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controversie sono decise in camere di consiglio (giudizi camerali) e non in giudizi di cognizione
(giudizi contenziosi). La procedura di fallimento è curata dalla legge fallimentare r.d. n.267/1942, di
cui alcune disposizioni sono state abrogate. Altre procedure regolamentate nella L fallimentare è la
liquidazione coatta amministrativa, ove anche qui l’ autorità giudiziaria deve accertare lo stato d’
insolvenza. Dal D lgs n. 270/1999 e successivamente anche dalla L n. 39/2004 è stata disciplinata
una procedura alternativa al fallimento cioè l’ amministrazione straordinaria delle grandi imprese in
stato d’ insolvenza, applicabile alle imprese commerciali di grandi dimensioni. Ciò si svolge sotto la
vigilanza del ministero dello sviluppo economico, ed è diretta al risanamento dell’ impresa in crisi.

Capitolo secondo: la dichiarazione del fallimento

304. I presupposti della dichiarazione del fallimento.- Il fallimento per sussistere deve
comportare due presupposti:
1) presupposto soggettivo (art l. fall.): tale presupposto comporta che il fallito deve essere un
imprenditore commerciale e dunque sono esonerati i piccoli imprenditori, quelli agricoli e gli
artigiani. Sono piccoli imprenditori coloro che: a) che l’ attivo del loro patrimonio nel triennio
anteriore al deposito dell’ istanza di fallimento o dall’ inizio dell’ attività d’ impresa qualora abbia
data inferiore, non abbia superato in nessun esercizio 300000 euro, 2) che nel triennio non hanno
realizzato i ricavi lordi per un ammontare superiore a 200000 euro, 3) che non hanno un’
esposizione debitoria superiore a 500000 euro. Se viene disatteso uno dei seguenti principi, allora
saranno soggetti al fallimento. Il tribunale dichiara il fallimento con un’ apposita istruttoria
prefallimentare. La qualità d’ imprenditore commerciale è definita iuris tantum, con l’ iscrizione nel
registro delle imprese ma se è iscritto e non ha esercitato l’ impresa allora non è considerato come
tale.
Cessazione dell’ impresa e morte dell’ imprenditore. Può essere dichiarato fallito anche l’
imprenditore che si è cancellato dal registro delle imprese, entro un anno dalla cancellazione conla
pronuncia della sentenza.
Morte del fallito. Se l’ imprenditore è ancora vivo al momento della pronuncia della sentenza e
muore in seguito allora la procedura prosegue nei confronti dell’ erede anche se ha accettato con
beneficio d’ inventario. Se gli eredi sono più essi dovranno nominare un rappresentante tra di loro
stessi, e se ciò non è stato fatto, allora tale designazione viene fatta dal giudice.
2) presupposto oggettivo. L’ imprenditore deve ritrovarsi in stato d’ insolvenza. Tale caso ricorre
anche quando l’ attivo supera il passivo, ma per mancanza di liquidi l’ imprenditore non può pagare
i debiti, ovvero quando il passivo supera l’ attivo ma tramite altri mezzi imprenditore può pagare i
debiti allora non si ha insolvenza. Tale insolvenza può manifestarsi anche con la fuga o latitanza
ovvero con altri comportamenti fraudolenti dell’ imprenditore. Tale fallimento non può essere
dichiarato se esso non supera i trenta mila euro.

305. Iniziativa e competenza per la dichiarazione di fallimento. L’ istruttoria pre fallimentare.-


Il fallimento deve essere dichiarato su istanza dello stesso debitore, o su domanda di due o più
creditori o su richiesta del pm.
1) la domanda se presentata dal debitore deve essere corredata da: a) scritture contabili obbligatorie,
b) uno stato particolareggiato ed estimatorio delle attività, c) elenco dei creditori e dei rispettivi
crediti, d) indicazione dei ricavi per ogni esercizio, e) l’ elenco di coloro che sono titolari di diritti
reali e personali sulle cose in suo possesso.
2) anche la domanda del creditore deve essere presentata con ricorso alla cancelleria del tribunale,
3) deve presentare al tribunale istanza di fallimento il procuratore della repubblica, quando l’
insolvenza risulti in materia penale o da comportamenti fraudolenti dell’ imprenditore.
Competenza. La competenza alla dichiarazione è del tribunale della circoscrizione in cui ha la sede
principale dell’ azienda: tale tribunale è competente anche quando l’ imprenditore abbia spostato l’
azienda in un’ atra circoscrizione,nell’ anno anteriore alla dichiarazione di fallimento. Chi ha la sede

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principale all’ estero può essere condannato in Italia dal tribunale, ove si trovi la seconda sede
fondamentale dell’ impresa.
Istruttoria prefallimentare. Il procedimento per istanza di fallimento è regolato dall’ art 15 L fall. E
si svolge in rito camerale a seguito della presentazione e del deposito in cancelleria dell’ istanza di
fallimento. Il creditore istante deve notificare al debitore un decreto di presentazione entro 15 giorni
precedenti all’ udienza. Nella dichiarazione devono essere precisati i presupposti della dichiarazione
del fallimento e devono essere depositati in cancelleria i bilanci degli ultimi tre anni. il tribunale
procede all’ istruttoria prefallientare, attuando tutti gli accertamenti, ma provvedendo anche all’
emissione dei mezzi istruttori richiesti dalle parti e, per garantire l’ integrità del patrimonio possono
essere emessi determinati provvedimenti cautelari come i sequestri conservativi.

306. La sentenza dichiarativa. Gravami. Revoca del fallimento.- La sentenza dichiarativa del
fallimento, è pronunciata dal tribunale in camera di consiglio e depositata nella cancelleria. Dalla
data del deposito ricorrono gli effetti della sentenza, e il cancelliere forma il fascicolo che sarà
notificato al curatore, al comitato dei creditori ed al fallito, possono prendere visione anche gli altri
creditori e i terzi interessati.
Contenuto della sentenza. In essa: a) vengono nominati gli organi di fallimento, b) viene ordinato al
fallito di depositare i bilanci e le scritture contabili, c) viene stabilito il giorno dell’ adunanza dei
creditori, entro 120 giorni dal deposito della sentenza in cancelleria nel quale il giudice procederà
all’ esame del passivo, d) viene assegnato ai creditori il termine perentorio entro cui presentare in
cancelleria le domande per la loro insinuazione.
Pubblicità. Per l’ interesse generale che ha tale pronuncia essa non deve essere notificata solo ai
diretti interessati, ma anche a terzi tramite la pubblicazione nel registro delle imprese. Da tale
iscrizione decorrono gli effetti della sentenza nei confronti di terzi.
Reclamo della corte d’ appello. È il mezzo di gravame previsto dalla sentenza dichiarativa. L’
appello può essere proposto dal fallito a da qualsiasi interessato e si svolge sempre con rito
camerale. Il reclamo si propone con il ricorso alla cancelleria del tribunale, e deve essere fatto entro
30 giorni dalla sentenza per il fallito e per terzi entro 30 giorni dall’ iscrizione nel registro delle
imprese. Il presidente della camera di consiglio fissa con decreto l’ udienza di comparizione delle
parti assegnando al ricorrente un termine non superiore a dieci giorni per la notifica del ricorso e del
decreto di comparizione ai creditori, che dovranno presentare le loro memorie difensive. Il reclamo
non sospende l’ esecuzione della sentenza ma può solo sospendere temporaneamente la procedura
esecutiva. All’ udienza il collegio sente le ti in contraddittorio e raccoglie le prove e la decisione
avviene con sentenza. La sentenza che revoca il fallimento è notificata al curatore , al creditore, al
fallito. Se la prima sentenza era stata pronunciata da un tribunale incompetente si emana un
provvedimento per cui essa è trasferita al tribunale competente che ne predispone l’ esecuzione
nominando un giudice delegato.
Revoca del fallimento. In tale caso restano validi gli atti legalmente compiuti, le spese per
procedura ed il compenso del curatore sono liquidati dal tribunale; spese e compensi sono a carico
del creditore istante, se ha richiesto il fallimento ingiusto, o del fallito se per suo comportamento ha
dato causa al fallimento. Alla sentenza della corte d’ appello si può fare appello in cassazione
entro trenta giorni dalla notifica.

07. La relazione dell’ istanza di fallimento: reclamo in appello e rinvio al tribunale.- Se il


tribunale rigetta il ricorso al fallimento con decreto motivato e contro tale decreto possono fare
ricorso il creditore istante e il pm alla corte d’ appello la quale se lo ritiene valido ovvero crede che
si è in un caso di amministrazione straordinaria o altra procedura, rimanda gli atti al tribunale che
dovrà decidere sul fallimento. Se la corte d’ appello rigetta il reclamo la giurisprudenza ritiene
possibile un ricorso in cassazione.

Capitolo terzo: Gli organi del fallimento

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308. Considerazioni generali.- La procedura fallimentare ha questi scopi: a) sottrarre al fallito la


custodia del patrimonio, b) custodire ed amministrare il patrimonio, c) liquidare l’ attivo, d)
distribuire il ricavato della liquidazione tra i creditori del fallito. La legge attribuisce agli organi del
fallimento (tribunale fallimentare, giudice delegato, curatore e comitato dei creditori), una serie di
compiti per realizzare l’ amministrazione del patrimonio del fallito. Per far ciò devono essere
realizzati determinati atti che possono essere raggruppati in tali gruppi:
1) atti che hanno per scopo la risoluzione delle liti relative al patrimonio fallimentare;
2)atti di rinunzia a garanzie del patrimonio del fallito;
3) atti che hanno per scopo l’ incremento del patrimonio fallimentare.
Gli atti di straordinaria amministrazione vengono ad essere compiuti solitamente dal curatore
autorizzato dal comitato dei creditori. Se tali atti sono di un valore superiore a 50000 euro e per
ogni atto di transizione il curatore per compierli deve informare il giudice delegato, che deve
giudicare sulla regolarità. Il curatore inoltre per poter stare in giudizio sia come attore che come
convenuto ha sempre bisogno dell’ autorizzazione del giudice delegato, che deve essere data per
ogni giudizio.

309. Il tribunale fallimentare.- E’ quel determinati tribunale che si occupa della procedura
fallimentare e nomina nella stessa sentenza il giudice fallimentare, il curatore, il fallito. Egli giudica
su ogni procedimento che non è di competenza del giudice delegato, e i provvedimenti sono decisi
con decreto contro cui può essere fatto ricorso in corte d’ appello. Il tribunale deve decidere su tutte
le controversie che derivano dal fallimento in rito ordinario (contenzioso), e le sentenze possono
essere impugnate in appello.

310. Il giudice delegato.- Le attività che esso svolge possono essere divise in (art 25 L fall.) :
1)Attività d’ acquisizione dei beni del fallito posseduti da terzi che ne rivendichino la proprietà o
che ne vantino un diritto incompatibile con l’ acquisizione immediata, attività di accertamento dei
crediti
2) Attività di controllo dell’ opera del curatore e del comitato dei creditori che possono essere
convocati dal giudice nei casi definiti dalla legge, e provvede ai reclami fatti contro l’ attività del
curatore
3)Attività di preparazione di quella del tribunale, poiché egli deve riferire al tribunale ogni notizia.
4) attività di nomina del comitato dei creditori su proposta del curatore, e gli arbitri del fallimento.
5) Attività d’ autorizzazione di particolari atti amministrativi, come quelli alla continuazione
temporanea dell’ impresa del fallito, l’ autorizzazione della presentazione in giudizio del curatore o
come attore o come convenuto, e se occorre determina anche la revoca dei potenziali difensori
nominali del convenuto.
E’ infine compito del convenuto, liquidare i compensi e disporre la revoca degli incarichi alle
persone a cui sono stati conferiti dalla persona stessa del curatore nell’ interesse del fallito.
I provvedimenti da parte del giudice tutelare sono determinati tramite decreto, contro al quale si può
reclamare presso il tribunale, nel termine perentorio di 10 giorni dalla comunicazione o dalla
notifica. Se il provvedimento non è stato notificato, il reclamo può essere proposto entro 90 giorni
dal suo deposito in cancelleria. Anche la decisione sul reclamo viene presa in camera di consiglio, e
viene deciso dal tribunale con decreto motivato, non ricorribile in cassazione.

311. Il curatore.- Esso è scelto dal tribunale tra coloro che sono iscritti negli albi degli avvocati, dei
dottori o dei ragionieri commerciali o se di tali requisiti sono in possesso i soci, possono essere
nominati anche studi associati o società di professionisti, ma all’ atto di accettazione deve essere
designata la persona fisica responsabile della procedura (art 28 L fall). Il curatore entro i 2 giorni
successivi alla nomina deve fare pervenire al delegato l’ accettazione, altrimenti il tribunale designa
in camera di consiglio un determinato soggetto.

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Relazioni del curatore. Entro 60 giorni dalla dichiarazione del fallimento, il curatore deve
presentare al giudice una relazione particolareggiata sulle cause del fallimento precisando se questo
è dovuto dal fallito. La relazione del curatore deve essere depositata in cancelleria, e questo deve
consegnare ogni 6 mesi una relazione sull’ andamento del proprio lavoro, copia di tale rapporto è
trasmessa al comitato dei creditori che alla trattazione può aggiungere delle note e poi quindici
giorni prima della scadenza relazione e note saranno trasmessi al registro delle imprese (art 33 L
fall.)
Amministrazione. Il curatore compie gli atti di amministrazione su propria decisione e quelli di
straordinaria con l’ autorizzazione del comitato dei creditori, che se manca gli atti diventano
impugnabili. Anche se vi è l’ autorizzazione il curatore deve informare il giudice, ma se ciò non
accade allora, il curatore può essere revocato. Il curatore deve compiere personalmente, ma può
farsi autorizzare dal comitato dei creditori ad essere coadiuvato da altri tecnici per assistere il fallito.
Contro gli atti del curatore e gli assenzi o i dinieghi del comitato dei creditori possono agire il fallito
ed ogni terzo interessato per violazione di legge al giudice delegato, che decide con decreto
motivato, ed entro 8 giorni dalla comunicazione del decreto si potrà ricorrere al tribunale, che
decide entro 30 giorni con decreto non soggetto al reclamo. Contabilità. Il curatore deve tenere un
registro, preventivamente vidimato da un rappresentante del comitato dei creditori, ove saranno
registrate giorno per giorno le operazioni relative all’ ordinaria amministrazione. Le somme riscosse
a qualunque titolo dal curatore devono essere depositate presso un conto corrente a nome della
procedura fallimentare. Revoca. In ogni tempo il tribunale su richiesta del giudice delegato o del
comitato dei creditori può revocare la nomina del curatore per sostituirlo con un terzo, ciò accade
anche quando il curatore non versa entro 10 giorni le somme riscosse. Il collegio potrà valutare la
nomina di un soggetto indicato dai creditori (art 37-bis). Il curatore cessa dell’ ufficio e deve
presentare il rendiconto della gestione. Compenso. Su istanza del curatore stesso il tribunale gli
liquida il compenso con sommate anche le spese e le anticipazioni fatte. Non possono essere pretesi,
oltre a quelli liquidati altri rimborsi delle spese (art 39 l fal.).

312. Il comitato dei creditori.- Esso è nominato dal giudice delegato entro 30 giorni dal deposito
della sentenza di fallimento, sulla base delle risultanze documentali e in maniera da determinare la
rappresentanza di tutti (art 40 L fall). Dopo 10 giorni dalla nomina del comitato esso è riunito dal
curatore che provvede a scegliere il presidente, e dopo la chiusura possono essere designati altri
creditori al comitato. Il giudice delegato ha però il potere di modificare in qualsiasi momento la
composizione del comitato. Secondo la stesura originale della L fallimentare esso è solamente un
organo consultivo e i suoi pareri possono suddividersi in facoltativi (possono essere chiesti ma non
lo devono essere per forza), obbligatori (il parere è chiesto ma non deve essere rispettato per forza),
vincolanti (non solo devono essere chiesti ma devono essere anche vincolanti). Dalla riforma oltre
al parere per la continuazione dell’ impresa fallita, sono stati richiesti pareri in altri campi, proprio
perché in tali sono coinvolti gli interessi dei creditori. Si tratta di pareri di natura vincolante ad es l’
affitto dell’ azienda o anche il diritto di prelazione dell’ affittuario in caso di vendita dell’ azienda
ecc.. all’ originaria funzione consultiva, la riforma ha aggiunto un’ importante funzione di vigilanza
sull’ operato del curatore, in quanto al comitato spetta l’ ultima parola per la convenienza degli atti
che andrà a realizzare il curatore. Per l’ esercizio di tali funzioni il presidente convoca il comitato di
sua iniziativa o su proposta di un terzo del comitato stesso e il voto potrà essere esercitato anche per
via telematica. Ogni componente del comitato potrà ispezionare le varie scritture contabili. Ai
membri del comitato spetta il rimborso delle spese e può essere loro attribuito un compenso che
non superi il 10% di quello che sarà liquidato al curatore. Essi sono responsabili verso i liquidatori
se hanno cagionato danni durante il loro incarico. In caso di inerzia, impossibilità o altro al posto
del comitato risponde il giudice delegato.

Capitolo quarto: l’ apprensione delle attività fallimentari, le spese di amministrazione, l’


esercizio dell’ impresa

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313. L’ apprensione dei beni del fallito: apposizione e rimozione dei sigilli. Altri adempimenti
del curatore: elenchi dei creditori e bilancio.- Per effetto della sentenza il fallito è privato di tutti i
suoi beni che rientrano nella massa attiva, e dunque se egli li vende dopo la sentenza tale vendita,
diviene inefficace ope legis. Dopo l’ emissione della sentenza adesso i beni devono essere trasferiti
dal fallito al curatore con l’ apposizione dei sigilli che è realizzata dal curatore con l’ assistenza del
cancelliere del tribunale e per i beni che non si trovano nella stessa impresa o si trovano lontani
possono essere apposti i sigilli con l’ aiuto di coadiutori designati dal tribunale (art 84). Non
vengono posti sotto sigillo i beni di prima necessità e dunque quelli che servono all’ uso personale
del fallito e di coloro che abitano nella stessa casa. Devono invece essere consegnati: a) il denaro, b)
le scritture contabili, c) le cambiali ed altri titoli. Rimozione dei sigilli ed inventario. Anche in tale
caso il curatore è accompagnato dal cancelliere e determina l’ inventario dei beni tralasciando quelli
su cui verte un diritto reale o personale chiaramente riconoscibile, e quelli mobili che i terzi hanno
diritto a detenere in virtù di un titolo negoziale. Prima di chiudere l’ inventario il curatore invita il
fallito ad indicare se vi sono altri beni intimandogli che in caso di falsa affermazione o di omissione
commetterebbe un reato previsto dall’ art 220 L fall. Per gli immobili e gli altri beni registrati il
curatore deve notificare un estratto della sentenza agli uffici competenti perché sia annotata nei
pubblici registri. Però gli effetti della sentenza si hanno dall’ annotazione di questa sul registro delle
imprese e non dal momento della richiesta di annotazione. Se il curatore, pertanto non richiede nel
più breve tempo l’ annotazione della sentenza dichiarativa, la conseguenza sarà la responsabilità
per danni verso il terzo avente causa del fallito. Elenchi dei creditori e bilancio. In seguito alle
scritture contabili e delle altre notizie il curatore definisce l’ elenco dei creditori e di coloro che
vantano diritti reali o personali verso i beni del fallito. Se non è stato fatto, il curatore deve redigere
l’ ultimo bilancio d’ esercizio, o apportare delle modifiche all’ ultimo bilancio del fallito.

314. Anticipazione delle spese e patrocinio gratuito.- in base il D. lgs. 113/2002 le spese per l’
amministrazione fallimentare sono prenotate a debito o corrisposte dall’ erario che poi si rifarà sulla
liquidazione coattiva. Se il curatore deve stare in giudizio allora questo potrà accedere al patrocinio
gratuito salvo qualora le sue pretese appaiano totalmente infondate.

315. L’ esercizio provvisorio dell’ impresa del fallito.- Dall’ interruzione improvvisa dell’ impresa
può derivare un grave danno, tanto che il legislatore ha ammesso la possibilità della prosecuzione
dell’ impresa, previo parere vincolante del comitato dei creditori poiché la continuazione potrebbe
incidere fortemente sulla loro parte deducibile (creditori di massa). L’ esercizio dell’ impresa rimane
pertanto provvisorio, ma può essere bloccato con decreto motivato ad opera del comitato o del
tribunale, dopo aver sentito il parere obbligatorio del curatore e del comitato. Solo al momento della
cessazione dell’ impresa operano efficacemente gli effetti del fallimento (art 104 L fall.)

316. L’ affitto dell’ azienda del fallito.- Obbiettivo fondamentale del fallimento è la liquidazione
dei beni del fallito. L’ art 104 bis della L fall. ha determinato che per non perdere l’ avviamento, si
può concedere la possibilità dell’ affitto dell’ azienda o di parte della stessa. L’ affitto può essere
autorizzato dal giudice delegato sotto parere del comitato, ed il contratto viene stipulato per atto
pubblico o per scrittura privata dal curatore e poi registrato nel registro delle imprese. L’ affittuario
è scelto tra più soggetti in una gara alla pari tenendo conto anche della possibilità di non diminuire i
posti di lavoro e il curatore si riserva la possibilità di realizzare delle ispezioni per fornire ogni tre
mesi una relazione sull’ operato dell’ azienda e di poter recedere in un tempo minore da quello
previsto dal contratto stesso. Naturalmente il contratto offre la possibilità di eliminare il rischio per
l’ imprenditore che ricadrà sull’ affittuario. Il curatore se autorizzato dal giudice delegato in caso di
vendita dell’ azienda potrà attribuire un diritto di prelazione all’ affittuario stesso.

Capitolo quinto: gli effetti del fallimento: A) la massa passiva

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317. Crediti concorsuali e concorrenti.- Scopo della procedura fallimentare è la liquidazione di


tutti i creditori del fallito. I creditori, poiché hanno un diritto ad insinuarsi vengono detti creditori
concorsuali, e perché acquistino il diritto di partecipare alla ripartizione degli utili, vengono detti
creditori concorrenti. Hanno diritto ad essere ammessi anche i creditori, che vantano dei crediti che
ancora non sono scaduti, ma dopo la dichiarazione del fallimento, i creditori si ritengono tutti
parimenti scaduti. Partecipano al ricorso anche i creditori condizionali, ossia coloro che per far
valere i loro crediti hanno bisogno della realizzazione di un determinato obbligo principale. E
dunque loro potranno soddisfarsi solo dopo che l’ incertezza sul loro credito sarà sfatata. Coloro
che diventano creditori del fallito solo dopo la dichiarazione di fallimento possono solo soddisfarsi
dopo la fine della procedura fallimentare sui beni residui.

318. Il divieto delle azioni esecutive individuali.- Dal giorno della dichiarazione del fallimento,
nessun creditore del fallito, può in nessuna maniera iniziare un procedimento di esecuzione e se
questo è iniziato prima della denuncia di fallimento, il curatore potrà richiedere al giudice di
bloccare tale esecuzione in maniera da procedere con quella concorsuale, perché è disposto che il
curatore possa subentrare nella procedura singolare. Al principio della inammissibilità delle azioni
procedurali, sono stati esposte delle eccezioni:
a) dalla stessa legge fallimentare (art 53), la quale ammette che i creditori garantiti da qualche
diritto di pegno o da altri benefici possono soddisfarsi su quel bene con la singola esecuzione,
b) sempre dalla L fallimentare (art 104 ter) consente al curatore di, se non autorizzato dal comitato
dei creditori di non acquisire all’ attivo fallimentare uno o più beni all’ attivo del fallito se la
liquidazione appare troppo onerosa e quei determinati beni poi andranno ad essere oggetto di azioni
singolari verso quei determinati beni.
C) dalla legislazione speciale per cui alle banche che hanno concesso finanziamenti fondiari all’
imprenditori e agli esattori è permessa l’ esecuzione singolare. Secondo la giurisprudenza il ricavo
delle somme che provengono dalla vendita forzata dall’ esattore e dalle banche non è definitiva, per
tanto essa sarà soggetta alla par condicio credito rum operando tagli o addizioni per far ottenere a
tutti i creditori un’ equa ripartizione.

319. Il principio della par condicio creditorum.- Tale principio è fondamentale ed indica il diritto
di ogni creditore ad essere soddisfatto in relazione al suo credito ricevendo la stessa percentuale
degli altri creditori. Tale principio opera nei confronti dei creditori chirografari, ma non limita quei
diritti spettanti ai creditori privilegiati, cioè quelli che hanno un pegno, un’ ipoteca o un privilegio
che garantisca il loro credito. Per la vendita del bene essi hanno diritto ad essere soddisfatti anche
con il rimborso delle spese e con gli interessi stabiliti dalla legge (art 54 L fall.) che nel caso di
pegno attribuisce determinati interessi dell’ anno in corso alla data della sentenza di fallimento e
quelli successivamente maturati, fino alla vendita del bene (art 2788), per l’ ipoteca gli interessi dei
due anni anteriori alla sentenza di fallimento, e quelli successivi (art 2855). Per i crediti assistiti da
privilegio se è speciale si segue la disciplina del pegno, se è generale la decorrenza degli interessi
cessa con il deposito del progetto di riparto in cui il credito è compreso. Se il bene soggetto al
pegno, privilegio ed ipoteca viene venduto e riesce a soddisfare tutti i creditori speciali allora essi
cessano di essere anche concorrenti, se invece non basta essi saranno alla pari per i loro residui agli
latri creditori concorrenti, operando sulla base della par condicio creditorum, ricevendo una somma
pari agli altri.
Compensazione. Se il creditore a sua volta è debitore dal fallito per il suoi credito si dà luogo alla
compensazione, anche se il credito non è scaduto prima della dichiarazione di fallimento, e non
opera se il credito era stato ceduto per atto inter vivos ad altri creditori.

320. La determinazione dell’ importo dei crediti ai fini del concorso.- Tutti i crediti concorrenti
devono essere valutati in denaro, i crediti chirografari pecuniari concorrono senza tener conto degli

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interessi, naturalmente alla fine del procedimento, coloro che avevano diritto agli interessi potevano
pretenderli dal fallito (art 55 L fall.). per i crediti non pecuniari la valutazione è fatta secondo gli
indici attivi nella data di dichiarazione del fallimento. Regole particolari sono determinate per
valutare il credito degli obbligazionisti di una società e i creditori di rendite perpetue o vitalizie. I
crediti non scaduti, si considerano scaduti, ma se tali crediti erano infruttiferi, essi sono ammessi al
passivo detraendo dagli stessi un interesse del 5% annuo.
Coobbligazioni solidali. Se il creditore deve essere soddisfatto in solido da più coobbligati e sono
tutti falliti, egli deve iscriversi ad ogni fallimento (art 61). Tale coobbligazione torna a vantaggio dei
creditori perché aumenta la sua probabilità ad essere soddisfatto per l’ intero. Se taluno degli
obbligati ha diritto di regresso verso gli altri per aver pagato il creditore con il suo denaro potrà
operare tale azione di regresso solo dopo che il creditore sia stato soddisfatto per l’ intero. Se dei
coobbligati, ne è fallito solo qualcuno, ed il creditore ha ricevuto prima del fallimento da altri
coobbligati una somma deve partecipare al fallimento solo per ottenere la somma residua (art 62).
Se il coobbligato o fideiussore hanno diritto di regresso verso il fallito per aver anticipato la somma
al creditore, possono insinuarsi nel fallimento per la somma versata m il creditore avrà sempre il
diritto di insinuarsi per la somma restante ma dovrà farsi assegnare oltre la propria somma anche
quella del coobbligato o del fideiussore.

321. Il procedimento di accertamento dei crediti concorrenti A) L’inizio del procedimento.- il


curatore tramite notizie utili e scritture contabili realizza l’ elenco dei creditori, e poi comunica ai
creditori concorsuali che da quel momento per diventare concorrenti avrebbero dovuto presentare
domanda e depositarla in cancelleria nel tribunale. La domanda dovrà essere altamente completa se
no il ricorso sarà dichiarato inammissibile dal giudice, e perciò dovrà contenere: il nome del
creditore, il quantitativo del credito, il fallimento a cui s’ intende partecipare, il titolo da cui il
credito deriva (art 93 L fall). Assieme al ricorso, dovranno essere presentati i titoli da cui il credito
deriva. Tali procedure occorrono per permettere al curatore di presentare il progetto per lo stato
passivo che dev’ essere esaminato nell’ udienza di verifica. Se il credito risulta da crediti al
portatore il creditore può chiedere che il cancelliere prenda nota del numero del titolo e lo
restituisca in maniera da poter realizzare i diritti derivanti dal titolo stesso.

322. La formazione e la verificazione dello stato passivo.- Il curatore esamina le domande e


procede così alla formazione del progetto di stato passivo, che indica se i crediti sono fondati, se
sussiste prelazione o se non sono ammessi, dopo tale documento è depositato in cancelleria (art 95).
All’ udienza il giudice esamina i veri crediti e con decreto motivato stabilisce: a)i crediti ammessi,
specificando se ve ne sono di speciali, b) i crediti non ammessi, d) i crediti ammessi con riserva,
distinguendo i crediti condizionali, quelli che non possono farsi valere verso il fallito se non si
realizza l’ escussione dell’ obbligo principale (art 96 dopo di ciò si avrà un decreto in cui sarà
stabilita l’ escussione definitiva), i crediti per cui la mancata produzione del titolo non è dipesa da
loro stessi.
Se l’esame dello stato passivo non può esaurirsi in un’ unica udienza allora, il giudice ne rinvia la
prosecuzione a non più di otto giorni senza obbligo di avviso. Dopo il deposito del decreto di
esecutività dello stato passivo con cui viene accertato chi sono i concorrenti, il giudice delegato può
modificare la composizione del comitato dei creditori. L’ efficacia endofallimentare è prescritta sia
per i decreti ammissione o meno dei creditori, che per i decreti con cui il tribunale si pronuncia
contro le decisioni del giudice delegato (art 96).

323. C) Le opposizioni e le impugnazioni avverso lo stato passivo.- Il curatore subito dopo la


dichiarazione di esecutività deve dare notizia del deposito in cancelleria del decreto a tutti coloro
che hanno realizzato domanda di insinuazione (art 97). Entro 30 giorni dal ricevimento di suddetta
comunicazione, possono essere presentate:
a) le opposizioni da parte dei creditori esclusi, in tutto o in parte,

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b) le impugnazioni da parte del curatore e dei creditori che chiedono l’ esclusione di altri creditori
ammessi.
Tali domande devono essere presentate entro 30 giorni dalla comunicazione dell’ esito della
domanda di insinuazione, mediante ricorso al tribunale fallimentare (art 99). In calce al ricorso il
presidente del tribunale appone un decreto, in cui fissa l’ udienza di apparizione in camera di
consiglio entro 60 giorni dal deposito del ricorso, entro 10 giorni dalla comunicazione del decreto
presidenziale, il ricorrente deve notificare decreto al curatore, al fallito e all’ eventuale creditore
contestato (art 99 L fall). Finita l’ istruttoria il tribunale decide con decreto motivato non
appellabile, ma eventualmente ricorribile in cassazione.

324. La revocazione dei crediti ammessi.- in caso in cui un creditore è stato escluso o omesso per
dolo o colpa o per mancata conoscenza di documenti decisivi a causa non imputabile al creditore,
questo stesso o il curatore possono realizzare una domanda di revoca del provvedimento, che viene
deciso dal tribunale in camera di consiglio. Non occorre la revoca per piccoli errori che vengono,
invece, aggiustati dallo tesso giudice delegato.

325. Le dichiarazioni tardive dei crediti.- Le domande di ammissione dei crediti si considerano
tardive e sono state presentate entro il termine successivo ai 30 giorni precedenti all’ udienza, ma
non possono superare i 12 mesi dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo. Il giudice
delegato per l’ esame delle domande tardive deve fissare un’ udienza ogni 4 mesi. Le domande sono
ammesse anche se sono presentate dopo i 12 mesi per errore non imputabile al creditore (art 112 L
fall.).

326. La decisione di non procedere all’ accertamento del passivo.- Quando risulta che non può
essere accumulato attivo a sufficienza per distribuirlo ai creditori insinuati, allora il curatore può
fare domanda al tribunale affinchè non si proceda all’ accertamento del passivo. Il tribunale sentito
il comitato e il fallito può emanare un decreto per disporre il non procedimento verso l’
accertamento del passivo. Il curatore comunica il decreto ai creditori insinuati e questi possono
opporre reclamo alla corte per i 15 giorni successivi.

327. Crediti della massa prededucibili.- questi sono coloro che sono diventati creditori perché, in
seguito al fallimento hanno portato avanti l’ esercizio provvisorio dell’ impresa. Tutti costoro sono
prededucibili, e così se i loro crediti saranno liquidi, esigibili e non contestati saranno pagati prima
dei creditori stessi, sempre se il loro passivo potrà essere tale da soddisfare loro e gli altri creditori.
Anche i crediti di massa possono essere soggetti a verifica quando ne sia contestata la collocazione
o la misura (art 111-bis L fall). Essi vengono liquidati dal giudice delegato e contro tale
provvedimento può essere proposto reclamo al tribunale.

Capitolo sesto: gli effetti del fallimento: B)La massa attiva

328. I beni compresi nella massa attiva.- Tutti i diritti sui beni, appartenenti al fallito alla
dichiarazione del fallimento fanno parte della massa attiva fallimentare (art 42 L fall). Fanno
eccezione:
a) i diritti di natura strettamente personale, e quindi i diritti non patrimoniali,
b) i diritti ad assegni di carattere alimentare,
c) i diritti sulle cose non soggette a pignoramento,
Rapporti familiari. I diritti sui beni dei figli del fallito non possono essere intaccati, salvo che nel
fallimento facciano insinuazione dei creditori che abbiano dei diritti precisi su quei determinati
beni. Per i beni soggetti alla comunione legale, al momento del fallimento la comunione legale si
scioglie (art 191 cod civ),e così si ripartisce l’ attivo e il passivo fra i coniugi, tant’è che viene
ammessa alla massa solo la parte del fallito.

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Altri beni. Se non è conveniente far concorrere taluni beni alla massa attiva allora questi possono
essere esonerati.
Beni sopravvenuti. Coloro che sono divenuti creditori dopo il fallimento non possono soddisfarsi se
non prima lo fanno i creditori concorrenti. Anche riguardo ai beni sopravvenuti essi possono essere
esonerati se i costi della liquidazione appaiono poco convenienti.
Diritti inopponibili al fallimento. Se il fallito prima del fallimento ha trasferito a terzi diritti che
vadano a ricadere sulla massa attiva negativamente, tali trasferimenti verranno annullati qualora
ancora non abbiano il requisito della opponibilità ai creditori.
Spossessamento. Tutti gli atti del fallito compiuti dopo il fallimento, ancorchè validi fra le parti
sono in opponibili al fallimento. Tra questi rientrano anche i pagamenti fatti dal fallito o quelli che
ha ricevuto. In seguito allo spossessamento il fallito non può stare in giudizio tranne che non vi sia a
suo carico un’ imputazione di bancarotta e dovrà consegnare al curatore tutta la corrispondenza che
riguardi le questioni patrimoniali.
Assistenza del fallito. I diritti sui beni facenti parte della massa attiva sono destinati al
soddisfacimento dei creditori, ma , un sussidio alimentare può essere concesso con decreto del
giudice delegato, sentiti i creditori ed il curatore (art 47 L Fall.). la casa di abitazione del fallito se
serve per l’ abitazione per lui e la sua famiglia può essere esonerata.

329. Atti pregiudizievoli per i creditori. L’ azione revocatoria.- secondo l’ attuale legislazione, il
fallito dovrebbe essere dichiarato fallito, non appena cade in insolvenza. Ciò molto spesso non
accade, poiché l’ imprenditore cerca di risanare la situazione, o perché cerca di compiere atti
favorevoli per alcuni creditori e sfavorevoli per altri: così se il fallito ha compiuto degli atti
simulati, il curatore potrà chiedere l’ accertamento della simulazione al tribunale che, se la
giudicherà reale, l’ acquirente sarà costretto a riconsegnare il bene che era uscito solo fittiziamente
dal patrimonio.
Azione revocatoria fallimentare. Se gli atti sono stati solo realmente compiuti dal fallito esi sono
inefficaci ope legis se arrecano pregiudizio ai creditori.
1)essendo inefficaci ope legis, possono essere alienati dal curatore per soddisfare i creditori
concorrenti. Ma se ciò viene contestato da terzi il curatore agirà in giudizio per munirsi di una
sentenza dichiarativa della revoca legale.
Gli atti inefficaci ope legis sono:
a)Atti a titolo gratuito, che siano stati compiuti nei due anni anteriori al fallimento, esclusi quelli
fatti per scopi di liberalità, o per regali d’ uso.
b)Pagamenti anticipati, compiuti dal fallito nei due anni precedenti al fallimento, anche se in quel
momento il fallito non era insolvente.
2)Per gli atti, affinchè essi divengano inefficaci nei confronti del creditore occorre che vi sia una
sentenza di revoca e che siano atti revocabili. Per gli atti anomali per ottenere la sentenza occorre
che essi siano stati compiuti dal fallito entro un certo termine e che appartengano determinate
categorie. Cioè qui il fatto che egli abbia compiuto tali atti, fa presumere che esso sia in stato di
insolvenza e ce l’ altro contraente fosse a conoscenza di tale stato. Tale presunzioni sono relative, e
solo se provate dal curatore possono essere revocate. Tali atti sono:
a)Atti con prestazioni sproporzionate, cioè ove la prestazione del fallito super di quarto il valore di
quella da lui promessa, per essere revocata deve essere stata compiuta ad un anno anteriore al
fallimento.
b)Pagamenti con mezzi anormali, ad esempio con merci anzicchè con liquidi, sono revocabili solo
se compiuti ad un anno anteriore al fallimento.
c)Garanzie per debiti non scaduti, in tali ipotesi si dà al creditore il vantaggio di farlo divenire
creditore privilegiato pur non avendo alcuna necessità di soddisfare il suo credito.
d) Garanzie per debiti già scaduti, e cioè pegni, anticresi ed ipoteche sia volontarie che giudiziarie
costituite nel semestre anteriore alla dichiarazione di fallimento.

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3) vi sono anche atti considerati normali anche per un imprenditore commerciale, che possono
essere revocati se il curatore riesce a provare che il terzo conosceva lo stato d’ insolvenza del
debitore. Tali atti sono (art 67 L fall.):
a) Pagamenti di debiti liquidi ed esigibili. Sono anche revocabili i crediti avvenuti tramite
intermediari specializzati, in tal caso l’ azione viene intentata nei confronti del destinatario della
prestazione e non dell’ intermediario. Non è revocabile il pagamento di un debito cambiario quando
il fallito era debitore principale, ma se il curatore prova che, l’ ultimo obbligato di regresso
conosceva lo stato d’ insolvenza del fallito deve versare la stessa quota della cambiale al curatore
per poterla utilizzare nella massa attiva. Non è revocabile nemmeno nel fattoring, salvo che il
curatore non provi ch il cedente era in grado di conoscere lo stato d’ insolvenza del debitore ceduto.
b)Atti di prelazione per debiti anche di terzi creati contestualmente;
c)Atti a titolo oneroso, particolare disciplina è concessa per il factoring se il curatore è in grado di
provare che il cessionario era a conoscenza dello stato d’ insolvenza del cedente quando ha eseguito
il pagamento. Non è realizzabile la revoca quando è avvenuta ad opera del fallito per gli atti
compiuti dal fallito con l’ istituto di emissione e con le banche.
Azione revocatoria ordinaria. Tutti gli atti pregiudizievoli che non rientrano nelle categorie
recedenti possono essere revocati dopo un giudizio intentato dal curatore con la pronuncia di un’
azione revocatoria ordinaria, senza però alcuna facilitazione probatoria (art 66 L fall).
Credito del terzo. Nel caso di revoca del pagamento a titolo oneroso, il terzo che ha subito la revoca
è ammesso al passivo fallimentare.
Decadenza. L’ azione revocatoria si prescrive in 5 anni (art 2903). Ma, in caso di fallimento si
hanno termini di decadenza che non possono superare i tre anni dalla dichiarazione di fallimento, e
solo dopo 5 anni dal compimento dell’ atto pregiudizievole.
Non vi è prescrizione per gli atti che sono inefficaci ope legis.

330. Atti dispositivi esclusi dalla revocatoria.- Anche se compiuti, nei periodi indicati dall’ art 67
della L fall. Non sono soggetti all’ azione revocatoria gli atti:
a) i pagamenti effettuati dall’ imprenditore nei termini d’ uso.
b) le rimesse (i versamenti fatti dal fallito) sul conto corrente bancario, purchè non sia stata ridotta
in maniera consistente l’ esposizione debitoria, in tal caso la banca deve restituire una somma pari
alla differenza dell’ ammontare raggiunto dall’ esposizione debitoria del fallito quando è provata dal
curatore la conoscenza dello stato d’ insolenza da parte della banca.
c) gli atti di vendita, e i preliminari di vendita regolarmente iscritti e conclusi a giusto prezzo per l’
immobile ad uso abitativo che sia destinato ad essere l’ abitazione principale dell’ acquirente e dei
parenti.
d) gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse in esecuzione di atti aventi ad oggetto un piano per il
risanamento dell’ azienda.
e) gli atti per l’ esecuzione di un concordato preventivo e della ristrutturazione del debito omologata
dal tribunale, tale da poter evitare il fallimento.
f) i pagamenti dei corrispettivi per prestazioni di lavoro effettuati da dipendenti e da altri
collaboratori.

331. Azione revocatoria avverso gli atti compiuti tra i coniugi.- Per evitare che gli stretti rapporti
fra i coniugi vadano a celare degli accordi che portino a danneggiare i creditori fallimentari, il
legislatore ha stabilito che tutti gli atti indicati dall’ art 67 L fall, sono revocati se compiuti tra i
coniugi tranne se il fallito non dà la prova che all’ epoca non era tale. La revoca opera anche per gli
atti a tutolo gratuito. Nell’ ipotesi di comunione legale la revoca opera anche sulla parte dell’ altro
coniuge sui beni che appartengono ad entrambi qualora, per l’ acquisto sia stato provato che il
fallito abbia fatto una donazione. Anche la costituzione del fondo legale è soggetta a revoca qualora
si provi che sia avvenuta nei precedenti due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento.

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332. I diritti spettanti a terzi sui beni posseduti dal fallito.- Il giudice delegato può disporre la
restituzione di quei beni, sui quali i terzi vantano un diritto reale o personale, e il curatore deve
realizzare un elenco di tali soggetti. I terzi che possiedono tali diritti devono presentare domanda di
restituzione proprio come i creditori che devono determinare la restituzione. Il procedimento di
verifica delle domande si svolge nello stesso modo di quello stabilito per la verifica dei crediti
correnti: pertanto il curatore comunica a tutti i proprietari di tali diritti le informazioni contenute
nella domanda e poi fa l’ elenco che sarà esaminato dal giudice delegato. Contro di esso possono
essere presentate al tribunale delle impugnazioni e delle opposizioni. Sono ammissibili anche le
domande tardive, se il richiedente prova che il ritardo non gli è imputabile. Se il curatore ha perso il
possesso del bene allora l’ avente diritto alla restituzione diventa creditore di massa e non corrente
(art 103 L fall.)

Capitolo settimo: gli effetti del fallimento. C) rapporti giuridici in corso di esecuzione

333. La disciplina generale dei rapporti giuridici in corso di esecuzione.- Numerose disposizioni
sono dettate dalla L fallimentare per i rapporti a prestazioni corrispettive derivanti da contratti
opponibili al fallimento, che alla data del fallimento non sono stati eseguiti da nessuna delle parti.
Difatti se il rapporto è già stato eseguito in parte dal fallito e non dall’ altro contraente in bonis si è
in presenza di un credito del fallito che fa parte della massa attiva, e di cui il curatore provvederà
all’ esecuzione, se invece l’ altro contraente in bonis ha realizzto una prestazione allora potrà
presentare domanda di ammissione al passivo e diventare creditore concorrente. Ma se non ha
ancore realizzato la prestazione nessuno dei due, allora si ha la sospensione dell’ esecuzione che
dura sino a quando il curatore non deciderà o di subentrare nel rapporto o ancora di sciogliere il
medesimo, ciò non si applica ai rapporti con effetti reali ove è già stata realizzata la consegna del
bene e dunque il curatore deve consegnare il bene e prendere il prezzo già pattuito (art 72 L fall). Se
la sospensione cessa per il sub ingresso del curatore, allora il terzo ha l’ obbligo di eseguire il
contratto, divenendo per il corrispettivo creditore della massa, se invece si ha il termine della
sospensione per lo scioglimento del contratto, il terzo ha solo il diritto ad insinuare nel passivo il
credito, conseguente al mancato adempimento (art 72 L fall). Sino a quando la sospensione non è
cessata il contraente in bonis mette in mora il curatore, chiedendo al giudice curatore di assegnarli
un termine non superiore a 60 giorni, entro cui lo stesso curatore dovrà comunicarli la scelta,
trascorso tale periodo il contratto si ritiene concluso.
Se il contraente in bonis ha intentato l’ azione di risoluzione per inadempimento prima del
fallimento, la risoluzione opera anche nei confronti del curatore, e se il contraente in bonis vuole
ottenere la restituzione del bene, o la somma del danno, dovrà proporre un’ apposita domanda d’
insinuazione al passivo (art 72 L fall).

34. Vendita. Somministrazione. Contratti di borsa a termine.- La disciplina esposta nel


precedente paragrafo si applica anche nel rapporto di compravendita. Regole particolari sono
previste nella vendita con riserva di proprietà:ove il fallimento del venditore non è causa di
scioglimento del contratto, mentre il fallimento del compratore, il venditore se nel contratto era
stabilito che il prezzo venisse pagato a termini o a rate, e il curatore vuole subentrarvi, allora il
venditore può pretendere che il curatore dia la cauzione o paghi il prezzo con lo sconto dell’
interesse legale: se invece vuole sciogliere il contratto può pretendere solo un equo compenso per l’
uso, e deve restituire le rate già riscosse. Se la vendita ha ad oggetto una cosa mobile, e questa
ancora non è in possesso del compratore, il venditore potrà riprendere il possesso e mettersi nella
condizione di chi non ha eseguito la sua prestazione. Per i contratti preliminari,la disciplina della
sospensione opera come per i contratti principali, salvo che essi abbiano ad oggetto un bene
immobile ad uso abitativo destinato all’ abitazione principale dell’ acquirente. Quando si tratta di un

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preliminare di vendita di un immobile trascritto prima della dichiarazione di fallimento, il


contraente, qualora il curatore voglia sciogliersi, ha il diritto ad insinuare al passivo il proprio
credito, in via privilegiata (art 72 L fall). Se il contratto ha per oggetto il trasferimento di un
immobile ancora da costruire, dovendo tali contratti essere garantiti da una fideiussione bancaria,
qualora il curatore decida di sciogliere il contratto il contraente venditore potrà riscuotere la
fideiussione bancaria. Ai contratti ad esecuzione continuata o periodica e anche ai contratti di
somministrazione e alle vendite a consegne ripartite, si applicano gli stessi principi della vendita ed
il curatore, se subentra nel rapporto deve essere pagato integralmente il prezzo delle consegne e dei
servizi già prestati. Nei contratti di borsa a termine, invece se il termie scade dopo il fallimento di
uno dei due contraenti, il rapporto si scioglie alla data del fallimento realizzando la differenza tra il
prezzo pattuito nel contratto e quello dei titoli in quella determinata data. Se il prezzo è a favore del
fallimento (cioè se il fallito era compratore e adesso il prezzo è salito, o era venditore ed il prezzo è
disceso e lui adesso è creditore), la somma è versata dall’ altro concorrente al curatore, se invece il
debitore è fallito, per la somma corrispondente l’ altro contraente è ammesso al passivo.

335. Altri rapporti giuridici.- lo scioglimento ha effetti ex nunc dalla data di dichiarazione del
fallimento.
1) lo scioglimento ope legis si ha per i rapporti di conto corrente ordinario, conto corrente bancario
e commissione, trattandosi di rapporti incompatibili con la situazione di indisponibilità in cui si è
venuto a trovare il patrimonio dell’ imprenditore. Nel mandato è predisposto lo scioglimento ope
legis solo se il fallito è il mandatario, mentre per il fallimento del mandante si ammette che il
curatore possa subentrare nel contratto. Tuttavia lo scioglimento del mandante non provocherebbe
lo scioglimento del mandato in rem propriam, giacchè in tale ipotesi la sentenza di fallimento non
inciderebbe sul diritto del mandatario ad eseguire il mandato al quale è interessato. Lo scioglimento
anticipato si ha anche nel caso di associazione in partecipazione, nel caso del fallimento dell’
associante, cioè del titolare dell’ impresa: se il conferimento dell’ associato ha un valore uguale a
quello delle perdite non si hanno altre conseguenze,se è superiore per l’ esubero può diventare
creditore, se è inferiore, può emettere un decreto ingiuntivo con cui gli si ordina la prosecuzione di
versare la differenza. A causa del fallimento di una delle parti si ha anche lo scioglimento del
rapporto d’ appalto, ma il curatore dietro autorizzazione del comitato dei creditori può subentrare
nel rapporto, tranne nel caso di fallimento dell’ appaltatore.
2) di altri rapporti, salvo patto contrario, non si richiede lo scioglimento a causa di fallimento, come
nel caso di assicurazione contro i danni, ove il credito dell’ assicuratore per i premi non pagati deve
essere soddisfatto integralmente. Nel rapporto di locazione degli immobili, nel caso di fallimento
del locatore, ma se il contratto ha una durata residua superiore a 4 anni, il curatore entro un anno
dalla sentenza può recedere dalla locazione corrispondendo un equo indennizzo. Non si ha
scioglimento nell’ affitto d’ azienda salvo che le parti non recedano entro 60 giorni col versamento
di un equo indennizzo (art 79 L fall). Per il contratto di leasing, in caso di fallimento della società di
leasing il contratto non è sciolto, poiché l’ utilizzatore ha la facoltà di acquisire alla scadenza del
contratto la proprietà del bene, nel caso di fallimento dell’ utilizzatore si hanno simili effetti rispetto
alla disciplina del compratore. Nel caso del rapporto di edizione, il fallimento dell’ editore non ne
determina la risoluzione, ma il rapporto si scioglie entro l’ anno dalla dichiarazione di fallimento se
il curatore non continua l’ esercizio dell’ impresa o non cede il rapporto ad un altro editore.
Malgrado il fallimento di chi ha ceduto l’ impresa il rapporto di factoring prosegue, ma il curatore
può recedere dalle cessioni relative ai crediti non ancora sorti alla data del fallimento, restituendo al
cessionario il corrispettivo delle cessioni che a suo tempo aveva pagato al cedente (art 7 L 52/1991).

Capitolo ottavo: gli effetti del fallimento D) le sanzioni penali.

336. Le sanzioni penali. La bancarotta semplice.- differenza fondamentale tra l’ esecuzione


singolare e quella fallimentare è il fatto per cui il debitore può essere punito con sanzioni penali per

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aver compiuto atti che costituiscono reati anche in tempi posteriori al fallimento. Tali sanzioni si
applicano anche nei confronti di coloro verso i quali è stata emessa una sentenza dichiarativa dello
stto d’ insolvenza nei procedimenti di liquidazione coatta amministrativa (art 237 L Fall) e di
amministrazione straordinaria. Sono fatti che possono nuocere ai creditori e che possono essere stati
emessi con colpa (negligenza, imprudenza ed imperizia) o con dolo cioè con la reale volontà di
provocare l’ evento previsto dalla legge. Se vi è colpa si parlerà di bancarotta semplice se vi è anche
dolo di bancarotta fraudolenta. L’ azione penale è iniziata dal PM che riceve copia della relazione
presentata dal curatore al giudice delegato, ma può iniziare ance prima quando vi siano casi di fuga,
chiusura dell’ impresa, trafugamento ecc..la bancarotta semplice è punita con la reclusione da 6
mesi a 2 anni (art 217 L fall), mentre quella fraudolenta con la reclusione da 3 a 10 anni o da 1 a 5
anni, quando il fallito a realizzato pagamento simulato titoli di prelazione a favore di deter minati
creditori. Dette pene sono aumentate a) nel caso in cui il danno che viene fuori dal reato sia di forte
gravità, b) nel caso in cui il fallito abbia commesso più fatti di bancarotta semplice o fraudolenta,
c)nel caso in cui il fallito per divieto di legge non poteva realizzare un impresa commerciale. Le
pene cono invece diminuite se ricorre la circostanza della speciale tenuità del reato.
Tale condanna comporta il divieto ad esercitare un’ impresa propria o di un altrui soggetto fino a
due anni per bancarotta semplice e 10 per quella fraudolenta.
La bancarotta semplice. È punito per tale reato:a) colui che abbia fatto spese personali eccessive
rispetto alla condizione economica, b) abbia consumato una notevole parte del suo patrimonio in
operazioni imprudenti, c) abbia realizzato delle operazioni di grave imprudenza per ritardare il
fallimento, d) abbia aggravato il proprio dissesto, astenendosi a richiedere la procedura fallimentare,
e) non abbia soddisfatto le obbligazioni assunte in un concordato preventivo o fallimentare, f)non
abbia tenuto i libri e le altre scritture contabili per oltre tre anni.

337. La bancarotta fraudolenta.- è punito per bancarotta fraudolenta chi abbia realizzato uno di
reati: a) distruzione, occultamento, dissipazione dei beni sia prima che durante la procedura
fallimentare, b) esposizione o riconoscimento, sia prima che dopo la procedura fallimentare, di
passività inesistenti, allo scopo di arrecare dei pregiudizi ai creditori, c) sottrazione, distruzione o
falsificazione di libri o altre scritture contabili ovvero tenuti dagli stessi in modo da non rendere
possibile la ricostruzione del patrimonio: la sottrazione, falsificazione dei libri per essere punita
deve concorrere perché il reato sussista l’ intento di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto. D)
esecuzione di pagamenti o simulazione di titoli di prelazione a favore di creditori.

338. Altri reati del fallito.- Oltre a quei reati di bancarotta si hanno altri reati: a) il ricorrere o il
continuare a ricorrere al credito dissimulando il proprio dissesto, b) il denunciare creditori
inesistenti all’ interno dell’ elenco, c) l’ omettere di dichiarare l’ esistenza di beni che dovrebbero far
parte dell’ inventario, d) il non presentare il bilancio entro 3 giorni dalla dichiarazione di fallimento,
e) il non presentarsi se convocato, dinanzi agli organi fallimentari.
Tali reati sono puniti anche se vengono commessi dai soci illimitatamente responsabili di società in
nome collettivo o in accomandita semplice se queste sono dichiarate fallite, difatti sono falliti anche
i soci illimitatamente responsabili (art 222).

339. Reati di persone diverse dal fallito.- Tali reati possono essere commessi anche dagli institori,
dagli amministratori, dai sindaci, dai direttori generali (art223). Per gli organi delle società fallite,
asono previsti altre ipotesi per bancarotta semplice o fraudolenta (art 223 e 224 L fall.): il
compimento di reati societari (es false comunicazioni), concorre con quello di bancarotta
fraudolenta se ha cagionato il dissesto della società. Sono previsto come reati del curatore o dei suoi
coadiutori (art 231): a) prendere interesse privato negli atti del fallimento, b) accettare retribuzioni
non dovute, c) il non ottemperare all’ ordine del giudice di consegnare o di depositare somme o altre
cose del fallimento, che essi detengono. Sono previsti come reati: a) il presentare domanda di
ammissione al passivo per un credito fraudolentemente simulato (art 232 L Fall), b) il c.d. mercato

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di voto, cioè la stipula del creditore col fallito nell’ interesse di vantaggi per il fallito, per dare il
proprio voto nei concordati o nelle deliberazioni del comitato, c)il sottrarre, ricettare o distrarre i
beni del fallito prima o dopo del fallimento,il dissimulare i beni del fallito dopo il fallimento, d)
acquistare i beni dall’ imprenditore conoscendone lo stato di dissesto, a prezzo inferiore allo atato
corrente, se poi si verifica il fallimento (art 232 L fall).

Capitolo nono : la liquidazione e la distribuzione dell’ attivo

340. La liquidazione dell’ attivo.- Alla liquidazione delle attività fallimentari la legge dedica una
particolare tutele per poter conservare la struttura, l’ avviamento, ma soprattutto i posti di lavoro. La
legge predispone che il curatore deve realizzare un programma di liquidazione, e l’ art 104 ter indica
anche quali dati debbano risultare da tale programma, nel quale saranno anche rappresentati la
possibilità di una cessione unitaria dell’ azienda la cessione in blocco d rapporti giuridici, di rami
dell’ azienda, e solo se ciò non sarà possibile, allora il giudice delegato dovrà predisporre la
liquidazione dei singoli beni, che può essere anticipata a prima della approvazione quando per il
ritardo può derivare un pregiudizio ai creditori. La cessione dell’ azienda del fallito. Il prezzo
della cessione possa essere pagato dall’ acquirente anche mediante l’ accollo dei debiti fallimentari,
purchè non ne venga alterata la graduazione. Inoltre non risponde dei debiti aziendali sorti prima
del trasferimento, e se il curatore cede in blocco attività e passività aziendali, delle passività non
seguita più a rispondere. La cessione dei crediti aziendali è efficace nei confronti dei terzi dal
momento dell’ iscrizione del trasferimento nel registro delle imprese (art 2556), e il debitore ceduto
è liberato solo se paga in buona fede il curatore. Le garanzie sui debiti ceduti conservano la loro
validità nel trasferimento e conservano pure il loro grado. Il curatore può cedere l’ azienda, facendo
oggetto di trasferimento una o più società di nuova costituzione.
Modalità delle operazioni di vendita. Salvo che si tratti di beni di modesto valore, la liquida zio ne
dell’ attivo fallimentare deve procedere per via concorsuale, partendo da un determinato prezo
venuto fuori dalla stima di un esperto. Il curatore può sospendere la vendita se gli viene offerto un
prezzo maggiore del 10% dal prezzo fissato. Degli esiti della competizione sono informati il giudice
delegato e il comitato dei creditori, depositando in cancelleria la documentazione, e qualora l’
offerta sia parsa iniqua rispetto al valore dell’ oggetto la vendita può essere bloccata (art 108 L
Fall). Per realizzare il valore il curatore deve cedere anche i crediti del fallito o stipulare contratti di
mandato per la loro riscossione. Se alla data del fallimento sono attive procedure di esecuzione nei
confronti del debitore il curatore può subentrarvi ovvero può fare istanza per impedire al curatore la
procedibilità.

341. La distribuzione dell’ attivo: ripartizioni parziali; approvazioni del rendiconto del
curatore; riparto finale.- Se il giudice non ha stabilito un termine differente, ogni 4 mesi il
curatore deve presentare un progetto di riparto delle somme immobiliari (venute fuori dalla vendita
degli immobili, dai loro frutti e pertinenze) e mobiliari (dalle entrate del fallimento) tra tutti i
creditori. Nel preparare il progetto di ripartizione il curatore dovrebbe tenere presente i seguenti
principi (artt 111 e 113 L fall): a) occorre soddisfare in primis i creditori di massa che non sono stati
pagati alla scadenza dei loro crediti, b) su quanto è stato ricavato dalla vendita di un determinato
bene, bisogna soddisfare i creditori che hanno diritto di prelazione sul bene stesso, c) il resto va
distribuito fra tutti gli altri creditori ammessi al passivo sulla base dei loro crediti. In ogni
ripartizione parziale non può essere superato l’ 80% delle somme distribuibili, anzi tale percentuale
può essere ridotta ,in modo da ricevere tutti la stessa percentuale, e da dedurre le quote che spettano
ai creditori incerti d)devono essere accantonate le somme utilizzate per pagare il curatore e tutte le
spese della procedura fallimentare.
Il giudice ordina il deposito del progetto di riparto in cancelleria disponendo che tutti i creditori
siano avvisati, ed entro il termine perentorio di 15 giorni, i creditori possono proporre reclamo al
giudice delegato che dispone l’ accantonamento dei crediti incerti e di quelli oggetto di

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contestazione,ì. Il curatore provvederà al pagamento delle somme non contestate e tali pagamenti
non sono soggetto a ripetizione, salvo non vi sia stato l’ accoglimento della domanda di
revocazione.
Rendiconto del curatore. Prima del riparto fnale il curatore presenta al giudice il rendiconto ove
deve esserci l’ illustrazione di tutti i criteri seguiti dal curatore per lo svolgimento dell’
amministrazione e la ragione delle scelte adottate (art 116 L Fall). Il giudice ordina il deposito del
rendiconto in cancelleria e fissa l’ udienza e di ambedue gli eventi deve essere data immediata
comunicazione al fallito e agli altri creditori (art 116), se nell’ udienza sorgono contestazioni e non
vengono risolte, allora saranno rimesse le parti in giudizio camerale.
Riparto finale. Il giudice ordina il riparto finale dopo che sia approvato il rendiconto del curatore e
dopo che sia stato liquidato lo stesso (art 117). Le somme che in sede di ripartizioni parziali erano in
sospeso allora vengono divise tra tutti i creditori concorrenti se no vengono aggiudicati al creditore
se si è realizzata la condizione sospensiva. Tuttavia, se rimangono ancora in sospeso ciò non
ostacola la chiusura del procedimento fallimentare (art 117 L Fall).

Capitolo decimo: La cessazione del fallimento

342. La chiusura del fallimento.- La cessazione del fallimento avviene per i casi stabiliti dall’ art
118 L fall. Dette casi di chiusura del fallimento, le quali oltre al concordato fallimentare
comprendono:
a) mancata presentazione delle domande di ammissione al passivo entro il termine stabilito dalla
sentenza dichiarative, poiché i creditori dell’ imprenditore non intendono far valere più i loro diritti,
b)estinzione di tutti i crediti prededucibili e dei crediti concorrenti, cioè si tratta di un caso di
chiusura legittimamente aperto e proprio per questo differisce dalla mancanza d’ insolvenza all’
apertura del procedimento (illegittimità della causa),
c) esaurimento dell’ attivo,
d) mancanza o insufficienza dell’ attivo,
la chiusura del fallimento è dichiarata dal tribunale con decreto motivato, che ottiene la stessa
pubblicità della sentenza dichiarativa del fallimento stesso. Contro il decreto di chiusura ogni
interessato può fare opposizione. Con la chiusura del fallimento ne cessano gli effetti, ma seppure, il
decreto o la sentenza di ammissione al passivi hanno efficacia endofallimentare queste anche dopo
la chiusura del fallimento, costituiscono prova scritta dopo il rilascio di un decreto ingiuntivo nei
confronti del debitore tornato in bonis.

343. Il decreto di esdebitazione.- Se il fallimento non è stato chiuso con il pagamento integrale di
tutti i crediti, allora il debitore rimane obbligato al pagamento, salvo che il tribunale, insieme alla
sentenza della cessazione del fallimento non emani (anche entro un anno dalla cessazione) il
decreto di esdebitazione ossia tutti i crediti rimasti inappagati diventano inesegibili, salvo che
contro i fideiussori o i coobbligati. La concessione dell’ esdebitazione è concessa quando: a) nel
fallimento sono stati soddisfatti i creditori concorsuali, b) che il fallito abbia tenuto un
comportamento corretto nel corso del procedimento concorsuale, cooperando con gli organi
fallimentari. Non può essere concessa quando: a) è stata concessa un’ altra esdebitazione nei primi
10 anni, b) no n deve essere stato cagionato o aggravato il proprio dissesto, c) non deve essere stato
condannato per bancarotta fraudolenta o altri delitti contro il patrimonio.

344. La riapertura del fallimento.- Quando la chiusura del fallimento è stata determinata per
insufficienza del passivo o per esaurimento dello stesso e non vi è stata esdebitazione il fallito se
dimostra di poter pagare il 10% dei debiti per i crediti vecchi e nuovi, o anche il creditore, se
dimostra l’ esistenza di attività nel patrimonio del fallito, possono richiedere l’ apertura del
fallimento (art 121 L Fall). Tale apertura viene realizzata con la pronuncia della sentenza
richiamando il giudice delegato e il curatore e determinandone la pubblicità in maniera da poter

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determinare la partecipazione dei creditori vecchi, nel limite del credito non pagato, e dei nuovi
creditori. Per gli atti del fallito pregiudizievoli per i creditori,sono annullati tutti quelli che siano
stati compiuti nei due anni o nel semestre precedente all’ apertura del fallimento eccetto le
donazioni.

345. Il concordato fallimentare. La proposta di concordato.- Il fallimento può anche cessare per
concordato, ossia con la presentazione da parte di più creditori, dal fallito o da terzi di un progetto
che proponga il pagamento di tutti i debiti, ma magari in percentuali, o con strumenti finanziari o
ancora con delle dilatazioni nel tempo. Tale progetto deve essere presentato nei sei mesi successivi
al fallimento o anche sino ai due anni, ciò proprio per indurre il debitore ad evitare il fallimento
stesso. I creditori possono essere suddivisi in varie classi e quelli speciali possono essere soddisfatti
con un equivalente rispettivo alla vendita del bene su cui vantano un privilegio, e dunque non
essendo soddisfatti integralmente per la parte restante sono chirografari (art 127). Solo quando la
proposta è presentata da uno o più creditori o da un terzo, costoro potranno richiedere la cessione
anche delle azioni giudiziarie che spettano al fallimento. Inoltre all’ interno del progetto possono
esservi delle limitazioni ad esempio il fatto che saranno soddisfatti solo coloro che erano ammessi
all’ attivo, e verso gli altri eventuali creditori a rimanere obbligato è il fallito salvo la concessione
del beneficio dell’ esdebitazione.

346. La comunicazione della proposta ai creditori: la votazione e l’ approvazione del


concordato.- Per approvare il concordato, il giudice delegato deve chiedere il parere del curatore e
del comitato dei creditori che ha un parere vincolante. Se la proposta prevede delle condizioni esse
devono essere votate dal tribunale il quale deve giudicare la divisione per classi e deve giudicare le
ragioni dei trattamenti differenziati tra creditori appartenenti a classi differenti(art 125). Se la
pronuncia è negativa allora la proposta non è trasferita al comitato, se è positiva e vi è il parere
favorevole del curatore, la proposta è comunicata con un decreto ai creditori che dovranno votare e
il loro voto qualora non sarà effettuato sarà preso come assenso (art 125). Coloro che sono ammessi
al voto sono: se è già esecutivo lo stato passivo, i creditori ammessi anche se con riserva, e in
mancanza dell’ ammissione del passivo, coloro che risultano dall’ elenco provvisorio. Non sono
ammessi: a) i creditori a cui è stato ceduto il credito dopo della dichiarazione di fallimento, salvo
che i cessionari siano intermediari bancari o finanziari, b) i creditori che siano il coniuge o i parenti
o affini entro il terzo grado,c) i creditori garantiti da privilegio quando è prevosto che essi siano
pagati integralmente, salvo che non rinuncino al privilegio e il loro voto deve essere esplicito, e nel
caso in cui il concordato venga meno loro riacquisteranno il loro privilegio. Il concordato è
approvato se votano a favore i creditori che rappresentino la maggioranza dei crediti, se vi sono
classi, il voto è approvato se detta maggioranza si rispecchia anche nel maggior numero di classi(art
128).

347. L’omologazione del conordato.- Trascorso il termine stabilito per la votazione, il curatore ne
riferisce l’ esito al giudice delegato, affinchè ne richieda l’ omologazione al fallito e ai creditori
dissenzienti che, possono opporsi all’ omologazione del decreto entro il termine fissato (da 15 a 30
giorni). Se nel giorno fissato al giudice non arrivano opposizioni, il tribunale verificata la regolarità
della procedura omologa il concordato, con decreto motivato senza reclamo. Se invece sono state
fatte opposizioni, queste saranno decise in base all’ art 26 L Fall. In base al quale le parti possono
fare e loro difese e comparire all’ apposita udienza in seduta camerale, ma se ill giudice non ravvede
altra possibilità se non quella del concordato per appagare le richieste allora procede all’
omologazione, e tale decreto sarà reclamabile in corte d’ appello, ove il procedimento si svolge in
forma camerale con decreto ricorribile in corte di cassazione(art 131).

348. Gli effetti del concordato.- omologato il concordato e reso esecutivo il curatore fornisce al
giudice il rendiconto generale onde si proceda alla sua approvazione. Determinata la chiusura del

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fallimento, restano però in carica il curatore, il giudice delegato e il comitato per il controllo della
gestione del concordato, difatti le somme devono essere consegnate nei modi prestabiliti dal giudice
stesso. Ai creditori che non si sono insinuati prima della chiusura non si estendono le garanzie del
concordato (art 135). Per la percentuale residua tutti i creditori concorsuali, conservano la loro
azione contro gli eventuali coobbligati o fideiussori del fallito contro gli obbligati di regresso (art
135). Realizzato il concordato il giudice ordina lo svincolo dalle cauzioni e la cancellazione delle
ipoteche.

349. L’ annullamento e la risoluzione del concordato.- il concordato può cessare per


annullamento o risoluzione.
Annullamento. Si può chiedere l’ annullamento solo nell’ ipotesi di dolo e precisamente quando
risulta: a) che è stato dolosamente esagerato il passivo, b) che è stata dissimulata una parte rilevante
dell’ attivo (art 138). Il giudizio si svolge all’ interno del tribunale fallimentare con rito camerale,
nel termine di 6 mesi dalla scoperta del dolo e di 2 anni dall’ ultimo pagamento. La sentenza del
tribunale c annulla il concordato e dispone la riapertura del fallimento è provvisoriamente esecutiva
ed è reclamabile presso la corte d’ appello.
Risoluzione. Si ha per inadempimento e dunque per la mancata costituzione delle garanzie
promesse e per il mancato pagamento delle somme dovute. Anche tale giudizio si svolge in camera
d consiglio, con modalità analoghe a quelle previste per la dichiarazione del fallimento.. il tribunale
decide in camera con sentenza appellabile. Malgrado l’ inadempimento la risoluzione non può
operare se gli obblighi sono stati assunti dal proponente o da vari creditori.
Riapertura del fallimento. Si hanno le stesse procedure che avvengono per la riapertura del
fallimento dopo la chiusura per l’ inefficienza dell’ attivo: a) rimangono ferme le garanzie reali o
personali, b) i creditori concorrono per l’ importo del credito primitivo, c) possono essere riproposte
le azioni revocatorie già iniziate ed interrotte,d) il proponente può realizzare una nuova proposta di
concordato ma questa dovrà essere giustificata dal versamento di tutte le somme occorrenti per il
suo adempimento con delle garanzie (art 141).

Capitolo undicesimo: Il fallimento delle società

350. Il fallimento delle società e dei soci illimitatamente responsabili.- Purchè non sia di piccole
dimensioni può essere dichiarata fallita qualsiasi società commerciale ance se già in liquidazione
(art1 l fall), inoltre sono ugualmente responsabili tutti i soci illimitatamente responsabili (art 147), e
dunque il fallimento dell’ azienda comporta anche il fallimento personale di loro stessi. Salvo che:
a) non provino che la società non esiste, ma in tal caso la giurisprudenza sposa l’ opinione per cui
sia dichiarato il fallimento anche della società apparente, cioè quella società che i soci pur non
essendo legati da un vincolo societario, esercitano l’ impresa in maniera di ingenerare a terzi la
convinzione dell’ esistenza di tale vincolo, b) che essi non sono soci o che lo sono ma a
responsabilità limitata, o la cessazione della responsabilità illimitata che deve essere resa nota a
terzi tramite l’ iscrizione nel registro delle imprese.

351. Il fallimento dei soci scoperti dopo il fallimento della società, il fallimento della società
occulta.- Se dopo la dichiarazione del fallimento risulta l’ esistenza di altri soci che siano
illimitatamente responsabili allora essi saranno convocati in camera di consiglio affinchè li sia
concessa la difesa. Tale ipotesi differisce dall’ ipotesi di fallimento della società occulta ciò si ha
quando, anche dopo il fallimento dell’ unico socio, si scopre che a gestire la società ve ne sia una
occulta cioè non dichiarata all’ esterno ed in tal caso si procederà a rendere responsabili anche tali
soci. Ancora diversa è l’ ipotesi in cui un socio è dichiarato fallito a causa dell’insolvenza di una
propria impresa distinta dall’ altra che esercitava , in tal caso il fallimento non si estende e si ha solo
la sua esclusione di diritto.

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352. I rapporti tra il fallimento della società e i fallimenti personali dei soci .- Il fallimento della
società e quello del singolo socio sono differenti ma allo stesso tempo collegati fra di loro, difatti
unico è il giudice delegato, unico è il curatore ed unico è il tribunale (art 148). Si possono nominare
più comitati di creditori poiché per le masse passive della società concorrono i creditori sociali,
mentre per quella singola dei soci, il creditore personale. La domanda di ammissione al passivo
della società vale anche come ammissione al passivo del singolo. Se il fallimento di un socio ha
pagato una quota maggiore ha diritto al regresso rispetto agli altri soci. Diverse sono anche le masse
attive per i distinti patrimoni.
Revoca. Se il fallimento viene revocato si ha la revoca anche dei fallimenti personali.
Chiusura. Se ciò avviene per mancanza dell’ attivo o per avvenuta ripartizione deve essere notificato
sul registro delle imprese, mentre quando la chiusura avviene per mancanza d’ insinuazione o per
estinzione del passivo si chiude anche il fallimento dei soci.
Concordato. Il concordato della società fa chiudere, salvo opposizione anche il fallimento dei
singoli soci. Inoltre, si può avere il concordato particolare di un solo socio, che se omologato,
esclude quell’ unico socio.

353. Altri effetti del fallimento delle società.- Per i soci illimitatamente responsabili, il fallimento
della società comporta delle conseguenze a carico di amministratori e liquidatori, in quanto essendo
i rappresentanti della società devono comunicare al curatore ogni cambiamento di residenza, e
devono essere sentiti quando la legge predispone espressamente che il fallito sia sentito. Se si tratta
del fallimento di una società di capitali il curatore può essere autorizzato dal giudice delegato ad
esercitare l’ azione di responsabilità contro gli amministratori, i sindaci ecc, mentre per l’ srl l’
esercizio dell’ azione di responsabilità può essere anche autorizzato contro i soci illimitatamente
responsabili perché hanno intenzionalmente deciso il compimento degli atti dannosi per la società. I
soci pur non essendo responsabili totalmente, possono essere costretti al versamento anticipato dei
conferimenti dovuti. Infine il giudice delegato può anche concedere al curatore la possibilitàdi
riscuotere la polizza assicurativa o la fideiussione bancaria rilaciate al avore del socio come
garanzia della prestazione di opere.
354. La disciplina fallimentare dei patrimoni e dei finanziamenti destinati ad uno specifico
affare.- Con il decreto esecutivo di riforma del 2005 nella L fallimentare sono state inserite,
numerose clausole relative ai patrimoni destinati ad uno specifico scopo:
a) la revocatoria fallimentare, agisce sugli atti dispositivi che riducono il patrimonio sociale, e per la
loro revoca occorre che il terzo fosse a conoscenza dell’ insolvenza della società.
b) gli effetti sulla dichiarazione di fallimento sull’ amministrazione del patrimonio che viene
attribuita al curatore,
c) gli effetti dell’ incapienza dello stesso patrimonio destinato per violazione delle regole di
separazione con il resto del patrimonio sociale, perché il curatore deve procedere alla sua
liquidazione ed esercitare l’ azione di responsabilità contro gli amministratori della società. Quando
a fallire è una spa che ha ricevuto finanziamenti destinati ad uno specifico affare e il rapporto di
finanziamento è in pendenza, esso si scioglie se quell’ affare non può essere realizzato e il
finanziatore potrà insinuarsi al passivo, mentre se l’ obbiettivo può essere raggiunto allora il
curatore potrà subentrare nel rapporto.

Capitolo tredicesimo: l’ amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi

359. Premessa.- La disciplina originaria del fallimento ma anche tuttora è volta a soddisfare i diritti
dei creditori, realizzando l’ alienazione dei beni oggetto del patrimonio dell’ azienda. Ma adesso
accanto a questo principio se ne aggiunge un secondo per poter ovviare alla disgregazione dei
complessi aziendali con la perdita di posti di lavoro e dell’ avviamento, per tali motivi si è utilizzato
il metodo della amministrazione straordinaria, procedura per la quale si applicano le discipline delle

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liquidazioni coatte amministrative, ma con adattamenti volti a conseguire il risanamento dell’


impresa, agevolandone l’ eventuale continuazione temporanea del suo esercizio.

360. I presupposti dell’ amministrazione straordinaria.- Il tribunale deve decidere i casi in cui si
ha l’ ammissione delle imprese commerciali alla amministrazione straordinaria tenendo conto dei:
presupposti soggettivi: possono essere ammesse tutte le imprese tranne quelle pubbliche,
presupposti oggettivi: per essere ammesse occorre che:
a) le imprese siano in stato d’ insolvenza,
b) abbiano da almeno un anno un numero di dipendenti non minore a 200,
c) abbiano un indebitamento complessivo pari almeno ai due terzi dei beni complessivi che
costituiscono l’ attivo dello stato patrimoniale.
In presenza di tali presupposti il tribunale dopo aver ordinato la comparizione in camera del
debitore, del ricorrente e del ministro dello sviluppo economico che può designare un delegato,
deve emettere una sentenza dichiarativa dello stato d’ insolvenza e non di fallimento.

Sezione seconda: I mezzi per evitare il fallimento, la liquidazione coatta amministrativa e l’


amministrazione straordinaria.

Capitolo unico: il concordato preventivo, gli accordi di ristrutturazione.

368. Premesse.- La normativa originaria sul concordato preventivo è stata modificata dalla L n.
80/2005 nella quale però non è ricompreso il concetto di stato di crisi introdotto della l.
fallimentare all’ art 160 ossia il concetto che ricomprende lo stato d’ insolvenza, ma anche la
mancanza temporanea di adempimento delle obbligazioni a causa dell’insufficiente liquidità.

369. La domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo.- Al creditore che si


sia trovato in stato di crisi, il tribunale attribuisce la possibilità di evitare il fallimento promuovendo
la formazione di un concordato preventivo, da concludersi prima dell’ apertura del procedimento
concorsuale esecutivo. Nel piano l’ imprenditore può prevedere la ristrutturazione dei debiti, e la
soddisfazione dei creditori chirografari in qualsiasi misura e attraverso qualsiasi forma anche
mediante la cessione dei crediti, c) l’ eventuale attribuzione dell’ attivo ad un terzo assuntore, d) l’
eventuale suddivisione dei crediti in classi, anche con trattamenti differenziati, e) il pagamento
parziale dei creditori privilegiati.

370. L’ ammissione alla procedura di concordato preventivo.- La domanda dell’ imprenditore


deve presentarsi con ricorso al tribunale del luogo dov’è posta la sede principale dell’ impresa, e se
imprenditore è la società la domanda deve essere deliberata e sottoscritta, con le stesse regole del
contratto fallimentare. Alla domanda va allegato: a) una relazione aggiornata della situazione
patrimoniale, economica e finanziaria dell’ impresa, b) uno stato analitico e finanziario dell’ attività,
c) l’ elenco nominativo dei creditori,d) l’ elenco dei titolari dei diritti reali o personali sui beni, e) il
valore dei beni e l’ indicazione dei creditori personali dei soci illimitatamente responsabili, tale
piano e documentazione deve essere accompagnato dalla relazione di un revisore contabile. Il
tribunale, sentito il debitore in camera di consiglio, accerta la completezza e la regolarità della
documentazione e devono essere accompagnati dalla relazione del revisore contabile, che attesti a
veridicità dei dati aziendali e la fattibilità dello stesso piano. Il tribunale sentito il debitore in camera
di consiglio accerta la veridicità degli atti e in caso di accertamento negativo dichiara inammissibile
la proposta di concordato e se vi sono le condizioni pronuncia il fallimento. In caso di accertamento
positivo dichiara aperta la procedura di concordato preventivo con la relativa pubblicità:a)
affissione all’ albo del tribunale, b) iscrizione nel registro delle imprese, c) pubblicazione in uno o
più giornali, d) annotazione nei registri mobiliari e immobiliari. Lo stesso decreto deve contenere le
seguenti statuizioni:a) la nomina del giudice delegato, b)la data per l’ adunanza dei creditori, c) il

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termine non oltre i 15 giorni entro il quale l’ imprenditore deve depositare presso la cancelleria del
tribunale la somma necessaria per l’ espletamento della procedura. Se il deposito non viene
effettuato allora il commissario riferisce il fatto al tribunale che apre d’ ufficio la revoca dell’
ammissione al concordato.

371. Effetti dell’ ammissione.- all’ ammissione al concordato derivano numerosi degli effetti
derivanti dal fallimento, in ottemperanza sempre del principio della par condicio creditorum. Difatti
dal momento della deposizione della domanda vengono interrotte le azioni esecutive dei creditori, le
prescrizioni e non si verificano le decadenze, inoltre scadono i debiti a termine, i debiti non
pecuniari vengono trasformati in pecuniari, si ha la sospensione degli interessi e la deduzione di
questi nel caso di pagamento anticipato dei crediti infruttiferi. In quanto agli organi la funzione del
giudice delegato sono le stesse della procedura fallimentare, le funzioni del commissario giudiziario
sono analoghe a quelle del curatore. Il pagamento può essere sempre dichiarato su istanza del pm,
del creditori se il commissario giudiziale riferisce al tribunale che nel corso della procedura del
concordato il debitore ha compiuto atti diretti a frodare i creditori o a dissipare il patrimonio. In tali
casi, se si tratta di imprese soggette unicamente alla liquidazione coatta amministrativa, il tribunale
provvede a renderla operativa (art 3 L Fall).

372. La deliberazione del concordato.- Dopo la deliberazione della nomina del commissario, egli
stesso deve compiere precisi atti, fra i quali: a) verificare l’ elenco dei creditori e dei debitori,
apportandovi le dovute modifiche, b) comunicare ai creditori la data dell’ adunanza, c) redigere l’
inventario del patrimonio del debitore e preparare una relazione sulle varie cause del dissesto, sulle
garanzie ecc.. presentandola in cancelleria almeno 3 giorni prima dell’ adunanza dei creditori. Nel
giorno determinato dal decreto del tribunale ha luogo l’ adunanza, nella quale hanno luogo tutte e
operazioni che se non sono esaurite in una sola adunanza continuano nell’ udienza successiva. I
creditori possono farsi rappresentare con procura scritta, il debitore invece deve intervenire
personalmente salvo grave impedimento, all’ adunanza possono intervenire i coobbligati, i
fideiussori del fallito e gli obbligati in via di regresso.
L’ ordine delle operazioni dell’ adunanza è il seguente:
1)il commissario illustra le sue proposte,
2)ogni creditore illustra il suo punto di vista, e le sue ragioni qualora pensi sia inammissibile il
concordato,
3) il giudice decide sull’ ammissione dei crediti contestati, ma tale verifica ha solo valore
provvisorio e dunque solo ai fini della votazione e del calcolo delle maggioranze,
4) si passa alle votazioni e la proposta di concordato non può essere più modificata dopo le
operazioni di voto. I creditori privilegiati, se non rinunciano al privilegio non hanno diritto al voto.
5) sulle maggioranze richieste per l’ approvazione del concordato e sui creditori esclusi dal voto
valgono le disposizioni del fallimento.
6) la votazione viene documentata in un processo verbale, distinguendo i creditori in favorevoli e
contrari, ed indicando i nomi e l’ ammontare del credito, ed il verbale è chiuso con la sottoscrizione
del giudice e del cancelliere.
Vengono computate anche le sottoscrizioni giunte tramite mezzi di comunicazione a distanza entro i
20 giorni successivi, se nemmeno con queste adesioni si raggiunge la maggioranza dei crediti, il
concordato è respinto.

373. L’ omologazione del concordato.- se le maggioranze sono raggiunte, il concordato è


approvato e si procede alla omologazione. L’ art 180 L Fall. stabilisce lo svolgimento: il giudice
delegato riferisce al tribunale il giorno dell’ udienza camerale, il provvedimento viene pubblicato
nel registro delle imprese e notificato al debitore, oltre che al commissario, ai dissenzienti, e
qualunque interessato, se intendono opporsi all’omologazione del concordato devono costituirsi in
cancelleria almeno dieci giorni prima dell’ udienza di comparizione depositando un atto di

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opposizione. Il tribunale approva il concordato se sono state raggiunte, con voti validi, le
maggioranze prescritte. Anche l’ approvazione del concordato avviene con decreto motivato
(decreto di omologazione), e se non sono state proposte opposizioni dai creditori non è reclamabile
in appello. Il concordato è efficace per tutti i creditori anteriori al decreto di apertura della
procedura di concordato ma i creditori conservano impregiudicati tutti i diritti nei confronti degli
obbligati, fideiussori del debitore. In caso di concordato di società l’ adempimento libera anche il
socio illimitatamente responsabile.

374. L’ annullamento e la risoluzione del concordato.- Il concordato viene eseguito sotto la


sorveglianza del commissario giudiziale, le somme spettanti ai creditori contestati, condizionali o
irripetibili sono depositati nei modi stabiliti dal giudice delegato (art 185 L Fall). per l’
annullamento o la risoluzione si seguono le clausole dl concordato fallimentare. Se vi è il fallimento
dopo la risoluzione o l’ annullamento del concordato preventivo, coloro che sono divenuti creditori
dell’ imprenditore, per atti relativi all’ esercizio dell’ impresa, nel corso della procedura
concordataria, sono considerati nel fallimento creditori della massa (art 111 L Fall)

375. Accordi stragiudiziali di ristrutturazione dei debiti.- l’ imprenditore in stato di crisi può
anche stipulare un accordo di ristrutturazione del debito con coloro che hanno i crediti nei suoi
confronti per un ammontare superiore al 60%, chiedendo l’ omologazione dell’ accordo al tribunale,
che si realizza soprattutto per evitare che i pagamenti effettuati possano poi essere soggetti alla
revocatoria fallimentare. L’ omologazione è anche richiesta per tutelare i diritti dei creditori estranei
agli accordi di ristrutturazione che devono essere soddisfatti regolarmente ed infatti devono essere
depositati in tribunale insieme alla domanda di omologazione anche una relazione fatta da un
revisore contabile che determini l’ idoneità a pagare i debiti. L’ accordo ha efficacia dopo la
pubblicazione sul registro delle imprese e dopo 30 giorni si potrà realizzare l’ opposizione da parte
dei creditori, se non vengono accolte il tribunale procede all’ omologazione con decreto camerale
reclamabile in corte d’ appello entro 15 giorni dalla pubblicazione al registro delle imprese.

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IL NUOVO ORDINAMENTO CONCORSUALE


L’ultimo intervento legislativo, registratosi nel biennio 2017-2019, ha avuto un effetto assai più dirompente di
tutti i precedenti: attraverso di esso ci si è dapprima prefissi (con la legge delega 155/2017) e si è infine
attuata una riforma organica di tutto il diritto concorsuale (con il d.lgs. 14/2019 che contiene il Codice della
crisi d’impresa e dell’insolvenza, “c.ins.”).

Si tratta di un nuovo testo destinato a sostituire l’intera legge fallimentare vigente nonché la disciplina della
composizione della crisi di sovraindebitamento; si introduce così una nuova disciplina della crisi e
dell’insolvenza di tutti i debitori (esclusi gli enti pubblici), dunque anche quelli ad oggi non soggetti alle
procedure previste dalla legge fallimentare.
La disciplina consta di quasi 400 articoli ed è destinata a entrare in vigore il 14 Agosto 2020. Può comunque
prevedersi che la attuale disciplina venga ancora utilizzata per diversi anni dopo il 2020.

PRINCIPI ISPIRATORI DEL CODICE:


La legge delega muoveva innanzitutto dalla necessità di valorizzare due prospettive generali delineate già a
livello del diritto dell’UE: la prima scaturisce dall’esigenza di far emergere con anticipo la crisi imprenditoriale
(c.d. early warning) e poter così intervenire anticipatamente nel risanamento, evitando l’insolvenza; la
seconda invece può rinvenirsi in una proposta di direttiva comunitaria, secondo la quale la possibilità di
intervenire precocemente sulla crisi incipiente (c.d. emerging insolvency) andrebbe favorita tramite l’accesso
del debitore in crisi a soluzioni di ristrutturazione preventiva e di recupero dell’impresa. In tal modo si offre al
debitore una seconda opportunità di tornare ad operare sul mercato (c.d. fresh start).
A differenza della vigente l.fall., secondo il nuovo c.ins. qualunque debitore in crisi o insolvente sarà soggetto
ad una unitaria procedura di accertamento dello stato di crisi o di insolvenza, a prescindere dalla finalità di
risanamento o liquidatoria perseguita.
E’ però poi possibile, quasi certo, che l’unitaria procedura intrapresa vada a proseguire lungo percorsi
alternativi.

LE PROCEDURE DI ALLERTA E DI COMPOSIZIONE ASSISTITA DELLA CRISI:


Assume rilevanza normativa lo stato di “crisi”, cioè quello stato di difficoltà economico-finanziaria che rende
probabile l’insolvenza del debitore e che per le imprese si manifesta come ‘inadeguatezza dei flussi di cassa
prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate’; il c.ins. favorisce la pronta rilevazione dello
stato di crisi, attraverso il ricorso ad appositi ‘indicatori della crisi’.
A tali rilevazioni, insieme alle c.d. procedure di allerta (gestite dagli organismi di composizione della crisi
di impresa – OCRI), sono funzionali gli obblighi di segnalazione (strumenti di allerta) imposti agli organi di
controllo societario. L’OCRI ascolta il debitore e tramite un collegio lo assiste: a) nell’individuare possibili
misure per porre rimedio alla crisi; b) nella ricerca di una soluzione negoziata e concordata con i creditori
(c.d. procedimento di composizione assistita dalla crisi).

PROCEDIMENTO UNITARIO E LE DIVERSE PROCEDURE: LE PROCEDURE DI


GRUPPO
Conclusa invano la fase in cui è possibile accedere alle procedure di allerta, l’imprenditore in stato di crisi o
insolvenza (o il debitore sovraindebitato) può accedere alle c.d. procedure di regolazione della crisi e
dell’insolvenza. Il procedimento, secondo il c.ins., è unitario. L’unitarietà del procedimento di accesso si
risolve nella creazione di una ‘porta unica’ attraverso la quale il debitore transita per essere sottoposto alla
procedura di cui il ‘tribunale concorsuale’ riterrà sussistere i presupposti. Con la particolarità che, nel caso di
pluralità di domande dovrà accordarsi priorità a quella diretta a regolare la crisi o l’insolvenza con strumenti
che si basino comunque su di un ‘piano’ nel quale venga espressamente evidenziata la convenienza per i
creditori. Sarà nel corso di tale unitario percorso che il tribunale potrà disporre le c.d. misure protettive,
consistenti nella impossibilità per i creditori anteriori di iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul
patrimonio del debitore. Si tratterà di misure non più automatiche (c.d. automatic stay), ma disposte dal
giudice (c.d. judicial stay) solamente su espressa richiesta del debitore per un periodo non superiore ai
dodici mesi. Il tribunale può anche disporre eventuali misure cautelari opportune a tutelare l’azienda o il
patrimonio del debitore.
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L’unitarietà della procedura potrebbe riguardare anche un intero gruppo di società. Più imprese in stato di
crisi o di insolvenza appartenenti al medesimo gruppo potranno, con unico ricorso: a) chiedere di essere
ammesse a concordato preventivo oppure all’omologazione di un accordo di ristrutturazione; b) venire
sottoposte ad una procedura unitaria di liquidazione giudiziale (nuovo termine che indica l’attuale fallimento).

STRUMENTI DI REGOLAZIONE DELLA CRISI STRAGIUDIZIALI:


Essi comprendono:

1) gli accordi, a loro volta divisi in:


a) strumenti negoziali stragiudiziali, coincidenti con gli ‘accordi in esecuzione di piani di risanamento’;
b) strumenti negoziali stragiudiziali soggetti ad omologazione, coincidenti con gli ‘accordi di
ristrutturazione dei debiti’.

2) gli strumenti di regolazione giudiziale, a loro volta divisi in:


a) concordato preventivo.
b) procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento;

PIANI DI RISANAMENTO:
Sono previsti dall’Art. 56 e sembrano assolvere ad una funzione analoga a quella prevista dall’attuale legge
sul fallimento. Tuttavia, sono presenti 4 diversi profili di novità:
1) tali piani trovano una locazione fra gli strumenti di regolazione della crisi di qualsiasi imprenditore;
2) in questa loro nuova collocazione, l’accento viene dal legislatore posto non tanto sul ‘piano’, quanto su
quello degli ‘accordi’ in esecuzione del piano. In tal modo si intende opportunatamente collocare lo
strumento fra quelli di regolazione concordata, piuttosto che descriverlo quale atto formalmente unilaterale;
3) viene dalla legge imposta una precisa e severa strutturazione del piano che deve fra l’altro dettagliare le
azioni da compiersi;
4) i possibili abusi dello strumento vengono temperati non solo specificando che l’attestazione di fattibilità del
professionista debba riferirsi tanto ai suoi giuridici che a quelli economici, ed imponendo che gli ‘accordi’
esecutivi debbano provarsi per iscritto ed avere data certa; ma stabilendo che l’esenzione non potrà più
operare, ove si accerti il dolo o la colpa grave dell’attestazione o del debitore, di cui il creditore era a
conoscenza già al momento del compimento dell’operazione o del pagamento ricevuto.

ACCORDI DI RISTRUTTURAZIONE:
Gli accordi di ristrutturazione dei debiti (Art. 57 ss.) costituiscono, come per l’attuale legge sul fallimento,
strumenti di regolazione della crisi a disposizione dell’imprenditore sia commerciale che agricolo, ma non
quello minore, che potrà piuttosto accedere alle procedure da sovraindebitamento. Di tali accordi il c.ins.
predica la natura di ‘strumenti negoziali stragiudiziali soggetti ad omologazione’.
Il c.ins. disciplina la possibilità di modifica sostanziale dell’accordo, sia durante la procedura di omologazione
sia, soprattutto, durante la sua fase di esecuzione.
Le maggiori novità introdotte dal c.ins. in tema di accordi di ristrutturazione si registrano sul piano degli
interventi volti a favorire il raggiungimento del necessario consenso. Questo vale, in primo luogo, quanto alla
possibilità di omologare l’accordo anche in mancanza di adesione da parte dell’amministrazione finanziaria,
quand’anche risultasse decisiva per il raggiungimento delle necessarie maggioranze. In secondo luogo poi,
la normale maggioranza del 60% può essere ridotta al solo 30%, così realizzando un ‘accordo di
ristrutturazione agevolato’.
Ma lo strumento destinato forse ad avere maggior successo è quello della generalizzazione dello schema
degli ‘accordi di ristrutturazione con intermediari finanziari’ quali attualmente previsti dalla vigente legge sul
fallimento: rendendoli utilizzabili a tutti i creditori e non solo a quelli finanziari. Si dà così luogo alla possibilità
di conseguire l’omologazione di ‘accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa’ (Art. 61). Si tratta di
accordi la cui omologazione comporta che il trattamento accettato dalla maggioranza dei creditori omogenei,
che siano raggruppati in una o più categorie, si impone anche ai creditori dissenzienti della medesima
categoria. Rispetto agli intermediari finanziari, inoltre, viene mantenuta nel c.ins la possibilità di ricorrere
all’ulteriore strumento della convenzione di moratoria.

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CONCORDATO PREVENTIVO:
Il concordato preventivo è accessibile dall’imprenditore in stato di crisi o di insolvenza, solo se commerciale
e non minore (Art. 85).
Se da un punto di vista il c.ins. è intervenuto per porre dei limiti generali alla prededucibilità dei crediti
maturati in funzione del concordato, contenendo in particolar modo (nella misura del 75%) l’accumulazione
di quelli di natura professionale, dal primo punto di vista, la novità di più ampia portata consiste nella
limitazione del ricorso ad un conc.prev. liquidatorio solamente ai casi in cui il piano preveda l’apporto di
risorse esterne volte ad incrementare di oltre il 10% il soddisfacimento dei creditori rispetto al prevedibile
risultato di una l.g. (Art. 84).
Il nuovo conc.prev. si candida ad essere una procedura di regolazione della crisi nel segno della continuità
aziendale (c.d. ‘concordato ‘in continuità’).

Per quanto concerne la fase di accesso al conc.prev., resta possibile una domanda ‘in bianco’, cioè senza
ancora depositare il piano e la proposta, e tuttavia: a) senza l’automatic stay, imposto ai creditori dalla
vigente legge sul fallimento, essendo le misure protettive oggetto di specifica e solo eventuale
autorizzazione giudiziale; b) con la possibilità per l’imprenditore di essere autorizzato a compiere atti di
straordinaria amministrazione soltanto in quanto siano state fornite, quanto meno, idonee informazioni sul
contenuto del piano (Art. 46), che dunque a tal fine non potrà essere del tutto ‘in bianco’; c) e con i già ad
oggi vigenti obblighi di informazione periodici e la vigilanza del commissario giudiziale non solo su possibili
atti di frode o sulla violazione degli obblighi informativi, ma anche su qualsiasi altra circostanza o condotta
del debitore ‘capace di pregiudicare una soluzione efficace della crisi’.

Il c.ins. agisce con l’obiettivo di temperare la portata del principio maggioritario che già ora si misura (punto
a) sul valore dei crediti (punto b) per classi (se stabilite), stabilendo che, ai fini dell’approvazione del
concordato, una maggioranza debba raggiungersi anche (punto c) per creditori (cioè per teste) nel caso in
cui uno solo di essi sia ‘titolare di crediti in misura superiore alla maggioranza dei crediti ammessi al voto’.
La medesima esigenza non pare però ulteriormente protetta dalla necessità di una suddivisione
obbligatoria per classi di alcune categorie di creditori che potrebbero avere una certa indifferenza
all’approvazione del concordato, o comunque un interesse alterato rispetto a quello degli altri.

Effetti: va rimarcato il riconoscimento (Art. 98) della ‘prededuzione’ quale statuto del credito concorsuale
destinato ad operare non soltanto nell’eventuale e futura procedura, in caso di esito negativo di quella
concordataria; ma già in seno a quest’ultima, quale regime che giustifica la soddisfazione integrale e
puntuale del credito prededucibile nel corso della stessa procedura concordataria, senza quindi attendere la
fase di esecuzione del concordato omologato. In materia di contratti pendenti poi, il c.ins. precisa come tali
debbano intendersi anche quelli non compiutamente eseguiti nelle prestazioni principali da entrambe le parti
alla data del ricorso introduttivo della procedura: così escludendosi quei contratti ancora ineseguiti solo nelle
loro prestazioni accessorie.

Procedimento: l’esigenza di semplificazione del conc.prev. trova espressione in 3 significative novità:


1) eliminazione della adunanza dei creditori e l’adozione, invece, della necessaria forma telematica per ogni
loro dichiarazione: non solo quindi, principalmente, il voto per l’approvazione del concordato, ma anche le
eventuali previe osservazioni o contestazioni alle proposte da votarsi;
2) ammissione di un reclamo contro la sentenza che si pronuncia sulla omologazione del concordato
preventivo;
3) competenza del tribunale concorsuale anche per tutte le eventuali opposizioni alle operazioni di
trasformazione, fusione e scissione di cui il piano preveda il compimento durante la procedura concordataria
o dopo la sua omologazione.

Viene poi chiarita finalmente non solo la legittimazione del liquidatore, in caso di concordato liquidatorio, ad
esercitare l’azione sociale di responsabilità; ma anche la persistente possibilità per i creditori sociali di
esercitare l’azione di responsabilità loro spettante.

Esecuzione: si registra l’ampliamento del principio dell’obbligo del debitore, coercibile dagli organi della
procedura di dare esecuzione al piano omologato. L’obbligo di esecuzione della proposta è oramai soggetto
non solo alla vigilanza (come attualmente prevede la legge fallimentare nella prospettiva di un’eventuale
risoluzione del concordato), ma al diretto potere di intervento del commissario giudiziale che potrà imporre
l’esecuzione del piano anche a dispetto degli eventuali diversi accordi che, sul piano della più opportuna
conduzione dell’impresa in rapporto alle circostanza sopravvenute, potrebbero altrimenti essere raggiunti
con i creditori.
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PROCEDURE DI COMPOSIZIONE DELLA CRISI DA SOVRAINDEBITAMENTO:


L’ordinamento concorsuale italiano già nel 2012 registrava una forte innovazione con la legge 3/2012,
recante una disciplina per la composizione delle crisi da sovraindebitamento.
Oltre alla vigente legge fallimentare, il c.ins. sostituirà infatti, sempre da Agosto 2020, anche la suddetta
legge 3/2012, prevedendo il ‘sovraindebitamento’ (e cioè lo stato di crisi o di insolvenza: c.d. presupposto
oggettivo) ‘del consumatore, del professionista, dell’imprenditore minore, dell’imprenditore agricolo… e ogni
altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale ovvero a liquidazione coatta amministrativa o ad
altre procedure liquidatorie previste dal codice civile e da leggi speciali per il caso di crisi o insolvenza’ (c.d.
presupposto soggettivo).

Ristrutturazione dei debiti del consumatore: è prevista quale strumento di regolazione della crisi del solo
consumatore. E’ consumatore la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale,
commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta, compreso il socio di società a responsabilità
illimitata in quanto sovraindebitato ‘per debiti estranei a quelli sociali’. Si prevede anche la possibilità di
regolare il complessivo sovraindebitamento di un gruppo familiare, consentendo ai membri della stessa
famiglia di presentare un unico progetto di risoluzione della crisi, pur restando distinte le rispettive masse
attive e passive (Art. 66). Il consumatore, con l’ausilio e per il tramite di un Organismo di composizione della
crisi di sovraindebitamento (“OCC”), presenterà al tribunale un piano per la ristrutturazione dei debiti che
indichi tempi e modalità per superare la crisi e una proposta indicante la misura in cui si propone la
soddisfazione dei creditori.

Concordato minore: è previsto anch’esso quale strumento di regolazione della crisi dei debitori
sovraindebitati sopra elencati, fatta però eccezione per il consumatore. Si tratta quindi della procedura di
regolazione della crisi accessibile dalle imprese minori, dalle imprese agricole e dai professionisti intellettuali.
Il concordato minore è una procedura analoga al concordato preventivo. Anche per questa procedura, infatti,
la finalità dev’essere quella della continuità, cioè della prosecuzione dell’attività imprenditoriale o
professionale, da realizzarsi sulla base di un piano a contenuto libero e di una proposta che consenta il
soddisfacimento dei creditori in qualsiasi forma.

Liquidazione controllata: è prevista come procedura liquidatoria e si applica a tutti i debitori sovraindebitati
elencati fino ad adesso. Risponde quindi, al pari della l.g. delle imprese commerciali non minori, ad una
finalità liquidatoria. Può essere attivata su istanza dello stesso debitore, ma anche dei creditori e del p.m.,
ferma la priorità di trattazione, in questi ultimi due casi, della eventuale domanda di accesso ad una
procedura di regolazione della crisi presentata dal debitore. La sentenza che apre la procedura nominerà un
‘liquidatore’ chiamato ad un’attività analoga a quello svolto dal curatore nella l.g..

Esdebitazione del sovraindebitamento: tutte le procedure appena elencate conducono alla esdebitazione del
sovraindebitato. Nel caso delle procedure di regolazione della crisi, l’esdebitazione sarà una conseguenza
implicita nella falcidia contemplata dalla stessa proposta che sia stata omologata.
Nel caso della liquidazione controllata, l’esdebitazione (Art.282 ss.), quale inesigibilità dei crediti rimasti
insoddisfatti nella procedura, opererà di diritto a seguito del provvedimento di chiusura o comunque decorsi
tre anni dall’apertura. Il c.ins. si occupa inoltre dell’ipotesi – estrema e per certi aspetti considerabile come
una quarta procedura (giudiziale, ma non concorsuale) – dedicata al debitore persona fisica del tutto
incapiente ma ‘meritevole’ (Art. 283).
Si tratta del caso in cui una persona fisica sovraindebitata non sia in grado di offrire ai creditori nessuna
utilità diretta o indiretta, nemmeno in prospettiva futura.

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PROCEDURA DI LIQUIDAZIONE:
La nuova procedura di liquidazione giudiziale (l.g.) sarà regolata dagli artt. 121 ss. del c.ins..
La l.g., come il fallimento, resta la procedura concorsuale giudiziale volta a regolare, con finalità liquidatorie,
l’insolvenza dell’imprenditore commerciale ‘non minore’ (Art. 121).
Profilo più innovativo della nuova l.g. è il condurre, essa, all’esdebitazione dell’imprenditore. L’inesigibilità dei
crediti non soddisfatti durante la procedura viene infatti ad essere considerata, nel c.ins., come un vero e
proprio diritto dell’imprenditore già a tre anni dall’apertura della procedura (o alla chiusura, se precedente), e
non già quale effetto di un provvedimento giudiziale tendenzialmente discrezionale.
Un diritto che a differenza della vigente legge fallimentare non potrà essere negato quando i creditori
concorsuali non siano stati soddisfatti neppure in parte.
L’obiettivo di una ‘seconda opportunità’ consente allora all’imprenditore insolvente (persona fisica oppure
anche società o altro ente) un fresh start che dovrebbe condurre a considerare la l.g. come un’opportunità
che come una fine dalla quale rifuggire ad ogni costo.

7 Fasi:

1) iniziativa: proposta su istanza di organi e autorità amministrative di controllo e di vigilanza sull’impresa


(Art. 37). Gli organi di controllo già sono soggetti, nella fase di allerta, ad obblighi di segnalazione della crisi
delle imprese in forma societaria; le autorità di vigilanza rilevano invece soprattutto con riferimento alle
società cooperative insolventi.
2) funzionamento degli organi concorsuali: risulta condizionato, rispetto al passato, dalla concreta
considerazione degli interessi dei creditori;
3) apertura della l.g.: si producono diversi effetti per creditori, debitori, atti pregiudizievoli per i creditori e per
i rapporti giuridici pendenti. L’esercizio provvisorio dell’impresa stabilisce che l’apertura della procedura non
determina la cessazione dell’attività di impresa, con automatica prosecuzione dei contratti pendenti (Art.
211): difatti, l’effettività di questo principio è sottoposta all’autorizzazione del tribunale, in fase di apertura, o
del giudice delegato, durante la procedura: praticamente, come già attualmente previsto nella legge
fallimentare;
4) accertamento del passivo: tale fase vede riconosciuta la legittimazione del creditore garantito da ipoteca
rilasciata dall’imprenditore sottoposto a l.g. per debiti altrui, e in tale misura interessato alla realizzazione
della garanzia compresa nel patrimonio appreso alla procedura;
5) liquidazione: nell’Art. 213 è descritto il programma di liquidazione, articolato per sezioni, con
l’indicazione, fra l’altro, degli eventuali atti necessari alla conservazione del valore dell’impresa. E’ previsto
un termine massimo entro il quale la liquidazione deve avere inizio (12 mesi dall’apertura della procedura) e
fine (5 anni, prorogabili però fino a 7).
6) ripartizione: tale fase vede, tra le più significative novità, la trasmissione telematica ai creditori del
progetto di ripartizione nonché l’opportuno riconoscimento del rango dei ‘crediti postergati’.
7) chiusura: essa, secondo l’Art. 233 ss., non è impedita dalla pendenza di giudizi o procedimenti esecutivi
rispetto ai quali il curatore mantiene la legittimazione processuale. Vi sarà eventualmente, all’esito di tali
giudizi, un riparto supplementare ed un rapporto riepilogativo finale, con una sorta di ‘definitiva’ chiusura che
la legge nomina ‘archiviazione’.

Il concordato nella l.g. conserva i tratti fondamentali del vigente concordato fallimentare. Tuttavia l’Art. 240
presenta una novità: la proposta da parte del debitore di accedere al concordato risulta possibile solo se
venga previsto l’apporto di nuove risorse che incrementino il valore dell’attivo di oltre il 10%.

LA LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE DELLA SOCIETA’:


Si riconosce apertamente la legittimazione del curatore all’esercizio di ogni azione di responsabilità prevista
dalla legge e quindi, oltre che verso gli amministratori e sindaci, anche verso il direttore generale, i
liquidatori, la società di revisione o il singolo revisore, nonché verso i componenti degli organi di enti ed
imprenditori collettivi non societari (Art. 259). Risulta inoltre il potere, riconosciuto al curatore, di compiere ‘gli
atti e le operazioni riguardanti l’organizzazione e la struttura finanziaria della società previsti nel programma
di liquidazione’ (Art. 264). Quanto alla l.g. delle società con soci illimitatamente responsabili (Art. 256) – il
cui regime si estende anche agli altri enti ed imprenditori collettivi non societari – si riconosce anche al p.m.
la legittimazione a chiedere l’estensione della procedura agli eventuali soci occulti. Trova riconoscimento
legislativo, infine, la fattispecie della c.d. super-società di fatto. L’estensione della procedura di l.g. non
riguarderà più soltanto il socio occulto di società palese e il socio occulto di società occulta, ma potrà ora
pronunciarsi anche nei confronti della super-società (quale S.n.c. di fatto).
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SOMMARIO

PRIMO MODULO:

L’imprenditore in generale
Le società di persone
La società semplice
La società in nome collettivo
La società in accomandita semplice

SECONDO MODULO:

Le società di capitali
La società per azioni
Le modificazioni dello statuto
Lo scioglimento della società per azioni
Le azioni
Le obbligazioni
Gli strumenti finanziari diversi da azioni e obbligazioni
I gruppi di società
I patrimoni destinati a specifici affari
Assemblea
Amministrazione
I sindaci. La revisione legale dei conti
Sistemi alternativi di amministrazione e controllo
I controllo esterni
I libri sociali. Il bilancio
La società in accomandita per azioni
La società a responsabilità limitata
Le società cooperative
Trasformazione, fusione e scissione
Disciplina dei mercati
Disciplina degli emittenti

TERZO MODULO:

Il fallimento
La dichiarazione del fallimento
Gli organi del fallimento
Le spese di amministrazione. L’esercizio dell’impresa
Gli effetti del fallimento (la massa passiva)
Gli effetti del fallimento (la massa attiva)
Gli effetti del fallimento (i rapporti giuridici in corso di esecuzione)
Gli effetti del fallimento (le sanzioni penali)
La liquidazione e la distribuzione dell’attivo
La cessazione del fallimento
Il fallimento della società
La liquidazione coatta amministrativa
L’amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi
Il concordato preventivo. Gli accordi di ristrutturazione
Il nuovo ordinamento concorsuale

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