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LETTERATURA ITALIANA – 06/10/15

Le diverse edizioni critiche


Fino al 1999 l’unica traduzione critica della biografia dantesca era La Vita Nuova a cura di M. Barbi
(1907- prima edizione) + (1932- seconda edizione); Essendo la più venduta e di conseguenza la più
venduta è conosciuta come vulgata.
Guglielmo Gorni pubblica l’edizione critica edita dalla Oscar Mondadori (1999).
Esistono differenze in termini di organizzazione e disposizione delle note. Il Barbi divide l’opera in
42 parti definite capitoli. Gorni invece, risalendo ai primi manoscritti del quattrocento e ai
commenti più antichi, riporta la suddivisione all’originaria dimensione: 31 parti dette paragrafi
(secondo la definizione dello stesso Dante). Ogni paragrafo contiene un testo poetico (31 paragrafi
= 31 poesie). Stando all’edizione Gorni l’intera opera può essere suddivisa, in modo più ampio, in 3
novene (gruppo di nove paragrafi) + 3 paragrafi. Le prime due novene trattano di Beatrice in vita,
l’ultima insieme ai tre paragrafi sciolti sono composti in morte di Beatrice.
Dal punto di vista lirico l’opera (ricordiamoci che la Vita Nova è un prosimetro) denota un evidente
evoluzione in tre periodi: nelle prime novene troviamo l’influenza dei trovatori occitanici e dei
rimatori siculo toscani, sostituita poi dalle Nuove Rime (stile puramente originale di Dante); dopo
la seconda novena si ha l’anticipazione al futuro capolavoro della Commedia.
Il vero significato di Vita Nova
a) Indica la vita giovanile (secondo la visione fornitaci da Dante nel Convivio 4, 24 delle età
dell’uomo);
b) Indica la vita rinnovata (rispetto ad un evento sacrale, dopo il contatto col Sacro);
c) Indica la vita poetica giovanile (ipotesi sostenuta da quanto affermato da Dante nel primo
paragrafo→ spedisce ai rimatori della propria terra (città) le sue prime composizioni in
cerca di approvazione e consiglio;
Il nome di Beatrice (fine comma 3, paragrafo 1)
La chiamavano Beatrice senza rendersi conto del significato del nome (Beatrix = portatrice di
beatitudine); secondo la norma del NOMINA CONSEQUENTIA RERUM tutti la chiamavano, per la
sua gentilezza, Beatrice senza sapere che quello fosse il suo vero nome; la chiamavano Bice senza
sapere che questa abbreviazione contenesse come radice il nome Beatrice.
Lancia, nella seconda metà del trecento, indaga sulla reale identità della musa dantesca: esistono
dati anagrafici riguardanti una certa Bice Portinari, figlia di Folco e moglie di Simone de Bardi,
contemporanea di Durante degli Alegheri. CONSULTARE CAP. VII- G. INGLESE
L’Autobiografia di Dante
1)Nella biografia dantesca nulla è intenzionalmente inesatto (ovvero quasi tutto si rifà alla realtà
storica dei fatti) →si tende a prendere per vero quanto Dante racconta nei suoi scritti (es. si crede
che sia nato sotto il segno dei Gemelli perché lo specifica nella Commedia…)
2)Nell’autobiografia dantesca il personaggio Dante manipola le vicende dell’autore Dante.
Gli incontri con Beatrice → sia Dante che Beatrice, all’epoca del loro primo incontro, si trovano nel
nono anno d’età. Beatrice si presenta vestita di colore sanguigno (presagio di sventura= morte
della donna amata); fin da subito Dante percepisce di essere diventato schiavo d’Amore.
9 anni dopo Beatrice ricompare in abito bianco (simbolo di purezza, candore celestiale…); il
rapporto con Dante avviene attraverso:
a) Lo sguardo, come tramite del sentimento amoroso (si veda G. Cavalcanti, Tu che per li
occhi mi passasti il core) tipico della lirica trobadorica; in Dante lo sguardo diventa veicolo
di beatitudine (es. in Paradiso Dante ha un assaggio della luce celeste negli occhi di
Beatrice);
b) Il saluto, non più semplice gesto di cortesia, diviene fonte concreta di salvezza ( dal latino
Salus: salvezza).
Divergenza fra prosa e sonetto

PROSA SONETTO
Amore pronuncia poche parole intellegibili; Non se ne parla minimamente nella poesia
Dante percepisce solo “Ego Dominus Tuus”
Beatrice appare nuda e dormiente fra le Nel sonetto la nudità è omessa
braccia di Amore
Beatrice è avvolta in un drappo sanguigno Non c’è traccia del drappo sanguigno
Amore tiene in mano una “cosa” ardente che Fin dall’esordio Dante dice “meo core in mano
dà in pasto a Beatrice che la mangia tenea”
dubitosamente. Solo alla fine si rivela essere il
cuore di Dante.
Amore ascende al cielo. Amore semplicemente se ne va.

Molto probabilmente Dante adatta l’evento al sonetto; oppure ha voluto inserire forzatamente la
poesia nell’opera, dovendosi poi soffermare ad adattare la prosa al sonetto già scritto in un
periodo precedente. Nasce così l’ipotesi (assai probabile) che la Vita Nova sia il frutto di un
assemblaggio di testi già composti.
De Robertis si è accorto che alcuni testi inseriti nella Vita Nova compaiono con minime variazioni
fra le Rime (composizioni dantesche non inserite in alcun corpus).
Non esistono dati concreti descritti: non si accenna al nome del protagonista, le date non sono
espresse con precisione, i luoghi sono generici ed appena accennati→ solo gli abiti di Beatrice
acquistano “colore”, anche se con un marcato valore simbolico.
Nel secondo incontro con Beatrice gli unici luoghi appena delineati sono la via cittadina in cui
Dante scorge l’amata e il “solingo luogo di una mia camera” → rappresenta il luogo prediletto di
meditazione, forse ripreso dalla tradizione della prosa introspettiva mutuata da Ezechiele ed
Agostino d’Ippona.
“A ciascun’alma presa e gentil core “ è indirizzata ai trovatori di quel tempo (chiamati Fedeli
d’Amore); costituisce l’inizio di un gioco letterario molto diffuso fra i letterati del Trecento :
prevedeva l’invio di sonetti ad altri letterati, i quali erano tenuti a partecipare al dibattito
rispondendo con una composizione lirica legata tematicamente e stilisticamente al componimento
originale. Da qui l’italiano comune: rispondere per le rime.
Dante fornisce testimonianza di tutto ciò alla fine del primo paragrafo ed all’inizio del secondo.
Stando alla testimonianza di Dante molti gli rispondono senza però riuscire a chiarire la sua
visione; fra costoro vi è Guido Cavalcanti, il migliore fra gli amici dell’Alighieri.
Storicamente sappiamo che risposero a Dante 3 letterati del tempo:
a) Cino da Pistoia
b) Guido Cavalcanti
c) Dante da Maiano
Mentre i primi due insistono sulla visione tradizionale cortese-stilnovistica dell’Amore e del
rapporto fra gli innamorati, Dante da Maiano interviene con un testo giocoso e burlesco,
incentrato sul tema del rovesciamento dei valori, caro ai trobadori.
Di ciò che stato sei dimandatore. - Sonetto di risposta per le rime (abba, abba; cdc, cdc) di Dante da
Maiano al primo della Vita Nuova. Al Maianese il sogno di D. appare una sorta di delirio, causato dalla
passione d'amore morbosa, con motivato sospetto di ‛ farnetico '; donde l'esortazione ad abbondanti
lavaggi dei genitali, per estinguerne i cattivi ‛ vapori ', e l'intenzione di mostrare a un medico l'urina di D.
per la diagnosi. Già il Carducci vide nel sonetto il virulento attacco della vecchia scuola poetica contro il
giovane rivale e vincitore; come poi, in sostanza, il Santangelo. Per il Barbi, invece, il suo tono
volgarmente canzonatorio rientra nell'uso delle tenzoni. Il Nardi non vi ritrova nulla di sgarbato o di
volgare; il Maianese risponde come avrebbe risposto un medico del Duecento, dato che lo strano sogno
può derivare da una grave infermità ‛ melancolica ', secondo la medicina del tempo. Ma il carattere
burlesco del sonetto è proprio in questa diagnosi seriosa, compiuta nel pieno rispetto dal formulario
medico
LETTERTURA ITALIANA – 07/10/15
I Fedeli d’Amore
Nel primo paragrafo della Vita Nova, Dante conclude l’esposizione col sonetto “A ciascun’alma
presa e gentil core” indirizzandolo a coloro che definisce Fedeli d’Amore. Erroneamente
considerati una setta di natura esoterica, in realtà essi costituivano un gruppo di letterati e
rimatori volgari attenti alle tematiche amorose e dotati di “gentil core”, ovvero di animo puro ed
intelletto superiore. Ecco così contestualizzata l’apertura di saluto dantesca nel paragrafo I.
L’Esoterismo in Dante
Nella seconda metà dell’800 molti studiosi si concentrarono sulla ricerca di un messaggio esoterico
celato negli scritti danteschi. (“Oh voi ch’avete l’intellecti sani, mirate la dottrina che s’asconde
sotto il velame de li versi strani”). Fra i contributi più significativi ricordiamo il francese R. Guenon e
l’italiano Valli, secondo il quale esiste un segreto racchiuso nelle opere Dante.
Il secondo paragrafo della Vita Nova si apre con la testimonianza dello scambio lirico con gli altri
rimatori del tempo; Dante ci dice che nessuno ha realmente compreso il significato funesto della
visione descritta nel primo paragrafo (la scomparsa di Beatrice →NON la morte, poiché ella è un
miracolo sacrale, “uno nove”, ma una vera ascensione al cielo → ne consegue un incremento della
spiritualità dantesca nel contatto con un evento di tale portata.
Il Rapporto con Guido Cavalcanti compagno di vita poetica di Dante, con il quale l’Alighieri ebbe
diversi punti d’intesa nei primi anni di produzione artistica; Nonostante sia stato fondamentale
nella vita di Dante, Cavalcanti non viene mai nominato direttamente. Alcuni sostengono persino
che la Vita Nova sia dedicata all’amico Guido (a confermare l’ipotesi è la totale mancanza di
componimenti in latino all’interno dell’opera dopo l’esortazione di Cavalcanti affinché Dante li
ometta dalla stesura definitiva). Tuttavia si manifesta un’incrinatura dei rapporti fra i due (prima
professionale poi personale). La causa principale è l’abisso che separa le loro diverse concezioni
dell’Amore.

GUIDO CAVALCANTI DANTE ALIGHIERI


Filosofia averroistica: l’amore ha effetti Nuova concezione filosofica.
devastanti sull’individuo e sulla conoscenza.
Amore come sentimento doloroso che Amore come evento sacrale, terribile e
annienta il soggetto e gli occlude l’intelletto. meraviglioso che eleva l’individuo al cielo.
Chi è questa che vèn, ch’ogn’om la mira, 8. ch’ogn’altra ver’ di lei i’ la chiam’ira.
2. che fa tremar di chiaritate l’âre 9. Non si poria contar la sua piagenza,
3. e mena seco Amor, sì che parlare 10. ch’a le’ s’inchin’ogni gentil vertute,
4. null’omo pote, ma ciascun sospira? 11. e la beltate per sua dea la mostra. 12 Non fu
5. O Deo, che sembra quando li occhi gira sì alta già la mente nostra
6. dical’Amor, ch’i’ nol savria contare: 13. e non si pose ’n noi tanta salute,
7. cotanto d’umiltà donna mi pare, 14. che propiamente n’aviàn canoscenza

a) La visione di G. Cavalcanti del sentimento amoroso


La Rottura con Cavalcanti si riscontrano diversi sintomi del mutamento dei rapporti fra Dante e
Guido:
1- Nel paragrafo 15 della VN Dante vede avvicinarsi per strada la donna amata da Cavalcanti,
Monna Giovanna, rinominata Primavera; subito dopo giunge Beatrice. Dante procede
allora per allusioni: Amore rivela a Dante che l’epiteto Primavera si deve leggere PRIMA/
VERRA’→ è cioè l’antesignana di un nuovo tipo di donna, ovvero Beatrice. Dante è cioè
l’avanguardia mentre Guido è ormai retroguardia.
2- Dante rapporta monna Giovanna al Battista (profeta della venuta di Cristo), procedendo
per analogia Beatrice diventa l’immagine del Cristo. Si ragioni in merito→ GIOVANNA :
BEATRICE = G. Battista : Cristo = CAVALCANTI : DANTE
3- La dedica reticente all’amico Cavalcanti sembra l’ennesima prova della fine del rapporto, il
quale si conclude idealmente con la consegna della Vita Nova, intesa come nuova esistenza
poetica, priva dei rimandi precedenti.
4- Scambio letterario fra Dante “Donne, ch’avete l’intelletto d’Amore” e Cavalcanti “Donna
me prega perché io voglio dire” → visioni antitetiche di Amore e dei suoi effetti. ( ci si
domanda chi abbia iniziato lo scambio, Inglese pensa che l’opera più antica sia di
Cavalcanti).
5- Scambio letterario fra Dante “Guido, I vorrei che Tu, Lapo et Io” dove ci si immagina di
navigare su una nave incantata (secondo la tradizione del ciclo Arturiano) con gli amici e le
donne amate (p.s entra in scena una nuova amante di Dante, la 30° donna della sua
epistola in forma di sirventese annunciata nel secondo paragrafo) e Cavalcanti che
risponde con “S’io fossi quelli che d’Amor” dove il poeta si tira indietro dalla proposta di
Dante poiché oppresso dall’angoscia del sentimento d’amore.
6- Nella Commedia, Inferno, canto degli Eretici Dante incontra Cavalcante de Cavalcanti,
padre di Guido, il quale rimane stupito dall’assenza del figlio al fianco dell’Alighieri. La
risposta di Dante è rivelatrice: Guido non è presente perché disdegnò la meta finale del
viaggio e il metodo utilizzato per raggiungerla, ovvero la filosofia.
Tratti occitanici e modelli siculo-toscani nel II paragrafo della Vita Nova
Il paragrafo in questione presenta tratti riconducibili alla lirica provenzale: ciò è dovuto al
notevole afflusso di trovatori occitanici in Italia al concludersi della Crociata contro gli Albigesi
(1208 circa), la quale portò alla distruzione delle casate di Linguadoca.
I trovatori esuli trovarono rifugio in Veneto, precisamente a Treviso; Nel loro viaggio portarono
con sé lo stile, i metri e i modelli della lirica provenzale.
Il contatto con la Corte Federiciana (di Federico II di Svevia) diede origine ai rimatori della
Scuola Siciliana, quali Jacopo da Lentini detto il Notaro (perché come molti poeti dell’epoca
svolgeva come attività primaria nella corte la funzione del ministerium → burocrate ).
Essendo stato diretto il passaggio dalla tradizione cortese provenzale a quella propriamente
italica, molti testi di origine occitanica ci sono giunti tradotti in volgare siculo oppure in lingua
originale, composti e riadattati durante il soggiorno veneto. ( es. “Madonna dir vo voglio” di J.
da Lentini è la riproduzione in volgare di un omografo testo provenzale già noto).
Il passaggio alla terraferma fu rapido: la tradizione siculo-provenzale trovò largo seguito in
Toscana, specialmente a Firenze. I letterati che fecero parte di questa corrente furono definiti
Rimatori Siculo-Toscani, i quali ebbero in Guittone d’Arezzo e in G. Guinizzelli i massimi
rappresentanti.
Ne consegue che l’ambiente letterario in cui Dante Alighieri si forma è visceralmente collegato,
se non addirittura derivato dalla poesia trobadorica provenzale. Questo aspetto è visibile
nell’uso di terminologie e tecnicismi poetici tipici del genere:
a) Il senhal, un nome in codice che rappresentando una qualità, o la funzione della donna
amata ne sostituisce il reale nominativo, garantendo la segretezza dell’identità femminile.
Secondo il trattato De Amore di A. Cappellano, l’oggetto d’Amore va tenuto nascosto per
evitare di corrompere il sentimento puro e per sviare gli invidiosi e le malelingue
(lauzengiers) che minano all’idealità del rapporto. Nel secondo paragrafo Gorni suggerisce
la presenza di un senhal: il termine Bella Difesa che Dante affibbia alla prima delle sue
“donne schermo”.
b) La donna schermo una figura femminile di bell’aspetto, ma inferiore all’amata, usata come
specchietto per le allodole: la funzione della donna schermo è quello di sviare le malelingue
facendo credere loro che essa sia il vero oggetto del desiderio del poeta, proteggendo così
l’identità della reale donna amata. In Dante ne troviamo ben 2. La prima, introdotta nel
secondo paragrafo durante una funzione religiosa, si trova a metà strada fra lo sguardo del
poeta e quello di Beatrice.
c) Il ricorso al planh o compianto, un componimento tipico della poesia occitanica riguardante
i temi del distacco, della perdita (reso celebre in Italia da Sordello da Goito)

Il sonetto “O voi che per la via d’Amor passate” è un planh, poesia del compianto; Dante
sembrerebbe addolorato per la perdita di una donna amata (la “Bella Difesa”), e con rimpianto
pensa ai momenti di felicità. In realtà, con sottile ironia, Dante ci comunica ben altro: la felicità è
tutta rivolta all’amore per Beatrice, mentre il rimpianto è dovuto alla perdita della donna schermo,
la quale proteggeva la ben più preziosa identità dell’amata.
Come modelli del sonetto Dante non riscopre solo le tradizioni provenzali ma si serve anche delle
Lamentationes di Geremia.

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