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L’ ECONOMIA CIRCOLARE

“Niente è rifiuto, tutto può essere trasformato”

DALLA LINEARITA’ ALLA CIRCOLARITA’


Il modello di crescita economica che ha caratterizzato gli ultimi 150 anni di storia, si definisce
“economia lineare”, ovvero un’economia industriale, di mercato, basata sull’estrazione di
materie prime sempre nuove, sul consumo di massa e sulla produzione di scarto una volta
raggiunta la fine della vita del prodotto.
La continua estrazione e dismissione di materia ha causato effetti ambientali dannosi come
la contaminazione dei mari e della terra, il dramma dei rifiuti, oppure le emissioni di gas
serra responsabili del cambiamento climatico.
Il risultato di tutti questi anni di ricerche e sperimentazioni per un mondo più sostenibile è
confluito nel concetto di economia circolare, ovvero un modello di economia che riduce ed
elimina lo scarto, differenzia le fonti di approvvigionamento di materia e fa vivere più a lungo,
massimizzando il valore d’uso i prodotti di consumo.
DEFINIZIONE: «Un’economia progettata per ”auto-rigenerarsi”: i flussi di materiali sono di
due tipi: quelli di origine biologica, in grado di essere reintegrati nella biosfera, e i materiali di
origine tecnica, destinati per circolare all’interno di un flusso che prevede la minima perdita
di qualità».
Essa proviene dal lavoro della Ellen MacArthur Foundation, una delle realtà più attive nella
promozione di questo modello di sviluppo.
Inizialmente il concetto di circular economy nacque intorno agli anni Sessanta, sviluppandosi
con il termine “cradle-to-cradle”(dalla culla alla culla).

I TRE PRINCIPI FONDAMENTALI


1) Riscoprire i giacimenti di materia scartata come fonte di materia:
Si tratta dunque di prendere tutto quello che buttiamo, sia nel privato che nel mondo
industriale e reintrodurlo in cicli di produzione.
I nutrienti biologici non sono tossici e possono essere semplicemente compostati in
sicurezza.
I nutrienti tecnologici come i polimeri, le leghe e altri materiali artificiali sono progettati per
essere riutilizzati con un minimo uso di energia e per conservare il più alto livello di qualità,
considerando che il riciclaggio comporta comunemente una riduzione della qualità dei
materiali ed un loro ritorno in ciclo al punto più lontano del cerchio, come materia prima
grezza.
Esistono casi più virtuosi di riciclo in cui si deve parlare di “UPCYCLE”, ovvero quando lo
scarto assume un valore come nuova materia superiore a quello del prodotto nella vita
precedente.
2) Fine dello spreco d’uso del prodotto:
Magazzini colmi di macchinari in attesa di essere dismessi, scatoloni in cantina pieni di
vestiti con scarso valore affettivo inutilizzati, oggetti comprati e usati una volta l’anno. Un
ammortamento inutile di risorse il cui valore non è fatto fruttare.
La soluzione? Condividere con altri consumatori e creare processi commerciali dove invece
di possedere un oggetto lo si usa come servizio (Product-as-a-service).
3) Il terzo principio è fermare la morte prematura della materia.
Spesso a rompersi o guastarsi è solo una parte di un oggetto, mentre le restanti componenti
rimangono perfettamente funzionanti. Oppure è la moda a dichiarare morto un vestito o un
oggetto di design.
Patagonia, il noto produttore di vestiti sportivi, ha lanciato un progetto che si chiama Worn
Wear promuove in tutto il mondo la filosofia “riparare è bello”. Nei negozi e ad eventi dedicati
si può ricevere assistenza gratuita per la riparazione riducendo gli sprechi.

IN UE
Per ora non ci sono strategie governative che valorizzano il potenziale dell'economia
circolare, salvo che in Cina. Gli elementi di tali politiche devono essere orientati a: ridurre
l'incenerimento e lo smaltimento in discarica dei rifiuti, costruire resilienza sui materiali e
sulle risorse e creare nuove opportunità di lavoro; incoraggiare le imprese a sperimentare
l'economia circolare. Ci dovrebbe essere più di istruzione e formazione per le aziende per
aumentare la consapevolezza delle necessità, delle potenzialità e delle competenze per
l'economia circolare. Le aziende devono ripensare i loro modelli di business, adottare nuovi
sistemi di pensiero, riprogettare i loro prodotti e processi, e intraprendere la strada del
riutilizzo, del ricondizionamento e del riciclo; preparare nuovi progettisti, analisti e designer
di prodotto, inserendo gli insegnamenti nelle università e negli stage svolti presso le aziende;
incoraggiare la rigenerazione, il riutilizzo, la ridistribuire e lo sarin. È meglio riparare e
riutilizzare invece di buttare via.

IN ITALIA?
Cresce l’interesse delle imprese verso il modello economico a favore dell’ambiente, ma la
risposta pratica rimane ancora timida, collocando il mondo imprenditoriale italiano agli ultimi
posti in Europa per numero di casi concreti.
ECOMONDO
In Italia è stato allestito il salone della sostenibilità chiamato «Ecomondo» presso Rimini
Fiera dal 2017.
Durante la fiera sono stati lanciati:
● La piattaforma tecnologica nazionale del biometano
● Ecomondo è stata anche l'occasione per toccare con mano le innovazioni messe in
campo in tema di sostenibilità ed economia circolare. Come l'evoluzione del progetto
Cash for Trash, promosso da Eurven insieme al circuito di pagamento virtuale 2Pay
che permette di erogare agli utenti un “buono rifiuti” per la raccolta differenziata
effettuata.
● Sono state tante anche le start-up presenti tra cui GreenWolf, che si occupa di
riciclare in larga scala la lana di scarto.

MA QUALI SONO I LIMITI?


Adesso la transizione verso l’ economia circolare è sostenuta da un numero sempre
maggiore di iniziative ,tuttavia, persistono ancora delle barriere le quali impediscono una
realizzazione pratica e un’accettazione più ampia:
1. Alle imprese non possiedono spesso le conoscenze o le capacità di mettere in
pratica le soluzioni dell’economia circolare.
2. I sistemi, le infrastrutture e la tecnologia di oggi finiscono per bloccare l’economia in
un modello lineare.
3. Gli investimenti restano insufficienti, in quanto percepiti come rischiosi e complessi.
4. La domanda di prodotti e servizi sostenibili continua a essere bassa, in particolare se
questi implicano modifiche dei comportamenti.
5. Spesso i prezzi non rispecchiano il vero costo dell’uso di risorse ed energia per la
società.
6. I segnali politici per la transizione verso un’economia circolare non sono abbastanza
forti e coerenti.

FONTI
“Economia circolare” pdf docenti unimc-Maria Zifaro
“I fondamenti dell’economia circolare” Toni Federico, Fondazione per lo Sviluppo sostenibile

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