Sei sulla pagina 1di 3

Schopenhauer nasce a Danzica nel 1778 da una famiglia agiata ricca culturalmente, la madre era

una scrittrice poetessa e il padre era uomo d’a ari.

Il padre si tolse la vita. Si laurea a Jena. Nel 1818 pubblica una delle sue opere importanti “ il
mondo come volontà e rappresentazione”. Quella opera non riscosse successo, anzi non fu proprio
accettata. Sicuramente era un periodo contemporaneo ad Hegel quindi con l’idealismo.

Il suo pessimismo in un’epoca permeata da idealismo, non gli giovò (progresso, rivoluzione
industriale) la loso a a quel tempo era ottimista con storia nazionale dove il travaglio serviva ad
arrivare ad una sintesi.

Schopenhauer era un pessimista, irrazionale, metterà in moto le debolezze umane e vedrà la storia
a di erenza di Hegel come dolore dell’uomo.

Per s dare Hegel, Schopenhauer mise lo stesso corso universitario nello stesso giorno e nella
stessa ora, ma non partecipò nessuno. La sua fama gli arrivò postuma.

Nel 1850 pubblicherà l’opera “Parenga e paralipomena”, termini greci che indicano appunti (scritti a
penna che riportano gli aforismi). Quest’opera avrà successo.

Nel 1860 muore a Francoforte. La sua ri essione loso ca resta estranea al periodo idealistico ma
anticiperà i temi dell’esistenzialismo.

Schopenhauer in uenzerà Nietzsche, Freud ecc. perché coglie le caratteristiche future. Platone e
Kant in uenzeranno Schopenhauer.

Il merito di Schopenhauer è che ha introdotto nell’occidente le loso e orientali. Lui parlerà di


Nirvana, velo di Maya.

Quindi:

1) Smonta Hegel;

2) Riprende Kant e Platone;

3) Visione pessimistica;

4) Porta in Occidente le loso e orientali.

Schopenhauer dirà: La realtà in cui viviamo è apparenza, è illusione, è un sogno. Questo mondo
fenomenico (riprende il concetto di Kant), è conoscibile e razionale chiamato Velo di Maya.

Questo fenomeno non è la realtà autentica perché questo fenomeno è un sogno, illusione. L’uomo
deve squarciare questo velo di Maya per accedere al NOUMENO (mentre per Kant il noumeno era
inconoscibile, Schopenhauer dirà che bisogna squarciare questo mondo apparente per arrivare al
noumeno) e togliere la volontà di vivere. Questo noumeno è la realtà che si nasconde dietro il velo
di Maya. L’uomo deve rompere questo mondo fenomenico che ci illude. Quearcisndo il velo, lui
accoglie l’essenza della vita, cioè la volontà di vivere (noumeno).

La cosa in sé come volontà, determina una condizione esistenziale tragica, perché la vita dell’uomo
è segnata dal desiderio continuo destinato a restare insoddisfatto e quindi al dolore.

L’uomo è un animale desiderante (volontà di vivere), ma siamo strutturalmente come uomini


destinati all’infelicità, perché non possiamo non desiderare e l’infelicità non è altro che la mancata
realizzazione dei nostri desideri (anche se un desiderio viene appagato, rimangono altri desideri
insoddisfatti). È questa la tragicità della vitamina.

La felicità è la gestazione del dolore, ma poiché l’uomo per natura produce desideri, questi lo
portano al dolore.

L’aforisma più conosciuto di Schopenhauer è “La vita è come un pendolo che oscilla tra dolore e
noia”. L’uomo passa dal dolore alla noia, fugacemente.

Quindi l’uomo non può non desiderare, ma quando raggiunge un desiderio, prova un piacere che lo
porta ad annoiarsi perché vuole nuove cose (l’uomo non si accontenta mai).

Quindi per Schopenhauer la vita è so erenza e dolore. La cosa in sé quindi è la volontà di vivere
che ci porta a desiderare.

La realtà in cui viviamo cioè il mondo di cui siamo a conoscenza è un mondo fenomenico,
dell’apparenza e si presenta così come lo vede il soggetto conoscente: il mondo come
rappresentazione. Il mondo è una MIA rappresentazione (la conoscenza fenomenica è il fenomeno).

Il noumeno per Schopenhauer è la volontà di vivere, forza oscura e potentissima, che agisce non
solo negli uomini ma in tutte le creature persino nella materia inorganica.

La volontà di vivere è:

Istinto profondo;

Energia che ambisce ad appagare se stessa;

Energia oscura e irrazionale, senza uno scopo;

Eterna.

La volontà si manifesta dal neonato alla pietra;

Si parla quindi di IO VOGLIO.

Le VOLONTÀ DI VIVERE è il NOUMENO.

Siamo strutturalmente destinati all’INSODDISFAZIONE.

L’uomo per natura desidera, la mancanza di quello che desidera , provoca dolore. Si parla di un
momentaneo APPAGAMENTO, che ne segue altri.

La vita oscilla tra dolore e noia.

1)Schopenhauer critica gli ottimismi.

Critica l’ottimismo esistenziale; l’appagamento non da piacere se non in una temporanea


cessazione di dolore. La felicità è il piacere non esistono se non in termini negativi. Noi possiamo
sperimentare il dolore. Il piacere viene provato solo in seguito ad un dolore, come liberazione da
esso. Il piacere viene provato solo in seguito al dolore come liberazione.

2)L’uomo vive per necessità.

3)Critica l’ottimismo storico, la storia per Hegel era lo sviluppo dello spirito in cui tutto acquista
signi cato. Per Schopenhauer è il regno del caso e non presenta nessun disegno.

Neppure l’amore mitiga il pessimismo di Schopenhauer perché si tratta solo di un inganno della
realtà. La volontà è tesa ad un unico ne, perpetuarsi e si maschera da amore per far si che ognuno
desideri accoppiarsi e riprodursi. Ci si illude di un sorriso, un carattere.

Dietro ogni parola alata e poesia d’amore c’è un solo desiderio, riprodursi.

Molti dei motivi della loso a di Schopenhauer, soprattutto quando descrive la condizione umana,
sono in e etti presenti anche in Leopardi, il quale sicuramente non ne conobbe

le opere, mentre il primo conosceva bene quelle dello scrittore italiano. Quindi l’in uenza, se

ci fu, va da Leopardi a Schopenhauer, anche se più probabilmente si tratta di motivi comuni

sviluppati da entrambi in modo indipendente, dato che si inseriscono organicamente nelle

rispettive concezioni dell’esistenza dell’essere umano.

LE VIE PER LIBERARSI DALLA VOLONTA’

Neppure il suicidio può essere una soluzione, perchè non è negazione della volontà, anzi, scrive
Schopenhauer, è un atto di a ermazione della volontà stessa. Chi si uccide non ri uta la vita, bensì
quella vita, e ne vorrebbe un’altra.

Bisognerebbe neutralizzare il più possibile la volontà di vivere.

Schopenhauer ci indica tre strade.

1)ARTE: l’arte è catartica e ha il potere di distaccarci dalla dolorosa realtà. Il tempo impegnato nella
contemplazione di un’opera d’arte, nella lettura, nell’ascolto di un brano musicale ( S. era un
melomane, cioè un grande appassionato di musica, che considerava la più alta forma di arte), ci
rasserena e ci fa dimenticare la nostra condizione, tuttavia, il suo e etto è breve e non risolutivo.

2)MORALE: al secondo livello tra i rimedi all’infelicità ci sono il superamento dell’egoismo


personale, il ri uto di danneggiare gli altri, il riconoscimento che un’identica so erenza stringe nella
propria morsa gli uomini e la nascita in noi della compassione, che è anche condivisione. Più
e cace per superare la propria individualità è la compassione, intesa in senso letterale

come «patire con», cioè sentire come propria la so erenza universale ➝Il vero fondamento della
morale è per Schopenhauer il sentimento di empatia che proviamo verso gli altri, per cui so riamo

dei loro dolori, mentre la loro gioia ci lascia indi erenti. La virtù fondamentale è dunque la

pietà, la compassione.

3)ASCESI: il terzo e il più ardo è rappresentato dalla negazione della volontà di vivere: invece della
“voluntas”, la noluntas (o nolontà). Chi giunge a questo punto, il cui premio è il nirvana (nel senso di
nulla), decide per la castità, il sacri cio e la rassegnazione. Nirvana= assenza di desiderio.

In ne, si giungerà alla morti cazione del corpo, al digiuno, alla macerazione, alla agellazione di sé.

Per chi riesca a percorrere questa strada, il punto di arrivo è il nulla, l’assenza di ogni

desiderio, la ne di ogni manifestazione fenomenica. Il nulla di cui parla Schopenhauer è

qualcosa di positivo, rappresentato con queste parole: «è il raggiungimento della serenità, la

pace più preziosa di tutti i tesori della ragione, l’oceano di quiete.

Nel descrivere il cammino dell’ascesi e il nulla come punto d’arrivo, Schopenhauer fa più

volte riferimento all’induismo e al buddismo, ma anche alla mistica cristiana( San Francesco, San
Bonaventura), sottolineando come, nella diversità delle tradizioni loso che e religiose, ci sia
convergenza nella negazione della propria individualità e di ogni forma di piacere e di desiderio.

Potrebbero piacerti anche