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Google per la Cultura

Al Forum sulla Comunicazione Digitale 2010, tenutosi nel bellissimo Palazzo Mezzanotte (Milano),
si è tenuta una serie di confronti relativi all’utilità della Rivoluzione Digitale.
Google Italia ha presentato una serie di servizi per la valorizzazione dei Beni Culturali.
Google Earth, in primis, che consente la visita di sedi archeologiche ricostruite in 3D per riportarle
allo splendore dei loro albori: è stato fatto eccellentemente con Roma antica e con Pompei.
L’applicativo è multilingua ed è libero: può essere linkato come risorsa anche sul sito del MIBAC
(Min. Beni Culturali).
Non è mancata la citazione di Google Street View che può essere visto come utile servizio ai turisti
per raggiungere le località di interesse culturale sparse nel nostro Bel Paese.
E per finire, è stato presentato il servizio Google Museum che consente la visita del Museo do Prado
di Madrid, grazie alla creazione di un modello virtuale del Museo e della digitalizzazione di tutte le
opere del Museo. Lo stesso si pensa di fare anche per diverse significative realtà italiane.

Tutto molto bello. Ma…dove sta il Return on Investment di Google?


Marco Pancini, European Counsel di Google Italia, ha dichiarato che Google fa questo per la Cultura
e che comunque ha dei ricavi “indiretti”: per esempio, con Google Street, può mostrare anche la
pubblicità di inserzionisti pubblicitari grazie alla messa in evidenza di particolari attività commerciali.
Una sorta di Pagine Gialle visuali.
Mentre per Google Earth, il guadagno starebbe nella vendita a terzi di applicazioni simili.

Cosi poco? Solo guadagni indiretti?


Molti di questi programmi vanno installati sul pc, come Google Earth e Google Museum. Altri
funzionano online come Google Street. Quasi sempre a questi usi è associato un Google Account che
consente di salvare le proprie ricerche preferite. Ed intanto inviano statistiche sul loro uso a Google.
Quando l’account non è richiesto, come nel caso di Google Immagini, comunque le ricerche fatte
vendono immagazzinate…seppur in maniera anonima.
E’ sempre un modo di sapere cosa desidera e gradisce la gente.
Nella migliore delle ipotesi per monetizzare. Ma sarà sempre e davvero cosi?

Perché segnalo questi aspetti? Non per demonizzare Google, i cui servizi offerti alla comunità
mondiale, hanno portato diversi vantaggi quali la reperibilità di informazioni e nozioni come mai
prima d’ora.
Il problema è che Google deve comunque rendere conto di quello che fa alla comunità digitale, farla
partecipare, ascoltarne i consigli. Perché Google resti sempre un utile strumento di tutti noi e non si
invertano i ruoli…

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