Il film “Il capitale umano” è di genere drammatico e il regista Paolo Virzì riesce a mettere in scena una situazione con personaggi molto diversi tra loro, ognuno dei quali rappresenta un vero e proprio “tipo”: o Dino Ossola, a cui è dedicato il primo capitolo, è il proprietario di un’impresa immobiliare brianzola alle prese con la crisi dilagante, che approfitta della relazione della figlia Serena con il giovane appartenente alla famiglia Bernaschi per mettere in atto un’ascesa sociale. Infatti, fa in modo di diventare amico del padre Giovanni Bernaschi, fino a quando non riesce a diventare suo socio attraverso un ingente investimento. Il suo obiettivo è ovviamente quello di arricchirsi sempre di più, ma non fa i conti con i rischi delle sue azioni; difatti, non solo non possiede tutto il denaro che decide di investire, ma deve chiedere un prestito in banca per pagarlo. Questo modo di agire rivela la sua essenza, infatti è privo di lungimiranza e prudenza. Inoltre, è talmente preso dai suoi affari che non si cura minimamente della famiglia, anzi in tutto ciò non considera nemmeno il fatto che sua moglie è incinta e quando, ad esempio, a lei iniziano le contrazioni lui tenta di placarla a tutti i costi pur di rimanere alla festa con i Bernaschi per mantenere vivo il loro rapporto di finta amicizia, visto che in realtà l’unico scopo è l’incremento monetario; o Carla Bernaschi, a cui è dedicato il secondo capitolo, è la moglie di un grande uomo d’affari; tuttavia, vive nell’infelicità causata dalla terribile sensazione di sottomissione al marito, da cui è ritenuta stupida e non in grado di capire i suoi problemi. Davanti a questa situazione, lei cade in una relazione extraconiugale, ma riesce ad avere solo un incontro con l’altro uomo, poiché in realtà si sente davvero in colpa e ha paura di essere scoperta. Questo personaggio suscita una grande pena, poiché si nota la sua impotenza e le emozioni che prova tutte le volte in cui viene messa da parte dal marito o considerata solo un oggetto sessuale; o Serena Ossola, a cui è dedicato il terzo capitolo, è l’ex fidanzata del giovane Bernaschi, che ha lasciato durante l’estate. Infatti, lei, al contrario del padre, cerca un amore vero e non ha come fine la scalata sociale. Durante l’inverno si innamora di un ragazzo che abita nei sobborghi della Brianza. È dolce e forte al tempo stesso, dal momento che riesce a prendere in mano la situazione quando il suo ex ragazzo è ubriaco e deve tornare a casa; ma durante la parte finale, quando vede la drammaticissima scena del suo fidanzato che ha tentato il suicidio, rimane estremamente scioccata; o Massimiliano Bernaschi è l’ex fidanzato di Serena, che da fuori sembra il classico bel ragazzo spezza cuori popolare, ma in realtà è molto fragile, anche a causa del contesto in cui vive, con una madre che cerca invano di tenere unita la famiglia e un padre intento esclusivamente a lavorare e a far quadrare i conti dell’azienda. Ciò che colpisce di questo personaggio è che, nonostante la bellissima automobile, la villa con piscina e tutto ciò che possiede, desidererebbe solo stare bene veramente (dimostrazione della visione epicurea della felicità, Massimo vorrebbe ottenere l’atarassia). Lui stesso inizialmente di vanta della macchina nuova, ma alla fine emerge tutto il suo dolore davanti a dei genitori che non gli credono e alla sua vita che rischia di andare in frantumi; o Roberta Morelli è la compagna di Dino, lavora come psicologa e si contraddistingue in quanto a dolcezza ed empatia. Anche la sua vita non è delle più felici, infatti quando annuncia al compagno di essere incinta, questo la ignora senza rendersi conto della notizia data. Ha un rapporto complicato con Serena, ma dimostra sempre di volerle tanto bene. Il suo ruolo non è affatto marginale nel corso del film, in quanto fa emergere il contrasto tra la sua sensibilità e l’insensibilità del marito. o Giovanni Bernaschi è un grande uomo d’affari molto ricco e padre di Massimiliano. Vuole sempre far fruttare al meglio i suoi investimenti in borsa e non accetta la sconfitta, neanche per suo figlio. Spesso trascura la famiglia e probabilmente quello che rimane più impresso è il suo atteggiamento vergognoso nei confronti della moglie, che viene trattata come una nullità e completamente trascurata nelle decisioni da prendere. o Luca Ambrosini è il nuovo fidanzato di Serena, conosciuto nello studio della madre, poiché è obbligato ad andare dalla psicologa dal momento che si crede che fosse dipendente dalle droghe. Eccelle nel realizzare disegni e alla fine del film tenta il suicidio, anche se fortunatamente riescono a salvarlo. Senza dubbio si tratta di un personaggio estremamente debole, probabilmente anche a causa del fatto che non ha i genitori. Quando provoca l’incidente stradale sembra che non se ne preoccupi e fugga, ma probabilmente è tutto il contrario ed è talmente tanto scioccato e allarmato che scappa senza sapere come agire. Ripensando ad alcuni dei personaggi, ho trovato alquanto interessante l’analisi etica e filosofica del personaggio di Dino Ossola. Egli crede che tutta la felicità risieda nella ricchezza: se non sei ricco non conti nulla. Rischia tutto quello che ha, addirittura la sua casa, nel tentativo di far fruttare il denaro in futuro. Sicuramente la sua filosofia riguardo alla felicità ci suona del tutto discordante con quella epicurea: se essa consistesse solo in atarassia e aponia, egli l’avrebbe già raggiunta. I bisogni che vuole soddisfare non sono solo quelli necessari, ma alcuni sono del tutto superflui. Inoltre, secondo i seguaci di Epicuro, la prudenza è il massimo bene, da cui hanno origine tutte le virtù, ma sicuramente non possiamo definire Dino Ossola una persona prudente. Possiamo anche affermare che Dino non farebbe di certo parte della scuola aristotelica: non solo la sua idea di felicità non corrisponde a quella di Aristotele, ma basa anche la sua amicizia con Giovanni sull’utile: il suo fine è quello di soddisfare i bisogni per mezzo degli amici, perciò è un’amicizia transitoria, sicuramente destinata a non durare. Forse l’unico modello a cui mi sentirei di accostare questo personaggio è l’idea di epicureismo che aveva l’uomo medievale (errata): esclusivamente materialistica e edonistica. Anche il personaggio di Carla è molto intrigante: secondo il mio punto di vista, ciò che la renderebbe felice sarebbe tornare a fare l’attrice, attività che ha smesso di esercitare da quando ha conosciuto il marito, che la tratta solo come un oggetto. È molto sensibile e se dovessi dire a quale filosofia la vedo più vicina, probabilmente sceglierei quella aristotelica, che afferma esattamente che la virtù è fare al meglio ciò per cui una persona è portata. Nonostante a causa di Giovanni lei si senta bloccata, dovrebbe seguire questa sua ispirazione interiore e sicuramente la porterebbe alla serenità. Ovviamente non si può dire che segua esattamente la filosofia di Aristotele; infatti, coltivando una relazione extraconiugale dà origine ad un’”amicizia” basata sul piacere, che non porta alla reale felicità. Forse si può vedere in lei anche una sfumatura di stoicismo, nella sua vena di intellettualismo etico, poiché anziché allontanarsi dal marito e capire quanto le stia rovinando l’esistenza, si comporta come se giustificasse il marito pensando che egli non si renda conto di star agendo male. Secondo la mia visione, Serena è l’unica che potremmo definire in gran parte epicurea, perché innanzitutto sceglie di vivere “in maniera appartata” nel senso che lascia il fidanzato con il fine di stare meglio in prima persona e capisce che per raggiungere la felicità non deve avere turbamento interiore. Inoltre non ha paura della sofferenza e ha consapevolezza del piacere. L’unico aspetto che non coinciderebbe con la visione epicurea è l’uso della ragione distaccato dalle passioni: anche se non si lascia più influenzare da Giovanni, ora è innamorata di Luca e farebbe di tutto per lui, tanto che viola la regola della polizia di non entrare nell’area della casa dopo il tentato suicidio a causa della disperazione per l’amato. Riflettendo sulle varie vite che si intrecciano, nessuno è completamente e chiaramente attribuibile a una determinata corrente e nessuno ha la visione di felicità che avevano gli uomini delle scuole ellenistiche, né di Aristotele. Ma ciò non deve stupirci: se, come il film ci ricorda, la società di oggi è consumistica e basata sul concetto di dover possedere tanti soldi, anche senza capirne il reale valore, non si può avere un’idea di felicità “pura” come quella epicurea, stoica o aristotelica. Ormai non basta il naturale e necessario, bensì ci si spinge sempre di più verso il non naturale e non necessario.