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sociali
scoprire legami in un
mondo che cambia
08-09 2022
Italia al voto: Arturo Sosa SJ:
quale futuro vogliamo? ritornare all'essenziale
aggiornamenti sociali
anno 73 • numero 08-09 • agosto-settembre 2022
496-504 letture&visioni
#mediterraneo: M. Mercuri – P. Quercia, Naufragio Mediterraneo /
C. Spottorno – G. Abril, La crepa / G. Ungherese, Non tutto il mare è perduto
N. Piro, Maledetti pacifisti
Segnalazioni: Io, Felicia / Chiesa, dove sei? / Intelligenza artificiale
in collaborazione con
editoriale
Votare: un verbo
da coniugare al futuro
Giuseppe Riggio SJ
Direttore di Aggiornamenti Sociali
<direttore@aggiornamentisociali.it>, @giuriggio
T
ra le poche certezze della politica italiana vi era una regola di
buon senso non scritta, legata al calendario dei lavori parlamen-
tari: «Non si vota in autunno» per salvaguardare i tempi necessa-
ri per la discussione e l’approvazione della legge di bilancio. Ma anche que-
sta sorta di tabù politico – insieme a quello di dedicare il mese di agosto al
riposo e alle feste di partito e non a un’incandescente campagna elettorale
– è stato travolto dal modo in cui si è aperta e svolta la crisi politica che ha
segnato la fine del Governo Draghi. Così, per la prima volta nella storia
repubblicana, ci recheremo alle urne per eleggere il nuovo Parlamento
il 25 settembre, esprimendo attraverso il voto la nostra indicazione
su quale progetto politico riteniamo più adatto per il nostro Paese e a
quale classe dirigente ne affidiamo la guida per i prossimi cinque anni.
Si tratta di una scelta importante e non facile da compiere, per questo può
essere di aiuto richiamare alla memoria gli eventi dell’ultimo periodo, non
tanto per farne una puntuale ricostruzione quanto per cogliere alcune que-
stioni di fondo presenti nella nostra politica che finiscono con rallentare il
nostro Paese. Allo stesso tempo, è essenziale allargare lo sguardo oltre alla
contingenza presente, mettendoci in ascolto di ciò che riteniamo essenziale
per il futuro.
Paolo Foglizzo
Redazione di Aggiornamenti Sociali
<foglizzo.p@aggiornamentisociali.it>
H
a suscitato scalpore a livello globale la decisone con cui il 24
giugno scorso la Corte suprema degli Stati Uniti è interve-
nuta in materia di aborto, pronunciandosi sul caso Dobbs
v. Jackson Women’s Health Organization (in breve: Sentenza Dobbs) e
rovesciando la altrettanto storica sentenza del 1973 sul caso noto come
Roe v. Wade, che aveva portato per via giurisprudenziale al riconosci-
mento del diritto all’aborto negli Stati Uniti. Immediatamente la deci-
sione è stata bollata da alcuni come oscurantista e lesiva della libertà delle
donne, mentre da altri è stata salutata come una sentenza a favore della
vita. Questa rappresentazione rischia di risultare riduttiva, perché sembra
riposare sull’esistenza di una opposizione e di una mutua esclusione tra
valori tra i quali non dovrebbe sussistere un conflitto, ma si dovrebbe
fare ogni sforzo per costruire un’alleanza.
Lo stupore generato dalla Sentenza Dobbs, che è stata oggetto di
commento non solo da parte di cittadini e organizzazioni statunitensi,
ma di personalità di ogni genere e nazionalità, tra cui Capi di Stato e
rappresentanti di organizzazioni internazionali, deriva dal fatto che la le-
galizzazione dell’aborto è normalmente considerata come irreversibile.
La Sentenza Dobbs mostra che non è così e ripropone un problema che
era considerato chiuso. Simbolicamente dunque è una sentenza a favore
della vita. Valutare se, quanto e a che condizioni potrà esserlo anche in
pratica richiede considerazioni più approfondite.
Questo vale a maggior ragione quando la domanda si pone in contesti
sociali, culturali e giuridici diversi da quello statunitense. Certamente
interpella anche il nostro Paese, ma affrontare la questione della sua rile-
vanza in prospettiva italiana richiede prima di esaminarla con attenzione
nel suo contesto di origine, soprattutto allo scopo di evitare cortocircuiti
ideologici.
a) L’aborto è un diritto?
Il XIV Emendamento della Costituzione statunitense tutela la privacy
personale (personal privacy) dei cittadini, intesa come diritto a gestire la pro-
pria esistenza liberamente senza ingerenze dello Stato. Nel 1973, con la Sen-
tenza Roe, la Corte suprema opera una interpretazione del XIV Emen-
damento affermando che implicitamente esso tutela anche il diritto
delle donne ad abortire. Da allora questa interpretazione ha fatto scorrere
fiumi di inchiostro da parte dei giuristi d’oltreoceano, ma in tutte le suc-
cessive sentenze in materia di aborto la Corte suprema lo aveva riaffermato.
In quanto sancito dalla Costituzione federale, questo diritto prevale sulla
legislazione dei singoli Stati, a cui viene inibita la possibilità di legiferare in
materia di aborto in maniera più restrittiva di quanto previsto dalla Sen-
tenza Roe, che, come nota Massimo Faggioli, era «una delle più liberali e
libertarie» del mondo (Faggioli M., «Stati Uniti - Aborto: davvero pro life?
L’abrogazione di Roe v. Wade da parte della Corte suprema», in Il Regno, 14
[2022] 411-415). Nel momento in cui nel 1973 aveva riconosciuto l’aborto
come diritto, la Corte suprema aveva provveduto anche a indicare le coordi-
nate del suo esercizio: nessuna restrizione nel primo trimestre di gravidanza
e fino alla possibilità del feto di sopravvivere al di fuori del grembo materno
(fetal viability), possibili limitazioni ai fini di tutelare la salute della donna
nel secondo trimestre, possibile divieto nel terzo trimestre a condizione di
prevedere eccezioni a tutela della vita e della salute della donna.
Con una mossa inusitata in un sistema legale in cui i precedenti giudi-
ziari hanno un valore particolarmente stringente, la Sentenza Dobbs rove-
scia la Roe, affermando che quella interpretazione del XIV Emendamento
è scorretta. In altre parole, la Sentenza Dobbs afferma che l’aborto
non è un diritto sancito dalla Costituzione federale degli Stati Uniti,
per cui cadono i vincoli all’autonomia legislativa degli Stati fede-
rati su questa materia. Materialmente la Corte non introduce alcuna
restrizione, e quindi non ha alcun impatto diretto sul numero di aborti,
ma consente ai singoli Stati di farlo. Vari di essi avevano già approvato
leggi molto restrittive, fino al divieto di aborto, considerandolo un reato;
queste erano per così dire sospese in vigenza della Sentenza Roe, ma ora
possono “risvegliarsi”. Altri Stati si apprestano a legiferare nella medesima
direzione. Si tratta per lo più di Stati del Sud e del Midwest, saldamente
controllati dal Partito repubblicano. Altri Stati, di orientamento liberal, in
3. In prospettiva italiana
Il contesto italiano si presenta come profondamente diverso da quello
statunitense. In un certo senso, la questione dell’aborto risulta meno ide-
ologizzata: sono altri i terreni di scontro, come mostrano le barricate sullo
ius scholae. Ma soprattutto in Italia l’aborto è stato depenalizzato con la
Legge 22 maggio 1978, n. 194, Norme per la tutela sociale della maternità e
Arturo Sosa SJ
Padre Generale della Compagnia di Gesù
Giuseppe Riggio SJ
Direttore di Aggiornamenti Sociali
<direttore@aggiornamentisociali.it>, @giuriggio
A
lla guida della Compagnia di Gesù dal 2016, per il suo incarico p.
Arturo Sosa segue con attenzione i profondi cambiamenti che si
stanno verificando nel mondo sul piano sociale, politico, culturale
ed ecclesiale, cercando di leggerli e interpretarli a partire dal suo bagaglio
umano e spirituale di gesuita, dalla sua formazione di politologo, dalla sua
provenienza latinoamericana. Si tratta di un esercizio complesso e fonda-
mentale, visto che fenomeni in atto da tempo, come l’affermarsi della cul-
tura individualista, ed eventi più recenti, come la pandemia o la guerra in
corso in Ucraina, interpellano inevitabilmente sia i gesuiti e i collaboratori
nella missione della Compagnia di Gesù, sia coloro che svolgono servizi o
ricoprono incarichi nella società o nella Chiesa. Con grande disponibilità
p. Sosa ha accettato di avere uno scambio con la nostra Rivista proprio su
questi temi, condividendo riflessioni e visioni, attese e valutazioni su quan-
to stiamo vivendo. Nelle sue risposte sono numerosi gli spunti stimolanti
per una ripresa critica di una serie di temi con cui si confronta di continuo
chi è impegnato a livello sociale ed ecclesiale. Allo stesso modo, non man-
cano indicazioni utili per una verifica costruttiva delle motivazioni e dello
stile con cui si vive il proprio impegno personale o nelle diverse aggrega-
zioni sociali. Soprattutto, le sue parole sono di grande aiuto per rimettere
Riggio: Innanzi tutto, a nome della Redazione, la ringrazio per aver ac-
cettato di avere questo momento di scambio su alcuni temi che ci stanno
particolarmente a cuore e legati alla nostra missione, ma prima di entrare
nel vivo vorrei farle una domanda che si riferisce al suo ruolo di Superiore
P. Arturo Sosa SJ
generale dei gesuiti. Da quando è stato eletto, nel 2016, ha avuto modo di
conoscere in modo approfondito e visitare diverse comunità e opere della
Compagnia di Gesù in tutto il mondo: ci può raccontare un motivo di
consolazione e una preoccupazione pensando a quanto viene fatto?
Sosa: La gioia più grande per me è constatare l’enorme generosità che trovo
nei compagni nella missione. Non mi riferisco solo ai gesuiti, ma anche alle
donne e agli uomini che lavorano o collaborano con la Compagnia di Gesù
in tantissimi posti, nelle circostanze più diverse. C’è una generosità per-
sonale veramente impressionante unita a una grande creatività: l’espe-
rienza ci mostra che dappertutto si lavora molto, si realizzano iniziative
di vario tipo, fatte bene e con pochissime risorse. Lo abbiano sperimentato
anche durante la pandemia, quando sono stati inventati tantissimi modi di
proporre gli esercizi spirituali, che sono centrali nell’esperienza ignaziana.
È una grandissima gioia essere insieme a così tante persone che portano
avanti quotidianamente la missione in questo modo.
Il motivo di preoccupazione, o meglio il punto a cui fare attenzione, è
invece quello di mantenere e approfondire il radicamento in Cristo. Nella
Compagnia di Gesù c’è sempre stata e ci sarà sempre la tensione tra lo
scivolare verso l’attivismo, l’efficienza, il conseguimento di obiettivi misu-
rabili, e l’essere testimoni con la propria vita di un’esperienza del Signore.
Il collegamento tra vita e missione è essenziale: se non c’è una vita
radicata in Cristo, allora non vale nemmeno la pena di impegnarsi
nella missione. Se manca un’esperienza personale e permanente di cre-
scita nell’incontro con il Signore, non vi è libertà. Mi riferisco alla libertà
interiore, che permette di prendere delle decisioni nell’ascolto dello Spirito.
Negli Esercizi spirituali, Ignazio di Loyola si riferisce a questo atteggia-
mento interiore usando la parola “indifferenza”, per esprimere la libertà da
possibili condizionamenti esterni o interni, così come un sano distacco dai
propri progetti e convinzioni. Questa libertà è possibile solo se il centro
della propria vita è veramente Cristo. Per questo dobbiamo interrogarci
su come possiamo mantenere questo radicamento: come organizziamo le
nostre agende perché non venga messo in secondo piano? Quale stile di
vita ci è di aiuto? A quali mezzi possiamo ricorrere?
Riggio: Un’occasione preziosa per rafforzare il radicamento in Cristo in
vista della missione è stato l’anno ignaziano, celebrato dal 20 maggio 2021
al 31 luglio 2022, per ricordare il ferimento di Ignazio di Loyola durante
l’assedio di Pamplona. Questo evento cambiò la vita del fondatore della
Compagnia e segnò l’avvio del suo cammino di conversione. È possibile
trarre un primo bilancio di questo anniversario? È stata un’esperienza di
conversione per i gesuiti e per quanti collaborano con la Compagnia?
Sosa: Non abbiamo promosso l’anno ignaziano per fare pubblicità alla
Compagnia, alle sue opere o a Ignazio di Loyola, ma per «Vedere tutte le
«La nostra sfida è lasciarci guidare» • 447
cose nuove in Cristo», come sottolinea la frase ispiratrice che è stata scelta.
L’intento era di rinfrescare il nostro sguardo, per rinnovare il nostro
incontro con il Signore, per viverlo con intensità, così come ha fatto
più volte nel corso della sua vita Ignazio e dopo di lui tanti compagni.
Questo invito è stato preso sul serio. Si è davvero fatta l’esperienza della
spiritualità ignaziana come una via per incontrare personalmente il Signo-
re. I modi per vivere l’anno ignaziano sono stati molto diversi a seconda dei
contesti; anche in questo caso, con poche risorse e tanta creatività, si sono
creati spazi e iniziative in scuole, parrocchie, centri di ricerca sociale, ecc.
Ritengo che l’anno ignaziano, ufficialmente conclusosi da poco, non
sia in realtà finito e continuerà ad alimentare e rafforzare un processo
iniziato nel 2016, quando la Congregazione generale 36ª si è soffermata
sulla nostra missione di riconciliazione e giustizia, e continuato nel 2019
con l’adozione delle preferenze apostoliche universali, che orientano gli
apostolati della Compagnia di Gesù per i prossimi anni. Si tratta di semi
che sono stati posti nel terreno e che stanno crescendo, divenendo piante,
ma questo processo richiede cura e attenzione, affinché la terra offra il
nutrimento necessario, le radici si rinforzino, gli insetti o gli eventi na-
Giacomo Costa SJ
Presidente della Fondazione Culturale San Fedele e vicepresidente della Fondazione
Carlo Maria Martini, <costa.g@aggiornamentisociali.it>, @giacocosta
bibbia ● carità ● chiesa cattolica ● chiesa italiana ● martini carlo maria ● impegno
sociale ● promozione della giustizia ● rapporto chiesa-società ● sinodo ● spiritualità
ignaziana
A
decenni di distanza da quando furono pronunciate, le parole del
card. Martini continuano a essere pubblicate e a suscitare l’inte-
resse di vecchi e nuovi lettori. Interpellano anche il nostro tempo,
o meglio ci prospettano delle piste per interpretarlo. La radice di questa
fecondità non risiede in una perenne attualità del loro contenuto: sono ben
radicate nel contesto in cui sono state concepite, di cui abbiamo bisogno di
tempo per ricostruire le coordinate, che si tratti del mondo ancora diviso
in blocchi contrapposti o nelle prime fasi della globalizzazione, dell’Italia
della Prima Repubblica o degli anni del terrorismo, di una società assai
meno diversificata e multiculturale della nostra, o di un contesto ecclesiale
segnato dalle tensioni del postconcilio, come quelle emerse in maniera pla-
stica durante il Convegno ecclesiale nazionale di Loreto del 1985.
Via via che trascorre il tempo, ci rendiamo sempre più conto che a esse-
re generative non sono le affermazioni di Martini sui temi affrontati,
ma il suo approccio ai problemi, il metodo con cui li avvicina, li affron-
sta G., «Introduzione» al VI volume dell’Opera omnia del Cardinale, pubblicata a cura della
Fondazione Carlo Maria Martini: Martini C.M., Farsi prossimo, a cura di Paolo Foglizzo, con
prefazione di Luis Antonio Tagle, Bompiani, Milano 2021.
2 Per una presentazione sintetica del lavoro esegetico di Martini, cfr Crimella M., «Co-
municare il Vangelo: il respiro di Carlo Maria Martini», in Aggiornamenti Sociali, 8-9 (2014)
542-553.
2. Il “metodo Martini”
Martini è universalmente associato a iniziative come la Scuola della
Parola 5 e identificato come colui che ha saputo riproporre alla Chiesa del
nostro tempo la tradizione della lectio divina di origine monastica, che
peraltro è anche una delle fonti a cui attinge Ignazio di Loyola nell’elabo-
razione del metodo degli Esercizi spirituali. Come spiega egli stesso nella
seconda lettera pastorale alla diocesi milanese, la lectio «consiste nella
lettura di una pagina biblica tesa a far sì che essa diventi preghiera
e trasformi la vita» 6. Questo può avvenire procedendo in due direzioni:
partendo dal testo biblico per arrivare al cuore della persona e quindi alla
sua vita, così come partendo «dai fatti della vita per comprenderne il signi-
ficato e il messaggio alla luce della parola di Dio» (ivi).
Questa articolazione di Parola e vita è uno snodo cruciale del modo di
procedere di Martini, in cui è particolarmente vivo l’influsso degli Esercizi
spirituali ignaziani e di cui il commento alla parabola del Buon samaritano
sopra citato costituisce una chiara esemplificazione. Per spiegare questo
metodo egli ricorre a una immagine: impastare la Parola con la vita 7.
5 A riguardo si rinvia al volume IV dell’Opera omnia: Martini C.M., La Scuola della Parola,
a cura di Giampiero Forcesi e Maurizio Teani, con prefazione di Gianfranco Ravasi e introdu-
zione di Franco Agnesi, Milano, Bompiani 2018.
6 Martini C.M., In principio la Parola. Lettera al clero e ai fedeli sul tema “La parola di Dio
nella liturgia e nella vita”, per l’anno pastorale 1981-1982, Centro ambrosiano, Milano 1981, 56.
7 Martini C.M., «Lasciarsi intridere dalla parola di Dio», 11 gennaio 1999, in Id., Farsi pros-
simo, 678. Martini commenta qui un passo della Lettre n. 34 di Madeleine Delbrêl (tr. it. in
Delbrêl M., Che gioia credere, Gribaudi, Torino 1970), che dice: «Gli avvenimenti non possono
essere per noi segno della volontà di Dio altrimenti che mettendoli in collegamento con la
a) Ascolto
Il primo passo, di cui Martini è indubbiamente un esperto, è l’ascolto
della realtà, nel rispetto di tutte le sue sfaccettature, accettando anche
il disagio di sostare negli interrogativi senza ricorrere sbrigativamente a
risposte preconfezionate. L’ascolto della realtà permette di raccogliere dati
e informazioni, ma la sua valenza va al di là di questo aspetto funzio-
nale. L’ascolto è innanzi tutto espressione di un atteggiamento di fondo
nei confronti del mondo. Tre aggettivi ci aiutano a metterne a fuoco le
caratteristiche.
Quello che Martini pratica e propone è anzitutto un ascolto contem-
plativo. Occorre comprendere bene il senso che il Cardinale dà a questo
termine, che scelse come perno della prima lettera pastorale rivolta alla
diocesi di Milano, intitolata La dimensione contemplativa della vita 9. La
parola di Dio, che mettendola in essi. Essa rivela allora la volontà di Dio che deve essere fatta
nella pasta stessa di tali avvenimenti».
8 Cfr Ravasi G., «Prefazione» a Martini C.M., La Scuola della Parola, XIX.
9 Martini C.M., La dimensione contemplativa della vita, Centro Ambrosiano, Milano 1980.
b) Approfondimento
Dopo l’ascolto viene infatti un passo di approfondimento, che punta a
rintracciare le risorse personali e comunitarie su cui si può contare per
andare incontro alle esigenze della realtà. In un corso di esercizi spiri-
tuali a sacerdoti e operatori pastorali tenuto a Galloro nel maggio 2007, or-
Farsi Prossimo
Si articola in due tomi, il primo tema della carità e della prossimità, che
disponibile in formato cartaceo ed ha rappresentato uno degli assi portanti
elettronico, il secondo scaricabile da dell’episcopato martiniano.
Internet, il sesto volume dell’Opera I testi sono disposti organicamente in tre
omnia del gesuita arcivescovo di Milano, blocchi tematici, o parti. La Prima, “Farsi
promossa dalla Fondazione Carlo Maria prossimo”: un discernimento ecclesiale per
Martini. Sotto il titolo Farsi prossimo, la carità, è dedicata l’articolato processo
raccoglie gli interventi e i documenti sul ecclesiale che condusse alla celebrazione
del convegno di Assago (1986), anch’esso «E l’amore del Padre, che mette nei
intitolato “Farsi prossimo”, e segue poi nostri cuori lo Spirito Santo, ci muove,
il dipanarsi dell’attuazione pratica delle malgrado tutto, a chiederci sempre: che
sue conclusioni. La Seconda parte, La cosa potrei fare per amare di più, per
pratica della prossimità, accompagna perdonare di più, per capire di più, per
Martini nella sua riflessione sulla accogliere di più?».
prossimità praticata, anche nel suo Dalla lettura continuata di questi testi
impegno personale diretto, proponendo emergono le posizioni del Cardinale sulle
ad esempio le parole pronunciate in situazioni del suo tempo e in rapporto
occasione delle regolari visite alle carceri ai dibattiti allora in corso, e intuizioni
milanesi; ma non mancano quelle ancora in grado di ispirarci; soprattutto
dedicate ad altre forme di sofferenza via via traspare che alla base c’è un
ed emarginazione e all’impegno sociale metodo, che rende Martini capace
e politico per realizzare una società più di andare in modo originale al cuore
giusta. La Terza parte, Radici e orizzonti di problemi su cui la sua formazione
della prossimità, documenta il lavoro di di esegeta non gli forniva alcuna
scavo fondativo e di ritorno riflessivo competenza specifica. È questo metodo,
sui temi della prossimità in cui Martini che applica all’approfondimento delle
si è costantemente impegnato, a partire dinamiche sociali l’approccio della lectio
da alcuni esempi di lectio divina sui divina, facendone occasione di preghiera
temi della carità, per chiudersi con una che trasforma la vita, l’eredità martiniana
riflessione sulla giustizia, anche divina, più preziosa che il volume consente di
che ci rilancia una domanda perenne: cogliere.
c) Azione
Costruito sul paradigma del discernimento spirituale ignaziano, questo
metodo non può che puntare al passaggio all’azione, senza il quale reste-
rebbe bloccato in una sorta di astrazione fine a se stessa. Il suo obiettivo,
per dirlo con il lessico di papa Francesco, non è occupare spazi, ma avviare
processi, senza predeterminare il punto di arrivo. Martini lo ha ben pre-
sente, ad esempio quando spiega che la carità, intesa come sintesi della vita
cristiana in risposta all’amore di Dio, «non è un atteggiamento univoco,
[…] ma un interiore senso dell’orientamento, che permette di prendere, di
volta in volta, la direzione giusta» 11.
L’azione non è solo un gesto più o meno occasionale, ma un atto
in cui la persona accetta di mettersi in gioco esercitando la propria
responsabilità. Chi passa all’azione non rimane spettatore della storia, ma
decide di tuffarvisi dentro e di lasciarsi mettere in mezzo, come impariamo
dalla profonda riflessione martiniana sul significato dell’intercessione, ela-
borata negli ultimi mesi di servizio episcopale con riferimento all’inasprirsi
del conflitto arabo-israeliano nel 2002: «Certo, noi vorremmo che finisse
il conflitto, che non ci fosse. Dovremmo però anche avere il coraggio di
buttarcisi dentro come intercessori, passando in mezzo e pregando per gli
uni e per gli altri, sull’esempio di Gesù, pregando per i carnefici e per le
vittime» 12.
a cura di Virginio Pontiggia, con prefazione di papa Francesco e introduzione di Guido For-
migoni, Bompiani, Milano 2015.
11 Martini C.M., «Il volontariato nella pastorale organica della Chiesa locale», 15 settem-
13 Il già citato Farsi prossimo documenta con puntualità questo sforzo di accompagna-
mento.
14 Martini C.M., «I sentieri della carità», 7 settembre 1985, in Id., Farsi prossimo, 1074.
15 Martini C.M., «Il volontariato nella pastorale organica della Chiesa locale», in Id., Farsi
prossimo, 102.
Investimenti pubblici:
un volano di crescita
Le novità del Programma NGEU
Floriana Cerniglia
Docente di Economia politica, Università Cattolica di Milano
<floriana.cerniglia@unicatt.it>, @florianacernig1
Negli anni più recenti la politica economica riserva una crescente atten-
zione agli investimenti pubblici come strumento di sostegno della crescita e
di contrasto delle crisi. Ne è segno il varo da parte dell’Unione Europea del
più ambizioso piano di spesa pubblica europea mai lanciato, il Programma
NextGenerationEU. Su quali premesse teoriche si basa questo nuovo orien-
tamento politico? Come dobbiamo aggiornare la definizione di investimento
nel quadro delle nostre economie sempre più articolate e complesse? Quali
condizioni possono aumentare l’efficacia degli investimenti pubblici e quali
rischi dobbiamo monitorare nella gestione dei fondi europei?
D
ue crisi epocali hanno investito l’economia mondiale in poco più
di dieci anni: quella finanziaria globale del 2007-2009 e quella
del 2019-2020 innescata dalla pandemia, a cui si è saldata quella
provocata dall’incremento dei prezzi delle materie prime e dalla guerra in
Ucraina tra 2021 e 2022. La reazione europea alla crisi del 2007-2008
era consistita in un inasprimento delle regole fiscali, ricette di auste-
rità e tagli alla spesa pubblica, mentre alla crisi della COVID-19 l’UE
risponde con un massiccio programma di investimenti pubblici finan-
ziati con debito europeo. Il Programma Next Generation EU (NGEU) da
750 miliardi e, in particolare, al suo interno, il Dispositivo per la ripresa
e la resilienza (RRF, dall’inglese Recovery and Resilience Facility da 672
miliardi) è il più grande piano di indebitamento mai lanciato nella storia
dell’UE (cfr Ambrosanio e Balduzzi 2021 e Mosconi 2021). Entro il 2026
queste risorse devono finanziare programmi di investimento e riforme per
affrontare le principali sfide per l’economia e per i cittadini dell’UE nel
Passare all’azione
La crisi causata dalla COVID-19 rende urgente un cambio di paradig-
ma nel modello di sviluppo economico. Viviamo un tempo nuovo che
richiede la messa a punto di strategie di rilancio economico e sociale
diverse rispetto al passato e che non dovrebbero esaurirsi con il Program-
ma NGEU. Le recenti crisi – quella finanziaria del 2008-2009, quella pan-
demica e quella attualmente in corso –, si innestano in un quadro geopo-
litico mondiale profondamente mutato rispetto alla fine del secolo scorso.
Sempre più stringenti diventano il problema delle fonti energetiche, la sfida
della sostenibilità ambientale e della transizione ecologica e la necessità di
maggiori investimenti nelle infrastrutture sociali e sanitarie.
In questo contesto, emergono con chiarezza alcuni passaggi ineludibili:
in primo luogo, un rilancio massiccio degli investimenti pubblici; poi, una
revisione del concetto di investimento, in modo che includa spese abitual-
mente contabilizzate come correnti, ma la cui importanza per sostenere la
crescita è ormai ovvia; infine, ma non da ultimo, la necessità di ragionare
a livello europeo e non nazionale e su un’ottica di medio-lungo periodo.
Pensando alle politiche seguite negli ultimi decenni, si tratta in molti casi
di una vera e propria inversione a U: a livello europeo e nazionale, servono
quindi politici e funzionari pubblici in grado di compierla, anche sapendo
resistere alla tentazione di cercare vantaggi di breve periodo a fini elettorali
e alle pressioni per una gestione più clientelare e meno rigorosa della spesa.
Toccherà soprattutto alla società civile e ai cittadini vigilare, a partire dalle
scelte che compiremo nella imminente tornata elettorale: la gestione dei
fondi del PNRR sarà uno dei capitoli più importanti della prossima legisla-
tura e a riguardo dobbiamo pretendere dai programmi elettorali chiarezza
e impegni verificabili.
Risorse
Andrea Pintus
Ricercatore in Pedagogia sperimentale, Università di Parma
<andrea.pintus@unipr.it>
I
l 24 febbraio 2020 era un lunedì e quel giorno iniziava una prima fase
di chiusura delle scuole nelle Regioni italiane dove si registravano i
primi segni della pandemia. Quest’anno, sempre il 24 febbraio, il pre-
sidente russo, Vladimir Putin, ha dato inizio alla cosiddetta “operazione
speciale” nella regione del Donbass, che nei fatti si è tradotta nell’aggres-
sione militare dell’Ucraina. Inizialmente, la maggior parte degli osserva-
tori internazionali riteneva che si sarebbe trattato di una guerra lampo,
mentre oggi sappiamo che le cose non sono andate esattamente secondo le
previsioni: il conflitto si sta cronicizzando e una soluzione sembra essere
lontana.
La guerra, come la pandemia, ha coinvolto numerosi aspetti della
nostra vita con conseguenze di particolare rilievo anche nell’ambito della
scuola. Se due anni fa, in molti casi, si è dovuto fare i conti con l’impre-
parazione iniziale rispetto a una repentina transizione verso il digitale, in
un contesto caratterizzato da grandi squilibri nella dotazione di risorse
materiali e culturali (cfr Felini e D’Abbicco 2020; Lucisano 2020), nel
caso dell’inserimento dei minori ucraini il nostro Paese ha potuto con-
113239-quelli-giunti-finora-italia>.
2 Cfr la sezione dedicata del ministero dell’Istruzione, <www.istruzione.it/emergenza-
<www.schooleducationgateway.eu/it/pub/resources/publications/practical-manual-on-
refugees.htm> e Commissione europea 2022.
Le risorse a disposizione
La molteplicità di situazioni in cui si è articolata questa prima acco-
glienza non consente ancora di presentare una sintesi delle soluzioni intra-
prese dalle singole istituzioni; tuttavia, si sono diffuse già buone pratiche
sulla base delle quali è possibile formulare alcune considerazioni di carat-
tere generale.
In linea di massima, accanto al bisogno immediato di approntare
percorsi per l’apprendimento o il supporto alla comprensione della
lingua italiana 4, da subito si è posta l’esigenza di coltivare la «pedago-
gia del ritorno» (Colaps 2022), come è definita da Raffaele Iosa, esperto
del mondo scolastico italiano, cioè il mantenimento di un legame vivo
con la lingua e la cultura di origine, ad esempio attraverso un proficuo
contatto con la comunità e la scolarità ucraine, anche attraverso il digitale
e a distanza. In tal senso, oltre alle risorse presenti nella piattaforma euro-
pea School Education Gateway (<www.schooleducationgateway.eu>), può
essere utile la consultazione del sito dell’Associazione italiana di insegnanti
di Storia “Clio 92” (<www.clio92.org>) o della guida all’accesso ai pro-
4 Nel merito, oltre al supporto di mediatori linguistici ucraini laddove presenti, si è fatto
L’apporto dell’interculturalità
Sul tema dell’interculturalità sono numerose le indicazioni predisposte
dal MI (cfr il riquadro qui sotto). In questi documenti, così come nel no-
stro discorso, il termine “intercultura” rimanda alla didattica come scam-
bio reale fra le culture, in cui, in prospettiva pedagogica, è enfatizzato
l’elemento di reciprocità (Pinto Minerva 2002; Portera 2022). Tuttavia,
nella scuola italiana l’intercultura rappresenta ancora oggi un percorso in
divenire, che impone a educatori e insegnanti di interrogarsi, in primo luo-
go, sulla propria identità culturale e professionale e, secondariamente, sulle
categorie che vengono utilizzate a scuola e nei contesti educativi per leggere
una realtà sempre più complessa ed eterogenea (Pintus 2016). Scegliere
l’ottica interculturale significa non limitarsi a mere strategie compen-
satorie di carattere speciale. Si tratta, piuttosto, di assumere la pluralità
come paradigma dell’identità stessa della scuola e come occasione per
aprire l’intero sistema a tutte le differenze: socio-economiche, storico-
culturali, linguistiche, di provenienza, di genere, ecc.
Nel contesto educativo italiano, “integrazione” viene spesso utilizzato
come sinonimo di “inclusione” o i due termini, come avviene in alcuni
documenti di indirizzo (cfr ad esempio Ministero dell’Istruzione 2012),
vengono affiancati senza specificarne i significati. In ambito internazionale
i due termini hanno un significato più specifico. La parola inclusione si è
via via affermata per indicare, in generale, il processo che mira ad accom-
5 Per i programmi scolastici cfr <https://bit.ly/3RKikfK>; per i testi di studio invece cfr
<https://bit.ly/3vkaoID>.
pagnare un alunno con bisogni particolari nel percorso della scuola, insie-
me ai propri compagni, valorizzandone le potenzialità, facendolo sentire
membro attivo della comunità scolastica, ovvero garantendogli piena par-
tecipazione alla vita della scuola. Se da un lato il paradigma a cui fa impli-
citamente riferimento l’idea di integrazione è quello “assimilazionista”, per
cui l’integrazione diviene un processo basato principalmente su strategie
finalizzate a “normalizzare” l’alunno portatore di una qualche diversità,
ovvero a essere quanto più possibile simile agli altri, dall’altro, ciò che il
concetto di “inclusione” presuppone è il valore del riconoscimento
della rilevanza della piena partecipazione alla vita scolastica da parte
di tutti gli alunni (Dovigo 2008; Zappaterra 2022).
È in tale prospettiva, ed assumendo conseguentemente una didat-
tica più attiva e laboratoriale, in cui tutti gli alunni, compresi quelli
ucraini, possano sperimentare forme di apprendimento collaborativo, ov-
vero collocabili in una rete di relazioni tra pari, che si possono inserire
le scelte da intraprendere a livello scolastico nel medio e lungo perio-
do dell’accoglienza. Un’accoglienza, che, come detto, in questa specifica
circostanza deve fare i conti con persone che stanno vivendo un trauma
che richiede anche un ascolto competente, attento a promuovere un pen-
siero autonomo sul senso di ciò che è successo e sul proprio futuro.
Ciò che caratterizza i profughi ucraini, al pari di altri rifugiati, è
infatti l’essersi trovati improvvisamente “spaesati”, cioè letteralmente al-
trove rispetto al proprio immaginario, alle proprie abitudini, ai propri
cari rimasti in patria perché coinvolti direttamente nel conflitto, in at-
tesa di un ritorno, che a oggi non è dato prevedere quando e come potrà
realizzarsi.
Risorse
Milano
+1,9°C
-196 mm
+1,2°C
-91 mm
Roma
+2°C
-190 mm
Napoli
+1,3°C
-440 mm
Temperatura minima
Bari
Genova
Firenze
Napoli
Trento
Potenza
Cagliari
Torino
Milano
Bologna
Roma
Anno 2020: precipitazione totale annua (mm) rispetto ai valori del periodo 1971-
2000
250
150
50
-50
-150
-250
-350
-450
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Ge
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Fi
Po
Bo
Pa
Giorni estivi e notti tropicali
Tra gli indicatori climatici, viene com- al di sotto dei 20°C. La media è cal-
putato anche il numero di “giorni colata sommando il numero di giorni
estivi”, cioè con temperatura massima estivi e notti tropicali registrati in ogni
superiore a 25°C, e di “notti tropicali”, capoluogo di Regione e dividendolo
nelle quali la temperatura non scende per il numero dei capoluoghi.
Anomalie medie annuali 2006-2020 di giorni estivi e notti tropicali nei capoluoghi
di Regione italiani, rispetto ai valori del periodo 1971-2000
25
15
0
07
11
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20
20
20
20
20
Anno 2020: anomalie di giorni estivi e notti tropicali, per le principali città, rispetto
ai valori del periodio 1971-2000
55
45
35
25
15
0
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laudato si’
La conversione ecologica
come vocazione
Celia E. Deane-Drummond
Direttrice del Laudato si’ Research Institute, Senior Research Fellow in Teologia,
Campion Hall, University of Oxford, <lsri.director@campion.ox.ac.uk>
ambiente ● dottrina sociale della chiesa ● ecologia ● ecologia integrale ● laudato si’ ●
papa francesco ● rapporto scienza-etica ● spiritualità
C
ome ormai è comunemente riconosciuto, viviamo in un tempo se-
gnato da una profonda crisi ecologica che pare evolversi in una
dinamica di costante peggioramento. Sempre più diffusa è la con-
sapevolezza che solo cambiamenti drastici e radicali potranno aiutare, se
non a invertirne, per lo meno a mitigarne gli effetti. Questioni ambientali
come l’inquinamento e la crescente scarsità di acqua, ad esempio, non sono
Traduzione e adattamento dall’originale inglese a cura di Cesare Sposetti SJ della relazione
tenuta dall’A. al Justice and Ecology Congress dell’apostolato sociale della Compagnia di
Gesù in Europa, svoltosi a Loyola, in Spagna, dal 28 marzo al 1º aprile 2022. L’A. ha trattato
più diffusamente il tema nel suo intervento Ecological Conversion as Vocation: An Exploration
of Its Personal, Communal and Global Dimensions, nell’ambito della conferenza “The Art of
Change: Ignatius and Conversion”, tenutasi dal 17 al 20 marzo 2022 presso il St. Beuno’s
Jesuit Spirituality Centre nel Regno Unito.
1 Dichiarazione congiunta del Santo Padre Giovanni Paolo II e del Patriarca Ecumenico Sua
La sovranità alimentare,
un modello alternativo
per l’agricoltura
Matthieu Brun
Direttore della Fondation pour l’agriculture et la ruralité dans le monde (FARM)
I
l concetto di sovranità alimentare, emerso nei movimenti anti-globa-
lizzazione degli anni ’90 e 2000, sta ora vivendo un revival. Dopo la
pandemia globale di COVID-19 e, oggi, l’invasione dell’Ucraina da
parte della Russia, la nozione viene vista ovunque nel pianeta come un’im-
portante questione politica, geopolitica, giuridica e anche socioeconomica.
In Francia e altrove, imprese e Governi ne approfittano per valutare critica-
mente le loro dipendenze: dal gas o dal grano russo, dal petrolio america-
no, dalla genetica europea, dalle mascherine cinesi, ecc. L’uso del concetto,
a volte troppo estensivo, riflette tuttavia le sovrapposizioni o addirittura il
consenso tra forze politiche opposte.
Queste sovrapposizioni derivano da una marcata opposizione all’ecces-
siva globalizzazione dei sistemi alimentari e dal tentativo di rompere con
politiche agricole e commerciali considerate dannose. L’obiettivo sembra
lo stesso: mettere in discussione, o anche solo frenare, un sistema com-
merciale liberale che si è largamente diffuso a scapito dei più precari, che
non permette agli agricoltori di ottenere un reddito dignitoso e che non
Titolo originale: «Souveraineté alimentaire: le glas de la globalisation?», in Revue Projet, 388
(2022) 29-32. Traduzione di Mauro Bossi SJ. Neretti, note e bibliografia a cura della Redazione.
La dimensione politica
A differenza della sicurezza alimentare, la sovranità alimentare
reintroduce una dimensione politica, ponendo domande chiave che la
prima tace: chi produce e per chi? Secondo quali modelli economici e
di redistribuzione? Da allora, i movimenti sociali hanno integrato diverse
questioni, come l’innovazione tecnologica – compreso il dibattito sugli
OGM –, l’accesso alle sementi o
ai finanziamenti, alle risorse, ecc.
Sicurezza alimentare
Nel complesso, la sovranità
La sicurezza alimentare è stata definita alimentare oggi definisce un in-
dal World Summit on Food Security del
1996 come la situazione in cui «tutti
sieme di raccomandazioni politi-
hanno accesso fisico ed economico ad che riguardanti in primo luogo le
alimenti sufficienti, sicuri e nutrienti che regole del commercio, che devo-
garantiscano le loro necessità e prefe- no essere subordinate ai principi
renze alimentari, al fine di condurre una dello sviluppo sostenibile. Queste
vita attiva e sana» (Rome Declaration on
ultime implicano politiche che
Food Security, Plan of Action, art. 1).
favoriscono l’agricoltura di sus-
Soluzioni divergenti
In effetti, la crisi in Ucraina è considerata da alcuni Governi e orga-
nizzazioni un’emergenza che giustifica un rinnovamento della produzione
(“produrre di più”), o addirittura una messa in discussione della strategia
“Farm to Fork” dell’UE, che minaccerebbe la sovranità alimentare del
continente (cfr Simonato 2020). Altri ritengono, al contrario, che la crisi
ucraina dovrebbe contribuire ad accelerare la transizione dei sistemi agri-
coli europei verso una maggiore sobrietà, soprattutto in termini energetici,
e verso sistemi alimentari meno basati sul consumo di carne.
La liberalizzazione del commercio di beni, portando a una divisio-
ne internazionale del lavoro e a specializzazioni produttive regionali, ha
creato un alto grado di interdipendenza. Tuttavia, in un contesto carat-
terizzato dall’aggressività di alcune potenze come la Russia e da rapporti
di forza esacerbati da crisi climatiche, economiche o sociali, la perdita di
autonomia decisionale sembra un rischio troppo grande per le nazioni.
Emmanuel Macron non ha forse detto nel febbraio 2020 che «delegare
la nostra alimentazione ad altri [è] una follia»? Per estensione, delegare ai
mercati non sarebbe almeno altrettanto rischioso? In ogni caso, il sistema
di globalizzazione non ha risolto il problema della denutrizione e ha anzi
contribuito all’ulteriore distruzione delle risorse naturali. Questo significa
che l’agricoltura e l’alimentazione, come i beni culturali, dovrebbero
essere posti al di fuori delle regole del mercato e ricevere uno status
derogatorio nel commercio internazionale?
Questa idea, considerata rivoluzionaria, potrebbe trovare spazio nel di-
battito attuale. Si tratterebbe di un ritorno alla fase precedente all’Uruguay
Round che, aperto nel 1986 e chiuso nel 1994 con la creazione dell’Organiz-
zazione Mondiale del Commercio, ave-
va integrato per la prima volta i prodotti Disaccoppiamento delle economie
agricoli nei negoziati commerciali del Per disaccoppiamento delle economie si
GATT (General Agreement on Tariffs intende generalmente un modello eco-
and Trade). Il ritorno della sovranità, nomico nel quale la crescita economica,
combinato con il disaccoppiamento misurata con l’aumento del PIL, proceda
delle economie, potrebbe suonare la in parallelo con una riduzione dell’impat-
to ambientale.
campana a morto per la globalizzazione?
Risorse
#mediterraneo
a cura di Mauro Bossi SJ
Naufragio Mediterraneo
Come e perché abbiamo
perso il Mare Nostrum
#mediterraneo
Secondo Michela Mercuri, do- il proprio sostegno all’iniziativa,
cente di Geopolitica del Medio per riportarla in seno all’allean-
Oriente, e Paolo Quercia, docente za atlantica, violando tuttavia il
di Studi strategici, l’Europa e trattato di Bengasi, siglato tra
l’Italia hanno perso la vi- Italia e Libia nel 2008, che
sione del Mediterraneo includeva l’impegno a
come spazio aperto e «Il Mediterraneo non concedere l’uso
via di comunicazio- nel quale siamo dei propri territori
ne con le altre civil- immersi oggi è un per atti ostili nei
tà che si affacciano mare globale, investito confronti della con-
sulle sue sponde, da uno tsunami troparte. Se il rais
perseguendo agen- geopolitico». libico rappresenta-
de nazionali e di bre- (p. 20) va un interlocutore
ve respiro; così, hanno ambiguo, dopo la sua
perso questo mare, che caduta è venuta meno
rappresenta l’apertura “natu- qualsiasi interlocuzione tra
rale” dei Paesi meridionali europei, l’Europa e la Libia, abbandonata
rinunciando al progetto del parte- al proprio destino di conflitti in-
nariato euro-mediterraneo, lancia- terni tra gruppi tribali, terroristici
to nel 1995, che avrebbe dovuto e criminali, mentre la destabilizza-
rappresentare la strategia comune zione rendeva porosi i confini con
europea per la regione mediter- Tunisia ed Egitto, a vantaggio del
ranea. Ciò è avvenuto perché non traffico di esseri umani. Mentre
si è stati in grado di comprendere altre potenze, come la Russia e la
i cambiamenti radicali avvenuti Turchia, hanno consolidato la loro
dopo le primavere arabe del 2011, posizione in Libia, l’Italia e l’Euro-
sia all’interno dei Paesi interessati, pa hanno ancora la possibilità di
sia a livello regionale, dove nuovi rientrare in partita, ma si tratterà di
attori internazionali, soprattutto un impegno non esiguo e di lungo
Russia e Turchia, hanno approfit- periodo.
tato dalla rottura dei precedenti Per farlo, la proposta degli AA.
equilibri per stabilirne di nuovi, a è riprendere un dialogo europeo
proprio vantaggio. sulla politica del Mediterraneo, per
Il caso libico è emblematico del tornare a coordinare le politiche
fallimento di una politica europea estere e di sicurezza nazionali e
per il Mediterraneo. L’intervento ristabilire un dialogo e una coope-
militare contro il regime di Ghed- razione con la sponda meridionale.
dafi, fortemente voluto dal presi- Ma è anche indispensabile che
dente Sarkozy per portare avanti l’Italia riprenda consapevolezza dei
#mediterraneo • 497
propri interessi nell’area del Me- dal modo di affrontare la questio-
diterraneo e sviluppi una visione ne migratoria, inquadrata esclusi-
strategica adeguata. vamente in termini di sicurezza e
Naufragio mediterraneo è un li- che resta tutto sommato ai margini
bro di geopolitica, che è la scienza dell’analisi; si sente, ad esempio,
delle relazioni internazionali sotto la mancanza di una rilettura del-
il profilo dei rapporti di forza; il le missioni militari di soccorso in
principio geopolitico del mare è, mare, condotte dall’Italia e dall’U-
appunto, la proiezione della forza nione Europea.
militare su un’area fluida e non Presa coscienza della prospettiva
sempre ben definita dal diritto in- assunta dagli AA., il valore del libro
ternazionale. In questa prospettiva, è nel tipo di riflessione che può sti-
il testo ricostruisce un quadro co- molare: come cittadini, dobbiamo
erente e ben argomentato. È bene chiedere una vera politica estera,
però anche essere consapevoli dei che vada al di là della mera ge-
limiti metodologici dell’approccio stione delle frontiere che domina
scelto, che emergono soprattutto invece il dibattito politico.
Mauro Bossi SJ
La crepa
#mediteerraneo
siriani in fuga dalla guerra civile scegliendo un formato che è a metà
nel loro Paese crescevano sempre strada tra un romanzo fotografico
di più. Le tre tappe nelle frontiere e un graphic novel, tra un diario
mediterranee erano quelle previste e un reportage. Nel libro, infatti,
nel progetto originario del loro re- non ci sono vignette, ma gli scatti
portage, che è stato pubblicato con di Spottorno, grazie allo specifico
il titolo Alle porte dell’Europa e ha trattamento cromatico ricevuto,
ricevuto anche il prestigioso premio acquistano una forza particolare:
del World Press Photo per il video non testimoniano solo un evento
realizzato. specifico e contingente, ma diven-
Il viaggio dei due AA. non si è tano una potente rappresentazione
però concluso con il capitolo del dell’intreccio di drammi, speranze
Mediterraneo, è continuato lun- e interrogativi che si vivono nelle
go le frontiere orientali: la rotta frontiere. A sua volta, Abril accom-
balcanica percorsa dai siriani nel pagna il lettore con i suoi brevi
2015, le tensioni ai confini delle commenti, privi di retorica e ricchi
Repubbliche baltiche all’indomani dell’onestà di chi riporta gli eventi
dell’invasione russa della Crimea, così come li ha vissuti, permettendo
l’accoglienza dei rifugiati nei Paesi a chi prende in mano il volume di
scandinavi, fino al viaggio in Russia poter fare un proprio percorso, in-
fatto per cercare risposte ad alcu- terrogandone le pagine e, se vuole,
ne domande nate man mano che cercando al di fuori di esse ulteriori
andavano avanti con il loro repor- pezzi di storie e di spiegazioni.
tage: «Esiste un nesso tra l’esodo Con estremo rispetto per la di-
siriano e l’espansionismo di Putin?
A Mosca conviene che l’Europa sia
unita o frammentata?» (p. 147). «È impressionante
Proprio le pagine dedicate ai Paesi vedere un’Europa, sorta
dell’Europa orientale acquistano un coma reazione alla Seconda
rilievo particolare dopo l’invasione guerra mondiale, ripiegarsi ancora
dell’Ucraina. Leggere le consi- una volta su se stessa, tornare ad
derazioni e i timori di qualche avere paura dell’altro, leggere le
anno fa sugli assetti geopolitici proprie frontiere non tanto attraverso
di quella parte dell’Europa mo- una certa idea di mondo da costruire,
stra in modo chiaro che le radici ma un’idea di mondo da difendere,
del conflitto attuale erano già attraverso visori notturni, schermi
presenti e note, ma questo non a parete e montagne di dati che
trasformano i migranti in ombre
è stato sufficiente per evitare che
distorte, le loro vite in tracciati, i
scoppiasse. bisogni in numeri».
Tutto il materiale raccolto (circa
25mila foto, 15 quaderni di appunti, Fabio Geda
#mediterraneo • 499
gnità delle persone incontrate, La «Percorrendo la frontiera esterna –
crepa dà spazio ai loro volti e alle la grande crepa – abbiamo notato
loro voci, alle loro storie e ai loro moltissime spaccature nel sogno
punti di vista: i migranti e i rifugiati europeo. […] Ci sono crepe più
che cercano di entrare in Europa, i grandi e altre più piccole. E sono
rappresentanti delle forze dell’ordi- tutte collegate» (p. 113). Per questo
ne che presidiano le frontiere, i po- La crepa, pur a diversi anni dalla
litici dei vari Stati, quanti lavorano pubblicazione, continua a essere
nei centri di accoglienza, i semplici una lettura importante per capire la
cittadini di queste terre che sono faglia simbolica e politica costituita
Davanti alle transenne c’è chi grida aiuto, chi alza le mani, chi si sente
divenute luoghi di incontro e di dalle
mancare frontiere in Europa,
l’aria. Qualcuno ha preparato oltre
liste che non serviranno che
a niente.
•
105
500 a cura di Mauro Bossi SJ
letture&visioni
Giuseppe Ungherese
#mediterraneo
U n mare di plastica. È que-
sto il ritratto dei mari italiani,
dipinto da Giuseppe Ungherese,
ricercatore e responsabile della
campagna inquinamento di Gre-
enpeace. Il libro è un viaggio nei
luoghi più noti e suggestivi del- 60 tonnellate; la costa di Brindisi,
le nostre coste: l’isola di Capraia, sede di uno dei più importanti po-
dove la concentrazione di micro- li petrolchimici d’Italia, che dagli
plastiche raggiunge uno dei livelli anni ‘60 del secolo scorso riversa
più alti al mondo; la foce del fiume nell’ambiente ingenti quantità di
Sarno, dove la sabbia quasi non è microplastiche.
più visibile perché ricoperta di ri- Per l’A., ognuno di questi scenari
fiuti; le isole Tremiti, dove nel 2018, rappresenta il punto di partenza
con una decisione che fece il giro per risalire a ritroso nella catena
del mondo, il sindaco firmò un’or- delle cause e individuare le molte-
dinanza che vietava l’uso di stovi- plici responsabilità delle imprese,
glie di plastica in tutto l’arcipelago, dei consumatori e delle ammi-
dando inizio a una lunga battaglia nistrazioni. Ma il maggior valore
legale tra l’amministrazione locale del libro risiede nell’ampia pars
e i produttori di plastica; lo stretto construens, dedicata alla ricerca di
di Messina, dove le ricerche sulla soluzioni innovative e sostenibili
conformazione dei fondali han- per l’ambiente e l’economia, delle
no portato alla luce l’esistenza di quali viene fornita un’ampia rasse-
enormi discariche sottomarine; il gna di esperienze: riciclo, adozione
santuario di Pelagos, area protetta di nuove tecniche di pesca e di
tra l’Italia e la Francia e dedicata al- acquacoltura, nuove strategie di
la tutela dei mammiferi marini, do- distribuzione dei prodotti. Il testo
ve gli animali muoiono in seguito mantiene fede al titolo: il mare non
all’ingestione di rifiuti e frammenti è tutto perduto, è ancora possibile
plastici; l’isola di Cerboli, dove nel fare scelte per invertire la rotta e,
2015 una nave in difficoltà scaricò per farlo, è necessaria un’alleanza
in mare decine di “ecoballe” piene tra i cittadini, i mondi produttivi e i
di rifiuti destinati allo smaltimen- settori della ricerca.
to all’estero, per un totale di circa Mauro Bossi SJ
#mediterraneo • 501
letture&visioni
Nico Piro
Maledetti pacifisti
Come difendersi dal marketing
della guerra
#libri
inosservati sugli scaffali delle li-
brerie e sulle pagine social. Quasi
“esagerato” verrebbe da dire. Ma pensiero ammesso, nel dramma
dopo aver letto il libro, si capisce dell’Ucraina, sia esclusivamente
che quel titolo è esattamente il quello a favore della guerra, quel-
“suo”. Chi è un maledetto? È colui lo che lui definisce “Pensiero unico
del quale, secondo l’etimologia la- bellicista”: «Dal 24 febbraio in poi
tina, si parla male, che viene insul- […] nel nostro Paese viene abo-
tato, ed è esattamente il destino lito il dubbio (sulla guerra come
a cui nel dibattito pubblico sulla strumento di risoluzione delle
guerra in Ucraina vanno incontro controversie) e vengono cancella-
i pacifisti, bollati come collabora- te le voci a favore della pace» (p.
zionisti di Putin, inseriti in elenchi 68). Basta però riflettere su quanto
che assomigliano tanto alle liste di sta accadendo, per capire che in
proscrizione, nemici della patria, questa narrazione qualcosa non
quando osano dire che per risol- va: l’esaltazione della guerra, della
vere un conflitto si può provare a vittoria, abilmente giocata come
parlare di pace, di negoziato, di una strategia di marketing, fo-
accordi, di dialogo… che ricorda- mentata dai talk show e dai social,
no come in ogni guerra alla fine le non fa altro che «evitare un vero
vittime vere, numerose e costanti momento di riflessione nella po-
siano sempre e solo i civili. litica e nell’imprenditoria italiana
Eppure, come scrive l’autore sull’etica delle relazioni interna-
Nico Piro, inviato di guerra per zionali, spostando l’attenzione su
il TG3, uno dei maggiori esperti quei “maledetti pacifisti”» (p. 152).
del conflitto afghano, vincitore Dopo l’11 settembre, vent’anni
di premi giornalistici per il suo di conflitti non sono evidentemen-
lavoro sui teatri bellici mondiali, te bastati a risolvere i problemi
uno che la guerra l’ha vista dav- del mondo, li hanno solo aggra-
vero e non solo dal divano di casa vati (Afghanistan docet), tuttavia
sua, sembra che in Italia l’unico «davanti alla tragedia dell’Ucraina,
• 503
letture&visioni
non abbiamo fatto altro che spo- medicina per risolvere i conflitti,
sare le ragioni di un altro conflitto, non fa altro che uccidere il pazien-
#segnalazioni che a sua volta inizia a cronicizzar- te. Pensiamoci: vogliamo davvero
si, dal quale diventa sempre più che i nostri figli, i figli di tutto il
difficile tirarsi fuori, una barbarie mondo, finiscano schiacciati tra
dalla durata indefinita candidata le due alternative di puntare un
all’oblio mediatico» (p. 156). Non fucile addosso a qualcuno o di
si può parlare di guerra senza esserne minacciati? È esattamente
averla conosciuta davvero per quanto accade in Ucraina. Da que-
quello che è: «merda, sangue, sto tragico dilemma però non si
morte e dolore» (p. 12). Vanno ri- può trovare una via di uscita senza
trovate le ragioni della pace, inte- riuscire a smontare la narrazione
sa come qualcosa che esiste in sé della guerra come male necessario
e che non è solo il prodotto della dall’alto valore morale.
non-guerra. La violenza non è una Francesca Ceccotti
504 •
28 Q 0623001633000015121690
aggiornamenti sociali
anno 73 • numero 08-09 • agosto-settembre 2022
Poste Italiane SpA - Spedizione in a. p. - DL353/2003 (conv. in L. 27/02/2004, n.46), art.1, c. 1 DCB Milano
della realtà e della Parola
a cura di Aggiornamenti Sociali
fede&giustizia / Giacomo Costa SJ
Alle radici spirituali dell’impegno sociale.
L’eredità di Carlo Maria Martini
unione europea / Floriana Cerniglia
Investimenti pubblici: un volano di crescita.
Le novità del Programma NGEU
focus ucraina / Andrea Pintus
Distanti, ma non da soli. L’accoglienza fuori e dentro
la scuola italiana dei minori ucraini
infografica / Mauro Bossi SJ
Cambiamenti climatici nelle città italiane
laudato si’ / Celia E. Deane-Drummond
La conversione ecologica come vocazione
punti di vista / Matthieu Brun
La sovranità alimentare, un modello alternativo per l’agricoltura
Letture & visioni
#mediterraneo: M. Mercuri – P. Quercia, Naufragio Mediterraneo /
C. Spottorno – G. Abril, La crepa / G. Ungherese, Non tutto il mare è perduto
N. Piro, Maledetti pacifisti
Segnalazioni: Io, Felicia / Chiesa, dove sei? / Intelligenza artificiale
«I grossi problemi della società attuale hanno a che vedere con la questione politica,
con il venir meno di un impegno duraturo delle persone per il bene comune, a favore
dell’umanità e del pianeta [...]. È vero che assistiamo a trasformazioni repentine
in tanti ambiti, ma a mio parere il cambiamento più rapido che sta verificandosi
riguarda la perdita di consapevolezza della cittadinanza, che finisce con il rafforzare i
poteri personalistici e arbitrari».
A. Sosa SJ – G. Riggio SJ, «La nostra sfida è lasciarci guidare», p. 444 € 7,00