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aggiornamenti

sociali
scoprire legami in un
mondo che cambia

12 2022
01 2021
Salvare
Le voci il pianeta Arbitro
delle periferie, Fare ilebene, tra etica ed efficacia:
non giocatore:
e salvare la democrazia
dai movimenti popolari a Scampia il Presidente dellaintegrale
la prospettiva Repubblica
aggiornamenti sociali
anno 73 • numero 1 • gennaio 2022

3-4 Ai lettori / Giacomo Costa SJ


5-8 editoriale / Giuseppe Riggio SJ
In ascolto della realtà
10-18 cantiere italia / Giuseppe Riggio SJ
sdf Non di parte: il difficile mestiere del Presidente
della Repubblica
19-32 dialoghi / Mauro Bossi SJ – Paolo Foglizzo (a cura di)
Un passo dopo Glasgow
Pedro Walpole SJ Impegniamoci a fare la nostra parte /
Mariagrazia Midulla Una transizione al passo con la crisi / Domenico
Vito A Glasgow abbiamo costruito ponti
33-40 fede&giustizia / Michael Czerny SJ – Paolo Foglizzo
Il mondo si vede meglio dalle periferie. Il quarto Incontro
mondiale dei movimenti popolari
41-47 internazionali / Walter Fernandes SJ
L’India ferita dalla pandemia
48-53 società civile / Dennis Kyalo
I difensori dei diritti umani, presidio della democrazia in Kenya
54-57 infografica / Mauro Bossi SJ
Italiani all’estero
58-63 periferie / Fedele Salvatore – Giovanni Zoppoli
Scampia, il vento del cambiamento
Intervista a cura di Giuseppe Trotta SJ

65-72 letture&visioni
#narrazioni siriane: T. Radice – S. Turconi, Non stancarti di andare
/ M. e S. Hamady, La nostra Siria grande come il mondo / K. Khalifa,
Morire è un mestiere difficile / Califfato, regia di G. Kapetanovič
B. Bignami – G. Borsa, Parole come pane
Segnalazioni: Oasi di fraternità / La bussola di Abramo / Juxtapax /
La mia vita / Per una democrazia post-razziale

in collaborazione con
Ai lettori

S
ono entrato nella redazione di Aggiornamenti Sociali sedici anni fa,
quando la copertina – i lettori di lungo corso lo ricorderanno – era
grigia con la testata arancione, negli ultimi dodici come direttore.
Ora, dopo centinaia di numeri e vari progetti editoriali, è arrivato il mo-
mento di passare il testimone: da questo numero il direttore è p. Giuseppe
Riggio, in squadra da nove anni, di cui sette come caporedattore. Non ha
bisogno di presentazioni! Lo ringrazio per questi anni di collaborazione, e
con lui ringrazio e saluto tutti coloro che in questi anni hanno fatto parte
della Redazione. Ma soprattutto a p. Giuseppe faccio gli auguri per questa
nuova tappa del suo servizio alla società e alla Chiesa italiana.
Gli trasmetto quello che a mia volta ho ricevuto da p. Sorge: un com-
pito appassionante e coinvolgente, che mi ha fatto diventare compagno di
viaggio di tutti voi, in vista dell’elaborazione di una prospettiva condivisa
lungo cui procedere insieme. Per farlo sono stato obbligato – ma si tratta
piuttosto di un privilegio – a restare in contatto con la realtà e i tanti
cambiamenti che abbiamo vissuto: alcuni inattesi e traumatici, come lo
scoppio della pandemia o gli attacchi terroristici nelle capitali europee;
altri che richiedono di essere decifrati, come la crisi della democrazia, la
rivoluzione dell’intelligenza artificiale o il fenomeno della postverità. Ma
la vera novità che ha segnato questi anni di lavoro ad Aggiornamenti
Sociali è stata l’elezione di papa Francesco, che ha molto intensificato il
nostro lavoro con una ventata di energia e di rinnovamento, legato so-
prattutto alla prospettiva dell’ecologia integrale.
Sono stati anche anni di dialogo con molte persone e realtà istituzio-
nali: dagli esperti con cui ci confrontiamo nei vari gruppi legati al lavoro
della Rivista – li saluto e li ringrazio tutti – agli autori degli articoli, a
una lunga serie di istituzioni e organizzazioni locali, nazionali e inter-
nazionali. E poi anni di incontri, conferenze, tavole rotonde, formazioni,
accompagnamento di associazioni e istituzioni, esercizi spirituali: tutte
occasioni per scoprire qualcosa di nuovo, per articolare la fede e la realtà
sociale e trovare nuovi linguaggi per esprimerne l’ispirazione.
In questi ultimi anni è cresciuto in modo particolare l’impegno per
una Chiesa sinodale, simmetrico a quello per l’ecologia integrale, cioè per
partecipare alla costruzione di una Chiesa e di un popolo capaci di arti-
colare le differenze all’interno di un progetto comune, senza eliminarle od
omogeneizzarle. Si tratta di una visione tutt’altro che astratta, radicata

• 3
nel Vangelo e nell’esperienza del contatto diretto con i poveri: sempre di
più la riconosco come una ulteriore vocazione all’interno della mia voca-
zione di cristiano e di gesuita.
La necessità di dare più tempo a questo fronte, accompagnando con-
cretamente il percorso del Sinodo 2021-2023 della Chiesa universale, è
una ragione delle decisione di questo cambiamento: un’altra sfida appas-
sionante ed esigente mi attende. A questa si unisce il compito di superiore
dei gesuiti di Milano – in fondo anche questo un impegno sinodale per
aiutare tutti a camminare insieme, valorizzando i doni di ciascuno! – in
un momento in cui stiamo cercando di riarticolare la nostra presenza e
il nostro servizio all’incontro di fede, giustizia e cultura in un ambizioso
progetto di cui Aggiornamenti Sociali è un tassello fondamentale.
Dunque non mi allontanerò molto dalla Rivista e il mio servizio con-
tinuerà a chiedermi di ascoltare e discernere molte dinamiche ecclesiali
e sociali, da un punto di vista diverso da quello del direttore di Aggior-
namenti Sociali, ma che potrà di tanto in tanto trovare espressione sulle
sue pagine, all’interno del poliedro delle sue voci. Per me sarà uno stimolo
importante per proseguire un lavoro di approfondimento non “in solita-
ria”, ma come in questi anni in comune, in particolare con Paolo Foglizzo,
amico di lunga data, che ringrazio oggi per questi anni in cui insieme
abbiamo riflettuto, scritto articoli, curato volumi e animato sessioni.
In questi dodici anni di direzione è caduto anche il settantesimo an-
niversario della Rivista, che ha costituito l’occasione per un memorabile
incontro della “comunità” di Aggiornamenti Sociali con papa Francesco,
il 6 dicembre 2019. Nel suo discorso ci ha fatto dono di una riformulazio-
ne della missione della Rivista, che da allora abbiamo inserito in gerenza
e che sono grato di consegnare a chi continuerà a portarla avanti: «Tra
i punti forti di Aggiornamenti Sociali c’è anche quello di dare spazio
alla prospettiva di coloro che sono “scartati”. Continuate a stare con loro,
ascoltateli, accompagnateli perché sia la loro voce a parlare. Anche chi fa
ricerca e riflette sulle questioni sociali è chiamato ad avere un cuore di
pastore che odora di pecore».
A tutti ancora un ringraziamento per il dono di aver camminato in-
sieme in questi anni.

Giacomo Costa SJ
Presidente, Fondazione Culturale San Fedele, Milano,
<costa.g@aggiornamentisociali>, @giacocosta

4 •
editoriale

In ascolto della realtà

Giuseppe Riggio SJ
Direttore di Aggiornamenti Sociali
<direttore@aggiornamentisociali.it>, @giuriggio

aggiornamenti sociali ● dialogo ● discernimento ● dottrina sociale della chiesa ●


evangelii gaudium ● fratelli tutti ● laudato si’ ● papa francesco ● rapporto chiesa-società

«A
scoltare è lasciarsi colpire dalla realtà». Questa frase è parte
di un breve discorso rivolto a braccio da papa Francesco nel
dicembre 2019 ai membri della redazione e ai collaboratori
di Aggiornamenti Sociali in un’occasione speciale: l’udienza per i 70 anni
della sua nascita. Si tratta di parole solo apparentemente semplici, che toc-
cano uno dei nodi fondamentali della missione svolta dalla Rivista. Proprio
per questo mi risuonano con particolare forza in questa fase di passaggio,
nel momento in cui ricevo il testimone e la responsabilità di guidare la Ri-
vista da p. Giacomo Costa, che nei suoi dodici anni da direttore ha saputo
aiutare i lettori a riconoscere e interpretare i profondi cambiamenti avve-
nuti in questo tempo. Richiamare le parole del Papa mi aiuta a esplicitare il
senso e l’orizzonte della missione di Aggiornamenti Sociali in questa nuova
tappa, che si inscrive in una storia tanto ricca.

Prendere sul serio la realtà


L’accostamento tra l’ascolto e la realtà è esigente se lo si vuole praticare
sul serio e fino in fondo. Essere toccati dalla realtà significa accettare di
spogliarsi da precomprensioni e pregiudizi, deporre quell’insieme di
categorie e filtri, di cui siamo più o meno consapevoli, con cui cerchia-
mo di addomesticarla, perché non riusciamo ad accettarla così com’è.
D’altronde, per quanti sforzi possiamo compiere, c’è una resistenza della
realtà nella sua concretezza, spesso nella sua durezza, che non possiamo
vincere. Ne è un esempio evidente l’esperienza che ci accomuna negli ul-
timi due anni, da quando è iniziata la pandemia da COVID-19. Siamo
stati costretti a cambiare in modo profondo la nostra quotidianità in ogni
aspetto, dalle relazioni personali al modo di lavorare; inoltre, ci siamo resi
conto quanto sia necessario individuare e curare luoghi di confronto, in cui

Aggiornamenti Sociali gennaio 2022 (5-8) • 5


le diverse letture della realtà possano essere presentate e ascoltate, discusse
e anche criticate, ma all’interno di un quadro comune e condiviso.
Potremmo dire che vi è un’obbedienza (una parola che nella sua etimo-
logia latina porta in sé la dimensione dell’ascolto) alla realtà che si impone
come dato di partenza di qualsiasi processo. Questa prospettiva permette
di crescere in alcune importanti dimensioni. Mi riferisco, innanzi tutto, al
rispetto di fondo dell’altro (una persona, una situazione, un’idea…), af-
finché non sia ridotto al proprio punto di vista, non venga snaturato e ne-
gato nella sua costitutiva differenza. Ma riguarda anche la capacità di dare
spessore e concretezza a progetti e riflessioni, perché non si fondano
più sull’inconsistenza di ragionamenti astratti e utopistici, sbilanciati
ora nel segno dell’ottimismo irenico ora del pessimismo senza uscita. Il
radicarsi in questa prospettiva, inoltre, ci mette in contatto con quanti
abitano la nostra società: certamente con quelli che sono più forti e visi-
bili, che occupano gli spazi del potere; ma anche con quanti non riescono
a far sentire la propria voce, perché sono messi ai margini, intrappolati
in etichette che finiscono per negarne la dignità e l’umanità. Vi è, infine,
un ultimo aspetto da non sottovalutare: diveniamo più consapevoli – di
fronte a noi stessi e ai compagni di cammino che incrociamo – della nostra
storia, delle radici del nostro impegno, del punto da cui osserviamo quanto
accade nella società, di ciò che ci sta a cuore e del bagaglio di nozioni, idee
e visioni che ci contraddistinguono.

L’esercizio del discernimento


La ricchezza dell’ascolto della realtà non si esaurisce negli aspetti appe-
na evocati: oltre a essere messi in discussione da essa, siamo anche solle-
citati a interrogarla in modo critico. L’ascolto onesto e profondo non si
riduce in una mera passività, ma è il punto di avvio di nuovi percorsi
e processi, che saranno tanto più fecondi quanto più saranno frutto di
scambi e condivisioni. Questa dinamica è al cuore della missione di
Aggiornamenti Sociali.
Fin dall’inizio, i gesuiti e i laici che vi hanno lavorato hanno scelto
come luogo principale della propria azione e riflessione il confronto co-
stante con la società e la cultura del proprio tempo, facendosi guidare dal
binomio fede-giustizia. Si tratta di un terreno di incontri continui, vivi
e vitali, che si realizzano nelle pagine della Rivista e nelle iniziative che
organizziamo o nelle reti di cui facciamo parte.
Questa missione, continuamente riletta e aggiornata alla luce del Van-
gelo, del magistero e dei cambiamenti nella società (basti pensare, ad esem-
pio, all’avvento del digitale o al superamento di una certa lettura della
secolarizzazione), si è arricchita e approfondita nel corso del tempo, bene-
ficiando negli ultimi anni delle riflessioni di papa Francesco, in particolare

6 • Giuseppe Riggio SJ
editoriale

la visione poliedrica proposta nell’Evangelii gaudium, il paradigma dell’eco-


logia integrale al cuore della Laudato si’, l’accento sul cammino sinodale di
una Chiesa in uscita. Si tratta di spunti, continuamente approfonditi, che
stanno riplasmando il nostro modo di leggere la società, riflettere e agire.
Scegliendo di stare in questa posizione, ci ritroviamo sulla frontiera,
esposti agli interrogativi che sorgono sia all’interno del mondo ecclesiale
sia nella società, attenti agli uni e agli altri, per riconoscervi quelle istanze
profonde che sono l’espressione di sogni e richieste che chiedono di essere
ascoltati. Si tratta di un esercizio di discernimento continuo dei fe-
nomeni socioculturali, per non limitarsi a registrarli, ma soffermarsi
sulle loro implicazioni sul piano antropologico ed etico ed entrarvi
in dialogo.
Questo è il lavoro svolto dalla Redazione ogni volta che si ritrova per
preparare un nuovo numero della Rivista. Questo è anche il contributo
che ci proponiamo di offrire ai voi lettori: nel flusso di informazioni da
cui siamo raggiunti, sempre più ampio grazie alle possibilità createsi con
Internet, noi per primi ci interroghiamo su che cosa ci colpisce, scegliendo
di condividere con voi ciò che riteniamo più importante secondo criteri
ispirati dall’impegno per la giustizia che nasce da un ascolto ancor più
fondamentale, quello della Parola.
Per rendere più concreto questo nostro impegno, permettetemi per una
volta di portarvi nel retrobottega di Aggiornamenti Sociali, così da mostrar-
vi attraverso gli articoli pubblicati in questo numero quali sono gli aspetti
su cui ci concentriamo in questa dialettica tra ascolto e discernimento della
realtà.

Di che cosa prendersi cura?


Nella nostra società segnata da una mentalità improntata all’individua-
lismo e da situazioni sempre diffuse di fragilità e frammentazione, sentia-
mo che la qualità dei legami che ci uniscono è uno degli aspetti che più
richiede cura e attenzione. Per questo dare spazio a esperienze positive
ci sembra necessario. Ecco come nasce l’intervista sui cambiamenti avve-
nuti nel corso degli ultimi anni nel quartiere napoletano di Scampia (pp.
58-63), in cui tanti hanno lavorato per costruire legami sociali più forti e
giusti, per sottrarre terreno alla criminalità e all’emarginazione. Nella stessa
direzione va anche la riflessione sulla prossima elezione del Presidente della
Repubblica (pp. 10-18). Ancora una volta la questione centrale è quella
di discernere a partire dalla realtà, in questo caso politica, quali legami
vanno rinsaldati e quali ripensati, ad esempio nei rapporti tra cittadini e
istituzioni o tra le forze politiche. Al centro vi è la figura del Presidente
della Repubblica, pensata dai costituenti come garante dell’unità del nostro
Paese, al punto che è richiesta un’ampia maggioranza per la sua elezione:

In ascolto della realtà • 7


ancor prima di iniziare a esercitare la sua carica, un Presidente diventa
occasione di unione e incontro.
L’attenzione alle vicende italiane ci spinge – e potrebbe apparire para-
dossale – ad aprire finestre su quanto accade all’estero (cfr gli articoli
dedicati alla pandemia in India e al rispetto dei diritti umani in Kenya,
così come l’infografica sugli italiani che sono emigrati nel corso degli an-
ni, pp. 41-57), perché la realtà è ben più grande dei confini nazionali. Lo
sguardo rivolto alle esperienze di altri Paesi non serve semplicemente a en-
trare in contatto con esperienze o avvenimenti che potrebbero interessarci,
ancor di meno ad arricchire il nostro bagaglio culturale; ci aiuta piuttosto
a risvegliarci, a prendere atto di una diversità che ci riguarda e ci supera
allo stesso tempo, a prendere coscienza dell’effettivo valore di quanto
facciamo o viviamo, andando al di là delle opposte tendenze a incensare
o sminuire in modo superficiale tutto ciò che si realizza nel nostro Paese.
Infine, nella ridda di voci che si accumulano in questo tempo, sentiamo
che è importante rivolgersi in via prioritaria verso ciò che è espressione
di «un’autentica umanità», che si concretizza in «un’ostinata resistenza
di ciò che è autentico» (Laudato si’, n. 112). Offrire uno spazio a varie
realtà della società civile di ritornare su quanto vissuto nella COP 26 di
Glasgow va in questa direzione (pp. 19-32). In questo caso ci troviamo
di fronte a un evento di rilevanza mondiale, ma molto spesso si tratta di
realtà che passano inosservate, ritenute troppo piccole per essere prese sul
serio come fattori di effettivo cambiamento (cfr l’esperienza dei movimenti
popolari, pp. 33-40). Ma è proprio in esse che si costruiscono legami forti e
insospettati nel segno della solidarietà, si sperimentano novità pioneristiche
sul fronte della giustizia e dell’uguaglianza, si vive una fraternità effettiva
e non solo proclamata.
Il percorso attraverso gli articoli di questo numero è servito a mostrare
le domande che ci hanno accompagnato, ciò che ci è parso importante
mettere in comune con voi, attraverso un processo di lettura ed elaborazio-
ne degli eventi che fa parte del DNA della nostra Rivista, un patrimonio
che continueremo a custodire, rinnovare e mettere a disposizione dei letto-
ri. Con voi condividiamo in particolare ciò che ci guida: l’ascolto attento
del grido della terra e di quello dei poveri, come primo e imprescin-
dibile passo per l’esercizio del discernimento di quanto viviamo nella
società. Questa prospettiva è essenziale per noi, perché l’attenzione rivolta
a quanto succede intorno a noi, dagli eventi che hanno un impatto globale
alle storie apparentemente minori, possa passare dal semplice prendere atto
della realtà all’impegno per cambiarla secondo quella visione del vivere
insieme che ci anima.

8 • © FCSF - Aggiornamenti Sociali


Carità, accoglienza, impegno, immigrazione, povertà,
terrorismo: questi i concetti chiavi del sesto volume
Carità, accoglienza, impegno, immigrazione, povertà,
dell’opera omnia del cardinale Martini.
terrorismo: questi i concetti chiavi del sesto volume
Prefazione del cardinale Luis Antonio Tagle
dell’opera omnia del cardinale Martini.
Introduzione di Giacomo Costa SJ
A cura di Paolo Foglizzo

“È mai possibile che, dopo essere stati tanto amati,


noi siamo ancora così insensibili all’esigenza di imitare
“È mai possibile che, dopo essere stati tanto amati,
e testimoniare l’amore che ci è stato donato?”
noi siamo ancora così insensibili all’esigenza di imitare
C A Rl’amore
e testimoniare LO MA RIA
che ci M A R T Idonato?”
è stato NI

CARLO MARIA MARTINI

bompiani.it IN LIBRERIA E IN EBOOK giunti.it

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cantiere italia

Non di parte: il difficile


mestiere del Presidente
della Repubblica

Giuseppe Riggio SJ
Direttore di Aggiornamenti Sociali
<direttore@aggiornamentisociali.it>, @giuriggio

capo di stato ● costituzione ● democrazia ● elezioni presidenziali ● partiti politici ●


politica italiana ● sergio mattarella

La ormai prossima conclusione del settennato di Sergio Mattarella ri-


accende l’attenzione generale sulla figura dell’inquilino del Quirinale. Nel
nostro sistema costituzionale, la carica di Presidente della Repubblica è
tutt’altro che onorifica, poiché svolge un ruolo chiave negli equilibri istitu-
zionali e politici del Paese. Quali compiti e poteri gli sono assegnati? In che
modo gli permettono di adempiere alla sua funzione di Capo dello Stato
e rappresentante dell’unità nazionale?

«N
el linguaggio corrente si è soliti tradurre il compito del Capo
dello Stato nel ruolo di un arbitro, del garante della Costitu-
zione. È una immagine efficace. All’arbitro compete la pun-
tuale applicazione delle regole. L’arbitro deve essere – e sarà – imparziale. I
giocatori lo aiutino con la loro correttezza. Il Presidente della Repubblica è
garante della Costituzione. La garanzia più forte della nostra Costituzione
consiste, peraltro, nella sua applicazione». In questo passaggio del discorso
di insediamento del 3 febbraio 2015, Sergio Mattarella offriva la sua inter-
pretazione del ruolo presidenziale ai parlamentari e ai delegati regionali che
lo avevano appena eletto e all’opinione pubblica italiana.
Ricorrendo ai concetti di arbitro e garante, Mattarella si inscrive in una
consolidata lettura della figura e dei compiti del nostro Capo dello Stato.
I due termini hanno il pregio di evidenziarne i tratti principali. Infatti,
il Presidente della Repubblica in quanto garante della Costituzione è
al di fuori dell’agone politico; tuttavia, per la sua funzione di arbitro,
è anche una delle figure chiave quando il Paese attraversa una fase

10 • Aggiornamenti Sociali gennaio 2022 (10-18)


cantiere italia

politica incerta. Se si guarda alla storia della Repubblica si coglie in modo


chiaro questo duplice aspetto, insieme a un altro elemento: i vari Presi-
denti, al di là del peso delle differenti personalità, hanno interpretato il
proprio ruolo in modi diversi, dovendosi confrontare non solo con il testo
costituzionale, rimasto immutato, ma anche con la realtà sociale e politica
del Paese, che è profondamente cambiata nel corso dei decenni.

1. Una figura istituzionale super partes


La Costituzione pone il Presidente della Repubblica al vertice del nostro
ordinamento, in quanto è il Capo dello Stato e rappresenta l’unità nazio-
nale (art. 87 Cost.), attribuendogli perciò un duplice compito: svolgere una
funzione di equilibrio a livello di apparato istituzionale; impegnarsi perché
si consolidi e cresca il senso di appartenenza dei cittadini alle istituzioni del
nostro Paese. Si tratta quindi di una figura istituzionale super partes,
riconosciuta come riferimento comune dalle forze politiche e dalla so-
cietà civile. Le regole costituzionali sull’elezione, il mandato presidenziale
e la responsabilità sono state pensate per realizzare questa finalità.

a) L’elezione
Può essere eletto Presidente della Repubblica «ogni cittadino che abbia
compiuto cinquanta anni d’età e goda dei diritti civili e politici» (art. 84,
c. 1, Cost.). Non sono previste candidature ufficiali, che condurrebbero
alla discussione dei vari profili e alla possibile presentazione di programmi
o di orientamenti dal contenuto politico, per evitare che il Presidente eletto
si ritrovi vincolato a impegni presi in precedenza o associato in modo più
marcato con alcune forze politiche, a discapito della sua terzietà. L’indivi-
duazione delle personalità eleggibili avviene pertanto in modo informale
nei contatti tra le forze politiche, riportati in modo più o meno fondato dai
mezzi di informazione.
L’elezione avviene a scrutinio segreto da parte del Parlamento in se-
duta comune, integrato dalla presenza di tre delegati per ogni Regione (a
eccezione della Valle d’Aosta che ne esprime solo uno) 1. Per l’elezione è
richiesto il raggiungimento di una maggioranza qualificata: due terzi
dell’assemblea nei primi tre scrutini, la maggioranza assoluta successiva-
mente (art. 83 Cost.). La presenza dei delegati regionali, per quanto nume-
ricamente modesta (58 elettori regionali a fronte dei 945 parlamentari, più
i senatori a vita 2), enfatizza il ruolo di rappresentante dell’intera nazione

1 I delegati di ogni Regione sono eletti dai Consigli regionali e deve essere assicurata la

rappresentanza delle minoranze.


2 Il rilievo dei delegati regionali sarà leggermente maggiore dalla prossima legislatura a

seguito della riduzione del numero dei parlamentari da 945 a 600.

Non di parte: il difficile mestiere del Presidente della Repubblica • 11


ricoperto dal Presidente. Le soglie prescritte per l’elezione, che si sono
mostrate irraggiungibili da un unico partito a causa dell’elevata frammen-
tazione politica, fanno sì che il Presidente sia espressione di un ampio
consenso 3.
Infine, la segretezza del voto garantisce la libertà di coscienza degli elet-
tori rispetto alle indicazioni del proprio partito. Non si tratta di un’eventua-
lità rara, con esiti talora eclatanti, come nel 2013, quando a Romano Prodi,
indicato da varie forze politiche, mancarono 101 voti per essere eletto.

b) La durata del mandato presidenziale


Il Presidente resta in carica sette anni (art. 85 Cost.), un periodo
più lungo della normale durata della legislatura parlamentare o regionale,
affinché non sia “legato” alle forze politiche che lo hanno eletto e
possa disporre di un orizzonte temporale esteso, più adatto al suo
compito istituzionale di garanzia. La Costituzione non esclude la possi-
bilità di una rielezione, anche se la maggioranza degli studiosi lo ha sempre
ritenuto sconsigliabile per l’eccessiva lunghezza di un doppio mandato in
un sistema democratico basato anche sulla temporaneità degli incarichi
istituzionali. L’unico caso si è realizzato nel 2013, quando le forze politiche
non sono riuscite a esprimere un nuovo Presidente, scegliendo alla fine di
rieleggere l’ottantottenne Giorgio Napolitano. Dal punto di vista giuridico
questo episodio è stato perfettamente legittimo, ma sul piano politico ha
rivelato l’incapacità delle forze presenti in Parlamento di svolgere uno dei
compiti principali a cui sono chiamate. Le voci ricorrenti che prospetta-
no una possibile rielezione dell’attuale presidente Mattarella, nonostante
quest’ultimo abbia fatto trapelare la sua indisponibilità (Mattarella 2021),
confermano che l’incerta fase politica degli ultimi anni non è ancora ter-
minata: si preferisce “congelare” lo status quo, creatosi con la nascita del
Governo Draghi (ritenuto un ottimo candidato da tanti, ma anche difficile
da sostituire come Presidente del Consiglio), piuttosto che muovere passi
verso una ripresa piena della dialettica e proposta politica.

c) La responsabilità
L’art. 90 Cost. stabilisce che il Presidente della Repubblica «non è re-
sponsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che
per alto tradimento o per attentato alla Costituzione». L’esclusione della

3 Solo Cossiga nel 1985 e Ciampi nel 1999 sono stati eletti al primo scrutinio, grazie a un

ampio accordo tra le forze politiche. Tutti gli altri Presidenti sono stati eletti con la maggio-
ranza assoluta. Sono stati sufficienti 4 scrutini per l’elezione di Einaudi, Gronchi, Napolitano
al primo mandato e Mattarella; 6 per il secondo mandato di Napolitano; 9 per Segni; 16 per
Pertini e Scalfaro; 21 per Saragat e 23 per Leone.

12 • Giuseppe Riggio SJ
cantiere italia

responsabilità politica e giuridica del Capo dello Stato è coerente con


il suo carattere di potere neutro, un aspetto ritenuto centrale per lo
svolgimento del ruolo di arbitro. Non essendo però giuridicamente am-
missibile che vi sia un atto senza l’individuazione di un responsabile, la
Costituzione stabilisce che per la validità degli atti presidenziali debba es-
serci la controfirma dei ministri proponenti o del Presidente del Consiglio
nei casi previsti, che ne assumono quindi la responsabilità (art. 89 Cost.).
Per chiarire al meglio questo aspetto bisogna ricordare che gli atti più
importanti del nostro ordinamento sono formalmente adottati dal Presiden-
te della Repubblica con un proprio decreto, anche quando non ne è l’autore
materiale, così da essere ricondotti alla più alta carica nazionale e non alla
maggioranza del momento. Sarebbe incongruo chiedere al Capo dello
Stato di rispondere per decisioni che non ha preso, ad esempio la nomina
di un alto funzionario. Questa previsione, che mira a dare maggiore visibili-
tà all’unità dello Stato, non ha però solo un valore simbolico: il meccanismo
della firma presidenziale e della controfirma ministeriale, come vedremo, è
uno dei modi in cui il Presidente esercita il proprio ruolo di controllo.

2. I poteri del Presidente


Coerentemente con il suo ruolo costituzionale e con la forma di go-
verno parlamentare del nostro Paese, il Presidente della Repubblica non è
coinvolto nella formulazione dell’indirizzo politico, riservata al Governo e
alle Camere; la carica di Presidente non è, inoltre, riconducibile a nessuno
dei tre tradizionali poteri dello Stato (esecutivo, legislativo e giudiziario),
ma «dispone di competenze che incidono su ognuno dei citati poteri allo
scopo di salvaguardare, ad un tempo, sia la loro separazione che il loro
equilibrio» (Corte costituzionale 2013) 4.
Innanzi tutto, il Capo dello Stato concorre all’ordinario funziona-
mento degli altri organi costituzionali, indicendo ad esempio le elezioni
del Parlamento e fissandone la prima riunione, presiedendo il Consiglio
superiore della magistratura e il Consiglio supremo di difesa, nominando
cinque giudici costituzionali o i senatori a vita.
Inoltre, svolge un ruolo di rilievo nel processo legislativo: autorizza
la presentazione dei disegni di legge del Governo, promulga le leggi, i de-
creti legge, i decreti legislativi e i regolamenti, indice i referendum abroga-
tivi e costituzionali. Tutti questi atti, pur avendo come autori altri organi
(in primis il Governo), prendono la forma di un decreto presidenziale, con-
4 Il carattere trasversale del ruolo del Presidente della Repubblica è testimoniato anche

dalla distribuzione delle norme che lo riguardano nella Costituzione: la maggioranza degli
articoli è contenuta nel Titolo II, intitolato proprio “Il Presidente della Repubblica” (artt. 83-91
Cost.), ma alcuni importanti poteri si trovano altrove, ad esempio quello di nomina dei mem-
bri del Governo (art. 92, c. 2, Cost.) o di richiedere con un messaggio motivato al Parlamento
una nuova deliberazione di una legge approvata (art. 74, c. 1, Cost.).

Non di parte: il difficile mestiere del Presidente della Repubblica • 13


trofirmato dal ministro proponente. In questo modo, il Capo dello Stato
«può prendere visione, in via anticipata, di gran parte degli atti degli organi
costituzionali», trovandosi nella condizione di «esercitare un generale pote-
re di controllo politico-costituzionale preventivo» (Azzariti 2017, 120-121)
e potendo rifiutarsi in casi estremi di apporre la propria firma. La valuta-
zione ovviamente non avrà per oggetto i contenuti nel loro merito, ma
la considerazione se il provvedimento esaminato può costituire una
ferita all’ordinamento costituzionale 5. Ancor più forte è l’intervento del
Presidente quando rinvia una legge senza promulgarla, chiedendo una nuo-
va deliberazione alle Camere con un messaggio motivato.

3. Nelle situazioni di crisi del sistema


Un ruolo chiave è assegnato dalla Costituzione al Presidente nelle situa-
zioni di crisi del sistema politico-istituzionale, come nei casi della forma-
zione di un nuovo Governo a seguito delle elezioni, della crisi del Governo
in carica o della decisione di sciogliere il Parlamento. Nella storia repubbli-
cana italiana questi eventi non sono stati rari, soprattutto dagli anni ’90 in
poi, per l’instabilità del sistema politico.
La Costituzione delinea il ruolo del Capo dello Stato come un ri-
solutore delle crisi, una sorta di organo di riserva chiamato a esercitare le
proprie competenze nelle situazioni di impasse, perché l’unità e la stabilità
dello Stato non siano compromesse. All’evidente importanza di questo
compito e alla necessaria delicatezza richiesta nel suo esercizio non corri-
sponde una definizione stringente delle modalità di esercizio dei pote-
ri attribuiti al Capo dello Stato. Per la formazione di un nuovo Governo,
la Costituzione si limita ad affermare che il Presidente del Consiglio è
nominato dal Presidente della Repubblica, senza che siano indicati criteri o
procedure da seguire. Anche nel caso della decisione di scioglimento antici-
pato del Parlamento la Costituzione non offre indicazioni puntuali, tranne
che non può avvenire negli ultimi sei mesi del mandato presidenziale (il
cosiddetto semestre bianco, art. 88 Cost.). I Presidenti hanno ipotizzato
il ricorso a questo potere o lo hanno effettivamente esercitato, quando il
Parlamento non è stato più in grado di esprimere una maggioranza.
Questo silenzio della Carta fondamentale, frutto di una scelta pon-
derata, è stato dettato dalla necessità di non imbrigliare il Capo dello
Stato in procedure troppo dettagliate, che potrebbero essere inadatte
per risolvere le crisi. Le indicazioni a livello costituzionale sono comple-
tate sul piano della prassi, consolidatasi nel corso del tempo. Abbiamo così,
nel caso della formazione di un nuovo Governo, le consultazioni di rito
5 Il controllo sul rispetto della Costituzione da parte del Presidente della Repubblica

avviene attraverso strumenti politico-istituzionali, mentre quello della Corte costituzionale


è di tipo giuridico, concentrato sugli atti normativi, a seguito della loro adozione formale.

14 • Giuseppe Riggio SJ
cantiere italia

delle autorità istituzionali, delle forze politiche e spesso delle parti sociali, il
conferimento di un incarico per verificare la possibilità di formare un Go-
verno, l’espediente dell’incarico esplorativo a una personalità terza quando
è lontano il raggiungimento di un accordo tra i partiti, ecc.
Di fatto, l’ampiezza e la discrezionalità dei poteri del Presidente nella for-
mazione del Governo e nello scioglimento delle Camere, due atti di estrema
rilevanza politica, sono legate in larga parte a fattori che non dipendono da
lui. «Tanto più il Governo, il Parlamento, gli organi costituzionali in genere,
nonché – e forse soprattutto – le forze politiche sono “forti” (ovvero capaci
di governare), tanto più il potere del Presidente è “debole” (ovvero recessivo),
e viceversa» (Azzariti 2017, 141). La storia repubblicana è indicativa in tal
senso. Per tutta la “prima Repubblica”, la forza del sistema dei partiti
confinava i Presidenti a un ruolo quasi notarile, tranne nelle fasi di tran-
sizione tra le varie alleanze politiche che hanno retto il Paese e nei momenti
di maggiore tensione, come gli anni del terrorismo.
Ben diverso è lo scenario che si è aperto con la crisi del pentapartito
a seguito di Tangentopoli (1992), l’avvento del maggioritario, l’affer-
marsi di un bipolarismo costituito da fragili alleanze di partiti diversi.
Nella fase di transizione il presidente Scalfaro ha esercitato un ruolo molto
deciso in vari passaggi, come la nomina del Governo Ciampi e del Gover-
no Dini o la decisione di non sciogliere le Camere dopo la crisi del primo
Governo Berlusconi, suscitando reazioni polemiche e ampi dibattiti tra gli
studiosi su «uno slittamento verso una forma di semipresidenzialismo o di
un presidenzialismo atipico» (Lippolis 2018, 223). Episodi per alcuni versi
simili si sono ripetuti in seguito, con il Governo Monti sotto la presidenza
Napolitano e ora con il Governo Draghi. In una forma di governo rimasta
parlamentare, l’introduzione del sistema elettorale tendenzialmente mag-
gioritario ha ristretto i margini di intervento per il Presidente quando vi
sono stati chiari esiti elettorali, come nel 1996, 2001, 2006 e 2008, mentre
nei casi di instabilità delle coalizioni e conflittualità tra i partiti il ri-
lievo del ruolo presidenziale ha acquisito maggiore importanza, così
come i suoi interventi. Considerazioni valide anche nel quadro politico
consegnatoci dalle elezioni del 2018, caratterizzato da un’accentuata flui-
dità delle alleanze tra i vari partiti per esprimere una maggioranza politica.

4. Il rilievo simbolico del Quirinale


Spesso ci si imbatte nell’affermazione che il Quirinale è la “casa degli
italiani”, presente anche nel sito istituzionale della Presidenza della Re-
pubblica (<www.quirinale.it>). Questa affermazione non può essere deru-
bricata a una semplice espressione retorica, ma evidenzia il forte carattere
simbolico della figura del nostro Presidente, che risponde alla necessità di
rendere visibile il carattere unitario e permanente della comunità costitui-

Non di parte: il difficile mestiere del Presidente della Repubblica • 15


tasi nello Stato italiano (Rescigno 2016). Attraverso l’immagine della casa
si vuole sottolineare la vicinanza della più alta carica dello Stato ai cittadini
e il fatto che tutte le forze del Paese possono riconoscersi nell’istituzione
presidenziale e. Un evidente esempio in tal senso è dato dal comporta-
mento del presidente Mattarella durante la pandemia, in particolare nel
periodo immediatamente successivo alla sua diffusione in Italia.
La dimensione simbolica è poi rafforzata dall’alto livello di fiducia
che i cittadini generalmente ripongono nel Capo dello Stato. Il consenso
pubblico – di solito più elevato di quello riservato ad altre istituzioni
politiche o ai partiti (ad esempio, nel 2021, se il 57,7% dei cittadini ha
fiducia nel presidente Mattarella, mentre la percentuale è del 34,4% nei
confronti del Parlamento, cfr Eurispes 2021) – costituisce un fatto-
re importante anche ai fini dell’esercizio dei propri poteri da parte
del Presidente, in particolare quello della moral suasion (persuasione
morale), non codificato dalla Costituzione, ma affermatosi nella prassi.
Grazie alla sua autorevolezza, il Presidente può infatti esercitare un ruolo
di moderazione, persuasione e stimolo rispetto alle scelte di altri organi

75 anni di Presidenti della Repubblica

ENRICO DE NICOLA
LUIGI EINAUDI GIOVANNI GRONCHI
28 giugno 1946 - 31 dicembre 1947
12 maggio 1948 11 maggio 1955
(Capo provvisorio dello Stato)
11 maggio 1955 11 maggio 1962
1º gennaio 1948 - 12 maggio 1948

5 giugno 1947 3 gennaio 1954 8 agosto 1956


Avvio del piano Marshall Iniziano le trasmissioni Nel disastro di Marcinelle, in Belgio,
per la ricostruzione regolari della RAI con muoiono 262 persone, di cui 136
dell’Europa dopo la il primo canale, mentre immigrati italiani.
Seconda guerra mondiale. l’Italia vive un periodo di
In quattro anni l’Italia riceve forte crescita, il cosiddetto 25 marzo 1957
1,2 miliardi di dollari. “miracolo economico”. A Roma firma dei Trattati che
istituiscono la Comunità economica
europea e la Comunità europea per
l’energia atomica.

SANDRO PERTINI FRANCESCO COSSIGA OSCAR LUIGI SCALFARO


9 luglio 1978 3 luglio 1985 28 maggio 1992
29 giugno 1985 28 aprile 1992 15 maggio 1999

13 maggio 1981 9 novembre 1989 23 maggio e 19 luglio 1992


Attentato a papa Giovanni È abbattuto il muro di Berlino, Le stragi di mafia: sono uccisi Giovanni
Paolo II in piazza San Pietro. simbolo della “Cortina di ferro”. Falcone con la moglie e Paolo
Borsellino con gli agenti di scorta.
11 luglio 1982 17 febbraio 1992
L’Italia vince il campionato Mario Chiesa, presidente del Pio 5 luglio 1996
del mondo di calcio Albergo Trivulzio, è arrestato Nasce la pecora Dolly, il primo
in Spagna mentre accetta una tangente: mammifero clonato con successo
inizia “Mani pulite”. da una cellula somatica.

16 • Giuseppe Riggio SJ
cantiere italia

costituzionali, in particolare del Governo, attraverso «attività informali,


fatte di incontri, comunicazioni e raffronti dialettici» (Corte costituzio-
nale 2013).
Questo capitale simbolico e di fiducia è cruciale perché l’istituzione
presidenziale sia riconosciuta come super partes e l’esercizio dei vari poteri
possa avvenire secondo una graduazione di intensità che tenga conto della
gravità della situazione. Si tratta, però, di un bene fragile, sia perché alla
sua base vi è in gran parte il bisogno, non sempre razionale, di una co-
munità di riconoscersi in una figura alta, sia perché può essere facilmente
compromesso da comportamenti eccessivi e scandali che riguardano i Pre-
sidenti (come è accaduto nei casi di Leone e Cossiga) o da delegittimazioni
sistematiche da parte delle forze politiche. È evidente allora che la sapiente
gestione di questa dimensione costituisce uno degli aspetti più delicati
della figura del Capo dello Stato, in bilico tra il rischio di una persona-
lizzazione eccessiva, che sarebbe contraria al dettato costituzionale, o del
compromettersi di una fiducia essenziale per lo svolgimento efficace del
proprio ruolo.

ANTONIO SEGNI GIUSEPPE SARAGAT GIOVANNI LEONE


11 maggio 1962 29 dicembre 1964 29 dicembre 1971
6 dicembre 1964 29 dicembre 1971 15 giugno 1978

4 dicembre 1963 Maggio 1968 Ottobre 1973


Aldo Moro guida il primo Le proteste dei studenti I Paesi dell’OPEC alzano il prezzo
Governo di centrosinistra, a a Parigi ben presto si del petrolio per sostenere l’Egitto
cui partecipano la DC, il PSI, estendono a tutto il e la Siria nella guerra del Kippur
il PRI e il PSDI mondo: è il Sessantotto. contro Israele causando una grave
crisi energetica.
12 dicembre 1969
La strage di piazza Fontana 16 marzo 1978
a Milano segna l’inizio della Le Brigate rosse sequestrano Aldo
strategia della tensione. Moro. Dopo 55 giorni di prigionia,
viene ucciso il 9 maggio.

CARLO AZEGLIO CIAMPI GIORGIO NAPOLITANO I E II SERGIO MATTARELLA


18 maggio 1999 15 maggio 2006 - 22 aprile 2013 3 febbraio 2015
15 maggio 2006 22 aprile 2013 - 14 gennaio 2015 in carica

11 settembre 2001 15 settembre 2008 23 giugno 2016


L’attentato alle Torri gemelle Il fallimento della banca Lehman I cittadini britannici approvano a
di New York. Brothers apre la strada a una stretta maggioranza l’uscita del
grave crisi economica mondiale. loro Paese dall’UE: è la Brexit.
1º gennaio 2002
L’euro, nato ufficialmente 17 dicembre 2010 20 agosto 2018
nel 1999, inizia a circolare Scoppiano le primavere arabe Ispirati dalla giovanissima
nei primi dodici Paesi in vari Paesi maghrebini e del Greta Thunberg, migliaia
che l’hanno adottato. Medio Oriente; in particolare, inizia di studenti scioperano per il clima
la guerra civile in Siria. nei Fridays for Future.

Non di parte: il difficile mestiere del Presidente della Repubblica • 17


5. Leggendo tra le righe della Costituzione
La Costituzione ci consegna il ritratto di un Presidente della Repubbli-
ca tutt’altro che secondario, il cui ruolo si è adattato alle mutate esigenze
del contesto sociopolitico grazie alla prassi e alle consuetudini che si sono
formate nel tempo. Indubbiamente le diverse personalità dei Presidenti
della Repubblica hanno anche influito sul modo in cui hanno interpretato
il loro ruolo, senza però mai determinare forzature o distorsioni irrime-
diabili sul piano costituzionale (si pensi, ad esempio, all’eccessivo ricorso
alle esternazioni del presidente Cossiga, poi rientrato). Grazie ai margini
interpretativi offerti dalla Costituzione, il Presidente può svolgere il
proprio ruolo fondamentale di organo di riserva, di estrema risorsa
perché il sistema costituzionale non sia irrimediabilmente in stallo.
Scarno è il testo costituzionale anche per quanto riguarda i requisiti per
essere eletto Presidente della Repubblica, esplicitamente indicati all’art.
84 Cost. Ma, tra le righe delle norme, la Costituzione dice molto di più,
delineando il ritratto di un uomo o una donna con una propria storia di
impegno sociale e politico, inevitabilmente situata e connotata, ma non di
“parte”, una personalità imbevuta dei valori costituzionali e attenta cono-
scitrice delle dinamiche politiche, capace di entrare in un profondo ascolto
e dialogo con tutta la comunità civile, perché il capitale di fiducia che gode
la figura del Capo dello Stato non sia sperperato. Si tratta di un profilo
alto, ma non irrealistico, per questa carica istituzionale in cui tutti
noi come cittadini dovremmo poterci riconoscere, sentendoci rappre-
sentati e garantiti. Riferimenti essenziali da tenere in mente in occasione
dell’ormai imminente elezione del successore del presidente Mattarella.

Risorse
Azzariti G. (2017), Appunti per le le- Repubblica», in Rivista AIC, 3, 215-
zioni. Parlamento, Presidente della 228.
Repubblica, Corte costituzionale, Mattarella S. (2021), Intervento
Giappichelli Editore, Torino. all’incontro di studio “Giovanni Le-
Corte costituzionale (2013), Sen- one. Presidente della Repubblica
tenza n. 1, 15 gennaio, in <www. 1971-1978” nel ventesimo anniver-
cortecostituzionale.it>. sario della scomparsa, 11 novem-
Eurispes (2021), 33º Rapporto Italia. bre, in <www.quirinale.it>.
Percorsi di ricerca nella società ita- — (2015), Messaggio al Parlamento
liana, in <https://eurispes.eu>. nel giorno del giuramento, Roma, 3
Fusaro C. (2003), Il Presidente della Re- febbraio, in <www.quirinale.it>.
pubblica. Il tutore di cui non riusciamo Rescigno G.U. (2016), «Presidente
a fare a meno, il Mulino, Bologna. della Repubblica», in Treccani – Di-
Lippolis V. (2018), «Il Presidente della ritto on line, in <www.treccani.it>.

18 • © FCSF - Aggiornamenti Sociali


dialoghi

Un passo dopo Glasgow


L’azione della società civile per il clima
dopo la COP 26

a cura di Mauro Bossi SJ e Paolo Foglizzo


Redazione di Aggiornamenti Sociali
<foglizzo.p@aggiornamentisociali.it>, <mauro.bossi@aggiornamentisociali.it>

cambiamenti climatici ● ecologia ● etica ambientale ● nazioni unite ● movimento


sociale ● partecipazione politica ● politica ambientale ● politica internazionale ●
società civile

Impegniamoci a fare la nostra parte


Pedro Walpole SJ
Coordinatore di Global Ignatian Advocacy Network (GIAN) – Ecology network
(Ecojesuit), @Ecojesuit

Una transizione al passo con la crisi


Mariagrazia Midulla
Responsabile Clima ed Energia del WWF Italia
<m.midulla@wwf.it>, @mgmidu

A Glasgow abbiamo costruito ponti


Domenico Vito
Ingegnere, PhD, osservatore alla COP 26
<hubzine.italia@gmail.com>

L’
intensificarsi dell’emergenza climatica ha trasformato i grandi ver-
tici internazionali sul tema in eventi di grande risonanza. Non è
il caso di appuntamenti analoghi: basta confrontare la copertura
mediatica della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici
(COP 26, Glasgow, 31 ottobre-12 novembre 2021) con quella della analoga
Conferenza sulla biodiversità (COP 15), svoltasi a Kunming (Cina) poche
settimane prima, dal 12 al 15 ottobre.
Come scriveva p. Giacomo Costa nell’editoriale di dicembre, «il tema
dei cambiamenti climatici si trasferisce dall’ambito tecnico-scientifico a
quello politico» («COP 26: il clima rilancia la democrazia», in Aggiorna-
menti Sociali, 12 [2021] 651-655), seguendone quindi le logiche. I grandi
appuntamenti come la COP 26 diventano così l’occasione di esercitare

Aggiornamenti Sociali gennaio 2022 (19-32) • 19


forme di partecipazione e pressione dal basso, da parte della società
civile e delle organizzazioni con cui essa si esprime, a partire dai movimen-
ti per il clima e per l’ambiente. I numeri testimoniano questa dinamica:
secondo i dati ufficiali diffusi dall’UNFCCC, se alla COP 1 di Berlino
del 1995 furono ammesse 176 ONG, il loro numero è salito a 2.874 in
occasione della COP 26. Si tratta di una galassia molto diversificata: a Gla-
sgow, il 40% era costituito da organizzazioni ambientaliste in senso stret-
to, il 26% da reti di ricercatori, il 15% da organizzazioni imprenditoriali,
mentre il restante 20% era formato da rappresentanze di popoli indigeni,
agricoltori, movimenti giovanili, enti locali, sindacati e organizzazioni con-
fessionali o interconfessionali.
Alla dinamica della COP le ONG prendono parte con lo statuto di
osservatori, ma questo non impedisce loro di esercitare una influenza sulle
parti negoziali attraverso il lavoro di lobbying, diffondendo analisi detta-
gliate, ma anche svolgendo la funzione di watchdog (letteralmente, “cani
da guardia”), pronte a divulgare all’opinione pubblica quanto accade nei
negoziati. Ma la COP è anche l’occasione in cui le ONG si incontrano,
condividono esperienze di impegno, consolidano reti e alleanze, si
confrontano sulle priorità e rielaborano strategie. Monitorano il pre-

Il Glossario della COP

Accordo di Parigi: trattato causati dai cambiamenti climatici di


internazionale relativo alla riduzione origine antropica. Da diversi anni i Paesi
dei gas serra, siglato in occasione della in via di sviluppo e l’Alleanza dei piccoli
COP 21 di Parigi nel 2015. Stati insulari (AOSIS) lottano perché
COP (Conference of parties, Conferenza sia riconosciuta la responsabilità dei
delle parti): organo di governo Paesi più industrializzati e perché essi
di una determinata convenzione si impegnino per risarcire i danni. La
internazionale, composta dagli questione è attualmente regolata dal
Stati firmatari; nel caso della COP di Meccanismo internazionale di Varsavia,
Glasgow, si tratta della UNFCCC. adottato nel 2019.
IPCC (International panel on climate Protocollo di Kyoto: trattato
change), organismo internazionale internazionale sui cambiamenti
incaricato di vagliare e consolidare climatici, siglato nella città giapponese
i risultati della ricerca scientifica in durante la COP 3 nel 1997.
materia di clima; vi aderiscono 195 UNFCCC (United Nations framework
Paesi, che nominano i propri esperti; convention on climate change,
pubblica periodicamente i Rapporti Convenzione quadro delle Nazioni
di valutazione (Assessment report) e Unite sui cambiamenti climatici):
relazioni su temi specifici. trattato ambientale internazionale,
Loss and damage (letteralmente: siglato a Rio de Janeiro nel 1992, in
Perdite e danni): espressione usata in occasione del Vertice della Terra,
seno all’UNFCCC per indicare i danni ratificato da 196 Stati più l’UE.

20 • Mauro Bossi SJ – Paolo Foglizzo


dialoghi

sente, cioè i negoziati in corso, e intanto guardano al futuro e tornano a


casa con stimoli e idee che proiettano la loro azione verso nuovi traguardi
e appuntamenti.
Si tratta di una dinamica molto ricca, in cui proviamo a entrare grazie
al contributo di tre voci che provengono da diversi ambiti di questo va-
riegato mondo: organizzazioni e reti di ispirazione religiosa, confessionali
e interconfessionali (Walpole); sigle storiche dell’impegno per l’ambien-
te (Midulla); movimenti di giovani (Vito). Ci conforta scoprire che al
rientro da Glasgow il loro sguardo verso il futuro resta animato dalla
speranza, in cui si radica la decisione di proseguire nell’impegno in modo
ancora più tenace.

Impegniamoci a fare la nostra parte


Pedro Walpole SJ
Coordinatore di Global Ignatian Advocacy Network (GIAN) – Ecology network (Ecojesuit)

A ll’interno del processo negoziale sul clima in seno alle Nazioni


Unite, che ha il suo centro nell’appuntamento annuale della COP,
negli ultimi anni è risuonata l’eco di alcune tendenze in atto a livello più
ampio: una crescente minaccia ai diritti umani, il lobbismo discreto delle
imprese e una gamma di strategie che puntano a fomentare dubbi e dif-
fondere false informazioni. Queste tendenze hanno origine dalla crescente
polarizzazione politica in molti Paesi, dall’accumulo di ricchezza da parte
di pochi, dall’incremento dei consumi sostenuto dal modello economico
dominante, dal declino della voce della società civile e dall’accresciuta vul-
nerabilità nel lavoro, nei servizi e nell’ambiente, che ricade con particolare
gravità sui poveri.
Nell’aprile 2021, la rete Ecojesuit ha promosso l’assunzione di
un impegno per la giustizia climatica, da parte dei gesuiti e di tut-
ti quelli che, a vario titolo, condividono la loro missione e la loro
spiritualità, che trova espressione nel documento Un impegno della fa-
miglia ignaziana 1. Al suo interno sono identificati cinque punti chiave
su cui spingere perché la COP 26 prenda una decisione e cinque linee
guida per il nostro impegno a cambiare rotta, durante e oltre la COP 26.
L’adozione di questo quadro di riferimento ci ha permesso di sottoline-
are l’importanza dei popoli indigeni e delle nazioni più vulnerabili,
dei giovani, del contributo delle varie fedi e della collaborazione. Fin
1 Ecojesuit, Un impegno della famiglia ignaziana, 22 aprile 2021, <www.sjesjesuits.global/

media/2021/05/Ignatian-Commitment-IT_26April.pdf>.

Un passo dopo Glasgow • 21


dal principio siamo stati chiari
Pedro Walpole, gesuita irlan- sul fatto che, essendo un’orga-
dese da molti anni missionario
nizzazione di ispirazione reli-
nelle Filippine, è direttore
giosa, la nostra speranza non
di ricerca presso l’Institute
of environmental science for
va confusa con l’ottimismo e
social change dell’Università che, considerati gli estremismi
“Ateneo de Manila” nonché coordinatore del predominanti nelle discussioni
programma “Riconciliazione con il creato” sul clima, i punti di vista basa-
della Conferenza dei gesuiti dell’Asia-Pacifico ti sulla fede vanno considerati
e della rete Ecojesuit (<www.ecojesuit.com>). importanti.
È un esperto di sostenibilità ambientale e di
gestione comunitaria del territorio di comunità
La lezione della COP 26
nell’Asia sudorientale. Vive a Bendum, villaggio
del popolo indigeno Pulangiyen, nelle monta- Una delegazione di Ecojesu-
gne dell’isola di Mindanao. it si è recata a Glasgow, mentre
altri hanno seguito i lavori a di-
stanza. Alcuni erano veterani delle COP, altri partecipavano per la prima
volta; i negoziati sono stati importanti per comprendere quali sono le forze
in campo e per mettere a fuoco il nostro lavoro di advocacy, a livello locale
e globale. «Siamo in stato di emergenza climatica» è il grido lanciato dal
reverendo James Bhagwan, segretario generale della Conferenza delle Chiese
del Pacifico e membro della delegazione di Ecojesuit, rivolgendosi ai vertici
della COP 26 a nome dell’Interfaith Liaison Commitee, il coordinamento
delle ONG di ispirazione religiosa in seno ai negoziati climatici.
Non nutrivamo grandi aspettative e non siamo rimasti sorpresi
dalle dinamiche dei negoziati e dalle conclusioni emerse. Un cambia-
mento significativo va segnalato: non ci sono più contestazioni in merito
ai dati scientifici o all’identificazione di chi patisce le conseguenze dei
cambiamenti climatici. La strategia prevalente per procrastinare le decisio-
ni è rappresentata piuttosto da discussioni tattiche sulla formulazione dei
documenti. Notevoli sono anche i risultati in termini di consapevolezza
dell’opinione pubblica su che cosa è possibile e necessario fare d’ora in
avanti.
C’è sempre stata la speranza che la COP 26 potesse aiutare a invertire
la rotta verso l’assunzione di impegni seri e la promozione di un cambia-
mento significativo. Considerati i risultati inadeguati per guidare il mondo
verso una maggiore decisione nel contrasto ai cambiamenti climatici, la
domanda che il mondo sta cominciando a porsi, attraverso una dinamica
politica colma di preoccupazioni e divergenze, è come prepararsi a costru-
ire un consenso sul tema loss and damage: chi deve pagare, come e quando,
e in che modo gli indennizzi devono essere ricevuti e utilizzati.
È questo il risultato del lento processo iniziato alla COP 15 di Copena-
ghen nel 2009, quando gli impegni nazionali di riduzione delle emissio-

22 • Pedro Walpole SJ
dialoghi

ni sono venuti alla ribalta come


Ecojesuit
strumento indispensabile nella
costruzione del consenso. Ovvia- Ecojesuit, abbreviazione di Global Ignatian
Advocacy Network (GIAN) – Ecology network,
mente, le popolazioni ai margini,
è la rete globale dei gesuiti per l’ecologia.
i più vulnerabili e i giovani non Comprende non solo istituzioni sociali,
possono aspettarsi che l’attuale educative e pastorali della Compagnia di Gesù,
ricca tecnocrazia si finga morta. ma anche ricercatori, altre congregazioni
È una battaglia generazionale religiose, ONG di ispirazione religiosa e
e l’impegno è scoprire come fa- organizzazioni indigene. Promuove la
comunicazione sui temi ecologici, sostiene
vorire un cambiamento globale programmi di cooperazione internazionale,
di atteggiamento. Le dinamiche accompagna iniziative locali, anima lo scambio
della COP 26 sono state ostaco- di informazioni tra i gesuiti e i loro collaboratori.
late dalla pandemia, ma sono Maggiori informazioni sono disponibili sul sito
soprattutto le discordie e le pola- <www.ecojesuit.com>.
rizzazioni politiche che rischiano
di vanificare tutti gli eventi preparatori: la Conferenza ONU sulla biodi-
versità (COP 15, Kunming, Cina, 12-15 ottobre 2021), il Food systems
summit (New York, 23 settembre), il G7 di giugno e il G20 di ottobre.
I molti eventi collaterali della COP 26 hanno creato solidarietà
e amicizia, rafforzato i legami di partenariato e offerto occasioni di
festa. I social media di Ecojesuit hanno fatto sentire la voce dei popoli
indigeni, attraverso il monitoraggio delle sessioni formali della Conferenza
e di circa 400 eventi collaterali accessibili online. Questo lavoro ci ha dato
nutrimento e ora ci permette di celebrare con speranza anche il fallimento.
Il nostro impegno condiviso prosegue ora sulla scia di questi passi.

Margini di azione e cambiamento


Lentamente, la duplice crisi, climatica e pandemica, sta rafforzando la
credibilità della scienza e spinge la politica a essere più inclusiva. In seguito
alla crisi sanitaria, il mondo delle imprese sta imparando ad allentare i
propri margini di profitto e ad allargare le maglie dei brevetti, mentre si
spera che le clausole di segretezza nei contratti verranno eliminate. Ora, la
sfida consiste nel portare i settori dell’alimentazione e dell’energia a uno
standard di moralità più elevato.
Nei nostri Paesi dobbiamo continuare a percorrere la strada del-
la democrazia nelle sue varie forme, affrontando egoismo, tirannia e
fallimenti operativi, ingerenze degli interessi d’impresa e delle economie
dominanti. Raccogliamo queste sfide collettive, mantenendo l’attenzione
alla voce dei più vulnerabili, agli adattamenti locali ai cambiamenti clima-
tici e agli impegni nazionali. Mentre i Governi vengono smascherati per le
loro scelte egoistiche, mentre le imprese e i ricchi saranno ritenuti sempre
più responsabili per l’avidità e la disinformazione, i contributi autentici

Impegniamoci a fare la nostra parte • 23


riceveranno il giusto riconoscimento. È necessario mettersi in ascolto e
impegnarsi per rafforzare i legami locali, la partecipazione e la possibilità
di esprimersi. Dobbiamo spendere le nostre forze perché le fasce sfavo-
rite della popolazione abbiano maggiori possibilità di partecipare ai
processi decisionali.
Tutti abbiamo individuato dei punti di cambiamento e abbiamo com-
preso quali sono i soggetti dai quali possiamo imparare, al di là della COP,
come gli agricoltori indiani, che da un anno, nel bel mezzo della pande-
mia, protestano contro le politiche che favoriscono il business delle imprese
a discapito dei piccoli produttori. Nonostante i limiti, si continua a perce-
pire che l’importanza delle Nazioni Unite è reale. Il segretario dell’ONU,
António Guterres, e il presidente della COP 26, Alok Sharma, sono figure
che, sullo scenario globale, sostengono l’urgenza dei negoziati e ascoltano
le prospettive dei diversi Paesi.
Siamo chiamati a vivere con maggiore profondità nella nostra so-
cietà, affrontando questioni chiave come il clima, la pandemia, l’e-
conomia, a livello locale e nazionale, prima che su scala globale. Da
tutti i punti di vista e rispetto a tutti i problemi, siamo chiamati a rendere
questo mondo migliore, più inclusivo e capace di cura, dove i bisogni ven-
gano prima del profitto e dove i diritti negati siano una priorità per tutti.
La questione non è più solamente scientifica, ma anche politica. Dob-
biamo agire localmente se vogliamo poterci poi impegnare globalmente.
Dobbiamo incoraggiare familiari e amici, vicini e colleghi per costruire
spazi sociali e contesti politici che siano inclusivi. Non è facile a dirsi in
periodo elettorale, sotto una dittatura militare, o dove dominano gli inte-
ressi delle grandi imprese o spadroneggiano le élite locali.

Ecojesuit in azione alla COP 26

Ecojesuit ha organizzato un evento ha rappresentato una connessione


collaterale non ufficiale, denominato virtuale per gli studenti di undici
“Faith and Climate Frontiers: scuole e per vari gruppi giovanili,
Consequences for Asia and Oceania”, distribuiti in tutto il pianeta, e ha
<www.ecojesuit.com/faith-at-the- permesso di partecipare “a distanza”
climate-frontiers-consequences-for- al pellegrinaggio da Edimburgo a
oceania-and-asia>, presso il Centro Glasgow organizzato in coincidenza
di spiritualità ignaziana di Glasgow, con la COP.
coinvolgendo dieci relatori esperti Ecojesuit ha poi contribuito all’evento
e altri partecipanti provenienti dalle organizzato dalla rete di ONG
regioni interessate. Il pellegrinaggio cattoliche CIDSE (Coopération
On the Way to Change, <https://cop26. internationale pour le développement
ecojesuit.com/on-the-way-to-change>, et la solidarité), intitolato “Transforming

24 • Pedro Walpole SJ
dialoghi

Conversione e speranza
Come ha recentemente affermato il Superiore generale dei gesuiti, p.
Arturo Sosa: «Senza aspettare che agiscano i leader politici, facciamo il
nostro dovere; come cittadini responsabili di questo pianeta, impegnia-
moci a fare la nostra parte per la cura della casa comune». La Piattaforma
di iniziative Laudato si’, <https://piattaformadiiniziativelaudatosi.org>, e il
processo sinodale della Chiesa si propongono di contribuire e si aprono ad
altri cammini condivisi.
La sfida è avere fede e condividere una fede che sia vera, al di là
delle tradizioni con la “t” minuscola, che si impasti con l’agire quoti-
diano, lo sforzo dell’inclusione e i sacrifici di ogni giorno. Per molti è un
tempo di conversione. C’è conversione quando la domanda «Di che cosa
mi prendo cura?» semplifica la complessità, o quando con calma ciascu-
no si chiede: «Quanto sono disponibile a cambiare?». A partire da questa
profonda conversione, possiamo rafforzare le nostre capacità e le nostre
aree di esperienza e competenza per includere altri e per sintonizzarci su
crisi tra loro interconnesse, come disponibilità di cibo e migrazioni, e spe-
rimentare le grazie della guarigione e del sacrificio, della compassione e
della testimonianza. Dobbiamo cercare un cambiamento reale, non degli
accomodamenti tecnologici. Nel lavoro per trasformare la società, nessun
atto di onestà è troppo piccolo per andare sprecato.
La speranza nasce da una visione che va oltre i limiti presenti e
dalla fede in un’umanità condivisa, della quale tutti siamo capaci. La
collaborazione interreligiosa nel percorso verso la COP27, che si terrà a
Sharm el-Sheik, Egitto, nel novembre 2022, rappresenta per questa gene-
razione un altro passo da compiere nella speranza.

climate finance to radically transform all’interno della Global Justice Program


societies”, nel quale si è discusso Conference 2021 dell’Università di
sul ruolo del Green Climate Fund, Yale, <https://globaljustice.yale.edu>,
il fondo delle Nazioni Unite per intitolata “Critical Questions for a Green
sostenere l’adattamento dei Paesi Impact Fund in Africa”. La rete dei centri
in via di sviluppo ai cambiamenti di ricerca e azione sociale dei gesuiti in
climatici, affrontando tematiche come America latina ha espresso la propria
l’agroecologia, la conservazione della insoddisfazione per il fallimento dei
natura e il welfare. negoziati della COP, mentre la Tebtebba
A questi sforzi si sono uniti quelli dei Foundation, organizzazione indigena
nostri partner, come il Jesuit Justice del nord delle Filippine, ha cercato di
and Ecology Network in Africa (JENA), istituire un sistema di monitoraggio
che ha dato vita a una tavola rotonda dell’erogazione dei fondi.

Impegniamoci a fare la nostra parte • 25


Una transizione al passo con la crisi
Mariagrazia Midulla
Responsabile Clima ed Energia del WWF Italia

G ià dalla fase preparatoria del G20, ad esempio in occasione del


vertice su ambiente, clima ed energia svoltosi a Napoli nel luglio
2021, erano emerse le difficoltà che i negoziati di Glasgow avrebbero do-
vuto affrontare. Nonostante la volontà dichiarata del Governo italiano di
trovare delle soluzioni, si è registrato qualche passo falso; per esempio,
proprio dopo il vertice di Napoli, il ministro della Transizione ecologica
Cingolani aveva nominato esplicitamente i Paesi che riteneva problematici,
con due conseguenze: rompere la discrezione negoziale della presidenza,
con il pericolo concreto di suscitare una reazione avversa e, nel contempo,
permettere a Paesi molto interessati a rallentare la transizione dai combu-
stibili fossili di nascondersi dietro al contraddittorio tra i Paesi di più antica
industrializzazione e le economie in rapido sviluppo.
Il G20 non ha potere decisionale, dovrebbe svolgere un ruolo di con-
certazione informale e, su questioni su cui divergono gli interessi dei Paesi
che ne fanno parte, dovrebbe essere d’aiuto a trovare un terreno comune
in previsione dei negoziati in sede multilaterale. Il summit dei leader del
G20 di Roma a fine ottobre ha concretamente segnato qualche passo
in avanti, ma di misura modesta se pensiamo all’urgenza della situazio-
ne. Questa tendenza a compiere scelte nella giusta direzione, ma di entità
insufficiente, ha trovato conferma a Glasgow.

Il cammino dopo Kyoto


Eppure, mai come quest’anno la COP aveva avuto tanta copertura
mediatica in tutto il mondo. La crescente preoccupazione dell’opinio-
ne pubblica, suscitata dalle sempre più evidenti anomalie e da fenome-
ni estremi di inusitata violenza, sta cominciando a contagiare anche la
politica, e maggiore attenzione viene prestata ai dati scientifici. In nu-
merosi rapporti, l’IPCC aveva già affermato che limitare il riscaldamento
globale a 1,5 °C rispetto all’epoca preindustriale è possibile e auspicabile,
ma che per farlo serve accelerare la riduzione delle emissioni di gas serra a
un ritmo mai visto prima.
Certo, qualcuno potrebbe far notare che negli ultimi 30 anni, dall’ap-
provazione della UNFCCC, la transizione è stata troppo lenta. Partico-
larmente grave fu la decisione dell’amministrazione Bush di non procedere
alla ratifica del protocollo di Kyoto nei primi anni 2000, perché bloccò
quella che era stata scelta come strategia globale di azione climatica: tocca-
va ai Paesi di più antica industrializzazione imboccare per primi la strada

26 • Mariagrazia Midulla
dialoghi

dello sviluppo senza carbonio, in


modo da rendere meno difficile Mariagrazia Midulla responsa-
bile Clima ed Energia del WWF
farlo per i Paesi in via di svilup-
Italia. Impegnata sin da giova-
po. Fu proprio in quegli anni,
nissima, in particolare sui temi
inoltre, che partì globalmente sociali e della salute, è stata
una odiosa campagna di negazio- poi comunicatrice professionista
ne o scetticismo sul riscaldamen- per oltre 20 anni. Dopo aver svolto il compito
to globale, che pur non avendo di responsabile delle Campagne internazio-
mai coinvolto gli scienziati esper- nali del WWF, si è focalizzata sul Programma
ti di clima – la cui grandissima Clima ed Energia del WWF Italia, collaborando
maggioranza non dubita dell’o- anche con il team internazionale del WWF su
rigine antropica del fenomeno –, Clima ed Energia. Per questo dal 2001 segue i
ha tuttavia consentito ad alcune negoziati internazionali della UNFCCC, del G7
figure non rappresentative della e del G20, e le conferenze delle Nazioni Unite
su Ambiente e Sviluppo (Rio+). È attiva anche
climatologia di ritagliarsi spazi
sulle politiche europee. Ha guidato, tra l’altro,
mediatici, a vantaggio degli inte-
la campagna “Stop al carbone, Sì al futuro” del
ressi delle lobby delle fonti fossili. WWF, in collaborazione con altre associazioni e
Il fatto che in tutto questo gruppi di cittadini, che ha portato all’impegno
tempo i negoziati siano andati italiano di eliminare la produzione elettrica da
lentamente, tuttavia, non de- carbone entro il 2025.
ve far dimenticare che proprio
il Protocollo di Kyoto impresse
una svolta: anche se le conseguenze non sono state abbastanza forti dal
punto di vista ambientale, segnò comunque l’inizio di un cambiamento
che in quindici anni (il protocollo è effettivamente entrato in vigore nel
2005) ha profondamente interessato il mondo dell’energia, e non solo. La
convenzione sul clima ha dato un impulso concreto alla concertazione
globale i cui effetti sono stati avvertiti in tutto il mondo.

Un bilancio di Glasgow
Andiamo per ordine sui risultati concreti. La COP 26 ha riconosciu-
to quanto affermato nei rapporti scientifici (IPCC e non solo) e quindi
la necessità di limitare il riscaldamento globale a +1,5 °C rispetto all’era
preindustriale; questo comporta tagliare le emissioni di anidride carbonica
del 45% entro il 2030 e azzerarle entro la metà del secolo. È molto impor-
tante che si sia deciso di invitare i Paesi a rivedere i loro obiettivi attuali
di riduzione delle emissioni al 2030 mediante le National Determined
Contributions (NDC, Contributi determinati a livello nazionale) entro
la fine del 2022 per allinearsi all’Accordo di Parigi; il rapporto di sintesi
delle NDC deve essere aggiornato annualmente e i ministri faranno il
punto ogni anno. Anche le Strategie di lungo periodo (LTS, Long term
strategies) devono essere in linea con l’obiettivo globale di +1,5 °C: per

Una transizione al passo con la crisi • 27


verificarlo verrà prodotto un rapporto di sintesi. Questo chiama in causa i
Paesi che attualmente hanno fissato il traguardo della decarbonizzazione
molto avanti, al 2060 o al 2070: la progressione dei fenomeni climatici
legati al riscaldamento globale richiede invece di anticipare tale scadenza.
Sebbene il linguaggio degli accordi non sia molto stringente, resta il fatto
che dal 2022 ogni Paese dovrà rendere conto del proprio contributo
immediato e di lungo periodo al contrasto ai cambiamenti climatici.
Notizie meno buone provengono dal fronte dell’adattamento e del
meccanismo loss and damage. Il processo per definire un obiettivo globale
sull’adattamento non si è concluso a Glasgow e potrebbe durare ancora a
lungo, mentre per loss and damage è venuto un importantissimo primo ri-
conoscimento nel testo. È bene sapere che i Paesi di più antica industrializ-
zazione temono moltissimo che il processo conduca a compensazioni stra-
tosferiche a loro carico, quindi aver mosso il primo passo è fondamentale.
I Paesi di più antica industrializzazione non hanno ancora man-
tenuto la promessa di versare 100 miliardi di dollari all’anno ai Paesi
meno sviluppati sino al 2025: a Glasgow, nessuno ha davvero messo ma-
no al portafoglio. Sono state stanziate soltanto modeste risorse al fondo per
l’adattamento dei Paesi più vulnerabili.
Molto rilevanti sono le norme sulla trasparenza, uno dei punti caldi
sollevati in questa COP, perché abbiamo bisogno di essere sicuri che nes-
suno inganni gli altri riguardo alle riduzioni delle emissioni. Andranno
valutate bene le complesse norme approvate in materia di mercato del car-
bonio, sulla base dell’art. 6 dell’Accordo di Parigi.
La questione delle tempistiche è delicata: la decisione “incoraggia” i
Paesi ad adottare periodi di 5 anni e a presentare nel 2025 le NDC con
scadenza 2035, ma senza ricorrere a norme prescrittive. Eppure più gli
obiettivi sono lontani, meno sarà facile tenere sotto controllo la situazione
e accelerare in vista della completa decarbonizzazione.
Impressionante il numero delle dichiarazioni, degli annunci di azioni
comuni o di accordi, dalla dichiarazione congiunta di Stati Uniti e Cina
alla BOGA, <https://beyondoilandgasalliance.com>, l’alleanza per andare
oltre tutti i combustibili fossili nella quale l’Italia compare nel peculiare
ruolo di “amica” e non come membro o associato.

Guardando oltre
Insomma, sono risultati complessi e vasti, ma ancora il segnale politico
di un cambio di marcia non è venuto con quella forza che ci si aspettava.
Allora, pensiamo ad alcuni nodi su cui lavorare da oggi stesso:
1) I Paesi di più antica industrializzazione dovrebbero accelerare la
transizione, senza se e senza ma: pensare di indurre altri Paesi, più o meno
economicamente forti, a farlo senza praticare quel che si dice, non solo man-

28 • Mariagrazia Midulla
dialoghi

ca di coerenza, ma soprattutto non dà risultati. Come già sarebbe dovuto


accadere dopo la firma del Protocollo di Kyoto, tocca a questi Paesi fare il
primo passo.
2) Le economie in rapida espansione dovrebbero comprendere che
hanno più da guadagnare nell’assumere la testa della transizione che dal
ricoprire ruoli di retroguardia. È infatti in gioco il futuro della parte più
vulnerabile delle loro popolazioni; anche ammesso che i più poveri possano
a breve termine beneficiare dello sviluppo economico basato sul carbone –
in realtà è più probabile che siano i ceti già benestanti a trarne vantaggio –,
a medio termine le conseguenze dei cambiamenti climatici ricadranno più
duramente sulle fasce più povere. Si calcola che le ondate di calore abbiano
ucciso almeno 17mila persone in India negli ultimi 50 anni e negli ultimi
anni si è spesso superata la temperatura di 50 °C, incompatibile con la vita
umana e il lavoro, soprattutto nelle aree rurali. Inoltre, è anche per loro
una questione di autorevolezza strategica.
3) Le organizzazioni della società civile, inclusi i giovani, dovrebbero
pensare a come diventare un vero movimento globale, radicato allo stesso
modo in tutti i Paesi. Del resto, la questione climatica, la perdita di biodiver-
sità e le problematiche ambientali in generale non si possono più distinguere
e disgiungere dal tema dell’equità, con il grande nodo di come costruire per
tutti un modello economico e sociale qualitativo e non solo quantitativo.
4) Tutti dobbiamo tradurre gli impegni di Glasgow in impegni nazio-
nali, locali e persino di singola azienda e comunità. In altre parole, dobbia-
mo fare in modo che i nostri impegni vengano mantenuti e aumentati:
per l’Europa e l’Italia la riduzione del 55% entro il 2030 deve diventare un
punto di partenza e non di arrivo. E bisogna farlo in tutti i settori.
Queste considerazioni sono solo un inizio. Se vogliamo che l’azione
per il clima sia seria e incisiva, ognuno di noi dovrà chiedersi qual è il suo
contributo, e non quello degli altri, posto che la riduzione delle emissioni
andrà fatta in tutti i settori, nessuno escluso, cercando di minimizzarne
l’impatto sociale, ma ricordando che la transizione è giusta se è al passo
con la crisi climatica, altrimenti si chiama bluff, o suicidio.

A Glasgow abbiamo costruito ponti


Domenico Vito
Ingegnere, PhD, osservatore alla COP 26

L a COP 26 è nata sotto il segno dell’urgenza e dell’ambizione. Nelle


settimane precedenti, era alta l’aspettativa internazionale, sostenuta
dall’azione dei movimenti per la giustizia climatica.
Le dichiarazioni del World Leader Summit, l’incontro dei Capi di Stato e
di Governo tenutosi a Glasgow l’1-2 novembre, come quella del vertice sulle

Una transizione al passo con la crisi • 29


foreste e sull’uso del suolo, gli accordi tra Stati, i discorsi del principe Carlo,
del primo ministro britannico Boris Johnson e del presidente della COP 26
Alok Sharma, davano speranze che fosse reale l’intenzione dei leader politici
di concludere accordi significativi per il futuro del pianeta, anche per non
deludere l’opinione pubblica che dedicava all’evento un’attenzione inedita.
A valle dei negoziati, i risultati forse non rendono giustizia alle atte-
se iniziali, ma non sono nemmeno corretti i giudizi che liquidano la
COP 26 come un fallimento.
Tra i punti che motivano la delusione c’è l’assenza di un accordo sui
meccanismi loss and damage. È andata delusa anche l’aspettativa di un’in-
tesa finanziaria per coprire i costi di mitigazione e adattamento.
Ma l’accordo finale offre varie ragioni di speranza: il disegno di un nuovo
mercato del carbonio, il riconoscimento definitivo della soglia dei +1,5 °C
al 2100 come obiettivo di contenimento del riscaldamento globale e tanti
accordi bilaterali extra negoziato, come quello tra Stati Uniti e Cina.

I ponti della COP 26


Adottando un’efficace definizione di Patricia Espinosa, segretaria della
UNFCCC, possiamo dire che questa COP è stata caratterizzata da alcuni
“ponti”.
Il primo è quello tra pre e post pandemia, anche per l’ambito delle
azioni per il clima: pur essendo stata una delle COP più complicate anche
in termini logistici proprio a causa della COVID-19, è stato significativo
che questo appuntamento si sia potuto svolgere. Un secondo ponte è quello
tra i soggetti della società civile impegnati sul fronte del clima: ritrovarsi
in presenza, oltre la bolla virtuale in cui siamo stati costretti per quasi due
anni, ha avuto molta importanza anche per tutte le reti e i movimenti che
gravitano attorno alle COP; anzi, è stato proprio questo fuggevole scorcio
di vita reale che ha permesso il riattivarsi del grande potenziale della società
civile per affrontare la crisi climatica. Al di là delle dichiarazioni dei leader
e degli accordi, in vista di un reale cambiamento e della transizione eco-
logica, è fondamentale che la società civile, che ormai da qualche anno ha

Adattamento e mitigazione
Per adattamento si intende l’insieme gli interventi che puntano a ridurre
delle misure adeguate a prevenire o lo stock di gas serra in atmosfera.
ridurre al minimo i danni derivanti dai Questo obiettivo viene perseguito con
cambiamenti climatici, ad esempio due strategie: ridurre le emissioni, ad
interventi infrastrutturali, come la esempio utilizzando fonti di energia
costruzione di barriere per arginare non fossili, e aumentare l’assorbimento
l’innalzamento del livello del mare. di anidride carbonica, ad esempio
Invece il termine mitigazione indica incrementando la superficie forestale.

30 • Domenico Vito
dialoghi

aumentato la pressione e l’atten-


zione mediatica sui cambiamenti Domenico Vito, PhD,
climatici, mantenga i propri in- ingegnere, lavora nei progetti
granaggi ben lubrificati ed effi- europei sulla qualità dell’aria
dell’Italia settentrionale. È
cienti. Il ponte che ancora resta
osservatore delle COP dal
da attraversare è, invece, quel- 2015, anno in cui fu approvato
lo tra le ambizioni della COP e l’Accordo di Parigi. Socio della Società italiana
la loro traduzione in decisioni scienze per il clima (SISC), è attivo in diverse
adeguate. organizzazioni e reti ambientali (The Climate
Alok Sharma lo ha espresso Reality Project, fondata da Al Gore nel 2006)
chiaramente nella sessione plena- e nel 2020 ha partecipato ai lavori di “The
ria conclusiva: la pressione eser- Economy of Francesco”. È stato membro attivo
di YOUNGO, la costituente dei giovani e delle
citata dalla società civile e dai
giovani all’interno della Convenzione quadro
movimenti è stata fondamenta- delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici,
le per far crescere l’ambizione partecipando a diversi gruppi di lavoro (Energy,
dei negoziati. Senza di essa non Health, Agriculture). È promotore del blog e
si sarebbero ottenuti nemmeno i canale youTube HubZine Italia, dedicati alla
traguardi raggiunti. Molte delle divulgazione sui negoziati internazionali, e
risoluzioni sono state adottate, organizzatore dei Climate Change Symposiums
e del Climate Social Forum.
infatti, proprio grazie alle azioni
di lobbying e confronto con i co-
siddetti non-State stakeholder, os-
sia gli attori non statali e i corpi della società civile, come Climate Action
Network (CAN), una rete globale di 1.100 organizzazioni presenti in 120
Paesi, o YOUNGO, cartello di organizzazioni giovanili ufficialmente ac-
creditato presso la UNFCCC. Frutto della loro azione è stato l’inserimento
del tema dei diritti delle popolazioni indigene e dei soggetti più vulnerabili
all’interno del Glasgow Climate Pact.
Si tratta di un elemento fondamentale, perché la transizione ecolo-
gica, per essere davvero tale, deve essere giusta: come indica anche la
visione dell’ecologia integrale prospettata dall’enciclica Laudato si’, non
può esserci giustizia ambientale senza giustizia sociale.

Coinvolgere la società civile


Sebbene successo o fallimento non siano categorie appropriate per defi-
nire gli esiti degli ultimi negoziati per il clima, in realtà la loro efficacia sul
lungo periodo dipenderà da come saremo in grado di sfruttare le decisioni
ottenute con il Glasgow Climate Pact.
Come ha ricordato nel suo splendido discorso l’ex presidente statuni-
tense Barack Obama, figura carismatica e sorta di padre putativo dell’Ac-
cordo di Parigi, in cui gli Stati Uniti sono rientrati dopo l’era Trump,
è necessario coinvolgere la società civile e ascoltare i giovani e i mo-

A Glasgow abbiamo costruito ponti • 31


vimenti perché «loro hanno capito il problema», e allo stesso tempo è
necessario che i giovani e i movimenti passino alla proposta e partecipino
ai tavoli decisionali, sempre mantenendo alta la loro indignazione e ambi-
ziosi i loro obiettivi.
Solo in questo modo attraversare il ponte costruito a Glasgow porterà a
un vero cambiamento e si passerà dal proverbiale “bla bla bla” che ha carat-
terizzato alcune fasi storiche dei negoziati ai benefici reali della transizione
climatica. Solo così l’attuazione dell’Accordo di Parigi produrrà una effet-
tiva evoluzione delle nostre comunità, dei nostri stili di vita delle nostre
strutture societarie, basandosi su meccanismi di dialogo intergenerazio-
nale, cooperazione, equilibrio con il pianeta e rigenerazione, al posto
di competizione sfrenata e predazione insostenibile delle risorse naturali.
Al di là di ogni giudizio di merito sui risultati finali della COP 26, è
questa la speranza che può accompagnare il dopo Glasgow.

32 • © FCSF - Aggiornamenti Sociali


fede&giustizia

Il mondo si vede meglio


dalle periferie
Il quarto Incontro mondiale
dei movimenti popolari

card. Michael Czerny SJ


Prefetto, Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale
@jesuitczerny
Paolo Foglizzo
Redazione di Aggiornamenti Sociali
<foglizzo.p@aggiornamentisociali.it>

dignità umana ● dottrina sociale della chiesa ● inclusione ● movimento sociale ● papa
francesco ● povertà ● rapporto chiesa-società

In un mondo in cui la pandemia ha ampliato disuguaglianze e ingiustizie


continua il dialogo tra papa Francesco e i movimenti popolari. Come si è
svolto il quarto incontro mondiale, a distanza di cinque anni dal precedente?
Che parole ha rivolto il Papa ai suoi interlocutori e quali proposte ha formu-
lato? In che modo in questa occasione si sviluppa il suo magistero sociale?

Q uello degli Incontri mondiali dei movimenti popolari (IMMP) è


un filo apparentemente sottile, ma molto tenace, che accompagna il
pontificato di papa Francesco, andando a costituirne una caratteristi-
ca tra le più innovative. Non si tratta di appuntamenti occasionali, ma di una
scelta strategica, che si radica nel suo magistero e al tempo stesso lo alimenta:
i discorsi agli IMMP sono citati sette volte nell’enciclica Fratelli tutti.

1. Chi sono i movimenti popolari


L’espressione “movimenti popolari”, che nelle differenti aree lingui-
stiche e culturali può avere risonanze molto diverse, indica una variegato
insieme di forme di auto-organizzazione a cui danno vita i lavoratori
dell’economia informale o popolare per risolvere i problemi fonda-
mentali generati dalla precarietà estrema delle loro condizioni. L’in-
formalità ha come conseguenza l’invisibilità statistica di questi lavoratori,
che rischiano di rimanere nascosti anche all’opinione pubblica, alla Chiesa,
al mondo politico e allo sguardo di chi elabora le politiche economiche

Aggiornamenti Sociali gennaio 2022 (33-40) • 33


e di welfare: ne è la riprova la sostanziale mancanza di copertura dagli
effetti della pandemia e del lockdown con cui si sono dovuti confrontare
in ogni parte del mondo, a differenza di quanti operano nel settore for-
male. Non si tratta però di un fenomeno marginale o residuale: a livello
mondiale, l’Organizzazione internazionale del lavoro stima che operino
nel settore informale il 60% dei lavoratori e l’80% delle imprese 1, pur
con molte differenza tra Paesi: se l’informalità riguarda il 20% dei lavora-
tori americani, nella Repubblica Democratica del Congo il dato supera il
90% (Dembinski 2020). In termini descrittivi, si tratta di una moltitudine
di venditori e venditrici ambulanti, straccivendoli e rigattieri, artigiani di
strada, parcheggiatori e lavavetri, lavoratori a giornata, collaboratrici e col-
laboratori domestici, badanti, abitanti di baraccopoli o di case occupate,
persone che vivono per strada o in alloggi di fortuna, comunità che prati-
cano l’agricoltura di sussistenza, braccianti e lavoratori agricoli stagionali,
contadini senza terra, ecc.
Per questi lavoratori l’informalità, con la conseguente mancanza di pro-
tezione e tutela dei diritti, non è una scelta, ma l’unica strategia disponibile
per sopravvivere a fronte dell’impossibilità di entrare nel settore formale, e
dunque rappresenta la conseguenza di una esclusione (Deneulin e Murga
2014). Tale condizione, condivisa con altri che la subiscono, si trasforma
nella base di una soggettività politica che si esplica in azioni con cui
si reclama, spesso a gran voce, il raggiungimento di due traguardi: per
gli esclusi il rispetto della dignità a cui tutti gli esseri umani hanno
diritto, sovente nella forma tradizionale di un salario equo e di misure
minime di protezione sociale; per tutti, il rovesciamento di un sistema
che si fonda sull’esclusione – la cultura dello scarto nel lessico di papa
Francesco – per edificare al suo posto una società capace di includere e di
prendersi cura di ogni persona e della casa comune.

2. Il quarto Incontro mondiale dei movimenti popolari


Il percorso degli IMMP comincia con quello organizzato a Roma
nell’ottobre 2014 (cfr Czerny e Foglizzo 2015), quando per la prima volta
nel titolo appaiono le parole chiave “terra, casa, lavoro” (tierra, techo, tra-
bajo in spagnolo, da cui l’espressione “3 T” che papa Francesco richiama
con frequenza anche in altri contesti). Ne segue un secondo in Bolivia nel
2015 e un terzo nuovamente a Roma nel 2016. Successivamente il percorso
mondiale lascia spazio a una serie di incontri regionali o continentali, in
particolare nelle Americhe 2, che intersecano anche il percorso di prepa-
1 Cfr ILO, «Informal economy», <www.ilo.org/global/topics/employment-promotion/

informal-economy/lang--en/index.htm>.
2 Ad esempio quello svoltosi a Modesto (California) nel febbraio 2017, cui papa Francesco

indirizza un Messaggio.

34 • Michael Czerny SJ – Paolo Foglizzo


fede&giustizia

razione del Sinodo per l’Amazzonia.


Si riattiva in seguito allo scoppio IMMP: le tappe

della pandemia, con la Lettera che IMMP I: 27-29 ottobre 2014, Roma
nel giorno di Pasqua 2020 papa IMMP II: 7-9 luglio 2015, Santa Cruz de la
Francesco indirizza ai movimenti Sierra (Bolivia)
popolari per essere loro vicino in un IMMP III: 2-5 novembre 2016, Roma
momento in cui devono fare i conti Incontro mondiale con il Vaticano: 24
ottobre 2020, in videoconferenza (senza
con la pandemia e i lockdown. A sei la partecipazione di papa Francesco);
mesi di distanza, il 24 ottobre 2020, registrazione disponibile in <www.youtube.
i rappresentanti dei movimenti po- com/watch?v=m3_tmfiP7nU>.
polari tornano a incontrarsi a livello IMMP IV: 9 luglio e 16 ottobre 2021,
mondiale, utilizzando una piatta- in videoconferenza; registrazione
disponibile in <www.youtube.com/
forma di videoconferenze. In questa
watch?v=Tc7miqdvHQ8>.
occasione presentano il documento
L’economia di Francesco, come con- La cronaca e i documenti prodotti sono
tributo all’iniziativa “The economy disponibili sul sito ufficiale degli IMMP:
of Francesco”, prevista poche setti- <https://movpop.org/>.
mane dopo (19-21 novembre 2020).
Papa Francesco non partecipa, ma
l’intervento di chiusura è affidato al card. Peter K. A. Turkson, prefetto del
Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale (DSSUI).
Arriviamo così al quarto IMMP, che si è svolto nel 2021, ancora in
videoconferenza per le restrizioni legate alla pandemia, e in due tappe.
La prima, tenutasi il 9 luglio, ha riunito i rappresentanti dei movimenti
popolari di tutto il mondo per uno scambio sull’impatto della pandemia e
sui dilemmi che oggi l’umanità si trova a fronteggiare. La ricchezza dello
scambio è condensata in un documento di sintesi, intitolato Salviamo l’u-
manità e il pianeta!, che esprime la lettura della realtà globale nella prospet-
tiva dei movimenti popolari e propone un nuovo paradigma di sviluppo
umano integrale a partire da alcune richieste per un radicale cambiamento
del sistema, sempre nell’ottica delle tre parole chiave “terra, casa, lavoro”:
dal potenziamento della sanità pubblica all’abolizione dei brevetti sui vac-
cini, dal salario universale alla riforma agraria all’edilizia popolare, dalla
tutela dei migranti al contrasto ai cambiamenti climatici. Questo docu-
mento è stato trasmesso a papa Francesco in vista della seconda tappa,
svoltasi, sempre a distanza, il 16 ottobre, in cui è stato anche proiettato
per la prima volta il documentario La fuerza del nosotros (La forza del noi),
realizzato dell’agenzia di comunicazione LaMachi, specializzata in ambito
sociale e religioso, per testimoniare l’impegno dei movimenti popolari per
il bene comune durante la pandemia. La seconda tappa si è conclusa con
un videomessaggio di papa Francesco che reagisce alle sollecitazioni
ricevute. Anche in formato videoconferenza, si conferma la struttura dei
precedenti IMMP: i movimenti popolari condividono le proprie esperienze

Il mondo si vede meglio dalle periferie • 35


e su questa base elaborano un’analisi dei problemi e alcune proposte di
soluzione; presentano poi il loro lavoro al Papa, che ascolta e risponde.
Lo scenario della pandemia e il suo impatto concreto rappresentano il
tema su cui si focalizza il quarto IMMP. Da un altro punto di vista, però, la
novità più significativa è costituita dallo svolgimento su piattaforma e
dal ricorso alla comunicazione digitale. Non si tratta solo di una necessità
operativa: i new media entrano come mai era accaduto nella strategia di co-
municazione predisposta dagli organizzatori (movimenti popolari e DSSUI),
insieme al Dicastero per la comunicazione e a Vatican News, con il supporto
comunicativo di LaMachi. Ad esempio, il 16 ottobre 2021, il quarto IMMP
è stato l’occasione di un tweet storm: una serie di 10 tweet in 9 lingue ha
rilanciato dall’account Twitter del Papa i punti salienti del videomessaggio.
Complessivamente hanno superato i 270 milioni di impressioni (visualizza-
zioni), coinvolgendo quasi 50 milioni di utenti. Ma soprattutto l’intero svol-
gimento della seconda tappa è stato progettato non solo a beneficio dei circa
150 rappresentanti ammessi alla videochat Zoom, ma soprattutto in vista
della trasmissione sui canali youTube di movimenti popolari, DSSUI e Vati-
can News, in cinque lingue (spagnolo, inglese, portoghese, italiano e francese,
in ordine di numero di spettatori). Secondo i dati forniti da LaMachi, oltre
8mila persone hanno seguito l’evento in diretta, a cui se ne sono aggiunte
altre 32mila che hanno visto la registrazione nelle settimane successive fino
al 4 novembre: numeri giganteschi rispetto ai partecipanti ai tre incontri
svoltisi in presenza, grazie soprattutto al coinvolgimento di Vatican News, al
cui canale si riferisce oltre il 75% delle visualizzazioni.

3. Le parole di papa Francesco


Per comprendere le parole di papa Francesco al quarto IMMP occorre
tenere presenti le circostanze in cui sono state pronunciate e il pubblico a
cui sono dirette, ma anche collocarle all’interno del suo magistero. L’analisi
del testo non fatica a scoprire richiami e collegamenti, in primis con i di-
scorsi rivolti ai precedenti IMMP. In questa sede, tuttavia, ci preme soprat-
tutto evidenziarne il radicamento nei capisaldi del suo insegnamento.
Il videomessaggio costituisce un’attuazione concreta dell’atteggiamento
nei confronti dei poveri che il documento programmatico del pontifica-
to, l’esortazione apostolica Evangelii gaudium, chiede a tutta la Chiesa di
assumere. Il riferimento è al n. 198, in particolare alla seconda parte (cfr
riquadro nella p. a fianco).

a) Essere amici dei poveri


Fin dalle prime righe traspare con grande forza l’affetto che il Papa
nutre nei confronti dei movimenti popolari. È un legame profondo,

36 • Michael Czerny SJ – Paolo Foglizzo


fede&giustizia

basato sul rispetto e privo di qualunque condiscendenza: Francesco parla


da amico, da pari a pari. Per questo è in grado di offrire ciò di cui ogni
persona ha bisogno per prendere consapevolezza e appropriarsi della pro-
pria dignità: il riconoscimento. Essere riconosciuti, come cittadini e come
lavoratori, è peraltro una richiesta che i movimenti popolari esplicitamente
formulano, anche nel documentario La fuerza del nosotros. Le scienze so-
ciali ci dicono quanto sia potente
il riconoscimento in termini di «Per questo desidero una Chiesa
potenziale di attivazione delle povera per i poveri. Essi hanno molto
risorse personali e comunitarie. da insegnarci. Oltre a partecipare
Il riconoscimento operato da del sensus fidei, con le proprie
papa Francesco si pone su due sofferenze conoscono il Cristo
diversi assi, entrambi fonda- sofferente. È necessario che tutti ci
mentali. Da una parte riguarda lasciamo evangelizzare da loro. La
le sofferenze degli esclusi a cau- nuova evangelizzazione è un invito
sa della pandemia e le ingiusti- a riconoscere la forza salvifica delle
zie che sono costretti a subire: loro esistenze e a porle al centro del
l’aumento della povertà e delle cammino della Chiesa. Siamo chiamati
disuguaglianze, la mancanza di a scoprire Cristo in loro, a prestare ad
protezione sociale, la crisi ali- essi la nostra voce nelle loro cause, ma
mentare. Dall’altra, il Papa è at- anche ad essere loro amici, ad ascoltarli,
tento a riconoscere la dedizione a comprenderli e ad accogliere la
e la creatività dei suoi ascoltatori misteriosa sapienza che Dio vuole
e li ringrazia «perché avete sen- comunicarci attraverso di loro».
tito come vostro il dolore degli
Papa Francesco, Evangelii gaudium, n. 198
altri. Voi sapete mostrare il volto
della vera umanità» 3. Soprattut-
to mette in evidenza quanto abbiano saputo prendersi cura del bene co-
mune durante la pandemia: molti lavoratori “essenziali”, che non hanno
potuto smettere di lavorare durante il lockdown e anzi hanno affrontato un
rischio di contagio più elevato, appartengono proprio al settore informale:
«Come i medici, gli infermieri e il personale sanitario nelle trincee sanita-
rie, voi avete messo il vostro corpo nella trincea dei quartieri emarginati».
In sintesi, papa Francesco riconosce una duplice identità degli appartenenti
ai movimenti popolari: quella di vittime di un sistema iniquo, e quella di
protagonisti del proprio riscatto e della costruzione di alternative.

b) Imparare dai poveri


«Sono convinto che il mondo si veda più chiaramente dalle periferie»,
afferma Francesco nelle battute conclusive del videomessaggio. Per questo
3 Salvo diversa indicazione, da qui in poi le citazioni provengono dal Videomessaggio al

quarto IMMP.

Il mondo si vede meglio dalle periferie • 37


coloro che le abitano hanno qualcosa da insegnare a tutti, a partire dal
Papa, che prende sul serio le loro proposte: «Sono misure che si trovano nei
vostri documenti, nei vostri interventi, e di cui ho tenuto molto conto, sulle
quali ho meditato e ho consultato esperti». Sono parole rivolte non solo
agli interlocutori immediati, ma a tutti coloro che le leggeranno, soprat-
tutto in contesti sociali lontani dalle periferie, invitandoli a fare altrettanto.
La responsabilità dei movimenti popolari, già affermata nei precedenti
incontri, è di non tacere, perché l’annuncio di ciò che si vede dalle perife-
rie raggiunga l’intera società: «Quanto è importante che la vostra voce sia
ascoltata, rappresentata in tutti i luoghi in cui si prendono decisioni! […]
Sforzatevi di far sentire la vostra voce».

c) Prestare la voce ai poveri


Con i termini di Evangelii gaudium, prestare la propria voce ai poveri
è la definizione di advocacy. Ed è quello che Francesco fa nel paragrafo in
cui lui stesso riconosce di essere insistente come un mendicante: con un
linguaggio estremamente solenne – «in nome di Dio» continua a ripetere
– formula dieci richieste di cambiamento radicale e di rovesciamento
di quelle «che la dottrina sociale della Chiesa ha chiamato “strutture di
peccato”». Varie di esse, come la liberalizzazione dei brevetti dei vaccini,
la remissione del debito dei Paesi poveri o la cessazione dello sfruttamento
della terra e dell’inquinamento dell’ambiente, corrispondono alle proposte
avanzate dai movimenti popolari nel documento Salviamo l’umanità e il
pianeta! Con la sua voce il Papa rilancia le parole dei suoi interlocutori.

4. Due spunti innovativi


Pur nella sostanziale continuità con i discorsi agli IMMP precedenti,
il videomessaggio rivolto al quarto contiene alcuni spunti innovativi, che
vale la pena richiamare qui sinteticamente.
Il primo è la figura del “samaritano collettivo”, che il Papa, pensando
alla parabola evangelica scelta come guida dell’enciclica Fratelli tutti, applica
in primo luogo alle proteste per la morte di George Floyd e alle reazioni
«contro l’ingiustizia sociale, razziale o maschilista», ma poco dopo estende
ai movimenti popolari. Si tratta di uno spunto stimolante sotto due punti
di vista. Innanzi tutto ci offre una lettura positiva di fenomeni che sono
abitualmente catalogati come “problemi di ordine pubblico”, da gestire o
eventualmente reprimere: anche in questo caso siamo sfidati ad andare oltre
le apparenze e gli stereotipi, per leggere la realtà nella sua profondità. A un
altro livello, la figura del samaritano collettivo è il seme di una nozione che
può rappresentare l’equivalente in positivo delle strutture di peccato: una
dinamica in cui l’efficacia del gesto di solidarietà del singolo, in sé magari

38 • Michael Czerny SJ – Paolo Foglizzo


fede&giustizia

umile e trascurabile, deriva dal partecipare a una costruzione collettiva, che


plasma la cultura indirizzando l’evoluzione della società verso il bene (pro-
prio come le strutture di peccato fanno in direzione opposta).
Il secondo spunto riguarda le misure che il Papa propone nel paragrafo
conclusivo: non potevano mancare vista la sua attenzione alla concretezza.
Entrambe puntano al problema della disoccupazione, confermando così la
centralità del lavoro nelle preoccupazioni di papa Francesco (Costa e Fogliz-
zo 2018). Una è la riduzione dell’orario di lavoro, l’altra, che non ha man-
cato di attirare una certa attenzione anche mediatica, è la proposta di quello
che viene chiamato «un reddito minimo o salario universale», peraltro già
menzionato nella Lettera di Pasqua 2020. Il lessico utilizzato è quello tec-
nico del filone del basic income, ma la proposta non può essere intesa come
un venir meno all’idea, più volte espressa lungo gli anni, che solo il lavoro
unge di dignità le persone. Del resto, appena due giorni prima, rivolgendosi
a un uditorio assai affine, aveva affermato: «Alcuni mi hanno fatto dire
cose che non sostengo: che propongo una vita senza fatica, o che disprezzo
la cultura del lavoro. […] Il lavoro esprime e alimenta la dignità dell’essere
umano […]. Per questo motivo, risulta chiaro che i sussidi possono essere
solo un aiuto provvisorio. Non si può vivere di sussidi» (Videomessaggio alla
Fondazione IDEA). Queste parole ci paiono rappresentare la chiave per
interpretare correttamente anche il riferimento al reddito minimo.

5. Sogno e profezia
Francesco è conscio che a un orecchio disincantato le sue parole suo-
neranno irrealizzabili, ma rivendica con forza la necessità di sognare: «So-
gniamo insieme, sognate tra voi, sognate con altri». Ricorre ancora a una
categoria, quella del sogno, su cui già aveva imperniato Querida Amazonia
e Fratelli tutti. Non si tratta certo della proposta di una evasione oniri-
ca che faccia perdere il contatto con la concretezza della vita quotidiana.
Il sogno è qui una visione capace di orientare e di «metterci in movi-
mento». In questo senso risulta molto vicino alla parola profetica, ugual-
mente considerata irrealizzabile e perciò derisa.
Per molti versi, pare legittimo considerare la profezia come il genere let-
terario del videomessaggio e dei discorsi ai precedenti IMMP: una parola
che il profeta non può non pronunciare, ma che si presenta al mondo come
povera e debole, senza altra forza che quella della sua verità. Proprio per
questo, però, è una parola che interpella, come il volto dei poveri e degli
esclusi che incontriamo nelle strade delle nostre città, intenti a svolgere un
lavoro umile e poco considerato, ma di cui tutti abbiamo bisogno, e ogni
tanto, legittimamente e comprensibilmente, impegnati a gridare la loro
protesta.

Il mondo si vede meglio dalle periferie • 39


Risorse

Discorsi e messaggi di papa Fran- Esortazione apostolica Evangelii


cesco ai movimenti popolari (di- gaudium, 24 novembre 2013
sponibili in <www.vatican.va>)
Documenti e materiali prodotti dai
Videomessaggio in occasione del
movimenti popolari (disponibili in
quarto Incontro mondiale dei mo-
<https://movpop.org>)
vimenti popolari, 16 ottobre 2021.
La fuerza del nosotros, documenta-
Lettera ai movimenti popolari, 12
rio, 16 ottobre 2021.
aprile 2020.
Salviamo l’umanità e il pianeta!, Do-
Messaggio in occasione dell’Incontro
cumento di sintesi, IMMP IV, 15 ot-
dei movimenti popolari a Modesto,
tobre 2021.
California (16-19 febbraio 2017), 10
L’economia di Francesco, 24 ottobre
febbraio 2017.
2020.
Discorso ai partecipanti al terzo In-
contro mondiale dei movimenti po- Altri testi
polari, 5 novembre 2016. Costa G. – Foglizzo P. (2018) (edd.),
Discorso al secondo Incontro mondia- Il lavoro è dignità. Le parole di Papa
le dei movimenti popolari, 9 luglio Francesco, Ediesse, Roma.
2015. Czerny M. – Foglizzo P. (2015), «La
Discorso ai partecipanti all’Incontro forza degli esclusi. L’Incontro mon-
mondiale dei movimenti popolari, diale dei movimenti popolari in Va-
28 ottobre 2014. ticano», in Aggiornamenti Sociali, 1,
14-25.
Altri testi e interventi di papa
Dembinski P. (2020), «Humanity at
Francesco (disponibili in <www.
work», in Alonso Alasino I. – Fo-
vatican.va>)
glizzo P. – Hagemann H. – War-
Videomessaggio in occasione del 57º
rian P. (edd.), Care is Work, Work
colloquio della Fondazione IDEA sul
is Care, Report of “The Future of
tema “Logremos una Argentina so-
Work – Labour after Laudato si’”
stenible”, 14 ottobre 2021.
Project, ICMC, Ginevra, 119-124; di-
Videomessaggio ai partecipanti alla
sponibile in <https://futureofwork-
Conferenza internazionale “A poli-
labourafterlaudatosi.net>.
tics rooted in the people”, 16 aprile
Deneulin S. – Murga M. (2014), The
2021.
Power of Organizing. The Story of
Lettera enciclica Fratelli tutti, 3 ot-
the Confederation of the Popular
tobre 2021.
Economy Workers to Recover Digni-
Esortazione apostolica postsinodale
fied Work, CTEP, Buenos Aires.
Querida Amazonia, 2 febbraio 2020
La Bella G. – Carriquiry Lecour
Lettera al card. Peter K.A. Turkson in
G.M. (edd.) (2019), L’irruzione dei
occasione della Conferenza interna-
movimenti popolari: Rerum Nova-
zionale “Dalla Populorum progressio
rum del nostro tempo, LEV, Città
alla Laudato si’”, 23 novembre 2017.
del Vaticano.

40 • © FCSF - Aggiornamenti Sociali


internazionali

L’India ferita
dalla pandemia

Walter Fernandes SJ
Sociologo, direttore del North Eastern Social Research Centre, Guwahati, Assam (India)
<walter.nesrc@gmail.com>

covid-19 ● democrazia ● disuguaglianza ● india ● marginalità ● povertà ● salute ●


scuola ● sviluppo sociale

L’India, maggior produttore mondiale di vaccini, ha pagato un prezzo


molto caro in termini economici e di vite umane durante la pandemia, a
causa delle croniche carenze strutturali e di una gestione politica poco
oculata della crisi sanitaria e delle esportazioni di vaccini. La pandemia
ha inoltre aggravato i già profondi divari tra città e campagna, tra classi
sociali e tra caste. È possibile costruire una alternativa che coniughi
crescita economica e sviluppo sociale, riducendo le disuguaglianze e
andando incontro alle necessità dei gruppi più emarginati?

L’
India, uno dei Paesi che ha più sofferto per le conseguenze della
COVID-19, specialmente durante la seconda ondata, è anche il più
grande produttore mondiale di vaccini, tanto da essere chiamata la
“farmacia del mondo”. Interferenze politiche sono alla base sia del ritardo
nel contrasto alla diffusione della pandemia, sia della fornitura di vaccini
ad altri Paesi. In queste pagine ci soffermeremo su tre punti: la gestione
politica della pandemia, le scelte in materia di strategia vaccinale, per ter-
minare con l’impatto della pandemia sui più poveri e alcune proposte per
un cambio di passo.

COVID-19 e politica
Fin dall’inizio, la gestione della pandemia è stata strumentalizzata
in funzione delle esigenze del Bharatiya Janata Party (BJP, Partito del

Traduzione dall’originale inglese, neretti e riquadri a cura della nostra Redazione.

Aggiornamenti Sociali gennaio 2022 (41-47) • 41


popolo indiano) al potere a livello federale. Il primo paziente COVID-19
era arrivato in India da Wuhan il 30 gennaio 2020 e un mese dopo i se-
gnali dell’intensificarsi della pandemia erano già chiari, senza che il Go-
verno adottasse misure tempestive per contrastarla, a parte la limitazione
degli ingressi dall’estero. Ogni altro intervento doveva aspettare, dato che
il presidente degli Stati Uniti Donald Trump sarebbe venuto in India a
marzo a incontrare il primo ministro Narendra Modi davanti a una folla
enorme, allo scopo di raccogliere consensi tra i quattro milioni di statuni-
tensi di origine indiana in vista della sua rielezione. Da parte sua, Modi era
ben contento di incontrare e ricevere le lodi di un leader politico globale.
Subito dopo la visita di Trump, occorreva far cadere il Governo dello Stato
del Madhya Pradesh, guidato da partiti di opposizione a livello federale, e
a questo scopo era necessario che si potesse svolgere una seduta del Parla-
mento di quello Stato. Tutte le azioni di contrasto alla pandemia sono
dunque rimaste in stallo fino al raggiungimento di questi due obiettivi
politici, perdendo tre preziosissime settimane.
Finalmente, il 24 marzo 2020 il Primo ministro è apparso in diretta
sulle reti televisive alle 20 per annunciare un lockdown totale a partire
dalla mezzanotte dello stesso giorno, con un preavviso di sole quattro ore.
Tutti i trasporti, gli uffici, le fabbriche, gli altri luoghi di lavoro e le istitu-
zioni educative dovevano chiudere. Persino una città-Stato come Singapore
ha dato alla popolazione un preavviso di tre giorni prima dell’entrata in
vigore del lockdown, mentre in India milioni di migranti, studenti e altri
cittadini sono rimasti bloccati con un preavviso di poche ore. In base ai
dati dell’ultimo censimento del 2011, nel Paese ci sono circa 100 milioni
di migranti interni, che svolgono mansioni poco qualificate con contratti
a giornata, da cui l’economia dipende in enorme misura. Il lockdown
improvviso ha lasciato i migranti senza lavoro e senza risorse. Molti
padroni di casa hanno ordinato loro di lasciare gli alloggi in affitto. Di
conseguenza, si stima che dieci milioni di migranti abbiano camminato
per centinaia di chilometri per tornare nello Stato di origine. Non pochi di
loro sono morti lungo la strada (Agarwal e Singh 2021, 42).
La prima ondata di COVID-19 si stava esaurendo alla fine del 2020,
dopo aver colpito dieci milioni di persone e provocato 155mila vittime,
secondo il conteggio ufficiale. Le stime non ufficiali indicano cifre ben più
elevate. Proprio in quel momento, una seconda serie di urgenze politiche
ha colpito il Paese. Nonostante il parere contrario dell’Associazione medi-
ca indiana, nel marzo 2021 il Governo ha permesso la Kumbh Mela, un
pellegrinaggio indù che ha riunito milioni di persone nello stesso luogo per
un bagno nel Gange in un giorno propizio. Inoltre, nonostante gli ordini
della Commissione elettorale contro lo svolgimento di riunioni pubbli-
che, i leader nazionali hanno tenuto affollatissimi comizi elettorali in vista
delle elezioni di quattro Parlamenti statali nell’aprile 2021. Tutto ciò ha

42 • Walter Fernandes SJ
internazionali

dato inizio alla seconda ondata, nella quale i contagi giornalieri hanno
superato quota 300mila per alcuni giorni, secondo i dati ufficiali. Uffici,
istituzioni educative e altri servizi sono stati chiusi una seconda volta,
distruggendo l’economia e tenendo a casa gli studenti. Secondo i dati
ufficiali, a inizio novembre l’India ha raggiunto 34,4 milioni di casi di
COVID-19, con 454mila morti, ma il numero reale resta sconosciuto.

La politica dei vaccini


In questa emergenza l’India, il più grande produttore mondiale di
vaccini, ha dovuto fare uno sforzo supplementare per fornire un nu-
mero adeguato di dosi, in particolare a Paesi africani che l’Occidente
sembrava ignorare. Il primato nella produzione di vaccini è il risultato del
grande sforzo compiuto dopo l’in-
dipendenza dalla Gran Bretagna «Sono ottimista sul fatto che il
nel 1947. La dominazione colo- successo ottenuto nella più grande
niale aveva cambiato la struttura campagna vaccinale del mondo
produttiva del Paese, trasforman- stimolerà ulteriormente i nostri giovani,
dola in fornitore di materie prime i nostri ricercatori e tutti i livelli di
e capitali a vantaggio della madre- governo a stabilire nuovi parametri di
patria e impoverendola gravemen-
riferimento per la fornitura di servizi
te (Rothermund 1992, 12-13).
pubblici che saranno un modello non
Raggiunta l’indipendenza, l’India
lanciò il proprio programma di
solo per il nostro paese, ma anche per
sviluppo, una delle cui compo- il mondo».
nenti chiave era la prevenzione Narendra Modi, Team India: Responding to
delle malattie, anche attraverso adversity with achievement, 22 ottobre 2021.
vaccini somministrati a tutta la popolazione. Perciò fu sviluppata una im-
ponente infrastruttura di ricerca e produzione di vaccini e medicinali.
Il Serum Institute of India (SII), il più grande produttore di vaccini
al mondo, con sede nella città di Pune, aveva in programma di produrre
2,6 miliardi di dosi di vaccini contro la COVID-19, mentre altri produt-
tori ne avrebbero fornito altri 1,5 miliardi. Tuttavia, senza aspettare che il
piano andasse in porto, il Governo federale ha promesso più della metà
della produzione prevista a Paesi asiatici e africani come gesto di pro-
paganda per la propria politica estera. Il SII ha stipulato accordi con il
Brasile e altre nazioni, ma ha dovuto ridurre la produzione a causa dell’in-
cendio dei laboratori in cui aveva previsto di incrementarla, annullando i
contratti già firmati per cause di forza maggiore (Singh e Leo 2021, 39).
Un ulteriore ostacolo è stato rappresentato dal divieto di esportazione di
materie prime per la produzione di vaccini introdotto dagli Stati Uniti, da
cui l’India le acquista. I negoziati per ottenere il via libera all’esportazione
da parte degli Stati Uniti hanno consumato altro tempo prezioso.

L’India ferita dalla pandemia • 43


Nel frattempo il numero di contagiati cresceva in India e con esso la
pressione sul Governo per accordare la priorità al fabbisogno interno di
vaccini piuttosto che all’esportazione. Di conseguenza, le promesse non
sono state mantenute e molti contratti sono stati cancellati. Questo
rappresenta un altro caso di mancata pianificazione nell’affrontare quella
che era ormai diventata una pan-
demia globale. Le controversie
«Mentre la scoperta di un vaccino
politiche hanno preso il soprav-
anti-COVID in India e l’aumento della vento e hanno privato i poveri
sua produzione è un’ottima soluzione di ciò di cui avevano bisogno. Il
tecnica per un’emergenza, questa non piano vaccinale non ha raggiunto
può certo essere un surrogato per i propri obiettivi principalmente
migliori infrastrutture sanitarie, né a causa della mancanza di buo-
appare sostenibile a lungo termine». ne infrastrutture mediche e
V. Sujatha (2021) della scarsa informazione sui
vaccini nelle zone rurali. Le
carenze delle infrastrutture sanitarie nelle zone rurali erano evidenti già
dai tempi della liberalizzazione dell’economia negli anni �90, quando, in
obbedienza alle indicazioni della Banca mondiale, servizi come sanità e
istruzione sono stati consegnati al settore privato e alle sue esigenze di
profitto. La pandemia le ha ulteriormente evidenziate. Ma anche l’aspetto
educativo non ha ricevuto sufficiente attenzione (Sujatha 2021, 260-261).
Il personale medico si è speso in modo encomiabile: molti sono stati i mor-
ti in servizio. Da soli, senza un adeguato sostegno sociale e culturale, non
hanno potuto tuttavia portare a termine il proprio compito. Al momento
in cui scriviamo, si prevede che il 70% della popolazione adulta possa ri-
cevere almeno una dose di vaccino entro la fine del 2021, e il 25% anche
la seconda: un compito improbo in un Paese con 1,3 miliardi di abitanti e
strutture sanitarie gravemente inadeguate.

Crescita del divario sociale


Il virus non ha fatto distinzione tra ricchi e poveri. Tutte le classi
sono state colpite e sono morte persone di ogni ceto. Il quadro cambia
quando si considera l’impatto sociale, che è stato assai più pesante per
i poveri che per i ricchi, in particolare nelle baraccopoli urbane e nelle
zone rurali e arretrate, trascurate dall’amministrazione pubblica. Ad esem-
pio, il distanziamento sociale è possibile per la classe media urbana e per
le classi rurali più abbienti, ma rappresenta un lusso che gli abitanti degli
slum urbani e i poveri delle campagne non possono permettersi. Le loro
case sono piccole e affollate e la privacy è inesistente. Durante il lockdown
hanno comunque dovuto lavorare per sopravvivere, senza potersi permette-
re l’isolamento. Mentre all’inizio la pandemia ha colpito tutte le classi

44 • Walter Fernandes SJ
internazionali

sociali, una volta raggiunte le zone rurali si è diffusa più facilmente


tra i poveri che tra le classi più agiate (Deb 2021, 242). Inoltre, non è
stato fatto alcuno sforzo per educare le popolazioni rurali sulla necessità
dei vaccini e la mancanza di informazioni ha favorito la diffusione dei
contagi in aree dove oltretutto il sistema sanitario è molto debole.
Tutte le esperienze sul campo e gli studi mostrano che la COVID-19
non ha generato ulteriori disuguaglianze nel sistema sociale indiano,
ma ha intensificato quelle già esistenti. Tutti i settori dell’economia sono
stati colpiti. Tuttavia, mentre le grandi imprese hanno potuto assorbire le
perdite per un certo tempo, i venditori ambulanti e i piccoli imprenditori
non sono riusciti a sopravvivere e sono andati in bancarotta: durante il
2020, i suicidi tra i piccoli imprenditori sono aumentati del 30% a causa
della pandemia 1. Dell’impatto sui migranti, che lavorano a giornata, ab-
biamo già parlato, così come dei problemi affrontati dai poveri urbani e
rurali per guadagnare ogni giorno il necessario per sopravvivere districan-
dosi con le restrizioni imposte dal lockdown.
Considerazioni analoghe valgono per il sistema scolastico e per quello
sanitario. Quando, a causa del lockdown, le scuole hanno chiuso, passando
alla didattica a distanza, i giganteschi divari tra le classi sociali e tra città e
campagna che già esistevano sono venuti alla luce e si sono ulteriormente
aggravati. Le famiglie povere o appartenenti alle caste più basse possono
mandare i figli solo in scuole pubbliche, che sono gratuite, ma mal gestite
e con poco personale: si insegna e si impara poco. La classe media urbana
e i più abbienti mandano i figli in scuole private costose, ma ben gestite e
adeguatamente fornite di insegnati e strumenti didattici.
Uno dei problemi più rilevanti per i poveri è la scarsa possibilità
di connettersi a Internet, in particolare nelle zone rurali. I bambini della
classe media, i cui genitori possono permettersi smartphone e computer
portatili per sé e anche per i figli, hanno potuto usufruire della didattica a
distanza che ha preso il posto delle lezioni in presenza. Al limite, possono
aver patito l’isolamento dal punto di vista psicologico. Ben diversa è la
situazione delle zone rurali e arretrate, in particolare tra le caste più basse
e i popoli indigeni. Per esempio, uno studio del North Eastern Social Re-
search Centre [di cui l’A. è direttore, NdR] attualmente in corso su 360
scuole in nove distretti dell’Assam (India nordorientale), mostra che tra i
lavoratori delle piantagioni di tè, quelli del settore ittico che abitano lungo
i fiumi, e quelli di altre aree rurali e arretrate, il 30% degli uomini possiede
uno smartphone, che porta con sé al lavoro. Solo circa il 10% delle madri
ha uno smartphone, e sono loro che normalmente aiutano i figli nello stu-
dio. Nessun bambino può permettersi uno smartphone. Circa il 50% degli
insegnanti ha uno smartphone, ma la connessione Internet è debole. Molti
1 Narayana V. – Iyer M., «Suicides among Small Business Owners Went Up by 20% in

2020», in The Times of India (Guwahati edition), 10 novembre.

L’India ferita dalla pandemia • 45


di loro hanno cercato di visitare le famiglie dei loro studenti per continuare
la didattica in presenza, ma il lockdown glielo ha impedito. A causa del-
le scarse infrastrutture, anche in tempi normali questi bambini potevano
imparare meno di quelli più abbienti, ma a causa dell’interruzione causata
dalla pandemia molti bambini poveri hanno dimenticato anche quel poco
che avevano imparato. Di conseguenza, il divario educativo tra le classi
e le caste è aumentato.
Altrettanto importante è che le scuole pubbliche forniscono gratui-
tamente il pranzo agli allievi, combattendo in questo modo la malnutri-
zione, ma anche questo servizio si è fermato durante la pandemia, tra
l’altro in un momento in cui i genitori non avevano lavoro e non avevano
abbastanza soldi per nutrirli. Lo studio in corso, così come l’esperienza
sul campo e altre ricerche, mostrano che in questa situazione molti ge-
nitori hanno mandato i loro figli a lavorare per guadagnare qualcosa per
sopravvivere, oppure hanno fatto sposare le loro bambine. Sia il lavoro
minorile sia il matrimonio infantile sono aumentati, così come la vio-
lenza domestica (Surepally 2021, 11-120). Anche altri studi mostrano il
crescente divario tra i bambini delle aree urbane e rurali. Per esempio, lo
Stato del Kerala (India meridionale) ha il miglior standard di istruzione
del Paese, ma i bambini delle popolazioni indigene sono trascurati anche
lì. La loro salute e il loro livello di istruzione sono ulteriormente peggiorati
a causa dell’isolamento, della mancanza di lavoro e della scarsità di reddito
(Pushpam e Nair 2021, 56-58). Il risultato è che il preesistente divario fra
ricchi e poveri è aumentato, i bambini poveri hanno sofferto di più, mentre
l’impatto dell’aumento della violenza domestica è stato sentito dalle donne
di tutte le classi sociali.

Come uscire dal tunnel?


Le disuguaglianze, che esistevano già in India e che erano state aggra-
vate dalla liberalizzazione dell’economia negli anni ’90, sono ulteriormente
peggiorate a causa della COVID-19.
La situazione dei migranti e delle comunità più povere e marginali du-
rante la pandemia, che abbiamo descritto nei paragrafi precedenti, mostra
la necessità di nuove politiche di sviluppo inclusivo che abbandonino
l’approccio del profitto a ogni costo, per combinare la crescita economica
e la remunerazione del capitale investito con il diritto di ogni cittadino
a una vita dignitosa. Le politiche ispirate al liberismo economico, che
ignorano le enormi disuguaglianze tra città e campagna e tra classi e caste
per quanto concerne sanità, istruzione e altri ambiti, negano di fatto questo
diritto. Si rende evidente la necessità di cercare un paradigma alternativo,
che combini la crescita economica con i diritti dei poveri. Ad esempio, le
persone hanno diritto di migrare per trovare condizioni di lavoro e di vita

46 • Walter Fernandes SJ
internazionali

migliori, ma, di fatto, un gran numero di poveri è costretto a farlo da un


sistema economico e politico che ignora i loro bisogni. Inoltre, le condizio-
ni di sfruttamento a cui sono soggetti non permettono loro di assicurarsi
una vita dignitosa nemmeno dove si trasferiscono.
Sono dunque necessarie nuove politiche che allontanino il sistema
economico dall’esclusivo orientamento al profitto. Non si tratta di una
condanna del settore privato nel suo complesso in modo ideologico, ma di
contrastare una ricerca del profitto a ogni costo che domina l’economia e
priva i poveri del necessario per sopravvivere. Né ci si può aspettare che
sia il Governo a promuovere politiche alternative, visto che si trova sotto
l’influenza delle forze dominanti del settore privato. Tocca alle organizza-
zioni della società civile sperimentare nuovi approcci allo sviluppo, in
particolare attraverso servizi come istruzione e sanità per i poveri e le aree
rurali trascurate, e poi proporli al Governo. Per portare avanti un’alter-
nativa capace di combinare crescita economica e sviluppo sociale, bisogna
che uniscano le loro forze per fare pressione sul Governo, in vista di un
cambiamento delle politiche a favore delle classi più emarginate.

Risorse

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Action, 1 (gennaio-marzo) 52-66. 267.

© FCSF - Aggiornamenti Sociali • 47


società civile

I difensori dei diritti umani,


presidio della democrazia
in Kenya

Dennis Kyalo
Ricercatore e analista politico,
Justice and Ecology Network Africa (JENA), Nairobi

africa ● democrazia ● diritti umani ● kenya ● libertà d’espressione ● movimento sociale


● ONG● ONU

Il Kenya è normalmente considerato un Paese democratico, ma il tratta-


mento a cui in alcuni casi sono sottoposti i militanti a favore dei diritti umani
sembra indicare il contrario. Che cosa prevede la normativa in materia di
tutela di diritti umani? Quali escamotage sono utilizzati per aggirarla? Quali
misure andrebbero introdotte per migliorare la situazione?

T
ra maggio 2017 e aprile 2018 l’organizzazione di tutela dei diritti
umani Article 19 (2018) ha registrato in Kenya 94 episodi di viola-
zioni contro operatori dei mezzi di comunicazione e giornalisti. Ci
sono ovviamente anche casi più recenti. Questi fatti affondano le proprie
radici nel sistema istituzionale del Paese: anche se il Kenya si considera
una democrazia, alcuni episodi dimostrano il contrario quando si tratta di
libertà e diritti umani.

Le violenze contro i difensori dei diritti umani in Kenya


I diritti umani di molti DDU sono stati violati: hanno subito esecuzio-
ni, torture, pestaggi, arresti e detenzioni arbitrarie, minacce di morte,
persecuzione e diffamazione, così come limitazioni della libertà di mo-
vimento, di espressione, di associazione e di riunione. In alcuni casi sono
anche stati vittime di false accuse, che hanno condotto a processi ingiusti
e a condanne per crimini che non avevano commesso.
Versione originale inglese: «The Plight of Human Rights Defenders in Kenya: Toxic Activism
or Legitimizing Democracy?», in Promotio Iustitiae, 131 (1/2021) 94-99. Traduzione e adatta-
mento della nostra Redazione.

48 • Aggiornamenti Sociali gennaio 2022 (48-53)


società civile

Durante i periodi di violenze postelettorali del 2007-2008 e del 2017-


2018 sono drammaticamente aumentati gli abusi contro i DDU, tra cui
giornalisti e blogger, causando una forte riduzione della libertà di stampa.
Secondo le notizie diffuse dai media, durante queste fasi vari DDU so-
no stati perseguitati, incarcerati
illegalmente e alcuni persino I difensori dei diritti umani (DDU)
brutalmente picchiati per ridur-
L’espressione difensori dei diritti
li al silenzio. Altri hanno subito umani (DDU, in inglese human right
torture psicologiche e i loro beni defenders, HDRs) indica persone che,
sono stati sequestrati dalla poli- da sole o insieme ad altre, agiscono in
zia per aver denunciato violazioni modo pacifico per la protezione e la
dei diritti umani. Secondo Hu- promozione dei diritti umani.
man Rights Watch (2020), nel
2019 nella città costiera di Lamu le forze dell’ordine hanno perseguitato e
persino definito terroristi quanti esprimevano preoccupazioni riguardo ai
progetti di massiccio sviluppo infrastrutturale da parte del Governo.
Nel 2021, dopo l’insediamento della neopresidente della Tanzania, Samia
Suluhu Hassan, il gruppo di attivisti keniani Haki Africa le ha rivolto un
appello per il rilascio di oltre 100 militanti incarcerati per aver criticato il
modo in cui si erano svolte le elezioni politiche del 2020 1. Inoltre, sempre nel
2021, in occasione delle elezioni in Uganda, i DDU di Haki Africa hanno
tentato di manifestare a favore degli ugandesi contro i brogli elettorali. La
normativa vigente in Kenya in materia di manifestazioni di protesta prevede
che gli organizzatori avvisino la polizia per iscritto: i militanti di Haki Africa
sono stati arrestati proprio quando si sono presentati per consegnare questa
notifica. Le forze dell’ordine hanno fatto ricorso ai lacrimogeni e all’uso della
forza per disperdere la folla radunatasi in sostegno degli arrestati 2.
L’uso di lacrimogeni, idranti e forza bruta da parte della polizia
contro i DDU in Kenya risale ai precedenti regimi, dove alcuni oppo-
sitori del Governo sono misteriosamente scomparsi o sono fuggiti in
esilio. I due militanti per i diritti umani uccisi nel 2009 (McKenzie 2009),
il manager Nairobi 3 che aveva fatto causa allo Stato per alcuni affari andati
male, ucciso nel 2016 e l’avvocato per i diritti civili brutalmente picchiato
e ucciso insieme al suo cliente e al tassista che li accompagnava dopo aver
sporto denuncia contro abusi della polizia 4 nello stesso anno, sono chiari
esempi di DDU caduti nell’adempimento del dovere.
1 Omondi I., «Haki Africa appeals to President Suluhu to release activists, journalists de-

tained in Tanzania», in Citizen Digital, 5 maggio 2021, <https://citizen.digital>.


2 Kimuyu H., «Four Kenyan activists arrested in protests over Uganda elections – PHO-

TOS», in Nairobi News, 13 gennaio 2021, <https://nairobinews.nation.co.ke>.


3 «Kenyan businessman Jacob Juma shot dead in Nairobi», in BBC News, 6 maggio 2016,

<www.bbc.com>.
4 «Extrajudicial killing of human rights lawyer Willie Kimani, his client and their taxi driver»,

in World Organisation Against Torture (OMCT), 14 luglio 2016, <www.omct.org>.

I difensori dei diritti umani, presidio della democrazia in Kenya • 49


Democrazia e diritti umani: una simbiosi
Nel 2002 la Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite si
è impegnata per elaborare una formulazione condivisa del significato di
democrazia, adottando una risoluzione storica, che ne definisce alcuni ele-
menti essenziali (Commission on Human Rights 2002), tra cui «rispetto
dei diritti umani e delle libertà fondamentali; libertà di associazione; li-
bertà di opinione e di espressione; accesso ed esercizio del potere secondo
le norme dello Stato di diritto; svolgimento periodico di elezioni libere e
corrette, a suffragio universale e con voto segreto come espressione del-
la volontà del popolo; un sistema pluralistico di partiti e organizzazioni
politiche; separazione dei poteri; indipendenza del potere giudiziario; tra-
sparenza e responsabilità della pubblica amministrazione; stampa e mass
media indipendenti e pluralisti». Molti di essi sono stati apertamente violati
in Kenya attraverso l’uso dei pubblici poteri. Ad esempio, nel 2006 un
importante gruppo editoriale e televisivo si è scontrato con il Governo e ha
dovuto sospendere per un certo periodo le proprie attività 5.
Che le democrazie in via di sviluppo lo riconoscano o meno, i DDU
giocano un ruolo chiave nella legittimazione di un sistema democra-
tico. Tra diritti umani e democrazia vi è una relazione di simbiosi e in-
terdipendenza, per cui uno Stato non può reprimere i DDU e aspettarsi
di essere considerato democratico in ambito internazionale. A prescindere
dall’importanza del loro lavoro nella costruzione di società democratiche,
spesso i DDU sono presi di mira attraverso campagne che cercano di cri-
minalizzarli e delegittimarne l’operato, o sono oggetto di minacce e attac-
chi da parte dello Stato o di attori non statali (KNCHR 2015a).
Questa relazione simbiotica dipende dal fatto che i DDU possono es-
sere protetti solo in un regime democratico, e che solo i DDU possono
monitorare lo stato della democrazia contro i rischi di abusi o concentra-
zione del potere nelle mani di élite politiche. Nell’era della globalizzazione,
la democrazia è l’assetto istituzionale preferito, e trasparenza, inclusività e
libertà giocano un ruolo essenziale. Un assetto democratico sostenibile
comprende la tutela dei diritti umani e il riconoscimento e la protezio-
ne dei loro difensori (United Nations e International IDEA 2013). Ma le
cose non stanno sempre così, poiché nella maggior parte dei cosiddetti Stati
democratici, specialmente in Africa, vi sono élite che cercano di accentrare
il potere in opposizione al popolo, e dal momento che controllano le risor-
se, vi ricorrono per violare i diritti umani e accumulare sempre più potere,
accaparrandosi le terre, assicurandosi progetti o fondi governativi o facendo
cattivo uso delle risorse pubbliche. Quando vengono denunciati dai difensori
della giustizia che combattono in prima linea, spesso si rivolgono alla polizia
per reprimere, arrestare o addirittura uccidere chi protesta, per far crescere la
5 «Kenya clamps down on media», in Al Jazeera, 2 marzo 2006, <www.aljazeera.com>.

50 • Dennis Kyalo
società civile

paura tra i militanti, esercitando una pressione psicologica anche attraverso


la minaccia del congelamento delle risorse economiche e finanziarie.

Il quadro legale e istituzionale kenyano


Oggi il Kenya è orgoglioso della sua carta costituzionale del 2010, che
probabilmente non avrebbe visto la luce senza la costante pressione dei
DDU e la loro disponibilità a mettere in gioco la propria vita. All’interno
della Costituzione è contenuta una Carta dei diritti (Bill of rights) che
lo Stato è tenuto a rispettare, che assume gli standard internazionali
di protezione dei DDU, riconoscendo diritti rilevanti come la libertà di ri-
unione, associazione ed espressione, i diritti delle persone in stato di arresto
e il diritto a un giusto processo. Inoltre, la loro protezione è ulteriormente
assicurata dal fatto che la Costituzione dà vita a tre istituzioni nazionali in-
dipendenti: la Commissione nazionale kenyana per i diritti umani (Kenya
National Commission on Human Rights, KNCHR), l’Ufficio del difen-
sore civico (ombudsman) e la Commissione per l’uguaglianza e la parità di
genere (Gender and Equality Commission) (KNHCR 2015b). Infine gioca
un ruolo centrale nella protezione e nella difesa dei DDU contro la crimi-
nalizzazione del loro operato la proposta di Model Human Rights Defenders
Policy and Action Plan (KNCHR 2017).
A livello regionale, la Carta africana dei diritti umani e dei popoli
(African Charter on Human and Peoples’ rights), che non menziona i DDU
in quanto precedente all’approvazione della Risoluzione ONU sui DDU
(Nazioni Unite 1999), autorizza i singoli e le Organizzazioni non governa-
tive (ONG) a denunciare le violazioni dei diritti umani (ACHPR 2001). La
Commissione africana per i diritti umani e dei popoli (ACHPR, African
Commission on Human and Peoples’ Rights, <www.achpr.org>) ha adot-
tato una risoluzione sulla protezione dei DDU africani, istituendo anche la
figura di un relatore speciale (Special Rapporteur) ad essi dedicato.
Nonostante questa normativa continentale, in Kenya il Governo utiliz-
za alcune leggi nazionali per cancellare o limitare i diritti dei DDU. Il
Kenya Information and Communication (Amendment) Bill e il Media Council
Bill, approvati nel 2013, restringono fortemente la libertà di stampa e sono in
contrasto con la Costituzione del 2010. Il limite imposto dalla legge per cui i
finanziamenti dall’estero non possono superare il 15% del budget delle ONG
è stato fissato per paralizzare finanziariamente i DDU e le organizzazioni per
i diritti umani, quasi interamente sostenute da stranieri o da organizzazioni
internazionali. Quando il Governo non riesce a formulare accuse nei con-
fronti di un determinato DDU, ricorre alle minacce o ne infanga la reputa-
zione, accusandolo di terrorismo o di operare contro lo sviluppo del Paese.
Anche le leggi sull’editoria (Books and Newspaper Act, 2012), sul diritto
d’autore (Copyright Act, 2001) sugli abusi e i crimini informatici (Computer

I difensori dei diritti umani, presidio della democrazia in Kenya • 51


Misuse and Cybercrimes Act, 2018) concedono alle autorità poteri illogici e
sproporzionati che permettono di interferire con la protezione dei diritti
umani in Kenya. Queste leggi garantiscono alla polizia ampi poteri di
perquisizione e sequestro senza necessità di un mandato dell’autorità giu-
diziaria e prevedono sanzioni penali punitive (Article 19 2020).

Pressioni internazionali: un’arma spuntata


Il concetto di sovranità di uno Stato non può essere messo in discussione
a livello internazionale, per questo la maggior parte dei trattati internazionali
è firmata sulla base del consenso, che concede al singolo Stato di decidere che
cosa applicare localmente e in che modo. In moltissimi Paesi che fanno parte
delle Nazioni Unite e hanno integrato nella propria legislazione la Dichiara-
zione universale del 1948 sono ancora molto frequenti le violazioni dei diritti
umani. È importante notare che il rispetto della legislazione internazio-
nale non è coercitivo e imporre regole agli Stati con la forza potrebbe
causare conflitti armati. Molte istituzioni internazionali spesso ricorrono a
sanzioni per costringere i Paesi in via di sviluppo a obbedire alle regole e alle
norme internazionali, ma queste non fanno altro che causare sofferenza alla
popolazione innocente, senza alcun effetto su Governi ed élite.
In altre parole, ci troviamo di fronte a uno stallo. Nel campo delle
relazioni internazionali, la necessità del consenso da parte dei singoli
Stati gioca a favore del mantenimento dello status quo (Guzman 2011).
Per questo, l’efficacia degli strumenti internazionali per la tutela dei diritti
umani dipende dalla discrezione dei singoli Stati membri che li sottoscri-
vono. Anche i Paesi membri delle Nazioni Unite sono liberi di attenersi
o meno alle leggi internazionali a cui aderiscono, con l’unico rischio di
incorrere in sanzioni.

Alcuni passi per una migliore tutela


Anche se alcuni DDU si trovano dalla parte sbagliata della legge, col-
pevoli di “attivismo tossico”, molto più spesso essi giocano un ruolo fonda-
mentale nel legittimare la democrazia. Tra le modalità con cui il Governo
kenyano può assicurare la protezione dei DDU e favorire in questo
modo la costruzione di una società giusta e sana segnaliamo:
– la revoca delle restrizioni all’accesso ai finanziamenti stranieri impo-
ste alle ONG, in conformità con la libertà di associazione e di espressione;
– l’approvazione del Model Human Rights Defenders Policy and Action Plan;
– un rigoroso rispetto della legge, in particolare per quanto riguarda
l’arresto, la detenzione e la formulazione delle accuse, da applicarsi quando
un crimine è effettivamente stato commesso e non solo quando il Governo
o alcuni componenti dell’élite si sentono minacciati;

52 • Dennis Kyalo
società civile

– l’abrogazione o l’emendamento dell’Information and Communication


(Amendment) Bill e del Media Council Bill, per ottemperare agli impegni
regionali e internazionali in materia di diritti umani sottoscritti dal Kenya;
– l’istituzione di un’Autorità indipendente di vigilanza sulle forze
dell’ordine, sottoposta al vaglio di istituzioni legali esistenti, dotata dei
poteri necessari per investigare i casi di abuso commessi dalla polizia e ove
necessario perseguire i colpevoli, a tutela del rispetto dei diritti umani.
Se non si difendono i DDU, saranno a rischio la giustizia e la pace
per la maggior parte di cittadini senza voce: è questa la convinzione del
Jesuit Justice & Ecology Network Africa (JENA, Rete dei gesuiti per la
giustizia e l’ecologia in Africa), che raccoglie una varietà di Centri di azione
sociale di ispirazione religiosa impegnati nello sradicamento dell’ingiustizia
e della povertà attraverso la promozione di uno sviluppo inclusivo e della
giustizia sociale.

Risorse

ACHPR (2001), Minority Rights Under — (2015a), Champions of Rights.


The African Charter on Human and Report on The Situation of Human
Peoples’ Rights, <www.ohchr.org/ Rights Defenders (Busia, Kwale and
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Minorities6en.pdf>. org>.
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ignores human rights protections, ders, in <www.knchr.org>.
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Commission on Human Rights teggere le libertà fondamentali e i
(2002), Further measures to pro- diritti umani universalmente rico-
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© FCSF - Aggiornamenti Sociali • 53


Italiani all’estero
Infografica di Mauro Bossi SJ

Quasi un italiano su dieci vive stabilmente all’estero. Le iscrizioni all’AIRE


(Anagrafe dei residenti italiani all’estero) e i dati ISTAT descrivono le re-
centi rotte migratorie e il profilo dei nuovi espatriati. Si tratta di una
popolazione giovane, che costituisce nei Paesi di arrivo nuovi nuclei fa-
miliari, ai quali non di rado si ricongiungono i parenti più anziani. In
un’Italia che invecchia e dove le aree interne si spopolano, l’unica parte
del Paese che cresce demograficamente è quella che ha scelto di partire.

Europa

America
54,4%
settentrionale
7,8%

Africa
1,3%
America latina
32,3%

© FCSF Aggiornamenti Sociali - gennaio 2022


Dove sono?

869mila
I dati sui residenti fotografano la presenza
storica dei nostri connazionali all’estero

785mila

634mila

478mila

434mila

360mila
Regno Unito
Argentina

Germania

Svizzera

Francia
Brasile

Asia
1,3%

5,486 MLN
residenti all’estero iscritti all’AIRE

9,1%
della popolazione italiana

Oceania
2,9%
Vecchie e nuove frontiere
dell’emigrazione italiana in Europa
Variazione delle iscrizioni all’AIRE 2006-2019

Finlandia
+2.217
Svezia
+6.079

Norvegia
+3.394

Irlanda
+15.441 Belgio
+27.196

Regno Unito
+178.799
Germania
+169.432 Austria
+18.781
Portogallo Francia
+7.358 +104.633%

Spagna
+58.448 Svizzera
+110.013

Malta
+6.641
Il profilo dei nuovi emigranti
Confronto dei dati ISTAT 2006-2019

Una popolazione giovane

+150,1% +83,4% +78%


nati all’estero 0-18 anni 19-40 anni

Alle comunità italiane “stori- giovani adulti, singoli e coppie,


che”, con un’età media elevata, pronti all’inserimento nel mercato
si affianca una coorte di nuovi del lavoro. A questa popolazione
emigranti, costituita da nuclei fa- si deve l’aumento della natalità
miliari con minori al seguito e da all’estero.

La migrazione dei nonni

+85,4% oltre 65 anni


Aumenta anche la fascia degli a basso costo della vita. Infine,
emigranti anziani (oltre i 65): si aumentano i “migranti di rimbal-
tratta principalmente di genitori zo”: persone che, dopo una lunga
che si ricongiungono con i pro- esperienza migratoria, rientrano in
pri figli all’estero, soprattutto per Italia ma, a causa della solitudine e
partecipare all’educazione dei delle difficoltà economiche, deci-
nipoti. Cresce anche il numero dei dono di ritornare nella loro secon-
“migranti previdenziali”: pensionati da patria, spesso ricongiungendosi
che scelgono di trasferirsi in Paesi ai figli nati all’estero.

Non è (solo) una fuga di cervelli

+193,3% +292,5%
laureati o dottorati diplomati

L’incidenza di emigranti con titoli zione italiana odierna sia composta


di studio più alti rispetto al passato prevalentemente da individui con
riflette il processo di scolarizzazio- un’elevata formazione, in cerca
ne della società italiana. Il tasso di di occupazioni specialistiche e
espatriati con un diploma aumenta ben remunarate: questa quota è
in misura quasi doppia di quello sopravanzata da quella dei lavora-
dei laureati. Questo smentisce la tori poco qualificati che vanno alla
narrazione mediatica che l’emigra- ricerca di occupazioni generiche.

Fonti: Fondazione Migrantes, Rapporto italiani nel mondo 2020,


in <www.migrantes.it>.
periferie

Scampia, il vento
del cambiamento

Fedele Salvatore
Docente di Religione nell’Istituto professionale Attilio Romanò, Presidente della
cooperativa sociale Irene ‘95, <fedele.salvatore@virgilio.it>

Giovanni Zoppoli
Coordinatore generale dell’Associazione Mammut
<giovannizoppoli@gmail.com>

Intervista a cura di Giuseppe Trotta SJ


Comitato scientifico di Aggiornamenti Sociali

città ● criminalità organizzata ● giovani ● integrazione sociale ● marginalità ● napoli ●


scuola ● urbanistica ● vita sociale ● zona suburbana

Nell’immaginario collettivo, il quartiere di Scampia è immediatamente


associato al controllo della camorra e al “supermercato della droga”, in par-
ticolare a seguito della larga diffusione avuta dal libro del 2006 Gomorra, da
cui sono stati tratti anche un film e una fiction televisiva. Ma questa visione
non corrisponde più alla realtà: negli ultimi anni questa zona periferica di
Napoli ha mutato il proprio volto, esprimendo una grande vitalità associa-
tiva e riappropriandosi di un territorio abbandonato a se stesso. Che cosa
ha reso possibile questo cambio di passo? Quale ruolo hanno svolto i vari
soggetti coinvolti, dalle istituzioni pubbliche alla società civile?

I primi edifici del quartiere di Scampia, sorto nella periferia nord di Na-
poli, sono stati costruiti negli anni ’70. Sono passati ormai cinquant’anni,
durante i quali Scampia ha vissuto diverse vite. Potete raccontarci qual-
cosa, soprattutto degli inizi e di com’è oggi il quartiere?
Zoppoli: Il quartiere fu costruito sulla base di una progettazione urba-
nistica valida, in una zona agreste espropriata, ma il collegamento con il
resto della città non si è mai realizzato pienamente. Neanche l’arrivo della
metropolitana nel 2005, che ha facilitato senz’altro gli spostamenti, ha
inciso sulla realtà di Scampia, che fin dall’inizio è stata una roccaforte
della camorra. Negli anni sono state edificate anche altre opere pubbliche

58 • Aggiornamenti Sociali gennaio 2022 (58-63)


periferie

notevoli, come la piazza Giovan- Fedele Salvatore insegna religione nell’Istituto


ni Paolo II, ma non sono mai sta- professionale Attilio Romanò a Scampia. È an-
ti aperti i negozi e gli altri servizi che Presidente della cooperativa sociale Irene
di cui ci sarebbe stato bisogno. ’95 (<www.irene95.it>) e animatore del gruppo
Soprattutto è mancata la ge- “Dignità e bellezza”.
stione e la manutenzione dell’e- Giovanni Zoppoli, insegnante di scuola prima-
sistente. Questo iato fra l’idea ria, è Coordinatore generale dell’Associazione
progettuale urbanistica, rimasta Mammut (<www.mammutnapoli.org>), un luo-
monca, e l’umanità concreta che go di aggregazione e centro di sperimentazio-
vive nel quartiere non è mai stato ne e ricerca pedagogica, che ha sede in piazza
colmato. Giovanni Paolo II, nel cuore di Scampia.
Salvatore: Se guardiamo
Scampia oggi, il primo e più evidente cambiamento rispetto a una decina
di anni fa è che non è più un supermercato della droga. Allora i tossico-
dipendenti arrivavano in gruppi, acquistavano gli stupefacenti, li consuma-
vano sul posto e poi li si vedeva barcollare in giro per il quartiere. Scene di
così grave degrado umano e urbano non ci sono più, anche se non è cessato
lo spaccio e purtroppo si torna a notare la presenza di siringhe per strada.

In questa evoluzione qual è stato il ruolo svolto dallo Stato, in positivo


e in negativo?
Salvatore: Lo Stato è intervenuto innanzi tutto attraverso le forze
dell’ordine per reprimere la criminalità, ma si è trattato di un’azione a
cui è mancato un seguito adeguato. Si può dire lo stesso anche per altre
iniziative, potenzialmente efficaci nel generare un miglioramento sociale,
ma che spesso si sono perse per le lungaggini burocratiche, la mancanza o
la cattiva gestione dei fondi, la carenza di coordinamento e progettualità
da parte degli enti pubblici. Ad esempio, la decisione di edificare a Scam-
pia una sezione della Facoltà di Medicina rappresenta un ottimo progetto
ma, sebbene i lavori siano completati da tempo, il polo universitario non è
ancora in funzione. Altri esempi sono quelli della piscina comunale, chiu-
sa anni fa e ormai in disuso e vandalizzata, e dell’auditorium, di cui il
quartiere non ha mai potuto usufruire: prima perché non collaudato, poi
perché pericolante, infine perché usato per ospitare i rom, sfollati in seguito
all’incendio che ha devastato il campo dove vivevano, sul limitare est di
Scampia. Sul fronte dell’intervento pubblico, quindi, c’è da lamentare
il ritardo nel realizzare le infrastrutture necessarie al cambiamento e
la cattiva gestione di quelle esistenti.
Zoppoli: Negli ultimi dieci anni abbiamo assistito a un cambio nell’in-
tervento statale. L’effetto mediatico suscitato da Gomorra ha sollecitato lo
stanziamento di fondi, prima pubblici e poi del privato sociale, a vantaggio
di progetti ideati e realizzati da varie associazioni. Si è avuto però un risvol-
to negativo: un’ipertrofia dell’apparato amministrativo, che si deve occu-

Scampia, il vento del cambiamento • 59


pare della rendicontazione, e della comunicazione che va curata per avere
visibilità. Di conseguenza, molti interventi sono cessati appena terminati
i finanziamenti, mentre altri si sono esauriti in operazioni di marketing.
In questo momento, l’intervento delle fondazioni bancarie e pri-
vate colma sempre di più il vuoto lasciato dallo Stato, la cui assenza,
però, determina la perdita di una strategia organica, di una regia com-
plessiva e soprattutto comporta la costruzione di un ambiente sociale,
dell’uomo e del cittadino, model-
«Credo in una frase di uno scrittore lato secondo logiche di mercato,
brasiliano, Joao Guimaraes Rosa, di prestazione ed efficienza, proprie
“Narrare è resistere”: il racconto è di quegli istituti. Siamo convinti che
sempre positivo, crea opinione. La queste iniziative siano intraprese con
serie “Gomorra” però certifica una le migliori intenzioni, ma è necessaria
cosa: che siamo diventati bravi a la mediazione di un interlocutore isti-
raccontare il male. Dobbiamo avere tuzionale, capace di valutarne le con-
invece la capacità di raccontare la seguenze sulla socialità già presente,
foresta che cresce, la comunità. Non che va protetta, sostenuta, rigenerata.
il supereroe che salva il mondo, non il Se le relazioni socio-pedagogiche so-
Masaniello di turno. Quando saremo no gestite secondo logiche aziendali,
in grado di affascinare i ragazzi rischiamo di perdere tutto ciò che
sul bene, forse allora cambierà la non ha cittadinanza perché non è
narrazione intorno a Scampia». prestazionale, come il trascendente,
Rosario Esposito La Rossa l’inconscio, il sogno, la paura, ecc.
Ben venga, ad esempio, l’installazio-
ne delle lavagne LIM in tutte le aule, purché la relazione e la proposta
educativa per i bambini della scuola dell’infanzia non sia sostituita dalla
visione dei cartoni animati stando seduti dietro un banchetto.
Nel complesso, quindi, l’intervento dello Stato attraverso lo stan-
ziamento e l’erogazione di fondi ha prodotto alcuni miglioramenti,
ma non ha ancora avviato una vera rigenerazione urbana e sociale,
perché non può surrogare quello più necessario e determinante, ma ancora
assente: le politiche del lavoro e della casa.

In un contesto sociale fragile uno dei luoghi maggiormente sollecitati è


quello scolastico. In che modo la scuola sta rispondendo alle necessità
del quartiere di Scampia?
Salvatore: Questa è senz’altro la nota positiva sul piano istituzionale.
Nonostante le difficoltà, la scuola è ancora un luogo di elaborazione
di progetti e proposte educative valide. Nell’Istituto in cui insegno, ad
esempio, intitolato ad Attilio Romanò, un imprenditore vittima innocente
della camorra, ucciso nel 2005 a pochi metri dalla scuola, abbiamo atti-
vato la “Cattedra della cittadinanza”, una serie di incontri a tema in cui
si sono avvicendati tanti testimoni di impegno civile. Il progetto mira a

60 • Fedele Salvatore – Giovanni Zoppoli


periferie

intervenire sul rapporto degli abitanti del quartiere con le istituzioni,


educando i giovani alla buona cittadinanza attiva.
Lo Stato, infatti, è percepito come un controllore, un’autorità a cui
dover rendere conto di quanto si vorrebbe mantenere nel privato, gesten-
dolo da sé. Spesso gli stessi assistenti sociali sono visti più come nemici,
funzionari capaci di interventi distruttivi per la vita familiare, che come
facilitatori di buone relazioni, a servizio del bene comune. Del resto, se
gli edifici pubblici sono costruiti come dei bunker e per rivolgersi a un
assistente sociale o ai carabinieri è necessario superare tutta una serie di
controlli, è difficile non sentire che anche lo Stato si pone sulla difensiva,
considerando gli abitanti di Scampia una minaccia da cui tutelarsi.

Un dato recente di Scampia che colpisce è la vitalità del tessuto associa-


tivo, composto di centri diurni, imprese sociali, cooperative. Tutte queste
realtà come hanno vissuto questa trasformazione del quartiere e quale
apporto hanno dato al cambiamento?
Zoppoli: Alcune associazioni si sono ridefinite all’interno del quadro
che abbiamo descritto, modulando i progetti e le attività che già svolge-
vano nel quartiere in funzione della disponibilità dei fondi pubblici o del
privato sociale. L’attenzione si è così concentrata sul narrare e rendicontare,
a scapito di altri interventi ugualmente necessari e anche più lungimiranti,
ma che non sono mediaticamente spendibili, né totalmente rendicontabili.
Ad esempio, la demonizzazione mediatica della strada come luogo pe-
ricoloso e degradante ha favorito la realizzazione di progetti in luoghi
chiusi, protetti, come doposcuola improvvisati, dove però i bambini
non hanno più spazi da vivere in libertà, sono diventati ostaggio degli
adulti e oggetto di contesa fra chi ha bisogno di loro per ottenere i fondi.
Altre associazioni, invece, hanno continuato a operare in maniera più
autonoma, mantenendo fermi i criteri ispiratori delle loro iniziative. Ci
sono progetti davvero notevoli e innovativi, come “la scuola senza zai-
no”, realizzato presso il V Circolo didattico, un’iniziativa che ha cambiato
totalmente l’ambiente dell’aula scolastica. Tutto questo è accaduto senza
l’apporto di fondi pubblici o privati, ma grazie a un’intelligenza sociale
capace di promuovere dall’interno il miglioramento, valorizzando le
risorse esistenti. Un ulteriore esempio è il centro di salute mentale “Sciu-
ti”, con un’ottima tradizione di psichiatria adulta e infantile, che porta
avanti progetti creativi secondo la politica basagliana.

Ritorniamo sull’aspetto della demonizzazione della strada: se ci si colloca


in questa prospettiva si finisce con il collaborare, anche involontaria-
mente, alla creazione di nuovi ghetti.
Zoppoli: La strada è e rimane una risorsa, un luogo pedagogico fonda-
mentale, di aggregazione, di scoperta e sperimentazione. Per alcune asso-

Scampia, il vento del cambiamento • 61


ciazioni come Mammut, che coordino, l’intervento sociale deve puntare
a restituire ai cittadini gli spazi pubblici, come la piazza Giovanni Paolo
II dove abbiamo la sede. Per anni abbiamo accolto i ragazzi e le ragazze del
quartiere che ci chiedevano attenzione, anche arrivando paradossalmente
a compiere atti vandalici pur di essere notati. Con loro e per loro abbiamo
cercato di vivere la strada come luogo di crescita nella libertà, senza
le mediazioni di chi si pone su un piano di superiorità. Di recente
abbiamo dovuto chiudere la nostra sede per mancanza di fondi, ma siamo
ugualmente soddisfatti perché proprio ritirandoci abbiamo constatato l’ef-
ficacia del nostro servizio. Se, infatti, dieci anni fa la piazza era governata
dal consumo di droga, oggi è un luogo di relazione libera, sana: durante il
lockdown, tante famiglie si sono ritrovate lì per la Pasquetta.
Tante altre associazioni hanno continuato ad animare il quartiere vi-
vendo gli spazi pubblici come la piazza e la strada in modo creativo, ag-
gregativo ed espressivo della socialità propria degli abitanti di Scampia. Ad
esempio il GRiDaS (Gruppo risveglio dal sonno) che da anni organizza
una bellissima sfilata in maschera a Carnevale, durante la quale, tra l’altro,

il Centro Alberto Hurtado

Il Centro di forma- nella periferia di Santiago del Cile, nel


zione culturale e pro- periodo successivo alla Seconda guer-
fessionale “Alberto ra mondiale, ha coniugato l’impegno
Hurtado”  (<www. dell’annuncio del Vangelo con la pro-
centrohurtado.it>) mozione della giustizia per i più poveri.
ha sede nel quartiere Il Centro Alberto Hurtado è oggi un
Scampia, alla periferia nord di Napoli, importante polo di aggregazione del
salito alle cronache per le attività ille- territorio che propone incontri culturali,
gali che hanno avuto ampia risonanza cineforum, mostre di autori locali, caf-
mediatica. I gesuiti, presenti nella zona fè letterari e raccoglie al suo interno tre
dagli anni ’90, si sono dapprincipio de- realtà che portano avanti il progetto di
dicati a un ministero prevalentemente formazione alla cultura e al lavoro nel
pastorale ma, nel corso degli anni, han- cuore di Scampia: l’Istituto Pontano del-
no iniziato a creare nel territorio delle le arti e dei mestieri (IPAM), ente di for-
opportunità culturali e lavorative. mazione professionale, l’Associazione
Nel 2001 prende così avvio nel quartiere animazione quartiere Scampia (AQuaS)
la sperimentazione di un incontro tra che opera a sostegno della formazione
evangelizzazione, formazione culturale e della crescita culturale delle fasce più
e promozione sociale. Nello stesso pe- povere ed emarginate della popolazio-
riodo il Comune di Napoli aveva ban- ne e la Cooperativa sociale “La Roccia”,
dito un progetto di polo artigianale a all’interno della quale si è sviluppato
Scampia, che ha permesso la nascita di il marchio “fatto@scampia”, che con-
un centro di formazione culturale e pro- traddistingue i prodotti dei laboratori
fessionale intitolato ad Alberto Hurtado, di sartoria e di cartotecnica, nonché la
gesuita cileno che, con il suo lavoro Bottega artigiana per il libro.

62 • Fedele Salvatore – Giovanni Zoppoli


periferie

suonano i giovani riuniti in un’altra iniziativa pedagogica locale, la Banda-


Baleno. O ancora il progetto “Musica libera tutti” e la palestra gestita dalla
famiglia Maddaloni, diventata famosa grazie alla medaglia d’oro vinta da
Giuseppe nel judo alle olimpiadi di Sidney nel 2000.

Come vivono gli abitanti di Scampia tutti questi cambiamenti?


Salvatore: Uno dei fenomeni più belli di questi ultimi anni è stata la
reazione di buona parte degli abitanti del quartiere, che hanno ini-
ziato a prendersi cura degli spazi pubblici, in particolare del verde.
A Scampia c’è un parco meraviglioso, ma difficilmente usufruibile. Per
un certo tempo è stata la municipalità a curare il verde urbano, ma poi
anche quell’intervento pubblico è quasi completamente cessato, mentre è
cresciuta l’iniziativa civile.
Concludo condividendo un altro esempio. Dalla creatività di un am-
bientalista storico, Aldo Bifulco, è nata una rete, Pangea, che unisce scuole
e associazioni intorno a temi ambientali e sociali, una forma di ecologia
integrale. Il patto educativo su cui si fonda la rete si è concretizzato so-
prattutto nel “giardino dei cinque continenti e della non violenza”, sorto
su un’area di duemila metri quadrati ridotta a discarica. In seguito a un
lungo e paziente lavoro di bonifica, sono state create aiuole con piante tipi-
che dei cinque continenti e del Mediterraneo. Ogni aiuola è stata associata
a due testimoni della non violenza vissuti in quel continente e affidata a
una scuola e un’associazione gemellate nella rete Pangea. Il tutto si è poi
arricchito grazie alle installazioni degli utenti del centro di igiene mentale
“Gatta blu”. In questo modo la comunità si prende cura del territorio.

© FCSF - Aggiornamenti Sociali • 63


letture&visioni

#narrazioni siriane
a cura di Mauro Bossi SJ

Non stancarti di andare del Medio Oriente, ma anche per


Teresa Radice – Stefano Turconi le sue risonanze nelle società
La nostra Siria grande come europee, per le quali gli episodi
il mondo di terrorismo e il fenomeno dei
Mohamed e Shady Hamadi foreign fighters rappresentano
dei punti di non ritorno.
Morire è un mestiere difficile
Abbiamo scelto di ripercorrere
Khaled Khalifa
questa storia attraverso alcune
Califfato narrazioni, intrecciando le voci di
regia di Goran Kapetanovič autori siriani alle riletture di parte
europea. Storie per ricordare,
La guerra civile in Siria è uno per cercare di comprendere,
tra gli eventi più dirompenti e per tenere viva l’attenzione alle
rappresentativi degli ultimi dieci conseguenze dell’odio politico e
anni: certamente per la storia religioso.

Teresa Radice – Stefano Turconi

Non stancarti di andare

Bao Publishing, MIlano 2017


pp. 311, € 27

I l graphic novel Non stancarti di


andare è un piccolo e prezioso
tesoro, che racchiude tante storie
e tanti temi, raccontati attraverso
testi e disegni precisi ed evocati-
vi, che invitano i lettori a viaggiare
con l’immaginazione nel tempo e
nello spazio e allo stesso tempo li
obbligano a fermarsi per riflettere. incontrati proprio in Siria, dove Iris
Al centro del libro vi è la storia di si era recata sei anni prima per un
Iris e Ismael, ambientata nel 2013: viaggio di gruppo di cui Ismael era
lei è una giovane disegnatrice ita- la guida, hanno imparato a cono-
liana, lui è un ragazzo siriano inse- scersi e amarsi, fino alla decisione
gnante di storia dell’arte e appas- di andare a vivere insieme in Ligu-
sionato di calligrafia. Grazie a dei ria. A sconvolgere il loro progetto,
flashback apprendiamo che si sono ormai prossimo a essere realizzato,

Aggiornamenti Sociali gennaio 2022 (65-72) • 65


interviene qualcosa di inatteso e sperimentato una volta arrivati a
più grande di loro: Ismael, che si Lampedusa, che diviene – suo mal-
era recato nel suo Paese per al- grado – simbolo contraddittorio di
cune questioni lavorative, si trova un’Europa incerta e balbettante.
coinvolto negli scombussolamenti I due viaggi – punteggiati dall’at-
della guerra siriana. In due diverse tesa e dalla speranza, che resta
occasioni rischia la vita, gli ven- viva nonostante tutte le traversie
gono tolti i documenti e si ritrova perché alimentata dall’amore per
fuggiasco nel proprio Paese, ormai la vita – sono raccontati da Teresa
una terra ostile, senza aver modo Radice, autrice dei testi, e Stefano
di contattare Iris e di scoprire che Turconi, disegnatore, con grande
sta per diventare papà. discrezione e ricchezza di dettagli,
Separati da chilometri di distan- senza mai cedere a gratuiti sen-
za e senza notizie dell’altro, Iris sazionalismi o a moralismi fuori
e Ismael iniziano due viaggi, tra luogo.
loro molto diversi, ma accomunati La lettura delle oltre trecento
dalla ricerca della vita. Seguiamo pagine di Non stancarti di andare,
passo passo quello di Iris attraver- frutto di due anni di lavoro, suscita
so le parole che consegna alle pa- in modo netto la percezione che
gine di un diario che sta scrivendo le storie dei singoli portano in sé
per il figlio che deve nascere, in qualcosa di più grande. Innanzi
cui raccoglie e distilla emozioni e tutto, si tratta del riflesso delle vi-
pensieri, sospesa tra la gioia della cende della società di cui si fa par-
gravidanza e l’incertezza per la te, sia essa l’Argentina degli anni
sorte di Ismael, protesa verso il ’70 o la Siria dei nostri giorni, e di
futuro e intenta a riannodare i fili cui, nel bene e nel male, si portano
del passato, della storia dei suoi le tracce vive sulla propria pelle.
nonni emigrati in Argentina negli Vi è poi un altro aspetto forte: la
anni ‘30 e della madre ritornata presenza fraterna di altre persone.
precipitosamente in Italia al tem- Sono tante le figure, molte fem-
po della dittatura, con cui ha una minili, che sono vicine a Iris e a
relazione difficile e di cui in fondo Ismael, li aiutano, li sostengono,
sa ben poco. lottano con loro e per loro, senza
Contemporaneamente accompa- abbandonarli. Tra queste vi è anche
gniamo Ismael. Privato dei docu- padre Saul, ispirato da padre Pa-
menti, e con essi della possibilità olo Dall’Oglio, scomparso in Siria
di rientrare legalmente in Italia, è nel 2013, che i due autori hanno
costretto a condividere la sorte di conosciuto personalmente e voluto
tanti suoi compatrioti, che cercano ricordare anche nella dedica del
di lasciare la loro patria e sottrarsi graphic novel. Dovrebbero essere
alla violenza, attraverso un viaggio definite figure di contorno, ma alla
nel Mediterraneo pieno di inco- fine ci rendiamo conto che senza
gnite, nelle mani di chi lucra sulla di loro non vi sarebbe una storia
disperazione altrui. Con lui viviamo da raccontare, per Iris e Ismael così
il dramma della morte dei com- come per noi.
pagni di viaggi e lo smarrimento Giuseppe Riggio SJ

66 • a cura di Mauro Bossi SJ


letture&visioni

Mohamed e Shady Hamadi

La nostra Siria grande


come il mondo

#narrazioni siriane
ADD Editore, Torino 2021
pp. 162, € 16

M ohamed Hamadi è ancora


adolescente quando si scon-
tra con la repressione del regime
siriano. A venticinque anni è co-
stretto a lasciare il Paese. Diventa
immigrato clandestino in Kuwait,
per due volte viene incarcerato ed
espulso. Approda in Europa, prima e dei movimenti di liberazione di
in Spagna, poi a Sesto San Gio- ispirazione marxista; dall’altro l’I-
vanni, in quella fase storica in cui talia multiculturale di oggi, con la
la “Stalingrado d’Italia”, sobbor- complessa ricerca identitaria delle
go operaio di Milano, assiste alla “seconde generazioni” divise tra
chiusura delle fabbriche e diventa l’integrazione, l’esperienza del raz-
una città multietnica. Qui costru- zismo, il risorgere dei populismi e
isce una famiglia e ritrova l’impe- di vari fondamentalismi religiosi. Il
gno politico. Il figlio Shady cresce libro coniuga il racconto di un pas-
con la nostalgia di una terra mai sato e di un presente collettivi con
conosciuta e il ricordo di battaglie il registro di un dialogo familiare,
politiche lontane nel tempo e nello intimo, che restituisce la portata
spazio; figlio di un siriano musul- umana di eventi e fenomeni che la
mano e di un’italiana cattolica, cer- narrazione mediatica rischia di ren-
ca la propria identità attraverso va- dere freddi e lontani.
rie esperienze, trovando infine una Questa doppia storia è anche un
vocazione nella scrittura. omaggio all’atto del raccontare: la
Terzo romanzo di Shady Hamadi, narrazione vi si afferma come ricer-
La nostra Siria grande come il mon- ca di un senso condiviso tra per-
do porta a compimento una tri- corsi di vita diversi, come volontà e
logia dedicata a questo Paese del capacità di portare avanti il dialo-
Medio Oriente. È un’opera a due go, dopo l’esperienza del degrado
voci, che intrecciano le esperienze dei rapporti umani indotto dal
di due generazioni a confronto. totalitarismo, come unica via per
Le storie parallele di padre e figlio costruire una società vivibile. Con-
restituiscono un affresco storico e sigliamo il libro anche in contesti
geografico: da una parte i fermenti scolastici, nell’ambito di progetti
del mondo arabo negli anni ‘60, circa le migrazioni e l’inclusione.
con l’affermarsi del panarabismo Mauro Bossi SJ

#narrazioni siriane • 67
Khaled Khalifa

Morire
è un mestiere difficile

Bompiani, Milano 2019


pp. 197, € 17

M orire è facile, nella Siria deva-


stata dalla guerra civile; ma
quando un uomo anziano muore
per cause naturali e chiede ai figli
di seppellirlo nel villaggio natale, 2011), che ricostruiva il sorgere del
accanto alla sorella, soddisfare la conflitto, negli anni ‘80, tra il regi-
sua richiesta diventa un’impresa ai me siriano e le correnti ispirate ai
limiti dell’impossibile. Khaled Ka- Fratelli musulmani. Con questo ro-
lifha, classe 1964, è noto al pubbli- manzo, scritto nei momenti più duri
co italiano per la sua opera prin- della vicenda bellica in Siria, ci por-
cipale, Elogio dell’odio (Bompiani ta dentro la vita quotidiana di un

#flash
Yassin Al-Haj Saleh Samira al-Khalil

Siria, Diario
la rivoluzione di Samira
impossibile al-Khalil
Parole dall’assedio
MR Editori, MR Editori,
Trentola-Ducenta (CE) 2021 Trentola-Ducenta (CE) 2019
pp. 325, € 18 pp. 141, € 14

Due libri che compongono un dittico: co, fino alla restaurazione del regime
due intellettuali siriani, marito e moglie, di Assad.
testimoni della dittatura e della guerra Samira al-Khalil ha vissuto quattro
civile siriana. anni di detenzione; dallo scoppio della
Yassin Saleh è uno scrittore di forma- guerra si è impegnata per denunciare
zione marxista, che ha scontato sedici le violazioni dei diritti umani a opera
anni di carcere per la sua attività po- del Governo siriano e delle milizie isla-
litica e vive in esilio a Berlino. Questa miste. Nel 2013 è stata sequestrata da
raccolta di articoli, scritti tra il 2011 e un gruppo vicino allo Stato Islamico.
il 2017, copre l’arco della guerra civile: Non si è saputo più nulla di lei. Il suo
dalle speranze del momento rivoluzio- diario ricostruisce i giorni dell’assedio
nario, all’espansione dello Stato islami- di Duma, da giugno a dicembre 2013.

68 • a cura di Mauro Bossi SJ


letture&visioni

Paese in guerra, descrivendo il viag- poi improvvisamente caduto in


gio che tre fratelli, Bulbul, Husseyn disgrazia e giustiziato; il padre mili-
e Fatima, affrontano per dare se- tante dell’opposizione, nutrito del-
poltura al padre, un calvario da un le speranze e dei miti del panara-

#narrazioni siriane
checkpoint all’altro, dove la legge è bismo e del socialismo; una storia
sostituita dall’arbitrio del più forte. d’amore impossibile per la diver-
Se dare sepoltura ai morti è un sità confessionale; la conclusione
atto di pietà minimo, risalente ai tragica di un matrimonio forzato.
primordi della civiltà, il cadavere di Sui tre protagonisti grava un senso
quest’uomo, sballottato di qua e di di fallimento, anzitutto relazionale:
là per tre giorni e tre notti, accom- lo sfascio della famiglia, segnata
pagnato dall’angoscia e dalle liti da divorzi e rotture tra fratelli, tra
dei figli, mentre la decomposizione genitori e figli, sintetizza quello di
inesorabilmente segue il proprio tutta la società siriana, incapace di
corso, è il simbolo dell’abbruti- vivere insieme.
mento e della perdita di umanità Morire è un mestiere difficile è un
causata dalla guerra, quando ogni romanzo duro, di alto livello lette-
prospettiva si riduce alla lotta per rario, che mescola introspezione e
sopravvivere. Lungo il viaggio, il realismo. Una pietra miliare di una
racconto dipana, a ritroso, la vicen- letteratura, quella mediorientale,
da di una famiglia che si intreccia che sta guadagnando crescente in-
alla storia della Siria: lo zio militare teresse presso il pubblico italiano.
vicino ai più alti gradi del potere, Mauro Bossi SJ

Califfato
regia di
Goran Kapetanovič

Poliziesco, Svezia 2020


8 episodi da 46-53 minuti ciascuno

S uleika ha 15 anni, vive alla peri-


feria di Stoccolma con i genitori,
immigrati musulmani non pratican-
ti; non è mai andata in moschea né
ha mai letto una pagina del Cora- Jacob è un trentenne con prece-
no, ma si converte all’islam radica- denti penali e problemi di alcoli-
le guardando sul web dei video di smo; è diventato musulmano in car-
propaganda dello Stato islamico; cere e viene reclutato da una cellula
partire per la Siria rappresenta per dell’ISIS per compiere un attentato
lei la via per cercare la propria iden- nella capitale svedese; diventando
tità, diventare adulta e affermare la così un martire, riscatterà la sua vita
propria autonomia dalla famiglia. fallimentare, usando in chiave reli-

#narrazioni siriane • 69
sa che appare piuttosto amorfa; il
jihadismo diviene così il catalizza-

#riletture tore di tutte le insoddisfazioni e i


desideri di ribellione. Il regista
Tra i diversi contributi apparsi su Aggior- sembra suggerire una chiave di
namenti Sociali nel corso degli anni sul lettura che porta l’attenzione
tema del conflitto siriano, ne citiamo alcu- non tanto alla radicalizzazione
ni da rileggere per ripercorrere la storia di
dell’islam, ma all’islamizza-
una guerra che segna drammaticamente
da oltre dieci anni le sorti di un popolo e zione del radicalismo. Tutti i
di un’intera zona del pianeta. personaggi di Califfato han-
- Sammour N., «Dieci anni di guerra. Che no profili di persone che, nei
cosa resta della Siria», intervista a cura di nostri anni ‘70, avrebbero po-
G. Riggio, 3 (2021) 185-191
tuto aderire a qualche gruppo
- Barbieri G, «Siria: una guerra per procu-
ra», 3 (2020) 218-226. extraparlamentare, di destra o
- Trombetta L., «Siria: la presenza discreta di sinistra; ma lo Stato islamico
della società civile», 4 (2016) 295-304. oggi ha messo a disposizione del-
le società europee una causa e una
bandiera in cui far convergere ogni
desiderio di trasformazione violenta
del presente.
giosa l’unico linguaggio che cono- Un’altra linea di riflessione ri-
sce: quello della violenza. Pervin ha guarda il rapporto tra religione
fatto il grande salto: ha seguito in e società. La serie contrappone,
Siria il marito, foreign fighter appar- in modo forse troppo semplice,
tenente a una brutale milizia islami- l’alternativa tra l’assimilazione a
sta, ma alla nascita della figlia entra modelli secolarizzati e il recupero
in crisi e vuole ritornare in patria. fondamentalista delle istanze re-
Tra queste storie si snodano le inda- ligiose. Colpisce l’assenza di qual-
gini di un’unità dell’antiterrorismo siasi esempio di una fede islamica
svedese, impegnata a prevenire un vissuta spiritualmente e trasmessa
attacco terroristico che si prevede con saggezza in famiglia. «Questa
imminente. società ha paura della religione!»
Califfato, prima serie del regi- ripete con rabbia Suleika, mentre
sta e scrittore bosniaco-svedese i genitori non sanno che cosa ri-
Kapetanovič, punta sul format spondere a una figlia che fa l’apo-
poliziesco, con i cliché e i limiti del logia del terrorismo. Al padre non
genere, ma comunque godibile e resta che strapparle il velo, alzando
non banale, per parlare della radi- ancor di più il muro di incompren-
calizzazione religiosa. La guerra in sione. Davanti alle parole dell’ide-
Siria ha rappresentato la chiamata ologia, questa mancanza di parole
alle armi per una platea di giovani ispirate dalla fede per promuovere
disorientati e in cerca di un senso a la vita e rifiutare la violenza, è tra-
ogni costo; la serie ritrae efficace- gica. Ciò che lascia il finale, scioc-
mente uno scenario sociale segnato cante, è proprio il rimpianto di un
dalle difficoltà familiari, dalla scuola dialogo mancato, della possibilità
vissuta senza alcun interesse, dal smarrita di cercare insieme un sen-
confronto con una cultura di mas- so alla vita.
Mauro Bossi SJ
70 • a cura di Mauro Bossi SJ
letture&visioni

Bruno Bignami – Gianni Borsa

Parole come pane


Tutto è connesso: ecologia integrale
e novità sociali

Prefazione di Alessandra Smerilli


In Dialogo, Milano 2021
pp. 208, € 19

U no sguardo contemplativo: è
questo il punto di partenza
scelto da Bruno Bignami, direttore
dell’Ufficio nazionale per i proble-
mi sociali e il lavoro della CEI, e da alcune parole chiave (giovani, co-
Gianni Borsa, giornalista dell’agen- munità, periferia, Europa, scarto,
zia Sir, per guardare alla comples- lavoro, libertà… giusto per citarne
sità e alle contraddizioni del nostro alcune), rileggendole attraverso la
tempo, svelate ancor di più dalla loro esperienza personale e pro-
pandemia da COVID-19 in corso fessionale, il continuo rinvio alle
ormai da quasi due anni. Scritture, il richiamo del magistero,
Il richiamo alla dimensione con- il confronto con altri autori. In que-
templativa costituisce un tratto sto modo, hanno “scrostato” que-
qualificante, un vero e proprio sti- ste parole da letture che finiscono
le, che influenza e modella il modo con impoverirle, prendendo le
di leggere quanto accade nella so- distanze da «due fra i grandi mali
cietà, di riconoscere le opportunità della nostra epoca: l’individualismo
che emergono e di interpretarne (uscire da se stessi e da una visione
le sfide. In questo senso, gli AA. ci del mondo piegata ai soli propri
invitano a compiere un esercizio desideri e interessi) e l’assertività
impegnativo e proprio per questo (la quale tende a imporre le pro-
fecondo: darsi il tempo necessario prie convinzioni)» (p. 11).
per andare oltre a quanto appare Come per la Laudato si’, a cui si
immediatamente, per prendere fa esplicito riferimento nel titolo,
atto delle profonde interconnes- anche questo volume non può
sioni che esistono a tanti livelli, essere semplicemente letto, ma
lasciandosi guidare in particolare mette in moto la riflessione, tanto
dalle encicliche sociali di papa personale quanto di un gruppo,
Francesco. in vista di un cambiamento e di
La strada che hanno percorso gli un’assunzione di responsabilità.
AA. è stata quella di selezionare Giuseppe Riggio SJ

• 71
#suggerimenti
letture&visioni

P. Bignardi – F. Introini – G. Matarazzo


C. Pasqualini (edd.) La bussola
Oasi di di Abramo
fraternità
Nuove esperienze di
vita comune giovanile San Paolo, Cinisello
Balsamo 2021
Vita e Pensiero, Milano 2021 pp. 304, € 18
pp. 314, € 24

Abramo è un modello di vita spirituale. Questo


Le forme di vita comune sono antiche
volume porta il lettore a scoprire la figura del
quanto il cristianesimo, ma le nuove espe-
patriarca nella preghiera quotidiana attraverso
rienze dei giovani rappresentano un vento
190 tracce di meditazione, corredate da 720
di rinnovamento nella Chiesa, superando
domande. L’itinerario si ispira agli Esercizi Spi-
la tendenza della società di oggi a vivere la
rituali di sant’Ignazio di Loyola. È un utile stru-
fede esclusivamente in una dimensione pri-
mento per la preghiera personale e per offrire
vata. Dal punto di vista sociologico, queste
spunti di meditazione a gruppi ecclesiali.
esperienze attivano un interessante dialogo
tra le modalità della vita ecclesiale e il mon-
do giovanile odierno. Il libro raccoglie le Y. Tykhovlis
storie di otto comunità di giovani, accom-
pagnandole con alcuni saggi che offrono Juxtapax
una rilettura di tali esperienze. Tommaso d’Aquino
contro l’attuale crisi
della giustizia
Teresa di Gesù Ed. Solfanelli, Chieti 2021
pp. 323, € 16
La mia vita
Il libro delle
misericordie di Dio a Stiamo vivendo un tempo di trasformazio-
cura del Carmelo di ne dei paradigmi della giustizia, segnato da
Legnano un’amplificazione delle libertà individuali, non
sempre accompagnata da un’adeguata focaliz-
Edizioni OCD, Roma 2021 zazione del bene comune e delle responsabili-
pp. 720, € 28 tà. In questo scenario, l’A. si rivolge al pensiero
È l’opera più conosciuta e più tradotta della di Tommaso d’Aquino, evidenziandone il
mistica di Avila. Negli ultimi cento anni nesso tra giustizia e pace. Per mettere a fuoco
sono state pubblicate almeno nove versioni l’attualità dell’Aquinate in questo campo, ne
in italiano, ma questa nuova traduzione ripercorre le linee fondamentali, a partire dalla
punta ad avvicinarsi maggiormente al testo natura stessa nelle nozioni di giustizia e pace e
originale. Il volume è arricchito da un vasto dal loro fondamento. Ne risulta una proposta
apparato di note e da tre introduzioni, storica, che fonda la possibilità della pace proprio sulla
letteraria e teologica, che offrono altrettante giusta comprensione della giustizia, e che ne
chiavi di lettura. applica i parametri, mediante un’adeguata in-
terpretazione storica, al contesto odierno.

F. Lopes – R. Mancini
Per una democrazia post-razziale
Lettera aperta ai vescovi dell’Italia e dell’Africa
sul problema dell’immigrazione
San Paolo, Cinisello Balsamo 2021, pp. 251, € 20
La morte di migliaia di migranti nel Mediterraneo è una tragedia di pro-
porzioni storiche. La crescita dei vari nazionalismi desiderosi di chiudere le
frontiere europee è un fatto incontestato. Davanti a queste tendenze, che
risposta diamo come cristiani? Il libro è un appello a costruire una società fraterna: una
missione nella quale la Chiesa e le religioni possono svolgere un ruolo cruciale.
• 72
aggiornamenti sociali
anno 73 • numero 1 • gennaio 2022

Ai lettori / Giacomo Costa SJ


editoriale / Giuseppe Riggio SJ
In ascolto della realtà
cantiere italia / Giuseppe Riggio SJ
Non di parte: il difficile mestiere del Presidente
della Repubblica

Poste Italiane SpA - Spedizione in a. p. - DL353/2003 (conv. in L. 27/02/2004, n.46), art.1, c. 1 DCB Milano
dialoghi / Mauro Bossi SJ – Paolo Foglizzo (a cura di)
Un passo dopo Glasgow
Pedro Walpole SJ Impegniamoci a fare la nostra parte /
Mariagrazia Midulla Una transizione al passo con la crisi / Domenico
Vito A Glasgow abbiamo costruito ponti
fede&giustizia / Michael Czerny SJ – Paolo Foglizzo
Il mondo si vede meglio dalle periferie. Il quarto Incontro
mondiale dei movimenti popolari
internazionali / Walter Fernandes SJ
L’India ferita dalla pandemia
società civile / Dennis Kyalo
I difensori dei diritti umani, presidio della democrazia in Kenya
infografica / Mauro Bossi SJ
Italiani all’estero
periferie / Fedele Salvatore – Giovanni Zoppoli
Scampia, il vento del cambiamento
Intervista a cura di Giuseppe Trotta SJ
Letture & visioni
#narrazioni siriane: T. Radice – S. Turconi, Non stancarti di andare /
M. e S. Hamady, La nostra Siria grande come il mondo / K. Khalifa,
Morire è un mestiere difficile / Califfato, regia di G. Kapetanovič
B. Bignami – G. Borsa, Parole come pane
Segnalazioni: Oasi di fraternità / La bussola di Abramo / Juxtapax / La mia vita
/ Per una democrazia post-razziale
«La figura del samaritano collettivo è il seme di una nozione che può rappresentare
l’equivalente in positivo delle strutture di peccato: una dinamica in cui l’efficacia del
gesto di solidarietà del singolo, in sé magari umile e trascurabile, deriva dal partecipare
a una costruzione collettiva, che plasma la cultura indirizzando l’evoluzione della
società verso il bene».
M. Czerny SJ - P. Foglizzo, Il mondo si vede meglio dalle periferie, p. 38 € 7,00

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