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Covid-19 (84)

La verità (politica) della menzogna sanitaria

Molto inchiostro è già stato versato sul fenomeno Covid-19. È stato detto
tutto e il contrario di tutto, anche dalle stesse persone e allo stesso
tempo. Per districare la matassa sarà quindi necessario semplificare la
storia. Ovviamente c'è un prezzo da pagare per farlo, e doppio. Da un
lato, infatti, dovremo tralasciare tutto ciò che ci sembra di marginale
importanza; dall’altro, sarà importante collocare questo evento nel suo
contesto storico, svelandone sia le radici (la crisi culturale iniziata nel
1968) che i possibili sviluppi (le conseguenze politiche immediate).

In sostanza, sosterremo qui una tesi - che la crisi del Covid-19 non è
sanitaria ma politica, e che nessuna delle misure liberticide è
scientificamente fondata - supportata da tre argomenti:

1. Il Covid-19 ha reso evidente la completa corruzione del sistema


politico e delle sue appendici mediatiche e scientifiche. Essi hanno
definitivamente perduto ogni legittimità ed autorità.
2. Questa corruzione riflette la crisi del capitalismo finanziario e la
volontà degli oligarchi di distruggere la democrazia
rappresentativa.
3. Il sistema politico che va formando è totalitario, vale a dire che tutti
gli aspetti della vita dei cittadini saranno guidati da una struttura
ideologica oppressiva che non differenzierà più la sfera privata e
quella pubblica. Questo totalitarismo sarà fascista e digitale.

La narrativa ufficiale che ci viene offerta è ben sintetizzata da Wikipedia:


“la malattia da coronavirus 2019, o Covid-19, è una malattia infettiva a
diffusione pandemica causata dal coronavirus SARS-CoV-2. È apparsa
per la prima volta il 17 novembre 2019 nella città di Wuhan,
diffondendosi poi in tutto il mondo.”

Per spiegarne l’origine, si è data la colpa al pangolino e alle barbare


abitudini alimentari locali. Il 30 gennaio 2020 L'Organizzazione Mondiale
della Sanità (OMS) ha dichiarato lo stato di emergenza sanitaria
pubblica di interesse internazionale. L'11 marzo la stessa OMS ha
dichiarato "pandemica" l’epidemia da Covid-19 e ha chiesto di imporre
misure eccezionali (lo stato di emergenza sanitaria) per prevenire la
saturazione dei servizi di terapia intensiva oltre che di rafforzare l'igiene
preventiva (divieto di contatto fisico, assembramenti e manifestazioni,
nonché di viaggi e spostamenti non necessari, promozione del lavaggio
delle mani, messa in atto della quarantena obbligatoria, ecc.).

Bisognerebbe prendersi il tempo per (ri)definire cosa siano un’epidemia,


una pandemia, un virus emergente, le condizioni per il verificarsi di una
zoonosi (trasmissione di un agente patogeno tra specie), un virus
modificato (o "Frankenvirus"), gli studi di “acquisizione di funzione”, i
presupposti dei modelli di analisi del rischio (a partire dalla distribuzione
per età rettangolare e stazionaria, e dalla miscela omogenea di una
popolazione), ecc.; E di ricordare inoltre che un virus non può mai
essere sia molto pericoloso che molto contagioso. Tematiche queste
complicate dal fatto che gli esperti sono riluttanti a discuterne
apertamente tra di loro e con il pubblico in generale.

D'altra parte, invece, si può facilmente vedere il completo fallimento


della gestione politica della crisi. Ci sono variazioni tra un paese e l’altro,
ma - Cina a parte - sono le somiglianze che colpiscono. Basterà
esplorare qui le tre sfaccettature già annunciate: la corruzione degli
organi politici, mediatici e scientifici; la crisi del capitalismo biocida; e
l'ascesa del totalitarismo fascista digitale.

1. La corruzione degli organi politici, mediatici e scientifici

“I fatti non penetrano nel mondo in cui vivono le nostre convinzioni, non
le hanno create e non possono distruggerle. Possono infliggere loro
continue smentite senza appannarle, e nemmeno una valanga di
disgrazie o malattie che si susseguano senza interruzione su una
famiglia gli farà dubitare della bontà del suo Dio o del talento del suo
medico.” (Proust, 1913)

La grottesca gestione politica dell'epidemia può essere definita da


cinque caratteristiche.
1.1. Impreparazione: i governi sono stati completamente colti alla
sprovvista, mentre la reazione della Cina, nota a tutti già da gennaio, è
stata rapida e radicale. Insomma: le autorità cinesi hanno reagito come
se si trattasse di un attacco batteriologico, non di un'epidemia stagionale
(e nessuno finora ha apprezzato appieno le implicazioni di questa
reazione). Tra l’altro, gli scenari pandemici sono un tema ricorrente da
almeno una dozzina di anni, soprattutto dopo la crisi del 2009 (H1N1), e
questo soprattutto tra i militari e nelle fondazioni private, grazie allo zelo
di Bill Gates, che ne ha fatto il suo principale cavallo di battaglia
filantropico fin dal 2007. Questa mancanza di preparazione è senza
dubbio il risultato di cinquant'anni di neoliberismo. Ma non solo.

1.2. L'incompetenza di alcuni e la competenza di altri: nel momento


in cui le decisioni politiche vengono lasciate ai tecnici, solo molto
raramente essi si rivelano all'altezza del compito loro assegnato,
accontentandosi piuttosto di assicurarsi un’estensione del loro mandato.
D’altronde, in una tecnocrazia de facto come quella attuale, si capisce la
necessità di affidarsi agli esperti, la cui oggettività sarebbe proverbiale.

In realtà, l'incompetenza, cioè la mancanza di competenze specifiche,


non dovrebbe affatto essere un problema in politica: solo il buon senso
dovrebbe contare. Se per governare devi essere un esperto, allora non
siamo più in una democrazia (rappresentativa), e nemmeno in una
partitocrazia (non rappresentativa), ma in una tecnocrazia. L'affidamento
agli esperti è quindi intrinsecamente problematico. Tanto più che è
spesso sufficiente conoscere il datore di lavoro del tali esperti, o il loro
finanziatore, per capire in anticipo la natura delle loro conclusioni.

1.3. Corruzione: il livello di corruzione negli affari politici è un segreto di


Pulcinella. Nella nostra monarchia delle banane [il Belgio, N.d.T.], ci
permettiamo persino di ridacchiare degli scandali e delle pratiche illecite
che vengono a galla negli altri paesi, preferibilmente situati più a sud.
(Questo vale anche per il modo in cui le Fiandre guardano alla Vallonia.)

Sappiamo dai tempi di Platone (sono i Greci a creare la democrazia


partecipativa) e, più in particolare, da Machiavelli (1532), che il potere è
ricercato dai corrotti in potenza, ed esercitato dai corrotti di fatto. Del
resto, ripetiamolo, per comprendere le conclusioni degli esperti basta
risalire alla fonte di finanziamento dei loro studi.

1.4. Coercizione illegale: l'imbroglio governativo e istituzionale belga


ha dato vita a un proto-totalitarismo molto curioso: un governo di tecnici
si è concesso poteri speciali per decretare l'eutanasia del parlamento,
strumentalizzare la magistratura e stabilire uno stato di emergenza
(sanitario) che non ammette di essere tale. Le misure e i regolamenti
liberticidi non si contano più - a partire dal ricovero forzato nelle case di
riposo, la generalizzazione dell’isolamento domiciliare, le misure di
distanziamento "sociale", l’obbligo di utilizzare le mascherine, ecc.

Con questa processione di misure liberticide, illegittime, inefficaci ed


illegali, si ottiene, di fatto, la fine dello Stato di diritto. Il bene pubblico è
diventato privato, vale a dire una fonte di profitto. E l'intimità della sfera
privata è esposta allo sguardo (e a volte alla vendetta) di tutti.

1.5. La comunicazione: essa, in particolare nella sua componente


assurda, è il vero marchio di fabbrica di questa crisi, durante la quale i
leader politici hanno abusato di ogni possibile forma patologica di
linguaggio. Elenchiamone alcuni:

● evitamento: ignorare le obiezioni, rifiutare ogni tipo di dialogo;


● indignazione: fingere di essere innocenti, appellarsi alla buona
fede e alla dedizione al bene comune;
● menzogna pura e semplice: la maschera protegge dai virus e non
solo dalle infezioni batteriche; il vaccino è efficace contro una
malattia che non è immunizzante;
● censura: negare l'accesso alle informazioni o ad una conferenza
stampa;
● propaganda: gonfiare informazioni reali;
● disinformazione: diffusione di informazioni false;
● sovrainformazione: inondazione di informazioni (vere, false,
veramente false, falsamente vere, ecc.);
● dissonanza cognitiva: sostenere due proposizioni contraddittorie
(la maschera è inutile; devi indossare una maschera);
● paradosso: utilizzare affermazioni indecidibili come: l'epidemia sta
progredendo senza peggiorare; la nuova normalità sarà e non sarà
diversa; state da soli, insieme; siate uniti (in solitudine); fidatevi dei
responsabili (!); informatevi (nei media); vacciniamo tutti per
controllare l’aumento demografico; imponiamo la moneta digitale
per consentire ai poveri di risparmiare; stabiliamo un governo
mondiale democratico; quello che affermo è falso… Tutto ciò
deriva dallo sforzo di far impazzire l'altro (Searles 1959).

In breve, la comunicazione del governo, trasmessa pedissequamente


dai media e riferita (e approvata) da esperti di scienza medica, ha
alimentato la paura e, soprattutto, l'angoscia. La paura è un sentimento
positivo naturale perché motiva: di fronte a una minaccia palpabile,
l'individuo reagisce fuggendo o combattendo. Al contrario, l'angoscia è
paralizzante: avvertiamo una minaccia invisibile, senza sapere come
reagire...

La comunicazione assurda mira a stupire con l'angoscia, non a


spaventare con la paura. Il dispositivo è molto più efficace: la paura deve
essere orientata per non danneggiare lo status quo sociale; l'angoscia
invece paralizza i cittadini che accettano passivamente tutto ciò che
viene loro imposto.

Il fallimento politico segnala anche due ulteriori fallimenti: quello dei


media e quello degli esperti scientifici, soprattutto dei medici. I media
hanno dato un’importanza senza precedenti alla comunicazione assurda
di politici e scienziati. C'era cooptazione degli uni per gli altri. È difficile
trovare un dissidente nella classe politica; ce ne sono pochi nel mondo
scientifico e, se ce ne sono alcuni nei media, lo sono generalmente in
modo molto moderato; rari sono i giornalisti che hanno fatto davvero il
loro lavoro, con Alexandre Penasse a costituire una notevole eccezione.

Tutti si sono coperti di ignominia partecipando, attivamente o


passivamente, a questa mascherata; tutti dovrebbero essere
severamente puniti.
2. La crisi del capitalismo biocida
“L'inizio è il peggio, poi la metà, poi la fine; alla fine, la fine è la
peggiore.” (Beckett, 1953)

A monte di questa sclerosi politica, mediatica e scientifica, troviamo


l'influenza del mondo bancario e farmaceutico, che sono guidati da due
imperativi: da un lato, la massimizzazione del loro controllo sulla società
(e quindi del loro giro d’affari); dall’altro, la gestione della crisi sistemica
globale annunciata chiaramente fin dal 1968, il cui decorso era stato
delineato nel 1972 da Meadows e Kukla (l'esaurimento delle risorse, il
cambiamento climatico e il progressivo inquinamento della biosfera
finiranno per avere ragione della società dei consumi e della democrazia
rappresentativa).

2.1. Da questo punto di vista, l'utilizzo della strategia dello shock,


individuata da Klein nel 2007 - per strumentalizzare una crisi reale o
percepita, naturale o culturale, al fine di modificare profondamente lo
spazio sociale mentre è paralizzato - si è imposto come scelta
irrinunciabile nel tentativo di anticipare l’inevitabile collasso (e il caos che
ne seguirebbe). Che la crisi sia reale, o semplicemente inscenata, che la
sua origine sia naturale, o il prodotto di una macchinazione, alla fine non
cambierebbe molto gli effetti traumatici e la possibilità del loro utilizzo.

2.2. D'altra parte, dobbiamo capire, una volta per tutte, che i funzionari
eletti non rappresentano il popolo, ma gli oligarchi e le loro
multinazionali. Il programma neoliberista è davvero molto semplice:
sciogliere gli stati nazionali per privatizzare del tutto le loro funzioni.
Finché un governo mondiale (privato) non sarà implementabile, si può
semplicemente trasformare gli stati-nazione in gusci vuoti. Questo
programma costituisce una riappropriazione pari pari del fascismo come
lo definì ed attuò Mussolini, dal 1922-1925, sulle basi della dottrina
economica di Vilfredo Pareto: l'impresa privata è, per definizione, molto
più efficiente dello stato. Poi vennero simili politiche naziste nel 1934-
1937, che subirono solo una leggera obsolescenza dal 1944 al 1972 (i
“Trent’anni Gloriosi").
Di fatto, Hayek, il paladino del neoliberismo, stabilì molto chiaramente, e
questo già dal 1944, la strategia da adottare: solo una graduale
infiltrazione delle istituzioni civili e politiche consentirà la distruzione della
minaccia comunista e della sua quinta colonna. Vent'anni dopo, il 30
settembre 1965, raggiunse i suoi fini con il colpo di stato di Suharto, che
costò la vita a oltre un milione di comunisti (alcuni parlano di 3 milioni di
esecuzioni arbitrarie), e permise una prima implementazione del
dispositivo neoliberista. Era in un certo senso la copia del rovesciamento
di Allende da parte di Pinochet, perpetrato l'11 settembre 1973.

Il fenomeno della sostituzione dei governi con le multinazionali è stato


individuato e studiato molto presto, tra gli altri, da Stephen Hymer (1960)
e David C. Korten (1995). È diventato evidente con la politica di
integrazione europea e, soprattutto, con la proliferazione di trattati e altri
partenariati transatlantici per il commercio e gli investimenti (come il
"Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti").

È, inoltre, il filo conduttore della letteratura "cyberpunk", il cui


rappresentante più famoso è senza dubbio Philip K. Dick (1955), che ha
fornito gli scenari per Blade Runner (1982), Total Recall (1990), Minority
Report (2002), ecc.

2.3. Tutto si è quindi deciso nel 1968-1973: lo svelamento delle


problematiche globali come il loro successivo occultamente, vale a dire,
da un lato, la consapevolezza della crisi mondiale che poteva essere
evitata solo rinunciando al capitalismo industriale e finanziario; e,
dall'altra, la riappropriazione dell'agenda politica da parte di questi ultimi
attraverso figure come Suharto e Pinochet, e poi M. Thatcher (1979), R.
Reagan (1981) e Helmut Kohl (1982). (Si dovrebbe anche menzionare il
lavoro di sabotaggio effettuato da Pompidou, eletto alla presidenza
francese nel 1969, e la breve speranza instillata da Sicco Mansholt alla
Commissione europea nel 1972-1973).

3. Totalitarismo fascista digitale


“Se vuoi un'immagine del futuro, immagina uno stivale che schiaccia
una faccia umana – per sempre.” (Orwell 1949)
A monte della completa corruzione del corpo politico e dei suoi mezzi di
comunicazione ed appendici scientifiche, abbiamo trovato la crisi del
capitalismo finanziario e la volontà degli oligarchi di rimodellare
fondamentalmente la democrazia (rappresentativa) di mercato. A valle,
scopriamo, non sorprendentemente, un nuovo totalitarismo fascista,
molto più pernicioso dei suoi antenati del XX secolo, perché digitale.

3.1. Il "totalitarismo" designa il sistema politico che pretende di gestire


tutte le dimensioni della vita cittadina, pubblica e privata. Niente gli deve
sfuggire, di diritto come di fatto. Il "fascismo" è un totalitarismo di destra,
cioè progettato da e per gli oligarchi.

3.2. La storia del totalitarismo fascista è presumibilmente nota; si riduce


alla presa del potere da parte degli oligarchi industriali e finanziari
attraverso l'intermediazione di un capro espiatorio più o meno illuminato
(che consente ai mandanti di evitare ogni responsabilità se la faccenda
va a finire male). Dal 1921 l'estrema destra progredì ovunque in Europa:
in Italia (Mussolini salì al potere nel 1922), in Francia (con la creazione
nel 1922 della Sinarchia, seguita poi dalla Cagoule), in Germania (la
Nationalsozialistische Deutsche Arbeiterpartei, in gestazione dal 1918,
fu fondata nel 1920; Hitler scrisse il Mein Kampf nel 1924; fu pubblicato
nel 1925), Salazar stabilì la sua dittatura nel 1932-1933 e Franco iniziò
la guerra civile già nel 1934. Dal 1967 al 1974, ci sarà anche la dittatura
dei colonnelli in Grecia. (Vedi, ad esempio, Lacroix-Riz 2006)

3.3. Siamo ormai da molti anni in una configurazione totalitaria, vale a


dire che un sistema, un'ideologia, pretende di gestire tutti gli aspetti della
nostra vita: la tecnoscienza costituisce un tale sistema; il capitalismo,
ribattezzato neoliberismo, è un tale sistema; la globalizzazione è un tale
sistema; lo stato di emergenza permanente radicato nella guerra al
terrorismo sancito nel 2001 era stata l'ultima svolta.

La vera-falsa emergenza sanitaria del 2020 è il pretesto (nel senso di N.


Klein) utilizzato per spogliare definitivamente le persone dei guadagni
sociali e politici concessi loro dopo il 1945. Colpisce quindi i paesi in
modo diverso a seconda che siano sviluppati o meno. Nei paesi ricchi si
tratta di distruggere le conquiste sociali e di allineare la popolazione; nei
paesi poveri è all'opera una logica neocoloniale. Così, mentre l'epidemia
stagionale è ormai finita, misure restrittive (sempre più) assurde
prolungano il terrore in nome della sicurezza.

3.4. Tra gli strumenti per comprendere le sfide del totalitarismo digitale,
troviamo i concetti di conformismo ed atomismo, che si sono imposti sin
dagli inizi della rivoluzione industriale e della democrazia
rappresentativa, ed erano stati delineati già da Saint-Simon (1803) e
Tocqueville (1835).

L'era termoindustriale è quella delle macchine, cioè quella della


standardizzazione dei prodotti e dell'organizzazione scientifica del
lavoro. Mentre lo strumento dipende dalla morfologia umana, la
macchina richiede che il lavoratore si adatti al suo meccanismo. Il potere
della macchina è quindi il potere del conformismo: a monte, il lavoratore
deve essere calibrato, addomesticato, gestito come una risorsa; e, a
valle, il consumatore deve accettare la standardizzazione del suo stile di
vita, dei suoi gusti alimentari, dei suoi vestiti, delle sue idee, dei suoi
desideri, ecc. I rendimenti di scala sono commisurati alle speranze di
pochi e alla disperazione di tutti gli altri.

Il conformismo si manifesta quindi nell'infantilizzazione e


nell'indifferenziazione delle persone, nella depoliticizzazione dei cittadini
e nella standardizzazione dei consumatori, tratti questi che costituiscono
preziose museruole per paralizzare i corpi ed anestetizzare la mente.

D'altra parte, l'atomismo costituisce il fondamento del liberalismo


(Mandeville 1714, prima di Smith 1776); equivale a rompere ogni
solidarietà e mantenere accesa la guerra di tutti contro tutti, a volte
chiamata competitività.

Sigillando l'alleanza tra capitalismo e tecnoscienza, la rivoluzione


industriale stabilisce i due principi fondamentali del capitalismo
globalizzato, l'atomizzazione degli individui con il pretesto di liberarli e la
loro conformità al fine di progettare il migliore di tutti i mondi possibili. In
altre parole, le condizioni che rendono possibili la cultura, che sono
quelle della vita autentica, vengono negate due volte. Da un lato, il
conformismo sostituisce l'individuazione (da non confondersi con
l'individualismo); dall’altro, l'atomismo sostituisce la solidarietà. Tuttavia,
senza solidarietà, è impossibile individualizzarsi, cioè farsi carico del
proprio destino, andando oltre le contingenze della propria nascita; e,
senza individuazione, la solidarietà resta lettera morta.

Questa doppia negazione è tuttavia resa accettabile da una spettacolare


inversione (anche nel senso di Guy Debord) dei poli pubblico e privato:
l'atomismo (cioè l'assenza di solidarietà) è scambiato per libertà, e il
conformismo (cioè assenza di un progetto personale) è scambiato per
solidarietà (tutti vogliono la stessa cosa). Otteniamo, in breve, la guerra
dei cloni, di coloro che mostrano i loro culi (calibrati) in pubblico, e
parlano di politica (neoliberista) in privato. Le conseguenze sono radicali:
infantilizzazione, deculturazione, depoliticizzazione, dissociazione,
Terrore (1792, precisamente all'epoca in cui Sade scrive), vale a dire
paralisi da angoscia.

3.5. La transizione al totalitarismo digitale può essere intesa come la


trasformazione della società disciplinare (Foucault 1976) in società di
controllo (Deleuze 1990).

L'era termoindustriale è quella della meccanizzazione e delle relative


istituzioni disciplinari: famiglia, scuola, chiesa, caserma, fabbrica,
ospedale, manicomio, carcere, casa di riposo. Tutti (o la maggior parte
di) questi luoghi di reclusione fisica (ma anche mentale) possono essere
vantaggiosamente sostituiti da un sistema più flessibile di controllo
mentale (ma anche fisico): il digitale. La tecnologia - e in particolare i
dispositivi associati al 5G - permette oggi una totale sorveglianza
panottica: tracciamento di tutto il traffico internet (“big data”) e di ogni
movimento fisico (geolocalizzazione), scomparsa delle transazioni in
contanti, arresti domiciliari (telelavoro, e-learning, acquisti online,
teleconsulti) ecc.

Il totalitarismo digitale spinge ancora di più la sinergia tra conformismo


ed atomismo sostituendo tutto ciò che era rimasto umano - e quindi
corporeo, immediato, qualitativo e casuale - con meccanismi virtuali,
mediati, quantitativi ed algoritmicamente determinati. Non c'è persona
più conformata di quella che dipende interamente dalla tecnologia
digitale per vivere; Né c'è persona più atomizzata. Inoltre, la psicosi
igienista istituisce un nuovo puritanesimo che richiede una vita senza
contatto. Dopo aver usufruito della carne del mondo, il tecnocapitalismo
intende sfruttare senza scrupolo alcuno anche la carne umana (Weber
2017 e 2018).

4. Conclusione

Si deve quindi comprendere che la crisi del Covid-19 non è sanitaria ma


politica e che nessuna delle misure liberticide fin qui adottate è
scientificamente fondata. Al contrario, essa mette in luce la completa
corruzione del corpo politico e dei suoi galoppini mediatici e scientifici e,
più in particolare, la loro fedeltà ai poteri forti della finanza internazionale
e al loro progetto totalitario. La crisi è sia il sintomo del fallimento della
democrazia rappresentativa, sia il prodromo del ritorno di un governo
che rispetta solo i diritti del capitale. Ancor più di Orwell (1949), è Terry
Gilliam (1985) che viene in mente a chiunque cerchi di contrastare
quest’incubo politico di assurdità finzionale.

Queste evidenze si trovano molto precisamente nell'intervento di A.


Penasse (che, dopotutto, ha dato prova di grande contegno), quando ha
chiesto, il 15 aprile 2020, “quale legittimità democratica c'è nel prendere
certe decisioni quando la maggior parte dei membri che decidono e
pensano fanno parte delle multinazionali e dal mondo della finanza?”

Il capitalismo è essenzialmente cleptocratico e totalitario. Lo sviluppo


che si sta delineando nella gestione della crisi del Covid-19 rivela la
corruzione di tutti gli attori mediatici e lascia intravedere chi, fino ad ora,
era rimasto nell'ombra. Se la popolazione rimane confinata al terrore,
niente potrà opporsi all’instaurazione del regime più barbaro di tutti i
tempi. Se essa si sveglia, non solo verrà revocato il regno dell'angoscia,
ma non sarà più possibile nemmeno reprimerla con la forza (le “forze
dell'ordine" sono comunque parte del popolo, e la loro fedeltà non è mai
acquisita una volta per tutte). L'ultima opzione degli oligarchi sarebbe a
quel punto, come al solito, il genocidio. Tutte le guerre del ventesimo
secolo sono state prima di tutto guerre condotte dall'aristocrazia e
dall'alta borghesia contro le masse dei poveri.

Resta la questione di capire perché i cittadini accettano di essere


maltrattati dai "leader politici". Perché accettano di sottomettersi ad un
potere perverso? La risposta sta nell'analisi del rapporto che il predatore
impone alla sua preda. Specifichiamo in due parole le modalità che sono
state individuate nell'ambito dell'incesto, della logica dei campi di
concentramento, o di quella che fu definita tardivamente (1973) la
sindrome di Stoccolma.

C'è un legame vitale tra il predatore e la sua preda: è il predatore che


nutre la preda, è lui che gli offre una storia per inquadrare la sua
sfortuna, è lui che, a volte, fa un gesto che sembra benevolo. La preda
quindi rifiuta istintivamente di aprire gli occhi al meccanismo predatorio.
Ferenczi (1932) lo ha capito bene: il bambino traumatizzato, fisicamente
e psicologicamente più debole, essendo indifeso, non ha altra possibilità
che identificarsi con l'aggressore, sottomettendosi alle sue aspettative o
ai suoi capricci, anche per prevenirli, e alla fine anche trovare qualche
soddisfazione in loro. Amare il tuo carnefice, dal quale dipendi
fisicamente, simbolicamente ed emotivamente, diventa una condizione
di sopravvivenza, ma anche una trappola psicotica.

Nel caso che ci riguarda: poiché questa servitù volontaria offre dei
vantaggi che ci si può ancora permettere e delle speranze che si
vorrebbero mantenere, la maggior parte dei cittadini crede di poter
continuare, dopo la "reclusione forzata", a confondere i sogni con la
realtà. Piuttosto, dovranno scegliere tra sogno e incubo.

Ognuno ha la sua conclusione, la mia è presa in prestito da Gramsci:


sono pessimista con l'intelligenza, ma ottimista con la volontà.
Pessimista perché, nel caso in esame, stiamo semplicemente
assistendo ad un'accelerazione della tendenza totalitaria di una società
tecnocratica nel contesto di una crisi sistemica globale individuata già
nel lontano 1968. Se ci chiediamo in quale direzione si svolgerà questo
movimento , basta interrogare il pilota: a parte il breve intermezzo
sovietico, la tecnica è sempre stata pilotata dai capitalisti (la “grande
borghesia”). Storicamente, il totalitarismo capitalista prende il nome di
fascismo o, meglio, nazismo. (Hitler non era Mussolini.) Ottimista
perché, come scrisse V. Hugo prima di Che Guevara: "Niente è più
imminente dell'impossibile" (1862).

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