2. La vita
Platone nacque ad Atene da una famiglia aristocratica nel 427 a.C. A vent’anni comincia a
frequentare Socrate e diviene uno dei suoi discepoli sino alla sua morte, momento che rappresentò
in Platone un momento decisivo. Secondo quello che afferma nella Lettera VII, Platone avrebbe
voluto dedicarsi alla politica. Ma egli interpretò la morte di Socrate come un’ingiustizia
imperdonabile e come una condanna generale della politica del tempo. Da quel momento, la sua
unica salvezza era la filosofa, la sola via che potesse condurre l’uomo singolo e la comunità verso la
giustizia. Dopo la morte di Socrate Platone si recò a Magara, in Egitto e a Cirene; ma di questi viaggi
lui non ne parla. Invece, parla del viaggio che fece nell’Italia meridionale, ma in particolare a
Siracusa, dove strinse una forte amicizia con Dione. Si dice che per opera di quest’ultimo, Platone fu
venduto come schiavo e fu riscattato Anniceride, ma questo denaro fu rifiutato solo quando venne
a conoscenza di chi si trattava e servì alla fondazione dell’Accademia, ossia della scuola di Platone.
Platone fu richiamato a Siracusa da Dione per la seconda volta, affinché desse il proprio consiglio
per la riforma dello Stato; ma ogni tentativo risultò impossibile. Alcuni anni dopo, venne richiamato
per la terza volta a Siracusa, e andò poiché fu spinto dal desiderio di aiutare Dione, che era rimasto
esiliato. Ma nessun accordo si stabilì tra Platone e Dionigi, che era solo un dilettante presuntuoso;
per questo motivo fu costretto a lasciare Siracusa e a ritornare ad Atene, dove morì nel 347 a.C.
Mito e filosofia
Un’altra delle caratteristiche dell’opera di Platone, è l’utilizzo dei miti, ovvero dei racconti fantastici
attraverso cui vengono esposti concetti e dottrine filosofiche. Il mito, in Platone, possiede due
significati:
-il mito come strumento di cui il filosofo si serve per comunicare in maniera più accessibile le
proprie dottrine;
-il mito come mezzo di cui il filosofo si serve per poter parlare di realtà che vanno al di là dei limiti.
In altre parole, la filosofia tende a muoversi nei “sentieri interrotti”, che la costringono a tornare
indietro oppure a prendere un’altra via. Da questo punto di vista, il mito viene visto come qualcosa
che si interseca nella parte lesa della ricerca filosofica. Si può notare come il mito platonico ha
senso solo se viene connesso con il discorso filosofico, ma ciò non implica che il mito non possiede
una profondità e una ricchezza. Inoltre, il mito se da un lato rende più difficile l’interpretazione
filosofica, dall’altro conferisce al platonismo.
SECONDO CAPITOLO
1. La dottrina delle idee
La teoria delle idee e la sua importanza
Platone dà molta importanza al metodo delle definizioni di Socrate, poiché le reputa il primo passo
verso un sapere assoluto capace di oltrepassare il relativismo sofistico. Ed è proprio in questa
battaglia antisofistica che Platone formula “la teoria delle idee”, che segna l’inizio della seconda
fase in cui il filosofo va al di là delle dottrine che Socrate aveva insegnato. La teoria delle idee forse
faceva parte delle “dottrine non scritte”; per questo motivo alcuni studiosi l’hanno posta in
secondo piano, ma in realtà la dottrina delle idee rappresenta il cuore stesso del platonismo
maturo. Infatti, sembra che Platone riuscì a risolvere i massimi problemi della filosofia, solo dopo
aver conosciuto tale teoria. Di conseguenza, pretendere di immaginate Platone senza idee, sarebbe
come immaginare Pitagora senza numeri, ecc.
Il Simposio
I discorsi trovati nel Simposio erano in lode all’éros che mettevano in luce una serie di
caratteristiche dell’amore. Pausania distingue dall’éros volgare, ossia quello che si rovolge ai corpi,
l’éros celeste, ossia quello che si rivolge alle anime. Il medico Erisse vede nell’amore una forza
cosmica. Invece, Aristofane, con il mito degli “androgeni”, esprime uno dei caratteri fondamentali
dell’amore, ossia l’insufficienza. Da qui, Socrate prende le mosse per il proprio discorso: l’amore
desidera qualcosa che non ha, ma di cui ha bisogno, ossia la mancanza. Infatti, secondo il mito, esso
è figlio di Pòros e Penìa, e di conseguenza non è un Dio, ma un “demone”, ovvero quell’essere dalla
natura intermedia tra l’uomo e il divino, perciò non ha sapienza,ma è spinto a possederla, e per
questo è un “filosofo”. Infine, il fine è l’oggetto dell’amore, ossia la bellezza che può avere diversi
gradi. In primo luogo è la bellezza di un bel corpo. Poi si accorge che la bellezza è uguale in tutti i
corpi e così passa ad amare la bellezza corporea nella sua totalità. Ma al di sopra c’è la bellezza
dell’anima, ma al di sopra ancora c’è la bellezza delle istituzioni e delle leggi, e poi la bellezza delle
scienza, e infine ancora la bellezza in sé, che è eterna.
Il Fedro
La natura dell’anima può essere espresso con il mito della biga alata, in cui vi è una coppia di cavalli
alati, guidati da un auriga: un cavallo bianco, eccellente, e uno nero, pessimo. Di conseguenza il
lavoro dell’auriga risulta difficoltoso, in quanto deve indirizzare i cavalli verso il cielo, l’iperuranio,
ossia la sede dell’essere autentico dove sta la totalità delle idee, priva di forma e colore che può
essere contemplata solo dalla ragione. Ma l’anima può contemplarla solo per poco, perché il
cavallo nero tira verso il mondo terreno e quando si appesantisce, lui perde le ali e si incarna in un
corpo umano in cui il ricordo delle sostanze ideali viene risvegliato dalla bellezza. In pratica
quest’ultima fa da tramite tra l’uomo caduto e il mondo delle idee. L’éros diventa la dialettica. La
vera retorica è la scienza delle idee e dell’anima.
3. Lo stato e il compito del filosofo
Lo stato ideale
Tutti i temi vengono riassunti nella massima opera di Platone, ossia la Repubblica. La costituzione di
una comunità politica governata dalla filosofia presenta in Platone due quesiti fondamentali:
-qual è lo scopo e il fondamento di questa comunità?
-chi sono i filosofi?
La giustizia
Lo scopo fondamentale della comunità per Platone è la giustizia, in quanto nessuna comunità può
sussistere senza di essa. La giustizia è la condizione fondamentale della nascita e della vita dello
Stato. Lo Stato deve essere costituito dai:
-governanti, in cui la saggezza è la virtù di questi, in quanto basta che i governanti siano saggi che
tutto lo Stato sia saggio;
-guerrieri, in cui il coraggio è la virtù di questi
-cittadini, in cui la temperanza è la virtù di questi.
Ma la giustizia comprende tutte queste virtù: essa si realizza quando i compiti di uno Stato sono
tanti, e tutti necessari alla vita della comunità, e ognuno deve scegliere il compito a cui è dedicarsi.
La giustizia garantisce l’unità, e di conseguenza la forza dello Stato, ma essa garantisce anche la
forza e l’unità di ciascun individuo. Nell’anima individuale Platone distingue tre tipi:
-la parte razionale, che è quella parte che permette all’anima di ragionare e dominare gli impulsi;
-la parte concupiscibile, che è il sito di tutti gli impulsi corporei;
-la parte irascibile, che è la parte che combatte per ciò che ritiene giusto.
Anche nel singolo individuo la giustizia si avrà quando ogni parte dell’anima svolgerà soltanto la
propria funzione.
Il “comunismo” platonico
Affinchè lo Stato funzioni correttamente e la giustizia si realizzi, Platone suggerisce l’eliminazione
della proprietà privata e la comunanza dei beni per le classi superiori. La classe al potere non avrà
famiglia, e per Platone ritiene che i governanti debbano avere in comune anche le donne. Ma ciò
non implica la prostituzione della donna, bensì le donne staranno alla pari degli uomini e potranno
partecipare persino alla vita dello Stato. Le unioni matrimoniali verranno stabilite dallo Stato in
base a dei criteri volti alla procreazione di figli sani. Tutti i bambini verranno tolti sin dalla nascita
dalle proprie famiglie, in modo che si avrà una grande e solidale famiglia.
I guardiani sono felici?
A questa domanda Platone risponde che la felicità sta nella giustizia. Inoltre, non bosogna
dimenticare che i filosofi sono felici già di per sé, in quanto non hanno bisogno di cercare la propria
felicità nei beni materiali.
Platone e la democrazia
Due opposte concezioni della vita associata
L’ostilità platonica si riversa nella democrazia. Le radici storiche della concezione platonica, va
collocata nel contesto sociale della sua epoca, caratterizzata dagli scontri tra i nobili e il popolo.
Tale scontro determina, non solo una contrapposizione di interessi, ma anche l’antitesi tra due
opposte concezioni della vita associata e della giustizia. Secondo la visione aristocratica devono
essere i migliori a governare la cosa pubblica; mentre, secondo la visione democratica, deve essere
il popolo a governare la cosa pubblica.
TERZO CAPITOLO
Il confronto con Parmenide
La tematica della sofistica è preparata dal Parmenide e dal Teeto. Nel Parmenide il filosofo si
interroga sull’esistenza della teoria delle idee, trovando alcune difficoltà. In primo luogo,
supponendo che “l’uno” è l’idea, e “i molti” sono gli oggetti che costituiscono l’idea, non si capisce
come l’idea può essere composta da più oggetti, senza risultare molteplice. Ma il problema
fondamentale è il confronto-scontro con la logica parmenidea. La tesi fondamentale dell’eleatismo
è il principio per cui “solo l’essere è, mentre il non essere non è”. Platone si accorge che questa
affermazione potrebbe mettere in dubbio la teoria delle idee, in quanto l’inesistenza assoluta di
ogni forma di non essere danneggerebbe la molteplicità delle idee.
nonostante questi ostacoli, nel Parmenide Platone afferma di non voler rinunciare alla teoria delle
forme ideali. Ma se rinunciare alle idee risulta impossibile, non rimane che rinunciare al principio
eleatico, infatti, Platone conclude il Sofista con un vero e proprio “parmenicidio”.