalmente la stessa sequenza di eventi si riproduce in ordine inverso
quando un vetro rigido che si trova ad una temperatura inferiore a T~ viene riscaldato. Inoltre,
il passaggio attraverso la transizione vetrosa è accompagnato da bruschi cambiamenti di al-
cune proprietà fisiche dei polimeri come, ad esempio, la rigidezza (Figura 16.12), la capacità
termica ed il coefficiente di dilatazione termica.

TE)IPERHUtE Ul FLSIO!\E E DI TH.A~SlZIOl\E YETRO~.\

Sia la temperatura di fusione che quella di transizione vetrosa sono parametri molto impor-
tanti per le applicazioni industriali dei materiali polimerici. Esse definiscono, rispettivamen-
te, i limiti superiore ed inferiore di temperatura permessi per numerose applicazioni ed, in
special modo, per i polimeri semicristallini. La temperatura di transizione vetrosa, inoltre,
definisce anche la temperatura limite superiore di utilizzo per i materiali amorfi vetrosi.
Inoltre Tme T~influenzano anche i processi di produzione ed i successivi trattamenti dei poli-
meri e dei compositi a matrice polimerica. Questi aspetti, tuttavia, saranno trattati in succes-
sive sezioni del presente capitolo.
Le temperature alle quali si presentano nei polimeri i fenomeni di fusione o di transizione
vetrosa, vengono determinate nella stessa maniera impiegata per i materiali ceramici, ovvero
mediante un grafico nel quale è riportato il volume specifico (il reciproco della densità) in fun-
zione della temperatura. La Figura 16.8 riporta questo grafico, nel quale le curve A e C, relative
rispettivamente a polimeri amorfi e cristallini, presentano lo stesso andamento dei corrispon-
denti materiali ceramici (Figura 14.3)2.Per il materiale cristallino si nota una discontinuità nel
volume specifico in corrispondenza al raggiungimento della temperatura di fusione T Per il 11•

materiale completamente amorfo la curva è continua, ma si rileva sperimentalmente una leg-


gera diminuzione di pendenza in concomitanza della temperatura di transizione vetrosa T~.Per

2Si noti che nessun polimero industriale è cristallino al 100%; la curva C è stata inserita nella Figura
16.8per illustrare il comportamentolimite che presenterebbeun materialecompletamentecristallino.
16.5 Fenomeni di cristallizzazione, fusione e transizione vetrosa 485

Talit>lla 16.2 Temperature di fusione e di transizione vetrosa per alcuni dei più
comuni materiali polimerici

Materiali Temperatura di Temperatura di


transizione vetrosa fusione
(OC) (OC)

Polietilene (bassa densità) - 110 115


Politetrafluoroetilene -97 327
Polietilene (alta densità} -90 137
Polipropilene -18 175
Nylon6,6 57 265
Poliestere (PET) 69 265
Cloruro di polivinile 87 212
Poli stirene 100 240
Policarbonato 150 265

un polimero semicristallino (curva B) il comportamento risulta intermedio tra questi estremi,


in quanto per esso si possono osservare i fenomeni relativi sia alla fusione che alla transizione
vetrosa e le due temperature Tme Tx sono caratteristiche, rispettivamente, della parte cristallina
e di quella amorfa contenute all'interno del materiale semicristallino. Come detto precedente-
mente, i comportamenti mostrati nella Figura 16.8 dipendono dalle velocità di raffreddamento
e riscaldamento. Nella Tabella I 6.2 e nell'Appendice E sono riportate le temperature tipiche di
fusione e di transizione vetrosa di alcuni polimeri.

FATTORI UIE l'.\FLLEL\ZAI\O LF:TEllPERATl"RE DI Fl;SIOl\E


E DI TRANSIZIOl\E VETROSA

Temperatura ,li fusione


Durante la fusione di un polimero, nella trasformazione da stati molecolari ordinati a disor·
dinatì, si determina necessariamente un riassetto delle molecole. La chimica e la struttura
molecolare influenzano le capacità delle molecole delle catene polimeriche a realizzare que-
sto riassetto ed, inoltre, influiscono sulla temperatura stessa di fusione.
La rigidità della catena, che è determinata dalla facilità di rotazione intorno ai legami chi-
mici lungo la catena, è un altro fattore che ha un forte effetto a riguardo. La presenza di doppi
legami e di gruppi aromatici ali 'interno della catena diminuisce la flessibilità della catena
stessa e provoca, allo stesso tempo, un aumento della temperatura di fusione. Ancora, le
dimensioni ed il tipo di gruppi laterali influenzano a loro volta la libertà di rotazione della
catena e la sua flessibilità; generando, nel caso di gruppi laterali massicci o di grandi dimen·
sioni, un aumento della temperatura di fusione. Per esempio, il polipropilene ha una tempe-
ratura di fusione più alta del polietilene (175°C contro Jl5°C, Tabella 16.2); infatti il gruppo
metile laterale CH_1 del polipropilene ha dimensioni maggiori dell'atomo di H che si trova al
suo posto nel polietilene. La presenza di gruppi laterali polari (cioè Cl, OH e CN), anche se
non eccessivamente grandi, porta l'instaurarsi di forze di legame intermolecolare significati-
ve ed a T,,,relativamente elevate. Ciò si può verificare confrontando le temperature di fusio-
ne del polipropilene (175°C) e del cloruro di polivinile (212°C).
Per un determinato polimero la temperatura di fusione dipende anche dal peso molecolare.
Per pesi molecolari relativamente bassi, aumentare M (o la lunghezza della catena) fa incre·
mentare T., (Figura 16.9). Inoltre la fusione di un polimero ha luogo all'interno di un intervallo
di temperature e così, di conseguenza, esiste una gamma di temperature di fusione piuttosto
che una singola temperatura di fusione. Questo è dovuto al fatto che ogni polimero è composto
da molecole che hanno una certa diversità di pesi molecolari (Sezione 15.5) e che T111 dipende,
a sua volta, dal peso molecolare. Per gran parte dei polimeri l'intervallo di temperatura di fu-
sione è di norma dell'ordine di alcuni gradi centigradi. Le temperature di fusione riportate
nella Tabella 16.2 e nell'Appendice E sono vicine ai limiti superiori di questi intervalli.
486 • Capitolo 16 / Caratteristiche, applicazioni e processi di produzione dei polimeri

f<'ICLIU.16.9
I I Dipendenza delle proprietà
I I
I I Gomma di un polimero, quali la
Liquido I I
mobile I I temperatura di fusione e di
/ Liquido I transizione vetrosa, dal
I
I VISCOSO
I I
I Tm peso molecolare (Da F.W.
~ I Billmeyer, Jr., Textbook of
z I Plastico tenace
~
I
I
Tg
Polymer Science, 3rd edi-
<li
Q.
E I
I tion, Diritti riservati 1984,
~ I John Wiley & Sons, New
York. Riproduzione auto-
Plastico
rizzata da John Wiley &
parzialmente Sons, Inc.)
cristallino

10 1 102 103 104 105 106 107


Peso molecolare

Anche il grado di ramificazione influisce sulla temperatura di fusione di un polimero. La


creazione di ramificazioni laterali introduce imperfezioni nel materiale cristallino ed abbassa
la temperatura di fusione. Il polietilene ad alta densità, essendo un polimero sostanzialmente
lineare, ha una temperatura di fusione (137°C, Tabella 16.2) più alta del polietilene a bassa
densità (l 15°C), che invece presenta ramificazioni.

Temperatura di tra,nsizion.e 11etrm1a


Riscaldando un polimero amorfo al di sopra della sua temperatura di transizione vetrosa, esso
si trasforma passando da uno stato rigido ad uno stato gommoso. Corrispondentemente, le
molecole, che al di sotto della T, erano virtualmente congelate nella loro posizione, al supe-
ramento della Tg cominciano a manifestare movimenti rotazionali e traslazionali. Pertanto, il
valore della temperatura di transizione vetrosa è influenzata dalle caratteristiche molecolari
che influenzano la rigidità della catena; gran parte di questi fattori e dei loro effetti sono gli
stessi visti precedentemente per la temperatura di fusione. Anche in questo caso la flessibilità
delle catene polimeriche diminuisce e la Tx aumenta a causa dei seguenti fattori:

1. La presenza di gruppi laterali voluminosi; dalla Tabella 16.2 si vede che i valori per il
polipropilene ed il polistirene sono, rispettivamente, di -18°C e 100°c.
2. Atomi o gruppi laterali polari; ciò è confermato confrontando i valori di r. per il clo-
ruro di polivinile ed il polipropilene (87°C contro -l8°C). ·
3. Doppi legami o gruppi aromatici che tendono ad irrigidire la struttura di base moleco-
lare.

Anche all'aumentare del peso molecolare la temperatura di transizione vetrosa tende ad


innalzarsi, come è mostrato nella Figura 16.9. Una piccola quantità di ramificazioni tende ad
abbassare Tç; mentre, al contrario, una forte presenza di ramificazioni riùul:e la mobilità delle
catene e, qÙindi, innalza la temperatura di transizione vetrosa. Alcuni polimeri amorfi pre-
sentano legami incrociati che, come è stato rilevato, elevano la T_ç; infatti i legami incrociati
tendono ad impedire la mobilità delle molecole. In presenza di un'alta densità di legami
incrociati la mobilità delle molecole è virtualmente annullata; la mobilità molecolare ad
ampio raggio risulta impedita a tal punto che questi polimeri non presentano transizione
vetrosa né il conseguente ammorbidimento.

Da quanto esposto è evidente che sostanzialmente le stesse caratteristiche molecolari che


16, 7 Viscoelasticità • 487

innalzano od abbassano la temperatura di fusione hanno gli stessi effetti sulla temperatura di
transizione vetrosa. Normalmente il valore di T, è pari a 0.5-0.8 Tm(in Kelvin). Di conse-
guenza per un omopolimero non è possibile variare, indipendentemente l'uno dall'altro, T, o
T.,. È possibile esercitare un maggior grado di controllo su questi due parametri utilizzando ~o-
polimeri.

16.6 POLD1ERI TER110PLASTTCI E TER.lUOl!\'DLR.E.Yl'l

Una possibile classificazione dei materiali polimerici si basa sulla risposta meccanica di detti
materiali ad elevate temperature. Le termoplastiche (o polimeri termoplastici) e le termoin-
durenti (o polimeri termoindurenti) costituiscono due suddivisioni al riguardo. Se riscaldati,
i polimeri termoplastici si ammorbidiscono fino a liquefarsi, mentre si induriscono se raffred-
dati; tali processi, inoltre, sono totalmente reversibili e possono essere ripetuti. I materiali ter-
moplastici vengono di norma lavorati per riscaldamento e sottopressione. A livello moleco-
lare, all'aumentare della temperatura si indeboliscono le forze di legame secondario (in se-
guito all'incremento della mobilità molecolare) in maniera tale da facilitare il movimento re-
lativo di catene adiacenti sotto l'applicazione di una pressione. In questi polimeri si determina
una degradazione irreversibile quando vengono portati allo stato fuso ad una temperatura alla
quale le vibrazioni molecolari raggiungono una violenza tale da rompere i legami primari co-
valenti. Inoltre, i polimeri termoplastici sono relativamente morbidi e duttili. Molti polimeri li-
neari ed alcuni polimeri ramificati a catena flessibile, sono termoplastici.
I polimeri termoindurenti, invece, induriscono in seguito ad un 'iniziale applicazione di
calore ma non subiscono alcun ammorbidimento se sottoposti a riscaldamenti successivi.
Durante il trattamento iniziale di riscaldamento, infatti, si formano legami incrociati cova-
lenti tra catene molecolari adiacenti; questi legami ancorano le catene fra di loro in maniera
tale che esse sono in grado di resistere ai moti vibratori e rotazionali imposti alle catene stes-
se alle alte temperature. I legami incrociati sono generalmente molto estesi: dal 1O al 50% dei
monomeri presenti nella catena hanno legami incrociati. Soltanto un riscaldamento a tempe-
rature molto elevate è in grado di spezzare questi legami incrociati e provocare la degrada-
zione del polimero. I polimeri termoindurenti sono in genere più duri, più resistenti e più fra-
gili dei polimeri termoplastici e presentano una migliore stabilità dimensionale. La maggior
parte dei polimeri a legami incrociati e reticolati, che comprende le gomme vulcanizzate, le
resine epossidiche, le fenoliche e le poliesteri, è termoindurente.

16. 7 VISCOELASTICITÀ

Sappiamo che un polimero amorfo può comportarsi, a basse temperature, come un vetro, a
medie temperature (al di sopra della temperatura di transizione vetrosa) come un solido gom-
moso ed infine, se la temperatura viene ancora aumentata, come un liquido viscoso. Per
deformazioni relativamente piccole, il comportamento meccanico a basse temperature può
essere elastico, seguire, cioè, la legge di Hooke, a= E e. A temperature più elevate prevale
un comportamento viscoso simile a quello di un liquido. A temperature intermedie si trova un
solido gommoso che presenta caratteristiche meccaniche intermedie a quelle presentate nei
due stati estremi: questa condizione è detta viscoelasticità.
La deformazione elastica è istantanea, questo significa che tutta la deformazione avviene
nell'istante nel quale la sollecitazione viene applicata o tolta (ovvero la deformazione è indi-
pendente dal tempo). Inoltre, una volta cessata la sollecitazione esterna, la deformazione viene
completamente recuperata ed il campione riprende le dimensioni originarie. Questo compor-
tamento è mostrato nella Figura l0.16b come deformazione in funzione del tempo per un ca-
rico istantaneo la cui curva funzione del tempo è riportata nella Figura 16.1Oa.
Al contrario, nello stato viscoso la deformazione non è istantanea; cioè, in risposta all 'ap-
plicazione di una sollecitazione la deformazione è ritardata e cioè dipendente dal tempo.
488 • Capitolo 16 / Caratteristiche, applicazioni e proce,.si di produzione dei polimeri

fIGlRA 16.10 (a)


Curva del carico in O)
e
funzione del tempo nella o o
.,:!
·;::;
quale il carico è applicato ~ "'
E
u o
istantaneamente in ,. e 'ai
tolto in t,. A fronte del o
ciclo temporale del carico ta Tempo t, ta Tempo t,
descritto in (a), sono /a) (b)
riportate le curve della
conseguente
defonnazione in funzione
del tempo per un O) O)
e
_§ .Q
comportamento, ,.,
rispettivamente, (b) "
§
"'
"'
E
totalmente elastico, (e) -.2
o
O) ~o
viscoelastico e (d)
viscoso. la Tempo tr ta Tempo tr

/e} (d)

Inoltre, cessata la sollecitazione, la deformazione non è reversibile nè recuperabile. Questo


fenomeno è mostrato nella Figura 16.1 Od.
Per lo stadio intermedio viscoelastico, l'applicazione di una sollecitazione, come mostra-
ta nella Figura 16.1 Oa, dà luogo ad una deformazione elastica istantanea seguita da una defor-
mazione viscosa dipendente dai tempo, con un comportamento anelastico (Sezione 6.4),
come mostrato dalla Figura 16. lOc.
Un ben noto esempio di questi comportamenti viscoelastici è offerto da un polimero di sili-
cone, venduto come novità commerciale dal nome di "mastice matto". Quando una certa quan-
tità di questo viene appallottolato a formare una palla e poi lasciato cadere su di una superficie
orizzontale, esso rimbalza elasticamente, ovvero la velocità di deformazione durante il rim-
balzo è estremamente rapida. D'altra parte, se il medesimo materiale viene provato a trazione,
mettendolo in tensione e successivamente applicando gradualmente una forza, il materiale si al-
lunga o scorre come fosse un liquido ad elevata viscosità. Per questo e per altri materiali viscoe-
lastici, in base alla velocità di deformazione si ottiene un comportamento elastico o viscoso.

MODULO DI RILASSAMENTO VISCOELASTICO

Il comportamento viscoelastico dei materiali polimerici dipende sia dai tempo che dalla tem-
peratura; si possono impiegare diverse tecniche sperimentali per misurare e quantificare que-
sto comportamento. Una di queste tecniche è lo sforzo di rilassamento. Durante queste prove,
un campione viene sottoposto a una rapida trazione fino al raggiungimento di un determina-
to livello di deformazione relativamente basso. Successivamente, viene misurata nel tempo
la sollecitazione necessaria a mantenere questa deformazione, a temperatura costante. Si può
osservare che la forza applicata diminuisce con il tempo a causa dei processi di rilassamento
molecolare che intervengono all 'intemo del polimero. Si può, pertanto, definire un modulo
di rilassamento E,(t), il quale è un modulo elastico funzione del tempo per i polimeri viscoe-
lastici:

(16.2)

dove o(t) te:la sollecitazione in funzione del tempo e E 0 è il livello di deformazione mantenu-
ta costante.
Inoltre, il valore del modulo di rilassamento è funzione anche della temperatura e pertan-
16. i Viscoelasticità • 489

F1cc-R.A 16.11 Diagramma schematico


del logaritmo del modulo di rilassamento
in funzione del logaritmo del tempo per un
polimero viscoelastico; le curve isoterme
sono state rile\•ate per temperature com-
prese tra T 1 e T;. La dipendenza del modu-
lo di rilassamento dalla temperatura è rap-
presentata come log E,.(t,) in funzione della
temperatura.

t
t1 Log del tempo, t

to, al fine di caratterizzare con maggiore completezza il comportamento viscoelastico di un


polimero, le misure isotermiche di distensione dopo sollecitazione, devono essere condotte a
diverse temperature. La Figura 16.11 rappresenta le curve in scala logaritmica di E,.(t) in fun-
zione del tempo per un polimero che mostra un comportamento viscoelastico, a diverse tem-
perature. È il caso di notare nella citata figura (1) la diminuzione dì E,(t) nel tempo (corri-
spondente alla diminuzione della so11ecitazione secondo l'Equazione 16.2) e (2) lo sposta-
mento delle curve verso valori di E,(t) più bassi all'aumentare della temperatura di prova.
Per rappresentare l'influenza della temperatura sono stati riportati i valori puntuali relati-
vi ad un determinato tempo dal grafi1.:ulug E,.(t)/lug tempo - ad esempio il punto r, della
Figura 16.11- sul grafico dei log E,(t 1)/temperatura. La Figura 16.12 rappresenta un analogo
diagramma per un polistirene amorfo (atattico); in questo caso t 1 è stato arbitrariamente preso
pari a 10 secondi intercorsi successivamente all'applicazione del carico. Nella curva riporta-
ta in questa figura si possono notare diverse distinte regioni. Nella prima regione, delle basse
temperature, relativa al comportamento vetroso, il materiale è rigido e fragile ed il valore di
E,(l O) del modulo elastico di rilassamento è all'inizio praticamente indipendente dalla tem-
peratura. Al di sopra di questo intervallo di temperatura, le caratteristiche deformazioni-
tempo sono quelle rappresentate nella Figura 16.1Ob.A livello molecolare, a queste tempera-
ture, le lunghe catene polimeriche sono praticamente congelate nella loro posizione.
Al crescere della temperatura, E,.(10) cala bruscamente di un fattore di circa 103 in un
intervallo di temperature di 20°C; questa zona è chiamata area della transizione vetrosa e T~
si colloca vicino all'estremità superiore della temperatura. Per il polistirene (Figura 16. 12) T~
==100°C. Airintemo di questa fascia di temperature un campione di materiale polimerico è
tipo cuoio, cioè la deformazione dipende dal tempo e non è totalmente recuperabile una volta
eliminata la sollecitazione applicata. Questo comportamento è riportato nella Figura 16.lOc.
Ali 'interno della regione nella quale la curva è piatta (Figura 16.12), il materiale si defor-
ma in maniera gommosa; in essa sono presenti sia componenti elastiche che viscose ed è faci-
le che si produca una deformazione dal momento che il modulo di rilassamento è relativa-
mente basso.
Le ultime due regioni che si presentano a più alte temperature sono relative a zone a com-
490 Capitolo 16 / Caratteristiche, applicazioni e processi di produzione dei polimeri

FIGITRA 16.12 Logaritmo


10 5 ~--.----.------.------.--~ del modulo di rilassamento
in funzione della temperatura
per un polimero amorfo.
Sono evidenziate le cinque
differenti regioni di compor-
tamento viscoelastico. (Da
A.V. Tobolsky, Properties
and Structures of Polymers.
Copyright © 1960 John
Wiley & Sons, New York.
I
I Ristampa autorizzata da John
I Wiley & Sons, Inc.)
I
------+----....:....=.=----------
' --------...... Gommoso
------1 Flusso gommoso-~ ---
------+--------------
1
---
I
I
I
I
10-3 I Flusso viscoso
I (liquido)
I
I
10- 4 ~-~--'---~--'---~--'------'--'
60 80 120 140 160 180 200

Temperatura (°C) t
Tm

portamento assimilabile ad un flusso gommoso ed al flusso viscoso. Riscaldando un materiale


polimerico a queste temperature, esso subisce una graduale transizione ad uno stato gommoso
morbido prima e ad uno stato di liquido viscoso poi.All'interno dell'area del flusso viscoso, il
modulo decresce fortemente al crescere della temperatura ed, ancora in Figura 16.1Od,è mo-
strato il comportamento deformazione-tempo. Da un punto di vista molecolare, il movimento
delle catene sì intensifica al punto tale che, nel caso di flusso viscoso, i segmenti delle calene
subiscono moti vibrazionali e rotatazionali indipendenti l'uno dall'altro. A queste tempera-
ture, ogni deformazione è completamente viscosa.
Di norma, il comportamento alla deformazione di un polimero viscoso si definisce proprio in
termini della sua viscosità, la quale è una misura della resistenza del materiale a fluire quando
sottoposto a sforzi di taglio. La viscosità è trattata nella Sezione 13.9 relativa ai vetri inorganici.
Anche la vdocità di applicazione del carico influenza le caratteristiche viscoelastiche.
L'incremento di detta velocità di applicazione produce gli stessi effetti dell'abbas~amento
della temperatura.
Il comportamento di log E,.(10) in funzione della temperatura, per polistireni a diverse con-
figurazioni molecolari, è riportato nella Figura 16.13. La curva per il materiale amorfo (curva
C) è la stessa di Figura 16.12. Per un polistirene atattico con pochi legami incrociati (curva B),
l'area gommosa forma una curva piatta che si estende fino alla temperatura alla quale il poli-
mero si decompone; questo materiale non presenta fusione. Aumentando la densità dei legami
incrociati, aumenta anche l'estensione della curva piatta, dove E,.(10) è costante. Le gomme
ovvero i materiali elastomerici presentano questo tipo di comportamento e sono normalmente
utilizzati a temperature comprese nell'intervallo corrispondente alla curva piatta.
In Figura 16.13 è anche evidenziata la dipendenza di un polistirene isotattico quasi com-
pletamente cristallino dalla temperatura (curva A). La diminuzione di E,.00) in corrispon-
denza della TKè molto meno pronunciata rispetto alle altre curve relative agli altri polistireni.
Questo comportamento deriva dal fatto che solo una piccola percentuale in volume di questo
16.8 Deformazione degli elastomeri . 491

FlGlR\ 16. I ;J
Logaritmo del modulo di 104
rilassamento in funzione
della temperatura per il 103
polistirene cristallino '"
o..
~
isotattico (curva A), o 102
atattico con legami ì.u"
incrociati (curva B) ed o'
eQJ 10
amorfo (curva C). (Da
A. V. Tobolsky, Properties E
~
and Structures of JJ
·.::
B
Polymers. Copyright © 'o 10-l
1960 John Wiley & Sons, _Q
::,
New York. Ristampa "C
e
autorizzata da ~ 10-2

fohn Wiley & Sons, Inc.) Tg


10-3
50 100 150 200 250
Temperatura (0 ()

materiale è amorfo e subisce la transizione vetrosa. Inoltre il modulo di rilassamento si man-


tiene a valori relativamente alti all'aumentare della temperatura fino a quando si raggiunge la
temperatura di fusione Tm· Dalla Figura 16.13 si vede anche che la temperatura di fusione di
questo polistirene isotattico è di circa 240°C.

CREEP VISC0LEASTIO)

Molti materiali polimerici subiscono una deformazione nel tempo quando vengono sollecita-
ti ad un carico costante: questa deformazione è chiamata creep viscoelastico. Questo tipo di
deformazione può essere significativa anche a temperatura ambiente e sotto modeste solleci-
tazioni che rimangono ben al di sotto del carico di snervamento del materiale. Per esempio, i
pneumatici delle automobili possono formare areole piatte sulle loro superfici di contatto con
il suolo quando la macchina rimane parcheggiata per lunghi periodi. Le prove di creep nei
materiali polimerici sono condotte seguendo la stessa modalità impiegata per le prove di
creep sui metalli (Capitolo 8), ovvero si applica istantaneamente una sollecitazione al mate-
riale. di norma di trazione, ed essa viene poi mantenuta costante mentre si misura la defor-
mazione risultante in funzione del tempo. Le prove sono, inoltre, condotte in condizioni iso-
termiche. I risultati delle prove di creep sono rappresentati dal modulo di creep E,(t), anch 'es-
so funzione del tempo, definito da:

EJt)"' ;;) (16.3)

dove a0 è la sollecitazione costante applicata ed e(t) è la deformazione in funzione del tempo.


Il modulo di creep è sensibile alla temperatura e diminuisce col crescere della temperatura
stessa.
Riguardo l'influenza della strullura molecolare sulle caratteristiche di creep, come regola
generale la suscettibilità al creep diminuisce [ovvero E,(t) aumenta} all'aumentare del grado
di cristallinità.

16.8 OEF0R11AZI0~E DEGLI ELAST0JIERI

lJna delle proprietà affascinanti dei materiali elastomerici è la loro elasticità, simile a quella
della gomma. Essi hanno la capacità di essere deformati raggiungendo deformazioni abba-
stanza grandi e poi, elasticamente, riportarsi velocemente alla loro forma originale. Questo
492 • Capitolo 16 / Caratteristiche, applicazioni e processi di produzione dei polimeri

comportamento è stato osservato probabilmente per la prima volta nella gomma naturale; tut-
tavia negli ultimi anni si è arrivati a realizzare la sintesi di un grande numero di elastomeri
con ampia varietà delle proprietà. Le curve sollecitazione-deformazione tipiche dei materia-
li elastomerici sono mostrate nella Figura 16. I, curva C. I loro moduli di elasticità sono abba-
stanza piccoli e, inoltre, variano con la deformazione dal momento che la curva sforzo-defor-
mazione non è lineare.
Quando non sollecitato, un elastomero è amorfo e composto da catene molecolari forte-
mente ritorte, annodate ed attorcigliate. La deformazione elastica, all'applicazione di un cari-
co di trazione, si trasforma semplicemente in un parziale districamento, raddrizzamento e sti-
ramento delle catene nonché il loro progressivo allineamento ed allungamento nella direzio-
ne della sollecitazione (Figura 16.14). Al cessare della sollecitazione, le catene si riportano
istantaneamente nella loro configurazione precedente e, pertanto, macroscopicament~ il
campione riacquista la sua forma originaria.
La forza che determina la deformazione elastica è una grandezza termodinamica chiama-
ta entropia che è la misura del grado di disordine all'interno di un sistema; l'entropia aumen-
ta all'aumentare del disordine. Quando un elastomero viene tirato, le catene polimeriche si
allineano ed il sistema diventa più ordinato. Da questo stato, se le catene tornano nello stato
di non allineamento iniziale, l'entropia cresce. Da questo effetto entropico derivano due
fenomeni interessanti. Il primo riporta il fatto che un polimero aumenta la sua temperatura
quando subisce uno stiramento, il secondo che il modulo d'elasticità aumenta all'aumentare
della temperatura, la qual cosa è opposta a quanto finora osservato per gli altri materiali
(vedere Figura 6.8).
Affinché un polimero sia un elastomero, devono presentarsi diverse circostanze: (1) esso
non deve cristallizzare facilmente, gli elastomeri sono amorfi con catene molecolari natural-
mente annodate ed aggrovigliate nello stato non sollecitato. (2) Le rotazioni dei legami della
catena devono essere relativamente libere per permettere alle catene attorcigliate di rispon-
dere prontamente ad una sollecitazione applìcata. (3) Dal momento che gli elastomeri subi-
scono deformazioni elastiche relativamente ampie, l'inizio della deformazione plastica deve
essere ritardata. Questo obiettivo viene raggiunto limitando i movimenti delle catene unen-
dole l'un l'altra mediante legami incrociati. I legami incrociati si comportano come punti di
ancoraggio tra le catene ed evitano il verificarsi del loro scorrimento, il ruolo dei legami
incrociati nel processo di deformazione è illustrato in Figura I 6.14. La realizzazione dei lega-
mi incrociati viene effettuata in molti elastomeri con un processo detto di vulcanizzazione,
che sarà trattato nella Sezione 16.15. (4) Infine l'elastomero deve stare al di sopra della sua
temperatura di transizione vetrosa. La temperatura più bassa alla quale permane il comporta-
mento simile a gomma è T, (Figura 16.12) che, per molti degli elastomeri comuni, è compre-

legami

-u

(b)

F11;1 R\ 16. 1-l Rappresentazione schematica di molecole di una catena a legami incrociati di un
polimero (a) in uno stato senza sollecitazioni (h) durante la deformazione elastica in risposta ad
una sollecitazione di trazione applicata. (Da Z.D. Jastrzebski, The Nature and Properrie~ o/
Engineering Materials, 3rd edition. Copyright © 1987 by John Wiley & Sons, New York.
Ristampa per concessione di John Wiley & Sons, lnc.)
16.9 Frattura nei polimeri • 493

sa tra i -50 ed i -90°C. Al di sotto della sua temperatura di transizione vetrosa, un elastome-
ro diviene fragile, tanto che il suo comportamento sollecitazione- deformazione rassomiglia
alla curva A di Figura 16.1.

16.9 FRATTl:RA NEI POLHlERl

La resistenza dei materiali polimerici è bassa a confronto di quella dei metalli e dei ceramici.
Come regola generale, il modo di frattura nei polimeri termoindurenti è fragile. In parole
semplici, associata al processo di frattura vi è la formazione di cricche nelle regioni dove si
localizza la concentrazione delle sollecitazioni ovvero in corrispondenza di intagli, graffi e
cricche acute. I legami covalenti nelle strutture reticolate o a legami incrociati vengono reci-
si nel momento della frattura.
Per i polimeri termoplastici, sono possibili sia i modi di frattura duttile che fragile e molti
di questi materiali possono avere una transizione da duttile a fragile. I fattori che favoriscono
una frattura fragile sono la diminuzione della temperatura, un aumento della velocità di
deformazione, la presenza di intagli, un maggiore spessore del campione ed inoltre una modi-
ficazione della struttura del polimero (chimica, molecolare, e/o microstrutturale). 1 termopla-
stici vetrosi sono fragili a temperature relativamente basse; all'aumentare della temperatura,
in vicinanza della loro temperatura di transizione vetrosa, essi diventano duttili e si presenta-
no plastici e flessibili prima della frattura. Questo comportamento è mostrato dalla curva
sforzo-deformazione del polimetilmetacrilato in Figura 16.3. A 4°C, il PMMA è totalmente
fragile, mentre a 60°C diventa estremamente duttile.
Un fenomeno che precede di frequente la frattura in alcuni polimeri termoplastici è quel-
lo dei microstrappi. I microstrappi si manifestano in regioni molto localizzate nelle quali si
raggiunge il limite di snervamento e si formano microcavità piccole ed interconnesse
(Figura16.15a). Tra queste microcavità, intorno alle quali le catene molecolari si presentano
orientate, si formano dei ponti fibrillari. Se il carico di trazione applicato è sufficientemente
elevato, questi ponti si allungano fino e spezzarsi, facendo ingrandire e coalescere le micro-
cavità. Quando le microcavità coalescono, cominciano a formarsi delle cricche, come
mostrato in Figura 16.15b. Un microstrappo è differente da una cricca in quanto può soste-
nere un carico sulla sua superficie. Inoltre, il processo di crescita dei microstrappi, prima
della formazione delle cricche, è un processo in grado di assorbire energia generando una

oooO O QOQ O Oo

Ponti fibrillari Microcavità Cricca

(a) (b)

FlGl H.-\ 16.15 Disegno schematico di (a) un microstrappo con microcavità e ponti fibrillari; (h)
un microstrappo seguito da una cricca. (Da J.W.S. Hearle, Polymers and Their Properties, Vol.1,
Fundamentals of Structure and Mechanics, Ellis Horwood, Ltd., Chichester, West Sussex,
England, 1982.)
494 • Capitolo 16 / Caratteristiche, applicazioni e processi di produzione dei polimeri

FIGllH 16.16 Fotomicrografia di un


microstrappo nel!' ossido di polifenilene.
(Da R.P. Kambour e R.E. Robertson,
"The Mechanical Properties of Plastics"
in Polymer Science. A Materials Science
Handbook. A.D. Jenkins, Editor.
Ristampa per concessione di Elsevier
Science Publisher.)

frattura ed, in effetti, esso incrementa la resistenza alla frattura del polimero. I microstrappi
formano aree fortemente sollecitate nelle quali si presentano graffiature, fessure e disomoge-
neità molecolari; inoltre essi si propagano perpendicolarmente alla direzione della sollecita-
zione di trazione applicata e mostrano, tipicamente, spessori di 5 µm o meno. Nella micro-
grafia di Figura 16.16 è mostrato un microstrappo.
I principi della meccanica della frattura, sviluppati nella Sezione 8.5, si applicano anche ai
polimeri fragili e quasi-fragili; la suscettibilità alla frattura di questi materiali quando è pre-
sente una cricca può essere espressa in termini di tenacità a frattura in condizioni di deforma-
zione piana. Il valore del K1cdipende dalle caratteristiche del polimero (esempio peso moleco-
lare, percentuale di cristallinità, ecc.), dalla temperatura, dalla velocità di deformazione e dal-
1'ambiente esterno. Nella Tabella 8.1 e nell'Appendice B.5 sono riportati valori tipici di K,,.per
alcuni polimeri.

16.10. ALTRE CARATTERI~Tlf:Irn

RESISTEI\ZA ALL' IMPATTO

La capacità di resistenza di un materiale polimerico all'impatto nel caso di un pezzo intagliato


può, in alcune applicazioni, dar luogo a qualche preoccupazione. Per valutare la resistenza al-
l'impatto si usano normalmente le prove Izod o Charpy. Come per i metalli, i polimeri per sol-
lecitazione d'impatto possono presentare una frattura fragile o duttile, in relazione alla tempe-
ratura, alla dimensione del campione, alla valocità di deformazione ed alle modalità di carico,
come visto nella sezione precedente. Sia i polimeri cristallini che amorfi sono fragili a basse
temperature ed entrambi presentano una resistenza all'impatto relativamente bassa. Inoltre
essi presentano una transizione da duttìle a fragile in un intervallo di temperatura relativa-
mente stretto, simile a quello mostrato per l'acciaio in Figura 8.17. Naturalmente la resistenza
all'impatto subisce una graduale diminuzione a temperature ancora più elevate, quando il po-
limero comincia ad ammorbidirsi. Normalmente le due caratteristiche relative all'impatto più
richieste sono una forte resistenza ali 'impatto a temperatura ambiente ed una temperatura di
transizione da duttile a fragile che stia al di sotto della temperatura ambiente.

FATICA

I polimeri possono manifestare rottura a fatica se sottoposti a sollecitazioni cicliche. Come per
16.10 Altre caratteristiche 495

F1cuu 16.17 Curve di 25


fatica (ampiezza della
sollecitazione in funzione
del numero dei cicli a
rottura) per il
,,. 20
o..
polietilenetereftalato ~
(l/
(PET), nylon, polistirene e
o
'N
(PS), polimetilmetacrilato .'3 15 PMMA
·e:;
(PMMA), polipropilene ..Si
(PP), polietilene (PE) e ~
politetrafluoroetilene ..'.!!
"'1:i 10
(PTFE). La frequenza di -o pp
prova era di 30 Hz. (Da "'
N
N
Nylon
(l/ (secco)
M.N. Riddell, "A Guide ·:5.
E
to Better Testing of <( 5
Plastics", Plast. Eng.,
Vol. 30, N. 4, p. 78,
1974.) o o
103 104 10 5 106 107

Numero di cicli a rottura

i metalli, la rottura a fatica si manifesta a bassi livelli di sollecitazione, rispetto al carico di rot-
tura del materiale. Le prove a fatica nei polimeri non sono così lunghe come per i metalli; tutta-
via i dati di tali prove vengono riportati nel medesimo tipo di grafico utilizzato per i metalli e le
curve risultanti presentano lo stesso andamento. In Figura 16.17 sono mostrate le curve a fatica
per alcuni polimeri comuni, riportando (in scala logaritmica) la sollecitazione in funzione del
numero dei cicli per raggiungere la rottura. Alcuni presentano un limite di fatica (cioè un livello
di sollecitazione per il quale la sollecitazione a rottura diviene indipendente dal numero di ci-
cli); altri non sembrano presentare tale limite. Come d'altronde ci si potrebbe aspettare, le resi-
stenze a fatica ed i limiti di fatica dei materiali polimerici sono più bassi di quelli dei metalli.
Il comportamento a fatica per i polimeri è più sensibile che per i metalli alla frequenza della
sollecitazione. Sottoporre i polimeri a cicli ad alte frequenze e/o a sollecitazioni relativamente
grandi può produrre un riscaldamento localizzato; di conseguenza la rottura può provocarsi a
causa dell'ammorbidimento del materiale piuttosto che come risultato di tipici processi a fatica.

RESISTEJ\ZA ALLO STRAPPO E nrREZZA

Altre proprietà meccaniche, che a volte influenzano l'impiego di un certo polimero in alcune
particolari applicazioni, sono la resistenza allo strappo e la durezza. La capacità di resistenza
allo strappo è una proprietà importante per alcune plastiche, specie per quelle impiegate per le
pellicole sottili degli imballaggi. Il parametro meccanico che viene misurato, cioè la resistenza
allo strappo, è l'energia richiesta per dividere in due pezzi un campione, di una fissata geome-
tria. La resistenza a trazione e la resistenza allo strappo sono fra loro correlate.
Come per i metalli, anche per i polimeri la durezza rappresenta la resistenza di un materiale
ad essere graffiato, penetrato e così via. I polimeri sono più morbidi dei metalli e dei ceramici
e la maggior parte delle prove di durezza vengono condotte con tecniche di penetrazione simili
a quelle descritte per i metalli nella Sezione 6.1 O. Per i polimeri sono usate frequentemente le
prove Rockwell 3 . Altre tecniche di durezza adottate impiegano il Durometro ed il Barcol 4 .

3ASTM Standard D 785, "Rockwell Hardness of Plastics and Electrical Insulating Materials".
4ASTM Standard D 2240, "Standard Test Method for Rubber Property - Durometer Hardness" e
ASTM Standard D 2583, "Standard Test Method for lndentation of Rigid Plastics by Means of a Barcol
Impressor".
496 • Capitolo 16 / Caratteristiche, applicazioni e processi di produzione dei polimeri

APPLICAZIONI
DEI POLIMERI
E PROCESSI
DI PRODUZIONE
Le grandi macromolecole dei polimeri commercialmente interessanti devono essere sintetiz-
zate a partire da sostanze che hanno molecole più piccole mediante un processo detto di poli-
merizzazione. Inoltre le proprietà di un polimero possono essere modificate o migliorate con
l'aggiunta di materiali additivanti. Infine un pezzo finito della forma desiderata deve essere
modellato durante la fase di realizzazione. Questa sezione tratta dei processi di polimerizza-
zione e dei diversi additivi; in relazione alla tipologia del polimero sono anche indicate le
specifiche procedure di realizzazione.

16.11 POLIMERIZZAZIONE

La sintesi di polimeri ad alto peso molecolare è chiamata polimerizzazione; questa è sempli-


cemente il processo attraverso il quale unità monomeriche vengono via via aggregate per
generare molecole più grandi. In generale, le materie prime per i polimeri sintetici sono rica-
vate dai derivati del carbone e del petrolio, che sono composti di molecole a basso peso mole-
colare. Le reazioni attraverso le quali avviene la polimerizzazione si possono raggruppare -in
funzione del meccanismo di reazione - in due classi generali, l'addizione e la condensazio-
ne, come mostrato nel seguito.

POLliHRRIZZAZIO~E PEK AUDIZIOJ\E

La polimerizzazione per addizione (a volte chiamata polimerizzazioneper reazionea catena)è


un processo per il quale unità monomeriche bifunzionali vengono aggregate una alla volta in
modo simile ad una catena per fonnare una macromolecola lineare; la composizione della mole-
cola prodotta risulta un esatto multiplo del monomero reagente sottoposto a reazione.
Nella polimerizzazione per addizione si distinguono tre distinti stati: inizio, propagazio-
ne e termine. Durante la fase di inizio si ottiene la formazione di un centro attivo, capace di
successiva propagazione, mediante una reazione tra un iniziatore e l'unità monomerica.
Questo processo è stato dimostrato per il polietilene (Equazione 15.1), per il quale avviene
nel modo seguente
H H H H
I I I I
R· + C=C ~ R-C-C· (16.4)
I I I I
H H H H

Dove R· rappresenta l'iniziatore attivo ed• è l'elettrone spaiato.


La propagazione rappresenta la crescita lineare della molecola, ovvero le unità monome-
riche si collegano l'una ali' altra in successione per produrre una catena molecolare che, sem-
pre per il polietilene, è rappresentata nel modo seguente:

H H H H H H H H
I I I I I I I I ( 16.5)
R-C-C· + C=C - R-C-C-C-C·
I I I I I I I I
H H H H H H H H
L'accrescimento della catena è relativamente rapido; il periodo di tempo necessario per realizzare
una molecola composta, ad esempio, da 1000 unità monomeriche è dell'ordine di 10-2 - 10-, s.
La propagazione può finire o terminare in diverse maniere. Un primo caso si ha quando
le estremità attive di due catene in fase di propagazione reagiscono o si legano tra loro e for-
16.11 Polimerizzazione 497

mano una molecola non reattiva,


HHHH HHHH
I I I I I I I I
R----C-C-C-C· + ·C-C-C-C----R -
I I I I I I I I
HHHH HHHH
H H H H H H H H
I I I 1 I I I I
R----C-C-C-C-C-C-C-C----R (16.6)
I I I I I I I I
H H H H H H H H
ponendo fine in tal modo alla crescita di ciascuna catena. Oppure l'estremità di una catena at-
tiva può reagire con un iniziatore od altre specie chimiche che presentano un solo legame at-
tivo, come di seguito
H H H H H H H H
I I I I I I I I
-C-C-C-C· + ·R- -C-C-C-C-R
I I I I I I I I (I 6.7)
H H H H H H H H
con il risultato di fennare subito la crescita della catena.
Il peso molecolare è determinato dalle relative velocità di inizio, propagazione e tennine.
Di norma queste sono controllate in modo da assicurare la produzione di un polimero con il
grado di polimerizzazione desiderato.
La polimerizzazione per addizione è usata nella sintesi del polietilene, polìpropilene, clo-
mro di polivinile e polistirene e per gran parte dei copolimeri.

POLtl\IERIZZAZIO~E PEH. C01\0E~SAZIONE

La polimerizzazione per condensazione (o reazione a stadi) è la formazione di polimeri


mediante reazioni chimiche intermolecolari in fasi successive, che di norma interessano più
di un tipo di monomero; con questo processo generalmente si ottiene un prodotto di reazione
secondario a basso peso molecolare, come ad esempio l'acqua, che viene poi eliminato.
Nessuna specie reagente ha la formula chimica della unità monomerica ripetitiva e la rea-
zione intermolecolare avviene ogni volta che si forma l'unità monomerica ripetitiva. Per
esempio, si consideri la formazione di un poliestere dalla reazione tra il glicol etilenico e l'a-
cido adipico; la reazione intermolecolare è :

H H O H H H H O
1 1 __ ~ I 1 I I //
Ho-c-c-o:tt: c-c-c-c-c-c
I
H
I
H
L ',,~__/
',,_ttQ!
I
H H
I I
H
I
H
bH-
H H O H H H H O
I I ~ I I I I //
HO-c-c-o-c-c-c-c-c-c + H20 (16.8)
I I I I I I \ 08
H H H H H H
Questo processo è ripetuto in successione e produce, in questo caso, una molecola lineare.
Non è tanto importante evidenziare la chimica della reazione specifica, quanto piuttosto il
meccanismo di polimerizzazione per condensazione. Inoltre i tempi di reazione per la poli-
merizzazione per condensazione sono generalmente più lunghi di quelli per addizione.
Le reazioni di condensazione producono spesso monomeri trifun;àonali, capaci di forma-
re polimeri a legami incrociati e reticolati. I polimeri termoindurenti e la fenoh--formaldei-
498 Capitolo 16 / Caratteristiche, applicazioni e processi di produzione dei polimeri

de, i nylon ed i policarbonati sono prodotti con polimerizzazione per condensazione. Alcuni
polimeri, quali il nylon, possono essere polimerizzati con entrambe le tecniche.

16.12 ADDITIVI DEI POLIMERI

Molte delle proprietà dei polimeri precedentemente esposte in questo capitolo sono intrinseche,
cioè caratteristiche dello specifico polimero. Alcune di queste proprietà sono dovute alla strut-
tura molecolare ed ano stesso tempo controllate da questa. Spesso, tuttavia, è necessario modifi-
care le proprietà meccaniche, chimiche e fisiche per raggiungere la massima prestazione possi-
bile e questo si può ottenere per mezzo di una semplice modifica della struttura molecolare fon-
damentale. Per migliorare o modificare molte proprietà, e quindi rendere un polimero più utile, si
introducono in esso di proposito sostanze estranee chiamate additivi. Additivi tipici sono i mate-
riali di riempimento (filler), gli stabilizzanti, i plasticizzanti, i coloranti ed i ritardanti di fiamma.

RIK\IPITIVI

I materiali di riempimento sono aggiunti spesso ai polimeri per aumentare la resistenza alla
trazione ed alla compressione, la resistenza all'abrasione, la durezza, la stabilità dimensiona-
le e termica ed altre proprietà. Tra i materiali usati come riempitivi particolari si possono cita-
re la farina di legno (segatura finemente polverizzata), la farina di silice e sabbia, vetro, argil-
la, talco, calcare ed anche alcuni polimeri sintetici. Le dimensioni delle particelle variano dai
IO nm a dimensioni macroscopiche. Poiché questi materiali di poco valore sostituiscono
volumi del più costoso polimero, di fatto viene a ridursi il costo del prodotto finale.

PLASTIFICANTI

La flessibilità, duttilità e durezza di un polimero possono essere aumentate con l'aiuto di addi-
tivi chiamati plastificanti. La loro presenza può anche ridurre la durezza e la rigidità. I plasti-
ficanti sono in genere liquidi a bassa tensione di vapore e bassi pesi molecolari. Le piccole mo-
lecole di un plastificante vanno ad occupare le posizioni vacanti tra le grandi catene di un poli-
mero, aumentando in effetti la distanza tra le catene e causando una diminuzione dei legami in-
termolecolari secondari. I plastificanti sono comunemente usati nei polimeri che si presentano
intrinsecamente fragili a temperatura ambiente, quali il cloruro di polivinile ed alcuni dei co-
polimeri acetati. In effetti i plastificanti abbassano la temperatura di transizione vetrosa, in
modo che i polimeri si possono anche usare a temperatura ambiente, per applicazioni che ri-
chiedono un certo grado di flessibilità e duttilità. Tra queste applicazioni vi sono fogli o pelli-
cole sottili, tubazioni, impermeabili e tende.

STABILT7ZATORI

Alcuni materiali polimerici, nelle normali condizioni ambientali, sono soggetti a rapido dete-
rioramento, generalmente dal punto di vista dell'integrità meccanica. Più spesso il deteriora-
mento è causato dall'esposizione alla luce, in particolare ai raggi ultravioletti, ed anche dal-
l'ossidazione (Sezione 18.12). La radiazione ultravioletta interagisce con alcuni dei legami
covalenti lungo la catena molecolare, causandone la rottura, che può aver luogo anche in
alcuni legami incrociati. Il deterioramento per ossidazione è una conseguenza della reazione
chimica tra gli atomi di ossigeno e le molecole del polimero. Gli additivi che contrastano que-
sti processi di deterioramento sono chiamati stabilizzatori.

COLORANTI

I coloranti conferiscono uno specifico colore ad un polimero; essi possono essere aggiunti
16.14 Plastiche • 499

sotto forma di tinture o pigmenti. Con una tintura le molecole si dissolvono e diventano parte
della struttura molecolare del polimero. I pigmenti sono materiali di riempimento che non si
dissolvono, ma formano una fase separata; di norma essi hanno particelle di piccole dimen-
sioni, sono trasparenti e presentano un indice si rifrazione vicino a quello del polimero da
colorare. Altri possono conferire al polimero sia opacità che colore.

RITARDANTI DI FLUl.lUA

Una delle maggiori preoccupazioni per i polimeri, specie se impiegati nella fabbricazione di
tessuti e giocattoli per bambini, è la loro infiammabilità. La maggior parte dei polimeri sono
infiammabili allo stato puro; le eccezioni riguardano quelli che presentano significativi con-
tenuti di cloro e/o fluoro, quali il cloruro di polivinile ed il politetrafluoroetilene. La resi-
stenza alla fiamma degli altri polimeri combustibili può essere aumentata con additivi chia-
mati ritardanti di fiamma. Questi ritardanti funzionano interferendo con la fase gassosa del
processo di combustione od iniziando una reazione chimica che provoca un raffreddamento
dell'area di combustione e la cessazione del fuoco.

16.13 TIPI DI POUMERO


Vi è un gran numero di materiali polimerici che sono piuttosto familiari e trovano una vasta
gamma di applicazioni. Tra questi si possono citare le plastiche, gli elastomeri (o gomme), le
fibre, i rivestimenti, gli adesivi, le schiume e le pellicole. In funzione delle sue proprietà, un
polimero può essere utilizzato in due o più di queste categorie di applicazioni. Per esempio,
una plastica può dare un soddisfacente elastomero se viene dotata di legami incrociati ed
usata al di sopra della sua temperatura di transizione vetrosa. Oppure un materiale da fibre
può essere usato come una plastica se non viene filato. Questa parte del capitolo comprende
una breve descrizione di ciascuno di questi tipi di polimero. Talvolta, per alcuni di essi, sono
richiamati alcuni dei metodi più comuni di fabbricazione.

16.14 PLASTICHE
CARATTEHISTICHE ED APPUCAZIONI

Probabilmente sotto la classificazione di plastica è compreso il più gran numero di differenti


materiali polimerici. Polietilene, polipropilene, cloruro di polivinile, polistirene e fluorocar-
buri, resine epossidiche, fenoliche e poliesteri, possono essere tutti classificati come plasti-
che. Essi hanno una vasta gamma di combinazioni di proprietà. Alcune plastiche sono molto
rigide e fragili; altre sono flessibili, mostrando sia deformazioni elastiche che plastiche quan-
do sollecitate e, talvolta, subiscono una considerevole deformazione prima della frattura.
I polimeri che ricadono in questa classificazione possono avere diversi gradi di cristalli-
nità e possedere ogni tipo di struttura e configurazione molecolari (lineari, ramificate, isotat-
tiche, ecc.). Un'altra classificazione di uso comune vede i materiali polimerici suddivisi in
termoplastici e termoindurenti. Nella Tabella 16.3 sono riportati i nomi commerciali, le carat-
teristiche e le applicazioni tipiche di alcune plastiche.
Alcune plastiche mostrano proprietà particolarmente rilevanti. Per le applicazioni nelle
quali è critica la trasparenza ottica, sono particolarmente adatti il polistirene ed il polimetilme-
tacrilato; comunque risulta imperativo che il materiale sia altamente amorfo o, se semicristal-
lino, abbia un grado di cristallinità molto piccolo. I fluorocarburi hanno un basso coefficiente
di attrito e sono estremamente resistenti all'attacco di gran parte degli agenti chimici, anche a
temperature relativamente alte. Essi sono usati come rivestimenti per utensili da cucina antia-
derenti, per cuscinetti e guaine isolanti e per componenti elettronici ad alta temperatura.
500 • Capitolo 16 / Caratteristiche, applicazioni e processi di produzione dei polimeri

Tabella 16.3 Nomi connnerciali, caratteristiche ed applicazioni tipiche per alcuni materiali plastici

Tipo di materiale Nome Principali caratteristiche Applicazioni tipiche


commerciale di applicazione

Tennoplastici
Acrilonitrile Abson Rilevante resistenza e durezza, Rivestimenti di frigoriferi,
butadiene stirene Cycolac resistente alla distorsione per strumenti per giardinaggio,
(ABS) Kralastic calore; buone proprietà elettriche; giocattoli, dispositivi di
Lustran infiammabile e solubile in alcuni sicurezza delle autostrade
Novodur solventi organici
Tybrene

Acrilici {polimetil Acrylite Rilevante trasparenza e resistenza agli Lenti, chiusure trasparenti per
metacrilato) Diacon agenti atmosferici; proprietà aerei, dispoitivi per disegno, •
Lucite meccaniche solo discrete insegne ali' aperto
Plexigas

Fluorocarburi Teflon Chimicamente inerti in quasi tutti gli Guarnizioni anticorrosive, tubi e
{PTFEoTFE) Fluon ambienti, eccellenti proprietà valvole per la chimica;
Halar elettriche; basso coefficiente cuscinetti, rivestimenti
Halon d'attrito; possono essere usati sino 3Iltiaderenti, parti elettroniche
Hostaflon TF a 260°C; relativamente deboli con ad alta temperatura
scarse proprietà di scorrimento a
freddo

Poliammidi Nylon Buona resistenza meccanica, Cuscinetti, ingranaggi, camme,


(nylon) Durethan resistenza ali' abrasione e tenacità; boccole, maniglie, guaine
Herox basso coefficiente d'attrito; assorbe isolanti per fili e cavi
Nomex l'acqua ed alcuni altri liquidi
Ultramid
Zytel

Policarbonati Baylon Dimensionalmente stabili; poco Elmetti di protezione, lenti, globi


lupilon assorbimento d'acqua; trasparènte; diffusori di luce, supporti per
Lexan molto buona la resistenza agli urti e pellicole fotografiche
Makrolon la duttilità; non eccezionale
Merlon resistenza agli agenti chimici
Nuclon

Polietilene Alathon Resistente chimicamente ed isolante Bottiglie flessibili, giocattoli,


Alkathene elettrico; tenace e con coefficiente bicchieri, parti di batterie,
Ethron d'attrito relativamente basso; bassa portaghiaccio, pellicole per
Fortitlex resistenza meccanica e bassa avvolgere
Hi-Fax resistenza agli agenti atmosferici
Petrothene
Rigidex
Zendel

Polipropilene Bexphane Resistente alla deforrnazione per Bottiglie sterilizzabili, pellicole


Herculon calore; eccellenti proprietà d'imballaggio, involucri di
Meraklon elettriche e resistenza alla fatica; televisori, valigie
Moplen chimicamente inerte; relativamente
Poly-pro poco costoso; bassa resistenza alla
Pro-fax luce UV
Propathene

Polistirene Carinex Eccellenti proprietà elettriche e Piastrelle da parete, contenitori


Celatron trasparenza ottica; buona stabilità per batterie, giocattoli, pannelli
Hostyren dimensionale e termica; da lampade per interni,
Lustrex relativamente poco costosi applicazioni per l'edilizia
Styron
Vestyron
16.14 Plastiche • 501

Tabella 16.3 (continua)


Tipo di materiale Nome Principali caratteristiche Applicazioni tipiche
commerciale di applicazione

Vinilici Darvic Buoni materiali di impiego generale Coperture per pavimenti, tubi,
Exon ed a basso costo; normalmente isolanti di fili elettrici, tubi per
Geon rigidi, ma possono essere innaffiare, dischi per fonografo.
Pee Ve Cee flessibili se si aggiungono
Pliovic plastificanti; spesso
Saran copolimerizzati, suscettibili a
Tygon deformazione se scaldati

Poliestere Celanar Una delle più forti pellicole Nastri magnetici di registrazione;
(PETo PETE) Crastin plastiche: eccellente resistenza indumenti, cordature di
Dacron alla fatica ed allo strappo, pneumatici per autoveicoli,
Hylar resistenza all'umidità, agli acidi, contenitori di bevande
Melinex grassi, oli e solventi
Mylar
Terylem

Termoindurenti
Epossidici Araldite Eccellente combinazione di Stampi elettrici, lavandini,
Epikote proprietà meccaniche e di adesivi, rivestimenti protettivi,
Epon resistenza alla corrosione; usato con fibre di vetro per
Epi-rez dimensionalmente stabile; buona laminati
Lekutherm adesività; relativamente basso
Nepoxide costo; buone proprietà elettriche.
Coperture di motori, telefoni,
Resine fenoliche Bakelite Eccellente stabilità termica sopra i distributori automatici, impianti
Amberol I 50°C; può essere combinato con elettrici
Arofene un gran numero di resine, cariche
Durite etc.; di basso costo
Resinox

Poliesteri Aropol Eccellenti proprietà elettriche e Elmetti, barche in vetroresina,


Baygal basso costo; può essere formulato componenti della carozzeria di
Dcrakane per uso a temperatura ambiente o auto, sedie, ventilatori
Laguval ad alte temperature; spesso a fibra
Laminac rinforzata
Selectron

Fonte:Da C.A. Harper, Editor, Handhook of Plasrics and Elastomers. Copyright© 1975 da McGraw Hill Book Company. Ristampa auto-
rizzata.

TECNICHE DI FORMATURA

Per la formatura dei materiali polimerici vengono impiegate numerose tecniche. Il metodo
prescelto per un dato polimero dipende da diversi fattori: ( l) se il materiale è termoplastico o
termoindurente; (2) se termoplastico, la temperatura alla quale si ammorbidisce; (3) la stabi-
lità agli agenti atmosferici del materiale durante la formatura; (4) la geometria e le dimensio-
ni del prodotto finito. Vi sono, inoltre, molte affinità tra queste tecniche e quelle utilizzate
per produrre metalli e ceramici.
La produzione di materiali polimerici avviene normalmente a temperature elevate e spes-
so con l'applicazione di una pressione. I termoplastici sono prodotti a temperature superiori
alla loro temperatura di transizione vetrosa se amorfi, sopra la loro temperatura di fusione se
semicristallini; inoltre, durante il raffreddamento il pezzo va mantenuto sotto pressione per
mantenere la forma voluta. Il significativo beneficio economico che si ottiene con l'uso dei
502 • Capitolo 16 / Caratteristiche, applicazioni e processi di produzione dei polimeri

termoplastici deriva dal fatto che essi si possono riciclare; i pezzi di rottame termoplastici
possono essere rifusi e ricostruiti in nuove forme.
La fabbricazione di polimeri termoindurenti è realizzata di norma in due stadi. Prima
viene preparato un polimero lineare (a volte chiamato prepolimero) allo stato liquido, con
basso peso molecolare. Questo materiale è trasformato nel prodotto finito duro e rigido in una
seconda fase di lavorazione, che normalmente viene effettuata in uno stampo della forma
desiderata. Questa seconda fase, chiamata "cura", può avvenire con riscaldamento e/o
aggiunta di catalizzatori e, comunque, spesso sotto pressione. Durante la cura, avvengono
modificazioni chimiche e strutturali a livello molecolare: si forma una struttura a legami
incrociati o reticolati. Dopo la cura, i polimeri termoindurenti possono essere rimossi dallo
stampo ancora caldi, in quanto essi sono oramai dimensionalmente stabili. I termoindurenti,
inoltre, sono difficili da riciclare, non fondono, sono utilizzabili a temperature più alte dei ter-
moplastici e sono chimicamente più inerti.
Lo stampaggio è il metodo più comune per produrre polimeri plastici. Tra le diverse tec-
niche di stampaggio usate vi sono la compressione, il trasferimento, il soffiaggio, l'iniezione
e l'estrusione. In ciascuna di esse si forza della plastica granulare o finemente macinata, ad
elevate temperature ed a pressione, a fluire dentro uno stampo cavo, a riempirlo ed assumer-
ne la forma.

Stampaggio per compressione e trasferimento


Nello stampaggio per compressione si mette tra il maschio e la femmina dello stampo l'op-
portuna quantità di polimero perfettamente mischiato con additivi necessari, come mostrato
in Figura 16.18. Entrambi i pezzi dello stampo sono riscaldati; solo uno di essi è mobile. Si
chiude lo stampo, si applica calore e pressione, in modo che il materiale plastico diventi
viscoso e si adatti alla forma dello stampo. Prima dello stampaggio, le materie prime posso-
no essere mescolate e pressate a freddo in dischetti (preforme). Il preriscaldamento della
preforma riduce il tempo e la pressione di stampaggio, migliora il tempo di vita dello stampo
e produce pezzi finiti più uniformi. Questa tecnica di stampaggio si presta alla fabbricazione
di polimeri sia termoplastici che termoindurenti; tuttavia per i termoplastici è più lunga e
costosa.
Nello stampaggio per trasferimento, variante della tecnica di compressione, gli ingre-
dienti solidi vengono dapprima fusi in una camera di stampaggio riscaldata. Quando il mate-
riale fuso viene iniettato nella camera di stampaggio, la pressione risulta distribuita più

F1GtR\ lf1.l8 Disegno


schematico di un siste-
ma per stampaggio a
Piastra compressione. (Da F.W.
Riscaldamento e
raffreddamento --t--t---.i Controstampa Billmeyer, Jr Textbook
of Polymer Science, 3rd
Perno di guida
edition. Copyright ©
Composto per lo stampaggio
1984 by fohn Wiley &
Cavità dello stampo Sons, New York.
Ristampa autorizzata da
Piastra
Base dello John Wiley & Sons,
stampo
Inc.)
Pistone idraulico
16.14 Plastiche • 503

uniformemente su tutte le superfici. Questo processo è usato per i polimeri termoindurenti e


per i pezzi di forme complesse.

Stampaggio per inie:i.ione


Lo stampaggio per iniezione, l'analogo per i polimeri della colata su stampo dei metalli, è la
tecnica più largamente usata per la produzione dei materiali termoplastici. Una sezione sche-
matica del sistema utilizzato è illustrata in Figura 16.19. La quantità appropriata di materiale
granulare scende attraverso una tramoggia di carico ed è poi spinta, da un pistone, in un cilin-
dro. Il polimero granulare carico è spinto in avanti sino ad una camera di riscaldamento, dove
il materiale termoplastico fonde e forma un liquido viscoso. Quindi la plastica fusa è spinta,
ancora dal movimento del pistone, attraverso un ugello nella annessa cavità di stampaggio; la
pressione viene mantenuta sino a che l'oggetto da stampare si sia solidificato. Infine si apre
lo stampo e si ripete l'intero ciclo. Probabilmente la prestazione più notevole di questa tecni-
ca è la velocità con la quale si possono produrre i pezzi. Per i termoplastici, la solidificazio-
ne della carica iniettata è quasi immediata; di conseguenza il tempo di ciclo di questo pro-
cesso è breve (in genere dai 10 ai 30 s). I polimeri termoindurenti possono anch'essi essere
srampati per iniezione; la cura ha luogo mentre il materiale è sotto pressione in uno stampo
riscaldato, il che dà luogo a tempi di ciclo più lunghi che per i termoplastici. Questo proces-
so è talvolta chiamato stampaggio a reazione per iniezione (Reaction Injection Molding =
RIM).

Estnuione
Il processo di estrusione è semplicemente uno stampaggio per iniezione di un rermoplastico
viscoso attraverso uno stampo aperto ali' estremità, similmente ali' estrusione dei metalli
(Figura 12.2c). Una vite senza fine spinge attraverso una camera il materiale granulare che
viene successivamente compattato e fuso, così da formare una carica continua di fluido
viscoso. L'estrusione avviene quando questa massa fusa è forzata a passare attraverso un ori-
fizio dello stampo. La solidificazione del pezzo estruso è accelerata da soffi d'aria o da spruz-
zi d'acqua prima di passare su un convogliatore mobile. La tecnica è particolarmente adatta
per produrre pezzi continui a sezione a geometria costante, per esempio barre, tubi, tubi da
innaffiamento, fogli e filamenti.

Stampaggio per soffiatura


Il processo di stampaggio per soffiatura utilizzato per la fabbricazione di contenitori di plastica
è simile a quello usato per soffiare le bottiglie di vetro, come mostrato in Figura 14.5. Dap-

Tramoggia di alimentazione

Cavità dello
stampo
Pressione
Pistone ~ idraulica

Camera di
riscaldamento

FIC.l"R.\ 16.19 Schema di un apparato ad iniezione. (Da F.W.Billmeyer, Jr.,Texthook of Polymer


Science, 2nd edtion. Copyright© 1971 by John Wiley & Sons, New York. Ristampa autorizzata
da John Wiley & Sons, Inc.)
504 • Capitolo 16 / Caratteri5tiche, applicazioni e processi di produzione dei polimeri

prima viene estruso un tubo in materiale polimerico. Quando esso è ancora in uno stato semi-
fuso viene messo in uno stampo formato da due elementi che ha la configurazione desiderata del
contenitore da produrre. Il pezzo cavo viene prodotto soffiando aria o vapore a pressione dentro
il tubo, forzandone le pareti a modellarsi sui contorni dello stampo. Naturalmente si devono re-
golare attentamente la temperatura e la viscosità del tubo.

Colata
Come i metalli e le ceramiche, anche i materiali polimerici possono essere ottenuti per getto;
ciò avviene quando un materiale plastico fuso viene versato in uno stampo e lasciato solidi-
ficare. Sia i termoplastici che i termoindurenti possono essere prodotti per getto. Per i termo-
plastici, la solidificazione avviene per raffreddamento dello stato fuso; mentre, per i ter-
moindurenti, l'indurimento è conseguenza di una polimeri7,zazione o processo di cura che di
norma è realizzata ad elevata temperatura.

16. 15 ELASTOMERI

Le caratteristiche ed il meccanismo di deformazione degli elastomeri sono stati trattati pre-


cedentemente (Sezione 16.8). Pertanto, in questo paragrafo ci si focalizzerà sui processi e sui
diversi tipi di materiale elastomerico.

VULCANIZZAZIONE

Un requisito caratteristico del comportamento di un elastomero è che la struttura molecolare


sia a legami incrociati. Il processo di realizzazione dei legami incrociati negli elastomeri è
chiamato vulcanizzazione, che è ottenuta con una reazione chimica non reversibile, <linunna
effettuata ad una temperatura elevata. Nella maggior parte delle reazioni di vulcanizzazione,
vengono aggiunti atomi di zolfo all'elastomero riscaldato; le catene di atomi di zolfo si lega-
no con le catene dì base del polimero adiacente e formano con esse legami incrociati, ciò si
realizza secondo la reazione seguente:

HCH 3 H H HCH3 H H
I I I I I I I I
-C-C=C-C- -e-e-e-c-
J I l I I I
H H H I I H
+ (m + n) s- (S)m~S)n (16.9)
H H
I
-C-C=C-C-
I f I 1
I
-e-e-e-c-
1 I
HCH3 H H
I I l I I I
HCH3 H H
nella quale i due legami incrociati evidenziati sono formati di m ed n atomi di zolfo. I legami
incrociati che si formano nella catena principale sono dovuti agli atomi di carbonio aventi il
legame doppio prima della vulcanizzazione e che, dopo la vulcanizzazione, sono diventati a
legame singolo.
La gomma non vulcanizzata è soffice ed appiccicosa e presenta scarsa resistenza all'a-
brasione. Il modulo di elasticità, la resistenza alla trazione e la resistenza alla degradazione


per ossidazione sono tutte proprietà che vengono migliorate con la vulcanizzazione. Il valo-
re del modulo di elasticità è direttamente proporzionale alla densità dei legami incrociati. Le
curve sfurzu-<leformazione per la gomma naturale vulcanizzata e non vulcanizzata sono
riportate in Figura 16.20. Per produrre una gomma che sia capace di grande estensibilità
senza rottura dei legami della catena primaria, ci devono essere relativamente pochi legami
16.15 Elastomeri • 505

FIGD(.\ 16.20
Curve sforzo-deforma-
60 zione al 600% di allunga-
mento per gomma natura-
50 ·- le non vulcanizzata e vul-
canizzata.
-;; 40
e_

~
o 30 Vulcanizzata
l"
-12
<J)

20

IO

o
o 2 3 4 5 6
Deformazione

incrociati e questi devono essere molto distanziati. Le gomme risultano effettivamente utiliz-
zabili quando si aggiungono da l a 5 parti di zolfo (in peso) a 100 parti di gomma.
Aumentando il contenuto in zolfo si indurisce la gomma, ma si riduce anche la sua estensihi-
lità. Inoltre, dal momento che presentano legami incrociati, i materiali elastomeri sono per
loro natura termoindurenti.

TIPI DI ELASTOMERI

La Tabella 16.4 elenca le proprietà e le applicazioni degli elastomeri più comuni; queste pro-
prietà sono tipiche ed, ovviamente, dipendono dal grado di vulcanizzazione e dall'utilizzo o
meno di rinforzi. La gomma naturale è ancora largamente utilizzata perché presenta una note-
vole combinazione di proprietà desiderabili. L'elastomero sintetico più importante è, invece,
lo SBR, che è usato preminentemente nei pneumatici d'automobile, rinforzato con nerofumo.
Un altro elastomero sintetico di uso comune è l'NBR, il quale è altamente resistente alla
degradazione ed al gonfiaggio.
Per molte applicazioni (p. es. gomme d'auto) le proprietà meccaniche delle gomme,
anche se vulcanizzate, non sono soddisfacenti in termini di resistenza a trazione, abrasione e
rigidezza. Queste caratteristiche possono essere ulteriormente migliorate con additivi quali il
nerofumo (Sezione 17.2). Inoltre, le tecniche usate in pratica nella fabbricazione delle parti
di gomma sono essenzialmente le stesse di quelle indicate per le plastiche e precedentemen-
te descritte, cioè stampaggio per compressione, estrusione ecc.
Infine, occorre accennare alle gomme al silicone. Per questi materiali la catena di base di
carbonio è sostituita da una catena che alterna atomi di silicio ed ossigeno:

R
I
-Si-0-
1
R'

dove R ed R' rappresentano gli atomi legati lateralmente alla struttura principale, quali l'i-
drogeno o gruppi di atomi come il CH 3 • Per esempio il polidimetilsilossano ha la struttura
CH3
I
-Si-0-
1
CH3
Naturalmente, in quanto elastomeri, questi materiali presentano legami incrociati.
506 • Capitolo 16 I Caratteristiche, applicazioni e processi di produzione dei polimeri

Tahdla 16.4 Tabella delle caratteristiche salienti e delle applicazioni tipiche per cinque elastomeri com-
merciali

Tipo Nome Allungamento Campo di Applicazioni principali


chimico (comune (%) temperatura caratteristiche
commerciale) di utiliu.o(°C) Applicazioni tipiche

Poliisoprene Gumma 500-760 da -60 a 120 Eccellenti proprietà fisiche; Gomme d'auto e tubi; tacchi e
naturale naturale buona resistenza a tagli, a fora- suole; guarnizioni
(NR) ture ed abrasioni; bassa resi-
stenza al calore, ozono ed olio;
buone proprietà elettriche
Buone proprietà fisiche; eccel-
Stirene- GRS, Buma 450-500 da -60 a 120 lente resistenza ali' abrasione, Le stesse della gomma natura-
butadiene S (SBR) non resistente all'olio, ozono le
copolimero ed all'ambiente; proprietà
elettriche buone ma non ecce-
zionali
Acriloni trile- BumaA, 400-600 da -50 a 150 Eccellente resistenza agli oli Tubi flessibili per benzina,
butadiene Nitrile vegetali, animali e di petrolio; prodotti chimici ed oli;
copolimero (NBR) scadenti proprietà a bassa sigilli ad anelli "O"; suole e
temperatura; proprietà elettri- tacchi
che non eccellenti
Cloroprene Neoprene 100-800 da -5 a 105 Eccellente resistenza ali' ozono, Cavi e fibre; rivestimenti ser-
(CR) al calore ed agli agenti atmo- batoi chimici; cinghie, tubi
sferici; buona resistenza ali' o- flessibili e guarnizioni
lio; eccellente resistenza alla
fiamma; nelle applicazioni
elettriche è inferiore alla
gomma naturale
Polisilossano Silicone 100-800 da-115a315 Eccellente resistenza alle alte e Isolamento per alta e bassa
(VMQ) basse temperature; bassa resi- temperatura; sigilli; mem-
stenza meccanica; eccellenti brane; tubazioni per usi
proprietà elettriche medici

Fonti: Da C.A. Harper, Editor, Handbook of Plastics and Elastomers. Copyright© 1975 by McGraw-Hill Book Company, riprodotto con
permesso; e Materials Engineering's Materials Selector, Copyright Penton/IPC

I siliconi posseggono un alto grado di flessibilità a basse temperature (sino a -90 °C) e
sono ancora stabili a temperature elevate dell'ordine dei 250°C. Inoltre, essi sono resistenti
agli agenti atmosferici ed agli oli lubrificanti. Un'ulteriore attraente caratteristica è che alcu-
ne gomme al silicone vulcanizzano a temperatura ambiente (gomme RTV).

16.16 FIBRE

CAR.\TTERISTICHE ED APPLICAZIONI

I polimeri fibrosi hanno la proprietà di essere filati in lunghi filamenti che presentano un rap-
porto lunghezza/diametro di almeno 100: 1. I polimeri fibrosi commercialmente sono utiliz-
zati nell'industria tessile, dove sono tessuti o lavorati per ottenere stoffe o tessuti. Inoltre, le
fibre aramidiche sono impiegate nei materiali compositi, Sezione 17.8. Per essere utilizzato
come materiale tessile, un polimero fibroso deve avere una quantità di proprietà fisiche e chi-
miche ben determinate. Durante l'uso, le fibre possono subire varie deformazioni meccani-
che: stiramenti, torsioni, tagli ed abrasioni. Di conseguenza essi devono avere una alta resi-
stenza alla trazione (per un ampio intervallo di temperatura) ed un elevato modulo di elasti-
cità, unitamente a resistenza all'abrasione. Queste proprietà sono governate dalla struttura
chimica delle catene del polimero ed anche dal processo di filatura della fibra.
16.17 Applicazioni varie • 507

li peso molecolare dei materiali per fibre dovrebbe essere relativamente alto. Inoltre, poi-
ché la resistenza alla trazione aumenta col grado di cristallinità, la struttura e la configura-
zione delle catene dovrebbero consentire la produzione di un polimero altamente cristallino;
tutto questo si traduce nell'esigenza di disporre di catene lineari non ramificate che siano
simmetriche ed abbiano unità monomeriche che si ripetono con regolarità.
La comodità e semplicità di lavaggio e manutenzione di una stoffa dipende in primo
luogo dalle proprietà termiche del polimero della fibra, cioè dalle sue temperature di fusione
e di transizione vetrosa. Inoltre le fibre polimeriche devono presentare stabilità chimica in
una gamma piuttosto estesa di ambienti, ivi compresi gli acidi, le basi, i candeggianti, i sol-
venti per lavaggio a secco, la luce solare. lnoltre, essi devono essere relativamente non
infiammabili e facili ad asciugarsi.

TECMCHE DI FORIUATLRA

Il processo con il quale le fibre vengono prodotte a partire dal materiale polimerico è detto fi-
latura. In genere le fibre sono filate a partire dallo stato fuso con un processo chiamato filatura
a fusione. Il materiale da filare è dapprima riscaldato sino a formare un liquido relativamente
viscoso. Poi è spinto ad attraversare una piastra chiamata filiera, che contiene numerosi, pic-
coli fori tondi. Quando il materiale fuso passa attraverso ciascuno di tali orifizi si forma una
singola fibra, che solidifica quasi immediatamente al contatto con l'aria.
La cristallinità di una fibra filata dipende dalla velocità di raffreddamento durante la fila-
tura. La resistenza delle fibre viene aumentata con un processo di successiva lavorazione chia-
mato stiramento, come detto nella Sezione 16.4. Lo stiramento consiste nell'allungamento
meccanico di una fibra nella direzione del suo asse. Durante questo processo, le catene mole-
colari si orientano nella direzione dello stiramento (Figura I 6.4e), in tal modo si migliora la re-
sistenza alla trazione, il modulo di elasticità e la durezza. Mentre la resistenza meccanica dì
una fibra stirata risulta incrementata nella sua direzione assiale, essa si riduce in direzione sia
trasversale che radiale. Tuttavia, poiché di norma la fibra è sollecitata solo lungo il suo asse,
questa differenza di resistenza non è critica. La sezione delle fibre stirate è quasi circolare e le
proprietà si presentano uniformi attraverso tutta la sezione.

16.17 APPLICAZIONI VARIE

Hl VESTIMENTI

Sulle superfici dei materiali vengono spesso applicati rivestimenti che servono ad una o più
delle seguenti funzioni: (1) proteggere l'oggetto dall'ambiente che può produrre reazioni cor-
rosive o deterioranti; (2) migliorare l'aspetto del materiale e (3) fornire isolamento elettrico.
Nei materiali di rivestimento si ritrovano diversi polimeri, la maggior parte dei quali sono di
origine organica. Questi rivestimenti organici possono essere suddivisi in varie classi: pittu-
ra, vernice, smalto, lacca e gomma lacca.

ADESIVI

Un adesivo è una sostanza usata per unire insieme le supetiici di due materiali solidi (chiamati
"aderendi") per produrre una giunzione ad alta resistenza al taglio. Si pensa che le forze di le-
game tra l'adesivo e le superfici aderendi siano elettrostatiche, simili alle forze di legame se-
condario tra le catene molecolari nei polimeri termoplastici. Benché la forza intrinseca dell' a-
desivo possa essere molto minore di quella dei materiali aderendi, tuttavia si può ottenere una
giunzione molto forte se lo strato di adesivo è sottile e continuo. Se si forma una buona giun-
zione, si può fratturare o rompere prima il materaile aderendo.
508 • Capitolo 16 / Caratteri;;tiche, applicazioni e proces8i di produzione dei polimeri

I materiali polimerici classificati come termoplastici, resine termoindurenti, elastomeri e


adesivi naturali (colla animale, caseina, amido e resina) possono comportarsi da adesivi. Gli
adesivi polimerici possono essere usati per giuntare una grande varietà di combinazioni di
materiali: metallo-metallo, metallo-plastica, metallo-ceramica e così via. La principale limi-
tazione è data dalla temperatura di esercizio. I polimeri organici mantengono la loro integrità
meccanica solo a temperature relativamente basse e la resistenza diminuisce rapidamente
all'aumentare della temperatura.

PELLICOLE

In tempi relativamente recenti i materiali polimerici hanno trovato largo impiego nella fab-
bricazione di pellicole sottili. Le pellicole che hanno spessori tra gli 0.025 ed i 0.125 mm
sono fabbricate ed usaw diffusamente in forma di sacchi per confezionare prodotti alimenta-
ri ed altre merci, come ad es. tessuti e capi di abbigliamento e per una quantità di altri usi. Tra
le caratteristiche importanti dei materiali prodotti ed usati come pellicole, vi è la bassa den-
sità, un alto grado di flessibilità, alte resistenze alla trazione ed allo strappo, resistenza al
vapore ed altri agenti chimici e bassa permeabilità ad alcuni gas, specialmente il vapor d'ac-
qua. Alcuni dei polimeri che soddisfano questi criteri e sono prodotti in pellicola sono il
polietilene, i I polipropilene, il cellofan e l'acetato di cellulosa.
Vi sono diversi metodi di fabbricazione. Molte pellicole sono semplicemente estruse da
uno stampo con una sottile fessura; a questo può seguire una operazione di laminazione che
serve a ridurre lo spessore ed aumentare la resistenza. In alternativa la pellicola può essere
soffiata: un tubo continuo è estruso da uno stampo anulare; poi, mantenendo all'interno del
tubo un gas a una pressione accuratamente controllata, lo spessore della parete può essere
ridotto in modo continuo sino a produrre una sottile pellicola cilindrica che può essere taglia-
ta e stesa. Alcune delle pellicole più recenti sono prodotte per coestrusione; cioè vengono
estrusi simultaneamente multistrati di più tipi di polimeri.

SCHIUME

Con un processo chiamato di schiumatura vengono prodotti materiali plastici molto porosi.
Sia i materiali termoplastici che i termoindurenti possono essere resi schiumosi introducen-
dovi un agente rigonfiante che, col riscaldamento, si decompone liberando un gas. Le bolle dì
gas si diffondono da un capo all'altro della massa fluida e dopo raffreddamento restano in
forma di porosità, dando origine ad una struttura spongiforme. Lo stesso effetto è prodotto fa-
cendo gorgogliare un gas inerte attraverso un materiale allo stato fuso. Alcuni dei polimerico-
munemente prodotti come schiume sono il poliuretano, la gomma, il polistirene ed il cloruro di
polivinile. Le schiume sono usate comunemente come imbottiture nelle auto, nd mobilio, ne-
gli imballaggi e come isolanti termici.

16.18 MATERIALI POLH1ERICI AVANZATI

Negli ultimi anni sono stati sviluppati numerosi nuovi polimeri con combinazioni di pro-
prietà eccezionali ed attraenti; molti di essi hanno trovato nicchie d'impiego nelle nuove tec-
nologie e/o hanno sostituito in modo soddisfacente altri materiali. Tra i nuovi polimeri vi
sono il polietilene a peso molecolare ultraelevato, i polimeri a cristallo(i) liquido(i) e gliela-
stomeri termoplastici. Dì ciascuno di questi viene data una descrizione.

POUETILEl\E A PESO ''T0LEO)LARE ULTRAELEVATO

Il polietilene a peso molecolare ultraelevato (UHMWPE) è un polietilene lineare che ha un


pe~o molecolare estremamente alto. Il suo M"' tipico è di circa 4 x 106 g/mol, che risulta di un
16.18 Materiali polimerici avanzati • 509

ordine di grandezza (cioè di un fattore 10) maggiore di quello del polietilene ad alta densità.
In forma di fibra, lo UHMWPE ha il nome commerciale di Spectra. Alcune delle straordina-
rie caratteristiche del materiale sono:

1. Una resistenza estremamente elevata all'urto.


2. Rilevante resistenza all'usura ed ali' abrasione.
3. Coefficiente di attrito molto basso.
4. Superficie autolubrificante e non appiccicosa.
S. Resistenza chimica molto buona ai solventi di normale uso.
6. Eccellenti proprietà a bassa temperatura.
7. Rilevante capacità di attenuazione del suono e caratteristiche di assorbimento d'ener-
gia.
8. Isolante elettrico ed eccellenti proprietà dielettriche.

Tuttavia, questo materiale presenta una temperatura di fusione relativamente bassa, le sue
proprietà meccaniche diminuiscono rapidamente all'aumentare della temperatura.
Questa rara combinazione di proprietà consente numerose e diverse applicazioni per que-
sto materiale, tra le quali: indumenti antiproiettile, elmetti militari in composito, lenze, solet-
te per sci, interni di palle da golf, superficie delle corsie per il gioco del bowling e delle piste
per pattinaggio su ghiaccio, protesi biomediche (Sezione 23.8), filtri per il sangue, pennini di
evidenziatori, contenitori per materiali sfusi (per carbone, grano, cemento, ghiaia, etc.), guai-
ne isolanti, giranti di pompe e guarnizioni di valvole.

POLL:UEKIA CRISTALLO LIQUBO

I polimeri a cristallo liquido (LCP) costituiscono un gruppo di materiali chimicamente com-


plessi e strutturalmente distinti, che hanno proprietà fuori del comune e sono utilizzati in di-
verse applicazioni. La discussione della chimica di questi materiali esula dallo scopo di questo
libro. È sufficiente ricordare che gli LCP sono composti da molecole estese, a forma di barretta
e rigide. Per la loro disposizione molecolare, questi materiali non ricadono in nessuna delle
classificazioni convenzionali di liquido, amorfo, cristallino, semicristallino, ma possono es-
sere considerati come un nuovo stato della materia, lo stato liquido cristallino, non essendo ìn
effetti nè liquidi nè cristallini. Nella condizione di fuso, mentre le molecole degli altri polimeri
sono orientate casualmente, le molecole LCP possono essere allineate secondo configurazioni
altamente ordinate. Una volta solidificati, questo allineamento molecolare resta e, inoltre, le
molecole danno luogo a domini con caratteristiche spaziature intermolecolari. In Figura 16.21
vengono confrontati in modo schematico i cristalli liquidi, i polimeri amorfi ed i polimeri se-
micristallini allo stato sia fuso che solido. Inoltre vi sono tre tipologie di cristalli liquidi clas-
sificati, in base all'orientamento ed ali' ordinamento posizionale, in smetici, nematici e cole-
sterici; tuttavia le distinzioni tra queste tipologie esulano dallo scopo di questa trattazione.
Le principali utilizzazioni dei polimeri a cristalli liquidi sono gli schermi a cristalli liqui-
di (LCD) per orologi digitali, calcolatori di fascia alta e per altri schermi digitali. ln queste
applicazioni sono impiegati LCP di tipo colesterico che, a temperatura ambiente, si presenta-
no come liquidi fluidi, trasparenti ed otticamente anisotropi. Gli schermi sono composti da
due strati di vetro tra i quali è contenuto il materiale di cristalli liquidi. La superficie di cia-
scuno strato di vetro è rivestita di una pellicola sottile trasparente ed elettricamente condut-
trice; inoltre all'interno di questa pellicola, dalla parte dove si devono vedere le immagini,
sono annegati gli elementi che formano i caratteri numeri/lettere. Un potenziale applicato tra
le pellicole conduttive (e cioè tra queste due lastre di vetro), su una di queste aree che forma-
no i caratteri, causa la rottura dell'orientamento delle molecole LCP in questa area e quindi
un oscuramento del corrispondente materiale LCP e, in definitiva, la formazione di un carat-
tere visibile.
510 • Capitolo 16 / Caratteristiche, appliuzioni e processi di produzione dei polimeri

Semicristal I ino Amorfo Cristallo liquido

Fuso

Solido

la! (b) (e)

F1GrRA 16.21 Rappresentazione schematica delle strutture molecolari allo stato fuso ed allo
stato solido per polimeri (a) semicristallini, (h) amorfi e (e) a cristalli liquidi. (Da G.W. Calundann
e M. Jaffe, "Anisotropie Polymers, Their Synthesis and Properties", Chapter VII in Proceedings
of the Robert A. Welch Foundation Conferences on Polymer Research, 26th Conference, Synthetic
Polymers, Nov. 1982.)

Alcuni polimeri a cristalli liquidi di tipo nematico a temperatura ambiente si presentano


come solidi rigidi e, sulla base di una particolare combinazione di proprietà e di caratteristi-
che di realizzazione, hanno trovato ampio uso in varie applicazioni commerciali. Per esem-
pio, questi materiali presentano i seguenti comportamenti:

1. Eccellente stabilità termica; essi possono essere utilizzati a temperature sino a 230°C.
2. Rigidezza e resitenza; i loro moduli di trazione vanno da IO a 24 GPa mentre le resi-
stenze alla trazione vanno da 125 a 255 MPa.
3. Alta resistenza ali 'urto, mantenuta raffreddando a temperature relativamente basse.
4. Inerzia chimica ad una ampia gamma di acidi, solventi, etc.
5. Intrinseca resistenza alla fiamma e prodotti di combustione che sono relativamente
poco tossici.

La stabilità termica e! 'inerzia chimica di questi materiali si spiegano con le interazioni inter-
molecolari estremamente elevate.
Circa la loro realizzazione e le caratteristiche di fabbricazione si può dire:

1. Si possono usare tutte le tecniche convenzionali di realizzazione disponibili per i


materiali termoplastici.
2. Distorsioni e ritiri estremamente bassi durante lo stampaggio.
3. Eccezionale riproducibilità dimensionale.
4. Bassa viscosità del fuso, che consente lo stampaggio di sezioni sottili e/o forme com-
plesse.
5. Basso calore di fusione; questo consente rapide fusioni e raffreddamenti successivi,
che accorciano i tempi del ciclo di stampaggio.
6. Proprietà anisotrope dei pezzi finiti; gli effetti di orientamento molecolare sono pro-
dotti dal flusso del fuso durante lo stampaggio.
16.18 Materiali polimerici avanzati • 511

Questi materiali si usano largamente nell'industria elettronica (apparati di interconnes-


sione, contenitori di relè e condensatori, etc.), nell'industria di apparecchiature mediche (nei
componenti che devono essere sterilizzati ripetutamente) e nei componenti di fotocopiatrici
e fibre ottiche.

ELASTO:\IERITERMOPLASTIU

Gli elastomeri termoplastici (TPE o TE) sono materiali polimerici che, in condizioni
ambientali, presentano un comportamento elastomerico (o gommoso) anche se termoplastici
(Sezione 16.6), al contrario di gran parte degli elastomeri dei quali si è parlato precedente-
mente che sono termoindurenti, dal momento che sviluppano legami incrociati durante la
vulcanizzazione. Dei diversi tipi di TPE, uno dei più conosciuti e largamente usato è un copo-
limero a blocchi, che è formato da segmenti di blocchi di monomeri termoplastici duri erigi-
di (in genere stirene [S]) ed un monomero elastico, morbido e flessibile (spesso butadiene [B]
o isoprene [I]). Questi due tipi di blocchi alternano le posizioni: per una molecola comune, i
segmenti duri polimerizzati sono situati agli estremi della catena, mentre la regione centrale
morbida è costituita da unità di butadiene polimerizzate o isoprene. Questi TPE sono fre-
quentemente chiamati copolimeri a blocchi stirenici e le formule chimiche delle catena per i
due tipi (S-B-S e S-1-S) sono mostrate nella Figura 16.22.
A temperatura ambiente, i segmenti centrali morbidi ed amorfi, butadiene o isoprene,
determinano il comportamento gommoso, elastomerico del materiale. Inoltre, per temperatu-
re inferiori alla Tmdel componente duro (stirene), i segmenti duri posti all'estremità della
catena si aggregano con quelli di altre catene adiacenti per formare regioni rigide. Questi
domini sono "legami incrociati fisici" che agiscono come punti di ancoraggio in modo tale da
limitare i movimenti dei segmenti morbidi della catena; essi funzionano come "legami incro-
ciati chimici" per gli elastomeri termoindurenti. In Figura 16.23 è riportato un disegno sche-
matico della struttura di questo tipo di TPE.
Il modulo di trazione di questo materiale TPE è soggetto a modificazione; aumentando il
numero dei blocchi di componente morbido nella catena, si fa diminuire il valore del modu-
lo e pertanto si ha una diminuzione della rigidità. Inoltre, la gamma di temperature utili è
compresa tra la Tx del componente morbido e flessibile e la Tm di quello duro e rigido; per i
copolimeri a blocchi stirenici questa gamma va dai circa -70°C ai 100°C.
Oltre ai copolimeri a blocchi stirenici, vi sono altri tipi di TPE che comprendono le olefi-
ne termoplastiche, i copolimeri, i poliuretani tennoplastici e le poliammidi elastomeriche.

FlGL H~ 16.22
Rappresentazione delle formu-
le chimiche per gli elastomeri
termoplastici (a) stirene -buta-
diene-stirene (S-B-S) e (b)
stirene-isop rene-stirene
/a)
(S-I-S).

(b)
512 • Capitolo 16 / Caratteristiche, applicazioni e processi di produzione dei polimeri

FIGUU 16.23
Rappresentazione
schematica della struttura
molecolare di un elastomero
termoplastico. Questa
struttura è formata di
segmenti centrali della
catena morbidi (es.
butadiene o isoprene) e
domini (alle estremità della
catena) "duri" (es. stirene),
che, a temperatura
ambiente, agiscono come
legami incrociati fisici.
(Ristampa autorizzata di
Brooks/Cole Publishing
Company, una divisione
internazionale della
lntemational Thomson
Publishing lnc.; fax
800-730-2215. Da The
Science and Engineering of
Materiai.~.3/e di D.
Askeland © 1994.)

II principale vantaggio dei TPE rispetto agli elastomeri termoindurenti è che scaldandoli
sotto la Tmdella fase dura, essi fondono (cioè spariscono i legami incrociati) e, pertanto, pos-
sono essere trattati con le tecniche convenzionali di produzione dei termoplastici (es. stam-
paggio per soffiaggio, per iniezione, etc.); i polimeri termoindurenti non presentano fusione
e, di conseguenza, la produzione è in generale più difficile. Inoltre, poiché per gli elastomeri
termoplastici il processo di fusione-solidificazione è reversibile e ripetibile, i pezzi in TPE
possono essere riprodotti configurandoli in una nuova forma. In altri termini sono riciclabili;
anche gli scarti che si generano durante il processo di lavorazione possono essere riciclati, il
che si traduce in costi di produzione inferiori rispetto ai termoindurenti. Inoltre per i TPE può
essere mantenuto un più stretto controllo sulle dimensioni dei pezzi ed infine i TPE hanno
densità più basse.
Gli elastomeri termoplastici hanno rimpiazzato gli elastomeri termoindurenti convenzio-
nali in una grande varietà di applicazioni. Utilizzi tipici per i TPE comprendono finiture
interne per auto (paraurti, cruscotti, etc.), componenti souocofano di autoveicoli, isolanti e
connettori elettrici, guarnizioni, tacchi e suole di scarpe, articoli sportivi, parti di dispositivi,
apparecchiature mediche ed infine componenti dei sigillanti, bitumanti ed adesivi.

SOMMARIO
In funzione del comportamento sforzo-deformazione, i polimeri si suddividono in tre classi
generali: fragili, plastici ed altamente elastici. Questi materiali non sono altrettanto resistenti
e rigidi come i metalli e le loro proprietà meccaniche sono sensibili ai cambiamenti di tem-
peratura.
Durante la defonnazione elastica di un polimero semicristallino sollecitato a trazione, le
molecole costituenti si allungano nella direzione della sollecitazione a seguito dello stira-
Sommario • 513

mento dei legami covalenti della catena. Lievi spostamenti molecolari sono impediti da lega-
mi secondari deboli.
È stato descritto il meccanismo della deformazione plastica per i polimeri semicristallini
con strutture sferulitiche. Si ritiene che la deformazione a trazione si manifesti in diversi
stadi, che portano ad orientare sia le catene nella zona amorfa di collegamento che i segmen-
ti a blocchi della catena ripiegata, secondo l'asse della trazione. Anche le forme delle sferu-
liti, durante la deformazione, vengono modificate (per modeste deformazioni); deformazioni
di grado relativamente alto portano alla distruzione completa delle sferuliti. Inoltre si posso-
no praticamente ripristinare la struttura sferulitica e l'aspetto macroscopico di prima della
deformazione mediante ricottura ad elevata temperatura ma al di sotto di quella di fusione del
polimero.
Il comportamento meccanico di un polimero è influenzato da fattori sia di esercizio che
strutturali/di lavorazione. Riguardo al primo fattore, aumentare la temperatura e/o diminuire
le velocità di deformazione porta a ridurre il modulo di trazione e la resistenza alla trazione,
ma a migliorare la duttilità. Altri fattori che influenzano le proprietà meccaniche sono il peso
molecolare, il grado di cristallinità, la laminazione ed il trattamento termico. È stata illustra-
ta l'influenza di ciascuno di questi fattori.
Sono state approfondite le meccaniche molecolari della cristallizzazione, della fusione e
della transizione vetrosa. È stato evidenziato il modo di determinare la temperatura di fusio-
ne e di transizione vetrosa; questi parametri interessano la gamma di temperatura a cui può
essere utilizzato e lavorato un particolare polimero. I valori di T e di T, aumentano all 'au-
111

mentare della rigidità della catena; la rigidità viene incrementata dalla presenza di legami di
catena doppi e di gruppi laterali ingombranti o polari. Anche il peso molecolare ed il grado di
ramificazione influenzano Tme di T,.
Riguardo al comportamento meccanico ad elevate temperature, i polimeri sono classifi-
cati in termoplastici e termoindurenti. I primi ammorbidiscono se riscaldati e induriscono se
raffreddati; questo ciclo è reversibile e ripetibile. Al contrario i termoindurenti, una volta
indurici, non si riammorbidiscono col calore.
Il comportamento meccanico viscoelastico, intermedio tra quello totalmente elastico e
quello totalmente viscoso, è presente in un certo numero di materiali polimerici. Esso è carat-
terizzato dal modulo di rilassamento, un modulo di elasticità funzione del tempo. Il valore del
modulo di rilassamento dipende molto dalla temperatura; questa dipendenza dalla tempera-
tura è critica per definire il livello di utilizzo termico degli elastomeri.
Per i materiali elastomerici amorfi e con pochi legami incrociati sono possibili notevoli
defonnazioni elastiche. La deformazione corrisponde allo snodarsi e stirarsi delle catene in
risposta all'applicazione di una sollecitazione di trazione. Spesso si ottengono i legami incro-
ciati con un processo di vulcanizzazione. Parte degli elastomeri sono copolimeri, mentre gli
elastomeri siliconici sono materiali inorganici.
La resistenza alla rottura dei materiali polimerici è bassa rispetto ai metalli ed alle cera-
miche. Sono possibili modi di rottura sia fragile che duttile ed alcuni materiali termoplastici
presentano una transizione da duttile a fragile al diminuire della temperatura, all'aumento
della velocità di deformazione e/o quando si modifica lo spessore e la geometria del manu-
fatto. In alcuni termoplastici vetrosi, il processo di formazione di cricche può essere prece-
duto da microstrappi, che possono migliorare la duttilità e la tenacità del materiale.
La sintesi di polimeri ad alto peso molecolare si ottiene con la polimerizzazione, della
quale esistono due forme: addizione e condensazione. Le varie proprietà dei polimeri posso-
no essere ulteriormente modificate usando additivi; tra questi vi sono le cariche, i plastifi-
canti, gli stabilizzanti, i coloranti ed i ritardanti di fiamma.
I materiali plastici sono forse il gruppo di polimeri di più vasto impiego. La fabbricazione
è normalmente ottenuta per deformazione plastica ad una temperatura elevata, usando almeno
una delle diverse tecniche di stampaggio; è anche possibile la lavorazione per fusione.
514 C11pitolo 16 / Caratteristiche, applic11zioni e processi di produzione dei polimeri

Molti materiali polimerici possono essere filati in fibre, che sono usate soprattutto in
campo tessile. Le caratteristiche meccaniche, termiche e chimiche di questi materiali sono
particolarmente critiche. Alcune fibre sono filate a partire da un liquido viscoso, dopo di che
vengono allungate plasticamente con una operazione di stiratura che aumenta la resistenza
meccanica.
Altre applicazioni dei polimeri sono rivestimenti, adesivi, pellicole, schiume.
Questo capitolo si è conduso con la descrizione di tre polimeri avanzati: il polietilene a
peso molecolare ultraelevato, i polimeri a cristalli liquidi e gli elastomeri termoplastici.
Questi materiali hanno proprietà fuori del comune e sono usati in molteplici applicazioni di
alta tecnologia.

TE R :\11 N I E C O 1'iC E T T I I 1HPO R TANTI

Adesivo Plastica Ritardante dì fiamma


Carica Plastificante Schiuma
Colorante Polietilene a peso molecolare Stabilizzante
Elastomero ultraelevato Stampaggio
Elastomero termoplastico Polimerizzazione per addizione Temperatura di transizione vetrosa
Fibra Polimerizzazione per condensazione Viscoelasticità
Filatura Polimero a cristalli liquidi Vulcanizzazione
Laminazione Polimero termoindurente
Modulo di rilassamento Polimero termoplastico

BIBLIOGRAFIA

Billmeyer, F.W., Jr. Textbook of Polymer Science, 3rd Muccio, E.A., Plastics Processing Technology, ASM
edition, Wiley-Interscience, New York, 1984. International, Materials Park, OH, 1994.
Engineered Materials Handbook, Voi. 2, Engineering Nielsen, LE., Mechanical Properties of Polymers and
Plastics, ASM International, Metals Park, OH, Composites, 2nd edition, Marce] Dekker, New
1988. York, 1994.
Harper, C.A. (Editor), Handbook of Plastics, E/astomers Rosen, S.L., Fundamental Principles of Polymeric
and Composites, 3rd edition, McGraw-Hill Book Materials, 2nd edition, John Wiley & Sons, New
Company, New York, 1996. York, 1993.
McCrum, N.G., C.P. Buckley, and C.B. Bucknall, Rudin, A., The Elements of Polymer Science and
Principles of Polymer Engineering, 2nd edition, Engineering: An lntroductory Text for Engineers
Oxford University Press, Oxford, 1997. Chapters and Chemists, Academic Press, New York, 1982.
7-8. Seymour, R.B. and C.R. Carraher, Jr., Polymer
Modern Plastics Encyclopedia, McGraw-Hill Book Chemistry, An Jntroduction, 3rd edition, Marce!
Company, New York. Revised and published Dekker, Inc., New York, 1992.
annually. Tobolsky, A. V., Properties and Structures of Polymers,
Moore, G.R. and O.E. Kline, Properties and Processing John Wiley & Sons, New York, 1960. Advanced
of Polymers for Engineers, Prentice-Hall, Inc., treatment.
Englewood Cliffs, NJ, 1984. Ward, I.M. and D. H. Hadley, An lntroduction to the
Muccio, E.A., Plastic Part Technology, ASM Mechanical Properties of Solid Polymers, John
lntemational, Materials Park, OH, 1991. Wiley & Sons, Chichester, UK, 1993.
Domande e problemi • 515

D O )I A l'ì U E E P R O B L E )11

16.1 Dai dati di sforzo - deformazione per il polimetil- Resistenza Media aritmetica
metacrilato riportati in Figura 16.3, determinare il alla trazione del peso molecolare
modulo di elasticità e la resistenza alla trazione a (MPa) (gfmol)
temperatura ambiente (20°C) e confrontare questi
valori con quelli fomiti in Tabella 16.1. 85 12700
16.2 Descrivere con quale meccanismo i polimeri 150 28500
semicristallini: (a) si deformano elasticamente,
(b) si deformano plasticamente e (e) con quale
meccanismo gli elastomeri si deformano elastica- Stimate la media aritmetica del peso molecolare
mente. necessario a dare una resistenza alla trazione di
195 MPa.
16.3 Spiegare sinteticamente come ciascuno dei fattori
16.8 Per ciascuna delle seguenti coppie di polimeri
seguenti influenza il modulo di trazione di un
occorre: (1) stabilire se sia possibile o meno deci-
polimero semicristallino e perché:
dere se un polimero ha un modulo di trazione
(a) il peso molecolare;
maggiore dell'altro; (2) se questo è possibile, evi-
(b) il grado di cristallinità;
denziare quello che ha il modulo di trazione più
(e) la deformazione per stiramento; alto e quindi indicare la o le ragioni della scelta ed
(d) la ricottura di un materiale non deformato; infine (3) se non è possibile decidere dire il per-
(e) la ricottura di un materiale stirato. ché.
16.4 Spiegare sinteticamente come ciascuno dei (a) Polistirene sindiotattico con una media aritme-
seguenti elementi influenza la resistenza alla tra- tica del peso molecolare di 400000 g/mol; polisti-
zione o lo snervamento di un polimero semicri- rene isotattico con una media aritmetica del peso
stallino e perché: molecolare di 650000 g/mol.
(a) il peso molecolare; (b) Cloruro di polivinile ramificato ed atattico con
(b) il grado di cristallinità; una media aritmetica del peso molecolare di
(e) la deformazione per stiramento; 100000 g/mol; cloruro di polivinile lineare ed iso-
(d) la ricottura di un materiale non deformato. tattico con una media aritmetica del peso moleco-
16.5 Il normai-butano e l'isobutano hanno una tempe- lare di 75000 g/mol.
ratura di ebollizione rispettivamente di -0.5 e (e) Copolimero casuale di stirene-butadiene con
-12.3°C. Spiegare in breve questo comportamen- il 5% delle possibili posizioni a legami incrociati
to in base alle loro strutture molecolari descritte - copolimero a blocco di stirene-butadiene con il
nella Sezione 15.2. 10% delle possibili posizioni a legami incrociati.
16.6 La resistenza alla trazione e la media aritmetica (d) Polietilene ramificato con una media aritmeti-
del peso molecolare per due materiali di polime- ca del peso molecolare di l 00000 g/mol; polipro-
pilene con una media aritmetica del peso moleco-
tilmetacrilato sono i seguenti:
lare di 150000 g/mol.
Resistenza Media aritmetica
16.9 Per ciascuna delle seguenti coppie di polimeri
alla trazione del peso molecolare occorre: {I) stabilire se sia possibile o meno deci-
(MPa) (gfmol) dere se un polimero ha una resistenza alla trazio-
ne maggiore dell'altro; (2) se questo è possibile,
107 40000 evidenziare quello che ha la resistenza alla trazio-
170 60000 ne più alta e quindi indicare la o le ragioni della
scelta ed infine (3) se non è possibile decidere dire
il perché.
Stimate la resistenza alla trazione per una media (a) Polistirene sindiotattico con una media aritme-
aritmetica del peso molecolare di 30000 g/mol. tica del peso molecolare di 600000 g/mol; polisti-
16.7 La resistenza alla trazione e la media aritmetica rene isotattico con una media aritmetica del peso
del peso molecolare per due materiali di polietile- molecolare di 500000 g/mol.
ne sono i seguenti: (b) Cloruro di polivinile lineare ed isotattico con
516 • Capitolo 16 / Caratteristiche, applicazioni e processi di produzione dei polimeri

una media aritmetica del peso molecolare di 16.12 Quando per i polimeri semicristallìni si esprime la
I 00000 g/mol; cloruro di polivinile ramificato ed duttilità come allungamento percentuale, non è
atattico con una media aritmetica del peso mole- necessario specificare la misura della lunghezza
colare di 75000 g/mol. della provetta come invece nel caso dei metalli.
(e) Copolimero ad innesto di acrilonitrile-buta- Perché?
16.13 Per ciascuna delle seguenti coppie di polimeri
diene con il 10% delle possibili posizioni a legami
disegnare e definire delle curve schematiche di
incrociati; copolimero alternato di acrilonitrile-
volume specifico in funzione della temperatura
butadiene con il 5% delle possibili posizioni a sullo stesso diagramma (p.e. fare curve separate
legami incrociati. per i punti a, b, c, d).
(d) Poliestere reticolato; politetrafluoroetilene (a) Polipropilene sferulitico, al 25% di cristalli-
leggermente ramificato. nità, con una media aritmetica del peso molecola-
16.10 Vi aspettate che la resistenza alla trazione di un re di 75000 g/mol; polistirene sferulitico, al 2.5%
policlorotrifluoroetilene sia maggiore, minore od di cristallinità, con una media aritmetica del peso
uguale di quella di un politetrafluoroetilene che molecolare di 100000 g/mol.
abbia lo stesso peso molecolare e lo stesso grado (b) Copolimero di poli(stirene-butadiene) ad
di cristallinità? Perché? innesto con il 10% delle possibili posizioni a lega-
16.11 Per ciascuna delle seguenti coppie di polimeri mi incrociati; copolimero di poli(stirene-butadie-
ne) casuale con il 15% delle possibili posizioni a
disegnare e definire delle curve schematiche di
legami incrociati.
sforzo-deformazione sullo stesso diagramma
(e) Polietilene con una densità di 0.985 Mg/m 1 e
(p.e. fare curve separate per i punti a, b, c, d). con una media aritmetica del grado di polimeriz-
(a) Polipropilene lineare ed isotattico con una me- zazione pari a 2500; polietilene con una densità di
dia aritmetica del peso molecolare di 120000 0.915 Mg/m 3 e con una media aritmetica del
g/mol; polipropilene lineare ed atattico con una grado di polimerizzazione pari a 2000.
media aritmetica del peso molecolare di 100000 16.14 Per ciascuna delle seguenti coppie di polimeri
g/mol. occorre: (1) stabilire se è possibile o meno deter-
(b) Cloruro di polivinile ramificato con una minare se un polimero abbia una temperatura di
media aritmetica del grado di polimerizzazione fusione più elevata dell'altro; (2) se ciò è possibi-
pari a 2000; cloruro di polivinile a legami forte- le, evidenziare quello che ha la temperatura di
fusione più elevata e dirne la o le ragioni; infim:
mente incrociati con una media aritmetica del
(3) se ciò non fosse possibile, dire il perché.
grado di polimerizzazione pari a 2000.
(a) Polistirene isotattico, di densità 1.12 Mg/m 3 ,
(e) Copolimero di poli(stirene-butadiene) casua- con una media aritmetica del peso molecolare di
le con una media aritmetica del peso molecolare 150000 g/mol; polistirene sindiotattico, di densità
di 100000 g/mol e il 10% delle possibili posizioni 1.1O Mg/m 3 , con un media aritmetica del peso
a legami incrm;iati e provato a 20°C; copolimero molecolare di 125000 g/mol.
di poli(stirene-butadiene) casuale con una media (b) Polietilene lineare con una media aritmetica
aritmetica del peso molecolare di 120000 g/mol e del grado di polimerizzazione pari a 5000; poli-
il 15% delle possibili posizioni a legami incrocia- propilene lineare ed isotattico con una media arit-
ti e provato a -85°C. Suggerimento: i copolimeri metica del grado di polimerizzazione pari a 6500.
di poli(stirene-butadiene) possono presentare un (e) Polistirene ramificato ed isotattico con una
comportamento elastomerico. media aritmetica del grado di polimerizza7.ione
pari a 4000; polipropilene lineare ed isotattico con
(d) Poli isoprene, di peso molecolare di I 00000
una media aritmetica del grado di polimerizzazio-
g/mol e il 10% delle possibili posizioni a legami
ne pari a 7500.
incrociati; poliisoprene, di peso molecolare di 16.15 Fare un disegno schematico che mostri in che
100000 g/mol e il 20% delle possibili posizioni a modo il modulo di elasticità di un polimero
legami incrociati. Suggerimento: il poliisoprene è amorfo dipende dalla temperatura di transizione
una gomma naturale che può presentare un com- vetrosa. Si ipotizzi che il peso molecolare si man-
portamento elastomerico. tenga costante.
Domande e problemi • 51 7

16.16 Citare, tra i seguenti polimeri, quello(i) che zione decade col tempo secondo
potrebbe(ro) essere adatto(i) alla fabbricazione di
tazze per caffè caldo: polietilene, polipropilene,
o(t) = o (0) exp (- +-) (16.10)

cloruro di polivinile, poliestere PET, policarbona- dove o(t) ed a (0) rappresentano, rispettivamente,
to. Perché? la sollecitazione in funzione del tempo e quella
16.17 Tra i polimeri riportati nella Tabella 16.2, quale(i) iniziale mentre t e r indicano, rispettivamente, il
sarebbe(ro) più adatto(i) per contenitori di cubetti tempo trascorso ed il tempo di rilassamento; T è
di ghiaccio? Perché? una costante indipendente dal tempo e caratteristi-
16.18 Fare un paragone tra i polimeri termoplastici e ter- ca del materiale. Un campione di polimero
moindurenti (a) sulla base delle caratteristiche viscoelastico, per il quale il rilassamento alla sol-
meccaniche al riscaldamento e (b) in relazione lecitazione obbedisce alla Equazione 16.1 O, è
alle possibili strutture molecolari. stato di colpo posto in tensione sino ad ottenere
16.19 Alcuni poliesteri possono essere sia termoplastici una deformazione misurata di 0.6; la sollecitazio-
che termoindurenti. Fornite una spiegazione di ne necessaria a mantenere costante questa defor-
ciò. mazione viene misurata in funzione del tempo.
16.20 (a) È possibile polverizzare e riusare la resina Determinare E,( 10) per questo materiale sapendo
fenolo-formaldeide? Perché o perché no? che il livello iniziale di sforzo era di 2.76 MPa ed
(b) È possibile polverizzare e riusare il polipropi- era calato a 1.72 MPa dopo 60 s.
lene? Perché o perché no? 16.23 In Figura 16.24, per il poliisobutilene, sono ripor-
16.21 Descrivete sinteticamente, con parole vostre, il tate le curve del logaritmo di E,(t) in funzione del
fenomeno della viscoelasticità. logaritmo del tempo a diverse temperature.
16.22 Per alcuni polimeri viscoelastici sottoposti a prove Rilevare i valori di E,(10) alle varie temperature e
di rilassamento della sollecitazione, la sollecita- quindi stimare T~.

10 4 ,----,----,----,----r----,----,
1')GUR\ 16.24 Logaritmo del modu-
lo di rilassamento in funzione del
logaritmo del tempo per il poliisobu-
tilene tra -80 e 50°C. (Da F. Catsiff e
A. V. Tobolsky, "Stress-Relaxation of
Polyisobutylene in the Transition
Region [1,2]," J. Colloid Sci., 10,377
[1955]. Ristampa autorizzata da
Academic Press, Inc.)

10-4

10 103
Tempo (5)
518 • Capitolo 16 / Caratteristiche, applicazioni e processi di produzione dei polimeri

16.24 Sulla base delle curve di Figura 16.10, delineare 16.31 (a) Quanto acido adipico si deve aggiungere a 50
schematicamente le curve deformazione-tempo, kg di glicol etilenico per produrre un poliestere a
alle temperature specificate, per i seguenti polisti- struttura di catena lineare secondo l'Equazione
reni: 16.8?
(a) Amorfo a I 20°C. (b) Quale è la massa del polimero ottenuto?
(b) A legami incrociati a 150°C. 16.32 Il nylun 6,6 può essere prodotto con una reazione
(e) Cristallino a 230°C. di polimerizzazione per condensazione nella
(d) A legami incrociati a 50°C. quale l'esametilendiammina [NH 2-(CH 2 ) 6-NH 2 ]
e l'acido adipico reagiscono tra loro con forma-
16.25 (a) Evidenziare le differenti modalità con le quali zione d'acqua come sottoprodotto. Scrivete que-
sono realizzate le prove di rilassamento alla solle- sta reazione con le modalità della Equazione 16.8.
citazione e di creep viscoelastico. 16.33 Si desidera produrre nylon 6,6 per polimerizza-
(b) Per ciascuna di tali prove, citare i parametri zione per condensazione usando esametilendiam-
sperimentali che interessano e come sono deter- mina ed acido adipico come descritto nel
minati. Problema 16.32. Quali quantità di questi due com-
16.26 Tracciare due diagrammi schematici del logarit- ponenti sono necessari per ottenere 37.5 kg di
mo del modulo di rilassamento in funzione della nylon 6,6 completamente lineare?
temperatura per un polimero amorfo (curva Cdi 16.34 (a) Perché la tensione di vapore di un plastifican-
Figura 16.13). te deve essere relativamente bassa?
(a) Su uno di questi diagrammi dimostrate come (b) Come viene influenzata la cristallinità di un
cambia il comportamento all'aumentare del peso polimero dall'aggiunta di un plastificante.
molecolare. Perché?
(b) Sull'altro diagramma indicare il cambiamen- (e) È possibile che un polimero a legami incrocia-
to di comportamento all'aumentare dei legami ti possa essere plasticizzato? Perché o perché no?
incrociati. (d) In che modo l'aggiunta di un plastificante
16.27 Per i polimeri termoplastici, citare cinque fattori influenza la resistenza alla trazione di un polime-
che favoriscono la frattura fragile. ro? Perché?
16.28 (a) Paragonare i limiti a fatica per il polistirene 16.35 Quale è la differenza tra coloranti a tintura ed a
(Figura 16.17) e per la ghisa, le cui caratteristiche pigmento?
a fatica sono state riportate nel Problema 8.31. 16.36 Citare quattro fattori che determinano quale tecni-
(b) Paragonare la resistenza a fatica a 106 cicli ca di fabbricazione è usata per formare materiali
del polietilenetereftalato (PET, Figura 16.17) e polimerici.
dell'ottone rosso (Figura 8.42). 16.37 Mettere in evidenza le differenzé tra le tecniche di
16.29 Citare le principali differenze tra le tecniche di stampaggio per compressione, iniezione e trasfe-
polimerizzazione per addizione e per condensa- rimento che si usano per la produzione dei mate-
zione. riali plastici.
16.30 Dire se il peso molecolare di un polimero, che 16.38 Dieci chili di polibutadiene vengono vulcanizzati
viene sintetizzato per polimerizzazione per addì- con 4.8 kg di zolfo. Quale frazione delle possibili
zione, è relativamente alto, medio o relativamente posizioni di legami incrociati si lega con legami
basso nelle seguenti condizioni: incrociati di zolfo ipotizzando che in ciascun lega-
(a) Inizio rapido, propagazione lenta, termine me incrociato sono coinvolti, in media, 4.5 atomi
rapido. di zolfo?
(b) Inizio lento, propagazione rapida, termine 16.39 Calcolare la percentuale di zolfo, in peso, che
lento. deve essere aggiunta per rendere completamente a
(e) Inizio rapido, propagazione rapida, termine legami incrociati un copolimero alternato di clo-
lento. roprene acrilonitrile, ipotizzando che in ciascun
(d) Inizio lento, propagazione lenta, termine rapi- legame incrociato vengono impegnati cinque
do. atomi di zolfo.
Domande e problemi 519

16.40 La vulcanizzazione del poliisoprene è realizzata condizioni quali dei seguenti elastomeri naturali
con atomi di zolfo secondo l'Equazione 16.9. Se isoprene, stirene-butadiene, acrilonitrile-butadie-
con il poliisoprene si combina il 57% in peso di ne, cloroprene e polisilossano sarebbe adatto per
zolfo, quanti legami incrociati si associano con i pneumatici d'automobile? Perché?
ciascun monomero di isoprene se si ipotizza che 16.48 Spiegare brevemente la differenza in termini di
in ciascun legame incrociato partecipano, in chimica delle molecole tra i polimeri siliconici e
media, sei atomi di zolfo? gli altri materiali polimerici.
16.41 Per la vulcanizzazione del poliisoprene, si calcoli 16.49 I polimeri siliconici possono essere preparati per
la percentuale in peso di zolfo che si deve aggiun- essere liquidi a temperatura ambiente. Citate le
gere per assicurare che 1'8% delle possibili posi- differenze in termini di struttura molecolare tra
zioni sviluppi legami incrociati; si ipotizzi che in questi e gli elastomeri siliconici.
ciascun legame incrociato partecipino, in media, 16.50 Perché i materiali fibrosi, che sono filati allo stato
tre atomi di zolfo. fuso e poi stirati, devono essere termoplastici?
16.42 Si desidera che alcune componenti in gomma Citate due ragioni.
siano vulcanizzati nella loro forma finale. La vul- 16.51 Elencate due importanti caratteristiche dei poli-
canizzazione dovrebbe essere effettuata prima o meri che vengono usati come fibre.
dopo l'operazione di formatura? Perché? 16.52 Citate cinque importanti caratteristiche dei poli-
16.43 Citare le due caratteristiche molecolari essenziali meri che vengono usati come pellicole sottili.
degli elastomeri. 16.53 Quale delle seguenti pellicole sottili di polietilene
16.44 Quali dei seguenti polimeri, a temperatura avrebbe le migliori caratteristiche meccaniche:
ambiente, vi aspettate che siano elastomeri e quali ( 1) prodotta per soffiaggio oppure (2) prodotta per
termoindurenti? Giustificate ciascuna scelta. estrusione e poi laminata? Perché?
(a) Epossidici con struttura reticolata.
(b) Copolimero casuale di poli(stirene-butadie-
ne) a basso numero di legami incrociati che ha Problemi di progettaziolle
una temperatura di transizione vetrosa di -50°C.
(e) Politetrafluoroetilene leggermente ramificato 16.Dl (a) Elencate alcuni vantaggi e svantaggi nell'uso
e semicristallino che ha una temperatura di transi- di materiali polimerici trasparenti per lenti da
zione vetrosa di -100°C. occhiali.
(d) Copolimero casuale di poli(etilene-propile- (b) Citate quattro proprietà (oltre alla trasparen-
ne) ad alto numero di legami incrociati che ha una za) che sono importanti per questa applicazione.
temperatura di transizione vetrosa di 0°C. (e) Evidenziate tre polimeri che possono essere
(e) Elastomero termoplastico che ha una tempe- impiegati per lenti da occhiali e poi fate una tabel-
ratura di transizione vetrosa di 75°C. la con i valori delle proprietà viste al punto (b) per
16.45 Spiegare perché, in termini di struttura molecola- questi tre materiali.
re, la resina fenolo-formaldeide (Bachelite) non è 16.D2 Scrivete una nota sui materiali polimerici che si
un elastomero. usano per confezionare cibi e bevande. Inserire
16.46 Dimostrare, con modalità simili a quelle della una lista delle caratteristiche generali richieste ai
Equazione 16.9, come può avvenire la vulcaniz- materiali che sono usati per queste applicazioni.
zazione in una gomma di cloroprene. Citate infine un materiale adatto per tre differenti
16.47 Durante i mesi invernali la temperatura in alcune tipi di contenitori ed il motivo per ciascuna scelta.
parti dell'Alaska può raggiungere i -55°C. In tali
Lamine bidire~iorwli. In fibra Copert11rn. Plastica ABS a bas.a
Ji \'elro u :t: ,J5°. D:inno l"rnpe-ratura di transizione n~trosa.
ri!ridezza a torsione. 1',razione eslctira e tli eontPnllnc-nto.

Liimine ru1i.direziont1li. In
fibra di vetro a 0° ( e Lalernli. Plastica ABS
qualcuna a 90°). Danno a ba!'\sa l<'tnperatura
rigidt'zza longitmlinale. di trafillizione Yetrosa.
Azione c~tetica e di
conll"nitnPnlo.
CoJJrinflirnll, Lamina
hi,lirczional-, di fibra di
"·etro. Agisce comf': wta
scatola tli torsione e c.-olle~a
hm1ine t't-1lerne alPan..inia. Ar1ima. Poliuretano.

L,nril~a bìdire:;;ional11. Strato smorzante. Poliuretano.


In fibra ili Yclro u ± )ligliora la rf"sistenza alle
45 °. Dà rigid.-zza a ,--ihrazioni.
lOniÌOllC,
IA1mùw rmidirPziorwli. In tìhro di
vdro a 0° (e qualcuna a 90°).
Danno ri~,itlezza longitudinale.

Spiµ:olo. Ac.-iaiu La11iiuo.bidirezionnlP. In fibra 1H~·ctro


indurito. Fadlìta a::!: 45°. Dà rigidezza a Lorsion~.
),p cur\'c !!iuli.:.

Brrse. Carbonio comprt>••o (parlicdle di


carbonio dispt:•rse in una tnatri~t' J•lasli<'a).
Dura e r~!-!Ì1!;1cnte
all'abrasiont". Fornisc~ una
~uperfide appropriala.

Un esempio di eomponente
illustrazione vengono rappresentati,
realizzato in materiale composito
in una ,,.zione trasversale
relativamente
,li uno s<"Ì,la nen,,
complesso è lo 8ci moderno.
,li alte prestazioni,
In qucs'
i diversi <eompo
Sono annotate 1., fw1zionalità di ogni parte della stmttura assieme al tipo di materiale impirgato nella loro costruzio~
(Per gentile concessione di E,·olution Ski Company. Salt Lak._. City, Utah.)

Pt>rc·hé studiare i Compositi'1

La l.'onoscenza dei diversi tipi di compositi e l'appreu- ceramici e dei polùueri. Per esempio, nell'eserc
dimento della dipendenza delle loro ('aratteristit•he Progettazione 1 7 .1, vienf' illustrata la progett
dalle relative quantità delle fasi costituenti, dalla loro .Jj 1u1 albero di tra~nùssiont, lubolnre realizzato
geometria, dalla loro distribuziont' e dallt' proprietà tecnica del ftlament-wimling al fine di ottenere
fisiche pernrnttono di progettare materiali aventi pro- fiche caratteristil'he di rigidez:r.a.
prietà migliori di quelle delle leghe metalliche, dei

.520
O h i t• t t i , i ti i a p p r e li d i m e n t o

Dopo aYer studiato (1uesto capitolo, dovresti essere in grado di fare le seguenti cose:

l. Indicare le tre principali cla!'si tli materiali 1·ompo- 5. Calcolare i ~·alori di resistenza longitudinale per
siti nonch~ le loro principali caratteristiche. compositi a fibre corte allineate.
2. Citare i differenti meccanismi di rinforzo nei com- 6. Nominare i tre tipi di fibre di rinforzo maggior-
positi particellari con particelle di grandi dimen- mente impiegati nei compmiiti a matrice polimeri-
sioni ed in quelli rinforzati metliante di~persione di ca e, prr ciascuna di esse, citare sia le caratteristi-
particdk fmi. che fayorevoli che le limitazioni.
3. Nominare i tre tipi diversi di <·ompositi fihro- 7. Citare i pregi dei compositi a matrice metallica.
rinforzati suddivisi in base alla lunghezza delle 8. Spiegare le ragioni principali per J., 41uali ;;i ì': per-
fibre P alla loro orientazione e comn1entare le venuti alla formulazione dei materiali compositi a
peculiari caratteristiche 1neceanichc presentate da matrice ceramica.
ciascun tipo. 9. No1ninare e de!-icrivere hrevementl' le due sollo-
4. Calcolare il modulo e la resistrnza longitudinale classificazioni dei compositi strutturali.
per materiali compositi a fibre continue unidire-
zionali.

17.1
Molte tecnologie moderne richiedono l'impiego di materiali che offrano peculiari combina-
zioni di diverse proprietà che non possono essere presenti contemporaneamente nei materia-
li tradizionali quali le leghe metalliche convenzionali, i ceramici ed i polimeri. Quanto ora
affermato è particolarmente vero per i materiali impiegati nelle applicazioni aerospaziali, sot-
tomarine e nell'industria dei trasporti. Per esempio gli ingegneri aeronautici sono alla conti-
nua ricerca di materiali strutturali che presentino basse densità, ma buona resistenza, buona
rigidezza, buona resistenza all'abrasione cd all'impatto e non facilmente corrodibili. In altre
parole una formidabile e particolare combinazione di parecchie caratteristiche. Generalmente
i materiali maggiormente resistenti sono anche relativamente densi; inoltre, spesso l'aumen-
to di resistenza e della rigidezza di un materiale porta anche a diminuire la sua capacità di
resistenza agli impatti.
La possibilità di combinare diverse proprietà in un unico materiale e di ampliarne gli
intervalli di validità è stata ottenuta, e viene continuamente migliorata, facendo uso dei mate-
riali compositi. Qualsiasi materiale multifase può essere generalmente chiamato un materia-
le composito, purché le proprietà dei costituenti siano così ben proporzionalmente ripartite
che il componente finale presenti la medesima proprietà migliorata ed ottimizzata. In base a
questo principio che si può chiamare il principio delle azioni combinate, l'ottimizzazione
di una proprietà viene ottenuta mediante l'attenta e studiata combinazione di due o più mate-
riali differenti a costo, anche, di peggiorarne alcune altre.
Pertanto già diversi tipi di materiali compositi sono stati presentati in questo testo: tra questi
le leghe metalliche multifase, i ceramici ed i polimeri. Ad esempio, gli acciai perlitici (Sezione
9.14) sono composti, microstrutturalmcntc, da strati di ferrite a e di cementite (Figura 9.25). La
fase ferritica è soffice e duttile, mentre la cementite è un costituente duro e fragile. Tuttavia la
combinazione delle caratteristiche meccaniche della perlite (come ad esempio la buona duttilità
e la resistenza) sono superiori di quelle mostrate singolarmente dai due suoi componenti. Molti
materiali compositi possono essere trovati in natura. Il legno. ad esempio, è composto da fibre re-
sistenti e flessibili di cellulosa annegate e tenute insieme da una sostanza più rigida chiamata li-
gnina. Anche le ossa sono esempi di materiale composito. Esse sono composte dal le resistenti ma
soffici proteine del collagene e dall'apatite, un minerale duro e fragile.
Nel contesto di questa trattazione, si intende per composito un materiale multifase artifi-
cialmente creato, diverso da quelli che si trovano in natura. Inoltre le fasi costituenti devono
essere chimicamente diverse e separate da un'interfaccia ben distinta. Pertanto, da questa de-
finizione vengono escluse la maggior parte delle leghe metalliche e molti ceramici che non

521
522 • Capitolo 1 7 / Compositi

~
~
Fase
matrice

(a} (b) (c)

~
fo~~v {d)

Fu;uu 17.1 Raffigurazione schematica di diverse caratteristiche geometriche e spaziali delle


(e/

particelle costituenti la fase dispersa, in grado di influenzare le proprietà del materiale composito:
(a) concentrazione, (h) dimensione, (e) forma, (d) distribuzione ed (e) orientamento. (Da Richard
A. Flinn e Paul K. Trojan, Engineering Materials and their Applications, 4th edition, Copyright©
1990 di John Wiley & Sons, lnc. Riproduzione autorizzata da fohn Wiley & Sons. Inc.)

soddisfano questa definizione dal momento che le diverse fasi in essi presenti si formano in
conseguenza di fenomeni naturali.
Nella progettazione dei materiali compositi gli scienziati e gli ingegneri hanno ingegnosa-
mente combinato insieme diversi metalli, ceramici e polimeri al fine di ottenere e produrre una
nuova generazione di materiali straordinari. La maggior parte dei materiali compositi è stata
creata al fine di migliorare la compresenza dt diverse caratteristiche quali la rigidità, la tenacità
e la resistenza meccanica alle alte temperature ed all'esposizione ali' ambiente.
Molti materiali compositi sono composti soltanto da due fasi; una detta matrice, è una fase
1.:ontinuache avvolge l'altra fase, spesso detta fase dispersa. Le proprietà finali dei materiali
compositi dipendono strettamente dalle proprietà delle fasi costituenti, dalle loro quantità re-
lative e dalla geometria delle fasi disperse. "La geometria delle fasi disperse" significa, in que-
sto contesto, la forma e la dimensione delle loro particelle, la loro distribuzione e orienta-
mento; tutte quante le caratteristiche ora citate sono riportate nella Figura 17. I
Una classificazione abbastanza semplice dei materiali compositi è riportata nella Figura 17.2,
nella quale sono presenti tre principali suddivisioni: compositi rinforzati da particelle, compositi
fibro-rinforzati e compositi strutturali; inoltre, per ciascuna di queste classi è ancora possibile ef-
fettuare almeno due suddivisioni. Nel caso di compositi particellari, la fase dispersa è in genere

Fu;rnA 17.2 Compositi

Classificazione
schematica dei differenti
tipi di materiali compositi
discussi in questo Rinforzati con particelle
I
Fibro-rinforzati Strutturali
capitolo. I I l
Particelle Dispersione Continue Discontinue Laminati Pannelli
grandi di particelle (allineate) (corte) sandwich

Allineate Casualmente
orientate
17.2 Compositi rinforzati con particelle di grandi dimensioni • 523

equiassica (ovvero le dimensioni delle particelle sono approssimativamente le stesse lungo tutte le
direzioni), nel caso dei compositi fibro-rinforzati, invece, la fase dispersa è composta da fibre (che
hanno un alto rapporto lunghezza-diametro). I compositi strutturali, infine, possono essere consi-
derati come una combinazione di materiali compositi e materiali omogenei. La restante parte di
questo capitolo sarà organizzata seguendo lo schema di questa classificazione.

COMPOSITI
RINFORZATI
CONPARTICELLE
I compositi particellari possono essere ulteriormente suddivisi in due principali sottoclassi,
come riportato nello schema di Figura 17.2: i composìti a particelle di grandi dimensioni e
quelli rafforzati con una dispersione di particelle. Questa distinzione deriva sia dal tipo di
rinforzo utilizzato che dal particolare tipo di meccanismo di aumento della resistenza. 11termine
"grandi dimensioni" viene utilizzato per indicare che le interazioni matrice-rinforzo non pos-
sono essere trattate su scala atomica o molecolare ma, piuttosto, si deve ricorrere all'ipotesi dì
mezzo continuo. Nella maggior parte dei casi dei compositi particellari, il particolato è formato
da una fase più dura e rigida della matrice e ha lo scopo di limitare i movimenti della matrice, so-
prattutto in prossimità di ogni particella di rinforzo. In pratica, la matrice trasferisce parte dello
sforzo a cui è sottoposta alle particelle di rinforzo, le quali sopportano una parte del carico. Ap-
pare pertanto evidente che il grado di rinforzo o il miglioramento delle caratteristiche meccani-
che dipendono dalla forza del legame presente ali 'interfaccia tra matrice e rinforzo.
Nel caso dei compositi rafforzati con il meccanismo della dispersione, i diametri delle
particelle di rinforzo sono decisamente inferiori al caso precedente e vanno da O.O1 a 0.1 µm
(10 e 100 nm). In questo caso l'interazione tra il rinforzo e la matrice, che porta ad un miglio-
ramento delle caratteristiche meccaniche, avviene a livello molecolare. In pratica questo
meccanismo è molto simile a quello visto nel caso dell'indurimento per precipitazione pre-
cedentemente discusso nella Sezione 11.8. Sebbene la matrice sopporti la maggior parte del
carico, le fini particelle disperse al suo interno sono in grado di impedire il movimento delle
dislocazioni. Pertanto, la deformazione plastica viene molto limitata e, conseguentemente,
migliorano la resistenza allo snervamento, il carico di rottura e la durezza.

17.2 (:Ol\lPOSITT Rl~FORZATI COI\ PARTl{~ELLE DI GRAI\DI DIJU:1'SIO'\'I

I materiali polimerici ai quali vengono aggiunte le cariche (Sezione 16.12) possono in realtà
essere anche considerati materiali compositi particellari con rinforzi di grandi dimensioni.
Inoltre, queste cariche agiscono nel senso di modificare o migliorare le proprietà iniziali del
materiale, oppure per sostituire parte del volume occupato dal polimero con un materiale di
minor costo.
Un altro materiale composito rinforzato con particelle di grandi dimensioni molto comu-
ne è il calcestruzzo, il quale è composto da cemento (matrice), da sabbia e da ghiaia (parti-
colati). Al calcestruzzo verrà dedicato interamente la sezione successiva.
Le particelle di rinforzo possono avere diverse geometrie, ma devono avere le medesime
dimensioni lungo tutte le direzioni (equiassiche). Al fine di rafforzare realmente la struttura,
le particelle devono essere piuttosto piccole ed equamente distribuite in tutta la mal1il:e.
Inoltre, anche la loro percentuale volumetrica rispetto alla matrice influenza il comporta-
mento del composito: maggiore è la quantità di particolato, migliori sono le caratteristiche
meccaniche globali. Nel caso di un materiale composito costituito da due fasi diverse, sono
state formulate due differenti espressioni matematiche al fine di predire la dipendenza del
modulo elastico del composito in funzione della frazione volumetrica delle fasi costituenti.
Queste equazioni sono espressione della regola delle miscele e indicano i limiti superiore
524 Capitolo I 7 / Compositi

Modulo di elasticità
in funzione della percentuale di
350 volume di tugsteno in un composito
~ nel quale particelle di tugstcno sono
~ 300 disperse in una matrice di rame. I
limiti superiore ed inferiore del
-~
~ 250 Limite superiore modulo elastico sono stati calcolati
o:
-o ~ applicando le Equazioni 17.1 e
..Q
-=
200 - "\ 17.2. .
All'interno delle curve sono rac-
o Limite inferiore
chiusi i dati sperimentali. (Da R.H.
~
150 Krock, ASTM Proceedings, Voi. 63,
1963. Copyright ASTM. 1916 Ra~e
Strect. Philadelphia, PA 19103.
o 20 40 60 80 100
Ristampa autorizzata.)
Concentrazione di tungsteno(% voi)

ed inferiore di un intervallo di valori all'interno dei quali si trova il modulo elastico del com-
posito in esame.

(17.2)

In queste espressioni E e V sono. rispettivamente, il modulo elastico e la frazione volumetri-


ca, mentre i pedici c. me p indicano il composito, la matrice ed il particolato. Nella Figura
17.3 è riportato il grafico con le curve rappresentanti i limiti superiore ed inferiore del modu-
lo elastico E, in funzione di VPper un composito rame-tugsteno, nd 4uale il tugsteno è la fase
dispersa; i dati sperimentali del modulo elastico sono racchiusi tra le due curve. Analoghe
equazioni valide per compositi fibro-rinforzati verranno presentate nella Sezione 17.5.
I compositi rinforzati con particelle di grandi dimensioni utilizzano tutte e tre le classi di
materiali (metalli, ceramici e polìmeri). I cermet, ad esempio, sono compositi
ceramico-metallici. li più comune cermet è il carburo cementato, il quale è composto da par-
ticelle estremamente dure di carburo ceramico refrattario L:ome ad esempio il carburo di tug-
steno (WC) o il carburo di titanio (TiC), annegate in una matrice metallica di cobalto o nickel.
Questi compositi vengono comunemente utilizzati per la realizzazione di utensili da taglio
per acciai molto duri. Le dure particelle di carburo forniscono un'ottima superficie di taglio,
anche se a causa della loro fragilità non sono in grado da sole di sopportare gli stress indotti
dal taglio. La tenacità viene assicurata dalla matrice metallica duttile in cui le particelle sono
disperse, la quale isola le particelle e previene l'eventuale propagazione di cricche tra una
particella e l'altra. Sia la matrice che il rinforzo sono sufficientemente refrattari da resistere
alle alte temperature indotte dal taglio, soprattutto quando effettuato su superfici particolar-
mente dure. In pratica non esiste un materiale non composito in grado di offrire le stesse pre-
stazioni offerte dal cermet. In genere, nel cermet vi è una frazione volumetrica piuttosto ele-
vata di particolato, che spesso supera il 90% in volume; pertanto l'azione abrasiva del com-
posito viene massimizzata. In Figura 17.4 è riportata una fotomicrografia di un carhuro
cementato WC-Co.
Sia gli elastomeri che le plastiche vengono frequentemente rinforzati con particolati di va-
ria natura. L'uso attuale di molte gomme moderne verrebbe severamente limitato se ad esse
non fosse aggiunto un particolato quale, ad esempio, il nerofumo. Il nerofumo è formato da
particelle di carbonio molto piccole e di forma sostanzialmente sferica, che vengono prodotte
per combustione in carenza di aria, di gas naturale o di petrolio. Quando queste particelle, as-
solutamente poco costose, vengono aggiunte alla gomma vulcanizzata, il risultato è un au-
mento della resistenza a trazione, al taglio, all'abrasione e della tenacità di questo materiale. I
I 7 .2 Compositi rinforzati con particelle di grandi dimensioni 525

Fotomicrografia del carbu-


ro cementato WC-Co. Le zone chiare costi-
tuiscono la matrice di cobalto, mentre le
regioni scure sono particelle di carburo di
tungsteno. I 00x. (Per gentile concessione
di Carboloy Systems Department, Generai
Electric Company.)

pneumatici delle autovetture contengono in media dal 15 al 30% in volume di nerofumo. Il ne-
rofumo è in grado di assicurare un'effettiva capacità di rinforzo, solamente quando le sue par-
ticelle sono molto piccole, con diametri compresi tra 20 e 50 nm; inoltre le particelle stesse de-
vono essere finemente distribuite all'interno della matrice e formare un forte legame adesivo
con la matrice di gomma. L'utilizzo di particelle di rinforzo di altra natura (come ad esempio di
silice) porta all'ottenimento di proprietà meccaniche inferiori a quelle offerte nel caso di
rinforzo in nerofumo e questo fenomeno è dovuto alla mancanza di una buona interazione tra
k mukwk udla gomma e la superficie delle particelle. Nella Figura 17.5 è riponata una mi-
crografia elettronica di una gomma rinforzata con nerofumo.

Il calcestruzzo è un composito rinforzato da particelle di uso estremamente diffuso, nel quale


sia la matrice che la fase dispersa sono di natura ceramica. Dal momento che molto spesso i
temini "calcestruzzo" e "cemento" vengono confusi tra loro, appare utile richiamare breve-
mente la loro definizione. Nell'accezione più generica, per calcestruzzo si intende un mate-

Micrografia elettronica nella


quale si riconoscono le particelle sferiche di
nerofumo a rinforzare la matrice di gomma
sintetica all'interno di un pneumatico. Le
aree assimilab1li a macchie d'acqua sono
dovute, invece, alla presenza di piccole sac-
che d'aria trattenute nella gomma. 80000x.
(Per gentile concessione della Goodyear
Tire & Rubher Company.)
526 • Capitolo 1 7 / Compositi

riale composito fonnato da un aggregato di particelle legate insieme per fonnare un corpo
solido mediante un mezzo legante, cioè un cemento. I due calcestruzzi più familiari sono
quelli realizzati con il cemento Portland e con l'asfalto ed impiegando come aggregati sab-
bia e ghiaia. Il calcestruzzo di asfalto viene largamente usato soprattutto per pavimentazione
stradale, mentre quello di cemento Portland come materiale strutturale per costruzioni civili.
Nella discussione viene trattato solo quest'ultimo.

Calcestruzzo di cemento Portland


I principali ingredienti di questo tipo di calcestruzzo sono il cemento portland, l'aggregato fine
(la sabbia), l'aggregato grossolano (la ghiaia) e l'acqua. Il processo di produzione del cemento
portland ed i suoi meccanismi di messa in opera, presa ed indurimento sono stati brevemente
trattati nella Sezione 14.17. Gli aggregati vengono aggiunti al materiale per lo più con funzic;mi
di riempitivi al fine di diminuire il rnsto globale del manufatto in calcestruzzo, dal momento
che essi sono decisamente più economici del cemento. Un aspetto fondamentale, legato alla la-
vorabilità della miscela di calcestruzzo ed alle successive caratteristiche di resistenza, riguarda
la corretta proporzione dei diversi ingredienti. L'utilizzo di aggregati di due granulometrie di-
verse permette il raggiungimento di una buona densità d'impacchettamento e l'ottenimento di
buoni contatti interfacciali; le fini particelle di sabbia, infatti, riescono a colmare i vuoti pre-
senti tra le particelle di ghiaia. In genere, gli aggregati arrivano a rappresentare il 60-80% del
volume totale della miscela. La quantità di acqua e cemento, invece, deve essere sufficiente a
rivestire tutte le particelle di sabbia e di ghiaia, per ottenere un completo effetto legante. Inol-
tre tutti i componenti devono essere attentamente miscelati e amalgamati tra di loro. L'otteni-
mento di un soddisfacente legame interfacciale tra cemento ed aggregati è subordinato ali 'ag-
giunta di una corretta quantità di acqua alla miscela. Poca acqua non consente al legante di di-
stribuirsi uniformemente attraverso tutta la mistura, la cui adesione verrebbe così compro-
messa, mentre troppa acqua conduce ad un'eccessiva porosità nel manufatto; in ambo i casi la
resistenza globale è sempre inferiore a quella massima ottenibile.
Le caratteristiche delle particelle dell'aggregato sono di grande importanza. In particolare,
la loro distribuzione granulometrica influenza la quantità della pasta cementizia (acqua-ce-
mento) richiesta. Inoltre, al fine di ottenere forti legami all'interfaccia aggregato-cemento, le
superfici dell'aggregato dovrebbero essere perfettamente pulite e prive di argilla e di limo.
Il calcestruzzo di cemento portland è attualmente il materiale maggiormente impiegato
nell'edilizia, soprattutto perché esso può essere facilmente preparato in situ e indurisce a tem-
peratura ambiente, anche sotto l'acqua. Tuttavia, come materiale strutturale, esso presenta de-
gli svantaggi e delle limitazioni. Come la maggior parte dei materiali ceramici, il calcestruzzo
di cemento portland è relativamente debole ed estremamente fragile; il suo carico di rottura a
trazione è approssimativamente 10-15 volte inferiore di quello in compressione. Inoltre, ma-
nufatti cementizi di grandi dimensioni possono essere soggetti a non trascurabili espansioni e
contrazioni termiche dovute alla variazione di temperatura. Ed infine, la penetrazione dell' ac-
qua attraverso le porosità esterne delle strutture può causare nei climi freddi ingenti danneg-
giamenti, in conseguenza di cicli di gelo-disgelo. Molti di questi inconvenienti possono essere
superati, o per lo meno ridotti, annando il calcestruzzo e/o incorporando in esso appropriati
additivi.

Calcestruzzo annato
Si può migliorare la resistenza del calcestruzzo di cemento portland aggiungendo rinforzi addi-
zionali. Questo scopo viene comunemente raggiunto inserendo nei manufatti barre, tondini, fili o
reti d'acciaio i quali vengono aggiunti al calcestruzzo durante la fase di messa in opera quando
ancora esso è fresco e non ha iniziato le reazioni di presa ed indurimento. In questo modo il
rinforzo è in grado di permettere alla struttura così rinforzata di sostenere e resistere a maggiori
sforzi di trazione, compressione e taglio. In queste condizioni, anche se nel calcestruzzo si for-
mano delle cricche, la struttura risulta ancora in grado di sostenere carichi considerevoli.
17.3 Compositi rinforzati per dispersione • 527

In genere, quale materiale di rinforzo viene impiegato l'acciaio dal momento che esso pre-
senta un coefficiente di espansione termica molto prossimo a quello del calcestruzzo. Inoltre
l'acciaio non si corrode facilmente nell'ambiente cementizio e si ottiene un ottimo legame
adesivo tra esso ed il calcestruzzo indurito. L'adesione, inoltre, può essere migliorata creando
delle nervature sulla superficie esterna degli elementi d'acciaio, che permettono un maggior
ancoraggio meccanico col calcestruzzo.
Il calcestruzzo di cemento portland può anche venire rinforzato aggiungendo al calce-
struzzo fresco delle fibre di materiale ad alto modulo, come ad esempio fibre di vetro,
acciaio, nylon e polietilene. Bisogna prestare attenzione nell'impiegare questo tipo di rinfor-
zo dal momento che alcuni tipi di queste fibre possono subire un rapido deterioramento
quando entrano in contatto con il cemento.
Un'altra metodologia impiegata per aumentare le proprietà meccaniche del calcestruzzo
consiste nell'introdurre nelle strutture sforzi residui di compressione; il calcestruzzo risul-
tante viene chiamato calcestruzzo precompresso. Detta metodologia si basa sulla proprietà
dei ceramici di avere maggiore resistenza in compressione che in trazione. In conseguenza,
si manifesta cedimento di una struttura precompressa soltanto quando lo sforzo di trazione ad
essa applicato supera quello della precompressione.
Un'altra di queste tecniche di precompressione consiste ne Il 'introdurre dei cavi d'acciaio
ad alta resistenza ali' interno delle casseforme vuote e di pretensionarli sottoponendoli ad un
elevato sforzo di trazione, che viene mantenuto costante nel tempo. Successivamente, intro-
dotto il calcestruzzo, dopo il suo indurimento, lo sforzo di trazione ai capi dei cavi viene rila-
sciato. La spontanea contrazione dei cavi genera uno stato di compressione nella struttura in
seguito al trasferimento della contrazione all'interfaccia cavi-calcestruzzo.
Un'ulteriore tecnica prevede l'applicazione della compressione dopo che il calcestruzzo
si è indurito ed è chiamata di post-compressione. La tecnica prevede che nella cassaforma
vengano disposti tubi di lamierino metallico o di gomma che vengono poi annegati nel cal-
cestruzzo. Dopo la fase di indurimento, nei condotti vengono fatti passare dei cavi di acciaio
che vengono poi tesati mediante dei martinetti ed infine fissati alle superfici terminali della
struttura. Anche in questo caso il manufatto viene sottoposto ad uno sforzo di compressione
ad opera, questa volta, dei martinetti. Gli spazi vuoti all'interno dei tubi vengono alla fine
riempiti con malta cementizia in modo da proteggere i cavi dalla corrosione.
Il calcestruzzo precompresso è di alta qualità e presenta basso ritiro e bassa velocità di
creep. Il calcestruzzo precompresso viene in genere prefabbricato ed è utilizzato comune-
mente per ponti ferroviari ed autostrade.

-17.3 COMPOSITI Hl~FORZATI PER DISPERSIOJ\E

I metalli e le leghe metalliche possono essere rinforzate e indurite disperdendo uniformemente


in essi diverse percentuali in volume di particelle fini di un materiale molto duro ed inerte. La
fase dispersa può essere un metallo o un non-metallo; molto spesso vengono impiegati ossidi.
Come avviene nell'indurimento per precipitazione, anche in questo caso il meccanismo di
rafforzamento è dovuto alla interazione tra le particelle introdotte e le dislocazioni della ma-
trice. Tuttavia l'effetto di rafforzamento dovuto alla dispersione è meno marcato di quello che
si ottiene con la precipitazione, ciò non di meno esso perdura per molto tempo ed anche ad ele-
vate temperature, dal momento che le particelle introdotte non reagiscono C;Onla matrice. Nel
caso delle leghe indurite per precipitazione, invece, l'effetto tende a svanire al le alte tempera-
ture in seguito alla crescita dei precipitati o alla loro dissoluzione nella matrice.
La resistenza alle alte temperature delle leghe di nichel può ulteriormente venire innalza-
ta aggiungendo circa il 3% in volume di particelle finemente disperse di toria (ThO 2); questo
materiale è infatti noto come "thoria---dispersed nickel" o nichel TD. Il medesimo effetto si
ritrova nel sistema alluminio-ossido d'alluminio. In questo caso si induce la formazione di
528 Capitolo 17 / Compositi

un film molto sottile ed aderente di allumina sulla superficie di fiocchi di alluminio estrema-
mente piccoli (spessi 0.1-0.2 µm) dispersi in una matrice di alluminio; questo materiale si
chiama polvere di alluminio sinterizzata (PAS).

COMPOSITIRINFORZATICONFIBRE
Tecnologicamente parlando, i materiali compositi più importanti sono quelli in cui la fase di-
spersa è costituita da fibre. Gli obiettivi della progettazione dei compositi libro-rinforzati
sono spesso quelli di ottenere elevate resistenze e/o rigidezze con bassi pesi. Queste caratteri-
stiche vengono espresse in termini di resistenza specifica e modulo specifico, i quali corr.i-
spondono, rispettivamente, al rapporto resistenza/peso specifico e modulo di elasticità/peso
specifico. Vengono attualmente prodotti compositi fibro-rinforzati, realizzati con fibre e ma-
trici a bassa densità, i quali offrono valori della resistenza e del modulo specifici eccezionali.
Come si può notare dalla Figura 17.2, i compositi rinforzati con fibre possono essere sud-
divisi in base alla lunghezza delle fibre di rinforzo. Per i compositi a fibre corte le fibre sono
troppo corte per consentire un miglioramento significativo dei valori della resistenza.

Le caratteristiche meccaniche dei compositi rinforzati con fibre non dipendono soltanto dalle
proprietà intrinseche delle fibre, ma anche dal grado di sforzo ad esse trasmesso dalla matrice.
A questo proposito, al fine di garantire il massimo trasferimento dei carichi possibile da parte
della matrice, è molto importante che il legame interfacciale tra la matrice e le fibre sia molto
forte. In condizioni di carico, il legame fibra-matrice si annulla alle estremità delle fibre, por-
tando alla deformazione della matrice, come mostrato schematicamente in Figura 17.6; in al-
tre parole, non vi è alcun trasferimento di sforzo dalla matrice alle estremità delle fibre.
Pertanto, per ottenere un effettivo rafforzamento ed irrigidimento della struttura, è neces-
sario che la fibra raggiunga almeno una certa lunghezza critica. Questa lunghezza critica (
dipende dal diametro d della fibra stessa, dal suo carico di rottura aJe naturalmente dalla
forza di legame dell'interfaccia fibra-matrice (ovvero dalla resistenza allo snervamento di
taglio della matrice, che è l'elemento di maggiore debolezza) re secondo l'espressione:

ojd
1,.- -- (17.3)
2 -r,

Per un grande numero di combinazioni matrice-fibre di vetro o di carbonio, il valore della


lunghezza critica è dell'ordine di I mm, che equivale da 20 a 150 volte il diametro della fibra.
Quando uno sforzo pari a oj viene applicato ad una fibra la cui lunghezza è giusto quel-
la critica, si ottiene il profilo di sforzo di Figura 17.7a, ovvero il carico massimo sopportato

(T
Matrice
La confi-
gurazione di deformazio-
I \ \ \ \
\ \ \ \ \ ne nella matrice intorno
(T
ad una fibra soggetta ad
una sollecitazione di tra-
I I I I I zione.
I I I I I

"
17.S Influenza dell'oriPnlaziouc e della concentrazione delle fibre 529

Carko ma~simo
Profili di distribuzione applicJfo
degli sforzi in funzione ,.,.; -----.------ CT; ------, ,------
1 I !
della lunghezza della I I
I
I
I
O I
fibra per un composito "-
._2
I
I
I
I I
I

fibro-rinforzato soggetto v, I
I
I
I
I
I
ad un carico di trazione I I I

pari al carico di rottura


delle fibre o} (a)
1--~--+-~c.~
o 2 2 l
lunghezza / pari alla Posizione Posizione
lunghezza critica I,, (b)
lunghezza maggiore della uf~
~l=lc~
-----+- <TÌ uf~ c:===========::I)
k------
~ uf
l > le -------<o-!
lunghezza critica e (e)
/a) (b)
lunghezza inferiore a
quella critica.
~ ,10-------
2
<J)

o
Posizione
0{ ....- c:====:n
1---l<lc~
~ CTi

(C)

dalla fibra si raggiunge soltanto in un punto al centro di essa. Al crescere della lunghezza
della fibra, l'effetto di rinforzo diventa più efficace, come si può vedere dalla Figura 17.7b
nella quale è riportato il profilo di sforzo per una fibra di lunghezza/ > I,.nel caso in cui lo
sforzo applicato alla struttura è uguale al carico ultimo della fibra. Infine, in Figura 17.7c è
riportato il profilo di sforzo nel caso/<(.
Le fibre per le quali/>> ( (normalmente I> 15 () sono definitefihre continue, mentre
quelle più corte di esse vengono chiamate fibre discontinue o fibre corte. Nel caso di fibre di-
scontinue la cui lunghezza sia significativamente inferiore a lr, la matrice si deforma intorno
alla fibre in maniera tale che in pratica non vi è nessun trasferimento del carico, né viene for-
nito alcun rinforzo da parte della fibra. In tal caso il composito diventa essenzialmente un com-
posito particolato come descritto in precedenza. In pratica, per ottenere un significativo mi-
glioramento della resistenza meccanica di un materiale composito è necessario utilizzare fibre
continue .

.i

La disposizione e l'orientazione reciproca delle fibre, Ja loro concentrazione e distribuzione


hanno una notevole influenza sulla resistenza e su altre proprietà dei compositi fibra-rinfor-
zati. Relativamente all'orientazione vi sono due posizioni limite: (1) le fibre sono tutte alli-
neate parallelamente all'asse longitudinale o (2) esse sono disposte in maniera del tutto
casuale. Le fibre continue sono normalmente allineate (Figura 17 .8a ), mentre quelle discon-
tinue possono essere allineate (Figura 17.8b), orientate casualmente (Figura 17.8c) o parzial-
mente orientate. Comunque il massimo miglioramento delle proprietà dei compositi si ottie-
ne con una distribuzione delle fibre uniforme.

Comportamento sforzo - deformazione - sollecitazione longitudinale


La risposta meccanica di questo tipo di compositi dipende da diversi fattori tra i quali il com-
530 • Capitolo 1 7 / Compositi

Direzione FIUH\ 17.8 Rappre-


longitudinale senrazioni schematiche
all'interno di un com-
posito di (a) fibre conti-
nue allineate, (h) fibre
corte allineate e (e)
I11 Ii',Ii:
1
fibre corte orientate
casualmente.

!1I ili11 11
Direzion e
trasversale

I I Ii1ilII
I[ 1l11lil1 I
I 11 III 1111
(a) (b) (e)

portamento sforzo-deformazione delle fibre e della matrice, la frazione volumetrica delle


due fasi e la direzione di applicazione del carico o dello sforzo. Inoltre, le proprietà di un
composito con le fibre allineate sono marcatamente anisotrope, ovvero dipendono dalla dire-
zione secondo la quale esse sono misurate. Per prima cosa verrà analizzato il comportamen-
to sforzo-deformazione quando lo sforzo applicato è parallelo alla direzione dell'allinea-
mento delle fibre, la direzione longitudinale, indicata nella Figura 17.Sa.
Si consideri il comportamento sforzo-deformazione delle fibre e della matrice mostrati
schematicamente nella Figura 17.9a; in questa trattazione si considereranno le fibre a com-
portamento completamente fragile, mentre la matrice verrà considerata ragionevolmente dut-
tile. Nella medesima Figura vengono riportate le resistenze a trazione per le fibre e la matri-
ce, indicate rispettivamente con oj e <ft.,,le cui corrispondenti deformazioni sono ej e et;
inoltre si assume che sia e!> ej, come normalmente avviene.
Un composito fibro-rinforzato composto da tali fibre e matrice mostrerà un comporta-
mento sforzo-deformazione uniassiale come quello riportato nella Figura 17.9b, nella quale
sono anche riportate le curve delle fibre e della matrice di Figura 17.9a, in maniera da facili-
tare il confronto. Nella prima regione, relativa al tratto iniziale delle curve, sia le fibre che la
matrice si deformano elasticamente; normalmente questo tratto della curva segue un anda-
mento lineare. Tipicamente, nel caso di compositi di questo tipo, la matrice raggiunge il limi-
te di snervamento e comincia a deformarsi plasticamente (in corrispondenza di una deforma-
zione pari a evm in Figura 17.9b), mentre le fibre continuano ad avere un comportamento ela-
stico, in quanto la resistenza a trazione delle fibre è significativamente maggiore del limite di
snervamento della matrice. Come si può vedere dalla medesima figura, questo processo con-
tinua nel secondo stadio durante il quale la curva ha ancora un andamento approssimativa-
mente lineare, seppure con una pendenza minore rispetto all'andamento del primo stadio.
Inoltre, durante il secondo stadio, aumenta la frazione di carico sopportata dalle fibre.
La frattura ùd composito inizia quando iniziano a rompersi le fibre, fenomeno che avvie-
ne all'incirca ad una deformazione pari a Efcome si nota nella Figura I 7.9b. Tuttavia la frat-
tura del composito non si manifesta in maniera catastrofica per una serie di ragioni. Intanto
non tutte quante le fibre si rompono contemporaneamente, in quanto i carichi di rottura delle
fibre fragili possono variare anche in modo considerevole (Sezione 13.7). Inoltre, anche dopo
l'avvenuta rottura delle fibre, la matrice è ancora intatta almeno finché ej<e!, (Figura 17.9a).
Pertanto le fibre fratturate, che sono ovviamente più corte di quelle di partenza, sono ancora
immerse nella matrice intatta e sono conseguentemente ancora in grado di sostenere una
parte dello sforzo, finché la matrice continua a deformarsi plasticamente.
17.5 Influenza dell'orientazione e della concentrazione delle fibre • 531

"f

o
.
"m
o
~
s
~ Vl
2
<Jl

o,;.

.,Deformazione
fiyrn E;
Deformazione
(a/ (bi

FIGI Il\ I 7. 9 (a) Curve schematiche sforzo-<lefonnazione per i materiali componenti le fibre
fragili e la matrice duttile. Per entrambi i materiali sono indicati nel grafico i carichi di rottura e le
corrispondenti deformazioni. (b) Curva schematica sforzo-<leformazione per un composito a fibre
continue allineate sottoposto a sforzo uniassiale nella direzione longitudinale alle fibre; su questo
grafico sono state sovrapposte le curve mostrate nella parte (a) relative alle fibre ed alla matrice.

Comportamento elastico - Carico longitudinale

Si passa ora ad analizzare il comportamento elastico di un composito a fibre unidirezionali


orientate, quando sottoposto a sollecitazione nella medesima direzione di orientamento delle
fibre. Innanzitutto è necessario fare l'ipotesi di un legame interfacciale molto buono, in
maniera tale che si possa assumere che sia le fibre che la matrice siano sottoposte alla mede-
sima deformazione (condizione di isodeformazione). In queste condizioni tutto il carico
ceduto al composito è uguale alla somma dei carichi sopportati dalla matrice e dalle fibre,
ovvero

(17.4)

Dalla definizione di sforzo, Equazione 6.1, F = aA; è quindi possibile sostituire ciascuna
forza F,, F"' e Ff con i rispettivi sforzi ( a,, am e q) e sezioni (A,, Ame A1). Effettuando que-
ste sostituzioni dell'Equazione 17.4 si giunge alla

(17.5)

e, dividendo ambo i membri per la sezione del composito Ac ,si ottiene

(17.6)

dove AJA, e A/A, sono, rispettivamente, le frazioni di superfici della matrice e delle fibre. Se
le lunghezze del composito, della matrice e delle fibre sono tutte uguali, allora A./A, è equi-
valente alla frazione volumetrica della matrice Vm e, similmente, per le fibre V1 = A/A, .
532 • Capitolo 17 / (~ompositi

Pertanto, l'Equazione 17.6 diventa


(17.7)

Inoltre l'assunzione fatta di condizioni di isodeformazione significa che

(17.8)

pertanto, dividendo tutti i membri dell'Equazione 17.7 per le loro rispettive deformazioni, si
ottiene
~=~ V +-3_ V (17.9)
E E III E /
e m I

Se poi le deformazioni del composito, della matrice e delle fibre sono tutte di natura elasfica,
allora a/E, = /;, a,,,/E,,.= E111 e a/E,=~ , essendo E il modulo di elasticità di ciascuna delle
fasi. La sostituzione di queste relazioni nell'Equazione 17.9 conduce ad un'espressione del
modulo di elasticità nella direzione del!' atlineamento delle fibre (o direzione longitudinale)
di un materiale composito a fibre lunghe unidirezionali E,1,pari a

(17.IOa)
o

(17. lOb)

essendo V1 + V111 = l dal momento che il composito è formato esclusivamente da 2 fasi: le fibre
e la matrice.
Pertanto E,, è uguale alla media pesata della frazione di volume dei moduli d'elasticità
delle fibre e della matrice. Altre proprietà, inclusa la densità, dipendono anch'esse dalle fra-
zioni volumetriche. L'Equazione I 7 .1Oaè l'analoga nel caso delle fibre lunghe de li 'Equazione
17.1, la quale segna il limite superiore del modulo elastico per i compositi particellari.
Nel caso di carico longitudinale, inoltre, si può anche indicare il rapporto del carico sop-
portato dalle fibre su quello sopportato dalla matrice, che è

(17.11)

Si lascia al lettore la dimostrazione di questa relazione.

E~E\ll'IO rn l'IWHLD[\ I 7. I

Un composito rinforzato con fibre di vetro continue ed allineate ha il 40% in volume di fibre
di vetro (modulo di elasticità 69 GPa) ed il 60% di resina poliestere (che, quando indurita, ha
un modulo di elasticità pari a 3.4 GPa).

(a) Calcolare il modulo di elasticità nella direzione longitudinale.


(b) Se la sezione del composito è di 250 mm~e viene applicato un carico longitudinale di 50
MPa, calcolare come esso viene ripartito tra la matrice e le fibre.
(e) Determinare la deformazione corrispondente all'applicazione del carico descritta al punto
b.
l 7 .5 Influenza dell'oricn1azio11e e dt>lla concentrazione delle fihr.- • 533

SOT.l:ZlONJ:
(a) Il modulo di elasticità del composito viene calcolato utilizzando l'Equazione 17. lOa:

Ec1= (3.4 GPa)(0.6) + (69 GPa)(0.4)


= 30 GPa
(b) Per risolvere questa parte del problema. bisogna dapprima calcolare il rapporto del carico
sopportato delle fibre rispetto a quello sopportato dalla matrice, con l'Equazione 17.11:

F1 (69 GPa)(0.4)
=-----e--~~
F,,, (3.4 GPa)(0.6)
13.5

ovvero F1 = 13.5 F,,,.


Inoltre, la forza totale sopportata dal composito, F, , si può ricavare dallo sforzo applicato
ae dalla sua sezione totale A, :

F, = A, a= (250 mm 2)(50 MPa) = 12500 N

Il carico totale è, comunque, la somma dei carichi sopportati singolarmente dalle fibre e dalla
matrice, ovvero
F,=Fr+Fm= 12500N

Sostituendo a f~ le equazioni precedenti si ha

13.5 F..,+F,,, = 12500 N

ovvero
F.,= 860N
dove
F1 = F,.- F"' = I 2500 N - 860 N = I l 640 N

Pertanto le fibre sopportano la grande maggioranza del carico applicato.

(e) Per prima cosa si deve calcolare lo sforzo per le fibre e per la matrice. Successivamente,
utilizzando la definizione del modulo elastico (punto a) per ambedue le fasi, si possono deter-
minare i valori delle deformazioni.
Per il calcolo degli sforzi sono necessarie le sezioni:

A",= \lmA, = (0.6)(250 mm 2) = 150 mm 2

Pertanto

- F,,, - 860 N
a,,.- A - 150 mm 1 = 5 ·73 MP a
"'

F 11640N
a= _I =-e-::-::---...-= 116.4 MPa
1 ~ 100 mm 2
534 • Capitolo l 7 / Compositi

Infine, le deformazioni sono calcolate come segue

5.73 MPa 1 69 10_3


E=~=
"' Em 3.4 x 103 MPa = · x

E _ ~ _ 116.4 MPa = l 69 x 10.i


1- E1 - 69 x 101 MPa ·

Pertanto, le deformazioni per entrambe le fibre e la matrice sono le stesse, come infatti
dovevano essere, in accordo con I 'Equazione 17.8 della precedente trattazione.

Comportamento elastico - Carico trasversale


Un composito a fibre continue longitudinali può venire anche caricato nella direzione tra-
sversale alle fibre stesse; ovvero il carico è applicato con angolazione di 90° rispetto alla
direzione di allineamento delle fibre, come mostrato nella Figura 17.8a. In una simile situa-
zione, sia il composito che le fibre e la matrice sono tutti sottoposti ad uno stesso sforzo a,
ovvero
ac=o;,.=0=a (17.12)

Questa configurazione si chiama stato di isosforzo. Inoltre, in questo caso, la deformazione


dell'intero composito E, è
(17.13)
ma siccome e= a/E
a a a
r=rv,,,+yv1
,., m I (17.14)

dove E,, è il modulo di elasticità del composito calcolato in direzione trasversale alle fibre.
Dividendo l'equazione precedente per a si ottiene

(17.15)

la quale si riduce a

E,,,E,-
Ec,=-v-i;-----"~v-,
.~,+rm
I<- (17.16)

L'Equazione 17.16 è analoga all'Equazione 17.2 del limite inferiore del modulo per i
compositi particellari.

E~KUPIO m PROBI.EU\ ] 7.2

Calcolare il modulo elastico del materiale composito descritto neIl'Esempio di Problema 17.1,
ma si assuma che lo sforzo venga applicato perpendicolarmente alla direzione delle fibre.

SOI.l'ZIOSF,
In accordo con l'Equazione 17.16,

(3.4 GPa)(69 GPa)


E,,== (0.6)(69 GPaJ + (0.4)(3.4 GPa) ==5 ·5 GPa
l 7. 5 Influenza dell'orientazione e della concentrazione delle fibre 535

l Questo valore di E,, è di poco maggiore di quello della matrice da sola ma, confrontandolo
con il risultato ottenuto neIl 'Esempio di Problema 17.1a, è approssimativamente soltanto un
quinto del modulo di elasticità calcolato lungo la direzione delle fibre (E). Questa circostan-
za indica il grado di anisotropia presente nei compositi unidirezionali.

Carico di rottura longitudinale


Ora si prenderanno in considerazione le caratteristiche di resistenza di compositi rinforzati con
fibre allineate e continue caricati lungo la direzione longitudinale. In queste circostanze, nor-
malmente si intende quale resistenza del materiale il punto di massimo della curva
sforzo-deformazione (Figura 17 .9b), spesso, infatti, questo punto corrisponde alla rottura
delle fibre e segna l'inizio della rottura del composito. Nella Tabella 17 .1 sono riportati alcuni
valori tipici delle resistenze a trazione longitudinali per tre tipi di materiali compositi più co-
muni. La frattura di questi compositi è relativamente complessa e può presentare modi di cedi-
mento differenti. Per ciascun tipo di materiale composito, la modalità di frattura dipende dalle
proprietà delle fibre e della matrice, nonché dalla natura e dalla resistenza del legame interfac-
ciale.
Se si presenta, come avviene per la maggior parte dei casi, la condizione per la quale
ej < e! (Figura 17.9a), allora la rottura delle fibre precede quella della matrice. Una volta
rotte le fibre, la maggior parte del carico precedentemente sopportato dalle fibre viene tra-
sferito alla matrice. In questo caso, è possibile adattare l'espressione dello sforzo a questo
tipo di composito, Equazione 17.7, che, nel caso di fibre unidirezionali diventa

( 17.17)

dove a,t è il carico di rottura longitudinale del composito, a~ è il carico sulla matrice quando
si rompono le fibre (come ili ustrato nella Figura 17.9a) e df è iI carico di rottura a trazione
delle fibre.

Curicu di rottura trasversale


I carichi di rottura dei compositi unidirezionali a fibre continue sono altamente anisotropi,
infatti questi tipi di materiale vengono generalmente progettati per essere caricati nella dire-
zione di alta resistenza, ovvero, longitudinalmente. Tuttavia, non può essere esclusa a priori
la circostanza per la quale durante la vita in servizio si presentino anche sollecitazioni di tra-
zione trasversali. In queste condizioni di carico si può facilmente presentare una rottura pre-
matura del materiale composito dal momento che la resistenza trasversale è generalmente
molto bassa, al tal punto che spesso è addirittura inferiore al carico di rottura della sola matri-

Talwlla l i. I Tipici valori dei carichi di rottura longitudinali e trasversali per tre
compositi a fibre continue longitudinali. Il contenuto delle fibre in ciascuno di essi
è approssimativamente pari al 50o/c voi.

Materiale Carico di rottura Carico di rottura


lo11gitudi11ale(MPa) trasversale (MPa)

Vetro-Poliestere 700 20
Carbonio (Alto Modulo)- Epossidica 1000 35
Kevlar-epossidica 1200 20
Fonte: D. Hull e T.W. Clyne, An lntroduction ro Composite Materials, 2nd edition, Cambridge University
Press, 1996,p.179.
536 • Capitolo 17 I Compositi

ce. Pertanto si può concludere che in simili casi l'effetto di rinforzo delle fibre sia addirittu-
ra negativo. Nella Tabella 17.1 sono riportati i carichi di rottura per sollecitazione trasversa-
le per tre compositi unidirezionali.
Mentre nel caso della resistenza longitudinale le fibre sono l'elemento dominante, nella re-
sistenza trasversale, invece, una molteplicità di fattori, tra i quali le proprietà delle fibre e della
matrice, la forza del legame interfacciale. la presenza di vuoti, rivestono grande influenza. Al
fine di migliorare i valori della resistenza trasversale, sono stati adottati vari accorgimenti che
però, nella maggior parte dei casi, riguardano la modifica delle proprietà della matrice.

COMPOSITI A FIRRE DlSCOl\Tll\l'E ED ALLINEATE

Sebbene l'efficienza del rinforzo sia per le fibre discontinue inferiore a quella presentatà dai
compositi a fibre continue, tuttavia tali compositi (Figura 17.8h) stanno acquisendo sempre
maggiore importanza nel panorama delle applicazioni commerciali. Le fibre tagliate (chop-
ped) di vetro sono quelle maggiormente impiegate; anche se non mancano compositi a fibre
discontinue di carbonio o ammidiche. Questi compositi a fibre corte possono essere prodotti
con moduli di elasticità e resistenza a trazione che arrivano a raggiungere, rispettivamente, il
90% ed il 50% di quelli presentati dai loro analoghi a fibre continue.
Nel caso di un materiale composito a fibre discontinue allineate che presenti un'uniforme
distribuzione delle fibre e per i quali sia/> I,.,il carico dì rottura longitudinale a;1;,è dato dalla
relazione

(17.18)

nella quale dj e a:,,sono. rispettivamente, il carico dì rottura delle fibre e lo sforzo agente
sulla matrice alla rottura del composito (Figura 17.9a).
Se la lunghezza delle fibre è inferiore a quella critica (I< /J, allora il carico di rottura lon-
gitudinale 01'.r è dato dalla

( 17.19)

nella quale d è il diametro delle fibre e i:, è la resistenza allo snervamento di taglio più picco-
la tra quella della matrice e della resistenza di legame fibro-matrice.

U>-'ll'OSTTJ A FIBKF. Dl~('.0:\TJ~TE ED ORIEYl~\TE CA~I ALJ\JK\TE

Normalmente vengono impiegate le fibre corte e discontinue quando si vuole ottenere un'o-
rientazione delle fibre casuale; un rinforzo di questo tipo è schematicamente raffigurato nella
Figura 17.8c. In questo caso, sì può utilizzare, per la determinazione del modulo elastico, una
"regola delle miscele" ~imile a quella riportata nelrEquazione 17.lOa, ovvero:

(17.20)

fn questa espressione, K è un parametro che misura l'efficienza delle fibre e dipende da i~ e


dal rapporto EJE,,,. Naturalmente, il valore di K è sempre inforiorn all'unità e generalmente
varia tra O.I e 0.6. Pertanto, nel caso di fibre casualmente orientate (così come nel caso di
17 .•'i lntluem:a dell'orient11zi011l' e della .-oncentrazione delle fibre 53 7

Tahella 17.2 Proprietà del policarbonato non rinforzato e rinforzato con fibre di
vetro orientate casualmente

(%Voi di Rinforzo)
------- - ·-·-------------------··-
Proprietà Non rinforzato 20 30 40

Peso Specifiço 1.19-1.22 1.35 1.43 1.52


Carico di Rottura (\i!Pa) 59-62 110 131 159
Modulo Ela~tico (GPa) 2.24-2.345 5.93 8.62 11.6
Allungamento (%) 90-115 4-6 3-5 3-5
Rcsistcn.i:a ad impatto. 12-16 2.0 2.0 2.5
provini lzod intagliati (lb/in.)

Fonte: Da Materials Engineerìng's Materials Se/ecror. copyright© Penton/lPC.

quelle orientate in una specifica direzione), il modulo aumenta secondo un coefficiente di


proporzionalità con l'aumentare della frazione volumetrica delle fibre. Dalla Tabella 17.2,
nella quale sono riportate le proprietà meccaniche del policarbonato da solo e rinforzato con
fibre di vetro discontinue e orientate casualmente, è possibile avere un 'idea del! 'entità del-
1'efficacia del rinforzo.

Per concludere, è possibile riassumere quanto fin qui presentato ricordando che i compositi
a fibre allineate sono sostanzialmente anisotropi, ovvero il carico massimo ed il massimo ef-
fetto di rinforzo vengono raggiunti nella direzione dell'allineamento delle fibre, ovvero nella
direzione longitudinale. Nella direzione trasversale, l'effetto di rinforzo delle fibre è pratica-
mente inesistente: lungo questa direzione si presentano, infatti, normalmente delle fratture per
valori di carichi di trazione relativan1ente bassi. Per altre orientazioni del carico, la resistenza
globale del composito assume valori intermedi. L'efficienza reale del rinforzo fibroso per va-
rie condizioni di orientazione è riportata nella Tabella 17.3, nella quale si è considerata unita-
ria l'efficienza del rinforzo nella direzione dell'allineamento delle fibre e pari a zero nella di-
rezione a queste perpendicolare.
Quando su un piano sono presenti sforzi in più direzioni si realizzano spesso strutture mul-
tistrato ottenute sovrappponendo lamine di compositi unidirezionali secondo orientazioni dif-
ferenti. Queste strutture vengono chiamate compositi laminati e verranno presentati nella Se-
zione 17.14.
Generalmente, invece, nel caso di applicazioni per le quali si prevede la presenza di un
carico mulcidirezionale del tutto casuale, si ricorre ali 'impiego di fibre discontinue casual-
mente orientate all'interno della matrice. Dalla Tabella 17.3 si rileva che l'efficienza del

Tabella 17.:~ Efficienza del rinforzo per compo11iti fibro-ri11forzati 1,er varie
orie11tazioni delle fibre t> diverse direzioni di applicazione dello iiiforzo

Orientazione delle.fibre Direzione dello sforzo Efficienza del rinforzo

Fibre parallele Parallelo alle tìhre I


Pe1pemlicolare alle fibre o
Fibre casualmente cd uniformemente Qualsiasi direzione appartenente 1
8
distribuite su di un piano al piano delle fibre
Fibre casualmenle ed uniformemente Qu3Jsiasi direzione
distribuite nelle tre dimensioni dello spazio

Fonte: H. Krenchel. Fibre Rei11forcement,Copenaghen: Akademisk Forlag. 1964 [33].


538 • Capitolo I 7 / Compositi

rinforzo di tali strutture è pari ad appena un quinto di quella presentata dal composito realiz-
zato con fibre unidirezionali allineate nella direzione longitudinale; anche se le proprietà
meccaniche sono isotrope.
In fase di progettazione di una struttura, la scelta della lunghezza e dell'orientazione delle
fibre per un dato composito dipendono sia dalla natura e dall'entità dello sforzo cui esso verrà
sottoposto che dai costi di fabbricazione. Le velocità di produzione dei componenti in mate-
riale composito a fibre corte (sia allineate che casualmente orientate) sono generalmente
molto alte. Inoltre con questo tipo di materiale è possibile ottenere facilmente forme com-
plesse difficilmente realizzabili con rinforzi a fibre continue. Anche i costi di fabbricazione
sono nettamente inferiori a quelli dei compositi a fibre continue ed allineate; i principali
metodi di fabbricazione dei compositi a fibre corte prevedono la formatura per compressio-
ne, per iniezione e per estrusione, come quelli descritti per i polimeri non rinforzati nella
Sezione 16.14.

l 7.6 LAFASE FIBRE

Un 'importante caratteristica comune a molti materiali, soprattutto a quelli fragili, è che fibre
di piccolo diametro mostrano resistenze decisamente maggiori di quelle che avrebbero se
fossero in massa. Come già discusso nella Sezione 13.7, la probabilità di trovare un difetto di
dimensioni critiche in grado di portare alla frattura diminuisce al crescere del volume del
materiale e questo risulta vantaggioso per i compositi fibro-rinforzati. Inoltre, i materiali
impiegati per realizzare le fibre presentano anche elevati carichi di rottura a trazione.
In base alla natura ed al diametro, le fibre sono suddivise in tre gruppi principali: whisker,
fihre e fili. I whisker sono monocristalli molto sottili che presentano un elevatissimo rappor-
to lunghezza/diametro. Grazie alle piccolissime dimensioni, essi sono in grado di raggiunge-
re un elevato grado di perfezione cristallina e sono virtualmente privi di difetti; motivo per
cui essi hanno resistenze meccaniche eccezionalmente elevate. I whisker sono, infatti, i mate-
riali più resistenti che si conoscano. I whisker sono materiali molto costosi e pertanto, nono-
stante le elevate resistenze, essi non sono estesamente impiegati come rinforzi. Inoltre anche
incorporare i whisker nelle matrici non è agevole e spesso è impraticabile. I materiali comu-
nemente impiegati allo stato di whisker sono la grafite, il carburo di silicio, il nitruro di sili-
cio e l'ossido di alluminio; alcune caratteristiche meccaniche di tali materiali sono riportate
nella Tabella 17.4.
I materiali che sono classificati quali fibre possono essere sia policristallini che amorfi e
mostrano piccoli diametri; le fibre sono generalmente realizzate in materiale polimerico o
ceramico (ad es. le poliaramidi, il vetro, il carbonio, il boro, l'ossido di alluminio ed il car-
buro di silicio). Nella Tabella 17.4 è possibile trovare i dati di alcuni materiali prodotti in
forma di fibre.
I fili sottili sono invece caratterizzati dall'avere maggiori diametri, in genere essi sono
realizzati in acciaio, molibdeno e tungsteno. I fili sono impiegati come rinforzi radiali in
acciaio nei pneumatici delle autovetture, come negli ugelli in filament winding di razzi.

17. 7 LAl•ASE :\IATHICE


La matrice nei materiali compositi fibro-rinforzati può essere un metallo, un polimero o un
ceramico. In generale, i metalli ed i polimeri vengono impiegati come matrici per la loro dut-
tilità; nel caso dei materiali compositi matrice ceramica (Sezione 17.10), invece, il rinforzo
viene aggiunto per migliorare la tenacità a frattura delle matrici.
Per i materiali compositi fibro-rinforzati, la matrice assolve a svariate funzioni.
17.7 La fase matrice . 539

Talwlla I ì. 1 Caratteristiche di alcune fibre utilizzate come rinforzo

Materiale Peso Carico di Resistenza Modulo Modulo


specifico rottura a trazione specifica elastico specifico
(Mg/m 3) (GPa) (Gpa) (GPa) (GPa)

Whisker
Grafite 2.2 20 9.1 700 318
Nitruro di silicio 3.2 5-7 1.56-2.2 350-380 109-118
Ossido di alluminio 4.0 10-20 2.5-5.0 700-1500 175-375
Carburo di silicio 3.2 20 6.25 480 150

Fibre

Ossido di alluminio 3.95 1.38 0.35 379 96


Aramide (Kevlar 49) 1.44 3.6-4.1 2.5-2.85 131 91
Carbonio" 1.78-2.15 1.5-4.8 0.70-2.70 228-724 106-407
Vetro E 2.58 3.45 1.34 72.5 28.1
Boro 2.57 3.6 1.40 400 156
Carburo di silicio 3.0 3.9 1.30 400 133
UHMWPE (Spectra 900) 0.97 2.6 2.68 117 121

Fili Metallici

Acciaio ad alta resistenza 7.9 2.39 0.30 210 26.6·


Molibdeno 10.2 2.2 0.22 324 31.8
Tungsteno 19.3 2.89 0.15 407 21.1

'Il termine "carbonio" invece di "grafite" è usato per distinguere queste fibre. che sono composte da regioni di grafite cristallina ma anche
da zone di materiale non-cristallino e da aree di cristalli non allineati.

Innanzitutto essa serve a tenere insieme le fibre ed è il mezzo attraverso il quale uno sforzo
applicato dall'esterno viene trasmesso e distribuito alle fibre; soltanto una piccola parte del
carico applicato, infatti, viene trattenuta dalla matrice. Deve inoltre anche mostrare una
buona duttilità ed avere modulo elastico inferiore a quello delle fibre. La seconda funzione
della matrice è quella di proteggere ciascuna fibra da eventuali danneggiamenti superficiali
come abrasioni meccaniche o reazioni chimiche con l'ambiente. Queste interazioni potreb-
bero produrre difetti superficiali in grado di formare cricche, le quali possono portare alla rot-
tura anche per bassi valori di carico. Infine, la matrice tiene separate le fibre prevenendo, in
virtù della sua duttilità e plasticità, la propagazione di rotture fragili da fibra a fibra, che
potrebbero dare origine a rottura catastrofica; in altre parole, la matrice serve come una bar-
riera alla propagazione della frattura. Infatti, anche se si rompono alcune fibre, il composito
nel suo insieme resiste fino a che il numero totale di fibre rotte adiacenti è talmente elevato
da formare una lacuna di dimensioni critiche.
È essenziale che il legame adesivo interfacciale tra la matrice e le fibre sia elevato in
maniera da minimizzare il fenomeno dello sfilamento (pull-out) delle fibre. Non a caso la
qualità dell'adesione tra matrice e fibre è un fattore determinante nella scelta dell'accoppia-
mento fibra-matrice da impiegare. La resistenza a rottura del materiale composito risultante
dipende in larga misura dall'ampiezza di questo legame; un buon legame è essenziale per
massimizzare la trasmissione dello sforzo dalla matrice debole alle fibre forti.
540 • Capitolo I 7 / Compositi

I compositi a matrice polimerica (PMC) hanno come matrice una resina 1 polimerica e fibre
quali elementi di rinforzo. Questi materiali vengono abitualmente impiegati nelle più svariate
applicazioni ed in grande quantità in virtù delle loro proprietà a temperatura ambiente, della fa-
cilità di produzione e dei bassi costi. In questa sezione vengono presentati i diversi tipi di PMC,
classificati in base al tipo di rinforzo (per esempio vetro, carbonio o arami de), presentandone le
applicazioni ed i diversi tipi di resine polimeriche impiegate quali matrici.

La vetroresina è un composito fonnato da fibre di vetro, sia continue che discontinue, io una
matrice polimerica; questo tipo di composito è prodotto in grosse quantità. La composizione
del vetro che viene maggionnente utilizzato nella produzione delle fibre (generalmente chia-
mato \'etro E) è riportata nella Tabella 14.1; il diametro delle fibre generalmente è compreso
tra i 3 e i 20 ~tm. TIvetro è molto utilizzato come materiale di rinforzo per diverse ragioni:

I. Dallo stato fuso si ottengono facilmente per estrusione fibre ad alta resistenza.
2. È facilmente reperibile e si possono realizzare plastiche vetro-rinforzate a bassi costi,
potendo impiegare una grande varietà di tecniche di produzione.
3. In forma di fibra il vetro offre resistenze relativamente elevate e, quando annegato in
una matrice polimerica, produce un composito con resistenza specifica decisamente
elevata.
4. Accoppiato con diversi polimeri, risulta chimicamente inerte. rendendo così possibile
rimpiego dei compositi così formati in molti ambienti corrosivi.

Le caratteristiche della superficie delle fibre di vetro sono estremamente importanti perché
imperfezioni anche microscopiche posso influenzare in maniera deleteria le proprietà di tra-
zione, come discusso nella Sezione 13.7. Le imperfezioni superficiali possono venire facil-
mente introdotte da sfregamenti D abrasioni supeit·iciali generate dal contatto con un materiale
più duro. Inoltre, sulla superficie del vetro, esposta all'atmosfera anche per brevi periodi, si
forma uno strato superficiale più debole che interferisce nel legame interfacciale con la ma-
trice. Attualmente le fibre vengono normalmente ricoperte durante la filatura con un "ap-
pretto" , ovvero un sottile strato di una sostanza che ne protegge la superficie da danneggia-
menti e da indesiderate interazione con l'ambiente esterno. L'appretto viene in genere rimosso
prima della fabbricazione <leicomposito e sostituito con un "agente di accoppiamento'' o di fi-
nitura che facilita l'ottenimento di un migliore legame tra le fibre e la matrice.
Vi sono diverse limitazioni ali 'impiego delle vetroresine. Infatti, nonostante gli alti valori
della resistenza, esse non sono materiali molto rigidi e non offrono quindi la rigidità necessa-
ria per molte applicazioni (ad esempio per la realizzazione di componenti strutturali negli ae-
roplani e nei ponti). Inoltre la maggior parte dei materiali compositi rinforzati con vetro hanno
le massime temperature di esercizio inferiori a 200°C; a temperature maggiori la maggior
parte dei polimeri rammollisce o si deteriora. Le temperature di esercizio possono essere in-
nalzate fino a circa 300°C usando fibre di vetro di silice fusa ultra-pura e polimeri resistenti
alle alte temperature, quali le resine polimmidìche.
Molte applicazioni nelle quali sono impiegate le vetroresine sono piuttosto ilote e comu-
ni: parti di autovetture ed imbarcazioni, tubi di plastica, contenitori per lo stoccaggio e pavi-
mentazioni industriali. L'industria dei trasporti impiega quantità sempre maggiori di mate-

1 Il termine "resina" viene impiegato in questo contesto per indicare un materiale polimerico ad alto

peso molecolare.
17 .H Compositi a matrice polimerica • 54 l

riali compositi vetro-rinforzati nel tentativo di diminuire il peso delle autovetture ed abbas-
sarne così i consumi di carburante. Numerose nuove applicazioni vengono impiegate o
attualmente studiate nell'industria automobilistica.

u nwn,[TI \ \I \TBiCF POL"1EHIC\. m,FOHZ \TI


!.O\ IIBHl. !H (. \i.HO\ IO iCFHl'J

Le fibre di carbonio sono materiali dalle elevate prestazioni, comunemente impiegati come
rinforzo nei compositi a matrice polimerica avanzati (ovvero non in fibra di vetro) per le
seguenti ragioni:

1. Le fibre di carbonio hanno i più alti valori del modulo specifico e della resistenza spe-
cifica rispetto a tutte le altre fibre di rinforzo.
2. Esse conservano il loro elevato modulo e resistenza a trazione anche ad elevate tem-
perature, anche se alle alte temperature la presenza di processi ossidativi può causare
problemi.
3. A temperatura ambiente le fibre di carbonio non sono influenzate né dall'umidità né
da molti tipi di solventi e da acidi e basi.
4. Queste fibre offrono una molteplicità di caratteristiche fisiche e meccaniche grazie
alle quali i componenti realizzati in composito rinforzato con queste fibre acquistono
particolari proprietà strutturali.
5. Sono stati sviluppati processi di produzione delle fibre e dei compositi relativamente
poco costosi.

L'uso del termine "fibra di carbonio" può apparire improprio dal momento che il carbonio
è un elemento e, come osservate nella Sezione 13.4, la forma stabile del carbonio cristallino in
condizioni ambiente è la grafite, la quale ha la struttura raffigurata nella Figura 13.17. Le fibre
di carbonio non sono completamente cristalline, ma sono costituite sia da regioni grafitiche
che da regioni non cristalline; queste aree non cristalline non presentano la configurazione or-
dinata tridimensionale del reticolo esagonale del carbonio, che è caratteristica della grafite
(Figura 13.7).
Le tecniche di produzione delle fibre di carbonio sono relativamente complesse e non ver-
ranno qui trattate. Comunque come precursori vengono utilizzati tre tipi di materiali organici:
il rayon, il poliacrilonitrile (PAN) e la pece. Le tecniche di produzione dipendono dal materiale
precursore, così come le caratteristiche finali delle fibre.
Un tipo di classificazione delle fibre di carbonio si basa sul modulo elastico; in questo caso
ci sono quattro classi a modulo standard, intermedio, alto e ultraelevato. TIdiametro delle fibre
è generalmente compreso tra 4 e I O µm ed esse possono essere sia continue che tagliate. Inol-
tre, le fibre di carbonio sono generalmente rivestite da un appretto epossidico di protezione che
serve anche a migliorare l'adesione con la matrice.
r materiali compositi rinforzati con fibre di carbonio sono correntemente ed ampiamente
impiegati per attrezzature sportive e del tempo libero (canne da pesca, golf clubs), casse mo-
tore dei razzi realizzate in "filament winding", recipienti a pressione e componenti aeronau-
tici strutturali, sia per aeromobili militari che commerciali, ali fisse ed elicotteri (pale, carlin-
ghe e componenti del timone).

Le fibre aramidiche sono materiali ad alta resisLen,1.a


ed alto modulo, introdotti agli inizi degli
anni '70. Sono particolarmente ambite per gli incredibilmente elevati valori del rapporto resi-
542 • Capitolo 17 / Compositi

Monomero F1u HA 1 7. 1 O Rappresentazione


schematica del monomero e della
macromolecola presente nelle fibre
aramidiche (Kevlar). Sono anche
mostrati l'allineamento della catena
nella direzione della fibra e i legami
ad idrogeno che si formano tr(!,cate-
ne adiacenti. (Da F.R. Jones, Editore,
Handbook of Polymer-Fibre
Composites Copyright I 994 di
Addison Wesley Longman.

- Direzione
della fibra - Riproduzione autorizzata)

stenza/peso, superiore a quello dei metalli. Chimicamente questo gruppo di materiali è noto
come poli parafenilene tereftalammide. Vi è una grande varietà di materiali aramidici; i nomi
commerciali dei due più noti sono il Kevlar e il Nomex. Vi sono diversi tipi di Kevlar (Kevlar
29, 49 e 149) che presentano differenti proprietà meccaniche. Durante la loro sintesi, le mole-
cole rigide si allineano lungo l'asse delle fibre, come nel caso dei domini dei cristalli liquidi
(Sezione 16.8); la chimica del monomero e la modalità dell' allìneamento delle catene sonori-
prodotte nella Figura 17.1O. Meccanicamente queste fibre mostrano valori del carico di rottura
longitudinale e del modulo elastico a trazione (Tabella 17.4) maggiore delle altre fibre in ma-
teriale polimerico; ma sono relativamente deboli in compressione. Questo materiale è noto per
la sua tenacità, resistenza all'impatto, al creep ed alla rottura per fatica. Anche se termoplasti-
che, le aramidi resistono alla combustione e sono stabili a temperature relativamente alte; l'in-
tervallo di temperatura nel quale esse mantengono le loro proprietà meccaniche è compreso tra
-200 e 2OO°C.Chimicamente queste fibre subiscono degradazione se attaccate da acidi o basi
forti, mentre sono sostanzialmente inerti a contatto con altri solventi o sostanze chimiche.
Le fibre aramidiche sono impiegate soprattutto nei compositi a matrice polimerica; le ma-
trici più comuni sono le resine epossidiche e poliesteri. Dal momento che queste fibre sono re-
lativamente flessibili e duttili, esse vengono lavorate come le più comuni fibre tessili. Appli-
cazioni tipiche dei compositi a fibre aramidiche sono i prodotti balistici {giubbotti antiproiet-
tile), attrezzature sportive, pneumatici, forni, corpi dei missili, recipienti a pressione e in sosti-
tuzione dell'amianto nei freni delle autovetture e nei rivestimenti della frizione e nelle guarni-
zioni.

Talwlla 17.5 Proprietà di compositi a matrice epossidica rinforzati con fibre conti-
nue e allineate di vetro, di carbonio e aramidiche nelle direzioni longitudinale e tra-
s\·ersale. In tutti i casi la frazione volumetrica della fibra è pari a 0.60

Proprietà Vetro E Carbonio Aramide


( alta ResistenZJ/.) (Kevlar49)

Peso specifico 2.1 1.6 1.4


Modulo a Trazione
Longitudinale (0Pa) 45 145 76
Trasversale (0Pa) 12 IO 5.5
Resistenza a Trazione
Longitudinale (MPa) 1020 1240 1380
Trasversale (MPa) 40 41 30
Deformazione a rottura per trazione
Longitudinale 2.3 0.9 1.8
Trasversale 0.4 0.4 0.5

Fonte: Da R.F. Fiorai e S.T. Peters, "Composite Structures and Technologies'', tutorial notes, 1989.
I 7. 9 Compositi a matrice metallica • 543

Le proprietà dei materiali compositi a matrice epossidica rinforzati con fibre continue e al-
lineate di vetro, carbonio e aramide, sono riportati nella Tabella 17.5. Pertanto risulta agevole
effettuare un paragone delle proprietà meccaniche di questi tre materiali sia nella direzione
longitudinale che in quella trasversale.

AI T 1-rn
FTRRE DI H.11\FORZO

Le fibre di vetro, carbonio e aramide sono i rinforzi più comunemente utilizzati nelle matrici
polimeriche. Altre fibre decisamente meno impiegate sono quelle di boro, carburo di silicio e
ossido di alluminio; il modulo e la resistenza a trazione, nonché i moduli e le resistenze spe-
cifiche di questi materiali sono riportati nella Tabella 17.4. I compositi polimerici rinforzati
con fibre di boro sono stati impiegati nella fabbricazione di componenti per aerei militari, per
le pale dei rotori degli elicotteri e per alcune attrezzature sportive. Le fibre di carburo di sili-
cio e di allumina sono impiegate nelle racchette da tennis, nelle piastre per circuiti stampati e
nei coni dei razzi.

JlATERL\LI PER l\L\TRICI POLII.U.EHICHE

Il ruolo che le matrici polimeri<.:herivei>Lonoin un composito è stato già in gran parte deli-
neato nella Sezione 17.7. È però necessario aggiungere che spesso è la matrice a determina-
re la massima temperatura di esercizio raggiungibile, dal momento che essa normalmente
rammollisce, fonde o degrada a temperature decisamente inferiori a quelle dei materiali
costituenti le fibre di ronforzo.
Le resine polimeriche maggiormente impiegate e meno costose sono le resine di polieste-
re e vinilestere 2 , le quali vengono soprattutto usate per i compositi rinforzati con fihre di
vetro. Una vasta gamma di formulazioni diverse di queste resine sono in grado di offrire una
grande scelta delle proprietà di questi materili. Le resine epossidiche sono più care e vengo-
no impiegate oltre che per componenti commerciali anche soprattutto per applicazioni aero-
spaziali, in quanto esse hanno migliori proprietà meccaniche ed offrono maggiore resistenza
all'umidità delle resine poliestere e vinilestere. Per le applicazioni a più elevate temperature
si utilizzano invece le resine polimmidiche, il cui limite massimo di temperatura di utilizzo
per lungo tempo è approssimativamente pari a 230°C. Infine, vi sono anche resine termopla-
stiche resistenti ad alte temperature che sono attualmente molto promettenti per un futuro
impiego in ambito aerospaziale; tra queste si citano il polietereterchetone (PEEK), il polife-
nilenesolfuro (PPS) ed il polieterimmide (PEI).

17.9 CcntPOSITI A \UTRICE JlETALUCA

Come suggerito dal nome stesso, nei compositi a matrice metallica (MMC) la matrice è un
metallo duttile. Questi materiali possono venire impiegati a temperature superiori rispetto a
quelle massime dei loro metalli di base e, inoltre, il rinforzo spesso migliora anche la rigi-
dezza specifica, la resistenza specifica, la resistenza all'abrasione, la resistenza al creep, la
conduttività termica e la stabilità dimensionale. Alcuni vantaggi offerti da questo tipo di
materiale composito rispetto ai compositi a matrice polimerica sono le maggiori temperature
di impiego, la non infiammabilità e la maggiore resistenza alla degradazione prodotta da flui-
di organici. Tuttavia i materiali compositi a matrice metallica sono molto più costosi dei
PMC e, pertanto il loro uso è in qualche modo piuttosto limitato.
Tipici materiali impiegati quali matrici di MMC sono le superleghe e le leghe di allumi-
nio, magnesio, titanio e rame. li materiale di rinforzo può essere in forma di particolato, fibre

2La chimica e le proprietà caratteristiche di alcune delle matrici trattate in questa sezione sono reperi-
bili nelle Appendici B, D ed E.
544 • Capitolo I 7 / Compositi

Talwlla 17.(> Proprietà di alcuni materia]i compositi a matrice metallica rinforzati con fibre
continue ed allineate
- -- -· --·-· ----
Fibra Matrice Contenuto Densità Modulo a trazione Carico di rottura
di fibra (% Vol) (Mg/m·') longitudinale (GPa) longitudinale (MPa)
--------· ··------

Carbonio Al6061 41 2.44 320 620


Boro Al6061 4!:l 207 1515
SiC Al 6061 50 2.93 230 1480
Allumina Al380.0 24 120 340
Carbonio \1gAZ31 38 1_.83 300 510
Borsic Ti 45 3.68 220 1270
·-·-··------ - -· ---------- --------·---·---·· --- - --
Fonte: Ripreso da J.W. Weeton, D.M. Peters e K.L.Thomas Engineer's guide to composite ma/erìals. ASM Intemalional Materials Park,
OH.1987. •

continu e discontinue e whisker, con concentrazioni che vanno in genere dal 10 al 60% in
volume. Le fibre continue sono in genere di carbonio, carburo di silicio, boro, allumina e
metalli refrattari. I rinforzi discontinui, invece, sono in genere costituiti da whisker di carbu-
ro di silicio, fibre tagliate di allumina o carbonio oppure da particolati di carburo di silicio e
allumina. In un certo qual modo, il cermet (Sezione 17.2) rientra in questa classificazione dei
MMC. Nella Tabella 17.6 sono riportate le proprietà di diversi materiali compositi a matrice
metallica rinforzati con fibre continue ed allineate.
Alcune combinazioni fibre-matrice possono dare luogo ad alte temperature a reazioni chi-
miche. Pertanto i materiali compositi a matrice metallica possono essere soggetti a degrada-
zione termica sia nel processo stesso di fabbricazione, qualora questo sia condotto ad elevate
temperature, sia durante la vita in esercizio. Questo inconvenirente viene tuttavia superato co-
munemente applicando un rivestimento superficiale protettivo al rinforzo, oppure modifi-
cando la composizione della lega costituente la matrice.
Normalmente il processo produttivo dei MMC viene condotto in almeno due stadi: il conso-
lidamento o sintesi (durante il quale il rinforzo viene introdotto nella matrice) seguito poi dalle
operazioni di formatura. Sono disponibili un gran numero di procedimenti di sintesi, alcuni dei
quali anche particolarmente sofisticati; ma in genere i materiali compositi a matrice metallica e
rinforzo discontinuo vengono facilmente plasmati nella forma definitiva merliante convenzio-
nali tecniche di formatura dei metalli (ad esempio per estrusione, forgiatura e laminazione).
Recentemente, alcune case produttrici di autovetture hanno introdotto nel motore compo-
nenti realizzati con un materiale composito con matrice in lega di alluminio rinforzata con al-
lumina e fibre di carbonio; questo tipo di materiale è leggero e resistente all'usura ed alla di-
storsione termica. Le applicazioni di questi materiali nel campo delle strutture aerospaziali in-
cludono i compositi a matrice metallica in leghe avanzate di alluminio rinforzate con fibre
continue di boro nel caso dello Space Shuttle Orbiter o con fibre continue di carbonio nel caso
del telescopio Hubble.
Le proprietà di alcune superleghe (a base di Ni e Co), quali la resistenza al creep ad alte
temperature o la resistenza alla rottura, possono essere significativamente migliorate inse-
rendo come rinforzo un metallo refrattario, come ad esempio il tungsteno. Nondimeno ven-
gono anche mantenuti eccellenti valori di resistenza ali' ossidazione ad alta temperatura e di re-
sistenza all'impatto. I componenti meccanici progettati in materiale composito a matrice me-
tallica consentono l'impiego di maggiori temperature di esercizio e pertanto l'ottenimento di
maggiore efficienza nei motori a turbina.

I 7. 10 Corn•o...,nt , \I nmcc n<B, "\IIL\


Come già discusso nei Capitoli 13 e 14, i materiali ceramici sono costituzionalmente resi-
stenti all'ossidazione ed al deterioramento ad elevata temperatura e pertanto, se non fosse per
17 .1 O Compositi a matrice cnamica 545

la loro eccessiva disposizione alla rottura fragile, sarebbero senz'altro i candidati ideali per
molte applicazioni ad elevate temperature e carichi severi, si pensi in particolare ai compo-
nenti dei motori delle autovetture e alle turbine a gas degli aeromobili. I valori di tenacità a
frattura dei materiali ceramici sono bassi e generalmente sono compresi tra I e 5 MPaVm
(Tabella 8.1 ed Appendice B.5). Al contrario, i valori <!!K 1c per la maggior parte dei metalli
sono decisamente maggiori (da 15 a più ùi 150 MPaYm ).
La tenacità a frattura dei materiali ceramici è stata tuttavia significativamente aumentata
grazie allo sviluppo di una nuova generazione di compositi a matrice ceramica (CMC) nei
quali particelle, fibre o whisker di un materiale ceramico vengono annegate nella matrice di
un altro materiale ceramico. I compositi a matrice ceramica hanno un esteso campo di tena-
cità alla frattura, da 6 a 20 MPaYm .
In pratica, il miglioramento rlclle proprietà di resistenza alla frattura deriva dall'intera-
zione che si stabilisce tra la cricca che avanza e le particelle di fase dispersa. L'innesco della
cricca generalmente avviene nella matrice, ma la sua propagazione è impedita o ritardata
dalle particelle, fibre o whiskcr. Qui di seguito vengono presentati alcuni dei diversi mecca-
nismi impiegati per ritardare l'avanzamento della cricca nella matrice.
Tra le diverse tecniche di tenacizzazione. una è particolarmente interessante e promettente
e si basa sull'impiego di una trasformazione di fase per arrestare la propagazione delle cricche:
per questo motivo essa è chiamata tenacizzazione per trasformazione. Il composito è formato
da piccole particelle di zirconia parzialmente stabilizzata (Sezione 13.6) disperse in una ma-
trice spesso di Al 2O 3 o di Zr0 2 stessa. Come stabilizzanti vengono usati CaO, MgO, Y 2OJ e
CeO. Le particelle parzialmente stabilizzate conservano a temperatura ambiente una struttura
tetragonale metastabile in luogo della più stabile fase monoclina; è possibile trovare ambedue
queste fasi nel diagramma di fase ZrO 2-ZrCaO 1 di Figura 13.25. Il campo di sforzi che si in-
staura nel fronte di propagazione della cricca è in grado di causare la trasformazione di fase
delle particelle metastabili tatragonali, le quali passano alla fase stabile monoclina. Questa tra-
sformazione è accompagnata da un leggero aumento di volume delle particelle che genera
sforzi di compressione sulla superficie della cricca ed in particolare sul suo apice, così da eser-
citare un 'azione di chiusura della cricca stessa e da arrestarne conseguentemente la crescita.
Questo processo è schematicamente riportato nella Figura 17.11.
Altri meccanismi di tenacizzazione più recenti comprendono l'utilizzo di whisker cera-
mici, spesso in SiC o SiJN4 • Questi whisker sono in grado di inibire la propagazione di una
cricca in 4uanto (I) deviano l'avanzamento dell'apice della cricca, (2) formano dei ponti
attraverso le superfici di rottura, (3) assorbono energia durante il loro pull-out man mano che
perdono adesione con la matrice e/o (4) provocano una ridistribuzione degli sforzi nelle
regioni adiacenti ali' apice della cricca.

Particelle di ZrO,
monoclina -
Rappresentazione
schematicadel meccanismo Regione dove è
di tenacizzazione per presente il campo di
sforzi generato dalla
trasformazione. (a) La trasformazione di fase
cricca prima della
trasformazionedi fase delle
particelle di ZrO2 . (h)
L'arresto dell'avanzamento
della cricca dovuto agli
sforzi indotti dalla
trasformazione di fase.
---...:l'art,celle di
(a! Particelle di (b)
ZrO,
tetragonali ZrO,
tetragonali
546 • Capitolo I 7 / Compositi

Tabella 17. 7 Carichi di rottura e tenacità a frattura a temperatura ambiente per


diverse frazioni vohunetriche di SiC in allumina

Contenuto di Whisker Carico di rottura Tenacità afrattura


(%voi) (MPa) (MPaVm)

o 4.5
lO 455 ± 55 7.1
20 655 ± 135 7.5-9.0
40 850 ± 130 6.0

Fonte: Da Engineered Materials Handhook, Voi I, Composites, C.A. Dostal, Senior Editor, ASM
Intemational, Materials Park, OH, 1987.

Come regola generale si può assumere che un aumento del contenuto delle fibre migliora
la resistenza e la tenacità a frattura; quest'affermazione è avvalorata dai dati riportati nella
Tabella 17.7 per un composito in allumina rinforzata con whisker di SiC. Nei ceramici rinfor-
zati con whisker viene notevolmente ridotta la dispersione dei valori di resistenza a frattura
rispetto ai ceramici non rinforzati. Inoltre i CMC presentano anche migliore comportamento
al creep ad elevate temperature e maggiore resistenza allo shock termico ( ovvero alle frattu-
re generate da repentini cambiamenti di temperatura).
I compositi a matrice ceramica possono essere fabbricati con i metodi di pressatura a
caldo, pressatura isostatica a caldo e per sinterizzazione dalla fase liquida. Relativamente alle
applicazioni, si ricorda che i compositi in allumina rinforzata con whisker di SiC sono impie-
gati come inserti di utensili da taglio per la lavorazione di leghe metalliche dure; infatti la
durata di questi utensili risulta decisamente maggiore di quelli realizzati in carburi sinterati
(Sezione 17.2).

1 7 .11 COllPOSITI CARBONIO-CARllONIO

Uno dei materiali ingegneristici più promettenti ed avanzati è un composito a matrice di carbonio
rinforzato con fibre di carbonio, spesso chiamato composito carbonio-carbonio; come infatti
suggerisce il nome stesso sia la matrice che il rinforzo sono realizzati in carbonio. Questo mate·
riale è abbastanza recente e costoso e, pertanto, il suo impiego non è comune né molto diffuso.
Tuttavia esso mostra delle proprietà decisamente attraenti quali alti valori del modulo e del carico
di rottura a trazione, i quali oltretutto sono mantenuti anche ad elevate temperature superiori a
2000°C, alta resistenza al creep e valori della tenacità a frattura relativamente elevati. Inoltre i
compositi carbonio-carbonio presentano bassi coefficienti di espansione termica e relativa·
mente elevati valori di conducibilità termica; queste caratteristiche, unite alle alte resistenze,
danno vita a valori relativamente bassi di suscettività allo shock termico. Il maggior difetto, in-
vece, risiede nella propensione di questi materiali a subire ossidazione ad elevate temperature.
I materiali compositi carbonio-carbonio sono impiegati nei motori dei razzi, come mate·
riali di frizione negli aeromobili e nelle automobili di alte prestazioni, per stampi per pressa·
tura a caldo, per componenti di motori a turbina avanzati e per schermi ablativi impiegati nel
rientro dei veicoli spaziali.
Il motivo principale del costo elevato di questi materiali risiede nei processi e nelle tecni-
che di produzione che sono piuttosto complessi. Le fasi preliminari dei processi produttivi
sono simili a quelle impiegate per i compositi a matrice polimerica rinforzata con fibre di car-
bonio. In questo caso, infatti, le fibre continue sono posizionate in maniera da formare la con-
figurazione bi o tridimensionale desiderata e vengono poi impregnate dalla resina polimerica
liquida, spesso fenolica. Successivamente al manufatto viene fatta assumere la forma finale e
quindi si dà il via alla fase di indurimento della resina. A questo punto la resina viene "piro-
lizza", ovvero subisce la conversione a carbonio per riscaldamento in atmosfera inerte; du-
rante la piro li si i componenti molecolari, ovvero l'idrogeno, 1'ossigeno e l'azoto vengono eli-
1 7 .13 Processi produtthi dei compositi fibro-rinforzati • 54 7

minati ed allontanati.in maniera che alla fine del processo rimangono soltanto lunghe catene
molecolari di carbonio. La matrice di carbonio rimanente viene quindi sottoposta ad ulteriori
trattamenti termici ad elevate temperature al fine di aumentare la sua resistenza meccanica e la
densità. Il composito risultante pertanto è formato dalle fibre di carbonio originarie che sono
rimaste sostanzialmente inalterate, contenute in una matrice di carbonio pirolizzato.

17 .12 COJTPOSJTJ IBRIDI

Una tipologia di compositi relativamente recente è quella dei compositi ibridi, nei quali due
o più tipi di fibre differenti vengono introdotte nella medesima matrice; pertanto questi mate-
riali offrono una combinazione di proprietà decisamente più completa rispetto ai materiali
compositi rinforzati da un solo tipo di fibre. Naturalmente sono possibili numerosissime
combinazioni di fibre e matrici diverse, anche se il sistema più comune è formato dalla com-
presenza di fibre di carbonio e di vetro in una matrice polimerica. Le fibre di carbonio infat-
ti sono estremamente resistenti, leggere e relativamente rigide, sebbene abbastanza costose.
Le fibre di vetro, invece, sono più economiche ed attenuano la rigidezza delle fibre di carbo-
nio. Il composito ibrido vetro-carbonio è più resistente e tenace, ha maggiore resistenza
all'impatto e minori costi di produzione di ciascuno dei compositi polimerici rinforzati sol-
tanto con vetro o con carbonio.
Vi sono molti modi per combinare insieme le diverse fibre, che influiscono sulle proprietà
del composito risultante. Per esempio le fibre possono essere tutte allineate e mescolate le
une alle altre, oppure si può realizzare un laminato alternando lamine formate da fibre di
materiali differenti. In ogni caso nei compositi ibridi le proprietà sono virtualmente anisotro-
pe.
Nei materiali compositi ibridi sottoposti a sollecitazioni di trazione, la frattura non si pre-
senta mai in maniera catastrofica (ovvero non è mai istantanea). In genere le fibre di carbo-
nio cedono per prime ed il carico viene quindi sopportato dalle fibre di vetro per poi passare,
alla rottura di queste, alla matrice. L'eventuale cedimento del composito coincide con quello
della fase matrice.
I materiali compositi ibridi sono principalmente impiegati nei componenti leggeri per il
trasporto aereo, marittimo e terrestre, nella realizzazione di attrezzature sportive e per com-
ponenti ortopedici leggeri.

17.13 PROCESSI PROOlTTIVI DEI t:OMPOSITI FIBRO-RTNFORZATI

Per ottenere materiali compositi a matrice polimerica rinforzati con fibre continue in grado di
soddisfare le specifiche di progettazione è importante che le fibre siano distribuite uniforme-
mente all'interno della matrice polimerica e, nella maggior parte dei casi, esse devono esse-
re orientate nella medesima direzione. In questa sezione verranno illustrate nuove tecniche di
produzione (quali ad esempio la pultrusione, il filament winding ed i processi di produzione
dei prepreg) per la realizzazione di efficienti prodotti di questi materiali.

PULTRll SION E

La tecnica della pultrusione è impiegata nella fabbricazione di componenti di lunghezza con-


tinua e di sezione a forma costante (come ad esempio barre, tubi, travi, ecc.). Per la fabbrica-
zione di compositi con questa tecnica, schematicamente illustrata nella Figura 17.12, dei "ro-
ving" o "tow" 3 di fibre continue vengono prima impregnate di resina termoindurente e poi ti-
rate forzandole a passare attraverso uno stampo matrice di acciaio che le preforma nella forma

1 Un roving, o tow, è un fascio sciolto e non ritorto di fibre continue filate insieme in trifoli (strand)

paralleli.
548 • Capitolo I 7 / Compositi

Matrice di
Sistema di tiraggio
preforma Matrice di cura

Roving di fibre

Vasc,1di impregnazione di resina


F1u 11\ I "i. I 2 Rappresentazione schematica del processo di pultrusione.

desiderata e stabilisce anche il rapporto resina/fibra. Successivamente il composito passa attra-


verso un'altra matrice di dimensioni precisissime che ha lo scopo di conferire la forma defini-
tiva; questa matrice, inoltre, viene riscaldata in modo da far iniziare la cura della resina. Un mec-
canismo di tiraggio forza il passaggio delle fibre attraverso gli stampi e consente anche la regola-
zione della velocità di produzione. Sì possono ottenere tubi e sezioni cave usando un mandrino
centrale o inserendo della anime cave. Le fibre di vetro, di carbonio e aramidiche in percentuali
volumetriche comprese tra il 40 e il 70% costituiscono i principali tipi di rinforzo, mentre le ma-
trici sono in genere resine di poliestere, vìnilestere o epossidiche.
Le lavorazioni per pultrusìone sono dei processi continui facilmente automatizzabili; le
velocità di produzione sono soddisfacentemente elevate tanto da incidere positivamente sul-
1'abbassamento dei costi di produzione. Inoltre, mediante questa tecnica, è possibile ottenere
una grande varietà di forme e non vi è praticamente limitazione alla lunghezza del pezzo che
può essere prodotto.

PHO<:ESSl rH PRODl'ZIOl\E DEI PREHIPREGl\ATI (PREPREG)

Il termine prepreg (preimpregnato) viene utilizzato nell'ambito dell'industria compositi per in-
dicare dei semilavorati realizzati con fibre continue preimpregnate di una resina polimerica solo
parzialmente curata. Questo tipo di materiale viene fornito in forma di rotoli al produttore il quale
deve soltanto inserirlo nello stampo ed effettuare l'indurimento completo della matrice, senza bi-
sogno di aggiungere alcuna resina. Questo tipo di lavorazione è probabilmente quella maggior-
mente impiegata per la produzione di componenti strutturali.
La preparazione del preimpregnato, schematicamente riprodotta nella Figura 17. I 3; per i
polimeri termoindurenti inizia allineando una serie di fasci di fibre continue avvolti in bobine.
Questi fasci vengono quindi racchiusi tra un foglio dì supporto ed uno antiaderente e pressati
fra due rulli caldi, secondo in un processo chiamato ··calandratura". Lo strato interno del foglio

F1t;rn\ 1-;-.1J
Tramoggia contenente
Rappresentazione / resina preriscaldata
schematica del processi Lama raschiatrice
di produzione di un Foglio anliaderent<:>
nastro di prepreg Rt>cupero foglio antiaderente
mediante l'impiego di
resina termoidurente.

Calandratura
a rulli caldi
Bobine di fibrt>

Foglio di supporto
17.13 Processi produttivi dei compo>1ili lìhro-r:inforzati • 549

antiaderente viene precedentemente ricoperto con un sottile strato di resina calda, di viscosità
abbastanza bassa in maniera da potere impregnare le fibre. Una "lama raschiatrice" distribui-
sce la resina in forma di uno strato sottile di spessore e larghezza uniforme. Il preimpregnato fi-
nale - ovvero il nastro sottile formato da fibre lunghe continue impregnate di resina parzial-
mente polimerizzata- viene infine confezionato ed imballato avvolgendolo intorno ad un tubo
di cartone. Come mostrato nella Figura 17.13 il foglio antiaderente viene rimosso mano a
mano che il nastro viene imbobinato. Tipici valori dello spessore del nastro di peimpregnato
vanno dai 0.08 ai 0.25 mm, con larghezze comprese tra 25 e 1525 mm, mentre il contenuto di
resina è tra 35 e 45% in volume.
A temperatura ambiente la resina termoindurente è in grado di completare le reazioni di
indurimento, per cui i nastri di preimpregnato devono essere conservati a 0°C o a temperatu-
re più basse. Anche il tempo di permanenza a temperature ambiente dei preimpregnati,
durame il loro utilizzo in fase di lavorazione, deve essere ridotto al minimo. Se correttamen-
te mantenuti e conservati, i preimpregnati hanno tempo di utilizzo di almeno sei mesi o più.
Si possono utilizzare sia resine termoplastiche che resine termoindurenti, mentre i rinforzi
più comuni sono le fibre di carbonio, di vetro o le aramidiche.
Il processo di trasformazione dei prepreg nei componenti in composito finiti inizia con la
stratificazione o "lay-up" di diversi strati di nastro preimpregnato su di una superficie sagomata.
Il numero di strati che vengono sovrapposti (naturalmente dopo aver rimosso il foglio di sup-
porto) dipende dallo spessore che si vuole ottenere nel prodotto finito. La sovrapposizione degli
strati può essere condotta in modo da ottenere un composito a fibre unidirezionali, ma nella mag-
gior parte dei casi l'orientazione delle fibre viene variata ed alternata in maniera da ottenere un la-
minato cross-ply o angle-ply. Si realizza infine l'indurimento della resina applicando simulta-
neamente calore e pressione.
Il processo di sovrapposizione dei diversi strati può essere condotto interamente a mano
(processo hand lay-up) ed in questo caso l'operatore provvede sia al taglio del nastro di pre-
preg nella lunghezza e forma desiderata, sia alla stratificazione nello stampo con l'orienta-
zione delle fibre desiderata. In alternativa i nastri possono essere tagliati con lavorazioni alle
macchine e poi stratificati a mano. Tcosti di fabbricazione possono ulteriormente venire ridotti
introducendo processi di stratificazione automatizzati o altre tecniche di fabbricazione (ad
esempio il filament winding. che verrà di seguito presentato) nelle quali in pratica non c'è bi-
sogno di operatore. L'introduzione di queste tecniche completamente automatizzate è essen-
ziale per produrre componenti in materiale composito, a costi accessibili.

HLA:\IENT Wll\Dll\"G

llfìlamcnt winding (avvolgimento di fibra) è un processo di produzione dei materiali compo-


siti nel quale fibre continue vengono accuratamente posizionate secondo una determinata con-
figurazione per formare un componente di struttura cava (generalmente cilindrici). Le fibre,
prese sia come trefoli (strand) individuali che come fasci (tow), vengono prima impregnate fa-
cendole passare attraverso un bagno di resina e poi avvolte con un processo continuo intorno
ad un mandrino rotante (Figura 17.14). Dopo che un sufficiente numero di strati è stato avvolto
si procede all'indurimento della resina, la quale può essere condotta sia in forno che a tempe-
ratura ambiente, dopo di che si procede alla rimozione del mandrino. Un metodo alternativo
prevede l'avvolgimento di stretti e sottili nastri di prepeg di 10 mm di larghezza o meno.
Al fine di ottenere le caratteristiche meccaniche volute, sono possibile diverse configura-
zioni di avvolgimento (ad esempio ad elica, circonferenziale o polare). I componenti realiz-
zati in filament winding sono ad alto rapporto resistenza/peso. Un altro vantaggio di questa
tecnica risiede nella grande capacità di controllo dell'uniformità e dell'orientazione dell'av-
volgimento delle fibre. Tnoltre, se condotto in maniera automatica, questo processo è econo-
micamente interessante. Strutture comunemente prodotte con questa tecnica sono gli allog-
550 • Capitolo 1 7 / Compositi

FtGl H,\ 17.1,1 Rappresentazione schema-


tica delle tecniche di filament winding per
creare avvolgimenti elicoidali, circonferen-
ziali e polari. (Da N.L. Hancox, Editor,
Fibre Composite Hybrid Materials, The
Avvolgimento elicoidale Macmillan Company, New York, 1981.)

-f) ~~]))JJ))])))))))))j;
(•) _)
Avvolgimento circonferenziale

~ Avvolgimento polare

giamenti dei motori a razzo, i contenitori per stoccaggio e recipienti a pressione.


Queste tecniche di lavorazione sono recentemente impiegate nella produzione di una
grande varietà di forme strutturali che non sono necessariemente limitate ad una superficie di
rivoluzione (ad esempio travi ad I). L~ tecnologia del filarnent winding sta crescendo molto in
fretta in virtù dei bassi costi di produzione.

ESERCIZIO DI PROGETTAZIOl\E 17.1

Si deve progettare un albero di trasmissione tubolare con diametro esterno di 70 mm, diame-
tro interno di 50_8 mm e lunghezza di 1.22 m da realizzare con la tecnica del filament win-
ding. La caratteristica meccanica di primaria importanza del pezzo deve essere la rigidezza a
flessione espressa dal modulo di elasticità longitudinale, mentre il carico di rottura e la resi-
stenza a fatica non sono parametri significativi per questa applicazione se si impiegano com-
positi avvolti con il filament winding. La caratteristica di rigidezza richiesta viene specifica-
ta imponendo la massima freccia consentita a flessione quando il pezzo è sottoposto alla
prova a flessione a tre punti come riportato nella Figura 13.28 (ovvero il tubo viene appog-
giato alle due estremità e caricato nel punto intermedio longitudinale), in particolare in que-
sto caso si impone che non venga raggiunta una freccia elastica superiore a 0.33 mm quando
il tubo è soggetto ad una carico in mezzeria di 890 N.
Si richiede la realizzazione di un avvolgimento circonferenziale simile a quello raffigura-
to nella Figura 17.14. Inoltre l'angolo di deposizione delle fibre, espresso come angolo 0,
Figura 17.15, deve essere abbastanza piccolo in maniera da rendere massima la rigidezza in
direzione longitudinale, in questa progettazione si richiede che sia fJ= 15°. Le fibre possono
essere di vetro o di carbonio con modulo standard, intermedio o alto. La matrice deve essere
una resina epossidica e la frazione volumetrica del rinforzo deve essere al massimo 0.60.
Questo problema di progettazione richiede che siano seguiti i seguenti passi:
17.13 Processi produttivi dei compositi fihro-rinforzati • 551

FIGL I(\ l 7. 1.5 Fibre


Raffigurazione
schematica dell'albero di
trasmissione in composito
filament winding oggetto 50.8 70
dell'Esercizio di mm mm
Progettazione 17.I .

(a) Verificare e scegliere quale delle quattro fibre accoppiate con la resina epossidica, sia
in grado di soddisfare i criteri fissati.
(b) Tra le fibre che soddisfano i criteri di pogettazione scegliere quella che consente di
ottenere il composito in filament winding a costo minore (assumendo l'ipotesi che i
costi di produzione siano gli stessi per tutte le fibre).

I moduli elastici, le densità ed i costi delle diverse fibre e della matrice sono riportati
nella Tabella 17.8.

SOUZHHE
(a) È anzitutto necessario determinare il modulo elastico longitudinale richiesto per que-
sto materiale composito in accordo con le specifiche del problema. Questo calcolo si effettua
prendendo l'espressione del la freccia della prova di flessione a tre punti

(17.21)

nella quale Ay è la freccia in mezzeria, F è la forza applicata, L è la distanza tra i due supporti,
E è il modulo elastico ed I è il momento d'inerzia della sezione del pezzo. Nel caso di un tubo
di diametro interno d; e diametro esterno d si ha:
0

I= ~ (it;,- cf;) (17.22)


e
4FL 3
·E=-----,--....,.
3n Ay (it;,- cf;) (17.23)

Per il progetto in esame

F =890N
L = 1.22 m

Tabella 17.8 Modulo elastico, densità e costo delle fibre di vetro di diversi tipi di
fibre di carbonio e della resina epossidica

Materiale Modulo Elastico Densità Costo


(GPa) (Mg/cttr) (euro/kg)

Fibre di Vetro 72.5 2.58 2.50


Fibre di carbonio (modulo standard) 230 1.80 35.00
Fibre di carbonio (modulo intermedio) 285 1.80 70.00
Fibre di carbonio (alto modulo) 400 1.80 175.00
552 Capitolo 17 / Compositi

Frazione volumetrica della matrice e dei tre


tipi di fibre di carbonio necessarie per ottenere un modulo
longitudinale tmale del composito pari a 120 GPa

Tipo di Fibra V.,

Modulo standard 0.535 0.465


Modulo intermedio 0.431 0.569
Alto modulo 0.306 0.694

~Y =0.330mm
do = 70mm
d; = 50.8 mm

Pertanto il modulo elastico longitudinale richiesto per questo albero di trasmissione è:

E= 4 (890 N) (1.22 m)'


3 n(0.33 x 10-1 m) I(70 x 10 3 m) 4 - (50.8 x 10-3 m)4]
= 120GPa

Il passo successivo è la determinazione della frazione volumetrica della matrice e di cia-


scuno dei quattro tipi di materiale candidati come fibre. Questo calcolo può essere effettuato
utilizzando una equazione simile alla regola delle miscele di Equazione 17.10, modificata
considerando il fatto che le fibre continue sono avvolte con la tecnica del filament winding e
che l'orientazione deJle fibre non è parallela all'asse longitudinale dell'albero di trasmissio-
ne. Pertanto l'Equazione 17.10 può essere modificata e riscritta per fornire il valore del
modulo elastico longitudinale Er., dell'albero di trasmissione in composito come segue:

(17.24a)

dove 0 è ancora l'angolo di deposizione (Figura 17.15). Pertanto per fJ= 15°, e cos (15°) =
0.966, si ottiene

(17.24b)

Consultando i dati della Tabella 17.8 appare evidente che non è possibile ottenere un
modulo elastico pari a 120 GPa in un composito rinforzato con fibre di vetro con il processo
di filament winding dal momento che il modulo di elasticità del vetro (72.5 GPa) è ùt:~isa-
mente inferiore al valore richiesto. Nella Tabella 17.9 sono riportati i valori necessari di V1 e
di V"' nel caso di rinforzi con fibre di carbonio, ottenuti imponendo E, .. = 120 GPa
nell'Equazione 17.24b e prendendo gli altri dati necessari dalla Tabella 17.8. Dai calcoli
effettuati è possibile verificare che tutti e tre i tipi di fibra di carbonio possono essere impie-
gati in quanto con ognuno di essi si possono ottenere le caratteristiche necessarie con un valo-
re ùi Vr non superiore a 0.60.
(b) A questo punto si procede calcolando il volume della matrice e delle fibre necessa-
rio impiegando i tre tipi di fibre di carbonio. Il volume totale del tubo V,. è dato da
17.14 Laminati compositi 553

Volunù, masse, costi di fibre e matrice e costo totale del materiale


per tre compositi carho-epossidici

Tipo di Fibra Volume Massa Costo Volume Massa della Costo della Costo
delleflbre delle fibre delle fibre della fibra matrice matrice totale
(cm-') (kg) (euro) (cmJ) (kg) (euro) (euro)

Modulo standard 1189 2.14 74.90 1033 1.18 10.60 85.50


Modulo intermedio 958 1.72 120.70 1264 1.44 12.96 133.66
Alto modulo 680 1.22 214.20 1542 l.76 15.82 230.00

Pertanto il volume delle fibre e della matrice si ottiene moltiplicando questo valore per i valori
di V e Vr riportati nella Tabella 17.9. I valori di volume risultanti sono riportati nella Tabella
111

17.1O e convertiti in masse utilizzando le densità (Tabella 17.8) e, infine, tradotti in costo del
materiale necessario, in base al costo per unità di massa di ciascun tipo di fibra (Tabella 17.8).
Come si può facilmente arguire. il materiale da scegliere (in quando meno caro) è il car-
bonio standard; in questo caso il costo per unità di massa è inferiore agli altri come inferiore
è il modulo di elasticità e pertanto è richiesta una maggiore frazione volumetrica.

STRUTTURE
COMPOSITE
Una struttura composita può essere formata sia da un materiale omogeneo che da un mate-
riale composito e le sue. proprietà dipendono non soltanto dalle proprietà dei singoli costi-
tuenti, ma anche dalla configurazione geometrica dei vari elementi strutturali. Due tra le più
comuni strutture composite sono i laminati ed i pannelli sandwich, dei quali qui di seguito
viene offerta una breve descrizione.

Un laminato composito è composto da strati o pannelli bidimensionali che presentano una di-
rezione preferenziale di maggior resistenza così come è stato precedentemente osservato nel
legno e compositi matrice polimerica rinforzati con fibre continue allineate. I diversi strati
sono sovrapposti e cementati insieme in maniera tale da variare la direzione di maggiore resi-

Sovrapposizione ad
orientamento alternato di lamine
fibro-rinforzate per la realizzazione di
un composito laminato.
554 • Capitolo l 7 / Compositi

stenza nella sovrapposizione di ciascuno strato (Figura 17.16). Come ad esempio nel legno
compensato, dove i diversi strati di legno sono sovrapposti con la direzione delle fibre perpen-
dicolari tra loro. Si possono anche realizzare laminati con tessuti di cotone, carta o tessuti in fi-
bre di vetro che vengono successivamente annegati in una natura polimerica. Pertanto un la-
minato composito mostra valori di resistenza abbastanza elevati in quasi tutte le direzioni gia-
centi sul piano bidirezionale, anche se la resistenza massima in una determinata direzione è in-
feriore a quella raggiungibile posizionando tutte le fibre nella medesima direzione. Un esem-
pio di struttura in laminato abbastanza complessa è fornito dagli sci moderni (vedere pagina
520).

17.15 PAI\NELLI SANDWIUI

I pannelli sandwich sono considerati strutture composite e sono formati da due pelli, o facce·,
esterne molto resistenti, separate da uno strato, o anima, di materiale meno denso che pre-
senta minore rigidezza e minore resistenza. Le pelli sopportano la maggior parte del carico
nel piano ed anche sforzi trasversali di flessione. Generalmente le pelli sono realizzate in lega
d'alluminio, compositi polimerici fibrorinforzati, titanio, acciaio e legno compensato.
Strutturalmente l'anima ha sostanzialmente due funzioni. Innanzitutto essa separa le due
pelli e resiste alla deformazione generata da sollecitazioni perpendicolari alle pelli. Inoltre
essa garantisce anche discreti valori di resistenza agli sforzi di taglio agenti sempre sui piani
perpendicolari alle pelli. Per formare l'anima di un sandwich, vengono impiegati vari mate-
riali, quali ad esempio espansi polimerici, gomme sintetiche, cementi inorganici e legno di
balsa.
Una struttura molto spesso utilizzata come anima è la struttura" a nido d'ape" (o "honey-
comb") la quale consiste in sottili fogli lavorati e interconnessi in maniera da formare celle
esagonali con gli assi perpendicolari ai piani delle pelli. Nella Figura 17.17 è riportata una
raffigurazione "in esploso" di un pannello sandwich con l'anima a nido d'ape.
I pannelli sandwich sono impiegati in una vasta gamma di applicazioni che vanno dalla
realizzazione dei tetti e dei pavimenti ai muri degli edifici, mentre in aeronautica sono impie-
gati per fabbricare le parti esterne delle ali, della fusoliera e della coda degli aeromobili.

Pelle esterna

Anima a nido d'ape

Pannello
Pelle esterna
sandwich finito

FIUH-\ 17.17 Raffigurazione schematica della realizzazione di un sandwich con l'anima a nido d'ape. (Da Engineered
Materials Handbook, Vol.l, Composites, ASM lntemational, Metals Park, OH, 1987. Ristampa autorizzata.)
Sommario • 555

SOJBI ARI O ===================================


I compositi possono essere considerati come materiali multifase artificialmente prodotti i
quali offrono un'attraente combinazione delle migliori proprietà delle fasi costituenti.
Generalmente una delle due fasi (la matrice) è continua ed avvolge completamente l'altra
(ovvero la fase dispersa). Nella trattazione svolta i compositi sono stati suddivisi in compo-
siti rinforzati da particelle, compositi fibra-rinforzati e compositi strutturali.
Sia i materiali compositi rinforzati con particelle di grandi dimensioni che quelli rinforzati
con dispersioni di particelle molto fini vengono classificati come compositi rinforzati da parti-
celle. Nel caso dei materiali rinforzati con una fine dispersione, il miglioramento della resi-
stenza meccanica viene ottenuto aggiungendo come fase dispersa particelle di dimensioni
estremamente piccole, le quali sono in grado di inibire il moto delle dislocazioni; pertanto il
meccanismo di rinforzo in questo caso è ottenuto per mezzo di interazioni a livello atomico.
Nei compositi rinforzati con particelle grandi, invece, le particelle di rinforzo hanno dimen-
sioni maggiori e consentono di ottenere un aumento di resistenza del materiale.
Il calcestruzzo è un tipo di composito rinforzato con particelle di grandi dimensioni ed è
formato da un aggregato di tali particelle legate insieme dal cemento. Nel caso del calce-
struzzo di cemento portland, l'aggregato è formato da sabbia e ghiaia mentre la matrice ce-
mentizia si sviluppa in seguito a delle reazioni chimiche che avvengono tra l'acqua ed il ce-
mento. La resistenza meccanica del calcestruzzo può essere migliorata con diversi metodi (ad
esempio inse-rendonel calcestruzzo fresco barre di acciaio, cavi, ecc.). Ulteriori miglioramenti
di resistenza possono essere raggiunti imponendo sforzi residui di compressione per mezzo di
tecniche di pre-tensionamento e post-tensionamento.
Fra i vari tipi di compositi, l'efficienza del rinforzo è sicuramente maggiore per i fibro-
ronforzati. In questi materiali il carico applicato viene trasmesso e distribuito alle fibre dalla
matrice, che nella maggior parte dei casi è abbastanza duttile. L'ottenimento di un significativo
grado di rinforzo è possibile solo se il legame interfacciale fibra-matrice è forte. In base al dia-
metro, le fibre di rinforzo vengono classificate come whisker, fibre o fili. Dal momento che al-
i' estremità delle fibre 1'effetto di rinforzo viene meno, l'efficienza del rinforzo dipende dalla
lunghezza delle fibre. Per ogni combinazione fibra-matrice si viene a stabilire una lunghezza
critica; le fibre continue hanno lunghezza sicuramente maggiore di quella critica, mentre le fi-
bre corte, inferiori alla lunghezza critica, danno un rinforzo discontinuo.
Anche la disposizione delle fibre risulta critica per le caratteristiche del composito. Le pro-
prietà meccaniche di un composito con fibre continue ed allineate sono fortemente anisotrope.
Il rinforzo e la conseguente resistenza raggiungono il massimo valore nella direzione di alli-
neamento ed il minimo nella direzione perpendicolare. È stato discusso il comportamento
sforzo-deformazione per carichi longitudinali. Sono state anche elaborate per i compositi delle
espressioni derivate dalla regola delle miscele per il calcolo dei moduli elastici longitudinale e
trasversale, nonché per la determinazione della resistenza longitudinale.
Nei compositi a fibre corte e discontinue, le fibre possono essere sia allineate che distri-
buite casualmente. Per quelli con fibre allineate è possibile ottenere resistenze e rigidezze si-
gnificative nella direzione longitudinale. Le proprietà dei compositi a fibre corte, casualmente
orientate, sono invece isotrope, a scapito di alcune limitazioni sull'efficienza del rinforzo,
I compositi fibra-rinforzati vengono talvolta classificati in base al tipo di matrice, dando
luogo a tre grandi categorie: a matrice polimerica, a matrice metallica ed a matrice ceramica. I
compositi a matrice polimerica sono i più comuni ed hanno come rinforzo fibre di vetro, di car-
bonio ed aramidiche. I compositi a matrice metallica hanno temperature di esercizio che sono
più alte ed impiegano vari tipi di fibre e di wisker. L'obiettivo di diversi compositi a matrice
metallica ed a matrice polimerica è quello di avere una elevata resistenza specifica e/o modulo
specifico, per cui è importante che le matrici abbiano bassa densità. Per i compositi a matrice
556 • Capitolo 17 / Compositi

ceramica l'obiettivo principale è invece quello di migliorare la tenacità alla frattura. Questo
viene conseguito opponendo all'avanzamento delle cricche la presenza di particelle in fase di-
spersa che si trasformano in modo tenace, migliorando così il Kit.Altri compositi più avanzati
sono i carbonio-carbonio (fibre di carbonio annegate in una matrice di carbonio pirolizzata) e
gli ibridi (contenenti almeno due tipi di fibre).
Per la fahhricazione dei compositi sono state sviluppate diverse tecniche che consentono di
ottenere distribuzioni di fibre uniformi e con alto grado di allineamento. Con la pultrusione, si
ottengono componenti di lunghezza continua ed a sezione costante, mediante trascinamento di
fibre impregnate di resina, che vengono costrette ad attraversare il profilo di uno stampo, assu-
mendone la forma. I compositi impiegati per applicazioni strutturali vengono comunemente
preparati stratificando (a mano o in modo automatico) dei teli di prepreg, che vengono deposti
uno sull'altro su di uno stampo e successivamente curati ad una certa temperatura e pressione.
Si possono produrre strutture cave con la tecnica del filament winding, mediante avvolgi-
mento su di un mandrino rotante, di fibre o di fili impregnati di resina, o di nastri di prepreg, fa-
cendo seguire un processo di cura.
Sono stati discussi due tipi generali di compositi strutturali: i compositi laminati ed i pan-
nellì sandwich. Le proprietà dei laminati sono praticamente isotrope in un piano bidimensio-
nale. Questo viene reso possibile impiegando diversi strati di compositi fortemente anisotropi,
che vengono cementati l'uno sull'altro in modo tale che nella stratificazione venga progressi-
vamente variata la direzione di massima resistenza. I pannelli sandwich sono fonnati da due
piani rigidi e resistenti (pelli) separati da un materiale o da struttura distanziatrice (anima).
Queste strutture associano resistenze e rigidezze relativamente elevate con basse densità.

TER_UINI E COl\"CETTI l"l'ORT\.'."ITI

Calcestruzzo Compositi fibra-rinforzati Fase matrice


Calcestruzzo rinforzato Compositi ibridi Fibra
Calcestruzzo precompresso Compositi irrobustiti per dispersione Modulo specifico
Cermet Compositi laminati Pannelli sandwich
Compositi a grandi particelle Compositi strutturali Principio di azione combinata
Compositi a matrice ceramica Direzione longitudinale Prepreg
Compositi a matrice metallica Direzione trasversale Regola delle mi~cele
Compositi a matrice polimerica Fase dispersa Whisker
Compositi carbonio-carbonio Resistenza specifica

ll J R L I O G R A }' I A

Agarwal, B. D and L. J. Broutman, Analysis and Chou, T. W., R.L. McCullough, and R. B. Pipes,
Pe,formance of Fiber Composites, 2nd edition, "Composites", Scientific American, Vol. 255, No.
fohn Wiley & Sons, New York, 1990. 4. October 1986, pp. 192-203.
Ashbee, K. H. G., Fundamental Principles of Fiber Engineered Materials Handbook, Vol. l, Compòsites,
Reinforced Composite.i·, 2nd edition, Technomic ASM Intemational. Metals Park, OH, 1987.
Publishing Company, Inc., Lancaster, PA, 1993. Folkes, M. J., Short Fibre Reinforced Thermoplastìcs,
Broutman, L J. and R. H. Krock, Modern Composite John Wiley & Sons, New York, I 982.
Materials, Addison-Wesley Publishing Co., Hollaway, L. (Editor), Handbook ofPolymer Composites
Rcading, MA, I 967. for En,?ineers, Woodhead Publishing Ltd.,
Chawla, K. K., Composite Materials, Springer-Verlag, Cambridge, 1994.
New York, 1993. Jones, F.R. (Editor), Handbook of Polymer-Fibre
Domande e problemi • 55 7

Compo.1ite.1, Longman Scientific & Technical, Science Publishers, London, 1982.


Harlow, England (reprinted by Halstead Press, a Strong, A. B., Fundamentals of Composites: Materials,
division of John Wiley & Sons, New York), 1994. Methods, and Applications, Society of
Kelly, A. and H. Macmillan, Strong Solids, 3rd edition, Manufacturing Engineers, Dearborn, Ml, 1989.
Clarendon Press, Oxford, 1986. Strong, A. B., High Pe1formance and Engineering
Piggott, M. R., Load-Bearing Fibre Composite.i·, Thermoplastic Composites, Technomic Publishing
Pergamon Press, Oxford, 1980. Company, Lancaster. PA, 1993.
Richardson, M. O. W. (Editor), Polymer Engineering Weeton, J. W. (Editor), Engineers' Guide to Composite
Composites. Applied Scìence Publishers, Ltd., Materials, American Society for Metals, Metals
London, 1977. Park, OH, 1986.
Schwartz, M. M. (Editor), Composite Materials Woishnis, W. A. (Editor), Engineering Plastic.1· and
Handbook, 2nd edition, McGraw-Hill Book Composites, 2nd edition, ASM lnternational,
Company, New York, 1992. Materials Park, OH, 1993.
Sheldon. R. P., Composite Polymeric Materials, Applied

DOJIAl\DE E PROBLEl\11

17.1 Illustrare il diverso meccanismo di rinforzo con


grandi particelle e con particelle finemente Peso specifico Modulo di
disperse nei compositi rinforzati con particelle. (Mg/m·') elasticità (GPa)
17.2 Osservare una analogia e due differenze fra indu-
rimento per precipitazione e rafforzamento per Rame 8.9 I IO
dispersione. Tungsteno I 9.3 407
---- -·--· ··-----------------
17.3 Le proprietà meccaniche del! 'alluminio possono
essere migliorate incorporando particelle fini di 17.6 (a) Qual è la distinzione fra matrice e fasi disper-
ossido di alluminio (Alp 3). Dato che il modulo di se in un materiale composito?
elasticità di questi materiali è 69 e 393 GPa, (b) Confrontare le caratteristiche meccaniche
rispettivamente, diagrammare il modulo di elasti- della matrice e della fase dispersa nei compositi
cità in funzione del percento in volume di Al 20 3 fibra-rinforzati.
nell'Alda O al 100%, usando entrambe le espres- 17.7 (a) Qual è la distinzione fra cemento e calcestruz-
sioni sia dei limiti superiore che inferiore. zo?
17.4 Stimare i valori della conduttività termica minima (b) Citare tre importanti limitazioni che restringo-
e massima per un cermet che contiene 85% in no l'uso del calcestruzzo come materiale struttu-
volume di particelle di carburo di titanio (TiC) in rale.
una matrice di cobalto. Assumere conduttività ter- (e) Spiegare brevemente tre tecniche che vengono
miche di 27 W/m-K per il TiC e 69 W/m-K per il utilizzate per irrobustire il calcestruzzo mediante
Co. rinforzo.
17.5 Si deve preparare un composito rinforzato con 17.8 Per un composito fibra-rinforzato, a matrice poli-
grandi particelle, formato da particelle di tungste- merica,
no.in una matrice di rame. Se le frazioni volume- (a) elencare tre funzioni della fase matrice;
triche del tungsteno e del rame sono, rispettiva- (b) confrontare le caratteristiche meccaniche desi-
mente, 0.60 e 0.40, stimare il limite superiore per derate della matrice e delle fibre;
la rigidità specifica di questo composito in base ai (e) citare due ragioni perché all'interfaccia il lega-
seguenti dati. me tra fibra e matrice deve essere forte.
558 • Capitolo I 7 / Compositi

17.9 Per alcune combinazioni fibra di vetro-matrice venuto), lega di magnesio AZ3 I B laminata e lega
epossidica, il rapporto fra la lunghezza critica di titanio Ti-6Al-4V ricotta.
della fibra ed il suo diametro è 50. Usando i dati (b) Confrontare il modulo specifico degli stessi
della Tabella 17.4, determinare la resistenza di compositi a matrice epossidica rinforzati con i tre
legame fibra-matrice. tipi di fibre, con le stesse leghe metalliche. Le
17.10 (a) Per un composito fibro-rinforzato, l'efficienza densità (o i pesi specifici), le resistenze a trazione
del rinforzo r, dipende dalla lunghezza della fibra ed i moduli di elasticità per queste leghe si posso-
I in base alla relazione no trovare in Appendice B, nelle Tabelle B.1, B.4
e 8.2, rispettivamente.
/- 2r 17.14 Un composito fibro-rinforzato con fibre continue
r,= -[- ed orientate ha modulo di elasticità longitudinale
di 19.7 GPa e trasversale di 3.66 GPa.
dove x rappresenta la lunghezza della fibra a cia- Determinare il modulo di elasticità delle fibre e
scuna estremità, che non contribuisce al trasferi- della matrice con una frazione volumetrica di
mento degli sforzi. Fare un diagramma di r, in fibre pari a 0.25.
funzione di l fino a l = 40 mm assumendo che x = 17.15 (a) Verificare la validità nella Equazione 17.11,
0.75 mm. dell'espressione per il rapporto carico della fibra-
(b) Quale lunghezza è richiesta per una efficienza carico della matrice (FJFm).
di rinforzo di 0.80? (b) Qual è il rappono F/Fm in tc:nnini di Ef' E., e
17.11 Si deve produrre un composito fibro-rinforzato a V,?
fibre continue ed allineate, formato dal 30% in 17.16 I~ un composito di nylon 6,6 rinforzato con fibre
volume di fibre aramidiche e dal 70% di una di vetro continue ed allineate le fibre portano il
matrice di policarbonato; le proprietà meccaniche 94% del carico applicato nella direzione longitu-
di questi due materiali sono: dinale.
(a) Usando i dati fomiti, determinare la frazione
Modulo di Resistenza a volumetrica delle fibre necessaria.
elasticità (GPa) trazione (MPa) (b) Quale sarà la resistenza a trazione di questo
composito? Assumere che la sollecitazione sulla
Fibra aramidica 13I.O 3600 matrice al momento della rottura delle fibre è di
Policarbonato 2.4 65 30MPa.

Inoltre, lo sforzo sulla matrice di policarbonato Modulo elastico Resistenza a


quando le fibre aramidiche si rompono è di 45 (GPa) trazione (MPa)
MPa.
Per questo composito, calcolare Fibra di vetro 72.5 3400
(a) la resistenza a trazione longitudinale ed Nylon 6,6 3.0 76
(b) il modulo elasti1.:olongitudinale.
17.12 È possibile produrre un composito a matrice epos- 17.17 Assumere che il composito descritto nel problema
sidica rinforzato con fibre aramidiche continue ed 17.11 abbia una sezione trasversale di 320 mm 2 e
orientate, con modulo di elasticità longitudinale di sia sottoposto ad un carico longitudinale di 44500
57.1 GPa e trasversale di 4.12 GPa? Perché o per- N.
ché no? Assumere come modulo di elasticità del- (a) Calcolare il rapporto carico fibra-carico matri-
!' epossidica 2.4 GPa ce.
17.13 (a) Calcolare e confrontare la resistenza specifica (b) Calcolare i carichi attuali portati dalle fibre e
longitudinale dei compositi a matrice epossidica dalla matrice.
rinforzati con fibra di vetro, fibra di carbonio e (e) Calcolare l'ampiezza degli sforzi sulle fibre e
fibra arami dica della Tabella 17.5 con le seguenti sulla matrice.
leghe: acciaio inossidabile martensitico 440A rin- (d) Quale allungamento subisce il composito?
venuto (315°C), acciaio al carbonio 1020 norma- 17.18 Un composito fibro-rinforzato a fibre continue e
lizzato, lega di alluminio 2024-T3, ottone lavora- allineate di sezione I 130 mm 2 viene sottoposto ad
bile ad alta velocità C36000 incrudito (HO2 rin- un carico di trazione. Se gli sforzi sostenuti dalla
Domande e problemi • 559

fibra e dalla matrice sono, rispettivamente, di 156 volume di fibra di vetro.


MPa e di 2.75 MPa, la forza sostenuta dalle fibre 17.23 Menzionare una caratteristica conveniente ed una
di 74000 Ne la deformazione longitudinale totale meno conveniente per compositi fibro-rinforzati
di 1.25 x 10-1,determinare con fibre ( 1) discontinue-orientate e (2) disconti-
(a) la forza sostenuta dalla matrice, nue ad orientazione casuale.
(b) il modulo di elasticità del materiale composito 17.24 (a) Elencare 4 ragioni del perché le fibre di vetro
in direzione longitudinale e sono le più comunemente usate come rinforzo.
(e) il modulo di elasticità per le fibre e per la (b) Perché per le fibre di vetro è così importante
matrice. che la superficie sia perfetta?
17.19 Calcolare la resistenza longitudinale di un compo- (e) Quali misure vengono adottate per proteggere
sito carbo-epossidico unidirezionale con una fra- la superficie delle fibre di vetro?
zione volumetrica di fibre pari a 0.25, assumendo 17.25 Citare la distinzione tra carbonio e grafite.
(1) un diametro medio di fibra di 10 x 10-i mm, 17.26 (a) lllustrare le ragioni del perché i compositi
(2) una lunghezza media di fibre di 5 mm, rinforzati con fibra di vetro sono largamente uti-
(3) una resistenza alla frattura delle fibre di 2.5 lizzati.
GPa (b) Descrivere le limitazioni di questo tipo di
(4) una resistenza di legame fibra-matrice di 80 composito.
MPa, 17.27 (a) Cos'è un composito ibrido?
(5) uno sforzo di matrice alla rottura della fibra di (b) Elencare due importanti vantaggi dei compo-
IO.OMPa, e siti ibridi rispetto ai normali compositi.
(6) una resistenza a trazione della matrice di 75 17.28 (a) Scrivere una espressione del modulo di elasti-
MPa. cità per un composito ibrido in cui tutte le fibre di
17.20 Si vuole produrre un composito carbo-epossidico entrambi i tipi sono orientate nella stessa direzio-
unidirezionale con resistenza a trazione longitudi- ne.
nale di 750 MPa. Calcolare la frazione volumetri- (b) Usando questa espressione, calcolare il modu-
ca delle fibre necessaria se lo di elasticità longitudinale di un composito ibri-
(1) il diametro e la lunghezza media delle fibre do con fibre di vetro ed aramidiche le cui frazioni
sono, rispettivamente, 1.2 x 10-2 mm e I mm; volumetriche sono, rispettivamente, 0.30 e 0.40,
(2) la resistenza a frattura delle fibre è 5000 MPa; disperse in una matrice di resina poliestere
(3) la resistenza di legame fibra-matrice è 25 (E,,,:a: 2.5 GPa).
MPae 17.29 Derivare una espressione generalizzata analoga
(4) lo sforzo sulla matrice al momento della rottu- all'Equazione 17.16 per il modulo di elasticità tra-
ra della fibra è 10 MPa. sversale di un composito ibrido unidirezionale,
17.21 Calcolare la resistenza a trazione longitudinale di con due tipi di fibre continue.
un composito vetro-epossidico unidirezionale in 17.30 Descrivere brevemente i processi di produzione
cui il diametro medio della fibra e la lunghezza dei compositi per pultrusione, filament winding e
media sono, rispettivamente, 0.010 mm e 2.5 mm, prepreg; citare i vantaggi e gli svantaggi di cia-
e la frazione volumetrica delle fibre è 0.40. scuno.
Assumere che 17.31 Descrivere brevemente i compositi laminati. Qual
(1) la resistenza di legame fibra-matrice sia 75 è il motivo principale per cui si fabbricano questi
MPa, materiali?
(2) la resistenza alla frattura delle fibre sia 3500 17.32 (a) Descrivere in breve i pannelli sandwich.
MPae (b) Qual è il motivo principale per cui si fabbrica-
(3) lo sforzo della matrice al momento della rottu- no queste strutture composite?
ra delle fibre sia 8.0 MPa. (e) Qual è la funzione delle pelli e dell'anima?
17.22 (a) [n base ai dati di modulo di elasticità della
_Tabella17.2 per i compositi a matrice di policar- Problemi di progettazione
bonato rinforzati con fibra di vetro, determinare il 17.D1 Si desidera produrre un composito a matrice epos-
valore del parametro efficienza della fibra per il sidica rinforzato con fibre continue ed allineate
20, 30 e 40% in volume di fibra. con un massimo di contenuto di fibra del 50% in
(b) Stimare il modulo di elasticità per il 50% in volume. Si richiede, inoltre, un modulo di elasti-
560 • Capitolo 17 / Compositi

cità longitudinale minimo di 50 GPa, insieme ad fibra-matrice è 40 MPa e lo sforzo di matrice al


una resistenza a trazione minima di 1300 MPa. momento della rottura della fibra è 12 MPa.
Quale fibra è la più idonea fra quelle di vetro E, 17.D5 Si deve progettare un albero di trasmissione tubo-
ammidiche e di carbonio (dal PAN come precur- lare in filament winding con un diametro esterno
sore)? Perché? La epossidica ha modulo di elasti- di 76.2 mm e lunghezza 1.82 m. La caratteristica
cità di 3.1 GPa e resistenza a trazione di 75 MPa. meccanica di primaria importanza è la rigidità a
Assumere i seguenti livelli di sforzo sulla matrice flessione, intesa come modulo di elasticità longi-
epossidica al momento della rottura della fibra: tudinale. La rigidità deve essere specificata come
vetro E 70 MPa; carbonio 30 MPa ed ammidica deflessione massima ammissibile in flessione; se,
50 MPa. Altri dati sulle fibre si trovano nella per flessione a tre punti, come da figura 13.28,
Tabella B.2 e B.4 in Appendice B. viene caricato con 667 N, la freccia di deflessione
17.D2 Si desidera produrre un composito carbo-epossi- elastica nella posizione centrale non deve supera-
dico a fibre continue ed orientate con un modulo re 0.84 mm. ·
di elasticità di almeno 83 GPa nella direzione di L'avvolgimento deve essere di tipo circonfe-
allineamento delle fibre. li peso specifico non renziale, con un passo di avvolgimento delle fibre
deve superare 1.40 Mg/m 3 • È possibile avere un (0 nella Figura 17.15) di 20°. Le fibre possibili
tale composito? Perché o perché no? Assumere sono quelle di vetro e di carbonio a diverso modu-
che si possa determinare il peso specifico del lo (standard, intermedio ed alto). La matrice deve
composito con una relazione simile a quella essere una resina epossidica e la frazione volume-
dell'Equazione 17. I Oa. trica delle fibre è 0.50.
(a) Decidere quale delle quattro fibre è più adatta
Peso specifico Modulo di per questa applicazione e, per ciascuna dì esse,
(Mglmj) elasticità (GPa) determinare il diametro interno richiesto per sod-
disfare i criteri di cui sopra.
Fibra di carbonio 1.80 260.0 (b) Per ciascuna fibra determinare il costo neces-
Epossidica 1.25 2.4 sario e, su questa base, specificare la fibra più
economica per tale impiego.
17.03 Si desidera produrre un composito vetro-polieste- 11 modulo elastico, la densità ed i costi dei
re con fibre continue ed allineate con una resisten- materiali costituenti le fibre e la matrice sono con-
za a trazione di almeno 1400 MPa in direzione tenuti nella Tabella 17.8
longitudinale. Il peso specifico non deve superare 17.D6 Utilizzando il software E-Z So/ve contenuto nel
1.65 Mg/m 3 • Usando i seguenti dati, determinare CD-ROM che accompagna questo libro, costruire
se un tale composito è possibile. Giustificare la una routine per la progettazione di un albero di
decisione. Assumere un valore di 15 MPa per lo trasmissione tubolare in composito in filament
sforzo sulla matrice al momento della rottura delle winding (Esempio di Progetto 17.1 ). Nella routine
fibre. di devono considerare i seguenti valori parametri-
ci:
Peso specifico Resi~·tenzaa trazione F=65ON
(Mglmj) (MPa) L= l.Om
L1y= 0.45 mm
Fibra di vetro 2.50 3500 do= 60 mm
Poliestere 1.35 50 d;=45 mm
0= 20°
17.04 Si deve fabbricare un composito carbo-epossidi· Massima Vr= 0.60
co, a fibre discontinue ed allineate, con resistenza
a trazione longitudinale di 1900 MPa, ottenuta Si possono immettere i valori di densità, modulo
impiegando una frazione volumetrica di fibra pari elastico e costo (euro per kg) per le fibre e la
a 0.45. Calcolare la resistenza a frattura della fibra matrice e la routine determina se le fibre e la
richiesta assumendo che il diametro medio delle matrice selezionate soddisfino o meno i criteri di
fibre e la lunghezza media è pari a 8 x 10-1 mm e progetto e, in caso affermativo, quale potrà essere
3.5 mm, rispettivamente. La resistenza di legame il costo dell'albero.
Domande e problemi • 561

17.D7 I materiali compositi vengono oggi largamente 11.D8 Una lega di aJluminio 2014 che ha subito un trat-
utilizzati nelle attrezzature sportive. tamento termico di soluzione deve essere indurita
(a) Fare un elenco di almeno quattro differenti per precipitazione in modo da avere una resisten-
sport che impiegano attrezzature costituite da, o za a trazione minima di 450 MPa ed una duttilità
che contengono, materiali compositi. di almeno 15% A. Specificare un trattamento ter-
(b) Per una di queste attrezzature, scrivere una mico di precipitazione in termini di temperatura e
relazione comprendendo i seguenti argomenti: (I) di tempo che possa dare queste caratteristiche
i materiali impiegati come matrici e come fasi meccaniche. Giustificare la risposta.
disperse e, se possibile, le proporzioni di ciascuna 11.D9 È possibile produrre una lega di alluminio 2014
fase; (2) la natura della fase dispersa (ad es. se di indurita per precipitazione avente una resistenza a
fibre continue) e (3) la descrizione dei processi trazione minima di 425 MPa ed una duttilità di
con cui l'attrezzo è stato fabbricato. almeno 12% A? Se sì, specificare il trattamento
(e) Descrivere brevemente i procedimenti di trat- termico di precipitazione. Se non è possibile, spie-
tamento termico (in termini di temperature) che gare perché.
potrebbero essere usati per indurire per precipita-
zione una lega avente composizione di tua scelta,
ma compresa nell'intervallo dato nella parte a.
Perché è importante ~tudiare la Corrm;iom,,
e il Degrado dei Materiali?

~a dei tipi di corroi;ione e di prevenire la i;ua comparsa,


une dei meccanismi con cui !!li cambiare la natura dell'ambi
e delle cause che la produco- riulc che è relnth·amentc po~
~ idonee contronti~mre atte a lo dal deterioramento.
Ohiclti,i di apprendimento

Dopo aver studiato questo capitolo, dovreeti eesere in grado di fare le seguenti cose;

1. Saper distinguere tra reazioni elettrochimiche di 6. Per ognuna delle otto forme di corrosione e per
ossidazione e riduzione. l'infragilimento da idrogeno, descrivete la natura
2. Descrivere: una coppia galvanica, la semicella del processo deteriorativo e quindi prendete nota
standard e l'elettrodo standard ad idrogeno. del meccanismo proposto.
3. Calcolare il potenziale di cella e scrivere la dire- 7. Elencate cinque misure che sono comunemente
zione 11pontanea della reazione elettrochintlca per utilizzate per prevenire la corrosione.
due metalli puri, che sono elettricamente collegati 8. Spiegate perché i materiali ceramici sono, in gene-
ed immersi in soluzioni dei loro relativi ioni. rale, molto resistenti alla corrosione.
4, Determinare la velocità di ossidazione di un metal- 9. Per i materiali polimerici discutere (a) due proces-
lo nota la dcnl!ità di corrente di reazione. si di degrado che avvengono quando sono esposti a
5. Elencare e descrivere brevemente i due tipi divfr- solventi liquidi e (b) le cause e le conseguenze della
si di polarizzazione e ~pecificare le condizioni per rottura dei legami della catena molecolare.
rui ogn11na ~ rontrollante della veloeità.

18.1 ll\TRODlJZIO~E

La maggior parte dei materiali, in un modo o nell'altro, è soggetta vari tipi di interazione con
un numero elevato di ambienti diversi. Spesso, tali interazioni compromettono l'utilizzo del
materiale a seguito del deterioramento delle sue proprietà meccaniche (per esempio, di dutti-
lità e di resistenza), delle sue proprietà fisiche ed estetiche. Il degrado di un materiale a volte
è ignorato, con conseguente imbarazzo del progettista e conseguenze negative.
I meccanismi deteriorativi sono diversi per le tre classi di materiali. Nei metalli si può
avere la perdita rilevante di materiale sia per dissoluzione (corrosione) che per formazione
<liun film o <li sçaglia non metallka (ossidazione). I materiali ceramici sono relativamente
resistenti al deterioramento, che di solito si verifica a temperature elevate o in ambienti piut-
tosto estremi; il processo viene, anche in questo caso, frequentemente chiamato corrosione.
Per i polimeri, i meccanismi e le conseguenze sono diverse da quelle per i metalli e per i cera-
mici e viene utilizzato più frequentemente il termine degrado. I polimeri.possono dissolver-
si ìn un solvente liquido o possono assorbire il solvente e rigonfiarsi; anche le radiazioni elet-
tromagnetiche (principalmente ultraviolette) ed il calore possono causare modifiche della
loro struttura molecolare.
In questo capitolo viene discusso il deterioramento di ognuno di questi tipi di materiali,
con un'attenzione particolare al meccanismo, alla resistenza ai diversi ambienti ed alle misu-
re che possono essere adottate per evitare o ridurre tale degrado.

CORROSIONE LI==============================
DEI METAL
La corrosione è definita come l'attacco distruttivo e non intenzionale di un metallo; è di natu-
ra elettrochimica ed inizia normalmente a partire dalla superficie. Il problema della corrosio-
ne metallica è di proporzioni significative; in termini economici, è stato calcolato che circa il
5% del reddito di una nazione industrializzata viene speso per la prevenzione della corrosio-
ne e per il mantenimento o la sostituzione di prodotti non più utilizzabili o contaminati a
seguito di reazioni di corrosione. Le conseguenze della corrosione sono anche troppo comu-
ni. Esempi familiari sono l'arrugginirsi della carrozzeria delle automobili, dei radiatori e dei
componenti di scarico.
Talvolta i processi di corrosione vengono utilizzati vantaggiosamente. Ad esempio, le
procedure di incisione, discusse nella Sezione 4.9, sfruttano la reattività chimica selettiva dei
bordi del grano o dei diversi costituenti microstrutturali. E ancora, la corrente sviluppata
nelle batterie a secco è il risultato di processi di corrosione.

563
564 Capitolo 18 / Corrosione e degrado dei materiali

Per i materiali metallici, il processo di corrosione è di solito elettrochimico, consiste, cioè, in


una reazione chimica in cui vi è trasferimento d'elettroni da una specie chimica all'altra. Gli
atomi di metallo perdono o forniscono elettroni in quella che è chiamata reazione di ossida-
zione. Ad esempio, il metallo ipotetico M che ha una valenza n (on elettroni di valenza) può
essere ossidato secondo la reazione

(l 8.1)

M diventa uno ione di carica positiva n+ perdendo, nel processo, i suoi elettroni di valenza n;
e- è utilizzato per simboleggiare un elettrone. Esempi in cui i metalli si ossidano sono

Fe - Fe 2+ + 2e- (18.2a)
Al - AI3++ 3e- (18.2b)

li sito dove ha luogo l'ossidazione è chiamato anodo; l'ossidazione è chiamata talvolta rea-
zione anodica.
Gli elettroni rilasciati da ogni atomo di metallo che viene ossidato devono essere trasferi-
ti e diventare parte di un'altra specie chimica attraverso una reazione di riduzione. Alcuni
metalli, ad esempio, subiscono corrosione in soluzioni acide, aventi un'alta concentrazione di
ioni idrogeno (W); gli ioni W sono ridotti come segue:

(18.3)

con sviluppo di idrogeno gassoso (H 2).


Sono possibili altre reazioni di riduzione, a seconda della natura della soluzione a cui il
metallo è esposto. Per una soluzione acida, contenente ossigeno disciolto, si ha riduzione pro-
babilmente secondo la reazione

(18.4)

Per una soluzione acquosa neutra o basica, nella quale è disciolto anche ossigeno, si ha

( 18.5)

Qualsiasi ione metallico presente nella soluzione può essere ridotto; per ioni che possono esi-
stere in più di uno stato di valenza (ioni multivalenti), può verificarsi la riduzione da

(18.6)

in cui lo ione metallico diminuisce il suo stato di valenza accettando un elettrone. Un metal-
lo può anche essere ridotto totalmente da uno stato ionico ad uno stato metallico, neutro,
secondo la reazione
18.2 Considerazioni elettrochimiche 565

Reazioni elettrochimiche relative


alla corrosione dello zinco in una soluzione
acida. (Da M. G. Fontana, C orrosion
Engineering, 3rd edition. Copyright © 1986 by
McGraw-Hill Book Company. Riproduzione
Soluzione
Zinco autorizzata.)
acida

È, inoltre, possibile che due o più delle reazioni dì riduzione viste sopra si verifichino
contemporaneamente. 11sito in cui si verifica riduzione è chiamato catodo.
Una reazione elettrochimica completa deve essere formata da almeno una reazione di
ossidazione ed una di riduzione e ne sarà la loro somma; le singole reazioni di ossidazione e
di riduzione sono spesso definite semireazioni. Non ci può essere alcun accumulo di carica
elettrica netta da parte degli elettroni e degli ioni; cioè, la velocità di ossidazione deve ugua-
gliare quella di riduzione in modo che tutti gli elettroni generati per l'ossidazione siano con-
sumati per la riduzione.
Ad esempio, si consideri zinco metallico immerso in una soluzione acida che contiene
ioni W. In alcune regioni della superficie del metallo, lo zinco subirà ossidazione o corrosio-
ne come illustrato nella Figura 18.1, secondo la reazione

(18.8)

Poiché lo zinco è un metallo e quindi un buon conduttore elettrico, questi elettroni possono
essere trasferiti ad una regione adiacente in cui gli ioni H+vengono ridotti secondo la reazio-
ne
2W + 2e ---+ H2 (gas) ( 18.9)

Se non si verifica nessun'altra n:aLium: di ossidazione o di riduzione, la reazione totale elet-


trochimica è data semplicemente dalla somma delle reazioni 18.8 e 18.9, ovvero

Zn - Zn 2++2e
2H+ + 2e- - H2 (gas)

Zn + 2H+ - Zn 2+ + H2 (gas) (18. 10)

Un altro esempio è l'ossidazione del ferro nell'acqua che contiene ossigeno disciolto, con
formazione di ruggine. Questo processo si verifica in due stadi; nel primo, il Fe è ossidato a
Fe 2+ [come Fe(OH) 2l,
Fe + 10 2 + H 20 - Fe2++ 2QH- ~ Fe(OH) 2 (18.11)
e, nel secondo stadio, a Fe 3+,[come Fe(OH) 3 ] secondo la reazione

(18.12)

Il composto Fe(OH) 3 è la ruggine familiare a tutti.


Come conseguenza dell'ossidazione, gli ioni del metallo possono rimanere nella soluzio-
ne corrosiva come ioni (reazione 18.8) o possono formare un composto insolubile con ele-
menti non metallici, come nella reazione 18.12.
566 • Capitolo I 8 / Corrosione e degrado dei materiali

0.780 I/ F1Gl 1u 18.2 Una cella elettrochimica


formata da elettrodi di rame e ferro,
ognuno dei quali è immerso in una solu-
zione l M dei suoi ioni. Il ferro si corro-
Voltmetro de mentre il rame si deposita.

Fe2 + èu cu2+

,,
I
I
I
J
Soluzione di Fe'' Soluzione di Cu'·
1.0M 1.0M

Membrana

POTENZIALI DI ELETTRODO

Non tutti i materiali metallici si ossidano per formare ioni con la stessa facilità. Si consideri
la cella elettrochimica mostrata nella Figura 18.2. A sinistra un pezzo di ferro puro è immer-
so in una soluzione contenente ioni Fe 2+ in concentrazione lM. 1 L'altra parte della cella è for-
mata da un elettrodo di rame puro in una soluzione I Mdi ioni Cu 2+. Le semicelle sono sepa-
rate da una membrana, che impedisce il mescolamento delle due soluzioni. Se gli elettrodi di
ferro e di rame sono collegati elettricamente, si verificherà la riduzione per il rame a spese
dell'ossidazione del ferro, nel modo seguente:

Cu 2+ + Fe - Cu + Fe 2+ (18.13)

gli ioni Cu 2+ si depositeranno come rame metallico (elettrodeposizione) sull'elettrodo di


rame, mentre il ferro si dissolverà (corrosione) sull'altro lato della cella ed andrà in soluzio-
ne come ioni Fe 2+. Così, le due reazioni di semicella sono rappresentate dalle relazioni

Fe - Fe 2+ + 2e- (18.14a)
Cu2++ 2e- - Cu (18.14b)

Quando una corrente attraversa il circuito esterno, gli elettroni generati dall'ossidazione del
ferro fluiscono alla cella del rame in modo tale che il Cu 2+ sia ridotto. Vi sarà, inoltre, un pas-
saggio di ioni da una cella all'altra attraverso la membrana. Questo sistema viene definito
accoppiamento galvanico - due metalli sono collegati elettricamente e posti in un elettrolita
liquido dove un metallo diventa anodo e si corrode, mentre l'altro si comporta da catodo.
Esisterà un potenziale elettrico od un voltaggio tra le due semicelle, la cui intensità può
essere misurata collegando un voltmetro al circuito esterno. Il potenziale per una cella galva-
nica rame-ferro, quando la temperatura è 25°C, risulta pari a 0.780 V.

1 La concentrazione di soluzioni liquide è espressa spesso in termini di molarità, M, numero di moli di

soluto per milioni di millimetri cubici ( 106 mm 3 o I000 cm 1) di soluzione.


18.2 Considerazioni elettrochimiche • 567

0.323 V F1c1R.\ 18.3 Cella elettrochimica for-


mata da elettrodi di ferro e di zinco,
ognuno dei quali è immerso in una solu-
zione 1 M del suo ione. Il ferro si elet-
Voltmetro trodeposita mentre lo zinco si corrode.

I
I
I
I
Fe2+ I Zn Zn2+
I
I
I
I
I
I
I
Soluzionc di Fc" I Soluzione di Zn'+
1.0M I 1.0M
I

Mernbrdnd

Consideriamo ora un'altra coppia galvanica formata dalla stessa semicella di ferro colle-
gata ad un elettrodo di zinco metallico immerso in una soluzione IM di ioni Zn 2+ (Figura
18.3). In questo caso lo zinco è l'anodo e si corrode, mentre il Fe ora si comporta da catodo.
La reazione elettrochimica allora è

Fe 2+ + Zn - Fe + Zn 2+ ( 18.15)

Il potenziale associato a questa reazione di cella è 0.323 V.


Coppie diverse di elettrodi hanno voltaggi differenti; si può pensare che l'intensità di tale
voltaggio rappresenti la forza motrice per la reazione elettrochimica di ossido-riduzione. I
materiali metallici, di conseguenza, possono essere valutati in riferimento alla loro tendenza
ad ossidarsi se collegati ad altri metalli in soluzioni dei loro relativi ioni. Una semicella simi-
le a quella sopra descritta Icioè un elettrodo di metallo puro immerso in una soluzione lM dei
suoi ioni, a 25°C] è definita semicella standard.

LA SERIE STA~DARD DELU: FE,T

I potenziali di cella misurati rappresentano solo differenze di potenziale elettrico e perciò è


conveniente stabilire un punto di riferimento o cella di riferimento, a cui riferire altre semi-
celle. Questa cella di riferimento, arbitrariamente scelta, è l'elettrodo standard ad idrogeno
(Figura 18.4). Tale elettrodo è costituito da un elettrodo di platino inerte in una soluzione 1M
di ioni H+, saturata con idrogeno gassoso fatto gorgogliare ad una pressione di 1 atm ed una
temperatura di 25°C. Il platino non partecipa alla reazione elettrochimica, ma agisce solo
come superficie sulla quale gli atomi d'idrogeno possono essere ossidati o gli ioni idrogeno
possono essere ridotti. La serie delle forze elettromotrici (fem) (Tabella 18.1) è ottenuta
collegando l'elettrodo standard a idrogeno a semicelle di diversi metalli e stilando una gra-
duatoria secondo il voltaggio misurato. La Tabella 18.1 rappresenta la tendenza alla corro-
sione di numerosi metalli; quelli all'inizio (cioè, oro e platino) sono nobili o chimicamente
ineni. Spostandosi verso il basso nella tabella, i metalli diventano sempre più attivi, cioè, più
suscettibili ad essere ossidati. Il sodio ed il potassio hanno le reattività più alte.
568 Capitolo 18 / Corrosione e degrado dei materiali

ì ·1, · H . : ;;. i Semicella per l'elettrodo standard a idrogeno di


riferimento.

Voltmetro

Pt

o
Soluzione di H' ~
1.0M
t Idrogeno gassoso, pressione 1 atm

t
Membrana

I voltaggi nella Tabella 18.1 sono validi per le semireazioni di riduzione, con gli elettroni
sul lato sinistro dell'equazione chimica; per l'ossidazione, la direzione della reazione è inver-
tita ed il segno del voltaggio è cambiato.
Consideriamo le reazioni generalizzate che implicano l'ossidazione del metallo M 1 e la
riduzione del metallo M2

M1 ---M;"+ne -V~ (18.16a)


Mt + ne- --- M2 +V~ (18.16b)

dove i V°sono i potenziali standard presi dalla serie delle fem standard.

La serie delle fem standard

Reazione di elettrodo Potenziale di elettrodo


standard, Vi (V)

Au 3 + + 3e----+ Au +1.420

I
02 + 4H+ + 4e----+ 2H 2 0 + 1.229
Pt2 + + 2e----+ Pt -+1.2
Ag" + e----+Ag +0.800
Sempre più inerte Fe3 + + e- ---+ Fe2 + +0.771
(catodico) 02 + 2H20 + 4e----+ 4(0H-) +0.401
Cu2 + + 2e- ---+ Cu +0.340
2H+ + 2e--H 2 0,000
Pb2+ + 2e----+ Pb -0.126
Sn2 + + 2e- --+ Sn -0.136
Ni 2+ + 2e----+ Ni -0.250
Co 2~ + 2e----+ Co -0.277
Cd2+ + 2e- ---+ Cd -0.403
Fe 2 + + 2e------+ Fe -0.440
Sempre più attivo
(anodico) Cr 3 + + 3e----+ Cr -0.744
Zn 2+ + 2e----+ Zn -0.763
Al3+ + 3e----+ Al

l
-1.662
Mg2 + + 2e- - Mg -2.363
Na+ + e---+Na -2.714
K+ + e----+K -2.924
18.2 Considerazioni elettrochlnùche 569

Dato che il metallo M 1 si ossida, il segno di V\'è opposto a quello che appare nella Tabella
18.1. Sommando l'Equazione 18.16a alla 18.16b si ottiene

(18.17)
Il potenziale totale di cella ~ V0 è

(18.18)

Perché questa reazione avvenga spontaneamente, il\/J deve essere positivo; se è negativo,
il senso spontaneo della cella è il contrario di quello dell'Equazione 18.17. Quando si colle-
gano semicelle standard insieme. il metallo che giace in una posizione inferiore nella Tabella
18.1 si ossiderà (cioè, subirà corrosione), mentre quello più in alto verrà ridotto.

La serie delle fem è valida per celle elettrochimiche estremamente idealizzate (cioè, metalli
puri in soluzioni IM dei loro ioni, a 25°C). Modificando la temperatura o la concentrazione
della soluzione o utilizzando elettrodi di lega invece che metalli puri, il potenziale di cella
cambierà e, in alcuni casi, la direzione della reazione spontanea potrà invertirsi.
Si consideri di nuovo la reazione elettrochimica descritta dall'Equazione 18.17. Se gli
elettrodi M 1 ed M 2 sono metalli puri. il potenziale di cella dipende dalla temperatura assolu-
ta Te dalle concentrazioni ioniche molari [M;i+J e IM;+] secondo l'equazione di Nemst:

~V= (Vo _ ~)- RT In [M;i+l (18.19)


z i n g. [Mt]

dove R è la costante dei gas, n è il numero di elettroni che partecipano sia all'una che all'al-
tra delle reazioni della semicella e ;!i,è la costante Faraday, 96500 C/mol - quantità di carica
per mole (6.023 x 102') di elettroni. A 25°C (temperatura ambiente),

~V= (Vn- ~)- 0.0592 lo [Mt] (18.20)


z i n g [M;+]

dove ilV è in volt. Se la reazione è spontanea, il V deve essere positivo. Come previsto, per
concentrazioni lM di entrambi i tipi di ione (cioè, [M;-+]= [Mt] = I), l'Equazione 18.19 si
semplifica nell'Equazione 18.18.

Una semicella elettrochimica è formata da un elettrodo di nichel puro in una soluzione di ioni
Ni2•; l'altro è un elettrodo di cadmio immerso in una soluzione Cct'•.

(a) Se la cella è di tipo standard, si scriva la reazione generale spontanea e si calcoli il vol-
taggio generato.
(b) Calcolare il potenziale di cella a 25°C quando le concentrazioni di Cd 2• e di Ni 2• sono,
rispettivamente, 0.5 e I O 3 M. La direzione di reazione spontanea è ancora la stessa della cella
standard?
570 • Capitolo 18 / Corro8ione e degrado dei materiali

Sm,rzw.u·
(a) L'elettrodo di cadmio si ossiderà e quello di nichel si ridurrà perché il cadmio si trova in
una posizione inferiore nella serie delle fem; così, le reazioni spontanee saranno ..

Cd -- Cd 2+ + 2e-
Ni2++ 2e- - Ni

Ni 2• + Cd - Ni + Cd 2+ (18.21)

Dalla Tabella 18.1, i potenziali della semicella per il cadmio ed il nichel sono, rispettiva-
mente, -0.403 e -0.250 V. Quindi, dall'Equazione 18.18,

.1.V"' V~,- \1 = - 0.250 V -


0 ( --0.403 V)=+ O.153V

(b) Per questa parte del problema deve essere utilizzata l'Equazione 18.20, dato che le con-
centrazioni della soluzione della scmicella non sono più 1M. A questo punto è necessario fare
una congettura per stabilire quale specie metallica si ossiderà (o si ridurrà). Questa scelta sarà
confermata o confutata in base al segno di i1.Vche si otterrà alla fine del calcolo. Per lo scopo
in argomento, supponiamo, in contrasto con quanto stabilito nella parte a, che il nichel sia ossi-
dato ed il cadmio ridotto secondo la reazione

Cd 2+ + Ni __,, Cd + Ni 2• ( 18.22)
Quindi,
RT [Ni2 +]
~V= (V 0c'd
·
- v 0N·)' - -ln
nJ [Cd 2 +]

= -0.403 V - (-O 250 V) - O.OS92 tog ( 10- 3 )


. 2 0.50
= -0.073 V

Poiché ,1,Vè negativo, la direzione della reazione spontanea è opposta a quella dell'Equazione
18.22, ovvero è la stessa della cella standard (Equazione 18.2 I).

LA SERIE GALVANICA

Sebbene la Tabella 18.I sia ~tata creata in condizioni puramente ideali ed abbia un'utilità
limitata, è tuttavia indicativa della reattività relativa dei metalli. Una graduatoria più realisti-
ca e più pratica è fornita dalla serie galvanica,Tabella 18.2. Questa tabella rappresenta le
reattività relative di molti metalli e le leghe commerciali in acqua di mare. Le leghe nella
parte alta della tabella sono catodiche e non reattive, mentre 4uello in basso sono le più ano-
diche; non viene fornito alcun potenziale. li confronto tra le fem standard e la serie galvani-
ca rivela una maggiore corrispondenza tra le posizioni relative dei metalli puri.
La maggior parte dei metalli e delle leghe sono soggetti ad ossidazione o corrosione in
una gran varietà di ambienti; sono, quindi, più stabili nello stato ionico che in quello metalli-
co. In tennini tennodinamici, c'è una diminuzione netta in energia libera passando dallo stato
metallico a quello ossidato. Di conseguenza, essenzialmente tutti i metalli si trovano in natu-
ra come composti - ad esempio, ossidi, idrossidi, carbonati, silicati, solfuri e solfati. Due
eccezioni rilevanti sono costituite dai metalli nobili oro e platino. Per loro, l'ossidazione nella
maggior parte degli ambienti non è favorevole e, quindi, essi possono esistere in natura allo
stato metallico.
18.3 Velocità di corrosione 571

Tabella 18.2 La serie galvanica


Platino
Oro
Grafite
Titanio
Argento
Acciaio inossidabile 316 (passivo)
[
Acciaio inossidabile 304 (passivo)
Inconcl (80Ni-13Cr-7Fc) (passivo)

I
Sempre più inerte (ca1odico)
[

[
Nichel (passivo)
Moncl (70Ni-30Cu)
Leghe rame-nichel
Bron7.i(leghe Cu-Sn)
Rame
Ottoni (leghe Cu-Zn)

[ lnconel (attivo)
Nichel (attivo)
Stagno
Piombo
Sempre più auivo (anodico) Acciaio inossidabile 316 (altivo)
[
Acciaio inossidabile 304 (attivo)

j [
Ghisa
Ferro ed acciaio
Leghe di alluminio
Cadmio
Alluminio commercialmente puro
Zinco
Magnesio e leghe di magnesio
Fonte: M. G. Fontana, Corrosion Engineering, 3rd edition. Copyright 1986 by McGraw-Hill Book
Company. Ristampa autorizzata.

18.3 VEU)t:rrl DI CORROSIOi'i.E

I potenziali di semicella elencati in Tabella 18. l sono parametri termodinamici che si riferi-
scono a sistemi in equilibrio. Nelle discussioni riferite alle Figure 18.2 e 18.3, ad esempio, si è
supposto tacitamente che non ci fosse alcun flusso di corrente attraverso il circuito esterno. I
sistemi reali che si corrodono non sono all'equilibrio; vi sarà, infatti, un flusso di elettroni dal-
1'anodo al catodo (corrispondente al cortocircuito delle celle elettrochimiche nelle Figure 18.2
e 18.3), che fa s1che i potenziali della semicella (Tabella 18.1) non siano più utilizzabili.
Detti potenziali, inoltre, rappresentano l'intensità della forza motrice o la tendenza della
particolare reazione semicella ad avvenire spontaneamente. Si deve però osservare che, ben-
ché questi potenziali possano essere utilizzati per detenninare la direzione spontanea di rea-
zione, essi non forniscono alcuna infonnazione riguardo le velocità di corrosione. Sebbene
quindi un potenziale àV, calcolato per una situazione di corrosione specifica utilizzando
l'Equazione 18.20, possa essere un numero positivo relativamente grande, la reazione può
avere velocità estremamente lenta. Da una punto di vista ingegneristico, siamo invece inte-
ressati a predire le velocità a cui i sistemi si corrodono; questo approccio richiede l'utilizzo
di altri parametri, come si vedrà più avanti.
La velocità di corrosione o la velocità i;:oncui il materiale viene rimosso per azione t:hi-
mica è un importante parametro di corrosione. Tale parametro può essere espresso come
velocitàdi penetrazionedi corrosione(VPC) o perdita di spessore di materiale per unità di
tempo. La formula per questo calcolo è
Capitolo 18 / Corrosione e degrado «lei materiali

VPC;;;: KW (18.23)
pAt

dove W è la perdita di peso dopo un tempo di esposizione t; p ed A rappresentano, rispettiva-


mente, la densità e l'area di campione esposta e K è una costante, le cui dimensione variano
a seconda del sistema di unità utilizzato. La VPC viene espressa in modo conveniente in ter-
mini di millimetri per anno (mm/anno) o mils per anno (1 mii= 0.001 inch). Se si esprime in
mm/anno, K = 87.6 (altrimenti K = 534 per i mils/anno), W in milligrammi, gin megagram-
mi per metroquadro, A in ccntimetriquadri (o in pollici quadrati se in mils per anno) e t in ore.
Per la maggior parte delle applicazioni una velocità di penetrazione della corrosione minore
di circa 0.50 mm/anno o 20 mils/anno è accettabile.
Dato che con le reazioni di corrosione elettrochimiche si viene a determinare una corren-
te elettrica, possiamo anche esprimere la velocità di corrosione in termini di questa corrente
o, più specificatamente. di densità di corrente, cioè di corrente per unità di superficie di mate-
riale che si corrode - che viene indicata con i. La velocità r, in unità di mol/m 2-s, è calcolata
utilizzando l'espressione
i
r=n:!fi (18.24)

dove, di nuovo, n è il numero di elettroni dovuti alla ionizzazione di ogni atomo di metallo e
8i è 96500 C/mol.

Consideriamo la cella elettrochimica standard Zn/H 2 mostrata nella Figura 18.5, che è stata
posta in cortocircuito in modo tale che l'ossidazione dello zinco e la riduzione dell'idrogeno

h1.1 lt \ LH.5 Cella elettrochimica for-


mata da elettrodi standard di zinco e di
idrogeno messa in cortocircuito.

I
r-....._---r 1 I
I I
I I
I I
Zn -~zn 2• 1
I I
I I
I I
I I
I I
I I
~-~ I o
Soluzione di Zn'' I Soluzione di H' ~
I
\..________
1.0 M I l .O M t '--- H 2 gassoso,
...::==:-- pressione
41_______
j 1 atm

Membrana
18.4 Previsione della velocità di corrrn;ione • 573

avvengano in corrispondenza delle relative superfici degli elettrodi. I potenziali dei due elet-
trodi non corrisponderanno ai valori della Tabella 18.1 perché il sistema adesso non è all'e-
quilibrio. Lo scostamento del potenziale di ogni elettrodo dal suo valore di equilibrio è detto
polarizzazione e l'intensità di tale scostamento è detta sovratensione, normalmente rappre-
sentata dal simbolo tJ. La sovratensione è espressa in termini di più o meno volt (o millivolts)
rispetto al potenziale di equilibrio. Ad esempio, supponiamo che l'elettrodo di zinco nella
Figura 18.5 abbia un potenziale di --0.621 V dopo che è stato collegato ad un elettrodo di pla-
tino. Il potenziale di equilibrio è -O. 763 V (Tabella 18.1), e, quindi,

r, = --0.621 V - (--0.763 V)= +0.142V

Ci sono due tipi di polarizzazione - dì attivazione e di concentrazione - di cui è impor-


tante discutere in quanto essi controllano la velocità delle reazioni elettrochimiche.

Polarizzazione di ottivazione
Tutte le reazioni elettrochimiche sono formate da una sequenza di stadi che si verificano
all'interfaccia fra l'elettrodo di metallo e la soluzione di elettrolito. La polarizzazione di
attivazione si riferisce alla condizione in cui la velocità di reazione è controllata dallo stadio
più lento. Per questo tipo di polarizzazione viene utilizzato il termine "attivazione" perché a
questo stadio è associata un'energia di attivazione che ne limita la velocità.
Per esemplificare le cose, consideriamo la riduzione di ioni di idrogeno che formano bolle
di gas sulla superficie di un elettrodo di zinco (Figura 18.6). È ipotizzabile che questa rea-
zione possa procedere attraverso la seguente serie di stadi:
1. Adsorbimento di ioni H+ dalla soluzione sulla superficie dello zinco.
2. Trasferimento di elettroni dallo zinco per formare un atomo di idrogeno,

H+ + e----<> H
3. Combinazione di due atomi di idrogeno per formare una molecola di idrogeno,

4. Coalescenza delle molecole di idrogeno per formare una bolla.

Il più lento di questi passi determina la velocità della reazione generale.

Fii 1 :: 1 i }t (, Rappresentazione
schematica degli stadi probabili
della reazione di riduzione dell'i-
drogeno, la cui velocità è control-
lata dalla polarizzazione di attiva-
zione. (Da M. G. Fontana,
Corrosion EngineerinfI. 3rd edi-
tion. Copyright © 1986 by
McGraw-Hill Book Company.
Ristampa autorizzata.)
574 • Capitolo 18 / Corrosione e degrado dei materiali

Per la polarizzazione di attivazione, il rapporto tra la sovratensione 'Ylae la densità di cor-


rente i è
i
11,,= tlJiogT (18.25)
.. o

dove /3ed i0 sono costanti per la particolare semicella. Il parametro i0 è definito come densità
di corrente scambio e merita una breve spiegazione. L'equilibrio, per una particolare reazio-
ne della semicella, è in realtà dinamico a livello atomico. I processi di ossidazione e di ridu-
zione, cioè, si verificano entrambi alla stessa velocità, in modo che non vi sia alcuna reazio-
ne risultante. Ad esempio, per la cella standard a idrogeno (Figura 18.4) la riduzione di ioni
idrogeno in soluzione avverrà alla superficie dell'elettrodo di platino secondo la reazione
2H' +2e -H 2

con una velocità corrispondente rred· Allo stesso modo, l'idrogeno gassoso subirà ossidazione
in soluzione secondo la reazione

alla velocità r ,,d· L'equilibrio esisterà quando


0

rred = roxid

Questa densità di corrente di scambio è semplicemente la densità di corrente all'equilibrio


dell'Equazione 18.24, ovvero

(18.26)

L'utilizzo del termine "densità di corrente" per i0 è un po' ingannevole in quanto, in realtà,
non c'è alcuna corrente risultante. Inoltre, il valore di i0 è determinato sperimentalmente e
varia da sistema a sistema.
Secondo l'Equazione 18.25, se si diagramma la sovratensione in funzione logaritmica
della densità di corrente, si ottengono dei segmenti rettilinei; tali segmenti sono evidenti nella
Figura 18.7 valida per l'elettrodo a idrogeno. Il segmento lineare con una pendenza pari a +/3
corrisponde alla semireazione di ossidazione, mentre la linea con pendenza -fJ a quella di ri-

~0.2 FtcrR\ 18. 7 Diagramma di sovra-


tensione di polarizzazione di attiva-
.
ef
'1,i
~
I +13
zione rispetto al logaritmo della den-
sità di corrente per le reazioni sia di
+0.1 /, __ J
ossidazione che di riduzione, per un
~'\,
elettrodo a idrogeno. (Da M. G.
o------------- Fontana, Corrosion Engineering, 3rd
cdition. Copyright © 1986 by
McGraw-Hill Book Company.
Ristampa autorizzata.)

-0.2 -

-0.3 :-:::----::--:-:-----::-'---L----L----'----'
0.001 0.01 0.1 10 100 1000
iJen~ità di corrente
(Scala logarilmica)
18,4 Previsione della velocità di corrosione • 575

Zona di

*'
impoverimento"

t I
I
1
I
I
I
I

~
I
I
I

: --®
I
I

~--®
I
I

Catodo Catodo
~
(ai (b)

t'!G I R-\ I 8. 8 Rappresentazioni schematiche, per il caso della riduzione deli 'idrogeno, della distri-
buzione di H· nella vicinanza del catodo per (a) velocità di reazione basse e/o alte concentrazioni dì
H+ e (b) alte velocità di reazione e/o concentrazioni basse di H+in cui si forma una zona di impoveri-
mento che dà origine alla polarizzazione di concentrazione. (Da M. G. Fontana, Corrosion En11inee-
ring, 3rd edition. Copyright© 1986 by McGraw-Hill Book Company. Ristampa autorizzata.)

duzione. Vale anche la pena notare che entrambi i segmenti hanno origine da i0 (H/1--i+),densità
di corrente di scambio e sovratensione nulla, poiché in questo punto il sistema è in equilibrio e
non c'è alcuna reazione risultante.

Polarizzazione di concentrazione
La polarizzazione di concentrazione si manifesta quando la velocità di reazione è limitata
dalla diffusione nella soluzione. Consideriamo, ad esempio, di nuovo la reazione di riduzione
che porta allo sviluppo d'idrogeno. Quando la velocità di reazione è bassa e/o la concenuazione
di H+è alta, c'è sempre un rifornimento adeguato di ioni idrogeno disponibili nel1a soluzione
nella regione vicino ali' interfaccia con l'elettrodo (Figura 18.8a). D'altra parte, ad alte velocità
e/o concentrazioni basse di H+, si può formare una zona di esaurimento nelle vicinanze dell 'in-
terfaccia, se gli ioni H+non sono riforniti ad una velocità sufficiente a tenere il passo con la rea-
zione (Figura 18.Sh). Così, la diffusione di H+ all'interfaccia controlla la velocità ed il sistema è
detto polarizzato per concentrazione. Generalmente la polarizzazione di concentrazione si veri-
fica solo per reazioni di riduzione perché per l'ossidazione c'è un rifornimento potenzialmente
illimitato di atomi di metallo all'interfaccia dell'elettrodo che si corrode.
I dati di polarizzazione di concentrazione vengono anche normalmente diagrammati
come sovratensione in funzione del logaritmo della densità di corrente; tale diagramma è rap-
presentato schematicamente nella Figura 18.9a. 2 Da questa figura si può notare che la sovra-
tensione è indipendente dalla densità di corrente fintantoché i si approssima ad i,_;a questo
punto, 11c diminuisce bruscamente di intensità.

2L'espressione matematica che lega la sovratensione dì polarizzazione di concentrazione l'], e la densità


di corrente ; è

2.3 RT ( i )
1J,=-~ log 1 - ÌL (18.27)

dove R e T sono, rispettivamente, la costante dei gas e la temperatura assoluta, ne .'J-hanno gli stessi
significati di prima ed ii è la densità dì corrente limitata dalla diffusione.
576 • Capitolo 18 / Corrosione e degrado dei materiali

FIGlll.\ 18.9 Diagramma schematico, per


reazioni di riduzione, della sovratensione
,;f in funzione del logaritmo della densità di
+
,ì corrente per (a) polarizzazione di éoncen-
e
o
·:;; t trazione e per (b) polarizzazione combinata


C
~ attivazione - concentrazione.
~
>
o
V,

log del la densità di corrente, i


(.!}

,:- t io

"
e
o
-~
~
t
'"'
>
o
V,

Polarizzazione di
concentrazione

Log della densità dl corrente, i


(b)

Per le reazioni di riduzione sono possihili sia la polarizzazione di concentrazione che


quella di attivazione. In queste circostanze, la sovratensione totale è data dalla somma di
entrambi i contributi di sovratensione. La Figura 18.9b mostra un tale diagramma schemati-
co di 1/ in funzione del log i.

\ EIOt :n \. VI CORHO~IO.\E IHl DATI l)J POL\.RIZZAZIO'.E

Applichiamo ora i concetti fin qui sviluppati per il calcolo della velocità di corrosione. Si
possono presentare due casi. Nel primo, sia le reazioni di ossidazione che quelle di riduzione
sono controllate dalla polarizzazione di attivazione. Nel secondo, sia la polarizzazione di
concentrazione che quella di attivazione controllano la reazione di riduzione, mentre sulla
reazione di ossidazione interviene solo la polarizzazione di attivazione. Il primo caso sarà
illustrato considerando la corrosione dello zinco immerso in una soluzione acida (vedere la
Figura 18.1). Sulla superficie dello zinco gli ioni H+ si riducono e formano bolle di gas H2
secondo la reazione
(18.3)
e lo zinco si ossida come
Zn - Zn 2+ + 2e- (18.8)

Da queste due reazioni non si ha accumulo di carica; cioè, tutti gli elettroni generati dalla rea-
zione 18.8 devono essere consumati nella reazione 18.3, il che equivale a dire che le velocità
di ossidazione e di riduzione devono essere uguali.
18.4 Previsione della ,,elocità di corrosione 577

+0.4 !':, .: h, ; ; i. l ! 1 Comportamento cineti-


co dell'elettrodo di zinco in soluzione
acida; le reazioni sia di ossidazione che
+0.2 di riduzione sono controllate dalla pola-
rizzazione di attivazione. (Da M. G.
Fontana, Corrosion Engineering, 3rd
o edition. Copyright © 1986 by
McGraw-Hill Book Company. Ristampa
~ autorizzata.)
>
e· -0.2
.~ ìc
-~
..e 1
u I
g -0.4
al ~ l/
,:; -------Ve-------*
o,
-;::; /,if.·,
-~ -0.6
<l)
'],'
~
"
~
--V(Zn/Zn 2+) ---l('I,~/
-0.8
I '"-.
I
ic (Zn/Zn 2+)
-1.0

10-12 10-IO 10-8 10-6 10-4


Densità di corrente, i (Ncm')

La polarizzazione di attivazione per entrambe le reazioni è espressa graficamente nella Fi-


gura 18.1O come potenziale di cella riferito all'elettrodo standard a idrogeno (non alla sovra-
tensione) in funzione del logaritmo della densità di corrente. Sono indicati i potenziali delle se-
micelle dell'idrogeno e dello zinco non accoppiate, rispettivamente, V(H+/lq e V(Zn/Zn2~),
insieme con le relative densità di corrente di scambio, in(H+/H2 ) e iu(Zn/Znh). Sono visibili i

F1u ,: \ ! 1:. ! ! Comportamento cineti-


co dell'elettrodo per il metallo M; la rea-
zione di riduzione è controllata dalla
combinazione della polarizzazione di
attivazione e di concentrazione.

Log della densità di corrente, i


5 78 • Capitolo 18 / Corr011ione e degrado dei materiali

due tratti rettilinei corrispondenti alla riduzione de li 'idrogeno e ali' ossidazione dello zinco.
Durante l'immersione, sia l'idrogeno che lo zinco sono soggetti a polarizzazione di attiva-
zione lungo le loro rispettive linee. Inoltre, come già detto, le velocità di ossidazione e di-ridu-
zione devono essere uguali e ciò è possibile solo all'intersezione dei due segmenti; tale inter-
sezione avviene in corrispondenza del potenziale di corrosione, indicato con Ve• e della densità
di corrente di corrosione, ic. La velocità di corrosione dello zinco (che corrisponde anche alla
velocità di sviluppo dell'idrogeno) può essere così calcolata inserendo questo valore nell'E-
quazione 18.24.
Il secondo caso di corrosione (polarizzazione di attivazione e di concentrazione associate
per la riduzione dell'idrogeno e solo polarizzazione di attivazione per l'ossidazione del
metallo M) è trattato in un modo simile. La Figura 18.11 mostra entrambe le curve di pola-
rizzazione; come sopra visto, il potenziale di corrosione e la densità di corrente di corrosione
corrispondono al punto al quale le linee di ossidazione e di riduzione si intersecano. •

E~lrnl'IO UI PROBLK'IIA 18.2

Lo zinco subisce attacco corrosivo in una soluzione acida secondo la reazione

Le velocità delle semireazioni, sia di ossidazione che di riduzione, sono controllate dalla pola-
rizzazione di attivazione.

(a) Calcolate la velocità di ossidazione dello Zn (in mol/cm 2-s) dai seguenti dati di polariz-
zazione di attivazione:

PerloZn Per l'idrogeno

v(Zn/Zn2+) = -0. 763 V v1H•/H2)= ov


i0 = 10·1 A/cm2 io= Io-IO A/cm2
/3= +0.09 /3=-0.08

(b) Calcolate il valore del potenziale di corrosione.

80UZIO.\f;
(a) Per calcolare la velocità di ossidazione per lo Zn, è prima necessario stabilire le relazioni,
come nell'Equazione 18.25, per il potenziale sia della reazione di ossidazione che di quella di
riduzione. Il passo successivo consiste nel porre queste due espressioni uguali una all'altra e
quindi risolvere per il valore di i che è la densità della corrente di corrosione, ic. Infine, la velo-
cità di corrosione può essere calcolata utilizzando l'Equazione 18.24. Le due espressioni dei
potenziali sono le seguenti. Per riduzione dell'idrogeno.

V H "" v(H•/H,J

+ /3H log ( _f_)
luH
e per l'ossidazione dello zinco,

V2n "" + /3znlog (/-)


V1zovznl•)
Ozn

Ora, ponendo VHaa Vznsi ottiene


18.5 Passività • 579

E, risolvendo per log i (cioè, log ic), si ha che

log Ìc = (f3zn~ 13 J [V(H' !Hz) - V(Zn/Zn 2 +) - f3H log ioH+ /3znlog Ìoz.1

= [ 0.09 _ ~ -0.0 8)] [O- ( -0.763) - ( -0.08)(log 10- 10)

+ (0.09)(1og 10-1 ))
= -3.924
Oppure

ic ,==10- 3 -924 ,==1.19 X 10- 4 A/cm 2

E dall'Equazione 18.24,
ic
r,==--------:-;;-
n,1r

_ 1.19 X 10- 4 C/s-cm 2 _ X -10 2_


- (2)( 965 00C/mol) -6.17 10 mol/cm s

(b) Ora è necessario calcolare il valore del potenziale di corrosione Ve, mediante l'una o l'al-
tra delle summenzionate equazioni per VH o V20 e sostituendo ad i il valore ic sopra detenni-
nato. In tal modo, utilizzando l'espressione per VHsi ha

= O (-0 08 V) I
+ · og
(1.1
9 io- A/cm
10- A/cm
X
10
4
2
2
) ,==-0 486 V

Il problema è analogo a quello rappresentato e risolto graficamente nel diagramma del


potenziale in funzione del logaritmo della densità di corrente nella Figura 18.1O.Vale la pena
notare che i valori di ic e Veche abbiamo ottenuto analiticamente sono in accordo con i valori
che si ottengono ali 'intersezione delle due rette sul corrispondente diagramma.

18.5 PASSJVIT1

Alcuni metalli e leghe normalmente attivi, in particolari condizioni ambientali, perdono la


loro reattività chimica e diventano completamente inerti. Questo fenomeno, definito passi-
vità, è riscontrabile nel cromo, ferro, nichel, titanio ed in molte delle loro leghe. Si ritiene che
questo comportamento passivo derivi dalla formazione di un film di ossido estremamente
aderente e molto sottile sulla superficie del metallo, che funge da barriera protettiva contro
ogni ulteriore corrosione. Gli acciai inossidabili, a causa della passivazione, sono estrema-
mente resistenti alla corrosione in una grande varietà di ambienti. Essi contengono almeno
I' 11% di cromo che, come elemento presente in soluzione solida nel ferro, minimizza la for-
mazione di ruggine; in atmosfere ossidanti si forma, invece, un film superficiale protettivo.
(Gli acciai inossidabili sono suscettibili alla corrosione in alcuni ambienti e quindi non sono
sempre "inossidabili"). L'alluminio è estremamente resistente alla corrosione in molti
580 Capitolo 18 / Corrosione e degrado dei materiali

Curva di pola-
t
'-------------------
'''"f '"'°
rizzazione schematica per un
metallo che presenta una transi-
zione attivo-passivo.

Passivo

Attivo

Log della densità di corrrnte, i

ambienti perché anch'esso si passiva. Se danneggiato, il film protettivo normalmente si rifor-


ma molto rapidamente. Tuttavia, un cambiamento delle caratteristiche dell'ambiente (per
esempio, la modifica della concentrazione della specie corrosiva attiva) può far sì che un
materiale passivato ritorni in uno stato attivo. In tal caso un danno al preesistente film passi-
vo può portare ad un aumento sostanziale della velocità di corrosione, fino a 100000 volte.
Il fenomeno della passivazione può essere spiegato mediante le curve di potenziale di po-
larizzazione in funzione del log della densità di corrente, discusse nella sezione precedente. La
curva di polarizzazione per un metallo che si passiva avrà la forma generale mostrata nella Fi-
gura 18. 12. A valori del potenziale relativamente bassi, ali' interno della regione "attiva", il
comportamento è lineare come è per i metalli normali. Al crescere del potenziale, la densità di
corrente diminuisce improvvisamente ad un valore molto basso che rimane indipendente dal
potenziale; questa regione è detta regione "passiva". Infine, per valori maggiori del potenziale,
la densità di corrente aumenta di nuovo col potenziale, nella regione detta "transpassiva".
La Figura 18.13 illustra il comportamento sia attivo che passivo che può avere un metal-
lo a seconda dell'ambiente di corrosione. In questa figura è riportata la curva di polarizza-
zione di ossidazione, a forma di S, per un metallo M attivo-passivo e le curve di polarizza-
zione di riduzione in due soluzioni diverse, definite 1 e 2. La curva I interseca la curva di
polarizzazione di ossidazione nella regione attiva al punto A, fornendo una densità di corren-
te di corrosione ic(A). L'intersezione della curva 2 nel punto B si trova nella regione passiva
e la densità di corrente corrispondente è ic(B). La velocità di corrosione del metallo M nella
soluzione 1 è maggiore di quella nella soluzione 2, dato che ic(A) è maggiore di ic(B) ed è
proporzionale alla densità di corrente secondo l'Equazione 18.24. Questa differenza nella
velocità di corrosione fra le due soluzioni può essere di diversi ordini di grandezza se si con-
sidera che la scala di densità della corrente nella Figura 18.13 è logaritmica.

Le variabili dell'ambiente di corrosione, come la velocità del fluido, la temperatura e la com-


posizione, possono avere un'influenza rilevante sulla corrosione dei materiali che si trovano
a contatto. Nella maggior parte dei casi, l'aumento della velocità del fluido esalta la velocità
18.7 Forme di corrosione 581

. '· ! •: , . , Dimostrazione di
come un metallo attivo-passivo
possa avere un comportamento alla
corrosione sia attivo che passivo.
;::...
ò io<ll io (2)
V
.E
..e
V
i f
2 B
:t:::
O!
ai 2
O!
~
N
I

_
.., ...
e
2l
o : A/
Cl...
I · T· ..
I I
I
I
t I
I
I io (M/M 2+) I

ic (Bl ic(Al
Log del la densità di corrente, i

di corrosione a causa di effetti erosivi, come si vedrà più avanti nel capitolo. Le velocità della
maggior parte delle reazioni chimiche aumentano all'aumentare della temperatura; ciò si
verifica anche per la grande maggioranza di casi di corrosione. L'aumento della concentra-
zione della specie corrosiva (per esempio, gli ioni W negli acidi) in molti casi produce una
velocità di corrosione più elevata. Tuttavia, nei materiali in grado di passivarsi, l'aumento
dell'azione corrosiva può portare ad una transizione da attivo a passivo, con una riduzione
considerevole della corrosione.
La lavorazione a freddo, ovvero la deformazione plastica di metalli duttili, viene utilizza-
ta per aumentare la loro resistenza meccanica; tuttavia, un metallo lavorato a freddo è più
suscettibile alla corrosione rispetto allo stesso materiale allo stato ricotto. Ad esempio, per
formare la testa e la punta di un chiodo vengono impiegati processi di deformazione plastica;
di conseguenza, queste posizioni sono anodiche rispetto al gambo. La lavorazione differen-
ziale a freddo di una struttura dovrebbe quindi essere tenuta in considerazione quando, duran-
te l'esercizio, si può avere a che fare con un ambiente corrosivo.

È conveniente classificare la corrosione secondo il modo in cui si manifesta. La corrosione


dei metalli viene in genere classificata in otto forme diverse: uniforme, galvanica, intersti-
ziale, per vaiolatura (pitting), intergranulare, per dissoluzione selettiva, tensocorrosione e
corrosione-erosione. Le cause ed ì mezzì di prevenzione di ognuna di queste forme di corro-
sione verranno brevemente discussi. Inoltre, abbiamo pensato di dìscutere l'argomento del-
l'infragilimento da idrogeno in questa sezione. L'infragilimento da idrogeno è, in senso stret-
to, un tipo di rottura piuttosto che una fonna di corrosione; tuttavia, è spesso dovuto ali 'idro-
geno generato da reazioni di corrosione.

L'attacco uniforme è una forma di corrosione elettrochimica che si verifica con la stessa
intensità su tutta la superficie esposta e parte spesso da una scaglia o da un deposito. In senso
microscopico, le reazioni di ossidazione e di riduzione si verificano casualmente sopra la
superficie. Alcuni esempi familiari sono la ruggine dell'acciaio e del ferro e la perdita di
582 • Capitolo 18 / Corrosione e degrado dei materiali

lucentezza dell'argento. Probabilmente questa è la forma più comune di corrosione. È anche


la meno sgradevole perché può essere prevista e controllata con relativa facilità.

CORROSIO!\'F:GALVANICA

La corrosione galvanica si verifica quando due metalli o leghe che hanno diverse composi-
zioni sono collegati elettricamente mentre esposti ad un elettrolito. Questo tipo di corrosione
o dissoluzione è stata descritta nel Paragrafo 18.2. Il meno nobile o il metallo più reattivo si
corroderà nel particolare ambiente; il metallo più inerte, il catodo, sarà protetto da corrosio-
ne. Le viti di acciaio, ad esempio, si corrodono quando sono in contatto con l'ottone in un
ambiente marino; o se il rame ed una tubatura in acciaio sono uniti in una caldaia di acqua
domestica, l'acciaio si corroderà in prossimità della congiunzione. A seconda della natura
della soluzione, una o più delle reazioni di riduzione, dall'Equazione 18.3 alla 18.7, si vèrifi-
cheranno in corrispondenza della superficie del catodo. La Figura 18.14 mostra un esempio
di corrosione galvanica.
La serie galvanica (Tabella 18.2) indica le reattività relative, in acqua di mare, per molti
metalli e leghe. Quando due leghe vengono messe in contatto in presenza di acqua di mare si
corroderà quella più in basso nella serie. Alcune delle leghe nella tavola sono state raggrup-
pate con una parentesi. Generalmente il metallo di base è lo stesso e, se poste in contatto, il

FtGIR-\ 18.11.
Corrosione galvanica di
un rivestimento di
magnesio che è stato
colato intorno ad un
nucleo di acciaio.
(Fotografia cortesemente
concessa da LaQue
Center for Corrosion
Technology, Inc.)
18. 7 Forme di corrosione • 583

pericolo di corrosione è basso. Vale la pena anche notare che, in questa serie, alcune leghe
sono elencate due volte (per esempio, il nichel e gli acciai inossidabili), in stati sia attivi che
passivi.
La velocità di attacco galvanico dipende dalle relative superfici anodo/catodo che sono
esposte all'elettrolito ed è collegata direttamente al rapporto dell'area catodo/anodo; cioè,
data una certa area catodica, un anodo più piccolo si corroderà più rapidamente di uno più
grande. La ragione di questo fenomeno è che la velocità di corrosione dipende dalla densità
di corrente (Equazione 18.24), cioè dalla corrente per unità di superficie che si corrode e non
semplicemente dalla corrente. Per l'anodo avente un'area piccola rispetto a quella del catodo
si avrà un'alta densità di corrente.
Possono essere adottate molte misure per ridurre significativamente gli effetti della cor-
rosione galvanica, e cioè:
1. Se è necessario accoppiare metalli dissimili, sceglierne due che sono vicini nella serie
galvanica.
2. Evitare un rapporto di superficie anodo/catodo sfavorevole; utilizzaré un'anodo con
un'area più grande possibile.
3. Isolare elettricamente i metalli dissimili.
4. Collegare elettricamente un terzo metallo, anodico rispetto agli altri due; questa è una
forma di protezione catodica.

CORROSIOl\"EINTERSTIZIALE (CREVICE CORROSION)

La corrosione elettrochimica può verificarsi anche come conseguenza di differenze di con-


centrazione, di ioni o di gas disciolti nella soluzione di elettrolito, tra due regioni dello stes-
so pezzo di metallo. Per una tale cella di concentrazione, la corrosione si verifica dalla parte
che ha concentrazione inferiore. Un valido esempio di questo tipo di corrosione si verifica in
fessure e cavità o sotto depositi di sporcizia o di prodotti di corrosione dove la soluzione
diventa stagnante e vi è un esaurimento localizzato dell'ossigeno disciolto. La corrosione che
si verifica preferenzialmente in queste posizioni è chiamata corrosione interstiziale (Figura
18.15). La fessura deve essere larga abbastanza da permettere che la soluzione penetri, e tut-
tavia sufficientemente stretta da dar luogo a ristagno; di solito la larghezza è di alcuni cente-
simi di millimetro.
Il meccanismo proposto per la corrosione interstiziale è illustrato nella Figura 18.16. Una
volta che ali' interno della fessura l'ossigeno è esaurito, si verifica, in questa posizione, l' os-
sidazione del metallo secondo l'Equazione 18.1. Gli elettroni prodotti vengono condotti
verso le adiacenti regioni esterne alla fessura attraverso il metallo, dove vengono consumati
nella riduzione - con molta probabilità secondo la reazione 18.5. Si è trovato che, in molti
ambienti acquosi, la soluzione all'interno della fessura si concentra fortemente in ioni H+ e
o-, che sono particolarmente corrosivi. Molte leghe che sì passivano sono suscettibili a cor-
rosione interstiziale perché spesso i film protettivi vengono distrutti dagli ioni H+ e Cl".
584 • Capitolo 18 / Corrosione e degrado dei materiali

F:IGIRA 18.16 Illustrazione schematica del meccanismo di corrosione interstiziale tra due pia-
stre rivettate. (Da M. G. Fontana, Corrosion Engineering, 3rd edition. Copyright © 1986 by
McGraw-Hill Book Company. Ristampa autorizzata.)

La corrosione interstiziale può essere evitata utilizzando saldature invece di giunti rivet-
tati o bullonati, utilizzando guarnizioni non assorbenti e, quando possibile, rimuovendo fre-
quentemente i depositi accumulati e prevedendo recipienti di ritegno per evitare aree sta-
gnanti ed assicurare un drenaggio completo.

VAIOLATL"RA
(PITTING)

La vaiolatura è un'altra forma di attacco di corrosione molto localizzato in cui si formano dei
piccoli alveoli (pit) o fori. In genere la penetrazione dei pit si sviluppa in direzione pressoché
verticale rispetto alla superficie. Questo tipo di corrosione è estremamente insidioso e spesso
va avanti senza essere scoperta e con perdita di materiale molto bassa fino a che non si verifica
la rottura. Nella Figura 18.17 viene mostrato un esempio di corrosione per vaiolatura.
li meccanismo della vaiolatura è probabilmente lo stesso di quello della corrusium: inler-
stiziale in quanto si ha ossidazione all'interno del pite conseguente riduzione in corrispon-
denza della superficie. Si suppone che i pit crescano in verticale a causa della gravità e che la
soluzione divenga più concentrata e densa in fondo alla cavità man mano che questa cresce.
Un pit può venire innescato da un difetto di superficie localizzato, come un graffio o una leg-
gera variazione in composizione. È stato osservato, infatti, che quando le superfici sonò luci-
de la resistenza alla corrosione per vaiolatura è più grande. Gli acciai inossidabili sono abba-
stanza sensibili a questa forma di corrosione; tuttavia, se legati con circa il 2% di molibdeno,
la loro resistenza aumenta significativamente.

CORROSIOJ\E IN'fERGRANULARE

Come suggerisce il nome. la corrosione intergranulare si verifica per alcune leghe prefe-
renzialmente lungo i bordi di grano ed in determinati ambienti. Il risultato finale è la disinte-
grazione del campione lungo i suoi bordi di grano. Questo tipo di corrosione è prevalente in
18. 7 Forme di corrosione • 535

FJGL'RA 18.17 Vaiolatura di una piastra


di acciaio inossidabile 304 in una soluzio-
ne di acido cloridrico. (Da M. G. Fontana,
Corrosion Engineering, 3rd edition.
Copyright© 1986by McGraw-Hill Book
Company. Ristampa autorizzata.)

alcuni acciai inossidabili. Se riscaldati a temperature comprese tra i 500 e gli 800°C, per
periodi sufficientemente lunghi, queste leghe diventano sensibili all'attacco intergranulare.
Si pensa che questo trattamento termico porti alla formazione di piccole particelle di carburo
di cromo (Cr23 C6), per reazione fra il cromo ed il carbonio nell'acciaio inossidabile. Tali par-
ticelle precipitano lungo i bordi di grano, come illustrato nella Figura 18.18. Sia il cmmo che
il carbonio devono diffondere ai bordi dei grani per formare i precipitati, producendo local-
mente zone povere di cromo. Di conseguenza, il bordo del grano risulterà estremamente
suscettibile alla corrosione.
La corrosione intergranulare costituisce un problema particolarmente grave nella saldatu-
ra degli acciai inossidabili, fenomeno spesso definito degrado da saldatura. La Figura
I 8.19 mostra questo tipo di corrosione intergranulare.
Gli acciai inossidabili possono essere protetti da corrosione intergranulare nei seguenti
modi: (I) sottoponendo il materiale sensibilizzato ad un trattamento termico ad alta tempera-
tura in modo da ridisciogliere tutte le particelle di carburo di cromo, (2) abbassando il conte-
nuto del carbonio al di sotto dello 0.03% in peso in modo che la formazione di carburi sia
minima e (3) legando l'acciaio inossidabile con un altro metallo come niobio o titanio, che
hanno maggiore tendenza a formare carburi rispetto al cromo, che rimane quindi in soluzio-
ne solida.

FIGrRA 18.18
Illustrazione schematica
di particelle di carburo di
cromo precipitate lungo i Particelle precipitate di Cr,,C,
bordi di grano in un
acciaio inossidabile e le Bordo grano
zone circostanti
impoverite di cromo.
586 • Capitolo 18 / Corrosione e degrado dei materiali

FU~l'JI\ 18.19 '


Degrado da saldatura in
un acciaio inossidabile.
Le regioni lungo le quali
si sono formate le
scanalature sono divenute
sensibili nel corso del
raffreddamento. (Da H.
H. Uhlig e R. W. Revie,
Corrosion and Coi-rosion
Contro{, 3rd edition, Fig.
2, p. 307. Copyright ©
1985 di John Wiley &
Sons, Inc. Ristampa
autorizzata da John Wiley
& Sons, Inc.)

DTSSOLCZIO!\E SELETTIVA

La dissoluzione selettiva si verifica per leghe in soluzione solida, quando un elemento o un


costituente viene rimosso preferenzialmente in seguito ad un processo corrosivo. L'esempio
più comune è la dezincificazione dell'ottone, nella quale lo zinco è disciolto in modo seletti-
vo da una lega di ottone rame-zinco. Le proprietà meccaniche della lega vengono significa-
tivamente compromesse, poiché nella regione che è stata dezincificata rimane solo una massa
porosa di rame. Inoltre, il materiale passa da giallo ad un rosso o color rame. La dissoluzio-
ne selettiva può verificarsi anche con altri tipi di lega nei quali alluminio, ferro, cobalto,
cromo ed altri elementi sono sensibili a dissoluzione preferenziale.

CORR()SlONE-EH.OSIONE

La corrosion~rosione si verifica per azione combinata di attacco chimico e di abrasione o


usura meccanica, come conseguenza del movimento di un fluido. Potenzialmente tutte le
leghe metalliche sono suscettibili a questo tipo di corrosione che risulta particolannente dan-
nosa per quelle leghe che si passivano formando un film superficiale protettivo; l'azione
abrasiva può erodere il film, lasciando esposta la superficie metallica. Se lo strato protettivo
non è in grado di riformarsi continuamente e rapidamente, si può verificare una intensa cor-
rosione. I metalli relativamente teneri, come rame e piombo, sono sensibili a questa forma di
attacco, che di solito è identificabile dalle scanalature e dalle onde superficiali che hanno i
contorni caratteristici del moto del fluido.
La natura del fluido può avere notevole influenza sul comportamento alla corrosione. La
velocità di corrosione normalmente aumenta all'aumentare della velocità del fluido. Inoltre,
una soluzione è più erosiva quando sono presenti bolle e particelle solide sospese.
La corrosione-erosione avviene comunemente nelle tubazioni. specialmente in corri-
spondenza di curve, gomiti e cambiamenti repentini di diametro - posizioni dove il fluido
cambia direzione o il flusso diventa improvvisamente turbolento. Propulsori, palette di turbi-
na, valvole e pompe sono suscettibili a questa forma di corrosione. La Figura 18.20 illustra il
cedimento per urto di un tubo a gomito.
18. 7 Forme di corrosione • 587

FIGI 1u 18.20 Rottura per urto di un


gomito che era parte di una linea di con-
densato di vapore. (Fotografia gentilmen-
te concessa da Mars G. Fontana. Da M.
G, Corrosion Engineering, 3rd edition.
Copyright © 1986 by McGraw-Hill
Book Company. Ristampa autorizzata.)

Uno dei modi miglion per ridurre la corrosione-erosione è di modificare la progettazio-


ne per eliminare effetti di turbolenza e di urto del fluido. Possono essere utilizzati anche altri
materiali che resistono meglio all'erosione. La rimozione di particelle e di bolle dalla solu-
zione riduce, inoltre, la capacità erosiva.

TENSOC:ORROSIO~ E

La tensocorrosione, talvolta definita fessurazione per corrosione sotto sforzo, deriva dall'a-
zione combinata di una sforzo di trazione applicato e di un ambiente corrosivo; entrambe le
influenze sono necessarie. Alcuni materiali, infatti, potenzialmente inerti in un particolare
mezzo corrosivo, diventano suscettibili a questa fom1a di corrosione quando viene applicato
uno sforzo. In queste circostanze, infatti, si formano piccole cricche che poi si propagano in
una direzione perpendicolare a quella dello sforzo applicato (vedi pagina 562), col risultato
che alla fine può verificarsi la rottura. Il comportamento a rottura è quello tipico di un mate-
riale fragile, anche se la lega metallica è intrinsecamente duttile. Si possono avere, inoltre,
rotture a livelli di sforzo relativamente bassi, anche molto al di sotto della resistenza a tra-
zione. La maggior parte delle leghe è soggetta a tensocorrosione in ambienti specifici, spe-
cialmente a livelli di sforzo moderati. La maggior parte degli acciai inossidabili, ad esempio,
si corrode sotto sforzo in soluzioni contenenti ioni cloruro, mentre gli ottoni sono particolar-
mente vulnerabili se esposti ad ambienti contenenti ammoniaca. La micrografia della Figura
18.21 mostra un esempio di corrosione intergranulare sotto sforzo per un ottone.
Lo sforzo che provoca tensocorrosione non deve essere necessariamente applicato dall 'e-
sterno; può essere una tensione residua dovuta a cambiamenti rapidi di temperatura e contra-
zioni irregolari o, nel caso di leghe bifasiche, ad un coefficiente di espansione diverso per
ogni fase. I prodotti di corrosione, inoltre, gassosi e solidi, che rimangono intrappolati inter-
namente, possono dare origine a tensioni interne.
Probabilmente la misura migliore da adottare per ridurre o eliminare totalmente la tenso-
corrosione è diminuire l'intensità dello sforzo, riducendo il carico esterno o aumentando l'a-
rea della sezione trasversale perpendicolare alla tensione applicata. Inoltre, può essere utiliz-
zato un trattamento termico specifico atto ad eliminare qualsiasi tensione termica residua.
588 • Capitolo 18 / Corrosione e degrado dei materiali

FtGlJRA18.21
Micrografia che mostra la
rottura per corrosione
intergranulare di un
ottone. (Da H. H. Uhlig e
R. W. Revie, Corrosion
and Corrosion Contro/,
3rd edition, Fig. 5, p.
335. Copyright 1985 di
John Wiley & Sons, Inc.
Ristampa autorizzata da
John Wiley & Sons, lnc.)

INFRAGILIMENTO DA IDROGENO

Diverse leghe metalliche, in particolare alcuni acciai, subiscono una riduzione significativa
della duttilità e della resistenza a trazione quando l'idrogeno atomico (H) penetra nel mate-
riale. Questo fenomeno è noto come infragilimento da idrogeno; talvolta vengono anche
utilizzati i tenninifessurazione indotta da idrogeno e.fessurazione sotto sforzo da idrogeno.
Rigorosamente parlando, l'infragilimento da idrogeno è un tipo di rottura; si verifica, infatti,
una frattura fragile catastrofica, in risposta a tensioni di trazione applicate o residue, in quan-
to le cricche crescono e si propagano rapidamente. L'idrogeno nella sua forma atomica (H
diversamente dalla forma molecolare, H2 ) diffonde in modo interstiziale attraverso il retico-
lo cristallino e concentrazioni anche di solo qualche parte per milione possono portare a rot-
tura. Le cricche prodotte da idrogeno sono molto spesso transgranulari, benché per alcuni tipi
di lega si osservi frattura intergranulare. Sono stati proposti molti meccanismi per spiegare la
fragilità da idrogeno; la maggior parte è basata sull'interferenza col movimento delle dislo-
cazioni da parte del! 'idrogeno disciolto.
L'infragilimento da idrogeno è simile alla corrosione sotto sforzo (come discusso nella
sezione precedente) in quanto un metallo, normalmente duttile, subisce frattura fragile se
esposto contemporaneamente ad una tensione di trazione e ad un'atmosfera corrosiva.
Tuttavia, questi due fenomeni possono essere distinti sulla base delle loro interazioni con cor-
renti elettriche applicate. La protezione catodica (Sezione 18.9), infatti, riduce o causa l'ar-
resto della corrosione sotto sforzo, ma può condurre all'innesco o all'intensificazione del-
l'infragilimento da idrogeno.
Affinché l'infragilimento da idrogeno si verifichi, deve essere presente una qualche sor-
gente di idrogeno e, inoltre, deve essere possibile la formazione della specie atomica.
18.8 Ambienti corrosivi • 589

Situazioni in cui si verificano queste condizioni sono: il decapaggio 3 dell'acciaio in acido


solforico, la galvanoplastica e la presenza di atmosfere contenenti idrogeno (compreso il
vapore acqueo) a temperature elevate, come durante la saldatura ed i trattamenti termici.
Inoltre, la presenza di "veleni", come i composti di zolfo (ad esempio, H2S) e arsenico, acce-
lerano l'infragilimento da idrogeno; queste sostanze ritardano la formazione di idrogeno
molecolare e perciò fanno aumentare il tempo di residenza dell'idrogeno atomico sulla super-
ficie del metallo. L'idrogeno solforato, probabilmente il veleno più aggressivo, è presente nei
fluidi petroliferi, nel metano, nelle acque salmastre e nei pozzi di petrolio marini e nei t1uidi
geotermici.
Gli acciai ad alta resistenza sono sensibili all'infragilimento da idrogeno e la suscettibi-
lità del materiale tende ad aumentare al crescere della resistenza. Gli acciai martensitici sono
particolarmente vulnerabili a questo tipo di rottura; gli acciai bainitici, ferritici e sferoiditici
sono più tenaci. Inoltre, le leghe cfc (acciai inossidabili austenitici e leghe di rame, di allu-
minio e di nichel) sono relativamente resistenti all'infragilimento da idrogeno, principalmen-
te a causa della loro alta duttìlità intrinseca. L'incrudimento di queste leghe, invece, fa
aumentare la loro suscettibilità all'infragilimento da idrogeno.
Alcune delle tecniche comunemente utilizzate per ridurre la probabilità a rottura per que-
sto fenomeno sono: riduzione della resistenza a trazione della lega mediante un trattamento
termico; rimozione della sorgente di idrogeno: "ricottura prolungata" della lega ad una tem-
peratura elevata per eliminare l'idrogeno disciolto; sostituzione con una lega più resistente
ali' infragilimento.

18.8 AMBIENTI CORROSIVI

Fra gli ambienti corrosivi si annoverano l'atmosfera, le soluzioni acquose, i terreni, gli acidi,
le basi, i solventi inorganici, i sali fusi, i metalli liquidi e, ultimo ma non meno importante, il
corpo umano. Su base quantitativa, la corrosione atmosferica produce le perdite più grandi.
L'umidità contenente ossigeno disciolto è sicuramente l'agente corrosivo principale, ma
bisogna però considerare il contributo fornito da altri elementi come i composti dello zolfo
ed il cloruro di sodio. Questo è particolarmente vero nel caso di atmosfere marine, che sono
eslremamente 1.:orrosivea 1.:ausadella presenza di doruro di sodio. Le soluzioni diluite di
acido solforico (piogge acide) presenti negli ambienti industriali possono anche causare, pro-
blemi di corrosione. I metalli comunemente utilizzati per applicazioni atmosferiche sono le
leghe di alluminio e di rame e l'acciaio zincato.
Gli ambienti acquosi possono variare di composizione e di caratteristiche corrosive.
L'acqua dolce normalmente contiene ossigeno disciolto come pure altri minerali, molti dei
quali sono responsabili della durezza. L'acqua di mare contiene circa il 3.5% di sale (preva-
lentemente cloruro di sodio), insieme a minerali e materia organica. Generalmente l'acqua di
mare è più corrosiva dell'acqua dolce e produce spesso vaiolatura (pitting) e corrosione inter-
stiziale. La ghisa, l'acciaio, l'alluminio, il rame, l'ottone ed alcuni acciai inossidabili vanno
in genere bene per l'acqua dolce, mentre titanio, ottone, alcuni bronzi, leghe rame-nichel e
leghe nichel-cromo-molibdeno sono estremamente resistenti alla corrosione in acqua di
mare.
I terreni hanno un'ampia gamma di composizione e di suscettibilità a corrosione. Le
variabili di composizione sono l'umidità, l'ossigeno, il contenuto di sali, l'alcalinità e l'aci-
dità nonché la presenza di diverse forme di batteri. La ghisa e gli acciai basso-legati, sia con

3Il decapaggio è una procedurautilizzataper rimuoverela scaglia d'ossido dalla superficiedi compo-
nenti in acciaio immergendoliin acido, solforicoo cloridrico,caldo e diluito.
590 • Capitolo 18 / Corrosione e degrado dei materiali

che senza rivestimenti protettivi, risultano essere i materiali più economici per strutture sot-
terranee.
Poiché esistono moltissimi acidi, basi e solventi organici, queste soluzioni non verranno
discusse. Sono disponibili numerosi testi che trattano questi argomenti in dettaglio.

18.9 PREVENZIO!XE DELLA CORROSIONE

Parlando delle otto forme possibili di corrosione abbiamo visto alcuni metodi di prevenzio-
ne; sono state però discusse solo le misure specifiche per ognuno dei diversi tipi di corrosio-
ne. Verranno di seguito presentate tecniche più generali, che riguardano la scelta dei materia-
li, la modifica dell'ambiente, la progettazione, i rivestimenti e la protezione catodica.
Il modo forse più comune e più facile di evitare la corrosione, una volta che l'ambiente
corrosivo è stato caratterizzato, è quello di scegliere oculatamente il materiale. I testi di rife-
rimento sulla corrosione risultano molto utili in proposito. In questo contesto, il costo può
assumere un'importanza significativa. Non è sempre economicamente possibile impiegare il
materiale che presenta la resistenza a corrosione ottimale; talvolta, devono essere utilizzate o
un'altra lega e/o qualche altra misura.
Il cambiamento delle caratteristiche ambientali, se possibile, può anche influire significa-
tivamente sulla corrosione. Di solito la diminuzione della temperatura di un fluido e/o della
velocità producono una riduzione della velocità alla quale la corrosione si verifica. Molte
volte l'aumento o la diminuzione della concentrazione di qualche specie nella soluzione può
avere un effetto positivo; ad esempio, il metallo può passivarsi.
Gli inibitori sono sostanze che, se aggiunte in concentrazioni relativamente basse all'am-
biente, ne diminuiscono la sua aggressività. Naturalmente, l'inibitore specifico dipende sia
dalla lega che dall'ambiente corrosivo. Ci sono numerosi meccanismi attraverso cui questi
inibitori agiscono. Alcuni reagiscono con una specie chimicamente attiva nella soluzione e
virtualmente la eliminano (come ad esempio l'ossigeno disciolto). Altre molecole di inibito-
re si legano alla superficie che si corrode ed interferiscono o con la reazione di ossidazione o
con quella di riduzione o formano uno strato protettivo molto sottile. Gli inibitori sono uti-
lizzati normalmente in sistemi chiusi come radiatori di automobile e caldaie a vapore.
Sono già stati discussi numerosi aspetti riguardanti la progettaziont:, :specialmente in
merito alla corrosione galvanica, a quella interstiziale ed alla corrosione-erosione. La pro-
gettazione, inoltre, dovrebbe permettere il drenaggio completo nel caso di una temporanea
messa fuori servizio ed il facile lavaggio. Dato che l'ossigeno disciolto può aumentare l'ag-
gressività di molte soluzioni, la progettazione dovrebbe includere, se possibile, misure atte ad
escludere l'ingresso di aria.
Le barriere fisiche alla corrosione sono applicate sulle superfici nella forma di film e di
rivestimenti. È disponibile una gran varietà di materiali per rivestimenti metallici e non
metallici. È essenziale che il rivestimento abbia un alto grado di adesione alla superficie, il
che richiede indubbiamente dei trattamenti superficiale preventivi. Nella maggior parte dei
casi, il rivestimento deve essere virtualmente non reattivo nell'ambiente corrosivo e resisten-
te ai danni meccanici che espongono il metallo nudo ali' ambiente corrosivo. Tutti e tre i tipi
di materiali-metalli, ceramici e polimeri - vengono utilizzati come rivestimenti per metalli.

PROTEZIOl\E CATODICA

Uno dei mezzi più efficaci di prevenzione della corrosione è la protezione catodica; tale tec-
nica può essere utilizzata per tutte le otto forme diverse di corrosione e, in alcune situazioni,
può arrestare completamente la corrosione. L'ossidazione o la corrosione di un metallo M
avviene secondo la reazione generica
18.9 Prevenzione della corrosione • 591

..-------, + Corrente

r1lo
Livello del suolo

J1rame rivestfto ~
Ambiente
----
Raddrizzatore

.......
terroso

Riempitivo
~-/\ '.\:'~-i:'

,~°";! ---
Corrente

(a) (b)

l<'1GllR.\ 18.22 Protezione catodica di (a) una condotta sotterranea mediante un anodo di sacri-
ficio di magnesio e (b) un serbatoio sotterraneo mediante una corrente impressa. (Da M. G.
Fontana, Corrosion Engineering, 3rd edition. Copyright © 1986 by McGraw-Hill Book
Company. Ristampa autorizzata.)

(18.1)

La protezione catodica comporta semplicemente il rifornimento, tramite una sorgente ester-


na. di elettroni al metallo da proteggere, facendolo diventare il catodo; la reazione sopra
descritta è quindi forzata ad avvenire in senso inverso (o di riduzione).
Una tecnica di protezione catodica fa uso di coppie galvaniche: il metallo che deve esse-
re protetto è connesso elettricamente ad un altro metallo che, nel particulare ambiente, è più
reattivo. Quest'ultimo sarà quello che si ossida e, cedendo elettroni, proteggerà il metallo
dalla corrosione. Il metallo che si ossida è spesso chiamato anodo sacrificale. Il magnesio e
lo zinco vengono comunemente utilizzati a questo scopo poiché si trovano alla fine della
serie elettrochimica dalla parte anodica. Questa forma di protezione galvanica, per strutture
interrate, è illustrata nella Figura 18.22a.
Il processo di zincatura consiste nel! 'immergere l'acciaio in un bagno di zinco in modo
da rivestirne la supetficie. Nell'atmosfera e nella maggior parte degli ambienti acquosi, lo
zinco si comporta da anodo e proteggerà quindi catodicamente l'acciaio nel caso vi sia un
qualsiasi danno superficiale (Figurai 8.23). Ogni corrosione del rivestimento di zinco avverrà
ad una velocità estremamente lenta perché il rapporto tra la superficie dell'anodo e quella del
catodo è piuttosto grande.

Ambiente corrosivo FIGl ltA 18.23 Protezione galva-


nica dell'acciaio mediante rivesti-
Regione catodica mento protettivo di zinco.

Acciaio
592 Capitolo 18 / Corrosione e degrado dei materiali

In un altro metodo di protezione catodica, la sorgente di elettroni è costituita da una cor-


rente imposta da una sorgente esterna di corrente continua, come rappresentata nella Figura
18.22b per un serbatoio interrato. Il terminale negativo della sorgente di alimentazione è col-
legato alla struttura da proteggere. L'altro terminale è collegato ad un anodo inerte (spesso
grafite) annegato, in questo caso, nel terreno; il materiale di riempimento ad alta conduttività
fornisce un buon contatto elettrico tra l'anodo ed il terreno circostante. Nel terreno si genera
un percorso di corrente tra il catodo e l'anodo che completa il circuito elettrico. La protezio-
ne catodica è particolarmente utile per evitare la corrosione di scaldabagni di serbatoi e tuba-
zioni interrati e di impianti marini.

18.10 OSSIDAZIONE

La discussione della Sezione 18.2 ha trattato la corrosione dei materiali metallici in termini
di reazioni elettrochimiche che hanno luogo in soluzioni acquose. L'ossidazione delle leghe
metalliche è possibile anche in atmosfere gassose, in genere in aria. In questo caso si osserva
la formazione dì uno strato o una scaglia di ossido sulla superficie del metallo. Questo feno-
meno è definito frequentemente scagliatura, opacizzazione o corrosione a secco. In questa
sezione saranno discussi i possibili meccanismi concernenti questo tipo di corrosione, gli
strati d'ossido che possono formarsi e la cinetica di formazione dell'ossido.

MECCANISMI

Come nel caso della corrosione ad umido, il processo di formazione dello strato di ossido è
un processo elettrochimico, che può essere espresso, per il metallo bivalente M, dalla seguen-
te reazione 4 :
(18.28)

Questa reazione si può suddividere in una semireazione di ossidazione ed una di riduzione.


La prima porta alla formazione di ioni di metallo,

M-M •+2e-
2 (18.29)

e si verifica all'interfaccia metallo-scaglia. La semireazione di riduzione produce ioni ossi-


geno:
( 18.30)

ed avviene all'interlaccia scaglia-gas. Nella Figura 18.24 viene mostrato lo schema di que-
sto sistema metallo-scaglia-gas.
Perché lo strato di ossido aumenti di spessore, secondo l'Equazione 18.28, è necessario
che gli elettroni si portino all'interfaccia scaglia-gas, dove si verifica la reazione di riduzio-
ne; mentre gli ioni M 2+ devono allontanarsi, per diffusione, dall 'interlaccia metallo-scaglia,
e/o gli ioni 0 2- devono diffondere verso questa stessa interlaccia (Figura 18.24)5. Perciò, la
scaglia di ossido funziona da elettrolito per la diffusione degli ioni e da circuito elettrico per

4 Per metalli non bivalenti, questa reazione diviene


h
aM + 2 0 2 -Mph (18.31)
5 In alternativa, possono diffondere lacune elettroniche (Sezione 19.10) e vacanze invece di elettroni e
di ioni.
18,10 Ossidazione 593

Metallo Scaglia d'ossido Gas l<'IGUU 18.24 Rap-


(M) (MO) (O,) presentazione schematica
dei processi che sono
coinvolti nell'ossidazione
gassosa alla superficie di
un metallo.

t t

il passaggio di elettroni. La s~aglia, inoltre, può proteggere il metallo da un 'ossidazione rapi-


da in quanto agisce come una barriera alla diffusione ionica e/o alla conduzione elettrica; la
maggior parte degli ossidi metallici sono elettricamente molto isolanti.

TIPI DI SCAGLIA

La velocità di ossidazione (cioè, la velocità di aumento dello spessore del film) e la tendenza
del film a proteggere il metallo da ulteriore ossidazione dipende dai volumi relativi di ossido
e di metallo. Il rapporto tra questi volumi, definito rapporto Pilling-Bedworth, può essere
calcolato mediante la seguente espressioneh:

:.:awònòP~."'
r16·. ( 18.32)
' i " ,·· ' ,, '"'Ml'~,,
,','
dove A 0 è il peso molecolare (o formula) dell'ossido, AM è il peso atomico del metallo e p 0 e
pMsono, rispettivamente. le densità dell'ossido e del metallo. Per metalli che hanno rapporti
P-B minori dell'unità, il film di ossido tende ad essere poroso e non protettivo perché è insuf-
ficiente a coprire completamente la superficie del metallo. Se il rapporto è maggiore dell'u-
nità. si avranno delle tensioni di compressione nel film man mano che questo si forma. Per un
rapporto maggiore di 2-3, lo strato di ossido può rompersi e sfaldarsi, esponendo continua-
mente una superficie di metallo nuova e non protetta. Il rapporto ideale P-B per la formazio-
ne di un film di ossido protettivo è pari ad uno. La Tabella 18.3 presenta rapporti P-B per
metalli che formano e non formano strati protettivi. Da questi dati di solito si può notare che
gli strati protettivi si formano normalmente sui metalli che hanno il rapporto P-B compreso
tra 1 e 2, mentre si ottengono strati non protettivi quando questo rapporto risulta inferiore ad

6 Per metalli non bivalenti, l'Equazione 18.32 diviene

(I &.33)

dove a è il coefficiente della specie metallica per la reazione totale di ossidazione descrilla
dall'Equazionel8.3 J.
594 • Capitolo 18 / Corrosione e degrado dei materiali

Tahdla 18.3 Rapporti Pilling-Bedworth per


diversi metalli

Protettivo Non protettivo

Ce 1.16 K 0.45
Al 1.28 Li 0.57
Pb 1.40 Na 0.57
Ni 1.52 Cd 1.21
Be 1.59 Ag 1.59
Pd 1.60 Ti 1.95
Cu 1.68 Ta 2.33
Fe 1.77 Sb 2.35
Mn 1.79 Nb 2.61
Co 1.99 u 3.05
Cr 1.99 Mo 3.40
Si 2.27 w 3.40

Fonte: B. Chalmers, Physica/ Metallurgy. Copyright ©


1959 di fohn Wiley & Sons, New York. Ristampa autoriz-
zata da fohn Wiley & Sons, Inc.

l o maggiore di 2. Oltre al rapporto P-B, anche altri fattori influiscono sulla resistenza ali' os-
sidazione dovuta al film protettivo; per esempio un alto grado di aderenza tra il film ed il
metallo, coefficienti di espansione termica del metallo e dell'ossido confrontabili e, per l'os-
sido, un punto di fusione relativamente alto ed una buona plasticità a temperatura elevata.
Per migliorare la resistenza all'ossidazione di un metallo si possono adottare diverse tec-
niche. Si può ad esempio applicare uno strato superficiale protettivo di un altro materiale, che
aderisca bene al metallo e sia di per sé resistente ali' ossidazione. In alcuni casi, l'aggiunta di
elementi di lega forma una scaglia di ossido più aderente e più protettiva in virtù di un più
favorevole rapporto Pilling-Bedworth e/o migliorando altre caratteristiche della scaglia.

Cl~ETICA

Una delle preoccupazioni principali riguardo l'ossidazione dei metalli è la velocità con cui la
reazione progredisce. Dato che la scaglia d'ossido normalmente rimane sulla superficie, la
velocità di reazione può essere determinata misurando l'aumento di peso per area unitaria in
funzione di tempo.
Quando l'ossido che si forma non è poroso ed aderisce alla superficie del metallo, la
velocità di crescita dello strato è controllata dalla diffusione ionica. Esiste una relazione
esponenziale tra l'aumento di peso per area unitaria W ed il tempo t secondo la relazione:

(18.34)

dove K 1 e K 2 sono costanti indipendenti dal tempo, ad una data temperatura. Questo anda-
mento dell'aumento del peso in funzione del tempo è tracciato schematicamente nella Figura
18.25. L'ossidazione del ferro, del rame e del cobalto segue questa espressione della velocità.
Nell'ossidazione dei metalli in cui la scaglia è porosa o si sfalda (cioè, per rapporti P-B
approssimativamente minori di l o più grandi di 2) l'espressione della velocità di ossidazio-
ne è lineare; cioè,
18.10 Ossidazione 595

Fu;rn \ I 8.2a Curva di cre-


scita del film di ossido secon-
Lineare
do leggi lineari, paraboliche e
logaritmiche.

Logaritmica

Tempo, r

(18.35)

dove K 3 è una costante. In questi casi sulla superficie metallica vi è sempre ossigeno dispo-
nibile per la reazione, in quanto l'ossido non agisce come una barriera. Sodio, potassio e tan-
talio si ossidano secondo questa espressione della velocità di crescita ed infatti hanno rap-
porti P-B significativamente diversi dall'unità (Tabella 18.3). La cinetica di crescita lineare
è rappresentata nella Figura 18.25.
Una terza legge per la velocità di reazione è stata osservata per strati di ossido molto sot-
tili [generalmente meno di 100 nm (1000 À)] che si formano a temperature relativamente
basse. La dipendenza del! 'aumento di peso dal tempo è logaritmica e prende la forma

(18.36)

Anche in questo caso, le K sono delle costanti. Questo comportamento dell'ossidazione,


mostrato nella Figura 18.25, è stato osservato per l'alluminio, per il ferro ed il rame a tempe-
rature prossime a quella ambiente.

CORROSIONE
DEI MATERIALI
CERAMICI

Si può pensare che i materiali ceramici, essendo composti formati da elementi metallici e non
metallici, è come se abbiano già subito corrosione. In effetti, essi sono straordinariamente
immuni alla corrosione in quasi tutti gli ambienti, specialmente a temperatura ambiente.
Generalmente la corrosione dei materiali ceramici si esplica semplicemente come dissolu-
zione chimica, in contrasto con i processi elettrochimici già visti per i metalli.
I materiali ceramici sono utilizzati frequentemente per la loro resistenza alla corrosione.
Per questa ragione si usa spesso il vetro per contenere liquidi. I ceramici refrattari devono non
solo sopportare alte temperature e fornire isolamento termico ma, in molti casi, resistere al-
l'attacco ad alta temperatura da parte dei metalli fusi, dei sali, delle scorie e dei vetri. Alcuni
dei progetti delle nuove tecnologie per la conversione di energia da una forma ad un'altra, pre-
vedono condizioni più favorevoli a temperature relativamente alte, in atmosfere corrosive e da
596 • Capitolo 18 / Corrosione e degrado dei materiali

pressioni superiori a quella ambiente. I materiali ceramici rispetto ai metalli sono quindi i più
adatti a sopportare la maggior parte di questi ambienti per periodi di tempo più lunghi.

DEGRADO
DEI POLIMERI

I materiali polimerici si deteriorano per interazione con l'ambiente. Tuttavia, tale interazione
indesiderabile è definita piuttosto come degrado che corrosione, perché i processi sono fon-
damentalmente dissimili. Mentre la maggior parte delle reazioni di corrosione dei metalli
sono di natura elettrochimica il degrado dei polimeri, invece, è di natura fisico----chimica,
implica, quindi, sia fenomeni fisici che chimici. Nel caso del degrado dei polimeri, inoltre,
sono possibili una gran varietà di reazioni e conseguenze avverse. I polimeri possono defe-
riorarsi, rigonfiandosi e dissolvendosi. È possibile anche la rottura dei legami covalenti, a
seguito del riscaldamento, di reazioni chimiche e di radiazioni, a cui si associa una riduzione
conseguente dell'integrità meccanica. Deve essere ricordato, inoltre, che a causa della com-
plessità chimica dei polimeri, i loro meccanismi di degrado non sono totalmente conosciuti.
Vediamo brevemente un paio di esempi di degrado di un polimero: il polietilene, espuslu
ad alte temperature in un 'atmosfera di ossigeno, subisce un indebolimento delle sue proprietà
meccaniche divenendo fragile. L'impiego del cloruro di polivinile può venire limitato a causa

Tabella 18.4 Resistenza a degrado da parte di diversi ambienti per


alcuni materiali selezionati plastici"

Materiale Acidi Acidi Soluzioni Alcali Solventi Solventi


non ossidanti ossidanti saline acq1wse ar.quo.fi polari non polari
(20% H,SO.J (10%HNO,) (NaCl) (NaOH) (C,H,OH) (C6HJ Acqua

Politetrafluoro--
etilene s s s s s s s
Nylon 6,6 u u s s Q s s
Policarbonato Q u s u s u s
Poliestere Q Q s Q Q u s
Polietereterchetone s s s s s s s
Polietilene a bassa densità s Q s s Q s
Polietilene ad alta densità s Q s s Q s
Polietilentereftalato s Q s s s s s
Ossido di Polifenilene s Q s s s u s
Polipropilene s Q s s s Q s
Polistirene s Q s s s u s
Poliuretano Q u s Q u Q s
Epossidica s u s s s s s
Silicone Q u s s s Q s
• S = soddisfacente; Q = discutibile; U = insoddisfacente.

Fonte: Da R. B. Seymour, Polymersfor Engineering Applications, ASM Intemational. Materials Park, OH, 1987.
18.11 Rigonfiamento e dissoluzione • 597

del colore che tale materiale assume se esposto a temperature elevate, sebbene tale ambiente
non influenzi le sue proprietà meccaniche.

18.11 RIGONFIAJ,IENTO E DISSOLEZIONE

Quando i polimeri vengono in contatto con i liquidi, le forme principali rli degrado possono
essere il rigonfiamento e la dissoluzione. Nel rigonfiamento, il liquido, o il soluto, diffonde e
viene assorbito ali 'interno del polimero; le piccole molecole di soluto si inseriscono ed occu-
pano posizioni tra le molecole del polimero. Questo fenomeno forza la separazione tra le
macromolecole e provoca quindi l'espansione ed il rigonfiamento del materiale. L'aumentata
separazione tra le catene porta, inoltre, ad una riduzione delle forze intermolecolari di lega-
me secondarie; di conseguenza, il materiale diverrà più tenero e più duttile. II liquido soluto
diminuisce, inoltre, la temperatura di transizione vetrosa e, nel caso che questa si abbassi al
di sotto della temperatura ambiente, rende ciò che precedentemente era un materiale forte, un
materiale gommoso e debole.
Il rigonfiamento può essere considerato un processo di dissoluzione in cui la solubilità del
polimero nel solvente è limitata. La dissoluzione, che si verifica quando il polimero è com-
pletamente solubile, può essere pensata come la prosecuzione del processo di rigonfiamento.
Come regola generale, più grande è la somiglianza di struttura chimica tra il solvente ed il
polimero, più grande sarà la facilità di ingrossamento e/o dissoluzione. Molte gomme idro-
carburiche, ad esempio, assorbono facilmente idrocarburi liquidi come ad esempio la benzi-
na. Il comportamento di alcuni materiali polimerici nei riguardi dei solventi organici viene
riportato nelle Tabelle 18.4 e 18.5.
Le caratteristiche d'ingrossamento e di dissoluzione sono anche influenzate dalla tempe-
ratura, cusì cume ùalk caratteristiche della struttura molecolare. Di solito, l'aumento del
peso molecolare, un alto grado di reticolazione e di cristallinità e basse temperature portano
ad una riduzione di questi processi deteriorativi.
La resistenza agli attacchi acidi ed a soluzioni alcaline è, di solito, migliore per i polime-
ri che non per i metalli. Un confronto qualitativo del comportamento di diversi polimeri in
queste soluzioni è presentato nelle Tabelle 18.4 e nel 18.5. I materiali che mostrano spiccata

Tabella 18.5 Resistenza a degrado in diversi ambienti per


materiali elastomerici selezionati 0

Materiale Invecchiamento Alcali Acido Idrocarburi Idrocarburi Oli


da luce Cricche Diluiti/ Diluito/ Clorurati, Alifatìci, vegetali
solare Ossidazione da ozono Concentrati Concentrato Sgrassanti Cherosene, ecc. animali

Polìsoprene D B NR A/C-B A/C-B NR NR D-B


(naturale)
Poiisoprene NR B NR C-B/C-B C-B/C-B NR NR D-B
(sintetico)
Butadiene D B NR C-B/C-B C-B/C-B NR NR D-B
Stirene - butadiene D e NR C-B/C-B C-B/C-B NR NR D-B
Neoprene B A A A/A A/A D e B
Nitrile (high) D B e B/B B/B C-B A B
Silicone A A A A/A B/C NR D-C A
(polisiloxane)

•A= eccellente. B = buono, C = normale, D = utilizzo con la cautela, NR = non raccomandato.

Fonte: Compound Selection and Service Guide, Seals Eastern, Inc., RedBank, NJ, 1977.
598 • Capitolo 18 / Corrosione e degrado dd materiali

resistenza agli attacchi in entrambe le soluzioni sono il politetrafluoroetilene (ed altri fluoro-
carburi) ed il polietereterchetone.

18.12 ROTTlll.A UI LEGAJIE

I polimeri possono anche subire degrado a causa di un processo detto di scissione - la rottu-
ra dei legami delle catene molecolari. Questo fenomeno produce nel punto di scissione la
separazione di segmenti di catena e la riduzione del peso molecolare. Come precedentemen-
te discusso (Capitolo 16), numerose proprietà dei materiali polimerici, comprese la resisten-
za meccanica e la resistenza ad attacco chimico, dipendono dal peso molecolare. Di conse-
guenza, alcune delle proprietà fisiche e chimiche dei polimeri possono essere influenzate
negativamente da questa forma di degrado. La rottura del legame può essere causata da espo-
sizione a radiazioni o calore e da reazione chimica.

Efl<'ETTI UELLF: RAUIAZIOl\l

Certi tipi di radiazione (raggi di elettroni, raggi x, {3 e y e radiazione ultravioletta) possiedo-


no energia sufficiente a penetrare un polimero ed interagire con gli atomi costituenti o con i
loro elettroni. Con tale reazione, detta di ionizzazione, la radiazione rimuove un elettrone
orbitale da un determinato atomo, convertendo quell'atomo in uno ione caricato positiva-
mente. Come conseguenza, il legame covalente associato all'atomo viene rotto ed in quel
punto si produce un riordino di atomi o gruppi di atomi. Questa rottura di legame può con-
durre o a scissione o a reticolazione nel sito di ionizzazione, a seconda della struttura chimi-
ca del polimero ed anche della dose della radiazione. Per proteggere i polimeri dal danno
degli ultravioletti si possono aggiungere degli stabilizzatori (Sezione 16.12).
Le conseguenze dell'esposizione a radiazioni non sono tutte negative. Con l'irraggia-
mento si può indurre una reticolazione e migliorare così la resistenza al degrado ed il com-
portamento meccanico. Ad esempio, le radiazioni y sono utilizzate commercialmente per reti-
colare il polietilene in modo da aumentarne la resistenza al rammollimento ed allo scorri-
mento a temperature elevate; fra l'altro, questo processo può essere eseguito direttamente sui
manufatti.

EFFETTI DELLE HEAZIOl\l CHl!\IICIIE

Ossigeno, ozono ed altre sostanze possono causare o accelerare la scissione della catena in
seguito a reazione chimica. Quest'effetto è prevalente in particolare nelle gomme vulcaniz-
zate che presentano atomi di carbonio con doppio legame lungo le catene molecolari e che
sono esposte all'ozono (0 3), un inquinante dell'atmosfera. Una tale reazione di scissione può
essere rappresentata come segue

-R-C=C-R'- + 03 - -R-C=O + O=C-R'- + O· (18.37)


I I I 1
H H H H

dove la catena viene spaccata in corrispondenza del doppio legame; R e R' ·rappresentano
gruppi di atomi legati alla catena che non prendono parte alla reazione. In genere, se la
gomma non viene tensionata, si forma in corrispondenza della superficie un film, che pro-
tegge il materiale da ulteriore reazione. Se questi materiali vengono sottoposti a tensioni di
trazione, si formano cricche e fessure che poi crescono in direzione perpendicolare a quella
dello sforzo ed alla fine può verificarsi la rottura del materiale. Queste rotture vengono chia-
ramente provocate da un grande numero di scissioni indotte dall'ozono. Nella Tabella 18.5
viene riportata la resistenza a degrado per esposizione all'ozono per diversi elastomeri.
Sommario • 599

EFFETTI TER.)llCI

Il degrado termico corrisponde alla scissione di catene molecolari a temperature elevate;


come conseguenza, alcuni polimeri subiscono reazioni chimiche in cui vengono prodotte
sostanze gassose. Queste reazioni sono evidenziate da una perdita di peso del materiale; la
stabilità termica di un polimero è una misura della sua resilienza a tale decomposizione. La
stabilità termica è collegata principalmente all'intensità dell'energia di legame tra i diversi
costituenti atomici del polimero: energie di legame più grandi portano a materiali termica-
mente più stabili. Ad esempio, l'intensità del legame C-F è maggiore di quella C-H, che a
sua volta è maggiore di quella C-Cl. I fluorocarburi, avendo legami C-F, sono tra i materia-
li polimerici più resistenti termicamente e possono essere utilizzati a temperature relativa-
mente alte.

18.13 ALTEIU.Zl01\E l\lET.EORICI\.

Molti materiali polimerici vengono utilizzati in applicazioni che richiedono esposizione


all'ambiente esterno. Qualsiasi degrado risultante è definito alterazione meteorica, che può
essere, in effetti, una combinazione di vari processi. In queste condizioni il deterioramento è
principalmente il risultato di un'ossidazione innescata dalle radiazioni ultraviolette del sole.
Alcuni polimeri come nylon e cellulosa sono suscettibili anche all'assorbimento d'acqua, che
produce una riduzione della loro durezza e della loro rigidezza. La resistenza all'alterazione
meteorica è piuttosto variabile per i diversi polimeri. I fluorocarburi sono per queste condi-
zioni praticamente inerti ma alcuni materiali, tra cui il cloruro di polivinile ed il polistirene,
sono suscettibili ad alterazione meteorica.

SOU ,1 ARI O
La corrosione metallica è solitamente di natura elettrochimica e prevede sia reazioni di ossi-
dazione che reazioni di riduzione. L'ossidazione è la perdita degli elettroni di valenza da
parte degli atomi di metallo; gli ioni risultanti possono passare nella soluzione corrosiva o
formare composti insolubili. Durante la reazione di riduzione, questi elettroni vengono tra-
sferiti ad almeno un'altra specie chimica. Il tipo di ambiente corrosivo determina quale delle
numerose possibili reazioni di riduzione si può verificare.
Non tutti i metalli si ossidano con lo stesso grado di facilità. Quando una coppia galvani-
ca è posta in un elettrolito, un metallo (l'anodo) si corrode, mentre sull'altro si verifica una
reazione di riduzione (il catodo). L'intensità del potenziale elettrico che si stabilisce tra anodo
e catodo è indicativa della forza della reazione di corrosione.
Le fem standard e la serie galvanica sono semplicemente graduatorie di materiali metal-
lici sulla base della loro tendenza a corrodersi se accoppiati ad altri metalli. Per la serie nor-
male delle fem, la graduatoria è basata sulla grandezza del voltaggio generato quando la cella
normale di un metallo è unita all'elettrodo standard a idrogeno a 25°C. La serie galvanica è
stilata in base alle reattività relative dei metalli e delle leghe in acqua di mare.
I potenziali di semicella nella serie normale delle fem sono parametri termodinamici che
sono validi solo all'equilibrio; i sistemi che si corrodono non sono in equilibrio. Inoltre, le
grandezze di questi potenziali non forniscono alcuna indicazione riguardo alla velocità alla
quale le reazioni di corrosione si verificano.
La velocità di corrosione può essere espressa come velocità di penetrazione di corrosio-
ne. cioè, la perdita di spessore di materiale per unità di tempo. L'unità di misura per questo
parametro è solitamente millimetri per anno. In alternativa, la velocità è proporzionale alla
600 Capitolo 18 / Corrosione e degrado dei materiali

densità di corrente associata alla reazione elettrochimica.


I sistemi che si corrodono si polarizzano. La polarizzazione non è altro che lo scostamento
del potenziale di ogni elettrodo dal suo valore di equilibrio; l'intensità di tale scostamento è de-
finita sovratensione. La velocità di corrosione di una reazione è limitata dalla polarizzazione,
di cui ne esistono due tipi -di attivazione e di concentrazione. I dati di polarizzazione vengono
diagrammati come potenziali rispetto al logaritmo della densità corrente. La velocità di corro-
sione per una particolare reazione può essere calcolata utilizzando la densità di corrente asso-
ciata al punto di intersezione delle curve di polarizzazione di ossidazione e di riduzione.
Molti metalli e leghe, in alcune condizioni ambientali, si passivano, ovvero perdono la
loro reattività chimica. Si pensa che questo fenomeno sia dovuto alla formazione di un film
sottile di ossido protettivo. Gli acciai inossidabili e le leghe di alluminio mostrano questo tipo
di t:ompurlamento. Il comportamento attivo - passivo può essere spiegato in base alla curva
a S del potenziale elettrochimico della lega in funzione della densità di corrente. Le interse-
zioni con le curve di polarizzazione di riduzione nelle regioni attive e passive corrispondono,
rispettivamente, ad alte e basse velocità di corrosione.
La corrosione metallica è classificata talvolta in otto forme diverse: attacco uniforme,
corrosione galvanica. corrosione interstiziale, vaiolatura (pitting), corrosione intergranulare,
dissoluzione selettiva, corrosione-erosione e corrosione sotto sforzo. È stato anche discusso
l'infragilimento da idrogeno, un tipo di cedimento talvolta osservato in alcuni ambienti cor-
ros1v1.
Le misure che possono essere prese per evitare o almeno ridurre la corrosione prevedono
una migliore scelta del materiale, la modifica dell'ambiente, l'uso dì inibitori, variazioni di
progetto, applicazione di strati protettivi e protezione catodica.
L'ossidazione dei materiali metallici per azione elettrochimica è possibile anche in atmo-
sfere secche e gassose. Il film d'ossido che si forma sulla superficie può agire come una bar-
riera ad un'ulteriore ossidazione se i volumi di metallo e film d'ossido sono simili, cioè, se il
rapporto Pilling-Bedworth è vicino all'unità. La cinetica di formazione dei film può seguire
leggi paraboliche, lineari o logaritmiche.
I materiali ceramici, essendo intrinsecamente resistenti alla corrosione, sono utilizzati fre-
quentemente a temperature elevate e/o in ambienti estremamente corrosivi.
I materiali polimerici si deteriorano in base a processi non corrosivi. Possono degradarsi
in seguito ad esposizione a liquidi, gonfiandosi o dissolvendosi. Con il rigonfiamento, in
effetti, le molecole di soluto si insinuano nella struttura molecolare. La scissione o la separa-
zione dei legami della catena molecolare può essere prodotta da radiazioni, reazioni chimi-
che o calore. Questo porta ad una riduzione di peso molecolare e ad un deterioramento delle
proprietà fisiche e chimiche del polimero.

TER:'.\111\l E COJ\CETTI l.MPORTA~Tl

Anu<lu Degrado da saldatura Polarizzazionedi concentrazione


Anodo sacrificale Dissoluzioneselettiva Protezione catodica
Catodo Elettrolito Rapporto Pilling~Bedworth
Corrosione Infragilimentoda idrogeno Riduzione
Corrosione galvanica Inibitore Scissione
Corrosione intercristallina Molarità Semicella standard
Corrosione intergranulare Ossidazione Serie delle forze elettromotrici(fem)
Corrosione interstiziale Passività Serie galvanica
Corrosione sotto tensione Polarizzazione Vaiolatura(pitting)
Corrosione-erosione Polarizzazionedi attivazione Velocitàdi penetrazione della corrosione
Domande e problemi • 601

BIBLIOGRAFIA

ASM Handhook, Voi. 13, Corrosion, ASM Tntemational, Dekker, Inc., New York, 1995.
Materials Park, OH, 1987. McEvily, A. J., Jr. (Editor), At/as of Stress-Corrosion
Craig, B. D. (Editor), Handbook of Corrosion Data, 2nd and Corrosion Fatigue Curves, ASM Intemational,
edition, ASM Intemational, Materials Park, OH, Materials Park, OH, 1990.
1995. Schreir, L. L. (Editor), Corrosion, Voi. I, Metal/
Fontana, M. G., Corrosion Engineering, 3rd edition, Environment Reactions; Voi. 2, Corrosion Contro/,
McGraw-Hill Book Company, New York, 1986. 3rd edition, Butterworth-Heinemann Ltd., Oxford,
Fontana, M. G. and R. W. Staehle (Editors), Advances in 1994.
Corrosion Science and Technology, Plenum Schweitzer, P. A. (Editor), Corrosion and Corrosion
Publishing Corp., New York. In seven volumes, Protection Handbook, 2nd edition, Marce! Dekker,
1970--1980. Inc., New York, 1989.
Gibala, R. and R. F. Hehemann, Hydrogen Embrittlement Schweitzer, P., Corrosion Resistance Tables, 4th edition,
and Stress Corrosion Cracking, ASM Intemational, Marce! Dekker, Inc., New York, 1995. In three
Materials Park, OH, 1984. volumes.
Jones, D. A., Principles and Prevention of Corrosion, Uhlig, H. H. and R. W. Revie, Corrosion and Corrosion
2nd edition, Prentice Hall, Upper Saddle, NJ, 1996. Contro!, 3rd edition, NACE Intemational, Houston,
Marcus, P. and J. Oudar (Editors), Corrosion TX, 1995.
Mechanisms in Theory and Practice, Marce!

D O 1\1A 1'-D E E PROBLEMI

18.1 (a) Spiegare in breve la differenza fra le reazioni una soluzione 2 x 10-3 M di ioni Cd 2+ e ferro puro
elettrochimiche d'ossidazione e di riduzione. in soluzione 0.4 Mdi ioni Fe 2+.
(b) Quale reazione si verifica all'anodo e quale al (b) Scrivere la reazione elettrochimica spontanea.
catodo? 18.6 Si abbia una cella a concentrazione Zn{Zn2+ in cui
18.2 (a) Scrivere le possibili semireazioni di ossidazio- entrambi gli elettrodi sono di zinco puro. La con-
ne e di riduzione che si verificano quando il centrazione di Zn 2+ per una semicella è 1.0 M, per
magnesio è immerso in ognuna delle seguenti l'altra, 10-2 M. Si avrà una differenza di potenzia-
soluzioni: (i) HCI, (ii) una soluzione HCl conte- le tra le due semicelle? Se sì, quale è la sua inten-
nente ossigeno dissolto, (iii) una soluzione HCl sità e quale elettrodo sarà ossidato? Se nessun vol-
contenente ossigeno dissolto e, inoltre, ioni Fe 2+. taggio è prodotto, spiegate questo risultato.
(b) In quale di queste soluzioni vi aspettereste che 18.7 Una cella elettrochimica è formata da elettrodi di
il magnesio si ossidi molto rapidamente? Perché? rame e di piombo puri immersi in soluzioni dei
18.3 Vi aspettereste che il ferro si corroda nell'acqua loro relativi ioni bivalenti. Per una concentrazione
ad elevata purezza? Perché o perché no? 0.6 M, di Cu 2+, l'elettrodo di piombo è ossidato
18.4 Dimostrare che (a) il valore di ~nell'Equazione fornendo un potenziale di cella di 0.507 V.
18.19 è 96500 C/mol e (b) a 25 °C (298 K), Calcolate la concentrazione di ioni Pb 2+ se la tem-
peratura è di 25°C.
R~ In x = 0.0592 log x 18.8 Una cella elettrochimica è costruita in modo tale
n;'J, n che da un lato un elettrodo di nichel puro è in con-
tatto con una soluzione che contiene ioni Ni 2+ in
18.5 (a) Calcolate il potenziale a 25°C di una cella elet- una concentrazione pari a 3 x 10-3 M. L'altra
trochimica formata da cadmio puro immerso in semicella è formata da un elettrodo di Fe puro
602 • Capitolo 18 / Corrosione e degrado dei materiali

immerso in una soluzione di ioni Fe 2+ di concen- dove K è una costante, A è il peso atomico del
trazione pari a O.I M. A quale temperatura il metallo che subisce corrosione, n è il numero di
potenziale tra i due elettrodi vale +0.140 V? elettroni associati alla ionizzazione di ogni atomo
18.9 Modificate l'Equazione 18.19 nel caso in cui i di metallo e p è la densità del metallo.
metalli M 1 e M 2 siano leghe. (b) Calcolare il valore della costante K per la VCP
18.10 Per le seguenti coppie di leghe che sono accoppia- in mm/anno e di i in µA/cm 2 (10-6 A/cm 2).
te in acqua di mare, predite la possibilità di corro- 18.16 Utilizzando i risultati del Problema 18.15, calco-
sione; se la corrosione è possibile, dite quale lega lare la velocità di penetrazione di corrosione, in
si corroderà. mm/anno, per la corrosione del ferro in acido
(a) Alluminio e magnesio. citrico (per formare ioni Fe 2+) se la densità di cor-
(b) Zinco ed un acciaio a basso carbonio. rente di corrosione è 1.15 x 10-5 A/cm 2 •
(e) Ottone (60Cu--40Zn) e Monel (70Ni-30Cu). 18.17 (a} Elencate le differenze principali fra la polariz-
(d) Titanio e acciaio inossidabile 304. zazione di attivazione e quella di concentrazione.
(e) Ghisa e acciaio inossidabile 316. (b) Sotto quali condizioni la polarizzazione di
18.11 (a) Dalla serie galvanica (Tabella 18.2), citate tre attivazione controlla la velocità?
metalli o leghe che possono essere utilizzati per (e) Sotto quali condizioni la polarizzazione di
proteggere galvanicamente il nichel nello stato concentrazione controlla la velocità?
attivo. 18.18 (a) Descrivete il fenomeno di equilibrio dinamico
(b) La corrosione galvanica talvolta è evitata che si applica alle reazioni elettrochimiche di
ponendo in contatto elettrico i metalli della coppia ossidazione e di riduzione.
con un terzo metallo, anodico rispetto agli altri (b) Quale è la densità della corrente di scambio?
due. Utilizzando la serie galvanica, trovate un 18.19 Spiegate in breve perché, per le reazioni di ossi-
metallo che potrebbe essere utilizzato per proteg- dazione, la polarizzazione di concentrazione non
è normalmente il fattore controllante la velocità di
gere la coppia galvanica rame-alluminio.
corrosione.
18.12 Dimostrate che la costante K nell'Equazione
18.20 li piombo si corrode in soluzione acida secondo
18.23 vale 87.6 per la VCP espressa in mm/anno.
la reazione
18.13 Una parte di una piastra di acciaio, di un serbatoio
sommerso nell'oceano, si è corrosa. È stato stima-
to che l'area originale della piastra fosse 645 cm 2
e che circa 2.6 kg siano stati rimossi a causa della
Le velocità delle semireazioni, sia di ossidazione
corrosione durante l'immersione. Supponendo
che di riduzione, sono controllate dalla polarizza-
una velocità di penetrazione della corrosione di 5
zione di attivazione.
mm/anno per questa lega in acqua di mare, stima-
(a) Calcolate la velocità di ossidazione del Pb (in
te il tempo di immersione in anni. La densità del-
mol/cm 2-s) dai seguenti dati di polarizzazione di
!'acciaio è 7.9 Mg/m3.
attivazione:
18.14 Una lastra spessa di acciaio di 400 cm 2 di area è
esposta all'aria vicino al mare. Dopo un anno si è Per il piombo Per l'idrogeno
calcolata una perdita in peso di 375 g a causa della
corrosione. Quale è la velocità di corrosione, in ""-0.126 V ::=OV
V(Pb/Pb2+l V(H•/H2l
mm/anno, corrispondente? i[] = 2 x 10-9 A/cm2 io "' I .Ox 10-11
A/cm2
18.15 (a} Dimostrate che la VCP è legata alla densità di /3 = +0.12 /3 ""-O. IO
corrente di corrosione i (in A/cm 2) attraverso I' e-
spressione (b) Calcolate il valore del potenziale di corrosio-
KAi ne.
YCP=-- (18.38)
np
Domande e problemi • 603

18.21 Per un metallo M bivalente deve essere determi- 18.25 Per ogni forma di corrosione, diversa da quella
nata la velocità di corrosione in una soluzione uniforme:
contenente ioni idrogeno. Sono noti i seguenti dati (a) Descrivere perché, dove e le condizioni per cui
di corrosione per il metallo e la soluzione: la corrosione si verifica;
(b) Citate tre misure che possono essere adottate
per evitarla o controllarla.
Per il metallo M Per l'idrogeno 18.26 Citare due esempi dell'uso vantaggioso della cor-
rosione galvanica.
v<MIM2+,= --0.47 v v1H+iH2)= o v 18.27 Spiegare brevemente perché i metalli lavorati a
i0 = 5 x 10-10 A/cm 2 i0 = 2 x 10-9 A/cm~
freddo sono più suscettibili alla corrosione dei
f3 = +0.15 /3 = --0.12 metalli non lavorati a freddo.
18.28 Spiegare brevemente perché la velocità di corro-
(a) Supponendo che la polarizzazione di attiva- sione aumenta al diminuire del rapporto tra l'area
zione controlli sia l'ossidazione che la riduzione, dell'anodo e quella del catodo.
determinare la velocità di corrosione del metallo
18.29 Per una cella a concentrazione, spiegare in breve
M (in mol/cm 2-s). perché la corrosione si verifica in quella regione
(b) Calcolare il potenziale di corrosione per que-
che è a concentrazione inferiore.
sta reazione.
18.30 L'Equazione 18.23 vale ugualmente per la corro-
18.22 L'influenza dell'aumento della velocità di disso-
sione uniforme e per la vaiolatura? Perché o per-
luzione sull'andamento della sovratensione in
ché no?
funzione del log della densità di corrente, per una
18.31 (a) Che cosa sono gli inibitori?
soluzione che è soggetta a polarizzazione combi-
(b) Quali possibili meccanismi rendono conto
nata di attivazione-concentrazione, è indicata
nella Figura 18.26. Sulla base di questo comporta- della loro efficacia?
mento, disegnate un diagramma schematico della 18.32 Descrivere brevemente le due tecniche che sono
velocità di corrosione in funzione della velocità di utilizzate per la protezione galvanica.
dissoluzione per l'ossidazione di un metallo; sup- 18.33 Le lattine sono fatte di un acciaio il cui interno è
ponete che la reazione d'ossidazione sia control- ricoperto con uno strato sottile di stagno. Lo sta-
lata dalla polarizzazione di attivazione. gno protegge l'acciaio dalla corrosione degli ali-
18.23 Descrivete brevemente il fenomeno della passi- menti, allo stesso modo con cui lo zinco protegge
vità. Citare due tipi comuni di lega che si passiva- l'acciaio dalla corrosione atmosferica. Spiegare,
no. in breve, come questa protezione catodica dello
18.24 Perché il cromo rende gli acciai inossidabili più stagno sia possibile, nonostante questo sia elettro-
resistenti alla corrosione in molti ambienti rispet- chimicamente meno attivo nella serie (Tabella
to agli acciai al carbonio? 18.2).

FtGLRA 18.26 Diagramma di sovra-


tensione in funzione del logaritmo della
densità di corrente per una soluzione
che è soggetta a polarizzazione combi-
nata di attivazione - concentrazione a
diverse velocità di dissoluzione.

Velocità v1
log densità di corrente
604 • Capitolo 18 / Corrosione e degrado dei materiali

18.34 Per ognuno dei metalli sotto elencati, calcolare il 18.38 Di seguito sono tabulati i dati di aumento di
rapporto Pilling-Bedworth. In base a questo valo- peso-tempo per l'ossidazione di un metallo a tem-
re, inoltre, specificate se vi aspettate che la scaglia peratura elevata.
d'ossido che si forma sulla superficie sia protetti-
va e quindi giustificate la vostra conclusione. T W (mglcm2) Tempo (min)
dati di densità, sia del metallo che del suo ossido,
sono riportati nella seguente tabella. 1.90 25
3.67 75
6.40 250
Metallo Densità Ossido Densità
Metallo Metallo Ossido
(Mglm') (Mg/m 1)
(a) Determinate se le cinetiche di ossidazione
obbediscono ad un'espressione di variazione della
Zr 6.51 Zr0 2 5.89
velocità lineare, parabolica o logaritmica.
Sn 7.30 SnO2 6.95
(b) Calcolate W dopo un tempo di 3500 minimo.
Bi 9.80 Bi 2 0, 8.90
18.39 Da un punto di vista molecolare, spiegare perché,
all'aumentare della reticolazione e della cristalli-
18.35 Secondo la Tabella 18.3, lo strato di ossido che si nità di un materiale polimerico, aumenta la sua
forma sull'argento non dovrebbe essere protettivo resistenza al rigonfiamento ed alla dissoluzione.
e tuttavia l' Ag non si ossida apprezzabilmente a Vi aspettereste che la reticolazione e la cristalli-
temperatura ambiente ed in aria. Come spiegate ni là avessero un 'influenza più grande?
questa evidente discrepanza? Giustificate la vostra conclusione.
18.36 Di seguito sono tabulati i dati di aumento di 18.40 Elencate tre differenze fra la corrosione dei metal-
peso-tempo per l'ossidazione del rame a tempera- li e
tura elevata. (a) la corrosione dei ceramici;
(b) il degrado dei polimeri.
W(mglcm') Tempo (min)
Problemi di progettazione
0.316 15 18.D1 Una soluzione di acqua salmastra è impiegata
0.524 50 come mezzo refrigerante in uno scambiatore di
0.725 100 calore in acciaio. L'acqua salmastra è fatta circo-
lare ali' interno dello scambiatore di calore e con-
(a) Determinate se le cinetiche di ossidazione tiene dell'ossigeno dissolto. Suggerite tre metodi,
seguono un'andamento della velocità lineare, diversi dalla protezione catodica, per ridurre la
parabolico o logaritmico. corrosione dell'acciaio da parte dell'acqua salma-
(b) Calcolate ora W dopo un tempo totale di 450 stra. Spiegate la logica seguita per ogni suggeri-
min. mento.
18.37 Di seguito sono tabulati i dati di aumento di 18.D2 Suggerite un materiale appropriato per ognuna
peso-tempo per l'ossidazione di un metallo a tem- delle seguenti applicazioni e, se necessario, elen-
peratura elevata. cate le misure di prevenzione della corrosione che
dovrebbero essere prese. Giustificate i vostri sug-
W (mg/cm') Tempo(min) gerimenti.
(a) Bottiglie di laboratorio che contengono solu-
4.66 20 zioni relativamente diluite di acido nitrico.
11.7 50 (b) Barili per contenere benzene.
41.1 175 (e) Tubazioni per trasportare soluzioni alcaline
(basiche) calde.
(a) Determinate se le cinetiche di ossidazione (d) Serbatoi sotterranei per conservare grandi
obbediscono ad un'espressione di crescita lineare, quantità dì acqua ad elevata purezza.
parabolica o logaritmica. (e) Rifiniture architettoniche per edifici a più
(b) Calcolate ora W dopo un tempo di 1000 min. piani.
le Proprietà Elettriche dei Materiali?

tente o materiali diversi sono anch'esse n


le pro- Inoltre, per applicazioni diverse sono ;;
spe!>SO proprietà diverse: può esservi necessil
. scelta materiali altamente conduttori (nella J
licazio- esempio, di ca,·i connettori), mentre
7, ver- richiede l'impiego di materiali isolan
gati in come materiale di supporto protettivo
, di un circuito integrato),
·iche di
Obiettivi di apprendimento

Dopo aver studiato questo capitolo, dovresti etisere in grado di fare le seguenti co!le:

I. Descrivere le quattro possibili strutture a bande 6. Per una giunzione p-n spiegare il processo di ret-
elettroniche presenti nei solidi. tifica in termini di movimento degli elettroni e
2. Descrivere brevemente gli eventi in grado di delle lacune.
eccitare gli elettroni e' di produrre quindi elet- 7. Calcolare la capacità di un condensatore a piastre
troni liberi/lacune nei a) metalli, b) semicondut- parallele.
tori (intrinseci ed strinseci) e e) isolanti. 8. Dertnire la costante dielettrica in termini delle
3. Calcolare le conduttività elettriche dei metalli, permettività.
dei semiconduttori (intrinseci ed estrinseci) e 9. Spiegare brevemente come la capacità di accu-
degli isolanti conoscendo le densità dei portatori mulo di cariche di un condensatore possa essere
di carica e le loro mobilità. aumentata dall'inserimento e dalla polarizzazione
4. Distinguere i materiali tra semiconduttori intrin- di un materiale dielettrico inserito tra le piastre.
seci o estrinseci. I O. Nominare e descrivere i tre tipi di polarizzazione.
5. Descrivere come varia la conduttività elettrica al
crescere della temperatura nei a)metalli, b) semi-
conduttori e c) isolanti.

19.1 INTRODUZIONE

Obiettivo primario del presente capitolo è esplorare e presentare le proprietà elettriche dei
materiali, ovvero il comportamento di materiali diversi quando essi sono sottoposti ad un
campo elettrico applicato dall'esterno. Si inizierà descrivendo il fenomeno della conduttività
elettrica: i parametri con i quali essa è espressa, i meccanismi di conduzione degli elettroni,
la struttura elettronica a bande e come essa influenza la capacità di conduzione dei materiali.
Tutti i principi citati verranno analizzati nel caso dei materiali conduttori, semiconduttori ed
isolanti. Verranno inoltre anche analizzati con particolare attenzione i materiali semicondut-
tori e i dispositivi a semiconduttore e saranno anche presentate le caratteristiche dielettriche
degli isolanti. I paragrafi finali, infine, saranno dedicati ai fenomeni di ferroelettricità e pie-
zoelettricità di alcuni materiali.

' ELETTRICA
CONDUTTIVITA
19.2 LA LEGGE DI 0H"\f

Tra le più importanti caratteristiche elettriche dei materiali solidi vi è la facilità con la quale
essi sono in grado di trasmettere la corrente elettrica. La legge di Ohm correla la corrente I
- ovvero la velocità con la quale passano le cariche elettriche - alla tensione applicata, come
segue:
V=IR
(19.1)

dove R è la resistenza opposta dal materiale al passaggio della corrente al suo interno. Le unità
di misura di V, I e R sono rispettivamente i volts (J/C), gli amperes (C/s) e gli ohm (V/ A). Il va-
lore di R è influenzato dalla geometria del provino e, per molti materiali, è indipendente dalla
corrente. La resistività p è indipendente dalla geometria del provino, ma è correlata a R attra-
verso l'espressione
.. RA
p=-1- (19.2)

dove I è la distanza tra i punti tra i quali è misurata la tensione ed A è la sezione perpendico-
606 lare alla direzione della corrente. L'unità di misura di p è l'ohm-metro (Q-m).
I 9.3 Conduttività elettrica 607

Resistenza variabile Fu;uu J9. 1 Rappresentazione


schematica del dispositivo impiega-
to per misurare la resistività elettri-
ca.

Amperometro ;( I Batteria

~1
Campione

trasversale, A

Voltmetro

Dall'espressione della legge di Ohm e dall'Equazione 19.2


. VA
p.~· 11 ( 19.3)

Nella Figura 19.1 è riportato uno schema di un apparato sperimentale per Ja misura della resi-
stività elettrica.

19.3 CONDUTTIVITÀ ELETTRICA

Molte volte la conduttività e]ettrica o viene usata per connotare la caratteristica elettrica di
un determinato materiale. Essa è semplicemente il reciproco della resistività, ovvero
l
a.=··--
. p ( 19.4)

ed è una grandezza che indica la facilità con la quale un materiale è in grado di condurre la
corrente elettrica. Le unità di o sono il reciproco dell'ohm-metro [(Q-mt1, o mho/m]. Tutte
le considerazioni che verram;10successivamente esposte, terranno in considerazione sia la
resistività che la conduttività.
Oltre alla forma riportata nell'Equazione 19.1, la legge di Ohm può essere espressa dalla

(19.5)

dove J è la densità di corrente, ovvero la corrente per unità di area I/A, ed ',g è l'intensità del
campo elettrico, ovvero la differenza di potenziale presente tra due punti diviso la distanza
che li separa, ovvero

(19.6)

La dimostrazione dell'equivalenza delle due espressioni della legge di Ohm riportate


(Equazioni 19.1 e 19.5) è lasciata al lettore quale esercizio.
I materiali solidi mostrano di possedere valori di conduttività elettrica estremamente
diversi fra loro e distribuiti su intervalli molto ampi, che arrivano a più di 27 ordini di gran-
dezza; probabilmente non esiste nessuna altra grandezza fisica che presenti una così ampia
gamma di variazione tra materiali diversi. Infatti, una delle possibili classificazioni dei mate-
riali solidi è basata sulla facilità con cui essi conducono la corrente elettrica; in base a questa
classificazione, i materiali solidi possono essere suddivisi in tre gruppi: conduttori, semicon-
duttori e isolanti. I metalli sono buoni conduttori e presentano conduttività dell'ordine di 107
608 • Capitolo I 9 / Proprietà elettriche

(Q-mf'. All'estremo opposto vi sono i materiali con una conduttività molto bassa, compre-
sa tra 10-10 e 10-20 (Q-mr 1; questi sono gli isolanti elettrici. I materiali che presentano con-
duttività intermedie fra questi estremi, ovvero comprese tra 10--0e 104 (Q-mf 1, sono chiama-
ti semiconduttori.

19.4 CONDUZIONE ELETTRONICA E IONICA

Una corrente elettrica è generata dal moto di particelle elettricamente cariche, causato dal-
l'applicazione di un campo elettrico esterno. Le particelle con carica positiva vengono acce-
lerate nel medesimo verso del campo elettrico applicato, mentre le cariche elettriche negati-
ve si muovono nella direzione opposta. Nella maggior parte dei materiali solidi, la corrente
scaturisce dal fluire degli elettroni e, in questo caso, si parla di conduzione elettronica.
Invece, nel caso dei materiali ionici, la corrente può anche venire prodotta da un flusso netto
di ioni carichi elettricamente, e questa è chiamata conduzione ionica. Qui di seguito verran-
no presentati i meccanismi della conduzione elettronica, mentre la conduzione ionica verrà
soltanto brevemente trattata nella Sezione] 9.15.

19.5 STRUTI'URE A BANDE DI ENERGIA NEI SOLIDI

In tutti i conduttori, semiconduttori ed in molti materiali isolanti, esiste solamente il mecca-


nismo di conduzione elettronica e, pertanto, l'entità della conduttività elettrica risultante
dipende fortemente dal numero di elettroni in grado di partecipare al processo di conduzione.
Tuttavia, non tutti gli elettroni presenti in ogni atomo subiscono un 'accelerazione in presen-
za di un campo elettrico. Il numero degli elettroni disponibili per la conduzione elettrica in un
particolare materiale è correlato inscindibilmente con la disposizione degli stati o livelli elet·
tronici in base alla loro energia ed anche alla maniera con la quale questi livelli sono occupati
dagli elettroni. Tuttavia una spiegazione rigorosa di tutti questi fenomeni è piuttosto compli-
cata e richiede la conoscenza dei principi della meccanica quantistica, i quali esulano dallo
scopo di questa trattazione; pertanto, nel seguito verranno tralasciati alcuni concetti eccessi-
vamente complicati, mentre altri verranno semplificati.
Già nella Sezione 2.3 sono stati presentati, per un atomo isolato, i concetti relativi agli
stati energetici nella sezione degli elettroni, la modalità con la quale essi vengono occupati e
le configurazioni elettroniche risultanti. Sostanzialmente in ogni atomo sono presenti livelli
energetici discreti i quali possono essere occupati dagli elettroni che si suddividono in gusci
e sottogusci elettronici. I gusci sono designati da numeri interi (1, 2, 3 ecc.) mentre i sotto·
gusci da lettere minuscole (s, p, d ej). Per ciascuno dei sottogusci s. p, d ef esistono anco
rispettivamente uno, tre, cinque e sette livelli. Nella maggior parte degli atomi gli elettroni s·
dispongono in maniera da riempire esattamente i livelli ad energia inferiore, occupando ogn
livello con due elettroni di spin opposto, in accordo con il principio di esclusione di Pauli.
configurazione elettronica di un atomo isolato rappresenta appunto la disposizione degli elet
troni nei livelli energetici consentiti.
Tutti i concetti fin qui presentati per un singolo atomo, possono venire facilmente estrapo
lati al caso dei materiali solidi. Un solido può essere visto come un insieme di un grande nu
mero, diciamo N, di atomi inizialmente separati, i quali vengono successivamente posti a con
tatto l'un l'altro fino a fonnare legami atomici e dare vita ad una configurazione atomica ordi
nata e ripetitiva, quale quella dei solidi cristallini. Quando un atomo è isolato, ovvero posto
grandi distanze dagli altri atomi, è indipendente e presenta i livelli energetici interni e laconfi
gurazione elettronica propria dell'atomo singolo. Tuttavia, quando la distanza di separazion
tra gli atomi diminuisce, gli elettroni degli atomi vengono perturbati dalla presenza degli al
elettroni e dai nuclei degli atomi adiacenti. L'interazione che ne deriva è in grado di causare!
suddivisione di ciascun livello atomico in una molteplicità di livelli elettronici molto ravvic·
nati fra loro contenuti nel solido creatosi, i quali danno vita a una banda di energia. L'este
19.5 Strutture a bande di energia nei solidi • 609

FlGl1IU. 19.2
Rappresentazione
schematica dei livelli Banda
energetica 2 s Stato elettronico 2s
delle energie elettroniche
(12 livelli
rispetto alla distanza di diversi)
separazione interatomica
per un insieme di 12 Singolt livelli energe1ici permessi
atomi (N = 12). Quando
inizia l'interazione
atomica, ciascuno dei Banda Stato elettronico 1 s
livelli ls e 2s si suddivide energetica 1s
(12 livelli
e forma una banda diversi)
energetica con dodici
diversi livelli.

Separazione interatomica

sione di questa banda (ottenuta dai livelli atomici dei diversi atomi vicini) dipende dalla di-
stanza di separazione interatomica (Figura I 9.2), in particolare, la sovrapposizione dei livelli
inizia da quelli più esterni, i quali sono i primi ad interagire ed a subire gli effetti della pertur-
bazione quando gli atomi si avvicinano tra loro. All'interno di ciascuna banda di energia i li-
velli energetici sono discretizzati, pertanto la differenza energetica esistente tra livelli adia-
centi è estremamente esigua. Alla distanza di equilibrio, la formazione delle bande energetiche
può anche non avvenire per i sottogusci atomici più vicini ai nuclei, come riportato nella Fi-
gura 19.3h. Inoltre, come riportato nella medesima figura, tra le differenti bande elettroniche
possono esistere distanze di separazione, in questi casi i livelli energetici presenti nelle zone di
separazione tra le diverse bande non possono venire occupati dagli elettroni. La rappresenta-
zione convenzionale delle strutture a bande presenti nei solidi è riportata nella Figura 19.3a.

.,, Energia della banda di separa.zione


~
1 ... ---------
!__,-·.,._.,_·/
___ Energia della banda t
"'
-~
Q,I
e:
u.J

r
Distanza di separazione
Separazione
interatomica -
(a) 1b)
all'equilibrio

FIGURA 19.3 (a) Rappresentazione convenzionale della struttura a bande presente nei solidi alla
distanza interatomica di equilibrio. (b) Energia elettronica rispetto alla distanza interatomica per
un insieme di atomi. Dal grafico è possibile ricostruire la struttura a bande raffigurata nella zone
(a) del diagramma. (Da Z.D. Jastrzebski, The Nature and Properties of Enf?ineering Marerials,
3rd edition. Copyright© 1987, John Wiley and Sons, Inc. Ristampa autorizzata da John Wiley and
Sons, Inc.)
61 O • Capitolo 19 / Proprietà elettriche

Il numero dei livelli atomici presenti all'interno di ciascuna banda energetica è sempre
pari alla somma del numero dei livelli messi in gioco dagli Natomi. Per esempio, una banda
s sarà formata da N livelli mentre una banda p da 3N livelli. Per quanto concerne la disposi-
zione elettronica all'interno delle bande, invece, in ogni livello possono essere presenti due
elettroni di spin opposto. Inoltre, le bande vengono occupate dagli elettroni che erano prece-
dentemente posizionati nei livelli energetici corrispondenti appartenenti agli atomi isolati.
Per esempio, la banda energetica 4s del solido formatosi conterrà gli elettroni che facevano
parte delle bande 4s degli atomi isolati. Naturalmente può accadere che ci siano bande com-
pletamente vuote ed alcune soltanto parzialmente riempite.
Le proprietà elettriche dei solidi sono la conseguenza della loro struttura a bande; ovvero
della configurazione delle bande elettroniche più esterne e della modalità con la quale esse
vengono riempite dagli elettroni.
A O K sono possibili quattro diversi tipi di strutture a bande. Nella prima (riportata in
Figura 19.4a) la banda elettronica più esterna è soltanto parzialmente riempita dagli elettro-
ni. L'energia corrispondente a O K allo stato riempito più esterno è chiamata energia di
Fermi Er Questa struttura a bande energetiche è caratteristica di alcuni metalli (come ad
esempio il rame) ed in particolare di quelli che hanno un singolo elettrone di valenza nella
banda s. Ogni atomo di rame ha un elettrone 4s, mentre in un solido contenente Natomi di
rame, la banda 4s è in grado di accogliere 2N elettroni. Pertanto ne deriva che soltanto la metà
delle posizioni elettroniche disponibili in questa banda 4s sono riempite.
Nel secondo tipo di struttura a bande, anch'essa tipica dei metalli (Figura 19.4 b) come ad
esempio il magnesio, è presente una sovrapposizione tra una banda piena ed una vuota. Nel
caso del magnesio ogni atomo isolato ha due elettroni nella banda 3s, mentre nel solido le
bande 3s e 3p si sovrappongono. In questo caso alla temperatura di O K l'energia di Fermi
viene individuata in quella energia sotto la quale per N atomi vengono riempiti N stati con
due elettroni per livello.
Le restanti due strutture sono simili; una banda (la banda di valenza) è completamente
riempita dagli elettroni ed è separata da un'altra banda vuota chiamata banda di conduzio-
ne. Tra le due bande è presente una banda di separazione energetica. Nel caso di materiali
molto puri, agli elettroni non è consentito assumere livelli energetici contenuti in questa
banda proibita. La principale differenza tra queste due strutture è nell'ampiezza del valore
della banda di separazione; per gli isolanti è ampia (Figura 19.4c), mentre nei semicondutto-

Banda di
conduzione Banda di
Banda vuota conduzione
Banda vuota vuota
vuota
Banda di
Banda di Er Ban a i
separazione
separazione separazione
livelli vuoti
Er

/a) (b) (e) (d)

FtU"RA 19.4 Possibili strutture elettroniche a bande presenti nei solidi a OK. (a) Struttura a
bande elettroniche presente in metalli quali il rame, nei quali ci sono livelli elettronici disponibili
adiacenti ai livelli pieni. (b) Struttura elettronica di metalli quali il magnesio, in cui è presente
sovrapposizione tra bande vuote e quelle riempite. (e) Struttura elettronica caratteristica degli iso-
lanti; la banda di valenza completamente riempita è separata dalla banda di conduzione vuota da
una banda relativamente larga (>2 eV). (d) Struttura elettronica tipica dei semiconduttori, che è la
medesima degli isolanti tranne per il fatto che il gap energetico è di minore entità (<2 eV).
19. 6 Interpretazione della conduzione in hai;c ai modelli di banda ed ai legami interatomici • 611

ri è abbastanza stretta (Figura 19.4d). In ambo i casi l'energia di Fermi giace in prossimità
della zona centrale del gap presente tra le due bande.

19.6 l~TERPKET.\ZIO-'E DELLA CONDl ZI0:\1E I~ RASE Al JTODELLI DI BANDA ED AI


l.ECAl\ll I:\TER.\TO!\HCI

A questo punto dell'esposizione, è fondamentale chiarire un altro concetto, e cioè che soltan-
to gli elettroni con energie superiori all'energia di Fermi possono essere attivati ed accelera-
ti in presenza di un campo elettrico. Questi sono gli elettroni che prendono parte al processo
di conduzione, e sono chiamati elettroni liberi. Nei semiconduttori e negli isolanti, invece,
si trova un'altra entità caricata elettricamente, chiamata lacuna. Le lacune hanno energie
inferiori ad E1 e prendono parte anch'esse al processo di conduzione elettrica. Come si vedrà
in seguito, la conduttività elettrica è direttamente proporzionale ali numero di elettroni liberi
e di lacune presenti nel materiale. Inoltre, la differenza tra elementi conduttori e non con-
duttori (isolanti e semiconduttori) risiede proprio nel diverso numero dei portatori di carica,
siano essi elettroni liberi o lacune.

ME1~\LLJ

Un elettrone, per diventare libero, deve essere eccitato o immesso in uno degli stati di ener-
gia superiori ad E1 vuoti e disponibili. Per i metalli che presentano strutture di banda del tipo
di Figura 19.4a o 19.4b, vi sono stati di energia disponibili immediatamente adiacenti allo
stato occupato di energia Er Pertanto si richiede una energia molto bassa per promuovere gli
elettroni ai primi livelli degli stati vuoti, come mostrato in Figura 19_.5.In genere l'energia
fornita da un campo elettrico è sufficiente ad eccitare un gran numero di elettroni e portarli in
questi stati di conduzione.
Nei modelli descriventi il legame metallico trattati nella Sezione 2.6, si era ipotizzato che
tutti gli elettroni di valenza avessero libertà di movimento e formassero un" gas elettronico",
uniformemente distribuito all'interno del reticolo di ioni. Benché questi elettroni non siano
localmente legati a nessuno ione in particolare, devono tuttavia venire eccitati per diventare
elettroni conduttori realmente liberi. Anche se viene eccitata solo una parte di essi, si dà ori-
gine comunque ad un numero relativamente grande di elettroni liberi e, conseguentemente,
ad una elevata conduttività.

lSOLAl\"Tl i': SE,nCO~DLTTORI

A differenza di quello che avviene nei conduttori elettrici, negli isolanti e nei semiconduttori
non sono disponibili stati liberi adiacenti alle bande di valenza occupate. Pertanto, per dive-
F1u it\ 19.:i
Occupazione degli stati
dell'elettrone in un metal-
lo prima (a) e dopo (b)
Stati vuoti
un trasferimento dell 'elet-
trone.
.,.
l .......
t------.._-------1Et ,_____ T~------1Ef
...
..... ..
..... Eccitazione

Stati pieni
-o-

.....
... ..
...
...
elettronica

...
...
.... ..
•....
..
(a) (b)
612 • Capitolo 19 / Proprietà elettriche

FtGlltA 19.(, O)
c -
Occupazione degli stati '6·~N
QJ
e: --
dell'elettrone per un
·- o
-c,·- -
---
"':, N
-O-e:, "':,
cc "'O-O
isolante o semiconduttore "'ou
:o cc:
Elettrone libero
prima (a) e dopo (b) il
"'ou
e,:, ... ~

trasferimento di un
elettrone dalla banda di
valenza alla banda di - Eccitazione elettronica

conduzione, nella quale


...
...
sono generati sia un
elettrone libero che una k~c-
... Lacuna nella banda
lacuna.
'6,.,
~ N
-g~
rei~
e,:,>~---
:::
--0-
::!::
---
...---~
.....
... di valenza

(a) (b)

nire liberi, gli elettroni devono essere promossi e, superando un dislivello energetico, agli
stati vuoti al più basso livello della banda di conduzione. Ciò è possibile solo fornendo ad un
elettrone un'energia pari alla differenza di energia tra questi due stati, che è uguale, appros-
simativamente, all'energia ERdella banda di separazione. Questo processo di eccitazione è
mostrato in Figura 19.6. Per molti materiali, questo dislivello energetico è di alcuni eV e
spesso l'energia di eccitazione necessaria al salto proviene da una sorgente non elettrica
come la luce o, più comunemente, il calore.
Il numero di elettroni che possono essere eccitati termicamente (da energia termica) nella
banda di conduzione dipende sia dall'entità dell'energia della banda di separazione sia dalla
temperatura. Per una data temperatura, quanto maggiore è Eg tanto minore è la probabililà
che un elettrone di valenza possa essere promosso in uno stato di energia all 'intemo della
banda di conduzione; ciò dà luogo ad un basso numero di elettroni di conduzione. In altri ter-
mini, ad una data temperatura, quanto maggiore è la banda di separazione, tanto minore è la
conduttività elettrica. Pertanto la distinzione tra semiconduttori ed isolanti sta nella ampiez-
za della banda di separazione; per i semiconduttori tale banda è piccola, mentre per i mate-
riali isolanti è relativamente gramfo.
L'incremento della temperatura dà luogo, sia per un semiconduttore che per un isolante,
ad un incremento di energia termica che viene resa disponibile per l'eccitazione degli elet-
troni. Così un gran numero di elettroni possono passare nella banda di conduzione, incre-
mentando la conduttività.
La conduttività di isolanti e semiconduttori può anche essere vista nell'ottica dei modelli di
legami atomici esposti nella Sezione 2.6. Per gli isolanti elettrici, il legame interatomico ionico
o covalente è forte. Pertanto gli elettroni di valenza risultano strettamente legati oppure in co-
mune a singoli atomi. ln altri termini questi elettroni sono fortemente localizzati e non sono li-
beri in alcun modo di muoversi ali 'interno del reticolo cristallino. Il legame nei semiconduttori
è covalente (o prevalentemente covalente) e relativamente debole, pertanto gli elettroni di va-
lenza non sono così fortemente legati agli atomi. Di conseguenza, mediante eccitazione ter-
mica, è più facile spostare questi elettroni piuttosto che quelli degli isolanti.

19. 7 MOBILITA. ELETIRONitA

Quando si applica un campo elettrico, si induce una forza che agisce sugli elettroni liberi; di
conseguenza, essi sono tutti sottoposti ad una accelerazione che, in virtù della loro carica
negativa, li spinge nella direzione opposta a quella del campo applicato. Secondo le leggi
della meccanica quantistica, non vi sono interazioni tra un elettrone accelerato e gli atomi in
19.8 Resistività elettrica dei metalli • 613

F1Guu 19. 7 Disegno schematico


Fenomeni di scattering che mostra il percorso di un elet-
trone deviato da fenomeni dì scat-
tering.

· Avanzamento elettronico effettivo

un reticolo cristallino ideale. In tale situazione, quindi, tutti gli elettroni liberi dovrebbero
accelerare per tutto il tempo in cui viene applicato il campo elettrico, la qual cosa darebbe
luogo ad una corrente elettrica che si incrementa continuamente nel tempo. Sappiamo invece
che, fin dall'istante in cui si applica il campo elettrico, la corrente ha un valore costante e ciò
indica che esistono quelle che si potrebbero chiamare "forze d'attrito" che contrastano l'ac-
celerazione indotta dal campo esterno. Queste forze d'attrito derivano dalle deviazioni (scat-
tering) degli elettroni causate da imperfezioni nel reticolo cristallino, rappresentate da impu-
rezze, lacune, atomi interstiziali, dislocazioni ed anche da oscillazioni termiche degli stessi
atomi. Ogni episodio di scattering porta a far perdere energia cinetica all'elettrone ed a
variarne la direzione del moto, come mostrato schematicamente in Figura 19.7. Vi sono, tut-
tavia, alcuni percorsi netti di elettroni nella direzione opposta al campo, e questo flusso di
carica costituisce la corrente elettrica.
li fenomeno dello scattering si manifesta come una resistenza al passaggio di una corren-
te elettrica. Si usano diversi parametri per descrivere l'ampiezza di questa diffusione, tra i
quali la velocità di avanzamento e la mobilità di un elettrone. La velocità di avanzamento vd
rappresenta la velocità media dell'elettrone nella direzione della forza imposta dal campo
applicato. Essa è direttamente proporzionale al campo elettrico:

. V,1 ~'µ_'t
(19.7)

La costante di proporzionalità µ, è chiamata la mobilità dell'elettrone, ed è una indica-


zione della frequenza degli episodi di scattering; le sue dimensioni sono metri quadrati per
volt-secondo (m2/V-s).
La conduttività o della gran parte dei materiali si può esprimere come:

(19.8)
dove n è il numero di elettroni liberi o portatori dì carica per unità di volume (es. per metro
cubo), ed [ e Iè il valore assoluto della carica elettrica di un elettrone (1.6 x 10-19 C).Così la
conduttività elettrica è proporzionale sia al numero di elettroni liberi che alla mobilità dell 'e-
lettrone.

19.8 RESISTIVITÀ ELETTRICA DEI METALLI

Come si è detto in precedenza, la gran parte dei metalli sono ottimi conduttori di elettricità;
le conduttività a temperatura ambiente dei metalli più comuni sono riportate nella Tabella
19.1. (La Tabella 8.9 in Appendice B elenca le resistività elettriche di numerosi metalli e
614 • Capitolo 19 / Proprietà elettriche

TaheUa 19.1
Conduttività elettrica a temperatura
ambiente per nove metalli e leghe di uso comune

Metallo C onduttiviJà Elettrica


[(Q-mt'J

Argento 6.8 X107


Rame 6.Q X107
Oro 4.3 X J07
Alluminio 3.8 x 107
Ferro I.O X 107
Ottone (70 Cu - 30 Zn ) 1.6 X 107
Platino 0.94 x IO'
Acciaio al carbonio Q.6 X J0 7
Acciaio inossidabile 0.2 X )0 7

leghe). Va detto ancora una volta che i metalli presentano elevate conduttività a causa del
gran numero di elettroni liberi che possono essere eccitati negli stati vuoti al di sopra dell'e-
nergia di Fermi. Pertanto, nella Equazione 19.8 della conduttività, n ha un valore elevato.
A questo punto è opportuno discutere della conduzione nei metalli in termini di resisti-
vità, cioè del reciproco della conduttività; la ragione di tale cambiamento apparirà evidente
nel prosieguo della trattazione.
Poiché nei metalli le imperfezioni della struttura cristallina si comportano come punti di
scattering per gli elettroni di conduzione, ne consegue che all'aumentare del numero di difet-
ti, cresce la resistività (ovvero diminuisce la conduttività). La quantità di questi difetti dipen-
de dalla temperatura, dalla composizione e dal grado di lavorazione a freddo di un campione
di rrietallo. In effetti è stato osservato sperimentalmente che la resistività totale di un metallo
è data dalla somma dei singoli contributi derivanti dalle vibrazioni termiche, dalla presenza
di impurezze e dal grado di deformazione plastica subito; cioè i meccanismi di ostacolo alla
conduzione agiscono indipendentemente l'uno dall'altro. Quanto detto può esprimersi nella
seguente espressione:

(19.9)

nella quale p,, p, e pd rappresentano, rispettivamente, i singoli contributi alla resistività dei
fattori termici, delle impurezze e della deformazione plastica. L'Equazione 19.9 è anche
conosciuta come la regola di Matthiessen. L'influenza di ciascuna variabile p sulla resisti-
vità totale è mostrata in Figura 19.8, da un diagramma della resistività in funzione della tem-
peratura per il rame ed alcune leghe rame-nichel negli stati ricotto e incrudito. La natura
additiva dei singolì contributi alla resistività è evidenziata a - 100°C.

Il\FLUE!\ZA DELLA TEl\lPERATllJU

Per il metallo puro e per le leghe rame-nichel mostrate in Figura 19.8, la resistività al di sopra
di circa -200°C cresce linearmente con la temperatura nel modo seguente

P1 = Po+aT
(19.10)
dove Po ed a sono costanti per ciascun metallo. La dipendenza della componente termica
della resistività dalla temperatura è dovuta all'incremento delle vibrazioni termiche all'au-
mentare della temperatura e ad altre irregolarità del reticolo (es. vacanze), che si comportano
come centri di scattering per gli elettroni.
19.8 Resistività elettrice dei metalli • 615

FIGI 11\ 19.H


Resistività elettrica in fun-
6 .-------,-----,,----,-------,-----,-----,
zione della temperatura
per il rame e tre leghe
Cu + 3.32 % atomico Ni rame-nichel, una delle
5 quali è stata incrudita. I
contributi derivanti dalle
EI vibrazioni termiche, impu-
Cl 4 rezze e deformazioni sono
---- riportati per la temperatura
di -100°C. [Da J.O.Linde,
Ann. Physìk, 5, 219
(1932); e e.A.Werte R.M.
·------ Thomson, Physics of
Solids, 2nd edition,
____
....--' McGraw-Hill Book
Company, New York,
1970.]

O -250 --...--200 -150 -100 -50 o +50


Temperatura (0 C)

l~FLLE~ZA DECLI ,\T0\11 DI SOU~TO

Per aggiunte di un solo tipo di soluto nella formazione di una soluzione solida, la resistività
del soluto P; è correlata alla sua concentrazione e;, espressa come % frazione atomica
(at%/100), nel modo seguente:

P; = Ac; (1-c;)
(19.11)
dove A è una costante indipendente dalla composizione che è funzione sia del soluto stesso
che del metallo ospitante. L'influenza di aggiunte di nichel sulla resistività del rame a tem-
peratura ambiente è mostrata in Figura 19.9, per valori sino al 50% in peso di nichel; all'in-
terno di tale livello di composizione il nichel è completamente solubile nel rame (Figura 9.2).
Anche in questo caso gli atomi di nichel nel rame si comportano come centri di scattering ed,
incrementando la concentrazione del nichel nel rame, si ottiene un aumento della resistività.
Per una lega bifasi ca formata da una fase a ed una 13,
si può utilizzare una espressione tipo
regola delle miscele che approssima la resistività nel modo seguente:

(19.12)

dove gli V e gli p rappresentano, rispettivamente, le frazioni volumetriche e le resistività spe-


cifiche delle due fasi.

11\Fl,l'ENZA DELLA DEFOHMAZJONE PLA~TICA

Anche la deformazione plastica incrementa la resistività elettrica in conseguenza dell'incre-


mento del numero di dislocazioni che provocano scattering elettronici. L'effetto della defor-
mazione sulla resistività viene mostrato in Figura 19.8.
616 • Capitolo 19 / Proprietà elettriche

FlGLRA 19. 9 Resistività elet-


trica a temperatura ambiente
50
ìn funzione della composizio-
ne per leghe rame-nichel.
EI
40
a

a
:::.
"
'-' 30
-~
.:
-~
:~ 20
-:;
"[
a::
10

o
o IO 20 30 40 50
Composizione(% in peso Ni)

19.9 CARATTERISTICHE ELETTRICHE DELLE LEGHE COMMERCIALI

Grazie alle ottime proprietà elettriche il rame è il metallo conduttore più largamente impie-
gato. Il rame ad alta conduttività esente da ossigeno (OFHC), avendo contenuti estremamen-
te bassi di ossigeno ed altre impurezze, viene prodotto per molte applicazioni elettriche.
Anche l'alluminio è usato frequentemente come conduttore elettrico, pur avendo una con-
duttività pari a circa la metà di quella del rame. L'argento ha conduttività superiore sia al
rame che all'alluminio, ma il suo uso è limitato dal costo elevato.
In determinate applicazioni può essere necessario aumentare la resistenza meccanica di
una lega metallica senza però diminuirne significativamente la conduttività elettrica. Ma,
come visto precedentemente, sia l'alligazione che la lavorazione a freddo aumentano la resi-
stenza meccanica a spese della conduttività elettrica e, pertanto, molte volte occorre trovare
un buon compromesso tra queste due caratteristiche. Molto spesso si aumenta la resistenza
meccanica introducendo una seconda fase che non presenta effetti troppo negativi sulla con-
duttività. È il caso delle leghe rame-berillio per le quali l'incremento delle proprietà mecca-
niche si ottiene effettuando un indurimento per precipitazione; anche così, tuttavia, la con-
duttività si riduce, rispetto al rame ad alta purezza, di un fattore pari a circa 5 volte.
Per alcune applicazioni, quali gli elementi scaldanti di un forno, è richiesta invece un'e-
levata resistività elettrica. La perdita di energia da parte degli elettroni, che vengono deviati,
viene infatti dissipata come energia termica, con tutti i vantaggi che ciò può comportare. Per
questo genere di applicazione, i materiali devono presentare non soltanto alta resistività, ma
anche ottima resistenza all'ossidazione ad elevate temperature e, ovviamente, alta tempera-
tura di fusione. Per gli elementi scaldanti si usa comunemente il nichrome, una lega di nichel
e cromo.

'
SE1HCONDUTTIVITA
La conduttività elettrica dei materiali semiconduttori non è così elevata come quella dei
metalli; ciononostante essi hanno alcune specifiche caratteristiche elettriche che li rendono
particolarmente utili. Le proprietà elettriche di questi materiali sono estremamente influen-
zate dalla presenza di concentrazioni, anche minime, di impurezze. I semiconduttori intrin-
seci sono quelli nei quali il comportamento elettrico è basato sulla struttura elettronica relati-
19 .1 O Semiconduzione intrinseca • 61 7

Talx-lla L9.2 Energie della banda di separazione, mobilità degli elettroni e delle
lacune, conduttività elettrica intrinseca a temperatura ambiente per materiali senti-
conduttori

Materiali Banda di Conduttività Mobilità Mobilità


separazione elettrica elettronica di lacuna
(eV) [(Q-mt 1] (m 2/V-s) (m 1/V-s)

Elementi
Si 1.11 4 X 10-4 0.14 0.05
Ge 0.67 2.2 0.38 0.18

Composti III-V
GaP 2.25 0.05 0.002
GaAs 1.42 IO"" 0.85 0.45
InSb 0.17 2 X 10-4 7.7 0.07

Composti II-VI
CdS 2.40 0.03
ZnTe 2.26 0.03 0.01

va al materiale allo stato puro. Quando le caratteristiche elettriche sono determinate da atomi
di impurezza, il semiconduttore viene invece chiamato estrinseco.

19.10 SE11ICO1\DLZIONE lNTRll\SECA

I semiconduttori intrinseci sono caratterizzati dalla struttura di banda elettronica mostrata in


Figura 19.4d: a OK, presentano una handa di valenza completamente occupata, separata da
una banda di conduzione vuota di dislivello energetico relativamente basso, generalmente
inferiore a 2 eV. I due principali elementi semiconduttori sono il silicio (Si) ed il germanio
(Ge), che presentano energie di dislivello energetico, rispettivamente, pari a 1.1 e 0.7 eV.
Entrambi si trovano nel Gruppo IVA della tavola periodica (Figura 2.6) e sono legati in modo
covalente 1• Anche numerosi composti sono semiconduttori e presentano un comportamento
intrinseco. Un gruppo di questi è costituito da elementi dei Gruppi IIIA e VA, per esempio
l'arseniuro di gallio (GaAs) e l'antimoniuro di indio (lnSb); essi sono chiamati spesso com-
posti lii-V. Anche i composti costituiti da elementi dei Gruppi 11Be VIA si comportano da
semiconduttori; questi ultimi comprendono il solfuro di cadmio (CdS) ed il tellurio di zinco
(ZnTe ). Tanto maggiore è la distanza tra le rispettive posizioni nella tavola periodica dei due
elementi che formano questi composti (ovvero quanto più diverse risultano le elettronegati-
vità, Figura 2.7), tanto più diventa ionico il legame atomico ed aumenta il valore dell'energia
della banda di separazione. Il materiale tende cioè a diventare più isolante. La Tabella 19.2
fornisce le energie della banda di separazione per alcuni composti semiconduttori.

CONCETTO DI LACUNA

Nei semiconduttori intrinseci, ogni elettrone promosso nella banda di conduzione si lascia
indietro una posizione vuota in uno dei legami covalenti o, secondo Io schema di rappresen-
tazione in bande, uno stato di elettrone non occupato nella banda di valenza, come mostrato
in Figura 19.6b. Sotto l'influenza di un campo elettrico, la posizione vuota all'interno di un
reticolo cristallino può variare di posizione in virtù del movimento degli altri elettroni di
valenza che progressivamente vanno ad occupare il legame incompleto lasciandone così libe-

1 Le bande di valenza nel silicio e nel germanio corrispondono ai livelli ibridi di energia sp3 per un

atomo isolato; queste bande di valenza ibride sono completamenteoccupate a OK.


618 Capitolo 19 / Proprietà elettriche

F11;1 H \ 19. I 0 Modello del legame del-


00 00 oc 00 l'elettrone per descrivere la conduzione
elettrica nel silicio intrinseco: prima della
o
o
0 o
o
0 o
o
0 o
o
0 o
o eccitazione (a); e dopo la eccitazione (b)
e (e) con i successivi movimenti di un
00 00 00 00
elettrone libero e di una lacuna causati da
un campo elettrico esterno.
o
o
0 o
o
0 o
o
0 o
o
0 o
o

00 00 00 00

o
o
0 o
o 0 o
o 0 o
o 0 o
o

00 00 00 00
(ai

o
00 00
-
Campo r

00 00

o
0 o
o
0 o
o
0 o
o
0 o
o

00 00 00 00
Lacuna ~ Elettrone libero
o
o
0 o
o 0ìt 0 g 0 g
00 00 00 00

o
o
0 o
o
0 o
o
0
00
o
o
000
o
o

00 00
(b)

00 00
-
Campo <f

00 00

o
o
0 o
o
0 o
o ~\-g0 g
• .-- Elettrone libero
00 00 00 GO

o
o
0
oo
o
o
0 o
o
.I&' Lacuna
0 o
o
0 o
o

/0
00 O O 00

o
o
0
00
g Si

00
o
o
0
00
o
o
0oc
o
o

(C)

ro un altro, quello da cui provengono (Figura 19.10). Questo processo può essere descritto
più facilmente considerando la posizione vuota lasciata dall'elettrone mancante dalla banda
di valenza come una particella di carica positiva chiamata lacuna. Alla lacuna viene attri-
buita una carica della stessa grandezza di quella di un elettrone, ma di segno opposto (+1.6 x
10-1QC). Così, in presenza di un campo elettrico, gli elettroni eccitati e le lacune si muovono
in direzioni opposte. Inoltre, nei semiconduttori, sia gli elettroni che le lacune subiscono
deviazioni a causa delle imperfezioni del reticolo cristallino.
19 .11 Semiconduzione estrin5eca • 619

CO!\DlJTTIVITÀ INTRIN:,,iECA

Dal momento che, come visto, in un semiconduttore vi sono due tipi di portatori di carica
(elettroni liberi e lacune), l'Equazione 19.8 che descrive la conduzione elettrica deve essere
modificata per includere un termine che tenga conto del contributo di corrente dovuto alle
lacune. Pertanto si ha:
o =n I e ; µ, + p 1e I µh
(19.13)

dove p è il numero di lacune per metro cubo ed µ. è la mobilità della lacuna. Nel caso dei
semiconduttori il valore di µh è sempre minore di µ,. Per i semiconduttori intrinseci, ogni
elettrone promosso attraverso la banda di separazione si lascia indietro una lacuna nella
banda di valenza, quindi,
n=p (19.14)
e
(19.15)

EsE,ll'iO UI PROBLE:\L\ 19 .1

Per il silicio intrinseco la conduttività elettrica a temperatura ambiente è 4 x 10-4(Q-mf 1; le


mobilità per l'elettrone e la lacuna sono,'rispettivamente, 0.14 e 0.048 m2/V-s. Calcolare le
concentrazioni di elettroni e lacune a temperatura ambiente.

SOl.('Z/0\"F,

Poiché il materiale è un semiconduttore intrinseco, le concentrazioni di elettroni e lacune sono


le stesse e pertanto, dall'Equazione 19.15,

a
n = p = -r-1e-.l--(µ-,-+-µ-h-,--)

4 X 10--4(Q-mf 1
l--4_+_0,,...._=04--8,--m
= -(--1--.6,-x---,-10,-_=
19C=)-(.,,,0-. .......
2/V--=--c---s
),--

= 1.33 X 1016 m-3

19.11 SE.\llCONDrZH)NE ESTRINSECA

Praticamente tutti i semiconduttori commerciali sono estrinseci; cioè il comportamento elet-


trico è determinato da impurezze che, quando presenti anche in minima concentrazione,
introducono un'eccedenza di elettroni o lacune. Per esempio, una concentrazione di impu-
rezze di un atomo su 1012 è sufficiente a rendere il silicio estrinseco a temperatura ambiente.

SE.lll('.O"lllliZIONE ESTRIJ\SECA DI TIPO ,,

Per illustrare come si realizza la semiconduzione estrinseca, si consideri ancora il silicio,


tipico semiconduttore. Un atomo di Si ha quattro elettroni, ciascuno dei quali è legato con
legame covalente con uno dei quattro atomi di Si adiacenti. Ora si supponga che un atomo di
un altro elemento con valenza 5 venga aggiunto in sostituzione di un atomo Si; si devono
prendere in considerazione gli atomi compresi nella colonna del Gruppo VA della tavola
620 • Capitolo 19 / Proprietà elettriche

periodica (es. P, As e Sb). Solo quattro dei cinque elettroni di valenza di questi atomi posso-
no essere utilizzati per formare i legami poiché gli atomi adiacenti sono in grado di fornire
solo quattro legami. L'elettrone in più senza legame è solo blandamente legato all'atomo
introdotto con una debole attrazione elettrostatica, come mostrato in Figura 19.lla. L'energia
di legame di questo elettrone è relativamente piccola (dell'ordine di 0.01 eV); pertanto esso
è facilmente rimovibile dall'atomo, nel qual caso diviene un elettrone libero o conduttore
(Figure 19.llb e 19.llc).

19.11 Modello di semiconduzio-


•• •• •• •• lìGLR.\
ne estrinseca di tipo n. (a) Un atomo di
•• @ •• @ •• @ ••
) ) )
© ) •• impurezza quale il fosforo, con cinque
elettroni di valenza, può sostituire un
.., ••
..........

-
•• I
/
/

\
•• atomo di silicio. Si ottiene in tal modo un
elettrone in più, rispetto a quelli di legame,
•• @ \•'•
)
.\
.1
I © •• ©
) ) •• che è legato all'atomo di impurezza ed
\ I orbita intorno ad esso. (b) Mediante eccita-
•• ' ........
!.!- /
/
•• •• zione con un campo elettrico si fonna un
elettrone libero. (e) Moto di questo elettro-
•• © •• © •• © •• ©
) ) ) ) •• ne libero in risposta ad un campo elettrico.

•• •• (a)
•• 00

•• ••
-
Campo 'i\'

•• ••
•• @ ••
)
© •• © •• ©
) ) ) ••
••
Elettrone libero
•• • ~oo ••
•• © ) •• •• @ •• @
) ) ••
•• •• •• ••
•• © ) •• @ ) •• @ ) •o © )
o
o

•• •• (b)
•• ••

•• ••
-
Campo 'i\'

•• 00

•• @ •• ) •o © ,,•o @ o
o
© ) )

•• •• • GG GO

•• © •• ) •• ©) o• @ o• )

GO
•• 00 GO

•• @ •• @ •• © • @ • 19

.
) ) ) 19 )

•• •• •• " (e)
19, l 1 Semiconduzione estrinseca • 621

FIGUIA 19.12 Schema


di bande di energia del-
l'elettrone per un livello
allocato all'interno della Elettrone libero nella
banda di separazione ed
Stato donatore
..--~---1-
i_
banda di conduzione
appena al di sotto dell' e-
stremità inferiore della
banda di conduzione (a).
Promozione da uno stato
-0- -0-
donatore nel quale viene -0- -0-
-0- -0-
generato un elettrone -0- -0-
-0- -0-
libero nella banda di con- -0-
-0-
-0-
-0-
-0- -0-
duzione (b). -0- -0-
(a) (b)

Lo stato d'energia di un tale elettrone può essere visto nell'ottica del modello a bande. Per
ciascuno degli elettroni a legame debole, esiste un solo livello di energia, o stato di energia,
che è situato all'interno della banda di separazione proibita appena al di sotto della banda di
conduzione (Figura 19.12a). L'energia di legame dell'elettrone corrisponde all'energia
richiesta per eccitare 1'elettrone da uno di questi stati ad uno stato ali' interno della banda di
conduzione. Pertanto, ogni elettrone di atomo di impurezza che viene eccitato (Figura
19. l 2b ), fornisce un singolo elettrone alla banda di conduzione; un elemento di impurezza di
questo tipo è chiamato un donatore. Poiché ogni elettrone donatore viene eccitato da un livel-
lo di impurezza, all'interno della banda di valenza non si crea nessuna lacuna.
A temperatura ambiente l'energia termica disponibile è sufficiente ad eccitare un gran
numero di elettroni dagli stati donatori; inoltre avvengono alcune transizioni di banda valen-
za-conduzione intrinseche, come mostrato in Figura 19.6b, ma in quantità trascurabile. ht
definitiva il numero degli elettroni nella banda di conduzione supera di molto il numero delle
lacune nella banda di valenza (o comunque n >> p), ed il primo termine a destra
dell'Equazione 19.13 è di gran lunga preponderante sul secondo; cioè

(19.16)

Un materiale di questo tipo viene chiamato un semiconduttore estrinseco di tipo n. Gli elettroni
sono portatori maggioritari grazie alla loro densità o concentrazione; le lacune, da parte loro,
sono portatori di carica minoritari. Per i semiconduttori di tipo n, il livello di Fermi risulta slit-
tato verso l'alto nella banda di separazione, sino a trovarsi vicino allo stato donatore; la sua po-
sizione precisa è funzione sia della temperatura che della concentrazione di donatori.

SEl\HCONDliTTORI ESTRINSECI DI TIPO p

Un effetto opposto si ottiene aggiungendo al silicio od al germanio atomi trivalenti - quali


l'alluminio, il boro, il gallio-del Gruppo IIIA della tavola periodica. Nell'intorno di ognut10
di questi atomi manca un legame covalente; questa mancanza può essere vista come una
lacuna debolmente legata all'atomo di impurezza. Questa lacuna può essere liberata dall' ato-
mo di impurezza, mediante trasferimento di un elettrone da un legame adiacente come illu-
strato in Figura 19.13. In sostanza l'elettrone e la lacuna si scambiano di posizione. Una lacu-
na che si sposta si può considerare in uno stato eccitato e partecipa al processo di conduzio-
ne in maniera analoga ad un elettrone donatore eccitato, come descritto precedentemente.
Eccitazioni estrinseche, durante le quali si generano lacune, possono essere rappresentate
622 • Capitolo 19 / Proprietà elettriche

•• 00 O GI e GI


oe • o -
Campo 'ti

••
••

8 O 00 00 oe 00 00 .... .,.
:e:•~~=e:
o o o o Lacun~ o o •
o
o e: e/:@,=e=
OQ GO 00 CO

=•=•=•=-=
00
(a)
00
o
o

00

Ftcnu 19.13 Modello di semiconduzione estrinseca tipo p. (a) Un atomo di impurezze come il
oo
(b)
00 QO

boro, che ha tre elettroni di valenza, può sostituire un atomo di silicio. Questo dà luogo alla man-
canza di un elettrone di valenza, cioè ad una lacuna associata all'atomo introdotto. (b) Moto di
questa lacuna conseguente ad un campo elettrico.

anche con il modello a bande. Ciascun atomo di questo tipo introduce un livello di energia, al-
i' interno della banda di separazione energetica, che si colloca sopra, ma molto vicino all' estre-
mità superiore della banda di valenza (Figura 19.14a). Si ritiene che si crei una lacuna nella
banda di valenza a causa dell'eccitazione termica che sposta un elettrone dalla banda di va-
lenza all 'intemo di questo stato energetico fornito dall'elemento di impurezza, come mostrato
in Figura 19.14b. Con tale transizione, si produce solo un portatore: una lacuna nella banda di
valenza; non si creano elettroni liberi né nel livello energetico dell'alumu introdotto né nella
banda di conduzione. Atomi di questo tipo sono chiamati accettori, perché sono in grado di ac-
cettare un elettrone dalla banda di valenza, lasciandosi dietro una lacuna. Ne consegue che il li-
vello di energia all'interno della banda di separazione introdotto da questo tipo di impurezze è
detto uno stato accettore.
Per questo tipo di conduzione estrinseca, le lacune sono presenti in concentrazioni molto
più elevate degli elettroni (cioè p >> n), cd in tal caso un materiale è chiamato tipo p perché
responsabili della conduzione elettrica sono le particelle cariche positivamente.
Naturalmente le lacune sono i portatori maggioritari, ma anche gli elettroni sono presenti seb-
bene in concentrazioni minoritarie. Questo porta ad una predominanza del secondo termine a
destra dell'Equazione 19.13, cioè

(19.17)

F,u 11.\ 19.14-


(a) Schema di banda
energetica nel caso di un
atomo accettore collocato
all'interno della banda di
separazione energetica ed
appena al di sopra t -g!-lf
~ Eg
dell'estremo superiore
della banda di valenza.
t'U
·-
a')
~
c.l
ro: (1]
cc
~ -----t- Stato accettore
~----1
(b) Eccitazione ad un
LU >-------- I------
..~---t-
_;,;__:a Lacuna nella banda
-o- di valenza
livello accettore di un
elettrone, che si lascia ...
-0-

...
-0-

dietro una lacuna nella ---


-0-
banda di valenza. (a) (b)
19.12 Influenza della temperatura sulla conduttività e sulla concentrazione dei portatori 623

Per i semiconduttori di tipo p, il livello di Fermi è posizionato all'interno della banda di sepa-
razione energetica e vicino al livello accettore.
I semiconduttori estrinseci (sia di tipo n che p) sono prodotti da materiali che sono di par-
tenza estremamente puri, che hanno comunemente contenuti totali di impurezze dell'ordine
di 10-1 % atomico. Successivamente, utilizzando varie tecniche, vengono aggiunte intenzio-
nalmente concentrazioni controllate di specifici donatori od accettori. Questo processo di
alligazione nei materiali semiconduttori è chiamato drogaggio.
Nei semiconduttori estrinseci, un gran numero di portatori di carica (sia elettroni che
lacune, a seconda del tipo di impurezze) viene generato già a temperatura ambiente, dall 'e-
nergia termica presente. Di conseguenza, nei semiconduttori estrinseci si ottengono condut-
tività relativamente elevate a temperatura ambiente. La maggior parte di questi materiali
sono progettati per l'impiego in dispositivi elettronici che operano in condizioni ambientali.

Es1-:,wmDI PRORLDL\ 19.2

Ad un silicio ad alta purezza viene aggiunto fosforo per ottenere una concentrazione di porta-
tori di carica di l0 23 m-3 a temperatura ambiente.

(a) Questo materiale è di tipo n oppure p?


(b) Calcolare la conduttività di questo materiale a temperatura ambiente, ipotizzando che le
mobilità dell'elettrone e della lacuna siano le stesse del materiale intrinseco.

.'iouzw.,f:
{a) Il fosforo è un elemento del Gruppo VA (Figura 2.6) e, perciò, agirà nel silicio come un
donatore. Quindi i portatori di carica 1023 m-1 saranno praticamente tutti elettroni. Tale con-
centrazione di elettroni è maggiore di quella relativa al caso intrinseco (1.33 x 1016 m-3 ,
dell'Esempio di Problema 19.1); pertanto questo materiale risulta estrinsecamente di tipo n.
(b) In questo caso la conduttività può essere determinata usando l'Equazione 19.16, nel modo
seguente:
a= n I e Iµ, = (10 23 m-3) (l.6 x 10- 19C)(0.14 m 2/V-s)
= 2240 (Q-mt 1

19.12 l~I<'LLEl\7~.\ UELL\ TEI\IPERATLRA SlJLLA (:()~DUTTIVIT.\ E SLLLA


CONCE~TRAZIOl\E DEI PORTATORI

La Figura 19. 15 mostra il logaritmo della conduttività elettrica in funzione del logaritmo
della temperatura assoluta per il silicio intrinseco e per il silicio drogato con 0.0013 e 0.0052
% atomico di boro; anche in questo caso il boro si comporta come un atomo accettore nel sili-
cio. Val la pena evidenziare in questa figura che la conduttività elettrica nei materiali intrin-
seci aumenta fortemente al crescere della temperatura. Sia il numero di elettroni che quello
di lacune aumenta con la temperatura perché è disponibile una maggiore energia termica per
eccitare gli elettroni dalla banda di valenza a quella di conduzione. In tal modo aumentano i
valori sia di n che di p nell'espressione della conduttività intrinseca rappresentata
dall'Equazione 19.15. I valori delle mobilità degli elettroni e lacune diminuiscono lievemen-
te con la temperatura, come conseguenza del fatto che i fenomeni di scattering degli elettro-
ni e delle lacune, determinati dalle oscillazioni termiche, risultano più attivi. Tuttavia queste
riduzioni in termini diµ, edµ. non bilanciano in alcun modo l'incremento dine p, e ne risul-
ta d1e l'effetto complessivo dell'incremento di temperatura è quello di produrre un aumento
di conduttività.
624 • Capitolo 19 / Proprietà elettriche

Temperatura (0 () FIGURA 19.15 Di-


pendenza della con-
duttività elettrica dalla
temperatura (in scala
bilogaritmica) per il
silicio intrinseco ed il
1,000
silicio drogato con
boro a due livelli di
dosaggio. [Da G.L.
E 100 Pearson e J. Bardeen,
Phys. Rev., 75, 865
g (1949).]
"'
u
·e:
'ai 10
a:;
·l!l
·,;
·:5
::,
"O
e
o
u

0.1

Temperatura (K)

Matematicamente, la dipendenza della conduttività intrinseca a dalla temperatura assolu-


ta Tè approssimativamente

(19.18)

dove C rappresenta una costante indipendente dalla temperatura ed E~ e k sono, rispettiva-


mente, l'energia del dislivello energetico e la costante di Boltzmann. Poiché l'incremento di
ne p all'aumentare della temperatura è molto maggiore del decremento diµ, ed µh, la dipen-
denza della concentrazione dei portatori dalla temperatura per un conduttore intrinseco è pra-
ticamente la stessa della conduttività, cioè

(19.19)

Il parametro C'è una costante che è anch'essa indipendente dalla temperatura, ma differente
da C dell'Equazione 19.18.
Alla luce dell'Equazione 19.19, un altro metodo per rappresentare la dipendenza dalla
temperatura del comportamento elettrico dei semiconduttori è la rappresentazione in logarit-
mo naturale delle concentrazioni di elettroni e lacune in funzione del reciproco della tempe-
ratura assoluta. La Figura 19.16 mostra tale rappresentazione, utilizzando i dati tratti dalla
Figura 19.15; come si può notare (Figura 19.16), per iJ materiale intrinseco la curva è costi-
tuita da un segmento di linea retta; tale grafico facilita la determinazione dell'energia del
19. 12 Influenza della temperatura sulla conduttività e sulla concentrazione dei portatori 62 5

FIGl'R\ 19.16 Temperatura (0 C)


Logaritmo della
60 ~1_0~0_3~00_1'"To_o~o
___ -_1oor-
__ -'"T15_0
________ -2"T"100
1026
concentrazione di
portatori (elettroni e
lacune), in funzione del
reciproco della 58 Elettroni e lacune (intrinseco)
1025
temperatura assoluta, per
silicio intrinseco e due
materiali di silicio drogati
al boro. (Da G.L. Pearson 56
e J. Bardeen, Phys. Rev.,
75, 865, I 949.)

~ 54
"?
.s
~
i (lJ
e
-= 52 .Q
N
"'
~
1022 ~
e
o
50 u

1021
48

L--'---"--'-'--..l...----'--...,_--'--'--'-----'---'---'---'---'1020
o 0.002 0.004 0.006 0.008 0.Dl0 0.012 0.014

L (K-1)
Temperatura

dislivello energetico. Secondo l'Equazione 19.19, la pendenza di tale segmento lineare è


eguale a - E8 I 2k, dove Eg può essere calcolato come

(19.20)

Questo è mostrato schematicamente nel grafico di Figura 19.17.


Un'altra importante proprietà del comportamento mostrato nelle Figure 19.15 e 19.16 è
che a temperature al di sotto di circa 800 K (527°C), i materiali drogati col boro sono semi-
conduttori estrinseci di tipo p; cioè, praticamente tutte le lacune portatrici di carica sono cau-
sate da transizioni di elettroni dalla banda di valenza al livello dell'accettore di boro, che si
lasciano dietro lacune nella banda di valenza (Figura 19.14). Le energie termiche disponibili
a tali temperature sono sufficienti a determinare un numero significativo di questi salti, ma
insufficiente a stimolare il passaggio di molti elettroni dalla banda di valenza a quello di con-
duzione. Pertanto la conduttività estrinseca supera di molto quella del materiale intrinseco.
Per esempio, a 400 K ( l 27°C), le conduttività per il silicio intrinseco e per quello estrinseco
drogato da boro a 0.0013 ato/osono, rispettivamente, all'incirca di 10-2 e 600 (0-mt' (Figura
626 • Capitolo 19 / Proprietà elettriche

FIGURA 19.17
Rappresentazione schematica
del logaritmo naturale di una
concentrazione di lacune in
funzione del reciproco della
temperatura assoluta per un
semiconduttore di tipo p che
presenta comportamento
estrinseco, di saturazione ed
intrinseco.

\
\
\
\
\
\
\

1 \

I
'f

19.15). Questo raffronto mostra la sensibilità della conduttività a concentrazioni anche estre-
mamente piccole, di alcuni elementi di impurezze.
Inoltre, la conduttività estrinseca è anche sensibile alla temperatura, come mostrato in
Figura 19.15, per entrambi i materiali drogati con boro. A partire da circa -200°C, la condut-
tività dapprima cresce con la temperatura, raggiunge un massimo, e quindi decresce lenta-
mente prima di diventare intrinseca. Detto in termini di concentrazione di portatori (es. lacu-
ne), vedi Figura 19.16, In p dapprima cresce linearmente al decrescere di 1/T (cioè al cre-
scere della temperatura). Un gran numero di salti sono possibili anche a queste temperature
relativamente basse sino a che il livello di accettori resta appena al di sotto dell'estremità
superiore della banda di valenza. Con un ulteriore incremento di temperatura (cioè al decre-
scere di 1/T ), la concentrazione di lacune diventa finalmente indipendente dalla temperatura
(Figura 19.16). A questo punto praticamente tutti gli atomi di boro hanno accettato elettroni
dalla banda di valenza, e pertanto sono detti saturi; questa è propriamente chiamata la regio-
ne di saturazione (Figura 19.17). Gli atomi donatori al tempo stesso diventano esauriti anzi-
ché saturati. Il numero di lacune in questa regione è all'incirca eguale al numero degli atomi
droganti (es. boro).
La diminuzione della conduttività all'incrementare della temperatura ali 'interno della
regione di saturazione mostrata dalle due curve di Figura I 9. 15 si può spiegare con la ridu-
zione di mobilità delle lacune all'aumentare della temperatura. Dall'espressione della con-
duttività estrinseca, Equazione 19.17, sia e che p sono indipendenti dalla temperatura in tale
regione, e la sola dipendenza dalla temperatura deriva dalla mobilità.
Si noti anche, nelle Figure 19.15 e 19.16, che a circa 527°C, la conduttività di entrambi i
materiali drogati con boro diventa intrinseca. All'inizio del comportamento intrinseco,.il
numero delle transizioni intrinseche da banda di valenza a banda di conduzione diventa mag-
giore del numero di lacune che vengono generate estrinsecamente.
lluenza della temperatura sulla conduttività e sulla concentrazione dei portatori • 627

Per finire è necessario esprimere alcuni commenti sull'influenza del contenuto di accet-
ori di boro sul comportamento elettrico del silicio. Per prima cosa le conduttività estrinseche
: di saturazione e le concentrazioni di lacune sono maggiori per il materiale a più alto conte-
1uto di boro (Figure 19.15 e 19.16), risultato in certo modo prevedibile, dal momento che
ono presenti un maggior numero di atomi di B dai quali possono prodursi lacune. Inoltre la
emperatura di inizio del comportamento intrinseco diventa tanto più elevata quanto più
1umenta il contenuto di drogante.

F:~F\11'111 Hl l'IHIBLDI \ l 9.;\

Se la conduttività elettrica a temperatura ambiente [25°C (298 K)] del germanio intrinseco è
2.2 (Q-mt', determinare la sua conduttività a 150QC(423 K) .

."iol.lDO\I,'
li problema si risolve utilizzando l'Equazione 19.18. Dapprima si determina il valore della
costante C usando i dati relativi alla temperatura ambiente e quindi si può calcolare il valore a
150°C. Da Tabella 19.2, il valore di Eg per il germanio è di 0.67 eV, e pertanto

0.67 eV
= ln(2 ·2 ) + (2) (8.62 x 10-5 eV/K) (298 K) 13.83

Ora, a 150°C (423 K)

E
In a= C ----~-
2kT
0.67 eV
=4.64
= 13·83 - (2) (8.62 x 10-5 eV/K) (423 K)

da cui
o= 103.8 (Q-mr 1

E~DrPIO DI l'HOGLTTO 19. l

~a conduttività elettrica del silicio intrinseco a temperatura ambiente è di 4 x 10-4 (O-mt 1


vedi Tabella 19.2). Si vuole ottenere un semiconduttore in silicio estrinseco tipo n con con-
luttività a temperatura ambiente di 150 (Q-mf'. Specificare quale tipo di donatore, nonché
1uale concentrazione atomica relativa percentuale, è necessario per ottenere le caratteristiche
ilettriche desiderate. Si ipotizzi che le mobilità degli elettroni e delle lacune siano le stesse di
1uelle del materiale intrinseco e che, a temperatura ambiente, il donatore sia esausto.

'ilJ/.l'Z/IJ.H:
>erprima cosa gli elementi che, aggiunti al silicio, lo rendono di tipo n si trovano nella tavo-
a periodica in un gruppo alla destra del silicio; tra questi vi sono gli elementi del gruppo VA
Figura 2.6): cioè azoto, fosforo, arsenico ed antimonio.
Poiché si richiede un semiconduttore estrinseco di tipo n, con n >>p, la conduttività elet-
rica è funzione della concentrazione degli elettroni liberi, secondo l'Equazione 19.16.
628 • Capitolo 19 / Proprietà elettriche

Inoltre il progetto richiede che gli atomi donatori siano esauriti; pertanto il numero degli elet-
troni liberi deve essere circa uguale al numero dei donatori Nd. Cioè

A questo punto si ricava n dall'Equazione 19.16 usando il valore richiesto per la conduttività
(150 (O-mt 1] ed il valore di mobilità dell'elettrone fornito inTabella 19.2 (0.14 m 2/V-s). In
tal modo

150 (O-mt'
(l.6 x 10- 19 C) (0.14 m 2/V-s)
:;::6.7 X 1021 m- 3
Poi è richiesto il calcolo della concentrazione degli elementi droganti in percentuale atomica.
Per questo occorre determinare il numero di atomi di silicio per metro cubo, N 5 ;, utilizzando
l'Equazione 4.2 nel modo seguente:

_ (6.023 x 1023 atomi/mo]) (2.33 Mg/m 3) (10 6 cm 3/m 3)


- 28.09 g/mol
:;;;5 X 1028 m-.l

La concentrazione degli elementi droganti in percentuale atomica (C;) è semplicemente


il rapporto tra Nd e Nd + N5 i moltiplicato per cento; cioè
e; :::: Nd x 100
Nd+Nsi

Pertanto un silicio, per avere a temperatura ambiente una conduttività elettrica di tipo n di
150 (O-mf 1, deve contenere 1.34 x 10-5 at% di azoto, fosforo, arsenico o antimonio.

19.13 L'EFFETTO HALL


e
A volte per alcuni materiali si desidera determinare il tipo di portatore di carica maggiorita-
ria, la concentrazione e la mobilità. Non è possibile determinare queste grandezze da una
semplice misura di conduttività elettrica; si deve pertanto ricorrere all'utilizzo dell'effetto
Hall. Questo effetto è dovuto al fenomeno per il quale un campo magnetico applicato per-
pendicolannente alla direzione del moto di una particella carica, esercita sulla particella stes-
sa una forza perpendicolare sia alla direzione del campo magnetico che a quella del moto
della particella.
Per dimostrare l'effetto Hall, si consideri un parallelepipedo (Figura 19.18) avente un ver-
tice coincidente con l'origine di un sistema di coordinate cartesiane. In risposta ad un campo
elettrico applicato dall'esterno, gli elettroni e/o le lacune si muovono nella direzione x e
danno luogo ad una corrente I,. Se si impone un campo magnetico (indicato con B) nella
19.13 L'effetto Hall • 629

lx fìGURA 19 .18 Rappresentazione


t schematica dell'effetto Hall. I por-
tatori di carica positiva e/o negati-
va, che costituiscono la corrente /_,,
sono deviati dal campo magnetico
B, e danno luogo alla differenza di
potenziale di Hall, VH •

direzìone positiva dell'asse z, la forza risultante che agisce sui portatori di carica li fa devia-
re nella direzione y: le lacune (portatori caricati positivamente) verso la faccia destra del
parallelepipedo e gli elettroni (portatori caricati negativamente) verso la faccia sinistra,
secondo quanto mostrato in figura. In tal modo, lungo la direzione y viene a stabilirsi una dif-
ferenza di potenziale VH, detta tensione di Hall. 11valore di VHdipende da/,, B, e dallo spes-
sore d del campione:

V
. -·H"....,i
'R,r.»..,
-H-~ (19.21)

In questa espressione RHè chiamato il coefficiente di Hall, che è una costante per ogni mate-
riale. Per i metalli, per i quali la conduzione avviene per mezzo degli elettroni, RHè negativo
ed eguale a
..···ti_;'.<f.:
.:~~'7:~·i·~-t~:· (19.22)

In tal modo si può calcolare n, dal momento che RHsi può misurare usando l'Equazione 19.21
ed il valore di e, la carica dell'elettrone, è noto.
Inoltre, dall'Equazione 19.8, la mobilità /l, dell'elettrone è proprio

(19.23a)

E, usando l'Equazione 19.22,

(19.23b)

In tal modo, una volta misurata la conduttività a, si può anche determinare il valore di µ,,·
Per i semiconduttori, la determinazione del tipo di portatore di carica di maggioranza, ed
il calcolo della concentrazione e mobilità del portatore, risultano di notevole complessità e
non vengono pertanto trattate in questa sede.
630 Capitolo 19 / Proprietà elettriche

ESl:UPIO DI PROBLE\1.\ 19 .4

La conduttività elettrica e la mobilità degli elettroni sono per l'alluminio, rispettivamente,


3.8 x 107 (Q-mt 1 e 0.0012 m2N-s. Si calcoli la tensione di Hall per un campione di allumi-
nio spesso 15 mm per una corrente di 25 A ed un campo magnetico di 0.6 tesla (applicato in
una direzione perpendicolare alla corrente).

Sou·zwu;
La tensione VH può essere definita usando l'Equazione 19.21. Tuttavia è necessario calcola-
re prima il coefficiente di Hall (R") dall'Equazione 19.23b dalla quale

R =- µ,
H a
0.0012 m2N-s
3.16 x 10· 11 V-m/A-tesla
= - 3.8 X 10; (Q-mt 1

A questo punto, usando l'Equazione 19.21 si ha

(-3.16 x 10-ll V-m/A-tesla) (25A) (0.6 tesla)


= ---------,1"""5,-x--,-1-=-o-....,,._-m
______ _

= -3.16 X 10-8 V

19.14 DISPOSITIVI A SEJ\HCO~Dl;TIORE

Per le loro peculiari caratteristiche elettriche, i semiconduttori vengono impiegati in disposi-


tivi che forniscono specifiche funzioni elettroniche. Diodi e transistor, che hanno sostituito.le
vecchie valvole termoioniche, ne sono due esempi comuni. I principali vantaggi dei disposi-
tivi a semiconduttori (chiamati anche dispositivi allo stato solido) sono dovuti alle piccole
dimensioni, al basso consumo di potenza ed all'annullamento del tempo necessario per il
riscaldamento. Un gran numero di circuiti di dimensioni estremamente ridotte, ciascuno
costituente un dispositvo elettronico, può essere incorporato in un piccolo "chip" di silicio.
L'invenzione dei dispositivi a semiconduttori, che ha portato alla realizzazione di circuiti
miniaturizzati, ha determinato negli ultimi anni la nascita e lo sviluppo estremamente rapido
di un gran numero di nuove industrie.

LA GIU\ZIONE RADDRIZZATRICE p-11

Un raddrizzatore, o diodo, è un dispositivo elettronico che permette alla corrente di fluire solo
in una direzione; per esempio, un raddrizzatore trasforma una corrente alternata in una cor-
rente continua. Prima dell'avvento del diodo a semiconduttore con giunzione p-n, questa ope-
razione era effettuata usando diodi a valvole. La giunzione raddrizzatrice p-n è realizzata in
un singolo semiconduttore che è stato drogato in modo da essere da un lato di tipone dall'al-
tro lato di tipo p (Figura 19 .19a ). Se venissero congiunti due elementi distinti di materiale di
tipone di tipo p, l'effetto raddrizzatore sarebbe scadente, in quanto la presenza di una superfi-
cie di separazione tra le due sezioni renderebbe il dispositivo molto poco efficiente. Inoltre si
devono usare materiali semiconduttori monocristallini perché ai giunti dei grani si verificano
fenomeni elettronici che risultano deleteri per il funzionamento.
19.14 Dispositivi a semiconduttore • 631

latop fato n FHa lt\ 19.19 Rappresentazione, per


una giunzione raddrizzatrice p-n, della
distribuzione di elettroni e lacune in
assenza di potenziale elettrico (a), con
l'applicazione di una tensione diretta
/a/ (b) ed inversa (e).
Zona di ricombinazione
Flusso d~- Flusso di
lacune elettroni
@- -e
(i)© -
+ e 0 -
E) ®+
®

Batteria
'----------1111----------'
(b) Flusso di e/ettron
Flusso di lacune
-e e-

Batteria
'-----------1111------------'
/e)

In assenza di un potenziale sulla giunzione p-n, le lacune costituiscono i portatori domi-


nanti nel lato p, mentre gli elettroni in quello n, come illustrato in Figura 19.19a. Alla giun-
zione p-n si può applicare un potenziale elettrico esterno con due differenti polarità. Se si usa
una batteria, il polo positivo può essere connesso al lato p e quello negativo al lato n; in tal
caso si dice che si applica una polarizzazione diretta. La polarità opposta (il negativo a p ed
il positivo ad n ) è detta polarizzazione inversa.
La risposta dei portatori di carica all'applicazione di una differenza di potenziale con una
polarizzazione diretta è mostrata in Figura 19.19b. Le lacune nel lato p e gli elettroni nel lato
n vengono attratti verso la giunzione. Man mano che gli elettroni e le lacune si incontrano tra
loro in prossimità della giunzione, si ricombinano e si annullano reciprocamente:

elettrone + lacuna ---+ energia (19.24)

In tal modo, con questa polarizzazione, un gran numero di portatori di carica fluiscono attra-
verso il semiconduttore e verso la giunzione, come evidenziato da una sensibile corrente e da
una bassa resistività. La curva caratteristica corrente-potenziale per la polarizzazione diretta
è quella mostrata nel lato destro della Figura 19.20.
Nella polarizzazione inversa (Figura 19.19c), sia le lacune che gli elettroni, come porta-
tori dominanti, vengono allontanati rapidamente dalla giunzione; questa separazione delle
cariche positive e negative (o polarizzazione) lascia la regione della giunzione relativamente
libera di portatori mobili di cariche. In questo caso non si presenta nessun apprezzabile feno-
meno di ricombinazione e la giunzione risulta in queste condizioni estremamente isolante. La
Figura 19.20 mostra il comportamento corrente-tensione anche per la polarizzazione inver-
sa.
632 • Capitolo 19 / Proprietà elettriche

FIGllRA 19.20 Curve caratteristiche


+
()
corrente - tensione di una giunzione p-n
e; per polarizzazione diretta ed inversa. È
e anche evidenziato il fenomeno di scarica
u
o
distruttiva.
IF ---- Polarizzazione
Scarica 1 diretta
distruttiva I
I
I
-Vo I
+
+Vo Potenziale, V
Polarizzazione
inversa

Il processo di raddrizzamento in termini di tensione applicata e corrente ottenuta è


mostrato in Figura 19.21. Quando la tensione varia sinusoidalmente col tempo (Figura
19.2 laJ, il flusso massimo di corrente corrispondente alla polarizzazione inversa JR è estre-
mamente piccolo in confronto a quello IF della polarizzazione diretta (Figura 19.21b). In
Figura 19.20 è mostrata la corrispondenza tra / R , I F e la tensione massima applicata (± V0 ).
Ad alte tensioni di polarizzazione inversa, dell'ordine di alcune centinaia di volt, si gene-
ra un gran numero di portatori di cariche (elettroni e lacune). Ciò dà luogo ad un incremento
di corrente molto brusco, fenomeno noto come scarica distruttiva, che è anch'esso mostrato
in Figura 19.20 e spiegato in maggior dettaglio nella Sezione 19.21.

FIGllRA 19.2 L (a) Andamento in fun-


zione del tempo di una tensione applicata
fi+Vo - ad una giunzione di tipo p-n. (b)
;:. !!
a;' ci Andamento della corrente in funzione del
e
o
·;;; o tempo che mostra il raddrizzamento della
e
~
"'
~
Q;
tensione descritta in (a) da parte di una
> giunzione p-n con le caratteristiche ten-
.!::

-
-Vo sione-corrente mostrate in Figura 19.20.
Tempo
(a)

"'
:t::
..... !!
,.; i:S
e:
!!
o ~ o
u "' JRQ;
>
.!::
Tempo-

(bi
19.14 Dispositivi a semiconduttore • 633

IL TRANSISTOR

I transistor, che sono componenti semiconduttori estremamente importanti nella attuale cir-
cuitistica microelettronica, sono capaci di effettuare due basilari tipi di funzioni. Per prima
cosa essi possono realizzare la stessa prestazione del loro predecessore a valvole, il triodo;
cioè possono amplificare un segnale elettrico. Inoltre essi servono come interruttori nei cal-
colatori per il trattamento e la conservazione dell'informazione. I due tipi principali di tran-
sistor sono i transistor a giunzione (o bimodali) ed i transistor semiconduttori metallo-ossi-
do ad effetto di campo (abbreviati in MOSFET = metal-oxide-semiconductor field-effect
transistor).

Transi.star a giunzione
Il transistor a giunzione è formato da due giunzioni p-n realizzate dorso a dorso in modo da dar
luogo ad una configurazione n-p-n oppure p-n-p; di seguito viene trattata quest'ultima confi-
gurazione. La Figura 19.22 è una rappresentazione schematica di un transistor a giunzione
p-n-p con la circuiteria connessa. Una regione molto sottile di tipo n, detta base, è posta tra
due regioni di tipo p dette, rispettivamente, emettitore e collettore. Il circuito che comprende la
giunzione emettitore-base (giunzione l) è polarizzato in maniera diretta, mentre alla giun-
zione base~ollettore (giunzione 2) è applicata una tensione a polarizzazione inversa.
La Figura 19.23 illustra le modalità di funzionamento in termini di moto dei portatori di ca-
rica. Poiché l'emettitore è di tipo pela giunzione 1 è polarizzata direttamente, un gran numero di
lacune entrano nella regione chiamata base. Queste lacune, così iniettate nella base, risultano
portatori di minoranza nella base stessa che è di tipo n, ed alcune vanno a combinarsi con gli elet-
troni di maggioranza. Tuttavia, se la base è estremamente sottile ed i materiali semiconduttori
sono stati correttamente preparati, molte di queste lacune vengono trascinate via attraverso la
base senza ricombinarsi, passano attraverso la giunzione 2 ed infine raggiungono il collettore di
tipo p. Le lacune a questo punto diventano parte del circuito emettitore-collettore. Un piccolo in-
cremento della tensione di ingresso nel circuito emettitore-base produce un grande incremento
di corrente attraverso la giunzione 2. Questo grande incremento della corrente nel collettore si ri-
flette anche in un grande incremento di tensione ai capi della resistenza di carico, che è anch'essa
presente nel circuito (Figura 19.22). In tal modo un segnale sotto forma di tensione che passa at-
traverso un transistor di giunzione viene ad essere amplificato; questo effetto è mostrato nella Fi-
gura 19.22 dalle due curve della tensione in funzione del tempo.
Lo stesso ragionamento si può applicare per spiegare il funzionamento di un transistor
n-p-n, con la differenza che in tal caso sono gli elettroni, invece delle lacune, ad essere iniet-
tati attraverso la base e nel collettore.
Ftr.lR.\ 19.22 Giunzione 1 Giunzione 2
Rappresentazione Cl!
schematica di un transistor Collettore
e:
a giunzione p-n-p e la p
1------,
"N
N
.i: o
circuitistica connessa, con ~ l:::
+ oa.--il:!
le caratteristiche delle -
= .Q~
tensioni in ingresso ed
uscita, in funzione del
tempo, che mostrano
L ~ensìone~
-Carico di tensione

------}ensione ~
+
~
]
oo ·-
00

l'amplificazione della di ingresso in uscita

tensione. (Da A. G. Guy, 10


Essentials of Materials
Science, McGraw-Hill
Book Company, New York,
1976.)
Tempo Tempo
634 . Capitolo 19 / Proprietà elettriche

Tipop Tipo n Tipop F1u 11\ 11.J. 23 Distribuzione e direzione del


0 0 moto di elettroni e lacune in un transistor a giun-
0 e, 0 0
(t) 0 (t) (t)
zione p-n-p, quando non è applicata alcuna ten-
(t) (t) El sione (a) e con opportuna polarizzazione per
(t) (t)
0 0 9
© @ l'amplificazione della tensione (h).

Giunzione 1 Giunzione 2

(b)

Il MOSFET
Una varietà di MOSFET consiste in due piccole isole di semiconduttore di tipo p create
ali 'interno di un substrato di silicio di tipo n, come mostrato nella sezione trasversale ripro-
dotta in Figura 19.24; le isole sono collegate da uno stretto canale di tipo p. Su queste isole
vengono realizzate appropriate connessioni metalliche (per la sorgente ed il drenaggio); le
isole vengono poi isolate dal substrato mediante uno strato di SiO 2 ottenuto per ossidazione
superficiale. Un ultimo connettore (ingresso) viene infine posizionato sulla superficie di que-
sto strato isolante.
Il funzionamento di un MOSFET differisce da quello di un transistor a giunzione per il
fatto che è attivo un solo tipo di portatore di carica (o elettrone o lacuna). La conduttività del
canale viene modificata dalla presenza di un campo elettrico applicato all'ingresso. Per
esempio, l'applicazione di un campo positivo all'ingresso spinge i portatori di carica ( in que-
sto caso lacune) fuori dal canale e quindi riduce la conduttività elettrica. Così una piccola
variazione nel campo all'ingresso produrrà una relativamente ampia variazione nella corren-
te tra la sorgente ed il drenaggio. Per certi aspetti, quindi, il funzionamento di un MOSFET è
molto simile a quello descritto per il transistor a giunzione. La differenza principale _consiste
nel fatto che la corrente d'ingresso è di gran lunga minore della corrente di base di un transi-
stor a giunzione. I MOSFET, pertanto, vengono usati quando le sorgenti di segnale da ampli-
ficare non possono fornire una corrente apprezzabile.

Ft<;tR\ 19.2 I Vista


schematica di una sezione
trasversale di un
transistor MOSFET.
19.14 Dispositivi a semiconduttore • 635

I semiconduttori nei calcolatori elettronici


Oltre alla loro capacità di amplificare un segnale elettrico, i transistor ed i diodi possono fun-
zionare anche come interruttori, prestazione utilizzata nei calcolatori elettronici per le opera-
zioni logiche e matematiche nonché per immagazzinare l'informazione. Nei calcolatori i
numeri e le funzioni sono espresse in codice binario (cioè numeri scritti in base 2). In questo
contesto, i numeri sono rappresentati da una serie di due soli stati (a volte chiamati Oed 1).
Ora i transistor ed i diodi operano nei circuiti digitali come interruttori che hanno anch'essi
due stati: aperto (on) o chiuso (off), cioè conduttore e non conduttore; "off' corrisponde ad
uno stato dei numeri binari e "on" all'altro stato. In tal modo un numero può essere rappre-
sentato da un insieme di elementi di circuito che contengono transistor configurati in modo
opportuno.

{:tH.CUTI MH~KOEI,ETTH.01\lCT

Negli ultimi anni l'avvento della microelettronica, grazie alla quale migliaia di componenti e
circuiti sono contenuti in uno spazio estremamente ridotto, ha rivoluzionato il campo dell'e-
lettronica. La rivoluzione è stata accelerata, in parte, dalla tecnologia spaziale che necessita
di calcolatori ed apparati elettronici di dimensioni ridotti ed a basso consumo. Come risulta-
to dei miglioramenti delle tecniche di trattamento e di realizzazione, vi sono state sbalorditi-
ve riduzioni di costo nei circuiti integrati. Di conseguenza allo stato attuale i persona! com-
puter sono alla portata economica di larga parte della popolazione mondiale. Inoltre, l'uso dei
circuiti integrati ha invaso molti altri campi della nostra vita: calcolatori, comunicazioni,
orologi, produzione industriale e controllo, e tutte le fasi dell'industria elettronica.
Circuiti microelettronici a basso prezzo vengono realizzati con produzioni di massa usan-
do tecniche di fabbrica1.ione molto ingegnose. Il processo inizia con la formazione per accre-
scimento di monocristalli cilindrici di silicio di alta purezza, relativamente grandi, che ven-
gono tagliati in fette (wafer). Molti circuiti microelettronici o integrati, detti anche "chip",
sono realizzati su di un singolo wafer; una fotografia di un wafer che contiene numerosi chip
è mostrata in Figura 23.20. Un chip è rettangolare, tipicamente con lati di dimensioni del-
!' ordine di 6 mm e contiene migliaia di elementi circuitali: diodi, transistor, resistenze e
capacità. ·un chip di microprocessore è riportato nella sua interezza in Figura 23.22b; sono
anche evidenziati i numerosi connetLori elettrici (leads) che sono usati per connettere il chip
al suo telaio (leadframe), che a sua volta è collegato ad una scheda (board) a circuiti stampa-
ti. Nelle Figure 19.25a e 19.25bsono riportate fotografie di chip di microprocessori a diffe-
renti ingrandimenti; queste microfotografie rivelano la complessità dei circuiti integrati. Al
momento attuale sono in produzione chip con 175000000 di componenti e le capacità di
memoria raddoppiano generalmente ogni 12 mesi.
I circuiti microelettronici sono costituiti da più livelli che sono all'interno o vengono
sovrapposti al wafer di silicio seguendo uno schema meticolosamente dettagliato. Su ciascun
livello, utilizzando tecniche fotolitografiche, vengono posizionate delle "maschere" secondo
uno schema di progetto in maniera da realizzare gli elementi circuitali mediante introduzio-
ne selettiva (per diffusione o impianto di ioni) di specifici elementi nelle zone non coperte
dalla maschera per creare aree circoscritte di tipo n, di tipo p, di alta resistività o conduttrici.
Questo processo viene ripetuto livello per livello sino alla completa realizzazione del circui-
to integrato, come mostrato per lo schema di MOSFET di Figura 19.24. Elementi di circuiti
integrati sono mostrati in Figura 19.25 ed a pagina 605.
636 Capitolo 19 / Proprietà elettriche

Ftu RA 19.25 (a) Micrografia al microscopio elettronico a scansione (circa 2000 ingrandimen-
ti) che mostra una piccola area di un chip di microprocessore (un dispositivo di indirizzamento da
0.5 MB). Le zone strette e bianche sono costituite da uno strato superficiale di alluminio che serve
da cablaggio per questo dispositivo. Le zone grigie sono costituite da più strati di silicio drogato,
ottenuti per diffusione e separati da un dielettrico interposto. (b) Micrografia al microscopio otti-
co (circa 50 ingrandimenti) che mostra una porzione di circuito usato per provare i chip del micro-
processore. Le zone strette e chiare sono connettori di alluminio, mentre le aree bianche di forma
quadrata sono i supporti di prova (per i semiconduttori); circuiti per le prove (anch'essi a semi-
conduttori) compaiono nel lato superiore sinistro della fotografia. (Entrambe le foto per gentile
concessione di Nick Gonzales della National Semiconductor Corporation, West Jordan, Utah.)
19. 1.5 Conduzione nei materiali ionici • 63 7

CONDUZIONE ELETTRICA
NEI CERAMICI
IONICI
E NEI POLIMERI
Gran parte dei polimeri e dei ceramici ionici sono isolanti a temperatura ambiente e, perciò,
hanno strutture di banda di energia degli elettroni simili a quelle rappresentate in Figura
19.4c; una banda di valenza piena è separata da una banda di conduzione vuota da un disli-
vello energetico relativamente grande, in genere maggiore di 2 e V. In tal modo, alle normali
temperature, solo pochissimi elettroni possono essere eccitati dall'energia termica disponibi-
le in modo tale da poter superare il dislivello energetico; di conseguenza la conduttività pre-
senta valori molto bassi. La Tabella 19.3 riporta la conduttività elettrica a temperatura
ambiente per alcuni di questi materiali. (Le resistività elettriche di numerosi materiali cera-
mici e polimeri vengono date nella Tabella B.9, Appendice B.) Ovviamente, molti materiali
sono utilizzati in funzione della loro capacità isolante e pertanto si desidera avere un'alta resi-
stività. All'aumentare della temperatura i materiali isolanti presentano un incremento della
conduttività elettrica, che alla fine può risultare maggiore di quella dei semiconduttori.

19 .15 CONDUZIONE NEI J-1ATERIALI IOJ\ICI

Nei materiali ionici sia i cationi che gli anioni hanno una carica elettrica e, di conseguenza,
sono in grado di migrare e diffondere in presenza di un campo elettrico. In tal modo dal movi-
mento di questi ioni carichi si genera una corrente elettrica che si va ad aggiungere a quella
dovuta al moto degli elettroni. Naturalmente le migrazioni di anioni e cationi presentano dire-
zioni opposte. La conduttività globale di un materiale ionico o;0 ,. 10 è pertanto uguale alla
somma dei contributi sia di quella elettronica che di quella ionica, cioè:

(19.25)
Uno dei due contributi può essere predominante in funzione del materiale, della sua purezza

Tahe11a 19.3 Conduttività elettriche tipiche a temperatura


ambiente per 13 materiali non metallici

Conduttività elettrica
Materiali [(Q-m)"'J

Grafite 3 x 104 - 2 x 105

Ceramici

Calcestruzzo (asciutto) 10-9


Vetro calcesodico 10- 10 - 10-"
Porcellana 10-10_ io-12

Vetro borosilicato -10-13


Ossido di alluminio < JQ-I)
Silice fusa < 10-IR

Polimeri

Fenolo-formaldeide J0-9 - 10-IO


Polimetilmetacrilato < 10-12
Nylon 6,6 10-12_ ,o-"
Polistirene < 10-14

Polietilene 10-"- 10-11


Politetrafluoroetilene < I o-"
638 • Capitolo 19 / Proprietà elettriche

e, ovviamente, della temperatura.


A ciascun tipo di ioni può venire associata una mobilità µ, nel modo seguente:

(19.26)

dove n1 e D, rappresentano, rispettivamente, la valenza ed il coefficiente di diffusione di un


particolare ione; e, k e T rappresentano gli stessi parametri già definiti in questo capitolo.
Pertanto il contributo ionico alla conduttività totale cresce al crescere della temperatura,
come avviene per la componente elettronica. Tuttavia, nonostante i due contributi alla con-
duttività, la maggior parte dei materiali ionici restano isolanti anche a temperature elevate.

19.16 PROPHIRT.À. ELETI'RJCHEDEI POLll\lERl

La maggior parte dei materiali polimerici sono cattivi conduttori di elettricità (Tabella 19.3)
a causa della mancanza di grandi quantità di elettroni liberi disponibili per il processo di con-
duzione. Il meccanismo della conduzione elettrica in questi materiali non è ancora ben cono-
sciuto, ma sembra che la conduzione nei polimeri a grande purezza sia di tipo elettronico.

POLH1ERT CONDt:TTORI

Da qualche anno sono stati sintetizzati polimeri che hanno conduttività pari a quella dei con-
duttori metallici; essi sono chiamati polimeri conduttori. In tali materiali sono state raggiun-
te conduttività elevate dell'ordine di l.5 x 107 (Q-mf 1; questo valore conisponde, conside-
rando il volume, ad un quarto e, considerando il peso, a due volte la conduttività del rame.
Questo fenomeno è presente in una dozzina circa di polimeri, tra i quali il poliacetilene, il
poliparafenilene, il polipirrolo e la polianilina, drogati con opportuni elementi droganti.
Come per i semiconduttori, questi polimeri possono essere realizzati sia di tipo n (a predo-
minanza di elettroni liberi) che di tipo p (a predominanza di lacune) in relazione alle sostan-
ze droganti utilizzate. Tuttavia, diversamente dai semiconduttori, gli atomi o le molecole dro-
ganti non sostituiscono nè rimpiazzano alcun atomo del polimero.
I polimeri ad alta purezza presentano strutture di banda di elettroni con le stesse caratte-
ristiche degli isolanti elettrici (Figura 19.4c). Il meccanismo col quale, in questi polimeri con-
duttori, viene generato un gran numero di elettroni liberi e lacune è complesso ed ancora non
ben conosciuto. In parole molto semplici, sembra che gli atomi droganti portino alla forma-
zione di nuove bande di energia che si sovrappongono alle bande di valenza e di conduzione
del polimero intrinseco, dando luogo ad una banda parzialmente riempita e quindi alla pro-
duzione, a temperatura ambiente, di un'alta concentrazione di elettroni liberi e di lacune. Se,
durante il processo di sintesi si fanno orientare le catene del polimero per azione meccanica
(Sezione 16.3) o con un campo magnetico, si ottiene un materiale altamente anisotropo che
presenta un massimo di conduttività lungo la direzione di orientazione.
Questi polimeri conduttori si prestano ad essere usati in un gran numero di applicazioni,
in quanto hanno basse densità, sono estremamente flessibili e facili da produrre. Le batterie
ricaricabili hanno generalmente gli elettrodi realizzati con polimeri; in molti aspetti essi sono
superiori a quelli delle analoghe batterie con elettrodi metallici. Tra le altre possibili applica-
zioni si possono citare i cablaggi nei componenti aerei ed aerospaziali, stoffe antistatiche per
indumenti, materiali schermanti nei confronti dei campi elettromagnetici, componenti elet-
tronici (es. transistor e diodi).
19,17 Capacità • 639

COMPORTAMENTO
DIELETTRICO
Un materiale dielettrico è un isolante elettrico (non metallico) e presenta, o può essere rea-
lizzato per presentare, una struttura a dipolo elettrico; cioè a livello molecolare od atomico vi
sono entità caricate elettricamente come positive separate da entità negative. Questo concet-
to di dipolo elettrico è già stato introdotto nella Sezione 2.7. In virtù delle interazioni del
dipolo con i campi elettrici, i materiali dielettrici sono utilizzati nei condensatori.

1 9 .1 7 CAPACl'L\

Quando si applica una differenza di potenziale ad un condensatore, una armatura viene cari-
cata positivamente e l'altra negativamente, mentre il campo elettrico corrispondente è diret-
to dal positivo al negativo. La capacità C è funzione della quantità di carica immagazzinata
in ciascuna armatura Q secondo la seguente relazione 2

C=JL
V
(19.27)

dove V è la tensione applicata al condensatore. Le unità di capacità sono coulomb per volt, o
farad (F).
Ora si consideri un condensatore con armature parallele (piastre) e che tra le piastre vi sia
il vuoto (Figura 19.26a). La capacità può essere calcolata dalla relazione

A
e= eo-1- (19.28)

dove A rappresenta l'area delle piastre ed / è la distanza tra di esse. Il parametro E 0 , chiama-
to permittività o costante dielettrica del vuoto, è una costante universale che ha il valore
di 8.85 X 10-12 F/m.
Se tra le piastre viene inserito un materiale dielettrico (Figura 19.26b), allora

A
C=E-/- (19.29)

dove e è la costante dielettrica di questo dielettrico che è maggiore di E 0 • La permittività rela-


tiva e, , spesso chiamata costante dielettrica relativa, è eguale al rapporto

E
E=- (19.30)
' Eo

che è maggiore dell'unità e rappresenta l'incremento della capacità ad immagazzinare carica


a seguito dell'inserzione del dielettrico tra le piastre. La costante dielettrica è una caratteri-
stica del materiale ed è la prima ad essere presa in considerazione per il progetto di un con-
densatore. I valori dì e, per alcuni materiali dielettrici sono riportati in Tabella 19.4.

2 Per convenzione, la maiuscola "C" è usata per rappresentare sia la capacità che l'unità di canea, 11
coulomb. Per minimizzare il rischio di equivoci nel testo, per la capacità si è usata la lettera C in cor-
sivo.
640 • Capitolo 19 / Proprietà elettriche

FIGlRA 19.26
Condensatore ad
aramature parallele
separate dal vuoto (a) e Do= Eo.f ,.
da un materiale ,. ,.
dielettrico (h). (Da K. M. V
Ralls, T. H. Courtncy e J. ,. .. .,.
Wulff, lntroduction to ,. ,. ,. ,.
Materials Science and
,. ,. ...
Engineering. Copyright
+ + + +
© 1976 by John Wiley &
Sons, Inc. Riprodotto per tI
concessione di John l_
Vuoto i {:: y
I
Wiley & Sons, Inc.)
/a)

Dielettrico

+ +
i ., + +

(b)

Tahella 19.4 Costante dielettrica e rigidità dielettrica per alcwri materiali


dielettrici

Costante dielettrica (Flm) Rigidità dielettrica

Materiale a60Hz alMHz (V/mii)"

Ceramici
Titanati ceramici 15-10000 50-300
Mica 5.4-8.7 1000--2000
Steatite (MgO-SiO 2) 5.5-7.5 200-350
Vetro calce-sodico 6.9 6.9 250
Porcellana 6.0 6.0 40---400
Silice fusa 4.0 3.8 250

Polimeri
Fenolo-formaldeide 5.3 4.8 300-400
Nylon6,6 4.0 3.6 400
Polistirene 2.6 2.6 500-700
Polietilene 2.3 2.3 450-500
Politetrafluoroetilene 2.1 2.1 400-500

" Un mil = 0.00 I in. Questi valori di rigidità dielettrica sono valori medi, dal momento che dipendono sia
dallo spessore e geometria del campione che dalla velocità di applicazione e dalla durata del campo elettrico
applicato.
19.18 Vettori di campo e polarizzazione • 641

19.18 VETTORI DI CA.i"\IPOE POLARIZZAZIONE

Forse l'approccio migliore per spiegare il fenomeno della capacità è quello di utilizzare i vet-
tori di campo. Per cominciare, in ciascun dipolo elettrico vi è una separazione tra carica elet-
trica positiva e negativa come mostrato in Figura 19.27. A ciascun dipolo, inoltre, si può asso-
ciare un momento elettrico di dipolo come segue:

(19.31)

dove q è il valore della carica di ciascun dipolo e d è la distanza che separa le cariche. Il
momento del dipolo è rappresentato da un vettore che è diretto dalla carica negativa a quella
positiva, come indicato in Figura 19.27. In presenza di un campo elettrico ~. che è anche una
grandezza vettoriale, si genera una forza che agisce sul dipolo elettrico orientandolo nella
direzione del campo applicato; questo fenomeno è mostrato in Figura 19.28. Il processo di
allineamento del dipolo è chiamato polarizzazione.

F1Guu 19.27 Rappresentazione schematica di un dipolo elettrico genera-

,j 1
d

l
to da due cariche elettriche (di grandezza q) situate a distanza d; è anche
riportato il vettore di polarizzazione p ad esse associato.

Tornando ancora ai condensatori, la densità di carica superficiale D, ossia la quantità di


carica per unità di superficie dell'armatura del condensatore (C/m 2), è proporzionale al
campo elettrico. Nel vuoto si ha

(19.32)

essendo e0 la costate di proporzionalità. Nel caso di un dielettrico si può scrivere una espres-
sione analoga, cioè

(19.33)

A volte D è chiamato anche induzione dielettrica.


L'incremento di capacità, o costante dielettrica, può essere spiegato utilizzando un model-
lo semplificato di polarizzazione all'interno di un materiale dielettrico. Si consideri il con-
densatore di Figura 19.29a, in situazione di vuoto tra le piastre, nel quale sulla piastra supe-
riore è immagazzinata una carica+ Q0 e su quella inferiore una carica - Q0• Quando si immet-
te un dielettrico e si applica un campo elettrico, il materiale tra le armature viene polarizzato
(Figura 19.29c). In conseguenza di questa polarizzazione, si produce un accumulo di cariche

FlGllRA 19.28 Forze che agiscono

/
-
Forza su un dipolo in presenza di un campo
elettrico (a). Allineamento finale del
dipolo col campo (b).

--
Forza
642 • Capitolo 19 / Proprietà elettriche

F1u:R.-\ 19.29 Rappresentazione


Superficie della schematica di (a) carica immagazzinata
armatura, A
sulle annature di un condensatore tra le
+ + + + + quali vi è il vuoto; (b) di disposizione
dei dipoli in un dielettrico non polariz-
zato; e (e) dell'incremento della capa-
+ cità di immagazzinare cariche derivante
V Vuoto dalla polarizzazione di un materiale
dielettrico. (Da A. G. Guy, Essential of
Materials Science, McGraw-Hill Book
Company, New York, 1976.)

(a)

~ i i i
i ~
i i i i
~ ~
i i i i i i
(b)

Qo+Q'
Carica negativa risultante,
+ + + + + + + + +
- Q' alla superficie

--!--1--1--!--i--i--
)
V + P ! iiiiii Regione priva di carica risultante

--i--t--!-t-l-!--
Carica positiva risultante, + Q'
=PA alla superficie
-Qo-Q'

(e)

negative di valore - Q' sulla superficie del dielettrico vicina alla armatura caricata positiva-
mente e, allo stesso modo, si ha un surplus di carica+ Q' sulla superficie adiacente alla arma-
tura negativa. Per le regioni del dielettrico lontane da queste superfici, gli effetti della pola-
rizzazione non sono importanti. Così, se si considera la superficie di ciascuna armatura e
quella del dielettrico adiacente come una singola entità, la carica indotta dal dielettrico (+Q'
o -Q') può essere considerata come una carica che annulla parte della carica che esisteva
ali 'inizio sulla armatura in presenza del vuoto (- Q0 o+ Q 0 ). La tensione imposta tra le arma-
ture è mantenuta al valore che aveva nel caso di vuoto, mediante incremento della carica sulla
armatura negativa (ovvero quella inferiore) di un valore - Q', e su quella superiore di un
valore+ Q'. Gli elettroni vengono fatti fluire dalla armatura positiva a quella negativa da una
sorgente esterna di tensione in maniera tale da ristabilire la tensione appropriata. In tal modo
la carica su ciascuna armatura, essendo stata incrementata di una quantità Q', è divenuta Q0
+Q'.
19.18 Vettori di campo e polarizzazione • 643

Tahc•Ua 1 9. ,=; Unità primarie e derivate per alcuni parametri elettrici e vettori di campo

UniJà SI

Grandezza Simbolo Derivata Primaria

Potenziale elettrico V volt kg-m 2/s2-C


Corrente elettrica I ampere C/s
lntens ìtà di campo elettrico fg volt/metro kg-m/s 2-C
Resistenza R ohm kg-m 2/s-C 2
Resistività p ohm-metro kg-m 3/s-C 2
Conduttività a (ohm-metror' s-C 2/kg-m'
Carica elettrica Q coulomb c
Capacità e farad s'-C 2/kg-m'
Permittività (costante dielett.) E farad/metro s2C2/kg-m 3
Costante dielettrica (relativa) E,. numero puro (rapporto) numero puro (rapporto)
Induzione dielettrica D farad-volt/metro 2 C/m 2
Polarizzazione elettrica p farad-volt/metro 2 C/m 2

In presenza di un dielettrico la densità di carica superficiale sulle armature di un conden-


satore può essere rappresentata anche da

D =e/l+P
(19.34)

dove P è la polarizzazione, cioè l'incremento della densità di carica rispetto al vuoto dovuto
alla presenza del dielettrico; con riferimento alla Figura 19.29c, si può anche scrivere P =
Q '/ A, dove A è l'area di ciascuna armatura. Le unità di P sono le stesse di D (C/m 2).
Si può pensare alla polarizzazione P come al momento dipolare totale per unità di volu-
me di materiale dielettrico, oppure come un campo elettrico di polarizzazione all'interno del
dielettrico risultante dal mutuo allineamento con il campo elettrico 'iEapplicato all'esterno, di
numerosi dipoli atomici o molecolari. Per molti materiali dielettrici, P è proporzionale ad 'iE
attraverso la relazione

(19.35)

dove e, è indipendente dal valore del campo elettrico.


La Tabella 19.5 elenca diversi parametri dielettrici con le loro rispettive unità di misura.

E~Em'IO m PRORLF.H \ 19 .:5

Si consideri un condensatore a piastre parallele di area 6.45 x 10-4 m2 e con una distanza tra
le piastre di 2 x 10-3 rn al quale viene applicata una tensione di IOV. Se tra le piastre è inseri-
to un materiale con costante dielettrica pari a 6.0, si calcoli

(a) La capacità.
(b) Il valore della carica immagazzinata su ciascuna piastra.
(e) L'induzione dielettrica D.
(d) La polarizzazione.
644 • Capitolo 19 / Proprietà elettriche

Sou·zw:vF-
(a) La capacità si calcola con l'Equazionel9.29; prima però si deve determinare la costante
dielettrica e del mezzo dielettrico dall'Equazione 19.30:

e= E,Eo = (6.0)(8.85 x 10- 12 F/m)


= 5.31 X 10- 11 F/m
Pertanto la capacità è

C= A E = (5.31 X 10-11F/m)(6.45 X 10-4m2)


/ 2 X 10-3 m
= 1.71 X 10- 11 F

(b) Nota la capacità, la carica immagazzinata può essere calcolata con l'Equazione 19.27:
Q = CV= (1.71 X 10- 11 F)(lO V) = 1.71 X 10- 1°C
(e) L'induzione dielettrica si calcola dall'Equazione 19.33:

D = e~= e.!:'.'= (5.31 x 10- 11 F/m)(IOV)


/ 2 X 10- 3 m
= 2.66 X 10-7 C/m 2
(d) La polarizzazione si può determinare con l'Equazione 19.34:

P= D- Eoc:t'= D - Eo~
l
= 2 _66 X 10_7 C/m 2 _ (8.85 X 10- 12 F/m)(lO V)
2 X 10- 3 m
= 2.22 X 10-7 C/m 2

19 .19 TIPI DI POLARIZZAZIONE

Come detto, la polarizzazione consiste nell'allineamento di dipoli atomici o molecolari, per-


manenti od indotti, con un campo elettrico applicato all'esterno. Vi sono tre tipi di polarizza-
zione: elettronica, ionica e per orientamento. In genere i materiali dielettrici presentano alme-
no uno di questi tipi di polarizzazione in relazione al materiale ed am:he alle modalità di
applicazione del campo esterno.

POLARIZZAZIONE ELETTRONICA

La polarizzazione elettronica può essere indotta, con diverso grado, in tutti gli atomi. Essa
è dovuta all'azione di un campo ekltrico esterno che sposta il baricentro della nuvola elet-
tronica (carica negativamente) dal centro dell'atomo costituito dal nucleo positivo (Figura
19.30a). Questo tipo di polarizzazione si trova in tutti i materiali dielettrici e, naturalmente,
esiste solo in presenza di un campo elettrico.

POLARIZZAZIO!\E IONICA

La polarizzazione ionica si presenta solo nei materiali ionici. L'applicazione di un campo


elettrico agisce in modo tale da muovere i cationi in una direzione e gli anioni nella çlirezio-
19.19 Tipi di polarizzazione • 645

FIGlil{A 19.30
Campo applicato 1€
In assenza di campo (a) Polarizzazione elettroni-
ç:::::i ca determinata dalla distor-
sione della nuvola di elettro-
® ni causata da un campo elet-
trico. (b) Polarizzazione
(a) ionica dovuta al posiziona-
mento relativo di ioni carica-

•®•0•
•®•®•
ti elettricamente in risposta
all'applicazione di un campo

0.0
elettrico. (e) Risposta di

®•®•®
.@.••®
0.
dipoli permanenti (rappre-
sentati da frecce) ad un

•0•®•
campo elettrico applicato,
che produce polarizzazione

0.0.@
0.0.0 (b)
per orientamento. Da O. H
Wyatt e D. Dew-Hughes,
Metals,
Polymers,
Ceramics and
Cambridge
Universuty Press, 1974.)

(C)

ne opposta; ne risulta un momento dipolare. Questo fenomeno è mostrato in Figura 19.30b.


L'ampiezza del momento dipolare per ciascuna coppia P; di ioni è uguale al prodotto dello
spostamento relativo d; per la carica di ciascuno ione, cioè

(19.36)

POLARIZZAZIONE PER ORIENTAMENTO

Il terzo tipo, la polarizzazione per orientamento, si trova solo nelle sostanze che possiedo-
no momenti di dipolo permanenti. La polarizzazione deriva da una rotazione dei momenti
permanenti nella direzione del campo applicato, come mostrato in Figura 19.30c. Questa ten-
denza all'allineamento è contrastata dalle vibrazioni termiche degli atomi, e pertanto la pola-
rizzazione diminuisce al crescere della temperatura.

La polarizzazione totale P di una sostanza è uguale alla somma delle polarizzazioni elet-
tronica, ionica e per orientamento (rispettivamente P, , P; e PJ, cioè

(19.37)

Può accadere che uno o più di questi contributi alla polarizzazione totale possano essere
assenti o di valore trascurabile rispetto agli altri. Per esempio la polarizzazione ionica non
esiste nei materiali a legame covalente, nei quali non sono presenti ioni.
646 • Capitolo 19 / Proprietà elettriche

19. 20 DIPEI\OEl\ZA DALLA FRF:QCENZA DELLA O)STA:\TE DIELETTRICA

Nella pratica, in molti casi la corrente è alternata (ca); cioè la tensione od il campo elettrico
applicato cambiano direzione nel tempo, come indicato in Figura 19.21a. Ora si consideri un
materiale dielettrico polarizzato da un campo elettrico. Ad ogni inversione di direzione, i
dipoli cercano di riorientarsi col campo, come mostrato in Figura 19.31, processo che tutta-
via richiede un certo tempo. Per ciascun tipo di polarizzazione esiste un tempo minimo di rio-
rientazione, che dipende dalla facilità con cui i singoli dipoli sono capaci di riallinearsi. Si
definisce frequenza di rilassamento il reciproco del tempo minimo di riorientazione.

f'IGlll\ 19.31 Orientamento dei dipoli per (a) una


- - _,_ - - polarità di un campo elettrico alternato e (b) per la
polarità inversa. (Da Richard A. Flinn e Paul K.

IIII
Trojan, Engineering Materials and Their
"'I Applications, 4th edition. Copyright © 1990 by
fohn Wiley & Sons, Inc. Adattato per concessione di
+++I+++ fohn Wiley & Sons, lnc.)

/a) (bi

Un dipolo non può continuare ad alternare la direzione di orientamento quando la fre-


quenza del campo elettrico applicato supera la sua frequenza di rilassamento e, pertanto, non
fornirà un contributo alla costante dielettrica. La dipendenza di E, dalla frequenza del campo
è rappresentata schematicamente in Figura 19.32 per un dielettrico che presenta tutti e tre i
tipi di polarizzazione; notare che la frequenza è in scala logaritmica come indicato in Figura
19.32 quando un meccanismo di polarizzazione cessa di operare, si manifesta un improvviso
calo della costante dielettrica; altrimenti E, risulta praticamente indipendente dalla frequen-
za. In Tabella 19.4 sono stati riportati i valori della costante dielettrica a 60 Hz ed a l MHz;
essi forniscono una indicazione di questa dipendenza dalla frequenza nella estremità infe-
riore dello spettro di frequenza.
L'assorbimento di energia elettrica da parte di un materiale dielettrico soggetto ad un
campo elettrico alternato è chiamato perdita dielettrica. Questa perdita può essere importan-

F1,a R.\ 19 ..32


Variazione della costante
dielettrica in funzione
della frequenza di un
campo elettrico alternato.
Sono evidenziati i contri-
buti alla costante dielettri-
Orientamento
ca derivanti dalla polariz-
zazione elettronica, ionica
e per orientamento.

Elettronica

1012 1016

Frequenza (Hz)
19.23 Ferroelettricità • 647

te a frequenze di campo elettrico vicine alla frequenza di rilassamento di ogni dipolo attivo
di un determinato materiale. Alla frequenza di utilizzo si richiedono basse perdite dielettri-
che.

19.21 RIGIDITÀ DIELETTRICA

Quando ai materiali dielettrici vengono applicati campi elettrici molto elevati, un gran numero
di elettroni possono venire improvvisamente eccitati ad energie tali da riuscire a spostarsi al-
l'interno della banda di conduzione. Di conseguenza la corrente attraverso il dielettrico gene-
rata dal moto di questi elettroni si accresce enormemente; a volte fusioni localizzate, brucia-
ture o vaporizzazioni producono nel materiale un degrado irreversibile ed anche perdita di
prestazioni. Questo fenomeno è noto come scarica distmttiva dielettrica. I ,a rigidità dielet-
trica, a volte chiamata resistenza alla scarica distruttiva, rappresenta il valore di un campo
elettrico necessario a produrre la scarica. In Tabella 19.4 sono state riportate le rigidità dielet-
triche di alcuni materiali.

19.22 MATERIALI DIELETTRICI

Numerosi ceramici e polimeri sono utilizzati come isolanti e/o nei condensatori. Diversi
ceramici, come il vetro, la porcellana, la steatite e la mica, hanno costanti dielettriche com-
prese tra 6 e 10 (Tabella 19.4). Questi materiali presentano anche un elevato grado di stabi-
lità dimensionale e di resistenza meccanica. Trovano tipiche applicazioni nelle linee elettri-
che e come isolanti elettrici, nei basamenti degli interruttori e delle prese elettriche. La tita-
nia (Ti0 2 ) ed i ceramici titanati quali il titanato di bario (BaTiO 3) possono essere prodotti con
costanti dielettriche estremamente elevate, che li rendono particolarmente adatti per applica-
zioni nei condensatori.
[] valore della costante dielettrica per la maggior parte dei polimeri è minore di quello dei
ceramici, poiché questi ultimi presentano momenti dipolari più elevati; i valori di E, per i
polimeri sono compresi generalmente tra 2 e 5. Questi materiali sono comunemente utilizza-
ti per l'isolamento dei fili elettrici, cavi, motori, generatori etc. ed inoltre per alcuni conden-
satori.

ALTRECARATTERISTICHE
ELETTRICHE
DEI MATERIALI
Meritano un breve cenno due altre relativamente importanti e nuove caratteristiche elettriche
che sono state trovate in alcuni materiali, cioè la ferroelettricità e la piezoelettricità.

19.23 FERROELETTRICITÀ

Il gruppo di materiali dielettrici chiamati ferroelettrici presenta una polarizzazione sponta-


nea, cioè una polarizzazione in assenza di un campo elettrico applicato. Essi sono i dielettri-
ci analoghi ai materiali ferromagnetici, che possono presentare comportamenti magnetici
permanenti. Nei materiali ferroelettrici devono esistere dipoli elettrici permanenti, la cui ori-
gine può venire spiegata con il caso del titanato di bario, uno dei più comuni ferroelettrici. La
polarizzazione spontanea è dovuta al posizionamento degli ioni Ba 2+,Ti4 • ed 0 2- all'interno
della singola cella, come mostrato in Figura 19.33. Gli ioni Ba 2• sono situati ai vertici della
cella, che presenta simmetria tetragonale (un cubo leggermente allungato in una direzione).
Il momento di dipolo si origina dallo spostamento relativo degli ioni 0 2- e Ti4 + dalle loro posi-
zioni di simmetria, come si può notare osservando la cella unitaria da una prospettiva latera-
648 • Capitolo 19 / Proprietà elettriche

I I
I I
I I
I I

o-~---~•0---o
o/ II
I
. . II
I
To.009 nm
I I

J___
& ___
.,.9°
_ I
D..:.q_O§ ~_1
.!:!r:!! ____ _
------
fUTo.006nm
I.

eri 4+ ~Ba 2+ Qo2-


(a) (I,)

F1Gl IU 19.:13 Cella elementare di titanato di bario (BaTiO3 ) in una proiezione isometrica (a) e
da una prospettiva laterale che mostra lo scostamento degli ioni Ti4+ ed 0 2- dal centro della faccia
laterale (b).

le. Gli ioni 0 2- sono allocati vicino ai centri di ciascuna delle sei facce, ma leggermente al di
sotto di essi, mentre lo ione Ti4,- è disposto più in alto del centro della cella. In tal modo a cia-
scuna cella unitaria risulta associato in modo permanente un momento dipolare ionico.
Tuttavia, quando il titanato di bario viene scaldato al di sopra della temperatura di Curie
(120°C), la cella unitaria diventa cubica e tutti gli ioni assumono posizioni simmetriche
all'interno della cella stessa; a questo punto il materiale ha una struttura cristallina perovski-
tica (Sezione 13.2), ed il comportamento ferroelettrico scompare.
La polarizzazione spontanea di questo gruppo di materiali è dovuta all'interazione tra
dipoli permanenti adiacenti quando essi si allineano gli uni con gli altri nella stessa direzio-
ne. Per esempio, nel titanato di bario, gli scostamenti relativi di 0 2- e di Ti 4+ risultano nella
stessa direzione per tutte le celle unitarie all'interno di una certa regione del materiale. Altri
materiali presentano la ferroelettricità; tra questi si possono citare il sale di Rochelle
(NaKC 4 H4 O 6 • 4Hp), il fosfato acido di potassio (KH 2PO 4), il niobato di potassio (KNbO 3)
ed il titanato-zirconato di piombo (Ph[ZrO 3 ,TiO 3 ]). Tferroelettrici hanno costanti dielettriche
estremamente elevate a frequenze di campo elettrico applicato relativamente basse; ad esem-
pio, a temperatura ambiente, e, del titanato di bario può raggiungere il valore di 5000. Di con-
seguenza i condensatori realizzati con questo materiale possono essere significativamente
più piccoli dei condensatori realizzati con altri materiali.

19.24 PIZOELETIRICITÀ

Una proprietà singolare di un gruppo non numeroso di materiali ceramici è rappresentata


dalla piezoelettricità o, letteralmente, elettricità per pressione: applicando una forza esterna
ad un tale materiale si induce in esso una polarizzazione e quindi si crea un campo elettrico.
Invertendo il segno della forza esterna (es. da trazione a compressione) si inverte la direzio-
ne del campo elettrico. L'effetto piezoelettrico viene mostrato in Figura 19.34.
I materiali piezoelettrici sono utilizzati nei trasduttori, cioè dispositivi che convertono
energia elettrica in sollecitazione meccanica e viceversa. Tra le applicazioni più note dei pie-
Sommario • 649

a F1GLR.-\ 19.:-H Dipoli all'interno di un


materiale piezoelettrico (a). Generazione di
+ + .. .. + .. tensione elettrica sottoponendo il materiale a

I I I i i i V
compressione meccanica (b). (Da Elements
of Materials Science and Engineering, 6th
edition a cura di Lawrence H. Van Vlack;
???
------
i i i copyright © 1989 di Addison-Wesley
Publishing Company. Riprodotto per gentile
concessione.)
a
(a) (bi

zodeLtrici si possono citare le testine per giradischi, i microfoni, i generatori di ultrasuoni, i


sensori di sollecitazione meccanica e gli apparati sonar. Nel caso della testina del grammofo-
no, la puntina, quando scorre sui solchi di un disco, trasmette delle variazioni di pressione ad
un materiale piezoelettrico, situato nella testina stessa, che le trasforma in un segnale elettri-
co; quest'ultimo poi verrà amplificato prima di essere inviato agli altoparlanti.
Tra i materiali piezoelettrici vi sono i titanati di bario e piombo, lo zirconato di piombo
(PbZrO_1), il fosfato acido di ammonio (NH 4 H2 PO 4 ) ed il quarzo. Questa proprietà è caratteri-
stica dei materiali che presentano strutture cristalline complesse con basso grado di simme-
tria. Il comportamento piezoelettrico di un campione policristallino può essere migliorato
scaldandolo oltre la sua temperatura di Curie e quindi riportandolo alla temperatura ambien-
te in presenza di un forte campo elettrico.

SOlUlUARIO
La facilità con la quale un materiale è capace di trasmettere una corrente elettrica è espressa
in termini di conduttività elettrica o del suo reciproco, la resistività. In base alla sua condut-
tività, un materiale solido può essere classificato come metallo, semiconduttore o isolante.
Per la maggior parte dei materiali la corrente elettrica è generata dal movimento degli elet-
troni liberi che vengono accelerati in seguito all'applicazione di un campo elettrico. Il numero
di tali elettroni liberi dipende dalla struttura della banda di energia degli elettroni del materiale.
Una banda di elettroni è semplicemente una serie di stati degli elettroni rigorosamente posi-
zionati in base al loro contenuto energetico ed una tale banda può esistere per ciascun livello
di elettroni che si trova nel singolo atomo. Con l'espressione "struttura della banda di energia
degli elettroni" si esprime la maniera nella quale le bande più esterne si configurano relativa-
mente l'una all'altra e sono riempite dagli elettroni. I metalli, i semiconduttori e gli isolanti
presentano ciascuno un tipo specifico di struttura di banda. Un elettrone diventa libero quando
viene eccitato da uno stato saturo di una banda ad uno stato vuoto e disponibile, al di sopra del-
!' energia di Fermi. Nei metalli per l'eccitazione degli elettroni sono sufficienti energie relati-
vamente piccole, e questo porta ad avere un gran numero di elettroni liberi. Nei semiconduttori
e negli isolanti occorrono energie maggiori per l'eccitazione degli elettroni, e questo spiega la
più bassa concentrazione di elettroni liberi e quindi i valori più piccoli di conduttività.
Gli elettroni liberi attivati da un campo elettrico subiscono dispersioni (scattering) dovu-
te ad imperfezioni nel reticolo cristallino. li valore della mobilità degli elettroni è un indica-
tore della frequenza di questi episodi di diffusione. In molti materiali la conduttività elettrica
è proporzionale al prodotto della concentrazione degli elettroni per la mobilità.
Per i metalli la resistività elettrica aumenta con la temperatura, il contenuto di impurezze
e la deformazione plastica. Il contributo di ciascuna di queste componenti alla resistività tota-
le è additivo.
650 Capitolo 19 / Proprietà elettriche

I semiconduttori possono essere formati sia da elementi (Si e Ge) che da composti a legame
covalente. In questi materiali possono partecipare al processo di conduzione, oltre agli elettroni,
anche le lacune (vuoti prodotti da elettroni mancanti nella banda di valenza). In base al compor-
tamento elettrico i semiconduttori possono essere classificati come intrinseci ed estrinseci. Net
comportamento intrinseco le proprietà elettriche vengono attribuite al materiale puro per cui le
concentrazioni degli elettroni e delle lacune sono eguali; per i semiconduttori estrinseci il com-
portamento elettrico è determinato invece dalle impurezze. I semiconduttori estrinseci possono
essere di tipo n op a seconda che i portatori di carica predominanti siano, rispettivamente, gli
elettroni o le lacune. Elementi donatori introducono elettroni in eccesso; elementi accettori la-
cune in eccesso.
La conduttività elettrica dei materiali semiconduttori è particolarmente influenzata dal tipo e
contenuto di impurezze e dalla temperatura. L'aggiunta di quantità anche minime di determinate
impurezze incrementa fortemente la conduttività. La conduttività intrinseca cresce esponcnzitll-
mente con la temperatura. Anche la conduttività estriseca può aumentare con la temperatura.
Numerosi dispositivi a semiconduttori sfruttano le peculiari caratteristiche elettriche di
questi materiali per realizzare particolari funzioni elettroniche. Tra queste si citano la giun-
zione raddrizzatrice p-n ed i transistor a giunzione e MOSFET. I transistor sono usati per
amplificare i segnali elettrici e come "interruttori" nei circuiti dei calcolatori elettronici.
I materiali dielettrici sono elettricamente isolanti, ma suscettibili di polarizzazione in pre-
senza di un campo elettrico. Il fenomeno della polarizzazione consiste nella proprietà dei dielet-
trici di aumentare la capacità di immagazzinare le cariche dei condensatori, la cui efficienza è
espressa da una costante dielettrica. La polarizzazione deriva dalla induzione da parte di un
campo elettrico, ovvero dall'orientamento con esso, di dipoli atomici o molecolari; si dice che
esiste un dipolo quando vi è una netta separazione spaziale tra entità caricate positivamente ed
entità caricate negativamente. I possibili tipi di polarizzazione sono quella elettronica, ionica e
per orientamento; in un dato dielettrico non sono necessariamente presenti tutti i tipi di polariz-
zazione. Per campi elettrici alternati un solo tipo di polarizzazione contribuisce alla polarizza-
zione totale, ed inoltre la costante dielettrica dipende dalla frequenza; ogni meccanismo di pola-
rizzazione smette di funzionare quando la frequenza del campo applicato supera la sua frequenza
di rilassamento.
Il presente capitolo si è concluso con una breve descrizione di due altri fenomeni elettrici.
I materiali ferroelettrici sono quelli che possono presentare polarizzazione spontanea, cioè in
assenza di un campo elettrico esterno. Infine la piezoelettricità è il fenomeno per il quale in un
materiale viene indotta polarizzazione mediante applicazione di forze meccaniche esterne.

T E R :\1l N I E C O l\ C E T T I I )1 P O R T A l\ T I

Banda di conduzione Energia di Fermi Polarizzazione


Banda di energia degli elettroni Ferroelettrico Polarizzazione elettronica
Banda dì valenza Frequenza di rilassamento Polarizzazione ionica
Capacità Giunzione raddrizzatrice Polarizzazione per orientamento
Circuito integrato Isolante Regola di Matthiessen
Conduttività elettrica Lacuna Resistenza elettrica
Conduzione ionica Legge di Ohm Resistività elettrica
Costante dielettrica Metallo Rigidità dielettrica
Dielettrico Mobilità Semiconduttore
Diodo M0SFET = Transistor a Semiconduttore estrinseco
Dipolo elettrico semiconduttore metallo-ossido ad Semiconduttore intrinseco
Dislivello energetico effetto di campo Stato accettore
Drogàggio Pennittìvità Stato donatore
Effetto Hall Piezoelettrico Transistor a giunzione
Elettrone libero Polarità/tensione diretta
Energia della banda di separazione Polarità/tensione inversa
Domande e problenù • 651

BIBLIOGRAFIA

Azaroff, L. V. and J. J. Brophy, Electronic Processes in Kwok, H.L., Electronic Materials, Brooks/Cole
Materials, McGraw-Hill Book Company, New Publishing Company, Pacific Grove, CA, 1997.
York, 1963. Ristampato da TechBooks, Marietta, Livingston J., Electronic Properties, John Wiley & Sons,
OH, 1990. Capitoli 6-12. New York, 1999.
Bube, R. H., Electrons in Solids, 3rd edition, Academic Meindl, J.D;, "Microelctronic Circuit Elements,"
Press, San Diego, 1992. Scientific American, Voi. 237, No 3, September
Bylander, E. G. Materials far Semiconductor Functions, 1977, pp. 70-81.
Hayden Book Company, New York, 1971. Buona Navon, D.H., Semiconductor Microdevices and
esposizione di base della fisica dei semiconduttori e Materials, Oxford University, Oxford, 1995.
vari apparati semiconduttori. Noyce, R.N., "Microelectronics," Scientific American,
Chaudhari, P., "Electronic and Magnetic Materials," Voi. 237, No.3, September 1977, pp. 62-69.
Scientific American, Voi. 255, No.4, October 1986, Oldham, W.G., "The Fabrication of Microelectronic
pp. 136-144. Circuits," Scientific American, Voi. 237, No. 3,
Ehrenreich, H., "The Electrical Properties of Materials,", September 1977, pp. 110-128.
Scientljic American, Voi. 217, No. 3, September Rose, R.M., L.A. Shepard, and J. Wulff, The Structure
1967, pp. 194-204. and Properties of Materials, Voi. IV, Electronic
Hummel, R.E., Electronic Properties of Materials, 2nd Properties, John Wiley & Sons, New York, 1966.
edition, Springer-Verlag New York, Inc., New Capitoli 1, 2, 4-8, e 12.
York, 1994. Warnes, L. A. A., Electronic Materials, Chapman and
Kingery, W.D., H.K. Bowen, and D.R. Uhlmann, Hall, New York, 1990.
lntroduction to Ceramics, 2nd edition, John Wiley Wert, C.A., and R. M. Thomson, Physics of Solids, 2nd
& Sons, New York, 1976. Capitoli 17 e 18. cdition, McGraw-Hill Book Company, New York,
Kittel, C., lntroduction to So/id State Physics, 7th edi- 1970. Capitoli 9 e 11-19.
tion, John Wiley & sons, lnc., New York, 1995. An
advanced treament.

DOMANDE E PROBLE.\11

19.1 (a) Calcolare la conduttività elettrica di un cam- presentare resistenza maggiore di 2.5 Ohm.
pione di silicio cilindrico di 5.1 mm di diametro e Usando i dati di Tabella 19.1, calcolare la massi-
51 mm di lunghezza in cui passa una corrente ma lunghezza ammessa per il filo.
elettrica di O.1 A in direzione assiale. Tra due 19.4 Dimostrare che le due espressioni della legge dì
sonde poste a 38 mm di distanza si misura una Ohm, (Equazioni 19.1 e l 9.5) sono equivalenti.
tensione di 12.5 V. 19.5 (a) Usando i dati di Tabella 19.1, calcolare la resi-
(b) Calcolare la resistenza su tutti i 51 mm del stenza di un filo di rame di 3 mm di diametro e di
campione. 2 m di lunghezza. (b) Quale sarebbe il flusso dì
19.2 Un filo dì rame lungo 100 m deve presentare una corrente se la differenza di potenziale alle estre-
caduta di tensione di meno di 1.5 V quando è mità del filo fosse di 0.05 V? (e) Quanto vale la
attraversato da una corrente dì 2.5 A. Usando i densità di corrente? (d) Quale è il valore del
dati contenuti nella Tabella 19.1, calcolare il dia- campo elettrico tra le estremità del filo?
metro minimo che deve avere il filo. 19.6 Qual è la differenza tra conduzione elettronica e
19.3 Un filo di alluminio di 4 mm di diametro non deve conduzione ionica?
652 • Capitolo 19 / Proprietà elettriche

19.7 Come differisce la struttura elettronica di un 19.13 A temperatura ambiente la conduttività elettrica
atomo isolato da quella di un materiale solido? e la mobilità degli elettroni, per il rame, sono ri-
19.8 Esporre, in termini di struttura di banda di energia spettivamente 6.0 x 107 (Q-mf 1 e 0.0030
degli elettroni, i motivi della differenza di condut- m 2N-s. (a) Si calcoli il numero di elettroni li-
tività elettrica tra metalli, semiconduttori ed iso- beri per metro cubo per il rame a temperatura
lanti. ambiente. (b) Quale è il numero di elellroni li-
19.9 Se un materiale metallico viene raffreddato rapi- beri per atomo di rame? Si ipotizzi una densità
damente dallo stato fuso, si formerà un solido non di 8.9 Mg/m 3 •
cristallino (ad es. un vetro metallico). La condut- 19.14 (a) Si calcoli il numero di elettroni liberi per me-
tività elettrica del metallo non cristallino è mag- tro cubo per l'oro nell'ipotesi che abbia 1.5 elet-
giore o minore del corrispondente metallo cristal- troni liberi per atomo. La conduttività elettrica e
lino? Perché? la densità sono, rispettivamente, 4.3 x 107
19.10 Dire brevemente cosa si intende con velocità di (Q-mf 1 e 19.32 Mg/m 3• (b) Si calcoli infine an-
spostamento e mobilità di un elettrone. che la mobilità degli elettroni.
19.ll (a) Calcolare la velocità di spostamento degli elet- 19.15 In base alla Figura 19.35, stimare il valore di A
troni nel germanio a temperatura ambiente e dell'Equazione 19.11 considerando lo Zn come
quando il valore del campo elettrico è pari a I 000 soluto nelle leghe rame-zinco.
V/m. (b) In tali situazioni, quanto tempo occorre 19.16 (a) Usando i dati di Figura 19.8, determinare i
ad un elettrone per attraversare un tratto di 25 mm valori di p 0 ed a dall'Equazione l 9 .10 per il rame
. di cristallo? puro. Per la temperatura T assumere i gradi
19.12 Un semiconduttore di tipo n ha una concentrazio- Celsius. (b) Determinare il valore di A nel-
ne di elettroni di 3 x 10 18 m- 3• Se la velocità di l'Equazione 19.11 per il nichel come soluto nel
spostamento dell'elettrone è di 100 m/s in un rame, usando i dati di Figura 19.8. (e) Usando i
campo elettrico di 500 V/m, calcolare la condutti- risultati dei punti a e b, stimare la resistività elet-
vità di questo materiale. trica del rame contenente 1.75 at% di Ni a I00°C.

Composizione (at% Zn)

o 10 20 30
FIGI lt\ 19.:3.~ Resistività elettrica
7
a temperatura ambiente in funzione
della composizione per una lega
6 rame-zinco. (Da Metals Handhook:
E I
Properties and Selection:
e:
~ 5
Nonf'errous Alloys and Pure Metals,
o Voi. 2, 9th edition, H. Baker,
:::.
Managing Editor, American Society
"'
'-' 4 for Mctals, 1979, p.315.)
·~
<IJ
v
·2 3
:?:
vi
·u=;
<IJ
C.:'.
2

o
o 10 20 30 40

Composizione(% in peso Zn)


Domande e problemi • 653

19.17 Determinare la conduttività elettrica di una lega 19.22 Per i semiconduttori intrinseci, le concentrazioni
Cu-Ni che presenta un carico di snervamento di sia di elettroni che delle lacune dipendono dalla
125 MPa. La Figura 7.16b può aiutare nella so- temperatura nel modo seguente:
luzione.
19.18 Un bronzo ha una composizione del 92 % in peso
di Cu e dello 8 % in peso di Sn e, a temperatura n, p x exp (-.5_)
2kT
(-19.38)
ambiente, è costituito a due fasi: una fase a, che è
rame contenente una quantità molto piccola di sta- o, usando i logaritmi naturali,
gno in soluzione solida, ed una fase E, che contie-
EK
ne circa il 37 % in peso di Sn. Calcolare la con- lnn,lnp oc ---
duttività a temperatura ambiente di questa lega 2 kT
avendo i seguenti dati:
In tal modo la curva del ln n (o ln p) intrinseco in
Resistività
funzione di 1/T (Kt 1 dovrebbe essere lineare e
Elettrica Densità presentare una pendenza di - E/2k. Usando que-
Fase (Q-m) (Mglm 1) sta informazione e la Figura 19.16, determinare
l'energia della banda di separazione per il silicio.
a J .88 X JQ-R 8.94 Confrontare questo valore con quello dato in
E 5.32 X 10-7 8.25 Tabella 19.2.
19.23 Definire i seguenti termini, relativi ai materiali
semiconduttori: intrinseco, estrinseco, composto,
19.19 Le resistività elettriche a temperatura ambiente elementare. Si dia anche un esempio di ciascuno
del piombo puro e dello stagno puro sono, rispet- d1 essi.
tivamente, 2.06 x 10-7 e 1.11 x 10-7 Q-m. 19.24 È possibile che composti semiconduttori mostrino
(a) Fare un grafico schematico della resistività comportamento intrinseco? Motivare la risposta.
elettrica a temperatura ambiente in funzione della 19.25 Per ciascuna delle seguenti coppie si semicondut-
composizione per tutte le composizioni tra piom- tori, decidere quali hanno la minore energia della
bo puro e stagno puro. banda di separazione Ege quindi indicare la ragio-
(b) Nello stesso grafico tracciare schematica- ne della scelta: (a) ZnS e CdSe, (b) Si e C (dia-
mente la resistività elettrica in funzione della mante), (e) Alp 3 e ZnTe, (d) InSb e ZnSe, (e)
composizione a 150°C. GaAs e AlP.
(e) Spiegare gli andamenti di queste due curve e
19.26 (a) Spiegare, con parole proprie, come elementi
le differenze.
donatori nei semiconduttori danno luogo ad elet-
19.20 Un filo di metallo di 2 mm di'diametro deve por-
troni liberi in numero maggiore di quelli generati
tare una corrente di 1O A con una caduta di poten-
dalle eccitazioni banda di valenza-banda di con-
ziale minore di 0.03 V per 300 mm di filo. Quali
duzione. (b) Spiegare anche in che modo elemen-
dei metalli e leghe della Tabella 19.1 possono
ti accettori danno luogo a lacune in numero mag-
essere u tilìzzati?
19.21 (a) Calcolare il numero di elettroni liberi e di giore di quelle generate dalle eccitazioni banda di
lacune presenti nel germanio intrinseco a tempe- valenza-banda di conduzione.
ratura ambiente, usando i dati di Tabella 19.2. (b) 19.27 (a) Spiegare perché non vengono generate lacune
Calcolare poi il numero di elettroni liberi per dalla eccitazione di elettroni nella quale sono inte-
atomo per il germanio e per il silicio (Problema ressati atomi donatori. (b) Spiegare perché non
19.1). (e) Spiegare la differenza. Sono necessarie vengono generati elettroni liberi dalla eccitazione
al riguardo le densità del Ge e Si che sono, rispet- di elettroni nella quale sono coinvolti atomi accet-
tivamente, 5.32 e 2.33 Mg/m'. tori.
654 • Capitolo 19 / Proprietà elettriche

19.28 I seguenti elementi, se aggiunti ai materiali semi- guenti caratteristiche elettriche a temperatura am-
conduttori indicati nel seguito, si comportano biente:
come donatori o accettori? Assumere che gliele-
menti droganti siano sostituzionali. o(Q-mr• n (m-·1) p(m-3)

lmpureua Semiconduttore Intrinseco 2.5 X J0-6 3.0 X 1013 3.0 X 1013


Estrinseco 3.6 X tQ-> 4.5 X 10 14 2.0 X 101~
N Si (tipo n)
B Ge
Zn GaAs Calcolare le mobilità degli elettroni e delle lacune.
s InSb 19.34 Confrontare la dipendenza della conduttività dalla
In CdS temperatura per i metalli e per i semiconduttori
As ZnTe intrinseci. Spiegare brevemente la differenz'a di
comportamento.
19.29 (a) In quale posizione si trova, approssimativa- 19.35 Usando i dati di Tabella 19.2, stimare la condutti-
mente, l'energia di Fermi per un semiconduttore vità elettrica del GaAs intrinseco a 150°C (423 K).
intrinseco? 19.36 Spiegare in breve la presenza del fattore 2 al
(b) In quale posizione si trova, approssimativa- denominatore del secondo termine nella parte
mente, l'energia di Fermi per un semiconduttore destra dell'Equazione 19.19.
di tipo n? 19.37 Usando i dati di Tabella 19.2, stimare la tempera-
(e) Disegnare schematicamente l'andamento del- tura alla quale la conduttività elettrica del GaAs
1'energia di Fermi in funzione della temperatura intrinseco è 4 X 10-4(Q-mt 1•
per un semiconduttore di tipo n sino alla tempera- 19.38 Le conduttività elettriche intrinseche di un semi-
tura alla quale diventa intrinseco. Indicare pure su conduttore a 20 e 100°C (293 e 373 K) sono,
questo grafico le posizioni di energia corrispon- rispettivamente, 1.0 e 500 (Q-mt 1• Determinare
denti all'estremo superiore della banda di valenza approssimativamente l'energia della banda di
ed ali' estremo inferiore della banda di conduzione. separazione per questo materiale.
19.30 (a) La conduttività elettrica a temperatura am- 19.39 La conduttività elettrica intrinseca di un semicon-
biente di un campione di silicio è I 03 (Q-m) 1• Si duttore a due diverse temperature è:
conosce la concentrazione degli elettroni che è
pari a 1.0 x 1023 m- 1• Usando le mobilità per gli T(K) a(Q-mt•
elettroni e le lacune riportate in Tabella 19.2, cal-
colare la concentrazione delle lacune. (b) In base 450 0.12
ai risultati del punto (a), il campione considerato 550 2.25
risulta intrinseco, estrinseco di tipo n o estrinseco
di tipo p ? Perché? (a) Detenninare l'energia della banda di separa-
19.31 Utilizzando i dati di Tabella 19.2, calcolare le con- zione (in eV) per questo materiale.
centrazioni di elettroni e di lacune per lo lnSb (b) Stimare la conduttività elettrica a 300 K
intrinseco a temperatura ambiente. (27°C).
19.32 Il germanio, al quale sono stati aggiunti 19.40 A temperatura ambiente, si è riscontrato che la
5 x I 0 22 m-3 atomi di Sb, è un semiconduttore dipendenza dalla temperatura delle mobilità di
estrinseco a temperatura ambiente e si può pensa- elettroni e lacune, per il germanio intrinseco, è
re che virtualmente tutti gli atomi Sb siano ioniz- proporzionale a , 312 con T espresso in Kelvin;
zati (cioè esiste un portatore di carica per ogni pertanto un modo più accurato di scrivere
atomo Sb). (a) Questo materiale è di tipo n o di l'Equazione 19.18 è il seguente:
tipo p? (b) Calcolare la conduttività elettrica di
questo materiale, assumendo per le mobilità degli
s = C"r-312 ex.p (- 2 E/r)
elettroni e delle lacune il valore, rispettivamente, (19.39a)
di 0.1 e 0.05 m 2N-s.
19.33 Per il fosfuro di indio (lnP) sia intrinseco che o. in forma logaritmica
estrinseco di tipo p sono state determinate le se-
Domande e problemi 655

In a= ln e "- 23 In T -
Ei
2kT
19.44 Un ipotetico metallo ha una resistività elettrica di
4 x I o-s(Q-m). Attraverso un campione di questo
(19.39b) metallo di 25 mm di spessore viene fatta passare
una corrente di 30 A; quando viene contempora-
dove C '' è una costante indipendente dalla tempe- neamente applicato un campo magnetico di 0.75
ratura. tesla con direzione perpendicolare a quella della
(a) Calcolare la conduttività elettrica imrinseca corrente, si misura una tensione di Hall di -1.26 x
per il germanio intrinseco a 150°C e confrontare I 0-7 V. Calcolare (a) la mobilità degli elettroni per
questo valore con quello trovato nell'Esempio di questo metallo e (b) il numero di elettroni liberi
Problema 19.3, dove si è usata l'Equazione per metro cubo.
19.18.
19.45 Una lega ha valori di conduttività elettrica e di
(b) A questo punto calcolare il numero di elettro-
mobilità degli elettroni, rispettivamente, di 1.5 x
ni liberi e di lacune per il germanio intrinseco a
107 (Q-mf' e 0.0020 m2N-s. Attraverso un cam-
I 50°C assumendo questa dipendenza Y-312 delle
pione di questa lega di 35 mm di spessore viene
mobilità degli elettroni e lacune.
fatta passare una corrente di 45 A. Quale campo
19.41 Stimare la temperatura alla quale il GaAs ha una
conduttività elettrica di 3.7 x 10-3 (Q-mr1 assu- magnetico occorre imporre per ottenere una ten-
mendo la dipendenza dalla temperatura per a sione di Hall di -LO x 10-7 V?
dell'Equazione 19.39a. I dati riportati nella 19.46 Descrivere brevemente i moti di elettroni e lacune
Tabella 19.2 possono mostrarsi utili. in una giunzione p-n con tensione diretta ed
19.42 La pendenza dei tratti estrinseci delle curve in inversa; quindi spiegare come queste tensioni por-
Figura 19.16 è correlata alla posizione del livello tino al raddrizzamento (della tensione/corrente).
accettore nella banda di separazione (Figura 19.47 Come viene dissipata energia nella reazione
19.14). Scrivere una espressione per la dipenden- descritta dall'Equazione 19.24?
za di p dalla posizione di questo livello. 19.48 Quali sono le due funzioni che un transistor può
19.43 Si è evidenziato nella Sezione 13.5 (Figura 13.21) realizzare in un circuito elettronico?
che nello FeO (wtistite) gli ioni ferro possono esi- 19.49 L'incremento di temperatura può influenzare il
stere sia negli stati Fe 2+ che Fe 3+. Il numero di cia- funzionamento dei raddrizzatori a giunzione p-n
scuno di questi tipi di ioni dipende dalla tempera- e dei transistor? Motivare la risposta.
tura e dalla pressione di ossigeno dell'ambiente. 19.50 Citare le differenze di funzionamento e di applica-
Inoltre si è anche evidenziato che, per mantenere zioni tra i transistor a giunzione ed i MOSFET.
la neutralità elettrica. viene creata una vacanza di 19.51 A temperature comprese tra 775°C ( 1048 K) e
Fe2+ per ogni due ioni Fe 3+ che si formano; di con- 1100°C (1373 K), l'energia di attivazione ed il
seguenza, per tener conto di queste vacanze, la preesponenziale per il coefficiente di diffusione
formula della wtistite si rappresenta spesso come del Fe 2+ nel FeO sono, rispettivamente, 102000
Feri-xp dove x è una piccola frazione minore del- J/mol e 7 .3 x 10-~m 2/s. Calcolare la mobilità per
l'unità.
uno ione Fe 2+ a 1000°c (1273 K).
In questo materiale Pe 0 _,)0 non stechiometrico,
19.52 Un condensatore ad armature parallele, che utiliz-
la conduzione è elettronica e, in effetti, esso si
za un materiale dielettrico con un E, di 2.5, ha uno
comporta come un semiconduttore di tipo p. Cioè
spazio tra le armature di I mm. Se viene utilizza-
gli ioni Fe 3+ si comportano come ioni accettori ed è
relativamente facile eccitare un elettrone dalla to un altro materiale con costante dielettrica pari a
banda di valenza allo stato accettore Fe 3\ con la 4.0 e la capacità resta invariata, quale deve essere
formazione di una lacuna. Determinare la condut- la nuova spaziatura tra le armature?
tività elettrica di un campione di wiistite che ha 19.53 Uncondensatore ad armature parallele con
una mobilità delle lacune di I .Ox 10-5 m 2N-s e per dimensioni di I 00 mm per 25 mm ed una separa-
il quale il valore dix è 0.060. Si ipotizzi che gli stati zione tra le armature di 3 mm deve avere una
accettori siano saturati (cioè esista una lacuna per capacità minima di 38 pF (3.8 x 10-11 F) quando
ogni ione Fe 3+). La wtistite ha la struttura cristal- viene applicata una tensione alternata di 500 V
lina del cloruro di sodio con il lato della cella uni- alla frequenza di I MHz. Quali, tra i materiali
taria pari a 0.437 nm. elencati in Tabella 19.4, su11upossibili? Perché?
.656 • Capitolo 19 / Proprietà elettriche

19.54 Si consideri un condensatore ad armature paralle- 19.60 La costante dielettrica per un vetro calce-sodico
le con un'area di 2500 mm2, una separazione tra le misurata a frequenze molto elevate (dell'ordine
annature di 2 mm e con un materiale interposto dei 10 1; Hz) è approssimativamente di 2.3. Quale
che presenta una costante dielettrica pari a 4.0. (a) frazione della costante dielettrica a frequenze
Quale è la capacità di questo condensatore? (b) relativamente basse (1 MHz) viene attribuita alla
polarizzazione ionica? Trascurare i contributi
Calcolare il campo elettrico che deve essere appli-
della polarizzazione per orientamento.
cato perché su ciascuna armatura venga immagaz-
19.61 (a) Calcolare il valore del momento di dipolo di
zinata una carica di 8.0 x 10-9 e, ogni cella unitaria del BaTiO 3 , come mostrato in
19.55 Spiegare con parole proprie il meccanismo secon- Figura 19.33.
do il quale la capacità di immagazzinare carica (b) Calcolare la polarizzazione massima che è
aumenta mediante l'inserzione di un materiale possibile raggiungere con questo materiale.
dielettrico tra le armature di un condensatore. 19.62 Spiegare brevemente perché il comportamento'
19.56 Nel NaCl, i raggi ionici per gli ioni Na• e CI- sono, ferroelettrico del BaTiO 3 scompare al di sopra
rispettivamente, di 0.102 e 0.181 nm. Se un della sua temperatura ferroelettrica di Curie.
campo elettrico applicato esternamente produce 19.63 È possibile che le dimensioni fisiche di un mate-
una espansione del 5% del reticolo, calcolare il riale piezoelettrico quale il BaTiO, possano cam-
biare quando questo viene sottoposto ad un campo
momento di dipolo per ciascuna coppia Na+ e ci-.
elettrico? Perché o perché no ?
Si ipotizzi che questo materiale sia completamen-
te depolarizzato in assenza di campo elettrico. Problemi di Progettazione
19.57 La polarizzazione P di un materiale dielettrico
posizionato tra un condensatore ad armature 19.D1 È noto che una lega al 95 % in peso di Pt ed al 5%
parallele deve essere 1.0 x 10-6C/m 2• in peso di Ni ha una resistività elettrica di
(a) Quale valore deve avere la costante dielettrica 2.35 x 10-7 Q-m a temperatura ambiente (25°C).
se si applica un campo elettrico di 5 x I 04 V /m ? Si calcoli la composizione di una lega
(b) Quale valore deve avere l'induzione dielettri- platino-nichel che, a temperatura ambiente, pre-
ca D? senti una resistività di 1.75 x 10-7 Q-m. La resi-
19.58 Su ciascuna armatura di un condensatore a piastre stività del platino puro a temperatura ambiente
può essere ricavata dai dati di Tabella 19.1; si ipo-
parallele, con un'area di 160 mm 2 ed una separa-
tizzi che il platino ed il nichel formino una solu-
zione tra le armature di 3.5 mm, deve essere
zione solida.
immagazzinata una carica di 3.5 x 10· 11 C. 19.D2 Usando le informazioni contenute nelle Figure
(a) Qual è il voltaggio richiesto, se tra le arniatu- 19.8 e 19.35, determinare la conduttività elettrica
re viene inserito un materiale con costante dielet- di una lega al 80% in peso Cu ed al 20% in peso
trica pari a 5.0? Zn a-150°C.
(b) Quale voltaggio sarebbe necessario se ci 19.D3 È possibile realizzare una lega di rame con nichel
fosse il vuoto (tra le armature)? per ottenere una resistenza minima a trazione di
{e) Quali sono le capacità nel caso {a) e (b)? 375 MPa e conservare una conduttività elettrica di
{d) Calcolare l'induzione dielettrica nel caso (a). 2.5 X 106 (Q-mr' ? Se non fosse possibile, per-
(e) Calcolare la polarizzazione nel caso (a). ché? Se possibile, quale sarebbe la concentrazione
19.59 (a) Descrivere brevemente, per ciascuno dei tre
di nichel necessaria? Si suggerisce di consultare la
Figura 7.16a.
tipi di polarizzazione, il meccanismo con il quale
19.D4 Indicare un tipo di impurezze e la relativa concen-
i dipoli vengono indotti e/o orientati dall'azione di
trazione (in percentuale di peso) in grado di pro-
un campo elettrico applicato. {b) Quale(i) tipo(i) durre un materiale di silicio di tipo p che presenta,
di polarizzazione è (sono) possibile(i) per il tita- a temperatura ambiente, una conduttività elettrica
nato di piombo solido (PbTiO,), il neon gassoso, di 50 (Q-mt 1• Utilizzare le mobilità intrinseche
il diamante, il KCI solido e la NH 3 liquida? degli elettroni e delle lacune e ipotizzare che le
Perché? impurezze accettrici siano sature.
Domande e problemi • 65 7

19.D5 Un progetto di circuito integrato prevede la diffu- alla creazione di vacanze di Fe 2+; il mantenimento
sione di boro ali 'interno di un silicio di altissima della neutralità elettronica richiede che per ogni
purezza, ad elevata temperatura. È richiesto che due ioni Fe 3+ si formi una vacanza. L'esistenza di
ad una distanza di 0.2 µm dalla superficie del queste vacanze si riflette nella formula chimica di
"wafer" di silicio, la conduttività elettrica a tem- questa wtistite non stechiometrica che risulta
peratura ambiente sia pari a 1.2 x 104 (Q-mf 1• La Fe0 __,p, dove x è un numero piccolo, minore di
concentrazione di B sulla superficie del Si è man- uno. li grado di non stechiometria (cioè il valore
tenuta ad un livello costante di I.O x 1025 m- 3 ; dix) può essere variato cambiando la temperatura
inoltre si ipotizza che la concentrazione di B nel e la pressione parziale dell'ossigeno. Calcolare il
materiale di Si originario sia trascurabile e che a valore che deve avere x per produrre un materiale
temperatura ambiente gli atomi di boro siano satu- Fe0 _,pcon una conduttività elettrica di tipo p di
ri. Specificare la temperatura del trattamento ter- 2000 (Q-mr 1; si ipotizzi che la mobilità delle
mico di diffusione se il tempo di trattamento deve lacune sia 1.0 x 10-s m 2N-s e che gli stati degli
essere di un'ora. li coefficiente di diffusione per la accettori siano saturi.
diffusione di B in Si è una funzione della tempe- 19.D7 Il materiale semiconduttore di base us_atopratica-
ratura secondo la mente per tutti gli attuali circuiti integrati è il sili-
cio. Tuttavia il silicio presenta alcuni vincoli e
D(m 2/s) = 2.4 x 10-4exp (- 347 ;~mol )
limitazioni. Scrivere una nota mettendo a parago-
19.D6 Il Problema 19.43 metteva in evidenza che la FeO ne le proprietà e le applicazioni (e/o le applicazio-
(wi.istite) può comportarsi come un semicondutto- ni potenziali) del silicio e dell'arseniuro di gallio.
re in virtù della trasformazione del Fe 2+ in Fe 3 + ed
Perché studiare le Propriet<Ì Termic

decisioni della scelta dei materiali per componenti caratteristiche


osti ad elevate/basse temperature, a variazioni di attacca il chip (
1peralura e/o a gradienti termici richiede, da parte porto. Questo ,
l'ingegnere progettista, una conoscenza della duttivo in modi
>Osta termica dei materiali ed anche delle proprietà generato dal cl
miche di una grande varietà di materiali. Per esem- zionc termica !
' nella discussione sui materiali che vengono usati essere simile a
· il supporto di un circuito integrato (Sezione mantenuta per
, 13), noi notiamo restrizioni che sono imposte sulle legame adesivo
Ohit>tti,i (li appr('ndimcnto

Dopo aver studiato questo capitolo, dovresti essere in grado di fare le seguenti cose:

I. Definire la capacità termica ed il calore specifico. termica da un punto di vista atomico usando un
2. Recepire il meccanismo primario mediante il quale diagramma energia potenziale in funzione della
l'energia termica ~iene assorbita nei materiali soli- distanza interatomica.
di. 5. Definire la conduttività tennica.
3. Detenninare il coefficiente lineare di espansione 6. Considerare i due principali meccanismi di con-
termica in base alla variazione di lunghezza che duttività tennica nei solidi e confrontare i valori
accompagna un determinato cambiamento di tem- relativi per i metalli, i ceramici ed i materiali poli-
peratura. merici.
4. Spiegare brevemente il fenomeno di espansione

20.1 INTROOrZIOI\E

Per "proprietà termica" si intende la risposta di un materiale alla somministrazione di calore.


Man mano che il solido assorbe energia in forma di calore, la sua temperatura sale e le sue
dimensioni aumentano. Se si viene a determinare un gradiente di temperatura, l'energia può
essere trasportata alle regioni più fredde del campione ed alla fine il campione può fondere.
La capacità termica, l'espansione termica e la conduttività termica sono proprietà che sono
spesso critiche nella utilizzazione pratica dei solidi.

20.2 CAPACIT.~ TEIUllCA

Un materiale solido, quando scaldato, mostra un aumento di temperatura che sta a significa-
re che ha assorbito dell'energia termica. La capacità termica è una proprietà che indica la
capacità di un materiale ad assorbire calore dall'ambiente esterno; rappresenta la quantità di
energia richiesta per produrre l'aumento di una unità di temperatura. In termini analitici, la
capacità termica C viene espressa dalla relazione:

(20.1)

dove dQ è l'energia richiesta per produrre una variazione di temperatura dT. In genere, la
capacità termica è espressa per mole di materiale (es. J/mole-K o cal/mole-K). Talvolta
viene utilizzato il calore specifico (spesso indicato da una e minuscola), che rappresenta la
capacità termica per unità di massa, con varie unità di misura (J/kg-K, cal/g-K).
Vi sono in pratica due modi per misurare questa proprietà, in base alle condizioni con cui
il calore viene trasferito. Il primo definisce la capacità termica mantenendo il volume costan-
te, C,.; il secondo mantenendo la pressione esterna costante, CP.Il valore di CPè sempre mag-
giore del valore di C,.; tuttavia, per la maggior parte dei materiali solidi a temperatura ambien-
te ed anche inferiore, tale differenza è molto leggera.

CAPACIT.,\ TER'lllCA VIBRAZIONALE

Per la maggior parte dei solidi, il modo principale di assorbire energia termica è quello di
aumentare l'energia di vibrazione degli atomi. Nei solidi gli atomi sono costantemente in
vibrazione a frequenza molto elevata e con ampiezza relativamente piccola. Gli atomi non
vibrano in modo indipendente l'uno dall'altro, ma vibrano insieme a quelli adiacenti, in virtù
del legame atomico. Queste vibrazioni sono coordinate in modo tale che danno origine ad
onde che attraversano il reticolo, fenomeno rappresentato nella Figura 20.1. Queste possono

659
660 •

•-
Capitolo 20 / Proprietà termiche

FJGCRA 20.1
Rappresentazione
........ •.•.- .
-,
- ..···-······"
schematica della

, ,,•·-··
generazione di onde
reticolari in un cristallo
per mezzo di vibrazioni
atomiche. (Da "The
-···•ti'••., ......
-····-··-,····
Thermal Properties of

.. . ......
•• • .. •...
,
Materia]s by J.Ziman.
0
'

Copyright © 1967 by
Scientific American, Jnc.

•• ., • _,
·······-.,,....
Tutti i diritti riservati.)

•••• •
.......
, •.•._·-····-··-··
. ...........
• • Posizione reticolare normale per gli atomi
• Posizione spostata dalle v,brazioni

essere immaginate come onde elastiche o semplicemente onde sonore, con corta lunghezza
d'onda ed elevata frequenza, che si propagano attraverso il cristallo alla velocità del suono.
L'energia termica vibrazionale di un materiale è formata di una serie di queste onde elastiche,
distribuite su un certo intervallo di frequenza. Sono consentiti solo certi valori di energia (si
dice che l'energia è quantizzata) ed un singolo quanto di energia vibrazionale è definito fono-
ne. (Un fonone è analogo al quanto della radiazione elettromagnetica, il fotone). Di conse-
guenza, le onde vibrazionali sono denominate fononi.
La dispersione termica degli elettroni liberi durante la conduz10ne elettronica (Sezione
19.7) è dovuto a queste onde vibrazionali e queste onde elastiche partecipano anche al tra-
sporto di energia durante la conduzione te1111ica(vedi Sezione 20.4).

JNFLllENZA DELLA TEl\lPERATrRA SllLLA CAPACIT..\TERJHC\

Nella Figura 20.2 viene rappresentata la variazione con la temperatura del contributo vibra-
zionale alla capacità termica a volume costante, relativa ad alcuni solidi cristallini relativa-
mente semplici. Il C,. è zero a O K, ma aumenta rapidamente con la temperatura; ciò è dovu-

F1u H.\ 20.2 Andamento della capa-


cità termica a volume costante in funzio-
ne della temperatura; 80 è la temperatura
di Debye.

Ilo
Temperatura (K)
20.3 Espansione Termica • 661

to ad una accresciuta capacità delle onde del reticolo di aumentare la loro energia media con
l'aumentare della temperatura. Per basse temperature la relazione tra C,. e la temperatura
assoluta Tè
C,,=AT3
(20.2)

dove A è una costante indipendente dalla temperatura. Al di sopra della cosiddetta tempera-
tura di Dehye 00 , C, si assesta e diventa praticamente indipendente dalla temperatura ad un
valore di circa 3R, essendo R la costante dei gas. Dal momento che l'energia totale del mate-
riale è crescente con la temperatura, la quantità di energia richiesta per produrre una varia-
zione di temperatura di un grado è costante. Il valore di 00 , per diversi materiali solidi, si
trova al di sotto della temperatura ambiente e C, a temperatura ambiente è, con ragionevole
approssimazione, pari a 25 J/mole-K (6 cal/mole-K), La Tabella 20.1 riporta i calori specifi-
ci sperimentali per un certo numero di materiali; i valori di e" per un numero maggiore di
materiali sono tabulati nella Tabella B.8 dell'Appendice B.

At:l'RI CONTRIRl~TI DELI.A CAPACIT.~ TERMICA

Esistono anche altri meccanismi di assorbimento di energia che si possono aggiungere alla
capacità termica totale di un solido. In molti casi, comunque, il contributo vibrazionale ha
valore secondario. Vi è un contributo elettronico in cui gli elettroni assorbono energia
mediante aumento della loro energia cinetica. Comunque, questo è possibile solo per gli elet-
troni liberi - quelli che sono stati eccitati dagli stati riempiti agli stati vuoti al di sopra della
energia di Fermi (Sezione 19.6), Nei metalli, solo gli elettroni nello stato prossimo all'ener-
gia di Fermi sono in grado di tale transizione e questi rappresentano sono una frazione molto
piccola del numero totale. Nei materiali isolanti e semiconduttori una frazione ancora più pic-
cola di elettroni mostra eccitazioni. Quindi, questo contributo elettronico è in genere insigni-
ficante, se non alle temperature prossime a O K.
Inoltre, in alcuni materiali altri processi di assorbimento di energia compaiono a determi-
nate temperature, per esempio, la randomizzazione degli spin elettronici in un materiale fer-
romagnetico non appena viene riscaldato al di sopra della temperatura di Curie. Sulla curva
della capacità termica in funzione della temperatura viene prodotto, alla temperatura di que-
sta trasformazione, un grande picco.

-20.3 ESPAl\SIONE TERMICA

La maggior parte dei materiali solidi si espande per riscaldamento e si contrae per raffredda-
mento. La variazione in lunghezza con la temperatura può venire espressa come:

(20.3a)

(20.3b)

dove /0 e 11 rappresentano, rispettivamente, le lunghezze iniziale e finale quando la tempera-


tura varia da T0 a Tr Il parametro a 1 è chiamato coefficiente lineare di espansione termica
662 • Capitolo 20 / Proprietà termiche

Tabella 20.1 Proprietà termiche di alcuni materiali

Materiale e, a, k L
(Jlkg-K)" [(°Ct' xurt (Wlm-K)' [Q-Wl(K)' x 1~]

Metalli
Alluminio 900 23.6 247 2.20
Rame 386 17.0 398 2.25
Oro 128 14.2 315 2.50
Ferro 448 11.8 80 2.71
Nichel 443 13.3 90 2.08
Argento 235 19.7 428 2.13
Tungsteno 138 4.5 178 3.20
Acciaio 1025 486 12.0 51.9
Acciaio inossidabile 3 I 6 502 16.0 15.9
Ottone (70Cu-30Zn) 375 20.0 120
Kovar (54Fe-29Ni-17Co) 460 5.1 17 2.80
lnvar (64Fe-36Ni) 500 1.6 10 2.75
Super Invar (63Fe--32Ni-5Co) 500 0.72 IO 2.68

Ceramici
Allumina (Al,0 1 ) 775 7.6 39
Magnesia (MgO) 940 13.5'1 37.7
Spinello (MgAl,0 4 ) 790 7.6d 15.0'
Silice fusa (SiO;) 740 0.4 1.4
Vetro calcesodiéo 840 9.0 1.7
Vetro borosilicato (pyrex) 850 3.3 1.4

Polimeri
Polietilene (alta densità) 1850 106 - 198 0.46-0.50
Polipropilene 1925 145 - 180 0.12
Polistirene 1170 90- 150 0.13
Politetrafluoroetilene (Teflon) 1050 126-216 0.25
Fenolo--fonnaldeìde, 1590-1760 122 0.15
fenoliche (Bakelite)
Nylon 6,6 1670 144 0.24
Poli isoprene 220 0.14

"Per convertire in cal/g-K, moltiplicare per 2.39 x IO"'; per (;unvertire in Btu/lbm- 0 1', moltiplicare per 2.39 x 10 4 •
h Per convertire in (°F) moltiplicare per 0.56.
' Per convertire in cal/s--cm-K, moltiplicare per 2.39 x 10-'; per convertire in Btu/ft-h-°F, moltiplicare per 0.578.
d Valore misurato a 100°C.

'Valore medio nell'intervallo O- 1000 °C.

ed esprime una proprietà indicativa di quanto si espande per riscaldamento un materiale; I'u-
nità di misura è il reciproco della temperatura [(°Ctl
Certamente, il riscaldamento o il raffreddamento influenza tutte le dimensioni di un corpo,
portando ad una variazione di volume. Le variazioni di volume con la temperatura possono
essere calcolate da:
llV
-=
V a!1T
V
(20.4)
o

dove AV e V0 sono, rispettivamente, la variazione del volume ed il volume originario e con a,.
si indica il coefficiente volumetrico di espansione termica. In alcuni materiali, il valore di a,.
è anisotropo; dipende cioè dalla direzione cristallografica lungo la quale viene misurato. Per
i materiali in cui l'espansione termica è isotropa, a,. è approssimativamente 3a, .
20.3 Espansione Termica • 663

Da un punto di vista atomico, l'espansione termica è espressione dell'aumento della


distanza media tra gli atomi. Questo fenomeno può essere meglio illustrato considerando la
curva dell'energia potenziale in funzione della distanza interatomica per un materiale solido,
già vista in precedenza (Figura 2.8b) e riprodotta nella Figura 20.3a. La curva è nella forma
di una depressione di energia potenziale e la distanza interatomica di equilibrio a OK, r0 , cor-
risponde al minimo della depressione. Riscaldando progressivamente a temperature via via
crescenti (T 1, T2 , T3 , ecc.) aumenta l'energia vibrazionale da E 1 a E 2 a E 1 e così via.
L'ampiezza vibrazionale media di un atomo corrisponde, ad ogni temperatura, alla larghezza
della depressione e la distanza interatomica media è rappresentata dalla posizione media, che
va aumentando, con la temperatura, da r0 a r, a r 2 e così via.
L'espansione termica è in realtà dovuta alla asimmetria della curvatura della depressione
di energia potenziale, piuttosto che alle ampiezze delle vibrazioni atomiche, aumentate al
crescere della temperatura. Se la curva di energia potenziale fosse simmetrica (Figura 20.3b),
non ci sarebbe variazione nella distanza interatomica e, di conseguenza, non ci sarebbe
espansione termica.
Per ogni classe di materiali (metalli, ceramici e polimeri), maggiore è l'energia di legame
degli atomi, più profonda e più stretta è questa depressione di energia potenziale. Ne risulta
che la crescita della distanza interatomica, per un dato aumento di temperatura, sarà inferio-
re ed il valore di a 1 sarà più piccolo. Nella Tabella 20.1 sono elencati i coefficienti termici di
espansione lineare per vari materiali. Si osserva che i valori dei coefficienti di espansione cre-
scono con l'aumento della temperatura. I valori riportati si riferiscono alla temperatura
ambiente, salvo indicato diversamente. Un elenco più completo dei coefficienti di espansio-
ne termica viene fornito nella Tabella B.6 dell'Appendice B.

t
-
Distanza interatomica

t
o f-------------t -
Distanza interatomica

(a) {b)

F1Grn.\ 20.3 (a) Energia potenziale in funzione della distanza interatomica, per dimostrare che
con l'aumento della temperatura cresce la separazione fra gli atomi. Per riscaldamento, la separa-
zione fra gli atomi cresce da r0 a r 1 a r2 , e così via. (b) Per una curva energia potenziale-distanza
interatomica, simmetrica, all'aumentare della temperatura non c'è alcun aumento di separazione
interatomica (cioè, r 1 = r 2 = r 3 ). (Da R.M. Rose, L.A. Shepard, and J. Wulff, The Structure and
Properties of Materials, Voi. 4, Electronic Properties. Copyright© 1966 by John Wiley & Sons,
New York. Ristampa autorizzata di John Wiley & Sons, Inc.)
664 • Capitolo 20 / Proprietà termiche

METALLI

·Dalla Tabella 20.1 si desume che il coefficiente termico di espansione lineare per alcuni
metalli comuni varia fra circa 5 x 10--6e 25 x 10--6(°Cf1• Per talune applicazioni è essenziale
un alto grado di stabilità dimensionale, con la fluttuazione della temperatura. Questo ha por-
tato allo sviluppo di famiglie di leghe ferro-nichel e ferro-nichel-cobalto, con valori di a,
dell'ordine di I x 10-{j(°Cr 1• Col nome commerciale di Kovar (Tabella 20.1) è stata proget-
tata una lega di questo tipo, per avere caratteristiche di espansione prossime a quelle del vetro
borosilicatico (o Pyrex); in tal modo se viene saldata al Pyrex, in caso di variazioni di tem-
peratura, si evitano tensioni termiche e la possibile frattura della giunzione. Nella Tabella
20. l vengono considerate, insieme al Kovar, altre due leghe a bassa espansione (Invar e
Super-lnvar), con piccoli valori di o.1 •

CERA.\UCI

In diversi materiali ceramici si trovano forze di legame interatomiche relativamente forti,


come testimoniato dal basso coefficiente di espansione termica; valori che variano tipica-
mente fra circa 0.5 x 10--6e 15 x 10-6(°Ct 1• Per i ceramici non cristallini ed anche per quelli
con strutture cristalline cubiche, a 1 è isotropo. Altrimenti è anisotropo; ed infatti, alcuni
materiali ceramici, per riscaldamento, si contraggono lungo alcune direzioni cristallografiche
mentre si espandono lungo altre. Per i vetri inorganici, il coefficiente di espansione dipende
dalla composizione. La silice fusa (vetro SiO 2 di alta purezza) presenta un basso coefficiente
di espansione, 0.4 x l 0-6 (°Ct'. Questo viene spiegato con una bassa densità di compattazio-
ne atomica così che l'espansione interatomica produce variazioni dimensionali macroscopi-
che relativamente piccole.
I materiali ceramici che devono subire variazioni di temperatura devono avere coeffi-
cienti di espansione termica relativamente bassi ed inoltre, isotropia. Altrimenti questi mate-
riali, di per sé fragili, possono fratturarsi in seguito a variazioni dimensionali non uniformi,
per quel fenomeno denominato shock termico, come si vedrà nelle pagine successive di que-
sto capitolo.

POLIMERI

Alcuni materiali polimerici presentano, per riscaldamento, espansione tennica molto elevata,
come indicato dai coefficienti che variano fra circa 50 X l 0--6e 400 X 10-6 (°Cf I. I valori più
alti di a 1 si riscontrano nei polimeri lineari e ramificati poiché i legami secondari intermole-
colari sono deboli ed i legami incrociati sono minimi. Con l'aumenlan: ùei legami incrocia-
ti, il valore del coefficiente di espansione termica diminuisce; i coefficienti più bassi si rile-
vano nei polimeri tennoindurenti reticolati, come nel fenoler-formaldeide, in cui il legame è
pressoché interamente covalente.

20.4 COI\Dl"TTIYIT.-l T.ERJ:UCA

La conduttività termica è quel fenomeno per cui, ali 'interno di una sostanza, viene trasporta-
to calore da una regione ad alta temperatura ad una a bassa. La proprietà che caratterizza la
capacità di un materiale a trasferire calore è la conduttività termica che viene definita ana-
liticamente dall'espressione:
al'
q=-kd.x (20.5)

dove q indica il flusso termico, o flusso di calore, per unità di tempo ed unità di superficie
20.4 Conduttività Termica • 665

(rilevata in modo perpendicolare alla direzione del flusso), k è la conduttività termica e dT/dx
è il gradiente di temperatura attraverso il mezzo di conduzione.
Le unità di q e di k sono W/m 2 e W/m K, rispettivamente. L'Equazione 20.5 è valida solo
per flussi termici in stato stazionario, cioè per situazioni in cui il flusso termico non varia nel
tempo. Inoltre, il segno meno nell'espressione indica che la direzione del flusso termico è dal
caldo al freddo, ovvero verso l'estremo inferiore del gradiente di temperatura.
L'Equazione 20.5 è nella forma simile alla prima legge di Fick (Equazione 5.3) relativa
alla diffusione degli atomi. Per queste espressioni, k è analogo al coefficiente di diffusione D
ed il gradiente di temperatura analogo al gradiente di concentrazione, dC/dx.

::\IEC(:A:\"TS1ll
01 CO.:\DUZIONE DEL C\LORE

In un materiale solido il calore viene trasportato sia dalle onde di vibrazione del reticolo
(fononi) sia dagli elettroni liberi. Associata a ciascuno di questi meccanismi vi è una condut-
tività termica e la conduttività è la somma dei due contributi:

k = k, + k,. (20.6)

dove k1 e k, rappresentano. rispettivamente, le conduttività dovute alla vibrazione del retico-


lo ed agli elettroni; in genere predomina l'una o l'altra. L'energia termica associata con i
fononi, ovvero con le onde del reticolo, viene trasportata nella direzione del loro movimen-
to. In un corpo, il contributo k1 proviene dal movimento di fononi dalle zone di alta tempera-
tura a quelle a bassa, tra cui esiste un gradiente di temperatura.
Gli elettroni liberi o conduttivi partecipano nella conduzione termica elettronica. In una
regione calda del corpo, gli elettroni liberi possiedono maggiore energia cinetica. Essi quin-
di migrano verso le zone più fredde, dove parte di questa energia cinetica è trasferita ad altri
atomi (come energia vibrazionale) in conseguenza delle collisioni con i fononi o con altre
imperfezioni nel cristallo. Il contributo relativo di k,.alla conduttività termica totale cresce al
crescere della concentrazione di elettroni liberi, in quanto più elettroni si possono rendere
disponibili per questo processo di trasferimento di calore.

METALLI

Nei metalli di elevata purezza, il meccanismo elettronico del trasporto di calore è molto più
efficiente del contributo dei fononi poiché l'energia degli elettroni non viene così facilmente
dissipata come quella di fononi e gli elettroni possiedono inoltre velocità più elevata. Inoltre,
i metalli sono ottimi conduttori di calore poiché possiedono un gran numero di elettroni libe-
ri che partecipano alla conduzione termica. Nella Tabella 20.1 sono riportate le conduttività
termiche di un certo numero di metalli comuni; i valori oscillano in generale tra 20 e 400
W/m-K.
Dal momento che gli elettroni liberi sono responsabili, nei metalli puri, sia della condu-
zione elettrica che termica, una trattazione teorica suggerisce che le due conduttività debba-
no essere messe in relazione secondo la legge di Wiedemann - Franz:

k (20.7)
L=-
aT

dove a è la conduttività elettrica, Tè la temperatura assoluta ed L è una costante. Il valore teo-


rico di L, 2.44 x 10-3 Q-W/(K)2, sarebbe indipendente dalla temperatura e ciò vale per tutti me-
talli, se l'energia termica venisse trasportata interamente dagli elettroni liberi. Nella Tabella
666 • Capitolo 20 / Proprietà termiche

F,u HA 20.4 Andamento


della conduttività termica in
400 funzione della composizione di
una lega rame-zinco. (Da
Q Metals Handbook: Properties
i
I
and Selection: Nonferrous
300 Alloys and Pure Metals. Vol. 2,
9th edition, H. Baker, Managing
Editor, American Society for
Metals, 1979, p. 315.)

100

10 20 30 40
Composizione(% in peso Zn)

20.1 sono stati riportati i valori sperimentali di L per diversi metalli; si osserva che l'accordo
fra questi ed il valore teorico è abbastanza ragionevole (bene all 'intemo di un fattore 2).
I metalli legati con impurezze presentano una diminuzione di conduttività termica, per lo
stesso motivo per cui presentano una diminuzione della conduttività elettrica (Sezione 19.8);
cioè perché gli atomi di impurezza, specialmente se in soluzione solida, agiscono come cen-
tri di dispersione, abbassando l'efficienza del movimento degli elettroni. La curva della con-
duttività termica in funzione della composizione di una lega rame-zinco (Figura 20.4) mostra
questo effetto. Anche gli acciai inossidabili, che sono alto legati, diventano relativamente
resistivi alla trasmissione di calore.

CERAMICI

I materiali non metallici sono termicamente isolanti in quanto mancano di un numero suffi-
ciente di elettroni liberi. In tal caso i principali responsabili della conduzione termica sono i
fononi: k, è molto più piccolo di k1• Inoltre i fononi non sono così efficaci nel trasporto del-
!' energia termica come gli elettroni liberi, in quanto i fononi vengono facilmente neutraliz-
zati dalle imperfezioni reticolari.
La Tabella 20.1 contiene i valori di conduttività termica per un certo numero di materiali
ceramici; a temperatura ambiente le conduttività termiche oscillano fra circa 2 e 50 W/m-K.
I vetri ed altri ceramici amorfi hanno coefficienti di conduttività inferiori a quelli dei cerami-
ci cristallini, in quanto la dispersione dei fononi è molto più efficace quando la struttura ato-
mica è molto disordinata ed irregolare.
La dispersione delle vibrazioni del reticolo diventano più pronunciate con l'aumento
della temperatura; quindi, la conduttività termica della maggior parte dei materiali ceramici
di norma diminuisce al crescere della temperatura, almeno a temperature relativamente basse
(Figura 20.5). Come indica la Figura 20.5, la conduttività inizia a crescere alle temperature
più alte, effetto che è dovuto al trasferimento del calore radiante. Un materiale ceramico tra-
sparente può trasportare significative quantità di calore radiante infrarosso. L'efficienza di
questo processo aumenta con la temperatura.
La porosità nei materiali ceramici può avere una influenza drammatica sulla conduttività
termica; all'aumentare del volume dei pori si ottiene, nella maggior parte dei casi, una ridu-
zione della conduttività termica. Infatti, alcuni ceramici che sono usati per isolamento termi-
co sono porosi. Il trasferimento di calore attraverso i pori è in genere lento ed inefficiente. I
20.5 Tensioni Termiche • 667

flU.H.\ 20.5
Influenza della
temperatura sulla ,------,r------.-----,-------.----~1.0
conduttività tennica di
alcuni ceramici. (Da W.D.
Kingery, H.K. Bowen,
and D.R. Uhlmann,
100
lntroduncrion ro
Q
Ceramics, 2nd edition. I
Q <f•
Copyright © 1976 by I 0.1 E
John Wiley & Sons, New -É. --!::'.
~
York. Ristampa ~ -'='
autorizzata da John Wiley "'
e; "'
V
E .§
& Sons, Inc) f ~
,;3 10 '.~
·;;: >
-~ -B
:::,

"'e: 0.01
"D
e:
o
8 u

1.0 ZrO, stabilizzata compatta

,__ __ __. ___ __,_ ___ _,_ ___ ...J- ___ ...J 0.001

O 400 800 1200 1600 2000


Temperatura {0 C)

pori interni contengono normalmente anche aria, che ha una conduttività termica estrema-
mente bassa - approssimativamente 0.02 W/m-K. Inoltre, anche la convezione gassosa
all'interno dei pori è comparativamente inefficace.

POLIMERI

Come si vede nella Tabella 20.1, la conduttività termica per la maggior parte dei polimeri è
dell'ordine di 0.3 W/m-K. Per questi materiali, il trasferimento di energia è compiuto dalle
vibrazioni e dalla rotazione delle catene molecolari. Il valore della conduttività termica
dipende dal grado di cristallinità; un polimero altamente cristallino e con struttura ordinata
avrà migliore conduttività rispetto ad un materiale equivalente amorfo. Questo è dovuto alla
più efficace vibrazione coordinata delle catene molecolari per lo stato cristallino.
I polimeri sono spesso utilizzati come isolanti termici a causa delle loro basse condutti-
vità termiche. Come con i ceramici, le loro proprietà isolanti possono essere ulteriormente
aumentate mediante introduzione di piccoli pori, che sono di solito introdotti per emulsione
durante la polimerizzazione (Sezione 16.17). Il polistirene espanso (Styrofoam) è comune-
mente usato per bicchieri da bibita e recipienti isolanti.

20.5 TENSIONI TERJ\llCHE

Le tensioni termiche sono tensioni indotte in un corpo a seguito di variazioni di temperatu-


ra. È importante conoscere l'origine e la natura delle tensioni termiche perché queste tensio-
ni possono portare a rottura o ad una deformazione plastica non voluta.
668 Capitolo 20 / Proprietà termiche

TEMHO.''d DOVUTE AH ESPA1\St01'E O COl\TRAZIONE TERMICA


CONTRASTATA

Consideriamo anzitutto una barretta solida omogenea e isotropa che viene scaldata o raffred-
data in modo uniforme; cioè senza imporre gradienti di temperatura. La barretta sarà esente
da tensione se può espandersi o contrarsi liheramente. Se. invece, si contrasta il movimento
assiale della barretta irrigidendone le estremità, si intaureranno tensioni termiche. li valore
della tensione risultante dalla variazione da T0 a T1 è

(20.8)

dove E è il modulo di elasticità ed a 1 è il coefficiente di espansione termica lineare. Pér


riscaldamento (I';> Tu), la tensione è di compressione (a< O), in quanto viene contrastata l 'e-
spansione della barretta. Naturalmente, se la barretta fosse raffreddata (Tr <Tu), la sollecita-
zione sarebbe di trazione (a> O). Nell'Equazione 20.8, la sollecitazione è la stessa di quella
che sarebbe richiesta per comprimere (o allungare) elasticamente la barretta fino alla sua lun-
ghezza originale, una volta che le è stato consentito di espandersi liberamente (o contrarsi) in
seguito alla variazione di temperatura T0 - T1_

f:.;1rnP10 m PmmLE'1A :w.I


Una barretta di ottone deve essere usata in una applicazione che richiede che le sue estremità
siano mantenute rigide. Se la barretta a temperatura ambiente (20°C) è esente da sollecitazio-
ni, qual è la massima temperatura a cui la si può riscaldatare senza che si superi uno sforzo di
compressione di 172 MPa? Assumere un modulo di elasticità per l'ottone pari a 100 0Pa.

801.1 ZUJ.\I·.
Per risolvere questo problema usare l'Equazione 20.8, considerando negativa la sollecitazione
di 172 MPa. La temperacura iniziale T11è pari a 20°C ed il valore del coefficiente di espansio-
ne termica lineare, in base alla Tabella 20.1, è 20.0 x IO-<i(°Cì'. Risolvendo quindi, per la
temperatura finale Tr, si ottiene
o
TI =To- -E--
ai
0 -172 MPa
= 20 - (100 x 103 MPa) [20 x J0--6(°Ct 1]

= 20°C + 86°C = l 06°C

TE~SJONI UO\TTE A CH.ABJE!\'Tl TEU\JJO

Quando un corpo solido viene scaldato o raffreddato, la temperatura all'interno si distribuirà


in base alla sua dimensione e configurazione, alla conduttività termica del materiale ed alla
rapidità di variazione della temperatura. Rapidi riscaldamenti o raffreddamenti possono
instaurare tensioni termiche a causa dei gradienti di temperatura che si producono, in cui l 'e-
sterno cambia più rapidamente di temperatura dell'interno; variazioni dimensionali differen-
ziali tendono a contrastare l'espansione o la contrazione dei contigui elementi di volume,
all'interno del pezzo. Per esempio, per riscaldamento, l'esterno è più caldo e, pertanto, si
Somm.ario 669

espanderà più delle zone interne. Quindi, vengono indotte tensioni di compressione in super-
ficie, bilanciate da tensioni di trazione all'interno. Le condizioni di tensione interne-esterne
si invertono per rapido raffreddamento ed in tal modo la superficie viene posta in uno stato di
trazione.

SHOCK TEHMICO DU .\IATEHIALl FRAGILI

Per i metalli duttili ed i polimeri è possibile ridurre le tensioni indotte termicamente median-
te deformazione plastica. L'assenza di duttilità della maggior parte dei ceramici fa aumenta-
re invece la possibilità che da queste tensioni si producano fratture fragili. Nei materiali fra-
gili un rapido raffreddamento ha maggiori probabilità di provocare uno shock termico che
non un riscaldamento, in quanto in tal caso le sollecitazioni che si inducono sulla superficie
sono di trazione. La formazione e la crescita di cricche da difetti superficiali sono molto più
probabili quando si applica una sollecitazione di trazione (Sezione 13.7).
La capacità di un materiale di resistere a questo tipo di collasso viene definita resistenza
allo shock termico. Per un componente ceramico che viene raffreddato rapidamente. la resi-
stenza allo shock termico non dipende solo dall'ampiezza della variazione di temperatura,
ma anche dalle proprietà meccaniche e termiche del materiale. La resistenza allo shock ter-
mico è più elevata per i ceramici che hanno alte resistenze a franura o1 ed alta conduttività
termica, insieme a basso modulo di elasticità e basso coefficiente di espansione termica. La
resistenza di diversi materiali a questo tipo di collasso può essere approssimata dal parame-
tro di resistenza allo shock termico TSR :

(20.9)

È possibile prevenire lo shock termico modificando le condizioni esterne in modo da


ridurre le velocità di raffreddamento o di riscaldamento e minimizzare così i gradienti di tem-
peratura all'interno del componente. Inoltre si può aumentare la resistenza allo shock termi-
co di un materiale modificando le caratteristiche termiche e/o meccaniche dell'Equazione
20.9. Fra questi parametri, il coefficiente di espansione termica è probabilmente quello più
facilmente variabile e controllabile. Per esempio, i vetri comuni calce-sodici, che hanno un
0 1 di Circa 9 X 10---6(°Cf1, SOnOparticolarmente Sensibili allo Shock termico, COSaChe chi
cucina può probabilmente confermare. Riducendo i contenuti di CaO e di Nap ed aggiun-
gendo nel contempo B 20 3 in quantità sufficiente per formare vetri borosilicatici (o Pyrex) il
coefficiente di espansione si riduce a circa 3 x 10---6(°Cf 1; questo materiale è molto adatto per
cucinare in quanto è in grado di sopportare bene i cicli di riscaldamento e di raffreddamento.
L'introduzione di pori relativamente grandi, o di una seconda fase duttile, può anche miglio-
rare le caratteristiche di shock termico di un materiale; entrambi servono ad impedire la pro-
pagazione delle cricche indotte termicamente.
È spesso necessario, nei materiali ceramici, rimuovere le sollecitazioni termiche per
migliorare le loro caratteristiche ottiche e di resistenza meccanica. Questo può essere realiz-
zato con un trattamento termico di ricottura, come discusso per i vetri nella Sezione 14.4.

SOJDL\RI O
In questo capitolo è stato trattato l'assorbimento del calore, l'espansione termica e la condut-
tività termica - tre importanti fenomeni termici. La capacità termica rappresenta la quantità
di calore richiesta per produrre l'aumento di una unità di temperatura per una mole di sostan-
670 Capitolo 20 / Proprietà termiche

za; se ci si riferisce all'unità di massa, viene definita calore specifico. La maggior parte del-
1'energia assorbita dai materiali solidi è attribuita ali' aumento dell'energia di vibrazione
degli atomi; i contributi alla capacità termica totale da parte di altri meccanismi di assorbi-
mento di energia (per es. che aumentano le energie cinetiche degli elettroni liberi) sono nor-
malmente insignificanti.
Per alcuni solidi cristallini ed a temperature prossime a O K, la capacità termica misurata
a volume costante varia con il cubo della temperatura assoluta; al di sopra della temperatura
di Debye, C,. diventa indipendente dalla temperatura ed assume un valore di circa 3R.
I materiali solidi si espandono quando vengono scaldati e si contraggono quando raffred-
dati. La variazione relativa di lunghezza è proporzionale alla variazione di temperatura e la
costante di proporzionalità è rappresentata dal coefficiente di espansione termica.
L'espansione termica si riflette in un aumento della distanza interatomica media, che è con-
seguenza della natura asimmetrica della curva dell'energia potenziale in funzione délla
distanza interatomica. Tanto maggiore è l'mergia ùi legarne interatomica, tanto più basso
sarà il coefficiente di espansione tennica.
Il trasporto dell'energia termica dalle zone di alta a quelle di bassa temperatura di un mate-
riale viene definito conduzione termica. Per il trasporto di calore in stato stazionario, il flusso
è proporzionale al gradiente di temperatura lungo la direzione del flusso; la costante di pro-
porzionalità è la conduttività termica.
Per i materiali solidi, il calore viene trasportato dagli elettroni liberi e dalle onde di vibra-
zione del reticolo, o fononi. Le elevate conduttività termiche per i metalli relativamente puri
sono dovute al grande numero di elettroni liberi ed anche all'efficienza con cui questi elettroni
trasportano l'energia termica. Per contro, i ceramici ed i polimeri sono cattivi conduttori di ca-
lore in quanto hanno basse concentrazioni dì elettroni liberi per cui predomina la conduzione
per fononi.
Le tensioni termiche, introdotte in un componente come conseguenza di variazioni di tem-
peratura, possono portare a frattura od a deformazione plastica non voluta. Le due principali
fonti di tensioni termiche sono l'impedimento all'espansione (o contrazione) termica ed i gra-
dienti di temperatura che si stabiliscono nel corso del riscaldamento o del raffreddamento.
Lo shock termico è la frattura di un componente prodotta da tensioni termiche indotte da
rapidi cambiamenti di temperatura. Essendo i materiali ceramici fragili, sono particolarmente
esposti a questo tipo di cedimento. La resistenza allo shock termico di diversi materiali è pro-
porzionale alla resistenza alla frattura ed alla conduttività termica ed inversamente proporzio-
nale sia al modulo di elasticità che al coefficiente di espansione termica.

TERI\H~I E CON(ETTI IMPORTANTI

Calore specifico Conduttività termica


Capacità termica Fonone
Coefficiente di espansione termica Shock termico
lineare Tensione termica

BIBLIOGRAFIA

Kingery, W. D., H. K. Bowen, and D. R. Uhlmann, Properties, John Wiley & Sons, New York, 1996.
Introductivn tv Ceramics, 2nd edition, John Wiley Chapters 3 and 8.
& Sons. New York, 1976, Chapters 12 and 16. Ziman. J.. "The Thermal Properties of Materials,"
Rose, R.M., L. A. Shepard, and J. Wulff, The Structure Scientific American, Voi. 217, No. 3, Seprember
and Properties of Materiai.~, Vol. IV, Electronic 1967, pp. 180-188.
Domande e problemi • 671

D O MANU E E P R O B L E .\11

20.1 Stimare l'energia richiesta per aumentare da 20 a (2) la formazione di vacanze (Sezione 4.2). Si
100°C la temperatura di 2 kg dei seguenti mate- consideri un campione di rame a temperatura
riai i: alluminio, acciaio, vetro calce-sodico e ambiente (20°C) che ha densità di 8.940 Mg/m 3 •
polietilene ad alta densità. (a) Determinare la densità dopo riscaldamento a
20.2 Quale temperatura raggiungerebbe un campione 1000°C considerando solo l'espansione termica.
di acciaio 1025 di 11.34 kg a 25°C, se gli vengo- E (b) ripetere il calcolo considerando anche le
no fomite 31.5 kcal di calore? vacanze. Assumere che l'energia di formazione di
20.3 (a) Detenninare la capacità termica a pressione vacanze sia 0.90 e V/atomo e che il coefficiente di
costante, a temperatura ambiente, per i seguenti espansione termica volumetrico, a,., sia eguale a
materiali: alluminio, argento, tungsreno e lega 3a 1
70Cu-30Zn. (b) Come si confrontano questi valo- 20.13 La differenza fra calore specifico a pressione
ri? Come li puoi spiegare? costante ed a volume costante viene descritta dal-
20.4 La capacità termica a volume costante C, dell'al- !' espressione:
luminio, a 30 K, è 0.81 J/mole-K e la temperatura
di Debye è 375 K. Calcolare il calore specifico (a)
u 50 K e (b) a 425 K. (20.10)
20.5 La costante A nell'Equazione 20.2 è 12n:4R/50l;.
dove R è la costante dei gas e 00 è la temperatura dove a, è il coefficiente di espansione tennica
di Debye (K). Calcolare 0D per il rame, sapendo volumetrico, i· 0 è il volume specifico (volume per
che il calore specifico è 0.78 J/kg-K a IO K. unità di massa ovvero il reciproco della densità), f3
20.6 (a) Spiegare brevemente perché C,. aumenta è la compressibilità e T la temperatura assoluta.
all'aumentare della temperatura quando si è pros- Calcolare il valore di e,. a temperatura ambien-
simi a O K. (b) Spiegare brevemente perché C, te(293 K) per il rame e per il nichel con i dati della
diventa virtualmente indipendente dalla tempera- Tabella 20.1, assumendo che a, = 3a 1 e che i
tura alle temperature lontane da O K. valori di f3per Cu e Ni siano 8.35 x 10-12 e 5.51 x
20.7 Una lamina bimetallica viene costruita con due 10-12 (Pat 1, rispettivamente.
lamine di differemi metalli che aderiscono per 20.14 A quale temperatura devono essere scaldati una
tutta la loro lunghezza. Spiegare come tale dispo- barra cilindrica di tungsteno di 10.000 mm di dia-
sitivo può essere usato in un termostato per rego- metro ed una lastra di acciaio inossidabile 316
lare la temperatura. avente un foro circolare di 9.988 mm di diametro
20.8 (a) Spiegare perché un anello di ottone di conteni- per poter inserire agevolmente la barra nel foro?
mento di un vaso di vetro si allenta se scaldato. Assumere una temperatura iniziale di 25°C.
(b) Supporre che l'anello sia fatto di tungsteno 20.15 Spiegare perché, in un giorno freddo, la maniglia
invece che di ottone. Quale sarà l'effetto del di metallo dello sportello di un 'automobile sem-
riscaldamento sull'anello e sul vaso? Perchè? bra al tatto più fredda del volante di plastica della
20.9 Un filo di alluminio lungo 10 m viene raffreddato sterzo, anche se sono alla stessa temperatura.
da 38 a -1 °C. Di quanto ci si può aspettare che 20.16 (a) Calcolare il flusso termico attraverso una
cambi di lunghezza? lamiera di acciaio di 10 mm di spessore se le tem-
20.10 Una barra di metallo di O.I m si allunga di 0.2 mm perature delle due facce sono 300 e 100°C; consi-
per riscaldamento da 20 a l00°C. Determinare il derare un flusso tennico stazionario. (b) Qual è la
valore del coefficiente di espansione termica perdita di calore per ora se l'area della lamiera è
lineare per questo metallo. 0.25 m 2? (e) Quale sarà la perdita di calore per ora
20.11 Spiegare brevemente l'espansione termica utiliz- se si usa vetro calce-sodico anziché acciaio? (d)
zando la curva dell'energia potenziale in funzione Calcolare la perdita di calore per ora se si usa
della distanza interatomica. acciaio con spessore di 20 mm.
20.12 Quando un metallo viene scaldato diminuisce di 20.17 (a) L'Equazione 20.7 è valida per i materiali cera-
densità. Vi sono due cause che originano questa mici e polimerici? Perché o perché no? (b)
diminuzione: (I) l'espansione termica del solido e Stimare il valore a temperatura ambiente (293 K)
6 72 • Capitolo 20 / Proprietà tenniche

della costante di Wiedemann-Franz L [in Fick sulla diffusione (Equazione 5.4b). La diffusi-
Q-W/(K)2] per i seguenti non-metalli: silicio, vità termica è definita da
ceramico-vetroso (Pyroceram), silice fusa, poli-
carbonato e politetrafluoroetilene. Consultare le
Tabelle B.7 e B.9, Appendice B.
20.18 (a) La conduttività termica di un materiale è leg-
germente più grande se è monocristallino anzichè In questa espressione, k, p e cP rappresentano la
policristallino. Come mai? (b) La conduttività ter- conduttività termica, la densità ed il calore speci-
mica di un acciaio al carbonio è maggiore di quel- fico a pressione costante, rispettivamente.
la di un acciaio inossidabile. Come mai? (a) Quali sono le unità di misura SI per Dr?
20.19 Spiegare brevemente perché le conduttività termi- (b) Determinare il valore di D-, per alluminio,
che sono più alte per i ceramici cristallini rispetto acciaio, ossido di alluminio, vetro calce-sodico,
ai non cristallini. polistirene e nylon 6,6 usando i dati in Tabefla
20.20 Spiegare brevemente perché i metalli sono tipica- 20.1. I valori di densità si trovano nella Tabella
mente migliori conduttori di calore rispetto ai B.l,Appendice B.
materiali ceramici. 20.26 Partendo dall'Equazione 20.3, dimostrare la vali-
20.21 (a) Spiegare brevemente perché la porosità fa dità dell'Equazione 20.8.
diminuire la conduttività termica dei ceramici e 20.27 (a) Spiegare brevemente perché per rapido riscal-
dei materiali polimerici, rendendoli più termica- damento o raffreddamento si possono produrre
mente isolanti. (b) Spiegare brevemente come il tensioni termiche. (b) Qual è la natura delle ten-
grado di cristallinità influenzi la conduttività ter- sioni superficiali indotte per raffreddamento? (e)
mica dei materiali polimerici e perché. E per riscaldamento? (d) Nei materiali ceramici,
20.22 Perché la conduttività termica di alcuni materiali lo shock termico si verifica più facilmente per
ceramici all'inizio diminuisce all'aumentare della rapido raffreddamento o riscaldamento? Perché?
temperatura e poi cresce? 20.28 (a) Se una barra di acciaio 1025 lunga 0.5 m viene
20.23 Per ciascuna delle seguenti coppie di materiali, scaldata da 20 a 80°C mantenendo fissate le estre-
decidere quale ha la maggiore conduttività termi- mità, determinare il tipo ed il valore della tensio-
ca. Giustificare la scelta. ne che si manifesta. Assumere che a 20°C la barra
(a) Argento puro; lega d'argento (92.5% in peso non abbia tensione. (b) Quale sarà il valore della
di Ag-7.5% di Cu). tensione se si usa una barra lunga l m? (e) Se la
(b) Silice fusa; silice policristallina. barra di cui al punto a viene raffreddata da 20° a
(e) Polietilene lineare (M" = 450000 g/mole); ~ 10°C, quale sarà il tipo ed il valore della tensio-
polietilene leggermente ramificato (M,, = 650000 ne?
g/mole). 20.29 Un filo di rame viene tesato con una tensione di
(d) Polipropilene atattico (M .. = 106 g/mole); poli- 70 MPa a 20°C. Se la lunghezza viene mantenuta
propilene isotattico (M.. = 5 x 10' g/mole). costante, a quale temperatura si deve scaldare il
20.24 Si può pensare che un materiale poroso sia come filo pt:r ridurre la tensione a 35 MPa?
un composito in cui una delle fasi è la porosità. 20.30 Se una barra cilindrica di nichel lunga 100.00 mm
Stimare i limiti superiore ed inferiore della con- e con diametro di 8.000 mm viene scaldata da
duttività termica a temperatura ambiente di un 20°C a 200°C, mantenendo fissate le estremità,
ossido di magnesio con una frazione volumetrica determinare la variazione di diametro. Si può con-
di pori pari a 0.30, che sono riempiti d'aria. sultare la Tabella 6.1.
20.25 11 flusso di calore non stazionario può venire 20.31 Vengono fissate le due estremità di una barra
descritto dalla seguente equazione differenziale cilindrica di acciaio 1025 lunga 75.00 mm e con
parziale: diametro di 10.000 mm. Se la barra è inizialmen-
te a 25°C, a quale temperatura deve essere raf-
freddata per avere una riduzione di diametro di
0.008 mm?
20.32 Quali misure devono essere prese per ridurre la
dove Dr è la diffusività termica; questa espressio- probabilità di shock termico per un ceramico?
ne è l'equivalente termico della seconda legge di
Domande e problemi • 6 73

Problemi di progettazione seguenti materiali ceramici in base alla loro resi-


stenza allo shock termico: vetroceramica
20.DI I binari ferroviari fatti di acciaio 1025 devono (Pyroceram), zirconia parzialmente stabilizzata e
essere posati nel periodo dell'anno in cui la tem- vetro borosilicato. Si possono trovare i dati nelle
peratura media è di 10°C. Se per una lunghezza di Tabelle B.2, B.4, B.6 e B.7, Appendice B.
rotaia standard di 11.9 m viene lasciato nei giunti 20.04 I ,'Equazione 20.9, per la resistenza allo shock ter-
uno spazio di 4.6 mm, qual è la più calda tempe- mico di un materiale, è valida per relativamente
ratura possibile che si può tollerare senza intro- basse velocità di trasferimento di calore. Quando
durre tensioni termiche? la velocità è alta, quindi, per raffreddamento di un
20.D2 Le estremità di una barra cilindrica di 6.4 mm di corpo, la variazione di temperatura massima con-
diametro e 250 mm di lunghezza sono fissate tra sentita senza shock termico, /'J.T 1 , è approssimati-
due supporti rigidi. La barra a temperatura vamente:
ambiente è esente da tensione (20°C) e per raf-
freddamento a -40°C è possibile indurre una sol-
lecitazione di trazione di 125 MPa. Di quale
metallo o lega, fra i seguenti, può essere costituita dove o1 è la resistenza a frattura. Con i dati delle
la barra: alluminio, rame, ottone, acciaio 1025 e Tabelle B.2, B.4 e B.6 (Appendice B), determina-
tungsteno? Perché? re /'J.T
1 per un vetro-ceramico (Pyroceram), per
20.D3 (a) Quali sono le unità per il parametro di resi- una zirconia parzialmente stabilizzata e per la sili-
stenza allo shock termico (TSR)? (b) Ordina i ce fusa.
Perché studian le Proprietà Magt

,a conoscenza del meccanismo che spiega il compor- pio, neU'Esf'


amento magnetico permanente di alcuni materiali cmnpurtame
mò consentirci di modificare ed in alcuni casi confe- può venire n
.ionare su misura le proprietà magnetiche. Per esem- ne,
O Id t'I l i Y i d i a p p r l' 11d im e n t o

Dopo aver 8tudiato questo capitolo, dovresti essere in grado di farP lf~ i.PgttPnti cose:

1. Determinare la magnetizzazione dei materiali in del ferromagnetismo, nelle ferriti cubiche.


base alla loro suscetthità magnetica ed all'intensità 5. (a) Descrivere l'isteresi magnetica; (b) spiegare
del campo magnetico applicato. perché i materiali ferromagnetici e ferrimagnetici
2. Osseryare e spiegare brevemente, da un punto di presentano isteresi magnetica e (e) spiegare perché
vista elettronico, le due sorgenti di momenti questi materiali possono diventare magneti perma-
magnetici nei materiali. nenti.
3. Spiegare brevemente la natura e l'origine del (a) 6. Rile~·are le caratteristiche magnetiche specifiche
diamagnetismo, (h) paramagnetismo e (e) ferroma- sia per i materiali magnetici duri che teneri.
gnetismo. 7. Descrivere il fenomeno della superconduttività.
4. Spiegare, in base alla struttura cristallina, l'origine

21.J INTROULZIOl\'E

Il magnetismo. quel fenomeno per cui i materiali presentano una forza attrattiva o repulsiva
o comunque un'influenza sugli altri materiali, è conosciuto da migliaia di anni.
Ciononostante, ancora in tempi relativamente recenti non erano perfettamente noti alla scien-
za i principi basilari ed i meccanismi complessi e delicati che spiegano il fenomeno magne-
tico. Eppure numerosi dispositivi della moderna tecnologia fanno affidamento sul magneti-
smo e sui materiali magnetici; basta pensare ai generatori di energia elettrica ed ai trasfor-
matori, ai motori elettrici, alla radio, alla televisione, ai telefoni, ai computer ed ai compo-
nenti di sistemi di riproduzione di suoni e di immagini.
li ferro, diversi acciai e la magnetite, minerale che si trova in natura, sono esempi ben
conosciuti di materiali che presentano proprietà magnetiche. Non è così familiare, tuttavia, il
fatto che tutte le sostanze subiscono l'influenza in un modo o nell'altro di un campo magne-
tico. Questo capitolo fornisce una breve descrizione dell'origine dei campi magnetici e discu-
te i vari vettori del campo magnetico ed i parametri magnetici; i fenomeni di diamagnetismo,
paramagnetismo, ferromagnetismo e ferrimagnetismo; diversi materiali magnetici differenti
ed il fenomeno della superconduttività.

21.2 CONCETTI DI BASE

DIPOLI 1-1.AGNETICI

Le forze magnetiche sono generate dal movimento di particelle elettricamente cariche; que-
ste forze magnetiche si sommano a forze elettrostatiche su cui possono prevalere. Spesso è
conveniente pensare a forze magnetiche in termini di campi. Per indicare la direzione della
forza a partire dalla sorgente del campo si possono tracciare delle linee immaginarie. Nella
Figura 21. l viene indicata da linee di forza la distribuzione del campo magnetico per un cir-
cuito di corrente e per una barra magnetica.
Nei materiali magnetici si trovano i dipoli magnetici l:ht:, per \.:ertia~petti, sono analoghi
ai dipoli elettrici (Sezione 19. I 8). 1 dipoli magnetici possono essere pensati come piccole
barrette magnetiche con un polo nord ed un polo sud anziché una carica elettrica positiva e
negativa. Nella presente discussione, i momenti dei dipoli magnetici vengono rappresentati
da frecce, come mostrato nella Figura 21.2. I dipoli magnetici sono influenzati dai campi
magnetici in modo simile a quello in cui i dipoli elettrici subiscono l'effetto dei campi elet-
trici (Figura 19.28). All'interno di un campo magnetico, la forza del campo esercita una sol-

67.5
6 76 • Capitolo 21 I Proprietà magnetiche

}'IGl:RA 2 I. I Linee di forza del campo magnetico intorno


ad un circuito di corrente e ad una barretta magnetica.

l
FtGLIl\ 21.2 Il momento
magnetico viene definito da
N
una freccia.

'.S

lecitazione di torsione che tende ad orientare i dipoli con il campo. Un esempio familiare è il
modo in cui un ago magnetico si orienta con il campo magnetico terrestre.

VEITOKl DEL CA)f PO :\IAGNETICO

Prima di illustrare come si originano i momenti magnetici nei materiali solidi, descriviamo il
comportamento magnetico in termini di vettori del campo. Il campo magnetico applicato
esternamente, talvolta chiamato intensità del campo magnetico, viene definito H. Se il
campo magnetico viene generato da una bobina cilindrica (o solenoide) formato ·da N spire,
di lunghezza/ e con una intensità di corrente/, allora

H= N/ (21.l)
I

Un diagramma schematico di una tale composizione è rappresentato nella Figura 21.3a. Il


campo magnetico che viene generato dal circuito di corrente e dalla calamita di Figura 2.1 è
un campo H. L'unità di H è ampere-spire per metro o anche ampere per metro.
L'induzione magnetica, o densità del flusso magnetico, definita da B, rappresenta il
valore dell'intensità del campo magnetico interno in una sostanza che è sottoposta ad un
campo H. L'unità per B è il tesla [o weber per metro quadro (Wb/m 2 )]. Sia B che H sono vet-
tori del campo, essendo caratterizzati sia dall'intensità che dalla direzione nello spazio.
L'intensità del campo magnetico e la densità di flusso sono correlati dalla relazione

(21.2)
21.2 Concetti di base • 677

In) (b)

FJGL ICA 21.3 (a) Il campo magnetico// generato da una bobina cilindrica dipende dalla corren-
te /, dal numero di spire Ne dalla lunghezza l della bobina, in accordo all'Equazione 21.1. La den-
sità del flusso magnetico B 0 nel vuoto è uguale a µJ{, dove µ 0 è la penneabilità del vuoto,
4n: x 10-1 H/m. (h) La densità del flusso magnetico B all'interno di un materiale solido è uguale a
µH, dove µ è la permeabilità del materiale solido. (Da A. G. Guy, Essentials of Materials Science.
McGraw-Hill Book Company, New York, 1976.)

Il parametro µ è chiamato permeabilità ed è una proprietà specifica del mezzo attraverso cui
il campo H passa ed in cui viene misurato B, come illustrato nella Figura 21.3b. La permea-
bilità ha dimensioni di weber per ampere-metro (Wb/A-m) o henry per metro (H/m).
Nel vuoto,

(21.3)

dove ~ è la permeabilità del vuoto, costante universale che ha il valore di 4n x I 0-7 ( 1.257 x
10--0)H/m. Il parametro 8 0 rappresenta la densità del flusso magnetico del vuoto, come
mostrato nella Figura 2l.3a.
Per descrivere le proprietà magnetiche di un solido si possono usare diversi parametri.
Uno di questi è il rapporto fra la permeabilità magnetica in un materiale e nel vuoto:

µ,= ~ (21.4)

doveµ, è chiamata permeabilità relativa ed è adimensionale. La permeabilità o la permeabi-


lità relativa di un materiale è una misura del grado a cui il materiale può essere magnetizza-
to, oppure la facilità con cui si può indurre un campo B con un campo esterno H.
Un'altra quantità di campo, M, chiamata magnetizzazione del solido, è definita dall'e-
spressione

(21.5)

In presenza di un campo H, i momenti magnetici all'interno di un materiale tendono ad alli-


nearsi con il campo ed a rinforzarlo in virtù dei loro campi magnetici; il termine µJ1
nell'Equazione 21.5 è una misura di questo contributo.
Il valore di M è proporzionale al campo applicato:

M=x.Jf
(21.6)
678 • Capitolo 21 / Proprietà magnetiche

Tahella 21.] Unità magnetiche e fattori di conversione per i sistemi SI e cgs-emu

Unità SI
Unità
Grande2ZJ1 Simbolo Derivata Primaria cgs-emu Conversione

Induzione magnetica B tesla (Wb/m 2)" kg/s--C gauss I Wb/m 1 = 104 gauss
(densità del flusso)
Intensità del campo H amp--spire/m C/rn--s oersted 1 amp--spire/m = 4.1rx
magnetico IO' oersted
Magnetizzazione M (Sll amp--spire/m C/m-s maxwell/cm' 1 amp--spire/m = 10·'
/ (cgs-emu) rnaxwell/cm 2
Penneabilità del vuoto ,Ilo henrytrn• kg--m/C2 Adimensionale 4.irx 10--'henry/m = I ernu
Permeabilità relativa µ,, (SI) Adimensionale Adimensionale Adimensionale µ,=µ'
µ,' (cgs--emu)
Suscettività Xm(SI) Adimensionale Adimensionale Adimensionale X.,= 4.TrX:,
x'.,(cgs--emu)
"Unità del weber (Wb) sono volt-secondi
• Unità dell'henry sono weber per ampere.

e Xmè chiamato suscettività magnetica ed è adimensionale. 1 La suscettività magnetica e la


permeabilità relativa sono fra loro correlate:

(21.7)

Per ciascuno dei parametri del campo magnetico summenzionati vi sono analogie dielet-
triche. I campi B ed H sono infatti analoghi. rispettivamente, allo spostamento elettrico D ed
al campo elettrico 'it, in cui la permeabilità µ è in parallelo con la permittività E (cfr.
Equazioni 21.2 e 19.33). Sono inoltre correlate la magnetizzazione Me la polarizzazione P
(Equazioni 21.5 e 19.34).
Le unità magnetiche possono essere fonte di confusione poiché, in realtà, nell'uso comu-
ne esistono due sistemi. Uno usa finora il SI {MKS (metro-kilogrammo--secondo) razionaliz-
zato]; l'altro deriva dal sistema cgs-emu (centimetro-grammo-secondo-unità elettromagneti-
che). Nella Tabella 21.1 vengono fomite per entrambi i sistemi le unità di misura ed i fattori
di conversione.

ORIGINE DEI MO...


VIENTI MAGNETICI

Le proprietà magnetiche macroscopiche dei materiali provengono dai momenti magnetici


associati ai singoli elettroni. Alcuni di questi concetti sono relativamente complessi e com-
prendono alcuni principi della meccanica quantistica che vanno oltre lo scopo di questa
discussione; di conseguenza, si devono fare delle semplificazioni ed omettere alcuni dettagli.
In un atomo ogni elettrone ha momenti magnetici che si originano da due sorgenti. La prima
è dovuta al movimento orbitale intorno al nucleo; essendo una carica in movimento, ogni
elettrone può essere assimilato ad un piccolo circuito di corrente, in grado di generare un
campo magnetico estremamente basso, il cui momento ha la direzione dell'asse di rotazione
dell'elettrone, come viene schematicamente illustrato nella Figura 21.4a.

' Questo x..viene considerato come suscettività di volume in unità SI che, una volta moltiplicato per H,
diventa la magnetizzazione per unità di volume (metro cubo) di materiale. Sono anche possibili altre
suscettività; vedi Problema 21.4.
21.3 Diamagnetismo e paramagnetismo • 679

Momento Momento
magnetico magnetico

~
Elettrone

~ Elettrone

Direzione
Nucleo
atomico
I I d1 spin

(a) (b)

FIGl"R-\ 21.4 Dimostrazione dei momenti magnetici associati con (a) il movimento orbitale del-
l'elettrone e (h) la rotazione intorno al proprio asse (spin).

Si può immaginare che ogni elettrone ruoti intorno al proprio asse; l'altro momento
magnetico si origina proprio da questa rotazione (spin) ed è diretto lungo l'asse di spin come
rappresentato nella Figura 21.4b. I momenti magnetici di spin possono essere orientati solo
verso l'alto o, in modo antiparallelo, verso il basso. In conclusione si può immaginare che
all'interno di un atomo ogni elettrone agisca come un piccolo magnete che ha momenti
magnetici permanenti orbitali e di spin.
Il momento magnetico più importante è il magnetone di Bohr ~. che ha il valore di
9.27 x 10-24 A-m 2• Per ogni elettrone in un atomo il momento magnetico di spin è±~ (più
per momenti di spin orientati verso l'alto e meno per momenti di spin orientati verso il
basso). Inoltre, il contributo del momento magnetico orbitale è eguale a m1~, essendo m1 il
numero quantico magnetico dell'elettrone, come visto nella Sezione 2.3.
In ciascun atomo i momenti orbitali di talune coppie di elettroni ne annullano altri; que-
sto si verifica anche per i momenti di spin. Per esempio, il momento di spin di un elettrone
orientato verso l'alto si annulla con uno orientato verso il basso. Il momento magnetico risul-
tante, quindi, per un atomo è dato dalla somma dei momenti magnetici di ciascuno degli elet-
troni costituenti, comprendendo i contributi sia orbitali che di spin, considerando i momo-
menti che si annullano. Per un atomo che ha completamente riempito i suoi gusci o i sotto-
gusci elettronici, se si considerano tutti gli elettroni, si deve verificare il totale annullamento
sia dei momenti orbitali che di spin. In tal caso i materiali costituiti da atomi che hanno i gusci
elettronici pieni non si possono magnetizzare in modo permanente. Di questa categoria fanno
parte i gas inerti (He, Ne, Ar, etc.) e diversi materiali ionici. I possibili tipi di magnetismo
sono il diamagnetismo, il paramagnetismo ed il ferromagnetismo; vengono inoltre conside-
rati sottoclassi del ferromagnetismo, l'antiferromagnetismo ed il ferrimagnetismo. Tutti i
materiali presentano almeno uno di questi tipi ed il comportamento è funzione dell'effetto di
un campo magnetico, applicato dall'esterno, sui dipoli magnetici atomici ed elettronici.

21.3 DIAMAGNETISMO E PARAMAGNETISMO

li diamagnetismo è una forma molto debole di magnetismo, non permanente, e persiste solo
in presenza di un campo magnetico esterno. Viene prodotto da una variazione del movimen-
to orbitale degli elettroni dovuto ad campo magnetico applicato. Il valore del momento
magnetico indotto è estremamente piccolo ed è di direzione opposta a quella del campo appli-
cato. Pertanto, la permeabilità relativaµ, è inferiore all'unità (anche se di poco) e la suscetti-
vità magnetica è negativa; cioè, il valore del campo B all 'intemo di un solido diamagnetico è
minore che nel vuoto. La suscettività di volume x,,,per i materiali solidi diamagnetici è del-
1'orùim: di -10-\ Quando si dispongono fra i poli di un potente elettromagnete, i materiali
diamagnetici sono attratti verso regioni dove il campo è debole.
680 • Capitolo 21 / Proprietà magnetiche

0000
H=O
-
0000
H F1Gu1u 21..~ (a) Configurazione di
dipoli atomici per un materiale diama-
gnetico con e senza un campo magneti-
co. In assenza di un campo esterno non
0000 0000 si formano dipoli; in presenza di un
campo vengono indotti dipoli allineati in
0000 0000 direzione opposta a quella del campo.
0000 0000 (b) Configurazione di dipoli atomici con
e senza un campo magnetico esterno per
(i!}
un materiale paramagnetico.

0000
H=O
---
0000
H

0000 0000
0000 0000
0000 8000
{b)

La Figura 21.5a illustra in modo schematico le configurazioni dei dipoli magnetici degli
atomi per un materiale diamagnetico con e senza un campo esterno; le frecce rappresentano
i momenti dei dipoli atomici, mentre, nella precedente discussione, le frecce indicavano solo
i momenti degli elettroni. Nella Figura 21.6 viene rappresentata la dipendenza di B da un
campo esterno H per un materiale che presenta comportamento diamagnetico. La Tabella
21.2 riporta le suscettività di alcuni materiali diamagnetici. Il diamagnetismo si trova in tutti
i materiali; ma, essendo debole, si può osservare solo quando altri tipi di magnetismo sono
totalmente assenti. Questa forma di magnetismo non ha importanza pratica.

FIGntA 21.6 Variazione della densità


di flusso B in funzione della intensità
del campo magnetico H per materiali
,erromagnetici diamagnetici, paramagnetici e ferroma-
gnetici.

'!3
·.;;
e:
Q.)

Intensità del campo magnetico, H


21.4 Ferromagnetismo • 681

Tabella 21.2 Suscettività magnetica a temperatura ambiente di materiali diama-


gnetici e paramagnetici

Diamagnetici Paramagnetici

Suscettività Xm Suscettività X..


(volume) (volume)
Materiale (Unità SI) Materiale (Unità SI)

Argento -2.38 X 10-5 Alluminio 2.07 X 10-'


Cloruro di sodio -J.4] X 10-5 Cloruro di cromo J.51 X 10-l
Mercurio -2.85 X 10' Cromo 3.13 X 10-4
Oro -3.44 X 10-' Molibdeno 1.19 X 10"""
Ossido di alluminio -1.81 X 10-5 Sodio 8.48 x 10-6
Rame --0.96X 10-s Solfato di manganese 3.70 X 10"3
Silicio ---0.4] X ] 0-5 Titanio J.8( X 10-4
Zinco -J.56 X 10-5 Zirconio 1.09 X ]0-4

Per diversi materiali solidi, ogni atomo possiede un momento dipolare permanente in
virtù dell'incompleto annullamento dei momenti magnetici orbitali e/o di spin dell'elettrone.
In assenza di un campo magnetico esterno, i momenti magnetici di questi atomi hanno orien-
tazione casuale, per cui ogni elemento di volume non possiede alcuna magnetizzazione
macroscopica. Questi dipoli atomici sono liberi di ruotare e possono dare origine a parama-
gnetismo quando si allineano di preferenza, per rotazione, con un campo magnetico esterno
come rappresentato nella Figura 21.5b. Questi dipoli magnetici agiscono in modo individua-
le senza alcuna interazione con i dipoli adiacenti. Poiché i dipoli si allineano con il campo
esterno, lo intensificano facendo aumentare la permeabilità relativa µ,, che è maggiore di
uno, ed una suscettività magnetica piccola ma positiva. La suscettività per i materiali para-
magnetici varia da circa 10-5 a 10-2 (Tabella 21.2). Nella Figura 2 l.6 viene rappresentata la
variazione di B rispetto ad H per un materiale paramagnetico.
Sia i materiali diamagnetici che i paramagnetici non sono considerati magnetici in quan-
to la magnetizzazione compare solo in presenza di un campo esterno. Inoltre per entrambi la
densità di flusso B è all'incirca quella che si avrebbe nel vuoto.

21.4 FERROMAGl\ETISMO

Certi materiali metallici possiedono un momento magnetico permanente in assenza di un


campo esterno e manifestano magnetizzazioni molto intense e permanenti. Queste sono le
caratteristiche del ferromagnetismo e vengono presentate dai metalli di transizione: ferro
(come ferrite a ccc), cobalto, nichel ed alcuni metalli delle terre rare come il gadolinio (Gd).
Per i materiali ferromagnetici sono possibili suscettività magnetiche superiori a 106 • Di con-
seguenza, H < < M ed in base ali 'Equazione 21.5

(21.8)

I momenti magnetici permanenti nei materiali ferromagnetici risultano dai momenti


magnetici atomici dovuti al mancato annullamento di tutti i momenti degli spin elettronici, in
conseguenza della loro struttura elettronica. Vi è anche un contributo del momento magneti-
co orbitale che è piccolo rispetto al momento di spin. Inoltre, in un materiale ferromagnetico,
le interazioni da accoppiamento generano momenti magnetici di spin da parte degli atomi
adiacenti per allinearsi gli uni con gli altri, sempre in assenza di un campo esterno. Questo
682 • Capitolo 21 / Proprietà magnetiche

Fu;m.A 21. 7 Illustrazione schematica del mutuo allineamento dei


H=O
dipoli atomici di un materiale ferromagnetico, presente anche in
0000 assenza di un campo magnetico esterno.

0000
0000
0000

viene illustrato in modo schematico nella Figura 21.7. L'origine di queste forze di accoppia-
mento non è completamente conosciuta, ma si ritiene derivi dalla struttura deltrunica del
metallo. Questo mutuo allineamento di spin si ritrova su regioni relativamente ampie del Cri-
stallo che vengono chiamate domini (vedi Sezione 21.7).
La massima magnetizzazione possibile, o magnetizzazione di saturazione M.,, di un
materiale ferromagnetico rappresenta la magnetizzazione che risulta quando tutti i dipoli
magnetici in una parte di solido sono reciprocamente allineati con il campo esterno; B.,è la
corrispondente densità di flusso di saturazione La magnetizzazione di saturazione è uguale al
prodotto del momento magnetico utile di ciascun atomo per il numero di atomi presenti. Per
il ferro, cobalto e nichel, ì momenti magnetici utili per atomo sono, rispettivamente, 2.22,
1.72 e 0.60 magnetoni di Bohr.

EsntPJO rn PROBLEMA 21. 1

Calcolare (a) la magnetizzazione di saturazione e (b) la densità di flusso di saturazione del


nichel, che ha densità di 8.90 Mg/m3.

SOU.'ZIOSE
(a) La magnetizzazione di saturazione è il prodotto del numero di magnetoni di Bohr per
atomo (0.60 come sopra riportato), il valore del magnetone di Bohr 1-"sed il numero dì atomi
per metro cubo N:
M,=0.60f¾N

Ora, il numero di atomi per metro cubo dipende dalla densità p, dal peso atomico AN; e dal
numero diAvogadroNA:

j8.90 x 106 Mg/m 3)(6.023 x 1023 atomi/mol)


- 58.71 g/mol

= 9. 13 x 1028 atomi/m 3

:~:e (-0_._6_0_m_a_g_n_e_to_n_i
_d_i
B_oh_r
__ ) { 9.27 x 10-24 A-m 2 ) ( 9.13 x lm0:
8
atomi )
atomi magnetone di Bohr

==5.1 x 105 A/m


21.5 Antiferromagnetismo e Ferrimagnetismo 683

(b) Dall'Equazione 21.8, la densità di flusso di saturazione è data da:

= 0.64 tesla

21.5 A~TIFF.:Rl-CO}IA.Gl\ETIS.\10 E FF.:RHHL\Gl\ETIS:\10

A1'TIFERR0.\1AGJ\ETIS110

In materiali non ferromagnetici si possono verificare fenomeni di accoppiamento dei momenti


magnetici fra ioni o atomi adiacenti. In ciascuno di essi questi accoppiamenti portano ad alli-
neamenti antiparalleli; l'allineamento dei momenti di spin, di atomi o ioni confinanti, in dire-
zione esattamente opposta, viene definito antiferromagnetismo. Un materiale che presenta
questo comportamento è l'ossido di manganese (MnO). Si tratta di un materiale ceramico a ca-
rattere ionico, con ioni Mn2+ e 0 2-. Negli ioni 0 2- sia i momenti orbitali che quelli di spin sian-
nullano reciprocamente per cui il momento magnetico risultante è nullo. Gli ioni Mn2+ hanno
invece un momento magnetico risultante che è dovuto essenzialmente agli spin. Questi ioni
Mn 2+ sono disposti nella struttura cristallina in modo tale che i momenti degli ioni adiacenti
siano antiparalleli. Una tale disposizione viene rappresentata in modo schematico nella Figura
21.8. Ovviamente, i momenti magnetici in opposizione si annullano e, di conseguenza, il so-
lido nel suo insieme non ha momenti magnetici risultanti.

FERRHIAG~ETIS.\10

Anche alcuni ceramici presentano magnetizzazione permanente, denominata ferrimagneti-


smo. Le caratteristiche magnetiche macroscopiche dei ferromagnetici e dei ferrimagnetici
sono simili; la differenza risiede nell'origine dei momenti magnetici risultanti. I principi del
ferrimagnctismo si possono illustrare prendendo in considerazione le ferriti 1.:ubk:he.2 Questi
materiali ionici vengono rappresentati con la formula chimica MFe 20 4 , in cui M rappresenta
un elemento metallico qualsiasi. Il prototipo di ferrite è Fe 3 0 4 , la magnetite minerale, in gene-
re chiamata semplicemente magnetite.

FIU'R.-\. 21.8 Rappresentazione schematica di alli-


© © CD CD neamento antiparallelo dei momenti magnetici di

©
000
CD CD CD
spin dell'ossido di manganese antiferromagnetico.

000
© CD CD CD

o
Mn2+
o o2-

2La ferrite nel significato magnetico non deve essere confusa con la ferrite a del ferro discussa nella
Sezione 9.13; nel prosieguo di questo capitolo, il termine ferrite denota i ceramici magnetici.
684 • Capitolo 21 / Proprietà magnetiche

FuxRA 21. 9 Diagramma schematico che


rappresenta la configurazione del momento
magnetico di spin degli ioni Fe 2• e Fe3• nel
Fep 4 • (Da Richard A. Flinn and Paul K.
Trojan, Engineerint Materials and Their
Applìcations, 4th edition. Copyright ©
1990 by John Wiley & Sons, lnc. Per con-
cessione di fohn Wiley & Sons, Inc.)

o o2-
@
Fe2+
(Ottaedrico)
o
Fe3•
(Ottaedrico)
o
Fe 3•
(Tetraedrico)

La formula per Fep 4 può essere scritta come Fe 2 •0 2- - (Fe 3•>i(o2 -) 3 in cui gli ioni Fe esi-
stono in entrambi gli stati di valenza +2 e +3 nel rapporto di l :2. Per ogni ione Fe 2• e Fe 3• vi
è un momento magnetico di spin risultante che corrisponde a 4 e 5 magnetoni di Bohr, rispet-
tivamente, per i due tipi di ioni. Gli ioni 0 2- sono invece magneticamente neutri. Tra gli ioni
Fe si determinano, inoltre, interazioni di accoppiamento di spin antiparalleli con caratteristi-
che simili a quelli dell'antiferromagnetismo. Di conseguenza, il momento ferrimagnetico che
può risultare ha origine dall'annullamento incompleto dei momenti di spin.
Le ferriti cubiche hanno la struttura cristallina dello spinello _inversa, che è di simmetria
cubica e simile alla struttura dello spinello (Sezione 13.2). Si può pensare generato dall 'im-
pilaggio di piani compattati di ioni 0 2-. I cationi di ferro possono inoltre occupare due tipi di
posizioni, come illustrato nella Figura 13.7. Per la prima, il numero di coordinazione è 4
(coordinazione tetraedrica); ciascun ione ferro è, cioè, circondato da quattro ossigeni imme-
diatamente vicini. Per la seconda, il numero di coordinazione è 6 (coordinazione ottaedrica).
Con tale struttura dello spinello inversa, metà degli ioni trivalenti (Fe 3+) sono disposti in posi-
zioni ottaedriche, l'altra metà in posizioni tetraedriche. Gli ioni bivalenti Fe 2+ sono tutti loca-
lizzati in posizioni ottaedriche. Il fattore critico è la disposizione dei momenti di spin degli
ioni Fe, come rappresentato nella Figura 21.9 e nella Tabella 21.3. I momenti di spin di tutti
gli ioni fe 3• nelle posizioni ottaedriche sono fra loro allineati e paralldi; ma hanno direzione
opposta agli ioni Fe·1+ disposti nelle posizioni tetraedriche, anch'essi allineati. Il risultato è
che gli ioni di ferro adiacenti hanno accoppiamento antiparallelo. Pertanto, i mornenti di spin

Tahclla 21.3 Distribuzione dei momenti magn~tici di spin per gli


ioni Fe 2 + e Fe 3 • in una cella unitaria di Fe 3 O 4 "

Cationi Siti del reticolo Siti del reticolo Momento magnetico


ottaedrico tetraedrico risultante

Fe 3•
ì ì ì 1 l ! l l Eliminazione

r r 1r 111l completa

Fe 2 "
r r r r r r r r
r r 1r ì ì ì ì
0
Ogni freccia rappresenta l'orientazione del campo magnetico per uno dei cationi.
21.5 Antiferromagnetismo e Ferrimagnetismo • 685

Tahdla 21 A Momenti magneti-


ci risultanti di sei cationi

Momento magnetico
di spin risultante
Catione (magnetoni di Bohr)

Fe'• 5
Fe2• 4
Mn2' 5
Co:• 3
Ni 2• 2
Cu2• I

di tutti gli ioni Fe 3• si annullano l'uno con l'altro e non danno alcun contributo alla magne-
tizzazione del solido. Tutti gli ioni Fe 2• hanno invece i loro momenti allineati nella stessa
direzione, per cui la magnetizzazione risultante è dovuta alla somma di tali momenti (vedi
Tabella 21.3). Pertanto, la magnetizzazione di saturazione di un solido ferrimagnetico può
essere ottenuta dal prodotto del momento magnetico di spin risultante di ogni ione Fe 2+ per il
numero di ioni Fe 2+, questo corrisponderebbe al mutuo allineamento di tutti i momenti
magnetici degli ioni Fe 2• nel campione di Fep 4 •
Si possono produrre ferriti cubiche con composizione diversa mediante aggiunta di ioni
metallici che vanno a sostituire atomi di ferro nella struttura cristallina. Per cui, la formula
chimica della ferrite può essere espressa nella forma M2 •O2- - (Fe.,+)i(o2-) 1, in cui M2+,oltre
a Fe2 + può rappresentare ioni bivalenti, come Ni2+,Mn2+, Co 2+e Cu 2+,ciasc~no dei quali pos-
siede un momento magnetico utile di spin differente da 4; come riportato nella Tabella 21.4.
Quindi, modificando la composizione, si possono produrre ferriti con proprietà magnetiche
diverse. Per esempio, la ferrite di nichel ha la formula NiFe2 O4 • Si possono anche produrre
altri composti contenti miscele di due ioni metallici bivalenti come (Mn,Mg)Fep 4 , in cui si
può variare il rapporto Mn 2 •: Mg 2\ questi composti vengono denominati ferriti miste.
Oltre le ferriti cubiche anche altri materiali ceramici sono ferrimagnetici; fra questi vi
sono le ferriti esagonali ed i granati. Le ferriti esagonali hanno una struttura cristallina simi-
le a quella dello spinello inverso, con simmetria esagonale anziché cubica. La formula chi-
mica di questi materiali può essere rappresentata da AB 12O 19, in cui A è un metallo bivalente
come bario, piombo o stronzio e B è un metallo trivalente come alluminio, gallio, cromo o
ferro. I due esempi più comuni di ferriti esagonali sono PbFe I2 O 19 e BaFe 1p 19•
I granati hanno una struttura cristallina molto complessa, che può essere rappresentata
dalla formula generale M3Fe 5O 12; qui M rappresenta uno ione di terra rara, come samario,
europio, gadolinio o ittrio. Il granato ittrio ferro (Y 3Fep 12), talvolta indicato con "YIG", è il
materiale più comune di questo tipo.
La magnetizzazione di saturazione per i materiali ferrimagnetici non è così elevata come
per i ferromagnetici. D'altra parte, le ferriti, come materiali ceramici, sono buoni isolanti
elettrici. Per diverse applicazioni magnetiche, come i trasformatori ad elevata frequenza, una
bassa conduttività elettrica è molto ambita.

ESF.MPIO m PROBLE'.\H 21.2

Calcolare la magnetizzazione di saturazione del Fep 4 sapendo che ogni cella elementare cubi-
ca contiene 8 ioni Fe2 • e 16 Fe3• e che la lunghezza del lato della cella è 0.839 nm.
686 • Capitolo 21 / Proprietà magnetiche

Sou ZIO.VE
Questo problema si risolve in modo simile a quello dell'Esempio di Problema 21.1, conside-
rando che la base di calcolo è per cella elementare invece che per atomi o ioni.
La magnetizzazione di saturazione sarà uguale al prodotto del numero N' di magnetoni di
Bohr per metro cubo di Fep 4 , con il momento magnetico per magnetone di Bohr /¼.,

M,=N'µ 8
(21.9)

Ora, N' è anche il numero di magnetoni di Bohr per cella elementare n8 diviso per il volume
della cella Ve,

(21.10)

Ancora, la magnetizzazione utile risulta solo dagli ioni Fe2 •. Poiché vi sono 8 ioni Fe2• per
cella elementare e 4 magnetoni di Bohr per Fe2•, n8 è 32. Inoltre, la cella elementare è un cubo,
e Ve= a3, essendo a il lato della cella. Quindi,

M = nel¼. (2 l. 11)
-' a3
(32 magnetoni di Bohr/cella unitaria) (9.27 x 10-2.4
A-m 2/magnetone di Bohr)
=-----------------,,--,,--------------
(0.839 x 10- m)3/cella unitaria
9

==5.0 x 105 A/m

ESK\1PIO DESlGl'i 21. 1

Progetta un materiale magnetico cubico di ferrite mista che abbia una magnetizzazione di
saturazione di 5.25 x 105 A/m.

Souzww:
In base all'Esempio di Problema 21 .2 la magnetizzazione di saturazione del Fe 10 4 è pari a 5.0
x 105 A/m. Per aumentare il valore di M, è necessario sostituire parte di Fe 2• con ioni metal-
lici bivalenti con momento magnetico più grande - per esempio Mn 2•; dalla Tabella 21.4 si
trova che lo ione Mn 2• ha 5 magnetoni di Bohr/ione in confronto ai 4 del Fe 2•. Mettiamo allo-
ra questo valore nell'Equazione 21.11 per il calcolo del numero di magnetoni di Bohr per
cella elementare n 8 , assumendo che la sostituzione degli ioni Fe 2• con quelli Mn 2• non modi-
fichi le dimensioni della cella (a = 0.839 nm). Pertanto,

__
Ma,_3
Il.e
(5.25 x 10 A/m)(0.839 x 10- m)1/cella elementare
5 9
=--------,,--,--,,..--------------
9.27 x 10-24 A-m 2/magnetone di Bohr

= 33.45 magnetoni di Bohr/cella elementare


21.6 Influenza della temperatura sul comportamento magnetico • 687

Se indichiamo con x la frazione di Mn2+ che ha sostituito Fe 2+,la frazione di Fe 2+ non sosti-
tuita è pari a ( l - x). Inoltre, dal momento che vi sono 8 ioni bivalenti per cella elementare,
possiamo scrivere la seguente espressione:

8 [Sx + 4 (I - x)) = 33.45


da cui x = 0.181. Quindi, se il 18.1% atomico di Fe 2+ nel Fe 3O4 viene sostituito da
Mn2+,la magnetizzazione di saturazione aumenterà a 5.25 x I 05 Nm.

21.6 IN}'LIJENZA DELL\ TEMPERATURA


SUL CO}lPORTA.MENTO llAG~ETICO

Anche la temperatura può avere influenza sulle caratteristiche magnetiche dei materiali. Si
ricorda che al crescere della temperatura di un solido aumenta la vibrazione termica degli
atomi. Inoltre i momenti magnetici degli atomi sono liberi di ruotare; quindi, con il crescere
de 1la temperatura, l'aumentata agitazione termica degli atomi tende a rendere casuali le dire-
zioni dei momenti, anche se originariamente allineati.
Nei materiali ferromagnetici, antiferromagnetici e ferrimagnetici, l'agitazione termica de-
gli atomi va ad ostacolare le forze di accoppiamento tra i momenti dei dipoli degli atomi adia-
centi, causando perdita dì allineamento, anche in presenza di un campo esterno. Questo effetto
porta a diminuire la magnetizzazione di saturazione sia per i ferro- che per i ferrimagnetici. La
magnetizzazione di saturazione è massima a O K, alla cui temperatura le vibrazioni termiche
sono minime. Ali' aumentare della temperatura, la magnetizzazione di saturazione diminuisce
gradualmente e quindi cade bruscamente a zero alla temperatura T,, detta temperatura di Cu-
rie. Il comportamento magnetizzazione-temperatura per il ferro e l 'Fe 3 O4 è rappresentato nella
Figura 21.1 O.Alla T, le forze di accoppiamento degli spin vengono completamente annullate,
per cui alle temperature superiori a T,.i materiali sia ferromagnetici che ferrimagnetici diven-
tano paramagnetici. La temperatura di Curie varia da materiale a materiale; per esempio, per
ferro, cobalto, nichel e Fe 3O4 è rispettivamente 768, 1120, 335 e 585°C.

F1u Il.\ 21. IO


Andamento della
magnetizzazione di 2.0 25,000
saturazione del ferro e
della Fep 4 in funzione ~ -;;;
"'
::,

della temperatura. [Da J.


os 20,000 !
1.5 <e,~
Srnit and H. P. J. Wijn, i aì
Ferrites. Copyright© oì e:
1959 by N.V. Philips
e
o
"
~
15,000 ."
o
~
:,
Gloeilampenfabrieken, ::,

Eindhoven (Holland).
lo
"'
'e
LO
"'
,,,
'o
Ristampa su <l,)
10,000 ~
e: "'
::,
concessione.] o :.::
·;;;
"' 'o
N 0.5
N
'5
·w
e:
5,000 ·;:;;
e:
Dll
"' o"'
~

o o
-200 o 200 400 600 800 1000
Temperatura (°C)
688 • Capitolo 21 / Proprietà magnetiche

FtGlllA 21. 11 Illustrazione schematica dei domini in un


materiale ferromagnetico o ferrimagnetico; le frecce rap-
presentano i dipoli magnetici degli atomi. All'interno di
ogni dominio, i dipoli sono tutti allineati, mentre tra un
dominio e l'altro varia la direzione di allineamento.

Anche I' antiferromagnetismo viene influenzato dalla temperatura; questo comportamen-


to si annulla a quella che è chiamata la temperatura di Néel. Per temperature superiori a que-
sto punto anche i materiali antiferromagnetici diventano paramagnetici.

21.7 DOMI1'"l ED ISTERESI

Ogni materiale ferromagnetico o ferrimagnetico che si trova ad una temperatura inferiore a


Teè formato da regioni di piccolo volume in cui tutti i momenti dei dipoli magnetici sono alli-
neati nella stessa direzione, come illustrato nella Figura 21.11. Tale regione viene chiamata
dominio ed è magnetizzata fino alla magnetizzazione di saturazione propria. Domini adia-
centi sono separati da bordi o pareti di dominio, in cui la direzione di magnetizzazione varia
in modo graduale da quella di un dominio a quella dell'altro (Figura 21.12). Normalmente, i
domini sono di dimensioni microscopici ed in un materiale policristallino, ciascun grano può
essere costituito da più di un dominio. Quindi, un volume macroscopico di materiale· potrà
avere un gran numero di domini, tutti con differenti orientazioni di magnetizzazione. Il valo-
re del campo M per l'intero solido viene dato dalla somma vettoriale delle magnetizzazioni

/
/
/ F1GrRA 21.12 Variazione graduale dell'o-
/

/
/
/
/
rientazione dei dipoli magnetici all'interno
/
/
/
/ della parete di separazione fra domini. (Da
/ /
\
W. D. Kingery, H. K. Bowen, and D. R.
I Uhlmann, lntroduction to Ceramics, 2nd
edition. Copyright® 1976 by fohn Wiley &

\\\\%~1
Sons, New York. Ristampa su concessione

\\1 /1ii \\\ I


\
\
\
di fohn Wiley & Sons, Inc.)

\ I
I I
I I
'-----::::::7:------11
Parete di separazione
dei domini
21. 7 Domini ed Isteresi • 689

FIGl R\ 21. l ;3 Comportamento B - H


per un materiale ferromagnetico o ferri-
magnetico inizialmente non magnetizza-
to. Sono rappresentate le configurazione
dei domini nel corso dei vari stadi di
magnetizzazione. Vengono anche indica-
te la densità del flusso di saturazione B,,
la magnetizzazione M, e la permeabilità
iniziale µ;. (Da O. H. Wyatt and D. Dew-
H ughe s, Metals, Ceramics and
Polymers, Cambridge University Press,
1974.)

di tutti i domini, pesando il contributo di ciascun dominio con la sua frazione di volume. Per
un materiale non magnetizzato, il vettore somma, appropriatamente pesato, della magnetiz-
zazione di tutti i domini è zero.
La densità di flusso Be l'intensità di campo H per i ferromagnetici ed i ferrimagnetici non
sono proporzionali. Se il materiale non è inizialmente magnetizzato, B varia in funzione di H
come rappresentato nella Figura 21.13. La curva inizia dall'origine, ed al crescere di H, il
campo B inizia ad aumentare dapprima lentamente, poi più rapidamente, per poi mantenersi
costante e diventare indipendente da H. Questo valore massimo di B è la densità di flusso di
saturazione B,, e la corrispondente magnetizzazione è quella di saturazione M,, menzionata in
precedenza. Poiché la permeabilità µ dall'Equazione 21.2 rappresenta la pendenza della
curva B in funzione di H, dalla Figura 21.13 si deduce che la permeabilità varia con ed è
dipendente da H. La pendenza della curva B in funzione di H per H = O è una proprietà del
materiale e viene definita la permeabilità iniziale µ;, come indicato nella Figura 21.13
Quando si applica un campo H, i dominì cambiano forma e dimensione a causa del movi-
mento dei loro bordi. Nella Figura 21.13 vengono rappresentate in modo schematico le varie
strutture che assumono i domini lungo la curva B in funzione di H. All'inizio, i momenti dei
domini sono orientati casualmente e non si determina alcun campo B (o M ) risultante.
Quando si applica un campo esterno, i domini orientati in direzione favorevole con (o all'in-
circa allineati con) il campo applicato aumentano a spese di quelli che sono orientati in modo
non favorevole. Questo processo continua con il crescere dell'intensità del campo fino a che
tutto il materiale diventa un unico dominio, approssimativamente allineato con il campo. Si
raggiunge la saturazione quando questo dominio, per rotazione, diventa orientato con il
campo H. A pagina 674 viene rappresentato come si modifica la struttura di un dominio di un
cristallo di ferro con il campo magnetico.
Se dal punto S di saturazione (Figura 21.14) si inverte la direzione del campo H, la curva
non ripercorre il suo cammino originale. Viene prodotto un effetto di isteresi in cui il campo B
ritarda dietro il campo applicato H, o decresce a velocità più bassa. Quando il campo H si az-
zera (punto R sulla curva), rimane un campo residuo B che è chiamato rimanenza, o densità di
flusso rimanete, B ,; il materiale rimane magnetizzato in assenza di un campo H esterno.
Il comportamento di isteresi e la magnetizzazione permanente possono essere interpreta-
ti in base al movimento delle pareti del dominio. Quando, giunti alla saturazione (punto S
690 Capitolo 21 / Proprietà magnetiche

Ftcuu. 21.1 I Andamento della densità


di flusso magnetico in funzione dell 'ìn-
s ten si tà del campo magnetico, per un
materiale ferromagnetico portato a satu-
razione diretta e inversa (punti S e S '). La
curva a tratto pieno rappresenta il circuito
zazìone di isteresi; mentre quella tratteggiata indi-
iniziale
ca la magnetizzazione iniziale. Vengono
anche indicate la rimanenza B' e la forza
coercitiva H,.

S'.L...---

nella Figura 21.14), si inverte la direzione del campo, viene invertito anche il processo che
modifica la struttura del dominio. Per prima cosa, ogni dominio tende a ruotare con l'inver-
sione del campo. In seguito si formano e si accrescono domini con momenti magnetici alli-
neati secondo il nuovo campo, a spese dei domini originari. In base a questo meccanismo
risulta critica la resistenza al movimento da parte dei bordi dei domini, movimento dovuto al
crescere del campo magnetico in direzione opposta; questo spiega il ritardo di B con H, ovve-
ro l'isteresi. Quando il campo applicato diventa nullo, sussiste ancora una certa frazione di
volume di domini orientati nella direzione originaria che spiega l'esistenza della rimanenza
B,.
Per portare a zero il campo B all'interno del materiale (punto C nella Figura 21.14), è
necessario applicare, in direzione opposta al campo originale, un campo H di valore -H,; H,
è chiamato la coercività, o in genere la forza coerciva. Continuando ad applicare il campo
nella direzione inversa, come indicato nella figura, alla fine si arriva alla saturazione in senso
opposto, in corrispondenza del punto S '. Una seconda inversione del campo fino al punto
della saturazione iniziale (punto S) completa il circuito di isteresi simmetrico e produce
anche una rimanenza negativa (- B,) ed una coercività positiva(+ H).
La curva di B in funzione di H nella Figura 21.14 descrive un circuito di isteresi portato a
saturazione. Naturalmente, non è necessario portare il campo H fino a saturazione prima di
invertirne la direzione; nella Figura 21.15, il circuito NP è una curva di isteresi inferiore alla

t ___,, Fu;1R-\. 21. l.'i Curva di isteresi a meno


della saturazione (curva NP) all'interno
B /
L del circuito di saturazione per un materia-
le ferromagnetico. Il comportamento B -
H per inversione del campo a valori diver-
si della saturazione è indicato dalla curva
LM.
I
I I
I
I p I
I
I I
I /

/
I
,,,/
.L~---.,.-/
21.8 Materiali magnetici teneri 691

saturazione. È inoltre possibile invertire la direzione del campo in ogni punto lungo la curva
e generare altri circuiti di isteresi. Un tale circuito è indicato sulla curva di saturazione nella
Figura 21.15: per il circuito LM, il campo H viene invertito in corrispondenza dello zero. Un
metodo per smagnetizzare un ferromagnete o un ferrimagnete è quello di ciclarli ripetuta-
mente in un campo H che alterna la direzione con intensità decrescenti.

21.8 MATERIAU :\lAG~ETICI TENERI

La forma e la dimensione della curva di isteresi per i materiali ferromagnetici e ferrimagne-


tici è di notevole importanza pratica. L'area compresa all'interno del circuito rappresenta la
perdita di energia magnetica per unità di volume del materiale per ciclo di magnetizzazione;
questa perdita di energia si manifesta come calore generato all'interno del materiale magne-
tico ed in grado, quindi, di aumentare la sua temperatura.
Sia i materiali ferromagnetici che ferrimagnetici vengono classificati come teneri o duri
in base alle loro caratteristiche di isteresi. I materiali magnetici teneri vengono usati nei
dispositivi che lavorano con campi magnetici alternati ed in cui le perdite di energia devono
essere basse; un esempio familiare è quello del nucleo dei trasformatori. Per questa ragione
l'area relativa racchiusa dal circuito di isteresi deve essere piccola; tipicamente ha la confi-
gurazione stretta e sottile rappresentata nella Figura 21.16. Ne consegue che un materiale
magnetico tenero deve avere elevata permeabilità iniziale e bassa coercività. Un materiale
che possiede queste proprietà può raggiungere la sua magnetizzazione di saturazione con un
campo applicato relativamente basso (viene cioè facilmente magnetizzato e smagnetizzato) e
ha anche basse perdite di energia di isteresi.
TI valore del campo di saturazione o magnetizzazione viene·dato solo dalla composizione
del materiale. Per esempio, nelle ferriti cubiche Fe0-Fep 3, la sostituzione di uno ione Fe 2+
con uno ione metallico bivalente come Ni 2 • fa cambiare la magnetizzazione di saturazione.
Invece, la suscettività e la coecività (H), che pure influenzano la forma della curva di istere-
si, sono più sensibili alle variabili strutturali che alla composizione. Per esempio, un basso
valore di coercività rende più facile il movimento dei bordi dei domini al variare del valore
e/o direzione del campo magnetico. Difetti strutturali come particelle di una fase non magne-

t FlGIR\ 21.16 Schema delle curve di


B magnetizzazione per materiali teneri e
Duro
duri. (Da K. M. Ralls, T. H. Courtney, and
J. Wulff, lntroduction to Materials
Science and En,:ineering. Copyright ©
1976 by John Wiley & Sons, New Yurk.
Ristampa su concessione di fohn Wiley &
Tenero
Sons, Inc.)

H-
692 . Capitolo 21 / Proprietà magnetiche

Tabella 21.5 Proprietà tipiche di alcuni materiali magnetici teneri


Permeabilità Densità del Isteresi
Materiale Composizione relativa iniziale flusso di saturazione B, Perdita/Ciclo Resistività p
(% in peso) µi [tesla (gauss)] {J/m 3 (erg/cm·')] (Q-m)

Ferro commerciale 99.95 Fe 150 2.14 270 I.O X 10-1


(lingotto) (21400) (2700)

Ferro-silicio 97Fe, 3Si 1400 2.01 40 4.7 X 10-7


(orientato) (20100) (400)

Perrnalloy 45 55Fe, 45Ni 2500 1.60 120 4,5 X 1Q-7


(16000) (1200)

Supermalloy 79Ni, 15Fe, 75000 0.80 6.0x 10-·


5Mo,0.5 Mn (8000)

Ferroxcube A 48MnFe,O 4 , 1400 0.33 -40 2000


52ZnFe,0 4 (3300) (-400)

Ferroxcube B 36Ni Fe,O 4 , 650 0.36 -35 10-7


64 Zn Fe,0 4 (3600) (-350)

Fonte: Da Metals Handbook: Properties and Se/ection: Staìn/ess Steels, Too/ Materials and Special-Purpose Metals, Voi. 3, 9th edition,
D. Benjamin, Senior Editor, American Society for Metals, 1980.

tica o vuoti nel materiale magnetico tendono a ridurre il movimento dei bordi dei domini ed
aumentare quindi la coercività. Ne consegue che, in un materiale magnetico tenero, questi
difetti strutturali non devono essere presenti.
Un 'altra considerazione sulle proprietà dei materiali magnetici teneri è la resistività elet-
trica. Oltre alle perdite di energia di isteresi descritta sopra, perdite di energia possono pro-
venire da correnti elettriche, indotte in un materiale magnetico da un campo magnetico che
varia nel tempo in intensità e direzione; queste sono chiamate correnti indotte. È estrema-
mente utile minimizzare queste perdite di energia nei materiali magnetici teneri, aumentando
la resistività elettrica. Questo effetto, nei materiali ferromagnetici, viene ottenuto formando
soluzioni solide mediante alligazione; ne sono esempio le leghe ferro-silicio e ferro-nichel.
Le ferriti ceramiche sono comunemente usate nelle applicazioni che richiedono materiali
magnetici teneri, in quanto sono di per sé degli isolatori elettrici. La loro applicabilità· è, tut-
tavia, piuttosto limitata, nonostante abbiano suscettività relativamente piccole. Le proprietà
di una mezza dozzina di materiali magnetici teneri sono riportate nella Tabella 21.5
Per applicazioni particolari è possibile migliorare le caratteristiche di isteresi dei materia-
li magnetici teneri con un appropriato trattamento termico in presenza di un campo magneti-
co. Usando una tale tecnica si può produrre un circuito di isteresi quadratico, che è desidera-
bile in alcune applicazioni come amplificatori magnetici e trasformatori pulsanti. Materiali
magnetici teneri sono anche impiegati nei generatori, nei motori, nelle dinamo e nei circuiti
di commutazione elettrica.

21.9 MATERIALI MAGNETICI DLRI

I materiali magnetici duri vengono utilizzati nei magneti permanenti, che devono avere ele-
vata resistenza alla smagnetizzazione. In termini di comportamento di isteresi, un materiale
magnetico duro ha elevata rimanenza, coercività e densità di flusso di saturazione, ma bassa
permeabilità iniziale ed elevate perdite di energia di isteresi. Nella Figura 21.16 sono poste a
confronto le caratteristiche di isteresi di materiali magnetici duri e teneri. Le due caratteristi-
21.9 Materiali magnetici duri • 693

Flu11u 21.17 Curva sche-


matica di magnetizzazione che
illustra l'isteresi. All'interno
del secondo quadrante sono
disegnati due rettangoli di
energia, (prodotto B-H); l'area
del rettangolo (BH)maxè la più
grande possibile, ed è maggio-
re dell'area B,1-Hd.

che più importanti per le applicazioni di questi materiali sono la coercività e quello che è
denominato il "prodotto di energia", designato come (BH)m,.· Questo (BH)max corrisponde al
rettangolo di maggior area che può essere costruito nel secondo quadrante della curva di iste-
resi, Figura 21.17; le sue unità sono kJ/m 3 (MG0e) 3 • Il valore del prodotto di energia rappre-
senta l'energia richiesta per smagnetizzare un magnete permanente; quindi, più grande è
(BH)m"' più duro è il materiale in termini di caratteristiche magnetiche.
Il comportamento di isteresi è inoltre in relazione con la facilità con cui si muove il bordo
del dominio magnetico; impedendo questo movimento si aumenta la coercività e la suscetti-
vità, per cui per smagnetizzare si richiede un campo esterno maggiore. Queste caratteristiche
sono correlate con la microstruttura del materiale.

MATERIALI MAGNETICI DURI O)NVENZIONALI

I materiali magnetici duri si suddividono in due principali categorie - convenzionali e di alta


energia. I materiali convenzionali hanno valori di (BH)m•x che vanno da circa 2 a 80 kJ/m 3 (da
0.25 a 10 MGOe). A questa categoria appartengono i materiali ferromagnetici - acciai
magnetici; leghe cunife (Cu-Ni-Fe), leghe alnico (Al-Ni-Co)- insieme alle ferriti esagonali
(Ba0-6Fep 3 ). La Tabella 21.6 riporta alcune proprietà critiche di materiali magnetici duri.
Gli acciai magnetici duri sono di norma legati con tungsteno e/o cromo. Con opportuni
trattamenti termici questi due elementi si combinano facilmente con il carbonio dell'acciaio,
originando particelle di precipitati di carburi di tungsteno e di cromo, che sono particolar-
mente efficaci nell'ostacolare il movimento dei bordi dei domini. Nelle altre leghe metalli-
che, con appropriati trattamenti termici si possono formare, all'interno di una matrice non
magnetica, domini estremamente piccoli e particelle ferro-cobalto fortemente magnetiche.

3 MGOe è definito come


l MGOe = 106 gauss-oersted

Inoltre, la conversione da cgs - emu ad unità SI viene soddisfatta dalla relazione

l MGOe= 7.96 kJ/m 3


694 • Capitolo 21 / Proprietà magnetiche

Tabella 21.6 Proprietà tipiche di alcuni materiali magnetici duri

Rimanenza Coercività Temperatura


B, Hc (BHJ.,., di Curie Resistività
Composizione {tesla [amp-spirelm [(kJJm' Te p
Materiale (% in peso) (gauss)] (Oe)] (MGOe)] (OC) ( Q-m)

Acciaio al tungsteno 92.8 Fe, 0.95 5900 2.6 760 3.0 X 10-'
6W,0.5 (9500) (74) (0.33)
Cr, 0.7 C
Cunife 20 Fe, 20 0.54 44000 12 410 J.8 X 10-7
Ni, 60Cu (5400) (550) (l.5)
Alnico 8 sinterizzato 34 Fe, 7 Al, 0.76 125000 36 860
15 Ni, 35 (7600) (1550) (4.5)
Co,4 Cu,
5 Ti
Ferrite 3 sinterizzata BaO--6 l'e 20, 0.32 240000 20 -150 - 104
(3200) (3000) (2.5)
Cobalto terre rare 1 SmCo 5 0.92 720000 170 725 5.0 X [Q- 7
(9200) (9000) (21)
Neodimio-ferro-boro Nd2Fe, 4B 1.16 848000 255 310 1.6 x IO_,,
sinterizzato (11600) (10600) (32)

Fonte: Da ASM Handhook, Voi. 2, Properties and Selection: Nonferrous Alloys and Special-Purpose Materials. Copyright © 1990 by
ASM International. Ristampa su concessione di ASM lntemational, Materials Park. OH.

:\IATERIALI MAGNETICI Dt;RI DI ALTA ENERGIA

I materiali magnetici permanenti hanno prodotti di energia maggiori di 80 kJ/m 3 (10 MGOe)
e sono considerati di alta energia. A questa categoria appartengono composti intermetallici
sviluppati di recente che hanno composizione variabile; i due che sono considerati di valore
commerciale sono SmCo 5 e Nd 2Fe 14B. Le loro proprietà magnetiche sono riportate nella
Tabella 21.6.

Magneti Samario-Cobalto
SmCo 5 fa parte di un gruppo di leghe formate dalla combinazione di cobalto o di ferro con un
elemento leggero delle terre rare; un certo numero di queste leghe mostra alta energia e com-
portamento magnetico duro, ma solo SmCo 5 riveste importanza commerciale. I prodotti di
energia di questi materiali SmCo 5 [tra 120 e 240 kJ/m 3 (15 e 30 MGOe)] sono considerevol-
mente più alti rispetto ai materiali magnetici duri convenzionali (Tabella 21.6); inoltre, hanno
coercitività relativamente grandi. Per fabbricare i magneti SmCo 5 si usano le tecniche della
metallurgia delle polveri. II materiale, una volta alligato appropriatamente, viene macinato in
una polvere fine; le particelle di polvere vengono allineate mediante un campo magnetico
esterno e quindi pressate nella forma desiderata. I pezzi vengono sinterati ad elevata tempe-
ratura, a cui si fa seguire un trattamento termico per migliorare le proprietà magnetiche.

Magneti Neodimio-Ferro-Boro
II samario è un materiale raro e relativamente costoso ed il cobalto ha un prezzo variabile e
di produzione incostante. Di conseguenza, le leghe Nd 2Fe 14B stanno diventando i materiali
preferiti per un gran numero di differenti applicazioni che richiedono materiali magnetici
duri. La coercività ed i prodotti di energia di questi materiali sono competitivi con quelli delle
leghe samario-cobalto (Tabella 21.6).
21. I O Memoria magnetica • 695

Il comportamento magnetizzazione-smagnetizzazione di questi materiali è funzione della


mobilità dei bordi dei domini che, a sua volta, è controllata dalla microstruttura finale - cioè,
dalla dimensione, forma ed orientazione delle cristalliti o dei grani, così come dalla natura e
distribuzione delle particelle di una seconda fase eventualmente presente. La microstruttura
è legata al processo di ottenimento del materiale. I magneti Nd 2Fe 14B si possono fabbricare
secondo due differenti tecniche di processo: metallurgia delle polveri (sinterizzazione) e soli-
dificazione rapida (trafilatura di un fuso). Il processo della metallurgia delle polveri è simile
a quello usato per i materiali SmCo 5• Per solidificazione rapida, invece, la lega, allo stato
fuso, viene raffreddata molto rapidamente in modo da produrre un nastro solido molto sotti-
le, amorfo o a grana molto fine. Il nastro viene quindi polverizzato, compattato nella forma
desiderata e successivamente trattato termicamente. Dei due processi di fabbricazione la soli-
dificazione rapida è la più complessa, anche se il processo è continuo, mentre la metallurgia
delle polveri è discontinuo, con tutti gli svantaggi che questo comporta.

I materiali magnetici duri di alta energia sono impiegati in un numerosi dispositivi in


vari settori tecnologici. Un'applicazione molto comune è nei motori. I magneti permanenti
sono di gran lunga superiori agli elettromagneti in quanto possono mantenere in modo
continuo il campo magnetico senza consumare energia elettrica; inoltre, durante il fun-
zionamento non si genera calore. I motori che usano magneti permanenti sono molto più
piccoli dei loro analoghi elettromagnetici e sono utilizzati diffusamente per piccole po-
tenze. Sono esempi familiari di applicazione i motori per: trapani ed avvitatori a batteria;
nelle automobili (motorini di avviamento, alzacristalli elettrici, tergicristallo, lavavetro e
ventola del motore); nei registratori audio e video ed orologi. Altri esempi di impiego li
troviamo negli altoparlanti dei sistemi audio, degli auricolari leggeri, degli apparecchi acu-
stici e delle periferiche di computer.

21.10 ME:\10RU. MAGNETICA

Negli ultimi anni, i materiali magnetici hanno acquistato crescente importanza nel campo
della registrazione delle informazioni; infatti i registratori magnetici sono diventati in pratica
la tecnologia più diffusa per la memorizzazione delle informazioni elettroniche. Questo viene
testimoniato dalla grande diffusione dei nastri audio, VCR, hard disc di computer, floppy
disc, carte di credito, ecc. Mentre nei computer la memoria primaria è formata da semicon-
duttori, la memoria secondaria è realizzata con dischi magnetici, in quanto sono in grado di
immagazzinare maggiori quantità di informazioni ed a costi più bassi. Di conseguenza, le
industrie televisive e di registrazione fanno molto affidamento sui nastri magnetici per l'im-
magazzinamento e la riproduzione di sequenze audio e video.
In sostanza, i byte dei computer, i suoni o le immagini visive, in forma di segnali elettri-
ci, vengono registrati su aree molto piccole di un mezzo di immagazzinamento magnetico -
un nastro o un disco. Il trasferimento su nastro o su un disco, ed il successivo recupero, viene
realizzato da una testina di scrittura-lettura, formata essenzialmente da un filo avvolto su un
nucleo di materiale magnetico in cui è stata ricavata una fessura. I dati vengono introdotti (o
"scritti") da un segnale elettrico nell'avvolgimento, che genera un campo magnetico attra-
verso la fessura. Questo campo magnetizza mano a mano le aree molto piccole del disco o del
nastro che si presentano davanti alla testina. Una volta rimosso il campo, la magnetizzazione
rimane; per cui il segnale viene immagazzinato. Gli aspetti essenziali di questo processo di
registrazione vengono rappresentati nella Figura 21.18.
Si può utilizzare la stessa testina per il recupero (o "lettura") dell'informazione imma-
gazzinata. Quando il nastro o il disco passano nella fessura del solenoide della testina viene
indotto un potenziale ogni volta che vi è variazione del campo magnetico; questo può essere
696 • Capitolo 21 / Proprietà magnetiche

Mezzo di registrazione })Gl:R.\ 21.18 Rappresentazione


schematica che illustra come le
informazioni vengono immagazzi-
nate e restituite usando un mezzo di
immagazzinamento magnetico.
(Da J. U. Lemke, MRS Bulletin,
Voi. XV, No. 3, p. 31, 1990.
Ristampa su concessione).

Testina di
registrazione

Segnale in ~ SegnaIe i n
ingresso ~uscita
Scrive

amplificato e quindi convertito di nuovo nella sua fonna o carattere originario. Questo pro-
cesso viene rappresentato nella Figura 21.18.
Attualmente si producono testine ibride costituite da una testa di scrittura induttiva ed una
di lettura magnetoresistiva, nella medesima unità. Quando il nastro o il disco passano sulla
testina di lettura magnetoresistiva, la variazione del campo magnetico modifica la resistenza
elettrica dell'elemento magnetoresistivo a film sottile. Le testine magnetoresistive sono
molto attraenti per la migliore sensibilità e per il più veloce trasferimento dei dati.
Vi sono due tipi principali di supporti magnetici - particulati e a film sottile. I supporti
particulati sono formati da particelle aciculari o aghiformi molto piccole, di nonna di ferrite
y-Fep, o di CrO 2 ; queste vengono depositate su un film polimerico (per i nastri magnetici) o
su un disco polimerico o metallico. Durante la fabbricazione, le particelle vengono allineate
con i loro assi maggiori in direzione parallela a quella con cui passano davanti alla testina

FtGCRA 21.19 Micrografia elettronica a


scansione della microstruttura di un disco di
immagazzinamento magnetico. Le particel-
le orientate aghiformi di y-Fe2O1 sono anne-
gate in una resina epossi fenolica. 8000x.
(Per gentile concessione di P. Rayner e N. L.
Head, IBM Corporation.)
21.10 Memoria magnetica • 697

FlGl HA 21. 20 (a) Micro-


grafia elettronica a trasmissio-
ne ad alta risoluzione che fa
vedere la microstruttura di un
film sottile di cobalto-cromo-
platino che viene usato come
supporto di memoria magneti
ca ad alta densità. La freccia
in alto indica la direzione del
movimento del supporto.
500 000 x. (h) Rappre-
sentazione della struttura del
grano per la micrografia elet-
tronica in (a); le frecce in
alcuni grani indicano la tessi-
tura. o la direzione di facile
magnetizzazione. (Da M. R.
Kim, S. Guruswamy, and K.
(a) E. Johnson, J. Appl. Phys.,
Voi. 74, No.7, p. 4646, 1993.
Ristampa su concessione.)

(b)

(vedi Figure 21.18 e Figura 21.19). Ciascuna particella costituisce un singolo dominio e può
essere magnetizzata solo con il suo momento magnetico allineato lungo questo asse. Sono
possibili due stati magnetici, che corrispondono alla magnetizzazione di saturazione in dire-
zione assiale ed in quella opposta. Questi due stati rendono possibile l'immagazzinamento
delle informazioni in forma digitale, come l e O. Ogni l viene rappresentato, in ciascun siste-
ma, dalla inversione della direzione del campo magnetico che si verifica non appena le parti-
celle di forma aciculare di ciascuna di tali regioni passano davanti la testina. Lo zero viene
invece rappresentato dalle regioni che non hanno subito inversioni.
La tecnologia di immagazzinamento a film sottile è relativamente nuova e fornisce più
elevate capacità di memorizzazione a costi più bassi. Viene impiegata principalmente su
drive di dischi rigidi e consiste in una struttura multistrato. li componente di immagazzina-
mento magnetico efficace è formato da uno strato di film sottile magnetico (vedi Figura
21.20). Il film è di norma una lega CoPtCr o CoCrTa, con uno spessore compreso fra I O e 50
nm (100 e 500 À). Il film sottile viene supportato al di sopra ed al di sotto da un substrato di
cromo puro o di una lega di cromo. Il film sottile di per sé è policristallino, con una dimen-
698 • Capitolo 21 / Proprietà magnetiche

sione media del grano tipicamente compresa fra 10 e 30 nm (100 e 300 À). I grani, ciascuno
dei quali all'interno del film sottile costituisce un singolo dominio magnetico, devono avere
dimensioni e configurazioni il più possibile uniformi. Per i dischi di memoria magnetica che
impiegano tali film sottili, la direzione cristallografica di facile magnetizzazione per ogni
grano è quella corrispondente alla direzione di movimento del disco (o quella opposta) (vedi
Figura 2 I .20). Il meccanismo di immagan:inamento magnetico all'interno di ciascuno di
questi grani a singolo dominio magnetico è lo stesso di quello visto per le particelle aghifor-
mi, come descritto in precedenza: i due stati magnetici corrispondono alla magnetizzazione
del dominio in una direzione o in quella opposta.
La densità di immagazzinamento dei film sottili è superiore di quella dei particolati per-
ché per i film sottili è maggiore l'efficienza di impacchettamento dei domini rispetto a quel-
la delle particelle aciculari, che sono sempre separate da spazi vuoti. Attualmente, le densità
di immagazzinamento spaziale per i particolati sono dell'ordine di 1.5 x 105 bit/mm 2; per i-
film sottili, le densità di immagazzinamento sono all'incirca di un ordine di grandezza mag-
giori (3 x 106 bit/mm 2).
Riguardo alle proprietà magnetiche specifiche, i circuiti di isteresi per questi mezzi di
immagazzinamento magnetico potrebbero essere relativamente grandi e quadrati. Queste
caratteristiche assicurano che l'immagazzinamento sia permanente e che, inoltre, l'inversio-
ne della magnetizzazione si produca con variazioni piuttosto piccole dello sforzo del campo
applicato. Per mezzi di registrazione particolari, la densità del flusso di saturazione normal-
mente oscilla fra 0.4 e 0.6 tesla (4000 e 6000 gauss); per i film sottili, B, si trova fra 0.6 e l.2
tesla (6000 e 12000 gauss). I valori di coercività sono tipicamente nell'intervallo compreso
fra I .5 x 105 e 2.5 x 105 A/m (2000 e 3000 Oe).

21.11 S11PEH.CONDUTTJVITÀ

La superconduttività è sostanzialmente un fenomeno elettrico; viene trattata in questo capi-


tolo perché nello stato di superconduttività vengono coinvolti aspetti che riguardano il
magnetismo e, inoltre, i materiali superconduttori vengono utilizzati soprattutto nei magneti
in grado di generare campi elevati.
Per la maggior parte dei metalli di elevata purezza, la resistività elettrica diminuisce gra-
dualmente mano a mano che vengono raffreddati a temperature prossime a O K, avvicinan-
dosi ad un valore piccolo ma ancora apprezzabile, caratteristico per ogni metallo. Per alcuni
materiali tuttavia, la resistività, a temperature molto basse, crolla bruscamente da un certo
valore a praticamente zero e rimane tale per ulteriore raffreddamento. I materiali che presen-
tano qut:slu 1.:umportamento vengono chiamati superconduttori e la temperatura a cui mani-
festano superconduttività viene detta temperatura critica Tc-4 Il comportamento resistività-
temperatura per i materiali superconduttori e non viene rappresentato nella Figura 21.21. La
temperatura critica varia da superconduttore a superconduttore, ma oscilla fra l K e circa 20
K per i metalli e leghe metalliche. Recentemente, per alcuni ossidi ceramici complessi sono
state rilevate temperature critiche di oltre 100 K.
A temperature inferiori alla Te, lo stato di superconduttività cessa se ~i applica un campo
magnetico sufficientemente grande, denominato campo critico Hc che dipende dalla tempe-
ratura e diminuisce al crescere di quest'ultima. Si può dire la ste~sa cosa per la densità di cor-

4 Il simbolo T,.viene usato per rappresentare la temperatura di Curie (Sezione 21.6) e la temperatura cri-
tica di superconduttività nella letteratura scientifica. Queste sono entità completamente differenti e non
devono essere confuse. In questa discussione sono indicate con T, e T0 rispettivamente.
2 I. Il Superconduttività 699

FIGL R\ 21.21 Influenza della


temperatura sulla resi~tività
elettrica per materiali condutto-
ri normali e per superconduttori
in vicinanza di OK.
Supercond uttorc

Temperatura {K)

rente; esiste cioè una densità di corrente applicata critica J e al di sotto della quale un mate-
riale diventa superconduttivo. La Figura 21.22 rappresenta in modo schematico la delimita-
zione dello spazio densità di corrente-campo magnetico-temperatura che separa gli stati nor-
mali da quelli di superconduttività. L'estensione di questo spazio dipende naturalmente dal
materiale. Per valori di densità di corrente, di campo magnetico e di temperatura compresi
all'interno di questo volume, il materiale è superconduttivo; al di fuori di questo si ha la nor-
male conduzione.
li fenomeno della superconduttività è stato spiegato in modo soddisfacente con una teo-
ria abbastanza complessa. In sostanza, lo stato di superconduttività è dovuto alla interazione
attrattiva fra coppie di elettroni conduttori; se il movimento di questi elettroni appaiati diven-
ta coordinato, la dispersione dovuta a vibrazioni termiche e ad atomi di impurezze si riduce
enormemente. La resistività, in tal caso, essendo proporzionale all'incidenza della dispersio-
ne elettronica, diventa nulla.
Sulla base della risposta magnetica, i materiali '>llperconrluttoripossono essere suddivisi
in due classi, designate come tipo I e tipo Il. I materiali di tipo I, nello stato di supercondu-
zione, sono completamente diamagnetici; il materiale, cioè, viene del tutto escluso dall 'in-
fluenza di un campo magnetico applicato; tale fenomeno, conosciuto come effetto Meissner,

Densità di corrente J Fru 1u 2 1.22 Delimitazione


della superconduttività dalla
normale conduzione in funzio-
ne della temperatura critica,
della densità di corrente e del
campo magnetico (schema).

Temperatura T Campo magnetico H


700 • Capitolo 21 / Proprietà magnetiche

FIGI%\ 21.23 Rappre-


sentazione dell'effetto
Meissner. (a) Nello stato di
superconduzione un mate-
riale (cerchio) non viene
attraversato da un campo
magnetico (frecce). (b) Non
appena diventa normale
conduttore lo stesso mate-
riale viene penetrato dal
campo magnetico.
(a) (b)

viene illustrato nella Figura 21.23. Al crescere di H, il materiale rimane diamagnetico fino a
che non viene raggiunto il campo magnetico critico Hc A questo punto, la conduzione divie-
ne normale e si verifica la completa penetrazione del flusso magnetico. Diversi elementi
metallici, compresi alluminio, piombo, stagno e mercurio, appartengono a questo gruppo di
tipo l.
I superconduttori di tipo Il sono completamente diamagnetici a campi applicati bassi e
l'esclusione del campo è totale. Tuttavia, la transizione dallo stato superconduttivo allo stato
normale è graduale e si verifica tra i campi critici inferiori e quelli superiori, designati, rispet-
tivamente, Hc 1 e Hc 2• Le linee di flusso magnetico cominciano a penetrare all'interno del
materiale ad Hc 1 e, all'aumentare del campo magnetico applicato, la penetrazione continua;
ad He2, la penetrazione del campo è completa. Fra i campi HCI e Hw il materiale si trova in
quello che è definito stato misto - sono presenti regioni a conduttività normale e supercon-
duttive.
I superconduttori di tipo Il sono preferiti a quelli di tipo I per le maggiori applicazioni pra-
tiche in virtù delle loro più elevate temperature critiche e campi magnetici critici. Al momen-
to i tre superconduttori più comunemente utilizzati sono le leghe niobio-zirconio (Nb-Zr) e
niobio titanio (Nb-Ti) ed il composto intermetallico niobio-stagno (Nb 1 Sn). Nella Tabella
21.7 vengono elencati alcuni superconduttori di tipo I e di tipo II, con le loro temperature cri-
tiche e densità di flusso magnetico critico.
Recentemente è stata trovata una famiglia di materiali ceramici che normalmente sono
elettricamente isolanti ma che diventano superconduttori a temperature critiche sorprenden-
temente elevate. Le prime ricerche sono state focalizzate sul!' ossido di rame bario e ittrio,
YB~Cup 7 , che ha una temperatura critica di circa 92 K. Questo materiale ha una comples-
sa struttura cristallina tipo perovskite (Sezione 13.2); la sua microstruttura è rappresentata
nella tavola a colori G. Nuovi materiali ceramici superconduttori mostrano di avere tempera-
ture critiche ancora più elevate di quelle che sono state e si stanno attualmente sviluppando.
Alcuni di questi, con le loro temperature critiche, sono elencati nella Tabella 21.7. Il poten-
ziale tecnologico di questi materiali è estremamente promettente dal momento che hanno
temperature critiche superiori a 77 K, ciò che consente l'uso di azoto liquido, un refrigerante
molto poco costoso in confronto all'idrogeno liquido ed all'elio liquido. Questi nuovi cera-
mici superconduttori non sono senza inconvenienti, il principale dei quali è la loro natura fra-
gile. Questa caratteristica limita la possibilità di poterli fabbricare in normali forme d'uso,
come fili.
Il fenomeno della superconduttività ha diverse ricadute pratiche importanti. Magneti
superconduttori capaci di generare alti campi con basso consumo di energia stanno per esse-
re impiegati in prove scientifiche ed apparecchiature di ricerca. Inoltre, essi sono anche usati
come strumento diagnostico in campo medico per visualizzare la risonanza magnetica. Le
Sommario • 701

Tabella 21. 7 Temperature critiche e flussi magnetici per materiali superconduttori


selezionati

Materiale Temperatura critica Densità del.flusso magnetico


Tc(K) critica Be (tesla)°

Elementi~
Tungsteno 0.02 0.0001
Titanio 0.40 0.0056
Alluminio 1.18 0.0105
S1agno 3.72 0.0305
Mercurio (a) 4.15 0.0411
Piombo 7.19 0.0803

Composti e leghe•
Lega Nb-Ti 10.2 12
LegaNb-Zr 10.8 Il
PbM0 0S 8 14.0 45
V,Ga 16.5 22
Nb,Sn 18.3 22
Nb,AI 18.9 32
Nb 3Ge 23.0 30

Composti ceramici
YBa,Cu,0 7 92
Bi,Sr 2Ca 2Cu 30 10 110
Tl,Ba,Ca,Cu,0 10 125
HgBa 2Ca 2Cu,O, 153

" La densità di flusso magnetico critica (µJlclper gli elemenri è stata misurata a O K. Per le leghe ed i com-
posti, il flusso è preso come JlJie2 (in tesla), misurati a OK.
' Fonte: Con permesso da Materials at Low Temperatures, R. P. Reed and A. F. Clark, Editors, American
Society for Metals, Metals Park, OH, 1983.

anormalità nei tessuti e negli organi del corpo possono essere rilevati sulla base di immagini
di sezioni trasversali. È anche possibile effettuare l'analisi chimica dei tessuti corporei con la
spettroscopia a risonanza magnetica (MRS). Esistono numerose altre potenziali applicazioni
dei materiali superconduttori. Alcune di queste aree comprendono (I) la trasmissione della
corrente elettrica attraverso materiali superconduttori - le perdite di energia sarebbero estre-
mamente basse e le apparecchiature potrebbero funzionare a bassi livelli di potenziale; (2) i
magneti per acceleratori di particelle di alta energia; (3) la commutazione e trasmissione dei
segnali ad elevata velocità per i computer e (4) i treni ad alta velocità magneticamente sospe-
si, in cui la levitazione si ottiene da repulsione del campo magnetico. Il principale deterrente
per la diffusione della applicazioni di questi materiali superconduttori è, certamente, la diffi-
coltà di ottenere e mantenere temperature estremamente basse. Si spera di superare questo
problema con lo sviluppo di nuove generazioni dì superconduttori con temperature critiche
ragionevolmente elevate.

SOMMARIO
Le proprietà magnetiche macroscopiche di un materiale derivano dall'interazione fra un
campo magnetico esterno ed i momenti dei dipoli magnetici degli atomi costituenti. Ad ogni
elettrone sono associati i momenti magnetici orbitali e di spin. Il momento magnetico risul-
tante per un atomo è dato dalla somma dei contributi di ciascun elettrone, tenendo presente
che i momenti orbitali e di spin delle coppie di elettroni si annullano.
702 • Capitolo 21 / Proprietà magnetiche

Il diamagnetismo è dovuto alle variazioni di moto degli orbitali elettronici, indotte da un


campo esterno. L'effetto è estremamente piccolo e si oppone al campo applicato. Tutti i mate-
riali sono diamagnetici. I materiali paramagnetici sono quelli che hanno dipoli atomici per-
manenti, singolarmente attivi e che sono allineati nella direzione di un campo esterno. Poiché
le magnetizzazioni sono relativamente piccole e persistono solo in presenza di un campo
applicato, i materiali diamagnetici e paramagnetici vengono considerati non magnetici.
Nei metalli ferromagnetici (Fe, Co, Ni) si possono stabilire magnetizzazioni intense e
permanenti. I momenti dei dipoli magnetici degli atomi sono originati dagli spin e si som-
mano e si allineano con i momenti magnetici degli atomi adiacenti.
In alcuni materiali ionici si trovano accoppiamenti dei momenti di spin dei cationi adia-
centi antiparalleli. Quelli in cui i momenti di spin si annullano completamente sono denomi-
nati antiferromagnetici. Il ferrimagnetismo consente la magnetizzazione permanente, poiché
l'annullamento dei momenti di spin è incompleto. Nelle ferriti cubiche, la magnetizzazione
utile proviene dagli ioni bivalenti (p.es. Fe 2+), distribuiti nei siti di un reticolo ottaedrico, con
i momenti di spin reciprocamente allineati.
Al crescere della temperatura, l'aumento di vibrazioni termiche tende a contrastare le
forze di accoppiamento dei dipoli nei materiali ferromagnetici e ferrimagnetici. Di conse-
guenza, la magnetizzazione di saturazione diminuisce gradualmente con la temperatura, fino
alla temperatura di Curie, in corrispondenza della quale crolla a zero; al di sopra della T, que-
sti materiali sono paramagnetici.
Al di sotto della temperatura di Curie, i materiali ferromagnetici e ferrimagnetici sono
composti da domini - regioni di piccolo volume entro le quali tutti i momenti dipolari utili
sono reciprocamente allineati e la magnetizzazione diviene satura. La magnetizzazione tota-
le del solido è pertanto la somma vettoriale opportunamente pesata di tutti questi domini.
Non appena viene applicato un campo magnetico esterno, i domini che hanno vettori di
magnetizzazione orientati nella stessa direzione del campo si accrescono a spese dei domini
che hanno orientazioni di magnetizzazione sfavorevoli. A saturazione totale, l'intero solido
costituisce un unico dominio e la magnetizzazione risulta allineata con la direzione del
campo. La variazione della struttura del dominio col crescere o con l'inversione di un campo
magnetico si ottiene con il movimento dei bordi dei domini. Sia l'isteresi (il ritardo del
campo B che insegue il campo applicato H) che la magnetizzazione permanente (o rimanen-
za) sono dovute alla resistenza al movimento di queste pareti dei domini.
Nei materiali magnetici teneri, le pareti dei domini si muovono agevolmente nel corso
della magnetizzazione e della smagnetizzazione. Di conseguenza i circuiti di isteresi sono
stretti, con basse perdite di energia. Nei materiale magnetici duri le pareti dei domini si muo-
vono con molta difficoltà e danno origine ad ampi circuiti di isteresi; poiché vengono richie-
sti campi maggiori per smagnetizzare questi materiali, la magnetizzazione è più permanente.
L'immagazzinamento delle informazioni viene ottenuto con l'impiego di materiali
magnetici in forma o di particelle aciculari o di film sottili.
Un certo numero di materiali presenta superconduttività per raffreddamento ed in vici-
nanza della temperatura dello zero assoluto, a cui la resistività elettrica diviene nulla. Lo stato
di superconduttività cessa se la temperatura, il campo magnetico o la densità di corrente
superano un valore critico. I superconduttori di tipo I, al di sotto del campo critico Hc, non
vengono attraversati dal campo magnetico, mentre al di sopra di questo valore la penetrazio-
ne del campo è completa. Nei materiali di tipo II questa penetrazione, al di sopra di Hc ,
aumenta gradualmente al crescere del campo magnetico. Sono in via di sviluppo nuovi ossi-
di ceramici complessi che hanno temperature critiche relativamente alte, che consentono
l'uso del poco costoso azoto liquido come refrigerate.
Domande e problemi • 703

TERMI~I E CONCETTI IMPORTANTI

Antiferromagnetismo Induzione magnetica Paramagnetismo


Coercività Intensità del campo magnetico Permeabilità
Densità del flusso magnetico Isteresi Rimanenza
Diamagnetismo Magnetizzazione Superconduttività
Dominio Magnetizzazione di saturazione Suscettività magnetica
Ferri magnetismo Magnetone dì Bohr Temperatura dì Curie
Ferrite (ceramico) Materiale magnetico duro
Ferromagnetismo Materiale magnetico tenero

B I B L I O C H A J<'I A

Azaroff, L. V. and J. J. Brophy, Electronic Process in Scientific American, Vol. 217, No. 3, September
Materials, McGraw-Hill Book Company, New 1967, pp. 222-234.
York, 1963, Chapter 13. Riprodotto da TechBooks, Rose, R.M., L.A., Shepard, and J. Wulff, The Structure
Marietta, OH. and Properties of Materials, Voi. IV, Electronic
Brockman, F.G., "Magnetic Ceramics - A Review and Properties, John Wiley & Sons, New York, 1966,
Status Report," American Ceramìc Society Chapters 9-11.
Bulletin, Vol. 47, No.2, February 1968, pp. 186- Teeble, R.S. and D. J. Craik, Magnetic Materials, Wiley-
194. Interscience, New York, 1969. Riprodotto da
Cullity, B.D., lntroduction to Magnetic Materials, Books on Demand, Ann Arbor, MI.
Addison-Wesley Publishìng Co., Reading, MA, Wert, C.A. and R. M. Thomson, Physics of Solids, 2nd
1972. edìtion, McGraw-Hill Bok Company, New York,
Keffer, F., "The Magnetic Propertìes of Materials," 1970, Chapters 20-22.

DOMANDE E PROBLEMI

21.1 Un solenoide lungo 0.20 m e con 200 spire porta per produrre nel Mo lo stesso campo B prodotto
una corrente di IOA. nella lega ferro-silicio (parte b) con 1 A?
(a) Qual è il valore dell'intensità del campo 21.3 Dimostrare che la permeabilità relativa e la
magnetico H? suscettività magnetica sono correlate in base
(b) Calcolare la densità del flusso B se il solenoi- all'Equazione 21.7.
de si trova nel vuoto. 21.4 È possibile esprimere la suscettività magnetica x,,,
(e) Calcolare la densità del flusso in una barra dì in varie unità differenti. In questo capitolo, Xm è
titanio posta all'interno del solenoide. La suscetti- stata usata per designare la suscettività di volume
vità del titanio si trova in Tabella 21.2. in unità SI, cioè la quantità che dà la magnetizza-
(d) Calcolare il valore della magnetizzazione M. zione per unità di volume (m 3) del materiale quan-
21.2 Un solenoide lungo 0.1 me con 15 spire porta una do viene moltiplicata per H. La suscettività di
corrente di 1.0 A. massa Xm(kg)rappresenta il momento magnetico
(a) Calcolare la densità del flusso se il solenoide (o magnetizzazione) per chilogrammo di materia-
è nel vuoto. le quando viene moltiplicato per H e, in modo
(b) Una barra di una lega ferro-silicio, il cui com- simile, la suscettività atomica Xm(a)dà la magne-
portamento B-H è rappresentato in Figura 21.24, tizzazione per chilogrammo-mole. Queste ultime
viene introdotta nel solenoide. Qual è la densità dì due quantità sono in relazione con Xmattraverso le
flusso nella barra? relazioni
(e) Supponendo di immettere nel solenoide una
barra di molibdeno, quale corrente si deve usare Xm= Xm(kg)x densità di massa (in kg/m 3)
704 • Capitolo 21 / Proprietà magnetiche

Intensità del campo magnetico, H (oersted) FIGURA21.24 Magnetizzazione


0.5 1.0
iniziale B in funzione di H per una
1.5 2.0
lega ferro-silicio.
1.6
15,000
1.4
-;;:;
~
~
1.2 ::,

CO
""
~

ò 1.0 10,000 CO
"'
V, ò
::,
"'
"'
"" 0.8 ::,
'o ""
'e
~~
0.6 ~~
É
o"' 5,000 .,
É
0.4 o
0.2

o o
o 20 40 60 80 100 120 140 160
Intensità del campo magnetico, H (Nm)

Xm(a)=Xm(kg)x peso atomico (in kg) di 1.72 magnetoni di Bohr ed una densità di 8.90
Mg/m 3 •
Quando si usa il sistema cgs-emu, esistono para- 21.9 Confermare che vi sono 2.2 magnetoni di Bohr
metri confrontabili che possono essere designati associati con ciascun atomo di ferro, noto che la
con X'm, x'm(g) e x'm(a); Xme x'"' sono correlati magnetizzazione di saturazione è 1.70 x 106 A/m,
secondo la Tabella 21.1. Dalla Tabella 21.2, Xmper che il ferro ha una struttura cristallina ccc e che il
l'argento è -2.38 x 10-5; converti questo valore lato della cella unitaria è pari a 0.2866 nm.
nelle altre cinque suscettività. 21.10 Cn ipotetico metallo di comportamento ferroma-
21.5 (a) Spiegare le due sorgenti dei momenti magneti- gnetico ha ( 1) una struttura cristallina cubica sem-
ci degli elettroni. plice (Figura 3.22), (2) un raggio atomico di 0.153
(b) Tutti gli elettroni hanno un momento magneti- nm e (3) una densità di flusso di saturazione di
co risultante? Perché o perché no? 0.76 tesla. Determinare il numero di magnetoni di
e) Tutti gli atomi hanno un momento magnetico Bohr per atomo.
risultante? Perché o perché no? 21.11 Nei materiali ferromagnetici ad ogni atomo è
21.6 La densità di flusso magnetico in una barretta di associato un campo magnetico utile. Spiegare per-
un certo materiale è 0.435 tesla con un campo H ché i materiali ferromagnetici possono venire
di 3.44 x 105 A/m. Calcolare: (a) la permeabilità magnetizzati in modo permanente ed i parama-
magnetica e (b) la suscettività magnetica. (e) gnetici no.
Quale/i tipo/i di magnetismo potrebbe presentare 21.12 Indicare le principali somiglianze e differenze fra
questo materiale? Perché? i materiali ferromagnetici e ferrimagnetici.
21.7 La magnetizzazione in una barretta di lega metal- 21.13 Qual è la differenza fra la struttura cristallina
lica è 3.2 x !0 5 A/m con un campo di 50 A/m. dello spinello e dello spinello inverso?
Calcolare: (a) la suscettività magnetica, (b) la per- 21.14 Trovare un altro caso in cui viene utilizzata la
meabilità e (e) la densità di flusso magnetico regola di Hund ed in base a questo interpretare i
entro questo materiale. (d) Quale/i tipo/i di valori dei momenti magnetici dei cationi elencati
magnetismo potrebbe presentare questo materia- nella Tabella 21.4.
le? Perché? 21.15 Stimare (a) la magnetizzazione di saturazione e
21.8 Calcolare: (a) la magnetizzazione di saturazione e (b) la densità del flusso di saturazione della ferri-
(b) la densità di flusso di saturazione per il cobal- te di nichel [(NiFep 4) 8], che ha lo spigolo della
to, che ha un momento magnetico utile per atomo cella unitaria pari a 0,8337 nm.
Domande e problemi • 705

21.16 La formula chimica della ferrite di manganese 21.21 Schematizzare su una singola curva il comporta-
può essere scritta come (MnFe 2O 4 ) 8 poiché vi mento di B rispetto ad H di un materiale ferroma-
sono 8 unità di formule per cella unitaria. Se que- gnetico (a) a OK, (b) a temperatura appena al di
sto materiale ha una magnetizzazione di satura- sotto della temperatura di Curie e (e) ad una tem-
zione di 5.6 x 10 5 A/m e una densità di 5.00 peratura appena al di sopra della temperatura di
Mg/m 1, stimare il numero di magnetoni di Bohr Curie. Spiegare brevemente perché queste curve
associati con ogni ione Mn 2+. hanno differente configurazione.
21.17 La formula del granato di ferro e ittrio (Y 3Fe 5O 12) 21.22 Schematizzare il comportamento di isteresi per un
può essere scritta nella forma Y;Fe;FefO 12, dove ferromagnete che viene gradualmente smagnetiz-
le lettere a, e e d rappresentano i siti ove si zato mediante ciclaggio in un campo H, di dire-
dispongono gli ioni y 3+ e Fe 3+. I momenti magne- zione alternata e di ampiezza decrescente.
tici di spin degli ioni y 3+ e Fe3+, posizionati nei siti 21.23 Indicare le differenze tra materiali magnetici duri
a e e, sono orientati in modo parallelo fra loro e e teneri in base al comportamento di isteresi ed in
antiparallelo agli ioni Fe 3+ dei siti d. Calcolare il base a tipiche applicazioni.
numero dei magnetoni di Bohr associati con cia- 21.24 Assumere che il ferro commerciale (99.95% in
scuno ione Y 3+,date le seguenti informazioni: (1) peso di Fe) nella Tabella 21.5 raggiunga appena il
ogni cella unitaria è formata da otto unità di for- punto di saturazione quando inserito entro il sole-
mula (Y 3Fe 5O 12); (2) la cella unitaria è cubica con noide del Problema 21.1. Calcolare la magnetiz-
lo spigolo pari a 1.2376 nm; (3) la magnetizzazio- zazione di saturazione.
ne di saturazione per questo materiale è 1.0 x 104 21.25 La Figura 21.25 mostra la curva B in funzione di
A/m e (4) assumere che vi siano 5 magnetoni di H per un acciaio.
Bohr associati ogni ione Fe 1+. (a) Qual è la densità del flusso di saturazione?
21.18 Spiegare perché, facendo cadere ripetmamente (b) Qual è la magnetizzazione di saturazione?
sul pavimento un magnete permanente, lo si sma- (e) Qual è la rimanenza?
gnetizza. (d) Qual è la coercività?
21.19 Spiegare brevemente perché nei materiali ferro- (e) In base ai dati delle Tabelle 21.5 e 21.6, è pos-
magnetici la magnetizzazione di saturazione sibile classificare questo materiale come un mate-
diminuisce all'aumentare della temperatura e per- riale magnetico duro o tenero? Perché?
ché, al di sopra della temperatura di Curie, cessa il 21.26 Un materiale ferromagnetico ha una rimanenza di
comportamento ferromagnetico. 1.25 tesla e una coercività di 0.5 x 105 A/m. Si
21.20 Descrivere brevemente il fenomeno dell'isten:si raggiunge la saturazione con un campo magnetico
magnetica e perché si verifica per i materiali fer- di intensità di 1 x 105 Nm, in cui la densità di flus-
romagnetici e ferrimagnetici. so è 1.50 tesla. Con questi dati tracciare la curva

2 l.25 Ciclo di isteresi magnetica completo


l<ì<:1-RA
per un acciaio.

-200
706 • Capitolo 21 / Proprietà ma,;netiche

di isteresi tra H = -1 x 105 e + 1 x 105 A/m. B in funzione di H per un materiale ferromagneti-


21.27 Per un acciaio per trasformatori si hanno i seguen- co e sovrapporre su questa curva il circuito di alte-
ti dati: razioné che comparirebbe se i movimenti dei
bordi dei domini fossero ostacolati.
B B 21.31 Spiegare brevemente il modo magnetico con cui
H(Alm) (tesla) H (Alm) (tesla) vengono immagazzinate le informazioni.
21.32 Per un materiale semiconduttore ad una tempera-
o 0.00 200 1.04 tura T al di sotto della temperatura critica Te; il
10 0.03 400 1.28 campo critico Hc(T) dipende dalla temperatura
20 0.07 600 1.36 secondo la relazione
50 0.23 800 1.39
100 0.70 1000 1.41
(21.12)
150 0.92

(a) Costruire la curva B in funzione di H. dove Hc(D) è il campo critico a OK.


(b) Qual è il valore della permeabilità iniziale e (a) Usando i dati nena Tabella 21.7, calcolare i
permeabilità iniziale relativa? campi magnetici critici perlo stagno a 1.5 e 2.5 K.
(e) Qual è il valore della permeabilità massima? (b) A quale temperatura deve essere raffreddato il
(d) A quale valore del campo H la permeabilità è piombo per diventare superconduttore in un
massima? campo magnetico di 2 x I(14A/m?
(e) A quale suscettività magnetica corrisponde la 21.33 Usando l'Equazione 21.12 determinare quali
permeabilità massima? degli elementi superconduttori della Tabella 21.7
21.28 Si deve smagnetizzare una barra magnetica di diventano superconduttori a 3 K e in un campo
ferro con una coercività di 4000 A/m. Se la barra magnetico di 1.5 x 104 Nm.
viene inserita in un solenoide cilindrico lungo 21.34 Indicare le differenze tra i superconduttori di tipo
0.15 m con 100 spire, quale corrente elettrica I e di tipo IL
viene richiesta per generare il campo magnetico 21.35 Descrivere brevemente l'effetto Meissner.
necessario? 21.36 Indicare le principali limitazioni che hanno i
21.29 Una barra di una lega ferro-silicio, avente il com- nuovi materiali superconduttori riguardo alle alte
portamento B - H rappresentato in Figura 21.24, temperature critiche.
viene inserita in un solenoide lungo 0.20 m con
60 spire, attraverso cui passa una corrente di 0.1 Problemi di progettazione
A.
(a) Qual è il campo B all'interno di questa barra? 21.D1 Si vuole che una lega cobalto-nichel abbia una
(b) A questo campo magnetico, magnetizzazione di saturazione di 1.3 x 106 A/m.
(i) Qual è la permeabilità? Specificare la composizione in % in peso di
(ii) Qual è la permeabilità relativa? nichel. Il cobalto ha struttura cristallina es.e con
(iii) Qual è la suscettività? un rapporto eia di 1.623, mentre la massima solu-
(iv) Qual è la magnetizzazione? bilità del Ni nel Co a temperatura ambiente è di
21.30 È possibile, con vari mezzi (es. modificazione circa il 35% in peso. Assumere che il volume della
della microstruttura e aggiunta di elementi di cella unitaria per questa lega sia lo stesso di quel-
lega), controllare la facilità con cui i bordi dei lo del Co puro.
domini nei materiali ferromagnetici e ferrimagne- 21.D2 Progettare un materiale magnetico di ferrite-mista
tici si muovono al variare del campo magnetico. cubica che abbia una magnetizzazione di satura-
Disegnare in modo schematico un ciclo di isteresi zione di 4.6 x 105 A/m.
studiare le Proprietà Ottiche dei Materiali?

,a radiazione elet- 22.14 riguardo ai materiali a fibra ottica, si nota che le


essere m grado di prestazioni delle fibre ottiche migliorano se si produce,
me. Questo è pos- nella superficie esterna, della fibra una variazione gra-
1ro proprietà ottì- duale dell'indice di rifrazione ( cioè un indice gra-
,ponsabili dei loro duato). Questo effetto viene ottenuto con l'aggiunta di
.o, nella Sezione intpurezze specifiche in concentrazioni controllate •

707
Obiettivi di apprendimento

Dopo aver studiato questo capitolo, dovresti essere in grado di fare le seguenti cose:

1. Calc-olare l'energia di un fotone noti la sua fre- 5. Descrivere il meccanismo di assorbimento di foto-
quenza e la costante di Plank. ni per (a) isolatori di elevata purezza e semicon-
2. Descrivere brevemente la polarizzazione elettroni- duttori, e (b) isolatori e semiconduttori che con-
ca che risulta dalle interazioni fra radiazione elet- tengono difetti elettricamente attivi.
tromagnetica ed atomi. Citare due conseguenze 6. Per i materiali dielettrici intrinsecamente traspa-
della polarizzazione eldtronica. nmti, indicare tre sorgenti di diffusione interna
3. Spiegare brevemente perché i materiali metallici che possono portare alla opacità e alla traslucidità.
sono opachi alla luce visibile. 7. Descrivere brevemente la configurazione ed il fun-
4. Definire l'indice di rifrazione. zionamento dei laser a rubino ed a semiconduttore.

22.1 INTRODUZIONE

Per "proprietà ottica" si intende la risposta di un materiale ali' esposizione delle radiazioni
elettromagnetiche e, in particolare, alla luce visibile. In questo capitolo vengono trattati dap-
prima i concetti ed i principi basilari sulla natura delle radiazioni elettromagnetiche e sulle
loro possibili interazioni con i materiali solidi. In seguito viene esaminato il comportamento
dei materiali metallici e non metallici riguardo alle loro caratteristiche di assorbimento, di
riflessione e di trasmissione. La sezione finale descrive la luminescenza, la fotoconduttività
e l'amplificazione di luce per emissione stimolata di radiazione (laser: light amplification by
stimulated emission of radiation), l'utilizzazione pratica di questi fenomeni e le fibre ottiche
nelle telecomunicazioni.

CONCETTIBASILARI
22.2 R.ADIAZIOl\l ELETTROMAGNETICHE

In senso classico, una radiazione elettromagnetica è considerata essere simile ad un'onda,


che ha come componenti un campo magnetico ed un campo elettrico perpendicolari fra loro
e con la stessa direzione di propagazione (Figura 22.1). La luce, il calore (o energia radian-
te), il radar, le onde radio ed i raggi x sono tutte forme di radiazioni elettromagnetiche. Ogni
radiazione viene caratterizzata anzitutto da uno specifico intervallo di lunghezza d'onda e dal
modo con cui è stata generata. Lo ,\pettro elettromagnetico delle radiazioni si estende dai
raggi y (emessi da un materiale radioattivo) aventi lunghezze d'onda dell'ordine di 10-12 m
(lQ-3 nm), ai raggi x, ai raggi ultravioletti, al visibile, ai raggi infrarossi, per finire con le
radioonde che hanno lunghezza d'onda superiori a 105 m. Questo spettro viene rappresenta-
to in scala logaritmica nella Figura 22.2.

FIGlRA 22.1
Rappresentazione di
un· onda elettromagnetica
con i componenti, campo
elettrico i e campo
magnetico H, e con la
lunghezza d'onda À.
Posizione

H
708
22.2 Radiazioni elettromagnetiche • 709

Energia (eV) Lunghezza d'onda (m)


Frequenza (Hz)
108 10-14 Lunghezza d'onda dello

TT
1022 spettro visibile

10-12 0.411m
6
Raggi 'I 10 1020
Violetto

Raggi X 1 104
1018
10-I0 1 angstrom (A) Blu

Tl 102 10--8
1 nanometro (nm)
0.511m

rl 1016 Verde
Ultravioletto

Giallo
Visibile 10° 10-6 1 micrometro (µm)
1014
Infrarosso 0.6µ.m Arancio
10-2 10--4

Tl
Microonde 10-4
1012

10-2
1 millimetro (mm)

1010 Rosso

0.7 µ.m
10-6 100 1 metro

J:d;o
TV 10-8
10 8

102

l 10-IO -
10 6

104
104
1 chilometro (km)

FtGCRA 22.2
Spettro delle radiazioni elettromagnetiche. Vengono anche specificati gli intervalli di lunghezza
d'onda corrispondenti ai vari colori nello spettro visibile.

La luce visibile è situata ali 'interno di una regione molto stretta dello spettro, con lun-
ghezze d'onda comprese fra circa 0.4 µ.m (4 x 10 7 m) e 0.7 µ.m.11colore percepito viene dato
dalla lunghezza d'onda; per esempio, una radiazione con una lunghezza d'onda di 0.4 µ.m
appare violetta, mentre il verde ed il rosso compaiono a circa 0.5 e 0.65 µm, rispettivamen-
te. L'intervallo spettrale dei diversi colori viene mostrato nella Figura 22.2. La luce bianca è
semplicemente una miscela di tutti i colori. La discussione che segue verte principalmente
sulle radiazioni visibili, per definizione le sole radiazioni a cui l'occhio è sensibile.
Tutte le radiazioni elettromagnetiche viaggiano nel vuoto con la stessa velocità, quella
della luce, e precisamente 3 x 108 m/s. Questa velocità, e, è in relazione con la permettività
elettrica (o costante dielettrica) del vuoto e0 e con la permeabilità magnetica del vuoto µ,0

(22. l)

Esiste quindi una relazione tra la costante elettromagnetica e e queste costanti elettriche e
magnetiche.
Inoltre, la frequenza ve la lunghezza d'onda À delle radiazioni elettromagnetiche sono
funzioni della velocità secondo la relazione

(22.2)
71 O • Capitolo 22 / Proprietà ottiche

La frequenza viene espressa in hertz (Hz), I Hz = 1 ciclo al secondo. Nello spettro della
Figura 22.2 sono anche indicate le frequenze delle varie forme di onde elettromagnetiche.
Talvolta è più conveniente considerare le radiazioni elettromagnetiche secondo la mecca-
nica quantistica, in cui la radiazione, invece di essere formata da un'onda, è composta da
gruppi o pacchetti di energia, chiamati fotoni. L'energia E di un fotone è detta quantizzata,
ovvero può solo avere valori ben precisi, definiti dalla relazione

(22.3)

dove h è una costante universale chiamata costante di Planck, che ha il valore di


6.63 x 10-34 J-s. Pertanto l'energia dei fotoni è proporzionale alla frequenza della radiazione,·
o inversamente proporzionale alla lunghezza d'onda. Nella Figura 22.2 vengono anche indi-
cate, nello spettro elettromagnetico, le energie fotoniche.
Quando si descrivono fenomeni ottici che riguardano l'interazione tra le radiazioni ed i
materiali, la spiegazione viene spesso facilitata se la luce viene trattata in termini di fotoni. In
altre occasioni, una trattazione ondulatoria può essere più appropriata; in questa discussione
vengono comunque considerati entrambi gli approcci.

22.3 INTERAZIONEDELLA LUCE CON I SOLIDI

Quando la luce passa da un mezzo all'altro (per es. dall'aria ad un solido) succedono diverse
cose. Parte della radiazione luminosa può venire trasmessa attraverso il solido, parte può
venire assorbita e parte riflessa all'interfaccia tra i due mezzi. L'intensità del raggio inciden-
te / 0 alla superficie del solido deve essere uguale alla somma delle intensità dei raggi tra-
smessi, assorbiti e riflessi, indicati con/ P /A e/ R•rispettivamente

(22.4)

L'intensità della radiazione, espressa in watt per metro quadro, corrisponde all'energia che
viene trasmessa nell'unità di tempo attraverso una superficie unitaria normale alla direzione
di propagazione.
L'equazione 22.4 può anche essere scritta nella forma

(22.5)

dove T, A ed R rappresentano, rispettivamente, la trasmissività (/rf/ 0), l'assorbività (/A/l0) e la


riflettività (/i/ 0), ovvero le frazioni della luce incidente che vengono trasmesse, assorbite e
riflesse da parte di un materiale; la loro somma deve essere uguale ad uno, in quanto la luce
incidente può essere solo trasmessa, assorbita o riflessa.
I materiali in grado di trasmettere la luce con assorbimento e riflessione relativamente
piccoli sono trasparenti - si può vedere attraverso. I materiali traslucidi sono quelli attra-
verso i quali la luce viene trasmessa in modo diffuso; cioè la luce viene diffusa all'interno, in
modo tale che gli oggetti non sono chiaramente distinguibili quando vengono osservati attra-
verso questo materiale. Quei materiali che sono impenetrabili alla luce visibile sono denomi-
nati opachi.
I metalli sono opachi ali 'intero spettro visibile; tutte le radiazioni vengono quindi assor-
22.4 Interazioni con gli atomi e con gli elettroni • 711

bite o riflesse. I materiali elettricamente isolanti possono essere invece trasparenti. Infine,
alcuni materiali semiconduttori sono trasparenti, altri opachi.

22.4 (l\TERAZIONI CON GU ATOMI E CON GLI ELETTRO~!

I fenomeni ottici che si verificano nei materiali solidi sono dovuti all'interazione fra la radia-
zione elettromagnetìca e gli atomi, gli ioni, e/o gli elettroni. Due delle più importanti di que-
ste interazioni sono la polarizzazione elettronica e la transizione di energia degli elettroni.

POLARIZZAZIOl\E ELETTRONICA
Un componente di un'onda elettromagnetica è semplicemente un campo elettrico rapida-
mente fluttuante (Figura 22.1). Alle frequenze del visibile, questo campo elettrico interagi-
sce, nel suo percorso, con la nube elettronica che avvolge ciascun atomo, in modo tale da
indurre una polarizzazione elettrica, ovvero da modificare la nube elettronica relativa al
nucleo dell'atomo cambiando la direzione del campo elettrico, come mostrato nella Figura
19.30a. Le conseguenze di questa polarizzazione sono: (1) parte dell'energia della radiazio-
ne può venire assorbita e (2) le onde luminose nel passare attraverso il mezzo rallentano la
velocità. La seconda conseguenza si manifesta come rifrazione, un fenomeno che verrà
discusso nella Sezione 22.5.

TRANSIZIONE DEGLI ELETTROl\l


L'assorbimento e l'emissione di una radiazione elettromagnetica può provocare la transizio-
ne degli elettroni da uno stato energetico ad un altro. Per facilitare la discussione, conside-
riamo un singolo atomo, il cui diagramma di energia dell'elettrone è rappresentato nella
Figura 22.3. Un elettrone può essere eccitato da uno stato di energia E 2, in cui si trova, ad uno
libero, di energia E4 più alta, mediante assorbimento di un fotone di energia. La variazione di
energia subita dall'elettrone, M, dipende dalla frequenza della radiazione:

AE=hv
(22.6)

dove h è sempre la costante di Planck. A questo punto è importante conoscere alcuni concet-
ti. Anzitutto, dal momento che gli stati di energia negli atomi sono discreti, tra i livelli di ener-
gia esistono ben determinati valori di t..E; pertanto gli atomi possono assorbire, mediante
transizione degli elettroni, solo fotoni di frequenze corrispondenti ai t..Epossibili. Inoltre, per
ogni evento di eccitazione viene assorbita tutta l'energia dei fotoni.
Un secondo importante concetto è che un elettrone, una volta stimolato, non può rimane-
re in tale stato eccitato indefinitamente; dopo un tempo breve, ricade o decade nuovamente

FIGURA 22.3 Illustrazione schematica del-


l'assorbimento di un fotone per eccitazione di
un elettrone da uno stato energetico ad un altro,
in un singolo atomo. L'energia del fotone (h v42)
Eccitazione deve essere esattamente eguale aJla differenza
dell'elettrone di energia tra i due stati (E4 - E2).
}
l'>E=E4-E2
=hv42
E2-

Fotone /
incidente di E1-o---
frequenza V41
712 • Capitolo 22 / Proprietà ottiche

nel suo stato fondamentale, o livello non eccitato, restituendo parte della radiazione elettro-
magnetica. Sono possibili diversi modi di decadimento, che saranno discussi più avanti. In
ogni caso, vi deve essere conservazione di energia per l'assorbimento e per la transizione
elettronica dell'emissione.
Come si vedrà nella discussione che segue, le caratteristiche ottiche dei materiali solidi
che riguardano l'assorbimento e l'emissione di radiazioni elettromagnetiche vengono spie-
gate in base alla struttura delle bande elettroniche dei materiali (strutture a bande possibili
sono discusse nella Sezione 19.5) ed ai principi che regolano la transizione degli elettroni,
come delineato nei due paragrafi precedenti.

'
PROPRIETAOTTICHEDEI METALLI
Si considerino gli schemi delle bande di energia degli elettroni nei metalli, come illustrato
nelle Figure 19.4a e 19.4b; in entrambi i casi una banda di alta energia è riempita solo par-
zialmente di elettroni. I metalli sono opachi perché la radiazione incidente, con frequenze
comprese nel visibile, eccita gli elettroni nei livelli energetici non riempiti, al di sopra dell'e-
nergia di Fermi, come mostrato nella Figura 22.4a; ne consegue che la radiazione incidente
viene assorbita, in accordo con l'Equazione 22.6. L'assorbimento totale avviene entro uno
spessore superficiale molto sottile, in genere minore di O.I µm; pertanto solo film di metallo
più sottili di 0.1 µ,m sono in grado di trasmettere la luce visibile.
Dai metalli vengono assorbite tutte le frequenze della luce visibile in quanto vi è sempre
la disponibilità di livelli elettronici vuoti, che permettono le transizioni di elettroni come in
Figura 22.4a. Infatti, i metalli sono opachi a tutte le radiazioni elettromagnetiche a partire
dall'estremità delle basse frequenze dello spettro, dalle onde radio, agli infrarossi, al visibile
ed a circa metà delle radiazioni ultraviolette. I metalli sono invece trasparenti alle radiazioni
di frequenza elevata (raggi x e -y).
La maggior parte delle radiazioni assorbite viene riemessa dalla superficie in forma di
luce visibile della stessa lunghezza d'onda, che appare come luce riflessa; nella Figura 22.4b
viene mostrata la transizione di elettroni che porta alla riemissione. La reflettività è per la
maggior parte dei metalli tra lo 0.90 e lo 0.95; piccole frazioni di energia dovute ai processi
di decadimento degli elettroni vengono dissipate in calore.

Stati
vuoti

~ I ~/i j I'{
r
di Fermi d1 Ferm,

Fotone
t
:::
-o-
~ti
riempiti
~
-o--
:g:
Fotone
emesso
assorbito 1: ~
-0- -+
-+ -+
(a) (b)

J<'u:rn.A22.4 (a) Rappresentazione schematica del meccanismo di assorbimento di fotoni per i


materiali metallici, in cui un elettrone viene eccitato ad uno stato, non occupato, di energia più
elevata. La variazione di energia t:..Edell'elettrone è eguale all'energia del fotone. (h) Restituzione
di un fotone di luce per transizione diretta di un elettrone da uno stato di alta energia ad uno di
bassa.
714 • Capitolo 22 / Proprietà ottiche

Tal,clla 22. l Indici di rifrazione di alcuni


materiali trasparenti

Materiale Indice di rifrazione


medio

Ceramici
Vetro di silice 1.458
Vetro borosilicato (Pyrex) 1.47
Vetro calce-sodico 1.51
Quarzo (Si0 2) 1.55
Vetro ottico flint denso 1.65
Spinello (MgAl,O 4 ) 1.72
Periclasio (MgO) 1.74
Corindone (Al,O,) 1.76

Polimeri
Politetrafluoroetilene 1.35
Polimetilmetacrilato 1.49
Polipropilene 1.49
Polietilene 1.51
Polistirene 1.60

Pertanto, per i materiali trasparenti, esiste una relazione fra indice di rifrazione e costante die-
lettrica. Come già menzionato, il fenomeno della rifrazione è dovuto alla polarizzazione degli
elettroni (Sezione 22.4) alle frequenze della luce visibile relativamente elevate; quindi, la
componente elettronica della costante dielettrica può venire detenninata con misure di indi-
ce di rifrazione usando l'Equazione 22.10.
Dal momento che il ritardo della radiazione elettromagnetica in un mezzo è dovuto alla
polarizzazione elettronica, ha considerevole importanza sull'ampiezza di questo effetto la
dimensione degli atomi o ioni costituenti - in genere, tanto più grande è un atomo o uno ione,
tanto maggiore sarà la polarizzazione elettronica, tanto più bassa la velocità e tanto più ele-
vato l'indice di rifrazione. L'indice di rifrazione di un tipico vetro calce-sodico è all'incirca
1.5. L'aggiunta di ioni di grandi dimensioni come bario e piombo (in forma di BaO e PbO) fa
aumentare in modo significativo I 'n del vetro. Per esempio, vetri molto piombati, contenenti
fino al 90% in peso di PbO, hanno un indice di rifrazione di circa 2.1.
Per i ceramici cristallini con strutture cristalline cubiche e per i vetri, l'indice di rifrazio-
ne è indipendente dalla direzione cristallografica (sono cioè isotropi). I cristalli non cubici
hanno, invece, un n anisotropo; cioè l'indice è maggiore lungo le direzioni che hanno densità
di ioni più elevata. La Tabella 22.1 dà gli indici di rifrazione per diversi vetri, ceramici tra-
sparenti e polimeri. Per i ceramici cristallini in cui n è anisotropo, vengono dati i valori medi.

22.6 RIFLESSIONE

Quando la radiazione di luce passa da un mezzo ad un altro, con diversi indici di rifrazione,
parte della luce viene diffusa all'interfaccia tra i due mezzi anche se sono entrambi traspa-
renti. La reflettività R rappresenta la frazione di luce incidente che viene riflessa ali 'interfac-
cia

(22.11)
22. 7 Assorbimento • 715

dove / 0 ed !R sono, rispettivamente, le intensità dei raggi incidente e riflesso. Se la luce ha


incidenza normale (o perpendicolare) all'interfaccia, allora

(22.12)

dove n 1 e n2 sono gli indici di rifrazione dei due mezzi. Se la luce incidente non è normale
ali 'interfaccia, R viene a dipendere dal)' angolo di incidenza. Quando la luce viene trasmessa
dal vuoto o dall'aria ad un solido s, allora

2
t
n.:..... ) (22. 13)
n. + 1

dal momento che l'indice di rifrazione dell'aria è molto prossimo all'unità. Pertanto, più alto
è l'indice di rifrazione del solido, più grande è la reflettività. Per tipici vetri silicatici la reflet-
tività è all'incirca 0.05. Nello stesso modo in cui l'indice di rifrazione di un solido dipende
dalla lunghezza d'onda della luce incidente, così anche la reflettività varia con la lunghezza
d'onda. Le perdite di riflessione per le lenti ed altri strumenti ottici sono minimizzate in modo
significativo se si riveste la superficie con un sottilissimo strato di materiale dielettrico come
il fluoruro di magnesio (MgF 2).

22.7 AssoRBIMRl\TO

I materiali non metallici possono essere opachi o trasparenti alla luce visibile; se trasparenti,
appaiono spesso colorati. In principio la radiazione di luce è assorbita in questo gruppo di
materiali da due meccanismi basilari, che influenzano anche le caratteristiche di trasmissio-
ne di questi non metalli. Uno di qu·esti è la polarizzazione degli elettroni (Sezione 22.4).
L'assorbimento per polarizzazione elettronica è importante solo a frequenze di luce vicine
alla frequenza di rilassamento degli atomi costituenti. L'altro meccanismo interessa la transi-
zione elettronica dalle bande di valenza alle bande di conduzione, che dipende dalla struttu-
ra della banda di energia elettronica del materiale; le strutture delle bande per i semicondut-
tori ed isolatori sono state discusse nella Sezione 19.5.
L'assorbimento di un fotone di luce può avvenire per promozione o eccitazione di un elet-
trone dalla banda di valenza riempita parzialmente ad uno stato vuoto ali 'interno della banda
di conduzione, attraversando la banda di separazione, come mostrato nella Figura 22.5a;
vengono così creati un elettrone libero nella banda di conduzione ed una lacuna nella banda
di valenza. Inoltre, l'energia di eccitazione M dipende dalla frequenza dei fotoni assorbiti
tramite l'Equazione 22.6. Queste eccitazioni, con l'assorbimento che le accompagnano, pos-
sono verificarsi solo se l'energia del fotone è più grande di quella della banda di separazione
Ei, cioè
hv>E,
(22.14)

o, in termini di lunghezza d'onda,

.hè E..
,' '),, > ,g_ (22.15)
716 • Capitolo 22 / Proprietà ottiche

-
- <I)
e ·-
O)
e Elettrone
-- "'C o "'C
"l.N
o (libero)
-- ro "N
"'C::,
e "'C
"'C :,
e "'C eccitato
e:-.... "' O
CO e "'e
CO O
- L, u
<I)
·-
"'O oe
t.E ro 'N !!,E
"'O"'

~ @. Lacuna
S=i
a ./
-0-
-0-
-0-
+
-0-
-0-
-0-
-0- Fotone
emesso
assorbito /a) (b)

FIGUU 22 ..'i (a) Meccanismo di assorbimento di fotoni nei materiali non metallici in cui un
elettrone viene eccitato oltre la banda di separazione, lasciandosi indietro una lacuna nella banda
di valenza. L'energia del fotone assorbito è t-.E, che è necessariamente più grande dell'energia
della banda di separazione Eimax). (b) Emissione di un fotone di luce per transizione elettronica
diretta attraverso la banda di separazione.

La lunghezza d'onda minima per la luce visibile, À.(min),è circa 0.4 µ,me, dal momento
che e= 3 x 108 m/s eh= 4.13 x 10-15 eV-s, la massima energia E/max) della banda di sepa-
razione per cui è possibile l'assorbimento di luce visibile è esattamente

(4.13 x 10-15 eV-s)(3 x 108 m/s)


= -------------- (22.16a)
4 X 10-7 m

= 3.1 eV

Ovvero, nessuna luce visibile è assorbita dai materiali non metallici che hanno energie di
banda di separazione maggiori di circa 3.1 eV; questi materiali, se di alta purezza, appaiono
trasparenti o incolori.
D'altra parte, la lunghezza d'onda massima per la luce visibile ì-..(max)è circa 0.7 µ,m; il
calcolo dell'energia di banda di separazione minimaE/min) per cui vi è assorbimento di luce
visibile è dato da

.......-.-·-,
· ,.. ·' .'., O> ·ì,c
· ~(min} ~--À(m~)

(22.16b)
(4.13 x 10-15 eY-s)(3 x 108 m/s)
= ------------= 1.8eV
7xl0" 7 m

Questo risultato significa che quei materiali semiconduttori, che hanno energie di banda di se-
parazione inferiori a circa 1.8 eV, assorbono mediante transizioni elettroniche, dalla banda di
valenza alla banda di conduzione, tutta la luce visibile; questi materiali sono quindi opachi. I
2 2, 7 Assorbimento • 71 7

<li
·- e
-c:, o
~ -~
-c:,::,
Livello di e: -o

l
impurezza "' ee
cc
u

~
.!:?
e
(I/

UJ
t..E
~E
2
r ,_ 1

~, Fotone
-0- !~emesso
-0-
-0- -o- .i.E1
-0-
-0-
:g: v1: -h-
-0- -o-
-0- -0-
-0- -0- Fotone
Fotone emesso
assorbito (a) (b) (e) 4E2
vz: h

·F1cc-a-t22.6 (a) Assorbimento di fotoni attraverso l'eccitazione elettronica da banda di valen-


za a banda di conduzione per un materiale che ha un livello di impurezza che giace all'interno
della banda di separazione. (b) Emissione di due fotoni implicando un primo decadimento elet-
tronico in uno stato di impurezza, quindi nello stato fondamentale. (e) Generazione di un fonone
e di un fotone non appena un elettrone eccitato cade dapprima in un livello di impurezza e poi
ritorna nello stato fondamentale.

una parte dello spettro visibile; ne consegue che questi materiali appaiono colorati.
Ogni materiale non metallico diventa opaco a determinate lunghezze d'onda, in relazione
al valore della sua Eg. Per esempio, il diamante, avendo una banda di separazione di 5.6 eV,
è opaco a radiazioni di lunghezza d'onda inferiori a circa 0.22 µ,m.
Si possono anche verificare interazioni con radiazioni luminose nei solidi dielettrici che
hanno ampie bande di separazione, coinvolgendo altre transizioni elettroniche, oltre quelle da
banda di valenza a banda di conduzione. Se sono presenti impurezze o altri difetti elettrica-
mente attivi, possono essere infatti introdotti livelli elettronìci all'interno della banda di sepa-
razione, come livelli accettori e donatori (Sezioni 19.11), a meno che non si trovino esatta-
mente al centro della banda di separazione. Da questi livelli, ali 'interno della banda di separa-
zione, possono essere emesse per transizioni elettroniche radiazione di luce di lunghezze
d'onda specifiche. Si consideri ad esempio la Figura 22.6a che mostra l'eccitazione elettronica
da banda di valenza a banda di conduzione per un materiale che ha un tale livello di impurezza.
Pertanto, l'energia elettromagnetica assorbita da questa eccitazione elettronica deve essere
dissipata in qualche maniera; diversi meccanismi sono possibili. Per uno, questa dissipazione
si può verificare medianle rit:umbinaziune diretta elettrone e lacuna secondo la reazione

(22.17)

che è rappresentata in modo schematico nella Figura 22.Sb. In aggiunta con livelli di impu-
rezza giacenti ali 'interno della banda di separazione, si possono verificare transizioni elettro-
niche multistadio. Una possibilità, come indicato nella Figura 22.6b, è l'emissione di due
fotoni; uno è emesso quando l'elettrone cade dallo stato della banda dì conduzione al livello
di impurezza, l'altro quando decade nuovamente nella banda di valenza. O, in alternativa,
una delle transizioni può generare un fonone (Figura 22.6c) in cui l'energia associata viene
dissipata in forma di calore.
L'intensità della radiazione assorbita utile dipende dalle caratteristiche del mezzo così
come dalla lunghezza del cammino percorso all'interno. L'intensità della radiazione tra-
718 • Capitolo 22 I Proprietà ottiche

smessa o non assorbita/; decresce in modo continuo con la distanza x che la luce attraversa

(22.18)

dove/~ è l'intensità della radiazione incidente non riflessa e /3,il coefficiente di assorbimento
(in mm- 1), è caratteristico di ogni materiale; inoltre, /3varia con la lunghezza d'onda dalla ra-
diazione incidente. Il parametro distanzax viene misurato nel materiale a partire dalla superfi-
cie di incidenza. I materiali che hanno elevati valori di f3vengono considerati molto assorbenti.

22.8 TRASl\lISSIOl'iE

I fenomeni di assorbimento, riflessione e trasmissione possono essere applicati al passaggro


della luce attraverso un solido trasparente, come rappresentato nella Figura 22.7. Per un rag-
gio incidente di intensità / 0 che colpisce la superficie frontale di un campione di spessore I e
coefficiente di assorbimento {J,l'intensità trasmessa alla faccia posteriore / 7 è

(22.19)

dove R è la riflettanza; per questa espressione, si assume che il mezzo esterno al solido, sia
sulla faccia anteriore che su quella posteriore, sia lo stesso. La derivazione dell'Equazione
22.19 viene lasciata come esercizio.
Pertanto, la frazione di luce incidente, che viene trasmessa attraverso un materiale traspa-
rente, dipende dalle perdite a cui si va incontro con l'assorbimento e la riflessione. Ancora, la
somma della riflettivitàR, dell'assorbivitàA e della trasmissività Tè uguale ad uno, in accordo
con l'Equazione 22.5. Anche, ciascuna delle variabili R, A e T dipende dalla lunghezza d'onda
della luce. Questo è dimostrato nella Figura 22.8 per la regione visibile dello spettro, nel caso
di un vetro verde. Per esempio, per Iuce avente una lunghezza d'onda di 0.4 µm, le frazioni tra-
smessa, assorbita e riflessa sono approssimativamente 0.90, 0.05 e 0.05, rispettivamente. Ma,
a 0.55 µm, le frazioni rispettive vengono slittate a circa 0.50, 0.48 e 0.02.

22.9 COLORE

I materiali trasparenti appaiono colorati in conseguenza dell'assorbimento di determinate


lunghezze d'onda dello spettro di luce; il colore che si osserva risulta dalla combinazione
delle lunghezze d'onda che vengono trasmesse. Se l'assorbimento è uniforme per tutte le lun-

Raggio incidente

Io Raggio trasmesso

Raggio riflesso
I,= IJ?.

F1GlRA 22. 7 Trasmissione della luce attraverso un mezzo trasparente: sulle facce anteriore e
posteriore c'è riflessione, all'interno del mezzo c'è assorbimento. (Da R. M. Rose, L. A. Shepard
e J. Wulff, The Structure and Properties of Materials, Voi. 4, Electronic Properties. Copyright©
1966 by John Wiley & Sons, New York. Per concessione di John Wiley & Sons, Inc.)
22.9 Colore 719

Riflesso
1.0
~
e:
Cl
'6 0.8
~
<'O
'§:, 0.6
""
e:
"'
-.::, 0.4
"'
e: 1-- Trasmesso ---1
.Q
N 0.2 I visibile I
~
u..

00.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 1.0 1.5 2.0 2.5
Lunghezza d'onda (µm)

Fu;rRA 22.8 Variazione con la lunghezza d'onda delle frazioni di luce incidente su un vetro
verde che viene trasmessa, assorbita e riflessa. (Da W. D. Kingery, H. K. Bowen e D. R. Uhlmann,
lntroduction to Ceramics, 2nd edition. Copyright© 1976 by John Wiley & Sons, New York. Per
concessione di John Wiley & Sons, lnc.)

ghezze d'onda del visibile, il materiale è incolore; ne sono esempio i vetri inorganici di ele-
vata purezza e i monocristalli di zaffiro e di diamante di alta purezza.
Normalmente, l'assorbimento selettivo avviene per eccitazione elettronica. Una tale
situazione è propria dei materiali semiconduttori che hanno bande di separazione nella
gamma di energie dei fotoni per la luce visibile ( 1.8 - 3.1 e V). Pertanto, la frazione della luce
visibile che ha energie maggiori di ER viene assorbita in modo selettivo mediante transizione
di elettroni banda di valenza-banda di conduzione. Naturalmente, parte di questa radiazione
assorbita viene riemessa quando gli elettroni eccitati ricadono nel loro stato originale di ener-
gia inferiore. Questa riemissione non avviene necessariamente alla stessa frequenza della
radiazione assorbita. Ne consegue che il colore dipende dalla frequenza di distribuzione sia
dei raggi di luce trasmessi che da quelli riemessi.
Per esempio, il solfuro di cadmio (CdS) ha una banda di separazione di circa 2.4 eV; quin-
di, assorbe fotoni di energia maggiore di 2.4 eV, che corrisponde alle lunghezze d'onda del
blu e del violetto dello spettro visibile; parte di questa energia viene reirradiata sotto forma di
luce con altre lunghezze d'onda. La luce visibile non assorbita è formata di fotoni di energia
compresa fra circa 1.8 e 2.4 eV. Il solfuro di cadmio assume un colore giallo--arancio a moti-
vo della composizione del raggio trasmesso.
Anche negli isolatori ceramici, specifiche impurezze possono introdurre livelli elettroni-
ci all'interno della banda di separazione interdetta, come discusso in precedenza. Possono
quindi venire emessi fotoni con energie inferiori a quelle della banda di separazione in con-
seguenza dei processi di decadimento degli elettroni dovuti ad atomi o ioni di impurezza,
come mostrato nella Figura 22.6b e 22.6c. Inoltre, il colore del materiale è funzione della
distribuzione di lunghezze d'onda che si stabilisce nel raggio trasmesso.
Per esempio, monocristalli di ossido di alluminio o di zaffiro di alta purezza sono incolo-
ri. Il rubino, che ha un colore rosso brillante, è semplicemente uno zaffiro a cui è stato
aggiunto da 0.5 a 2% di ossido di cromo (Crz0 3). Lo ione cr3+sostituisce lo ione Al 3+nella
struttura cristallina del Al20 3 e, inoltre, introduce livelli di impurezza all'interno dell'ampia
banda di separazione di energia dello zaffiro. La radiazione di luce viene assorbita mediante
transizione elettronica banda di valenza-banda di conduzione, e parte della quale viene quin-
di riemessa a determinate lunghezze d'onda in conseguenza delle transizioni elettroniche a e
da questi livelli di impurezze. La trasmittanza in funzione della lunghezza d'onda per lo zaf-
firo ed il rubino viene illustrata nella Figura 22.9. Per lo zaffiro, la trasmittanza è relativa-
720 • Capitolo 22 / Proprietà ottiche

Violetto Verde Arancio

t
90

80
-- ----
Blu Giallo Rosso

~
~- 70
"'
N
e:
"'
~
60
-~
F"'
50

40
0.3 0.5 0.7 0.8 0.9 1.0
Lunghezza d'onda, ì.. (µm) _

FiuRA 22.9 Trasmissione della radiazione di luce in funzione della lunghezza d'onda per lo
zaffiro (monocristallo di ossido di alluminio) e rubino (ossido di alluminio contenente ossido di
cromo). Lo zaffiro appare incolore, mentre il rubino assume una tinta rossa dovuta all'assorbi-
mento selettivo in una gamma di lunghezze d'onda. (Da "The Optical Properties of Materials" by
A. Javan. Copyright© 1967 by Scientific American, Inc. Tutti i diritti riservati.)

mente costante con la lunghezza d'onda nello spettro visibile, che spiega la mancanza di
colore di questo materiale. Invece, per il rubino compaiono forti (o minimi) picchi dì assor-
bimento, uno nella regione blu-violetto (a circa 0.4 µ.m) e l'altro per la luce giallo-verde (a
circa 0.6 1-1-m).Questa luce non assorbita o trasmessa, mescolata con quella riemessa, impar-
tisce al rubino il suo colore rosso-intenso.
I vetri inorganici vengono colorati incorporando ioni di transizione o di terre rare quando
il vetro è ancora allo stato fuso. Coppie rappresentative ione-colore sono ad esempio Cu 2+,
blu-verde; Co 2+,blu-violetto; Cr3+,verde; Mn2+,giallo; Mn 3+,porpora. Questi vetri colorati
vengono anche usati come smalti, rivestimenti decorativi su ceramiche.

22.10 OPACITÀ E TRASLUCENZA NEGLI ISOLANTI

L'estensione della traslucenza e dell'opacità ai materiali dielettrici costituzionalmente tra-


sparenti dipende in gran parte dalle loro caratteristiche di trasmittanza e riflettanza. Alcuni
materiali dielettrici intrinsecamente trasparenti possono diventare traslucidi o anche opachi a
causa della riflessione interna e della rifrazione. In tal caso, un raggio luminoso che viene tra-
smesso viene deviato nella direzione e diffuso a seguito di eventi multipli di diffusione. Si
verifica opacità quando la diffusione diviene così intensa che virtualmente nessun raggio
incidente viene trasmesso, senza alcuna deflessione, alla superficie posteriore.
La diffusione interna può prendere origine da diverse sorgenti. I materiali policristallini
con indice di rifrazione normalmente anisotropo, appaiono traslucidi. Ai giunti dei grani si
verificano riflessioni e rifrazioni, che causano quindi deviazioni del raggio incidente. Ciò è
dovuto alla, sia pur leggera, differenza dell'indice di rifrazione n tra i grani adiacenti che non
hanno la stessa orientazione cristallografica.
Diffusione della luce compare anche nei materiali bifasici in cui una fase è finemente
dispersa nel!' altra. Ancora, la dispersione <ld raggio si verifica al bordo delle fasi quando vi
è differenza nell'indice di rifrazione delle due fasi: più grande è la differenza, più efficiente è
la diffusione.
721

e~,
22.11 Luminescenza •

«y = lattice parameter: unit


....
,, : ....
;.;;><'·'llf·!l!

: @ihear strain (6.2) . ~~JP,* 'I.I


,.,,, .. JJ1,èll;.41<jl

I:\~;=
. f ni~e rh,,nge in ~ para
~·-
~

,,.'.·;~d!,é; stram 16.

E,- = diel .. con


E7 - true strain (6~.
11 = viscosity(12~~"-~-u~.
Fu;uu 22. 1O Nella foto viene mostrata la trasmittanza della luce di tre campioni di ossido di
alluminio. Da sinistra a destra: materiale monocristallino (zaffiro), trasparente; materiale policri-
stallino compatto (non poroso), translucido e materiale policristallino con circa il 5% di porosità,
opaco. (Preparazione dei campioni, P.A. Lessing; fotografia di J. Telford.)

Il processo di fabbricazione o di lavorazione può portare, in alcuni ceramici, della poro-


sità residua sotto fonna di pori finemente dispersi. Anche questi pori diffondono efficace-
mente la radiazione luminosa.
La Figura 22.10 mostra le differenti caratteristiche di trasmissione ottica di un ossido di
alluminio monocrista1lino, policristallino compatto e poroso (- 5% di porosità). Mentre il
monocristallo è totalmente trasparente, il policristallino ed il poroso sono, rispettivamente,
traslucido ed opaco.
Per i polimeri (senza additivi ed impurezze), il grado di traslucenza è influenzato anzitut-
to dall'entità della cristallinità. Diffusione della luce visibile si verifica al confine fra regioni
cristalline ed amorfe, sempre come risultato della differenza di indici di rifrazione. Per i
materiali altamente cristallini, il grado di ditlusione è esteso, per cui sì ha traslucenza e, in
alcuni casi, anche opacità. I polimeri molto amorfi sono, invece, completamente trasparenti.

OTTICI
DEI FENOMENI
APPLICAZIONI

22.11 LUMINES(~ENZA

Alcuni materiali sono in grado di assorbire energia e quindi riemettere luce visibile per un
fenomeno chiamato luminescenza. L'emissione di fotoni di luce viene provocata dalle tran-
sizioni elettroniche nel solido. Viene assorbita energia quando un elettrone viene promosso
ad uno stato energetico eccitato; viene emessa luce visibile quando ricade nuovamente nel
livello energetico inferiore, se 1.8 eV< hv < 3.1 e V. L'energia assorbita può provenire da una
radiazione elettromagnetica di alta energia come una luce ultravioletta (che causa le transi-
zioni da banda di valenza a banda di conduzione, Figura 22.6a), o da altre sorgenti, come da
elettroni di alta energia, o da energia termica, meccanica o chimica. La luminescenza viene
classificata in base al valore del ritardo di tempo tra gli eventi di assorbimento e di riemis-
sione. Se la riemissione compare per tempi molto minori di un secondo, il fenomeno viene
definito fluorescenza; per tempi più lunghi è chiamato fosforescenza. Numerosi materiali
722 • Capitolo 22 / Proprietà ottiche

possono presentare fluorescenza o fosforescenza. Fra questi vi sono alcuni solfuri, ossidi,
tungstati e qualche materiale organico. Normalmente, i materiali puri non presentano questo
fenomeno e quindi, per ottenerlo, si devono aggiungere impurezze in concentrazione con-
trollata.
La luminescenza ha numerose applicazioni commerciali. Le lampade fluorescenti sono
formate da un involucro di vetro rivestito all'interno con silicati o tungstati appositamente
preparati. All'interno del tubo una scarica a vapori di mercurio genera luce ultravioletta, che
provoca fluorescenza da parte del rivestimento con emissione di luce bianca. L'immagine che
si osserva su uno schermo televisivo è prodotta per luminescenza. L'interno dello schermo è
rivestito con un materiale che diventa fluorescente non appena un fascio di elettroni, dall'in-
terno, attraversa molto rapidamente lo schermo. È anche possibile la rilevazione di raggi x e
di raggi y, certi fosfori emettono luce visibile in presenza di tali radiazioni, altrimenti invisi-
bili.
Alcune giunzioni raddrizzatrici p-n, come descritto nella Sezione I 9.14, possono anche
essere usate per generare luce visibile in un processo denominato elettroluminescenza. Se,
attraverso il dispositivo, si applica un potenziale di polarizzazione, nella regione di ricombi-
nazione elettroni e lacune si annullano gli uni con le altre, in accordo con l'Equazione 22.17.
In talune circostanze l'energia prodotta si manifesta come luce visibile. Tali diodi che danno
luminescenza in luce visibile sono i familiari liRht-emitting diodes (LED), che vengono usati
per display digitali. Il colore caratteristico di un LED dipende dal particolare semiconduttore
usato.

22.12 FOTOCONDUTTIVITÀ

La conduttività dei materiali semiconduttori dipende dal numero di elettroni liberi nella
banda di conduzione e dal numero delle lacune nella banda di valenza, in accordo con
l'Equazione 19.13. L'energia termica associata con le vibrazioni reticolari può promuovere
l'eccitazione elettronica, per cui vengono creati elettroni liberi e/o lacune, come descritto
nella Sezione 19.6. Si possono generare cariche addizionali in conseguenza di transizioni
elettroniche indotte da fotoni con cui viene assorbita la luce; la concomitante crescita di con-
duttività è chiamata fotoconduttività. Quindi, quando un materiale fotoconduttivo viene
illuminato, la conduttività cresce.
Questo fenomeno è utilizzato negli esposimetri fotografici. Viene misurata una corrente
fotoindotta ed il suo valore è funzione diretta dell'intensità della radiazione di luce inciden-
te, o della velocità con cui i fotoni di luce colpiscono il materiale fotoconduttivo.
Naturalmente, la radiazione di luce visibile deve indurre transizioni elettroniche nel materia-
le fotoconduttore; normalmente come misuratore di luce viene utilizzato il solfuro di cadmio.
La luce del sole può essere direttamente convertita in energia elettrica nelle celle solari,
che anche impiegano semiconduttori. L'operazione di questi dispositivi è, in un certo senso,
l'inverso di quella dei diodi emettitori di luce. Viene usata una giunzione p-n in cui gli elet-
troni fotoeccitati e le lacune vengono allontanati dalla giunzione, in direzioni opposte, e
diventano così parte di una corrente esterna.

22.13 LASER

Tutte le transizioni elettroniche da radiazione fino ad ora discusse sono spontanee; cioè un
elettrone cade da uno stato di alta energia ad uno di più bassa senza alcuna provocazione
esterna. Questi eventi di transizione si verificano indipendentemente l'uno dall'altro e per
tempi casuali, producendo radiazioni incoerenti; cioè, le onde di luce sono fra loro sfasate.
Con il laser si genera invece luce coerente per mezzo di transizioni elettroniche iniziate da
22.13 Laser • 723

Lampada flash fl(;l 11\ 22 .11 Diagramma


schematico del laser al rubino e
della lampada flash allo xeno.
(Da R. M. Rose, L.A. Shepard e

-
Raggio coerente J. Wulff, The Structure and
Properties of Materials, Voi. 4,
Electronic Properties. Copyright
© 1966 by Jonh Wiley & Sons,
New York. Ristampa autorizzata
da Jonh Wiley & Sons, Inc.)

Alimentazione elettrica

uno stimolo esterno; infatti, "laser" è l'acronimo di amplificazione di luce per emissione sti-
molata di radiazioni (light amplification by stimulated emission of radiation).
Sebbene vi siano vari differenti tipi di laser, i principi di funzionamento si possono spie-
gare prendendo in considerazione il laser a rubino a stato solido. Il rubino è semplicemente
un cristallo di Alp 3 (zaffiro) a cui è stato aggiunto circa lo 0.05% di ioni Cr 3+. Come spiega-
to in precedenza (Sezione 22.9), questi ioni impartiscono al rubino il caratteristico color
rosso; ma soprattutto, essi forniscono gli stati elettronici che sono essenziali perché il laser
funzioni. Il laser a rubino è nella forma di una barretta, le cui estremità sono piane, parallele,
e finemente lucidate. Tutte e due le estremità vengono argentate in modo che una sia total-
mente riflettente e l'altra parzialmente trasmittente.
TI ruhino viene illuminato con la luce di una lampada flash allo xeno (Figura 22.11 ).
Prima di questa esposizione, praticamente tutti gli ioni Cr 1+ si trovano nel loro stato fonda-
mentale; cioè gli elettroni riempiono i più bassi livelli di energia, come rappresentato sche-
maticamente nella Figura 22.12. La lampada allo xeno emette fotoni di lunghezza d'onda di
0.56 µm, che eccitano gli elettroni degli ioni cr3+nel loro stato energetico più elevato. Questi
elettroni possono decadere nel loro stato fondamentale in due differenti modi. Alcuni vi rica-
dono direttamente; le emissioni di fotoni conseguenti non fanno parte del raggio laser. Altri
elettroni decadono in uno stato metastabile intermedio (percorso t.:M, Figura 22.12), in cui

Stato eccitato F1GLlt\ 22. 12 Diagramma


schematico di energia per il
laser al rubino, che mostra
l'eccitazione elettronica ed i
, spontaneo (senza percorsi di decadimento.
', . ,,,- radiazione, emissione
'~ di fononi)
''

!'''"°"'" l
Eccitazione
Stato metastabile

Emissione
stimolata e
·e: : spontanea
~
u..,

VV'vVVvv\J'~

Fotone incidente Nvl/VVVVVVVINv-'?-


(lampada allo xeno) fotoni laser
Stato
fondamenta! e G
(Cr1·)
724 • Capitolo 22 I Proprietà ottiche

Completamente Parzialmente FJGl HA 22.13 Rappresentazione schematica


argentata argentata dell'emissione stimolata e dell'amplificazione
00000•00000000000-i:::>
della luce per un laser al rubino. (a) Gli ioni
o o o o o o o o o o o o o o o o o cromo prima dell'eccitazione. (b) Gli elettroni di
o o • o o o o o o o o o o o o o o alcuni atomi di cromo vengono eccitati in stati di
(a)
energia più alti da un flash di luce allo xeno. (e)
Viene iniziata o stimolata da parte di fotoni,
spontaneamente emessi, l'emissione.dagli stati
elettronici metastabili. (d) Per riflessione dalle
estremità argentate, i fotoni continuano a stimo-
lare emissioni, man mano che attraversano la
(b) barretta lungo tutta la sua lunghezza. (e) Alla
fine, attraverso l'estremità parzialmente argenta-
••oeon,/o••••,•o•o• ta, viene emesso il raggio intenso e coerente .
• o • • •• o • o .......... ~.
~

•4• o• o•••• o••••• o (Da R. M. Rose, L.A. Shepard e J. Wulff, The


Structure and Properties of Materials, Voi. 4,

-- ·o.
~ • o o • ·~o.
(C)

o
. --
•o•
Electronic Properties. Copyright © 1966 by
Jonh Wiley & Sons, New York. Ristampa auto-

-
---a
---o

••
• o • • • o~•
• o • e
(Appena prima Al centro del
della riflessione
successiva)
cristallo
·-· o o
•••
~

o o
Dopo
riflessione
rizzata da Jonh Wiley & Sons, Inc.)

id)

•o••ooa:ic•ooooooo
ooooeeUooeooooo
oeooco§•ooeo•oo
(e)

• Atomi di Cr eccitati
o Atomi di Cr nello stato fondamentale

possono risiedere fino a 3 ms prima dell'emissione spontanea (percorso MG). In termini di


processi elettronici, 3 ms è un tempo relativamente lungo, il che significa che si possono
occupare un gran numero di questi stati metastabili. Questa situazione è indicata nella Figura
22.13h.
L'emissione iniziale spontanea di fotoni da parte di pochi di questi elettroni è lo stimolo
che fa partire una valanga di emissioni dagli elettroni che sono rimasti nello stato metastabi-
le (Figura 22.13c). Dei fotoni diretti parallelamente all'asse principale della barretta di rubi-
no, alcuni vengono trasmessi attraverso l'estremità parzialmente argentata; altri, incidenti
all'estremità totalmente argentata, sono riflessi. I fotoni che non sono emessi nella direzione
di questo asse, sono perduti. Il raggio di luce percorre avanti ed indietro la barretta lungo tutta
la sua lunghezza aumentando di intensità mano a mano che vengono stimolate più emissioni.
Alla fine, viene trasmesso attraverso l'estremità parzialmente argentata della barretta un rag-
gio di luce laser di breve durata, di elevata intensità, coerente e fortemente collimato (Figura
22. l 3e ). Questo raggio rosso monocromatico ha una lunghezza d'onda di 0.6943 µm.
Possono anche essere usati come laser materiali semiconduttori come l'arseniuro di gal-
lio, che vengono impiegati nei lettori di compact disc e nell'industria moderna delle teleco-
municazioni. Quel che si richiede a questi materiali semiconduttori è che la lunghezza d'on-
da associata con l'energia di banda di separazione ERdeve ricadere nel campo della luce visi-
bile; cioè, modificando l'Equazione 22.3,

(22.20)
22.13 Laser • 725

A deve trovarsi fra 0.4 e O.7 JLID.Al materiale viene applicato un potenziale che va ad eccita-
re elettroni dalla banda di valenza alla banda di conduzione, passando per la banda di sepa-
razione; corrispondentemente, vengono create lacune nella banda di valenza. Questo proces-
so è dimostrato nella Figura 22.14a, che mostra lo schema delle bande di energia su alcune
regioni del materiale semiconduttore, con diverse lacune ed elettroni eccitati.
Successivamente, alcuni elettroni eccitati si ricombinano spontaneamente con lacune. Per
ogni evento di ricombinazione viene emesso un fotone di luce con una lunghezza d'onda data
dall'Equazione 22.20 (Figura 22.14a). Tale fotone stimolerà la ricombinazione di altre cop-

Specchio parzialmente Specchio completamente


riflettente riflettente
Banda di conduzione
= = = = = = = = o = = =
Elettroni
!;,,--·,. Emissione ~-.--...___
'~---,,
__/·--- ....... --~
, ..., __,...--'
E11 __
·,- ,_, ---,_,-'---/·-.di fotone eccitati ~/---, __.-~---...
....,--·\.._/~ ,,_/-,,_ ..~, ,'

ai Gl Gl @ ai Gl @ 3
Banda di valenza
/a/ (d)

= = o = = = = = = =
i
/',_/'-J .....
-.,_/'J""\.JT'·J"'-,./'-...~ _/'--/"',.___.,~
Elettrone eccitato
,".,--------"-.,/~-~-,.
ricombin_eto e lacuna ,,,

Gl Gl () ò 6l $ Gl 6l <:& @

(b) (e!

o
= = = = = = =
Nuovo elettrone _.,r·-.,_,r-._,
eccitato
~--"-
Gl ai Gl $ Ql o Ql Gl Gl

(ci (f)
Nuova lacuna

F1Gl R\ 22.14 Rappresentazione schematica, per i laser a semiconduttore, della ricombinazio-


ne stimolata di elettroni eccitati nella banda di conduzione con lacune nella banda di valenza, che
produce un raggio laser. (a) Un elettrone eccitato si ricombina con una lacuna; l'energia associa-
ta con questa ricombinazione viene emessa come fotone di luce. (b) II fotone emesso in (a) stimola
la ricombinazione di un altro elettrone eccitato e di una lacuna dando luogo all'emissione di un
altro fotone di luce. (e) I due fotoni emessi in (a) e (b), avendo la stessa lunghezza d'onda ed
essendo in fase fra loro, vengono riflessi dallo specchio completamente riflettente, sul retro del
semiconduttore laser. Vengono inoltre generati nuovi elettroni eccitati e nuove lacune per mezzo
di una corrente che attraversa il semiconduttore. (d) ed (e) Procedendo attraverso il semicondut-
tore, vengono stimolate sempre più ricombinazioni elettroni eccitati-lacune, che danno luogo a
fotoni di luce aggiuntivi che diventano parte del raggio laser monocromatico e coerente. (j) Parte
del raggio laser fuoriesce attraverso lo specchio parzialmente riflettente posto ad una estremità del
materiale semiconduttore. (Da "Photonic Materials", by J. M. Rowell. Copyright © 1986 by
Scientific American, Inc. Tutti i diritti riservati.)
726 • Capitolo 22 I Proprietà ottiche

FlGU{A 22. 15
Potenziale di polarizzazione
Rappresentazione sche-
matica della sezione tra-
sversale degli strati di un
laser semiconduttore
GaAs. Le lacune, gli elet-
troni eccitati, ed il raggio
Metallo
laser sono confinati nello
strato GaAs dagli strati
Biossido di silicio
adiacenti di GaAIAs
Arseniuro di gallio tipo-n e tipo-p. (Da
pesantemente drogato p
"Photonic Materials", by
Arseniuro di gallio e J. M. Rowell. Copyright
alluminio drogato p
© 1986 by Scientific
Arseniuro di gallio
American, Inc. Tutti i
Arseniuro di gallio e dirittiriservati)
alluminio drogato n
Arseniuro di gallio
pesantemente drogato n

Metallo Dissipatore termico

pie di elettroni eccitati-lacune, Figura 22.14b---fe la produzione di fotoni aggiuntivi che


hanno la stessa lunghezza d'onda e sono in fase fra loro e con i fotoni originari; pertanto ne
risulta un raggio monocromatico e coerente. Come con il laser a rubino (Figura 22.13), una
estremità del laser a semiconduttore è totalmente riflettente; a questa estremità il raggio viene
riflesso all'interno del materiale ed in tal modo vengono stimolate altre ricombinazioni
aggiuntive. L'altra estremità del laser è parzialmente riflettente e consente a parte del raggio
di fuoriuscire. Inoltre, con questo tipo di laser si ottiene un raggio continuo in quanto un
potenziale costantemente applicato assicura che vi sia sempre una sorgente stabile di lacune
e di elettroni eccitati.
Il laser a semiconduttore è formato da diversi strati di materiali semiconduttori di diffe-
rente composizione che vengono racchiusi tra un dissipatore termico ed un conduttore metal-
lico; nella Figura 22.15 viene rappresentata in modo schematico una tipica configurazione.
Le composizioni degli strati vengono scelte in modo da confinare sia gli elettroni eccitati e le
lacune che il raggio laser nello strato centrale di arseniuro di gallio.
Numerose altre sostanze possono venire usate per laser, compresi taluni gas e vetri. Nella
Tabella 22.2 sono elencati alcuni laser più comuni con le loro caratteristiche. Dal momento
che 1 raggi laser possono essere focalizzati in modo da produrre riscaldamenti locali, vengo-
no utilizzati nelle operazioni chirurgiche e per il taglio, la saldatura e la lavorazione mecca-
nica dei metalli. I laser sono anche impiegati come sorgente di luce per sistemi di comunica-
zione ottica. Inoltre, poiché il raggio è altamente coerente, può venire utilizzato per misura-
zioni molto precise di distanze.

22 .14 FIBRE OTIICHE NELLE COMUNICAZIONI

Il campo delle comunicazioni è stato recentemente rivoluzionato con lo sviluppo della tec-
nologia a fibre ottiche; attualmente, in pratica tutte le telecomunicazioni vengono realizzate
con questo mezzo anziché con fili di rame. La trasmissione dei segnali attraverso un condut-
22.14 Fibre ottiche nelle comunicazioni • 72 7

Tabella 22 .2 Caratteristiche ed applicazioni di alcuni tipi di laser

Laser Tipo Lunghezui d'onda Potenza max


comune(µ,m) di uscita (W)" Applicazioni

He-Ne Gas 0.6328, 1.15, 3.39 0.0005--0.05 (CW) Comunicazioni a vista, registrazione/
riproduzione di ologrammi

CO, Gas 9.6, 10.6 500-15000 (CW) Trattamenti termici, saldatura, taglio, incisioni,
marcatura

Argon Ione di gas 0.488, 0.5145 0.005-20 (CW) Chirurgia, misure di distanze, olografia

HeCd Vapore di metallo 0.441, 0.325 0.05--0.1 Spettacoli di luce, spettroscopia

Dye Liquido 0.38-1.0 0.01 (CW) Spettroscopia, rilevazione di inquinamento


l X 106 (P)

Rubino Stato solido 0.694 (P) Olografia pulsata, forature

Nd-YAG Stato solido 1.06 1000 (CW) Saldatura, forature, taglio


2x I0'(P)

Nd-Vetro Stato solido 1.06 5 X 1014 (P) Saldatura pulsata, forature

Diodo Semiconduttore 0.33-40 0.6 (CW) Lettore di codici a barre, dischi video e CD,
100 (P) comunicazioni ottiche

" "CW" indica continuo; '"P" indica pulsato.

tore metallico a filo è elettronica (cioè per mezzo di elettroni), mentre, usando fibre ottica-
mente trasparenti, la trasmissione dei segnali è fotonica, cioè avviene per mezzo di fotoni di
una radiazione elettromagnetica o di luce. L'uso di sistemi a fibre ottiche ha migliorato la
velocità di trasmissione, la densità delle informazioni e la distanza di trasmissione, con una
riduzione del tasso di errore; inoltre, con le fibre ottiche non c'è interferenza elettromagneti-
ca. Riguardo alla velocità, le fibre ottiche possono trasmettere, in un secondo, informazioni
equivalenti a tre episodi del vostro programma televisivo preferito. Oppure, considerando la
densità di informazioni, due piccole fibre ottiche possono trasmettere l'equivalente di 24000
telefonate contemporanee. Inoltre, ci vorrebbero 30000 kg di rame per trasmettere la stessa
quantità di informazioni trasmessa da solo 0.1 kg di fibra ottica.
La presente trattazione si concentra sulle caratteristiche delle fibre ottiche, tuttavia, si
ritiene valga la pena di iniziare con una breve discussione sui componenti e sul funziona-
mento dei sistemi di trasmissione. Nella Figura 22.16 viene mostrato un diagramma schema-
tico di questi componenti. L'informazione (per es. una conversazione telefonica) in forma
elettronica deve essere anzitutto digitalizzata in bit, cioè I e O; questo viene ottenuto nell'en-
coder. È poi necessario convertire questo segnale elettrico in uno ottico (fotonico), che si rea-

Cavo a fibre ottiche

~aie
Segnai.
in ingresso ----;-;;-~ila

FIGlR\ 22.16 Diagramma schematico che mostra i componenti di un sistema di comunicazio-


ni a fibre ottiche.
728 • Capitolo 22 / Proprietà ottiche

l<)GlJRA22.17 Schema
di encoder digitale per
comunicazioni ottiche.
(a) Un impuso di elevata
potenza di fotoni corri-
sponde ad "uno" nel for-
mato binario. (h) Un
impulso di fotoni di bassa
potenza rappresenta uno
''zero".

Tempo Temro
/a! (b)

lizza nel convertitore elettrico----ottico (Figura 22.16). Questo convertitore è normalmente un


laser a semiconduttore, come descritto nella precedente sezione, che emette luce monocro-
matica e coerente. La lunghezza d'onda normalmente è compresa fra 0.78 e 1.6 µ,m, che si
trova nella regione infrarossa dello spettro elettromagnetico; le perdite per assorbimento sono
più basse in questo campo di lunghezze d'onda. L'uscita da questo convertitore laser è nella
forma di impulsi di luce; un 1 binario viene rappresentato da un impulso di elevata potenza
(Figura 22.17a), mentre uno O corrisponde ad un impulso di bassa potenza (o l'assenza dì
uno), Figura 22.17 b. Questi segnali a impulsi di fotoni vengono quindi introdotti nel cavo di
fibre ottiche (talvolta chiamato "guida d'onda") attraverso cui giungono ali' estremità rice-
vente. Per trasmissioni a lunga distanza, potrebbero essere necessari dei ripetitori; si tratta di
dispositivi che amplificano e rigenerano il segnale. Alla fine, all'estremità ricevente, il segna-
le fotonico viene convertito in elettronico e quindi decodificato (non digitalizzato).
Il cuore di questo sistema di comunicazioni è la fibra ottica. La fibra deve guidare questi
impulsi di luce per lunghe distanze, senza perdite significative di potenza del segnale (cioè
senza attenuazione) e distorsione dell'impulso. I componenti della fibra sono il nucleo, il
mantello ed il rivestimento, che sono rappresentati nella sezione trasversale riportata nella
Figura 22.18. Il segnale attraversa il nucleo, mentre il mantello che lo avvolge costringe i
raggi di luce a viaggiare all'interno del nucleo; il rivestimento esterno protegge nucleo e
mantello dai danneggiamenti che si possono produrre per abrasione e da pressioni esterne.
Come materiale per le fibre viene utilizzato vetro di silice di alta purezza; il diametro
delle fibre è in genere compreso fra 5 e 100 µm. Le fibre sono relativamente esenti da difet-
ti, e, quindi, notevolmente resistenti; nel corso della produzione le fibre continue vengono
controllate per assicurare che rientrino nei minimi di resistenza standard.

F1u Il.\ 22.18 Sezione trasversale schematica di una


fibra ottica.
22.14 Fibre ottiche nelle comunicazioni • 729

Impulso in
Impulso in
ingresso
uscita
~
"'
'6
~
1~ t
~
:li
e::
.Q
N
·;;;
o
Cl..
Indice di
Tempo-
rifrazione Tempo -
/a) (b) (e} (d) /e)

FHXR\ 22.19 Configurazione di fibre ottiche con indice a gradino. (a) Sezione trasversale
della fibra. (b) Profilo dell'indice di rifrazione lungo il raggio della fibra. (e) Introduzione del-
1'impulso di luce. (d) Riflessione interna dei raggi dì luce. (e) Uscita degli impulsi di luce. (Da S.
R. Nagel, IEEE Communications Magazine, Voi. 25, No.4, p. 34, 1987.)

Il trattenimento della luce all'interno del nucleo della fibra è reso possibile dalla totale
riflessione interna; cioè. qualsiasi raggio che viaggia con angoli obliqui rispetto all'asse della
fibra viene riflesso all'interno del nucleo. La riflessione interna viene ottenuta facendo varia-
re l'indice di rifrazione del materiale di vetro del mantello e del nucleo. A tal fine vengono
impiegati due tipi di configurazione. Con un tipo (denominato ''step-index" o indice a gradi-
no), l'indice di rifrazione del mantello è leggermente inferiore a quello del nucleo; il profilo
dell'indice ed il modo di riflessione interna vengono rappresentati nelle Figure 22.1% e
22.19d. Per questo mu<ldlo l'impulso in uscita sarà più largo di quello in ingresso (Figure
22.19c ed e), un fenomeno non desiderabile in quanto limita la velocità di trasmissione.
L'allargamento dell'impulso è dovuto al fatto che i vari raggi di luce, sebbene vengano intro-
dotti nello stesso istante, giungono all'uscita a tempi differenti in quanto percorrono diffe-
renti traiettorie e variano quindi la lunghezza di percorso.
L'allargamento dell'impulso viene di molto contenuto utilizzando l'altra configurazione
a "graded-index" (a gradiente di indice). In questo caso al vetro di silice vengono aggimtle
impurezze come l'ossido di boro (Bi0 3 ) o biossido di germanio (GeO 2 ) in modo da ottenere
una variazione parabolica dell'indice di rifrazione lungo la sezione trasversale (Figura
22.20b). In tal caso, la velocità della luce all'interno del nucleo varia con la posizione radia-

Impulso in

A ~--
..
·.-~.
•-.
·..
-.
----.·-:-:--~~
Impulso in
ingresso

i (\
uscita

~~ ~. i ' · ... ·: ' ..... · ·., :- ·... '· .•.. ·~ :- ., .. , .· '•' .


e j \_
-----~-------
:.'' -------
.. ,..... ·-: ·, . ' .
Indice di Tempo- Tempo-
rifrazione
(a) (b) /e) (d) (e)

Fu;rn.\ 22.20 Configurazione di fibre ottiche a gradiente di indice. (a) Sezione trasversale
della fibra. (b) Profilo dell'indice di rifrazione lungo il raggio della fibra. (e) Introduzione del-
l'impulso di luce. (d) Riflessione interna di un raggio di luce. (e) Uscita dell'impulso di luce. (Da
S. R. Nagel, IEEE Communications Magazine, Voi. 25, No.4, p. 34, 1987.)
22.5 Rifrazione • 713

Essendo i metalli opachi e molto riflettenti, assumono il colore determinato dalle lun-
ghezze d'onda della radiazione riflessa e non assorbita. Un aspetto argenteo brillante alla luce
bianca indica che il metallo è fortemente riflettente nell'intero spettro del visibile. In altre
parole, la composizione dei fotoni del raggio riflesso riemessi, in termini di frequenza e di
numero, è approssimativamente la stessa del raggio incidente. Alluminio ed argento sono due
metalli che manifestano questo comportamento di riflessione. Rame ed oro appaiono
rosso----arancioe giallo, rispettivamente, poiché alcune delle energie associate con i fotoni di
luce, avendo lunghezze d'onda corte, non vengono riemesse come luce visibile.

'
PROPRIETAOTTICHEDEI NONMETALLI========================
In base alla struttura delle loro hande elettroniche di energia, i materiali non metallici possono
essere trasparenti alla luce visibile. Ne consegue che, oltre alla riflessione ed ali' assorbimento,
si devono anche prendere in considerazione i fenomeni di trasmissione e di rifrazione.

22.5 RIFRAZIONE

La luce che viene trasmessa attraverso un materiale trasparente perde di velocità e, come
risultato, all'interfaccia cambia direzione; questo fenomeno viene denominato rifrazione.
L'indice di rifrazione n di un materiale è definito come il rapporto fra la velocità della luce
nel vuoto e e la velocità nel mezzo v:

e
n=~ (22.7)
V

Il valore di n (o grado di deflessione) dipende dalla lunghezza d'onda della luce. Questo
effetto viene dimostrato graficamente dalla familiare dispersione, ovvero separazione, da
parte di un prisma, di un raggio di luce bianca nei suoi componenti di colore. Ciascun colore
viene deviato di una differente quantità non appena passa attraverso ed esce dal vetro, con
conseguente separazione dei colori. L'indice di rifrazione influenza non solo il cammino otti-
co della luce, ma, come spiegato in precedenza, influenza anche la frazione di luce incidente
che viene riflessa dalla superficie.
Esattamente come l'Equazione 22.1 definisce il valore di e, una espressione equivalente
dà la velocità della luce v nel mezzo
1
..V=- {iµ (22.8)

dove E e µ., sono, rispettivamente, la permittività e la permeabilità proprie della sostanza.


Dall'Equazione 22.7, si ha

(22.9)

dove E,. e µ.,,sono, rispettivamente, la costante dielettrica e la permeabilità magnetica relative.


Dal momento che la maggior parte delle sostanze sono magnetiche solo debolmente,µ.,,= 1, e

(22.10)
730 • Capitolo 22 / Proprietà ottiche

le, essendo più grande alla periferia che non nel centro. Di conseguenza, i raggi di luce che
percorrono un cammino maggiore hanno maggiore velocità perché attraversano un materiale
con indice più basso e giungono all'uscita all"incirca nello stesso tempo dei raggi non devia-
ti che passano per la zona centrale del nucleo.
In via del tutto eccezionale si possono fabbricare fibre di alta purezza e qualità usando
tecniche di processo avanzate e sofisticate, che non saranno discusse in questa sede.
Impurezze ed altri difetti che assorbono, diffondono e attenuano i raggi di luce devono
comunque essere eliminati. La presenza di rame, ferro e vanadio è particolarmente dannosa;
la loro concentrazione deve essere ridotta a qualche parte per miliardo. Allo stesso modo
sono estremamente basse acqua e contaminanti idrossilici. L'uniformità delle dimensioni
della sezione trasversale della fibra e della circonferenzialità del nucleo sono critiche; le tol-
leranze possibili per questi parametri sono di un micrometro su 1 km di lunghezza. Devono
essere inoltre eliminate bolle all'interno del vetro e difetti superficiali. L'attenuazione della
luce in questo materiale vetroso è impercettibilmente bassa. Per esempio, la perdita di poten-
za attraverso sedici chilometri di spessore di vetro di fibra ottica è equivalente alla perdita di
potenza di venticinque millimetri di spessore di vetro normale da finestra!

S(DDIAR IO

Il comportamento ottico di un materiale solido è funzione della sua interazione con le radia-
zioni elettromagnetiche di lunghezza d'onda compresa nella regione dello spettro del visibi-
le. I possibili fenomeni di interazione comprendono la rifrazione, la riflessione, l'assorbi-
mento e la trasmissione della luce incidente.
I metalli appaiono opachi in quanto assorbono e riemettono le radiazioni luminose entru
uno strato superficiale molto sottile. L'assorbimento si verifica mediante eccitazione di elet-
troni da stati di energia occupati a stati non occupati al di sopra del livello di energia di Fermi.
La riemissione avviene per transizione degli elettroni che decadono nella direzione inversa.
La percezione del colore di un metallo viene determinata dalla composizione spettrale della
luce riflessa.
Tmateriali non metallici sono intrinsecamente trasparenti o opachi. L'opacità è propria dei
materiali che hanno banda di separazione relativamente ristretta ed è dovuta ad un facile
assorbimento di energia, per cui è sufficiente l'energia di un fotone per promuovere le transi-
zioni degli elettroni dalla banda di valenza alla banda di conduzione. I non metalli trasparen-
ti hanno bande di separazione maggiori di 3 eV.
Negli isolatori con larga banda di separazione che contengono impurezze, sono possibili
processi di decadimento che coinvolgono gli elettroni eccitati negli stati all'interno della
banda di separazione con emissione di fotoni aventi energie inferiori all'energia della banda
di separazione. Questi materiali appaiono colorati ed il colore dipende dalla distribuzione
dell'intervallo di lunghezze d'onda nel raggio trasmesso.
!\ei materiali trasparenti le radiazioni luminose subiscono rifrazione; cioè, la loro velocità
viene ritardata ed ali 'interfaccia il raggio di luce viene deviato. L'indice di rifrazione è il rap-
porto fra la velocità della luce nel vuoto e nel mezzo considerato. Il fenomeno della rifrazio-
ne è conseguenza della polarizzazione elettronica degli atomi o degli ioni, che viene indotto
dal campo elettrico componente l'onda di luce.
Quando la luce passa da un mezzo trasparente ad un altro con un differente indice di rifra-
zione, viene in parte riflessa ali 'interfaccia. Il grado di riflettanza dipende sia dagli indici di
rifrazione dei due mezzi che dall'angolo di incidenza.
Assorbimenti di luce compaiono anche nei materiali trasparenti in conseguenza della
polarizzazione elettronica.
I materiali normalmente trasparenti possono diventare traslucidi o anche opachi se il rag-
Domande e problemi • 731

gio di luce incidente subisce riflessione e/o rifrazione verso l'interno. Si può verificare tran-
slucenza e opacità come risultato della diffusione interna (1) nei materiali policristallini che
hanno indice di rifrazione anisotropo, (2) nei materiali bifasici, (3) nei materiali contenenti
piccoli pori e (4) nei polimeri altamente cristallini.
Sono stati anche discussi altri tre importanti fenomeni ottici: la luminescenza, la fotocon-
duttività e 1'amplificazione di luce per emissione stimolata di radiazione (lase.r). Con la lumi-
nescenza l'energia viene assorbita in conseguenza di eccitazione di elettroni e viene riemes-
sa come luce visibile. La conduttività elettrica di alcuni semiconduttori può essere incremen-
tata da transizioni di elettroni fotoindotte, in cui si generano elettroni liberi e lacune aggiun-
tive. Nei laser vengono prodotti raggi di luce coerenti e di elevata intensità mediante transi-
zioni di elettroni stimolate.
Questo capitolo si conclude con una discussione sull'uso delle fibre ottiche nelle moder-
ne telecomunicazioni. Con la tecnologia a fibre ottiche la trasmissione delle informazioni è
esente da interferenze, rapida ed intensa.

T.ERMl'.\I E CONCETTI DI PORTAI\Tl

Assorbimento Fotone Stato eccitato


Colore Indice di rifrazione Stato fondamentale
Costante di Panck Laser Traslucido
Elettroluminescenza Luminescenza Trasmissione
Fluorescenza Opaco Trasparente
Fosforescenza Riflessione
Fotoconduttività Rifrazione

BIBLIOGRAFIA

Azaroff, L. V. and J. J. Brophy, Electronic Processes in Ralls, K. M. T. H. Courtney, and J. Wulff, lntroduction
Materials, McGraw-Hill Book Company, New to Materials Science and Engineering, John Wiley
York, 1963, Chapter 14. Riprodotto da TechBooks, & Sons, New York, 1976, Chapter 27.
Manetta, OH. Rowell, J. M., "Photonic Materials," Scientific
Ja van, A., "The Optical Properties of Materials," American, Voi. 255, No.4, October 1986, pp.
Scientific American, Voi. 217, No. 3, September 146-157.
1967, pp. 238-248.
Kingery, W.D., H. K. Bowen, and D. R. Uhlmann,
lntroduction to Ceramics, 2nd edition, John Wiley
& Sons, New York, 1976, Chapter 13.

DOMANDE E PROBLEMI

22.1 Discutere brevemente le somiglianze e le diffe- 22.3 La luce visibile con una lunghezza d'onda di
renze tra fotoni e fononi. 6 x 10-7 mappare arancione. Calcolare la frequen-
22.2 Le radiazioni elettromagnetiche possono essere za e l'energia di un fotone di questa luce.
trattate da un punto di vista classico o con la mec- 22.4 Distinguere, in base alla loro apparenza ed alla
canica quantistica. Confrontare brevemente i due trasmittanza della luce, i materiali opachi, traslu-
punti di vista. cidi e lrasparenli.
732 • Capitolo 22 I Proprietà ottiche

22.5 (a) Descrivere brevemente il fenomeno della semiconduttori di germanio e di silicio? Perché o
polarizzazione elettronica dovuto a radiazione perché no? Le loro bande di separazione sono date
elettromagnetica. (b) Indicare due conseguenze nella Tabella 19.2.
della polarizzazione elettronica nei materiali tra- 22.17 Il tellururo di zinco ha una banda di separazione
sparenti. di 2.26 eV. In quale intervallo di lunghezze d'on-
22.6 (a) In qual modo, nei materiali ionici, la dimen- da della luce visibile t: trasparente?
sione degli ioni componenti influenza l'ampiezza 22.18 Spiegare brevemente perché l'ampiezza del coef-
della polarizzazione elettronica? (b) Quale dei ficiente di assorbimento (/3nell'Equazione 22.18)
seguenti ossidi, se aggiunto alla silice fusa (SiO 2), dipende dalla lunghezza d'onda della radiazione.
ne aumenta l'indice di rifrazione: Al 2 O 3 , TiO 2 , 22.19 La frazione di radiazione non riflessa che viene
NiO, MgO? Perché? Ti puoi aiutare con la Tabella trasmessa attraverso uno spessore di 10 mm di un
13.3. materiale trasparente è 0.90. Se si aumenta lo
22.7 (a) Spiegare brevemente perché i metalli sono spessore a 20 mm, quale sarà la frazione di luce
opachi alle radiazioni elettromagnetiche avendo trasmessa?
energie fotoniche all'interno della regione visibile 22.20 Derivare l'Equazione 22.19, a partire dalle altre
dello spettro. (b) Perché i metalli sono trasparenti espressioni date in questo capitolo.
alle radiazioni di alta frequenza x e -y? 22.21 La trasmissività T di un materiale trasparente
22.8 Può un materiale avere un indice di rifrazione spesso 20 mm per luce che incide normalmente è
minore di uno? Perché o perché no? 0.85. Se l'indice di rifrazione di questo materiale
22.9 Calcolare la velocità della luce nel fluoruro di cal- è 1.6, calcolare lo spessore del materiale che porta
cio (CaF 2), che ha una costante dielettrica E, di ad una trasmissività di 0.75. Si devono considera-
2.056 (a frequenze comprese nel campo visibile) e re tutte le perdite per riflessione.
suscettività magnetica di -1.43 x 10--'. 22.22 Spiegare brevemente cosa determina il colore
22.10 Gli indici di rifrazione della silice fusa e di un caratteristico di (a) un metallo e (b) un non metal-
vetro calce-sodico nello spettro visibile sono, lo trasparente.
rispettivamente, 1.458 e 1.51. Per ognuno di que- 22.23 Spiegare brevemente perché alcuni materiali tra-
sti materiali determinare la frazione della costante sparenti appaiono colorati mentre altri sono inco-
dielettrica relativa a 60 Hz che è dovuta alla pola- lori.
rizzazione elettronica, usando i dati della Tabella 22.24 L'indice di rifrazione del quarzo è anisotropo.
19.4. Trascura gli effetti di polarizzazion_i di Supporre che la luce visibile passi da un grano
orientazione. all'altro di differente orientazione cristallografica
22.11 Usando i dati della Tabella 22.1, stimare le costan- e ad incidenza normale al bordo del grano.
ti dielettriche per il vetro di silice (silice fusa), Calcolare la riflettività al bordo del grano se gli
vetro calce-sodico, politetrafluoroetilene, polieti- indici di rifrazione per i due grani sono 1.544 è
lenee polistirene e confrontare questi valori con 1.553.
quelli riportati nella Tabella 19.4. Descrivere bre- 22.25 Spiegare brevemente perché i polimeri amorfi
vemente ogni disaccordo. sono trasparenti, mentre quelli prevalentemente
22.12 Descrivere brevemente il fenomeno della disper- cristallini appaiono opachi o, nella migliore delle
sione in un mezzo trasparente. ipotesi, traslucidi.
22.13 Si desidera che la riflettività della luce per inci- 22.26 (a) Descrivi brevemente, con tue parole, il feno-
denza normale alla superficie di un mezzo traspa- meno della luminescenza.
rente sia minore del 5%. Quale dei seguenti mate- (b) Qual è la distinzione fra fluorescente e fosfo-
riali della Tabella 22.1 è il più idoneo: vetro rescente?
calce-sodico, vetro pyrex, periclasio, spinello, 22.27 (a) Descrivi brevemente con tue parole il fenome-
polistirene e polipropilene? Giustificare la scelta. no della fotoconduttività. (b) Potrebbe il seleniuro
22.14 Spiegare brevemente come le perdite per rifles- di zinco semiconduttore, che ha una banda di
sione dei materiali trasparenti siano minimizzate separazione di 2.58 eV, essere fotoconduttivo se
mediante rivestimenti superficiali sottili. esposto alla radiazione di luce visibile? Perché o
22.15 Descrivere brevemente i tre meccanismi di assor- perché no?
bimento nei materiali non metallici. 22.28 Spiegare brevemente il funzionamento di un
22.16 Potranno essere trasparenti alla luce visibile i esposimetro fotografico.
Domande e problemi • 73 3

22.29 Descrivi, con tue parole, il funzionamento di un 1.42 e 2.25 eV, rispettivamente, e formano solu-
laser al rubino. zioni solide in tutte le proporzioni. Inoltre, la
20.30 Calcolare la differenza di energia tra gli stati elet- banda di separazione della lega cresce all'incirca
tronici fondamentale e metastabile per il laser al linearmente con l'aggiunta del GaP (in moli%).
rubino. Leghe di questi due materiali sono usati per diodi
emettitori di luce (led) in cui la luce viene genera-
Problemi di progettazione ta mediante transizioni elettroniche dalla banda di
valenza alla banda di conduzione. Determinare la
22.D1 L'arseniuro di gallio (GaAs) ed il fosfuro di gallio composizione di una lega GaAs-GaP che emette
(GaP) formano semiconduttori, hanno energie di luce arancione con una lunghezza d'onda di 0.60
banda di separazione a temperatura ambiente di µ,m.
In questa fotografia viene mostrato l'atterraggio della Navetta Spaziale Orbitante Atluntìs. Qu ..sto
capitolo tratterà anche dei materiali utilizzati per il sistema di protezione termico della struttura
esterna dello Space Shuttle. (Fotografia gentilmente con~e•sa dal National Aeronautic8 and Space
Adminislration (NASA)].

Perché è importante studiare la Selezione dei materiali e le


co11sider(lzio11i sulla progettazione?

Uno dei compiti probabilmente più importanti che wi studente di i.ni;egneria familiarizzi e faccia pratica
ingegnere può essere chiamato ad eseguire, nella pro- le procedure e con i protocolli che normalmente
gettazione di un componente, è quello della selezione gono utilizzati in questo processo. Questo caJJ
dei materiali. Decisioni non appropriate o sbagliate tratta le questioni relative alla selezione dei mat,
possono essere disastrose da rn1 punto di ,ista sia eco- in numerosi contesti e da diverse prospettive.
nomico che di sicurezza. È essenziale, quindi, che lo

734
Obiettivi di apprendimento

Dopo aver studiato questo capitolo, dovresti esso>r.- in grado di fare le seguenti cose:

I. Descrivere come è determinato l'indice di presta- 6. (a) Dare un nome ai tre componenti del sistema di
zioni di resistenza per un albero pieno cilindrico. protezione termico della Navetta Spaziale
2. Descrivere il modo in cui, durante il processo di Orbitante. (b) Descrivere la composizione, la
scelta, sono impiegate le tavole di selezione dei microstruttura e le proprietà generali delle pia-
materiali. strelle ceramiche che sono utilizzate sullo Space
3. Descrivere, brevemente, gli accorgimenti che Shuttle.
sono utilizzati per accertare se una particolare lega 7. Descrivere i componenti e le relatfre funzioni, di
metallica è adatta all'uso per molle di valvole di un circuito integrato.
un'automobile. 8. (a) Dare un nome e descrivere in breve i tre pro-
4. Elencare e spiegare, in breve, sei aspetti concer- cessi che Yengono eseguiti durante l'assemblaggio
nenti la biocompatibilità dei materiali che sono di circuito integrato. (h) Prendere nota dei requi-
impiegati nelle protesi d'anca artificiali. siti di proprietà per ognuno di questi processi e,
5. Dare un nome ai quattro componf'nti costituenti inoltre, citare almeno due materiali che sono nor-
l'anca artificiale e, per ognuno, elencare le sue malmente impiegati.
caratteristiche specifiche.

23.1 ll.\'TRODUZIOJ\"E

L'intero libro fino a questo punto si è occupato delle proprietà di diversi materiali, di come
tali proprietà, per un determinato materiale, dipendono dalla sua struttura e, in molti casi, di
come la struttura può essere influenzata dal processo di produzione. Ultimamente, nella
pedagogia ingegneristica, c'è stata una tendenza a sottolineare l'elemento progettazione. Per
uno scienziato dei materiali o per un ingegnere dei materiali, la progettazione può riguardare
numerosi contesti. Prima di tutto, può significare progettare nuovi materiali che hanno com-
binazioni di proprietà inedite. Oppure, la progettazione può rivolgersi alla scelta di un nuovo
materiale che ha una combinazione di proprietà migliori per una determinata applicazione; la
scelta del materiale non può essere fatta senza tener conto dei processi manifatturieri neces-
sari (per esempio. la formatura, la saldatura, ecc.), che ne influenzeranno anche le proprietà.
La progettazione, infine, potrebbe rivolgersi allo sviluppo di un processo per la produzione
di un materiale avente proprietà migliori.
Una tecnica particolannente efficace per insegnare i principi della progettazione è lo stu-
dio di un caso reale (caso-studio). Con questa tecnica, le soluzioni a problemi di ingegneria
della vita reale vengono analizzate con attenzione ed in dettaglio, in modo che lo studente
possa osservare le procedure e la logica che sono coinvolte nel processo di decisione.
Abbiamo scelto di eseguire cinque casi-studio che si basano sui principi introdotti nei capi-
toli precedenti. Questi cinque studi coinvolgono materiali che sono utilizzati per i seguenti
scopi: (I) asse cilindrico sottoposto a sforzi torsionali; (2) molla per valvola di un'automobi-
le; (3) protesi d'anca artificiale; (4) sistema di protezione termico sullo Space Shuttle e (5)
assemblaggio di un circuito integrato assemblato.

SCELTA
DEI MATERIALI
PERUN ALBEROCILINDRICO
SOTTOPOSTOA SFORZOTORSIONALE
Iniziamo il processo di progettazione con la selezione dei materiali. Per una determinata
applicazione occorre scegliere un materiale avente una proprietà desiderabile o ottimale o
una combinazione di proprietà. Elementi di questo processo di selezione riguardano la defi-
nizione dei vincoli del problema e, da questi, la definizione dei criteri che possono essere
adottati per massimizzare le prestazioni.

735
736 • Capitolo 23 / Selezione dei materiali e considerazioni sulla progettazione

Il componente o l'elemento strutturale che abbiamo scelto di discutere è un albero cilin-


drico pieno, soggetto ad uno sforzo di tipo torsionale. Verrà considerata in dettaglio la resi-
stenza del! 'albero e saranno sviluppati i criteri per la sua massimizzazione in rapporto sia alla
minima massa di materiale che al minimo costo. Saranno, inoltre, discussi brevemente altri
parametri e proprietà che possono essere importanti nel processo di selezione.

23.2 RESISTENZA

Per questa parte del problema, stabiliremo un criterio di selezione di materiali leggeri e resi-
stenti. Supporremo che il momento torcente e la lunghezza dell'albero siano assegnati, men-
tre il raggio (o l'area della sezione trasversale) potrà essere variato. Sviluppiamo un'espres-
sione per la massa di materiale richiesta in termini di momento torcente, lunghezza dell'al-
bero, densità e resistenza del materiale. Utilizzando questa espressione, sarà possibile valu-
tare le prestazioni - cioè massimizzare la resistenza dell'albero sottoposto a sforzo torsiona-
le rispetto alla massa e, inoltre, rispetto al costo del materiale.
Consideriamo l'albero cilindrico di lunghezza Le di raggio r, come mostrato nella Figura
23.l. L'applicazione di un momento torcente (o torsione), M,, produce un angolo di torsione
Lo sforzo dì taglio r al raggio r è definito dall'equazione
<J,.

r= Mr (23.1)
J
Dove J è il momento di inerzia polare, che per un cilindro solido è

nr 4
(23.2)
J;;;-2-
Perciò,
y-;;--
2M, (23.3)
Jf?

La progettazione in sicurezza dell'albero comporta che questo sia in grado di sostenere dei
momenti torcenti senza fratturarsi. Per stabilire un criterio di selezione dei materiali, in modo
da avere un materiale leggero e resistente, sostituiamo lo sforzo di taglio nell'Equazione 23.3
con la resistenza al taglio del materiale, Tj, divisa per un fattore di sicurezza N, cioè

~- 2M,
N -~ (23.4)
È ora necessario prendere in considerazione la massa del materiale. La massa m di una
quantità data di materiale si ottiene dal prodotto della sua densità (p) per il suo volume. Dato
che il volume di un cilindro è !r?L, si avrà

m = Jr?Lp (23.5)

Fu;na 2:{. l Albero cilindrico pieno


soggetto ad un angolo di torsione </)in
risposta all'applicazione di un momento
torcente M,.

t*------L------+i
23.2 Resistenza • 737

Il raggio dell'albero in funzione della sua massa, diventa

(23.6)
r=~

La sostituziom: ùi questa espressione dir nell'Equazione 23.4 conduce a

'!f..= 2M,

N rr(~Y (23.7)

=2M,ff!J-
Risolvendo questa espressione per la massa m si ha

(23.8)

I parametri sul lato destro di questa equazione sono suddivisi in tre gruppi di parentesi. Quelli
contenuti nel primo gruppo (cioè, N ed M), si riferiscono al funzionamento in condizioni di
sicurezza dell'albero L, mentre le seconde parentesi definiscono un parametro geometrico.
La densità e la resistenza del materiale, infine, sono contenute nell'ultimo gruppo.
Le conclusioni ricavabili dall'Equazione 23.8 sono che i migliori materiali utilizzabili per
un albero leggero, che può sostenere in sicurezza un determinato momento torcente, sono
quelli che hanno rapporti p/-c/'3bassi. In termini di idoneità del materiale, è talvolta preferi-
bile lavorare con quello che è definito indice di prestazione, P, che è il reciproco di questo
rapporto, cioè

(23.9)

In questo contesto vogliamo utilizzare un materiale che ha un elevato indice di prestazione.


A questo punto diventa necessario esaminare gli indici di prestazione di un certo numero
di potenziali materiali. Questa procedura è accelerata dall'utilizzo di quelle che sono defini-
te tam/e di selezione dei materiali 1, cioè delle rappresentazioni grafiche dell'andamento di
una proprietà del materiale nei confronti di un'altra. Entrambi gli assi sono in scala logarit-
mica e di solito si estendono per circa cinque ordini di grandezza, in modo tale da compren-
dere praticamente le proprietà di tutti i materiali. Ad esempio, per il nostro problema, la tavo-
la di interesse è data dal logaritmo della resistenza in funzione del logaritmo della densità,
mostrata nella Figura 23.2. 2 Si può notare come su questo diagramma i materiali di un parti-
colare tipo (per esempio, i diversi tipi di legno, i polimeri, ecc.) si raggruppano insieme e
sono racchiusi ali 'interno di una zona evidenziata da una linea in grassetto. Le sottoclassi,
all'interno di questi gruppi, sono racchiuse da linee più sottili.

' Una raccolta esaustiva di queste tavole può essere trovata in M. F. Ashby, Materials Se/ection in
Mechanical Design, Pergamon Press, Oxford, 1992.
1 Per quanto riguarda i metalli ed i polimeri, come resistenza è stato preso il carico di snervamento, per

i ceramici ed i vetri la resistenza a compressione, per gli elastomeri la n:sisknza allo strappo e per i
compositi la resistenza a trazione.
' Selezione dei materiali e considerazioni sulla progettazione

Ceramici
ingegneristici

Compositi
ingegneristici

/
/
Sezioni
/olimeriche

0.3 3 IO 3(
Densità (Mglm')

Flct,RA23.2 Tavola di selezione resistenza in funzione della densità. Sono state tracciate le linee
guida di progetto per indici di prestazioni di 3, 1O, 30 e I 00 (MPa) 213m3/ Mg, aventi tutte una pen-
denza di ~- (Da M. F. Ashby, Materials Selection in Mechanical Design. Copyright © 1992.
Ristampa autorizzata da Butterworth-Heinemann Ltd.)

Prendendo, ora, il logaritmo di entrambi i membri dell'Equazione 23.9 e riordinando si ha

log r1 = 1log p + 1log P (23.10)

Questa espressione ci dice che il grafico del log lj in funzione del log p fornirà una famiglia di
linee diritte e parallele aventi tutte pendenza pari a 1;ogni linea nella famiglia corrisponde a
un indice di prestazioni P diverso. Queste linee vengono definite linee f?Uidadi progetto; nella
Figura 23.2 ne sono state tracciate quattro, per valori di P di 3, 1O,30 e 100 (MPa)213m 3/ Mg. I
23.2 Resistenza • 73

materiali che giacciono su una di queste linee hanno tutti buone prestazioni in termini di rei
stenza per unità di massa; i materiali le cui posizioni giacciono al di sopra di una linea partic
lare, avranno indici di prestazioni più alti di quelli che giacciono al di sotto di tale linea. P
esempio, un materiale sulla linea P = 30 avrà la stessa resistenza, ma con una massa inferio
di un terzo, rispetto ad un altro materiale che giace lungo la linea P = l O.
li processo di selezione implica, a questo punto, la scelta di una di queste linee, una "lim
di selezione", che comprende diverse categorie di questi materiali; per lo scopo in argome
to scegliamo P = 10 (MPa) 213m 3/Mg, che è rappresentata nella Figura 23.3 dalla linea obliq1

Ceramici
ingegneristici leghe
ingegneristiche

Compositi
ingegneristici

3 MPa

porosi

Schiume
polimeriche

0.3 3 10 3(
Densità (Mg/m'I

FIGIR\ 2:-c~Tavola di selezione dei materiali della resistenza in funzione della densità. Qm
materiali che giacciono all'interno della regione ombreggiata sono candidati accettabili per u
albero cilindrico pieno avente un indice di prestazioni massa-resistenza maggiore di 1,
(MPa)213m3/ Mg ed una resistenza di almeno 300 MPa. (Da M. F. Ashby, Materials Se/ection i
Mechanical Design. Copyright© 1992. Ristampa autorizzata da Butterworth- Heinemann Ltd.)
7 40 • Capitolo 23 / Selezione dei materiali e considerazioni sulla progettazione

in rosso. I materiali che giacciono lungo o sopra questa linea cadono nella "regione di ricer-
ca" del diagramma e sono possibili candidati per l'albero rotante. Tra gli altri, vi sono vari
legni, alcune plastiche, molte leghe, compositi, vetri e ceramici. In base a considerazioni
riguardo alla tenacità a frattura, tra le possibili alternative, i ceramici ed i vetri sono da scar-
tare.
Imponiamo un ulteriore vincolo al problema, ovvero che la resistenza dell'albero sia
uguale o maggiore di 300 MPa. Sulla tavola di selezione dei materiali tale vincolo corrispon-
de alla linea orizzontale, in rosso, in corrispondenza dei 300 MPa, Figura 23.3. La regione di
ricerca è ora ulteriormente ristretta all'area delimitata da queste due linee. Tutti i legni, tutti i
polimeri ed alcune leghe (cioè Mg e alcune leghe di Al), come pure alcuni compositi posso-
no essere scartati, come potenziali candidati, mentre gli acciai, le leghe di titanio, le leghe di
alluminio ad elevata resistenza ed altri compositi rimangono valide alternative.
A questo punto siamo in condizione di valutare e confrontare le prestazioni di resistenza'di
diversi materiali specifici. La Tabella 23.1 presenta la densità, la resistenza e l'indice di pre-
stazione di resistenza per tre leghe e due compositi, ritenuti candidati accettabili dall'analisi
effettuata utilizzando i materiali della tavola di selezione. In questa tavola la resistenza è stata
presa pari a 0.6 volte il carico di snervamento a trazione (per le leghe) e 0.6 volte la resistenza
a trazione (per i compositi); queste approssimazioni sono state nel'.essarie poiché siamo inte-
ressati alla resistenza a torsione e le resistenze torsionali non sono immediatamente disponi-
bili. Inoltre, peri due compositi, si è supposto che le fibre di vetro e di carbonio, continue ed al-
lineate, siano avvolte in modo elicoidale (Figura 17.14) con un angolo di 45° rispetto all'asse
dell'albero. I cinque materiali nella Tabella 23.1 sono classificati secondo l'indice di presta-
zione di resistenza, dal più alto al più basso: i compositi rinforzati con fibra di carbonio e con
fibra di vetro sono seguiti dall'alluminio, dal titanio e dall'acciaio 4340.
Un'altra considerazione importante nel processo di selezione riguarda il costo del mate-
riale. In situazioni di ingegneria reali, l'economia dell'applicazione è spesso il fattore guida
e normalmente quello che detterà la scelta del materiale. Un modo per determinare il costo
dei materiali consiste nel moltiplicare il prezzo (per unità di massa) per la massa di materia-
le richiesta.
Le considerazioni sul costo di questi restanti cinque materiali, acciaio, alluminio, leghe di
titanio ed i due composti, sono presentate nella Tabella 23.2. Nella prima colonna è tabulato

Taht->lla2:J. l Densità (p), resistenza (,:1), indice di prestazione (P) per cinque
materiali ingegneristici

Materiale p T/ T1 mfp=P
(Mglm') (MPa) [(MPa)l.f3 m3/Mg]

Composito rinforzato con fibre di carbonio


(frazione di fibre: 0.65)" 1.5 1140 72.8
Composito rinforzato con fibre di vetro
(frazione di fibre: 0.65)" 2.0 1060 52.0
Lega d'alluminio (2024-T6) 2.8 300 16.0
Lega di titanio (Ti-6Al--4V) 4.4 525 14.8
Acciaio 4340
(temprato in olio e rinvenuto) 7.8 780 10.9

'Le fibre in questi compositi sono continue, allineate ed avvolte in modo elicoidale con un angolo di 45°
rispetto all'asse dell'albero.
23.3 Altre com,iderazìoni sulle proprietà e decisione finale • 7 41

Tahd1a 2:~.2 Tabulazione dei rapporti plT:f'3 , dei costi relativi (e) e del prodotto di phr 1 per (e) per cin-
que materiali ingegneristici" \

Materiale plrj" e c(plr:/ 3>


[lfr'{Mgl(MPa)2"m·'}] ( I ) [lfr 2( I ){Mgl(MPa)"·'m·'}]

Acciaio 4340 (temprato in olio e rinvenuto) 9.2 5 46


Composito rinforzato con fibre di vetro
(frazione di fibre: 0.65)" 1.9 40 76
Lega di alluminio (2024-T6) 6.2 15 93
Composito rinforzato con fibre di carbonio
(frazione di fibre: 0.65)" 1.4 80 112
Lega di titanio (Ti--6Al-4V) 6.8 110 748

0 Il costo relativo è il rapporto tra il prezzo per unità di massa del materiale in esame e quello dell'acciaio a basso tenore di carbonio.
• Le fibre in questi composti sono continue, allineate ed avvolte in modo elicoidale con un angolo di 45° rispetto all'asse dell'albero.

p!r/ 3• La colonna successiva elenca il costo relativo approssimato, indicato come e; questo
parametro è semplicemente il costo del materiale per unità di massa diviso il costo per unità
di massa dell'acciaio a basso tenore di carbonio, uno dei materiali ingegneristici più comuni.
La logica per cui si utilizza e è che, mentre il prezzo di un materiale specifico varierà nel
tempo, il rapporto tra il prezzo di que] materiale ed un altro cambierà, molto probabilmente,
più lentamente.
Infine, la colonna di destra della Tabella 23.2 mostra il prodotto di ph/ 3 e di c. Questo
prodotto fornisce un confronto tra i diversi materiali sulla base del costo per un albero cilin-
drico che resiste ad un momento torcente applicato M,. Utilizziamo questo prodotto dato che
plT/3 è proporzionale alla massa di materiale richiesto (Equazione 23.8) e e è il costo relati-
vo per unità di massa. Il più economico, dei materiali elencati, è l'acciaio 4340, seguito dal
composito rinforzato con fibra di vetro, dalla lega di alluminio 2024-T6, seguito dal compo-
sito rinforzato con fibra di carbonio e dalla lega di titanio. Perciò, se prendiamo in conside-
razione l'aspetto economico, si ottiene una significativa modifica della graduatoria all'inter-
no dello schema. Ad esempio, poiché il composito rinforzato con fibra di carbonio è relati-
vamente caro, sarà anche il materiale meno desiderabile o, in altre parole, il costo più alto di
questo materiale può avere più importanza dell'incremento di resistenza che questo fornisce.

.23.3 ALTRE CONSlDERAZlOl\l SllLLE PROPRIETJ\ E DF.CISIOl\"R FINALR

Nel processo di selezione dei nostri materiali abbiamo considerato, finora, solo la loro resi-
stenza. Altre proprietà, relative alle prestazioni dell'albero cilindrico, possono essere impor-
tanti - ad esempio, la rigidezza e, se l'albero è posto in rotazione, i] comportamento a fatica.
Dovrebbero, inoltre, essere considerati i costi di produzione che, nella nostra analisi, sono
invece stati trascurati.
Relativamente alla rigidezza, potrebbe essere condotta un'analisi, simile a quella sopra
riportata, delle prestazioni di rigidezza rispetto alla massa. In questo caso, l'indice di presta-
zione di rigidezza P, è

,7.f""
P=--
' p (23.11)

dove G è il modu]o di tag1io. Ne] processo di selezione verrà anzitutto utilizzata la tavola di
7 42 • Capitolo 23 / Selezione dei materiali e considerazioni sulla progettazione

selezione dei materiali appropriata (log G in funzione del log p). Successivamente, verranno
raccolti l'indice delle prestazioni ed i dati di costo per unità di massa dei materiali candidati
specifici; da queste analisi i materiali saranno classificati sulla base delle prestazioni di rigi-
dezza e di costo.
Nella scelta del materiale migliore, può essere utile comporre una tavola che riporta i
risultati dei diversi criteri adottati. La tabulazione dovrebbe includere, per ogni criterio e per
tutti i materiali candidati, l'indice delle prestazioni, il costo, ecc., così come commenti rispet-
to a qualsiasi altra importante considerazione. Questa tavola metterà in risalto gli argomenti
importanti ed agevolerà il processo di decisione finale.

MOLLAPER VALVOLA
DI AUTOMOBILE
23.4 ll\TRODl~ZIONE

La funzione di base di una molla è di immagazzinare energia meccanica come deformazione


elastica e di restituirla successivamente quando si ridistende. In questa sezione sono discus-
se molle elicoidali che vengono normalmente utilizzate nei materassi, nelle penne retrattili e
nelle sospensioni delle automobili. Verrà condotta un'analisi degli sforzi su questo tipo di
molla ed i risultati saranno quindi applicati ad una molla per valvola utilizzata nei motori di
automobile.
Si consideri la molla elicoidale mostrata nella Figura 23.4, costruita con un filo di diame-
tro d; il diametro della spira è indicato con D. L'applicazione di una forza di compressione F
causa una forza torcente, ovvero un momento torcente, indicato con T, come mostrato nella
figura. La risultante sarà una combinazione di sforzi di taglio, la cui somma, -r,è

(23.12)

dove K., è una costante, indipendente dalla forza, funzione del rapporto Dld:

D )---0.140
Kw= 1.60 (d. (23.13)

F1GL Il-\ 23.-1 Diagramma


schematico di una molla elicoi-
dale soggetta al momento flet-
tente T dovuto alla forza di
compressione F. (Da K.
Edwards and P. McKee,
Fundamentals of Mechanical
Component Design. Copyright
© 1991 by McGraw-Hill, Inc.
Riproduzione autorizzata da
The McGraw-Hill Companies.)
23.5 Molla per valvola di automobile • 743

(ai (b)

F1u1rn 23.5 Diagramma schematico di una spira di una molla elicoidale, (a) prima di essere
compressa e (b) in cui è visibile la deformazione b,.prodotta dalla forza di compressione F. (Da K.
Edwards and P. McKee, Fundamentals of Mechanical Component Design. Copyright © 1991 by
McGraw-Hill, lnc. Riproduzione autorizzata da The McGraw-Hill Companies.)

In risposta alla forza F, la molla subirà una deformazione, che si assume essere totalmen-
te elastica. L'intensità della deformazione per spira, éJ,.,come indicato nella Figura 23.5, è
data dall'espressione

(23.14)

dove G è il modulo di taglio del materiale con cui è fatta la molla. Inoltre, b, può essere cal-
colata dalla deformazione totale della molla, éJ,,e dal numero di spire efficaci, Ne, cioè

(23.15)

Ora, risolvendo per F l'Equazione 23.14 si ha

F- if b,G (23. I 6)
- 8D 3
e sostituendo F nell'Equazione 23.12

,: t: ,; <K·-
I5~:<J;tt
...-.·' .'-:;r.. -.- ...... (23.17)

In circostanze normali, si richiede che una molla non subisca alcuna defonnazione per-
manente durante la fase di carico; questo significa che il membro a destra dell'Equazione
23 .17 deve essere minore della resistenza di snervamento a taglio r,.del materiale della molla
ovvero che

-,;:> lJ-Gd
y,~-w
." . K (23.18)

23.5 MOLLA PER VALVOLA DI Al~TOMOBILE

Applicheremo ora i risultati della sezione precedente ad una molla di una valvola di automo-
bile. La Figura 23.6 mostra la sezione schematica di un motore di automobile in cui sono visi-
bili le varie molle. Da un punto di vista funzionale, le molle permettono alle valvole di ingresso
7 44 • Capitolo 23 / Selezione dei materiali e considerazioni sulla progettazione

·FrGURA 23.6 Disegno di una


sezione di un motore di automobi-
Camma
le in cui vengono mostrati i diver-
si componenti, tra cui le molle
Albero a camme
delle valvole.

Molla della
valvola

Valvola di
scarico
Valvola di
aspi razione

Pistone

Albero a gomiti

e di scarico di aprirsi e chiudersi alternativamente quando il motore è in funzione. La rotazione


dell'albero a camme fa in modo che la valvola si apra e la sua molla venga compressa, e che
quindi il carico su quest'ultima aumenti. L'energia immagazzinata nella molla esercita una
forza sulla valvola che la fa chiudere progressivamente man mano che l'albero a camme con-
tinua nella sua rotazione. Questo processo interessa ogni valvola ad ogni ciclo del motore e,
durante l'intera vita del motore, si verifica perciò molte milioni di volte. Durante il normale
funzionamento, la temperatura delle molle raggiunge gli 80°C circa.
Nella Figura 23.7 viene mostrata una fotografia di una tipica molla di una valvola. La
molla ha una lunghezza totale di 42 mm, è costruita mediante un filo avente un diametro d di
4.3 mm, ha sei spire (di cui solamente quattro attive) e ha un diametro D di 27 mm. Quando
la valvola è completamente chiusa la sua molla è compressa per un totale di 6.1 mm, il che
significa che la deformazione per spira o,c• Equazione 23.15, sarà di

o
or
= 6 · 1 mm
4 spire
= 1.5 mm/spira

L'escursione della camma è di 7.6 mm, quindi quando la camma apre completamente la val-
vola, la molla subisce una deformazione totale massima uguale alla somma della escursione
della valvola e della deformazione di compressione, cioè, 7.6 mm+ 6.1 mm= 13.7 mm.
Quindi, la deformazione massima per spira, om,• è

s:
u
mr
=13.7 . = 3.4 mm / spira
mm
4 spire
.
\ questo punto abbiamo tutti i parametr
:he è la richiesta resistenza a snervarne,
Il parametro d'interesse, tuttavia, ne
.ottoposta a sforzo ciclico durante le fa
,rogettazione, quindi, deve essere rivo
'atica che non lo snervamento del mat,
:liendo una lega metallica avente un Iir
lello sforzo ciclico a cui sarà sottoposi,
nalmente impiegati acciai speciali, che
Quando si utilizzano acciai legati m
nvertibile (cioè se rm= O, dove rmè lo
n conformità con l'Equazione 8.21 e cc
esi. In primo luogo che il limite di fati
,ia 31O MPa, a cui corrispondono circa
n corrispondenza di 103 cicli, per torsio
rs è la resistenza a trazione del materi,
1e). Il diagramma di fatica S-N (cioè, 1
mmero di cicli a rottura) per queste leg
Calcoliamo ora il numero di cicli a

Tempo
7 46 • Capitolo 23 / Selezione dei materiali e considerazioni sulla progettazione

F1GLRA 23.9 Ampiezza


dello sforzo di taglio in
"'ò 0.67TS funzione del logaritmo del
t:!
-g numero di cicli di fatica a
.2 rottura per leghe ferrose.
.,,,
ai

"'
N
N
Oi
·a_
E
<
310 MPa

10'
Cicli a fatica, N
(scala logaritmica)

minare se è possibile operare entro il limite di fatica della Figura 23.9 (cioè, se il numero di
cicli supera 106 ). A questo scopo, supponiamo che l'automobile, su cui è montata la molla,
percorra un minimo di 161000 km ad una velocità media di 64.4 km/h. ad un numero di giri
medio del motore di 3000 rpm (giri al minuto). Il tempo totale che l'automobile impiega per
percorrere questa distanza è 2500 ho 150000 minuti. A 3000 rpm, il numero totale di rivolu-
zioni è (3000 giri al minuto) (150000 minuti)= 4.5 x 10~giri e poiché ci sono 2 giri/ciclo, il
numero totale di cicli è 2.25 x IOx.Questo risultato significa che possiamo impiegare il limi-
te di fatica come sforzo di progetto, dato che la soglia del ciclo limite è stata superata per una
distanza di viaggio di 161000 km (cioè, poiché 2.25 x 108 cicli> 106 cicli).
Questo problema, inoltre, è complicato dal fatto che il ciclo di sforzo non è completa-
mente invertibile (cioè, T,,,-::;,.0) in quanto tra le deformazioni minime e massime, la molla
rimane in compressione; perciò, il limite di fatica di 3 IO MPa non è valido. Quello che dob-
biamo fare, come prima cosa, è un'estrapolazione appropriata del limite di fatica per T,,,-::;,.O
e quindi calcolare e confrontare questo limite con l'ampiezza dello sforzo attuale della molla;
se l'ampiezza dello sforzo è significativamente al di sotto del limite estrapolato, allora la pro-
gettazione della molla è soddisfacente.
Un'estrapolazione ragionevole del limite di fatica per questa situazione, T"'-::;,.O, può esse-
re fatta utilizzando la seguente espressione (nota come legge di Goodrnan):

(23.19)

dove T01 è il limite di fatica per la tensione media T,.; T, è il limite di fatica per Tm = O (cioè
310 MPa); TS, di nuovo, è la resistenza a trazione della lega. Per determinare il nuovo limi-
te di fatica T" 1 dalla summenzionata espressione occorre calcolare sia la resistenza a trazione
della lega che lo sforzo medio per la molla.
Una lega comune per moUe è l'acciaio ASTM 232 al cromo-vanadio, avente una compo-
sizione di 0.48--0.53% in peso di C, 0.80-1.10% in peso di Cr, un minimo di 0.15% in peso
di V ed il rimanente Fe. Il filo della molla è trafilato a freddo (Sezione 12.2) al diametro
richiesto; di conseguenza, la resistenza aumenterà con il grado di trafilatura (cioè al diminui-
re del diametro). Per questa lega t: stato verificato sperimentalmente che, per il diametro d in
millimetri, la resistenza a trazione è
23.5 Molla per valvola di automobile • 747

TS (MPa) = 1230 (d)--0·167


(23.20)

d = 4.3 mm per questa molla,


TS = (1230)(4.3 cm) --().
167

= 1570 MPa
Il calcolo dello sforzo medio -r;,,è fatto utilizzando l'Equazione 8.21 modificata per la
situazione di tensione di taglio, cioè:
Tmin + Tmax.
T =--~--
"' 2 (23.21)

Diventa, a questo punto, necessario determinare le tensioni di taglio minime e massime per
la molla, utilizzando l'Equazione 23.17. Il valore rminpuò essere calcolato dalle Equazioni
23.17 e 23.13 in quanto è noto il èi, (cioè, èi".= 1.5 mm). Il modulo di taglio per l'acciaio è
preso pari a 79 GPa; questo valore valido a temperatura ambiente, lo è anche alla temperatu-
ra di servizio di 80°C. rffiillè quindi

= o,.cGd
rrD2
[ 1.60 (D)-
d
0 140
· ]
(23.22a)

=[ (1.5 mm)(79:i~:~;a)(4.3 mm) ] [ l. 60 ( :.~ :: t· 1 1


4f ]

= 282 MPa
Adesso i; 11,. può essere calcolato prendendo b, = èim,= 3.4 cm come segue:

'Tmax
OmcGd[
= rrD2 1.60
(D)-0.140]
d (23.22h)

= [ (3.4 mm)(79 x 10 1 MPa)(4.3 mm)


n(27 mm)2
] 60 ( ;1
[1. mm
.3 mm
t 11411
]

= 636MPa
Dall'Equazione 23.21,

'Tmin + 'Tmax
2

= 282 MPa + 636 MPa = 459 MPa


2
La variazione dello sforzo di taglio col tempo, per questa molla, è riportata nella Figura
23.10; l'asse del tempo non è scalato, dato che la scala temporale dipenderà dalla velocità del
motore.
Il nostro obiettivo successivo è determinare l'ampiezza del limite di fatica (r 01) per rm =
459 MPa utilizzando l'Equazione 23.19e per valori di r,e TS di 310MPae 1570 MPa, rispet-
7 48 • Capitolo 23 / Selezione dei materiali e considerazioni sulla progettazione

F1GrnA 23.10 Sforzo di taglio


100 contro tempo per una molla per
valvola di automobile.
80

~ 60
1
····
1--
o
t:! Tmax = 635 MPa
~ 40
Tm=45 MPa

20 Tm,n= 282 MPa

O'-----'---------'------'--
Tempo

tivamente. Così,

r., = r, [ 1 - 0.6~ TS] 1

459 MPa
= (3 10 MPa) [ I- (0.67)(1570 MPa) )=
r.,= 175 MPa
Determiniamo ora l'ampiezza effettiva dello sforzo di taglio r•• per la molla utilizzando
l'Equazione 8.23 modificata per la condizione di sforzo di taglio:

(23.23)
636 MPa - 282 MPa = 177 MPa
2

L'ampiezza della tensione effettiva è, quindi, leggermente maggiore del limite di fatica, il
che significa che questa progettazione non è in sicurezza.
Il limite di fatica di questa lega può essere aumentato a valori maggiori di 175 MPa
mediante pallinatura, una procedura descritta nella Sezione 8.11. La pallinatura comporta
l'immissione di tensioni residue superficiali di compressione per defonnazione plastica nelle
regioni superficiali esterne; delle sfere piccole e molto dure vengono proiettate sulla superfi-
cie ad alta velocità. Questa procedura automatizzata è comunemente utilizzata per migliora-
re la resistenza a fatica delle molle per valvole; la molla mostrata nella Figura 23.7 è stata sot-
toposta a pallinatura, il che rende conto della sua struttura superficiale ruvida. La pallinatura
può incrementare più del 50% il limite di fatica delle leghe d'acciaio e, inoltre, può ridurre
significativamente la dispersione dei dati di fatica.
Quest'ultima progettazione, che include la pallinatura, può essere ritenuta soddisfacente;
tuttavia, la sua adeguatezza dovrebbe essere verificata da prove sperimentali. La procedura di
verifica è relativamente complicata e, di conseguenza, non sarà discussa in dettaglio.
Sostanzialmente, tale procedura comporta l'esecuzione di un numero relativamente grande di
prove di fatica (dell'ordine di 1000) sull'acciaio ASTM 232 pallinato utilizzando uno sforzo
medio di 459 MPa con un'ampiezza di 177 MPa e per 106 cicli. La valutazione della proba-
bilità di sopravvivenza può essere effettuata sulla base del numero di fallimenti. Per lo scopo
23.6 Anatomia del giunto dell'anca • 749

in argomento, supponiamo che questa probabilità risulti essere 0.99999; questo significa che
una molla su 100000 prodotte si potrà rompere.
Supponete che siate impiegati da una delle grandi società automobilistiche che produce
macchine nel\' ordine di 1 milione ali' anno e che il motore che aziona ogni automobile sia un
sei cilindri. Poiché per ogni cilindro ci sono due valvole e quindi due molle, vi sarebbe una
produzione totale annua di 12 milioni di molle. Per il summenzionato tasso di probabilità di
sopravvivenza, il numero totale dei fallimenti sarebbe circa 120, che corrisponde anche a 120
fallimenti del motore. Come argomento pratico, si dovrebbe tener conto del costo di sostitu-
zione di questi 120 motori contro il costo di un nuovo progetto per la molla.
Un nuovo progetto implicherebbe l'adozione di misure per ridurre gli sforzi di taglio nelle
molle, modificando i parametri nelle Equazioni 23 .13 e nel 23 .17. Tra le opzioni possibili vi
sarebbero o (1) l'aumento del diametro della spira D, che richiederebbe anche un aumento di
quello del filo, o (2) l'aumento del numero di spire N...

PROTESID'ANCAARTIFICIALE
23.6 Al\ATOl\HA DEL Gffl\TO DELL' AI\CA

Come premessa alla discussione sull'anca artificiale, vediamo prima in breve alcune delle
caratteristiche anatomiche dei giunti, in generale, e del giunto d'anca in particolare. Il giunto
è un componente importante del sistema scheletrico. È situato in corrispondenza alle con-
giunzioni delle ossa, dove i carichi possono essere trasmessi da osso ad osso mediante l'a-
zione muscolare; il movimento è normalmente accompagnato da qualche movimento relati-
vo delle ossa componenti. Il tessuto osseo è un composito naturale complesso formato da
proteina collagene tenera e resistente e da apatite fragile, avente una densità compresa tra l.6
e l.7 Mg/m3. Essendo un materiale anisotropo, le proprietà meccaniche dell'osso sono diver-
se nelle direzioni longitudinali (assiali) e trasversali (radiali) (Tabella 23.3). La superficie
articolare (o connettiva) di ogni giunto è ricoperta da cartilagine, un tessuto connettivo spe-
cializzato ricco di fluidi lubrificanti che assicurano un'interfaccia con un bassissimo coeffi-
ciente di attrito, in modo da agevolare i movimenti di scorrimento dell'osso.
Il giunto d'anca umano (Figura 23.11) è situato alla congiunzione tra il bacino e l'osso
della gamba superiore (coscia), o femore, e permette una gamma di movimenti rotatori rela-
tivamente ampia; l'apice del femore termina a forma di sfera e si inserisce in una cavità simi-

Talwlla 23.3 Caratteristiche meccaniche delle ossa lunghe mnane in direzione sia
parallela che perpendicolare all'asse dell'osso

Proprietà Parallele all'asse Perpendicolare all'asse


dell'osso dell'osso

Modulo elastico, GPa 17.4 11.7

Carico ultimo, trazione, MPa 135 61.8

Carico ultimo, compressione, MPa 196 135

Allungamento a frattura 3-4%

Fonte: Da D. F. Gibbons, "Biomedica) Materials", pp. 253-254, in Handbook of Engineering in Medicine


and Bìology, D. G. Fleming, and B. N. Feinberg, CRC Press, Boca Raton, Florida, 1976. Ristampa autoriz-
zata.
elezione dei materiali e considerazioni sulla progettazione

FtGLR\ 23.11 Disegno schem:


giunti d'anca umani e dei compone
Spina dorsale letrici adiacenti.

ad una tazza (l'acetabolo) all'interno del bacino. Nella Figura 23.12a è mostrata u
ne a raggi x di un giunto d'anca normale.
Questo giunto è soggetto a frattura, che normalmente si verifica nella stretta
,pena al di sotto della testa. Nella Figura 23.llb viene mostrata un'immagine ai r:
1'anca fratturata; le frecce indicano le due estremità della linea di frattura attravers,
morale. L'anca può, inoltre, ammalarsi (osteoartrite); in tal caso, si formano picc,
osso sulle superfici di sfregamento del giunto, che causano dolore nel momento
,ta ruota nell'acetabolo. I giunti d'anca danneggiati e malati sono stati sostituiti ,
tificiali, o protesi, con moderato successo, a partire dai tardi anni '50. La chirurgia
lÌone del giunto d'anca implica la rimozione della testa e della parte superiore del
,nché di una parte del midollo osseo all'inizio del restante segmento del femore. I
ro, all 'intemo del femore, viene posizionato uno stelo di ancoraggio in metallo su
llegata, all'altra estremità, la parte sferica del giunto. Inoltre, la coppa acerabolan
23. 7 Requisiti dei materiali •

(b)

:nozione della vecchia coppa e del tes


1esta rientranza. Un diagramma schem~
.ura 23 .13a; la Figura 23. l 3h mostra un
Nel resto di questa sezione discuteremc
stati utilizzati con più successo per i dì,

se nell'anca artificiale: (I) lo stelo fem


la coppa acetabolare che è fissata al bai
al femore e la coppa al bacino. I vinco
~atiper questi elementi sono molto rigi
giunto d'anca. Alcune delle caratterist
se.
jtto nel corpo umano, si innescano una s
ariare da lieve irritazione o infiammazi,
: essere biocompatible, cioè, deve prod
ano dalle reazioni con i fluidi presenti
ircostanti, in modo tale che la loro norr
ttibilità è funzione della localizzazione
ua forma.
terata e calda, che contiene circa I % in I
in concentrazioni relativamente minori.
;ivi e, per le leghe metalliche, possono :
te a corrosione interstiziale e per vaiola
:, a corrosione sotto sforzo ed a fatica-
~orrosione tollerabile, per impianti in
di millimetro all'anno.
7 52 Capitolo 23 / Selezione dei materiali e considerazioni sulla progettazione

Un'altra conseguenza negativa della corrosione è la generazione di prodotti che sono o


tossici o che interferiscono con le normali funzioni dell'organismo. Queste sostanze sono tra-
sportate rapidamente per tutto il corpo ed alcune possono accumularsi in organi specifici.
Sebbene alcuni di tali prodotti possano essere espulsi dall'organismo, la loro concentrazione
può risultare ancora relativamente alta proprio in virtù del processo di corrosione in corso.
Le ossa ed i componenti della protesi all'interno del giunto d'anca devono sostenere forze
indipendenti dal corpo, come quelle dovute alla gravità; devono, inoltre, essere in grado di
trasmettere quelle che derivano dall'azione muscolare, come durante la deambulazione. Tali
forze sono di natura complessa e variano nel tempo in intensità, in direzione ed in velocità di
applicazione. Le caratteristiche meccaniche come modulo di elasticità, carico di snervamen-
to, resistenza a trazione, resistenza a fatica, durezza e tenacità a frattura sono tutte importan-
ti per ciò che riguarda la scelta dei materiali per la protesi d'anca. Ad esempio, il materiale
utilizzato per lo stelo femorale dovrebbe avere un carico di snervamento ed una resistenza a'
trazione minimi di circa 500 MPa e 650 MPa, rispettivamente, ed una duttilità minima di
circa 8 A%. Inoltre, la resistenza a fatica (per sforzi a flessione completamente reversibili
[Figura 8.20a]) dovrebbe essere almeno 400 MPa a 107 cicli. Per una persona media, i cicli
di carico sul giunto d'anca sono circa 106 all'anno. Inoltre, il modulo di elasticità del mate-
riale protesico dovrebbe corrispondere a quello dell'osso; una differenza significativa può
condurre a deterioramento del tessuto osseo che circonda l'impianto.
L'usura delle superfici articolari, coppa e sfera, che strisciano l'una contro l'altra, viene
minimizzata mediante l'impiego di materiali molto duri. L'usura eccessiva ed irregolare può
condurre ad un cambiamento di forma delle superfici articolari e far sì che la protesi funzio-
ni male. Per l'usura delle superfici articolari, inoltre, si possono generare detriti; l'accumulo
di tali detriti nei tessuti circostanti può anche dare infiammazioni.
Le forze d'attrito delle parti in contatto devono essere minimizzate anche per prevenire la
mobilizzazione dello stelo femorale e della coppa acetabolare dalle relative posizioni assicu-
rate dall'agente fissante. Se questi componenti si mobilizzano l'anca andrà soggetta, nel
tempo, a degrado prematuro che può richiederne la rimozione.
Altri tre fattori importanti per i materiali sono la densità, la riproducibilità delle proprietà
ed il costo. È estremamente desiderabile che siano utilizzati componenti leggeri, che le pro-
prietà materiali rimangano costanti nel tempo da protesi a protesi e, naturalmente, che il costo
dei componenti sia ragionevole.
Idealmente, un'anca artificiale che è stata impiantata chirurgicamente dovrebbe funzio,
nare in maniera soddisfacente per tutta la vita del paziente e non richiedere sostituzione. Per
le protesi correnti, la vita media varia tra i cinque ed i dieci anni, quelle che presentano tempi
di vita maggiori sono le più desiderabili.
Qualche commento, infine, sulla valutazione della biocompatibilità. Di solito la biocom-
patibilità dei materiali è determinata empiricamente; cioè, le prove sono condotte su materia-
li che sono impiantati in animali da laboratorio e la biocompatibilità di ogni materiale è valu-
tata sulla base delle reazioni di rigetto, del grado di corrosione, della generazione di sostanze
tossiche, ecc. Questa procedura è quindi ripetuta sugli esseri umani per quei materiali che
sono risultati relativamente biocompatibili negli animali. È difficile predire a priori la bio-
compatibilità di un materiale. Ad esempio, il mercurio, se ingerito nel corpo umano, è vele-
noso; tuttavia si è generalmente trovato che, gli amalgami dentali,. aventi un alto contenuto di
mercurio, possono essere biocompatibili.
23.8 MATERLUI CTILIZZATl

LO STELO E LA TESTA DEL F'E\IORE

I primi tipi di protesi d'anca utilizzavano lo stesso tipo di materiale sia per lo stelo che per la te-
. stina - un acciaio inossidabile. Sono stati in seguito ottenuti miglioramenti utilizzando mate-
riali diversi dall'acciaio inossidabile e costruendo lo stelo e la testina in materiali di versi. Nella
Figura 23.14 vengono mostrati due tipi di protesi d'anca diversi.
Attualmente, le leghe metalliche con cui può essere costruito lo stelo femorale sono prin-
cipalmente tre: acciaio inossidabile, leghe cobalto-nichel-cromo-molibdeno e titanio.
L'acciaio inossidabile più adatto è il 316L, avente un contenuto molto basso di zolfo
(<0.002% in peso); la sua composizione è riportata in Tabella 12.4. Gli svantaggi principali
di questa lega sono la sua suscettibilità alla corrosione interstiziale, e per vaiolatura, e la sua
resistenza a fatica relativamente bassa. La tecnica di produzione può anche avere un 'influen-
za significativa sulle caratteristiche della protesi. L'acciaio 316L in getto ha proprietà mec-
caniche scadenti e resistenza alla corrosione inadeguata. Di conseguenza, gli steli prostetici
femorali sono forgiati o lavorati a freddo. li trattamento termico può, inoltre, influire sulle
caratteristiche del materiale e deve essere tenuto nella giusta considerazione. Normalmente,
il 316L viene impiantato in persone più anziane e meno attive. Le caratteristiche meccaniche
e la velocità di corrosione di questa lega (nello stato lavorato a freddo) sono riassunte nella
Tabella 23.4.
Diverse leghe Co--Cr-Mo e Co--Ni-Cr-Mo sono state impiegate per protesi d'anca artifi-
ciali; una di queste, indicata con MP35N, risulta particolarmente adatta per quest"applicazio-
ne ed ha una composizione di 35% in peso di Co, 35% in peso di Ni, 20% in peso di Cr e 10%
in peso di Mo. È formata per forgiatura a caldo e, come tale, ha una resistenza a trazione ed
un carico di snervamento superiori a quelli dell'acciaio 316L (Tabella 23.4). Inoltre, le sue
caratteristiche di corrosione e di fatica sono eccellenti.
Tra le leghe metalliche utilizzate per protesi d'anca artificiale probabilmente la più bio-
compatible è la lega di titanio Ti-6Al-4 V; la sua composizione è 90% in peso di Ti, 6% in peso
di Al e 4 % in peso di V. Le proprietà ottimali per questo materiale sono ottenute mediante for-
giatura a caldo; qualsiasi deformazione e/o trattamento termico successivo dovrebbe essere
evitato per impedire la forrnazione di microstrutture che possono diminuire le caratteristiche
di biocompatibilità. Le proprietà di questa lega sono elencate nella Tabella 23.4.
Recenti miglioramenti di questo dispositivo prostesico prevedono l'utilizzo di un mate-
riale ceramico per la testina femorale invece di una delle leghe metalliche suddette. Il cera-
mico migliore è un ossido di alluminio ad elevata purezza e policristallino, che è più duro e

FlGl-R\ 23.1 I Fotografia in


cui sono visibili due diverse pro-
tesi d'anca.
7 54 • Capitolo 23 / Selezione dei materiali e considerazioni sulla progettazione

Ta])("lla 23.t Caratteristiche meccaniche e di corrosione di tre leghe metalliche utilizzate comunemente
per lo stelo femorale della protesi d'anca

Modulo Carico di Resistenm Allungamento Resistenza afatica Velocità di


elastico snenlamento 0.2% a trazione a frattura o limite, 10 7 cicli corrosione
Lega GPa MPa MPa (%) MPa (10- 3 mm/anno)

Acciaio inossidabile 196 700 875 12 383 0.025---0.050


316L
(lavorato a freddo)
MP35N 230 1000 1200 13 500 0.030----0.050
(forgiato a caldo)
Ti---6A1--4V 120 950 1075 13 580 0.175-1.0
(forgiato a caldo)

Fonte: Da Gladius Lewis, Selection of Engineering Materia/.1·, © 1990, p. 189. Adarraw col permesso di Premice Hall, Englewood Cliffs,•
New Jersey. E D. F. Gìbbons, "Materials for Orthopedic Joint Prostheses." Ch. 4, p. 116. in Biocompatihility of Orthopedic Implants. Voi.
I, D. F. Williams, CRC Press, Boca Raton. Florida, 1982. Autorizzazione concessa.

più resistente all'usura, e genera meno attrito nel giunto. Tuttavia, la tenacità a frattura del-
l'allumina è relativamente bassa e le sue caratteristiche di fatica sono scadenti. Perciò, lo
stelo femorale, essendo sottoposto a livelli di sforzo significativi, è ancora fabbricato con una
delle summenzionate leghe e viene poi collegato alla testina ceramica; il componente stelo
femorale - testina ceramica diviene quindi un 'unità in due parti.
I materiali scelti per un impianto ortopedico sono il risultato di anni di ricerche sulle pro-
prietà chimiche e fisiche di vari materiali candidati. Idealmente, il materiale migliore non
deve essere solo biocompatibile, ma deve avere proprietà meccaniche che corrispondono al
biomateriale che deve essere sostituito -vale a dire l'osso. Tuttavia, nessun materiale artifi-
ciale è al tempo stesso biocompatible e con una combinazione di proprietà uguali a quelle
dell'osso e del giunto d'anca naturale - cioè, basso modulo di elasticità, relativamente alta
resistenza e tenacità a frattura, basso coefficiente d'attrito ed eccellente resistenza all'usura.
Di conseguenza. occorre giungere ad un compromesso. Ad esempio, ricordiamo che il modu-
lo di elasticità dell'osso e del materiale dello stelo femorale dovrebbero essere molto simili,
in modo tale da evitare il deterioramento accelerato del tessuto osseo adiacente all'innesto.
Sfortunatamente, i materiali artificiali che sono sia biocompatibili che relativamente resic
stenti, hanno anche alti moduli di elasticità. Per questa applicazione è stato, perciò, deciso di
privilegiare la biocompatibilità e la resistenza a scapito di un basso modulo.

COPPA ACETABOLARE

Alcune coppe acetabolari sono ottenute da una delle leghe biocompatibili o dall'ossido di
alluminio. Più comunemente, tuttavia, è utilizzato il polietilene ad ultra-alto peso molecola-
re (Sezione 16.18). Questo materiale è potenzialmente inerte nell'ambiente biologico e ha
eccellenti caratteristiche di resistenza all'usura; inoltre, ha un coefficiente d •attrito molto
basso in contatto con i materiali utilizzati per la testina femorale.

FISSAGGIO

L'efficienza delle prestazioni del giunto d'anca artificiale richiede una connessione sicura sia
dello stelo femorale al femore, che della coppa acetabolare al bacino. Un'adesione non sicu-
ra dell'uno o l'altro componente conduce al fallimento ed al degrado accelerato del giunto.
Per favorire l'adesione di questi due componenti prostesici alle relative strutture ossee circo-
stanti, viene talvolta utilizzato un agente di fissaggio. Quello utilizzato più comunemente è
23.10 Requisiti di progetto-sistema dì protezione termico • 7.i5

un cemento osseo di polimetilmetacrilato (acrilico) che è polimerizzato in situ durante l'ope-


razione chirurgica.
Questo cemento acrilico ha, in alcuni casi, contribuito alla mobilizzazione dello stelo
femorale a causa della sua fragilità e del fatto che non vi è una perfetta adesione all'impian-
to metallico ed al tessuto osseo. Un legame più sicuro tra impianto ed osso è stato ottenuto
mediante rivestimento dello stelo con uno strato superficiale poroso, di una polvere di metal-
lo sinterizzata. Dopo l'impiantazione, il tessuto osseo cresce nella rete di pori tridimensiona-
li e perciò, fissa l'impianto all'osso. Un tale tipo di rivestimento è visibile nella regione supe-
riore dello stelo della protesi d'anca di destra nella Figura 23.14.

SISTEMADI PROTEZIONE
TERMICODELLANAVETTA
SPAZIALEORBITANTE
23.9 INTROUl:ZU)NE

Nel 1969, il National Aeronautics and Space Administration (NASA) degli Stati Uniti decise
di volgere i propri sforzi allo sviluppo di un Sistema di Trasporto Spaziale (STS), comune-
mente noto come Space Shuttle Orhiter (Navetta Spaziale Orbitante, N.d.T.).
Sostanzialmente, lo Space Shuttle è un veicolo da carico spaziale riutilizzabile lanciato
mediante un razzo e in grado di orbitare intorno alla terra. Una volta completata la missione,
rientra nell'atmosfera e, infine, appena dentro l'atmosfera inferiore, atterra come un normale
aeroplano. TI primo volo è stato fatto dalla navetta Columbia nell'Aprile del I 981; da allora,
sono stati costruiti altri quattro Shuttle - Discovery, Atlantis, Endeavour e lo sfortunato
Challenger. Una fotografia dell'Atlantis è riportata a pagina 734.
Il successo della missione dello Space Shuttle dipende da una "pelle" esterna completa-
mente riutilizzabile. definita Sistema di Protezione Termico (in inglese, TPS, Thermal
Protection System, N.d.T.), che protegge la struttura interna ed i suoi occupanti dal calore
generato durante la fase di rientro dallo spazio nell'atmosfera terrestre. Lo sviluppo di questo
Sistema di Protezione Termico è stato sviluppato in un periodo di venti anni ed è un proble-
ma classico, ed in un certo qual modo coinvolgente, di selezione dei materiali e di progetta-
zione. ln questa sezione verranno discussi i componenti principali del TPS dello Shuttle.
Nella lettura di questa sezione. ricordate che i vincoli di costo concernenti la progettazio-
ne e la produzione di questi materiali non erano così rigidi quanto quelli relativi a nonnali
applicazioni commerciali.

23.10 REQUSITI DI PROGEITO-SISTE!\L\ DI PROTEZIO-'"E TERl\fICO

l requisiti dei materiali del Sistema di Protezione Tennico sono, quanto meno, imponenti. Ad
esempio, il TPS deve:

1. Mantenere la temperatura della struttura interna al disotto di quella di progetto (cioè


l 75°C), per una temperatura massima della superficie esterna di 1260°C.
2. Rimanere utilizzabile per almeno 100 missioni, con un tempo di sostituzione massi-
mo di 160 h.
3. Fornire e mantenere una superficie esterna aerodinamicamente liscia.
4. Essere costruito con materiali a bassa densità.
5. Sopportare variazioni di temperatura comprese tra -110°C e l 260°C.
7 56 • Capitolo 23 / Selezione dei materiali e considerazioni sulla progettazione

6. Essere resistente a gradienti termici severi e cambiamenti di temperatura repentini.


7. Essere in grado di sopportare le tensioni e le vibrazioni che si sviluppano durante il
lancio, come pure gli sforzi termicamente indotti durante i cambiamenti di temperatu-
ra.
8. Subire un assorbimento minimo di umidità ed altri inquinanti durante il periodo di
fermo tra le varie missioni.
9. Essere in grado di aderire alla struttura costruita in lega d'alluminio.

I sistemi di protezione termica ed i materiali sviluppati precedentemente dal! 'industria


aerospaziale, si erano dimostrati inadeguati per lo Space Shuttle perché o troppo densi e/o
non riutilizzabili. Divenne, quindi, necessario progettare nuovi materiali complessi. Nessun
singolo materiale è capace di soddisfare tutti i criteri elencati sopra; d'altro canto, tutti quei
criteri non sono richiesti per tutte le superfici dell'astronave; nella Figura 23.15 vengono·
mostrati i profili tipici delle temperature di rientro massime.
La filosofia adottata, quindi, fu quella di progettare vari materiali per sistemi termici di
protezione, ognuno con il suo particolare insieme di proprietà, che erano in grado di soddi-
sfare i criteri richiesti per una regione specifica della superficie dell'astronave. Sullo Space
Shuttle sono impiegati diversi sistemi di materiali, la cui progettazione dipende dalla massi-

FIGlllA 23.15
Profili di temperatura
massima, approssimati,
della superficie esterna
dello Space Shuttle Vista della
Orbiter durante il rientro: superficie inferiore
1260°C
(a) viste superiori e
inferiori; (b) vista 1095°c
laterale. (Da "Tue Shuttle 1260°c
Orbiter Thermal 1260°C
Protection System," L. J. 1500°C
Korb, C. A. Morant, R.
M. Calland, and C. S. 980°C
Thatcher, Ceramic
Bulletin, No. 11, Nov.
1981, p. 1188.Copyright Vista della 315°c 400°C
1981. Ristampa superficie superiore
autorizzata da American
Ceramic Society.)
(a!

955°c

315°c

1095°c 425°C
Vista laterale

(b)
23.10 Requisiti di progetto--,;istema di protezione termico • 757

Tahella 23 . .5 Sistema di protezione termica impiegato sullo Space Shuttle Orbiter

Temperatura di Temperatura di
esercizio minima esercizio massima
Nome generico materiale oc oc Composizione materiale Posizione dell'Orbiter

Feltro riutilizzabile per -130 400 Feltro di nylon, rivestito di Superficie superiore dell'ala,
isolamemo superficiale gomma di silicone lati superiori, porte stive di
(FRSI) carico

Isolamento di superficie -130 815 Battuta in quarzo inserito fra tes- Regioni superficiali superiori
riutilizzabile flessibile suti di quarzo e di vetro
avanzato (AFRSI)

Isolamento di superficie a -130 650 Piastrelle di silice, rivestimento Superfici superiori dell'ala,
bas~a temperatura riuti- in verro borosilicato superfici di coda, lati supe-
lizzabile (LRSI) riori del veicolo

Isolamento di superficie -130 1260 Piastrelle di silice, rivestimento Superfici inferiori e lati, bordi
ad alta temperatura riu- in vetro borosilicato con d'attacco della coda e bordi
tilizzabile (HRSI) aggiunta di SiB 4 di uscita

Composito carbon-carbon Nessun limite 1650 Carbonio-carbonio pirolizzato, Cappuccio del naso e bordi
(RCC) [l',ubu11iuri11fur- inferiore rivestito con SiC d'artacco dell'ala
zato con carbonio] identificato

Fonte: Da L. J. Korb, C. A. Morant, R. M. Calland e C. S. Thatcher, "Thc Shuttle OrbiterThermal Protcction System", Ceramic Bulletin,
No. 11, Nov. 198 I, p. l 188. Copyright 1981. Ristampa autorizzata da American Ceramic Society.

ma temperatura della superficie esterna che si raggiunge durante il rientro del veicolo. Questi
sistemi e i relativi campi di variazione della temperatura operativa, la composizione dei mate-
riali e le diverse regioni della navetta sono elencati in Tabella 23.5. Le posizioni relative delle
diverse zone sono indicate nella Figura 23.16.

Metallo esposto

RCC

FIGURA 23.16 Posizione dei diversi componenti del sistema di protezione termico sullo Space
Shuttle Orbiter: FRSI, isolamento superficiale in feltro riutilizzabile; AFRSl, isolamento superfi-
ciale avanzato flessibile riutilizzabile; LRSI, isolamento superficiale riutilizzabile a bassa tempe-
ratura; HRSI, isolamento superficiale riutilizzabile ad alta temperatura; RCC, composito rinforza-
to carbonio-carbonio. (Da L. J. Korb, C. A. Morant, R. M. Calland, and C. S. Thatcher, "The
Shutrle Orbiter Thennal Protection System," Ceramic Bulletin, No. 11, Nov. 1981. p. 1189.
Copyright 1981. Ristampa autorizzata da American Ceramic Society.)
758 • Capitolo 23 / Selezione dei materiali e considerazioni sulla progettazione

23 .11 SISTEMA DI PROTEZIONE TERMICA - COMPONENTI

FELTRI RIUTILIZZABILI PER ISOLAMENTO Sl:-PERFICIALE

Le regioni superficiali superiori esposte fino a temperature di 400°C sono rivestite con quel-
lo che è definito feltro riutilizzabile per isolamento superficiale (in inglese FRSl,felt reusa-
ble swface insu/ation, N.d.T.). Questo isolamento è formato da strati di feltro di un materia-
le di nylon la cui superficie esterna è rivestita con un elastomero siliconico per ottenere le
desiderate proprietà termiche superficiali. Questi strati possono essere di due spessori, 4 e 8
mm, e sono collegati alla struttura di alluminio da un adesivo siliconico vulcanizzante a tem-
peratura ambiente (RTV.).
Altre regioni superficiali superiori, che sono esposte a temperature più alte, ma non supe-
riori a 815°C, sono protette da strati di un isolante superficiale riutilizzabile flessibile avan~
zato (in inglese AFRSI, advancedflexible reusahle swface insulation, N.d.T.). Questi strati
sono formati da fibra di quarzo inserita fra un tessuto di quarzo ad alta temperatura sul lato
esterno ed un tessuto di vetro a bassa temperatura sul lato interno. La superficie esterna, in
alcune parti, è protetta anche con un rivestimento ceramico. Inoltre, questi tre strati sono
cuciti insieme utilizzando fili di quarzo e di vetro, in una maglia quadrata da 2.5 centimetri.
Gli spessori degli AFRSI variano tra i 10 mm e poco meno di 50 mm. Questi strati AFRSl,
nella maggior parte delle zone di trasmissione, sono vincolati alla struttura da un adesivo sili-
conico RTV, come nel caso dell'isolamento FRSI.

SISTEMA DI PIASTRELLE CERAMICHE

Le restrizioni più rigide per i materiali riguardano quelle regioni dello Space Shuttle che sono
esposte a temperature comprese tra i 400 ed i 1260°C. Per queste aree è stato deciso di uti-
lizzare un materiale ceramico, relativamente complesso, nella forma di piastrelle. I ceramici
sono intrinsecamente degli isolanti termici e, inoltre, sopportano temperature elevate. La pro-
gettazione di una piastrella del sistema di protezione è realizzata in modo tale che questa
possa conformarsi ai contorni della superficie della navetta, e permettere, inoltre, quei cam-
biamenti dimensionali termici dovuti alle temperature estreme raggiunte durante una tipica
missione.
Ogni Shuttle utilizza una media di 24300 di queste piastrelle, che coprono circa il 70%
dell'area esterna totale. Non esistono due piastrelle aventi esattamente la stessa configura-
zione e le dimensioni variano tra circa 150 x 150 mm a circa 200 x 200 mm. Gli spessori di
una piastrella variano tra 5 e 90 mm. Ogni piastrella è lavorata con precisione utilizzando
utensili diamantati su una fresa a controllo numerico. Nella Figura 23.17 sono visibili le pia-
strelle mentre vengono installate.
Vengono utilizzate piastrelle aventi tre densità, designate da Ll-900, FRCT-12 e
Ll-2200; le relative densità di questi materiali sono 0.14 Mg/m', 0.19 Mg/m 1 e 0.35 Mg/m'.
I materiali LI-900 e LI-2200 sono fabbricati utilizzando fibre di silice ad elevata purezza,
aventi diametri variabili tra 1 e 4 µme lunghezze dell'ordine di 3 mm. I legami tra una fibra
e l'altra sono ottenuti mediante un trattamento tennico di sinterizzazione a 1370°C, il quale
dà origine ad un materiale molto poroso e leggero. La microstruttura di una tipica piastrella è
mostrata nella micrografia elettronica a scansione di Figura 23.18. Le piastrelle FRCI sono
invece in composito costituito dal 78% di fibre di silice e dal 22% di fibre di borosilicato d'al-
luminio; la designazione FRCI viene da Fihrous Refractory Composite lnsulation
(Isolamento in Composito a Fibre Refrattarie, N.d.T.).
Le resistenze delle piastrelle LI-2200 e FRCI sono virtualmente equivalenti, essendo mag-
giori di quelle di Ll-900. Le LI-2200 e le FRCI sono utilizzate in quelle posizioni dove è ri-
chiesta una resistenza più alta, come ad esempio intorno ai portelloni e ad i pannelli d'accesso.
2:J.11 Si,-tema di protezione termica - Componenti 759

l)r.1 IRA 2:{.17 Applicazione della pro-


tezione termica ceramica sulla fiancata
dello Space Shuttle Orbiter. [Fotografia
gentilmente concessa da National
Aeronautics and Space Administration
(NASA).]

,'impiego di FRCI invece che di LI-2200 ha ridotto il peso dell'Orbiter di circa 450 kg. La
naggior parte delle piastrelle sugli Orbiter sono del tipo LI-900.
Questi materiali a bassa densità in fibra di silice sono ideali per il Sistema di Protezione
èrmica dello Shuttle, poiché l'alta percentuale di vuoti, circa il 93 voi%, li rende degli eccel-
wti isolanti termici; a conferma di queste eccezionali proprietà isolanti, la fotografia a pagi-
1a658 mostra un uomo che tiene un cubetto di materiale molto caldo nelle sue mani nude. La
ilice, inoltre, ha un coefficiente di espansione termica estremamente basso (Tabella 20.1)
osì come un modulo di elasticità relativamente piccolo (Tabella 13.5), che la rendono molto
esistente agli shock te1mici associati ai cambiamenti repentini di temperatura (Equazione
',0.8). La silice può, inoltre, essere riscaldata a temperature relativamente alte senza subire
ammollimento, il che rende possibile brevi esposizioni fino a temperature di 1480°C.
Le proprietà delle piastrelle sono anisotrope; sono progettate per essere più resistenti nel
,iano della piastrella e più termicamente isolanti nella direzione perpendicolare a tale piano.

FtGl KA 2:J. 18 Micrografia


elettronica a scansione di una
piastrella ceramica dello Space
Shuttle Orbiter che mostra
fibre di silice che sono state
unite l'una all'altra durante il
trattamento termico di sinteriz-
zazione. 750x. (Fotografia for-
nita cortesemente da Lockheed
Aerospace Ceramics Systems,
Sunnyvale, California.)
760 Capitolo 23 / Selezione dei materiali e considerazioni sulla progettazione

Le piastrelle di superfici esposte ad una temperatura massima compresa tra 400 e 650°C
(cioè, lati superiori del veicolo e superfici superiori dell'ala e della coda) sono rivestite con
uno strato sottile (0.30 mm di spessore) di un vetro borosilicato ad alta emettenza. Questo
tipo di piastrella è noto come isolamento superficiale riutilizzabile per bassa temperatura (in
inglese LRSJ, low~temperature reusahle swface insulation, N.d.T.); la superficie della pia-
strella è bianca, in modo da riflettere i raggi del sole e mantenere lo Shuttle in orbita relati-
vamente fresco. Le posizioni delle piastrelle LRSI sono indicate nella Figura 23.16.
Quelle piastrelle che sono esposte a temperature massime comprese tra 650°C e 1260°C
(cioè, il telaio ed i bordi d'attacco e di uscita della coda) sono rivestite da uno strato nero for-
mato dallo stesso vetro borosilicato e da tetraboruro di silicio (SiB 4 ); questo strato di mate-
riale è definito talvolta vetro indurito per reazione (reaction cured glass, RCG, N.d.T.).
Essendo ad alta emettenza ottica, questo strato è in grado di dissipare circa il 90% del calore
di rientro generato direttamente nell'atmosfera terrestre o nello spazio profondo. Questo tipo
di piastrella è definito isolamento superficiale per alta temperatura riutilizzabile (high-tem-
perature reusable surface insulation, HRSI) e la sua collocazione sullo Shuttle viene riporta-
ta sempre nella Figura 23.16.
È anche necessario isolare e ammortizzare le fragili piastrelle ceramiche dalle tensioni
meccaniche e termiche sopportate dallo Shuttle e, inoltre, fissarle alla struttura. Questo obiet-
tivo viene conseguito inserendo fra le piastrelle e la superficie da proteggere un pannello am-
mortizzante (Strain /solator Pad, SJP, N.d.T.), una piastra di rempimento ed un adesivo silico-
nico RTV che unisce la piastrella al SlP ed il SIPe la piastra di riempimento alla struttura. Nella
Figura 23.19 viene mostrato lo schema dei vari accoppiamenti. Il pannello ammortizzante SIP
è composto da un feltro di nylon in grado di sostenere riscaldamenti ripetuti a 290°C; questo
pannello isola le piastrelle dalle deformazioni della struttura dello Shuttle.
Le piastre di riempimento sono collocate sotto le giunzioni piastrella-piastrella. Sono
dello stesso feltro di nylon a cui è stato applicato, sulla superficie esterna, un rivestimento di
RTV. Lo spessore di queste piastre è maggiore di quello del pannello ammortizzante in quan-
to tali piastre vengono a costituire una guarnizione sigillante alla base delle piastrelle e pro-
teggono i pannelli ammortizzanti dalle possibili infiltrazioni di acqua o di plasma attraverso
le congiunzioni piastrella-piastrella.
L'adesivo che unisce questo sistema e lo unisce alla struttura deve sopravvivere a esposi-
zioni ripetute di almeno 290°C, deve indurire a temperatura ambiente, e deve essere in grado

Piastra di riempimento

F1G1 K\ 23.19 Sezione trasversale schematica dei vari elementi costituenti il sistema di prote-
zione termica dello Space Shuttle Orbiter. (Da L. J. Korb, C. A. Morant, R. M. Calland, and C. S.
Thatcher, "Tue Shuttle OrbiterThennal Protection System," Ceramic Bulletin, No. 11, Nov. 1981,
p. 1189. Copyright 1981. Ristampa autorizzata da American Ceramic Society.)
23.12 Introduzione 7 61

di riempire qualsiasi irregolarità nella struttura. L'unico materiale che soddisfa tutti questi
requisiti è un adesivo siliconico RTV.

CARBON-(:ARBON RINFOR7..ATO

Durante il rientro, alcune parti della superficie della navetta orbitante si trovano esposte a
temperature maggiori di quelle che le piastrelle ceramiche sono in grado di sopportare
( l 260°C). Queste aree sono, in particolare, la copertura del naso ed i bordi d'attacco delle ali,
Figura 23.15, dove le temperature possono raggiungere i 1650°C. Il materiale che è stato pro-
gettato per essere utilizzato in queste posizioni è un composito di carbonio rinforzato con
carbonio (reinforced carbon-carhon, RCC, N.d.T.). Questo composito è un materiale relati-
vamente complesso formato da una matrice di carbonio rinforzata con fibre di grafite; la
superficie è ricoperta con uno strato sottile di carburo di silicio (SiC), come protezione con-
tro l'ossidazione. Risulta adatto per queste posizioni di alta temperatura per i seguenti moti-
vi: la resistenza e la rigidezza vengono conservate fino alle massime temperature di eserci-
zio; possiede un basso coefficiente di espansione termica e perciò non è soggetto a sforzi e
deformazioni termiche significative; è molto resistente agli shock termici ed alla fatica; la sua
densità è molto bassa e rende inoltre possibile la produzione di forme anche complesse. La
Figura 23.16 mostra quelle zone dove è impiegato questo materiale composito RCC.

Naturalmente, sull'Orbiter sono utilizzati anche materiali diversi da quelli già citati. Ad
esempio, gli oblò sono realizzati in materiali vetrosi. Inoltre, come si può notare in Figura
23.16, per alcune superfici esposte sono utilizzate leghe metalliche. Di solito queste leghe
hanno alte temperature di fusione e, preferibilmente, relativamente densità basse. Gli esempi
includono berillio, niobio, titanio, acciaio inossidabile (leghe 316) e numerose superleghe
(lega Inconel 718,625, 750 e lega Haynes 188).

MATERIALIPER L'ASSEMBLAGGIO
DEI CIRCUITIINTEGRATI
23 .12 INTROUUZIOl'"E

La circuiteria microelettronica, inclusi i circuiti integrati che sono utilizzati nei nostri com-
puter moderni, nelle nostre calcolatrici ed in altri dispositivi elettronici, è stata discussa bre-
vemente nella Sezione 19.14. Il cuore del circuito integrato (/C, Integrated Circuit) è il chip,
un piccolo substrato rettangolare di silicio (o più recentemenle ùi arseniuro di gallio) ad ele-
vata purezza e monocristallino, su cui sono letteralmente stampate le migliaia di elementi del
circuito. Gli elementi del circuito (cioè, transistori, resistori, diodi, ecc.) sono ottenuti
aggiungendo selettivamente concentrazioni controllate di determinate impurezze in regioni
estremamente piccole e localizzate in prossimità della superficie del materiale semicondutto-
re utilizzando tecniche fotolitografiche. I chip sono di piccole dimensioni, i più grandi essen-
do dell'ordine di 6 mm di lato e circa 0.4 mm di spessore. Nella Figura 19.25 vengono
mostrate le fotografie di un chip tipico.
I microcircuiti stampati sono molto fragili poiché il silicio, e ancora più l'arseniuro di gal-
lio, sono relativamente fragili. Sopra la superficie del microcircuito è necessario realizzare
percorsi conduttivi (piste) che favoriscono il passaggio di corrente da un dispositivo all'altro;
nei circuiti integrati in silicio, il metallo conduttore utilizzato è l'alluminio o una lega allu-
minio-silicio (99% in peso di Al, 1% di Si) che viene metallizzata sulla superficie del micro-
circuito in modo da formare un film molto sottile. La progettazione dei chip richiede, inoltre,
762 Capitolo 23 / Selezione dei materiali e t·om;iderazion.i sulla progettazione

FIGI Il\ 2:{.20 Fotografia di un wafer


di silicio di 100 mm di diametro. Ogni
singolo rettangolo rappresenta un cir-
cuito integrato individuale o piastrina.

che questi percorsi nel circuito terminino con delle piazzole di contatto sulla periferia del
microcircuito stesso, su cui possono essere realizzate le dovute connessioni elettriche con il
mondo macroscopico. Dovrebbe essere evidente che un microcircuito stampato funzionante
è un'entità elettronica molto sofisticata, che i requisiti dei materiali sono molto rigidi e che,
nella sua fabbricazione, sono coinvolte tecniche di produzione fini.
Una gran quantità di microcircuiti è fabbricata su sottili wafer circolari di monocristalli di
Si, come mostrato nella fotografia di Figura 23.20. Normalmente si fanno crescere monocri-
stalli di Si aventi diametri di 200 mm. Il piccolo IC rettangolare, disposto nel modo mostrato
nella fotografia. è. nel l'insieme, noto come circuito a piastrine. Ogni IC o piastrina è dapprima
testato per verificare la funzionalità, successivamente è rimosso dal wafer in un'operazione
meticolosa di ritaglio detta di "incisione e rottura". La piastrina viene successivamente mon-
tata in un definito pacchetto (in inglese package, N.d.T.) (cioè nel sistema costituito dai vari
elementi che fanno parte del circuito integrato completo: telaio contatti, conduttori di collega-
mento, chip, piastrina ecc., N.d.T.). li circuito integrato assemblato può essere quindi inserito
in una scheda di un circuito stampato. Lo scopo di questa sezione è discutere i requisiti dei ma-
teriali ed alcuni dei materiali che ~ono utilizzati per i diversi componenti di un IC assemblato.
Il pacchetto di un circuito integrato deve avere certe caratteristiche tra cui:
1. Permettere il contatto elettrico tra i dispositivi del microcircuito ed il mondo macro-
scopico. I contatti sulla superficie dell' IC sono così minuscoli e numerosi che la ~iste-
mazione di un cablaggio macroscopico è semplicemente impossibile.
2. Dissipare il calore in eccesso. Durante il funzionamento, i diversi dispositivi elettronici
generano quantità significative di calore, che deve essere dissipato ali 'esterno del mi-
crocircuito.
3. Proteggere i delicati collegamenti elettrici del chip da degrado e contaminazione chi-
miche.
4. Fornire un valido supporto meccanico in modo che il piccolo e fragile chip possa esse-
re maneggiato con sicurezza.
5. Fornire un'interfaccia elettrica adeguata in modo che le prestazioni dell 'IC stesso non
vengano alterate durante le operazioni di as~emblaggio.

L'assemblaggio di un IC (in inglese IC packaiing, N.d.T.) richiede al materiale una serie


di caratteristiche che sono molto stimolanti. È stato infatti osservato che le prestazioni di un
IC sono limitate, non tanto dalle caratteristiche dei materiali semiconduttori né tantomeno dal
23. l :-l Progettazione del telaio contatti _. dei materiali 7 63

processo di metallizzazione, ma piuttosto dalla qualità del packaging. Esistono diversi pro-
cessi di assemblaggio, che vengono utilizzati da vari produttori di JC.Per uno dei progetti più
comuni, il telaio contatti, abbiamo deciso di discutere i diversi componenti e, per ogni com-
ponente, i materiali impiegati insieme alle loro limitazioni. Il progetto di questo pacchetto è
diffuso principalmente tra i produttori di IC digitali perché la produzione può essere estre-
mamente automatizzata.

23.13 PttOGETTAZIO.:'ìE DEL TELAIO COl\TATTl E DEI ,uTEHIALI

Il telaio contatti, come il nome suggerisce, è una struttura alla quale possono essere collega-
ti i contatti elettrici provenienti direttamente dal chip dell'IC. Nella Figura 23.21 viene
mostrata una fotografia di un telaio contatti assemblato. Sostanzialmente, il telaio contatti è
costituito da una piastra centrale, sulla quale è montata la piastrina, e da un insieme di con-
tatti ai quali possono essere connessi i fili dei contatti della piazzola del chip. In alcuni casi il
telaio contatti comprende un substrato su cui è montata la piastrina, che a sua volta, è vinco-
lato alla piastra centrale. Durante il processo di packaging, e dopo che il chip è stato collega-
to alla piastra centrale (una procedura detta giunzione della piastrina), le piazzole di contat-
to sul chip dell'IC vengono pulite, i fili vengono collegati sia alle piazzole di contatto che ai
contatti del telaio (giunzione protetta) e, infine, il tutto è incapsulato in una schermatura pro-
tettiva in modo tale da sigillarlo dall 'umi<lità, polvere ed altri inquinanti. Questa procedura è
chiamata si[iillatura ermetica.
Ci sono alcuni requisiti piuttosto rigidi riguardo le proprietà del materiale da utilizzare per
il telaio contatti: (I) il materiale del telaio contatti deve avere un'alta conduttività elettrica,
dato che attraverso i suoi contatti dovrà avvenire il passaggio di corrente; (2) il telaio contat-
ti, la piastrina attaccata alla piastra centrale, il substrato (se presente) e l'adesivo di giunzio-
ne della piastrina devono essere termicamente conduttivi in modo tale da agevolare la disper-
sione di calore generato dall'IC; (3) il coefficiente dì espansione termica deve essere il più
vicino possibile a quello del Si; una diversa espansione termica potrebbe distruggere l 'inte-
grità del collegamento tra l'IC e la piastra centrale a seguito del ciclaggio termico subito
durante il normale funzionamento; (4) il materiale del telaio contatti ed il substrato devono
anche aderire all'adesivo di giunzione della piastrina; l'adesivo ed il substrato devono, inol-
tre. essere elettricamente conduttivi; (5) deve essere possibile ottenere un giunto saldo ed

Fru H.-\ 23.21


Fotografia di un telaio Condutori di contatto Piastra centrale

,contatti in cui la piastra


centrale ed i conduttori di
contatto sono etichettati.
2x (Telaio contatti
fornito da National
Scmiconductor
Corporation. Fotografia
di Dennis Haynes.)
764 • Capitolo 23 / Selezione dei materiali e considerazioni sulla progettazione

elettricamente conduttivo, tra il telaio contatti ed i fili di connessione; (6) il telaio contatti
deve essere resistente all'ossidazione e mantenere la sua resistenza meccanica durante i
ciclaggi termici che si possono produrre a seguito delle procedure di giunzione della piastri-
na e di incapsulamento; (7) il telaio contatti deve anche sopportare ambienti corrosivi ad alte
temperature e ad elevata umidità; (8) deve inoltre essere possibile produrre economicamente
su vasta scala il telaio contatti. Normalmente. vengono stampati a partire da sottili lastre
metalliche.
Un commento parentetico riguarda le caratteristiche elettriche del substrato e l'adesivo di
giunzione della piastrina. Nel paragrafo precedente è stato osservato che i materiali utilizza-
ti per questi due componenti del telaio contatti devono essere elettricamente conduttivi.
Questa caratteristica tuttavia è incompatibile con i materiali ceramici utilizzati per il packa-
ging dei substrati che, come discusso nella Sezione 14.18, devono e·ssere isolanti elettrici.
Questa discrepanza è superata dal fatto che in alcuni progetti di packaging è richiesta la
messa a terra del chip dell'IC attraverso il substrato, mentre per altri progetti, la messa a terra
avviene attraverso i fili di contatto.
Sono state utilizzate numerose leghe per il telaio contatti con gradi variabili di successo.
I materiali utilizzati più comunemente sono leghe a base di rame; le composizioni, le con-
duttività elettriche e termiche ed i coefficienti d'espansione termica di due tra quelle più dif-
fuse (C 19400 e Cl 9500) sono elencati nella Tabella 23.6. La maggior parte delle volte, essi
soddisfano i criteri elencati nel paragrafo precedente. Nella tavola sono elencate anche le
composizioni di due altre leghe (Kovar e Lega 42) che sono state largamente utilizzate per il
telaio contatti. L'interesse per queste ultime due leghe è dovuto ai loro coefficienti di espan-
sione termica relativamente bassi, molto vicini a quelli del Si fcioè, 2.5 x 10-6 ( 0 C)- 1].
Tuttavia, dalla Tabella 23.6 si può osservare che le conduttività, sia elettriche che te!lTliche,
per il Kovar e per la Lega 42, sono inferiori ai valori della conduttività delle leghe Cl 9400 e
Cl 9500.

23 .14 COU.EGAMEl\TO DELLA PJASTRil\A

L'operazione di collegamento della piastrina consiste nell'unire il chip dell'IC alla piastra
centrale di supporto del telaio contatti. Per le leghe di rame ripurtatt: nella Tabella 23.6, la
connessione può essere effettuata utilizzando una saldatura eutettica oro-silicio; tuttavia, la
fusione della saldatura richiede di riscaldare il sistema a 500°C.
Un'altra possibilità di adesione è l'utilizzo di un agente legante epossidico caricato con
particelle di metallo (frequentemente Ag) in modo tale da fornire una pista conduttiva, sia ter-
micamente che elettricamente, tra il chip ed il telaio contatti. L'indurimento del! 'epossidica è
eseguito a temperature comprese tra 60°C e 350°C, a seconda dell'applicazione. Poiché l'in-
tensità dell'espansione termica è diversa per la lega di Cu della piastra del telaio contatti e del
chip in Si, l'adesivo epossidico deve essere capace di assorbire qualsiasi deformazione ter-
mica prodotta durante le variazioni di temperatura in modo tale che l'integrità meccanica
della giunzione sia conservata. La Figura 23.22a mostra un diagramma schematico di un chip
che è vincolato ad un substrato che, a sua volta, è vincolato alla piastra del telaio contatti. La
Figura 23.22b è una fotografia di un chip, del suo telaio contatti e dei fili di collegamento.

~
23.l ._. eOLLEGA'"UENTO
1 ELETTRICO

Il passo successivo nel processo di packaging implica la definizione dei collegamenti elettri-
ci fra le piazzole terminali metallizzate del chip ed il telaio contatti; tutto ciò è ottenuto
mediante fili di collegamento (Figure 23.22a e 23.22h). Viene solitamente adottata una pro-
cedura di microgiunzione, dato che, per stabilire i collegamenti, vengono utilizzati dei fili
'fabdla 23.6 Designazioni, Composizioni, Conduttività Elettriche e Termiche e Coefficienti di Espansione Termica per Comuni Leghe del
Telaio contatti di un IC

Condultività Conduttività Coefficiente di


Composizione(% in peso) elettrica termica e~pansione
termica"
Denominazione Lega Fe Ni Co Cu Altro 10• (Q-mr• (Wlm-K) lJ0-6(oC)-I]

C19400 2.35 Restante 0.03 P, 0.12 Zn, 39.4 260 16.3


0.03 Pb (massimo)

CI9500 1.5 0.8 Restante 0.6 Sn, 0.03 P 29.1 200 16.9

Kovar (ASTM Fl5) 54 29 17 2.0 17 5.1

Lega 42 (ASTM F30) 58 42 1.4 12 4.9

" I valori dei coefficienti di espansione termica sono medie misurate tra 20°C e 300°C.
766 • Capitolo 23 / Selezione dei matt"riali e considerazioni sulla progettazione

F1u,11-\ 2~{.22 (a)


Disegno schematico del Microsaldatura a cuneo
chip dell'IC, del
collegamento al substrato
(o alla piastra del telaio Filo di connessione
contatti) e dei fili di
connessione che vanno
dal telaio contatti ai Microsaldatura a goccia
contatti stessi. (Da
Placchetta di
Electronic Materials contatto
Handbook, Voi. 1.
Packaginx, C. A. Dostal, Connessione del
chip (piastrina)
editore, ASM
International, 1989,
p. 225). (b) Fotografia in
cui è visibile una parte
del pacchetto del telaio
contatti. È incluso il chip I
insieme ai relativi fili di Piastra del tel.iio contatti Substrato (opzionale)
collegamento. Ciascun
!a/
filo è vincolato ad una
piazzola di contatto del
chip; l'altra estremità del
filo è collegata ad un
contatto del telaio. 7 3x.
(Fotografie gentilmente
concesse dalla National
Semiconductor
Corporation.)

(b)

molto sottili. La giunzione dei fili è il passo lento nel processo di packaging perché può suc-
cedere che si debbano installare anche diverse centinaia di fili; questa procedura è solita-
mente automatizzata.
Si devono fare alcune importanti considerazioni riguardo alla scelta della lega del filo
conduttore. Il requisito principale è, naturalmente, un 'alta conduttività elettrica. Altra impor-
tante considerazione risiede nella capacità della lega stessa di unirsi, mediante saldatura o
brasatura, sia con la lega di Al della piazzola del chip che con la lega di Cu del telaio contat-
ti; la formazione di una microgiunzione che sia meccanicamente ed elettricamente stabile è,
invece, una necessità assoluta.
Microsaldatura
a cuneo
{seconda giunzione)
T
TelJio contatti

Placchetta di

Il materiale più comunemente u


usata una legact·oro contenente pil
inibire la crescita del grano. Tfili d'1
to sono di 18 µm, 25 µmo 50 µm. F
si Cu ed Al. Prima di eseguire la mie
ficie del telaio contatti, sulle quali ,
rivestite con Au in modo da miglio1
giunzione, un estremo del filo cor
mediante un utensile particolare. Q
gente di calore a scintilla o a fiamm
Si possono realizzare due tipi di
23.23 è un disegno schematico che
goccia in corrispondenza della piazi
contatti. Nel caso dei fili d'oro si po
del filo, a causa dell'alta tensione su
di questa goccia fusa con la piazzo'
contatto meccanico con la superficie
toposti a vibrazioni ultrasonore. Un
zione a goccia viene mostrata nella

(a!

FIGUl\ 23.21 Micrografia elcttronic


un collegamento u cuneo (275x). (Fo
Corporation.)
7 68 • Capitolo 23 / Selezione dei materiali e considerazioni sulla progettazione

mente conveniente dato che, dopo che sono state eseguite le prime due microgiunzioni per
ogni filo (solitamente sulla placchetta di contatto), il conduttore elettrico può essere piegato
in qualsiasi direzione, per preparare la microgiunzione dell'altra estremità.
I conduttori di alluminio e di rame non formano gocce durante la fusione. Tali conduttori
sono uniti mediante microgiunzione a cuneo posizionando il conduttore tra una sonda vibrante
e la placchetta di contatto o la superficie del telaio contatti; le vibrazioni liberano e rimuovono
gli inquinanti superficiali, che si trovano in intimo contatto sulle due superfici. Viene quindi
applicata sulla sonda una corrente elettrica che salda il filo sulla superficie. Sfortunatamente,
il movimento di flessione dei conduttori microsaldati a cuneo è limitato ad una sola direzione.
I conduttori in oro possono anche essere uniti utilizzando microgiunzioni a cuneo. La Figura
23.24b è una micrografia elettronica a scansione di una microgiunzione a cuneo.
Ci sono altre considerazioni riguardo la giunzione dei fili che meritano di essere citate. Le
microgiunzioni di combinazioni di leghe, che formano fasi intermetalliche, dovrebbero esse-
re evitate perché queste fasi sono normalmente fragili e portano alla perdita, nel lungo perio-
do, di stabilità meccanica. Ad esempio, Au e Al possono reagire a temperature elevate per for-
mare AuA12 , detta "piaga purpurea"; questo composto non solo è molto fragile (e purpureo),
ma è anche altamente resistivo. È inoltre importante che la microgiunzione abbia buona inte-
grità meccanica dato che questa deve (I) sopportare vibrazioni che::il sistt:rna può subire e (2)
sopravvivere alle tensioni di origine termica generate nel momento in cui i materiali assem-
blati cambiano temperatura.

23.16 PROTEZIONE DEL CIRCUITO ASSEMBLATO

Il circuito microelettronico assemblato deve essere protetto da corrosione, da contaminazio-


ne e da danni durante la manipolazione e durante il funzionamento. Le microgiunzioni di
interconnessione dei conduttori sono estremamente fragili e possono venire facilmente dan-
neggiate. Le sottili piste in Al del circuito, che sono state metallizzate sulla superficie del chip
del circuito integrato, sono particolarmente vulnerabili alla corrosione; anche la più leggera
corrosione di questi elementi può danneggiare il funzionamento del chip. Questi strati di Al
metallizzato subiscono corrosione se nell'umidità atmosferica, che può condensare sulla loro
superficie, sono presenti concentrazioni minime di inquinanti ionici (specialmente cloro e
fosforo). Inoltre, le reazioni corrosive sono accelerate dalla presenza delle correnti elettric4e
che attraversano questi percorsi del circuito. Occorre tener presente, poi, che anche il sodio
(come Na+), che eventualmente raggiunge la superficie del chip, può diffondere nel chip e
comprometterne il funzionamento.
Il materiale utilizzato per la protezione dell 'IC assemblato dovrebbe:
1. Essere elettricamente isolante;
2_ Essere modellato facilmente nella forma richiesta sulla piastrina del chip e sui contat-
ti del conduttore;
3. Essere estremamente impermeabile all'umidità ed agli inquinanti;
4. Essere in grado di aderire fortemente alla superficie del chip, ai conduttori ed agli altri
componenti del telaio contatti;
5. Avere la stabilità meccanica e chimica per tutto il tempo di vita previsto;
6. Non richiedere temperature eccessivamente alte per l'installazione;
7. Avere un coefficiente d'espansione termica simile a quello degli altri componenti in
modo da evitare tensioni termiche che possano fratturare i contatti del conduttore.

La Figura 23.25 mostra un diagramma schematico di un IC protetto.

Per la protezione dei circuiti integrati assemblati si possono utilizzare sia materiali cera-
23.17 GiW1zione automatizzata a nastro • 769

F!GlR\ 23.2."> Disegno sche-


Chip dell'IC Protezione
matico di un telaio contatti di un
Conduttori
IC assemblato e protetto. (Da
Electronic Materials Handbook,
Voi. 1, Packaf?ing, C. A. Dostal,
editore, AS M International,
1989. p. 241.)

Protezione

miei che materiali polimerici; naturalmente, ognuno di questi tipi di materiali ha aspetti posi-
tivi e negativi. I ceramici sono estremamente resistenti alla penetrazione di umidità e sono
chimicamente stabili ed inerti. I vetri sono i materiali ceramici utilizzati molto comunemen-
te. Lo svantaggio principale del vetro è la necessità di dover essere riscaldato a temperature
moderatamente elevate, per diminuirne la viscosità e far sì che possa fluire intorno ai con-
duttori che sono uniti mediante microgiunzioni alla superficie del chip, realizzando un con-
tatto molto stretto. Alcuni costituenti comuni del vetro dovrebbero essere evitati (particolar-
mente Na 2O e KP) poiché dalla massa vetrosa fusa possono venire emesse specie cationiche
volatili (Na+ e K+). Queste specie sono note per accelerare le reazioni di corrosione per cui
tali ioni possono degradare le prestazioni del chip.
I materiali polimerici sono più utilizzati perché non sono così costosi, come i ceramici, e
perché possono essere ottenuti in uno stato di bassa viscosità a temperature inferiori.
Generalmente vengono impiegati gli epossidici ed i poliuretani, essendo i primi i più comu-
ni. Questi materiali, tuttavia, hanno tendenza ad assorbire acqua e non formano legami
impermeabili all'umidità con i conduttori di contatto. Alcuni di questi polimeri richiedono
temperatura di cura dell'ordine dei 150°C e durante il raffreddamento a temperatura ambien-
te si ritireranno più degli altri componenti ai quali sono collegati. Questa differenza di con-
trazione può dare origine a te;:nsionimeccaniche d'intensità sufficiente a danneggiare i con-
duttori di connessione come pure altri componenti elettronici. L'aggiunta di cariche appro-
priate (come la silice fine o particelle di allumina) al polimero può ovviare questo problema,
ma ha spesso conseguenze elettriche indesiderabili. Un confronto delle importanti caratteri-
stiche di protezione di quattro tipi di polimero diversi è riportato nella Tabella 23.7.

23.1 7 Gll~NZIONE AllTO:\lATIZZATA A NASTRO

Un altro tipo di packaging, la giunzione automatizzata a nastro (o TAB, dall'inglese tape


automated honding, N.d.T.), una variazione del telaio contatti discusso sopra, ha trovato un
uso esteso in virtù del suo basso costo. L'assemblaggio per giunzione a nastro consiste in un
substrato di una pellicola di supporto polimerica sottile e flessibile; sulla superficie del sub-
strato è disegnata una serie di piste, "dita", di rame ad elevata conduttività simile, per confi-
gurazione, ai contatti del telaio convenzionale. Nella Figura 23.26 viene mostrato un disegno
schematico di un telaio contatti a giunzione a nastro.
Il sostegno meccanico per l'assemblato è fornito dal film di polimmide, sul quale la pia-
strina è vincolata mediante un adesivo. La larghezza delle strisce di polimmide è di solito 35
mm, e lungo i bordi vengono praticati dei fori che servono per il trascinamento del nastro in
modo tale da agevolarne il movimento ed il posizionamento del telaio contatti TAB. Migliaia
770 Capitolo 23 / Selezione dei materiali e con~itlerazioni sulla progettazione

Tabella 23. 7 Confronti tra le proprietà di quattro classi di pofuneri utilizzati per
la protezione di IC

Resine epossidiche Siliconi Poliuretani Polisolfuri

Rigidità dielettrica Buona Buona Buona Buona


Modulo elastico Alto Basso Ampia gamma Basso
Resistenza a trazione Alta Bassa Ampia gamma
Viscosità del precursore Bassa Bassa Bassa Alta
Adesione all'assemblato Eccellente Povera Buona Buona
(ai ceramici)
Tasso di diffusione di umidità Alto Alto Basso Molto basso

Fonte: Da C. R. M. Grovcnor, Microelectronic Materiai.i·.


Copyright© 1989 dell'Institute of Physics Publishing, Bristol.

di queste singole unità, collegate lungo un lato, sono trasferite su bobine pronte per la produ-
zione automatizzata.
Le dita di rame sono estremamente strette e molto vicine tra loro. Le distanze di separa-
zione dei contatti interni sono dell'ordine di 50 µm, molto inferiori di quelle realizzabili per
il telaio contatti stampato. Ogni placchetta di contatto della piastrina del chip, inoltre, è
microsaldata direttamente ad una di queste dita di rame, il che elimina la necessità di qual-
siasi filo di connessione. Le dita di rame sono molto sottili, in modo che, per ottenere que-
st'unione diretta, le zone d'unione della placchetta di contatto del chip devono essere rialza-
te sopra lo strato metallizzato. Tutto ciò è ottenuto mediante "rilievi di saldatura", che nor-
malmente sono strati d'oro (o rame placcato in oro) spessi circa 25 µm. Le rappresentazioni
schematiche che illustrano questo schema di unione sono presentate nella Figura 23.27. I
contatti a dito sono uniti a questi rilievi per saldatura, utilizzando uno strumento di giunzio-
ne termico-compressivo. Questo sistema di giunzione a nastro è completamente automatiz-
zato in modo tale che le centinaia, o quasi, microgiunzioni possano essere realizzate in un
singolo passo, una caratteristica non possibile con telai contatti che richiedono più operazio-
ni a giunzione protetta.
L'operazione di assemblaggio del telaio contatti TAB è completata, come per il telaio
contatti stampato, dall'operazione di incapsulamento (cioè, il nastro telaio contatti ed il rela-

Frct.R\.23.26 Disegno ,-- Foro guida di


schematico di un telaio trascinamento Contatto a dito di rame
interno (vincolato all'IC)
contatti completo con
giunzioni a nastro (TAB).
(Da Electronic Materials
Contatto
Handhook, Voi. 1, esterno
Packaging, C. A. Dostal,
editor, ASM
Intemational, 1989,
p. 233.)

/
Pellicola polimerica Finestra in pellicola polimerica -
(polimmide) per facilitare la giunzione del
contatto esterno
Sommario 7 71

FIURA 23 ..27 Pellicola polimerica Incapsulamento Rilievo saldato


Disegno schematico di Giunto Dito del telaio
(a) sezione trasversale dì saldato contatti

M '--------'
un telaio contatti TAB

~
assemblato e protetto e
1 1
(h) il modo in cui sono
ottenuti i vincoli tra il
[=c~h_i_p_,c_·_~\_ ____ _~~<...- ...'.-_.· ...

chip e le dita di rame Adesione della pIas1r111a


,/ Piastrd del tel,1io
·attraverso i rilievi di contatti o substrato
saldatura. (Da Electronic
(d)
Materials Handbook, Vol.
1, Packagìng, C. A.
Dostal editor, ASM
Intemational, 1989, pp.
233, 234.)
Rilievo saldato

'"-- Pellicola
Strato d'oro polimerica
Chip
tC
Piazzola di contatto

(b)

tivo chip) mediante un materiale polimerico fluido che viene successivamente curato in
modo tale da formare uno schermo protettivo. Le piste conduttrici a dita di rame fuoriescono
dal package e sono connesse ai collegamenti elettrici esterni. Inoltre, l'eccesso di calore
generato dal chip deve essere dissipato lungo queste dita di rame in quanto la pellicola del
nastro polimerico non fornisce un percorso di conduzione termico efficace a causa della sua
conduttività termica bassa.
L'obiettivo finale nella progettazione dell'assemblaggio dell'IC è quello di consentire il
corretto funzionamento elettrico del dispositivo assemblato. Poiché le frequenze e le velocità
dei computer crescono continuamente, le considerazioni progettuali meccaniche ed elettriche
della progettazione dell'assemblaggio devono essere sempre più implementate. Per l'utente
finale le prestazioni elettriche generali dell'assemblato sono importanti almeno quanto l 'affi-
dabilità generale.

SOMMARIO
In questo capitolo, abbiamo illustrato il protocollo di selezione dei materiali con cinque
esempi diversi. Nel primo caso, un albero cilindrico sottoposto a sforzo torsionale, è stata
ricavata un'espressione per l'indice di prestazione di resistenza; quindi è stata condotta una
ricerca preliminare, dei possibili candidati, utilizzando l'opportuna tavola di selezione dei
materiali. Dai risultati di questa ricerca sono stati classificati diversi materiali sulle basi sia
della resistenza per unità dì massa che del costo. Sono stati, inoltre, discussi altri fattori atti-
nenti al processo decisionale.
È stata eseguita poi un'analisi dello sforzo su una molla elicoidale, in seguito estesa ad
una molla per valvola d'automobile. È stato osservato che, ai fini delle prestazioni della
molla in questo tipo d'applicazione, la possibilità di rottura per fatica riveste un'importanza
772 • Capitolo 23 / Selezione dei materiali e considerazioni sulla progettazione

fondamentale. È stata calcolata l'ampiezza dello sforzo di taglio, la cui intensità era presso-
ché identica al limite di fatica calcolato per un acciaio cromo-vanadio comunemente utiliz-
zato per questo tipo di molle. È stato osservato che spesso viene incrementato il limite di fati-
ca delle molle per valvola mediante la pallinatura. Infine, è stata suggerita una procedura per
valutare la fattibilità economica del progetto di questa molla, utilizzando l'acciaio
cromo-vanadio im.:rudito per pallinatura.
Per il terzo caso-studio, è stata esaminata la sostituzione totale dell'anca mediante prote-
si artificiale. Dapprima è stata esaminata l'anatomia dell'anca, seguita da una discussione
riguardo ai componenti ed ai requisiti dei materiali che possono essere utilizzati nelle prote-
si. I materiali impiantati devono essere biocompatibili con i tessuti ed i fluidi del corpo
umano, devono essere resistenti alla corrosione ed essere meccanicamente compatibili con le
parti dt:I corpo con cui andranno ad interagire. Lo stelo e la testina femorale sono di norma
costruiti in acciaio inossidabile lavorato a freddo, oppure in una lega Co--Ni-Cr-Mo forgia-
ta a caldo o anche in lega di titanio sempre forgiata a caldo. Alcuni progetti recenti prevedo-
no una testina in ossido di alluminio policristallino. La coppa acetabolare viene comunemen-
te realizzata con polietilene ad ultra alto peso molecolare, mentre come agente consolidante
per l'adesione dello stelo femorale (al femore) e della coppa acetabolare (al bacino) viene
u~alo cemento osseo acrilico.
Il quarto caso-studio preso in considerazione ha riguardato il sistema di protezione ter-
mica dello Space Shuttle. La progettazione di tale sistema era complicata dal fatto che i requi-
siti relativi ai materiali impiegati erano molto restrittivi; tali difficoltà sono state superate
mediante l'adozione di varie soluzioni come pure mediante lo sviluppo di nuovi materiali.
Per le aree superficiali esposte a temperature di rientro relativamente basse viene utilizzato
un isolamento superficiale riutilizzabile in feltro, formato da rivestimenti in feltro di nylon
rivestiti in silicone. Le piastrelle ceramiche coprono la parte principale della superficie dello
Space Shuttle, ovvero le aree che sono esposte alle temperature più elevate.
Quest'isolamento poroso è composto o da fibre di silice o da una combinazione di fibre di
silice e di alluminio borosilicato. Le piastrelle, che hanno varie resistenze, densità e proprietà
termiche, sono fabbricate per essere utilizzate in diverse posizioni. Ad ogni piastrella viene
applicato un sottile strato superficiale di vetro in modo tale da migliorarne la riflettanza o le
caratteristiche emissive. Le regioni superficiali dello Shuttle, che sono soggette a temperatu-
re di rientro più alte, sono realizzate ìn composito di carbonio rinforzato di carbonio, rivesti-
to con un sottile strato di carburo di silicio.
I materiali utilizzati per l'assemblaggio di un circuito integrato, che comprende la pro-
gettazione del telaio contatti, erano l'argomento del caso-studio finale. Un chip di un IC è
vincolato alla piastra del telaio contatti mediante una saldatura eutettica o una resina epossi-
dica. Il materiale del telaio contatti deve essere conduttivo sia elettricamente che termica-
mente e, idealmente, deve avere un coefficiente di espansione termica corrispondente al
materiale del chip dell'IC (cioè, silicio o arseniuro dì gallio); i materiali comunemente utiliz-
zati nei telai contatti sono leghe dì rame. Per i collegamenti elettrici, dalle microscopiche
piazzole di contatto dell'IC al telaio contatti, sono utilizzati fili molto sottili (preferibilmente
d'oro, ma spesso di rame o alluminio). Vengono utilizzate tecniche di saldatura/brasatura
ultrasonore di microgiunzione, dove il giunto di connessione può essere a forma di goccia o
di cuneo. Il passo finale è l'incapsulamento del circuito così assemblato, per cui il sistema
telaio contatti-conduttori-chip viene annegato in un involucro protettivo. I materiali più
comunemente impiegati sono i vetri ceramici e le resine polimeriche. Le resine sono meno
costose dei vetri e richiedono temperature di incapsulamento inferiori; tuttavia, i vetri offro-
no in genere un livello di protezione più alto.
Domande e problemi 773

BIBLIOGRAFIA

Generale tion, Section 6, Society of Automotive Engineers,


Ashby, M. F., Materials Selectìon ìn Mechanical Design, lnc., 1991.
Pergamon Press, Oxford, 1992.
ASM Handbook, Voi. 20, Materials Selection and Design, Protesi d'Anca Artificiale
ASM Tnternational, Materials Park, OH, 1997. Williams, D. F. (Editor), Biocompatihility of Orthopedic
Budinski, K. G., Engineering Materials: Properties and lmplants, Voi. l, CRC Press, Inc., Boca Raton, FL,
Selection, 5th edition, Prentice Hall, lnc., 1982.
Englewood Cliffs, NJ, 1995. Pilliar, R. M., "Manufacturing Processes of Metals: The
Creyke, W. E. C., J. E. J. Sainsbury, and R. Morrell, Processing and Properties of Metal lmplants,"
Design with Nonductile Materials, Applied Metal and Ceramic Biomaterials, P. Ducheyne and
Science Publishers, London, 1982. G. Hastings (Editors), CRC Press, Inc., Boca
Dieter, G. E., Engineering Design, A Materials and Raton, FL, 1984.
Processing Approach, 2nd edition, McGraw-Hill
Book Company, New York, 1991. Thermal Protection System on the Space Shuttle
Farag, M. M., Materials Selection for Engineering Orbiter
Design, Prentice Hall, lnc., Upper Saddle River, Korb, L. J., C. A. Morant, R. M. Calland, and C. S.
NJ, 1997. Thatcher, "The Shuttle Orbiter Thermal Protection
Lewis, G., Selection of Engineerini Materials, Prentice System," American Ceramic Society Bulletin, Voi.
Hall, Inc., Englewood Cliffs, NJ, 1990. 60, No. 11, 1981, pp. 1188-1193.
Mangonon, P. L., The Principles of Materials Selection Cooper, P. A. and P. F. Holloway, "The Shuttle Tile
for Eniineering Design, Prentice Hall, Saddle Story," Astronautics and Aeronautics, Voi. 19, No.
River, NJ, 1999. l, 1981, pp. 24-36.
Gordon, M. P., The Space Shuttle Orbiter Thermal
Ottimiu.azione della Resist,enza Protection System, Processing Assessment, Final
Ashby, M. F. and D. R. H. Jones, Eniineering Materials Report, http://ihm.arc.nasa.gov/repair/shut-
1, An introduction to Theìr Properties and tle_report/index.html.
Applications, 2nd edition, Pergamon Press, Oxford,
1996. Assemblaggio dei Circuiti Integrati
Electronic Materials Handhook, Voi. I, Packaging, ASM
Molle per Valvole di Automobile lntemational, Materials Park, OH, 1989.
Edwards, K. S., Jr. and R. B. McKee, Fundamentals of Grovenor, C. R. M., Microefectronic Materials, lnstitute
Mechanical Component Design, Chapter I 8, of Physics Publishing, Bristol, 1989.
McGraw-Hill Book Company, New York. 1991.
Society of Automoti-ve Engineers Handhook, 1991 edi-

DOMA!\DE E PRORLE:\11

Progettazione e problemi (Appendice C), condurre un'analisi dei costi


23.D1 (a) Utilizzando la procedura descritta nella Se- come nella Sezione 23.2. Per quei materiali che
zione 23.2 accertare quale delle leghe metalliche soddisfano i criteri riportati nella parte a, e, sulla
elencate nell'Appendice B (ed anche nel data- base dell'analisi dei costi, quale materiale sce-
base sul CD-ROM), hanno indici di prestazione gliereste per un albero cilindrico pieno? Perché?
di resistenze torsionali maggiori di 12.5 (in unità 23.D2 In modo simile alla trattazione della Sezione
SI) e, inoltre, resistenze di taglio maggiori di 300 23.2, eseguire un'analisi delle prestazioni rigi-
MPa. (b) Utilizzando anche il database dei costi dezza- massa su un albero cilindrico pieno sotto-
774 • Capitolo 23 / Selezione dei materiali e considerazioni ,mila progettazione

posto ad uno sforzo torsionale. Utilizzare gli si ed a quella condotta nella parte b, quale lega
stessi materiali che sono elencati nella Tabella scegliereste in base alla rigidità per unità di
23.1. Condurre, inoltre, un'analisi dei costi rela- massa?
tiva al materiale. Classificare questi materiali sia (d) Scegliere, adesso, quelle leghe metalliche
sulla base di massa di materiale richiesta che di che hanno indici di prestazione di resistenza
costo del materiale. Per il vetro ed i compositi maggiori di 18.0 (in unità SI) e ordinarle secon-
rinforzati in fibra di carbonio, supporre che i mo- do il valore di P, dal più alto al più basso.
duli di taglio siano, rispettivamente, 8.6 e 9.2 (e) Utilizzando il database dei costi, classificare
GPa. i materiali della parte d dal meno costoso al più
23.D3 (a) Una trave a sbalzo cilindrica è sottoposta ad costoso. In base a quest'analisi ed a quella con-
una forza F, come indicato nella figura sotto- dotta nella parte d, quale lega scegliereste in
stante. Ricavare le espressioni dell'indice di pre- base alla resistenza per unità di massa?
stazione di resistenza e di rigidità analoghe alle (f) Quale materiale scegliereste se, per questa
Equazioni 23.9 e 23.11. Lo sforzo imposto sulla applicazione, devono essere considerate sia la
parte libera a è rigidità che la resistenza? Giustificare la vostra
Flr scelta.
a=-1-- (23.24)
23.D4 (a) Una barra avente sezione trasversale quadra-
ta di lato e è sottoposta ad una forza di trazione
L, r e I sono, rispettivamente, la lunghezza, il uniassiale F, come mostrato nella figura sotto-
raggio ed il momento d'inerzia della trave. stante. Ricavare le espressioni dell'indice di pre-
Inoltre, la freccia ali' estremità libera della trave stazione di resistenza e di rigidità analoghe a
è quelle delle Equazioni 23.9 e 23.11.
F
(23.25)

dove E è il modulo di elasticità della trave.

T
o
1

F
j (b) Dal database delle proprietà presentate in
Appendice B (o sul CD-ROM), scegliere quelle
leghe metalliche aventi l'indice di prestazione di
rigidità maggiore di 26.3 (in unità SI).
(b) Dal database delle proprietà riportato in (e) Utilizzando anche il database dei costi
Appendice B (o sul CD-ROM), scegliere quelle (Appendice C), condurre un'analisi dei costi in
leghe metalliche che presentano indici di presta- modo analogo alla Sezione 23.2. Rispetto a que-
zione di rigidità maggiori di 3.0 (in unità SI). st'analisi ed a quella condotta nelJa parte b,
(e) Utilizzando anche il database dei costi quale lega scegliereste in base alla rigidità per
(Appendice C), condurre un'analisi dei costi unità di massa?
come nella Sezione 23.2. Rispetto a quest'anali- (d) Scegliere, adesso, quelle leghe metalliche
Domantle e problemi • 775

aventi indici di prestazione di resistenza mag- che aventi l'indice di prestazione di rigidità
giori di 100 (in unità SI) e classificarle dal P più maggiore di 1.50 (in unità SI).
alto a quello più basso. (e) Utilizzando anche il database dei costi
(e) Utilizzando il database dei costi, classificare (Appendice C), condurre un'analisi dei costi
i materiali nella parte d dal meno costoso al più come nela Sezione 23.2. Rispetto a quest'analisi
costoso. In base a quest'analisi ed a quella con- ed a quella condotta nella parte b, quale lega sce-
dotta nella parte d, quale lega scegliereste in gliereste in base alla rigidità per unità di massa?
base alla resistenza per unità di massa?
(d) Scegliere, adesso, quelle leghe metalliche
(f) Quale materiale scegliereste se, per quest'ap-
che hanno indici di prestazione di resistenza
plicazione, devono essere considerate sia la rigi-
dità che la resistenza? Giustificare la vostra scel- maggiori di 6.0 (in unità SI) e classificarle dal P
ta. più alto a quello più basso.
23.D5 La piastra sottostante è appoggiata alle estremità (e) Utilizzando il database dei costi, classificare
e sottoposta ad una forza F distribuita uniforme- i materiali nella parte d dal meno costoso al più
mente sulla faccia superiore, come indicato. La costoso. In base a quest'analisi e quella condotta
deformazione '5alla posizione L/2 è data dall 'e- nella parte d, quale lega scegliereste in base alla
spressione resistenza per unità di massa?
(f) Quale materiale scegliereste se, per quest'ap-
5 FLJ plicazione, devono essere considerate sia la rigi-
'5= 32Ew? (23.26)
dità che la resistenza? Giustificare la vostra scel-
ta.
Inoltre, lo sforzo di trazione sulla parte inferiore, 23.D6 Si deve costruire una molla con un diametro di
e sempre ad L/2, è uguale a 15 mm con un filo di acciaio inossidabile 304,
lavorato a freddo, avente un diametro di 2.0 mm;
3FL
a= -4-14-,,~- (23.27) il progetto richiede che la molla abbia un nume-
ro di spire pari a dieci.
(a) Qual è il carico di trazione massimo che può
essere applicato affinché la deformazione totale
della molla sia non più di 5 mm?
(b) Qual è il carico di trazione massimo che può
essere applicato senza che vi sia alcuna defor-
mazione permanente del filo della molla?
Assumere che la resistenza di snervamento a
taglio sia 0.6 a,, dove a, è il carico di snerva-
mento in trazione.
23.D7 Si richiede un materiale per una molla che deve
essere sottoposta a trazione. La molla deve avere
8 spire e diametro pari a 12 mm; il diametro del
filo della molla, inoltre, deve essere 1.75 mm.
All'applicazione di uno sforzo di trazione di 30
N, la molla deve deformarsi per non più di 1O
(a) Ricavare le espressioni dell'indice di presta-
mm e senza deformarsi plasticamente.
zione della rigidità e della resistenza analoghe
alle Equazioni 23.9 e 23.11. (Suggerimento: (a) In base ai materiali inclusi nel database in
risolvere per t queste due equazioni e quindi Appendice B (o sul CD-ROM), elencare quelli
sostituire le espressioni risultanti nell'equazione che soddisfano i summenzionati requisiti.
della massa, espressa in funzione della densità e Assumere che il carico di snervamento a taglio
delle dimensioni della piastra). sia 0.6 a,., dove ar è il carico di snervamento in
(b) Dal database delle proprietà in Appendice B trazione, e che il modulo di taglio sia uguale a
(o sul CD-ROM), scegliere quelle leghe metalli- 0.4E, essendo E il modulo di elasticità.
776 • Capitolo 23 / Selezione dei materiali e considerazioni sulla progettazione

(b) Da quest'elenco di materiali potenziali, sce- (a) Utilizzando il database in Appendice B (o sul
gliere ora quello che utilizzereste per quest' ap- CD-ROM) elencare quei materiali che sono
plicazione. Oltre ai summenzionati requisiti, il elettricamente conduttivi [a > 10 x 10 6
materiale deve essere relativamente resistente (Q-mr 1, che hanno coefficienti di espansione
1

alla corrosione e, naturalmente, in grado di esse- termica lineari compresi tra 2 x 10-6e 10 x 10-6
re ottenuto in fili. Giustificare la vostra decisio- (°Cf 1 e conduttività termiche maggiore di 100
ne. W /m-K. In base alle proprietà ed al costo, consi-
23.D8 Una molla avente IO spire ed un diametro di derereste uno qualunque di questi materiali al
10.16 mm deve essere costruita in filo d'acciaio posto di quelli elencati nella Tabella 23.6?
lavorato a freddo. Quando viene applicato un Perché o perché no?
carico di trazione di 57.4 N la molla non deve (b) Ripetere questa procedura per potenziali
flettersi più di 20.3 mm. L'operazione di trafila- materiali isolanti della piastra del telaio contatti
tura a freddo aumenterà, naturalmente, il carico che devono avere conduttività elettriche inferiei-
di snervamento a taglio del filo. È stata osserva- ri a 10-10 (Q-mf 1, così come coefficienti di
to che r, (in MPa) dipende dal diametro del filo espansione termica compresi tra 2 x 10-6e IO x
d (mm) secondo 10-6(°Cf' e conduttività termiche maggiore di
30 W /m-K. In base alle proprietà ed al costo
63 (appendice C), considerereste uno qualunque dei
T=--- (23.28)
-' cf-2 materiali elencati nell'Appendice B (o sul
CD-ROM) al posto dell'ossido d'alluminio?
Se il modulo di taglio per quesio acciaio è 79 Perché o perché no?
0Pa, calcolare il diametro minimo del filo affin- 23.D12 Dopo la consultazione di uno dei seguenti riferi-
ché la molla non si deformi plasticamente quan- menti, descrivete l'effetto memoria di forma e
do sottoposta al summenzionato carico. quindi spiegate il meccanismo (in termini di tra-
23.D9 Si deve costruire una molla elicoidale con un sformazioni di fase, ecc.) che è responsabile di
acciaio 4340. La progettazione richiede 12 spire, questo fenomeno. Suggerite ora tre applicazioni
un diametro di 12 mm e un diametro del filo di 2 pratiche in cui una lega, che possiede questo
mm. In risposta ad una forza di trazione di 27 N, effetto, può essere utilizzata.
inoltre, la deformazione totale deve essere non Schetky, L. M., "Shape-Memory Alloys,"
più di 3.5 mm. Specificare un trattamento termi- Scientific American, Vol. 241, No. 5, November
co per questo filo di acciaio 4340 affinché la 1979, pp. 74--82.
molla soddisfi i summenzionati requisiti. "Shape-Memory Alloys-Metallurgical Solution
Supporre che il modulo di taglio per questo Looking for a Problem," Metallurgia, Voi. 51,
acciaio sia pari a 80 GPa e che rY = 0.6 aY. No. 1, January 1984, pp. 26-29.
23.D10 Utilizzando il software E-Z So/ve, incluso nel 23.D13 Scrivere una relazione sulla sostituzione di com-
CD-ROM che accompagna questo libro, ponenti metallici di automobile con polimeri e
costruire una routine per la molla di valvola di materiali compositi. Prendere in considerazione
automobile (Sezione 23.5) che permetta all'u- i seguenti argomenti: (I) Quali componenti per
tente di specificare il numero delle spire efficaci auto (ad esempio albero a camme) utilizzano
(N), il diametro della molla (D) ed il diametro oggi polimeri e/o compositi? (2) Specifica-
del filo (d) e calcolare il limite di fatica ( r 0 ,) tamente quali materiali (per esempio, polietilene
come pure l'ampiezza dello sforzo effettivo ad alta densità) vengono attualmente utilizzati?
( r"0 ). Inserire in questa routine i valori delle (3) Quali sono le ragioni di queste sostituzioni?
deformazioni di posizionamento e massime per 23.D14 Sviluppare un caso-studio sulla scelta di un
spira (cioè, o,c= 6 mm e o."=13.7 mm), come materiale per compact disc, nel modo descritto
pure il modulo di taglio dell'acciaio (G = 79 in questo capitolo. Iniziate con una descrizione
GPa). breve del meccanismo con cui i suoni vengono
23.D11 Scegliere una lega di metallo da impiegare come immagazzinati e quindi riprodotti. Quindi, citare
piastra del telaio contatti in un assemblaggio di tutti i requisiti che devono possedere i materiali
in circuito integrato in cui ha sede un chip di sili- per quest'applicazione; infine, dire quale mate-
cio. riale è più comunemente utilizzato, e quale logi-
Domande e problemi • 777

ca viene seguita. no un tecnica utilizzata per produrre vetri metal-


23.D15 Uno dei componenti critici dei nostri videoregi- lici.
stratori moderni a cassette (VCRs) è la testina 23.D17 TIcerotto transdermico si è recentemente diffuso
magnetica di registrazione/riproduzione. come meccanismo per il rilascio di droghe nel
Scrivere una relazione riguardo i seguenti argo- corpo umano.
menti: (1) il meccanismo con cui la testina regi- (a) Citare almeno un vantaggio di questo siste-
stra e riproduce i segnali video/audio; (2) le pro- ma di rilascio di droghe rispetto a1la sommini-
prietà richieste al materiale con cui la testina strazione orale utilizzando pillole e capsule.
viene prodotta; quindi (3) almeno tre materiali (b) Esplicitare le limitazioni delle droghe som-
probabili candidati attuali e, per ognuno, i valori ministrate da cerotti transdermici.
delle proprietà che ne fanno un candidato possi- (e) Fare una lista delle caratteristiche richieste ai
bile. materiali (diversi dalla droga da rilasciare) che
23.D16 Un altro gruppo di nuovi materiali sono i vetri sono inseriti nel cerotto transdermico.
metallici (o i metalli amorfi). Scrivere una rela- 23.D18 Vetro, alluminio, e vari materiali plastici vengo-
zione su questi materiali trattando i seguenti no utilizzati per contenitori di bevande (pagina
argomenti: (1) composizione di alcuni dei vetri 1). Fare una lista dei vantaggi e degli svantaggi
metallici comuni; (2) caratteristiche di questi nell'utilizzare ognuno di questi tre tipi materiali;
materiali che li rendono tecnologicamente comprendendo fattori come costo, riciclabilità e
attraenti; (3) caratteristiche che limitano il loro consumo di energia per la produzione di tali con-
utilizzo; (4) usi correnti e potenziali; e (5) alme- tenitori.
Lattine
usate che stanno
di alluminio
per
essere riciclate. Que.te
lattine verranno
schiacciate e pressate in
balle ( ,;sibili sullo sfondo)
e successivamente
suddivise in piccoli pezzi.
I metalli contaminati
ferrosi e non ferrosi
vengono elintinati
successivamente mentre il
rivestimento decorativo
nenc rimosso per
decolorazione. Un
successivo processo
termomeccanico separa il
corpo delle lattine (lf'ga
3004) dai fondi (lega
5182). Il processo finale
di riciclo consiste nella
fusione, raffinazione,
solidificazione e
laminazione.
(Fotografia gentilmente
concessa da Alcoa.)

Perché è importante studiare gli Aspetti economici, ambientali e


sociali nella Sdenza ed Ingegneria dei materiali?

Per un ingegnert> è essenziale conoscere e capii-e gli inquinamento stanno sempre più crescendo. Le deci-
aspetti economici semplicemente pt>rché l'istituzio- sioni in fatto di ingegneria dei materiali hanno impal-
ne/società per cui lui/lei lavora deve realizzare un pro- lo sui commnti delle materie printe ed energetici, sulla
fitto sui prodotti che realizza. Le decisioni prese dagli contaminazione dell'acqua e dell'atmosfera e sulla
ingegneri dei materiali hanno delle ricadute economi- possibilità, per il consumatore, di riciclare o smaltire
che sia per il materiale sia per i costi di produzione. i prodotti non più utilizzabili. La qualità della vita per
È im11ortanle avere sensibilità verso le questioni questa e per le generazioni future dipenderà, in tm
legate agli aspetti ambientali e sociali in quanto, col certo qual modo, da come questi aspetti saranno trat-
passare del tempo, sempre maggiore attenzione è tali dalla comunità ingegneristica globale.
rivolta alle risorse naturali mondiali. Inoltre i livelli di

778
Ohiettivi di apprendimento

Dopo aver studiato questo capitolo, dovresti essere in grado di fare le seguenti cose:

1. Elencare e discutere brevemente tre fallori sui 4. Citare gli aspetti che sono importanti nella proget-
quali un ingegnere ha il controllo e che influiscono tazione seconda la filosofia della "progettazione
sul costo di un prodotto. verde''.
2. Descrivere il ciclo totale di un materiale e discute- 5. Discutere gli aspetti relativi al riciclo/smaltimento
re brevemente gli aspetti più importanti relativi ad per quanto riguarda (a) i metalli, (b) i vetri, (c) le
ogni parte del ciclo. materie plastiche e la gomma e (d) i materiali com-
3. Elencare i due iriputs ed i cinque outputs per lo positi.
schema di analisi e di valutazione del ciclo di vita.

24.1 INTRODUZIONE

Nei capitoli precedenti sono stati trattati diversi aspetti, legati all'ingegneria ed alla scienza
dei materiali, atti a fornire elementi utili nel processo di scelta di un materiale. La maggior
parte di questi criteri di scelta è legata alle proprietà o combinazioni di proprietà del materia-
le - meccaniche, elettriche, termiche, di corrosione, ecc.; le prestazioni di un componente
dipenderanno dalle proprietà del materiale con cui è fatto. La possibilità di trasformazione e
la facilità di fabbricazione del componente possono giocare un ruolo importante nel proces-
so di selezione del materiale. In questo libro si è cercato, in un modo o nell'altro, di mettere
in risalto le tematiche relative a queste proprietà e caratteristiche di fabbricazione.
Nella pratica ingegneristica esistono altri importanti criteri che devono essere presi in
considerazione nello sviluppo di un prodotto commerciale. Alcuni sono di natura economica
e, fino ad un certo punto, non legati ai principi scientifici ed alla pratica ingegneristica, ma
risultano comunque significativi in termini di competitività del prodotto sul mercato. Altri
criteri, invece, coinvolgono aspetti ambientali e sociali - ad esempio, inquinamento, smalti-
mento, riciclo, energia, ecc. Quest'ultimo capitolo offre una relativamente breve descrizione
delle considerazioni economiche, ambientali e sociali che sono da ritenersi importanti nella
pratica ingegneristica.

ECONOMICHE
CONSIDERAZIONI
Non vi è ombra di dubbio che la pratica ingegneristica comporti l'utilizzo dei principi scien-
tifici nella progettazione di sistemi e componenti, le cui prestazioni risultino affidabili e sod-
disfacenti. Un altro aspetto critico è quello economico, dato che la società o l'istituzione che
vende o fabbrica un prodotto deve realizzare un certo profitto. L'ingegnere deve realizzare il
componente perfetto; tuttavia, una volta fabbricato, tale componente deve essere offerto ad
un prezzo che sia appetibile per il consumatore e che, in più, fornisca un adeguato profitto
all'azienda. Verrà fornita soltanto una breve panoramica dei fattori più importanti dal punto
di vista economico applicati ai materiali per ingegneria. Lo studente troverà maggiori infor-
mazioni nei riferimenti bibliografici che trattano più dettagliatamente gli aspetti economici.
Vi sono tre fattori che l'ingegnere dei materiali può controllare e che influenzano il costo
dì un prodotto: (1) il progetto del componente, (2) i materiali utilizzati e (3) la tecnica di fab-
bricazione impiegata. Questi fattori sono correlati tra loro in quanto il progetto del compo-
nente può influenzare la scelta del materiale da utilizzare ed entrambi influiranno sulla tecni-
ca, o sulle tecniche, di produzione adottata. Verranno di seguito svolte brevemente alcune
considerazioni di carattere economico sui fattori succitati.

779
780 • Capitolo 24 / Aspetti economici, ambientali e sociali nella Scienza ed Ingegneria dei materiali

24.2 PROGETTAZIONE DEL COMPONENTE

Una parte del costo di un componente è dovuta alla progettazione. In tale contesto, il proget-
to di un componente riguarda le specifiche delle dimensioni, forma e configurazione che
influenzeranno la vita in servizio e le prestazioni del componente stesso. Ad esempio, se sono
presenti sollecitazioni meccaniche è necessario effettuare un'analisi degli sforzi. Si devono
quindi preparare disegni dettagliati del componente ed utilizzare software specifici, adatti
alla funzione richiesta.
Spesso accade che un singolo componente faccia in realtà parte di un sistema più com-
plesso e formato da diversi componenti (ad es. un televisore, una automobile, un videoregi-
stratore, ecc.). In questo caso il progetto dovrà tener conto del contributo di ciascun compo-
nente alla funzionalità dell'intero sistema.
Il progetto di un componente è un processo molto iterativo che prevede molti compro-
messi ed adattamenti. L'ingegnere dovrebbe tener presente che il progetto ottimale di un
componente può non essere realizzabile proprio a causa dei vincoli imposti dal sistema.

24.3 MATERIALI

In termini economici il nostro obiettivo è selezionare il materiale o i materiali che presenta-


no la miglior combinazione di proprietà al più basso costo. Una volta selezionata una fami-
glia di materiali che soddisfino i vincoli di progetto, il confronto dei diversi costi può essere
fatto sulla base dei costi per elemento. Il prezzo di un materiale è solitamente fornito per unità
di massa. Il volume del pezzo può essere determinato a partire dalle sue dimensioni e geo-
metria e quindi convertito in peso attraverso la densità. Si dovrà poi tener conto che normal-
mente, durante il processo di produzione, una parte del materiale andrà sprecata ma dovrà
essere in ogni caso considerata nel computo finale. I prezzi correnti per diversi materiali uti-
lizzati in ingegneria sono riportati in Appendice C.

24.4 TECNICHE DI PRODUZIONE

Come già detto, la scelta del processo di produzione è influenzata sia dal materiale selezio-
nato sia dal progetto del pezzo. L'intero processo di produzione è di norma costituito da ope-
razioni primarie e da operazioni secondarie. Le operazioni primarie sono quelle che, a parti-
re dalla materia prima, portano al componente grezzo (ad es. colata, formatura per deforma-
zione plastica, compattazione delle polveri, stampaggio, ecc.), mentre quelle secondarie
riguardano le operazioni di finitura del pezzo (ad es. trattamenti termici, saldatura, rettifica,
foratura, verniciatura, decoratura). Le principali considerazioni di costo per questi processi
sono il capitale immobilizzato delle apparecchiature, gli stampi, il lavoro, le riparazioni, il
tempo macchina e gli scarti. Naturalmente in quest'analisi dei costi la velocità di produzio-
ne è un elemento importante. Se questo pezzo particolare è un componente di un sistema più
complesso si devono prendere in considerazione anche i costi di assemblaggio. Per ultimo vi
saranno indubbiamente da considerare i costi associati al controllo ed all'imballaggio del
prodotto finito.

Come informazione aggiuntiva si possono considerare fattori non direttamente legati al


progetto, al materiale o alla produzione, ma che influiscono sul prezzo di vendita di un pro-
dotto. Tali fattori includono l'indennità di lavoro accessoria, il lavoro di supervisione e mana-
gement, la ricerca e sviluppo, la proprietà e l'affitto, l'assicurazione, il profitto, le tasse e così
via.
24.4 Tecniche di Produzione • 781

CONSIDERAZIONI
AMBIENTALI
E SOCIALI
Le nostre moderne tecnologie e la produzione dei relativi prodotti influenzano la nostra
società in diversi modi - alcuni sono positivi, altri no. Tali influenze sono di natura econo-
mica ed amçientale per tipologia ma di natura internazionale come portata in quanto (1) le
risorse richieste per una nuova tecnologia spesso provengono da diversi Paesi, (2) la prospe-
rità economica risultante dallo sviluppo tecnologico è, in senso lato, globale e (3) l'impatto
ambientale può estendersi al di là dei confini di un singolo Paese.
T materiali giocano un ruolo fondamentale in questo schema tecnologico-economico-
ambientale. Un materiale utilizzato in un qualche prodotto finito viene poi smaltito attraver-
so diversi stadi o fasi; tali stadi sono rappresentati in Figura 24.1 che viene a volte definita
"ciclo totale del materiale" o semplicemente "ciclo del materiale" e rappresenta il ciclo di
vita, "dalla culla alla tomba", del materiale. Partendo dall'estrema sinistra della Figura 24.l,
la materia prima viene estratta dal suo habitat terrestre mediante scavo, perforazione, raccol-
ta, ecc. Quest~ materie prime vengono successivamente purificate, raffinate e convertite in
grandi masse generiche ad es. di metalli, cementi, petrolio, gomma, fibre, ecc. L'ulteriore
lavorazione dà origine a prodotti che possono venire definiti "materiali ingegnerizzati"; ad
esempio leghe metalliche, polveri ceramiche, vetri, plastiche, compositi, semiconduttori, ela-
stomeri. Successivamente questi materiali vengono formati, trattati ed assemblati in prodot-
ti, dispositivi ed apparecchiature direttamente utilizzabili dal consumatore - ciò costituisce lo
stadio di "progettazione, produzione ed assemblaggio" della Figura 24. l Il consumatore
compra questi prodotti e li utilizza (lo stadio di "applicazione") finché questi non si usurano
o divengono obsoleti e vengono rottamati. A questo punto i costituenti del prodotto possono

F1r.i RA 24.1 Rappresentazione schematica del ciclo totale del materiale. (Da M. Cohen,
Advanced Materials & Processes, Vol. 147, No. 3, p. 70, 1995. Copyright© 1995 di ASM
lnternational. Ristampa autorizzata da ASM lntcrnational, Materials Park, OH.)
782 • Capitolo 24 / Aspetti economici, ambientali e sociali nella Scienza ed Ingegneria dei materiali

essere riciclati/riutilizzati (laddove possono rientrare nel ciclo del materiale) oppure smaltiti
come rifiuti, venendo normalmente inceneriti o scaricati nelle discariche municipali - in tal
modo ritornano nel terreno e completano il ciclo.
È stato stimato che nel mondo vengono estratte dalla terra materie prime nell'ordine di 15
miliardi di tonnellate annue; alcune di queste sono rinnovabili altre no. Nel tempo è divenu-
to sempre più evidente che la terra è un sistema virtualmente chiuso 1: che le sue risorse sono
finite. Inoltre, dato che la nostra società si fa più matura e la popolazione cresce, un 'atten-
zione maggiore deve essere prestata ad un più efficiente utilizzo delle risorse relative a que-
sto ciclo dei materiali.
Bisogna inoltre tener presente che deve essere fornita energia ad ogni stadio del ciclo; è
stato valutato che negli Stati Uniti la metà dell'energia consumata dalle industrie manifattu-
riere è utilizzata nella fabbricazione e nella produzione di materiali. L'energia è una risorsa
che, in un certo senso, è limitata ed occorre prendere opportune precauzioni per conservarla
ed utilizzarla il più efficientemente possibile nella produzione, applicazione e smaltimento
dei materiali.
Vi sono interazioni ed impatti, infine, con l'ambiente naturale in ogni stadio del ciclo dei
materiali. Lo stato dell'atmosfera terrestre, dell'acqua e del suolo dipende, in larga misura, da
quanto attentamente ci muoviamo all'interno di questo ciclo. Nella fase di estrazione delle
materie prime si possono produrre danni ecologici e di deterioramento della morfologia del
terreno. Durante la fase di produzione possono venire generati inquinanti che sono poi
immessi nell'aria e nell'acqua; inoltre, ogni sostanza chimica tossica che viene prodotta deve
poi essere smaltita o portata in discariche speciali. Il prodotto finale, il dispositivo o I' appa-
recchiatura dovrebbero essere progettati in modo tale che durante la loro vita l'impatto con
l'ambiente sia minimo; inoltre, alla fine del ciclo di vita, nel migliore dei casi, dovrebbe esse-
re previsto il riciclo dei suoi componenti o almeno lo smaltimento con la minima degrada-
zione biologica (cioè dovrebbe essere biodegradabile).
li riciclo dei prodotti usati è preferibile rispetto allo smaltimento per una serie di motivi.
Prima di tutto, utilizzando materiale di riciclo si evita di estrarre materia prima dalla terra e,
in questo modo, si preservano le risorse naturali e si elimina l'impatto ecologico associato
alla fase d'estrazione. Secondariamente, l'energia richiesta per il processo di raffinazione e
di produzione di materiali riciclati è normalmente inferiore rispetto a quello per i materiali
naturali; ad esempio, per la raffinazione dei minerali dell'alluminio naturale, è richiesta un'e-
nergia 28 volte superiore a quella necessaria per le lattine riciclate. Infine, non c'è bisogno di
smaltire i materiali riciclati.
Questo ciclo dei materiali (Figura 24.1) è perciò un sistema che prevede interazioni e
interscambio tra materiali, energia ed ambiente.
In molti Paesi, i problemi legati all 'ambienre vengono spt:l:ificati nei regolamenti di cui le
agenzie governative sono mandatarie. Inoltre, dal punto di vista industriale, è divenuto
impellente per l'ingegnere proporre soluzioni attuabili in grado di rispondere ai problemi esi-
stenti e potenziali relativi all'ambiente.
Effettuare le dovute correzioni per evitare ogni problema ambientale associabile con la
produzione influenzerà il prezzo finale del prodotto. È un dato di fatto che i costi di mani.fat-
tura di un prodotto "verde" (o ecologico) sono più alti che per un prodotto in cui si sono mini-
mizzate le problematiche ambientali. Ogni industria deve affrontare, quindi, il problema del-
1'equilibrio tra impatto economico ed ambientale e decidere l'importanza relativa dell'uno o
dell'altro.
Un approccio che è stato implementato dall'industria per migliorare le prestazioni
ambientali di un prodotto è definito analisi\valutazione del ciclo di vita. Con questo approc-
cio alla progettazione del prodotto, la valutazione dell'impatto ambientale del prodotto. dalla
culla alla tomba, viene effettuata a partire dal!' estrazione della materia prima fino alla fab-
bricazione, all'utilizzo ed infine al riciclo ed allo smaltimento; talvolta questo approccio
24.5 Aspetti relativi al ricìclo nella scienza ed ingegneria dei materiali • 783

FIGlR\ 24.2
Rappresentazione
schematica di un
inventario ingresso/uscita
per la valutazione del
ciclo di vita di un Prodotto finito
prodotto. (Da J.L. Energia
Effluenti liquidi
Sullivan e S.B. Young,
Advanced Materials &
Emissioni gassose
Processes, Voi. 147,
No. 2, p. 38, 1995.
Copyright © 1995 di Rifiuti sol id i
Materie
ASM Intemational. prime
Altri impatti
Ristampa autorizzata da
ASM Intemational,
Materials Park, OH.)

viene definito come "progetto verde". Una fase importante di questo approccio riguarda la
quantificazione dei vari dati di ingresso (input) (ad es. materiali ed energia) e dei dati di usci-
ta (output) (ad es. rifiuti) relativi ad ogni fase del ciclo. Tutto ciò è rappresentato schematica-
mente in Figura 24.2. Una valutazione relativa all'impatto ambientale viene inoltre eseguita
sia a livello globale sia a lìvello locale in termini di effetti sull'ecologia, sulla salute umana e
sulle riserve delle risorse naturali.

24.5 ASPETTI RELATIVI AL RICICLO NELLA SCIENZA ED INGEGNERIA DEI IUATERIALI

Il riciclo e lo smaltimento costituiscono stadi importanti nel ciclo di vita dei materiali nei
quali l'ingegneria e la scienza dei materiali giocano un ruolo significativo. La questione della
riciclabilità e smaltibilità sono importanti quando deve essere progettato e prodotto per sin-
tesi un nuovo materiale. Per cui la scelta della destinazione ultima dei materiali utilizzati, che
avviene durante il processo di selezione, dovrebbe costituire un criterio importante.
Concludiamo questo capitolo discutendo brevemente alcuni degli aspetti concernenti la que-
stione riciclabilità/smaltibilità dei materiali.
Dal punto di vista ambientale, un materiale ideale dovrebbe essere o totalmente riciclabile
o completamente biodegradabile. Riciclabile significa che un materiale, dopo aver compiuto il
suo ciclo di vita con quel determinato componente, possa essere nuovamente riutilizzato in un
processo produttivo rientrando in questo modo nel ciclo dei materiali, e possa essere riutiliz-
zato in un altro componente - processo che può essere ripetuto un numero indefinito di volte.
Per completamente biodegradabile, si intende che per interazione con l'ambiente (prodotti
chimici naturali, microrganismi, ossigeno, calore, luce solare, ecc.), il materiale si deteriora e
ritorna virtualmente nello stesso stato in cui esisteva prima del processo iniziale di estrazione.
I materiali per l'ingegneria mostrano vari livelli di riciclabilità e di biodegradabilità.

METALLI

Molti metalli (ad es. Fe, Cu) sono in qualche modo suscettibili alla corrosione e sono anche
biodegradabili. Tuttavia alcuni metalli (ad es. Hg, Pb) sono tossici e, se lasciati nel terreno,
possono rappresentare un pericolo per la salute. Le leghe di molti metalli sono riciclabili; non
è tuttavia possibile riciclare tutte le leghe di tutti i metalli. Per di più, la qualità delle leghe
che vengono riciclate tende a diminuire dopo ogni ciclo.
784 • Capitolo 24 / Aspetti economici, ambientali e sociali nella Scienza ed Ingegneria dei materiali

La progettazione di un prodotto dovrebbe permettere lo smontaggio dei componenti


costituiti da leghe diverse. Un altro dei problemi del riciclo, infatti, riguarda la separazione
dei vari tipi di lega (ad es. leghe di alluminio da quelle di ferro) dopo lo smembramento e lo
sminuzzamento; a questo riguardo sono state ideate ingegnose tecniche di separazione (es.
magnetiche e per gravità). L'assemblaggio di leghe dissimili presenta problemi di contami-
nazione; ad esempio, se si devono unire due leghe simili, si deve preferire la saldatura alla
bullonatura o alla rivettatura. I rivestimenti (vernici, strati anodizzati, incamiciature, ecc.)
possono essere agenti contaminanti e rendere il materiale non riciclabile.
Le leghe di alluminio sono molto resistenti alla corrosione e, per questo motivo, non sono
biodegradabili. Fortunatamente possono essere riciclate; l'alluminio è effettivamente il mate-
riale non ferroso riciclabile più importante. Dato che l'alluminio non si corrode facilmente
può essere totalmente recuperato. 11rapporto di energia necessario per raffinare l'alluminio
riciclato rispetto alla produzione primaria è basso. Inoltre esiste un gran numero di leghe,
commercialmente reperibili, che sono state progettate per poter contenere impurezze da con-
taminazione. La fonte principale di alluminio riciclato è rappresentata dalle lattine per bevan-
de e dalle automobili rottamate.

VETRI

Il materiale ceramico che viene consumato maggiormente dalla gente comune è il vetro, in
fonna di contenitori. Il vetro è un materiale relativamente inerte ed, in quanto tale, non si
decompone; per questo motivo, non è biodegradabile. Una significativa parte delle discariche
municipali, così come dei residui degli inceneritori, è formata da rifiuti vetrosi.
Vi è tuttavia da osservare che non esiste una spinta economica significativa volta al rici-
clo del vetro. I costituenti grezzi di base (sabbia, soda e calcare) sono poco costosi e facil-
mente reperibili. Inoltre, il vetro di recupero (detto anche "rottame di vetro") deve essere
diviso per colore (chiaro, ambrato e verde), per tipo (i contenitori dalle lastre) e per compo-
sizione (calce-sodico, al piombo e borosilicatico [o Pirex}); queste procedure sono costose e
lunghe. Per questo motivo il rottame di vetro ha un basso valore di mercato, il che diminui-
sce la sua riciclabilità. Vantaggi derivanti dal! 'utilizzo di vetro riciclato risiedono in una pro-
duzione più rapida e con tassi migliori ed una riduzione di emissioni inquinanti.

MATERIEPLASTICHEE GOMME

Una delle ragioni per cui i polimeri sintetici sono così popolari (inclusa la gomma) come ma-
teriali ingegneristici è dovuta alla loro inerzia chimica e biologica. Per contro tale caratteristica
è anche uno svantaggio quando si devono smaltire i prodotti. Tpolimeri non sono biodegrada-
bili e, come tali, costituiscono una parte significativa dei componenti presenti nelle discariche;
le fonti maggiori dì rifiuti derivano dagli imballaggi, da automobili rottamate, dai pneumatici
e da elettrodomestici. Sono stati anche sintetizzati polimeri biodegradabili ma la loro produ-
zione risulta piuttosto costosa. D'altronde alcuni polimeri, essendo combustili e non dando
origine ad emissioni tossiche o inquinanti, possono essere smaltiti per incenerimento.
I polimeri termoplastici, specificamente polietilentereftalato, polietilene e polipropilene,
sono quelli più soggetti a recupero e riciclo dato che possono essere nuovamente formati per
riscaldamento. La discriminazione per tipo e per colore è assolutamente necessaria. Negli
Stati Uniti, la divisione dei materiali da imballaggio è facilitata mediante un codice identifi-
cativo; ad esempio, un "I" denota un polietilene ad alta densità (HDPE). La Tabella 24. l
mostra i codici di riciclo ed i materiali ad essi associati. È inoltre riportato l'uso dei materia-
li vergini e riciclati. Il riciclo delle plastiche è complicato dalla presenza di riempitivi
(Sezione 16.12) che vengono aggiunti per modificare le proprietà originarie. Le plastiche
riciclate sono meno costose dei materiali originari e la qualità e l'aspetto generalmente si
degradano ad ogni riciclo. Le applicazioni tipiche per le plastiche riciclate includono solette
24.5 Aspetti relativi al riciclo nella scienza ed ingegneria dei materiali • 785

Tabella 24.1 Codice Ricido, utilizzo del materiale vergine e prodotti di riciclo di alcwri polimeri
commercilizzati
Codice
identificativo
di riciclo Nome del polimero Utiliuo del materiale vergine Prodotto di riciclo

Polictilenteref1ala10 (PET o Conlenilllri in plastica per bevande, Bottiglie per sapone liquido, nastri, riempiti-
PETE) vasetti per risciacqui, bottiglie per vi fibrosi per giacche invernali, tavole da
condimenti per insalata o burro di surf, pennelli, rivestimenti per palline da
arachidi tennis, bottiglie per bibite, pellicole, carto-
ni per uova, sci, tappeti, barche

2 Polietilene ad alta densità Contenitori per latte, acqua e succo di Tappi per bottiglie di bibite, vasi da fiore,
(HDPE) frutta, buste per spesa, giocattoli, tubi di drenaggio, segnaletica, sedili da
botliglie per detergenti stadio, bidoni per spazzatura, cestini. coni
barriera spartitraffico, fodere per sacche
da golf, bottiglie per detergenti, giocattoli

3 Cloruro di polivinile (V) Imballaggi trasparenti per cibo, botti- Stuoini, tubi, manichette, paraspruzzi
glie per shampoo

4 Polietilene a bassa densità Confezioni per pane, buste per surgela- Sacchetti in plastica per spazzatura, buste per
(LDPE) ti e per la spe,a spesa, buste multifunzione

5 Polipropilene (PP) Bottiglie per ketchup, contenitori per Battente del passo d'uomo, barattoli per ver-
yogurt e tubi per margarina, bottiglie nice, custodie per videocassette, palette
per medicinali per ghiaccio, vassoi per fast-food, ruote
per tagliaerba, parti <lìbatteria per auto

6 Polistirene (PS) Contenitori di videocassette, compact Supporti per targhe veicoli, campi da golf e
disc e tau.e da caffè; coltelli. cuc- sistemi di drenaggio di fosse settiche,
chiai e forchette; vassoi da mensa, accessori da scrivania, vassoi per cibo,
vassoi per macellerie e contenitori vasi per fiori, cestini. videocassette
sandwich per fast-food

Fonte: American Plastic Council

da scarpe, manici di utensili e prodotti industriali come pallet.


li riciclo delle resine termoindurenti è molto più difficoltoso dato che questi materiali non
possono venire facilmente ristampati o rimodellati a causa dei legami incrociati o della loro
struttura reticolata. Alcune termoindurenti vengono macinate e quindi aggiunte al materiale
vergine da stampaggio prima del processo di produzione; in questo modo vengono riciclate
come riempitivi.
Le gomme presentano alcune eccezioni in termini di riciclo e smaltimento. Se vulcaniz-
zate sono materiali termoindurenti, il che rende il loro riciclo difficoltoso. In più, possono
contenere una gran varietà di riempitivi. La fonte principale di gomma di scarto negli Stati
Uniti proviene dai pneumatici di automobilì, che sono altamente non biodegradabili. I pneu-
matici di scarto sono stati utilizzati come combustibile in alcune applicazioni industriali (ad
es. cementifici), ma producono emissioni sporche. Pneumatici riciclati una volta frammenta-
ti e rimodellati sono utilizzati in molte applicazioni come paraurti per automobili, paraspruz-
zi, stuoini e rulli trasportatori; naturalmente i pneumatici usati possono anche essere rico-
struiti. Inoltre, i pneumatici possono essere suddivisi in piccoli pezzi che vengono poi ricom-
binati nella forma voluta utilizzando detenninati adesivi; il materiale risultante può essere
utilizzato per diverse applicazioni come stuoini o giocattoli in gomma.
L'alternativa di riciclo più valida per i tradizionali materiali gommosi sono gli elastome-
ri termoplastici (Sezione 16.18). Essendo termoplastici non possono essere reticolati e perciò
sono facilmente rimodellabili. Inoltre, l'energia richiesta per la loro produzione è più bassa
rispetto alle gomme termoindurenti dato che lo stadio di vulcanizzazione non è più necessa-
rio.
786 • Capitolo 24 / Aspetti economici, ambientali e sociali nella Scienza ed Ingegneria dei materiali

!\UTERIALI CffUPOSITI

I compositi sono intrinsecamente difficili da riciclare poiché sono materiali multifase. Le due
o più fasi/materiali che costituiscono un composito sono normalmente intermiscelati su scala
molto fine; di conseguenza, una separazione completa delle fasi/dei materiali è virtualmente
impossibile e le procedure dì riciclo che richiedono tale separazione sono impraticabili.

SOMMARIO
Gli aspetti economici dell'ingegneria costituiscono una parte molto importante nella proget-
tazione e produzione di un prodotto. Per minimizzare i costi, gli ingegneri dei materiali
devono considerare gli aspetti relativi al componente, al materiale utilìzzato ed al processo di,
produzione. Altri fattori economicamente rilevanti riguardano le indennità accessorie, il
lavoro, l'assicurazione, il profitto, ecc ..
La valutazione dell'impatto ambientale e sociale della produzione sta divenendo un
aspetto sempre più importante per l'ingegnere. A tale proposito, il ciclo di vita, "dalla culla
alla tomba", di un materiale risulta di estrema importanza; tale ciclo comprende l'estrazione,
la sintesi e la lavorazione, la progettazione e produzione del prodotto, l'applicazione e Io sta-
dio di smaltimento. l materiali, l'energia e gli scambi/interazioni con l'ambiente sono fattori
importanti nell'attuazione dì un ciclo di vita efficiente. La Terra è un sistema chiuso e le sue
risorse sono quindi finite; in un certo senso la stessa considerazione può essere fatta per le
risorse energetiche. Gli aspetti ambientali coinvolgono questioni relative al danno ecologico,
ali 'inquinamento ed allo smaltimento dei rifiuti. Il riciclo dei prodotti usati e l'utilizzazione
di progettazioni "verdi" possono ovviare a queste problematiche ambientali.
Le questioni del riciclo e dello smaltimento sono state esaminate nel contesto dell'inge-
gneria e della scienza dei materiali. Idealmente un materiale dovrebbe essere nel migliore dei
casi riciclabile o almeno biodegradabile o smaltibile. È stato discusso inoltre il riciclo e lo
smaltimento delle leghe metalliche, vetri, polimeri e compositi.

BIBLIOGRAFIA

Economia ingegneristica Società


Cassimatis, P. A., Concise lntroduction to Engineering Cohen, M., "Societal lssues in Materials Science and
Economics, Routledge, Chapman and Hall, New Technology," Materials Research Society Bulletin,
York, 1988. September, 1994, pp. 3--8. Materials Science and
Park, C. S., Contemporary Eniineering Economics, 2nd Engineering for the 1990s, National Academy
edition, Addison-Wesley Publishing Company, Press, Washington, DC, 1989.
Menlo Park, CA, I 997.
Riggs, J. L. and T. M. West, Engineering Economics, 3n.l Ambiente
edition, McGraw-Hill Book Company, New York, Carless, J., Taking Out the Trash, Island Press,
1986, Washington, DC, 1992.
Steiner, H. M., Engineering Economie Principles, Dutson, T. E., Recycling Solid Waste, The First Choice
McGraw-Hill, New York, 1992. for Private and Puhlic Sector Management,
White, J. A., K. E. Case, D. B. Pratt, and M. H Agee, Quorum Books, Westport, CT, 1993.
Principles of Engineering Economics Analysis, 4th Smith, P. I. S., Recycling Waste, Scholium lntemational,
edition, John Wiley & Sons, New York, 1998. Inc., Port Washington, NY, 1976.
Le unità di misura nel Sistema Internazionale delle Unità si dividono in due categorie: di
base e derivate. Le unità di base sono fondamentali e non riducibili. La Tabella A. l elenca
le unità di base di interesse per la disciplina scienza e ingegneria dei materiali.
Le unità derivate sono espresse in termini di unità base, utilizzando i simboli matematici
di moltiplicazione e divisione. Ad esempio, le dimensioni SI per la densità sono chilogram-
mo per metro cubo (kg/m 3 ). Per alcune grandezze derivate esistono simboli e nomi speciali;
ad esempio, N è utilizzata per denotare i newton, l'unità di forza, che equivale ad l kg-m/s 2 •
La Tabella A.2 contiene un certo numero di grandezze derivate.
È spesso necessario. o conveniente, utilizzare simboli che sono multipli decimali o sotto-
multipli delle unità SI. Si utilizza soltanto un prefisso quando si forma un multiplo di un'u-
nità Sl, che dovrebbe essere al numeratore. Tali prefissi ed i loro simboli approvati sono elen-
cati in Tabella A.3. l simboli utilizzati in questo libro sono riportati all'interno della coperti-
na.

Tabella A. l Le Unità Base SI


Quantità Nome Simbolo

Lunghezza metro m
Massa chilogrammo kg
Tempo secondo s
Corrente elettrica ampere A
Temperatura termodinamica kelvin K
Quantità di sostanza mole mol

787
788 • Appendice A / Il Sistema di unità di misura internazionale (SI)

Tahella A.2 Alcune Unità SI Derivate


Quantità Nome Formula Simbolo Speciale"

Area metro quadro rn2


Volume metro cubo m;
Velocità metro per secondo m/s
Densità chilogrammo per metro cubo kg/m'
Concentrazione mole per metro cubo rnol/m3
Forza newton kg-m/s 2 N
Energia joule kg-m 2/s 2, N-m J
Sforzo pascal kg/m-s2, N/m 2 Pa
Deformazione m/m
Potenza, flusso radiante watt kg-m 2/s\ J/s w
Viscosità pascal-secondo kg/m-s Pa-s
Frequenza (di un fenomeno periodico) hertz ç' Hz
Carica t:lellriut coulomb A-s e
Potenziale elettrico volt kg-m 2/s 2-C V
Capacità farad s'--C/kg-m' F
Resistenza elettrica ohm kg/m 2/s-C 2 Q
Flusso magnetico webcr kg-rn 2/s--C Wb
Densità del flusso magnetico tesla kg/s--C, Wb/m' (T)

" I simboli speciali in parentesi fanno parte del SI, ma non sono utilizzati nel testo ove invece viene usato il nome.

Tabdla A.3 Prefi11siMultipli e Sottomultipli SI


Fattore Prefisso Simbolo
di moltiplicazione

109 giga G
10' mega M
IO' kilo k
10-' centi" c
10-,\ milli m
10"" micro µ
IO 9 nano n
10-12 pico p

a Da non utilizzare se possibile.


B.1: Densità 789
B.2: Modulo di Elasticità 792
B.3: Rapporto di Poisson 796
B.4: Resistenza e Duttilità 797
B.5: Tenacità a frattura in condizioni di deformazione piana 802
B.6: Coefficiente lineare di espansione termica 803
B.7: Conduttività Termica 807
B.8: Calore Specifico 810
B.9: Resistività Elettrica 812
B.10: Composizione delle leghe metalliche 815

Questa appendice rappresenta un elenco delle proprietà più importanti per circa un centi-
naio di materiali ingegneristici comuni. Ogni tabella contiene dati relativi ad una particolare
proprietà per questo numero selezionato di materiali; è anche inclusa una tabulazione della
composizione delle varie leghe metalliche considerate (Tabella B.1 O). I dati sono tabulati per
tipo di materiale (metalli e leghe metalliche; grafite, ceramici e materiali semiconduttori;
polimeri; materiali fibrosi e compositi).
Risultano doverosi alcuni commenti riguardanti il contenuto di queste tavole. Anzitutto, i
dati introdotti sono espressi sia come campi di variazione dei valori che come singoli valori
che sono tipicamente misurati. Inoltre, nel caso, il valore indicato può essere affiancato da
"(min)"; ciò significa che il valore citato è un valore minimo.

Tabella B. I Valori di densità a temperatura ambiente per


diversi materiali ingegneristici

Densità

Materiale Mglm 3

METALLI E LEGHE METALLICHE


Acciai al carbonio e basso-legati

AcciaioA36 7.85
Acciaio 1020 7.85
Acciaio 1040 7.85
Acciaio 4140 7.85
Acciaio 4340 7.85

Acciai inossidabili
Acciaio inossidabile 304 8.00
Acciaio inossidabile 316 8.00

789
790 • Appendice B I Proprietà di materiali ingegneristici selezionati

Tabella B. l (Continua)
Densità

Materiale Mglm 1

Acciaio inossidabile 405 7.80


Acciaio inossidabile 440A 7.80
Acciaio inossidabile 17-7PH 7.65

Ghise
Ghise grigie
• Grado G 1800 7.30
• Grado G3000 7.30
• Grado G4000 7.30
Ghise duttili
• Grado 60-40-18 7.10
• Grado 80-55-06 7.10
• Grado I 20-90-02 7.10

Leghe di Alluminio
Lega 1100 2.71
Lega 2024 2.77
Lega 6061 2.70
Lega 7075 2.80
Lega 356.0 2.69

Leghe di Rame
C 11000 (affinata eletttroliticamente) 8.89
C 17200 (rame-berillio) 8.25
C26000 (ottone per bossoli) 8.53
C36000 (ad alta lavorabilità) 8.50
C71500 (rame-nichel. 30%) 8.94
C93200 (bronzo per cuscinetti) 8.93

Leghe di Magnesio
LegaAZ31B 1.77
LegaAZ91D l.81

Leghe di Titanio
Commercialmente puro (ASTM grado I) 4.51
Lega Ti-5Al-2.5Sn 4.48
Lega Ti-6Al-4V 4.43

Metalli Preziosi
Oro (commercialmente puro) 19.32
Platino (commercialmente puro) 21.45
Argento (commercialmente puro) I0.49

Metalli Refrattari
Molibdeno (commercialmente puro) 10.22
Tantalio (commercialmente puro) 16.6
Tungsteno (commercialmente puro) 19.3

Leghe Varie Non-Ferrose


Nichel 200 8.89
Inconel 625 8.44
Monel400 8.80
Lega Haynes 25 9.13
Invar 8.05
Appendice B / Proprietà di materiali ingegnerÌ>!tici selezionati • 791

Tabella B.l (Continua)


Densità

Materiale Mgfm 1

Super lnvar 8.10


Kovar 8.36
Piombo chimico 11.34
Piombo antimonio (6%) 10.88
Stagno (commercialmente puro) 7.17
Da saldatura stagno-piombo (60Sn-40Pb) 8.52
Zinco (commercialmente puro) 7.14
Zirconio, grado reattore 702 6.51

GRAFITE, CERAMICI E
MATERIALI SEMICONDUTTORI
Ossido di alluminio
• 99.9% di purezza 3.98
• 96% 3.72
• 90% 3.60
Calcestruzzo 2.4
Diamante
• Naturale 3.51
• Sintetico 3.20-3.52
Arseniuro di gallio 5.32
Vetro. borosilicato (Pyrex) 2.23
Vetro, sodio-calcico 2.5
Vetroceramica (Pyroceram) 2.60
Grafite
• Estrusa 1.71
• Stampata isostaticamente 1.78
Silice fusa 2.2
Silicio 2.33
Carburo di silicio
• Pressato a caldo 3.3
• Sinterizzato 3.2
Nitruro di silicio
• Pressato a caldo 3.3
• Legato per reazione 2.7
• Sinterizzato 3.3
7.irc.onia, 1% mol Y,O,, sinterizzata 6.0

POLIMERI
Elastomeri
• Butadiene-acrilonitrile (nitrile) 0.98
• Stirene-butadiene (SBR) 0.94
• Silicone 1.1-1.6
Epossidici 1.11-1.40
Nylon 6,6 1.14
Fenolici 1.28
Polibutilene tereftalato (PBT) 1.34
Policarbonato (PC) 1.20
Polyestere (termoindurente) 1.04-1.46
Polietereterchetone (PEEK) 1.31
Polietilene
• Bassa densità (LDPE) 0.925
• Alta densità (HDPE) 0.959
792 • Appendice B I Proprietà di materiali ingegneristici selezionati

Tabe1laB .1 (Continua)
Densità

Materiale Mglm 3

• Ad altissimo peso molecolare (UHMWPE) 0.94


Polietilentereftalato (PET) 1.35
Polimetilmetacrilato (PMMA) l.19
Polipropilene (PP) 0.905
Polistirene (PS) 1.05
Politetrafluoroetilene (PTFE) 2.17
Cloruro di polivinile (PVC) 1.30-1.58

FIBRE
Aramidiche (Kevlar 49) 1.44
Carbonio (precursore PAN)
• Modulo standard 1.78
• Modulo intermedio 1.78
• Alto modulo 1.81
Vetro E 2.58

MATERIALI COMPOSITI
Fibra aramidica-matrice epossidica
(V1 =0.60) 1.4
Fibra dì carbonio ad alto modulo-
matrice epossidica (V1 = 0.60) l.7
Fibra di vecro E-matrice epossidica
(V,= 0.60) 2.l
Legno
• Abete Douglas (12% umidità) 0.46-0.50
• Quercia rossa ( 12% umidità) 0.61-0.67

Fonti: ASM Handbook, Volumes 1 and 2, Engineered Materiar~ Handbook,


Volume 4, Metals Handbook: Properties and Selection: Nonferrous Alloys and
Pure Metals, Voi. 2, 9th edition, and Advanced Materials & Processes, Vol.146,
No.4, ASM Intemational Materials Park, OH; Modem Plastic Encyclopedia '96,
The McGraw-Hill Companìes, New York, NY; R. F. Fiorai and S. T. Peters,
"Composite Structure and Technologìes", tutorial notes, 1989; and manufactu-
rers' technical data sheets.

Tabella B.2 Valori del modulo di elasticità a temperatura


ambiente per diversi materiali ingegneristici

Modulo di elasticità

Materiale GPa

METALLI E LEGHE METALLICHE


Acciai al carbonio e basso-legati

AcciaioA36 207
Acciaio 1020 207
Acciaio 1040 207
Acciaio 4140 207
Acciaio 4340 207
Appendice R / Proprietà di materiali ingegneril;tici selezionali • 793

Tabella B.2 (Continua)


Modulo di elasticità

Materiale GPa

Acciai inossidabili
Acciaio inossidabile 304 193
Acciaio inossidabile 316 193
Acciaio inossidabile 405 200
Acciaio inossidabile 440A 200
Acciaio inossidabile 17-7PH 204

Ghise
Ghise grigie
• Grado G 1800 66-97"
• Grado G3000 90-113"
• Grado 04000 I 10-138"
Ghise duttili
• Grado 60-40-18 169
• Grado 80-55-06 168
• Grado 120-90-02 164

Leghe di Alluminio
Lega 1100 69
Lega 2024 72.4
Lega 6061 69
Lega 7075 71
Lega 356.0 72.4

Leghe di Rame
CI IOOO(affinata eletttroliticamente) 115
Cl7200 (rame-berillio) 128
C26000 (ottone per bossoli) 110
C36000 (lavorabilite ad alta velocità) 97
C71500 (rame-nichel, 30%) 150
C93200 (bronzo per cuscinetti) IO0

Leghe di Magnesio
LegaAZ31B 45
LegaAZ91D 45

Leghe di Titanio
Commercialmente puro (ASTM grado I) 103
Lega Ti-5Al-2.5Sn 110
Lega Ti-6Al-4V 114

Metalli Preziosi
Oro (commercialmente puro) 77
Platino (commercialmente puro) 171
Argento (commercialmente puro) 74

Metalli Refrattari
Molibdeno (commercialmente puro) 320
Tantalio (commercialmente puro) 185
Tungsteno (commercialmente puro) 400

Leghe Varie Non-Ferrose


Nichel 200 204
lnconel 625 207
Monel 400 180
Lega IIaynes 25 236
794 • Appendice B I Proprietà di materiali ingegneristici selezionati

Tal1ella B.2 (Continua)


Modulo di elasticità

Materiale GPa

lnvar 141
Super lnvar 144
Kovar 207
Piombo chimico 13.5
Stagno (commercialmente pllro) 44.3
Stagno-piombo da saldatura (60Sn-40Pb) 30
Zinco (commercialmente puro) 104.5
Zirconio, grado reattore 702 99.3

GRAFITE, CERAMICI E
MATERIALI SEMICONDUTTORI
Ossido di alluminio
• 99.9% di purezza 380
• 96% 303
• 90% 275
Calcestruzzo 25.4-36.6'
Diamante
• Natllralc 700-1200
• Sintetico 800-925
Arseniuro di gallio, singolo cristallo
• Nella direzione <100> 85
• Nella direzione <110> 122
• Nella direzione < 111> 142
Vetro, borosilicato (Pyrex) 70
Vetro, calce-sodico 69
Vetroceramica (Pyroceram) 120
Grafite
• Estrusa Il
• Stampata isostaticamente 11.7
Silice fusa 73
Silicio, singolo cristallo
• Nella direzione <100> 129
• Nella direzione <110> 168
• Nella direzione <111> 187
Carburo di silicio
• Pressato a caldo 207-483
• Sinterizzato 207-483
Nitruro di silicio
• Pressato a caldo 304
• Legato per reazione 304
• Sinterizzato 304
Zirconia, 3% mo! Y 20 1 , sinterizzata 205

POLIMERI
Elastomeri
• Butadiene-acrilonitrile (nitrile) 0.0034h
• Stirene-butadiene (SBR) 0.002-0.0 I o•
Epossidici 2.41
Nylon 6,6 1.59-3.79
Fenolici 2.76-4.83
Polibutilene tereftalato (PBT) 1.93-3.00
Policarbonato (PC) 2.38
Polyestere (termoindurente) 2.06-4.41
Appendice B / Proprietà di materiali ingegneristici !!elezionati • 795

Tabella B.2 (Continua)


Modulo di elasticità

Materiale GPa
Polietereterchetone (PEEK) 1.10
Polie1ilene
• liassa densità (LUPE) 0.172-0.282
• Alta densità (HDPE) 1.08
• Ad altissimo peso molecolare (UHMWPE) 0.69
Polietilentereftalato (PET) 2.76-4.14
Polimetilmetacrilato (PMMA) 2.24-3.24
Polipropilene (PP) 1.14-1.55
Polistirene (PS) 2.28-3.28
Politetrafluoroetilene (PTFE) 0.40-0.55
Cloruro di polivinile (PVC) 2.41-4.14

FIBRE
Aramidiche (Kevlar 49) 131
Carbonio (precursore PAN)
• Modulo standard 230
• Modulo intermedio 285
• Alto modulo 400
Vetro E 72.5

MATERIALICOMPOSITI
Matrice epossidica e fibra aramidica
(VI= 0.60)
Longicudinale 76
Trasversale 5.5
Matrice epossidica e
fibra di carbonio ad alto modulo (V1 = 0.60)
Longimdinale 220
Trasversale 6.9
Matrice epossidica e fibra di vetro E
(V1 = 0.60)
Longitudinale 45
Trasversale 12
Legno
• Abete Douglas (12% umidità)
Parallelo al grano 10.8-13.6'
Perpendicolare al grano 0.54-0.68''
• Quercia rossa (12% umidità)
Parallelo al grano 11.0-14.l'
Perpendicolare al grano 0.55-0.71'

" Modulo secante preso al 25% del carico ultimo.


h Modulo preso al 100% di allungamento.

' Misurato in flessione.

Fonti: ASM Handbook, \loh.mes I and 2, Engineered Materials Handbook,


Volumes l and 4, Metals Han.dbook: Properties and Selection: Nonferrous Alloys
and Pure Metals, Voi. 2, 9th edition, and Advanced Material.1· & Processes,
Vol.146, No. 4, ASM lnternational, Materials Park, OH; Modem Plastics
Encydvpedia '96, The McGraw-Hill Cumpanies, New York, NY; R. F. Fiorai ami
S. T. Peters, "Composite Structure and Technologies", tutorial notes, 1989; and
manufacturers' technical data sheets.
796 Appendice B / Proprietà di materiali ingegneristici selezionati

Talw,lla B.3 Valori del rapporto di Poisson a temperatura ambiente per diversi ~ateriali ingegneristici

Materiale Rapporto di Poisson Materiale Rapporto di Poisson

METALLI E LEGHE METALLICHE Metalli Refrattari


Acciai al carbonio Molibdeno (commercialmente puro) 0.32
Tantalio (commercialmente puro) 0.35
Acciaio A36 0.3 Tungsteno (commercialmente puro) 0.28
Acciaio I020 0.3
Acciaio 1040 0.3 Leghe Varie Non-Ferrose
Acciaio 4140 0.3
Nichel 200 0.31
Acciaio 4340 0.3
Incone1625 0.31
Acciai inossidabili Monel400 0.32
Acciaio inossidabile 304 0.3 Piombo chimico 0.44
Acciaio inossidabile 316 0.3 Stagno (commercialmente puro) 0.33
Acciaio inossidabile 405 0.3 Zinco (commercialmente puro) 0.25
Acciaio inossidabile 440A 0.3 Zirconio, grado reattore 702 0.35
Acciaio inossidabile l 7-7PH 0.3

Ghise GRAFITE, CERAMICI E


Ghise grigie MATERIALI SEMICONDUTTORI
• Grado G 1800 0.26 Ossido di alluminio
• Grado 03300 0.26
• 99.9% di purezza 0.22
• Grado 04000 0.26
• 96% 0.21
Ghise duttili • 90% 0.22
• Grado 60-40-18 0.29 Calcestruzzo 0.20
• Grado 80-55-06 0.31 Diamante
• Grado 120-90-02 0.28 • Naturale 0.10-0.30
• Sintetico 0.20
Leghe di Alluminio Arseniuro di gallio
Lega 1100 0.33 • nella direzione <100> 0.30
Lega 2024 0.33 Vetro, borosilicato (Pyrex) 0.20
Lega 6061 0.33 Vetro, sodio-calcico 0.23
Lega 7075 0.33 Vetroceramica (Pyru~eram) 0.25
Lega 356.0 0.33 Silice fusa 0.17
Silicio
Leghe di Rame
• nella direzione <100> 0.28
Cl 1000 (affinata eletttroliticamente) 0.33
Cl 7200 (rame-berillio) 0.30 • nella direzione <I Il> 0.36
C26000 (ottone per bossoli) 0.35 Carburo di silicio
C36000 (lavorabile ad alta velocità) 0.34 • Pressato a caldo 0.17
C7 I 500 (rame-nichel, 30%) 0.34 • Sinterizzato 0.16
C93200 (bronzo per cuscinetti) 0.34 Nitruro di silicio
• Pressato a caldo 0.30
Leghe di Magnesio • Legato per reazione 0.22
LegaAZ31B 0.35 • Sinterizzato 0.28
LegaAZ91D 0.35 Zircoma, 3% mo! YpJ, sinterizzata 0.31

Leghe di Titanio POUMERI


Commercialmente puro (ASTM grado I) 0.34
Cloruro di polivinile (PVC) 0.38
Lega Ti-5Al-2.5Sn 0.34
Lega Ti-6Al-4V Nylon6,6 0.39
0.34
Policarbonato (PC) 0.36
Metalli Preziosi Polistirene (PS) 0.33
Oro (commercialmente puro) 0.42 Politetratluoroetilene (PTFE) 0.46
Platino (commercialmente puro) 0.39
Argento (commercialmente puro) 0.37 FIBRE
Vetro E 0.22
Appendice B / Proprietà di materiali ingegneristici selezionati • 797

Tabella B.:-J (Continua)

Materiale Rapporto di Poisson Materiale Rapporto di Poisson

MATERIALI COMPOSITI
Matrice epossidica e fibra aramidica Fibra di vetro E-matrice epossidica
(V1 =0.60) 0.34 (V1 =0.60) 0.19
Matrice epossidica e fibra di carbonio
ad alto modulo (V 1 = 0.60) 0.25

Fonti: ASM Handhuok. Volumes I and 2, Engineered Materials Handhook, Volumes l and 4. ASM [ntemational, Materials Park, OH; R.
F. Fiorai and S. T. Peters, "Composite Structures and Technologies", tutorial notes, 1989; and manufacturers' technical data sheets.

Tabella BA Valori tipici a temperatura ambiente del carico di snervamento, resistenza a trazione e dut-
tilità (allungamento percentuale) per diversi materiali ingegneristici

Carico di Resistenza a
Snervamento Trazione Allungamento
Materiale/Condizioni (MPa) (MPa) Percentuale

METALLI E LEGHE METALLICHE


Acciai al carbonio e basso-legati

AcciaioA36
• Laminato a caldo 220-250 400-500 23
Acciaio l020
• Laminato a caldo 210 380 25
• Trafilato a freddo 350 420 15
• Ricotto (@870°CJ 295 395 36.5
• Normalizzato (@925°C) 345 440 38.5
Acciaio 1040
• Laminato a caldo 290 520 18
• Trafilato a freddo 490 590 12
• Ricotto (@785°C) 355 520 30.2
• Nonnalizzato (@900°C) 375 590 28.0
Acciaio 4140
• Ricotto (@8 J 5°C) 417 655 25.7
• Normalizzato (@870°C) 655 1020 17.7
• Temprato in olio e rinvenuto (@315°C) 1570 1720 11.5
Acciaio 4340
• Ricotto (@8I0°C) 472 745 22
• Normalizzato (@870°C) 862 1280 12.2
• Temprato in olio e rinvenuto (@315°C) 1620 1760 12

Acciai inossidabili
Acciaio inossidabile 304
• Finito a caldo e ricotto 205 515 40
• Lavorato a freddo ([ /4 duro) 515 860 10
Acciaio inòssidabile 316
• Finito a caldo e ricotto 205 515 40
• Trafilato a freddo e ricotto 310 620 30
Acciaio inossidabile 405
• Ricotto 170 415 20
798 • Appendice B I Proprietà di materiali ingegneristici selezionati

Tabella B.4 (Continua)


Carico di Resistenza a
Snervamento Trazione Allungamento
Materiale/Condizioni (MPa) (MPa) Percentuale

Acciaio inossidabile 440A


• Ricotto 415 725 20
• Rinvenuto@ 3 l 5°C 1650 1790 5
Acciaio inossidabile 17-7PH
• Laminato a freddo 1210 1380 1
• Indurito per precipitazione@ 510°C 1310 1450 3.5

Ghise
Ghise grigie
• Grado G 1800 (getto) 124
• Grado G3000 (getto) 207
• Grado G4000 (getto) 276
Ghise duttili
• Grado 60-40-18 (ricotta) 276 414 18
• Grado 80-55-06 (getto) 379 552 6
• Grado 120-90-02 (temprata in olio e rinvenuta) 621 827 2

Leghe di Alluminio
Lega 1100
• Ricotta (rinvenuta O) 34 90 40
• Incrudita (rinvenuta Hl4) 117 124 15
Lega 2024
• Ricotta (rinvenuta O) 75 185 20
• Trattata a caldo ed invecchiata (rinvenuta T3) 345 485 18
• Trattata a caldo ed invecchiata (rinvenuta T35 l) 325 470 20
Lega 6061
• Ricotta (rinvenuta O) 55 124 30
• Trattata a caldo ed invecchiata
(rinvenuta T6 e T651) 276 310 17
Lega 7075
• Ricotta (rinvenuta O) 103 228 17
• Trattata a caldo ed invecchiata (rinvenuta T6) 505 572 li
Lega 356.0
• Getto 124 164 6
• Trattata a caldo ed invecchiata (rinvenuta T6) 164 228 3.5

Leghe di Rame
Cll000 (affinata elettroliticamente)
• Laminata a caldo 69 220 50
• Lavorata a freddo (rinvenuta H04) 310 345 12
C 17200 (rame-berillio)
• Solubilizzata a caldo 195-380 415-540 35-60
• Solubilizzata a caldo, invecchiata@ 330°C 965-1205 1140-1310 4-10
C26000 (ottone per bossoli)
• Ricotta 75-150 300-365 54-68
• Lavorata a freddo (rinvenuta H04) 435 525 8
C36000 (lavorabile ad alta velocità)
• Ricotta 125 340 53
• Lavorata a freddo (rinvenuta H02) 310 400 25
C71500 (rame-nichel. 30%)
• Laminata a caldo 140 380 45
• Lavorata a freddo (rinvenuta H80) 545 580 3
Appendice B / Proprietà di materiali ingegneristici selezionati • 799

Tabella B.4 (Continua)


Carico di Resistenza a
Snervamento Trazione Allungamento
Materiale/Condizioni (MPa) (MPa) Percentuale

C93200
• Getto in sabbia 125 240 20

Leghe di Magnesio
LegaAZ31B
• Laminata 220 290 15
• Estrusa 200 262 15
LegaAZ9ID
• Getto 97-150 165-230 3

Leghe di Titanio
Commercialmente puro (ASTM grado l)
• Ricotta 170 240 30
Lega Ti-5Al-2.5Sn
• Ricotta 760 790 16
Lega Ti-6Al-4V
• Ricotta 830 900 14
• Solubilizzata a caldo ed invecchiata 1103 1172 10

Metalli Preziosi
Oro (commercialmente puro)
• Ricotto 130 45
• Lavorato a freddo (riduzione del 60%) 205 220 4
Platino (commercialmente puro)
• Ricotto < 13.8 125-165 30-40
• Lavorato a freddo (50%) 205-240 1-3
Argento (commercialmente puro)
• Ricotto 170 44
• Lavorato a freddo (50%) 296 3.5

Metalli Refrattari
Molibdeno (commercialmente puro) 500 630 25
Tantalio (commercialmente puro) 165 205 40
Tungsteno (commercialmente puro) 760 960 2

Leghe Varie Non-Ferrose


Nichel 200 (ricotto) 148 462 47
fnconel 625 (ricotto) 517 930 42.5
Monel 400 (ricotto) 240 550 40
Lega Haynes 25 445 970 62
lnvar (ricotto) 276 517 30
Super lnvar (ricotto) 276 483 30
Kovar (ricotto) 276 517 30
Piomhn chimico 6-8 16-19 30-60
Piombo antimonio (6%) (getto in conchiglia) 47.2 24
Stagno (commercialmente puro) 11 57
Lega saldante stagno-piombo (60Sn-40Pb) 52.5 30-60
Zinco (commercialmente puro)
• Laminato a caldo (anisotropo) 134-159 50-65
• Laminato a freddo (anisotropo) 145-186 40-50
Zirconio, grado reattore 702
• Lavorato a freddo e ricotto 207 379 16
800 • Appendice B / Proprietà di materiali ingegneristici selezionati

Tabella B.4 (Continua)


Carico di Resistenza a
Snervamento Trazione Allungamento
Materiale/Condizioni (MPa) (MPa) Percentuale

GRAFITE, CERAMICI E MATERIALI SEMICONDUTTORI"


Ossido di alluminio
• 99.9% di purezza 282-551
• 96% 358
• 90% 337
Calcestruzzob 37.3-41.3
Diamante
• Naturale 1050
• Sintetico 800-1400
Arseniuro di gallio
• nella direzione <HlO>, superficie lucidata 66'
• nella direzione < I 00>, superficie come da taglio 57c
Vetro, bDrosilicato (Pyrex) 69
Vetro, sodio-calcico 69
Vetroceramica (Pyroceram) 123-370
Grafite
• Estrusa (con grani orientati) 13.8-34.5
• Formata isostaticamente 31-69
Silice fusa 104
Silicio
• nella direzione <100>, superficie come da taglio 130
• nella direzione <100>, inciso al laser 81.8
Carburo di silicio
• Pressato a caldo 230-825
• Sinterizzato 96-520
Nitruro di silicio
• Pressato a caldo 700-1000
• Legato per reazione 250-345
• Sinterizzato 414-650
Zirconia, 3% mo! Yp, (sinterizzata) 800-1500

POLIMERI
Elastomeri
• Butadiene-acrilonitrile (nitrile) 6.9-24.1 400-600
• Stirene-butadiene (SBR) 12.4-20.7 450-500
• Silicone 10.3 100-800
Epossidici 27.6-90.0 3-6
Nylon6,6
• Secco, come da stampo 55.1-82.8 94.5 15-80
• 50% di umidità relativa 44.8-58.6 75.9 150-300
Fenolici 34.5-62.l 1.5-2.0
Polìbutilenetereftalato (PBT) 56.6-60.0 56.6-60.0 50-300
Policarbonato (PC) 62.1 62.8-72.4 l 10-150
Poliestere (termoindurente) 41.4-89.7 <2.6
Polietereterchetone (PEEK) 91 70.3-103 30-150
Polietilene
• Bassa densità (LDPE) 9.0-14.5 8.3-31.4 100-650
• Alta densità (HDPE) 26.2-33.1 22.1-31.0 10-1200
• Ad altissimo peso molecolare (UHMWPE) 2] .4-27.6 38.6-48.3 350-525
Polietilentereftalato (PET) 59.3 48.3-72.4 30-300
Appendice B / Proprietà di materiali ingegneristici selezionati • 801

Tabella B.4 (Continua)


Carico di Resistenza a
Snervamento Trazione Allungamento
Materiale/Condizioni (MPa) (MPa) Percentuale

Polimetilmetacrilato (PMMA) 53.8-73. l 48.3-72.4 2.0-5.5


Polipropilene (PP) 31.0-37.2 31.0-41.4 100-600
Polistirene (PS) 35.9-51.7 1.2-2.5
Politetrafluoroetilene (PTFE) 20.7-34.5 200-400
Cloruro di polivinile (PVC) 40.7-44.8 40.7-51.7 40-80

FIBRE
Aramidiche (Kevlar 49) 3600-4100 2.8
Carbonio (precursore PAN)
• Modulo standard (longitudinale) 3800-4200 2
• Modulo intermedio (longitudinale) 4650-6350 1.8
• Alto modulo (longitudinale) 2500-4500 0.6
Vetro E 3450 4.3

MATERIALI COMPOSITI
Matrice epossidica -fibra aramidica
(unidirezionale, V1 = 0.60)
• Direzione longitudinale 1380 1.8
• Direzione trasversale 30 0.5
Matrice epossidica e fibra di carbonio
ad alto modulo (unidirezionale, V1 =0.60)
• Direzione longitudinale 760 0.3
• Direzione trasversale 28 0.4
Matrice epossidica fibra di vetro E
(V,= 0.60)
• Direzione longitudinale 1020 2.3
• Direzione trasversale 40 0.4
Legno
• Abete Douglas ( 12% umidità)
Parallelo al grano 108
Perpendicolare al grano 2.4
• Quercia rossa ( 12% umidità)
Parallelo al grano 112
Perpendicolare al grano 7.2

" ~a resistenza della grafite, dei materiali ceramici e semiconduttori è presa come resistenza a flessione.
1' La resistenza del calcestruzzo è misurata in compressione.

' Valore di resistenza a flessione al 50% di probabilità di rottura.


Fonti: ASM Handbook, Volumes 1 and 2, Engineered Materials Handbook, Volumes I and 4, Metals Handbook: Properties and
Selection: Nonferrous Alloys and Pure Metals, Voi. 2, 9th edition, Advanced Materials & Processes, Voi. 146, No.4, and Materials &
Processin!I Datahook (1985), ASM lntemational Materials Park, OH; Modern Plastics Encyclopedia '96, Tue McGraw-Hill Companies,
New York, NY; R. F. Fiorai and S. T. Peters, "Composite Structures and Technologies", tutorial notes, 1989; and manufacturers' techni-
cal. data sheets.
802 • Appendice B I Proprietà di materiali ingegneristici selezionati

Tabella B.5 Valori della tenacità a frattura e della resistenza a temperatura ambien-
te per diversi materiali ingegneristici

Tenacità a Frattura Resistenza•


(MPa)
Materiale MPa\-m

METALLI E LEGHE METALLICHE


Acciai al carbonio e bassolegati

Acciaio 1040 54.0 260


Acciaio 4140
• Rinvenuto@ 370°C 55-65 1375-1585
• Rinvenuto@ 482°C 75-93 1100-1200
Acciaio 4340
• Rinvenuto @ 26Uuc 50.0 1640
• Rinvenuto@ 425°C 87.4 1420

Acciai inossidabili
Acciaio inossidabile l 7-7PH
• Indurito per precipitazione
@ 510°c 76 1310

Leghe di Alluminio
Lega 2024-T3 44 345
Lega 7075-T651 24 495

Leghe di Magnesio
LegaAZ3lB
• Estrusa 28.0 200

Leghe di Titanio
Lega Ti-5Al-2.5Sn
• Raffreddata in aria 71.4 876
Lega Ti-6Al-4V
• Grani equiassiali 44-66 910

GRAFITE, CERAMICI E MATERIALI SEMICONDUTTORI


Ossido di alluminio
• 99.9% di purezza 4.2-5.9 282-551
• 96% 3.85-3.95 358
Calcestruzzo 0.2-1.4
Uiamante
• Naturale 3.4 1050
• Sintetico 6.0-10.7 800-1400
Arseniuro di gallio
• orientazione < 100> 0.43 66
• orientazione < 110> 0.31
• orientazione < 111> 0.45
Vetro, borosilicato (Pyrex) 0.77 69
Vetro, sodio-calcico 0.75 69
Vetroceramica (Pyroceram) 1.6-2.1 123-370
Silice fusa 0.79 104
Silicio
• orientazione < 100> 0.95
• orientazione <110> 0.90
• orientazione < 111> 0.82
Carburo di silicio
• Pressato a caldo 4.8-6.l 230-825
• Sinterizzato 4.8 96-520
Nitruro di silicio
• Pressato a caldo 4.1-6.0 700-1000
Appendice B / Proprietà di materiali ingegneristici selezionati • 803

Tabella B ..'j Continua

Tenacità a Frattura Resistenza•


(MPa)
Materiale

• Legato per reazione 3.6 250-345


• Sinterizzato 5.3 414-650
Zirconia, 3% mol Yp 3, sinterizzata 7.0-12.0 800-1500

POLIMERI
Cloruro di polivinile (PVC) 2.0-4.0 40.7-44.8
Epossidici 0.6
Nylon 6,6 25-3.0 44.8-58.6
Policarbonato (PC) 2.2 62.1
Poliestere (termoindurente) 0.6
Polietilentereftalato (PET) 5.0 59.3
Polimetilmetacrilato (PMMA) 0.7-1.6 53.8-73.1
Polipropilene (PP) 3.0-4.5 31.0-37.2
Polistirene (PS) 0.7-1.1

''Perle leghe metalliche ed i polimeri, la resistenza corrisponde al carico di snervamento; per i materiali cera-
mici si è utilizzata la resistenza a flessione.
Fonti: ASM Handbook, Volumes I and 19. Engineered Materials Handbook, Volumes 2 and 4. and Advanced
Materials & Processe.l",Vol. 137, No.6, ASM Intemational Materials Park, OH.

Tabella B.6 Valori del coefficiente lineare di espansione ternùca a temperatura


ambiente per diversi materiali ingegneristici

Coefficiente di Espansione Termica

MQ/eriale 10-6(ocy•

METALLI E LEGHE METALLICHE


Acciai al carbonio e basso-legati

AcciaioA36 11.7
Acciaio 1020 11.7
Acciaio 1040 11.3
Acciaio 4 I 40 12.3
Acciaio 4340 12.3

Acciai inossidabili
Acciaio inossidabile 304 17.2
Acciaio inossidabile 316 15.9
Acciaio inossidabile 405 10.8
Acciaio inossidabile 440A 10.2
Acciaio inossidabile 17-7PH li.O

Ghise
Ghise grigie
• Grado Gl800 11.4
• Grado G3000 11.4
• Grado G4000 11.4
804 • Appendice B / Proprietà di materiali ingegneristici selezionati

Talx•Ua H.6 (Continua)


Coefficiente di Espansione Termica

Materiale

Ghise duttili
• Grado 60-40-18 11.2
• Grado 80-55-06 10.6

Leghe di Alluminio
Lega 1100 23.6
Lega 2024 22.9
Lega 6061 23.6
Lega 7075 23.4
Lega 356.0 21.5

Leghe di Rame
C 11000 (affinata elettroliticamente) 17.0
C17200 (rame-berillio) 16.7
C26000 (ottone per bossoli) 19.9
C36000 (lavorabile ad alta velocità) 20.5
C71500 (rame-nichel, 30%) 16.2
C93200 (bronzo per cuscinetti) 18.0

Leghe di Magnesio
LegaAZ31B 26.0
LegaAZ91D 26.0

Leghe di Titanio
Commercialmente puro (ASTM grado I) 8.6
Lega Ti-5AI-2.5Sn 9.4
Lega Ti-6Al-4V 8.6

Metalli Pre2iosi
Oro (commercialmente puro) 14.2
Platino (commercialmente puro) 9.1
Argento (commercialmente puro) 19.7

Metalli Refrattari
Molibdeno (commercialmente puro) 4.9
Tantalio (commercialmenté puro) 6.5
Tungsteno (commercialmente puro) 4.5

Leghe Varie Non-Ferrose


Nichel 200 13.3
lnconel 625 12.8
Monel400 13.9
Lega Haynes 25 12.3
lnvar 1.6
Super Invar 0.72
Kovar 5.1
Piombo chimico 29.3
Piombo antimonio (6%) 27.2
Stagno (commercialmente puro) 23.8
Stagno-piombo da saldatura (60Sn-40Pb) 24.0
Zinco (commercialmente puro) 23.0-32.5
Zirconio, grado reattore 702 5.9
Appendice B / Proprietà di materiali ingegneristici selezionati • 805

TahcUa B.6 (Continua)


Coefficiente di Espansione Termica

Materiale 10·6(ocr'

GRAFITE, CERAMICI E MATERIALI SEMICONDUTTORI


Ossido di alluminio
• 99.9% di purezza 7.4
• 96% 7.4
• 90% 7.0
Calcestruzzo 10.0-13.6
Diamante (naturale) 0.11-1.23
Arseniuro di gallio 5.9
Vetro, borosilicato (Pyrex) 3.3
Vetro, calce-sodico 9.0
Vetroceramica (Pyroceram) 6.5
Grafite
• Estrusa 2.0-2.7
• Formata isoslaticamente 2.2-6.0
Silice fusa 0.4
Silicio 2.5
Carburo di silicio
• Pressato a caldo 4.6
• Sinterizzato 4.1
Nitruro di silicio
• Pressato a caldo 2.7
• Legato per reazione 3.1
• Sinterizzato 3.1
Zirconia, 3% mo! Y 2O 3, sinterizzata 9.6

POLIMERI
Cloruro di polivinile (PVC) 90-180
Elastomeri
• Butadiene-acrilonitrile (nitrile) 235
• Stirene-butadiene (SBR) 220
• Silicone 270
Epossidici 81-117
Nylon6,6 144
Fenolici 122
Polibutilenetereftalato (PBT) 108-171
Policarbonato (PC) 122
Poliestere (termoindurente) 100-180
Pulieterelen:hetum; (PEEK) 72-85
Polietilene
• Bassa densità (LDPE) 180-400
• Alta densità (HDPE) 106-198
• Ad altissimo peso molecolare (UHMWPE) 234-360
Po lieti lentereftalato (PET) 117
Polimetilmetacrilato (PMMA) 90-162
Polipropilene (PP) 146-180
Polistirene (PS) 90-150
Politetrafluoroetilene (PTFE) 126-216
806 • Appendiee B / Proprietà di materiali ingegneristici selezionati

Tabella B.6 (Continua)


Coefficiente di Espansione Termica

Materiale 10-6(ocy'

FIBRE
Aramidiche (Kevlar 49)
• Direzione longitudinale -2.0
• Direzione trasversale 60
Carbonio (precursore PAN)
• Modulo standard
Direzione longitudinale -0.6
Direzione trasversale 10.0
• Modulo intermedio
Direzione longitudinale -0.6
• Alto modulo
Direzione longitudinale -0.5
Direzione trasversale 7.0
Vetro E 5.0

MATERIALICOMPOSITI
Matrice epossidica e fibra aramidica {V1 = 0.60)
• Direzione longitudinale --4.0
• Direzione trasversale 70
Matrice epossidica e fibra di carbonio ad alto modulo
(V1 = 0.60)
• Direzione longitudinale -0.5
• Direzione trasversale 32
Matrice epossidica e fibra di vetro E (V1 = 0.60)
• Direzione longitudinale 6.6
• Din:LÌune trasversale 30
Legno
• Abete Douglas (12% umidità)
Parallelo al grano 3.8-5.1
Perpendicolare al grano 25.4-33.8
• Quercia rossa (12% umidità)
Parallelo al grano 4.6-5.9
Perpendicolare al grano 30.6-39.1

Fonti: ASM Handbook, Volumes I and 2, Engineered Materiai.\· Handbook, Volumes 1 and 4, l\fetals
Handbook: Properries and Se/ection: Nonferrou.1·Alloys and Pure Metals, Voi. 2. 9th edition, and Advanced
Materials & Processes, Voi. 146, No. 4, ASM lnternational, Materials Park, OH; Modern Plastic
Encyclopedia '96, The McGraw-Hill Companies, New York, NY; R. F. Flora! and S. T. Peters, "Composite
Structures and Technologies", tutorial notes, 1989; and manufacturers' technical data sheets.
Appendice B / Proprietà di materiali ingegneristici selezionati • 807

Tabella B. 7 Valori di Conduttività termica a temperatura ambiente per diversi


materiali ingegneristici

Conduttività Termica

Materiale Wlm-K

METALU F. LEGHE METALLICHE


Acciai al carbonio e basso-legati

AcciaioA36 51.9
Acciaio 1020 51.9
Acciaio 1040 51.9

Acciai inossidabili
Acciaio inossidabile 104 (ricotto) 16.2
Acciaio inossidabile 316 (ricotto) 16.2
Acciaio inossidabile 405 (ricotto) 27.0
Acciaio inossidabile 440A (ricotto) 24.2
Acciaio inossidabile 17-7PH (ricotto) 16.4

Ghise
Ghise grigie
• Grado G 1800 46.0
• Grado G3000 46.0
• Grado 04000 46.0
Ghise duttili
• Grado 60-40-18 36.0
• Grado 80-55-06 36.0
• Grado 120-90-02 36.0

Leghe di Alluminio
Lega 1100 (ricotta) 222
Lega 2024 (ricotta) 190
Lega 6061 (ricotta) 180
Lega 7075 -T6 130
Lega 356.0 - T6 151

Leghe di Rame
Cl 1000 (affinata eletttroliticamente) 388
CI 7200 (rame-berillio) 105-130
C26000 (ottone per bossoli) 120
C36000 (lavorabile ad alta velocità) 115
C71500 (rame-nichel, 30%) 29
C93200 (bronzo per cuscinetti) 59

Leghe di Magnesio
LegaAZ31B 96"
LegaAZ91D 72"

Leghe di Titanio
Commercialmente puro (ASTM grado l) 16
Lega Ti-5Al-2.5Sn 7.6
Lega Ti-6Al-4V 6.7

Metalli Preziosi
Oro (commercialmente puro) 315
Platino (commercialmente puro) 71•
Argento (commercialmente puro) 428
808 • Appendice B / Proprietà di materiali i~egneristici selezionati

Tabella B. 7 (Continua)
Conduttività Termica

Materiale W!m-K

Metalli Refrattari
Molibdeno (commercialmente puro) 142
Tantalio (commercialmente puro) 54.4
Tungsteno (commercialmente puro) 155

Leghe Varie Non-Ferrose


Nichel200 70
Inconel 625 9.8
Monel 400 21.8
Lega Haynes 25 9.8
Invar lO
Super Invar 10
Kovar 17
Piombo chimico 35
Piombo antimonio (6%) 29
Stagno (commercialmente puro) 60.7
Stagno-piombo da saldatura (60Sn-40Pb) 50
Zinco (commercialmente puro) 108
Zirconio, grado reattore 702 22

GRAFITE, CERAMICI E MATERIALI SEMICONDUTTORI


Ossido di alluminio
• 99.9% di purezza 39
• 96% 35
• 90% 16
Calcestruzzo 1.25-1.75
Diamante
• Naturale 1450-4650
• Sintetico 3150
Arseniuro di gallio 45.5
Vetro, borosilicato (Pyrex) 1.4
Vetro, calce-sodico 1.7
Vetroceramica (Pyroceram) 3.3
Grafite
• Estrusa 130-190
• Formata isostaticamente 104-130
Silice fusa 1.4
Silicio 141
Carburo di silicio
• Pressato a caldo 80
• Sinterizzato 71
Nitruro di silicio
• Pressato a caldo 29
• Legato per reazione IO
• Sinterizzato 33
Zirconia, 3% mol Y 20 3, sinterizzata 2.0-3.3

POLIMERI
Elastomeri
• Butadiene-acrilonitrile (nitrile) 0.25
• Stirene-butadiene (SBR) 0.25
• Silicone 0.23
Appendice B I Proprietà di materiali ingegneristici selezionati • 809

Tahella B.7 (Continua)

Conduttività Termica

Materiale Wlm-K

Cloruro di polivinile (PVC) 0.15-0.21


Epossidici 0.19
Nylon 6,6 0.24
Fenolici 0.15
Polibutilenetereftalato (PBT) 0.18-0.29
Policarbonato (PC) 0.20
Poliestere (termoindurente) 0.17
Polietilene
• Bassa densità (LDPE) 0.33
• Alla densità (HDPE) 0.48
• Ad altissimo peso molecolare (UHMWPE) 0.33
Polietilentereftalato (PET) 0.15
Polimetilmetacrilato (PMMA) O.l 7-0.25
Polipropilene (PP) 0.12
Polistirene (PS) 0.13
Politetrafluoroetilene (PTFE) 0.25

FIBRE
Carbonio (precursore PAN), longitudinale
• Modulo standard li
• Modulo intermedio 15
• Alto modulo 70
Vetro E 1.3

MATERIALI COMPOSITI
Legno
• Abete Douglas (12% umidità)
Perpendicolare al grano 0.14
• Quercia rossa (12% umidità)
Perpendicolare al grano 0.18

"Al00°C.
• Aooc.
Fonti: ASM Handbook, Volumes 1 and 2, Engineered Materials Handbook, Volume J and 4, Metals
Handbook: Properties and Selection: Nonferrous Alloys and Pure Metals, Voi. 2, 9th edition, and Advanced
Materials & Processes, Voi. 146, No. 4, ASM lntemational, Materials Park, OH; Modem Plastic
Encyc/opedia '96 and Modern P/astics Encyclopedia 1977-1978, The McGraw-Hill Companies, New York,
NY; R. F. Fiorai and S. T. Peters, "Composite Structure and Technologies", tutorial notes, 1989; and manu-
facturers' technical data sheets.
81 O • Appendice B / Proprietà di materiali ingegneristid selezionati

Tahclla B.8 Valori del calore specifico a temperatura ambiente per diversi
Materiali ingegneristici

Calore Specifico

Materiale J/kg-K

METALLI E LEGHE METALLICHE


Acciai al carbonio e basso-legati

AcciaioA36 486"
Acciaio 1020 486"
Acciaio 1040 486"

Acciai inossidabili
Acciaio inossidabile 304 500
Acciaio inossidabile 3l6 500
Acciaio inossidabile 405 460
Acciaio inossidabile 440A 460
Acciaio inossidabile 17-7PH 460

Ghise
Ghise grigie
• Grado G 1800 544
• Grado G3000 544
• Grado G4000 544
Ghise duttili
• Grado 60-40-18 544
• Grado 80-55-06 .'i44
• Grado 120-90-02 544

Leghe di Alluminio
Lega 1100 904
Lega 2024 875
Lega 6061 896
Lega 7075 960b
Lega 356.0 963h

Leghe di Rame
Cl 1000 (affinata eletttroliticamente) 385
CI 7200 (berillio-rame) 420
C26000 (ottone per bossoli) 375
C36000 (lavorabile ad alta velocità) 380
C71500 (rame-nichel, 30%) 380
C93200 (bronzo per cuscinetti) 376

Leghe di Magnesio
LegaAZ31B 1024
LegaAZ91D 1050

Leghe di Titanio
Commercialmente puro (ASTM grado I) 528'
Lega Ti-5Al-2.5Sn 470'
Lega Ti-6Al-4V 610'

Metalli Preziosi
Oro (commercialmente puro) 130
Platino (commercialmente puro) 132"
Argento (commercialmente puro) 235
Appendice B / Proprietà di materiali ingegneristici selezionati • 811

Tabella B.8 (Continua)


Calore Specifico

Materiale Jlkg-K

Metalli Refrattari
Molibdeno (commercialmente puro) 276
Tantalio (commercialmente puro) 139
Tungsteno (commercialmente puro) 138

Leghe Varie Non-Ferrose


Nichel 200 456
Inconel 625 410
Monel400 427
Lega Haynes 25 377
Invar 500
Super Invar 500
Kovar 460
Piombo chimico 129
Piombo antimonio (6%) 135
Stagno (commercialmente puro) 222
Stagno-piombo da saldatura (60Sn-40Pb) 150
Zinco (commercialmente puro) 395
Zirconio, grado reattore 702 285

GRAFITE, CERAMICIE MATERIALISEMICONDUTTORI


Ossido di alluminio
• 99.9% di purezza 775
• 96% 775
• 90% 775
Calcestruzzo 850-1150
Diamante (naturale) 520
Arseniuro di gallio 350
Vetro, borosilicato (Pyrex) 850
Vetro, calce-sodico 840
Vetroceramica (Pyroceram) 975
Grafite
• Estrusa 830
• Formata isostaticamente 830
Silice fusa 740
Silicio 700
Carburo di silicio
• Pressato a caldo 670
• Sinterizzato 590
Nitruro di silicio
• Pressato a caldo 750
• Legato per reazione 870
• Sinterizzato llOO
Zirconia, 3% mo! Y 20 3 , sinterizzata 481

POLIMERI
Cloruro di polivinile (PVC) 1050-1460
Epossidici 1050
Nylon 6,6 1670
Fenolici 1590-1760
Polibutilenetereftalato (PBT) l170-2300
Policarbonato (PC) 840
812 • Appendice B / Proprietà di materiali ingegneristici selezionati

Tabella B.8 (Continua)


Calore Specifico

Materiale J!kg-K

Poliestere (termoindurente) 710-920


Polietilene
• Bassa densità (LDPE) 2300
• Alta densità (HDPE) 1850
Polietilentereftalato (PET) 1170
Polimetilmetacrilato (PMMA) 1460
Polipropilene (PP) 1925
Polistirene (PS) 1170
Politetrafluoroetilene (PTFE) 1050

FIBRE
Aramidiche (Kevlar 49) 1300
Vetro E 810

MATERIALI COMPOSITI
Legno
• Abete Douglas (12% umidità) 2900
• Quercia rossa ( 12% umidità) 2900

" Ad una temperatura compresa tra 50°C e 100°C.


• A 100°C.
e A 50°C.
d A0°C.

Fonti: ASM Handhook, Volumes i and 2. Engineered Materials Handbook, Volumes i, 2, and 4, Metals Hand-
book: Properties and Selection: Nonferrous Alloys and Pure Metals, Voi. 2, 9th edition, and Advanced Mate-
rials & Processes. Voi. 146, No.4, ASM lnternational, Materials Park, OH; Modem Plastics. Encyclopedia
1977-/978, The McGraw-Hill Companies, New York, NY, andmanufacturers' technical data sheets.

Tabella B. 9 Valori della resistività elettrica a temperatura ambiente per dive·rsi


materiali ingegneristici

Materiale Resistività Elettrica, Q-m

METALLI E LEGHE METALLICHE


Acciai al carbonio e basso-legati

Acciaio A36" 1.60 X 10 7


Acciaio 1020 (ricotto)" 1.60 X 10-7
Acciaio 1040 (ricotto)" 1.60 X 10-7
Acciaio 4140 (temprato e rinvenuto) 2.20 X 10-7
Acciaio 4340 (temprato e rinvenuto) 2.48 X 10 7

Acciai inossidabili
Acciaio inossidabile 304 (ricotto) 7.2 X 10-'
Acciaio inossidabile 316 (ricotto) 7.4 X lQ·7
Acciaio inossidabile 405 (ricotto) 6.QX 10-7
Acciaio inossidabile 440A (ricotto) 6.0 X 10-7
Acciaio inossidabile 17•7PH (ricotto) 8.3 X 10-l
Appendice B / Proprietà di materiali ingegneristici selezionati • 813

Tabella B.9 (Continua)


Materiale Resistività Elettrica, Q-m

Ghise
Ghise grigie
• Grado G 1800 15.0 X 10-7
• Grado 03000 9.5 X 10-7
• Grado 04000 8.5 X 10-7
Ghise duttili
• Grado 60-40-18 5.5 X 10·7
• Grado 80-55-06 6.2 X 10-7
• Grado 120-90-02 6.2 X 10-7

Leghe di Alluminio
Lega 1100 (ricotto) 2.9 X 1041
Lega 2024 (ricotto) 3.4 X 10-•
Lega 6061 (ricotto) 3.7 X 10-•
Lega 7075 (trattamento T6) 5.22 X 1041
Lega 356.0 (trattamento T6) 4.42 x I~

Leghe di Rame
C 11000 (affinata eletttroliticamente) J.72 X 10-s
C 17200 (berillio-rame) 5.7 X JO·S_ l.J5 X 10-7
C26000 (ottone per bossoli) 6.2 X 10-s
C36000 (lavorabile ad alta velocità) 6.6 X 10-S
C71500 (rame-nichel, 30%) 37.5 X 10-<
C93200 (bronzo per cuscinetli) ]4.4 X 10·'

Leghe di Magnesio
LegaAZ31B 9.2 X 10-<
LegaAZ9ID ]7.0 X 10-•

Leghe di Titanio
Commercialmente puro (ASTM grado I) 4.2 X 10' 7 • 5.2 X 10-7
Lega Ti-5Al-2.5Sn 15.7 X 10-7
Lega Ti-6Al-4V ]7.1 X 10-7

Metalli Preziosi
Oro (commercialmente puro) 2.35 x I~
Platino (commercialmente puro) 10.60 X 10-s
Argento (commercialmente puro) 1.47 x I~

Metalli Refrattari
Molibdeno (commercialmente puro) 5.2 X JO·S
Tantalio (commercialmente puro) J3.5 X 1041
Tungsteno (commercialmente puro) 5.3 X 10-S

Leghe VarieNon-Ferrose
Nichel 200 0.95 X 10-7
lnconel 625 12.90x 10·1
Monel400 5.47 X 10-7
Lega Haynes 25 8.9 X 10-7
lnvar 8.2 X 10-7
Super Invar 8.QX 10-'
Kovar 4.9 X 10-7
Piombo chimico 2.06 X 10-?
Piombo antimonio (6%) 2.53 X 10-7
Stagno (commercialmente puro) l.l) X 10-J
Stagno-piombo da saldatura (60Sn-40Pb) 1.50 X 10-7
814 • Appendice B / Proprietà di materiali ingegneristici selezionati

Tabella B. 9 (Continua)
Materiale Resistività Elettrica, Q-m

Zinco (commercialmente puro) 62.QX IQ-7


Zirconio, grado reattore 702 3.97x 10-'

GRAFITE, CERAMICI E MATERIALI SEMICONDUTTORI


Ossido di alluminio
• 99.9% di purezza >101)
• 96% >10'2
• 90% >1012
Calcestruzzo (essicato) 10•
Diamante
• Naturale I0-10'·
• Sintetico J.5 X 10-2
Arseniuro di gallio 106
Vetro, borosilicato (Pyrex) -1013
Vetro, calcesodico J0'"-10"
Vetroceramica (Pyroceram) 2 X 1014
Grafite
• Estrusa 7 X IQ-6 - 20 X IQ-6
• Formata isostaticamente IO x 10-6- 18 x 10-6
Silice fusa >IO'
Silicio 2500
Carburo di silicio
• Pressato a caldo 1.0-10•
• Sinterizzato l.O-I0 9
Nitruro di silicio
• Pressato a caldo >IO"
• Legato per reazione >10"
• Sinterizzato >IO"
Zirconia, 3% mo! Y 20,, sinterizzata 10'0

POLIMERI
Cloruro di polivinile (PVC) >t0'•
Elastomeri
• Butadiene-acrilonitrile (nitrile) 3.5 X 10..g
• Stirene-butadiene (SBR) 6 x IO"
• Silicone 10"
Epossidici 1010 - 101]
Nylon 6,6 1012 - IO"
Fenolici 10° - 10'0
Polibutilenetereftalato (PBT) 4 X 1014
Policarbonato (PC) 2 X 1014
Poliestere (termoindurente) 101]
Polietereterchetone (PEEK) 6 X 1014
Polietilene
• Bassa densità (LDPE) 1015 - 5 X 1016
• Alta densità (HDPE) [Q" - 5 X 1016
• Ad altissimo peso molecolare (UHMWPE) >5 X )0 14
Polietilentereftalato (PET) IO"
Polimetilmetacrilato (PMMA) >10''
Polipropilene (PP) >10"
Polistirene (PS) >1014
Poi itetralluoroetilene (PTFE) 10"
Appendice B / Proprietà di materiali ingegneristici selezionati • 815

Tabella 8.9 (Continua)


Materiale Resistività Elettrica, Q-m

FIBRE
Carbonio (precursore PAN)
• Modulo standard 17 X 10--ò
• Modulo intermedio 15 X ]Q-"
• Alto modulo 9.5 X )(r'i
Vetro E 4 X 1014

MATERIALI COMPOSITI
Legno
• Abete Douglas (essicato in forno)
Parallela al grano I0"-10"
Perpendicolare al grano 101•- 101•
• Quercia rossa (essicato in forno)
Parallela al grano 1014 - 101'
Perpendicolare al grano 101•_101,

"AOoc.
Fonti: ASM Handbook, Volumes I and 2, Engineered Materia/s Handbook, Vo/umes I, 2, and 4, Metals
Handbook: Properties and Selection: Noriferrous Alloys and Pure Metals, Voi. 2, 9th edition, and Advanced
Materials & Processes, Voi. 146, No. 4, ASM lnternational Materials Park, OH; Modern Plastic
Encyc/opedia 1977-1978, The McGraw-Hill Companies, New York, NY; and manufacturers' technical data
sheets.

Tabella B. I O Composizione delle leghe metalliche considerate nelle Tabelle B.1-B.9

Lega Composizione
(Designazione UNS) (% in peso)

ACCIAI AL CARBONIO E BASSO-LEGATI

A 36 (ASTM A 36) 98.0 Fe (mio), 0.29 C, 1.0 Mn, 0.28 Si


1020 {G10200) 99.1 Fe (min), 0.20 C, 0.45 Mn
1040 (G10400) 98.6 Fe (mio), 0.40 C, 0.75 Mn
4140 (G41400) 96.8 Fe (min), 0.40 C, 0.90 Cr, 0.20 Mo, 0.9 Mn
4340 (G43400) 95.2 Fe (min), 0.40 C, 1.8 Ni, 0.80 Cr, 0.25 Mo, 0.7 Mn
ACCIAI INOSSIDABILI
304 (S30400) 66.4 Fe (min), 0.08 C, 19.0 Cr, 9.25 Ni, 2.0 Mn
316 (S31600) 61.9 Fe (min), 0.08 C, 17.0 Cr, 12.0 Ni, 2.5 Mo, 2.0 Mo
405 (S40500) 83.1 Fe (min), 0.08 C, 13.0 Cr, 0.20 Al, 1.0 Mn
440A (S44002) 78.4 Fe (min), 0.70 C, 17.0 Cr, 0.75 Mo. 1.0 Mn
17-7PH (S17700) 70.6 Fe (mio}, 0.09 C, 17.0 Cr. 7.1 Ni, 1.1 Al, 1.0 Mo
GHISE
Grado G1800 (F10004) Fe (bal), 3.4-3.7 C, 2.8-2.3 Si, 0.65 Mn, 0.15 P, 0.15 S
Grado G3000 (F10006) Fe (bai), 3.1-3.4 C, 2.3-1.9 Si, 0.75 Mn, 0.10 P, 0.15 S
Grado G4000 (Fl0008} Fe (bal), 3.0-3.3 C, 2.1-1.8 Si, 0.85 Mn, 0.07 P, 0.15 S
Grado 60-40-18 (F32800) Fe (bai), 3.4-4.0 C, 2.0-2.8 Si, 0-1.0 Ni, 0.05 Mg
Grado 80-55-06 (F33800) Fe (bai), 3.3-3.8 e, 2.0-3.0 Si, 0-1.0 Ni, 0.05 Mg
Grado 120-90-02 (F36200) Fe (bai), 3.4-3.8 C, 2.0-2.8 Si, 0-2.5 Ni, 0-1.0 Mo, 0.05 Mg
816 • Appendice B / Proprietà di materiali :ingegneristici selezionati

Tabella B.10 (Continua)

Lega Composizjone
(Designazione UNS) (% in peso)

LEGHE DI ALLUMINIO

1100 (A91100) 99.00 Al (min), 0.20 Cu (max)


2024 ( A 92024) 90.75 Al (min), 4.4 Cu, 0.6 Mn, 1.5 Mg
6061 (A96061) 95.85 Al (min), 1.0 Mg, 0.6 Si, 0.30 Cu, 0.20 Cr
7075 (A97075) 87.2 Al (min), 5.6 Zn, 2.5 Mg, 1.6 Cu, 0.23 Cr
356.0 (A03560) 90.1 Al (min), 7.0 Si, 0.3 Mg
LEGHE DI RAME
(Cl 1D00) 99.90 Cu (min), 0.04 O (max)
(C17200) 96.7 Cu (min), 1.9 Be, 0.20 Co
(C26000) Zn (bai), 70 Cu, 0.07 Pb, 0.05 Fe (max)
(C36DOO) 60.0 Cu (min), 35.5 Zn, 3.0 Pb
(C71500) 63.75 Cu (min), 30.0 Ni
(C93200) 81.0 Cu (min), 7.0 Sn, 7.0 Pb, 3.0 Zo
LEGHE DI MAGNESIO
AZ31B (Mll311) 94.4 Mg (min), 3.0 Al, 0.20 Mn (mio), 1.0 Zn, 0.1 Si (max)
AZ91D (M11916) 89.0 Mg (min), 9.0 Al, 0.13 Mn (mio), 0.7 Zn, 0.1 Si (max)
LEGHE DI TITANIO
Commerciale, grado 1 (R50250) 99.5 Ti (min)
Ti-5Al-2.5Sn (R54520) 90.2 Ti (min), 5.0 Al, 2.5 Sn
Ti-6Al-4V (R56400) 87.7 Ti (min), 6.0 Al, 4.0 V
ALTRE LEGHE
Nickel 200 99.0 Ni (min)
lnconel 62:'i 58.0 Ni (min), 21.5 Cr, 9.0 Mo, 5.0 Fe, 3.65 Nb + Ta, 1.0 Co
Monel 400 63.0 Ni (min), 31.0 Cu, 2.5 Fe. 0.2 Mn, 0.3 C, 0.5 Si
Haynes alloy 25 49.4 Co (min), 20 Cr, 15 W, 10 Ni, 3 Fe (max), 0.10 C, 1.5 Mn
Invar (K93601) 64 Fe, 36 Ni
Super invar 63 Fe, 32 Ni, 5 Co
Kovar 54 Fe, 29 Ni, 17 Co
Piombo chimico (L51120) 99.90 Pb (min)
Piombo antimonio 6% (L53105) 94 Pb, 6 Sb
Stagno (commercialmente puro) (ASTM 8339A) 98.85 Pb (min)
Piombo stagno da saldatura (60Sn-40Pb)
(ASTM B32 grado 60) 60 Sn, 40 Pb
Zinco (commercialmente puro) (Z212 I O) 99.9 Zn (min), O.IOPb (max)
Zirconio, grado reattore 702
(R60702) 99.2 Zr + Hf (min), 4.5 Hf (max), 0.2 Fe + Cr

Fonte:ASM Handbooks, Volumes 1 and 2, ASM lnternational, Materials Park, OH.


(} uesta appendice contiene informazioni sui prezzi per i materiali riportati
n:,; Appendice B. La raccolta dei costi per i materiali è estremamente difficile, il che spiega
la scarsità di informazione in letteratura sui prezzi dei materiali. Una ragione per tutto ciò è
data dal fatto che esistono tre anelli nella catena di vendita: produttore, distributore e vendi-
tore al dettaglio. Nella gran parte dei casi, sono stati riportati i prezzi del distributore. Per
alcuni materiali (ad esempio, ceramici particolari quali carburo di silicio e nitruro di silicio),
è stato necessario utilizzare i prezzi al produttore. Per di più, vi possono essere notevoli varia-
zioni di costo per uno stesso materiale dovute a diverse ragioni. Anzitutto, ogni venditore ha
il suo proprio schema di prezzi. Inoltre, il costo dipende dalla quantità di materiale acquista-
to e da com 'è stato prodotto o trattato. Per quanto possibile, i prezzi sono stati ricavati per
ordini piuttosto consistenti - cioè quantità dell'ordine di 900 kg per materiali solitamente
venduti in blocco - e per forme e trattamenti comuni. Si è poi cercato di ottenere i prezzi da
almeno tre distributori/produttori diversi.
Questa lista informativa sui prezzi è stata stilata tra Maggio ed Agosto 1998. I costi sono
in euro per chilogrammo; in più i dati sono espressi sia come campo di variazione dei prezzi
che come singolo valore. L'assenza di un campo di variazione dei prezzi (cioè quando viene
riportato un solo valore) significa che la variazione è piccola o che, sulla base di dati limita-
ti, non è stato possibile individuare tale campo. Inoltre, dato che il prezzo di un materiale
cambia nel tempo, è stato deciso di utilizzare un indice di costo relativo; tale indice rappre-
senta il costo per unità di massa (o il costo medio per unità dì massa) di un materiale diviso
per il costo medio per unità di massa di un comune materiale ingegneristico - acciaio al car-
bonio A36. Sebbene il prezzo di uno specifico materiale varia nel tempo, il rapporto di prez-
zo tra un materiale ed un altro, dovrebbe, presumibilmente, subire fluttuazioni più lente.

Materiale/Condizione Costo (euro/kg) Costo RelaJivo

ACCIAIALCARBONIO E BASSO-LEGATI

AcciaioA36
• Piani, laminati a caldo 0.50-0.90 1.00
• Profilati, laminati a caldo 1.15 1.6
Acciaio I 020
• Piani, laminati a caldo 0.50-0.60 0.8
• Lastre, laminalo a freddo 0.85-1.45 1.6
Acciaio 1040
• Lastre, laminato a caldo 0.75-0.85 1.1
• Lastre, laminato a freddo 1.30 1.9

817
818 • Appendice C / Costi e costi relativi di materiali ingegneristici selezionati

Materiale/Condizione Costo (euro/kg) Costo Rewtivo

Acciaio 4140
• Barre, nonnalizzato 1.75-1.95 2.6
• Grado H (tondo), nonnalizzato 2.85-3.05 4.2
Acciaio 4340
• Barre, ricotto 5.45 3.5
• Barre. nonnalizzato 3.30 4.7

ACCIAI INOSSIDABILI
Acciaio inossidabile 304
• Lastre, finito a caldo e ricotto 2.15-3.50 4.0
Acciaio inossidabile 316
• Lastre, finito a caldo e ricotto 3.00-4.40 5.3
• Tondo, trafilato a freddo e ricotto 6.20 8.9
Acciaio inossidabile 440A
• Lastre, ricotto 4.40-5.00 6.7
Acciaio inossidabile 17-7PH
• Lastre, laminato a freddo 6.85-10.00 12.0

GHISE
Ghise grigie (qualunque grado)
• Alta produzione 1.20-1.50 1.9
• Bassa produzione 3.30 4.7
Ghise duttili (qualunque grado)
• Alta produzione 1.45-1.85 2.4
• Bassa produzione 3.30-5.00 5.9

LEGHE DI ALLUMINIO
Lega 1100
• Fogli, ricotta 7.25-lO.OO 12.3
Lega 2024
• Fogli, trattamento T3 8.80-11.00 14.1
• Barre, trattamento T35 I ll.35 16.2
Lega 6061
• Fogli, trattamento T6 4.40-6.20 7.6
• Barre, trattamento T65 l 6.lÒ 8.7
Lega 7075
• Fogli, trattamento T6 9.00-9.70 13.4
Lega 356
• Getto, alta produzione 4.40-6.60 7.9
• Getto, pezzo personalizzato 11.00 15.7
• Trattamento T6, pezzo personalizzato I 1.65 16.6

LEGHE DI RAME
C 11000 (affinata elettroliticamente), fogli 4.00-7.00 7.9
C 17200 (berillio-rame), fogli 25.00-47.00 51.4
C26000 (ottone per bossoli), fogli 3.50-4.85 6.0
C36000 (lavorabile ad alta velocità), fogli, barre 3.20-4.00 5.1
C71500 (rame-nichel, 30%), fogli 8.50-9.50 12.9
C93200 (bronzo per cuscinetti)
• Barre 4.50-6.50 7.9
• Getto, pezzo personalizzato 12.20 17.4
Appendice C / Costi e costi relativi di materiali ingegneristici selezionati • 819

Materiale/Condizione Costo (euro/kg) Costo Relativo

LEGHE DI MAGNESIO
LegaAZ31B
• Fogli (laminati) 11.00 15.7
• Estruso 8.80 12.6
Lega AZ91 D (getto) 3.80 5.4

LEGHE DI TITANIO
Commercialmente puro
• ASTM grado I, ricolto 28.00-65.00 66.4
Lega Ti-5Al-2.5 90.00- I 30.00 157
Lega Ti-6Al-4V 55.00-130.00 132

METALLI PREZIOSI
Oro (I ingotto) 9500-!0250 14100
Platino (lingotto) I !400-14400 18400
Argento (lingotto) 170-2!0 271

METALLI REFRATTARI
Molibdeno
• Commercialmente puro, fogli e barrette 85.00-115 .00 143
Tantalio
• Commercialmente puro, fogli e barrette 390-440 593
Tungsteno
• Commercialmente puro, fogli 77.50 li I
• Commercialmente puro, barrette ( 1/2-3/8 in. dia) 97 .00-135.00 166

LEGHE VARIE NON-FERROSE


Nichel 200 19.00-25.00 31.4
Inconel625 20.00-29.00 35.0
Monel400 15.50-16.50 22.9
Lega Haynes 25 85.50-103.50 135
lnvar 17.25-19.75 26.4
Super lnvar 22.00-33.00 39.3
Kovar 30.75-39.75 50.4
Piombo chimico
• Lingotto 1.20 1.7
• Piastre 1.55-1.95 2.5
Piombo antimonio (6%)
• Lingotto 1.50 2.1
• Piastre 2.00-2.70 3.4
Stagno commercialmente puro (99.9%), lingotto 6.85-8.85 11.2
Da saldatura stagno-piombo (60Sn-40Pb), barre 5.50-7.50 9.3
Zinco, commercialmente puro
• Lingotto 1.20 1.7
• Anodizzato 1.65-2,45 2.9
Zirconio, grado reattore 702 (lastre) 44.00-48.50 66.1

GRAFITE, CERAMICI E MATERIALI SEMICONDUTTORI


Ossido di alluminio
• ·sfere per macinatura, polvere calcinata, purezza 99.8%,
dimensione particelle tra 0.4 e 5 µm 1.40-1.60 2.1
• Sfere per macinatura, purezza 99%, 1/ 4 in.dia. 28.65 41
• Sfere per macinatura, purezza 96%, 1/ 4 in.dia. 29.75 42.5
• Sfere per macinatura, purezza 90%, 1/ 4 in.dia. 15.20 21.7
820 • Appendice C / Costi e costi relativi di materiali ingegneristici selezionati

Materiale/Condizione Costo (euro/kg) Costo Relativo

Calcestruzzo, miscela 0.04 0.06


Diamante
• Naturale, 1/ 1 carati, grado industriale 36000-90000 90000
• Sintetico, 30-40 mesh, grado industriale 18750 27000
• Naturale, polvere, 45 µm, lucidatura
abrasiva 5000 7100
Arseniuro di gallio
• Grado meccanico, wafers 75 mm dia.,
spessore -625 µm 1650-2700 3100
• Grado primario, wafers 75 mm dia.,
spessore -625 µm 8500-10000 13200
Vetro, borosilicato, (Pyrex), lastre 8.50-17.00 18.2
Vetro, sodio-calcico, lastre l.75-2.35 2.9
Vetroceramica (Pyroceram), lastre 12.25-19.25 22.5
Grafite
• Polvere, sintetica, purezza 99%,
dimensione particelle -1 O µm 5.00 7.1
• Polvere, sintetica, purezza 99.7%,
dimensione particelle -1 O µm 7.50 10.7
• Estrusa, alta purezza, dimensione
particelle fine (<0.75 mm) 6.00-7.00 9.3
• Parti stampate isostaticamente, alta purezza,
dimensione particelle -20 µm 15.00-25.50 29
Silice fusa, lastre 315-395 500
Silicio
• grado di prova, non drogato, wafers da 100 mm dia.,
spe;;sore -425 µrn 900-2000 2070
• grado primario, non drogato, wafers da I 00 mm dia.,
spessore -425 µm 2075-2525 3300
Carburo di silicio
• Poi vere sinterizzabile fase a,
dimensione particelle tra I e 10 µm 22.00-58.00 57.1
• Fase a, lucidatura abrasiva 4.50-21.50 18.6
• Polvere sinterizzabile fase ~,
dimensione particelle tra I e IO µm 40.00-l 00.00 100
• Fase B,lucidatura abrasiva,
mesh da 1200 a 400 8.00-22.00 21.4
• Fase a, sfere per macinatura,
¼in. dia., sinterizzata 250.00 360
Nitruro di silicio
• polvere sinterizzabile, dimensioni particelle
subrnicron 100.00 143
• sfere, grezzo, diametro da 0.25 in. a 0.50 in.,
pressato isostaticarnente a caldo 875-1100 1400
• sfere, levigato, diametro da 0.25 in. a 0.50 in.,
pressato isostaticamente a caldo 2000-4000 4300
Zirconia, parzialmente stabilizzata (3% mol Y,O,)
• Polvere sinterizzabile, dimensione particelie ·
submicron 45.00-50.00 68
• Polvere sinterizzabile, dimensione
panicelle maggiori di un micron 22.00-33.00 39.3
• Sfera per macinatura, 15 mm dia., sinterizzata 125.00-175.00 215
Appendice C / Costi e costi relativi Ji materiali ingegneristici selezionati • 821

Materiale/Condizione Costo (euro/kg) Costo RelaJivo

POLIMERI
Butadiene-acrilonitrile (nitrile) gomma
• Grezza e non trattata 2.90 4.1
• Estrusa in fogli (spessore da 1/ 4 a 1/ 8 di in.) 9.90-10.S0 14.6
• Fogli calandrati (spessore da 1/ 4 a 'I,di in.) 8.40 12.0
Stirene-butadiene (SBR) gomma
• Grezza e non trattata 1.20 1.7
• Estrusa in fogli (spessore da 1/ 4 a 1/ 1 di in.) 7.60-12.20 14.1
• Fogli calandrati (spessore da 1/ 4 a 1/ 8 di in.) 6.80 9.7
Silicone gomma
• Grezza e non trattata s.so 7.9
• Estrusa in fogli (spessore da 1/ 4 a 1/ 1 di in.) 12.60-26.20 27.7
• f'ogli calandrati (spessore da 1/ 4 a 1/, di in.) 31.50-38.50 50.0
Resina epossidica, grezza 3.00-4.00 5.0
Nylon 6,6
• Grezzo 4.40-6.00 7.4
• Estruso 9.40 13.4
Resi11efenoliche, grezze 6.50-12.00 13.2
Polibutilenetereftalato (PBT)
• Grezzo 4.00 5.7
• Fogli 9.75 13.9
Policarbonato (PC)
• Grezzo 4.8S-5.30 7.3
• Fogli 7.00-10.00 12.I
Poliestere (termoindurente), grezzo 1.50-4.40 4.2
Polietereterchetone (PEEK), grezzo 90.00-110.00 143
Polietilene
• Bassa densità (LDPE), grezzo 1.20-l.35 1.8
• Alta densità (HDPE), grezzu 1.00-1.70 1.9
• Ad ultra-alto peso molecolare (UHMWPE),
grezzo 3.00-8.50 8.2
Polietilentereftalato (PET)
• Grezzo 1.90-2.10 2.9
• Fogli 3.30-7.70 7.9
Polimetilmetacrilato (PMMA)
• Grezzo 2.40 3.4
• Fogli calandrati 4.20 6.0
• Fusione cellulare 5.8S 8.4
Polipropilene (PP), grezzo 0.85-1.65 1.8
Polistirene (PS), grezzo 1.00-1.10 1.5
Politetratl uoroetilene (PTFE)
• Grezzo 20.00-26.50 33.2
• Fogli 38.00 54
Cloruro di polivinile (PVC), grezzo 1.40-2.80 3.0

FIBRE
Aramide (Kevlar 49), continua 31.00 44.3
Carbonio (precursore PAN), continua
• Modulo standard 31.S0-41.50 52.1
• Modulo intermedio 70.00-105.00 125
• Alto modulo 175.00-225.00 285
Vetro E, continua 1.90-3.30 3.7
822 • Appendice C I Costi e costi relativi di JDateriali ingegneristici selezionati

Materiale/Condizione Costo (euro/kg) Costo Relativo

MATERIALI COMPOSITI
Fibra aramidica (Kevlar 49) continua-prepreg
epossidica 55.00-62.00 84
Fibra continua di carbonio,
prepreg epossidica
• Modulo standard 40.00-60.00 71
• Modulo intermedio I00.00-130.00 164
• Alto modulo 200.00-275.00 340
Fibra continua di vetro E, prepreg epossidica 22.00 31.4
Legno
Abete Douglas 0.54-0.60 0.8
Quercia rossa 2.55-3.35 4.2
Nome chimico Struttura chimica del monomero

Epossidiche (etere diglicidilico o


bisfenolo A, DGEPA)

H
I
H......_/C-
N I
I H
Melarnmina-formaldeide (melammina) ~e,
H
I
I
/e'-
fi ~/
.,.,e, N /c,H
N N
t I
H-C H
/ 'H

Fenolo-formaldeide (fenolici)

Poliacrilonitrile (PAN)

Poliammideimmide (PAI) 1
-N-C
M ti
c..........._

C
/N-R-

A A
823
824 • Appendice D I Strutture dei monomeri dei polimeri comuni

Nome chimico Struttura chimica del monomero

Poli butadiene

Polibutilentereftalato (PBT)
l
r-~-o-~-o-{-{-{-{-o-
O O HHHH

H H H H

Policarbonato (PC)

Policloroprene

Policlorotrifluoroeti lene

l-~-i-]
F Cl

Polidimetilsilossano (gomma
siliconica) ~ j
-fi-0-
CH,

CH,

Polietereterchetone (PEEK)
[-O-o-Q-o-O-L]
Polietilene (PE)
H-H
Polietilentereftalato (PET)
l-[-o-[-o-I-I-o-j
Appendice D / Strutture dei monomeri dei polimeri comuni 825

Nome chimico Struttura chimica del monomero

Poliesametilenadipammide
(nylon 6,6)

Poliimmide

Poliìsobutilene

cis-poliisoprene (gomma naturale)

H CH,
I I .
-e-c-
Polimetilmetacrilato (PMMA) l I
H C-0-CH
Il 3

Ossido di polifenilene (PPO)

Polifenilensolfuro (PPS)
[-o-,-]
Poliparafenilcntcrcftalammidc
(aramide)
l-O-z-i-0-~-Z-]
826 • Appendice D / Strutture dei monomeri dei polimeri comuni

Nome chimico Struttura chimica del monomero

Polipropilene (PP)

Polistirene (PS)

Politetrafluoroetilene (PTFE)

O~ _...,..CH
3
c
Acetato di polivinile (PVAc) I
H O
I I
-e-c-
l I
H H

Alcool polivinilico (PVA)


q_p
l H OHJ

r-{-i-]
Cloruro di polivinile (PVC)

H Cl

Fluoruro di polivinile (PVF)

H-H H Cl ]
Polivinilidencloruro (PVDC) r-i-{-
H Cl

Polivinilidenfluoruro (PVDF)

H-H
Temperatura Temperatura
di Transizione Vetrosa di Fusione
Polimero (OC) (OC)

Aramide 375 -640


Polimmide (termoplastico) 280-330 a
Polimide-imide 277-289 a
Policarbonato 150 265
Polietereterchetone 143 334
Poliacrilonitrile 104 317
Polistirene
• Atattico 100 a
• Isotattico 100 240
Polibutilentereftalato 220-267
Cloruro di polivinile 87 212
Polifenilensolfuro 85 285
Polietilentereftalato 69 265
Nylon 6,6 57 265
Polimetilmetacrilato
• Sindiotattico 3 105
• Atattico 3 45
Polipropilene
• Isotattico -10 175
• Atattico -18 175
Polivinilidencloruro -17 198
• Atattico -18 175
Fluoruro di polivinile -20 200
Polivinilidenfluoruro -35
Policloroprene (gomma cloroprenica o neoprene) -50 80
Poliisobutilene -70 128
,cis-poliisoprene -73 28
Poli butadiene
• Sindiotattico -90 154
• Atattico -90 120
Polietilene alta densità -90 137
Politetrafluoroetilene -97 327
Polietilene bassa densità -110 115
Polidimetilsilossano (gomma siliconica) -123 -54

"Questi polimeri normalmente esistono in forma non cristallina per almeno il 95%.

827
A Amorfo. Che ha una struttura non cri- a quella critica, nella regione della fase
Abrasivo. Un materiale duro e resistente stallina. austenitica del diagramma di stato Fe-C.
all'usura (in genere un ceramico) che Anione. Uno ione non metallico con Auto-diffusione. Migrazione di atomi
viene usato per abradere, molare o carica negativa. nei metalli puri.
tagliare altri materiali. Anisot.-opo. Che presenta differenti Auto-interstiziale. Atomo o ione ospite
Acciaio al carbonio. Lega ferrosa in cui valori delle proprietà nelle diverse dire- che si trova in un sito interstiziale del
il carbonio costituisce l'elemento di lega zioni cristallografiche. reticolo cristallino.
primario. Anodo. L'elettrodo di una cella elettro-
Acciai basso-legati ad alta resistenza chimica o di una coppia galvanica su cui
(HSLA). Acciai a basso tenore di carbo- si verifica la reazione di ossidazione: B
nio relativamente resistenti, con conte- pertanto è l'elettrodo che cede elettroni Bainite. Prodotto di trasformazione del-
nuto totale di elementi di lega inferiore al ad un circuito esterno. l'austenite che si trova in alcuni acciai e
10% in peso. Anodo di sacrificio. Un metallo o lega ghise. Si forma alle temperature compre-
Acciaio inossidabile. Acciaio molto che si corrode di preferenza rispetto ad se fra quelle a cui si forma la perlite e
resistente alla corrosione in vari un altro metallo o lega con cui è elettri- quelle a cui si forma la martensite. La
ambienti. L'elemento di lega predomi- camente accoppiato e che così protegge.
microstruttura è costituita da ferrite a ed
nante è il cromo, che deve essere pre- .\ntiferromagnetismo. Fenomeno una fine dispersione di cementite.
sente in concentrazione non inferiore osservato in alcuni materiali (p.es.
Banda di conduzione. Per gli isolanti
ali' Il% in peso: è anche prevista l'ag- MnO), in cui i momenti magnetici ven-
elettrici ed i semiconduttori, la banda più
giunta di altri elementi di lega come gono progressivamente completamente
bassa di energia elettronica, che è vuota
nichel e molibdeno. annullati a seguito dcli 'accoppiamento
di elettroni a O K. Gli elettroni di condu-
Acciaio Legato. Lega ferrosa (ovvero a antiparallelo di atomi o ioni adiacenti. li
zione sono quelli che sono stati eccitati
base ferro) che contiene concentrazioni mlido macroscopico non possiede per-
agli stati interni a questa banda.
apprezzabili di elementi di lega (oltre al tanto momento magnetico risultante.
Banda di energia elettronica. Serie di
C e<la modeste quantità di Mn, Si, S e P). Asse di una dislocazione. L'asse che si
stati energetici degli elettroni con ener-
Questi elementi vengono in genere estende lungo l'estremità di un semipia-
gie molto vicine fra loro.
aggiunti per migliorare le proprietà mec- no aggiuntivo di atomi per una disloca-
caniche e di resistenza alla corrosione. zione a spigolo, e lungo il centro della Banda di separazione energetica. Vedi
Energia della banda di separazione.
Adesivo. Sostanza che dà aderenza alle spirale di una dislocazione a vite.
superfici dì due materiali (denominati Assorbimento. Il fenomeno ottico per Banda di \·alenza. Nei materiali solidi,
aderendi). cui l'energia di un fotone di luce viene la banda di energia elettronica che con-
Allotropia. Possibilità che ha una assorbita cÌa una sostanza, di norma tiene gli elettroni di valenza.
sostanza (generalmente un solido ele- mediante polarizzazione elettronica o Bifunzionale. Unità monomerìche che
mentale) di esistere in due o più differen- per eccitazione di elettroni. possiedono due posizioni di legame
ti strutture cristalline. Atattico. Un tipo di configurazione di attive.
Allungamento, nominale (E). catena polimerica in cui i gruppi laterali Bordo del grano. L'interfaccia di sepa-
Variazione di lunghezza di una provetta sono distribuiti in modo casuale su un razione tra due grani adiacenti che hanno
(in direzione dello sforzo applicato) divi- lato o sull'altro della catena. diversa orientazione cristallografica.
so la sua lunghezza originale. Austenite. Soluzione solida di C nel Brasatura. Una tecnica di giunzione dei
Allungamento a taglio ( y). La tangente ferro y con struttura cristallina cfc; pre- metalli che impiega un metallo di appor-
dell'angolo di taglio che si ottiene quan- sente nelle leghe ferrose (acciai e to con temperatura di fusione maggiore
do si applica uno sforzo di taglio. ghise). di circa 425°C.
Altipolimeri. Un materiale polimerico Austenitizzazione. Processo di forma- Bronzo. Lega rame-stagno ricca in
solido che ha peso molecolare maggiore zione di austenite per riscaldamento di rame; sono anche possibili bronzi con
di 10000 g/mok. una lega ferrosa a temperature superiori alluminio, silicio e nichel.

828
Glossario • 829

c Cementazione. Indurimento della nella prima legge di Fick. Il suo valore è


Calcestrm:zo. Materiale composito for- superficie esterna di un componente di indice della velocità dì diffusione degli
mato da un aggregato di particelle tenute acciaio mediante un processo di carbura- atomi.
insieme, nello stato solido, da un cemento. zione o nitrurazione; viene utilizzato per Coefficiente di espansione termica
Calcestruzzo armato. Calcestruzzo migliorare la resistenza ali' usura ed alla lineare (a 1 ). La variazione relativa di
rinforzato (ovvero rafforzato in trazione) fatica. lunghezza diviso la variazione di tempe-
mediante inserimento di barre, fili o reti Cementite. Carburo di ferro (Fe.,C). ratura.
di acciaio. Cementite proeutettoide. Cementite Coercitività (o t:ampo coercitivo H, ). Il
Calcestruzzo precompresso. Calce- primaria che si trova insieme alla perlìte campo magnetico applicato necessario
struzzo mantenuto in compressione negli acciai ipereutettoidi. per ridurre a zero la densità di flusso
mediante fili o barre di acciaio in esso Cemento. Una sostanza (spesso un cera- magnetico di un materiale magnetizzato
inseriti e tesati. mico) che, per reazione chimica, lega ferromagnetico o ferrimagnetico.
Calcinazione. Reazione ad alta tempera- insieme aggregati particolati per formare Colorante. Additivo che impartisce uno
tura durante la quale un materiale solido una struttura coesiva. Per i cementi specifico colore ad un polimero.
si dissocia per formare un gas ed un altro idraulici la reazione chimica è di idrata- Colore. Percezione visiva che viene sti-
solido. È una fase nella produzione del zione, per azione dell'acqua. molata dalla combinazione delle lun-
cemento. Ceramica a verde. Manufatto in mate- ghezze d'onda della luce che viene tra-
Calo.re specifico (e,. e,.). La capacità ter- riale ceramico, costituito da un aggrega- smessa ali' occhio.
mica per unità di massa di materiale. to particolato, che è stato essiccato ma Componente. Costituente chimico (ele-
Campo elettrico ( A). Il gradiente di non cotto. mento o composto) di una lega, che può
potenziale. Ceramico. Materiale composto da ele- essere usato per definire la sua composi-
Capacità (C).La capacità di un conden- menti metallici e non metallici, con il zione.
satore di immagazzinare carica, definita legame interatomico prevalentemente Composizione (C,). Il contenuto relativo
come la quantità di carica immagazzina- ionico. di un particolare elemento o costituente
ta su ciascuna armatura diviso il poten- Cermet. Un materiale composito forma- (i) in una lega, in genere espresso come
ziale applicato. to dalla combinazione di un materiale percento in peso o percento atomico.
Capacità termica (C,, C, ). La quantità ceramico con un metallo. I cermet più Compositi a grandi particelle. Un tipo
di calore richiesta per produrre un comuni sono i carburi cementati, compo- di compositi rinforzati con particelle in
aumento di una unità di temperatura per sti da un ceramico estremamente duro cui l'interazione matrice-particelle non
mole di materiale. (es. WC, TiC), tenuto insieme da un può essere trattata a livello atomico; le
Carburazione. Il processo per cui il metallo duttile, come cobalto o nichel. particelle rinforzano la matrice.
tenore superficiale di carbonio in una Chimica molecolare (polimeri). Che Compositi a matrice ceramica (CMC).
lega ferrosa viene aumentato, per diffu- riguarda solo la composizione, non la Compositi in cui sia la matrice che la
sione, da parte dell'ambiente circostante. struttura di un monomero. fase dispersa sono costituiti da materiale
Carica. Sostanza estranea inerte aggiun- Cinetica. Lo studio deHe velocità di rea- ceramico. La fase dispersa viene in gene-
ta ad un polimero per migliorarne o zione e dei fattori che le influenzano. re aggiunta per migliorare la tenacità alla
modificarne le proprietà. Circuito integrato. Migliaia di elementi frattura.
f:arico di sicurezza (a.). Un carico uti- dì un circuito elettronico (transistor, Compositi a matrice metallica (CMM).
lizzato per scopi progettuali; per i mate- diodi, resistenze, condensatori, ecc.) Compositi che hanno come fase matrice
riali duttili, corrisponde al carico di sner- incorporati in un chip di silicio molto un metallo od una lega metallica. La fase
vamento diviso per un fattore di sicurez- piccolo. dispersa può essere costituita da particel-
za. Cis. Prefisso che caratterizza un tipo di le, fibre o wiskers, ed è di norma più rigi-
Catione. Uno ione metallico con carica struttura molecolare dei polimeri. Nelle da, più resistente e/o più dura della
positiva. unità monomeriche delle catene con matrice.
Catodo. I .'elettmrlo <li una cella elettro- atomi di carbonio insaturi, gli atomi o Compositi a matrice polimerica
chimica o di una coppia galvanica su cui gruppi laterali possono disporsi su un lato (PMC). Compositi che hanno come fase
si verifica la reazione di riduzione; per- o sull'altro della catena, in posizioni ruo- matrice una resina polimerica e come
tanto è l'elettrodo che riceve elettroni da tate di 180°. In una struttura cis i gruppi fase dispersa delle fibre (in genere di
un circuito esterno. laterali dello stesso monomero si trovano vetro, carbonio o aramidiche).
Cella unitaria. Unità strutturale di base sullo stesso lato (es. cis-isoprene). Compositi carbonio-carbonio.
di una struttura cristallina. Viene generi- Coetliciente di diffusione (DJ. Costante Compositi costituiti da una matrice di
camente definita dalla disposizione degli di proporzionalità fra il flusso di diffu- carbonio rinforzata con fibre continue di
atomi (o ioni) in un parallelepipedo. sione ed il gradiente di concentrazione carbonio. La matrice è in origine una
830 • Glossario

resina polimerica, che viene trasformata Copolimeri alternati. Copolimeri in Costante dielettrica (E,). Il rapporto fra
in carbonio per pirolisi. cui due differenti unità monomeriche si la permittività di un mezzo e quella del
Compositi fibro-rinforzati. Compositi alternano nelle posizioni lungo la catena vuoto. Spesso chiamata costante dielet-
in cui la fase dispersa è in forma di fibra della macromolecola. trica relativa o permittività relativa.
(cioè un filamento che ha elevato rappor- Copolimeri a blocchi. Copolimeri linea- Costante di Plank (h). Una costante
to lunghezza-diametro). ri in cui unità monomeriche identiche universale che ha il valore di 6.63 x 10-34
Compositi ibridi. Compositi rinforzati sono raggruppate in blocchi lungo la J-s. L'energia di un fotone di radiazione
con due o più tipi di fibre (es. vetro e car- catena molecolare. elettromagnetica è il prodotto di h per la
bonio). Copolimeri ad innesto. Copolimero for- frequenza della radiazione.
Compositi rinforzati con particelle. mato da una catena principale di un certo Cottura. Un trattamento termico ad alta
Compositi che hanno la fase dispersa omopolimero su cui vengono innestate temperatura che migliora la densità e la
equiassiale. ramificazioni laterali di un omopolimero resistenza di un ceramico.
Compositi laminari. Serie di lamine diverso. Crescila del grano. Aumento della
bidimensionali, ciascuna con una dire- Copolimeri casuali. Polimero in cui due dimensione del grano medio di un mate-
zione preferenziale ad alta resistenza, differenti unità monomeriche sono riale policristallino; per la maggior parte
assemblate una sull'altra con differente distribuite casualmente lungo la catena dei materiali è necessario un trattamento
orientazione; la resistenza nel piano del molecolare. termico ad elevata temperatura.
laminato è altamente isotropa. Corrosione. Deterioramento di un Cristallinità. Per i polimeri, lo stato in
Composito strutturale. Composito le metallo per dissoluzione dovuta a reazio- cui viene acquisita una disposizione
cui proprietà dipendono dalla configura- ne con l'ambiente. periodica e ripetitiva di atomi mediante
zione geometrica degli elementi struttu- Corrosione-erosione. Una forma di cor- allineamento delle catene molecolari.
rali. I compositi laminari ed i pannelli rosione che si verifica per l'azione com- Cristallino. Lo stato di un materiale
sandwich costituiscono due sottoclassi. binata di un attacco chimico e di una solido caratterizzato da una disposizione
Composto intermetallico. Un composto usura meccanica. tridimensionale ripetitiva e periodica
fra due metalli che ha una formula chi- Corrosione galvanica. Corrosione pre- degli atomi, ioni o molecole.
mica ben definita. Su un diagramma di ferenLiale del più chimicamente attivo Cristallite. Regione di un polimero cri-
fase compare come una fase intermedia fra due metalli accoppiati elettricamente stallino in cui tutte le catene molecolari
che esiste entro un intervallo di composi- ed immersi in un elettrolita. sono ordinate ed allineate.
zione molto ristretto. Corrosione in fessura. Forma di corro- Cubico corpo centrato (ccc). Struttura
Concentrazione. Vedi Composizione. sione che sì verifica ali 'interno di strette cristallina comune nei metalli. In una
Concentrazione di tensione. fessure e sotto depositi di sporcizia o di cella elementare cubica, gli atomi sono
Concentrazione o amplificazione di uno prodotti di corrosione (cioè in regioni di disposti ai vertici ed al centro della
sforzo applicato all'apice di un intaglio o impoverimento locale dell'ossigeno cella.
di una piccola cricca. disciolto). Cubico facce centrate (cfc). Struttura
Conduttività, elettrica (a). La costante Corrosione intecristallina (acciai inos- cristallina comune nei metalli. In una
di proporzionalità fra la densità di cor- sidabili). Corrosione intercristallina che cella elementare cubica, gli atomi sono
rente ed il campo elettrico applicato; si verifica in alcuni acciai inossidabili disposti ai vertici ed al centro delle facce.
anche una misura della facilità con cui nelle zone adiacenti la saldatura. Cuna di Iiquidus. Nei diagrammi di
un materiale è in grado di condurre la Corrosione intergranulare. Corrosione fase binari, è la curva o confine che sepa-
corrente elettrica. preferenziale lungo i bordi dei grani nei ra la regione della fase liquida da quella
Conduttività termica (k). Costante di materiali policristallini. delle fasi liquido + solido. Per una lega,
proporzionalità tra flusso termico e gra- Corrosione, velocità di penetrazione la temperatura di liquidus è quella tem-
diente di temperatura, per una corrente ( VPC ). Perdita di spessore di materiale peratura alla quale, in condizioni di raf-
termica stazionaria. È anche un parame- per unità di tempo come risultato della freddamento di equilibrio, inizia a for-
tro che caratterizza la capacità di un corrosione; in genere viene espressa marsi una fase solida.
materiale a condurre calore. come millimetri per anno. Curva di solidus. l ,uogo dei punti di un
Configurazione elettronica. Per un Costante di Boltzmann (k). Una costan- diagramma di fase a cui, in condizioni di
atomo, il modo con cui vengono riempi- te di energia termica che ha il valore di equilibrio, per raffreddamento, si com-
ti con elettroni gli stati elettronici possi- 1.38 X 10· 2 ' J/atomo-K (8.62 X 10-5 pleta la solidificazione e, per riscalda-
bili. eV/atomo-K). Vedi anche Costante dei mento, inizia la fusione.
Copolimeri. Polimeri formati da due o Gas. Curva di soh·us. Luogo dei punti di un
più unità monomeriche dissimili, in Costante dei gas (R). Costante di diagramma di fase che rappresenta il
combinazione lungo le catene moleco- Boltzmann per mole di atomi. R = 8.31 limite di solubilità del solido in funzione
lari. J/mol K (1.987 cal/mol K). della temperatura.
Glossario • 831

D Diagramma delle trasformazioni in Diffusione interstiziale. Un meccani-


Deformazione anelastica. Defor- raffreddamento continuo (CCT). smo di diffusione per cui il movimento
mazione elastica (non permanente) Rappresentazione della variazione della degli atomi avviene da una posizione
dipendente dal tempo. temperatura rispetto al logaritmo del interstiziale ad un'altra.
Deformazione elastica. Deformazione tempo per un acciaio di composizione Diffusione non stazionaria. Condizione
temporanea che viene totalmente recupe- definita. Usato per indicare in un mate- di diffusione per cui si verifica l'accu-
rata al momento del rilascio dello sforzo riale il momento in cui compaiono le tra- mulo o l'esaurimento delle specie in dif-
applicato. sformazioni di fase, a partire dallo stato fusione. Il flusso di diffusione dipende
Deformazione piana. La condizione, austenitico, quando viene raffreddato in dal tempo.
importante per l'analisi della meccanica modo continuo ad una determinata velo- Diffusione per vacanze. Il meccanismo
della frattura, per cui, per sollecitazione cità; inoltre è possibile prevedere la di diffusione che prevede migrazione di
di trazione, la deformazione è nulla nella microstruttura finale e le caratteristiche atomi da posizioni reticolari a vacanze
direzione perpendicolare sia a quella meccaniche. adiacenti.
dello sforzo che a quella di propagazione Diagramma di fase. Rappresentazione Diffusione stazionaria. Condizione di
della cricca; questa condizione viene sta- grafica delle relazioni fra sollecitazioni diffusione per cui non si verifica né
. bilita nelle lastre spesse e la direzione di dell'ambiente (p. es. temperatura e tal- accumulo né esaurimento delle specie in
deformazione nulla è perpendicolare alla volta pressione) e composizione, e stabi- diffusione. Il flusso di diffusione è indi-
superficie della lastra. lità delle fasi, in genere in condizioni di pendente dal tempo.
Deformazione plastica. Defonnazione equilibrio. Dimensione del grano. Il diametro del
che pennane e non è recuperabile dopo Diagramma di trasformazione isoter- grano medio determinato su una sezione
rilascio dello sforzo applicato. È accom- mica (TTT). Un diagramma della tempe- trasversale qualsiasi.
pagnata da spostamento pennanente di ratura rispetto al logaritmo del tempo di Diodo. Dispositivo elettronico che retti-
atomi. trasformazione per un acciaio di compo- fica la corrente elettrica - cioè consente
Deformazione reale (Erl- Il logaritmo sizione definita. Usato per determinare il flusso di corrente solo in una direzione.
naturale del rapporto tra la lunghezza quando inizia e termina una trasforma- Dipolo (elettrico). Coppia di cariche
istantanea e la lunghezza originale di una zione per un trattamento isotermico (a elettriche uguali e di segno contrario che
provetta deformata da uno sforzo unias- temperatura costante) di una lega auste- sono separate da una piccola distanza.
siale. nitizzata in precedenza. Direzione longitudinale. La direzione
Deformazioni reticolari. Leggeri spo- Diagramma Temperatura- Tempo- della lunghezza. Per una barretta o una
stamenti di atomi rispetto alle loro nor- Trasformazione (T-T-T). Vedi Dia- fibra, nella direzione dell'asse lungo.
mali posizioni nel reticolo, in genere gramma di trasformazione isotermica. Direzione tras~·ersale. Direzione che
dovute a difetti cristallini, quali disloca- Diamagnetismo. Debole forma di incrocia (in genere perpendicolarmente)
zioni, e atomi interstiziali e di impurezze. magnetismo indotto, ovvero non penna- la direzione longitudinale o della lun-
Degrado. Termine usato per indicare i nenie per cui la suscettività magnetica è ghezza.
processi di deterioramento che si verifi- negativa. Dislocazione. Difetto lineare del cristal-
cano nei materiali polimerici. Questi Dielettrico. Ogni materiale che è elettri- lo intorno al quale c'è un cattivo allinea-
processi comprendono rigonfiamento, camente isolante. mento degli atomi. Con la deformazione
dissoluzione e scissione di catena. Difetti Frenkel. In un solido ionico, una plastica si verifica un movimento di
'Densità del flusso magnetico (BJ. Il coppia di vacanza/interstiziale di cationi dislocazioni in risposta ad un carico
campo magnetico prodotto in una sostan- interstiziali. applicato di taglio. Sono possibili dislo-
za da un campo magnetico esterno. Difetti puntuali. Difetti dei cristalli rela- cazioni a spigolo, a vite e miste.
Densità di dislocazioni. La lunghezza tivi ad uno o, al massimo alcuni, siti ato- Dislocazione a spigolo. Difetto lineare
totale delle dislocazioni per unità di mici. di un cristallo associato alla distorsione
volume di materiale; oppure il numero di Difetti Schottky. Difetti dei solidi ioni- del reticolo prodotta in vicinanza dell'e-
dislocazioni che interseca un'area unita- ci, dovuti a coppie di vacanze di cationi e stremità di un semipiano aggiuntivo di
ria di una sezione qualsiasi. di anioni. atomi all'interno di un cristallo. Il vetto-
Designazione di trattamento. Una let- Difetti strutturali. In riferimento ai tipi re di Burger è perpendicolare ali' asse
tera usata per designare il trattamento e concentrazione di vacanze ed intersti- della dislocazione.
termico e/o meccanico a cui un metallo è ziali in un composto ceramico. Dislocazione mista. Dislocazione che
stato sottoposto. Diffrazione (raggi-X). Interferenza possiede entrambe le componenti a spi-
Dewtrificazione. li processo in cui un costruttiva di radiazioni x che sono diffu- golo ed a vite.
vetro (solido non cristallino ovvero se dagli atomi di un cristallo. Dislocazione a vite. Difetto lineare di un
vetroso) si trasforma in un solido cristal- Diffusione. Trasporto di massa attraver- cristallo associato alla distorsione del
lino. so movimenti di atomi. reticolo prodotta quando piani normai-
832 • Glossario

mente paralleli vengono collegati insie- Elettroluminescenza. Emissione di luce Energia di legame. L'energia richiesta
me in modo da formare una rampa eli- visibile da una giunzione p-n attraverso per separare due atomi che sono chimi-
coidale. Il vettore di Burger è parallelo cui viene applicato un potenziale di pola· camente legati l'uno all'altro. Si può
ali 'asse della dislocazione. rizzazione. esprimere per atomo o per mole di atomi.
l>issoluzione selettiva. Forma di corro- Elettronegativo. La tendenza, per un Energia libera. Una grandezza termodi-
sione per cui un elemento o un costituen- atomo, ad acquisire elettroni di valenza. namica che è funzione sia dell'energia
te di una lega viene disciolto preferen- È anche un termine usato per descrivere interna che dell'entropia (o casualità) di
zialmente. elementi non metallici. un sistema. All'equilibrio l'energia libe-
Distensione. Trattamento termico per Elettrone libero. Un elettrone che è ra ha un minimo.
rimuovere le tensioni residue. stato eccitato in uno stato energetico Equililibrio (fase). Lo stato di un siste-
Dominio. Regione di volume di un superiore al livello del Fermi (o nella ma in cui le caratteristiche delle fasi
materiale ferromagnetico o ferrimagneti- banda di conduzione per i semicondutto- rimangono costanti nel tempo.
co in cui tutti i momenti magnetici degli ri e gli isolanti) e può partecipare al pro- All'equilibrio l'energia libera ha un
atomi o degli ioni sono allineati nella cesso di conduzione elettrica. minimo.
stessa direzione. Elettroneutralità. Lo stato in cui il Equilibrio di fase. Vedi Equilibrio
Drogaggio. Alligazione intenzionale di numero delle cariche elettriche positive (fase).
un materiale semicondutcore con con- (ioniche ed elettroniche) è eguale al Esagonale compatto (es.e.). Una strut-
centrazioni controllate di impurezze di numero di quelle negative, cioè di essere tura cristallina di alcuni metalli. La cella
donatori o di accettori. elettricamente neutro. elementare es.e. è di geometria esagona-
Durezza. Misura della resistenza di un Elettroni di valenza. Gli elettroni che le ed è generata dall'impilaggio di piani
materiale alla deformazione mediante occupano il guscio elettronico più esterno,
di atomi compatti.
indentazione della superficie o per abra- che partecipano ai legami interatomici.
Estrusione. Tecnica di formatura in cui
sione. Elettronvolt (eV). Una conveniente
un materiale viene costretto, per com-
Duttilità. Misura della capacità di un unità di energia per sistemi atomici e
pressione, a passare attraverso l'orifizio
materiale a subire apprezzabile deforma- subatomici. È equivalente all'energia
di uno stampo.
zione plastica prima della frattura; si può acquisita da un elettrone quando passa
esprimere come allungamento percen- attraverso una differenza di potenziale
tuale (A%) o riduzione di sezione per- elettrico di l volt.
F
centuale (S%) che si rilevano con una Elettropositivo. La tendenza, per un
Fase. Una porzione omogenea di un
prova di trazione. atomo, a rilasciare elettroni di valenza. È
sistema che ha caratteristiche chimiche e
anche un termine usato per descrivere
fisiche unifonni.
elementi metallici.
Fase eutcttica. Una delle due fasi che si
E Energia del Fermi (E 1). Per un metallo,
l'energia corrispondente al più elevato trovano nella struttura eutettica.
Effetto Hall. li fenomeno per cui un
elettrone in movimento o una lacuna stato elettronico riempito, a O K. Fase primaria. Fase presente insieme ad
vengono deviati da una forza, dovuta ad Energia della ba11da di separazione una struttura eutenica.
un campo magnetico applicalO normal- (Eg). L'energia che si trova fra le bande Fase dispersa. Per i compositi e per talu-
mente alla direzione del movimento. La di valenza e di conduzione nei semicon- ne leghe bifasiche, è la fase discontinua
direzione della forza è normale sia al duttori e negli isolanti; per i materiali dispersa in una fase matrice.
cèimpo magnetico che alle direzioni di intrinseci, gli eleuroni non possono assu- Fatica. Rottura, ad un livello di carico
movimento delle particelle. mere energie in questo intervallo. relativamente basso, di strutture soggette
Elastomero. Materiale polimerico in Energia di attivazione (Q). Energia a sforzi fluttuanti e ciclici.
grado di subire notevole deformazione richiesta per iniziare una reazione, come Fatica corrosione. Tipo di rottura dovu-
elastica in modo reversibile. ad es. la diffusione. ta all'azione simultanea di uno sforzo
Elastomero termoplastico (ETP). Un Energia di impattoJtenacità all'inta- ciclico e di un attacco chimico.
copolimero che presenta comportamento glio). Una misura dell'energia assorbita Fatica (limite). Per la fatica, il livello di
elastomerico ed è di natura termoplastica. durante la frattura di una provetta di sforzo massimo al di sotto del quale un
A temperatura ambiente uno dei mono- dimensioni e geometria standard quando materiale può resistere ad un numero
meri presenti forma all'estremità delle è assoggettata ad un carico applicato in pressoché infinito di sforzi ciclici senza
catene molecolari dei domini che agisco- modo molto rapido (impatto). Vengono rompersi.
no come legami incrociati di tipo fisico. usate le prove Charpy ed lzod per misu- Fatica termica. Un tipo di cedimento
Elettrolita. Una soluzione che può tra· rare questi parametri, importanti per per fatica in cui i cicli di sollecitazione
sportare una corrente elettrica mediante valutare il comportamento alla transizio- vengono ottenuti per fluttuazione di ten-
il movimento di ioni. ne duttile-fragile di un materiale. sioni termiche.
Glossario 833

Fattore di impacchettamento atomico Formatura idroplastica. Lo stampag- Frequenza di rilassamento. Il reciproco


(FIA). La frazione del volume di una gio o la formatura di ceramici a base del minimo tempo di riorientazione per
cella elementare che viene occupata argillosa che sono stati fatti diventare un dipolo elettrico in un campo elettrico
dagli atomi o dagli ioni, con il loro plastici e flessibili per aggiunta di acqua. alternato.
"ingombro sferico". Formatura per colaggio. Una tecnica di
Fattore di intensificazione degli sforzi formatura usata per alcuni materiali cera-
(K). Fattore usato nella meccanica della mici. Una sospensione di particelle soli- G
frattura per specificare l'intensità dello de in acqua viene versata in uno stampo Ghisa. In generale una lega ferrosa con
sforzo ali' apice di una cricca. poroso. Mano a mano che l'acqua viene contenuto di carbonio superiore alla sua
Ferrimagnetismo. Magnetizzazioni assorbita dallo stampo, si forma sulle massima solubilità nell 'austenite alla
estese e permanenti che si trovano in pareti interne uno strato di solido che ha temperatura eutettica. Le ghise più com-
alcuni materiali ceramici. Sono dovute forma dello stampo. merciali contengono fra il 3.0% ed il
ad accoppiamenti di spin antiparalleli ed Forza coulombiana. Una forza fra parti- 4.5% in peso di C, e tra 1% ed il 3% in
alla neutralizzazione di momenti magne- celle cariche come gli ioni; la forza è peso di Si.
tici incompleti. altrattiva quando le particelle sono di Ghisa bianca. Ghisa molto fragile a
Ferrite (ceramici). Materiali ceramici segno opposto. basso contenuto di silicio, in cui il carbo-
ossidi formati sia da cationi trivalenti che Forza guida. La forza che costringe il nio è in forma combinata come cementi-
da- bivalenti (es. Fe2• e Fe 3•), alcuni dei verificarsi di una rea;,;ìone,come la diffu- te; la superficie di frattura appare bianca.
quali sono ferrimagnetici. sione, la crescita del grano o una trasfor- Ghisa duttile. Ghisa legata con silicio
Ferrite (ferro}. Ferro cubico corpo cen- mazione di fase. In genere la reazione ed una piccola concentrazione di magne-
trato; detto anche di leghe del ferro e comporta la riduzione di un tipo di ener- sio e/o cerio ed in cui la grafite è in forma
acciai che hanno una struttura cristallina gia (es. energia libera). nodulare. Talvolta viene chiamata ghisa
ccc. Forza del campo magnetico (H). nodulare.
Ferrite procutcttoide. Ferrite primaria L'intensità di un campo magnetico appli- Ghisa grigia. Una ghisa alligata con sili-
che si trova insieme alla perlite negli cato esternamente. cio in cui la grafite si trova in forma di
acciai ipoeutettoidi. Fosforescenza. Luminescenza che com- lamelle. La superficie di frattura appare
Ferroelettrico. Materiale dielettrico che pare a tempi più grandi di un secondo grigia.
presenta polarizzazione in assenza di un dopo un evento di eccitazione elettronica. Ghisa malleabile. Una ghisa bianca che
campo elettrico. Fotoconduttività. Conduttività elettrica è stata trattata termicamente per conver-
Ferromagnetismo. Magnetizzazioni che risulta da eccitazione elettronica tire la cementite in fiocchi di grafite; una
estese e permanenti che si trovano in indotta da fotoni in cui viene assorbita ghisa relativamente duttile.
alcuni metalli (es. Fe, Ni e Co), dovute luce. Ghisa nodulare. Vedi Ghisa duttile.
all'allineamento parallelo dei momenti Fotomicrografia. La fotografia fatta con Giunzione raddrizzatrice. Una giun-
magnetici contigui. un microscopio, che registra una imma- zione p-n di un semiconduttore che è
Fibra. Qualsiasi polimero, metallo o gine microstrutturale. conduttiva per un flusso di corrente in
ceramico trafilato in un lungo e sottile Fotone. Un quanto di energia elettroma- una direzione ed è altamente resistiva
filamento. gnetica. nella direzione opposta.
.Filatura. Processo con cui si ottengono Fragilità da idrogeno. Perdita o ridu- Gradiente di concentrazione (dC!dx).
le fibre. Le fibre vengono filate costrin- zione di duttilità di una lega metallica (in La pendenza del profilo di concentrazio-
gendo il materiale fuso a passare attra- genere acciaio) dovuta alla diffusione di ne ad una determinata posizione.
verso piccoli orifizi. idrogeno atomico nel materiale. Grado di polimerizzazione. Il numero
Fluorescenza. Luminescenza che si Frattura duttile. Un modo di frattura medio di unità monomeriche per macro-
verifica per tempi molto minori di un che è accompagnato da intensa ed estesa molecola di un polimero.
secondo a seguito di un evento di eccita- deformazione plastica. Grano. Cristallo individuale di un
zione elettronica. Frattura fragile. Frattura che si verifica metallo o ceramico policristallino.
Flusso di diffusione (]). La quantità di per rapida propagazione di cricca e senza
massa che diffonde perpendicolarmente deformazione plastica apprezzabile.
attraverso la sezione di area unitaria di l<'rattura intergranulare. Frattura nei I
un materiale per unità di tempo. materiali policristallini che avviene per Imperfezione. Mancanza di perfezione;
Fonone. Un singolo quanto di energia propagazione di una cricca lungo i bordi termine di norma utilizzato per i materiali
vibrazionale o elastica. del grano. cristallini che presentano carenze di ordi-
Forgiatura. Formatura meccanica di Frattura transgranulare. Un tipo di ne o di continuità atomica/molecolare.
un metallo per riscaldamento e martel- frattura dei materiali policristallini che si Incrudimento. Aumento della durezza e
latura. propaga attraverso i grani. della resistenza di un metallo duttile per
834 • Glossario

deformazione plastica a temperatura Isolante (elettrico). Materiale non Lavorazione a caldo. Operazione di for-
inferiore a quella di ricristallizzazione. metallico che ha, a O K, la banda di matura di un metallo, eseguita a tempe-
Indice di rifrazione (n). Il rapporto fra valenza piena e la banda di separazione rature superiori a quella di ricristallizza-
la velocità della luce nel vuoto e la velo- energetica relativamente ampia. Di con- zione.
cità della luce nel mezzo. seguenza, la conduttività elettrica a tem- Lavorazione a freddo. Deformazione
Indici di Miller. Insieme dì tre numeri peratura ambiente è molto bassa, inferio- plastica di un metallo ad una temperatura
interi (quattro per l'esagonale) che desi- re a 10-,o (U m)' 1 • inferiore a quella di ricristallizzazione.
gnano i piani cristallografici, determinati Isomerismo. li fenomeno per cui due o Lega. Sostanza metallica composta di
dal reciproco delle frazioni delle inter- più molecole polimeriche o unità mono- due o più elementi.
cette sugli assi. meriche hanno la stessa composizione Lega da lavorazione plastica. Una lega
Indurimento per soluzione solida. ma differente disposizione strutturale e relativamente duttile e adatta alla lavora-
Indurimento ed aumento della resistenza proprietà. zione a caldo o a freddo.
di un metallo dovuta alla forrrnl7ione, per Isomorfo. Che ha la stessa struttura. Nei Lega ferrosa. Una lega metallica in cui .
alligazione, di una soluzione solida. La diagrammi di fase per isomorfismo si il costituente fondamentale è il ferro.
presenza di atomi estranei diminuisce la intende che per tutte le composizioni si Lega ipereutettoide. Per un sistema di
mobilità delle dislocazioni. ha la stessa struttura cristallina ovvero la leghe che presenta un eutettoide, una
Indurimento per precipitazione. Indu- completa solubilità allo stato solido lega per la quale la concentrazione del
rimento ed aumento della resistenza di un (vedi Figura 9.2a). soluto è maggiore della composizione
metallo dovuta alla precipitazione di par- Isotattico. Un tipo di configurazione di dell'eutettoide.
ticelle estremamente piccole ed unifor- catena polimerica in cui tutti i gruppi Lega ipoeutettoide. Per un sistema di
memente disperse, da una soluzione so- laterali sono disposti dalla stessa parte leghe che presenta un eutettoide. una
lida sovrasatura. Talvolta anche chiamato della catena molecolare. lega per la quale la concentrazione del
indurimento per invecchiamento. Isotermico. A temperatura costante. soluto è minore della composizione del-
Induzione dielettrica (D). Quantità di Isotopi. Atomi dello stesso elemento che 1'eutettoide.
carica per unità di superficie di una pia- possiedono differenti masse atomiche. Lega non ferrosa. Lega metallica in cui
stra capacitiva. Isotropo. Che possiede valori identici il ferro non è il costituente primario.
Induzione magnetica (B). Vedi Densità delle proprietà in tutte le direzioni cri- Legame covalente. Un legame interato-
del flusso magnetico. stallografiche. mico primario che è formato dalla condi-
Inibitore. Una sostanza chimica che, Isteresi (magnetica). La densità del visione di elettroni fra atomi adiacenti.
quando viene aggiunta in concentrazioni flusso magnetico irreversibile rispetto Legame di Van der Walls. Legame inte-
relativamente basse, ritarda una reazione alla resistenza del campo magnetico (B ratomico secondario tra dipoli molecola-
chimica. rispetto ad H): comportamento che ri adiacenti, che possono essere perma-
Insaturo. Termine che descrive la parte- hanno i materiali ferromagnetici e ferri- nenti o indotti.
cipazione degli atomi di carbonio alla magnetici; con l'inversione del campo Legame idrogeno. Legame interatomico
formazione di legami covalenti doppi o magnetico si forma un circuito B-H chiu- secondario forte fra un atomo di idroge-
tripli e, quindi, non si legano con altri so. no legato (il suo protone non è quindi
quattro altri atomi. schermato) e gli elettroni degli atomi
Intensificatori di sforzo. Piccoli difetti adiacenti.
(interni o rli superficie) o discontinuità J, Legame ionico. Un legame interatomico
strutturali che amplificano sforzi di tra- Lacuna (elettronica). Stato di vacanze di tipo coulombiano che si forma fra due
zione applicati e che possono far propa- dì elettroni, per i semiconduttori e gli ioni adiacenti di carica opposta.
gare cricche. isolanti, nella banda di valenza che, in un Legame metallico. Un legame interato-
· Interdiffusione. Diffusione di atomi di campo elettrico, si comporta come un mico primario dovuto alla distribuzione
un metallo in un altro metallo. portatore di carica positiva. non direzionale di elettroni di valenza
Im·ecchiamento. Vedi Indurimento Lacuna di banda di energia. Vedi non localizzati ("mare di elettroni") che
per precipitazione. Energia della banda di separazione. vengono mutualmente ripartititi fra tutti
Im·ecchiamento artificiale. Processo di Laminazione. Processo di formatura dei gli atomi nel solido metallico.
indurimento per precipitazione, in cui metalli che porta a ridurre lo spessore di Legami primari. Legami interatomici
l'invecchiamento viene effettuato a tem- lamiere; si possono anche modellare relativamente forti e con energie di
peratura superiore a quella ambiente. forme allungate usando rulli circolari legame relativamente grandi. Legami
Invecchiamento naturale. Processo di sagomati. primari sono quelli ionici, covalenti e
indurimento per precipitazione, in cui Laser. Acronimo per Ligh Amplification metallici.
l'invecchiamento viene effettuato a tem- by Stimulared Emission of Radiation - Legami secondari. Legami interatomici
peratura ambiente. una sorgente di luce coerente. ed intermolecolari relativamente deboli e
Glossario • 835

con energie di legame relativamente può accogliere elettroni dalla banda di ad H, e che può essere magnetizzato e
basse. Normalmente sono dovuti a dipo- valenza, lasciandovi dei vuoti. Di norma smagnetizzato con grande facilità.
li atomici o molecolari. I tipi di legame il livello è presente se vi sono atomi di Matrice (fase). La fase in un composito,
secondario sono di Van der Waals e a impurezze. o in una microstruttura di una lega bifasi-
idrogeno. Livello di donazione. Per un semicon- ca, che avvolge in modo continuo e com-
Legge di Bragg. Relazione che definisce duttore o un isolante, è il livello di ener- pleto un'altra fase (ovvero una fase
le condizioni per la diffrazione da parte gia situato entro ed in prossimità dell'a- dispersa).
di una serie di piani cristallografici pice della banda di separazione energeti- Meccanica della frattura. Tecnica di
(Equazione 3.9). ca, da cui gli elettroni possono venire analisi della frattura impiegata per deter-
Legge di Fick (prima). li flusso di diffu- eccitati nella banda di conduzione. Di minare il livello di sforzo che fa propa-
sione è proporzionale al gradiente di norma il livello è presente se vi sono gare fino alla frattura, cricche preesisten-
concentrazione. Questa relazione è atomi di impurezze. ti di dimensione nota.
impiegata per le situazioni dì diffusione Luminescenza. L'emissione di luce visi- Meccanica quantistica. Branca della
in stato stazionario. bile che si produce quando un elettrone fisica che riguarda i sistemi atomici e
Legge di Fick (seconda). La velocità passa da uno stato eccitato a quello fon- subatomici; ammette solo valori di ener-
temporale della variazione di concentra- damentale. gia discreti, ben distinti. Per la meccani-
zione è proporzionale alla derivata ca classica, al contrario, sono permessi
seconda della concentrazione. Questa valori di energia continui.
relazione è impiegata per le situazioni di M Metallo. Elemento elettropositivo e
diffusione in stato non stazionario. Macromolecola. Una molecola gigante leghe basate su questi elementi. La strut-
Legge di Ohm. li potenziale applicato è formata da diverse migliaia di atomi. tura elettronica dei metalli è caratterizza-
uguale al prodotto della corrente e della Magnetizzazione (M). li momento la da un orbitale elettronico parzialmente
resistenza; in modo equivalente, la den- magnetico totale per unità di volume di vuoto.
sità di corrente è eguale al prodotto della materiale. È anche una misura del contri- Metallurgia delle polveri. Fabbri-
conduttività e dell'intensità del campo buto al flusso magnetico da parte di un cazione di componenti in metallo aventi
elettrico. materiale entro un campo H. configurazioni precise e complesse
Limite di durata. Vedi Limite di fatica. Magnetizzazione dì saturazione, den- mediante compattazione di polveri di
Limite di fatica. Per la fatica, il massi- sità di flusso (M,, B.). La massima metallo, seguita da un trattamento termi-
mo livello di sforzo al di sotto del quale magnetizzazione (o densità di flusso) co di densificazione.
un materiale può resistere ad un numero permessa ad un materiale ferromagneti- Metastabile. Stato di non equilibrio che
infinito di sforzi ciclici, senza rompersi. co o ferrimagnetico. può persistere per un periodo di tempo
Limite di proporzionalità. Il punto Magnetone di Bohr (,uR). Il momento molto lungo.
della curva sforzo-allungamento al di magnetico fondamentale, di ampiezza Microcostituente. Un elemento della
sopra del quale il rapporto fra carico e 9.27 x 10-24 A-m 2 . microstruttura che ha struttura caratteri-
allungamento non è più lineare. Martensite. Fase metastabile del siste- stica ed identificabile. Può essere forma-
Limite di snervamento (o,). Lo sforzo ma Fe-C, sovrasatura in carbonio, otte- to da più di una fase, come ad esempio la
richiesto per produrre una quantità di nuta dall 'austenite, per trasformazione perii te.
deformazione plastica ancora molto senza diffusione (atermica). Microscopia. L'analisi degli elementi
bassa; viene utilizzato comunemente un Martensite Rinvenuta. Microstruttura micro~trutturali utilizzando vari tipi di
valore di soglia di 0.002. ottenuta da un acciaio martensitico per microscopi.
Limite di solubilità. La massima quan- trattamento termico di rinvenimento. È Microscopio elettronico a scansione
tità di soluto che si può aggiungere senza costituita da particelle di cementite estre- (SEM, Scanning Electron Micro-
formare una nuova fase. mamente minute ed uniformemente scope). Microscopio che produce l'im-
Linea coniugata. Linea orizzontale trac- disperse in una matrice continua di ferri- magine mediante un fascio di elettroni
c~ata attraverso una regione bifasica di te. Col rinvenimento aumentano sensi- che spazzola la superficie del campione;
un diagramma di fase binario; la sua bilmente la tenacità e la duttilità. l'immagine viene prodotta dagli elettroni
intersezione con le curve di delimitazio- Materiale magnetico duro. Materiale riflessi. È possibile esaminare i partico-
ne delle fasi individua le composizioni di ferrimagnetico o ferromagnetico che lari della superficie e della microstruttu-
equilibrio delle fasi rispettive alla tempe- possiede un grande campo coercitivo e ra ad elevato ingrandimento.
ratura in questione. grandi valori di rimanenza, normalmente Microscopio elettronico a trasmissione
Livello di accettazione. Per un semi- usato come magnete permanente. (TEM Transmission electron micro-
conduttore o un isolante, è il livello di Vlateriale magnetico tenero. Materiale scope). Microscopio che produce imma-
energia situato entro ed ali 'inizio della ferrimagnetico o ferromagnetico che ha gini utilizzando un fascio di elettroni che
banda di separazione energetica, che un ciclo di isteresi con piccolo B rispetto vengono trasmessi, passano attraverso il
836 • Glossario

campione. È possibile l'esame delle par- Molarità (M). La concentrazione di una Numeri quantici. Insieme di quattro
ticolarità interne del materiale ad elevato soluzione liquida, in termini di numero numeri, i cui valori designano gli stati
ingrandimento. di moli di un soluto disciolte in 106 mm' elettronici possibili. Tre dei numeri
Microscopio a sonda di scansione (10 3 cm') di soluzione. quantici sono interi, che specificano
(SPM). Microscopio che produce Mole. La quantità di una sostanza corri- anche la dimensione, la configurazione,
immagini non con radiazioni luminose, spondente a 6.023 x 102' atomi o mole- e l'orientazione spaziale di una probabile
ma con una sonda molto piccola e cole. densità elettronica; il quarto numero
appuntita che spazzola la superficie del Molecola. Un gruppo dì atomi che sono indica l'orientazione di spin.
campione; vengono così monitorate le legati insieme da legami interatomici pri-
deflessioni fuori dal piano superficiale man.
in risposta ad interazioni elettroniche o Molecola polare. Molecola con un o
altre con la sonda, in base alle quali momento dipolare permanente dovuto Omopolimeri. Polimeri che hanno la
viene prodotta una mappa topogrnfic~ al la distribuzione asimmetrica delle struttura delle catene formate dallo ste.s-
della superficie del campione (su scala regioni di carica positiva e negativa. so monomero.
nanometrica). Monocristallo. Solido cristallino in cui Opaco. Un materiale che non trasmette
Microstruttura. Gli aspetti strutturali di la disposizione atomica periodica e ripe- la luce a causa dell'assorbimento, della
una lega (ad es. la struttura delle fasi e titiva si estende ali 'intero solido senza riflessione e/o della diffusione della luce
dei grani) osservabili al microscopio. alcuna interruzione. incidente.
Mobilità (elettrone, µ,, e lacuna, ,uh). Monomero. Gruppo di atomi che costi- Ossidazione. La rimozione di uno o più
La costante di proporzionalità fra la tuisce l'unità ripetitiva nella catena poli- elettroni da un atomo, ione o molecola.
velocità del drift portatore ed il campo merica. Ottone. Una lega rame-zinco, ricca in
elettrico applicato; anche una misura Monomero trifunzionale. Si intende rame.
della facilità di movimento del portatore una unità monomerica con tre posizioni
di carica. di legame attive.
Modello a catena ripiegata. Per i poli- MOSFET. (Metal oxide semiconductor p
meri cristallini, modello che descrive la field e.ffect transistor). Elemento di un Pannelli sandwich. Un tipo di composi-
struttura di cristalliti laminari. circuito integrato costituito da un transi- to strutturale formato da due lamine rigi-
L'allineamento delle molecole è accom- stor semiconduttore metallo-ossido ad de e resistenti separate da un'anima di
pagnato dal ripiegamento delle catene effetto di campo. materiale leggero.
che si verifica sulla faccia del cristallita. Paramagnetismo. Una forma di magne-
Modello atomico di Bohr. Un semplice tismo relativamente debole che risulta
modello atomico in cui si assume che gli N dall'allineamento indipendente di dipoli
elettroni ruotino intorno al nucleo in Noncristallino. Lo stato solido dove non atomici (magnetici) con un campo
orbitali discreti. c'è ordine nel1a disposizione degli atomi. magnetico applicato.
Modello della meccanica ondulatoria. Spesso come sinonimi vengono usati i Parametri reticolari. La combinazione
Modello atomico in cui gli elettroni sono termini ammfo e vetroso. delle lunghezze dei lati e degli angoli fra
trattati come onde elettromagnetiche. Normalizzazione. Per le leghe ferrose, gli assi della cella unitaria in modo da
Modulo di elasticità (E). Il rapporto una austenìtìzzazione sopra la tempera- definire la geometria della cella.
sforzo allungamento quando la deforma- tura critica, quindi raffreddamento in Passi,ità. La perdita di reattività chimi-
zione è totalmente elastica; anche una aria. L'obiettivo di questo trattamento ca, in particolari condizioni ambientali,
misura della rigidità di un materiale. termico è di migliorare la tenacità da parte di metalli e leghe attive.
Modulo di Young. Vedi Modulo elasti- mediante affinazione della dimensione Percento atomico (at % ). Espressione
co. del grano. della concentrazione come numero di
Modulo di rilassamento LE,lt)]. Per i Nucleazione. Lo stadio iniziale di una moli (o atomi) di un particolare elemento
polimeri viscoelastici, il modulo di ela- trasformazione di fase. Viene evidenzia- rispetto al numero totale di moli (o di
stìci tà dipendente dal tempo. Viene to dalla formazione di piccole particelle atomi) di tutti gli elementi costituenti
determinato da misure dì rilascio del1o (nuclei) della nuova fase, che sono in una lega.
sforzo, come rapporto fra la sollecitazio- grado di crescere. Percento in peso (p % ). Espressione
ne (presa dopo un certo tempo, dall'ap- Numero atomico (Z). Per un elemento della concentrazione come peso (o
plicazione del carico, di norma IO s) e la chimico, il numero di protoni all'interno massa) di un particolare elemento rispet-
deformazione. del nucleo atomico. to al peso (o massa) totale della lega.
Modulo specifico (elasticità specifica). Numero di coordinazione. Il numero di Perlite. Microstruttura bifasica che si
Rapporto fra modulo elastico e peso spe- atomi o ioni più vicini in contatto fra trova negli acciai e nelle ghise; si ottiene
cifico di un materiale. loro. per trasformazione dell 'austenite di
Glossario 837

composizione eutettoide ed è formata da Polarizza,:ione (elettronica). Per un vengono unite insieme in vari punti da
lamine (o lamelle) alternate di ferrite e atomo, lo spostamento, indotto da un legami covalenti.
di cementite. campo elettrico, del centro della nube Polimeri lineari. Polimeri con le mole-
Perlite fine. Una perlite con le lamelle di elettronica caricata negativamente, in cole formate da monomeri bifunzionali
ferrite e di cementite abbastanza sottili. relazione alla sua posizione nel nucleo. uniti alle loro estremità per formare una
Perlite grossolana. Una perlite con le Polarizzazione (ionica). Polarizzazione singola catena.
lamelle di ferrite e di cementite relativa- che risulta dallo spostamento in direzio- Polimeri tridimensionali. Polimeri for-
mente spesse. ne opposta degli anioni e dei cationi. mati da unità monomeriche trifunzionali
Permeabilità (magnetica, ,u). Costante Polarizzazione (orientazione). Polariz- che formano molecole tridimensionali.
di proporzionalità fra i campi B ed H. Il zazione che risulta dall'allineamento Polimerizzazione di addizione (o rea-
valore della permeabilità nel vuoto (I-lo)è (per rotazione) di momenti di dipoli elet- zione catena). 11processo per cui unità
pari a 1.257 x 10--0H/m. trici pennanenti con un campo elettrico di monomeri bifunzionali si collegano,
Permeabilità magnetica relativa (,11). applicato. contemporaneamente, gli uni agli altri, in
Rapporto fra la permeabilità magnetica Polarizzazione di attivazione. La con- modo da fonnare macromolecole lineari.
di un mezzo e quella del vuoto. dizione in cui la velocità di una reazione Polimerizzazione di condensazìone (o
Permittività (E). Costante di proporzio- elettrochimica viene controllata dalla reazione a fasi). Formazione di moleco-
nalità tra l'induzione dielettrica D ed il fase più lenta in una sequenza di fasi che le polimeriche mediante reazione fra
campo elettrico '!J.Il valore della permit- si verificano in serie. almeno due specie di monomeri, con la
tività E 0 per il vuoto è pari a 8.85 x 10-12 Polarizzazione di concentrazione. produzione, in genere, di un sottoprodot-
F/m. Condizione per cui la velocità di una to a basso peso molecolare, come l'ac-
Peso atomico (A). La media pesata delle reazione elettrochimica viene limitata qua.
masse atomiche di un atomo compren- dalla velocità di diffusione nella solu- Polimero. Composto solido non metalli-
dendo gli isotopi. Può venire espresso zione. co (normalmente organico) di alto peso
come unità di massa atomica (amu) (su Polarizzazione diretta. La polarizzazio- molecolare la cui struttura è costituita
base atomica), o di massa per mole di ne conduttrice per un raddrizzatore a dalla ripetizione di piccole unità (o
atomi. giunzione p-n tale che il flusso di elettro- monomeri).
Peso molecolare. Somma dei pesi ato- ni è nel lato n della giunzione. Polimero ramificato. Polimero caratte-
mici di tutti gli atomi di una molecola. Polarizzazione inversa. La polarizza- rizzato da una struttura molecolare in cui
Piezoelettrico. Materiale dielettrico che zione isolante per un raddrizzatore a sono presenti catene secondarie che si
viene polarizzato per azione di una forza giunzione p-n; flusso di elettroni nel lato dipartono dalle catene principali prima-
esterna. p della giunzione. rie.
Pitting (vaiolatura). Forma di corrosio- Policristallino. Si intende un materiale Polimorfismo. Capacità di un materiale
ne molto localizzata in cui si formano cristallino formato da più di un cristallo solido ad esistere in più forme cristalline.
piccoli pìt o fori, in genere in direzione o grano. Porcellana bianca. Prodotto ceramico
normale alla superficie. Polietilene a peso molecolare ultraele- argilloso che diventa bianco dopo cottu-
Plastica. Un materiale solido in cui il vato (UHMWPE). Un polietilene che ha ra ad elevata temperatura; le porcellane
costituente fondamentale è un polimero un peso molecolare estremamente eleva- bianche comprendono le porcellane, le
organico ad alto peso molecolare; può to (approssimativamente 4 x 106 g/mol). ceramiche e le apparecchiature sanitarie.
anche contenere additivi come riempitivi Le caratteristiche che lo contraddistin- Posizione ottaed.-ica. Lo spazio vuoto
o cariche (filler), plasticizzanti, ritardan- guono sono l'elevata resistenza all'im- tra le sfere compattate di atomi o ioni,
ti di fiamma e simili. patto ed all'abrasione, ed il basso coeffi- per cui vi sono sei sfere adiacenti tangen-
Plasticizzante. Un additivo polimerico a ciente di attrito. ti. Unendo con delle linee i centri delle
basso peso molecolare che fa aumentare Polimeri a cristalli liquidi (LCP). Un sfere adiacenti, viene ottenuto un ottae-
la flessibilità e la lavorabilità e riduce la gruppo di materiali polimerici aventi dro (doppia piramide).
rigidità e la fragilità. molecole estese ed a forma di barra che, Posizione tetraedrica. Lo spazio vuoto
Polarizzazione (P). Il momento dipolare strutturalmente, non rientrano nelle clas- tra le sfere compattate di atomi o ioni per
elettrico totale per unità di volume di sificazioni dei liquidi, degli amorfi, dei cui vi sono quattro sfere adiacenti tan-
materiale dielettrico. Anche, una misura cristalli o dei semicristalli tradizionali. genti.
del contributo all'induzione dielettrica Vengono usati nei display digitali che Prepreg. Rinforzo di fibre continue
totale da parte di un materiale dielettrico. hanno numerose applicazioni nell 'indu- preimpregnato con una resina polimerica
Polarizzazione (corrosione). Lo scosta- stria elettronica e delle apparecchiature parzialmente curata.
mento dal suo valore di equilibrio del medicali. Principio dell'azione combinata. La
potenziale dì elettrodo a seguito di un Polimeri a legami incrociati. Polimeri supposizione, spesso valida, che nuove
flusso di corrente. in cui catene molecolari lineari adiacenti proprietà, migliori proprietà, migliori
838 • Glossario

combinazioni di proprietà e/o un più alto Punto di lavorazione (vetro). Tempe- Refrattario. Metallo o ceramico che
livello di proprietà possa essere ottenuto ratura alla quale il vetro è facilmente possono essere portati a temperature
dalla razionale combinazione di due o deformato, che corrisponde ad una estremamente elevate senza subire fusio-
più materiali distinti. viscosità di 103 Pa-s (l0 4 P). ne o rapido deterioramento.
Principio di esclusione di Pauli. Il Punto di rammollimento (vetro). Regola della leva. Espressione matema-
postulato che in un atomo possono occu- Temperatura massima alla quale si può tica, come le equazioni 9.lb o 9.2b, con
pare lo stesso stato al massimo due elet- maneggiare il vetro senza causare defor- cui, per una lega bifasica, è possibile cal-
troni, che necessariamente hanno spin mazioni permanenti; a questa temperatu- colare le quantità relative delle fasi all'e-
opposto. ra la viscosità è di circa 4 x 106 Pa-s (4 x quilibrio.
Prodotti argillosi strutturali. Prodotti 107 P). Regola delle fasi di Gibbs. Per un siste-
ceramici costituiti essenzialmente di Punto di ricottura (vetro). Temperatura ma in equilibrio, una equazione (equa-
argilla e usati in applicazioni dove è alla quale le tensioni residue in un vetro zione 9 .16) che esprime la relazione tra il
importante l'integrità strutturale ( es. vengono eliminate in meno di 15 min; a numero delle fasi presenti ed il numero
mattoni, mattonelle, tubi). questa temperatura la viscosità del vetro delle variabili controllabili dall 'estemo.
Profilo di concentrazione. Diagramma è di circa 1012 Pa-s (10 11 P). Regola delle miscele. Le proprietà di
che indica la variazione di concentrazio- Punto invariante. Un punto, su un dia- una lega multifase o di un materiale
ne di una specie chimica in funzione gramma di fase binario, in cui sono in composito sono formate dalla media
della posizione nel materiale. equilibrio tre fasi. pesata (in genere rispetto ai volumi)
Proprietà. Un aspetto del comportamen- delle proprietà dei singoli costituenti.
to di un materiale espresso come misura Re~ola di Matthiessen. La resistività
della risposta ad un determinato stimolo R elettrica totale di un metallo è eguale alla
esterno. Rapporto di Poisson (v). Per la defor- somma dei contributi dovuti alla tempe-
Protezione catodica. Un modo di preve- mazione elastica, il rapporto di segno ratura, alle impurezze ed all'incrudimen-
nire la corrosione, in cui vengono fomiti negativo delle deformazioni trasversali to.
elettroni alla struttura che deve essere ed assiali che risultano da uno sforzo Resilienza. Capacità di un materiale di
protetta, mediante una sorgente esterna, assiale applicato. assorbire energia quando viene deforma-
come ad esempio un altro metallo più Rapporto Pilling-Bedworth (rapporto to elasticamente.
reattivo o una f.e.m. imposta. P-B). Il rapporto fra i volumi di ossido e Resistenza a fatica. Il massimo livello
Prova Charpy. Una delle due prove di metallo ricoperto; viene usato per pre- di sforzo che un materiale può sopporta-
(vedi anche prova Izod) che può venire dire se la scaglia che si forma è in grado re, senza rompersi, per un determinato
usata per misurare l'energia di impatto o o meno di proteggere il meta11o da ulte- numero di cicli.
resilienza di una provetta intagliata stan- riore ossidazione. Resistenza a flessione ( a1 ). Carico di
dard. La provetta viene fratturata con un Reazione eutettica. Reazione per cui, rottura per una prova di flessione.
impulso dinamico impartito da un mar- per raffreddamento, una fase liquida si Resistenza a trazione (RT). Il massimo
tello pendolo. trasforma in modo isotermo e reversibile sforzo nominale di trazione, che può
Prova Izod. Una delle due prove (vedi in due fasi solide intimamente miscelate. essere sostenuto prima della frattura.
anche Prova Charpy) che può essere Reazione eutettoide. Reazione per cui, Spesso denominato carico ultimo a rot-
usata per misurare l'energia di impatto di per raffreddamento, una fase solida si tura (a trazione).
una provetta intagliata standard. La pro- trasforma in modo isotermo e reversibile Resistenza di scarica del dielettrico.
vetta viene fratturata con un impulso in due nuove fasi solide intimamente L'ampiezza del campo elettrico necessa-
dinamico impartito da un martello pen- miscelate fra loro. rio a causare un significativo passaggio
dolo. Reazione peritettica. Reazione per cui, di corrente attraverso un dielettrico.
Prova Jominy. Prova di laboratorio per raffreddamento, un solido ed una Resistenza specifica. Rapporto fra resi-
standardizzata che viene usata per valu- fase liquida danno origine in modo iso- stenza a trazione e peso specifico di un
tare la temprabilità delle leghe ferrose. termo e reversibile ad una nuova fase materiale.
Punto di deformazione (vetro). solida di differente composizione. Resistività (p). Il reciproco della con-
Temperatura al di sotto della quale il Reco~·ery. Eliminazione, in genere per duttività elettrica, ed anche una misura
vetro si frattura senza deformazione pla- trattamento termico, di parte dell'energia della resistenza che offre un materiale al
stica; a questa temperatura la viscosità è di deformazione interna di un metallo in passaggio della corrente elettrica.
di circa 3 x I 0 13 Pa-s precedenza incrudito. Reticolo. La disposizione geometrica
(3 X l0 14 P). Recupero elastico. Deformazione non regolare dei punti nello spazio di un cri-
Punto di fusione (vetro). La temperatu- permanente che viene recuperata o rigua- stallo.
ra a cui la viscosità di un vetro diviene I O dagnata al momento del rilascio di uno Ricottura. Termine generico usato per
Pa-s (100 P). sforzo meccanico. indicare un trattamento termico che
Glossario • 839

modifica la microstruttura e, di conse- s minanti responsabili della conduzione


guenza, le proprietà di un materiale. La Saldatura. Tecnica di giunzione dei elettrica sono gli elettroni. In genere,
"ricottura" si attribuisce spesso ad un metalli in cui si verifica la parziale fusio- atomi di impurezza donatori aumentano
trattamento termico per cui un metallo, ne dei lembi da saldare in corrisponden- gli elettroni in eccesso.
incrudito in precedenza per defonnazio- za del giunto. Si può usare un metallo di Semiconduttore di tipo p. Un semicon-
ne a freddo, diventa duttile a seguito apporto per facilitare il processo. duttore per cui i portatori di carica predo-
della ricristallizzazione. Saldohrasatura Tecnica di giunzione minanti responsabili della conduzione
Ricottura completa. Per le leghe ferro- dei metalli che impiega come metallo di elettrica sono le lacune. In genere, atomi
se, una austenitizzazione, seguita da apporto una lega con punto di fusione di impurezza donatori aumentano le
lento raffreddamento fino alla tempera- inferiore a 425°C. Comuni leghe saldan- lacune in eccesso.
tura ambiente. ti sono le piombo-stagno. Serie delle forze elettromotrici (fem).
Ricottura intermt!dia. Ricottura di Saturo. Un rennine che indica un atomo Classificazione di elementi metallici
manufatti lavorati in precedenza a freddo di carbonio legato con un solo singolo secondo i loro potenziali elettrochimici
(in genere lamiere o tondi di acciaio) al legarne covalente con altri quattro atomi. standard.
di sotto della temperatura critica più Schiuma. Un polimero realizzato in Serie galvanica. Classificazione di
bassa (eutettoide}. forma porosa (o spugnosa) incorporando metalli e leghe in base alla loro relativa
Ricristalli nazione. Formazione di bo Ile di gas. reattività elettrochimica in acqua di
nuovi grani cristallini senza tensioni Scissione. Processo di degrado dei poli- mare.
interne in un materiale precedentemente meri che porta alla rottura dei legami Sferoidite. Microstruttura di un acciaio
lavorato a freddo; di nonna è necessario della catena molecolare, o per reazione formata da particelle sferule di cementite
un trattamento termico di ricottura. chimica o per esposizione alle radiazioni in una matrice di ferrite a. Si ottiene sot-
Riduzione. L'aggiunta di uno o più elet- o al calore. toponendo ad appropriato trattamento
troni ad un atomo, ione, o molecola. Scorrimento. Deformazione plastica tennico ad elevata temperatura la perlite,
Riempitivo (filler). Una sostanza estra- dovuta al movimento di dislocazioni; la bainite, o la martensite, ed è relativa-
nea inerte aggiunta ad un polimero per anche lo scorrimento di taglio di due mente tenera.
migliorare o modificare le sue proprietà. piani di atomi adiacenti. Sferoidizzazione. Trattamento termico
Riflessione. Deviazione di un raggio di Scorrimento a caldo (creepl. Defor- condotto sugli acciai, a temperatura
luce all'interfaccia tra due mezzi. mazione permanente dipendente dal appena inferiore all'eutettoide, per otte-
Rifrazione. Deviazione di un raggio di tempo che si verifica sotto sforzo; per la nere la microstruttura della sferoidite.
luce nel passare da un mezzo ad un altro; maggior parte dei materiali diventa Sferulite. Aggregato di cristalliti di
la velocità della luce è nei due mezzi importante solo ad alta temperatura. polimeri a forma di nastro che si irradia-
diversa. Semicella standard. Una cella elettro- no nello spazio a partire da un unico
Rimanenza I induzione rimanente B,. ). chimica formata da un metallo puro im- centro e che vengono separate da regio-
La densità di flusso residua che rimane merso in una soluzione acquosa I M dei ni amorfe.
in un materiale ferromagnetico o ferri- suoi ioni, che è accoppiata elettricamente Sforzo di progetto ( e~,). Il prodotto del
magnetico, dopo che viene a cessare il ad un elettrodo standard a idrogeno. livello di sforzo calcolato (sulla base del
campo magnetico. Semiconduttore. Materiale non metalli- carico massimo considerato) ed un fatto-
Rinforzo con fìbre. Irrobustimento o co che ha una banda di valenza riempita re di progetto (che ha un valore maggio-
rafforzamento di un materiale relativa- a O K ed una energia di banda di separa- re di uno). Viene usato per cautelarsi da
mente debole mediante inglobamento, zione relativamente stretta. La condutti- cedimenti imprevisti.
entro la matrice debole, di una fase fibro- vità elettrica a temperatura ambiente Sforzo, nominale ( cri. Carico applicato
sa resistente. varia fra 10-6e 104 (Q-mt 1• istante per istante ad una provetta diviso
Rinforzo per dispersione. Metodo di Semiconduttore estrinseco. Un mate- per l'area della sezione trasversale misu-
rinforzo di un materiale per dispersione riale semiconduttore per il quale il com- rata prima di qualsiasi deformazione.
uniforme di particelle molto piccole (in portamento elettrico viene determinato Sforzo di taglio (r). Lo sforzo di taglio
· genere meno di 0.1 µm) di una fase dura dalle impurità. istantaneo applicato diviso l'area della
ed inerte in una fase matrice portante. Semiconduttore intrinseco. Un mate- sezione sulla quale è applicato.
Ritardante di fiamma. Un additivo riale semiconduttore per il quale il com- Sforzo di taglio indotto. Uno sforzo
aggiunto ad un polimero per migliorarne portamento elettrico è caratteristico del applicato di trazione o di compressione
la resistenza alla infiammabilità. materiale puro; cioè la conduttività elet- indotto in un componente di taglio lungo
Rottura. Cedimento accompagnato da trica dipende solo dalla temperatura e uno specifico piano e per una direzione
significativa deformazione plastica; dall'energia di lacuna di banda. entro questo piano.
spesso associata con il cedimento per Semiconduttore di tipo 11. Un semicon- Sforzo di taglio indotto critico (:r,i;..l-Lo
scorrimento a caldo. duttore per cui i portatori di carica predo- sforzo di taglio, indotto in un piano e per
840 • Glossario

una direzione di scorrimento, che viene interstiziali nel solvente ovvero fra gli tronica (su scala subatomica), struttura
richiesto per iniziare lo scorrimento. atomi ospitanti. cristallina (su scala atomica) e micro-
Sforzo reale (a,). Il carico istantaneo Soluzione solida terminale. Soluzione struttura (su scala microscopica).
applicato diviso la sezione trasversale solida che abbraccia un intervallo di Struttura cristallina. Per i materiali cri-
istantanea della provetta. composizione che si estende fino ad una stallini, il modo in cui atomi o ioni sono
Shock termico. La frattura di un mate- estremità di un diagramma di fase bina- disposti nello spazio. Viene definita in _
riale fragile a seguito di tensioni indotte rio. base alla geometria della cella elementa-
da una rapida variazione di temperatura. Solvente. Il componente di una soluzio- re ed alla disposizione degli atomi entro
Sindiotattico. Un tipo di configurazione ne presente in maggiore quantità. È il tale cella.
di catena polimerica in cui i gruppi late- componente che discioglie il soluto. Struttura difettata. Espressione che si
rali alternano regolarmente le posizioni Sottoraffreddamento. Raffreddamento riferisce ai tipi ed alla concentrazione di
su lati opposti della catena. al di sotto della temperatura di transizio- vacanze e di interstiziali in un composto
Sinterizzazione. Coalescenza di parti- ne di fase senza che si verifichi la tra- ceramico.
celle, mediante diffusione, di un aggre- sfonnazione. Struttura eutettica. Una microstruttur~
gato di polveri portato ad elevata tempe- Sovrainvecchiamento. Invecchiamento a due fasi che si ottiene dalla solidifica-
ratura. che, durante l'indurimento per precipita- zione di un liquido che ha la composizio-
Sistema. Può avere due significati: ( l) zione, supera il punto a cui durezza e ne eutettica; le fasi si trovano in fonna di
una determinata parte di materiale che resistenza hanno raggiunto il loro massi- lamelle alternate le une alle altre.
viene conside,rata e (2) una serie di leghe mo valore. Struttura molecolare (polimeri).
possibili formate con gli stessi compo- Sovrariscaldamento. Riscaldamento al Disposizione degli atomi ali 'interno
nenti. di sopra della temperatura di transizione delle molecole polimeriche e fra le une e
Sistema cristallino. Classificazione di fase senza che si verifichi la trasfor- le altre.
schematica delle strutture cristalline in mazione. Superconduttività. Fenomeno che si
base alla geometria della cella elementa- Stabilizzante. Additivo dei polimeri che osserva in taluni materiali: la scomparsa
re. Tale geometria viene definita in base contrasta i processi di deterioramento. della resistenza elettrica a temperature
alle relazioni fra le lunghezze degli spi- Stampaggio (plastici). Fonnatura di un prossime a O K.
goli e gli angoli fra gli assi. Esistono materiale plastico comprimendolo sotto Suscettibilità magnetica (X"'). La
sette differenti sistemi cristallini. pressione ed a temperatura elevata nella costante di proporzionalità tra l'intensità
Sistema di scorrimento. Combinazione cavità di uno stampo. di magnetizzazione M e l'intensità del
di un piano cristallografico e di una dire- Stato eccitato. Stato elettronico di ener- campo magnetico H.
zione cristallografica, interna a questo gia, non occupato in condizioni normali,
piano. lungo la quale avviene lo scorri- a cui un elettrone può essere promosso
mento (cioè il movimento di disloca- (da uno stato energetico più basso) T
zione). mediante assunzione di energia (es. per Taglio. Una forza applicata in modo che
Snervamento. L'inizio della deforma- effetto di calore, radiazioni). causi o tenda a causare che due parti
zione plastica. Stato elettronico (livello). Uno di una adiacenti dello stesso corpo scivolino in
Soluto. Un componente o elemento dì serie di energie quantizzate, discrete che modo relativo l'uno rispetto ali' altro, in
una soluzione presente in minor concen- sono consentite per gli elettroni. Nel direzione parallela al loro piano di con-
trazione. Si discioglie nel solvente. l:aso <liun atomo ciascuno stato è defini- tatto.
Soluzione solida. Fase cristallina omo- to da quattro numeri quantici. Tavola periodica. Distribuzione degli
genea che contiene due o più specie chi- Stato fondamentale. Uno stato di ener- elementi chimici col crescere del numero
miche. Sono possibili soluzioni solide gia elettronica nonnalmente riempito, da atomico secondo la variazione periodica -
interstiziali e di sostituzione. cui si possono eccitare gli elettroni. della struttura elettronica. Gli elementi
Soluzione solida di sostituzione. Stechiometrico. Lo stato in cui, nei non metallici sono posizionati ali' estre-
Soluzione solida in cui gli atomi di solu- composti ionici, il rapporto fra cationi ed ma destra della tavola.
to rimpiazzano o sostituiscono gli atomi anioni è esattamente quello specificato Temperatura critica inferiore. Per un
ospitanti. nella formula chimica. acciaio, la temperatura al di sotto della
Soluzione solida intermedia. Una solu- Stereoisomeria. Isomeria dei polimeri quale, in condizioni di equilibrio, tutta
zione solida o fase che esiste in un inter- per cui i gruppi laterali di ogni monome- I' austenite viene trasformata in ferrite e
vallo di composizione che non si estende ro sono collegati lungo la catena moleco- cementite.
fino ai componenti puri del sistema. lare nello stesso ordine, ma con differen- Temperatura critica superiore. Per un
Soluzione ~ulida inte1·sti:i:iale. te disposizione spaziale. acciaio, la minima temperatura al di
Soluzione solida in cui atomi di soluto Struttura. Disposizione dei componenti sopra della quale. in condizioni di equili-
relativamente piccoli occupano posizioni ali' interno di un materiale; struttura elet- brio, è presente solo austenite.
Glossario • 841

Temperatura di Curie 11',). La tempe- (ovvero indurito) per reazione chimica, attivazione reagiscono spontaneamente,
ratura al di sopra della quale un materia- non rammollisce o fonde se riscaldato. ovvero si trasformano. La velocità di
le ferromagnetico o ferrimagnetico Termoplastico (polimero). Un materia- questo tipo di trasformazione dipende
diventa paramagnetico. le polimerico che rammo11isce quando dalla temperatura in accordo con l'equa-
Temperatura di ricristalliv:azione. Per viene scaldato ed indurisce una volta raf- zione 10.3.
una data lega, è la minima temperatura freddato. Il materiale, mentre si trova Trasformazione congruente,
che consente la completa ricristallizza- nello stato rammollito, può essere forma- Trasformazione da una fase all "altra
zione in circa un'ora. to per stampaggio o per estrusione. senza variazione di composizione.
Temperatura di transizione \etrosa Trafilatura (metalli). Tecnica di forma- Trasformazione di fase. Variazione del
(T..). La temperatura a cui, per raffredda- tura usata per fabbricare fili e tubi metal- numero e/o delle caratteristiche de1lefasi
mento, i ceramici o i polimeri non cri- lici. La deformazione si ottiene tirando il che costituiscono la microstruttura di una
stallini si trasformano da liquidi sottoraf- materiale attraverso una trafila con uno lega.
freddati a vetri rigidi. sforzo di trazione applicato sul lato ester- Traslucido. Che ha la proprietà di tra-
Tempra (vetro). Vedi Tempra no. smettere la luce solo in modo diffuso; gli
Termale. Trafilatura (polimeri). Tecnica di oggetti osservati attraverso un mezzo tra-
Temprabililà. Misura della profondità a deformazione plastica per rinforzare le slucido non sono distinguibili con chia-
cui una determinata lega ferrosa può fibre polimeriche mediante allungamen- rezza.
essere indurita mediante formazione, per to. Trasparente. Che ha la proprietà di tra-
tempra, di martensite, a partire da una Trans. Prefisso che indica un tipo di smettere la luce con assorbimento, rifles-
temperatura superiore a quella critica. strullura molecolare dei polimeri. sione c diffusione, relativamente bassi
Tempra termale (vetro). Aumento della All'interno di una unità monomerica, un per cui gli oggetti osservati attraverso un
resistenza di un vetro inducendo sulla singolo atomo o un gruppo laterale lega- mezzo trasparente sono facilmente
superficie esterna tensioni di compres- to al carbonio di una catena insatura, può distinguibili.
sione, con un appropriato trattamento essere situato su un lato della catena o Trattamento termico di precipitazio-
termico. sull'altro esattamente opposto in una ne. Trattamento termico utilizzato per
Tenacità. Una misura della quantità di posizione ruotata di 180°. In una struttu- precipitare una nuova fase da una solu-
energia assorbita dal materiale con la ra trans, due di tali gruppi laterali appar- zione solida sovrasatura. Nel caso del-
frattura. La tenacità è indicata dall'area tenenti allo stesso monomero giacciono l'indurimento per precipitazione è chia-
sottesa dalla curva trazione-allungamen- su lati opposti della catena. (es. trans- mato invecchiamento artificiale.
to di un materiale. isoprene). Trattamento termico di soluzione.
Tenacità alla frattura (K,.). Valore criti- Transistor a giunzione. Dispositivo Processo utilizzato per dissolvere parti-
co del fattore di intensificazione degli semiconduttore composto da giunzioni celle precipitate e formare una soluzione
sforzi per cui si verifica l'evoluzione di n-p-n o p-n-p polarizzate appropriata- solirla. Spesso. con un rapido raffredda-
una cricca. mente, usato per amplificare un segnale mento da elevata temperatura, si otten-
Tenacità alla frattura in deformazione elettrico. gono, a temperatura ambiente, soluzioni
piana (K1c). Valore critico del fattore di Transizione duttile-fragile. La transi- solide sovrasature e metastabili.
intensificazione degli sforzi (cioè quan- zione dal comportamento duttile a quello
do si ha la propagazione della cricca) per fragile al diminuire della temperatura
le condizioni di deformazione piana. mostrato dalle leghe ccc; l'intervallo di u
Tensione residua. Tensione che perma- temperatura entro cui si manifesta la Unità di massa atomica (urna). Unità di
ne ali' interno di un materiale anche in transizione viene determinata mediante misura della massa atomica, pari ad un
assenza di forze esterne o gradienti ter- prove di impatto Charpy e Izod. dodicesimo della massa di un atomo di
mici. Trasformazione atermica. Trasfor- c12_
Tensioni termiche. Tensioni residue mazione che non viene attivata dalla
indotte in un corpo a seguito di una temperatura, ed in genere è senza diffu-
variazione di temperatura. sione. come le trasformazioni martensiti- V
Tensocorrosione (rottura per). Forma che. Di norma la trasformazione è molto Vacanza. Una posizione del reticolo nor-
di cedimento dovuta all'azione combina- veloce (e quindi non dipende dal tempo), malmente occupata che viene lasciata
ta d1una so1lecitazione di trazione e di un e la completezza de11areazione dipende libera da un atomo o uno ione.
ambiente corrosivo; si verifica a livelli di dalla temperatura. Velocità di penetrazione della corro-
sollecitazione inferiori a quelli richiesti Trasformazione attivata termicamen- sione (VPC). Perdita di spessore di
in assenza di ambiente corrosivo. te. Reazione che dipende dalla fluttua- materiale per unità di tempo dovuta alla
Termoindurente (polimero). Un mate- zium: termica degli atomi; gli atomi che corrosione; viene espressa, in genere, in
riale polimerico che, una volta curato hanno energia maggiore dell'energia di millimetri per anno.
842 • Glossario

Velocità di trasformazione. li reciproco dislocazione. una specificata sollecitazione.


del tempo necessario per una reazione a Vibrazione atomica. Vibrazione di un Vulcanizzazione. Reazione chimica
procedere a metà della sua completezza. atomo intorno alla sua posizione norma- irreversibile che con lo zolfo o altre
Vetrificazione. Processo per cui nel le all'interno di una sostanza. sostanze idonee forma legami incrociati
corso della cottura di un materiale cera- Viscoelasticità. Tipo di deformazione tra le catene molecolari delle gomme. In
mico, si forma una fase liquida che per che mostra caratteristiche meccaniche di tal modo si aumenta la resistenza.ed il
raffreddamento dà luogo ad una matrice flusso viscoso e deformazione elastica. modulo di elasticità delle gomme.
vetrosa. Viscosità ( rJ). Rapporto fra l'intensità di
Vetro-ceramico. Materiale ceramico uno sforzo di taglio applicato ed il gra- w
cristallino a grano fine, ottenuto come diente di velocità che produce; cioè, una Whisker. Un monocristallo molto sotti-
vetro e successivamente devetrificato misura della resistenza di un materiale le, di elevata perfezione che ha un rap-
(ovvero cristallizzato). non cristallino alla deformazione perma- porto lunghezza-diametro estremamente
Vettore di Burger (hl. Un vettore che nente. grande. I whisker sono usati come fase di
indica l'ampiezza e la direzione della Vita a fatica (i\). Il numero totale di rinforzo in taluni compositi.
distorsione del reticolo associata con una cicli che provocano la rottura a fatica ad
Capitolo 2 3.44 (100): DP = 0.79
2.3 (a) 1.66 X 10- 24 g/amu; 3.45 (110): DP = 0.83
(b) 2.73 X 1026 atomi/mo] 3.51 2 8 = 81.38°
2.13 3.52 d 110 = 0.2862 nm

- (~) 1/(1-n)
3.54 (a) d 3 2 1 = 0.1523 nm; (b) R = 0.2468 nm
ro - 3.56 d 110 = 0.2015 nm; a = 0.285 nm
nB

E=- A + B Capitolo 4
O (~ y/(1-n) (:Sr/(1-n) 4.1 N 0 /N = 2.41 X 10- 5
4.3 Qv =
1.10 eV/ atomo
2.14 (e) , 0 = 0.279 nm; E 0 = -4.57 eV 4.5 Per cfc, r = 0.41 R
2.19 63.2% per Ti0 2; 1.0% per InSb 4.8 CPb = 10.0% in peso; Csn = 90.0% in peso
4.10 Csn = 72.5% atomico; Crb = 27.~ atomico
Capuolo 3 4.12 e Fe= 94.2% atomico; es; = 5.8% atomico
3.3 V e = 6.62 X 10- 29 m 3
4.14 6.02 X 1028 atomi/m 3
3.9 R = 0.136 nm
4.18 N Au = 3.36 X 1021 atomi/cm 3
3.12 (a) Ve = 1.40 X 10- 2s m3;
4.22 CNi; = 35.2% in peso
(b) a = 0.323 nm,
e = 0.515 nm
a
3.15 Metallo B: cubico facce centrate 4.25 (a) cfc: b = 2 [110];
3.17 (a) n = 8.0; (b) p = 4.96 Mg/m 3
(b) Al: lb\= 0.2862 nm
3.20 V e = 8.63 X 10- 2 nm 3
4.30 d = 0.07 mm
3.27 (a) Direzione 1: [012]; (b) Piano 1: (020)
4.32 (a) N = 8
3.29 Direzione A: [OH]; Direzione C: [112]
4.D1 CL; = 1.537% in pt:su
3.30 Direzione B: [232]; Direzione D: [136]
3.31 (b) [110], [110] e [110) Capi.tolo 5
3.33 Piano B: (II2) o (112) 5.6 M = 2.6 X 10- 3 kg/h
3.34 Piano A: (322) 5.8 D = 3.9 x 10-11 m2 /s
3.35 Piano B: (221) 5.11 t = 19.7 h
3.37 (a) (1100) 5.15 t = 40 h
3.40 (a) (100) e (010) 5.18 T = 1152 K (879°C)
3.41 (e) [010] 5.21 (a) Q d = 252.4 kJ/mol, D0 = 2.2 X 10- 5
3.42 [100]: DL = 0.71 m 2 /s
3.43 [111]: DL = 1.0 (b) D = 5.3 X 10- 15 m 2 /s

843
844 • Risposte ai problemi

5.24 T = 1044 K (771 °C) 6.54 Figura 6.12: aw = 125 MPa


5.29 x = 1.6 mm 6.D2 (a) t:.x = 2.5 mm: (b) a = 10 MPa
5.D1 Impossibile
Capitolo 7
Capitolo 6 7.10 cos A cos <P= 0.408
6.4 /0 = 250 mm 7.12 (b) -r,,;,= 0.80 MPa
6.7 (a) F = 89400 N 7.13 -r,,,, = 0.45 MPa
(b) ( = 115.28 mm 7.20 d = 1.48 x 10- 2 mm
6.9 t:.l = 0.10 mm 7.21 d = 6.9 X 10- 3 mm
6.12 7.25 rd = 8.25 mm
7.27 r 0 = 10.6 mm
(!~\,= (~r(l-n)
+ + 2A
(~Yn+2)1(1-n)
(nB)(n 1)
7.29 -r,,i<= 20.2 MPa
7.35 (b) t = 150 min
7.36 (b) d = 0.085 mm
6.14 (a) t:./ = 0.50 mm
7.D1 Possibile
(b) 6.d = -1.62 X 10- 2 mm;
diminuisce 7.06 Lavorazione a freddo tra 21 e 23 LF% [a d~
= 12.8 mm), ricottura, quindi lavorazione a
6.15 F = 16250 N freddo fino al diametro finale di 11.3 mm.
6.16 V= 0.280
6.18 E= 170.5 GPa
6.21 (a) M = 0.10 mm Capitolo 8
(b) !l.d = -3.6 X 10- 3 mm
8.3 = 2404 MPa
(J' m

8.6 O"c = 16.2 MPa


6.24 Acciaio 8.8 (a) O"x = 171 MPa , U:v= 247
MPa
6.27 (a) Sia elastico che plastico
(d) a_, = 41.7 MPa,, ay = 126
(b) tl/ = 4.0 mm
MPa
6.29 (b) E = 62 GPa
8.10 (a) <Tm = 170 MPa
(e) o, = 285 MPa
8.11 (a) <Jm = 120 MPa
(d) TS = 370 MPa
8.13 Alluminio 2024-T3: B ~ 40.6 mm;
(e) A%= 16% Acciaio 4340 (rinvenuto a 260°C):
(f) U, = 0.66 X 106 J /m 2 Bèè'. 2.3mm.
6.32 Figura 6.12: V, = 3.32 X 105 J/m 3 8.15 Non si ha frattura.
8.17 a= 24 mm
6.34 a, = 381 MPa 8.19 Non si può individuare in quanto a < 4.0 mm
6.39 ET = 0.237 8.22 (b) -105°C; (e) -95°C
6.41 uT = 440 MPa 8.25 (a) crmax = 275 MPa , amin =
6.43 Tenacità= 3.65 X 109 J/m 3 -175 MPa
6.45 n = 0.134 (b) R = -0.64; (e) a-, = 450 MPa
6.47 (a) E(elastico) = 0.0027; e. (plastico)= 0.0023 8.27 N1 = 1 X 105 cicli
(b) I; = 461.1 mm 8.29 (b) S = 250 MPa; (e) Nr = 2.2 X 106 cicli
6.49 (a) 125 HB (70 HRB) 8.30 (a) T = 130 MPa; (e) T = 195 MPa
Risposte ai problemi • 845

8.32 (a) t = 120 min; (e) t = 220 h 9.34 C 0 = 82.4% in peso Sn-17 .6% in peso Pb
8.42 !J.e./!J.t= 7.0 X 10- 3 min·· 1 600,C 500°C
8.43 /J./ = 7.1 mm
8.45 t, = 36000 h
8.47 427°C: n = 5.1
8.48 (a) Qc = 186200 J/mol
8.50 És = 0.118 (ht 1

8.D1 K1c = 67.9 MPaVm


8.D3 W ~ 4.4 mm L (85% in peso Pb) L (88% in peso Pb)

8.07 Umax = 178 MPa


270°C fj ( ·-100% in peso Pb) 2 0CJ"C
8.D9 ac = 6.4 mm
8.D14 T = 991 K (718°C)
8.D16 Per 5 anni: a = 260 MPa

Capitow 9
9.5 (a) e. + T/; C, = 87% in pesu Zn-13% in peso Cu,
C,, = 97% in peso Zn-3% in peso Cu;
(e) Liquido; CL = 55% in peso Ag-45% in peso Cu; Mg2Pb (81% in peso Pb) Mg2Pb (81% in peso Pb)
(e) f3 + y; C13 = 49% in peso Zn-51 % in peso Cu;
Cy = 57% in peso Zn-43% in peso Cu;
9.41 Eutettici: (1) 12% in peso Nd, 632°C,
(g) a; C0 = 63.8% in peso Ni-36.2% in peso Cu
L- Al +AlnNd3;
9.7 (a) W, = 0.70, W,, = 0.30;
(2) 97% in peso Nd, 635°C, L - AlNd 3 + Nd;
(e) WL = 1.0; Punto di fusione congruente: 73% in peso Nd
(e) W13 = O.SO,W.r = 0.50; 1460°C, L - Al2Nd
(g) Wa = I.O Peritettici: (1) 59% in peso Nd, 1235°C, L +
9.9 (a) V, = 0.70, V,, = 0.30 A!iNd - Al11Nd3;
9.11 (a) T = 300°C (2) 84% in peso Nd, 940°C L + AhNd -
AINd;
9.12 (a) ms = 5022 g;
(b) CL = 64 % in peso zucchero;
(3) 91 % in peso Nd, 795°C, L + AlNd -
A1Nd 2 ;
(e) m. = 2355 g
(4) 94% in peso Nd, 675°C, L + A1Nd 2 -
9,.13 (a) La pressione deve essere portata a AINd3
circa 570 bar Non sono presenti eutettoidi.
9.18 Possibile 9.44 Per il punto B, F =2
9.21 (a) T = SS0°C 9.51 C0 = 0.42% in peso C
(b) Ca = 22% in peso Pb-78% in peso Mg; 9.54 (a) Ferrite a; (b) 2.26 kg di ferrite, 0.24 kg di
(e) T = 465°C; Fe 3C;
(d) CL = 66% in peso Pb-34% in peso Mg (e) 0.38 kg di ferrite proeutettoide, 2.12 kg di
9.24 (a) T = 230°C; perlite
(b) C,, = 15% in peso Sn; Ct = 42% in peso Sn 9.56 C0 = 0.55% in peso C
9.25 Ca= 90% in pesoA-10% in peso B; C/!= 20.2% 9.58 Co = 0.61 % in peso C
in peso A-79.8% in peso B 9.61 Possibile
9.27 Impossibile 9.64 Due soluzioni possibili: C0 = l. I 1% in peso Ce
9.31 Possibile 0.72% in peso C
846 • Risposte ai problenù

9.67 HB (lega) = 128 13.11 (a) ottaedrico; (b) tutto


9.70 (a) T (eutettoide)= 650°C ; (b) 13.15 (a) a = 0.421 nm; a = 0.424 nm
ferrite; (e) W,,, = 0.68, WP = 0.32 13.17 (a) p (calcolata) = 4.11 Mg/m 3
(b) p (misurata) = 4.10 Mg/m 3
Capitolo 10
13.19 (a) p = 4.20 Mg/m 3
10.2 t = 305 s
13.21 Cloruro di cesio
10.4 r = 4.42 X 10- 3 min- 1
13.23 FIA = 0.84
10.6 y = 0.51
10.7 (e) t ==250 giorni
13.25 FIA = 0.68
10.10 (b) 265 HB (27 HRC) 13.29 (a) C = 45.9% in peso Ah0 3-54.1 % in peso SiO 2

10.14 (a) 50% perlite grossolana e 50% martensite; 13.33 (a) vacanza 0 2; una vacanza 0 2 per ogni due Lt.
(d) 100% martensite; (e) 40% bainite e 60% aggiunti
martensite; (g) 100% perlite fine 13.36 (a) di vacanze Mg 2+
10.16 (a) martensite; (e) bainite; (e) ferrite, perlite 13.38 Pr = 0.39 nm
media, bainite e martensite; (g) ferrite proeutet- 13.41 R = 4 mm
toide, perlite e martensite
13.42 F1 = 10100 N

10.19 (a) martensite


13.45 (a) E 0 = 342 GPa; (b) E= 280 GPa

10.24 (a) martensite; (e) martensite, ferrite proeutet-


13.47 (b) P = 0.186
toide e bainite Capitolo 14
10.34 (b) 180 HB (87 HRB); (g) 265 HB (27
HRC)
14.7 (b) Qvis = 362 kJ/mol
10.36 (e) TS = 915 MPa
14.24 (a) T = 2000°C
10.37 (a) Raffreddamento rapido a circa 675°C, mante-
14.26 (a) WL = 0.86; (e) WL = 0.66
nimento per almeno 200 s, quindi raffreddamento 14.27 (a) 1890°C tra -77 e 100% in peso di Alz0 3
a temperatura ambiente
10.D1 Impossibile
Capitolo 15
10.D5 Rinvenimento tra 400 e 450°C per 1 h.
15.4 nn = 23 700
15.6 (a) M = 33040 g/mol; (e) nn = 785
Capitolo 11 15.9 (a) Cc, = 20.3% in peso
11.3 (a) 890-920°C 15.11 L = 1254 nm; r = 15.4 nm
11.4 (b) 790-815°C 15.16 8530 di monomeri sia di stirene che di butadiene
11.D5 Diametro massimo= 75 mm 15.18 Propilene
11.D7 Diametro massimo =70 mm 15.21 /(isoprene) = 0.88; f(isobutilene) = 0.12
11.D9 Per circa IO ha 149°C o tra circa 35 e 400 ha 15.25 p = 0.998 Mg/m 3
121°c.
15.27 (a) Pa = 2.000 Mg/m~ Pc = 2.301Mg/m 1

Capitolo 12 (b) % cristallinità = 87.9%


12.13 V G, = 11.1% in volume
Capitolo 16
Capitolo 13 16.6 TS = 44 MPa
13.5 (a) Cloruro di cesio; (e) cloruro di sodio 16.22 E,(10) = 4.25 MPa
13.7 FIA = 0.73 16.31 (a) m (acido adipico) = 117.7 kg
13.9 (a) cfc; (b) tetraedrico; (e) metà (b) m (poliestere) = 153.2 kg
Risposte ai problemi • 84 7

16.38 Frazione posizioni vulcanizzate= 0.180 19.16 (a) Po = 1.58 X 10-s 0-m,
16.40 Frazioni di posizioni di monomeri con legami a ""' 6.5 X 10- 11 !l-m/°C;
incrociati: 0.47 (b) A = 1.12 X 10- 6 0-m;
Capitol.o 17 (e) p = 4.26 X 10-s 0-m
17.4 kmax = 33.3 W/m-K; kmin = 29.7 W/m-K 19.18 u = 7.3 X 106 (O-mt 1
17.9 Te = 34.5 MPa 19.21 (b) per Si, 2.7 X 10· 13; per Ge, 5.6 X 10- 10
17.12 Possibile 19.30 (a) n = 8.9 x la2 1 m- 3 ; (b) estrinseco di tipo p
17.14 Er = 70.4 GPa ; Em = 2.79 19.33 /J,e = 0.50 m 2 /V-s; µ,h = 0.02 m 2 /V-s
GPa 19.38 Eg = 1.46 eV
17.17 (a) F11Fm = 23.4; 19.39 (b) a = 3.8 X 10- 5 (O-mt 1
(b) Fr = 42676 N, Fm = 19.40 (a) u = 61.4 (O-mt 1; (b) n =p = 1.16 X
1824 N 1G2
1 m- 3

(e) <Tf = 445 MPa, <Tm = 8.14 19.45 B, = 0.58 tesla


MPa 19.52 l = 1.6 mm
(d) E = 3.4 X 10- 3 19.56 p 1 = 2.26 X 10- 3o C-m
17.19 u;,= 633 MPa 19.58 (a) V= 17.3 V; (b) V= 865 V;
17.21 u;,= 1340 MPa (e) P = l.75 x 10- 7 C/m 2
17.28 Ec1 = 69.l GPa 19.60 Frazione di e,, dovuta alla P; = 0.67
17.D1 Fibra di carbonio (PAN con modulo standard) 19.D2 u = 4.1 X 10-s 0-m
ed ammidica 19.D3 Possible; 30% in peso< CN,< 32.5% in peso
17.D2 Impossibile
Capitolo 20
Capitol.o 18 20.2 T1 = 49°C
18.5 (a) ~V = +0.031 V; 20.4 (a) Cv = 139 J/kg-K; (b) Cv = 925 J/kg-K
(b) Fe 2 + + Cd - Fe + Cd 2 + 20.9 ~/ = -9.2 mm
18.7 [Pb 2 +] = 2.5 X 10· 2 M 20.14 Tr = 129.5°C
18.13 t = 10 anni 20.16 (b) dQ/dt = 9.3 X 108 J/h
18.16 VCP = 0.133 mm/anno 20.24 k (superiore)= 26.4 W/m - K
18.20 (a) r = 8.0 X 10- 14 mol/cm 2 -s; 20.28 (a) a = 155 Mpa;
(b) Ve= - 0.019 V compressione
18.34 Sn: rapporto P-R = 1.33; protettivo 20.29 T1 = 39°c
18.36 (a) Cinetiche paraboliche; (b) W = 1.51 20.30 àd = 0.0251 mm
mg/cm 2 20.D1 Tr = 42.2°C
20.D4 Vetroceramica: à T1 = 335°C
Capitol.o 19
19.2 d = 1.88 mm Capitolo 21
19.5 (a) R = 4.7 X 10- 3 O; (b) / = 10.6 A; 21.1 (a) H = 10000 A-spire/m;
(e) J = 1.5 X 106 A/m 2 ; tff = 2.5 X 10- 2 V I (b) B 0 = l.26x 10- 2 tesla;
m (e) B ==1.26 x 10- 2 tesla;
19.12 u = 0.096 (O-mt' (d) M = 1.81 A/m
19.13 (a) n = 1.25 X 1029 m- 3 ; 21.6 (a) µ, = 1.26 x 10- 6 H/m;

(b) 1.48 elettroni liberi/atomo (b) Xm = 6 X 10- 1


848 • Risposte ai problemi

21.8 (a) M., = 1.45 X 106 A/m 22.11 Silice fuso: E, ==2.13; polietilene: E, ==
21.16 4.6 magnetoni di Bohr/ione Mn2+ 2.28

21.24 M.,= 1.69 X 106 A/m 22.19 Frll 0 = 0.81


22.21 I= 67.3 mm
21.27 (b) /J,; = 3.0 X 10- 3 H/m, µ,,; = 2400;
22.30 !:J.E= 1.78 eV
(e) µ,(max) =9 x 10 3 H/m
21.29 (b) (i) µ, =
1.0 X 10- 2 H/m; (iii) Xm = Capilol,o 23
8750
23.D2 Rigidezza: P = \/G
21.32 (a) 2.5 K: 1.33 X 104 A/m; (b) 5.96 K p
(T2/3

Capitol,o 22 23.D3 Rigidezza: P = VE; resistenza: P = _Y_


p p
22.9 v = 2.09 x 108 mis 23.D6 (a) F = 21.5 N
22.10 Silice: 0.53; vetro calce-sodico: 0.33 (b) F = 53.6 N
I numeri di pagina in corsivo si riferiscono al glossario.

A (rafforzamento di fibre), 539 Allumina, vedi Ossido di alluminio


Abrasivi, 828 proprietà magnetiche, 694 Alluminio:
Accettori, 621-623, 828 proprietà termiche, 662 carico di snervamento e di ·
Acciai, 276-277 rapporto di Poisson, 118 rottura, duttilità, 129
a basso tenore di carbonio, 358 sistema di designazione conducibilità elettrica, 614, 616
a medio tenore di carbonio, 360 AJSI/SAE, 360 energia di legame e temperatura
ad alta resistenza, basso-legati tenacità a frattura in condizione di fusione, 22
(HSLA), 359-360, 828 di deformazione moduli di elasticità e di taglio,
ad alto tenore di carbonio, 361- piana, 200, 802 118
362 trattamenti termici, 330-338 proprietà termiche, 662
al carbonio, 309, 357, 828 Acetabolo, 750 raggio atomico e struttura
austenitici, 361-363 Acetato di polivinile, struttura cristallina, 33
composizione, proprietà ed merica, 826 rapporto di Poisson, 118
applicazioni, 363 Acetilene, 448 sistemi di scorrimento, 159
conduttività elettrica, 614 Acidi, 449 temperatura critica di
degrado da saldatura, 585- Acido acetico, 449 superconduzione, 701
586 Acqua: temperatura di
carichi di snervamento e di come ambiente corrosivo, 589 ricristallizzazione, 176
rottura, duttilità, 130 come mezzo di raffreddamento, Alluminosilicati, 429
classificazione, 309, 357, 358 337-338 Allungamento, percentuale di, 128
comportamento a fatica, 236 di mare, come ambiente materiali selezionati, 797-801
conduttività elettrica, 6 I4 corrosivo, 589 metalli selezionati, 129
costi, 8 I 7-818 diagramma di fase, 288 polimeri selezionati, 476
cromo-vanadio, 746-749 energia di legame e temperatura Alnico, 693, 694
energia di impatto, 208 di fusione, 22 Alogeni, 17
eutettoidi, evoluzione delle legame a idrogeno, 26 Altipolimeri, 456, 828
microstrutture, 277-278 Acrilici, vedi Polimetilmetracrilato Ammonio, energia di legame e
ferritici, 362, 363 Acrilonitrile, vedi Poliacrilonitrile temperatura di fusione, 22
galvanizzati, 377, 591 (PAN) Ampiezza dello sforzo, 209, 210,
inossidabili, 361-362, 363,828 Acri lonitrile- butadiene-stirene 748
martensitici, 362-363 (ABS), 500 Analisi dello sforzo di una cricca,
passività, 579 Additivi dei polimeri, 498-499 196-197
per protesi d'anca, 753- 754 Adesivi, 507-508, 828 Analisi/valutazione del ciclo di vita,
proprietà termiche, 662 Agenti fissanti, 754-755 782
resistenza a creep, 230 Alcool metilico, 449 Anatomia del giunto dell'anca, 749-
moduli di elasticità e di taglio, Alcool polivinilico, struttura merica, 750
118 826 requisiti dei materiali, 751- 755
panoramica dei tipi, 357-363 Alcooli, 449 Anelasticità, 121
per molle, 746, 776 Aldeidi, 449 Angolo di diffrazione, 56
proprietà come fili, Allotropia, 37-38, 828 Anioni, 383, 828

849
850 • Indice analitico

Anisotropia, 52-53, 828 Austenitizzazione, 331, 828 662, 810-8 I 2


del modulo di elasticità, 53, Autointerstiziale, 69, 828 Campo elettrico, 607,613,829
122-123, 147 Caolinite, 381, 395-396, 429
Anodi, 564, 828 Capacità, 639-640, 829
effetto di area, corrosione B Capacità termica, 659-661, 829
galvanica, 583 Bainite, 302-304, 311,321,828 contributo vibrazionale, 659-
sacrificale, 591, 828 inferiore, 303-304 660
Antiferromagnetismo, 683, 828 proprietà meccaniche, 316- 317 dipendenza dalla temperatura,
dipendenza dalla temperatura, superiore, 303 660-661
688 Bakelite, vedi Fenolo-formaldeide Capacitatori, 639-643
Antimonurio di indio, caratteristiche (Bakelite) Carattere ionico (percento), 23, 383
elettriche, 617 Banda di conduzione, 610,828 Carbonio:
Apparecchio per prove di trazione, Banda di valenza, 6 IO, 828 polimorfismo, 38, 397-400
115-116 Bande di energia, 608-610 vedi grafite, 539,541
Arammide: Berillia, 435 Carburazione, I 00, 829
composti a matrice polimerica Biocompatibilità, 751 -752 Carburo cementato, 524, 525
rinforzati con fibre, 541-542 Biomateriali, 6 Carburo di silicio
costo, come fibra, 821 Biossido di silicio, vedi Silice come abrasivo, 435-436
proprietà come fibra, 539 Bordi del grano, 52, 78-80, 8W come ceramico avanzato, 441
struttura merica, 542, 825 Bordi geminati, 80 come refrattario, 435
temperatura di fusione e di Bordo del grano a basso angolo, 78- durezza, 414
transizione vetrosa, 827 79, 167 modulo di elasticità, 41 O
Argento: Boro: proprietà come whisker e fibre,
conduttività elettrica, 614, 6 I 6 compositi fibro-rinforzati, 543, 539,544
proprietà termiche, 662 544 resistenza a flessione, 410
raggio atomico e struttura proprietà come fibra, 539 Carburo di tungsteno
cristallina, 33 semiconduttori borodopati, 621- come abrasivo, 435
sistemi di scorrimento, 159 622, 623-625 durezza, 414
sterling, 70, 376 Bronzo, 370, 828 Carico di snervamento, 124, 125,
Argille refrattarie, 434 Butadiene, 597 475
Argon, energia di legame e strnttura merica, 464, 824 dipendenza dalla dimensione
temperatura di fusione, 22 temperatura di fusione e del grano, 167
Aria, come mezzo di transizione vetrosa, 827 martensite rinvenuta, 319
raffreddamento, 337 Butano, 448-449 materiali per protesi artificiali,
Arseniuro di gallio 752,754
caratteristiche elettriche, 617 metalli selezionati, 129
costo, 820 e perlite fine, 315
diffrazione, 31 Calandratura, 548 polimeri selezionati, 476
diodi per emissione di luce, 733 Calcestruzzo, 525-527, 829 valori per diversi materiali, 200,
per laser, 724- 726 armato, 526, 829 797-801
Assembleggio elettronico conducibilità elettrica, 637 Carico trasversale, compositi, 534,
nei ceramici avanzati, 442 di cemento Portland, 526 535
studio del caso, materiali post-compressione, 527 Cationi, 383, 829
selezionati, 761- 771 precompresso, 527, 829 Catodi, 565, 829
Assorbimento della luce rinforzato, 526-527 Cavi per rimorchio, 547
nei metalli, 712 tenacità a frattura in condizione Celle di concentrazione, 583
nei non metalli, 713- 720 di deformazione piana, Celle elettrochimiche, 566-567
Attacco metallografico, 83, 84 200 Celle unitarie, 32, 829. Vedi anche
Austenite, 275-276, R2R Calcinazione, 440, 829 Strutture cristalline
trasformazioni, 298-314 Calore specifico, 659, 829 sistemi cristallini, 38, 39
riassunto, 321 valori per materiali selezionati, Cementazione, 92, 223-224, 829
Indice analitico • 851

Cementi, 422, 439-440, 829 200, 802-803 Cloruro di sodio


Cementite, 275-276, 829 valori di conducibilità elettrica energia di legame e temperatura
decomposizione, 364, 368 tipici, 637 di fusione, 22
ghise bianche, 365, 367-368 valori di conducibilità termica, legame ionico, 21
proeutettoide, 282-283, 829 662,808 struttura, 386
Cemento Portland, 440 valori di densità, 791 Cobalto
resistenza a frattura, 40~ valori di resistenza a flessione, come materiale ferromagnetico,
Ceramica a verde, 431, 829 410,800 681
Ceramici, 382, 829. Vedi anche valori di resistività elettrica, raggio atomico e struttura
Vetro 814 cristallina, 33
abrasivi, 422, 435-436 Cermet, 524-525, 829 temperatura di Curie, 687
avanzati, 422, 440-442 Chimica molecolare, polimeri, 450- Codici riciclo e prodotti, 785
calcolo della densità, 391-392 453, 829 Coefficiente di assorbimento, 718
classificazione delle tecniche di Chip, semiconduttore, 635-636, Coefficiente di diffusione, 97,829
fabbricazione, 423 761-762 dipendenza dalla temperatura,
colore, 719-720 Ciclo a carico invertito, 209,210, 102-105
come isolanti, 637,640,647 745 relazione con la mobilità ionica,
come superconduttori, 700-701 Cinetiche, 296-297, 829 638
corrosione, 595 cristallizzazione dei polimeri, valori per vari sistemi metallici,
costi, 819-820 482-483 l02
definizione, 5 ossidazione, 594-595 Coefficiente di espansione termica
deformazione plastica, 411-412 trasformazioni di fase, 296-297 linare, 224, 661-664, 668-
diagrammi di fase, 271, 403- Circuiti integrati, 635-636, 829 669, 829
406 ceramici avanzati, 441-442 valori per alcuni materiali, 662,
difetti, 400-402 fabbricazione, 762-771 803-806
frattura fragile, 406-408 micrografia a scansione valori per materiali da telaio,
impurezze nei, 402-403 elettronica, 605, 636 765
indici di rifrazione, 714 selezione dei materiali, 762-771 Coefficiente di espansione
magnetici, 683, 686 cis, 461,829 volumetrica, 662-663
opacità e traslucenza, 720-721 Clivaggio, 190 Coefficiente di Hall, 629
porosità, 412-413 Cloro, energia di legame e Coercività {forza coerciva). 690,
proprietà magnetiche dei, 683- temperatura di fusione, 22 829
687 Cloroprene, struttura monomerica, Colaggio a nastro, 439
proprietà meccaniche dei, 406- 464,824 Collegamento della piastrina, 763-
414 caratteristiche ed applicazioni, 764
proprietà termiche, 662, 664, 506 Coloranti, 498-499, 829
666, 668-669 temperature di fusione e Colore, 829
schema applicazione- transizione vetrosa, 827 metalli, 712-713
classificazione, 422 Cloruro di boro non metalli, 718-720
silicati, 392-397 durezza, 413 Componente, 242, 272, 829
strutture cristalline, 382-391 in protezioni basistiche Comportamento sforzo-
riepilogo, 389 ceramiche, 441 deformazione
valore del coefficiente di Cloruro di idrogeno, 26, 29 acciao al carbonio, 147
espansione termica, 662, 805 Cloruro di polivinile ceramici, 409-410
valori del calore specifico, 662, codice riciclo e prodotti, 785 compositi, fibra (longitudinale),
811 densità, 792 531
valori del modulo di elasticità, proprietà meccaniche, 476 deformazione elastica, 119-122
410, 794 struttura merica, 452, 826 deformazione plastica, 125-131
valori del rapporto di Poisson, temperature di fusione e gomma naturale, vulcanizzata e
796 transizione vetrosa, 485, 827 non vulcanizzata, 505
valori della tenacità a frattura, Cloruro di potassio, 29 non lineare, 120
852 • Indice analitico

polimeri, 474-476, 479 influenza della lunghezza della testa-testa, 460


reale, 133 fibra, 528-529 Configurazioni elettroniche, 15-16,
Compositi: processi, 54 7-550 830
a matrice ceramica, 544-546 Compositi rinforzati con fibre di elementi, 16
a matrice metallica, 543-544 vetro, 540 stato stabile, 15
a matrice polimerica rinforzati Composizione tavola periodica e, 17
con fibre aramidiche, 541- equazioni di conversione, 72- Configurazioni molecolari, 459-462
542 74, 89, 90 Conformazione, 457
a matrice polimerica rinforzati Composti intermetallici, 61, 267, Considerazioni ambientali e sociali,
con fibre di carbonio, 541 268,344,768,830 781-786
a matrice polimerica rinforzati Concentrazione dello sforzo, 191- Considerazioni economiche
con fibre di vetro, 540 193, 205,222 considerazioni sui materiali
carbonio-carbonio, 546, 761 polimeri, 493 ingegneristici, 779-780
carico di rottura, Conducibilità, vedi Conducibilità Considerazioni sociali, nella scienza
longitudinale, 535 elettrica; Conducibilità dei materiai i, 791-786
trasversale, 535 termica Contenitori per bevande, l, 777
comportamento elastico, Conducibilità elettrica, 607, 613- stadi di produzione, 351
longitudinale, 'i:l l-'i:12 614. 830 Copolimeri. 453, 462-463, 830
trasversale, 534 ceramici e polimeri selezionati, a blocchi stirenici, 511-512
comportamento sforzo- 637 a blocchi, 462-463, 830
defonnazione, 529-531 influenza della deformazione adinnesco,462-463,830
costi, 822 plastica, 615 alternati, 462,463,830
definizione, 5, 521 influenza della temperatura, casuali, 462, 463, 830
espressione della regola delle 614-615 Coppa acetabolare, 754
miscele, 523-524, 532, 534, influenza delle impurezze, 615 Coppie di diffusione, 94
535,536,552 materiali di circuiti integrati di Coppie galvaniche, 566
fibra-rinforzati, vedi Compositi telaio, 765 Corindone, 435. Vedi anche Ossido
fibra-rinforzati metalli selezionati, 614 di alluminio
ibridi, 547, 830 semiconduttori selezionati, 617 struttura cristallina, 416
laminari, 522, 537, 553, 830 variazione di temperatura, Correnti indotte, 692
processi di produzione, 547-550 623-627 Corrosione, 830
rinforzati con particelle, 523- Conducibilità intrinseca, 619 ceramici, S95-596
527 variazione di temperatura, 623- circuiti integrati, 768
rinforzati per dispersione, 527 626 effetti ambientali, 580-581
schema di classificazione, 522- Conducibilità termica, 664-667, 830 elettrochimica, 564-570
523 influenza delle impurezze, 666 fonne, 581-589
strutturali, 553-554 lamiere, 765 galvanica. 582-583, 830
Compositi fibra-rinforzati, 528, 830 materiali selezionati, 662, 807- intergranulare, 584-586, 830
continui ed allineati, 529-536 809 interstiziale, 583-584, 751, 830
direzione longitudinale, 529- Conduzione passività, 579-580
534, 535 elettrica, 608, 608-612 serie galvaniche, 570-571
direzione trasversale, 534-536 negli isolanti e nei unifonne, 581-582
discontinui ed allineati, 536 semiconduttori, 611-612 velocità, 571-572
discontinui ed orientati nei metalli, 6 I I previsione, 572-579
casualmente, 536-538 ionica, 608, 637-638 Costante dei gas, 68, 830
efficienza di rinforzo, 537 termica, 660, 665 Costante di Boltzmann, 68, 830
fase fibra, 538, 539 Configurazione, 4S9-461 Costante dielettrica, 639-640, 830
fase matrice, 538-539 atattica, 461, 828 ceramici selezionati e polimeri,
influenza isotattica, 460, 834 640
dell'orientazione/concentra- sindiotattica, 460 dipendenza dalla frequenza, 646
zione della fibra, 529-538 testa-coda, 460 indice di relazione per
Indice analitico • 853

rifrazione, 713 di taglio, 117 carburo di ferro (grafite), 364


Costante di Faraday, 569 elastica, 118-124, 831 carburo ferro-ferro, 274
Costante di Planck, 710, 830 ingegneristico, 112 con fasi intermedie, 267
Costante di Wiedemann-Franz, 665, piana, 197 definizione e concetti di base,
671 plastica, 124-134, 831 242-245
valori di, per metalli, 662 ceramici, 411-412 ghise, 368
Costi dei vari materiali, 817-822 geminazione, 165-166 interpretazione, 247-251
Cottura, 429, 432-433, 830 influenza sulla conduttività magnesio-piombo, 269
Covalenza, grado di, 23 elettrica, 614, 615 neodimio-alluminio, 290
Creep, 225-230 materiali policristallini, 163- nichel-titanio, 271
ceramici, 414 164 ossido di alluminio-ossido di
estrapolazione dei dati, 229-230 moto di dislocazione e, 154- cromo, 403
influenza della temperatura e 165 ossido di magnesio-ossido di
sforzo, 226-228 nella frattura, 194 alluminio, 404
meccanismi, 228 polimeri semicristallini, 4 77- piombo-stagno, 258-259, 262-
moduli di, 491 479 264, 266-267
nei polimeri, 491 reale, 131, 831 rame-argento, 256, 273
prove a rottura, 227 reticolare, 158, 169-170, 346, rame-berillio, 349
secondario, 225-226 831 rame-nichel, 247
stadi di, 226 torsionale, 114, 134 rame-titanio, 291
stazionario, 226 Degradazione dei polimeri, 596-599 rame-zinco, 268, 270
terziario, 226 Degrado da saldatura, 585-586, 83 I reazioni eutettoidi e peritettiche,
velocità stazionaria, 227 Densità: 269-270
viscoelasticità, 491 atomica lineare, 47-48 silice-allumina, 406
Crescita del grano, 177-179 atomica planare, 48-50 sistemi ceramici e ternari, 271,
Cricca primaria, 225, 226 calcolo per i ceramici, 391-392 403-406
Cricche: calcolo per i metalli, 37 sistemi eutettici binari, 255-267
analisi dello sforzo, 192-193, calcolo per le leghe metalliche, sistemi isomorfi binari, 246-255
196-197 72-73 ternari, 271
modi di apertura, 196 di corrente scambio, 574 titanio-rame, 291
per tensocorrosione, 562, 587- di dislocazioni, 156-157 trasformazione di fase
588, 751,841 flusso magnetico, 676, 678, congruente, 270-271
nei ceramici, 407 701,831 zirconia-calce, 404-405
stabile vs. instabile, 187 polimeri, 476 zucchero-acqua,243
Cristallinità, polimeri, 463-465, 830 relazione percentuale di Diagramma schematico di una
Cristallite, 466, 830 cristallinità per i polimeri, molla, materiali selezionati,
Cristallizzazione (polimeri), 482- 464 742-749
483 valori per vari metalli, 789-792 Diagrammi costituzionali, vedi
Cristobalite, 393, 406 Design, 735 Diagramma di fase
Cunife, 693, 694 componente, 780 Diagrammi di trasformazione di
Curva di liquidus, 246, 247, 256, Designazione dello stato di fase:
830 fornitura, 371,831 in raffreddamento continuo,
Curva di solidus, 246,247,256,831 Devetrificazione, 428, 831 310-314, 325,831
Curva di solvus, 256, 831 Deviazione standard, 141-142 acciaio 4340, 313
Dezincificazione dell'ottone, 586 lega O.76% in peso di C, 311
Diagramma di fase: lega 1.13% in peso di C, 325
D acqua (pressione-temperatura), isotenni, 298-310, 325, 831
Decappaggio, negli acciai, 589 288 acciaio 0.45% in peso di C,
Defonnazione, 116 acqua-cloruro di sodio, 287 325
a compressione, 114, 134 alluminio-neodimio, 290 acciaio O.76% in peso di C,
a taglio, 114, 135 alluminio-rame, 344 308
854 Indice analitico

lega acciaio 4340, 308 Vedi anche Siliconi 754


Diagrammi di trasformazione temperature di fusione e materiali selezionati, 797-801
tempo-temperatura, vedi transizione vetrosa, 827 metalli selezionati, 130
Diagrammi di Diodo, 630, 831 perlite fine e grossolana, 316
trasformazione isotermica Dipoli sferoidite, 316
Diamagnetismo, 679-680, 831 elettrici, 25,831
Diamante, 397-398 indotti, 25
come abrasivo, 435 magnetici, 675-676 E
costo, 820 permanenti, 25-26, 645 Effetto Hall, 628-630, 832
durezza, 414 Direttive di progetto, 738-739 Effetto Meissner, 700
energia di legame e temperatura Direzione Efficienza del rinforzo, tabella di,
di fusione, 22 cristallografiche, 40-43 537
valore di conducibilità termica, di scorrimento, 158 Elastomeri, 474, 504-506, 832
808 trasversale, 530, 832 deformazione, 491-492
Difetti: Dislocazioni, 74-77. 831 nei compositi, 524
di Frenkel, 400-401, 831 a vite, 75, 76, 77, 155, 156,832 proprietà ed applicazioni, 506
di punto atomico, 400-402 ai bordi di fase, 314,318 termoplastici, 5 ll-512, 832
dì struttura, 400, 831 caratteristiche, 158-159 Elettrodeposizione, 566
interfacciali, 78-81 deformazione plastica, 124, Elettrodo a idrogeno, 567-568
lineari, 74-77 154-166 Elettroliti, 566, 832
nei ceramici, 400-402 interazioni, 158-159 Elettroluminescenza, 722, 832
puntuali, 67-74, 400-402, 831 miste, 76, 78, 155, 826 Elettronegatività, 18, 23,832
tipo Schottky, 400-401, 831 Dispersione dei dati, I 41- 142 influenza sulla solubilità dei
volume, 81 Dispositivi a semiconduttore, 630- solidi, 70
Diffrattometro, 56 636 valori per gli elementi, 18
Diffrazione, 53-54, 831 Dissoluzione selettiva, 586 Elettroneutralità, 400, 832
a raggi x, 53-58 Distribuzione del peso molecolare, Elettroni, 10
Diffusione, 93-94, 831 453-455 deviazioni, 613,660
corto-circuito, 107 Domini, 682. 688-691, 832 livelli di energia, 11-14
ed evoluzione delle Donatori, 621 nei semiconduttori, 617-623
microstrutture, 253-254, Doppi legami, 447-448 variazione della temperatura,
262-264 Drogaggio, 623, 625-627, 832 623-627
ingrossamento del grano e, 178 Durezza, 832 processo di conduzione, 618,
interstiziale, 95,831 bainite, perlite vs. influenza 633-634
meccanismi. 94-95 della temperatura, 317 spin, 14, 679
non stazionaria, 99-102, 831 ceramici, 413-414 valenza, 15
stato di equilibrio, 96-97 correlazione con il carico di mobilità elettrica, 612-613
stato di non equi! ibrio, 98-1 O1, rottura, 139-140 semiconduttori selezionati, 617
831 di Knoop, 139 Elettropositività, 18, 832
termica, 672 diagramma di conversione, 139 Emettitore, 633
vacanza,95,842 paragone fra scale, 138-139 Energia
Digitazione di informazione/segnali, perlite fine e grossolana, del bordo del grano, 80
696-698, 727-728 sferoidite, 314, 316 della banda di valenza, 828
Dimensione del grano, 831 perlite, martensite, martensite determinazione, 624-625
determinazione, 86-87 temprata, 317 semiconduttori selettivi, 617
dipendenza dal tempo, 178 polimeri, 495 di attivazione, 828
proprietà meccaniche, 179 Duttilità, 129-130, 832 per creep, 227-228
riduzione e meccanismo di indurimento per precipitazione per diffusione, 102
rinforzo per i metalli, 167- di una lega di alluminio, 345 per liquido viscoso, 444
168 martensite temprata, 319 trasformazioni di fase, 297
Dimetilossano, 464, 505, 506, 824. materiali per protesi artificiale, di deformazione elastica, 193-
Indice analitico • 855

195 ricristallizzazione, 177-178 Fatica, 210-226, 832


di Fermi, 610,621,654,661, materiale magnetico cubico di basso ed alto ciclo, 214
832 ferrite, 686-687 corrosione, 224-225, 751,833
di impatto, 206, 832 serbatoio sferico a pressione, curve di probabilità, 214
perlite fine, 315 203-204 effetti ambientali, 225-226
dipendenza dalla tempo di rottura per un metallo innesco e propagazione della
temperatura, 207 S-90, 230 cricca, 214-217
di legame, 20, 828 Espansione termica, 661-664 molla per valvola di
temperatura di fusione per coefficiente lineare di, 224, automobile, 743-749
materiali selezionati, 21- 661, 667-669, 829 polimeri, 494-495
22 coefficiente volumetrico di, 662 sforzi ciclici, 209-210
e materiali, 782 materiali selezionati, 662, 765, statica, 407
formazione vacanza, 68 803-806 termica, 225,833
fotone, 710 relazione con legami, 663 Fattore:
interfacciale, 81 Esponente di indurimento per convenzionale, unità
libera, 244, 245, 832 deformazione plastica, 133, magnetiche, 678
superficiale, 78 171 di concentrazione di sforzo,
Entropia, 244, 492 determinazione, 151 192, 193
Epossidi leghe metalliche selezionate, di impacchettamento atomico,
caratteristiche ed applicazioni, 132 34,833
501 Essiccamento, prodotti ceramici, di intensità di sforzo, 196, 199,
compositi a matrice polimerica, 431-432 200,833
543 Estrusione, 832 velocità di propagazione
fabbricazione per circuiti metalli, 354 della cricca a fatica, 218-
integrati, 770 polimeri, 503 219
resistenza alla degradazione, prodotti di argilla, 430 di progettazione, 144
596 Etano, 448 di sicurezza, 144, 203, 736
struttura polimerica, 823 Eteri, 449 Fenolo, 449
Equazione di Avrami, 296, 482 Etilene, 447 Fenolo-formaldeide (Bakelite)
Equazione di Nemst, 569 polimerizzazione, 450 conduttività elettrica, 637
Equazione Hall-Petch, 167 Eutettoide, cambiamento di costante dielettrica e rigidità
Equilibrio posizione, 284-285 dielettrica, 640
definizione di, 244 proprietà meccaniche, 476
fase, 244-245, 832 proprietà termiche, 662
Erosione-corrosione, 586, 587 F struttura merica, 453, 823
Esano,448 Fabbricazione Ferrimagnetisrno, 683-687, 833
Esaurimento, nei semiconduttori ceramici, 422, 423 dipendenza dalla temperatura,
estrinseci. 626 circuiti integrati, 761-771 687
Esempi di design compositi fibro-rinforzati, 547- Ferrite (o.), 274-276, 833
acciaio per albero di 550 da decomposizione di
trasmissione, 340-341 metalli, 352-357 cementite, 364
albero di trasmissione, 550-552 prodotti di argilla, 430 eutettoide/proeutettoide, 241,
apparato per prove di flessione, Fase, 243-244, 832 280-281, 833
144-145 di equilibrio, 244-245 Ferrite (ceramici magnetici), 683-
calcolo della vita a fatica, 222 dispersa, 522,832 687, 833
conducibilità di un eutettica, 263, 832 come immagazzinamento
semiconduttore di tipo n, matrice, magnetico, 696-697
627-628 compositi fibro-rinforzati, cubica, 683-686
diffusione in stato non 538-539 esagonali, 685
stazionario, 106-107 definizione, 522 eutettoide, 280
lavorazione a caldo e primaria, 264, 832 proeutettoide, 280, 833
856 • Indice analitico

temperatura di Curie, 687 ottiche, 728- 730 guida, 98, 831


Ferro, vedi anche Leghe ferrose; polimero, 506-507 crescita del grano, 177
Acciai proprietà, 539 diffusione stazionaria, 97
carichi di snervamento e di valori del calore specifico, 812 reazioni elettrochimiche, 567
rottura, duttilità, 130 valori del coefficiente di ricristallizzazione, 173
come materiale ferromagnetico, espansione termica, 806 sinterizzazione, 437
681, 682 valori del modulo di elasticità, Fosforescenza, 721, 833
comportamento sforzo- 539,795 Fosfuro di gallio
deforrnazione, 129 valori di carico di rottura a caratteristiche elettriche, 617
conducibilità elettrica, 614 trazione, 539, 801 diodi per emissione di luce, 733
diffrazione, 57 valori di conducibilità termica, Fotoconduttività, 722, 833
duttile, 365, 366, 367 809 Fotoelasticità, 707
energia di legame e temperatura valori di densità, 792 Fotografie
di fusione, 22 valori di resistività elettrica, superfici della frattura coppa e
ferrite (a), 274, 275,280,833 815 cono, 188
polimorfismo, 38 Filament winding, 549-550 striature di fatica, 217
proprietà magnetiche, 692 Filatura a fusione, 507 rottura intergranulare, 191
proprietà termiche, 662 Filatura, fibre polimeriche, 507,833 rottura transgranulare, 191
raggio atomico e struttura Fluorescenza, 72 l, 833 Fotoni, 660, 7 IO, 833
cristallina, 33 Fluorocarburi, 451 Fragilità da rinvenimento, 320-321
sistemi di scorrimento, 159 caratteristiche ed applicazioni, Frattura:
temperatura di Curie, 687 499,500 altamente duttile, I 87-188
temperatura di Fluoruro di idrogeno, 26, 29 differita, 407
ricristallizzazione, 176 Fluoruro di magnesio, proprietà fragile, 128-129, 186-188, 833
Ferroelettricità, 647-648, 833 ottiche, 715 ceramici, 406-408
Ferromagnetismo, 681-682, 833 Fluoruro di polivinile intergranulare, 191,833
dipendenza dalla temperatura, struttura merica, 826 transgranulare, 189, 190, 833
687 temperature di fusione e Fullerene, 399-400
Fessurazione: transizione vetrosa, 827 Funzione di errore Gaussiana, 100
indotta da idrogeno, 588 Flusso: Fusione (polimeri), 483
sullo sforzo da idrogeno, 588 di diffusione, 96 continua, 355
Fibre, 506-507, 833 termico, 664 in sabbia, 355
continue, 528-529 viscoso, 124
costi, 821 nei ceramici, 411-412
di carbonio, 541 nei polimeri, 489-490 G
proprietà, 539 Fononi. 660, 665, 666, 833 Gadolinio, 681
discontinue, 528-529 Forgiatura, 353, 354, 833 Geminazione, 164-165
di vetro, 423, 540 Forma delle molecole, polimeri, comparata a scorrimento, 165
compositi rinforzati con fibre 456-458 Germanio
di vetro, 540, 542 Formaldeide, 449 caratteristiche elettriche, 617,
fabbricazione, 426 Formatori di reticolo (vetro), 394 654
proprietà come fibra, 539 Formatura: struttura cristallina, 397
filatura, 507 idroplastica, 430, 833 Ghise, 277, 358, 363-369, 833
nei compositi, 522-523 per colaggio, 430, 431, 833 bianche, 365, 367-368, 833
continui vs. discontinui, 528- Formazione della cricca, 187 comportamento sforzo-
529 fatica e, 214 deformazione, I46
fase fibra, 538-539 vetro, 427 composizioni, proprietà
influenza della lunghezza, Forsterite, 395 meccaniche ed applicazioni,
528-529 Forze: 366
orientazione e di Coulomb, 21 diagramma di fase, 364, 368
concentrazione, 529-537 di legame, 18-20 effetto sulla microstruttura del
Indice analitico • 857

trattamento al calore, 368 distorsione durante 364


formazione in grafite, 364--365 deformazione plastica, 163- per soluzione solida, 169-170,
grigie, 364-365, 833 164 255,834
ricottura, 331 Gruppo fenilico, 449 Induzione dielettrica, 641, 834
Giunzione: Gruppo metile, 452 Infragilimento
automatizzata a nastro, 769-77 ! daidrogeno,588-589
raddrizzatrice p-n, 630-632, 833 da rinvenimento, 320-321
Gomma acrilonitrile-butadiene, 506 H Ingranaggio cementato, 92
Gomma naturale (poliisoprene ), Hertz, 709 Inibitori, 590, R34
461,506 di corrosione, 590
comportamento sforzo- Intensificatori di sforzo, 193, 222,
deformazione, 505 I 834
proprietà termiche, 662 Idrocarburi, 447-450 nei ceramici, 407,412
resistenza a degradazione, 597 aromatici (gruppi a catena), Intensità campo magnetico, 676,
temperature di fusione e di 449,486 678
transizione vetrosa, 827 insaturi, 448, 834 Interdiffusione, 94, 834
Gomma neoprene, 506, 597 saturi, 448, 839 Intervallo del ciclo di sforzo, 210-
Gomma nitrile (NBR), 463, 464 Idrogeno 211
caratteristiche ed applicazioni, purificazione per diffusione, 97, lnvar, 662, 664
505-506 108, 110 Invecchiamento
resistenza a degrado, 597 riduzione, 573 artificiale, 346, 834
Gomma siliconica, 505-506 Impurezze, 70-72 naturale, 346, 834
caratteristiche ed applicazioni, nei ceramici, 402 Iridio, 376
506 diffusione, 94 Isobutano, 449
resistenza a degrado, 597 conducibilità elettrica, 615-616 lsobutile, 464
Gomma stirene-butadiene (SBR), conducibilità termica, 666 Isodeformazione, in compositi
463,464 Indagini metallografiche, 83 fibro-rinforzati, 531
caratteristiche ed applicazioni, Indice di Miller, 44-47, 834 Isolamento:
505,506 Indice di prestazione, 737-741 di superficie ad alta temperatura
resistenza a degrado, 597 Indice di rifrazione, 713-714, 834 riutilizzabile (HRSI), 757,
Gomme sintetiche, 462-463, 464, Indurimento: 760
505-506, 597 dei metalli, in composito a fibre refrattario
Gradiente: meccanismo, 167 (FRCI), 758
di concentrazione, 96-97, 833 per formazione di una superficiale in feltro
di temperatura, 664 soluzione solida, 169-170 riutilizzabile, (FRSI), 757-
sforzi termici, 668 per riduzione della 758
'Grado di libertà, 272-273 dimensione del grano, superficiale riutilizzabile a
Grado di polimerizzazione, 545, 167-168 bassa temperatura (LRSI),
833 per deformazione, 134, I 69- 757,760
Grafite, 398-399 172, 353, 83 I Isolante termico, per sistema di
come un refrattario, 435 corrosione e, 581 protezione termica dello
comparata al carbonio, 539, 541 influenza sulla resistività Space Shuttle, 755-761
conducibilità elettrica, 637 elettrica, 615 Isolanti (elettrici), 834. Vedi anche
costo, 820 influenza sulle proprietà Materiali dielettrici
da decomposizione di meccaniche, 170, 171 ceramici e polimeri, 637
cementite, 364 ricristallizzazione, 174-17 4 colore, 718-720
nelle ghise, 264-365 per precipitazione, 341-346, definizione, 608
proprietà come whisker, 539 834 opacità e traslucenza, 720-721
struttura, 399 meccanismo, 344-346 struttura banda elettronica, 610,
Grani, 833 trattamenti termici, 342-343 61 l-612
definizione, 51 degli acciai inossidabili, 363- Isomerismo, 448, 834
858 • Indice analitico

geometrico, 461, 462 idrogeno, 25, 26, 835 proprietà ed applicazioni,


stereoisomerismo, 460-461, 462 interatomico, 20-24 375
Isoprene, 461 ionico, 20-22, 382-383, 835 tenacità a frattura in
Isosforzo, in compositi fibro- nei ceramici, 382 condizione di
rinforzati, 534 metallico, 23, 24, 835 deformazione piana, 200
Isoterma eutenica, 257 primari, 20-24, 835 equazioni del peso atomico, -73
Isotopi, 10, 834 secondari, 24-26, 835 equazioni di densità, 72-73
Isteresi, 689-690 Van der Waals, 24-26, 834 eutettiche binarie, 255-267
magnetica, 689-695 idrocarburi, 448 resistenza a trazione, 326
nei polimeri, 458,477,480 ferro-carbonio, vedi Leghe
nelle argille, 396 ferrose
K Legge di Bragg, 54-55, 835 ferro-carburo di ferro, 274-277
Kovar, 664 Legge di Goodman, 746 ferrose. Vedi anche Ferro;
fabbricazione per circuiti Legge di Hooke, 118, 487 Acciai
integrati, 764, 765 Legge di Ohm, 606, 607, 835 classificazione, 276-277, 358
proprietà termiche, 662 Legge di Wiedemann-Franz, 665 costi, 8 I 7-818
Leghe, 357. Vedi anche Soluzioni diagrammi di trasformazione
solide in raffreddamento
L alluminio-litio, 372-373 continuo, 310-314
Lacune,611,617-619,834 alluminio-rame, diagramma di diagrammi di trasformazione
dipendenza di concentrazione fase, 344 isotermica, 298-31 O
dalla temperatura, 623-627 alta temperatura, 229-230 ipereutettoide, 282-284
mobilità, semiconduttori berillio-rame, 371 ipoeutettoide, 278-281
selezionati, 617 composizione specifica, 71 microstrutture, 277-284
Laminazione, di metalli, 354-355, composizioni per composti, proprietà meccaniche, 314-
834 815-816 318, 797-798
Lamine bimetalliche, 671 costi, 817-819 ricottura, 330-331
Laser, 722-726, 834 da fonderia, 369 ferro-silicio, proprietà
semiconduttore, 724-726, 728 definizione, 69 magnetiche, 692
tipi, caratteristiche ed di alluminio, 371-373 getto,369
applicazioni, 727 circuiti integrati, 761 ipereutettoidi, 282-284, 834
Lavorazione a caldo, 176, 353, 834. comportamento a fatica, 236 ipoeutettoidi, 278-281, 834
Vedi anche Trattamenti indurimento per isomorfe binarie, 246-255
termici precipitazione, 328, 344, proprietà meccaniche, 255
Lay-up (stratificazione), nei 346 evoluzione delle
processi di produzione, 549 proprietà ed applicazioni, microstrutture
LED (ligh emetting diodes), 722 372 raffreddamento di equilibrio,
Lega cobalto-nickel-cromo- tenacità a frattura in 251-252
molibdeno, per protesi condizione di raffreddamento di non
artificiali, 753-754 deformazione piana, 200 equilibrio, 253-255
Legame: di magnesio, 373, 374 metalliche, vedi Leghe
carbonio-carbonio, 451 di niobio, come non ferrose, 369-377, 834
cementitico, 439-440 superconduttori, 701 rame-berillio, 616
covalente, 22-23, 382, 835 di rame, 369-371 diagramma di fase, 349
crociato, 458-459 fabbricazione per circuiti rame-nickel
comportamento influenzato integrati, 764-765 carico di rottura vs.
dalla viscoelasticità, 490- proprietà ed applicazioni, composizione, 168, 255
491 370 carico di snervamento vs.
elastomeri, 492, 504 di titanio, 373-374, 375 composizione, 168
polimeri termoindurenti, 48 I per protesi artificiali, 753- conducibilità elettrica, 615-
ibrido sp, 16 754 616
Indice analitico • 859

diagrammi di fase, 246-247 assorbimento, 715-718 Massa molecolare, 453


duttilità vs. composizione, diffusione, 720 Mastice matto, 488
168,255 riflessione, 7 I 4-715 Materiali:
saldata, 369 rifrazione, 713-714 amofi, 31, 58, 828
trattabile al calore, 369 trasmissione, 718 avanzati, 6
valori del calore specifico, 810- Luminescenza. 721-722, 835 ciclo totale, 781-782
811 Lunghezza critica delle fibre, 528, classificazione, 5-6
valori del campo di resistenza, 529 compositi a matrice polimerica
797-799 rinforzati con fibre di
valori del coefficiente lineare di carbonio, 541,542
espansione termica, 803-804 M considerazioni economiche, 780
valori del modulo dì elasticità, Macromolecole, 450, 835 costi, 551,740, 817-822
793-794 Magnesia, vedi Ossido di magnesio cri stallini, 31, 51, 830
valori del rapporto di Poisson, Magnesio: difetti, 69-81
796 moduli di elasticità e di taglio, influenza sulle proprietà
valori della conduttività 119 meccaniche, 480, 481
termica, 807 -808 rapporto di Poisson, 119 monocristalli, 51, 836
valori della tenacità a frattura, sistemi di scorrimento, 159 dielettrici, 639, 647
802 Magneti: evoluzione storica, 2
valori di densità, 789-791 neodimio-ferro-boro, 694 ferroelettrici, 648
valori di duttilità, 797-799 samario-cobalto, 694 fragili, shock termico, 668-669
valori di resistenza a trazione, Magnetismo: ingegneristici, 781
797-799 concetti di base, 675-679 isotropici, 52-53, 537,834
valori di resistività elettrica, spin e, 679 magnetici
812-814 Jv1.agnetite,675, 683 duri, 692-695
Legno: Magnetizzazione, 677-678, 835 leghe neodimio-ferro-boro,
calore specifico, 812 saturazione, 682, 685-686, 835 694-695
coefficiente di espansione dipendenza dalla leghe samario-cobalto, 694
termica, 806 temperatura, 687 teneri, 691-692
come composito, 521 Magnetone di Bohr, 679, 835 molecolari, 26-27
conduttività termica, 809 Malleabilità, 365, 368-369 non cristallini, 32, 59, 836
costo, 822 composizione, proprietà policristallini, 51-52, 837
densità, 792 meccaniche ed deformazione plastica, 164-
modulo di elasticità, 795 applicazioni, 366 165
resistenza a trazione, 801 Mappe del meccanismo di smaltimento, 782-783
resistività elettrica, 815 deformazione, 228 sorgenti non rinnovabili, 7, 782
Limite: Martensite, 305-307, 311-312, 321, Meccanica quantistica, 11, 835
a fatica, 221,222, 745,746,835 835 Media numerica molecolare,
di solubilità, 243, 835 a listelh (o compatta), 306-307 peso,454,456
fattori che influenzano la alligazione per favorire la Melammina-formaldeide, struttura
fase solida, 70 formazione, 312-313 merica, 823
proporzionale, 124,425,835 durezza, 317-318 Memoria magnetica, 695-698
Linee: rinvenuta, 318-320, 835 Mercurio:
di dislocazione, 74- 75, 76, 77, durezza vs. contenuto di energia di legame e temperatura
831 carbonio, 317 di fusione, 22
di scorrimento, 162, 163 proprietà meccaniche vs. temperatura critica di
di spiaggia (fatica), 416 temperatura di superconduzione, 70 I
Livelli di energia (stati), 11-14, 608- rinvenimento, 319-320 Metalli. Vedi anche Leghe;
609 struttura cristallina, 306 Materiali cristallini
Loppe basiche, 435 lenticolare, 306-307 alcalini, 17
Luce: Massa atomica, IO come conduttori elettrici, 607
860 Indice analitico

corrosione, vedi Corrosione Micrografia, 83 a listelli, 306


costi, 817-819 Micron, 82 lenticolare, 306
definizione, 5 Microscopia elettronica a metallo policristallino prima e
di transizione, 17 trasmissione, 30, 78, 85, 836 dopo deformazione, 164
fabbricazione, 352-357 Microscopia ottica, 83-86 metastabile, 245
indurimento, vedi Indurimento Microscopia, 81-87, R36 monofase della lega ferro-
dei metalli Microscopio elettronico a cromo, 84
modulo di taglio, 119 scansione, 86, 836 ottone durante
nobili, 376 Microscopio elettronico, 85 ricristallizzazione e crescita
ossidazione, 592-595 Microscopio in campo ionico, 67 del grano, 173-174
proprietà ottiche, 7 I 2-713 Microstrappi, 493-494 perlite grossolana e fine, 302
rapporto di Poisson, l 18, 796 Microstrutture, 82, 836 perlite parzialmente trasformata
refrattari, 374 austenite, 275 in sferoidite, 294
resistenza a crrep, 23 I bainite, superiore ed inferiore, perlite, 278, 302
struttura cristallina, vedi 303 polistirene gomma-rinforzato,
Strutture cristalline carburo cementato, 525 473
struttura della banda elettronica, ceramici abrasivi, 435 porcellana, 433
610 ceramici sinterizzati, 438 sferoidite, 305
tenacità a frattura, 200, 802 ciucuiro integrato, 605, 636 sferulite (gomma naturale), 446
terrosi alcalini, 17 corrosione sotto sforzo vetro-ceramici, 421
valori del coefficiente lineare di nell'ottone, 588 Microvuoti, 188-189, 493
espansione termica, 662, craze nell'ossido di polifenilene, Mobilità, di portatori di carica, 612-
803-804 494 613, 836
valori densità, 789- 791 disco di immagazzinamento ionica, 638
valori di calore specifico, 662, magnetico, 696, 697 valori per semiconduttori
810-811 esame microscopico, 81-87 selezionati, 617
valori di conduttività termica, eutettica (piombo-stagno), 263 Modelli atomici
662, 807-808 evoluzione nelle leghe Bohr, 11, 13,836
valori di resistività elettrica, eutettiche, 260-267 onda meccanica, 12-13, 836
812-814 evoluzione nelle leghe ferro- Modello
valori del modulo di elasticità, carbonio, 277-284 a catena ripiegata, 467,836
118, 793-794 evoluzione nelle leghe a micelle frangiate, 466
Metallo Muntz, 369 isomorle: Modificatori di reticolo (vetro), 394
Metallurgia delle polveri, 356, 827 raffreddamento di equilibrio, Modulo:
Metano, 22, 248 251-252 di elasticità, 118-120, 836
Metastabilità, 836 raffreddamento di non anisotropia, 53, 147
di microstrutture, 298 equilibrio, 253-255 ceramici selezionati, 410,
Mezzo temprante, 337-338 ferrite (a), 275 794
Mica, 396 fibre di silice, piastrelle dello dipendenza dalla resistenza
costante dielettrica e rigidità Space Shuttle, 759 coesiva, 192
dielettrica, 640 ghise, 365, 368 dipendenza dalla
Micelle, 466 gomma rinforzata con temperatura, 120
M icrocostituenti: nerofumo, 525 e fatica termica, 225
definizione, 264, 835 indurimento per precipitazione e tensioni termiche, 668, 669
in leghe di acciaio, 278-282 delle leghe di alluminio, 328 influenza della porosità, nei
in leghe eutettiche, 264-267 influenza della velocità di ceramici, 412,413
Microcricche, 191-192 raffreddamento, 334 legame atomico, 120, 147
nei ceramici, 407 leghe ipereutettoidi, 282 leghe per protesi artificiali,
Microelettronici, 635-636 leghe ipoeutettoidi, 241, 280 754
materiali selezionati per, 761- martensite materiali fibra-rinforzati
771 temprata, 3 19 selezionati, 539, 795
Indice analitico • 861

metalli selezionati, 118, 792- bifunzionali, 453 quantici, 12-14, 836


794 trifunzionali, 453, 836 magnetico, 14, 679
polimeri selezionati, 476, Moto di dislocazione, 154-157 Nylon 6,6, 453
794-795 ai bordi dei grani, 166 conduttività elettrica, 637
rame rinforzato con influenza sulla durezza, 169- costante dielettrica e rigidità
tungsteno, 524 170 dielettrica, 640
relazione con il modulo di nei ceramici, 411 densità, 472, 476
taglio, 122 recovery e, 173-174 nome commerciale,
valori per vari materiali, 792- Mullite, 406, 435 caratteristiche ed
795 modulo di elasticità, 410 applicazioni, 500
di resilienza, 131 resistenza a flessione, 41 O proprietà meccaniche, 476
di rilassamento, 488-491, 836 proprietà termiche, 662
di rottura, 409. Vedi anche resistenza a degrado, 596
Resistenza a frattura N temperatura di fusione e
di taglio, 121 Nerofumo, come rinforzo nelle transizione vetrosa, 485, 827
disegno della molla, 743 gomme, 505, 524-525
metalli selezionati, 118 Nickel, 376
relazione con il modulo di carico di snervamento, di o
elasticità, 122 rottura e duttilità, 130 Olio, come mezzo di tempra, 337-
di Young, vedi Modulo di come materiale ferromagnetico, 338
elasticità 681, 682-683 Omopolimeri, 452, 836
secante, 120 moduli di elasticità e di taglio, Onde reticolari, 659-660
specifico, 373, 528, 836 118 Opacità, 710,836
materiali selezionati fibro- proprietà termiche, 662 negli isolanti, 720-721
rinforzati, 539 raggio atomico e struttura nei semiconduttori, 715- 716
tangente, 120 cristallina, 33 Opacizzazione, 592
Molarità, 566, 836 rapporto di Poisson, 118 Operazioni di formatura, 352-354
Mole, 11, 836 sistemi di scorrimento, 159 Orbitali elettronici, 11
Molecole temperatura di Curie, 687 Oro, 376
definizione, 26, 836 temperatura di conducibilità elettrica, 614
polare, 25-26, 836 ricristallizzazione, 176 micrografia di supedicie
Molibdeno, 374 thoria-dispersed (TD), 527 (AFM), 9
carico di snervamento, di Niobio, 374 per fabbricazione di circuiti
rottura e duttilità, 130 Nitruro di alluminio, utilizzo negli integrati, 767-768
proprietà come filo, 539 imballaggi elettronici, 442 proprietà termiche, 662
raggio atomico e struttura Nitruro di boro, 442 raggio atomico e struttura
cristallina, 33 Nitruro di silicio cristallina, 33
sistemi di scorrimento, 159 come ceramico avanzato, 441 sistemi di scorrimento, 159
Molla per valvola di automobile, modulo di elasticità, 41 O Osmio, 376
742-749 proprietà come whisker, 539 Ossa:
Momenti magnetici, 678-679 resistenza a flessione, 410 come compositi, 521
cationi, 685 Non stechiometria, 40 l proprietà meccaniche, 749
Momento: Normalizzazione, 312, 331, 836 Ossidazione, 564-565, 836
di dipolo elettrico, 641 Nube elettronica, 13, 23 cinetiche, 594-595
di inerzia, 409, 419, 551 Numeri: metalli, 592-595
polare, 736 atomici, 10, 836 Ossido di alluminio:
magnetico di spin, 14, 679 di Avogadro, 11 come whisker e fibre, 539
torcente, 736 di coordinazione, 34, 35, 383- conducibilità elettrica, 637
Monocristalli, 51, 836 385, 393 indice di rifrazione, 714
scorrimento, 159-161 di dimensione del grano luminescenza, 72 l
Monomeri, 450, 836 (ASTM), 88 microstruttura sinterizzata, 438
862 Indice analitico

modulo di elasticità, 410 Pareti di dominio ferromagnetiche, Pioggia acida, come ambiente
proprietà tenniche, 662 82 corrosivo, 589
resistenza flessibile, 410 Passività, 579-580, 836 Piombo, 376
resistenza, 414 Pentano, 448 raggio atomico e struttura
uso in imballaggi elettronici, Percento atomico, 71, 836 cristallina, 33
442 Percento in peso, 71- 74, 836 temperatura critica di
uso in mezzi corazzati, 441 Percentuale di riduzione della superconduzione, 701
uso in protesi d'anca, 753- 754 sezione, 129 temperatura di
tenacità a frattura in condizione Perdita dielettrica, 646 ricristallizzazione, 176
di defonnazione piana, 200 Periclasio, 434, 435, vedi Ossido di Plastiche, 837
Ossido di magnesio magnesio caratteristiche ed applicazioni,
energia di legame e temperatura Perlite, 278, 837 499-501
di fusione, 22 colonie, 278 nei compositi, 524
indice di rifrazione, 714 come composito, 521 stampaggio, 502-503
modulo di elasticità, 41 O durezza vs., trasformazione Plasùficanti, 498, 837
proprietà termiche, 662 termica, 317 Platino, 376
resistenza a flessione, 410 fine,301,302,315,837 conduttività elettrica, 614
Ossido di manganese, come formazione, 279, 298-301, 311, raggio atomico e struttura
materiale 312,321 cristallina, 33
antiferromagnetico, 683 grossolana, 301,302,837 Plexiglas, vedi Polimetilmetacrilato
Ossido di polifenilene (PPO), proprietà meccaniche, 314-316, Polarizzazione, 641-643, 837
struttura merica, 825 317 corrosione, 572-576, 837
Ottone,369,370,836 Permalloy (45), proprietà di attivazione, 573-575, 837
comportamento a fatica, 236 magnetiche, 692 di concentrazione, 575-576, 837
comportamento di ricottura, 175 Permeabilità, 676, 678, 709, 713, diretta, 631, 633, 837
comportamento sforzo- 837 elettronica, 644-645, 711, 715,
deformazione, 127 iniziale, 689 837
conducibilità elettrica, 614, 652 magnetica, 676, 678, 709, 713 inversa, 631-632, 837
corrosione da sforzo, 587 relativa, 677,678,837 ionica, 644-645, 837
diagrammi di fase, 267, 268 Permittività relativa, vedi Costante per orientamento, 645, 837
forze di campo e di tensione, dielettrica velocità di corrosione da, 576-
duttilità, 129 Perrnittività, 21,639, 709,713,837 579
moduli elastico e di taglio, 118 Peso atomico, IO,837 Poliacrilonitrile (PAN)
proprietà termiche, 662 leghe metalliche, equazioni per, fibre carboniche, 541
rapporto di Poisson, 118 73 struttura merica, 464, 823
temperatura di Peso molecolare, 837 Poliammideimmide (PAI), struttura
ricristallizzazione, 176 influenza su temperatura di merica, 823
Ozono, degradazione dei polimeri, fusione e transizione vetrosa Polibutilenetereftalato (PB T),
598 nei polimeri, 485-486 struttura merica, 824
influenza sul comportamento Policarbonati:
meccanico, polimeri, 480, densità, 476
p 481 nome commerciale,
Pale di turbina, 230 numero medio, 454, 455-456 caratteristiche ed
Palladio, 97, 376 peso medio, 454, 455-456 applicazioni, 500
Pallinatura, 224, 748 Piaga purpurea, 768 proprietà meccaniche, 476
Pannelli sandwich, 554, 836 Piani cristallografici, 43-4 7 resistenza a degrado, 596
Pannello ammortizzante, 760 compatti, 50-52 rinforzati vs. proprietà non
Paraffine, 448 diffrazione da, 54-55 rinforzate, 537
Paramagnetismo, 681,836 Piano di scorrimento, 155, 158 struttura merica, 453, 824
Paramecri reticolari, 39, 40, 836 Piastrina (silicio), 762 temperature di fusione e
Parametro Larson-Miller, 228 Piezoelettricità, 648-649, 837 transizione vetrosa, 485, 827
Indice analitico • 863

Policloroprene, vedi Cloroprene transizione vetrosa, 485, 827 proprietà meccaniche, 474-477
Policlorotrifluoroetilene, struttura Polietilenetereftalato (PET), vedi fattori che influenzano, 480-
merica, 824 Poliesteri 482
Polidimetilsilossano, 505-506 Poliisobutilene: valori di, 800-801
resistenza a degrado, 596 struttura merica, 464, 825 proprietà termiche, 664, 667
struttura melica, 496, 824 temperature di fusione e ramosi, 458, 459
Poliesteri: transizione vetrosa, 827 reticolati, 459
codice riciclo e prodotti (PET), Poliisoprene, vedi Gomma naturale rigonfiamento e dissoluzione,
785 (poliisoprene) 597-598
comportamento a fatica (PET), Polimeri, 5, 450, 837. Vedi anche semicristallini, 464-465, 467 -
495 Plastiche 468, 477-479, 480-481
densità (PET), 476 a cristallo liquido, 509-511 meccanismi di deformazione
nei compositi a matrice alleraziom~ meleori1,;a, 599 elastico, 477
polimerica, 543 applicazioni varie, 494-495 plastico, 477-479
nomi commerciali, avanzati, 508-512 sferuliti, 446, 467-468, 479,481
caretteristiche ed chimica molecolare, 450-453 stereoisomerismo, 460-461
applicazioni, 501 classificazione, 462 struttura molecolare, 458-459
proprietà meccaniche (PET), come additivi, 498-499 temperatura di fusione, 485,
476 come isolanti, 637,647 827
resistenza a degrado (PET), 476 comportamento sforzo- temperatura di transizione
struttura merica (PET), 453, deformazione, 474-477, 479 vetrosa, 485, 827
824 conduttori, 638 termoindurenti, vedi Polimeri
temperature di fusione e configurazioni molecolari, 459- termoindurenti
transizione vetrosa (PET), 462 termoplastici, vedi Polimeri
485.827 costi, 821 termoplastici
Polietereterchetone (PEEK), 543 cristalli, 466-468 tipi di, 447
resistenza a degrado, 596 cristallinità, 463-465, 830 transizione vetrosa, 483-484
struttura merica, 824 cristallizzazione, 482-483 valori del calore specifico, 662,
temperature di fusione e definizione, 5, 450 811-812
transizione vetrosa, 827 deformazione valori del carico di
Polietilene, 450-451, 452 elastica, 477 snervamento, 476, 800-801
a peso molecolare ultraelevato plastica, 477-479 valori del coefficiente di
(UHMWPE), 508-509, 837 degrado, 596-599 espansione termica, 662,
per protesi artificiali, 754 densità, 464 805-806
proprietà come fibre, 539 effetti delle radiazioni, 598 valori del modulo di elasticità,
codice riciclo e prodotti, 785 elastomeri, 504-506 476, 794- 795
comportamento a fatica, 495 fabbricazione per circuiti valori del rapporto di Poisson,
conduttività elettrica, 637 integrati, 769 796
costante dielettrica e rigidità fibre, 506-507 valori della conduttività
dielettrica, 640 forma delle molecole, 456-458 termica, 662, 808-809
densità, 476, 791 fusione, 483 valori della resistenza a
indice di rifrazione, 714 indici di rifrazione, 714 trazione, 476, 800-801
monocristalli, 466 legami incrociati, vedi Legami valori di densità, 476, 791-792
nomi commerciali, incrociati valori dì duttilità, 476, 800-801
caratteristiche ed lineari, 458, 459, 837 valori di tenacità a frattura, 200,
applicazioni, 500 meccanismi di frattura, 494 803
proprietà meccaniche, 476 naturali, 447 viscoelasticità, 487-491
proprietà termiche, 662 opacità e traslucenza, 720 Polimeri termoindurenti, 487,841
resistenza a degrado, 596 peso molecolare, 453-456 caratteristiche ed applicazioni,
struttura cristallina, 465 proprietà elettriche, 637, 638, 501
temperature di fusione e 640,814 formatura, 501-504
864 • Indice analitico

resistenza a degrado, 596, 597 proprietà termiche, 662 Porcellana, 429


Polimeri termoplastici, 487,841 resistenza a degrado, 596 conduttività elettrica, 637
caratteristiche ed applicazioni, struttura merica, 452, 826 costante dielettrica e rigidità
500-501 temperature di fusione e dielettrica, 640
formatura, 501-504 transizione vetrosa, 485, 827 microstruttura, 433
resistenza a degrado, 596 Polisolfuri, per la fabbricazione di Porosità:
Polimerizzazione, 450, 496-498 circuiti integrati, 770 ceramici refrattari, 434
grado di, 454 Polistirene: ceramici, 412-413
per addizione, 496-497 comportamento a fatica, 495 durante sinterizzazione, 437-
per condensazione, 497-498, comportamento viscoelastico, 438
837 489-490 influenza sul modulo di
Polimero ABS, 500 conduttività elettrica, 637 elasticità, ceramici, 412-413
Polimetilmetacrilato densità, 792 influenza sulla conduttività
agente di fissaggio per protesi indice di rifrazione, 714 termica, 666
artificiale, 754 nomi commerciali, influenza sulla resistenza a
comportamento a fatica, 495 caratteristiche ed flessione, ceramici, 412-413
comportamento sforzo- applicazioni, 501 opacità e traslucenza, 721
deformazione come funzione proprietà dielettriche, 640 Portatori di carica:
della temperatura, 477 proprietà meccaniche, 476 di maggioranza, 621
conducibilità elettrica, 637 proprietà termiche, 662 minoritari, 621
densità, 792 resistenza a degrado, 596 variazione di temperatura, 623-
indice di rifrazione, 714 struttura merica, 452, 826 627
nome commerciale, temperature di fusione e Posizione ottaedrica, 389-390, 684,
caratteristiche ed transizione vetrosa, 485, 827 837
applicazio11i,500 tenacità a frattura in condizione Posizione tetraedrica, 389-390, 684,
proprietà meccaniche, 476 di deformazione piana, 201 837
struttura merica, 452, 825 Politetrafluoroetilene, 45 l Potenziali di elettrodo, 566-567
temperature di fusione e comportamento a fatica, 495 Pressatura:
transizione vetrosa, 827 conduttività elettrica, 637 ceramici, 436-437
tenacità a frattura in condizione costante dielettrica e rigidità vetro, 426
di deformazione piana, 201 dielettrica, 640 Pressatura delle polveri :
Polimmide: densità, 472, 792 isostatica, 436-437
compositi a matrice polimerica, indice di rifrazione, 714 nei ceramici, 436-437
543 proprietà meccaniche, 476 uniassiale, 436-437
fabbricazione per circuiti proprietà termiche, 662 Pressofusione, 355
integrati, 769 resistenza a degrado, 596 Prevenzione della corrosione, 590-
struttura merica, 825 struttura merica, 452, 826 592
temperatura di transizione temperature di fusione e Prima legge di Fick, 97, 665, 835
vetrosa, 827 transizione vetrosa, 485, 827 Principio delle azioni combinate,
Polimorfismo, 37,837 Poliuretano, per la fabbricazione di 521,838
Polipropilene, 452 circuiti integrati, 770 Principio di esclusione di Pauli, 15,
cinetiche di cristallizzazione, Polivinilidencloruro 838
483 struttura merica, 826 Processi
codice riciclo e prodotti, 785 temperature di fusione e attivati termicamente, 297
comportamento a fatica, 495 transizione vetrosa, 827 di produzione dei preimpregnati
densità, 472, 792 Polivinilidenfluoruro (prepreg), 548-549
indice di rifrazione, 714 struttura merica, 826 di ricottura, 329-330, 838
nomi commerciali, temperatura di transizione Prodotti argillosi, 422, 425-433
caratteristiche ed vetrosa, 827 caratteristiche, 429
applicazioni, 500 Polvere di alluminio sinterizzata essiccamento e cottura, 429,
proprietà meccaniche, 476 (PSA), 528 431-433
Indice analitico • 865

fabbricazione, 430 deformazione proprietà termiche, 662


strutturali, 429 PTFE, vedi Politetrafluoroetilene raggi atomici e struttura
Prodotto di energia magnetico, 692- Pultrusione, 547-548 cristallina, 33
693 Punto di deformazione (vetro), 425, rapporto di Poisson, 119
Profilo di concentrazione, 96,838 838 ricristallizzazione, 176, 297
Progettazione del telaio, 763- 764, Punto di fusione (temperatura), 424 sistemi di scorrimento, 159
766 ed energia di legame per Rapporti:
Progetto di perdita prima della materiali selezionati, 22 di Poisson, 123-124, 838
rottura, 204 fattori che influenzano metalli selezionati, 119
Progetto molla per valvola di (polimeri), 485-486 valori per diversi materiali,
automobile, 742- 749 polimeri, 484-486, 827 796-797
Propagazione della cricca, 186 vetri, 838 di sforzo, 21 I
fatica e, 213-22 l Punti: Pilling-Bedwurlh, 593-594, 838
nei ceramici, 406-408 di rammollimento, 425, 838 Reazioni:
nella frattura duttile, 187-188 di ricottura, vetro, 425,838 a catena di polimerizzazione,
nella frattura fragile, 189-191 inferiore di snervamento, 124, 496-497
teoria di Griffith, 193-194 125 di polimerizzazione a stadi,
velocità di, 216-221 invariante, 257,838 497-498, 837
Propano, 448 superiore di snervamento, 124, peritettica, 270, 838
Proprietà, 838 125 elettrochimiche, 564-571
categorie di, 3 Pyroceram, 428 eutettiche, 257, 262, 269-270,
termiche, 659,662, 803-812 composizione, 423 276,838
Protezione: modulo di elasticità, 41 O cinetica, 299-300
balistiche ceramiche, 441 resistenza a flessione, 410 Recovery, 172-173, 838
catodica, 583, 590-592, 838 Recupero durante deformazione
termica dello Space Shuttle, elastica, 135,838
658 Q Refrattari (ceramici), 422, 433-435,
materiali selezionati, 755- Quarzo, 393-394, 429 838
76 l come materiale piezoelettrico, corrosione, 595
Protoni, 10 649 Refrattari basici, 435
Prove: durezza, 4 I4 Regole
di deflessione, 408-409 indice di rifrazione, 714 della leva inversa, 248-250, 838
equazione di deflessione della leva, 249-251, 838
massima, 419 delle fasi di Gibbs, 272-274,
di durezza di Rockwell, 136, R 838
138 Radiazione elettromagnetica, 708- di Matthiessen, 614,838
di durezza di Vickers, 136, 138 712 Resilienza, 130, 838
<li impatto di Izod, 205-206, Raffreddamento di non equilibrio, a intaglio, 132, 206
838 253-255, 284 Resine fenoliche, 501
di profondità di tempra Jominy, Raggi atomici, di metalli Resistenza, 126
332,333,838 selezionati, 33 a fatica, 212-213, 838
di durezza di Rockwell, 112, Raggi ionici, 383, 385 materiali per protesi
135-137 Raggi x, 708, 709 artificiale, 752, 754
di fatica, 212-213 Rame: a flessione, 408-410, 838
curve S-N, 212-213, 237, carico di snervamento e di influenza della porosità,
495,746 rottura, duttilità, 130 ceramici, 412-413
di microdurezza, 139 conducibilità elettrica, 614 valori per alcuni ceramici,
di taglio, 117 moduli di elasticità e di taglio, 410,800
di torsione, 117 119 a frattura, 126
di trazione, 115-116. Vedi anche OFHC, 616 a rottura, 126-129, 839
Comportamento sforzo- pattern di diffrazione, 65 compositi fibrosi, 535
866 • lndjce analitico

correlazione con durezza, indice di, 713, 834 Semiconduttori:


139-140 Rigidità, vedi Modulo di elasticità assorbimento della luce, 715-
indurimento per della catena, 458,485,486 718
precipitazione lega di dielettrica, 647 bande, 610-6 12
alluminio, 345 ceramici selezionati e costi, 820
influenza della polimeri, 640 definizione, 6, 608, 839
ricristallizzazione, 175 Rilievi di saldatura, 770, 771 estrinseci, 619-623, 839
martensite rinvenuta, 319 Rimanenza, 689-690, 839 fullereni come, 400
materiali per protesi Rinvenimento influenza della temperatura
artificiali, 752, 754 fibre polimeriche, 507, 833 sulla conduttività, 623-627
materiali selezionati fibro- influenza sulle proprietà dei del germanio, 654-655
rinforzati, 539 polimeri, 481 intrinseci, 6 I 7-619, 839
metalli selezionati, 130 metalli, 354, 835 nei computer, 635
perlite fine, 315 vetro, 426, 427 tipo n, 619-621, 839
polimeri selezionati, 476 Ritardanti di fiamma, 499,839 tipo p, 621-623, 839
valori per diversi materiali, Rivestimenti (polimero), 507 Semireazioni, 565
797-801 Rodio, 376 Separazione interatomica, 19, 20
a sforzo torsionale, 736-741 Rosso, 436 Serie galvanica, 570-571, 839
a taglio, 736 Rotture, 226, 839 Serie standard delle fem, 567-569
all'impatto, polimeri, 494 di legame nei polimeri, 598-599 Sferoidite, 305, 839
allo strappo, 495 dielettrica, 632, 647 durezza e duttilità, 316
elettrica, 606 Rubino, 723-724 Sferoidizzazione, 331, 839
specifica, 371, 528, 838 caratteristiche ottiche, 7 I 9-720 Sferulite, nei polimeri, 446, 467-
materiali selezionati fibro- 468, 839
rinforzati, 539 alterazione durame
Resistività elettrica, 606, 838. Vedi s deformazione, 479
anche Conducibiltà elettrica Saldatura, 356, 839 micrografia del polietilene, 468
valori per vari metalli, 812-815 a laser, 357 micrografia elettronica a
Reticoli, 33, 838 packaging del circuito integrato, trasmissione, 446
Riciclo: 764,770 Sforzi, vedi anche Comportamento
dei compositi, 786 Sale di Rochelle, 648 sforzo-deformazione
dei metalli, 783-784 Saturazione, semiconduttori ciclici (fatica), 210-211
del vetro, 784 estrinseci, 625-626 ciclici, 209-210
di plastiche e gomma, 784-785 SBR, vedi Gomma stirene- critici di taglio indotto. 160-
in merito alla scienza ed butadiene 161, 840
all'ingegneria dei materiali, Scala di durezza di Mohs, 135, 139 critici, 193-194
782-786 Schiume, 508, 839 di progetto, 144, 839
Ricombinazione, lacuna elettronica, Sci, sezione trasversale, 520 di sicurezza, 144
631, 716-717 Scissione, 598, 839 di taglio indotti, 160-161, 840
Ricottura, 312, 329, 330-331, 839 Scorie acide, 435 effetto su creep, 226-228
completa, 312,331,839 Scorrimento, 123, 155, 839 ingegneristici, 115
doppia, 80 confronto con deformazione per lavorazione, 144
e distensione, 330 geminazione, 166 medi (fatica), 209, 210, 222
leghe ferrose, 330-331 materiali policristallini, 163- molle, 742-743
vetro, 427 164 normali (indotto da tensione),
Riduzione (elettrochimica), 564, monocristalli, 159-161 118-119
839 Seconda legge di Fick, 98, 672, 835 piani, 197
Riempitivi, 498, 839 Segnale fotonico, 727 residui, 330. Vedi anche Sforzi
Riflessione, 714-715, 839 SEM, vedi Microscopio elettronico termici
Riflettività, 710, 714-715 a scansione acci ai martensi tici, 318
Rifrazione, 713-714, 839 Semicelle standard, 567,568,839 vetro, 427
Indice analitico • 86 7

taglio (indotto da tensione), Sistemi: Sovrainvecchiamento, 343, 840


118-119 cristallini, 39-40, 830 Sovrariscaldamento, 298, 840
taglio, 117,118,160,839 ortorombici, 38, 39 Sovratensione, 573, 574-576
termici, 224, 667-669 triclini, 38, 39 Space Shuttle Orbiter, 734, 755
vetro, 427 anisotropia nei, 52 Spettro elettromagnetico, 708-709
Shock termico, 427, 664, 840 cristallino: Spettro visibile, 709
cambio massimo di temperatura esagonale, 39-40 Spinello, 390, 404
in uscita, 673 indici di direzione, 42-43 indice di rifrazione, 714
materiali fragili, 668-669 indici planari, 46-47 modulo di elasticità, 41 O
Sigillatura ermetica, 763 monoclino, 39, 40 proprietà termiche, 662
Silicati romboedrico, 40, 41 resistenza a flessione, 41 O
stratiformi, 395-396 tetragonale, 38, 39 struttura, 390
struttura tetraedrica, 393 definizione, 242, 840 Stagno, 376-377
tipi e strutture, 394-396 di condotti di colata, 355 scatole di latta, 603
vetri, 394 di coordinate di Miller-Bravais, temperatura critica di
Silice, 393-394 43-44 superconduzione, 701
come refrattario, 434-435 di piastrelle ceramiche (Space temperatura di
fibre per comunicazioni ottiche, Shuttlte), 758-761 ricristallizzazione, 176
728-730 di protezione termica (Space Stampaggio:
fibre, Space Shuttle, 758- 759 Shuttle), 658 per compressione, plastiche,
fusa, vedi Silice fusa materiali selezionati per, 502
strutture cristalline e non 755-761 per iniezione, 503
cristalline, 5 8 di scorrimento, 158-159, 840 per soffiatura, plastiche, 503-
Silice fusa, 394 eutettici 504
caratteristiche, 394 bianari, 255-267 plastiche, 502-504, 840
conducibilità elettrica, 637 evoluzione delle Standard ASTM, 113
indice di rifrazione, 714 microstrutture, 260-267 Stati elettronici, 840
modulo di elasticità, 41 O isomorfi, 246, 834 Stato di sforzo, considerazioni
proprietà dielettriche, 640 binari, vedi Leghe isomorfe geometriche, 118-119
proprietà termiche, 662 binarie Stato eccitato, 15, 711-712, 840
resistenza a flessione, 4 IO omogenei vs. eterogenei Stato metastabile, 245
Silicio: Smaltimento dei materiali, 781-782 Steatite, proprietà dielettriche, 640
caratteristiche elettriche, 617 Soffiatura, di vetro, 426 Stechiometria, 401,840
coefficiente lineare di Solfuro di cadmio Stereoisomerismo, 840
espansione termica, 764 colore, 719 polimeri, 460-461
concentrazione di portatore vs. proprietà elettriche, 617 Stirene, 464
temperatura, 625 Solidi reticolati, 399 Strato isolante superficiale
conduttività vs. temperatura, Soluti, 840 riutilizzabile flessibile
624 definizione, 69 avanzato (AFRSI), 757-758
conduzione in, 618 Soluzioni solide, 69-71, 840 Striature (fatica), 216-217
costo, 820 intermedie, 267,271,840 Strizione, 127
energia di legame e temperatura interstiziali, 69-71, 402, 840 criterio, 151
di fusione, 22 nei ceramici, 402 in frattura duttile, 186- I 87
wafer, 762 ordinate, 267, 369 polimeri, 479
Siliconi: terminali, 267,840 stato complesso di sforzo, 132-
per la fabbricazione di circuiti Solventi, 840 133
integrati, 770 definizione, 69 Struttura, 3
utilizzo nello Space Shuttle, Sostituzione artificiale dell'anca, a nido d'ape, 554
757-758, 760 materiali selezionati, 751- atomica, 10-18
Simboli, lista, xix-xxi 755 cubica a corpo centrato, 34-35,
Sinterizzazione, 437-438, 840 Souoraffreddamenro, 298, 840 830
868 • Indice analitico

per germinazione, 165 Suolo, come ambiente corrosivo. 841


sistemi di scorrimento, 159 589 fattori che influiscono,
cubica a facce centrate, 33-34, Superlnvar,662,664 pilimeri, 486
830 Superconduttività, 698-701 valori per polimeri
impilaggio di anioni, 389- Superconduttori, 698 selezionati, 485, 827
390 alta temperatura, 700- 701 fittizia, 424
piani compatti, 49-50 proprietà critiche, 70 I Tempo di indurimento, vedi
sistemi di scorrimento, 159- tipi I e II, 699-700 Indurimento per
160 Superleghe, 376 precipitazione
cristallina AmBnXp,388 fibro-rinforzate, 544 Tempo di rilassamento, 517
cristallina esagonale compatta, resistenza a creep, 230 Tempo di vita a rottura, 226
36,832 Supporti magnetici particulati, 696 estrapolazione di, 228-229
geminazione, 165 Suscettibilità magnetica, 678, 840 Tempra
impacchettamento dei piani, alcuni materiali diamagnetici e acciai, 319-321
49-50 paramagnetici, 681 vetro, 408, 427-428, 444
impacchettamento di anioni, diverse unità per, 678, 703- 704 Temprabilità, 332-336, 841
389-390 Tenacità, 130-131, 841
sistemi di scorrimento, 159 Tenacità a frattura in condizioni di
definizione, 840 T deformazione piana, 200-
del cloruro di cesio, 387, 389 Talco, 396 202, 84l
del salgemma, 386, 389 Tantalio, 374, 376 compositi a matrice ceramica,
della fluorite, 388 Tavola periodica, 17-18, 840 546
dello spinello inversa, 684 Tavole di selezione dei materiali, materiali selezionati, 802-803
eutettica, 263,840 737, 738-739 Test di durezza di Brinell, 137-138
molecolare, polimeri, 458-459, Tecnica di Charpy per valutazione Titanalo ùi bario
840 di impatto, 205-208 come dielettrico, 647
perovskitica, 388, 648, 700 Tecnica di diffrazione a raggi x come ferroelettrico, 64 7-648
sferulite, 387, 389 delle polveri, 57-58 struttura cristallina, 388, 648
Strutture cristalline, 31-40, 840. Tecniche di fusione Titanio:
Vedi anche Sruttura cubica a a nastro, 439 carichi di snervamento e di
corpo centrato; Stmtture formatura, 430-431 rottura, duttilità, I 30
cristalline compatte; metalli, 354-355 moduli di elasticità e di taglio,
Struttura cubica a facce plastiche, 504 118
centrate; Struttura esagonale Tecniche di produzione, 780 raggio atomico e struttura
compatta Teflon, vedi Politetrafluoroetilene cristallina, 33
ceramici, 382-391 Temperatura rapporto di Poisson, 118
compatte, 50-52 critica (superconduttività), 698, sistemi di scorrimento, 159
determinazione della 699,701 temperatura critica di
diffrazione a raggi x, 53-58 critica inferiore, 330,841 superconduzione, 701
metalli selezionati, 35 critica superiore, 330, 841 trans, 461,841
tipi, 33-35, 49-50 di Curie, 687,841 Transistor, 633-636
Strutture cristalline derivanti ferromagnetica, 661 a giunzione n-p-n, 633
dall'impaccamento fotoelettrica, 648 a giunzione p-n-p, 633-634
ravvit:inalo di anioni, 389- di Debye, 660, 661 MOSFET, 633, 634, 836
390 di Néel, 688 Transizioni:
Strutture cristallo AX, 386-387 di ricristallizzazione, 175-176, duttile-fragile, 207-208, 841
Styrofoam, 667 841 e fragilità da rinvenimento,
Sulfuro di polifenilene (PPS), 543 di transizione, duttile-fragile, 320
struttura merica, 825 vedi Transizione duttile- polimeri, 493, 494
temperature di fusione e fragile elettroniche, 711-717
transizione vetrosa, 827 di transizione vetrosa, 424, 484, vetrosa, polimeri, 484-485
Indice analitico • 869

Trasduttori, 648 u conducibilità elettrica, 637


Trasferimento di calore Unità viscosità, 425
meccanismo, 659-660, 665 parametri elettrici e dielettrici, calce-sodico, 423
stato di non equilibrio, 672 643 composizione, 423
Trasformazione atermica, 307, 841 parametri magnetici, 678, conduttività elettrica, 637
Trasformazioni di fase, 841 SI. 787-788 proprietà dielettriche, 640
atermica, 307 di massa atomica (urna), 10-11, proprietà termiche, 662
classificazione, 295 841 shock termico, 669
multifase, 297-298 magnetiche, fattori di viscosità, 425
congruenti, 270-271, 84/ conversione, 678 classificazione, 422-423
Trasformazioni polimorfiche, nel meriche, 450 colore, 720
ferro, 274-275 bifunzionale e trifunzionale, come materiale amorfo, 58
Traslucenza, 710, 841 453 commerciale, composizioni e
isolanti, 720-721 tabella di, 452-453, 823-826 caratteristiche, 423
Trasmissione, 718 Utensili, 361, 362 comportamento sforzo-
Trasmittanza, 71O deformazione, 41 O
. Trasparenza, 71O,841 conducibilità elettrica, 637
Trattamenti termici, 92. Vedi anche V costo, 820
Ricottura; Trasformazioni di Vacanze, 67-68, 842 durezza, 414
fase diffusione, 95, 842 E, 539,540
acciai, 331-341 nei ceramici, 400 fabbricazione per circuiti
corrosione intergranulare, 585 numero di equilibrio, 67 integrati, 769
infragilimento da idrogeno, 588 Vaiolatura (pitting), 584, 585, 751, indice di rifrazione, 714
morfologia del polimero, 479 837 metallici, 652, 777
proprietà del polimero, 481 -482 Valore medio, 141 modulo di elasticità, 41 O
recovery, ricristallizzazione e Valutazione della frattura da per lenti, composizione e
crescita del grano, 172-179 impatto, 205-210 proprietà, 423, 714
riduzione di dislocazione, 158 Velocità: propagazione della superficie
trattamento termico di critica di raffreddamento, 311- della cricca, 407
precipitazione, 343-344 313 proprietà dielettriche, 640
vetro,427 di penetrazione di corrosione, proprietà termiche, 662
Trattamento termico delle soluzioni, 572,842 proprietà viscose, 424-425
342,840 leghe per protesi artificiale, punto di deformazione, 425
Trave a sbalzo, selezione dei 754 punto di fusione, 424
materiali, 774 materiali per impianti, 751 punto di lavoro, 424, 842
Tubi, 426, 503-504 di raffreddamento, delle basi punto di rammollimento, 425
Tungsteno, 374 cilindriche, 338 Pyrex:
energia di legame e temperatura di rilascio dell'energia di composizione, 423
di fusione, 22 deformazione, 194 indice di rifrazione, 714
moduli di elasticità e di taglio, di scorrimento, elettrone, 613 proprietà termiche, 662
118 di trasformazione, 841 shock termico, 669
proprietà come filo, 539 di trasformazione di fase, 296- resistenza alla corrosione, 595
proprietà termiche, 662 297 resistenza alla flessione, 410
raggio atomico e slrulLUTa dipendenza dalla ricottura, 331, 427
cristallina, 33 temperatura, 297 silicei, 394
rapporto di Poisson, 118 trasformazione martensitica, viscosità, 425
sistemi di scorrimento, 159 306-307 sodio-silicato, 394
temperatura critica di Vetrificazione, 432, 842 soffiatura, 426
superconduzione, 701 Vetri: spessore piastra tenacità a
temperatura di borosilicato frattura, 200
ricristallizzazione, 176 composizione, 423 struttura, 394
870 • Indice analitico

tecniche di lavorazione; 425- dipendenza dalla temperatura raggio atomico e struttura


426 per i vetri, 424-425 cristallina, 33
tempra, 427-428 Visione (vetro-ceramici), 428 ricristallizzazione, 176
trattamento al calore, 427 Vita a fatica, 213,842 sistemi di scorrimento, 159
Vetro-ceramici, 428, 842 fattori che influiscono, 223-225 Zirconato di piombo, 649
composizione e proprietà, 423 previsione, 219- 22 I Zirconia, 435
microstruttura, 421 Voltaggio Hall, 629 modulo di elasticità, 410
modulo di elasticità, 410 Vulcanizzazione, 458, 504, 842 resistenza a flessione, 41 O
resistenza a flessione, 41 O stabilizzata, 405
Vettori campo magnetico, 676-678 Zirconio:
Vettore di Burgers, 75, 76, 90, 842 w leghe, 377
Vibrazioni atomiche, 8 I . 659-660, Whisker, 192,539,842 sistemi di scorrimento, 159
842 Wiistite, 401, 655, 657 Zirco-titanato di piombo, 648
Video cassette per registrazioni, Zona termicamente alterata, 357
695,777
Viscoelasticità, 121, 487-491, 842 z
Viscosità, 411-412, 444,842 Zinco:
Caratteristiche degli elementi

Elemento Simbolo Numero Peso Densità Struttura Raggio Raggio Valenza Punto di
atomico atomico a20°C cristallina atomico ionico più fusione
(uma) (Mglm') a20°C (nm) (nm) comune (OC)

Alluminio Al 13 26.98 2.71 cfc 0.143 0.053 3+ 660.4


Argon Ar 18 39.95 Inerte -189.2
Bario Ba 56 137.33 3.5 cu; 0.217 0.136 2+ 725
Berillio Be 4 9.012 1.85 es.e 0.114 0.035 2+ 1278
Boro B 5 10.81 2.34 romb. 0.023 3+ 2300
Bromo Br 35 79.90 0.196 1- -7.2
Cadmio Cd 48 112.41 8.65 es.e 0.149 0.095 2+ 321
Calcio Ca 20 40.08 1.55 etc 0.197 0.100 2+ 839
Carbonio c 6 12.01 l 2.25 es.e 0.071 -0.016 4+ Sublima a 3367
Cesio Cs 55 132.91 1.87 ccc 0.265 0.170 1+ 28.4
Cloro Cl 17 35.45 0.181 l- -101
Cromo Cr 24 52.00 7.19 ccc 0.125 0.063 3+ 1875
Cobalto Co 27 58.93 8.9 es.e 0.125 0.072 2+ 1495
Rame Cu 29 63.55 8.94 cfc 0.128 0.096 l+ 1085
Fluoro F 9 19.00 0.133 1- -220
Gallio Ga 31 69.72 5.90 ortoromb. 0.122 0.062 3+ 29.8
Gennanio Ge 32 72.59 5.32 cub.dia. 0.122 0.053 4+ 937
Oro Au 79 196.97 19.32 cfc 0.144 0.137 I+ 1064
Elio He 2 4.003 Inerte -272(a 26 bar)
Idrogeno H l 1.008 0.154 l+ -259
Iodio 53 126.91 4.93 ortoromb. 0.136 0.220 1- 114
Ferro Fe 26 55.85 7.87 cçc 0.124 0.077 2+ 1538
Piombo Pb 82 207.2 11.35 cfc 0.175 0.120 2+ 327
Litio Li 3 6.94 0.534 ccc 0.152 0.068 l+ 181
Magnesio Mg 12 24.31 l.74 es.e. 0.160 0.072 2+ 649
Manganese Mn 25 54.94 7.44 cubica 0.112 0.067 2+ 1244
Mercurio Hg 80 200.59 0.110 2+ -38.8
Molibdeno Mo 42 95.94 10.22 ccc 0.136 0.070 4+ 2617
Neon Ne IO 20.18 Inerte -248.7
Nichel Ni 28 56.69 8.90 cfc 0.125 0.069 2+ 1455
Niobio Nb 41 92.91 8.57 ccc 0.143 0.069 5+ 2468
ALOlO N 7 14.007 0.01---0.02 5+ -209.9
Ossigeno o 8 16.00 0.140 2- -218.4
Fosforo p 15 30.97 1.82 Ortoromb. 0.1tl9 0.035 5+ 44.1
Platino Pt 78 195.08 21.45 cfc 0.139 0.080 2+ 1772
Potassio K 19 39.10 0.862 ccc 0.231 0.138 I+ 63
Silicio Si 14 28.09 2.33 cub.dia. 0.118 0.040 4+ 1410
Argento Ag 47 107.87 10.49 etc 0.144 0.126 I+ 962
Sodio Na 11 22.99 0.971 C(;C 0.186 0.102 I+ 98
Zolfo s 16 32.06 2.07 ortoromb. 0.106 0.184 2- 113
Stagno Sn 50 118.69 7.17 tetragon. 0.151 0.071 4+ 232
Titanio Ti 22 47.88 4.51 es.e 0.145 0.068 4+ 1668
Tungsteno w 74 183.85 19.3 ccc 0.137 0.070 4+ 3410
Vanadio V 23 50.94 6.1 ccc 0.132 0.059 5+ 1890
Zinco Zn 30 65.39 7.13 es.e 0.133 0.074 2+ 420
Zirconio Zr 40 91.22 6.51 es.e 0.159 0.079 4+ 1852
Fattori di conversione

Lunghezza
1 m = 10 10 À 1À = 10- 10 m
1 m = 109 nm 1 nm= 10- 9 m
1 m = 106 µ.m l µm = 10-6 m
1 m = 103 mm 1 mm= 10· 3 m
lm=l0 2 cm 1 cm= 10- 2 m
1 mm = 0.0394 in. 1 in.: 25.4 mtn
1 cm = 0.394 in. 1 in. = 2.54 cm
1 m = 3.28 ft 1 ft = 0.3048 m
Area
1 m 2 = 1()4crn 2 I cm 2 : 10- 4 m 2
1 rnm 2 = 10- 2 cm 2 1 cm 2 = 102 mm 2
1 m 2 = 10.76ft 2 l ft2 ==0.093 m 2
1 cm 2 = 0.1550 in. 2 1 in. 2 = 6.452 cm 2
Volume
1 m3 = 106 cm 3 l cm 3 = 10- 6 m3
1 mm 3 = 10- 3 cm 3 1 cm 3 = 103 mm 3
1 m3 = 35.32 ft 3 l ft 3 = 0.0283 m 3
1 cm 3 = 0.0610 in.,' 1 in. 3 = 16.39 cm 3
Massa
1 Mg= 103 kg 1 kg ==10- 3 Mg
1 kg= 103 g 1 g ==10- 3 kg
l kg = 2.205 lbm ] lbm = 0.4536 kg
1 g = 2.205 X 10- 3 Jbm 1 lbm = 453.6 g
Densità
1 kg/m 3 = 10- 3 g/cm 3 1 g/cm 3 = 103 kg/m 3
1 Mg/m 3 = 1 g/cm 3 1 g/cm 3 = l Mg/m 3
1 kg/m 3 ==0.0624 lbm/ft 3 1 lbm/ft 3 = 16.02 kg/m 3
1 g/cm 3 = 62.4 lbm/ft 3 1 lb,,Jft 3 = 1.602 X 10- 2 g/cm 3
l g/cm 3 = 0.0361 lbm/in. 3 1 lbm/in. 3 = 27.7 g/cm 3
Forza
1N = 105 dynes 1 dyne = 10- 5 N
1N = 0.2248 lbr 1 lbr = 4.448 N
Sforzo
1 MPa = 145 psi 1 psi= 6.90 X 10- 3 MPa
1 MPa = 0.102 kg/mm 2 1 kg/mm 2 = 9.806 MPa
1 Pa = 10 dynes/cm 2 1 dyne/cm 2 = 0.10 Pa
1 kg/mm 2 = 1422 psi 1 psi = 7.03 x 10- 4 kg/mm 2
Resistenza a frattura
l psi v'Ìn. = 1.099 X 10- 3 MPa Vm 1 MPa Vm = 910 psi W.
Energi,a
1 J = 107 ergs I erg: 10 7 J
1 J = 6.24 X 1018 eV 1 eV = 1.602 X 10- 19 J
1 J = 0.239 ca! 1 ca!= 4.1841
1 J = 9.48 X 10- 4 Btu 1Btu=1054J
l J = 0.738 ft-lbr 1 ft-lbr = 1.356 J
1 e V = 3.83 X 10- 20 ca! 1 ca!= 2.61 X 10 19 eV
1 cal = 3.97 X 10- 3 Btu 1 Btu = 252.0 ca!
Potenza

1 W = 0.239 cal/s 1 cal/s = 4.184 W


1 W = 3.414 Btu/h 1 Btu/h = 0.293 W
1 cal/s = 14.29 Btu/h 1 Btu/h = 0.070 cal/s
Viscosità
1 Pa-s = lOP 1P = 0.1 Pa-s
Temperatura, T
T(K) = 2i3 + T( 0 C) T( 0 C) = T(K) - 273
T(K) = ;[T(°F) - 32] + 273 T(°F) = HT(K) - 273] + 32
T( 0 C) = HT(°F) - 32] T(°F) = i[T( 0 C)] + 32
Calore specifico
1 J/kg-K = 2.39 X 10- 4 cal/g-K 1 cal/g-°C = 4184J/kg-K
1 J/kg-K = 2.39 X 10- 4 Btu/lbm-°F 1 Btu/lbm-°F = 4184J/kg-K
1 cal/g-°C = 1.0 Btu/lbm-°F 1 Btu/lbm-°F = 1.0 cal/g-K
Conducibilittì termica
1 W/m-K = 2.39 X 10- 3 cal/cm-s-K 1 cal/cm-s-K = 418.4 W/m-K
1 W/m-K ~ 0.578Btu/ft-h-°F ] Btu/ft-h-°F = 1.730 W/m-K
1 cal/cm-s-K = 241.8 Btu/ft-h-°F 1 Btu/ft-h-°F = 4.136 X 10 3 cal/cm-s-K

Tavola periodica degli elementi

D Metallo

IA
1
H
[a
Chiave
Numero atomico
Simbolo
Non metallo
o

1.0080 IIA
Peso atomico
3 4
Intermedio
Li Be
6.939 9.0122
li 12
Na Mg VIII
22.990 24.312 1118 IVB VB Vl8 VIIB 18 118
19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31
K Ca Se Ti V Cr Mn Fe Co Ni Cu Zn
39.102 40.08 44.956 47.90 50.942 51.996 54.938 55.847 58.933 58.71 63.54 65.37
37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48
Rb Sr y Zr Nb Mo Te Ru Rh Pd Ag Cd In Sn

,.;
85.47 87.62 88.91 91.22 92.91 95.94 (99) 101.07 102.Sl 106.4 107.87 112.40 114.82 118.69 121.75
55 56 72 73 74 75 76 77 78 79 80 81 82 83 ;p JII!

Cs Ba Ht Ta w Re Os lr Pt Au Hg TI Pb Bi Po ,ta_::
132.91 137.34 178.49 180.95 183.85 186.2 1902 192.2 195.09 196.97 200.59 204.37 207.19 208.98 (210) :tltdt'!8!
87 88
Fr Ra
(223) (226)

57 58 59 60 61 62 63 64 65 66 67 68 69 70 71
Serie delle terre rare La Ce Pr Nd Pm Sm Eu Gd Tb Dy Ho Er Tm Yb Lu
138.91 140.12 140.91 144.24 045) 150.35 151.96 157.25 158.92 162.50 164.93 167.26 168.93 173.04 174.97
89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 100 l01 102 103
Serie degli attinio i Ac Th Pa u Np Pu Am Cm Bk Cf Es Fm Md No Lw
(227) 232.04 (231) 238.03 (237) (242) (243) (247) (247) 1249) (254) (253: (256) (254) (257)
lori delle coi;;tanti fisiche
itante Simbolo Unità SI Unità cgs

mero di Avogadro N., 6.023 X )023 6.023 X 1021


molecole/ mol molecole/ mol
;tante di Boltzmann k 1.38 X I 0-21 J/atomo K 1.38 x 10-10 erg/atomo-K
8.62 x IO-' eV/ atomo-K
gnetone di Bohr µ. 9.27 x 10-24 A-m' 9.27 x IO 21 erg/gauss"
·ica elettronica e 1.602 >< IO 19 C 4.8 >< 10- 10 statcoul"
ssa cleuronica 9.J] X 10 11 kg 9.11 X 10-,Sg
,tante dei gas R 8.31 J/mol-K 1.987 cal/mol-K
meabilità nel vuoto /.li, 1.257 x 10-<> henry/m unità"
mittività nel vuoto Eo 8.85 X w-i, farad/m unità"
,tante di Planck h 6.63 X 10 l4 J-S 6.63 x 10-21 erg-s
4.13 x 10- 15 eV-s
?Cità della luce nel vuoto e 3 x IO' rn/s 3 x 10' 0 cm/s

unità cgs-emu
unità cgs-esu

Abbreviazioni delle unità


A = ampèrc J = joule N = newton
A = angstrom K = gradi Kelvin nm = nanometro
e = Coulomb kg = chilogrammi p = poise
oc = gradi Celsius m = metro Pa = Pascal
cal = calorie (grammo) Mg = megagrammi s "'secondo
cm = centimetri mm = millimetri T = temperatura
eV = elettron volt mo) =mole µm = micrometro
g = grammi MPa = megapascal (micron)
w = watt

Prefii;;.;i,lei multipli e sottomultipli del SI


Fattore moltiplicativo Prefisso Simbolo

109 giga G
10° mega M
10' chilo k
10~1 centi" ç
IO' milli m
IO• micro ,u
Io-• nano n
w-" pico p

"Evitare quando possibile

Potrebbero piacerti anche