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Riforma fiscale, le proposte della Cgil


La Cgil ha avanzato unelaborata proposta di tassazione delle grandi ricchezze oltre gli 800 mila euro annui sulla scia di normative gi in vigore in altri paesi DI PAOLO ANDRUCCIOLI Non la decide certo il ministro dell'Economia, la riforma scale. Cos si espresso il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi in risposta ai dubbi di Giulio Tremonti sulla opportunit di avviare ora la riduzione della pressione scale, storico cavallo di battaglia del Cavaliere. Si dice che la tensione tra i due sia cresciuta, ma che viene tenuta opportunamente sotto controllo. Ora i problemi per il governo sono diventati seri, dopo i risultati delle amministrative e soprattutto dopo la valanga di s dei referendum. Il taglio delle tasse rimane appeso, nonostante le pressioni che arrivano da pi parti: dalla Conndustria e anche da Cisl e Uil che hanno chiamato in piazza i loro iscritti contro un governo a cui nora era stato dato un certo credito. La Cgil non si sente davvero una neota in questo campo. Dopo una rafca di scioperi generali caratterizzati proprio (tra le altre richieste) dalle proposte di riforma del sistema scale e dopo varie campagne nazionali contro l'evasione scale, l'ingiustizia scale e la richiesta di andare a cercare le risorse dove si annidano, anche a partire dalle rendite nanziarie, dalle grandi ricchezze e dai proventi di una speculazione che prescinde sempre dall'economia reale, ora la Cgil viene chiamata a chiarire di nuovo la sua posizione, in particolare dal segretario della Cisl Bonanni che insiste sulla tassa sui beni di lusso. utile quindi riassumere schematicamente le proposte principali della Cgil sul sco. Prima di tutto c' da chiarire per l'ennesima volta che la confederazione non propone nessuna forma di patrimoniale indiscriminata.Tutti coloro che accusano la Cgil di voler tassare i bot dei pensionati o le famiglie che con grandi sacrici hanno acquistato un immobile dicono il falso sapendo di dirlo. Pura propaganda, perch la Cgil ha avanzato un'elaborata proposta di tassazione delle grandi ricchezze oltre gli 800 mila euro annui sulla scia di normative gi in vigore in altri paesi (in Francia per esempio) e sulla scorta dei pi rafnati studi sulle ineguaglianze e la lotta alle iniquit scali. Accanto a questo la Cgil, in perfetta sintonia (anzi insieme) con la Ces (il sindacato europeo) e il sindacato internazionale, ha avanzato una proposta di tassazione delle transazioni nanziarie internazionali di natura speculativa. Per quanto riguarda il cosiddetto scambio Irpef-Iva (ammesso che questo sia davvero l'intento del governo), la Cgil stata molto chiara, sia nelle dichiarazioni del segretario generale Susanna Camusso, sia nelle varie prese di posizione di questi giorni:mettere in relazione l'aumento delle aliquote Iva con la diminuzione delle aliquote Irpef sarebbe sbagliato, perch non tiene conto di 11 milioni di contribuenti cosiddetti "incapienti" esenti dall'Irpef e che, perci, subirebbero solo l'aumento dell'imposizione sui consumi. Il confronto con Francia, Regno Unito e Spagna, paesi con struttura dell'Iva comparabile alla nostra, evidenzia che il livello di tassazione Iva in Italia in proporzione gi assai pi alto di quello esistente negli altri tre paesi (nell'ipotesi astratta e teorica che in tutti i paesi le tre aliquote insistano sulla stessa base imponibile e siano applicate uniformemente agli stessi settori economici, nella graduatoria, fatta sulla base della somma delle tre aliquote, l'Italia risulta prima con 34 punti, seguita dalla Francia con 27,2, dalla Spagna con 27 e dal Regno Unito con 22,5). Da ci ne consegue che la carenza di gettito non deve essere attribuita alla misura delle aliquote,ma in modo esclusivo alla maggiore evasione dell'imposta nel confronto con gli altri paesi europei.Aumentare le aliquote Iva (due punti percentuali per l'aliquota minima, dal 4% al 6%; un punto per quella ridotta, dal 10% all'11% e per quella ordinaria, dal 20% al 21%) incrementerebbe le entrate di circa 8 miliardi. Ridurre di un punto l'Irpef (esempio: la prima aliquota, dal 23% al 22%) costa allo Stato circa 1,9 miliardi di mancate entrate. E non risolve niente, perch genera un benecio che va dai 13 ai 75 euro l'anno.

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