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INTRODUZIONE

1.Il sistema del diritto commerciale.A)Il significato della categoria.- Con l’ espressione diritto
commerciale s’ intende quel ramo del diritto privato che disciplina un settore dell’ economia. È
bene però ricordare che la categoria designata non deve essere realmente ricompresa in ogni
ordinamento né è immutabile poiché non per forza deve sempre richiamare gli stessi episodi. Essa
anzi è una categoria storica cioè a seconda dei luoghi e dei tempi possono essere attribuiti significati
e funzioni differenti e talvolta accade che tale categoria sia addirittura ignota come ad esempio
accadde con il diritto romano ove l’economia non ebbe mai uno sviluppo tale da richiedere una
disciplina differenziata. Ma anche nei secoli successivi una nuova disciplina non venne realizzata in
quanto i rapporti commerciali erano basati su consuetudini e prassi e tramite gli aggiustamenti
operati dal pretore.
2. B) Lo sviluppo storico della disciplina- Dal basso medioevo il diritto commerciale nasce come
diritto consuetudinario e statutario, normativa che si adatta proprio a quegli operatori economici che
sono attori del rinnovamento dell’ economia. Ai diritti reali vanno sempre più sostituendosi i diritti
di credito con una susseguente circolazione di beni futuri o assenti e l’emergere di istituti giuridici
volti a garantire la sicurezza della circolazione dei diritti reali e di credito.
Il diritto commerciale nasce così come diritto dei mercatores e delle loro corporazioni. Il credito con
l’evoluzione dell’ attività bancaria diventa sempre più, momento essenziale di tale con attività , e si
ha la nascita di istituti volti alla razionalizzazione dell’ attività mercantile con l’ assunzione di
bilanci, con la pubblicità dei dati corrispondenti ai rapporti di commercio, e alla formulazione di
interventi volti a garantire le ipotesi di insolvenza, cioè attinenti alla possibilità del mercante di non
poter far fronte ai suoi debiti, dividendo tra i creditori l’ ipotesi di tale insolvenza (procedure
fallimentari).
Con l’ evolversi delle vicende politiche si ha poi lo sviluppo del diritto commerciale da diritto
statutario a statuale prima applicato da organi giurisdizionali speciali(i tribunali commerciali) e poi
dalla giurisdizione ordinaria. Dopo la rivoluzione industriale alla categoria dei commercianti
appartengono tutti i produttori dei beni tranne gli agricoltori e in posizione preminente gli
industriali, gli assicuratori, i banchieri e i finanzieri.
Il diritto commerciale regola tutti i rapporti compiuti tra due commercianti (atti di commercio
bilaterali) e quelli tra un commerciante e un non commerciante (atti di commercio unilaterali).
Prima dell’ emanazione del codice del 1942 il diritto commerciale era regolato da un codice ben
distinto da quello del dir privato cosicchè accanto ad una compravendita di tipo civile se ne poneva
una di diritto commerciale.

3. C)L’ordinamento vigente.- Oggi in Italia ci troviamo dinnanzi alla “ commercializzazione del


diritto privato” ossia il codice del ‘ 42 ricalca gli antichi principi del codice del commercio
favorendo le imprese commerciali in quanto tali imprese hanno alla base un grosso investimento di
capitali così il legislatore vede con favore tale settore produttivo di ricchezza e dunque vincolo
sicuro di aumenti del PNL. Per tali motivi gli investitori sono sottoposti ad una disciplina volta: a) a
garantire i loro diritti i maniera da ottenere un credito veloce tanto quanto più veloce e sicura sarà la
restituzione; b) a favorire la conclusione dei contratti con i terzi che sono posti in grado di conosce
re i dati principali tramite l’ esame di registri pubblici.

5. Le fonti del dritto commerciale.- Come è potuto emergere nucleo fondamentale delle norme di
diritto commerciale è il codice civile del 1942, in specie nel quarto libro ( contratti e titoli di
credito), e nel quinto libro ove vi è la figura degli imprenditori commerciali ( statuto imprenditori
commerciali). Altre integrazioni provengono dalla legislazione di adattamento alle normativa
europea e dalla costituzione che è stata emanata posteriormente al codice del 1942in specie negli
artt. 41-43; 45-47).

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PARTE PRIMA
IMPRESA
Sezione prima:Gli imprenditori
Capitolo primo:L’ imprenditore commerciale

6. Il problema dell’ individuazione del concetto giuridico di imprenditore commerciale.-


Fondamentale è il concetto di imprenditore dal punto di vista giuridico, in quanto il legislatore
seppure è stato mosso dall’ esigenza di soddisfare l’ economia ha posto dinanzi a sé un filtro per
realizzare degli interessi propri. Difatti, non ha inteso né sottoporre allo statuto dell’ imprenditore
tutti coloro che esercitano un’ attività economica e adotta l’ attributo commerciale solo per coloro
che svolgono un’attività di produzione di beni e servizi. Così in primo luogo si sono fissati i criteri
che fissano la nozione di imprenditore all’ art 2082, poi si è operata una discriminazione tra le
figure del piccolo imprenditore (art 2083) e dell’ imprenditore agricolo (art 2135); ed infine, all’ art
2195 sono indicati tutti gli imprenditori sottoposti all’ obbligo della pubblicità mediante l’ iscrizione
nel registro delle imprese.

7. L’ imprenditore in generale.- l’ art 2082 stabilisce cosa s’ intende per imprenditore a livello
generale ossia:” chi esercita professionalmente una attività economica organizzata al fine della
produzione o dello scambio di beni e servizi”. Analizzando tale definizione avremo:
a) che vi è impresa quando c’è l’ esercizio di un attività, ossia un’ insieme di atti sottoposti ad
un’unica disciplina generale per ognuno di essi, e come impresa quando sono soggetti ad un’ unica
disciplina generale.
b) che l’ attività deve essere economica ossia atta a produrre beni di produzione o di consumo.
c) che l’attività deve essere esercitata professionalmente ossia in maniera abituale, che in base alla
pronuncia della corte di cassazione può essere secondaria e ammette interruzioni (es. attività estiva).
d) che l’ attività deve essere organizzata, ma i caratteri dell’ organizzazione non sono indicati dal
legislatore ed appaiono superflui, e per visione comune non sono imprenditori coloro che
producono beni e servizi come lavoratori autonomi e con mezzi di poco valore mentre chi alle
stesse condizioni fa circolare beni di grosso valore si dicono imprenditori poiché si tiene conto dei
beni oggetto dell’ attività (es. compra e rivende sempre azioni).
e) fine ultimo dell’ attività economica deve essere la destinazione al mercato cioè chi lavora per un
consumo proprio non è imprenditore.
f) infine, è ancora al quanto controverso cosa sia lo scopo di lucro ossia l’ intento al guadagno cioè
quando i ricavi superano i costi. Per ciò che riguarda le imprese cooperative ( imprese che non
vogliono guadagnare utili da distribuire fra i soci ma vogliono un guadagno per ogni socio in
relazione agli atti di scambio che essi realizzano con la cooperativa) si pensa che l’ importante è che
l’ azienda assuma un vantaggio patrimoniale; per le imprese dello stato l’ importante è che esse
abbiano un criterio di economicità ossia l’ attività deve coprire i costi di produzione .
Nelle imprese sociali realizzate da organizzazioni private lo scopo di lucro è escluso (art 1e2 D. L.
n. 155/06) in tali imprese gli utili e gli avanzi sono destinati all’ aumento del patrimonio o all’
incremento dell’attività stessa (art 3).
g) controverso è se l’ attività per essere impresa debba essere lecita.
Infine non sono considerati imprenditori coloro che esercitano una professione intellettuale, ciò è
smentito dalla disciplina comunitaria ma non sono imprenditori commerciali tranne quando u n
medico gestisce anche una casa di cura così oltre alle cure offre vitto e alloggio.

8. L’ imprenditore agricolo.- L’ art 2135 nel nuovo testo introduce la figura dell’ imprenditore
agricolo ossia colui che esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, silvicoltura,
allevamento di animali. Nel nuovo testo vengono inoltre specificati i caratteri di tali attività cioè che
devono essere dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase dello stesso di
carattere animale o vegetale che utilizza il fondo il bosco o le acque .

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Inoltre il concetto di allevamento non è più limitato al bestiame ma esteso ad ogni animale, mentre
rimane attività agricola l’ allevamento di cani e animali da pelliccia , mentre rimangono soggetti all’
attività commerciale quella rivolta all’ acquisto di animali per rivenderli.
Per il testo originario dell’ art 2135 per non diventare imprenditore commerciale quello agricolo
doveva svolgere i processi di alienazione e trasformazione secondo le normali modalità svolte negli
altri settori. Mentre nel nuovo testo sono ammesse trasformazioni anche con metodi innovativi
operati dagli imprenditori che rimarranno sempre agricoli e non commerciali; infine, rimane
imprenditore agricolo chi fornisce a terzi beni e servizi e chi procede al miglioramento o alla
sistemazione di fondi e sono qualificate imprese agricole anche le cooperative che trasformano i
prodotti consegnati dai soci.
Anche gli imprenditori agricoli devono iscriversi nella sezione spaciale del registro d’ impresa che
ha una funzione anagrafica e di pubblicità dichiarativa.
La visione ristretta dell’ imprenditore agricolo avutasi nella vecchia legislazione del codice è dovuta
soprattutto al fatto che prima l’ Italia era un paese agricolo con un pi alto interesse allo sviluppo
industriale mentre adesso il governo ha intenzione di rilanciare tale settore favorendo anche le
imprese giovanili con agevolazioni fiscali e contributi pubblici, anche comunitari riconosciuti agli
imprenditori agricoli professionali ( IAP) ed alle società agricole.

9. L’ imprenditore commerciale.-I piccoli imprenditori invece sono sottratti all’obbligo d’


iscrizione del registro delle imprese( art 2202), non devono tenere le scritture contabili indicati nell’
art. 2214, non sono soggetti al fallimento e alle altre procedure concorsuali( art 2221).ùall’ art 2083
viene ben decifrata la nozione di piccolo imprenditore che è colui che esercita l’ attività d’impresa
con prevalenza del lavoro proprio sia su quello altrui che sul capitale. Per ciò che riguarda l’essere
sottoposti al fallimento, a norma della l. fallimentare qualora
a)dimostrino di non aver avuto per ogni anno dell’ ultimo triennio un attivo patrimoniale superiore a
300mila euro; b)non abbiano realizzato ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo superiore
a 200 mila euro; c) la loro massa debitoria non superi 500 mila euro, superati uno di tali indici sono
fallibili, ma si pone il problema se essi possano essere esentati seguendo la disciplina del codice ma
ciò non è ammesso.
Molto spesso si parla di piccola impresa nella legislazione speciale che non va confusa con la
nozione codicistica.

11. L’ imprenditore artigiano.- A norma dell’ art 2083 sono piccoli imprenditori anche gli
artigiani e tale soluzione codicistica è confermata dalla L. n. 443/85che ha posto i limiti
fondamentali entro cui le regioni possono dare finanziamenti alle imprese artigiane. Secondo l’ art.
2 di tale legge è imprenditore artigiano colui che esercita personalmente , professionalmente e in
qualità di titolare il lavoro di artigiano. L’ art 3 invece specifica l’ oggetto di tale attività cioè beni
semilavorati o anche prodotti in serie purchè il processo non sia del tutto automatizzato. L’ art 4
indica il numero massimo di dipendenti disponendo due limiti:a) i dipendenti devono essere
sottoposti all’ imprenditore- artigiano , con un numero massimo per ogni tipo d’ impresa( 22 per
produzione prodotti non di serie, 12 per prodotti di serie, 40 per produzione artistica…); b)limite
per capitali fissi perché il processo non deve essere del tutto automatizzato.
La giurisprudenza ritiene invece che non possa essere presa in considerazione tale l quadro perché
volta solo alla concessione di sussidi.
Ancora l’ art 3 considera impresa artigiana anche la società di persone o capitali e per quest’ ultime
anche quelle a responsabilità limitata a condizione che i soci svolgano in prevalenza lavoro
personale.
L’ impresa può svolgersi in luogo fisso, presso l’abitazione dell’artigiano o in forma ambulante o
per posteggio, in ogni caso l’ artigiano può essere titolare di una sola impresa. Per la soggezione al
fallimento si segue l’ esempio del piccolo imprenditore.

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12. L’impresa familiare.-figura nata all’ indomani della realizzazione del diritto di famiglia
(l.n.151/1975) e indica quella specifica impresa ove collaborano, prestandovi le loro energie
lavorative in qualità di collaboratori e non di subordinati , il coniuge, i parenti entro il terzo grado e
gli affini entro il secondo. Tra le parti non è configurabile alcun rapporto giuridico, e anche altre
persone estranee possono lavorarvi all’interno dell’ azienda ma devono essere sempre lavoratori
subordinati.
Alcuni ritengono che si tratta di una impresa individuale ove gli altri soggetti partecipano ope legis,
in qualità di cointeressati. Non sembra invece possa essere configurata come impresa sociale,per l’
incompatibilità tra la disciplina della società e dell’ impresa famigliare, ma talvolta può accadere
che in un impresa sociale diretta dai coniugi lavori anche un terzo figlio che per essere disciplinato
viene utilizzata la disciplina dell’ impresa famigliare.
Disciplina. Per la formazione dell’ impresa familiare non viene utilizzato alcun negozio
giuridico( atto costitutivo) appare sufficiente che l’ impresa appartenga ad un famigliare e che in
questa lavorino i parenti, inoltre possono collaborare anche i minori, l’ importante che essi non
assumino responsabilità per debiti o per direzione dell’impresa.
A norma dell’ art 230-bis una normativa sull’ impresa è stata introdotta proprio per garantire ai
famigliari una ripartizione degli utili. Le decisioni degli atti di ordinaria amministrazione vengono
prese dal titolare ed anche su di lui ricade la responsabilità fallimentare qualora si vada oltre i tre
limiti. Il diritto individuale di partecipazione è trasferibile solo a favore di altri familiari e può
essere liquidato in danaro in più trance; inoltre, sul diritto in caso di divisione testamentaria hanno
diritto di prelazione gli altri familiari.(art. 230 bis)

13. L’impresa pubblica.- art. 41 43 Cost. l’impresa può essere esercitata anche dallo stato in tre
differenti modi: a)l’ attività commerciale può essere esercitata dallo stato o da altri enti pubblici
territoriali; b) può essere esercitata da un ente pubblico economico che ha per oggetto l’ esercizio di
un’ attività economica; c)lo stato e gli altri enti possono partecipare come soci a società commerciali
in specie per azioni.
La scelta dell’ uno o dell’ altro strumento dipende da fattori economici e politici difatti nei tempi
storici si è passato dallo strumento degli enti pubblici economici( ferrovie dello stato) alle società
per azioni con una decrescita del potere dello stato, e con una crescente applicazione dello statuto
degli imprenditori adottato completamente nella condizione c. lo stesso statuto si applica nell’
ipotesi b con il complementare obbligo per l’ ente di iscriversi nel registro delle imprese. Infine nell’
ipotesi a lo statuto trova applicazione limitatamente alle imprese esercitate dallo Stato o dagli altri
enti pubblici territoriali. (art 2093).

14. L’ acquisto e la perdita della qualità di imprenditore commerciale. L’ imprenditore


occulto.- Per diventare imprenditore commerciale basta iniziare l’ esercizio dell’ impresa
commerciale e l’ imprenditore reale sarà colui in nome del quale l’ impresa viene esercitata, è
controverso se la eserciti anche colui nel cui interesse l’ impresa viene esercitata tramite un
prestanome, ma nel nostro ordinamento la spendita del nome non è obbligatoria e pertanto il
dominus anche se ignoto a terzi è ugualmente responsabile e così l’ imprenditore occulto fallirà
insieme a quello fatto palese. Infine l’ imprenditore deve iscriversi nella sezione del registro delle
imprese e se non cura tale obbligo avrà a suo carico una sanzione amministrativa, ma diventa lo
steso imprenditore commerciale, mentre se e scritto ma non esercita l’ attività non è un imprenditore
commerciale, difatti al cessare dell’ impresa cessa anche la carica di imprenditore commerciale, ma
anche dopo la perdita della carica alcune conseguenze giuridiche permangono,il fallimento può
essere dichiarato fino ad un anno dalla cancellazione dal registro,o dalla cessazione dell’ esercizio
dell’ impresa.
15. Gli impedimenti all’ esercizio dell’ impresa commerciale.- Per ragioni di incompatibilità è
vietato l’ esercizio delle imprese commerciali a coloro che ricoprano determinate funzioni come
notai, avvocati… se questi lo fanno lo stesso diventano imprenditori commerciali ma sono

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sottoposti ad una sanzione amministrativa e a degli aggravanti penali in caso di fallimenti .


conseguenze analoghe si hanno quando vengono esercitate imprese senza le dovute autorizzazioni.
Infine la legge fallimentare dichiara temporaneamente inabili all’ esercizio del’ impresa coloro che
sono condannati alla bancarotta o per ricorso al credito ed inoltre a tali categorie è vietata l’
intermediazione nella distribuzione dei beni.

16. La capacità ad esercitare un’ impresa commerciale.


Sono dettate delle particolari norme in relazione all’ esercizio dell’ impresa per l’ incapace a tutela
del suo patrimonio.
Due sono le nozioni fondamentali:
1. Il genitore esercente o il tutore dell’incapace assoluto non può compiere atti di straordinaria
amministrazione se non dopo aver avuto concessione giudiziaria e aver dimostrato che tali
atti siano necessari e di evidente utilità per l’ incapace;

2. Gli incapaci relativi invece possono compiere atti necessari e utili di straordinaria
amministrazione col consenso del curatore e sotto pronuncia giudiziaria.
Ma tale disciplina appare fortemente macchinosa per la realizzazione di un’ impresa, così di regola
non viene consentito che si abbiano delle imprese esercitate in nome dell’ incapace, a ciò si hanno
due eccezioni:
Prima eccezione : si tiene conto dell’ onere sull’ incapace che avrebbe il trasferimento di un’
impresa a lui pervenuta a titolo gratuito, in tal caso il rappresentante potrebbe essere autorizzato ad
esercitare l’ impresa (art 320 c5, 371 c2; 424). Per l’ interdetto questa disciplina vale anche qualora
si debba continuare un’ impresa da lui precedentemente incominciata, mentre l’ inabilitato potrebbe
essere portato a continuare ad esercitare l’ impresa con il suo curatore (art 425). La norma può
ritenersi estendibile per analogia all’ emancipato.
Seconda eccezione : il minore emancipato può essere autorizzato dal tribunale non solo a continuare
un’ impresa ma anche ad iniziarne una del tutto nuova senza il curatore e in tal caso egli assume la
piena capacità, eccetto le donazioni. Il tribunale conserva pur sempre la possibilità di revocare l’
autorizzazione all’ esercizio dell’ impresa (art 397). Tutti gli atti di autorizzazione e le revoche
devono essere iscritti nel registro delle imprese.

17. Effetti dell’ esercizio di un’ impresa commerciale. A) Pubblicità mediante il registro delle
imprese.- Proprio per garantire a tutti il diritto ad avere i dati relativi ad una data impresa in Italia
opera il registro delle imprese, consultabile e tenuto presso la camera di commercio il cui
responsabile è il segretario generale, sotto la vigilanza del giudice del registro delegato dal
presidente del tribunale del capoluogo della provincia. Il registro è diviso in due sezioni: ordinaria
ove rientrano gli imprenditori commerciali, individuali e sociali, i consorzi e le società consortili, i
gruppi europei d’ interesse economico, gli enti pubblici economici, le società estere che hanno in
Italia la loro sede d’ amministrazione. Nella sezione speciale rientrano:gli imprenditori agricoli e le
società semplici: ma anche artigiani seppure essi siano già iscritti nell’ albo provinciale delle
imprese artigiane. I dati sono fornii dalle aziende stesse: entro 30 gg dall’ inizio dell’ impresa l’
imprenditore individuale deve rilasciare nome, cognome, paternità, cittadinanza, nome impresa
(ditta), oggetto e sede impresa; se imprenditori commerciali nome e cognome degli institori e
procuratori, per modificare tali dati o per cessazione dell’ impresa stessa si deve richiedere l’
iscrizione delle modificazioni e delle cessazioni. Le imprese sociali devono richiedere l’ iscrizione

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dell’ atto costitutivo e delle modificazioni. Gli atti devono essere registrati in forma autenticata.
Prima di procedere all’ iscrizione devono essere verificate le condizioni richieste dalla legge (art
2189), se non sussistono l’ iscrizione può essere rifiutata e l’ imprenditore può fare ricorso entro 8
gg al giudice del registro che può ordinare l’ iscrizione d’ ufficio (art 2189, 2190) solo per le
imprese individuali. Contro i provvedimenti del giudice del registro si può ricorrere entro 15 gg
dalla loro comunicazione proponendo reclamo al tribunale (art. 2192 ). Il giudice del registro può
anche ordinare la cancellazione dal registro di una iscrizione o perché è avvenuta in mancanza di
condizioni di legge o perché è cessata l’ impresa di esistere. L’ iscrizione ha un’ efficacia positiva e
negativa: la prima va a vantaggio del’ imprenditore poiché l’ ignoranza dei fatti, dei quali la legge
prescrive l’ iscrizione, non può essere opposta dai terzi quando essa è avvenuta (art 2193). Mentre la
negativa opera qualora non essendo stata iscritti gli atti per come disponeva la legge essi non
possono essere opposti a terzi. L’ iscrizione nella sezione speciale ha una funzione di pubblicità, ma
anche una di certificazione anagrafica, ossia di documentazione e di individuazione delle imprese
iscritte nel registro.
La consultazione dei dati è resa possibile a tutti e ciascun ufficio rilascia certificati e copie tratte
dagli archivi informatici.

18. B) Obbligo di documentazioni delle operazioni d’ impresa: corrispondenza e scrittore


contabili.
L’ imprenditore commerciale ha l’ obbligo di conservare le scritture contabili in modo che
osservando la contabilità si possa in ogni momento fare il punto sull’ attività svolta, indagare sulle
cause dei risultati positivi e negativi, correggere errori d’ impostazione ecc..
L’ imprenditore ha l’obbligo di tenere tale contabilità e le relative sanzioni hanno lo scopo di
spingerlo alla tenuta di una contabilità regolare. Tali
documenti possono essere divisi in:
- corrispondenze, cioè per ciascun affare concluso per corrispondenza devono essere conservati gli
originali delle lettere e telegrammi e fatture ricevute e le copie di quelle inviate, in maniera che un
affare possa essere ricostruito e comprovato ;
- scritture contabili le quali devono essere tenute da tutti gli imprenditori commerciali. Esse sono :
1) il libro giornale nel quale l’ imprenditore deve indicare giorno per giorno le operazioni
d’ impresa. Nel libro giornale le operazioni di impresa vengono ordinate cronologicamente ;
2) il libro degli inventari in cui all’ inizio dell’ impresa e dopo ogni anno l’ imprenditore deve
indicare gli elementi passivi e attivi del suo patrimonio compresi i rapporti estranei all’ impresa
determinandone il valore (inventario) ; all’ inventario faranno seguito lo stato patrimoniale ossia le
attività e passività relative all’ impresa, ed il conto economico( esposizione analitica degli utili
conseguiti e delle perdite subite art 2217): questi ultimi costituiscono il bilancio d’ esercizio. I
bilanci delle imprese individuali e delle società di persone non sono soggetti all’obbligo del
deposito nel registro delle imprese.
Per evitare false dichiarazioni riguardo le scritture contabili sono stati stabiliti determinati criteri :
a) il libro giornale e il libro degli inventari prima di essere usati devono essere numerati
progressivamente in ogni pagina e se si tratta di scritture contabili che secondo le leggi speciali
devono essere bollate dal notaio o dall’ ufficio del registro in ogni foglio, questi dovranno dichiarare
nell’ ultima pagina il numero dei fogli che le compongono formalità estrinseche iniziali;
b) il libro degli inventari deve essere annualmente sottoscritto dall’ imprenditore;

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c) tutte le scritture devono essere eseguite secondo le norme di un’ ordinata contabilità senza spazi
bianchi, senza abrasioni e in caso di cancellature in modo che queste siano leggibili, senza interlinee
e senza trasporti in bianco formalità intrinseche.
La corrispondenza e le scritture contabili possono essere conservati anche con strumenti informatici
, in tale ipotesi, per assicurare la regolarità della tenuta informatica, gli obblighi di numerazione
progressiva e di vidimazione devono essere assolti procedendo all’elaborazione trimestrale del
documento informatico ed alla sua sottoscrizione con firma digitale e marca temporale da parte
dell’imprenditore o da altro soggetto da lui delegato.
Se l’imprenditore non tiene le scritture contabili o le tiene irregolarmente, in caso di insolvenza non
viene ammesso al concordato preventivo e, dichiarato fallito, viene punito per il reato di bancarotta
semplice.
Particolare rilievo assume l’ efficacia probatoria delle scritture contabili, essa opera contro e a
favore dell’ imprenditore.
Contro l’ imprenditore , anche se tenute irregolarmente fanno prova piena ( presunzione semplice),
Perché le scritture contabili possano fare piena prova contro l’imprenditore, occorre ottenerne la
produzione in giudizio. Se ne può pretendere la comunicazione o esibizione : la comunicazione
integrale può essere chiesta al giudice solo in tre casi :
- quando si tratta di controversie relative allo scioglimento di una società, alla comunione dei beni e
alla successione ereditaria ;
negli altri casi i giudice può ordinare, anche d’ufficio, l’esibizione di singole scritture contabili o
anche di tutti i libri.
Le scritture possono fare prova anche a suo favore . Non si tratta però di piena prova ed inoltre è
subordinata a tali condizioni:
a) che i libri siano tenuti regolarmene ;
b) che si tratti di rapporti tra imprenditori commerciali ;
c) che si tratti di rapporti derivanti per entrambi gli imprenditori dall’esercizio della loro impresa.
Difatti solo se ricorrono le condizioni B e C gli imprenditori hanno l’ obbligo di documentare le
scritture e di confrontarle con l’ altro imprenditore ; se ricorre invece la condizione A si ha una
grande garanzia che la scrittura non sia compiuta in occasione di controversia.
La corrispondenza e le scritture contabili devono essere conservate per 10 anni. La conservazione
può anche avvenire sotto forma di registrazioni su supporti di immagine e quindi anche con
riproduzioni informatiche.

19. C) Sottoposizione alle procedure concorsuali.


L’ imprenditore che si trovi in stato d’ insolvenza cioè non riesca a far fronte a tutti i suoi debiti è
soggetto al fallimento (art 2221), procedura che ha lo scopo di alienare tutti i bene dell’
imprenditore per poi soddisfare i creditori con precedenza per i chirografari ;
è soggetto alla amministrazione straordinaria (d.lg. n.270/99 ) ossia a quella procedura che ha come
scopo principale di consentire il recupero dell’ equilibrio dell’ impresa, così perseguendo anche il
soddisfacimento dei creditori.
A tale procedura concorsuale sono sottratti i piccoli imprenditori e gli enti pubblici commerciali.

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20. La disciplina della tutela dei consumatori. Sicurezza dei prodotti e responsabilità del
produttore :
Lo statuto degli imprenditori è stato negli anni integrato con numerose altre legislazioni e in
particolare con una normativa di origine comunitaria, che ha imposto ulteriori obblighi di
comportamento soprattutto agli imprenditori commerciali, per la protezione dei consumatori e degli
utenti, ossia di coloro che agiscono per scopi estranei all’ attività imprenditoriale e che dunque non
sono correttamente informate ed essendo particolarmente vulnerabili hanno bisogno di una
particolare protezione giuridica che gli consenta di percepire chiaramente benefici e costi
conseguenti alle loro scelte di acquisto e consumo.
Pertanto, in attuazione dell’ art 153 del Trattato della Comunità Europea è stato introdotto il
Codice dei consumatori atto ad assicurare un elevato livello di tutela dei consumatori e degli utenti
e a riconoscergli fondamentali diritti come quelli alla salute, alla sicurezza, alla qualità dei prodotti
e dei servizi ; ad una adeguata informazione ed una corretta pubblicità ; all’esercizio delle pratiche
commerciali secondo i principi di buona fede, correttezza e lealtà ; all’educazione al consumo ;
alla correttezza, trasparenza ed equità nei rapporti contrattuali ( cod. cons. D. LG n. 206/05).
Sugli imprenditori verranno fatti dei controlli amministrativi che prevedranno sanzioni penali per
coloro che violano l’obbligo di immettere sul mercato prodotti sicuri tali che in condizioni di
normale utilizzo non arrechino danni.
È prevista inoltre una responsabilità extracontrattuale per coloro che producono beni mobili che
sono destinati al pubblico tramite l’ intervento di imprenditori commerciali che svolgono un’ attività
intermediaria (art 2195 sono i fornitori). Di solito infatti il consumatore non ha rapporto col
produttore così l’ azione di rivalsa viene fatta dall’ intermediario.
Pertanto il produttore è responsabile del danno cagionato da difetti del suo prodotto e si avrà che :
1) sono prodotti tutti beni mobili anche se agricoli;
2) sono produttori oltre che i fabbricanti, i rappresentanti e in mancanza di questi anche gli
importatori e tutti gli imprenditori della catena di commercializzazione nella misura in cui possano
incidere sul prodotto ;
3) è difettoso il prodotto che non offre la sicurezza dell’ uso per cui è ragionevolmente destinato.
Il produttore deve risarcire i danni provocati dall’uso del prodotto difettoso, se il danneggiato
adempie all’onere di provare il difetto del prodotto ei l nesso di casualità tra il difetto e il danno.
Il produttore può discolparsi dimostrando una delle cause di esclusione della responsabilità
ammesse per legge ( ad es. che il difetto non esisteva quando il prodotto è stato messo in
circolazione ). Sono risarcibili i danni alle persone e alle cose e tale diritto si prescrive in 3 anni dal
momento in cui il danneggiato avrebbe avuto conoscenza del danno.
Se il produttore non è individuato, risponderà il fornitore nel caso in cui ometta di comunicare
entro 3 mesi al danneggiato l’ identità e il domicilio del produttore.
Azione di classe. A coloro che compongono la classe dei consumatori e degli utenti è consentito di
esercitare anche individualmente, ovvero mediante mandato ad un’associazione o ad un comitato a
cui partecipano, un’azione giudiziale ( detta, appunto, di classe ) contro gli imprenditori per la tutela
dei proprio individuali o anche per la tutela di interessi collettivi.
L’azione ha per oggetto l’accertamento della responsabilità e la condanna al risarcimento del danno
e le restituzioni in favore degli utenti consumatori.
Tali adesioni devono pervenire entro un termine perentorio, non superiore a 120 giorni, fissato dal
Tribunale, e decorrente dalla data di pubblicazione dell’ordinanza preliminare di ammissibilità della

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domanda. Decorso tale termine, non sono altresì proponibile ulteriori azioni di classe, aventi ad
oggetto i medesimi fatti e nei confronti della stessa impresa

Capitolo secondo: l’ azienda, i segni distintivi- i beni immateriali

21. Il concetto d’ azienda. L’ avviamento .-per esercitare l’ impresa occorre avere a disposizione
un complesso di beni e servizi ossia l’ azienda. Il codice non vede i due termini come sinonimi
difatti su un piano soggettivo si ha il concetto d’ impresa come attività dell’ imprenditore (art 2082),
mentre su un piano oggettivo abbiamo l’ azienda come insieme di beni(art 2555 non menziona i
servizi) per l’ esercizio di quella attività. Per realizzar l’ attività produttiva non vi sono solo elementi
eterogenei come beni e servizi ma vi sono differenzazioni anche tra i beni stessi che possono essere
materiali immateriali, fungibili, infungibili ecc. ugualmente vari possono essere i diritti in forza dei
quali l’ imprenditore gode degli elementi dell’ azienda(diritti aziendali) per esempio la proprietà dei
macchinari. Non bisogna pensare che l’ attività d’ azienda preceda quella d’ impresa , né che per
iniziare l’impresa sia essenziale prima il collocamento di beni e servizi presso i consumatori. Anche
i rapporti con i consumatori incidono sulla composizione dell’azienda.
Clientela e avviamento: scopi finali dell’ impresa sono essenzialmente due ossia assumere una certa
posizione sul mercato ed ottenere un buon profitto e per avere ciò occorre raggiungere determinati
livelli di produzione e dunque di domanda dei consumatori. Ma all’ azienda oltre che la clientela
bisogna l’ avviamento. Per comprendere tale concetto occorre tener presente che il guadagno di un’
impresa è dato dalla differenza positiva tra costi e guadagni. L’ imprenditore ha di solito
convenienza ad investire la maggior parte del suo patrimonio e dunque dal guadagno lordo
occorrerebbe dedurre il compenso spettante all’ imprenditore sul capitale investito se fosse altrui per
ottenere il profitto. L’ avviamento è la capacità dell’ solitamente viene compiuta una previsione del
profitto futuro dalla quale dipende il valore dell’ azienda e se si ricava un valore superiore a quello
d’ investimento si avrà l’avviamento. La clientela presuppone un’ azienda già usata nell’ esercizio
dell’ impresa e per meglio comprendere i rapporti tra azienda, clientela ed impresa occorre
aggiungere:a) che la disciplina dettata per l’ azienda presuppone un complesso dotato non solo di
funzionalità della produzione ma anche di clientela e avviamento; b) che clientela e avviamento si
riferiscono ad una realtà più complessa, risultante dall’unione dell’ imprenditore e dell’ azienda
nell’esercizio dell’ impresa.
Si può ipotizzare quanta parte d’impresa sia attratta dalla qualità di taluni elementi dell’
impresa(avviamento o clientela oggettivi) e quanti dalla capacità e dai rapporti personali dell’
imprenditore (avviamento o clientela soggettivi), quest’ ultima potrà continuare ad essere attratta
dalla sola azienda qualora l’ imprenditore non continui l’ impresa.

22. Il problema della conservazione dell’ azienda e della sua circolazione.- La disciplina dell’
azienda mira a favorire la conservazione dell’ unità economica poiché l’ interesse alla permanenza
dell’ azienda è cresciuto con la formazione di un’ economia a capitalismo avanzato ove la loro
chiusura causerebbe la perdita di posti di lavoro e capitali. L’ interesse alla conservazione dell’
azienda può essere difeso ostacolandone la dissoluzione da parte di coloro che per legge ne
avrebbero il potere come i creditori, sia favorendo la circolazione dell’ azienda come complesso
unitario. Per il primo caso per ostacolare l’ azione dei creditori è stato dato un particolare valore
significativo ad insolvenza solo se riferita al capitale fisso (piano giuridico), ovvero favorendo con
l’ amministrazione straordinaria la continuazione dell’ esercizio(piano normativo). Sono state

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introdotte norme a tutela dell’ avviamento commerciale per a) facilitare all’ imprenditore la
conservazione dell’ immobile con il diritto di prelazione nel caso in cui il locatore intenda vendere l’
immobile o lo voglia dare in locazione a terzi; b) assicurare al locatore in caso di perdita dell’
immobile un indennizzo a carico del locatore che non sarà dovuto nel caso in cui si tratta d’ imprese
che non hanno rapporti diretti con il pubblico (sent. Corte cost n. 36/1990).

23. La disciplina della circolazione dell’ azienda: forma e prova dei negozi relativi.- Per
facilitare la circolazione dell’ azienda come sistema unitario servirebbe considerarla quale bene
indivisibile quando dotata di avviamento ossia quando il suo valore in base all’ avviamento supera
quello d’ investimento. Sul piano legislativo si considera che tale visione unitaria si sarebbe potuta
tradurre mediante l’ utilizzo di contratti di trasferimento della titolarità dell’ azienda e di
costituzione dei diritti di godimento aziendali richiedendo una forma scritta a pena di nullità. Il
codice invece stabilisce solamente che essi debbano essere provati in giudizio per iscritto. Inoltre
esistono diversi sistemi di circolazione a seconda che si parli di conflitti tra diversi acquirenti di una
stessa azienda tra acquirente azienda e acquirente dei singoli diritti aziendali e tra acquirente e
creditori dell’ alienante: con l’ art 2556 si è previsto che per le aziende commerciali vi sia
l’iscrizione del contratto nel registro delle imprese nel quale è iscritto l’imprenditore alienante e
deve essere richiesta entro 30 giorni dal notaio che ha redatto il contratto di trasferimento dell’
azienda in forma autentica .

24. Altre regole relative alla circolazione dell’ azienda.- Si è concluso col dire che per il
trasferimento dei diritti reali su cosa immobile vengono trasferiti mediante l’ utilizzo di iscrizioni
sul registro delle imprese, mentre per gli altri diritti tali sono le prescrizioni statali: 1) per il
trasferimento dei rapporti contrattuali in corso di esecuzione l’ art 2558 dispone che l’ acquirente
dell’ azienda subentra nei contratti eseguiti nella stessa posizione dell’ alienante ad es. quello per la
fornitura dell’ energia elettrica. Tale successione avviene senza il bisogno di avvertire la controparte
che qualora non accetti ha il diritto di recedere entro 3 mesi dalla notizia del trasferimento. Per la
sublocazione e la cessione del contratto di locazione relativa all’ immobile in cui era esercitata l’
impresa alienante l’ art 36 L. 1978/392 ammette che entrambe possono essere realizzate anche
senza il consenso del locatore. Il locatore potrà opporsi per gravi motivi entro 30 giorni dalla
notizia, se il cessionario non adempie ai propri obblighi può pretendere l’ adempimento dal
concedente.
2) Per i crediti che l’ alienante aveva acquistato con l’ esercizio dell’ impresa l’ art 2559 stabilisce
che il trasferimento all’ acquirente degli stessi ha effetto a partire dal momento in cui avviene l’
iscrizione del contratto nei registri dell’ impresa. 3) Per i debiti anche se trasferiti all’ acquirente
continua a rispondere l’ alienante a meno che i creditori non abbiano consentito il trasferimento con
l’ azienda e ciò in applicazione del principio generale per cui non è ammesso il trasferimento del
debito senza il consenso del creditore (art 1273). 4) Per il trasferimento della clientela centrale
importanza hanno le norme sul divieto di concorrenza(art 2557) che si sostanzia nel divieto per l’
imprenditore di una durata di 5 anni dall’ alienazione dell’ azienda di avviarne una nuova che possa
sviare la clientela ma se non sussistono pericoli nel contratto può anche sciogliersi tale divieto.5)
Per i diritti di godimento sull’ azienda(usufrutto o affitto art 2561 e 2562) le norme si sostanziano
nel non poter cambiare nome all’ azienda per mantenere e aumentare la clientela. Gli obblighi del
titolare del diritto di godimento sono funzionali a quello di gestire l’ azienda e si sostanziano:
potere di trasformare le materie prime e vendere i prodotti, sostituire i macchinari, obbligo di
rinnovare le normali dotazioni di scorte, e di comprendere nell’ azienda il cumolo di prodotti e
materie prime. 6) La disciplina sulla circolazione dell’ azienda coinvolge in particolare il patto di
famiglia con il quale l’ imprenditore in vita divide e trasferisce il complesso dei beni aziendali a chi
è più adatto a seguire la sua attività imprenditoriale. Alla stipulazione del contratto istitutivo del
patto di famiglia devono presenziare tutti coloro ai quali la legge riserva una quota di eredità.

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maniera da poter trattenere per sé l’ invenzione per un periodo di tempo più lungo da quello
offerto dallo stato, ma con l’ inconveniente che se qualcuno lo scopre il reale inventore non la
possa più brevettare. Anche per il segreto vi è una tutela da parte dello stato che sanziona coloro
che, non essendone i titolari, rivelano informazioni aziendali riservate(art 99 cpi). È dubbio se il
diritto alla segretezza delle informazioni aziendali abbia una tutela reale (rivendicazione), o solo
una obbligatoria (risarcimento), è sicuro che esso sia tutelato dalla disciplina sulla concorrenza
sleale.

CAPITOLO TERZO:La disciplina della concorrenza

36. Il principio della concorrenza e la sua storia.- Possiamo adesso considerare una visione
dell’ impresa a livello globale con una intersezione tra la collettività che realizza la domanda di
beni e servizi, le imprese che realizzano l’ offerta, il luogo dove domanda ed offerta s’ incontrano
ossia il mercato. Sarebbe opportuno considerare il rapporto tra mercato e produzione come un
rapporto dinamico e quindi parlare di mercato dinamico. Tale modello si afferma al nascere della
teoria liberale che riconosce il dinamismo dell’ assetto sociale, difatti il processo economico è frutto
di una gara tra imprese e giudici della gara sono i consumatori. Il mercato dinamico è quindi un
mercato concorrenziale che presenta :a) libertà dei fattori produttivi, b) libertà d’ iniziativa
economica, c) potere di gestire l’ impresa di chi gestisce i capitali realizzando la successione
rischio-potere-profitto-reinvestimento del profitto accumulato,d) libera concorrenza ed ostracismo
degli strumenti che legano la clientela all’ impresa, e) consumatore /giudice; f) diversificazione
sociale in base alla partecipazione al progresso; g) pluralità d’ imprese ed assenza di imprese
giganti; h) Stato che deve rimuovere gli ostacoli alla libera concorrenza come ad esempio cartelli e
consorzi;i) momento finale dato dal mercato che con il giudizio dei consumatori decide la quantità e
la qualità dei beni. Tuttavia le imprese sono sempre più portate a frenare la concorrenza più che a
realizzarla, ed inoltre, nella realtà un’ economia di mercato perfetta ha sempre esitato a realizzarsi
con un passaggio da un capitalismo concorrenziale ad uno oligopolistico poiché libertà ed
uguaglianza sono valori di difficile realizzazione, e poiché la concorrenza tende a premiare sempre
le imprese più abili e realizzare una concentrazione. Il mercato oligopolistico presenta le seguenti
caratteristiche:1) difficoltà ad entrare poiché si devono detenere ampi capitali; 2) difficoltà ad essere
espulsi in quanto le imprese forti creano interessi così alti da avere una rappresentazione come
interesse generale; 3) ricorso a mezzi concorrenziali(ipertrofia di pubblicità); 4) rarefazione al
ricorso alle armi concorrenziali che realizzano l’ interesse del consumatore(abbassamento prezzi);
5) politica concorrenziale tale che aumenti la domanda senza la corresponsione dell’aumento della
soddisfazione dei consumatori; 6) alterazione rapporto rischio- potere. I compiti dell’odierno
legislatore sono quelli di eliminare le intese anticoncorrenziali(ossia poche imprese quasi
monopolizzano il mercato), gli abusi di posizione dominante di tali imprese, e le concentrazioni
industriali, tali sono gli scopi che si prefigge anche la disciplina anti- monopolistica.

37. Il principio di concorrenza nella normativa.- I dati normativi attraverso i quali viene
disciplinata la libera concorrenza sono divisi in : quelli che tutelano la libera concorrenza;quelli che
ostacolano il realizzarsi i intese anti-concorrenziali e quelle anti-monopolistiche. L’ art 2595
determina che la concorrenza deve svolgersi in modo da non ledere l’ interesse dell’ economia
generale,l’ art 41 della cost stabilisce che la concorrenza non deve svolgersi in contrasto con l’
utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana. Sempre
nella costituzione l’ art 43 stabilisce che è possibile la creazione di monopoli i quali imprenditori di
solito sono lo Stato o altri soggetti privati che hanno avuto una concessione esclusiva della pubblica
amministrazione. In tali casi il codice all’ art 2597 impone l’ obbligo della parità di trattamento di
tutti i clienti. Esistono poi i limiti di concorrenza posti ad esempio a carico del lavoratore
subordinato rispetto al datore di lavoro(art 2105), o ad esempio, dell’ imprenditore alienante che per
5 anni al fine di non sviare la clientela deve evitare di svolgere di nuovo la stessa attività.

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38. La disciplina della concorrenza sleale.- Tale disciplina può essere interpretata secondo due
diverse filosofie: la prima quella filosofia anticoncorrenziale solidaristica, che vede la disciplina
come uno ostacolo alla libera concorrenza, garantendo la posizione radicata dagli imprenditori, si
può difatti irrigidire il mercato ravvisando nei dipendenti in comportamento sleale ; ovvero
dichiarando illegittima l’ imitazione poiché realizza confusione tra differenti prodotti, si ritiene
altresì garantista a pubblicità comparativa. Altro orientamento è quello filo concorrenziale che mette
in luce la forza promotrice della concorrenza della normativa. Si ritiene illecita la pubblicità
menzognera , le forme aggressive di pubblicità, e si ritiene lecita la pubblicità comparativa qualora
riporti dati reali. Dinanzi ad atti di concorrenza sleale ogni imprenditore potrà adire un’ azione
giudiziaria. All’ art 2598 il codice vieta: 1) atti di confusione (imitazione); 2) atti di denigrazione; 3)
atti di vanteria (appropriazione dei pregi dei prodotti o dell’impresa di un concorrente); 4) qualsiasi
atto contrario alla correttezza professionale. Inoltre viene vietato ogni atto che comporta l’
acquisizione di informazioni relative all’ azienda di terzi. Si può concludere che sono state vietate le
pratiche commerciali scorrette e quelle ingannevoli, è stata ammessa la pubblicità comparativa
lecita ossia veritiera e non denigratoria. Accanto all’ azione giudiziaria si attiva quella in sede
amministrativa dell’ autorità garante della concorrenza ossia l’autorità anti-trust. Con la sentenza si
inibiscono tutti gli atti che hanno realizzato la concorrenza sleale e se sono stati compiuti con dolo
e colpa si autorizza il risarcimento del danno e può essere ordinata la pubblicazione della
sentenza(art 2600).

39. Limiti convenzionali alla concorrenza. I cartelli.- all’ interno della nostra disciplina esistono
delle zone d’ombra ossia quelle norme che vanno a limitare la concorrenza. Nel 1942 era
conosciuto sia il contratto bilaterale per cui un imprenditore operava una restrizione unilaterale a
non svolgere concorrenza, sia un accordo plurilaterale tra più aziende detto appunto cartello che era
firmato da più aziende che si limitavano a vicenda. Abbiamo diversi tipi di cartello quello limitativo
entro una banda di prezzi (cartello dei prezzi), quello che divide il mercato in diverse zone(cartello
di zona) quello che stabiliva la quantità totale da produrre (cartello di contingentamento). Talvolta
accadeva che si formassero organizzazioni comuni della concorrenza che si univano e davano vita
ai consorzi. L’ art 2596 nel cod del 42 vedeva come valido il limite alla concorrenza purchè si
trattasse di restrizioni unilaterali,fosse circoscritto ad una determinata zona ed abbia una durata non
superiore ai 5 anni. I contratti di cartello erano atipici ma più tardi vennero ritenuti leciti e tale
visione venne estesa anche ai consorzi. Fortunatamente adesso con la normativa antimonopolistica
la visione prima descritta è notevolmente mutata ed i cartelli e consorzi sono stati limitati anche ad
opera della nostra autorità garante della concorrenza e del mercato.

40. I consorzi.- Nel primo codice del 1942, il consorzio veniva visto pari ad un cartello ma in un
contesto più ampio dove era realizzata l’ organizzazione volta a realizzare il rapporto ed il consorzio
era favorito al cartello per la durata più lunga (10 anni), sia per una sicurezza della
regolamentazione. Ben presto nella prassi nacquero i consorzi che ebbero una funzione nettamente
differente anzi opposta: essi si configurarono sempre più come uno strumento di cooperazione
interaziendale, adeguato a ridurre determinati costi ed ad aumentare la competizione all’ interno del
mercato. Per agevolare tali tipologie di consorzi venne varata la legge del 10 maggio 1796 n. 377
che modificò il codice introducendo esenzioni finanziarie ed agevolazioni per i consorzi di
cooperazione, aumentando il limite di tempo annullando ogni limite, annullava la responsabilità
solidale e illimitata degli imprenditori art 2615. I consorzi anti concorrenziali non godettero di tali
agevolazioni in quanto ebbero contro la legge anti-monopolistica. In relazione alle modalità di
organizzazione si suole distinguere i consorzi con attività esterna (ossia quelli in cui gli organi
consortili entrano in rapporti con terzi, ed è proprio qui che vengono svolte le fasi in comune per
conto delle imprese consorziate) e quelli con attività interna (gli organi controllano che in

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consorziati adempiano correttamente alle loro obbligazioni). Si ha così una disciplina comune che si
applica a tutti i consorzi e una particolare che si applica ai consorzi con attività esterna.
1)Disciplina comune . art 2603 essa comporta l’ obbligatorietà del contratto per iscritto a pena di
nullità. Contenuto del contratto deve poi esser l’ oggetto del consorzio e gli obblighi assunti dai
consorziati, organizzazione per realizzare l’ oggetto, le sanzioni per gli inadempienti agli obblighi
assunti, le condizioni d’ ammissione dei nuovi consorziati, i casi di esclusione e di recesso, e la
durata del contratto che se non è decisa è determinata per legge di 10 anni (art 2604). Le decisioni
vengono prese a maggioranza, e le modificazioni devono essere fatte per iscritto. Se uno dei
consorziati trasferisce l’ azienda succede l’ acquirente che può essere escluso se sussiste giusta
causa(art 2610). I casi di scioglimento(art 2611) sono: il decorso del termine, il conseguimento o
l’impossibilità di conseguire l’oggetto, la deliberazione dei consorziati unanime, provvedimenti
autorità governativa. 2) Disciplina particolare. Questa è applicabile solo ai consorzi con attività
esterna. Si articola in tali punti: a) pubblicità del contratto costitutivo, un estratto del quale deve
essere pubblicato presso l’ ufficio del registro delle imprese. L’ obbligo della pubblicità grava su
coloro cui è attribuita la direzione del consorzio (art 2615-bis). B) la pubblicità della situazione
patrimoniale deve essere realizzata seguendo il sistema di bilancio d’ esercizio della società per
azioni e di depositarla presso l’ufficio delle imprese. C) la rappresentanza in giudizio nel lato
passivo può essere attribuita a chiunque compone la direzione del consorzio (art 2613); d) il c.d.
fondo consortile ossia quel fondo realizzato per poter soddisfare i creditori qualora ce ne fosse
bisogno in quanto in base al nuovo art 2615 i creditori non possono soddisfarsi sul patrimonio
privato degli organi del consorzio, ma nel caso in cui vi sia inadempimento del mandante , saranno
responsabili gli altri consorziati(in deroga al principio per cui per gli atti del mandatario senza
rappresentanza non risponde il mandante art 1705 ). Infine il fondo consortile viene detto autonomo
poiché per la durata del consorzio i consorziato non ne possono richiedere la divisione.
41. la legislazione anti-monopolistica.- il mercato per eliminare tutti quei comportamenti che
vanno a minare il suo dinamismo abbisogna di un controllo ferrato ossia della normativa anti-
monopolistica o anti-trust. Tale legislazione è contenuta nel trattato costitutivo della Ceca e della
Ce e a livello nazionale all’ interno della l. n. 287 del 1990. Tale legge affida il controllo ad un’
autorità amministrativa garante della concorrenza che collabora a livello comunitario con la
commissione della comunità europea. I fenomeni pericolosi per il mercato che la legislazione
punisce sono:
a) le intese. Queste si hanno quando più imprese si comportano alla stessa maniera ossia adottano
un comportamento già precedentemente concordato. Esistono delle intese lecite e quelle lecite o per
meglio dire quelle che hanno per oggetto la volontà di limitare il gioco della concorrenza. Le intese
vietate sono nulle sia che l’ impresa rientri nella disciplina comunitaria che in quella italiana.
Entrambe le discipline per un certo periodo possono però autorizzare tali intese illecite ad operare
perché contribuiscono a migliorare il progresso tecnico e il benessere della società. L’ Autorità può
pur sempre sciogliere tale concessione poiché si è andati oltre l’ autorizzazione. La legge n.
287/1990 stabilisce che per condannare un’ intesa deve essere aperta a suo carico un’ istruttoria ma
questa non può essere avviata decorsi 120 giorni dalla comunicazione a meno che questa sia
incompleta o non veritiera. Per fare conoscere all’ autorità le intese non comunicate l’ iniziativa
compete alla P.A. ad ogni interessato e all’ associazione dei consumatori. Se l’ autorità ravvede
gravi possibili danni può d’ ufficio prendere misure cautelari, e se l’ intesa è già stata attuata fissa
un termine per l’ eliminazione delle infrazioni e commina una sanzione pecuniaria;
b)l’ abuso di posizione dominante. S’ intende con ciò qualsiasi comportamento atto a realizzare un
posizione di squilibrio nel mercato ove un’ azienda è talmente potente da indebolire la concorrenza,
praticando prezzi non giustificati dai costi o sopperendo la qualità dei materiali o il progresso
tecnologico, ovvero applicando nei rapporti contrattuali clausole che comportino svantaggio per l’
altra parte contraente. L’ autorità svolge un’ azione istruttoria simile a quella per le intese e ,per
snellire il procedimento, propone alle imprese di realizzare dei provvedimenti idonei ad eliminare il

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profilo anti concorrenziale entro 3mesi. Valutati tali impegni l’ autorità può renderli obbligatori e
chiudere il procedimento;
c) le concentrazioni d’impresa. Ai sensi dell’ art 5 L. n. 287/1990 si hanno le concentrazioni
quando: a) due o più imprese si uniscono,b) quando un’ impresa e un soggetto imprenditore, che già
possiede altre imprese, si uniscono e acquistano il controllo di una o più imprese, c) quando due o
più imprese costituiscono un’ impresa sociale comune. La concentrazione diviene rilevante quando
le imprese raggiungono una certa somma di capitale fatturato annuo: oltre 400 mil. Di euro , per gli
istituti bancari e finanziari il fatturato è in relazione ad un decimo del patrimonio attivo dello stato
patrimoniale e per le imprese di assicurazione un valore pari ai premi incassati. Se si tratta di
concentrazioni rilevanti prima di eseguirle e imprese dovranno informare l’autorità che se ritiene di
dover indagare aprirà l’ istruttoria che deve essere aperta 30 giorni dopo la notifica, se l’ autorità
non ritiene di dover aprire l’istruttoria allora gli interessati dopo 30 giorni dalla notifica potranno
realizzare la concentrazione. Aperta l’ istruttoria l’ Autorità può obbligare le imprese bloccare i
lavori per la concentrazione e l’istruttoria potrà chiudersi a favore della concentrazione, o in senso
contrario ossia quando l’ Autorità dovrà vietare la concentrazione(art 6); se l’operazione di
concentrazione è già stata eseguita , l’ autorità prescrive le misure necessarie a ripristinare la
concorrenza(art 18), e se le imprese non abbiano adempiuto all’ obbligo di comunicazione
preventiva dovranno sciogliere la concentrazione, qualora questa sia vietata con una sanzione che
và dall’ 1 al 9%, mentre se era lecita dovranno solo pagare una sanzione dell’ 1 % della fatturazione.
L’ art 25 prevede che l’autorità del consiglio dei ministri possa autorizzare una concentrazione
qualora questa apporti beneficio entro certe limitazioni. Dal punto di vista giudiziario l’ art 33
stabilisce che i provvedimenti dell’ Autorità possono essere impugnati dinanzi al Tar del Lazio, e
quelli di giudizio di nullità e risarcimento saranno discussi davanti alla Corte d’ Appello.
Servizio di pubblica utilità. Questi sono costituiti dalla presenza di altre autorità pubbliche (es
autorità per le garanzie delle comunicazioni)che devono vigilare nel loro settore per garantire la
concorrenza e per segnalare le violazioni all’ autorità generale garante della concorrenza e del
mercato.

Capitolo quarto: gli ausiliari dell’ imprenditore

42. Ausiliari subordinati ed ausiliari autonomi.- L’ imprenditore per svolgere la sua attività deve
avere a suo fianco dei soggetti tali da poterli prestare una determinata collaborazione: gli ausiliari
subordinati( che intrattengono con l’ imprenditore un rapporto di lavoro, i quali si obbligano tramite
retribuzione a prestare il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze dell’imprenditore art
2094 ), e quelli autonomi(art 2222 coloro che si obbligano nei confronti dell’ imprenditore a
compiere per conto suo un’ opera o un servizio). Esempi di quest’ ultimi sono: gli agenti di
commercio i quali procurano gli affari all’ imprenditore, i mediatori che si pongono in una
situazione super partes fra i due contraenti, i commissionari che concludono i contratti di
compravendita in nome proprio e per conto dell’ imprenditore, e gli spedizionieri che concludono
contratti di spedizione a nome proprio ma per conto dell’ imprenditore. I promotori finanziari
possono lavorare autonomamente o in subordine e promuovono servii di investimento fuori sede per
conto di banche.

43. I poteri di rappresentanza degli ausiliari subordinati. A) gli institori.-Tra gli ausiliari
subordinati particolare importanza ce l’ hanno coloro che hanno potere di rappresentanza cioè il
potere di compiere in nome e per conto dell’ imprenditore. Il collaboratore ha tutti i poteri di
rappresentanza necessari o utili alla organizzazione dell’ impresa che gli è stata affidata ad
esclusione di quelli che li sono stati sottratti in mo conoscibile a terzi. I rappresentanti commerciali
sono distinti in rappresentanti generali che hanno il potere di compiere tutti gli atti pertinenti
all’esercizio dell’ impresa come il caso dell’ institore e del procuratore, e i rappresentanti particolari
che hanno il potere di compiere solo taluni atti come ad esempio accade per i commessi. L’ institore

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è il rappresentante generale dell’ imprenditore preposto all’esercizio dell’ impresa o ad una parte
della stessa. Preposizione o procura institoria è il negozio giuridico per mezzo del quale l’
imprenditore nomina l’ institore attribuendogli determinati poteri. Tale procura è soggetta ad una
pubblicità commerciale e all’ interno di questa vengono iscritti i poteri e le mansioni che non gli
vengono affidate, così per chi entrerà in affari con l’institore sarà opportuno prendere visione di
quali sono i limiti dei suoi poteri , e se la procura non è stata pubblicata la sua rappresentanza si
ritiene generale. La pubblicità garantisce all’ imprenditore la facoltà di opporre a terzi le limitazioni
di potere anche se i terzi non le conoscevano, e qualora non sia registrata l’ imprenditori può
opporre le limitazioni solo se dimostra che i terzi le conoscevano al momento della contrattazione.
Secondo l’ art 2204 all’ institore è negato il potere di alienare o ipotecare i beni immobili del
preponente a meno che ciò non sia espresso nella procura, inoltre egli possiede la rappresentanza
processuale del preponente (art 2204) ed è obbligato insieme a quest’ ultimo a richiedere l’
iscrizione nel registro delle imprese e a detenere le scritture contabili dell’ azienda o della parte a lui
affidatagli. Infine, l’ art 2208 stabilisce che vi è responsabilità personale dell’ institore qualora
ometta di dire al terzo che sta trattando per conto del preponente ed il terzo potrà agire contro
entrambi sia il preponente perché l’ atto rientra nell’ oggetto dell’impresa sia l’ institore perché non
ha realizzato la spendita del nome. Ciò non sussiste quando il terzo dalle circostanze poteva ben
capire che l’ institore agiva per conto dell’ impresa.

44. b) I procuratori ed i commessi.- I procuratori sono anch’ essi i rappresentanti generali dell’
imprenditore ma si differenziano dall’ institore perché non è preposto alla direzione dell’ impresa.
Al procuratore si applicano tutte le norme sulla pubblicità della procura, della revoca o dei limiti
inseriti all’ interno del registro delle imprese in maniera che questi possono essere fatti valere verso
terzi (art 2209) . I commessi hanno un potere limitato di rappresentanza e possono compiere solo
atti di cui sono ordinariamente competenti. Esistono due tipi di commessi: commessi da negozio
che lavorano presso l’ impresa e commessi viaggiatori che possono concludere rapporti anche per
conto dell’ imprenditore ma i loro poteri sono ancora limitati dall’ art 2210 che ammette l’
impossibilità del concedere dilazioni o sconti, ne modificare le clausole dei contratti. Ai clienti che
hanno compiuto i contratti con i clienti è concesso ricevere dichiarazioni relative all’ esecuzione dei
contratti ed in particolare alle inadempienze contrattuali(le dichiarazioni compiute davanti ai
commessi hanno effetto verso gli imprenditori. Art 2212).

Sezione seconda: l’ impresa collettiva


Capitolo primo: Impresa collettiva e impresa sociale
45. L’ impresa collettiva.- L’ impresa può essere imputata o ad una singola persona fisica, o ad una
pluralità di soggetti si parla di impresa collettiva. La nascita di tali imprese si è avuta con lo
sviluppo tecnico realizzabile solo attraverso l’ utilizzo di grandi imprese che per formarsi, possono
essere composte da altre imprese a loro volta collettive. Tali collettività sono caratterizzate dalla
realizzazione di uno scopo comune e secondo l’ art. 2247, quando due o più soci si riuniscono per
esercitare un’ attività comune volta ad un determinato scopo di dividerne gli utili si ha la società. Se
la partecipazione avviene secondo un sistema mutualistico si ha la cooperativa(art 2511) o una
mutua assicurazione (art. 2546). Può avvenire anche che l’ impresa venga esercitata per il
raggiungimento di uno scopo culturale o politico e dunque sia esercitato tramite una fondazione. Le
quali poi destinano il guadagno dell’ impresa allo scopo principale. Per tali ipotesi si hanno due tesi:
una che ammette in tali casi l’ utilizzo dello schema della società che comporta quella dell’ impresa
e l’ altro ove le due discipline impresa e società devono essere distinte su due piani. Tuttavia rimane
certo che la prima forma d’ esercizio dell’ impresa collettiva commerciale è quella sociale.
46. Il concetto di società.- La società, di solito, nasce da un contratto al quale possono partecipare
più di due persone e si parla di contratto plurilaterale ove i soci riuniscono le loro partecipazioni per
il raggiungimento dello scopo comune, difatti per essere socio, questo è il vincolo essenziale poichè

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