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METABOLISMO DEGLI AMMINOACIDI

Come avviene la digestione e l’assorbimento delle proteine? Le proteine sono delle grandi molecole
caratterizzate dal legame peptidico e dai 70 ai 100 g derivano dalla dieta, mentre noi abbiamo un pull di
enzimi che consentono la produzione endogena (sintesi proteica). Le proteine (differentemente dai
carboidrati) non hanno una digestione preintestinale (cioè nel cavo orale i polimeri dei carboidrati
cominciano ad essere frammentati), quindi esistono degli enzimi che degraderanno questi enzimi,
consideriamo che il legame peptidico è molto forte e planare e viene distrutto solo se le proteine vengono
messe a bollire oppure vengono messi in condizioni di pH estremo. Ma quando noi introduciamo le
proteine con la dieta l’unica possibilità per degradarle è la presenza di enzimi che riconoscono il legame
peptidico e che li tagliano andando proprio a riconoscere gli amminoacidi che vi partecipano, questi enzimi
si chiamano Peptidasi (che sono proprio gli enzimi all’interno del lume intestinale che degradano le
proteine).

Quindi le proteine, una volta che sono soggette all’attività catalitica degli enzimi proteolitici, vengono
frammentati in singoli amminoacidi (al massimo oligopeptidi). Gli amminoacidi poi troveranno dei
trasportatori specifici nelle cellule intestinali che consentiranno il trasporto all’interno, ci saranno poi altri
trasportatori che garantiranno il passaggio di questi amminoacidi nella porzione abluminale (quella volta
verso il sangue). Di proteasi, o peptidasi, ce ne sono di vario tipo:

-Proteasi gastriche;

-Proteasi pancreatiche;

-Proteasi intestinali;

Certamente la parte più cospicua è quella secreta dal pancreas, l’unica proteasi gastrica è la pepsina che è
una endopeptidasi (una di quelle proteasi che vanno a tagliare le proteine al centro, non nella parte
amminoterminale o carbossiterminale). Le proteasi pancreatiche più importanti sono invece la tripsina,
chimotripsina, elastasi e la carbossipeptidasi (che sono delle endopeptidasi) di tipo A e B (che è l’unica
esopeptidasi che idrolizza i legami peptidici in posizione carbossiterminale delle proteine).

Pepsina  Proteasi secreta dalle cellule dello stomaco sotto forma di zimogeno (proteina inattiva), quindi
le cellule principali dello stomaco producono pepsinogeno che viene riversato nel lume gastrico dove trova
un ambiente acido (a causa dell’alta concentrazione di idrogenioni che vengono prodotte dalle cellule
parietali) e la pepsina si attiva.

Le stesse cellule dello stomaco producono muco che protegge la parete gastrica dall’autodigestione.
Esistono diversi tipi di cellule presenti nello stomaco che svolgono differenti funzioni digestive:

1) Le Cellule principali secernono pepsinogeno che è attivato a pepsina nell’ambiente acido del lume dello
stomaco;

2) Le Cellule parietali producono nello stomaco ioni idrogeno, che sono secreti da una pompa ATP
dipendente localizzata nella membrana luminale di queste cellule;

3) Le Cellule che secernono istamina stimolano la secrezione delle cellule parietali;

4) Le Cellule G secernono l’ormone gastrina la cui secrezione è stimolata dall’arrivo del cibo nello stomaco.

Le cellule dello stomaco inoltre secernono anche il fattore intrinseco (IF) che facilita l’assorbimento della
vitamina B12, e secernono il muco che è alcalino e protegge la parete dello stomaco dall’effetto dell’acido.
Da cosa è garantita questa concentrazione di idrogenioni intragastrica? Da una serie di pompe che vanno in
superficie delle cellule gastriche e producono ioni idrogeno. Tutti gli enzimi della digestione (tripsina,
chimotripsina, elastasi e carbossipeptidasi), così come i fattori della coagulazione, vengono prodotti dalle
cellule dell’intestino sotto forma di zimogeni.

Come entrano gli enzimi all’interno della cellula intestinale? Vi ricordate come entrava il glucosio? Il
glucosio, così come il galattosio entrava attraverso meccanismo sodio-mediati, cioè entrava in cotrasporto
con il sodio, questo perché in tutte le cellule del nostro corpo (anche le cellule intestinali) la concentrazione
di sodio è mantenuta molto bassa dalle pompe, quindi anche per quanto riguarda l’ingresso degli
amminoacidi dentro la cellula intestinale, questo ingresso è garantito dal gradiente di sodio, cioè
l’amminoacido che si trova nel lume intestinale viene fatto entrare all’interno dell’enterocita attraverso un
meccanismo secondo gradiente di concentrazione sodio-mediatico. E allora sembra che gli amminoacidi
vengano assimilati senza bisogno di energia, ma questa energia viene spesa lo stesso nella porzione
abluminale della cellula intestinale quando poi le concentrazioni di sodio vengono ristabilite e ripristinate
basse.

Così come il glucosio, gli


amminoacidi entrano attraverso un
meccanismo sodio-mediato, poi
ovviamente per ogni tipo di
amminoacido, nella porzione
abluminale dell’enterocita ci sarà un
uniporto che riconoscono gli
amminoacidi e li portano verso i
microvasi che irrorano l’intestino.

Intolleranza al glutine  Dovuta al fatto appunto che questa proteina del grano non viene riconosciuta e
non viene idrolizzata, addirittura si accumula nelle cellule dell’epitelio intestinale danneggiandolo perché è
molto antigenico, cioè crea nell’organismo intollerante una reazione anticorpale molto forte che va a quasi
a distruggere le cellule intestinali che hanno legato il glutine che non viene idrolizzata e non viene garantito
l’ingresso.

Andiamo a vedere come la cellula può controllare il contenuto di alcune proteine. Non tutte le proteine
all’interno della cellula sono sempre utilizzate, quindi la cellula va a degradarle ed esistono vari siti di
degradazione, molto controllati, delle proteine. Sicuramente tra i vari siti di degradazione delle proteine,
quello meno controllato è quello lisosomiale cioè i lisosomi sono quei vacuoli citoplasmatici che
contengono un pull di enzimi degradativi che attraverso meccanismi di fagocitosi racchiudono tutto quello
che deve essere degradato e lo vanno a distruggere. Quindi la degradazione lisosomiale è un momento
importante attraverso cui la cellula controlla il proprio contenuto proteico intracellulare.

Ma esiste un meccanismo molto più controllato chiamato meccanismo ubiquitina-proteasoma. In pratica


abbiamo all’interno di tutte le cellule una proteina che si chiama Ubiquitina che è una proteina che si
attacca alla proteina che deve essere degradata, quindi tutte le proteine che all’interno del metabolismo
cellulare non servono più vengono attaccate a questa ubiquitina. Ma quindi se l’ubiquitina è un segnale di
morte, chi esegue la sentenza all’interno della cellula? la esegue una struttura anch’essa proteica (che ha la
forma di un grande barile, tantissime sono le proteine che lo costituiscono) all’interno della quale la
proteina condannata entra e viene completamente idrolizzata e il meccanismo usa energia per svolgere
questa azione.
Quindi sono importanti i momenti di digiuno e deficit
energetico perché in questo modo la cellula non può
nemmeno distruggere tutti quegli enzimi di cui non ha più
bisogno. Questo è molto importante nella ricerca tumorale
perché sarebbe vantaggiosissimo attaccare la/le proteine
malate (es. p53 malata) all’ubiquitina e farla entrare nel
proteasoma.

Quindi qual è il destino di questi amminoacidi liberi una


volta che noi abbiamo assimilato gli amminoacidi e che
sono entrati nel circolo sanguigno e che entrano poi in
tutte le cellule attraverso meccanismi di trasporto
facilitato. E sicuramente gli amminoacidi dalle cellule
vengono impiegati per la sintesi proteica. Ma gli
amminoacidi in eccesso, che non vengono utilizzati per la
sintesi proteica, vengono metabolizzati a scopo energetico.

Degradazione degli amminoacidi


Adesso parliamo della degradazione di questi amminoacidi. Come questi amminoacidi
vengono usati per ottenere energia? Noi abbiamo 23 amminoacidi e hanno una
struttura comune: c’è l’atomo di carbonio centrale (chirale) al quale si legano sempre
3 sostituenti che sono l’atomo di idrogeno, un gruppo amminico ed uno carbossilico,
tutta la restane parte legata all’atomo di carbonio è il famoso R radicale che
differenzia un amminoacido dall’altro.

Sicuramente gli amminoacidi servono a formare le proteine nella sintesi proteica, ma ci sono dei momenti
in cui gli amminoacidi in eccesso vengono impiegati e catabolizzati per ottenere energia. Per quanto
riguarda il destino catabolico degli amminoacidi noi dobbiamo considerare che fine fanno gli atomi di
carbonio e che fine fa il gruppo amminico (perché il gruppo amminico che è presente in tutti gli
amminoacidi deve avere un destino particolare)?

Non è semplice staccare un gruppo amminico da un amminoacido, però nel catabolismo degli amminoacidi
questo avviene. Il gruppo amminico è ammoniaca fondamentalmente e questa libera nel sangue non ci può
stare perché può causare dei danni (reversibili se presente in piccole concentrazioni e per pochissimo
tempo) perché attacca principalmente il SNC. Quindi il nostro organismo ha strutturato un pull di sistemi
enzimatici che hanno il compito di non far circolare libera l’ammoniaca nel nostro circolo ematico, ma
sempre legati ad una molecola al fine di non avere variazioni di pH.

Quindi quando parliamo del destino degli


amminoacidi dobbiamo dividere il destino
dell’ammoniaca e il destino degli scheletri
carboniosi, perché ai fini di ottenere energia gli
amminoacidi saranno degradati e la parte
carboniosa sarò ridotta in CO2, o convertiti in
glucosio, o convertiti in AcetilCoA, o corpi
chetonici.
Gli amminoacidi sono stati suddivisi in 2 grandi categorie:

Glucogenici  Più ampia, sono quelli che possono essere impiegati nel fegato nei momenti di digiuno (o di
patologia) per implementare la sintesi di glucosio, e quindi sono amminoacidi che in qualche modo
entrano, trasformandosi in intermedi, nel ciclo di Krebs;

Chetogenici  Meno ampia, creano AcetilCoA e acetoacetato, sono detti così perché proprio nella loro
degradazione vengono ad essere trasformati in acetoacetato o in AcetilCoA che formano poi alla fine i corpi
chetonici.

Quindi gli amminoacidi nella loro degradazione vengono utilizzati o nel fegato in senso gluconeogenetico o
in senso chetogenetico.

Destino del residuo azotato


Gli amminoacidi che vie possono prendere relativamente alla rimozione del gruppo amminico, cioè come
viene rimosso il gruppo amminico? Tramite uno di questi processi:

-Transaminazione;

-Deaminazione ossidativa  Gli enzimi che la supportano sono:

1) Glutammato deidrogenasi; 2) L-Amminoacido ossidasi; 3) D-Amminoacido ossidasi.

-Deaminazione non ossidativa  Gli enzimi che la supportano sono:

1) Serina deidratasi; 2) Treonina deidratasi; 3) Cisteina desulfidrasi; 4) α-Deaminasi.

-Decarbossilazione.

Transaminazione
Già il prefisso trans ci fa capire che qualcosa passa da una
molecola all’altra. Tutti gli amminoacidi (tranne 3) vanno
incontro alla rimozione del gruppo amminico che non è
definitiva, perché questo gruppo amminico viene tolto da un
amminoacido e attaccato su un’altra molecola, quindi non viene
buttato con le urine (questo processo si chiama
transaminazione). Prendiamo un amminoacido qualunque, in
seguito a questo processo di transaminazione che viene
catalizzato da enzimi detti Transaminasi (oppure
amminotranferasi), perde il gruppo amminico. E una volta che
perde il gruppo amminico si trasforma nel corrispondente α-
chetoacido.

Ma dove va a finire questo gruppo amminico? Esiste una molecola che è accettore universale di tutti i
gruppi amminici che è anch’esso un chetoacido che si chiama α-chetoglutarato (che è un intermedio del
Krebs) e si trasforma in glutammato, un normale amminoacido. Allora cosa succede? Che nel momento in
cui gli amminoacidi stanno per essere degradati ed intraprendono la via della perdita del gruppo amminico,
la prima reazione a cui vanno incontro è una reazione di transaminazione.
Quindi cosa accade nel flusso generale del nostro organismo? Gli
amminoacidi perdono il gruppo amminico, lo danno all’α-
chetoglutarato che ricevendolo diventa glutammato e solo dopo,
in un secondo momento lo perderà definitivamente (e questo
sarà il gruppo amminico che andrà a costruire la nostra urea). La
reazione del glutammato che perde il gruppo amminico avviene
prevalentemente a livello epatico. Quindi ogni amminoacido una
volta che perde il gruppo amminico si trasforma in un α-
chetoacido.

Un coenzima tipico della transaminazione è la Transaminasi piridossalfosfato, cioè le transaminasi hanno


una parte prostetica e non proteica che si chiama piridossalfosfato e grazie ad esso riesce ad operare la
catalisi. L’urea viaggia nel sangue (perché la reazione di transaminazione avviene solo nel fegato) sempre a
determinate concentrazioni e trasporta il gruppo amminico senza alterare il pH ematico. Le diete
iperproteiche non fanno altro che appesantire il fegato e poi i reni (perché poi devono filtrarla) perché
l’urea viene sintetizzata a livello epatico.

Quindi il glutammato, nel fegato, grazie all’azione del glutammato deidrogenasi (attraverso una reazione di
deaminazione ossidativa) si trasformerà nuovamente in α-chetoglutarato e definitamente il gruppo
amminico sarà rilasciato dalla molecola.

Quali sono i 3 amminoacidi che non transaminano? La Prolina, Lisina e Treonina. Questi 3 amminoacidi non
hanno meccanismi di transaminazione perché ovviamente ogni amminoacido avrà una sua transaminasi.
Tra queste però ce ne sono 3 particolarmente importanti. Quindi abbiamo visto che esiste la coppia
amminoacido  α-chetoacido corrispondente, perché quando l’amminoacido transamina si trasforma nel
suo α-chetoacido corrispondente.

Quando transamina il glutammato si trasforma in α-chetoglutarato, quando l’aspartato transamina si


trasforma in ossalacetato e quando transamina l’alanina si trasforma in piruvato. E guarda caso stiamo
parlando di 3 molecole che hanno a che fare con il Krebs, quindi ci rendiamo conto che c’è una grande
connessione tra il ciclo di Krebs e il catabolismo degli amminoacidi perché riceve i chetoacidi che si formano
in seguito alle reazioni di transaminazione.

Allora le transaminasi sono importanti anche da un punto di vista diagnostico, sono fondamentali quando ci
andiamo a fare le analisi di routine e il dottore pensa che possiamo avere un appesantimento epatico,
durante le analisi di laboratorio a digiuno prelevano il sangue, isolano il siero e su di esso vanno a vedere
quante transaminasi ci sono, quelle utili alla diagnostica sono l’AST (o GOT) e l’ALT (o GPT). AST sta per
aspartato transaminasi, GOT per glutammato ossalacetato transaminasi, ALT per alanina transaminasi e
GPT per glutammato piruvato
transaminasi. È vero che le
transaminasi sono da correlate alla
funzionalità epatica, perché il fegato
è l’organo principe del metabolismo
glucidico, lipidico e proteico. Ma una
di queste non è una transaminasi
epatica ma da miocardio.

Come funzione l’AST (GOT)?


L’aspartato reagisce con l’α-
chetoglutarato e questa transaminasi crea l’ossalacetato e il glutammato.
Come funzione invece l’ALT
(GPT)? L’alanina transamina l’α-chetoglutarato diventando piruvato e il gruppo amminico passa all’α-
chetoglutarato diventando glutammato. Questa è la reazione che troviamo nel ciclo dell’alanina.

Allora vediamo qual è il


cofattore, è vero queste
transaminasi mediano queste
reazioni, ma da sole non
riuscirebbero a fare questa
catalisi se non fossero legate
ad un importantissimo
cofattore che è il
Piridossalfosfato. Il
piridossalfosfato si aggancia
alla transaminasi, lega la
serina (stiamo facendo
l’esempio della serina) gli
stacca il gruppo amminico,
dopodiché la serina verrà
rilasciata e si trasformerà nel
corrispondente α-chetoacido,
mentre questo gruppo amminico verrà portato all’α-chetoglutarato trasformandolo in glutammato.

La piridossina (quindi questo importantissimo coenzima delle transaminasi) è un derivato della vitamina B6
(quindi quando per astemia ci consigliano tutta una serie di vitamine, considerate che la vitamina B6 è
importante perché è il precursore poi del piridossalfosfato). Il glicogeno fosforilasi ha un coenzima come il
piridossalfosfato. (da sapere bene queste reazioni di transaminazione).

Le transaminasi nella quotidianità vengono dosate per affezioni epatiche, la AST è una transaminasi
tipicamente del miocardio ed è uno di citolisi, significa che sono enzimi che tipicamente stanno nel
citoplasma della cellula e quando essa riceve un danno allora la cellula si rompe e fa uscire gli enzimi che la
caratterizza, infatti nel siero in seguito ad infarto del miocardio si eleva dopo 8-12h (raggiungendo il picco a
23-48h e normalizzandosi dopo 4-7 giorni). E quindi non serve solo a capire se l’individuo che arriva al
pronto soccorso ha un episodio di infarto, ma quando gli aumenti di AST superano di 100 volte rispetto ai
normali, allora in questo caso è una discriminante la concentrazione di AST nel siero, vuol dire che non è
infarto del miocardio ma affezione epatica. ALT, tipica del fegato, poiché ha a che fare col piruvato, in effetti
nell’epatite virale ha sovrapponimenti molto importanti sull’AST.
Deaminazione ossidativa
In questo caso il gruppo amminico non viene preso per essere spostato ad un’altra molecola, ma viene
completamente tolto. Tra questi enzimi studiamo la Glutammato deidrogenasi che opera il distacco
definitivo del gruppo amminico dal glutammato (dopo che l’aveva ricevuto per transaminazione) e lo dirige
verso la sintesi dell’urea. L’enzima che opera questa reazione di deaminazione ossidativa è chiamato
glutammato deidrogenasi, e nell’ambito di questa reazione rientra anche una molecola di NAD che viene
ridotta (per questo motivo viene detta deaminazione ossidativa).

In effetti questa reazione dal glutammato a α-chetoglutarato vede la


formazione di un intermedio (detto iminoglutammato) perché non
avviene tutto nello stesso momento, prima il glutammato viene
ossidato, poi viene totalmente deaminato. È una reazione, in alcuni
territori del nostro organismo, reversibile. Quindi il glutammato
deidrogenasi può operare al contrario solo in determinati distretti e
solo a determinate condizioni, ma in questo caso è un momento molto
importante perché toglie l’α-chetoglutarato da un Krebs per formare
glutammato e quindi il Krebs che vede rallentata la propria velocità deve essere particolarmente
attenzionato.

Quindi vediamo la reazione al contrario del glutammato


deidrogenasi: l’α-chetoglutarato vede incorporato il gruppo
amminico e si trasforma in glutammato e quindi se prima era una
deaminazione ossidativa, questa è amminazione riduttiva.
Attenzione, la reazione al contrario non è mediata dal NADH, ma
dal NAD fosfato, anche questo un meccanismo di regolazione del
glutammato deidrogenasi quando opera al contrario. Ovviamente
questa reazione se la può permettere la cellula quando è in surplus
energetico, perché una cellula che catalizza una reazione di questo
tipo, vede rallentare il Krebs perché l’α-chetoglutarato viene utilizzato per la sintesi del glutammato.

l’incorporazione dell’ammoniaca mediante questa reazione dell’α-chetoglutarato è una reazione che non
può superare certi limiti senza alcun pregiudizio energetico da parte della cellula. se la cellula vede
rallentato il Krebs perché massive quantità di α-chetoglutarato vengono prese per l’incorporazione con
l’azoto, vuol dire che la cellula o è in buono stato energetico o ha bisogno di questa reazione per togliere
azoto dai cheni per incorporare ammoniaca in qualche modo.

È una reazione molto controllata (quella al contrario) perché è una reazione che avviene generalmente
molto spesso in determinate patologie a livello cerebrale. Il cervello vive l’ammoniaca malissimo perché
intasa la neurotrasmissione, quindi c’è obbligo da parte della cellula neuronale di togliere i gruppi amminici
quanto più possibile, e un modo rapido per toglierli è proprio l’incorporazione di questi gruppi amminici
sull’α-chetoglutarato. Infatti l’intossicazione da ammoniaca porta a letargia, convulsioni, sonno, è proprio
perché viene intaccato il sistema nervoso (perché i neuroni vedono rallentati fortemente i loro cicli di
Krebs) e quindi non ha più energia. Quindi questa è una reazione basilare del nostro organismo che
normalmente avviene verso la formazione di glutammato, ma quando avviene in particolari condizioni è
particolarmente regolata.

Andando a riprendere tutto abbiamo che tutti gli amminoacidi (tranne 3) vanno incontro a
transaminazione, poi il glutammato prende il gruppo amminico che andrà a formare l’urea. Tutto questo
enorme processo viene detto Transaminazione.
Decarbossilazione
Quindi abbiamo visto che l’amminoacido va incontro o alla rimozione del gruppo azotato oppure va in
contro ad una reazione di decarbossilazione (quindi l’amminoacidi perde il carbossile). Decarbossilazione
vuol dire andare a togliere il carbossile, quindi esistono tutta una serie di decarbossilasi che sono
piridossalfosfato dipendenti (lo stesso coenzima che faceva parte della molecola enzimatica delle
transaminasi, fa parte anche degli enzimi decarbossilasi, quindi è importantissima la vitamina B6).

L’istamina per esempio deriva dall’amminoacido istidina dopo


che esso è andato in contro ad un processo di
decarbossilazione.

Oppure il GABA (che deriva dalla decarbossilazione del glutammato se esso non perde il gruppo amminico)
che è un neurotrasmettitore
importantissimo perché se
non ci fosse saremmo tutti
soggetti a crisi epilettiche
perché è una sorta di freno a
mano della neurotrasmissione. Esistono tutta una serie di molecole che si formano all’interno delle nostre
cellule che permettono la trascrizione di alcuni geni (es. spermina importantissima per la formazione di
spermatozoi).

Destino del gruppo amminico


Abbiamo visto che un’esigenza del nostro corpo è quella di eliminare il gruppo amminico dagli amminoacidi
che noi chiameremo ammoniaca. Dove se ne va il gruppo amminico? Le 4 mete sono:

-Sintesi del glutammato;

-Sintesi della glutammina;

-Sintesi del carbamilfosfato;

-Sintesi dell’alanina.

Sintesi del glutammato


Allora, la prima reazione che abbiamo già visto: in seguito ai processi di transaminazione l’α-chetoglutarato
(accettore universale) accettava l’attacco del gruppo amminico e diventava glutammato. Quindi in un
secondo momento, il glutammato sarà soggetto all’attività catalitica del glutammato deidrogenasi, si parla
di amminazione riduttiva ad opera del NAD fosfato che trasforma l’α-chetoglutarato in glutammato e anche
la reazione inversa. Si formava quindi per transaminazione il glutammato e poi il distacco definitivo del
gruppo amminico dal glutammato consentiva la formazione futura dell’urea. E quindi il distacco è dovuto
all’attività del glutammato deidrogenasi che ripristinerà le concentrazioni di α-chetoglutarato.

Sintesi della glutammina


Oppure dove se ne va questo gruppo amminico? Va a ricaricarsi nuovamente nella molecola del
glutammato per formare un ulteriore amminoacido che si chiama glutammina. L’enzima che catalizza
questa reazione si chiama glutammina sintetasi. La glutammina per tanto è un vettore di atomi di azoto
molto importanti tanto è vero che nella
biosintesi delle purine, pirimidine e degli
amminoacidi interviene proprio la glutammina
come donatore di atomi di azoto.

NB: quindi quelli che sono l’α-chetoglutarato,


glutammato e glutammina sono 3 molecole
(con il medesimo scheletro carbonioso) che
però contengono un numero differente di
gruppi amminici (in sequenza 0-1-2).

Il glutammato deidrogenasi ha un’attività


reversibile che determinerà il distacco definitivo del gruppo amminico che andrà a sintetizzare urea.

Quindi la glutammina sintetasi andrà a creare glutammina a partire dal glutammato (reazione ATP
dipendente) e a questo ci agganciamo per parlare dell’effetto di un’importante attività enzimatica:
glutamminasi che degrada la glutammina ripristinando glutammato e ammoniaca ed è un’attività
importantissima nel rene perché grazie a questa si ha il controllo del pH.

Allora andando a riassumere il destino


del gruppo amminico abbiamo che la
maggioranza dei tessuti produce
glutammina che viene captata a livello
epatico dove utilizzerà il gruppo
amminico portato dalla glutammina per
formare urea. Il muscolo anch’esso è un
donatore di gruppi amminici soprattutto
sottoforma di alanina anch’essa
attraverso il ciclo dell’alanina viene
captata dal fegato. Il ciclo dell’alanina si
ha quando c’è un’intensa attività fisica, viene bruciato gran parte del glicogeno muscolare e quando si
arriva ad un 30% di residui di glicogeno muscolare ecco che il muscolo produrrà piruvato e da questo verrà
prodotto lattato o alanina che viene trasportata attraverso il ciclo ematico al fegato che poi attraverso il
processo della gluconeogenesi si avrà nuovamente sintesi di glucosio da ritrasportare nel sistema ematico.

Ciclo dell’urea
Ma adesso andiamo a vedere come si forma l’urea. Quindi abbiamo visto che tutti gli amminoacidi (tranne
3) transaminano nell’accettore universale α-chetoglutarato che si traduce in glutammato e poi l’attività
enzimatica del glutammato deidrogenasi distaccherà definitivamente il gruppo amminico che servirà per la
sintesi del carbamilfosfato. Quando si parla di sintesi del Carbamilfosfato si sta facendo riferimento alla
prima reazione del ciclo dell’urea.
Cosa vuol dire carbamilfosfato? Questa
importante molecola che si forma all’interno dei
mitocondri epatici (perché il ciclo dell’urea è
principalmente epatico) vede la condensazione
di uno ione bicarbonato che reagisce con una
molecola di ATP (viene attivata dal residuo
fosfato terminale) si formerà per tanto
carbonilfosfato e solo in questo momento verrà
incorporata ammoniaca (che deriva dalla
reazione del glutammato deidrogenasi) si
formerà carbammato e grazie ad una molecola di
ATP si formerà carbamilfosfato.

Quindi la sintesi del carbamilfosfato avviene nella matrice mitocondriale dopodiché reagisce con una
molecola termina del ciclo (Ornitina), condenserà con essa e formerà Citrullina. Un trasportatore della
membrana mitocondriale interna farà uscire la citrullina e ad essa verrà condensato un amminoacido:
L’aspartato, che porterà il secondo gruppo amminico (che ritroveremo poi in seguito nella molecola
dell’urea). L’aspartato per tanto entra nel ciclo dell’urea, condensa con la citrullina e si avrà la formazione
di una grandissima molecola che si chiama Argininsuccinato, il quale verrà scisso in 2 e da una parte si
formerà Fumarato e dall’altra Arginina. Adesso un importantissimo enzima chiamato Arginasi tramite
l’impiego di una molecola di acqua scinderà dall’arginina l’urea per ripristinare ornitina pronta per essere
nuovamente condensata con il carbamilfosfato all’interno del mitocondrio.

Così abbiamo ottenuto la molecola dell’urea che ha 2 gruppi amminici: uno di derivazione del glutammato e
uno che deriva dall’amminoacido aspartato. È una molecola che noi abbiamo di default nel circolo ematico
ma che grazie al circolo ematico senza variare il pH del nostro sangue arriva a livello renale dove sarà
escreta attraverso la filtrazione che verrà poi mandata in vescica con formazione poi di urina. Una molecola
importante che si forma nel ciclo dell’urea è il Fumarato (che abbiamo incontrato nel ciclo di Krebs).

Perché i livelli elevati ematici di ione ammonio sono tossici? Alcuni sintomi sono: letargia, sonno, vomito,
coma e danni cerebrali irreversibili. Un cervello che pesca in un liquido interstiziale, dove è alta la
concentrazione di ione ammonio, è un cervello che inizia a soffrire poiché si alcalinizza tutto, quindi è un
danno irreversibile per il neurone che cerca di rimuovere questi gruppi amminici introducendo il gruppo
amminico sull’α-chetoglutarato (è l’attività opposta del glutammato deidrogenasi che vede appunto
l’incorporazione di questo gruppo amminico sull’intermedio del Krebs) ecco perché in queste condizioni il
cervello è affaticato tanto è vero che si arriva al coma e danni cerebrali irreversibili fino a quando poi i
sistemi tampone del nostro organismo iniziano ad essere attivati (questa brutta patologia si chiama
Encefalopatia da ammoniaca).

Regolazione ciclo dell’urea


È un po’ complessa la regolazione del ciclo dell’urea, diciamo quindi che a lungo termine sicuramente una
dieta che presenta un alto contenuto proteico non fa altro che indurre proprio la trascrizione degli enzimi
del ciclo dell’urea, per cui ovviamente più proteine mangiamo, più urea creiamo e più urea si avrà nelle
urine. Infatti si dice che una dieta iperproteica affatica il fegato e i reni, infatti viene utilizzata per perdere
peso in maniera differente (quando la normale dieta non funziona) e non deve superare determinati archi
temporali perché è vero che si affatica molto il fegato (i mitocondri epatici lavorano per produrre urea) e i
reni (l’urea andrà a formare l’urina). Ovviamente dobbiamo considerare anche che in una condizione di
digiuno prolungato, aumenta notevolmente la degradazione delle proteine muscolari, questo significa un
aumento di produzione di urea in modo esponenziale.

Quindi nel fegato troviamo sia il ciclo


dell’urea che il ciclo di Krebs, legati dal
fumarato e dall’aspartato. Vediamo che il
ciclo dell’urea in questo caso possiamo dire
che sostiene la gluconeogenesi epatica
attraverso questi 2 intermedi.

L’esigenza di eliminare i gruppi amminici non


è solo tipica dei vertebrati terrestri, ma anche
dei vertebrati acquatici che hanno anche loro
bisogno di eliminare questo azoto, solo che i
vertebrati acquatici eliminano direttamente
lo ione ammonio senza bisogno del ciclo
dell’urea. Uccelli e rettili non producono
urina, ma una comprensione solida che è
l’acido urico (che è un grasso) che è una molecola piena di gruppi amminici.

Importantissimo sapere che dall’arginina (quindi dal ciclo dell’urea) si forma anche, attraverso un enzima
che si chiama NOS (ossido nitrico sintasi), un importante gas. L’arginina forma direttamente citrullina
grazie alla NOS quindi è un enzima fondamentale che in seguito a questa reazione si formerà ossido nitrico
che è considerato un secondo messaggero. Abbiamo già parlato di amminoacidi chetogenici e glucogenici,
le transaminasi e tutto questo metabolismo del gruppo azotato sostiene sia il processo chetogenico (perché
dagli amminoacidi si formano anche ossalacetato, aspartato ecc..) che glucogenico (poiché sostengono
anche il ciclo di Krebs nella formazione del glucosio).

RIASSUMENDO TUTTO: gli amminoacidi entrano nel nostro organismo attraverso la dieta o la sintesi
endogena di proteine. Nel loro metabolismo gli amminoacidi transaminano, cedono il gruppo amminico
all’α-chetoglutarato che si trasformeranno nei corrispettivi chetoacidi (tranne quei 3) mentre l’α-
chetoglutarato si trasformerà in glutammato. Grazie all’attività enzimatica del glutammato deidrogenasi si
avrà il distacco definitivo del gruppo amminico che andrà a supportare il ciclo dell’urea. Il gruppo amminico
verrà utilizzato anche per attaccarlo al glutammato nella formazione di glutammina (che è un altro
importante veicolo di gruppi amminici nel nostro organismo).
Amminoacidi a catena ramificata
Gli amminoacidi ramificati (BCAA  Branched-chain aminotransferase) spesso vengono
usati come integratori. Quali sono gli amminoacidi a catena ramificata? Sono la Valina,
l’Isoleucina e la Leucina. Perché vengono detti a catena ramificata? Come vedete hanno in
comune un atomo di carbonio al quale sono legati 2 gruppi metilici o altro.

Sapete che il tessuto muscolare scheletrico contiene più del 40% delle proteine totali di tutto
il corpo e nel muscolo scheletrico gli amminoacidi più importanti da un punto di vista
funzionale sono proprio questi 3 amminoacidi a catena ramificata, ma perché? Innanzitutto
perché vengono utilizzati per produrre energia e poi perché sono i principali donatori di
gruppi amminici. Il fegato stranamente non possiede le transaminasi per questi
amminoacidi, però li possiede il muscolo, significa che il muscolo “intende fare tutto da sé”,
transaminare e gestire il gruppo amminico che deriva proprio dai BCAA. Infatti le
transaminasi specifiche di questi amminoacidi sono presenti nel mitocondrio del muscolo
(soprattutto quello scheletrico).
Mentre esiste nel nostro organismo una serie di transaminasi epatiche e miocardiche (GOT),
solo nel muscolo ci saranno le transaminasi per questi 3 amminoacidi, che ovviamente
andranno in contro a reazioni di transaminazione analoga a quella che abbiamo visto,
tramite l’accettore universale α-chetoglutarato che diventa glutammato e questi 3 amminoacidi si
trasformeranno nei rispettivi α-chetoacidi. L’isoleucina sarà tradotta in 2-cheto-metilvalerato, la leucina in
2-cheto-isocaproato e la valina in 2-cheto-isovalerato.

Quindi vanno a transaminare con l’α-chetoglutarato nel muscolo, si formano questi 3 α-chetoacidi che
attraverso il circolo sistemico arrivano al fegato dove subiranno la decarbossilazione ossidativa con l’α-
chetodeidrogenasi e si formeranno questi prodotti: AcetilCoA (che si utilizza nel Krebs), acetoacetato (uno
dei 3 corpi chetonici che viene utilizzato nei tessuti extraepatici al fine anch’esso di ottenere energia) e
Propionil-CoA (che è una molecola a 3 atomi di carbonio che abbiamo visto nella β-ossidazione degli acidi
grassi a catena dispari).
Ma perché accade questo? Cioè si ha la
transaminasi a livello muscolare perché in
questo modo il muscolo non perde di vista dei
gruppi amminici, un azoto preziosissimo che
serve a tanti scopi. Quindi il ciclo generale è tra
questo muscolo e fegato  la dieta ci da questi
BCAA che noi non riusciamo a sintetizzare,
entrano nel muscolo (perché il target principale
è il tessuto muscolare scheletrico), vengono
transaminati, si formeranno i chetoacidi
corrispondenti che saranno utilizzati nel fegato,
mentre il glutammato (che deriva dalla reazione di transaminazione) ovviamente consentirà la formazione
di glutammina che sarà esportata dal muscolo.

Quindi la strategia è questa: viene impedito al gruppo


amminico di questi amminoacidi di essere inviati al ciclo
dell’urea, ma di rimanere nell’ambito del muscolo per far
parte di glutammina. Non perdete di vista che il muscolo
è quindi il principale produttore di alanina e glutammina,
che sono i principali Caronte dei gruppi amminici che
possono servire per la sintesi di purine e pirimidine, di
altri amminoacidi ecc...

Possiamo dire però che è vero che gli atleti utilizzano


molto questi amminoacidi a catena ramificata, ma la loro assunzione deve essere assolutamente
controllata. È assolutamente assurdo prenderli in modo spropositato, anche perché gli α-chetoacidi che si
formano in seguito alla loro transaminazione nel muscolo sono fortemente tossici, quindi la loro
produzione deve essere assolutamente controllata.

È stato dimostrato che l’utilizzo di questi amminoacidi durante l’attività fisica aumenta e attraverso un
meccanismo molto complesso (che tocca anche il metabolismo del triptofano), è stato dimostrato che
l’assunzione di questi amminoacidi prima dell’attività fisica diminuisce il senso di fatica e anche il dolore
muscolare.

Quindi i cicli della glutammina e dell’alanina sono molto importanti e sono sostenuti dall’attività muscolare:
alanina captata dal fegato per la gluconeogenesi e la glutammina che viene prodotta dal muscolo e che va
in tutti i tessuti come fonte di azoto, il muscolo quindi contribuisce molto nella creazione del materiale
genetico perché le basi azotate hanno appunto l’azoto. Diciamo che l’utilizzo di questi amminoacidi dal
muscolo comincia ad avvenire quando abbiamo raggiunto la soglia della glicogenolisi al di sotto del 35%-
50%, significa che il glicogeno si è frammentato quasi completamente ed il muscolo comincia ad attivare il
metabolismo degli amminoacidi a catena ramificata per sostenersi in termini di energia.

Non dimentichiamo che ovviamente una dieta che si basa sui carboidrati prima dello sforzo, riduce il rischio
di degradazione delle proteine muscolari (questo appunto deve essere evitato quando introduciamo prima
dell’attività fisica carboidrati).

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