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Monologo di Circe

Ulisse si è appena addormentato serenamente. Circe è distesa accanto a lui sul suo splendido
letto, però non ha voglia di dormire: sta meditando sulla sua vita e sulla sua relazione con
Ulisse.

Cosa mi interessa nella vita? Cosa è importante per me? Cosa fa il senso della mia vita? Come
è strano: per la prima volta mi faccio queste domande... La causa è probabilmente la
relazione con Ulisse che fa eccezione nella mia esperienza.

La prima cosa, che mi viene in mente come risposta, è la mia sete di potere; costituisce la
base dei miei desideri. Intimamente legate al potere sono la mia bellezza, la mia sensualità,
la mia capacità di seduzione. Mi danno da sempre grande piacere, soddisfazione, felicità.
Sono forze costituenti dell’amore per me stessa. Però devo dire che, paradossalmente, il
sentimento amoroso mi è estraneo. Meno male, perché è un sentimento che porta in sé
sofferenza e debolezza. Sarebbe fatale per me. Di fatti, come potrei esercitare il mio potere
su persone di cui sarei innamorata? La seduzione, la bellezza dei corpi, la sensualità, il piacere
fisico sì! Sono emozioni meravigliose. Ma l’amore, no! È soltanto sofferenza, dipendenza,
gelosia distruttrice e soprattutto perdita di potere. Mi sarebbe impossibile sottomettere un
uomo, se fossi innamorata di lui.

Da me vivono ancelle belle e accoglienti. Quando una nave approda sulla nostra isola, le
mando al porto per trarre marini e soldati nella mia dimora lussuosa, calma, voluttuosa. Offro
loro ospitalità: le serve li lavano, li cospargono di oli profumati, poi banchettiamo con cibo
raffinato e succulento, bevendo vini dolcissimi. Dopo, ciascuna propone a uno fra loro di
condividere il letto. Io prendo come amante sempre il più bello, il più seducente. Però questi
uomini non sospettano che la mia ospitalità è un tranello: quando si svegliano il giorno dopo
li trasformo con la mia bacchetta in animali o in schiavi. La presenza di animali selvaggi che
si comportano come cani fedeli, mi piace, perché sono uomini sottomessi grazie al mio
sortilegio. La loro presenza intorno alla mia dimora mi lusinga, come se fossero la mia corte.
Inoltre ho bisogno di numerosi schiavi che lavorano per me e su cui possiedo un potere
assoluto. Sull’isola lavora nell’ombra un esercito di schiavi, tutti marinai e soldati imprudenti
o naufragi che ho ingannato. Così io vivo. Agisco con cuore spietato e vivo nel lusso e nella
lussuria: ne sono soddisfatta e felice. Non desidero altro perché così mi sento una dea
irresistibile e onnipotente.

Un giorno sbarcarono Ulisse e i suoi compagni. All’inizio tutto successe come di solito:
arrivarono dal porto con le serve e offrii loro ospitalità. Subito trovai Odisseo molto
seducente, molto attraente e decisi di fare di lui il mio amante. Però mi colpii il fatto che
fosse diffidente come se mi trovasse troppo accogliente, come se sospettasse il tranello.
Quindi dopo il festino mi sembrò più prudente non utilizzare i miei sortilegi perché intuivo
che Ulisse fosse protetto dagli dei. Per questa ragione preferii rimanere sul piano della
seduzione, pensando che così avrei potuto esercitare meglio il mio potere e così trattenere
Ulisse a Eea. Non resistette alla mia bellezza. Adesso vive con me da un anno. Si sente bene
nel palazzo. Mi dice sempre che lo trova stupendo, che la mia presenza è per lui un
incantesimo. Le bellissime ancelle, che si offrono senza riserve ai compagni, la bellezza della
casa, il lusso che offro, gli danno l’impressione di vivere in un sogno. Però mi parla sempre
della sua isola natale e della sposa Penelope. La crede fedele questa Penelope, è sicuro che
l’aspetti! Se gli è fedele per tanti anni non è sicuramente tanto sensuale! Ma lui non è tanto
fedele... oppure solo nel senso che pensa ancora a lei e che vuole tornare nella sua

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patria a raggiungerla. Mi chiedo come sia possibile tale situazione. Cosa di interessante trova
in Penelope che non ha più visto da venti anni? È forse più seducente, più sensuale di me?
Perché pensa sempre a lei, benché viva felice con me? Il fatto che non la dimentichi è un
ostacolo al mio ascendente su di lui. Ripete sempre che il suo desiderio più caro è tornare a
Itaca. Questo, non posso più accettarlo, ma non posso più trattenere Odisseo perché mi
tormenta troppo. Mi chiede di aiutarlo a raggiungere Penelope: se lo facessi, non sarei più
la fiera dea che sono. Allora c’è un’altra possibilità che può salvarmi: lo lascio andare via
dicendogli che è libero di tornare nella sua patria. Ma nello stesso tempo lo abbandono al
suo nemico, Poseidone! Ci penserà lui a ostacolare il suo ritorno a Itaca!

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