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Letteratura Francese II O9

09/03/20

È stato molto complesso stabilire quali fossero state le date di inizio e fine
dell’ottocento letterario francese. È indubbio il fatto che si possano riconoscere due
importanti correnti di pensiero. La prima delle due correnti è il Romanticismo. Per
alcuni studiosi il Romanticismo trova le sue origini nel 1820 nella pubblicazione
delle Méditations Poétiques di Lamartine e termina nel 1845 con la rappresentazione
del dramma “Les Burgraves” di Victor Hugo. Un’altra parte della critica letteraria ci
dice invece che la data di inizio del movimento romantico coincida con la
pubblicazione, nel 1800 del saggio “De la litterature” scritto da Madame de Stael il
cui pensiero è di stampo illuministico-sensista. Per la redazione di questo saggio
Madame de Stael prende come spunto L’ésprit des lois di Montesqieu. Nel saggio si
afferma che così come il legislatore non può fissare a priori delle leggi assolute che
siano valide per tutte le epoche allo stesso modo il critico non può giudicare la
letteratura in maniera eterna e immutabile quindi di fatto è impossibile pensare che la
letteratura debba essere giudicata facendo riferimento a un gusto critico e assoluto
che valga in ogni tempo e per ogni letteratura, contro quella che era l’imposizione dei
principi classici che prevedevano che un’opera dovesse rispettare determinate regole
di equilibrio e di perfezione per essere definita bella, Madame de Stael invece si
propone, contro quelli che sono i principi della classicità la relatività del gusto che
permette di giudicare un’opera letteraria in ragione della sua epoca e del suo
ambiente. Altro concetto che ci rimanda nel suo saggio Madame de Stael è che i
modelli a cui si ispirano gli scrittori nuovi sono di fatto modelli superati e fonda la
sua idea di letteratura sul dialogo tra le letterature superando le barriere nazionali e
geografiche. Dunque possiamo parlare di cosmopolitismo letterario cioè di letteratura
che guarda al confronto con le altre letterature. Lei guarda in primo luogo alla
letteratura e alla filosofia tedesca proprio in ragione del fatto che questa presenta un
forte carattere religioso e individuale che deve essere fonte di ispirazione per la
letteratura francese. La Francia quindi ispirandosi alla Germania può attuare un
cambiamento radicale. Si passano in rassegna facendo una riflessione critica e
letteraria i filosofi. È anche importante capire quale sia la ragione per cui lo spirito e
quindi il movimento romantico stenta ad affermarsi in Francia in quanto è figlia di un
classicismo legato all’idea di un potere centralizzato. Tale cultura è così forte da
rallentare la ricezione da parte della letteratura di forme poetiche nuove. Comunque
possiamo rintracciare parvenze di spirito romantico anche in alcuni autori della
seconda metà del 700 tra i quali Jean Jaques Rousseau che è il primo ad usare il
termine romantique. Egli non viene compreso da alcuni critici del suo tempo in
quanto le forme della sua poetica risultano dissonanti rispetto alle idee che
incarnavano il pensiero vigente nel 700. Usa per primo il termine romantique in una
delle sue opere. Verrà poi seguito nella giustificazione dell’uso del termine anche da
un altro uomo di cultura, Letourner, contrapponendolo ai termini “romanesque” e

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“pittoresque”. La contrapposizione tra i termini romantique, pittoresque e
romanesque è molto forte in quanto gli ultimi due aggettivi sono da considerarsi
insufficienti per descrivere una sensazione che risveglia emozioni e malinconia. Per
influenza del tedesco l’aggettivo verrà sostantivato, “le romantique” ad opera di
Madame de Stael, mentre il sostantivo “Romantisme” comparirà solo nel 1820.
Quest’ultimo termine designerà la teoria letteraria e artistica mentre romantique
designerà un atteggiamento di fronte alla vita. Rifacendoci a Rousseau quindi il
Romanticismo si sviluppa in tre fasi a partire dal 1760.
1760-1790 Romanticismo
1780- Ritorno al classicismo
1820-1840 Piccoli romantici
Il ritorno al classicismo verrà acuito tanto dalla Rivoluzione quanto dall’Impero.
Napoleone tenterà di creare una letteratura di Stato riprendendo autori quali Corneille
e Racine. Dal 1760 in Francia si ha un rifiuto di tutto ciò che è straniero. Nel 1810
verrà impedita la pubblicazione di un’altra opera di Madame de Stael intitolata “De
l’allemagne” a seguito della quale la stessa autrice sarà esiliata. Un altro scrittore
molto importante sarà messo in disparte, si tratta di Chateaubriand che sarà ostacolato
nella pubblicazione delle sue opere. Al 1820 risalgono le prime pubblicazioni di
Lamartine il quale non usò delle vere e proprie innovazioni formali e contenutistiche
dunque non possiamo considerarlo un vero e proprio innovatore così come non lo
furono in senso stretto Vigny e Musset. I veri romantici nell’Ottocento furono “i
piccoli romantici” così chiamati perché di fatto furono dimenticati che operarono tra
gli anni 30 e gli anni 40. Sono proprio loro gli innovatori. Le vere innovazioni sono
presenti più nel romanzo che nella poesia. Altro versante importante per comprendere
il Romanticismo è quello dell’arte che ci permette di comprendere temi e immagini
ricorrenti.
Tematiche del Romanticismo
Le tematiche del Romanticismo sono legate ad una serie di riflessioni filosofiche
sull’uomo che non è più visto come una giustapposizione di elementi e di idee ma
viene considerato una struttura vivente a partire ad esempio dall’opera di Shlegel
“Dialogo sulla poesia”, quindi un organismo caratterizzato come tutto l’universo
circostante da un dinamismo continuo. In questo dinamismo continuo un ruolo
fondamentale è rivestito dalla coscienza che diventa il principio unificatore di tutta la
riflessione sull’uomo. Questa coscienza spiega la necessità di un ritorno al passato
che sia utile a recuperare le fasi dell’evoluzione umana quindi spiegarne il suo stesso
dinamismo che gli permette di costruirsi un avvenire. Da qui possiamo dedurre che
due elementi tematici sono la riflessione sul passato e la visione del futuro. Un’altra
idea fondamentale é quella legata all’impossibilità di trovare un’evasione nell’azione.
Proprio perché l’evasione dall’azione è impossibile per l’intellettuale essa deve
realizzarsi sotto altre forme. Questi strumenti sono l’evasione del desiderio, del
passato e dell’avvenire attraverso l’immaginazione. L’immaginazione viene
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sollecitata a sua volta attraverso l’esaltazione sentimentale che si declina in: estasi
amorosa, comunione con la natura e uso di sostanze come l’oppio. Un altro ruolo
fondamentale è quello della memoria che assume diverse forme durante l’Ottocento.
La memoria in periodo romantico non nasce dallo sforzo razionale ma dalla
sollecitazione di oggetti paesaggi sapori che permettono al soggetto che li vede il
ricordo di un momento felice in piena corrispondenza con uno stato d’animo passato.
Questa forma di memoria la ritroveremo anche in Balzac sotto il nome di “specialité”
che è la capacità che alcuni hanno di recuperare attraverso l’osservazione di un
oggetto presente tutte le cause che hanno determinato l’oggetto così come si presenta
attualmente. Questi fenomeni sono abbastanza noti e si legano anche ad altre
manifestazioni della memoria per tanto se Balzac ci parla di specialité ci sono altre
forme di memoria abbastanza particolari a cui tutti possiamo avere accesso come
quella del ricordo falsato cioè di un ricordo che non è sicuro che si sia vissuto. Questo
accade, secondo i romantici, perché di alcuni eventi si hanno e restano delle tracce
che solo pochi eletti possono recuperare. La memoria dipende anche da una serie di
riflessioni fatte nel secolo passato dagli intellettuali tra i quali ricordiamo
Giambattista Vico con la sua opera ”La teoria dei Cicli”. Altro tema importante è
senza dubbio quello della spirale che viene fuori dalla concezione del tempo che
spinge l’uomo ad una continua evasione tanto più costringe il soggetto ad allontanarsi
dalla realtà tanto più viene seguita da una ricaduta dolorosa. A quanto detto si lega il
concetto di Mal du Siècle che è quel sentimento di perenne insoddisfazione che
conduce inesorabilmente a vivere in uno stato di «rêverie mélancolique». Quindi il
romantico non potendo attuare l’evasione viene catturato da un profondo senso di
frustrazione. Le mal du Siècle si può distinguere in due fasi diverse quella che risale a
prima del 1830 e quella che troviamo immediatamente dopo. Prima del 1830 i
romantici non riescono ad imporsi sul tempo presente perché si legano alla classe
aristocratica, tale classe sociale prima del 1830 vive una situazione di emarginazione
e la frustrazione da essa causata si riflette nella letteratura. Dopo il 1830 invece
assume la sua forma più diffusa legata al fatto che la società pur volendo partecipare
alla trasformazione del mondo si trova dentro ad una realtà bloccata dominata dalla
tirannia del denaro e da qui ne deriva l’incapacità di esprimere le proprie forze che
genera insoddisfazione. Una frase ricorrente è “La Francia si annoia”. Questa noia
deriva dal fatto che il dinamismo sia profondamente ostacolato e dunque il desiderio
di evasione viene proiettato nell’irreale. All’inizio dell’epoca romantica l’arte cambia
profondamente e diventa riflesso della realtà idealizzata che poi diventerà espressione
dello spirito dell’artista e dunque non rappresenterà più la realtà epurata ed
idealizzata. La manifestazione più evidente di quanto detto è il quadro di Delacroix
Dante et Virgile aux enfers dove notiamo in primo luogo la supremazia dei colori che
risultano essere molto vivaci e si nota anche un estremo movimento. Le figure sono
riprese in movimento e non nella compostezza classica con cui venivano
rappresentate nel Classicismo. Il movimento si nota attraverso vari elementi quali: il
mantello, il braccio di Dante e le anime dei dannati che cercano di risalire sulla barca.
Nella letteratura romantica si recuperano tutti i personaggi mitici che incarnano la
rivolta. Il primo personaggio ribelle che viene recuperato è Satana considerato il
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mostro nella cui rappresentazione si ritrova una bellezza. Si affermano dunque nuovi
canoni di bellezza. Satana rappresenta la bellezza malinconica, la solitudine
dell’escluso. Gli intellettuali, scrittori e artisti sentono un fortissimo senso di
solitudine.
12/03/20
1Chateaubriand
Lo scrittore più rappresentativo del Romanticismo e più in generale del concetto del
Mal du Siècle attraverso i suoi personaggi, in particolare di uno, è Chateaubriand,
anzi forse sarà proprio lui a introdurre questa espressione. Quest’autore si colloca a
cavallo tra due secoli in quanto nasce nel 1768 e muore nel 1848. L’autore dunque
vive il periodo della Rivoluzione francese e il periodo immediatamente successivo e
dunque vivrà anche lo stravolgimento del XIX secolo. Egli é un sostenitore della
monarchia e fa parte del partito ultraconservatore e dunque di quell’Ancien Régime
che inizia il suo declino con la Déclaration des droits de l’Homme et du Citoyen
firmata il 26 agosto 1789. La sua importanza letteraria è legata in particolar modo alla
sua opera “Le gènie du Christianisme” pubblicata nel 1802, opera in cui per la prima
volta si riflette di nuovo sul Cristianesimo ma da un punto di vista totalmente nuovo e
originale. Se si guarda a ciò che era successo nel 700 ovvero allo smantellamento del
sistema dogmatico, la pubblicazione di quest’opera permette di recuperare
un’importante riflessione sulla religione cristiana che non viene affrontata in una
chiave di riflessione di tipo religioso ma attraverso un approccio quasi di tipo
estetico. In questa opera la religione cristiana viene infatti ritratta come una regina, e
di essa si sottolinea l’estrema bellezza che si esplica attraverso i suoi monumenti e i
suoi simboli. Altro dato importante è il fatto che lo scrittore era attivamente
impegnato nella vita politica del suo tempo.
Possiamo suddividere dunque la sua vita in tre momenti:
-Prima gioventù fino al 1800.
- A partire dal 1800 fino al 1814 si dedicherà alla sua produzione letteraria.
-Negli ultimi anni della sua vita si dedicherà alla politica.
È l’ultimo rampollo di una famiglia aristocratica bretone e passerà la sua infanzia in
un castello nella Bretagna che menzionerà nei suoi romanzi autobiografici. Questo
castello riveste una grande importanza perché passeggiando nei sui giardini l’autore
ci parlerà di quella comunione con la natura che è uno dei temi portanti del
Romanticismo. Tutto ciò è narrato nelle “Memoires d’autre-tombe”. Dopo la
Rivoluzione nel 1791 Chateaubriand parte per l’America dalla quale è profondamente
deluso a causa delle disparità economiche che riscontrerà tra i ceti sociali che farà
crollare in lui l’idea dell’America felice ed egalitaria. Tale soggiorno durerà cinque
mesi fino a quando non verrà messo al corrente dell’arresto del re e a seguito di ciò
deciderà di far ritorno a Parigi. Appena rientrato si rese comunque conto che la
Rivoluzione aveva apportato grandi trasformazioni e l’unica via era l’esilio e quindi
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decide di andare in esilio a Londra, dove vive in condizione economiche gravi e
decide per tanto di fare un matrimonio di fortuna con il quale però non migliora la
sua condizione. Durante il suo esilio a Londra nel 1797 pubblicherà “Essai sur les
revolutions”, dove esamina analizzandole sei rivoluziono antiche e sette moderne per
capire e riflettere sulle cause conseguenze ed evoluzioni prodotte dalle varie
rivoluzioni e per sottolinearne le analogie in modo da ricercare delle somiglianze
anche nella rivoluzione francese. Tutta la riflessione contenuta in questa sua opera
risente della logica razionalista dell’Illuminismo. Sottolinea inoltre che la
Rivoluzione Francese non è derivata dalla razionalità né dal pensiero sistematico al
contrario di quanto pensato da molti critici del tempo, affermando che la rivoluzione
sia il risultato di un cammino della società che ora punta a vette molto alte ora va
verso la degenerazione e la corruzione. L’autore si allontana in un primo momento
dalla religione per poi riavvicinarvisi nel 1798 dopo la morte della madre. Tale
riavvicinamento sarà importante per “Le génie du Christianisme”. Nel 1801 pubblica
il racconto Atalà che darà il via alla riflessione sul Cristianesimo. Quest’opera ci
porta a riflettere sulla relazione della religione con il mito del buon selvaggio,
racconto ambientato in America. Ritornando all’opera Le génie du Christianisme
possiamo dire che sia formato da quattro parti:
1 Dogmi e dottrina
2 Poetica del cristianesimo
3 Belle arti e letteratura
4 Culto
Attraverso questa opera vuole spiegare perché tra le varie religioni il Cristianesimo
sia la più poetica perché favorevole alla libertà, alle arti e alla letteratura di
conseguenza per lui la religione cristiana è una sorta di apologia del sentimento e
accusa quindi i filosofi che l’avevano denigrata sottolineandone l’assurdità e la
volgarità. Quindi essa è la risposta al fatto che il secolo dei Lumi aveva distrutto il
sistema dogmatico del Cristianesimo disintegrandolo. Venendo dunque a mancare le
certezze l’uomo viene gettato nella convinzione dell’abbandono e da qui nasce il
sentimento romantico come lo intendiamo oggi. Sottolinea la bellezza e il valore
estetico delle opere cristiane denominandolo come “meraviglioso cristiano” e
contrapponendolo al “meraviglioso pagano”. Altro elemento che sottolinea in
quest’opera è il rapporto della religione all’interno della vita politica. In merito a
questo Chateaubriand dice che il cristianesimo è l’unica religione sulla quale si
potrebbero fondare dei principi politici e senza di essa un governo democratico sia
impossibile. In definitiva l’autore sostiene che la politica abbia una sorta di debito nei
confronti della religione.

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Memoires d’autre-tombe.
Chateaubriand inizia a scrivere quest’opera autobiografica nel 1803. Non si tratta
solo di un’autobiografia. Sarà terminata nel 1846 poco prima della morte dello stesso
autore. La particolarità di quest’opera è che racconta la sua vita facendo uso di una
sorta di struttura a sovrapposizione per incastrare i ricordi e poter tornare ad
analizzare ricordi già narrati. L’opera ci rivela anche molto altro perché non si tratta
solo di scrittura intima ma anche di un testo ricco di riferimenti al contesto storico-
politico vi troviamo quindi riferimenti alla Rivoluzione, al consolato, all’impero e
alla monarchia di luglio. In questo testo si può dunque vedere un’opera di memoria
storica.
René, la vague des passions
Si tratta di un altro racconto che Chateaubriand scrive nel 1805, questo è legato alla
sua opera Le gènie du Christianisme. La natura all’interno de’ Le gènie du
Christianisme è una natura rigogliosa capace di consolare dalla cattiveria dell’uomo,
dal lusso corruttore. Questo racconto inizialmente è inserito ne’ Le gènie du
Christianisme perché doveva servire ad affrontare e descrivere quella che l’autore
definisce “ la vague des passions”. In questo racconto vengono messi in discussione
alcuni elementi del Cristianesimo. Questo racconto si può considerare come
continuazione del racconto Atalà che termina con il suicidio della protagonista.
Chartas altro personaggio del precedente racconto innamorato di Atalà ci parla del
suo,” male di vivere. René racconta il suo passato di uomo inquieto, travolto sempre
dalle passioni - ecco perché questo era un racconto che doveva servire a definire la
vague des passions. René racconta di questo suo assoggettamento alle passioni
proprio a Chartas. Racconta della sorella che preoccupata per le sorti del fratello
decide di andare in convento mentre René si stabilisce in America dove apprende la
notizia della morte della stessa sorella. Chartas gli spiega che solo Dio può far
superare questi momenti all’uomo in realtà sembra che il rapporto tra René e la
sorella non sia di semplice fratellanza e che quindi sia mosso da qualcosa di più
complesso. In quanto questo racconto sembrava potesse alludere a una sorta di amore
incestuoso viene tolto dal génie du Christianisme. L’autore stesso di fatto condanna
questa idea di vague des passions. Tuttavia ciò che colpisce il lettore all’interno
dell’opera non è tanto la condanna delle passioni quanto lo stile del racconto che
risulta essere particolare e soprattutto lo slancio lirico del personaggio. Tutta la
generazione romantica si riconoscerà nel lirismo di questo personaggio nel suo mal di
vivere, nella sua malinconia. Questo male di questo personaggio diventerà le mal du
siècle. Le caratteristiche di René sono:
- Il fatto che sia un eroe affascinato dalla natura
- Personaggio che mette in discussione le idee ricevute e date e per tanto da
considerarsi come critico
- La sua incostanza data dal fatto che non sa ciò che realmente vuole

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- Cambia idea continuamente perché in lui c’è una fortissima sete d’infinito che
lo spinge a compiere azioni siano esse positive o negative e a portarle a
termine.
- Ha una forte immaginazione perché per fuggire alla realtà si nasconde nella
rèverie dunque in una dimensione onirica
- Grande sensibilità che si esprime attraverso manifestazioni e reazioni fisiche
che risultano essere esagerate rispetto alle cause che le producono.
- La sua solitudine che non è qualcosa da cui fuggire o guarire ma un privilegio.
Per l’autore la solitudine è il privilegio dei poeti. La solitudine non è solo del
personaggio ma si realizza anche come solitudine dei luoghi. Il male del
personaggio deriva dal fatto che non crede più nella felicità e l’unico modo per
dissipare la noia della vita sia il viaggio. Si tratta di un viaggio che cambia la
sua vita però con conseguenze negative in quanto viaggiando si rende conto del
nulla di tutto quello che c’è sulla terra quindi viene gettato ancora di più nella
noia fino quasi al suicidio. Questo male è causato dalla disillusione, chi però
sopporta questo male è superiore al di sopra degli altri. Un altro elemento che
notiamo è l’armonia della natura con lo stato d’animo di René.
13/03/20
Analisi del testo “Les orages désirés
Sebbene si tratti di un testo molto breve possiamo da esso comprendere
perfettamente cosa si intenda per vague des passions ma accanto a questo vi
ritroviamo vari temi relativi al Romanticismo. In primo luogo troviamo il
riferimento alle sensazioni fuggitive, l’idea della passeggiata e della révérie.
Altro tema ricordato nel testo è quello della malinconia nella parte centrale.
Chateaubriand non ci dice solo quali sono i temi e gli stili che vengono e che
possono essere usati all’interno della scrittura romantica poiché a partire dai
suoi testi si può intravedere una critica a determinati soggetti della società, a
determinati classici sociali dunque non parliamo di un lirismo finalizzato a se
stesso che serva solo per cantare la malinconia del poeta. La malinconia si fa
strumento di critica nei confronti di tre elementi: della civiltà in quanto l’autore
ci dice che la conoscenza e la lettura di tutti i libri a disposizione in maniera
esasperata fanno si che l’uomo non abbia più desideri da realizzare e quindi la
sua esistenza diventa povera. A sintesi di questo il poeta ci dice “si abita con il
cuore pieno un mondo vuoto”. Altro attacco di Chateaubriand è quello fatto
alle donne che secondo lui rammolliscono la società perché quello che hanno
di tenero e di incerto contamina la società. Altro attacco che non ci
aspetteremmo da parte dello scrittore è quello avanzato contro il Cristianesimo.
Secondo il suo pensiero anteriore alla conversione esso è una macchina per
fabbricare sogni perché gli uomini sono lacerati dai dispiaceri della vita terrena
e dalle gioie promesse in cielo. Ritornando al tema della malinconia lo si

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ritrova nella prima parte del testo quando si legge “j’écoutais ces chants
mélancoliques…” Essa esprime un sentimento di incertezza ma è generata
dalle passioni stesse perché si realizza esattamente quando una passione non
può realizzarsi perché senza oggetto e si consuma da sola all’interno di un
cuore solitario. Ecco il motivo per cui il poeta ci ricorda che il canto dell’uomo
sia un canto triste perché non può realizzare le sue passioni fino in fondo.
L’autore ci dà anche una visione storica della nascita di questo sentimento e ci
dice che esso è nato dopo l’Illuminismo in quanto esso ha tolto all’uomo due
elementi importanti ossia, il pregiudizio e la fede. Il primo è un giudizio
espresso prima di un’esperienza. L’illuminismo nega questo elemento in
quanto si fonda sull’analisi ragionata dei fenomeni. Negando tutto questo e
quindi la fede, getta l’uomo nell’abbandono completo. L’autore riprende l’idea
della malinconia dell’epoca classica che bisogna leggere come la dolorosa
perdita e lacerazione in un mondo dove Dio non è più presente. L’uomo
dunque deve riuscire a trovare la soluzione al disordine causato dall’assenza di
Dio che ricordiamo prima dell’Illuminismo era considerato come principio
unificatore, mancando quello il mondo per l’individuo romantico diventa
veramente disordinato e questo si ripercuote anche sulla società. Nell’800 non
esiste più la gerarchia sociale anche a causa dell’avvento della borghesia.
Ritornando al testo notiamo il fortissimo legame tra il sentimento del poeta e la
natura che è in totale sintonia con il sentire del poeta. Nell’ultima parte del
paragrafo troviamo la similitudine tra il cuore e la lira che sottolinea
l’incapacità di esprimere felicità. Leggiamo che si può restituire la gioia solo
attraverso le stesse corde con cui ci restituiscono il dolore e i sospiri a
sottolineare la profondissima tristezza. Nel paragrafo successivo troviamo il
chiaro riferimento alla promenade e alla réverie che sebbene profondamente
diversa da quella descritta da Rousseau in quanto vediamo anche un profondo
desiderio di distacco dalla realtà. Vediamo però che questo desiderio di
elevazione viene fermato da una voce che risulta essere la voce del Cielo che
come unica soluzione prospettata per l’uomo è “le vent de la mort” dunque la
morte. Infine notiamo l’evocazione da parte del protagonista alle tempeste e
alle forze della natura perché lo portino verso “les espaces d’une autre vie”.
L’introduzione a livello letterario più rappresentativa dell’800 è il romanzo che
è da considerarsi il genere per eccellenza proprio perché è il genere che
permette di effettuare più sperimentazioni. In quanto alla poesia nel XVIII
secolo muore perché viene relegata all’ambito didattico dunque è asservita al
pensiero illuminista e viene inclusa nelle arti dell’immaginazione, In quanto al
teatro continua a vivere dell’eredità seicentesca imitando le opere. L’unico
genere nuovo nel 700 è la Commedie larmoyante di Marivaux. Nell’800 tutti i
generi acquisteranno nuova vita.

Poesia Romantica

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Nell’epoca romantica si cerca di rompere il legame didattico che la poesia
aveva rivestito nel 700. La rivoluzione poetica doveva essenzialmente
consistere nel distacco della poesia stessa da temi filosofici. nel 700 e in
particolare all’interno dell’Enciclopedie il genere della poesia viene inserito
all’interno del quadro delle conoscenze umane nella parte inerente alle arti
dell’immaginazione. Nel genere della poesia si includevano tanto la sfera del
sacro quanto quella del profano. All’interno della macroarea della poesia erano
comprese narrativa, drammaturgia e parodia, ma anche pittura scultura musica
ecc. Quindi si intendeva come poesia tutto il mondo legato all’arte,
Paradossalmente proprio questa estensione della poesia a tutte le arti, la poesia
come lirismo poetico, viene profondamente ridimensionata. Secondo i filosofi
del 700 la poesia è legata all’infanzia dell’umanità che ormai è adulta. Durante
la Rivoluzione la poesia diventa accessoria. La rivoluzione del romanticismo
vuole evitare di fatto che la parola poesia includa tutte le forme artistiche ma si
limiti a riferirsi all’espressione del lirismo poetico. Dunque essa deve diventare
esclusivamente espressione dell’io del poeta. Non avremo più dunque la poesia
didattica né la poesia mondana. La restrizione apportata fa si che la poesia
diventi il genere maggiore dell’800 assumendo quasi la forma di parola
metafisica, gli argomenti trattati dunque non saranno più battaglie, rivoluzione
o vita quotidiana ma troveremo una poesia che assume la stessa importanza
della filosofia. La principale rivale della poesia è proprio la filosofia. La poesia
diventa espressione dell’assoluto, dell’unità nascosta delle cose e quindi il
poeta diventa un filosofo spiritualista e quindi la poesia assume questa grande
importanza.
Testimone di questo cambiamento è Lamartine che ci consegna nel 1820 un
opera fondamentale che sono Les Méditations poétiques già dal titolo si ha un
manifesto della poesia che diventa parola metafisica che come già detto
trasforma il poeta in filosofo spiritualista. Un altro poeta, Vigny ci dice Poésie
oh trésor! Perle de la pensée”, da questa frase si evince come la poesia assuma
funzione di parola filosofica. In questo periodo cambiano le abitudini di lettura
e le modalità di fruizione della lettura. Nel 36 viene inventata la stampa
moderna, ciò porta alla diminuzione dei costi dei libri e nel 39 alla nascita di
una nuova figura quella dell’editore. Nasce anche il romanzo feuilleton cioè la
pubblicazione a puntate sulle riviste e in questo modo si fidelizzò il lettore in
quanto si creò l’esigenza di comprare i vari numeri delle riviste per leggere la
continuazione dei romanzi. Ciò permise di fruire della letteratura a più gente.
2 Lamartine e Les méditations poétiques.
Con la sua raccolta Les Méditations poétiques Lamartine comincia l’avventura
della modernità poetica. Nella prefazione alla seconda edizione Lamartine
sostiene di essere il primo ad aver fatto scendere la poesia dal Parnaso
avvicinandola agli uomini tutti. All’interno dell’opera ritroviamo vari temi tra i
quali la malinconia. Prima di analizzare l’opera è fondamentale fare una

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riflessione in merito al rapporto tra poesia e religione tra Sei e settecento. In
particolare nel 700 la poesia era praticata da uomini profondamente religiosi
che oltre a tradurre i salmi tradussero in versi in francese passi dell’Antico
Testamento. Questo è il motivo per cui si può parlare di poesia sacra nel
settecento. La poesia diventa un dipartimento letterario della religione. Con la
raccolta di Lamartine l’impasse della poesia cessa. Con lui nasce anche una
nuova figura di poeta il poète citoyen a servizio del pensiero rivoluzionario,
ricordiamoci che l’autore era impegnato in politica ed è per questo che crea
questa figura di poeta che si rivolge al popolo parlando di argomenti universali
in cui tutti si possano riconoscere. Prima di esaminare il titolo riprendiamo il
discorso della condizione del poeta romantico. Possiamo dire che il poeta sia
isolato, svalutato e che si trovi al di fuori dei campi del potere dunque
Lamartine si considera come l’ultimo poeta ad avere un ruolo politico. Dopo di
lui gli altri poeti non rivestiranno alcun ruolo politico. Un altro scrittore che è
icona del suo tempo al livello sociale è Victor Hugo. Altra necessità tanto per
Lamartine quanto per Hugo è quella di creare un nuovo tipo di poesia dandole
una nuova forma. Lamartine e tutti i poeti romantici si legheranno alla corrente
della sensibilité del 600 che era stata oscurata nel XVIII secolo per la quale le
sensazioni erano il fulcro centrale del discorso poetico. È proprio la visione del
reale attraverso queste sensazioni che fa sì che i romantici combattano il
razionalismo che li aveva preceduti. Questa sensibilité la si ritrova nelle
Méditations poétiques. La parola Méditations ha una forte connotazione sia
filosofica che religiosa. Questa prima parte del titolo ci restituisce l’idea di
poesia come forma di pensiero. All’interno dell’opera si trattano vari temi quali
il confronto fede -ragione e quellopoesia prosa e altre tematiche legate al
soggetto. I critici ci dicono che a partire da Lamartine i poeti ormai pensano.
Soffermiamoci ora sulla sua produzione poetica. Proviene da una famiglia
aristocratica, ama moltissimo viaggiare adora l’Italia e nel 1812 pubblica il suo
primo romanzo (lui non é tanto conosciuto per i romanzi quanto per la sua
poesia), dedicato all’Italia dal titolo Antonielle. Nel 1816 Elvire che è la sua
amata muore di tubercolosi questa perdita sarà poi decantata in una poesia con
la quale riflette sul tema della morte. Nel 1823 scrive les nouvelles méditations
poétiques. Nel 30 entra a far parte dell’Accademie française scrive altre
raccolte poetiche e successivamente nel1836 scrive un secondo romanzo dal
titolo Joslenne che è un’epopea sentimentale e sociale. Nell’ultima parte della
sua vita la poesia passa in secondo piano infatti alla morte di Luigi Filippo nel
1848 diventerà il presidente provvisorio della Repubblica. Scriverà opere
politiche. Quando tornerà al potere Napoleone III Lamartine verrà allontanato
dalla politica. Les Méditations poétiques presentano ancora una forma classica
e rappresentano una meditazione sull’uomo e sul mondo, e dunque danno alla
poesia una funzione inedita perché sembrano unificare la figura del teologo e
quella del filosofo. Quello che cambia è che in questo caso non è più Dio a
rivolgersi all’uomo ma è il poeta che vi si rivolge attraverso la poesia. Questa
nuova posizione assunta dal poeta cambia anche la percezione del reale e
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quindi del bello romantico. Il lettore non viene disorientato dalla poesia perché
abituato ad una forma poetica particolare, quella dell’elegia, presentando temi
nuovi. L’io che viene presentato in questo componimento non è un io assoluto
bensì un io relativo in cui ciascuno si può riconoscere.

16/03/20
Analisi del testo Le Lac
La forma in cui è scritto questo componimento è l’elegia che è un genere di
componimento classico e per tanto i lettori non si sentono spaesati nel leggerla
perché sono abituati a questa forma. L’immagine che ci viene restituita è
assoluta musicalità, il paesaggio dunque non è descritto in maniera fredda ma
sonoramente, quindi la poesia attraverso la scelta di figure retoriche particolari
come allitterazioni restituisce il suono del lago. Restituendone le suggestioni
quindi non abbiamo una descrizione oggettiva e semplicistica del lago in
quanto non ci viene data l’immagine del lago così come viene visto dal poeta,
ma attraverso elementi che ce ne descrivono e restituiscono la sonorità, ad
esempio le allitterazioni in l. Lamartine è il poeta del paesaggio e rompe
attraverso la poetica del sensibile quella che era l’imitazione. Quindi nella sua
poetica l’importante non è l’imitazione di ciò che vede, ma la suggestione che
le cose hanno sull’animo del poeta. Il componimento si presenta suddiviso in
quartine formate da alessandrini e da un verso di emistichio finale.
Successivamente siamo sempre di fronte a delle quartine dove però vediamo
l’alessandrino alternato con gli emistichi. La seconda quartine funge da
introduzione a ciò che mostrerà dopo. Qui a parlare è Elvire ossia la defunta
amata del poeta che lui stesso definisce come “una voce a me cara” nel verso 7.
Nella terza quartina troviamo in primo luogo la metafora del tempo uccello che
si esprime con l’imperativo “suspends ton vol” che Elvire usa per rivolgersi al
tempo per chiedergli di arrestarsi, dunque notiamo una riflessione sullo
scorrere del tempo, sulla sua caducità e sulla sua velocità. Ci dà una visione
soggettiva del tempo che sembra passare più velocemente nei momenti felici.
Dal verso 13 fino al 16 ci fa invece vedere come il tempo passi lento per i
meno fortunati, qui il poeta chiede che il tempo scorra più velocemente. Al
verso 21 vediamo un incitamento all’epicureismo riferendosi al carpe diem
oraziano invitando dunque a godere dei momenti felici. Dal verso 26 al 36
vediamo tutta una serie di interrogativi che l’uomo pone a se stesso e questo fa
parte delle méditations. A partire dal verso 36 il poema cambia la sua struttura
in quanto il poeta si rivolge all’universo sensibile. In particolare si rivolge alla
natura che diventa l’unica depositaria del ricordo. Nei versi dal 36 al 39 il
poeta fa riferimento alla natura come madre che rimane eterna attraverso rocce,
grotte, foresta oscura ed è simbolo di eternità. La natura riveste una funzione
consolatrice. Nella successiva strofa c’è il riferimento al lago che in quanto
elemento naturale anch’esso è chiamato a conservare il ricordo, proprio perché
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il poeta e la sua amata Elvire lì passavano molto tempo. Nell’ultima strofa
ancora una volta il poeta ci segnala l’importanza degli elementi naturali nello
scandire l’amore. Altro elemento a livello stilistico da notare è l’uso del passé
composé.
All’interno del testo troviamo l’uso di vari tempi verbali. Ad esempio
dell’imperfetto usato per far riferimento ai momenti del ricordo, il presente che
vuole indicare la caducità del tempo che passa. Il passè composè finale non
dice si sono amati ma chiama in causa la natura e dice che essi hanno amato,
sottolineando come di fatto il loro amore continua a vivere. Notiamo anche
vari indicatori temporali quali jours aurore nuit.Sta

La battaglia romantica
La così detta battaglia romantica vide contrapporsi i sostenitori del classicismo
e i sostenitori di quello che sarebbe stato il romanticismo, sostenitori di
un’innovazione della letteratura. È importante ricordare che accanto alle
Accademie che erano state nel 600 e 700 luogo di dialogo letterario si formano
i cenacles, luoghi di incontro dove gli intellettuali romantici parlavano di arte,
letteratura e politica. Questa battaglia romantica si combatte a colpi di penna e
di articoli su giornali appositamente creati per accogliere il dibattito culturale
del secolo. Gli intellettuali romantici si dividono essenzialmente i due gruppi
Conservatori e Moderati. I primi di cui inizialmente faceva parte Hugo,
fondarono nel 1819 la rivista “Le Conservateur littéraire che difendeva la
monarchia e proprio per questo non erano d’accordo con le idee di Mme de
Stael, ma vi era anche una certa apertura religiosa. I maggiori intellettuali che
gravitavano intorno alla rivista erano Hugo, Lamartine e Vigny che ritrovano e
ricercano nelle tradizioni popolari un modo per far riscoprire questo sentimento
religioso che di fatto era stato oscurato dal 700, attraverso la riabilitazione del
passato, tanto che riscoprono anche il genere trobadorico. Le idee di questa
rivista si arricchirono anche grazie alla creazione nel 1824 di un’altra rivista
“La muse française” Deschamps uno dei fondatori è colui il quale porta parte
della letteratura straniera in Francia, traducendo ad esempio Romeo e Giulietta.
Attraverso le posizioni espresse in questa seconda rivista ci si rende conto che
in un momento così particolare, c’è bisogno di qualcosa di nuovo per una
nuova società. Benché le posizioni espresse ne la muse française fossero
moderate furono condannate dall’accademie française che le accusarono di
“eresia romantica”. Questa rivista aveva tentato di conciliare il classico e il
romantico. Dopo l’attacco la rivista decide di portare avanti solo le idee
romantiche. Gli intellettuali della rivista dopo lo scioglimento si riunirono
intorno a Jaques Loudier scrittore importante. Poi troviamo coloro che non
erano certo sostenitori della monarchia ma della Rivoluzione. Proprio i liberali
si fecero sedurre da tutta una serie di autori italiani e presero fortemente come
spunto la prefazione del conte di Carmagnola di Manzoni, manifesto del
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romanticismo. Un importante esponente dei liberali fu Stendhal che alimentò
quella polemica in merito alla modernizzazione del teatro. Approfittando dello
scalpore provocato nei monarchici e in seno all’Accademie a causa di una
rappresentazione di una compagnia teatrale inglese, Stendhal pubblica nel 1825
Racine et Shakespeare testo in cui difende in tutto e per tutto il Romanticismo,
affermando un romanticismo più forte e distaccato dal classicismo.
In questo testo afferma che i romantici non consigliano di imitare le opere di
Shakespeare, consigliano così come il dramma di Shakespeare si mostra
sempre attuale per i temi trattati, quello che vogliono è dare al pubblico le
opere che esso ha paura di chiedere, perché nonostante sia pronto al
rinnovamento, vive ancora sotto l’ombra del classicismo e dunque nel rispetto
assoluto dell’opera di Racine. Ci dice quindi che ogni rappresentazione teatrale
deve essere in linea con il suo tempo, quindi secondo Stendhal è assurdo
continuare a rappresentare le opere di Racine che è la reincarnazione di una
società gerarchica dominata dall’aristocrazia, società che non ritroviamo più
nell’800
Nel 1824 viene fondata dai liberali la rivista “Le Globe”. Colui che riuscì ad
unire romanticismo liberale ed aristocratico fu proprio Victor Hugo.

19/03/20
Cromwell di Victor Hugo préface
Il teatro è il banco di prova per gli scrittori dell’800 proprio in ragione del fatto
che era il genere più legato alla tradizione classica. Cambia anche la
concezione dell’arte perché ci si convince che essa si può trovare anche al di
fuori dei canoni classici che limitano il linguaggio gli stili e i toni. Si viene ad
affermare dunque la libertà dell’arte, libertà che ritroviamo chiara e forte nelle
prefazioni delle opere teatrali e in particolare nella préface dell’opera
Cromwell scritta da Victor Hugo che è considerata il manifesto del teatro
romantico, In questa préface l’autore riflette su quelle che erano le strettissime
regole del teatro classico per proporre una nuova visione. In primo luogo nella
prefazione viene messa da parte l’idea dell’imitazione della natura, per fondare
la sua idea di teatro sulla convinzione di un ordine profondo del cosmo e che
tale ordine sia diverso a seconda del soggetto e che l’artista sia sempre capace
di cogliere questa organicità vitale, ma una delle concretizzazioni della libertà
dell’arte è la commistione dei generi. Nell’800 nasce anche un nuovo genere
letterario, il poema, che non era vincolato a nessuna regola fissa e permise per
tanto di scrivere in totale autonomia e di avere nelle mani una forma molto
malleabile che permetteva di includere varie scene. Un’altra forma nuova è
quella del poème en prose ossia poema in prosa al quale vengono dati gli slanci

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dell’anima e del corpo, genere che verrà rinnovato nella seconda metà del
secolo da Baudelaire che scriverà lo Spleen de Paris. Più o meno tutti gli autori
si misurano con il teatro ma non tutti raggiungono il successo sperato. L’unica
opera teatrale romantica che ebbe gran successo fu Il Lorenzaccio di Alfred de
Musset il cui personaggio principale è Lorenzo dè Medici. Il teatro romantico
ebbe difficoltà ad affermarsi perchè la lotta contro le regole classiche in nome
di una rappresentazione completa della vita presentava delle contraddizioni.
Victor Hugo lotterà tantissimo contro l’idea dell’unità di tempo e di luogo,
però trascurerà il fatto che ogni rappresentazione deve seguire delle
convenzioni in quanto il teatro deve rispondere alle abitudini e al gusto del
pubblico, alla personalità degli autori e la specificità del linguaggio teatrale. Il
pubblico romantico non era pronto dunque ad accettare e recepire le opere
teatrali di Victor Hugo. Una delle rappresentazioni che suscitò un forte
dibattito fu Hernanie. Con questa l’autore cerca di rompere con le convenzioni
classiche, notiamo ad esempio che alcuni personaggi si rivolgono direttamente
al pubblico cosa che era assolutamente inconcepibile nel teatro classico. La
rottura dell’illusione teatrale sconvolge il pubblico che non era pronto e quindi
l’opera si concluse con una rissa tra il pubblico tra chi sosteneva l’innovazione
e chi invece la rigettava totalmente. La tragedia appariva ormai come genere
mediocre perché non si poteva di fatto competere con la tragedia dei classici.
Questo portò alla decadenza della Commedie Française e di conseguenza allo
spostamento delle rappresentazione nei teatri di boulevard che rappresentano il
nucleo della rinascita del teatro, Questi teatri erano caratterizzati da
rappresentazioni con decorazioni sontuose, il genere più praticato era il
melodramma che offriva anche delle conclusioni morali alla fine della
rappresentazione. Genere molto apprezzato dalla borghesia per i temi trattati.
Gli autori praticarono molto questo genere inserendo ad esempio eroine
perseguitate che erano le uniche che generavano l’emozione teatrale. È proprio
al melodramma che si attinge per la nascita del dramma borghese.
Ritornando alla prefazione di Cromwell di Hugo ci permette di comprendere
quali sono gli elementi di questo nuovo genere teatrale che è il dramma. Lo
scrittore diventa quasi rivale di Dio, questo è uno dei punti su cui insiste la
prèface di Cromwell. Victor Hugo ci dice che l’uomo nella vita assiste sia ad
avvenimenti sublimi che ad avvenimenti grotteschi dunque un teatro che voglia
rappresentare la totalità della vita e della realtà non può solamente mostrare il
bello ma deve rappresentare bello, brutto, sublime e grottesco, quindi nei
confronti dell’opera assume la stessa posizione che ha Dio nei confronti della
realtà. Questa rappresentazione della totalità e dell’immensità non incontrò i
gusti del pubblico che non era preparato a tutto questo. Un ruolo importante è
quello dell’importanza della storia all’interno del teatro, nella preface di
Cromwell, che sottolinea appunto che ogni rappresentazione deve evocare un
evento o elemento storico in modo da riportare il pubblico alla realtà vissuta.
L’autore che per primo inserisce l’importanza della storia nella

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rappresentazione teatrale fu Stendhal. Questa concezione della storia è nuova
rispetto a quella che si aveva nel settecento che consisteva nel rappresentare
scene della vita quotidiana dei secoli passati. Victor Hugo invece sostiene che
non sia tanto importante mettere in scena momenti della storia passata, facendo
colore locale ossia con perfetta esattezza, ma bisogna dipingere i conflitti nei
quali le forze storiche sono importanti, cioè conflitti personali che il pubblico
possa percepire. Questo è il caso di Cromwell in quanto, benché le vicende
narrate non siano contemporanee, nei conflitti vissuti dal personaggio il
pubblico vi riconosce dei conflitti a lui contemporanei ad esempio:
acquisizione della legittimità attraverso il regicidio, degradazione dell’autorità
in tirannia, decadenza dell’aristocrazia, paralisi del popolo che assiste
passivamente alla successione dei padroni rievocando il periodo storico
postrivoluzionario, dunque un tempo presente che il pubblico dovrebbe
apprezzare riconoscendovisi, Se nel melodramma troviamo la contrapposizione
tra il buono e il cattivo nel trasferimento al dramma questo dualismo viene
rivisitato in quanto lo scontro è sostituito dallo scontro interiore tra pulsioni
positive e negative di un medesimo eroe. Un’altra cosa che Hugo ricorda in
questa prefazione è che il dramma ha una missione nazionale, una sociale e una
umana. Sebbene il dramma borghese abbia finalità alte gli strumenti che deve
utilizzare devono essere commisurati e non lo sono. Il successo del teatro non
si concretizzerà con Hugo ma piuttosto con Vigny con la sua opera Chatterton
dove descrive la condizione del poeta in isolamento e gli argomenti trattati
sono; il diritto del poeta all’esistenza in una società dominata dal denaro e il
conflitto tra pregiudizi sociali e morali e le esigenze della passione. Tra tutti
però quello che dà la lezione più forte con il suo Lorenzaccio è Musset. Nel
protagonista dell’opera riesce ad unire il suo dramma personale e il momento
storico perché in esso proietta tutta la sua nostalgia, la paura del vizio che crea
un’altra immagine di sé, una doppiezza. Vediamo dunque nel personaggio di
Lorenzo dei Medici la rappresentazione dell’io idealista nostalgico della
purezza e dell’io cinico predisposto al male. Musset riesce a legare tutto questo
ad un’epoca che vede negata la sua speranza all’indomani del 1830. Il male da
cui è sopraffatto il personaggio di Lorenzo è il male di una società corrotta,
male dal quale il popolo si lascia opprimere.
20/03/20
3 Alfred de Vigny
Vigny pubblicherà nel 1822 i poemi giovanili e nel 1826 pubblica les poèmes
antiques et modernes. A partire dal 1843 questi poemi verranno raccolti nelle
Destinée, Mentre i poemi da lui scritti nel 43 saranno pubblicati nel 1860.
I componimenti che lo affermano come poeta sono i poèmes antique et
modernes e un altro componimento dal titolo Eloa. Quest’ultimo è un’epopea il
cui titolo completo è “Éloa, ou La sœur des anges”. La protagonista è nata da
una lacrima di Cristo ed è sorella degli angeli e vuole salvare Lucifero che è il
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simbolo dell’angelo ribelle, lo ama perché soffre e alla fine viene trascinata
anche lei in un abisso senza cielo. Qui vengono celebrati dunque: la pietà
femminile, l’amore puro, il riscatto e la colpa. All’interno invece dei poèmes
antiques et modernes troviamo Moise dove canta la figura di Mosé che guida
il popolo ebraico alla terra promessa e canta la poesia del genio del poeta, che è
arrivato all’apice della sua grandezza e adesso desidera il nulla. In quanto agli
altri temi trattati nelle raccolte del poeta troviamo: tematiche medievali
rivisitate e principalmente il destino umano. Vigny non è da considerarsi come
poeta intimo e non mette mai sé stesso in primo piano perché legato ai sui
ideali. Faceva parte dell’aristocrazia e dunque si comportava un po’ come
Lamartine e come lui in alcuni punti della sua poetica riprende temi cari
all’Illuminismo come la fede nel progresso. Per l’autore il simbolo è lo
strumento essenziale. La raccolta dei poèmes antiques et modernes è divisa in
tre parti: le livre mystique le livre antique e le livre moderne. All’interno di
questi tre libri troviamo Moise che si trova nel primo libro simbolo dell’eroe
abbandonato al centro dell’universo, Eloa e la Deluge. Quest’ultimo poema
presenta il problema del castigo divino e degli innocenti. La lirica di Vigny è
filosofica e simbolica e si afferma ancora di più nella raccolta la Destinée. Qui
l’uomo viene rappresentato come prigioniero del suo destino e quindi vediamo
il pessimismo romantico, il sentimento di sofferenza del poeta e l’indifferenza
di Dio nei confronti dell’uomo. In Moise mette in scena il pensiero filosofico
dandogli una forma quasi epica e drammatica. Moise al tramonto sole la
montagna di nepo e si spiega davanti a lui la vista di tutti i paesi ai suoi piedi,
vede Neftali che viene incoronata dagli Indivi Gerico e Canaan e la terra dove
guidare il popolo di Israele ma dove lui stesso non potrà entrare. Arrivato in
cima alla montagna Mosé si trova davanti a Dio e gli porge la pianta. Il grande
profeta ha vissuto nella solitudine perché proprio a causa del suo ruolo nei
confronti del popolo di Israele nessuno gli si avvicinava. Nessuno osa amarlo
proprio a causa del fatto che Dio lo ha eletto. Il peggiore dei mali di Mosé
dunque è la grandezza e questa sua grandezza lo costringe all’estrema
solitudine. Ci dice di avere portato a termine il suo compito infatti nel
componimento di Vigny lo ritroviamo orgoglioso tanto che passerà in rassegna
le sue imprese. Ci dice che ha fatto piovere fuoco sulla testa dei re, ha dato al
popolo di Israele i Comandamenti, dietro il suo comando i temporali cessano, il
sole si ferma, le acque si aprono. Vediamo anche che è stanco del suo potere
immenso e di una vita che non può condividere con nessuno. Mentre il popolo
aspetta, Mosé scomparirà in una nuvola nera e il popolo aspetterà il suo
ritorno. Dio però manderà un nuovo eletto, Giosué, che porta la stessa
solitudine morale di Mosé. Se facciamo un confronto tra la figura biblica di
Mosé e quella di Vigny in quest’ultima vediamo un Mosé che ragiona sulla sua
tristezza perché ha perso la speranza che sostiene l’uomo. Ha conosciuto la
vanità delle scienze e del potere e si rivolta a Dio. Un’altra differenza tra il
Mosé biblico e quello di Vigny e che il personaggio biblico si lamenta ma il

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suo lamento riflette il lamento di Israele mentre quello di Vigny pensa solo a se
stesso, parla solo di sé e incarna il pessimismo romantico.
Analisi del Testo Moise
All’inizio del testo capiamo subito che Mosé si trova in piedi davanti a Dio e
che si sta lamentando della sua potenza che gli implica la solitudine e dice di
essere stanco di portare avanti il suo compito. Successivamente troviamo una
litania che si ripeterà più volte all’interno del componimento scandendolo.
Nella seconda parte del testo passa in rassegna le sue gesta. Alla fine invece,
per dimostrare il suo stato di solitudine, ci dice che lui allarga le braccia per
abbracciare la gente ma la gente ne ha timore.
Chatterton (1835)
Anche Vigny tenta il teatro e rispetto ad altri avrà più successo. Il suo teatro
non sarà scritto in versi ma in prosa. Il suo teatro come poi anche quello di
Musset viene definito come teatro da poltrona cioè un teatro per la lettura
proprio perché non in versi. Quest’opera ci dimostra come si trasforma il
concetto di eroismo o meglio come viene completamente rovesciato nel teatro
romantico. Nel teatro romantico non abbiamo più l’eroe ma l’antieroe. Nel suo
testo “La morte della tragedia” il critico Steiner ci dice come la tragedia
classica muoia con l’avvento del razionalismo in quanto viene meno l’idea di
un’universo chiuso, provvidenziale perché la visione diventa più laica e
profana. Le tragedie da Sofocle a Racine ci propongono l’idea di un reale
divinizzato guidato dalla Provvidenza. Veniva dunque rappresentato un mondo
gerarchizzato dove l’eroe ricopriva un posto sicuramente privilegiato
all’interno di questo ordine. Nel dramma romantico mette in scena un
protagonista che viene catapultato in un mondo non gerarchizzato e per
sopperire alla mancanza di ordine cerca di trasformare questo mondo non
eroico all’interno del quale si trova cercando di immaginare un azione eroica
che non può concretizzarsi. L’eroe romantico è un eroe in rivolta ed è per
questo che l’eroismo diviene causa di frustrazione. Chatterton incarna in tutto e
per tutto quest’eroismo frustrato, l’isolamento e l’impossibilità all’azione e alla
sua realizzazione e alla fine si suiciderà quindi quando il protagonista
romantico capisce che non può imporsi all’interno di un mondo non
gerarchizzato. L’opera Chatterton è ambientata nella città di Londra del 1770.
L’anno di pubblicazione dell’opera 1835 segna per la Francia il passaggio dal
feudalesimo all’industrializzazione processo che in Inghilterra era avvenuto
molto tempo prima. Il 1770 a Londra segna la nascita della nuova società
industriale. Chatterton è immagine dell’uomo romantico all’interno della
società dominata dal denaro, Vigny in questa rappresentazione sceglie come
protagonista un poeta. Chatterton incarna l’alienazione della figura del poeta il
cui ruolo non viene riconosciuto nella società che va verso
l’industrializzazione. Il protagonista si ritrova a lavorare come cameriere
presso John Bell e svolgerà la sua attività di poeta in solitudine nella sua
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stanza. È proprio questo ambiente chiuso che gli permette di allontanarsi dalla
società borghese proprio in relazione al fatto che i valori portati avanti dalla
borghesia non corrispondono ai valori di Chatterton.
Analisi del testo Humiliation
In questo testo vediamo il dialogo tra Backford lord-maire e Chatterton. Nelle
prime righe vediamo come Backford considera l’attività poetica assolutamente
come un passatempo. Vediamo un processo denigratorio tanto nei confronti del
poeta quanto in quelli della poesia stessa, alla quale viene riconosciuto un
ruolo all’interno della giovinezza. Altra cosa fondamentale la vediamo quando
Beckford sottolinea il fatto di servire all’Inghilterra (lignes 19-21). Qui
Chatterton risponde sottolineando l’importanza della poesia attraverso una
metafora (lignes 24-31), con la quale paragona l’Inghilterra ad una grande
nave sulla quale ciascuno svolge il proprio ruolo. Beckford non capisce la
metafora in quanto il suo linguaggio è semplice e per tanto diverso da quello di
Chatterton. Nella vita di Chatterton sarà importantissima la figura di Kitty Bell,
donna di cui si innamora che lo comprende e lo apprezza come poeta. Questo
rapporto riesce a farlo sopravvivere per un po’ di tempo, perché questo
sentimento d’amore riesce a ricoprire un mondo dal quale lui si sente
profondamente escluso. Alla fine Chatterton si suicida e dopo poco anche Kitty
Bell morirà,questo perché Chatterton non può imporsi in una società dominata
dal pragmatismo disumanizzante. Tutti gli altri personaggi sono ben descritti,
mentre Chatterton è l’unico che rimane evanescente. Si tratta di una scelta
poetica di Vigny che ci mostra come Chatterton non sia assimilabile all’interno
di questo mondo industriale.

4 Musset e “les nuits”


Musset nasce nel 1810. A vent’anni pubblica i Contes d’Espagne et d’Italie che
presentano uno stile leggero che testimonia che il poeta deve affrontare il
mondo senza abbandonarsi. Tenta anche la via del teatro pubblicando un opera
in versi La notte Veneziana che sarà un fallimento. Egli decide di scrivere
teatro da poltrona cioè più adatto alla sola lettura che alla rappresentazione
sulla scena, in tre delle sue opere la rappresentazione dell’amore diventa un po’
grottesca. In quanto alla sua produzione poetica una data importante è il 1833
perché Musset è innamorato di George Sand la quale lo tradisce e lui non lo
accetta. Il sentimento d’amore verso questa donna era la sua fonte di
ispirazione poetica e quindi una volta conclusosi questo rapporto, Musset
sembra cadere nel silenzio poetico. Nascono diverse opere autobiografiche,
ma anche Les Nuits. Les Nuits sono scritte tra il 1835 e il 1837 e si dividono in
quattro poemi che esprimono la sofferenza ( La Nuit de Mai), la malinconia

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( La nuit de décembre), la solitudine ( La Nuit d’août) e la gioia ( La Nuit
d’octobre).
Nella Nuit de Mai la musa esorta il poeta a cantare, in un dialogo tra il poeta e
la Musa dove lei lo esorta a mettersi a cantare proponendogli di dimenticare il
suo male. Ma il poeta non segue il consiglio restando agganciato a questa
sofferenza. La musa quindi lo invita a guardare questa sofferenza perché potrà
servirgli come ripresa dell’ispirazione poetica. Nella Nuit de décembre invece
vediamo un personaggio che assomiglia al poeta, che appare al poeta stesso.
Tale personaggio si rivelerà essere la solitudine. Nella Nuit d’août il poeta
accoglie la Musa con gioia ma lei lo nota in uno stato di euforia strana, ma il
poeta non vuole condividere le sue preoccupazioni con la Musa. Infine nella
Nuit d’octobre il poeta si crede guarito, maledice chi lo ha fatto soffrire ma la
Musa lo consola, lo consola dicendogli che dalla sua esperienza può ricavare
tantissimo. Alla fine del poema vediamo la rinascita del poeta stesso.
Analisi della nuit de mai.
Sebbene la rappresentazione dell’amore si veda di più nei seguenti poemi
anche qui si nota, in quanto capace di influenzare produzione e creatività del
poeta. Il vero soggetto quindi è il rapporto del poeta con la sua esperienza. La
storia d’amore di Musset finita in delusione lo paralizza. Attraverso l’amore
verso George Sand egli ha scoperto i limiti della sua immaginazione e quindi
pone sotto analisi il suo silenzio per capire cosa ha sbagliato nel suo lavoro
artistico e nel rapporto che il lavoro artistico ha nella sua vita. Il poeta e la
Musa sono due rappresentazioni dello stesso Musset quindi siamo di fronte ad
un dialogo immaginario. Dal punto di vista poetico notiamo un’alternanza di
ottosillabi usati dal poeta e di endecasillabi usati dalla Musa. Nella prima strofa
vediamo l’ossessione del poeta attraverso questa serie di interrogativi. La
prima cosa che fa la musa è spingerlo a ritornare alla poesia. Essa è considerata
come preghiera per sottolinearne la sacralità. La poesia permette di aspirare
alla conoscenza di qualcosa che altrimenti l’uomo non potrebbe conoscere. Il
poeta poi mette in opposizione la poesia con la sua amata e quindi vediamo la
Musa rappresentata come consolatrice, sorella. Alla fine vediamo come il poeta
non riesce a trasformare il suo dolore in poesia, Il dolore romantico investe di
nobiltà l’animo umano e possa essere per il poeta ispirazione. Il poeta però ad
un certo punto rimpiange il tempo della sua giovinezza e si rende conto di non
poter ancora trasferire il suo dolore in poesia,
23/03/20
5 Victor Hugo
Victor Hugo si può considerare come uno scrittore ecclettico. Non scriverà
solo teatro ma sarà molto attivo all’interno dei cénacles ed è anche un
grandissimo poeta e romanziere. La sua produzione poetica è molto vasta e
segue il corso e le idee del suo tempo. L’opera poetica di Victor Hugo come
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Echo sonore del romanticismo procede parallelamente alla storia sociale
politica e ideologica della Francia. Tra gli anni venti e trenta Hugo si allontana
dal punto di vista politico dal legittimismo e da quello letterario dal
Classicismo. La sua produzione poetica inizia con “Les Odes et poèsies
diverses” nel 1822. In questa raccolta si sente l’influenza di Chateaubriand e di
Lamartine ma nella prefazione vediamo già una manifestazione delle sue
intensioni poetiche. Per lui la poesia deve rappresentare la realtà nella sua
totalità anche in quella nascosta. Nella seconda versione Les Odes et ballades
ritroviamo nelle ballades un’educazione del Medioevo ma anche una serie di
sperimentazioni metriche e stilistiche che ci fanno capire come queste due
prime raccolte siano un laboratorio poetico, pubblicate nel 1826. Tre anni dopo
pubblicherà Les Orientales altra raccolta poetica dove ritroviamo l’evocazione
del mondo mediterraneo che viene evocato tanto nei suoi drammi quanto nei
suoi splendori. Proprio questa raccolta gli permette di esprimere le sue idee
liberali facendo riferimento alla guerra in Grecia e all’indipendenza ellenica
che rappresenta la libertà in politica e troviamo anche il concetto di libertà
nell’arte. Dopo la battaglia di Hernani nel 1831 pubblica Les feuilles
d’automne che possiamo considerare come una serie di quattro raccolte
mature. In queste raccolte traccia un itinerario e tratta temi vari. Queste
raccolte aprono un secondo periodo all’interno della produzione poetica di
Hugo. Nel 1833 publicherà la raccolta Les chants du Crépuscule e Les voix
intérieures e nel 40 Les rayons et les ombres. Possiamo parlare di itinerario
poetico perché una volta concluso il suo apprendistato dove si era occupato del
colore, dello stile arriva con queste raccolte al vero lirismo. Lirismo che è
esaltazione di un sentimento profondo. Qui vediamo il romanticismo interiore
attraverso il quale Hugo non solo ci mostra la rappresentazione della realtà così
come appare ma anche dei misteri che si nascondono dietro di essa. Nelle
Feuilles d’automne vediamo un ritratto dell’infanzia, della famiglia e della
madre di Victor Hugo qui il poeta diventa guida dell’umanità. Si tratta di
poesie malinconiche. Qui l’autore si fa interprete di tutti i rumori della natura
che testimonia la presenza di Dio. Nell’ultima parte di questa raccolta invece
manifesta interesse per le questioni politiche e serve a passare alla seconda
raccolta les chants du crepuscule che è formata da canti politici. Importante per
la stesura della seconda raccolta è il legame con Juliette Drouet. All’interno
della raccolta vediamo una serie di preoccupazioni sociali e filosofiche che si
mescolano a questioni personali quindi da una parte vediamo la riflessione sul
crepuscolo del matrimonio perché Juliette è un amante e quindi con questa
raccolta ci racconta la fine del suo matrimonio. Il crepuscolo viene inteso
anche come declino del regime monarchico, della chiesa ormai corrotta, della
fede religiosa che vacilla, quindi vengono espressi una serie di dubbi. Nelle
Voix Interieures l’autore ritorna al lirismo intimo però non si tratta di una
poesia che esclude gli altri perché il poeta esprime le sue sofferenze mettendole
in prospettiva con la contemporaneità degli eventi, universalizzando le sue
sofferenze e le sue gioie. Les Rayons et les ombres riassume tutti i temi trattati
20
nelle prime tre raccolte, l’amore per la donna, l’amore passionale per Juliette e
si riflette anche nella natura che da essere compagna passa ad essere voce di
forze sconosciute. Si tratta di un passaggio importante che getterà le basi per la
poetica del simbolismo. Il poeta non si lega più alla contemporaneità attraverso
la poesia ma porta un messaggio misterioso. Si apre così un terzo periodo nella
poetica di Hugo quello legato all’esilio a partire dal 1851 che si aprirà con
nuove raccolte, Les chatiments, che offrono da un punto di vista quasi
caricaturale la sua indignazione di politico anche se per l’autore trionferanno la
legge dell’amore e quella del perdono. Les Contemplations sono una raccolta
molto personale ed è da considerarsi come un’autobiografia in versi. Questa
raccolta si articola intorno ad un evento molto triste della vita dell’autore cioè
la morte della figlia Léopoldine. L’opera si divide in due parti ovvero:
Autrefois e Aujourd’hui. La prima sezione è caratterizzata dai ricordi della
giovinezza, dell’amore con Juliette e dalle prime delusioni politiche mentre la
seconda è caratterizzata da componimenti scritti dopo la morte della figlia che
mostrano insieme dolore e speranza. In questa seconda parte si affrontano temi
come la morte, i mali e l’aldilà che trovano risposta nello spiritismo. Il poeta
quindi non è più eco sonoro, guida o profeta come nelle due precedenti raccolte
ma diventa un mago perché fa entrare in contatto attraverso la poesia con il
misterioso. Ci trasporta attraverso la parola in un universo poetico dominato da
diverse sensazioni che hanno delle corrispondenze tra loro. La sua produzione
poetica per tanto accompagna l’evoluzione poetica dell’800 anticipando in
qualche modo le corrispondenze che troveremo nel Simbolismo. Questa opera
può essere considerata il manifesto della poesia romantica. Un'altra raccolta è
La legende du siècle è una grande opera epica in cui si propone di scrivere tutta
la storia dell’umanità, in un percorso che va dalle tenebre alla luce rifacendosi
a personaggi storici e mitologici. Tenta di descriverci ogni epoca e quindi la
morale di ogni epoca per testimoniare la continua lotta tra bene e male per
arrivare alla luce.
Analisi del testo Tristesse d’Olympio da Les Rayons et les ombres
Questo componimento è stato scritto intorno al 1837 dopo essere stato a fare
una passeggiata solitaria nella valle della Bièvre dove spesso si incontrava con
l’amante Juliette. Tali luoghi quindi erano stati testimoni dell’amore del poeta
per la donna amata e nel momento in cui vi ritorna farà una riflessione
sull’amore. Il nome che compare nel titolo altro che lo pseudonimo dello stesso
Victor Hugo, pseudonimo che compare già nella raccolta precedente dunque
nelle Voix Interieures. Proprio l’uso di questo pseudonimo permette al poeta di
parlare di sé in terza persona e di universalizzare il suo sentimento amoroso. Il
tema che viene affrontato è la tristezza del singolo per arrivare alla tristezza
dell’essere in generale, un essere che si modifica e alla fine muore. L’unica
cosa che può conservare il ricordo qui non è più la natura come in Lamartine,
ma la memoria. Il componimento si apre con una riflessione su un Dio che non
permette all’uomo di essere felice e lancia una vera e propria accusa a Dio (vv
21
1-5). Tra il verso 4 e 5 troviamo un enjambement che sottolinea ulteriormente
la rabbia nei confronti dell’indifferenza di Dio. Si affronta qui anche il tema
della morte. Nel verso 6 notiamo discordanza tra i due emistichi che formano il
verso perché vediamo l’immagine della notte nella prima parte e in
opposizione l’immagine di un antro che risplende della luce di chi vi è dentro.
Qui dunque troviamo un’antitesi. A partire dal v 9 troviamo un cambio
repentino. Alla rassegnazione cristiana dei primi due versi abbiamo una
reazione energica di rivolta nei confronti dell’indifferenza e della dimenticanza
della natura e quindi l’affermazione di una certa libertà del sentimento umano
che troverà il modo di rendere eterno il ricordo. Vediamo la ripetizione del
verbo oublier scelta retorica che .dà forza al componimento. Nella seguente
strofa vediamo tutta una serie di luoghi, metafora dell’amore. Vediamo anche
una riflessione sul fatto che le passioni sfioriscono col passare del tempo. La
qualità delle passioni muta e peggiora v 18, tanto da essere assimilate in senso
dispregiativo agli istrioni perdendo la loro autenticità. Al di sopra di tutte le
passioni vi è l’amore che viene rappresentato come la luce flebile della torcia
alludendo all’amore in età avanzata, mentre viene visto come una fiaccola
alludendo all’amore in età giovanile. Il verso 23 è costruito con un chiasmo.
Dal verso 25 in poi vediamo l’immagine della vecchiaia come una tomba in
rovina. Si ha l’idea di una morte che non è reale ma metafisica. A partire dal
verso 29 inizia il viaggio nella memoria. Qui troviamo una frase che è divisa
tra il secondo e il quarto verso. Nelle ultime due strofe vediamo la discesa nella
più profonda sensibilità dell’animo umano con l’aiuto di una lampada che
rappresenta la memoria.
26/03/20
6 Honoré de Balzac
Il romanzo è un genere duttile in quanto non segue le rigide regole della poesia
e del teatro e quindi gli autori possono sperimentare nuove forme. Il primo
autore che tratteremo è Stendhal. Il suo romanzo è molto diverso da quello che
ci verrà poi proposto da Balzac. Con Balzac nasce quello che viene definito
romanzo realista. Il romanzo realista ha come obbiettivi l’osservazione del
reale e la restituzione di una verità globale perché vuole dare un’idea di
totalità, la stessa idea di totalità che voleva dare il teatro. La prima
caratteristica del romanzo realista è l’attenzione dell’autore per la vita
quotidiana di persone di condizioni medie e umili rappresentata in maniera
tragica. Non vediamo più quindi quella divisione netta tra i generi che veniva
fatta dal classicismo. Altra caratteristica essenziale risiede nella
rappresentazione dei personaggi che non sono più collocati fuori dal tempo e
dallo spazio ma notiamo una profonda connessione tra l’individuo e le sue
caratteristiche tanto psicologiche quanto dell’ambiente e del momento storico.
Il legame personaggio-momento storico già era presente, ma con Balzac e
Stendhal si rafforza ancora di più tanto da far sì che il presente in un certo

22
senso venga trattato come storia. Questo legame lo troviamo già nel romanzo
storico. L’individuo nel romanzo realista è inserito all’interno di una totalità
organica e presenta un carattere tipico quindi rappresenta un determinato tipo
sociale. Accanto a questa tipicità i personaggi presentano una forte
individualità. Il romanzo realista ci dà una rappresentazione critica della realtà
sociale. Dal punto di vista narrativo ci sono delle profonde innovazioni prima
tra tutte la posizione del narratore. Il narratore che ritroviamo nel romanzo
realista è un narratore esterno ai fatti quindi onnisciente. La critica letteraria
riconosce in Balzac il padre del romanzo realista. La sua opera è caratterizzata
da diverse tensioni. La poetica che troviamo in Balzac non è una poetica
realista pura e asettica perché l’autore è figlio del suo tempo, dunque delle
dinamiche e delle contraddizioni del suo tempo. Il versante fantastico e
immaginario proveniente dai racconti tedeschi non poteva non influenzare
Balzac. Infatti oltre al romanzo realista nella sua produzione troviamo una
cospicua parte in cui il fantastico ha un peso fondamentale. All’interno della
Commedie Humaine sono presenti sì romanzi realisti ma anche una parte
legata all’immaginazione, e che troviamo soprattutto nella sezione Romans
Filosophiques. Troviamo una grande complessità all’interno della sua
produzione, che trasforma la Commedie Humaine in un’opera importantissima
per la letteratura mondiale. La Commedie Humaine raccoglie una quantità di
romanzi impressionante. Balzac si interessa al materialismo e ai sansimonisti.
Da sottolineare è il fatto che la sua vita non fu affatto semplice, perché da
studente visse la situazione di studente povero. Inizialmente provò come tutti
gli intellettuali di quell’epoca, a scrivere per il teatro con un’opera che porta lo
stesso titolo di quella di Victor Hugo ossia Cromwell che nel 1820 sarà un
fallimento totale. Avrà diverse amanti e scriverà anche dei testi sull’istituzione
coniugale. Scriverà anche per i giornali e per le riviste. Nel 1830 arriva il
successo con il suo primo romanzo, racconto filosofico ambientato nella Parigi
del 1830 che si intitola La pelle di Zigrino, romanzo dove una buona parte è
intrisa di fantastico. Dopo il successo intensifica la produzione di romanzi
tanto da scriverne due tre all’anno. I suoi romanzi includono anche personaggi
che fino a quel momento non avevano trovato spazio all’interno della
letteratura come gli eroi popolari, i criminali per fame, i giovani senza futuro
quindi vediamo la rappresentazione di un mondo duro dove dominano la
morale degli interessi, gli egoismi, il denaro. Lo scrittore dedica molto spazio a
questi personaggi per esempio nella sezione Scènes de vie de province
narrando le storie del curato di Tours, Eugenie Crandé nel 1833. Proprio nel
1833 dopo questa prima produzione, gli viene in mente di utilizzare una
tecnica particolare tra il 1834 e il 1835. Tale tecnica consisteva nel far ritornare
i personaggi da un romanzo all’altro, quindi il lettore incuriosito
dall’evoluzione dei vari personaggi li ritrova nei romanzi successivi. Questa
innovazione avrà delle conseguenze fondamentali all’interno di tutta la
Commedie Humaine tanto da narrare storie di intere famiglie. Altra cosa
importante è l’incursione nella forma di romanzo fueilleton nel 1836
23
pubblicando in 12 puntate il romanzo La vieille fille, con lo scopo di
fidelizzare il lettore. Fu pubblicato sulla rivista la Presse. Il romanzo fueilleton
fu un nuovo strumento narrativo per un nuovo pubblico e la cosa fondamentale
è che questo nuovo metodo permise la concretizzazione del romanzo ciclico di
Balzac. Morirà nel 1850 anno in cui aveva scritto più di 23 romanzi. La
Commedie Humaine avrebbe dovuto contare 137 romanzi, ma 46 di questi
restarono solo progetti. Doveva dunque contenere circa 2000 personaggi.
L’indice risale al 1845. Dopo aver perfezionato la tecnica narrativa pensò a
questo titolo che comparirà in un trattato nel 1841. Nel 42 redigerà la
prefazione. In essa vediamo che il romanzo storico è una delle prime fonti
relative al romanzo. Questo veniva considerato come genere secondario. Si fa
riferimento alla tassonomia dei tipi umani. Quello che interessa a Balzac è
riferirsi alla storia dimenticata dagli storici cioè quella dei costumi. Afferma
che uno scrittore può diventare un pittore più o meno fedele dei tipi umani. Si
nota anche una certa attenzione all’ambientazione storico-sociale, perché
Balzac sa bene che dopo la Rivoluzione ogni uomo diventa parte della storia e
quindi, scrivere del passato gli serve per comprendere il presente ed anticipare
il futuro. L’autore ci dice che vuole essere storico fedele, più storico che
romanziere. Dice di aver fatto meglio dello storico, perché più libero e al rigo
23 ci dice che vorrebbe essere il segretario francese, mentre la società è
rappresentata dallo storico. Per Balzac la storia è ovunque e quindi per
recuperarla è necessario utilizzare come forma letteraria, il romanzo. Il
romanzo per lui è un genere totale in quanto contiene l’invenzione, lo stile, il
pensiero, la conoscenza e la sensazione. Ogni romanzo della Commedie
Humaine viene concepito come un capitolo del grande romanzo della società.
Il ritorno dei personaggi serve a Balzac per rappresentare questa totalità. Egli
aveva una visione filosofica della vita, predominata dalla consapevolezza che
ogni uomo ha una sua energia vitale individuale che si contrappone alle forze
della collettività e della storia, tanto che per lui ciascuno ha una quantità di
energia che utilizza ed esercita sul mondo esterno. Altra cosa da ricordare è la
suddivisione dell’opera che si divide in tre grandi parti. Troviamo una prima
parte intitolata “Gli studi di costume”, una seconda parte riguardante gli studi
filosofici e una terza riguardante gli studi analitici. I primi dovevano
rappresentare tutti gli effetti sociali. Gli studi filosofici servivano per
comprendere le cause di questi effetti sociali, mentre negli studi analitici
vengono rintracciati i principi. La Commedie Humaine è stata definita Le Mille
e una notte d’Occidente, perché in essa ritroviamo vari personaggi e i luoghi
hanno un’importanza fondamentale. Essi infatti hanno la capacità di rivelare le
persone, quindi la psicologia dei personaggi. Elemento fondamentale del
romanzo balzacchiano è pertanto la descrizione dei luoghi, perché tale
descrizione non è di decoro al romanzo anzi permette all’autore di costruire la
sintonia perfetta tra luoghi e le persone che li abitano. Troviamo sia storie che
si sviluppano in provincia sia storie che si sviluppano in città. In queste ultime
troviamo la rappresentazione di una Parigi in metamorfosi, città di tentazioni,
24
di fallimenti, di possibilità, una città luminosa ma anche piena di luoghi oscuri.
Dunque una Parigi fantastica, ma anche rappresentata come inferno per molti
personaggi, perché dietro ogni angolo si cela la pratica dell’interesse personale
e quindi è un mondo, come ci dice Balzac stesso, di squali. Balzac ci descrive
minuziosamente il mobilio, dà una grandissima importanza agli oggetti e
questo perché la descrizione diviene una sorta di rivelazione. Balzac sa che
quello che domina è l’idea dell’avere più che quella dell’essere. Proprio a
sottolineare questa mania di possesso quello che più si nota, è la descrizione
degli oggetti, proprio perché il mondo descritto da Balzac ci anticipa quello
che poi sarà definito “feticismo della merce “da Marx. La verità ci viene
restituita attraverso questa descrizione particolare. Il suo realismo è un
realismo che ci permette la descrizione del reale anche attraverso l’invenzione
e l’immaginazione. Il ruolo dell’immaginazione è quello di stilizzare, perché
Balzac prende un individuo e lo trasforma in tipo proprio attraverso
l’immaginazione. La Commedie Humaine si rifà agli studi fatti sulle varie
specie sviluppati da Saint Hilaire. Aveva studiato il modo in cui l’ambiente
influiva sull’evoluzione, classificandole proprio in base all’ambiente in cui
vivevano. A partire da questo si è parlato di realismo atmosferico. L’opera
contiene anche dei tratti del romanticismo che lo aveva preceduto. Il realismo
di Balzac non è un realismo meramente esteriore ma un realismo critico che
riflette sulle forze borghesi del tempo e sul tramonto dell’aristocrazia.

27/03/20
7 Flaubert
Il realismo nella seconda metà del secolo è ben affermato. Il realismo è un
approccio di carattere contestatario. Si avvicina alla realtà quotidiana quasi
come se si proponesse come obbiettivo quello di liberarsi dalle idee
dell’Idealismo e dal sentimentalismo. Nasce dal carattere oppositivo di una
cerchia di intellettuali definita “la Bohème degli anni quaranta”, manifesta nei
confronti dell’assolutismo programmatico. Questa cerchia di intellettuali è
molto diversa da quella del decennio precedente perché questi intellettuali
hanno una nuova condizione sociale in quanto sono tutti provinciali e di umili
origini. Quello che divide i due gruppi è una diversa concezione dell’arte. La
rivolta che accomuna le due Bohème é quindi le mal du siècle di
Chateaubriand e questa nuova insoddisfazione dell’esistenza è essenzialmente
diversa. Nella prima Bohème la rivolta portava al sogno e all’evasione dal
reale, mentre questa seconda bohème è lontana da questa evasione dal reale e
dunque si fonda più che sulla forma e sulla bellezza, sul trionfo della realtà
facendo sua ancor di più l’idea di rappresentazione totale del reale,
includendovi anche il brutto. Entrambe presentano la medesima matrice
romantica tanto che tantissimi temi restano gli stessi. La collocazione politica
di questi intellettuali è molto diversa da quella dei loro predecessori. Da parte
25
della prima generazione vediamo una presa di consapevolezza
dell’avanzamento e dell’evoluzione naturale di questa nuova classe sociale, ma
dall’altra parte si nota ancora l’attaccamento all’aristocrazia. La seconda
bohème invece presenta una volontà di partecipazione alla vita politica, di
orientamento repubblicano e antiborghese. Quest’ultimo dettaglio è importante
perché molti di questi intellettuali provenivano proprio dalla borghesia.
Flaubert è assolutamente uno scrittore borghese ma all’interno del suo romanzo
Madame Bovary esprime un pensiero di critica antiborghese. Questa critica si
traduce in una vera e propria satira nei confronti della società borghese. Nel
romanzo infatti il mondo borghese viene profondamente criticato. Le
immagini, gli ambienti e tutti gli altri elementi concorrono alla critica del
mondo borghese. Se parlando di Balzac abbiamo definito il suo realismo come
realismo atmosferico, in Flaubert troviamo quello che poi verrà definito come
realismo scientifico. In Flaubert non troveremo mai un intento documentario, i
suoi romanzi in primo luogo sono delle costruzioni stilistiche. Questo si nota
nella mania con la quale lavora sullo stile di Madame Bovary. L’autore riscrive
tantissime volte la stessa frase e quando è convinto di avere raggiunto la
perfezione stilistica, ricordiamo che ancora si lega a quella concezione, una
perfezione però che non corrisponde con la perfezione stilistica classica. A
partire da questo periodo una delle caratteristiche della scrittura tanto in prosa
quanto in poesia è la musicalità del verso. Proprio per questo quando Flaubert
terminava di scrivere alcune parti di Madame Bovary andava a recitarle ad alta
voce sulle rive della Senna perché l’eco gli restituiva la sua voce e da qui
capiva se quella determinata parte fosse musicale. Lavoro maniacale a tal
punto che uno dei più grandi teorici dello strutturalismo Bharte , scrive un
saggio sulla frase in Flaubert. Nelle sue pagine, al di là della musicalità del
verso affiorano diverse architetture simboliche. La struttura di Madame Bovary
è così studiata che risulta essere enigmatica. Niente è lasciato al caso dunque
dietro ogni minimo elemento si cela un’architettura ben precisa, non
immediatamente percepibile quindi il lettore ne sente l’ambiguità. Questa però
non limita il realismo proprio del secolo, ma fa sì che alcuni autori del 900
salvino la sua letteratura. La contestazione della borghesia avviene attraverso
l’analisi del linguaggio. Uno degli aspetti propri di Madame Bovary è proprio
la ridicolizzazione del linguaggio borghese che si nota quando Flaubert fa
parlare i vari esponenti della borghesia, costruendo un’ironia. La critica alla
società si nota anche nel trasferimento di interi blocchi di realtà all’interno del
romanzo, che vengono descritti con assoluta oggettività. Flaubert si ispira al
canone dell’impersonalità quindi il narratore è presente ma non si vede. Con
Flaubert abbiamo una ridefinizione del romanzo. Il romanzo oscilla tra il
romanzo vero e proprio e il romanzo-epopea, tanto che Madame Bovary avrà
come sottotitolo Moeurs de pronince. Il romanzo deve essere rappresentazione
elaborata e perfetta della realtà facendo combaciare forma e sostanza. La
scienza all’interno del romanzo di Flaubert deve applicare le sue regole di

26
composizione, combinazione e ricomposizione. Vediamo quindi anche una
nuova idea di arte che secondo Flaubert deve essere exposant, cioè non deve
rappresentarci solo un aspetto del reale ma la sua totalità, possiamo quindi
parlare di realismo scientifico. Per realismo scientifico si intende un realismo
che non si limiti alla rappresentazione plastica dell’oggetto, ma un realismo
che deve riprodurre i legami e i processi interni. Dunque nelle sue descrizioni
troveremo i legami e i processi interni che sottostanno a ciascun personaggio.
Lo stile diventa per l’autore quasi un tormento perché tenta sempre di
raffinarlo. L’autore stesso ci dice “Madame Bovary non ha niente di vero, è
una storia completamente inventata, l’illusione viene, al contrario,
dall’impersonalità dell’opera” Con quest’affermazione ci vuole dire che
l’illusione del vero viene data dall’impersonalità dell’opera perciò l’artista
deve essere invisibile e onnipotente. Quest’impersonalità è una scelta che
permette di descrivere la realtà totale. È una scelta provvisoria perché Flaubert
stesso lamenta la possibilità di partecipare emotivamente all’opera d’arte,
All’interno dell’opera dopo la morte di Emma Bovary, troviamo la descrizione
di un vecchio che ride e canta, che passa sotto la finestra della protagonista.
Questa figura rappresenta il grottesco e si pensa che possa essere l’intrusione
dello stesso Flaubert all’interno del romanzo. Egli infatti sente il libro come
qualcosa di intimo e quindi pubblicarlo per lui significa darsi in pasto alla
folla, ecco perché l’impersonalità dell’arte e l’impassibilità ovvero il fatto di
non manifestarsi dentro la sua scrittura è un mezzo di difesa. Altri importanti
concetti che ritroviamo nella poetica di Flaubert e quindi in Madame Bovary
sono: pessimismo e fiducia nell’arte. Il pessimismo si configura come angoscia
esistenziale e viene accettata in quanto tale ed è anche un’incapacità di
adattamento alla quotidianità. Proprio questa non accettazione del quotidiano
fa nascere in Flaubert una forte sensazione di isolamento, di rifiuto e di
protesta dovuta al fatto che si vorrebbe tirare fuori dalla sua epoca, ed è per
questo che nei suoi scritti ritroviamo anche una certa ansia e la noia. Questi
due concetti diventano in Madame Bovary quasi uno stato morale che deriva
dall’accettazione della realtà. Esprime il suo disgusto nei confronti dell’uomo
della sua epoca e dell’evoluzione della società dovuta alla nascita della
borghesia. Attraverso la condanna che rivolge alla borghesia in realtà sta
rivolgendo una condanna all’umanità. Egli è contro l’industrializzazione ed il
progresso perché sviluppa il brutto in proporzioni gigantesche. Si tratta dunque
di un pessimismo radicale che cerca un’ancora di salvezza che si ritrova nel
rapporto tra scienza e arte. Rimane in lui una fiducia visionaria nella scienza
futura. La scienza comunque è vista come un mito. Altra cosa importante è la
fiducia nell’arte. La sua è un’arte particolare che gli permette di sottrarsi alla
vita quotidiana e di fare un viaggio fuori dal tempo e dallo spazio. L’arte in
Flaubert esclude in gran parte la natura infatti, all’interno del romanzo, sono
pochissimi i momenti in cui troviamo la descrizione di paesaggi, sebbene viene
riconosciuto che le forze della natura schiaccino l’uomo. Flaubert intende
attraverso la sua scrittura e la sua arte epurare la realtà dalla sua banalità. Nei
27
suoi romanzi include il reale che lui disdegna, quel reale dal quale non vuole
farsi schiacciare in modo tale da epurarlo stilisticamente e includerlo nel
romanzo. Madame Bovary quindi viene pubblicato nel 1857 dopo varie
vicende e dopo una lunga gestazione. L’eccezionalità del romanzo sta proprio
nella ricerca dello straordinario in una vicenda comune, nelle azioni del
quotidiano. Il romanzesco, all’interno di Madame Bovary non viene eliminato
bensì viene posto come aspirazione della protagonista. Madame Bovary sogna
di diventare come le eroine dei romanzi che ha letto, ma come aspirazione,
come rêve. Flaubert quindi cerca di descriverci il reale e il quotidiano ma non
esclude il romanzesco che viene inserito attraverso il personaggio di Emma, le
sue aspirazioni e i suoi sogni. Troviamo lo scontro tra due dimensioni: quella
quella della protagonista ovvero quella che viene chiamata bovarismo che si
scontra con quellache èla realtà. Emma sposerà Charles medico di provincia e
spera di poter vivere la stessa condizione delle sue eroine, ma non sarà così
perché Charles verrà da lei scoperto in tutta la sua mediocrità non in quanto
essere ma come medico mediocre. Lei è insoddisfatta perché le sue aspirazioni
si oppongono alla realtà, ecco perché l’autore ha necessità di descrivere il
quotidiano in maniera precisissima. La precisione analitica di questi elementi
del quotidiano è quasi mortificante e l’attenzione non è solo per gli oggetti ma
anche ai gesti di Emma, gesti che vengono mortificati e condannati dall’autore.
Altro principio importante è quello dell’ironia che ritroviamo in alcune scene
importanti ad esempio nelle scene di seduzione di Emma da parte di Rudolph,
nei linguaggi di quest’ultimo che ricalcano i linguaggi dei romanzi romantici.
Quest’ironia serve proprio per criticare il romanticismo. L’ironia si costruisce
con l’alternanza dei registri. Si esplica anche in una caricatura dei personaggi
come ad esempio quello del farmacista che rappresenta l’immagine
emblematica del borghese. La scrittura di Flaubert alterna la parodia e il ritratto
e ha anche un potere di analisi molto forte soprattutto nei confronti di Madame
Bovary. Analisi che risulta essere quasi metafisica perché vediamo la
descrizione del basso e del grottesco e accanto a questo la descrizione di uno
stato di Emma che è una tensione verso l’ambientamento, il dilaniamento, dati
dalla tentazione del nulla e dalla voglia di realizzare i suoi sogni che la
spingono verso orizzonti irraggiungibili. Vediamo quindi nei confronti della
protagonista la nausea della stessa verso il quotidiano. Tutto il romanzo alterna
entusiasmi illusori e cadute profonde. Infatti tutto il romanzo diviso in tre
sezioni presenta questa contrapposizione tra entusiasmi e cadute rovinose,
l’ultima delle quali si consuma con la sua morte. Domina il senso di
insufficienza della vita simboleggiato dalla finestra. La finestra si può
considerare come il luogo simbolico di Madame Bovary, perché tutto quello
che vede fuori è la sua aspirazione mentre quello che c’è verso di lei, dentro
casa è la realtà. Guardando dalla finestra fa vagabondare il suo pensiero quindi
unisce da una parte la fuga attraverso l’immaginazione e dall’altra la prigionia
della quotidianità.

28
30/03/20 02/04/20
Madame Bovary analisi di alcuni estratti.
Il primo passo importante del romanzo è l’incipit, perché possiamo
considerarlo innovativo dato che sconvolge le abitudini di lettura del pubblico.
Ricordiamo che anche Madame Bovary è un romanzo feuietton che viene
pubblicato a puntate. L’elemento che risalta subito all’occhio in questo incipit
è l’uso del nous. Molti critici si sono interrogati sull’uso di questa prima
persona plurale, che un po’ disturba l’attenzione del lettore perché, un lettore
abituato al romanzo tradizionale non ne comprende l’uso. Ad esempio Sartre ci
propone una sua lettura intendendo questo nous come un’allusione
autobiografica da parte di Flaubert, che all’interno del romanzo troviamo solo
nel primo capitolo. Negli anni 70 l’uso di questa prima persona plurale faceva
ancora molto discutere i critici perché interpretato come trasgressione alle
norme di coerenza narrativa. Altri invece lo interpretarono come un errore.
Un’altra interpretazione è la carica ironica di questo nous in quanto esso
permette di acuire l’ironia inserita da Flaubert nella descrizione del
personaggio di Charles, con la quale si apre il romanzo, sottolineata anche da
alcuni termini scritti in corsivo quali: nouveau, dalle sue caratteristiche fisiche
e dal cognome che è appunto Bovary che verrà ripetuto in modo ironico dai
compagni. Non a caso il cognome Bovary richiama l’immagine del bue. Altra
interpretazione che possiamo dare a questo nous è quella che influenza e
compromette la comunicazione letteraria in quanto genera nel lettore
incertezza già a partire dall’incipit. Anche l’uso dell’imperfetto étions provoca
nel lettore un’impressione di decentramento e influisce anche sulla grandezza e
sulla percezione dell’opera. Questa apparente imperfezione spinge il lettore ad
interrogarsi sull’opera stessa e sul perché Flaubert abbia scelto di iniziare così
il suo romanzo insinuando nel lettore un dubbio, Secondo Jaques Neuf questo
nous permetterebbe al lettore di prendere parte alla narrazione. È un fattore
assolutamente innovativo che un romanzo dell’800 includa il lettore, questa poi
sarà una pratica molto diffusa nel XX secolo. Questo primo capitolo ci dà
l’immagine ridicola del personaggio di Charles che dobbiamo tenere a mente.
Altra cosa che ci interessa è notare come Flaubert ci descrive il personaggio di
Emma dal punto di vista intellettuale e quanto sia importante la lettura che sarà
la base del bovarismo, e con la scrittura che la accompagnerà all’interno di
tutta l’opera, sarà spesso alla base dei rapporti con i suoi amanti con i quali
scambierà lettere d’amore.
Analizziamo ora il sesto capitolo che si apre con la descrizione dei libri letti da
Emma. Il primo libro a cui si fa riferimento è il libro di Paul e Virginie e
successivamente vediamo l’elenco di libri che determinano la biblioteca della

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protagonista. Questo capitolo è molto importante perché ci dà la misura di
quanto Emma sia “schiava” delle sue stesse letture. Tra i libri letti da Emma
ritroviamo anche Le Gènie du Christianisme con particolare riferimento alla
lamentation sonore des melancolies romantiques, subito dopo troviamo infatti
il richiamo agli elementi della letteratura romantica. Queste sono le letture non
clandestine portate avanti da Emma. All’interno di questo brano troviamo
l’opposizione tra la vita desiderata da Emma, introdotta da una frase ipotetica
dell’irrealtà e quella che è stata la sua reale educazione. Le letture alle quali
Emma si dedica invece di nascosto sono le letture sentimentali. Le sue letture
diventano anche più complesse come quelle di Walter Scott. A questi interessi
letterari si unisce anche la passione per l’illustrazione, e per gli acquarelli.
Anche qui troviamo l’esotismo languido e licenzioso dei romanzi sentimentali
e libertini.
Nel capitolo seguente ritroviamo elencate tutte le incompetenze di Charles.
Dichiara l’incompetenza intellettuale e mondana del personaggio, la vacuità
delle sue conversazioni e quindi il fatto che tra Charles ed Emma non ci siano
vere e proprie conversazioni. Le letture di Charles Bovary sono molto limitate.
Possiamo dunque dire che il divario culturale tra i due è enorme. Emma nel
quattordicesimo capitolo della seconda parte si accosterà a testi della
restaurazione e anche ad una certa apologia religiosa. Troviamo un altro
riferimento alle letture di Emma nel sesto capitolo della terza parte dove
nell’epilogo si vede che le sue letture arrivano al romanzo nero. Lei stessa dirà
di aver letto tutto. L’unico autore dell’800 che non troviamo citato è Stendhal.
Altro elemento fondamentale è quello del ballo nel castello di Vobyèssard. Si
tratta di un ballo molto importante che permette di accelerare l’azione perché,
dopo questo ballo Emma viene presa da un fortissimo sconforto e convincerà
Charles a cambiare città e spostarsi a Yonville. Loro arriveranno al ballo in
calesse mentre tutti gli altri in carrozza. Il giorno del ballo Emma entra nella
sala da pranzo e viene avvolta dal calore delle pietanze. La descrizione di
Flaubert è particolareggiata. Troviamo anche una descrizione di come erano
vestite le persone a questo ballo, ci dice anche che le acconciature delle donne
aristocratiche sembravano migliori di quelle delle borghesi. Gli abiti vengono
descritti come se fossero la prosecuzione del corpo di questi personaggi.
Durante questo ballo si scoprirà quello che viene definito turismo elegante ed
Emma scoprirà la voglia di visitare nuovi paesi. L’eredità simbolica di questo
ballo è il desiderio di Parigi, città che Emma non visiterà mai. La città viene
descritta attraverso l’aggettivo démesuré. È un nome che ripeteva più volte per
provocarsi piacere. A partire da questo ballo abbiamo l’ingresso di questa
immagine di Parigi nell’universo mentale della protagonista. Il desiderio di
questa città la spinge a leggere altri libri. La Parigi che troviamo ivi descritta è
una Parigi fantasticata, non reale disegnata a partire da una topografia
immaginaria, attraverso il desiderio di Emma. Questa topografia è molto
particolare perché organizzata in tre grandi circoli sociali che erano gli

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ambasciatori, quello della société des douchesses, protagoniste di un erotismo
fastoso, mentre nel terzo circolo ritroviamo “la foule des gens de lettres et des
actrices” caratterizzati da immaginazione sfrenata. Vediamo ancora una volta
l’opposizione tra il mondo reale e una Parigi immaginaria caratterizzata da
felicità e passioni. La protagonista vorrebbe prendere qualcosa da tutti e tre i
milieux ma sicuramente quello che la rappresenta di più è il terzo ovvero
quello artistico di letterati e attrici. In questa parte del romanzo ci troviamo
ancora all’interno di un trattato sulla “vie elegante” che vorrebbe vivere Emma.
In questa parte vediamo quello che è il bovarismo. Altro elemento significativo
è quello della scrittura. Emma scrive tantissimo, la scrittura alla quale si dedica
principalmente è quella epistolare. La prima lettera che viene citata all’interno
del romanzo è quella che Emma scrive al padre dopo la morte della madre,
lettera dove Emma chiedeva di essere sepolta nella stessa tomba della madre.
La vocazione di Emma, che in un primo momento viene interpretata come
vocazione religiosa tanto che passerà la sua adolescenza in un convento dove si
consumano le sue letture, era sì una vocazione ma si trattava di una vocazione
letteraria, perché è come se l’autore in questo romanzo voglia oltre che fare la
critica alla borghesia descrivere quale sia la vocazione dello scrittore. Tale
vocazione viene proibita ad Emma e diventa per lei una vera e propria
passione. Emma, per emulare le eroine dei suoi libri ma soprattutto il fasto in
generale, inizierà ad indebitarsi con un usuraio acquistando elementi per
addobbare la sua prigione dorata. La prima cosa che compra è uno scrittoio
insieme a fogli di carta e a un portapenne anche se inizialmente non avesse
nessuno a cui scrivere. Si delinea quindi subito la voglia di Emma di trovare un
destinatario. Lei aveva questo bisogno di confidarsi, confessione che nel
momento in cui conosce Charles pensa di poter fare a lui. Il suo era un
tentativo di emulazione dei romanzi epistolari che aveva letto. Il romanzo
epistolare era destinato alle donne ed è il genere al quale anela Emma. Il suo
desiderio infatti è quello di scrivere. All’interno del romanzo troviamo diversi
momenti di emulazione della scrittura. Ad un certo punto troviamo Emma
vestita come se dovesse uscire che contempla tutti i suoi biglietti da visita,
contempla il nome Emma Bovary sperando che diventi un nome associato alla
fama e alla celebrità. Rispetto ai biglietti da visita, Emma ne prende uno
osserva il carattere inglese con il quale è scritto, fa per porgerlo ad un
destinatario immaginario ma poi lo getta alle sue spalle. Questo gesto è un
desiderio di mondanità che viene però disilluso. L’ambizione alla scrittura di
Emma continua fissando proprio il nome. Il titolo non concede alla
protagonista nessun tipo di eroismo, condannandola non solo alla condizione di
donna sposata ma non le permette nemmeno di essere al centro del romanzo
stesso. Ad un certo punto, dato che non è riuscita a raggiungere gloria e
notorietà sociale le resta da affrontare un altra prova, vuole infatti in qualche
maniera glorificare Charles dandogli un figlio. In realtà poi nascerà una figlia
femmina Berte. Questo determinerà in Emma uno choc e quindi non vorrà
vedere la figlia per molto tempo. La farà quindi crescere da una nutrice e nel
31
momento in cui nasce questa bambina assume una serie di comportamenti per
costruire di sé un’immagine virile rispetto a quella rappresentata fino ad ora.
Perquesto, Emma si acconcerà i capelli come un uomo e vuole imparare
l’italiano. Questa versione della protagonista è una versione fugace di
intellettuale e studiosa, però regge veramente poco perché viene intesa come
uno scacco perché le letture storiche e filosofiche dopo un poco vengono
abbandonate. Vediamo che Flaubert fa il paragone tra queste letture e il ricamo
che Madame Bovary prendeva e abbandonava. La descrizione di un
personaggio intellettuale moderno la troviamo nella presentazione del
farmacista, sebbene la descrizione sia caricaturale e ironica. Questo borghese
senza competenze, che viene descritto da Flaubert con tre aggettivi ossia
scellerato, vanitoso e intelligente, viene rappresentato nel suo delirio
megalomane con i suoi vari titoli, i suoi dossiers e una specie di bulimia
epistemologica, le sue strategie, le sue tattiche, il suo argot. Homais ricopre
tutti i ruoli dell’intellettuale non lasciando quindi ad Emma possibilità di avere
alcun ruolo intellettuale. Possiamo dire quindi che sia il suo vero antagonista.
Altra cosa su cui soffermarsi è la scrittura di cui Emma dà prova nelle lettere
scritte a Rodolphe, si tratta di una corrispondenza frammentaria. La descrizione
che abbiamo delle sensazioni languide e sentimentali corrisponde
perfettamente all’idea di romanzesco, questo lo vediamo nel capitolo IX. Qui
troviamo anche Emma contenta per avere un amante, vediamo anche il
riferimento al colore blu che è il colore di Emma perché rappresenta
l’immensità del cielo. Inoltre vediamo l’identificazione di Emma con le eroine
dei romanzi che aveva letto attraverso l’adulterio che commette stando con
Rodolphe. Troviamo anche tutta una serie di clichés che richiamano il romanzo
sentimentale, Rodolphe la interrompe per baciarla e la contempla e le chiede di
dire ancora il suo nome e ripetere che l’amava. Emma finalmente può iniziare
quel romanzo epistolare che aveva caratterizzato le sue eroine. Dunque Emma
è sia eroina che autrice, mentre lui è sia amante che destinatario. Dopo questa
prima parte di relazione con Rodolphe comprende che Charles non potrà mai
darle quella celebrità e fastosità che lei aveva tanto desiderato. Questa
relazione dopo diversi incontri, diverse lettere, assume le stesse sfumature della
quotidianità coniugale tanto che anche nella relazione a distanza Emma si
annoia e la scrittura diventa un modo per rompere questa stessa noia, esi rende
conto della mediocrità di Charles. Nel capitolo XII si vede inoltre che Emma si
sente come insudiciata dal nome Bovary. Dopo che il marito non riesce a fare
una medicazione allo scudiero lei capisce che lui non sarà mai un bravo
medico e comincia a nutrire vergogna per il suo nome. Tutto la irritava di
Charles. Non le importava più nulla di lui. Ricomincia quindi la sua relazione
adulterina con Rodolphe e più questa relazione andava avanti più Charles ne
usciva denigrato. Emma si configura come l’eterna apprendista della
letteratura. Ad un certo punto lui le chiede di abbandonare la corrispondenza
per paura che qualcuno potesse leggere quelle lettere, lei però tiene tantissimo
a questo scambio epistolare. Altro destinatario sarà Leon che è sicuramente più
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elegante e sensibile. Emma lo conosce già molto bene è caratterizzato da
sensibilità, letture liriche ha eleganza nelle maniere dunque la corrispondenza
tra lui ed Emma potrebbe essere davvero ricca. Il primo incontro avviene
all’inizio della terza parte. Leon è un personaggio velleitario e mostrerà la
stessa inconsistenza epistolare di Rodolphe e quindi non farà altro che
scimmiottare i clichés del romanzo sentimentale. Nel capitolo XV vediamo che
anche Leon si dimostra uno scrittore inadeguato. Vediamo la passione che si
affievolisce. Ora andremo ad analizzare la descrizione del rapporto con Léon
dove vediamo vari espedienti narrativi che servono per esaltare questi clichés
che si trovano all’interno del rapporto amoroso.
03/04/20
Dobbiamo riflettere anche su altri concetti. In primo luogo il concetto di eroe,
come abbiamo visto all’interno del romanzo non vediamo la presenza di un
eroe ma l’obbiettivo del romanzo è quello di costruire un personaggio eroico.
Però qui tanto il personaggio principale, quanto gli altri personaggi ne escono
completamente disgregati distrutti perché Flaubert vuole sottolineare la
mediocrità che associa alla società borghese della sua epoca. Quindi gli ideali
sui quali si fondava l’eroismo vengono polverizzati e derisi un po’ come i
sogni di Emma. Il romanzo quindi parte dall’idea di creare una forma di
eroismo che però si scontra con la mediocrità del farmacista che viene
premiato con la croce d’onore e prende possesso degli ultimi paragrafi del
romanzo che si chiude con ironia crudele. Berte verserà in una condizione
economica disperata tanto da essere costretta a lavorare filando il cotone
mentre Homais il farmacista farà fortuna. Vediamo anche la sconfitta della
religione perché anche quando in fin di vita Madame Bovary cerca di rivolgersi
ad essa in maniera superficiale, questa religione a cui si appella non riesce ad
alleviare le sue sofferenze umane. Nel romanzo vediamo quindi la distruzione
di tutti i valori morali e religiosi distruzione completa, inoltre abbiamo visto
che neanche erudizione e sapere fungono da via d’uscita. La tristezza grottesca
è uno dei motori della narrazione flaubertiana. Alcuni personaggi infatti
incarnano profondamente questa idea di grottesco triste che ritroviamo anche
in alcuni oggetti, Ad esempio nel berretto di Charles dell’incipit che lo
rappresenta in maniera metonimica. Anche nel primo incontro tra Emma e
Léon abbiamo un esempio di grottesco triste. Flaubert si rifà ai grandi topoi
della letteratura occidentale. Il romanzo non attacca solo i valori morali ma
anche quelli letterari. Altra cosa interessante da notare è il sottotitolo di
Madame Bovary che è Moeurs de province che si rifà in maniera negativa al
modello Balzacchiano. Anche nel titolo, Madame Bovary vediamo che come
faceva Balzac richiama il nome della protagonista della storia. Però dobbiamo
dire che vi è una differenza fondamentale tra il titolo dato da Flaubert al suo
romanzo e i titoli scelti da Balzac per i suoi romanzi ad esempio Le père
Gorriot perché nel titolo Madame Bovary troviamo tutto il determinismo
sociale, il fatto che Emma sia incastrata nel ruolo di donna sposata. I costumi
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imprigionano e condannano Emma facendo invece trionfare la società. Emma
quindi è già condannata ancora prima che inizi il romanzo in quanto il suo
destino è già segnato. Il sottotitolo ci ricorda sicuramente le Scènes de
province di Balzac e la connotazione di provincia segnala proprio il fatto che
Emma non raggiungerà mai Parigi, quindi non realizzerà il suo sogno e tutta la
sua vita si svolgerà in provincia. Quindi il sottotitolo sancisce il profondo
legame con la vita rurale delle campagne della Normandia. Flaubert ci delinea i
tratti della vita provinciale delle città di Tostes e Yonville e vediamo tutta
questa descrizione che culmina con la descrizione dei piccoli borghesi, ma
anche quella della nobiltà regionale che ritroviamo nella descrizione del ballo
di Vobyéssard. Flaubert però dimentica un grande attore della società, il
popolo. Esso è il grande assente nel romanzo e le sue rappresentazioni sono
marginali, per esempio la nutrice. La descrizione del contesto provinciale è
veramente angosciante. Il quadro della società dunque non è neutro perché la
volontà critica è votata alla denuncia delle regole della società borghese. Altra
cosa da ricordare è quello del sentimento della morte. Questo è presente in
tutto il romanzo, lo stesso desiderio di morire è un sentimento romantico che
seduce profondamente Emma in due momenti della storia. La prima volta che
Rodolphe le fa la corte durante i comizi agricoli. Ad un certo punto Rodolphe
fà riferimento a questo desiderio come cliché del romanzo languido romantico.
Emma invece manifesta questo desiderio in una conversazione con Léon in cui
discutono entrambi di questo desiderio di morire ponendo fine alle sofferenze
della vita e parlano di come avrebbero preparato questa loro scomparsa.
Madame Bovary alla fine si suicida comprando del veleno dal farmacista
Homais, più esattamente dell’arsenico. Decide di suicidarsi per vari motivi
come per distruggere la fatalità del suo mondo. Il lettore comunque sembra
quasi essere preparato alla morte di Emma perché tutto lo porta a quella
conclusione. La maggior parte delle letture da lei portate avanti e delle
immagini che la rappresentano sono simbolo di un destino di morte. Il
desiderio di Emma di morire è un desiderio romantico tanto è vero che
inizialmente il farmacista cercherà di celare le cause della morte di Emma.
Nella cittadina di Yonville profondamente cristiana era inaccettabile pensare al
suicidio. La scena del primo desiderio di suicidio la vediamo dopo la rottura
con Rodolphe quando Emma sviene. In questa scena Flaubert sperimenta il
discorso indiretto libero. Non troviamo nessun segno di interpunzione che ci fa
capire che la frase “Pourquoi n’en pas finir?” sia di Emma. Vediamo qui anche
il concetto di libertà che deriva dall’aggressività nei confronti della vita che poi
la porteranno al desiderio della morte che sopraggiungerà con il suicidio. Il suo
suicidio è la conclusione logica alla quale Flaubert prepara il lettore anche da
un punto di vista narrativo. Inscrive questo suicidio fin dall’inizio del romanzo
tanto è vero che il lettore non ne viene assolutamente sorpreso, Il realismo
scientifico lo riscontriamo nella descrizione delle varie fasi della morte di
Emma e di come il suo corpo reagisce all’assunzione del veleno. Queste
riflessioni fatte si riferiscono al primo svenimento di Emma. Subito prima della
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descrizione della morte vediamo l’incapacità della religione di alleviare le
sofferenze di una moribonda, religione che risulta essere improvvisata e vuota.
Al momento della morte di Emma Flaubert inserisce oltre alla descrizione della
stessa, una canzone popolare francese. Vediamo anche l’intromissione di un
mendicante, dove sembra che si presenti Flaubert stesso perché alcuni
interpretano il canto di questo personaggio come l’ultimo saluto che l’autore
stesso vuole porgere alla sua eroina. Alla fine non troviamo la frase Emma etait
morte ma Flaubert scrive “Elle n’existait plus” come per indicare l’assoluto
annullamento di Emma stessa. Nel capitolo successivo vediamo la descrizione
del funerale di Emma dove la troviamo nella bara vestita da sposa con Charles
e tutti i borghesi intorno a lei che discuteranno del più e del meno. Ciò
sottolinea ancora di più la mediocrità di questi borghesi. Flaubert stesso ci dice
in alcune riflessioni teoriche che il libro che scrive lo scrive sì partendo da un
fatto di cronaca ma la storia è totalmente inventata. Si tratta di un libro senza
soggetto perché per lui non è tanto l’argomento ad essere importante ma il
modo in cui lo stesso viene costruito e quindi la forza del romanzo è nello stile.
Stile che si fonda su un concetto importante infatti per lui l’opera d’arte è
essenzialmente visione ed ecco perché molte ed importanti sono le descrizioni
nel romanzo. Sebbene leggendole si abbia quasi l’impressione che ci sia un
sottotesto che il lettore non vede, proprio perché nei manoscritti le descrizioni
erano ancora più estese e quindi l’autore le abbia sintetizzate nascondendo una
parte di esse all’interno del testo. Altra cosa importante è l’associazione di
Flaubert con un pittore del tempo Manet che ci rappresenta ad esempio la
donna nuda, la donna cortigiana. Manet è importante perché distrugge la
gerarchia nell’arte lo stesso fa Flaubert nella letteratura con Madame Bovary
che presenta una rottura rispetto ai canoni tradizionali del romanzo. Altro
elemento è proprio questo nuovo modo di rappresentare con il quale l’autore ci
mostra come riappropriarci delle cose attraverso la percezione.

06/04/20
8 Baudelaire e Les fleurs du Mal
Baudelaire va inserito all’interno di un movimento culturale che caratterizza la
seconda metà dell’800 che è quello del Parnasse, nome che sottolinea che
questo movimento poetico è riservato a pochi eletti. I poeti che fanno parte di
questo gruppo vengono chiamati anche poeti impersonali. Il nome parnasiani
deriva dal nome della rivista Le parnassien contemporaine alla quale erano
legati e sulla quale pubblicarono alcune delle loro opere. La caratteristica della

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poesia parnassiana è il fatto che si tratta di una poesia fredda intellettuale ma di
estrema bellezza. I suoi caratteri sono il culto della forma, l’impersonalità e la
concezione del poeta come artista. Questo è il concetto dell’art pour l’art. Nel
1857 Gautier pubblica nella rivista L’artiste un poema intitolato l’art che
testimonia una certa rottura con la poetica romantica. Gautier non si afferma
come voce isolata in un momento storico letterario sganciato dalla letteratura
precedente perché lui fa parte del primo movimento romantico. Egli si afferma
nella prima epoca romantica contesta alcuni principi del romanticismo e crea
questa reazione all’interno del movimento stesso. Quindi la reazione al
romanticismo è interna al movimento stesso. Egli si afferma nella prima metà
del secolo con la poetica del pittoresco quindi del paesaggio che viene
reinterpretato all’interno della poesia del Parnaso, dando estrema importanza
alla descrizione. Questo movimento quindi è legato alla filosofia positivista e
porta avanti una poetica formalista. I principi di tale poetica sono:
l’impersonalità contro l’individualismo romantico, l’ideale di bellezza assoluta
il distacco del poeta dalla contingenza dell’epoca contemporanea, dunque i
parnassiani sostengono che l’emozione debba sottomettersi alla forma poiché
si considera vera e propria l’esigenza del bello. Vediamo quindi una profonda
trasformazione della poesia. Tra il 1860 e il 1866 si avrà un certo ritorno
all’emotività che però presenterà una formalità impeccabile. All’interno di
questi movimenti che rappresentano l’arte, fondamentale è il ruolo di
Baudelaire. Rispetto alle scuole e alle tendenze del suo tempo, Baudelaire è un
poeta che vive e che determina la trasformazione della poesia. Egli infatti
comprende tutte le tendenze ed istanze della poesia della seconda metà
dell’800 e si pone al centro di esse. Sebbene sostenga la perfezione formale si
contrappone a quella poesia che si svincolava da tutto chiamata neopagana
proprio perché è una poesia senza passione, senza ragione che non approda a
nulla se non all’idea del nulla assoluto e la combatte proprio in nome del
Romanticismo. Egli infatti aveva una profonda fiducia nel Romanticismo tanto
che nella sua riflessione teorica lo definisce arte moderna. Per lui infatti gli
sforzi della poesia precedente non vanno ignorati, è importante però non
sottostare a tutti gli aspetti del Romanticismo. Baudelaire dunque cerca un
equilibrio tra la forma che non deve essere fine a se stessa e il recupero della
tradizione romantica, mettendo da parte gli eccessi del lirismo romantico in
quanto non permettevano un rigore della forma che era necessario. Lui quindi è
sì un poeta parnassiano ma accetta la tradizione romantica. Cerca di ridurre
l’opposizione che presentava il romanticismo tra bello e brutto, tra bene e
male. Baudelaire quindi trova la commistione tra questi opposti nell’io tragico
centralizzato, Rispetto a quella che era l’idea dell’evasione romantica, ci
propone ben altri metodi. Fondamentale nella sua poetica è la consapevolezza
di uno stato sempre fallimentare perché all’interno dei testi della sua raccolta si
afferma come fallito. Il dramma esistenziale in Baudelaire si propone di
continuo. La condizione esistenziale dell’uomo è bloccata nella spirale del
male. In quanto allo stile il verso è un verso tradizionale dunque il lettore si
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avvicina alla sua poesia confortato dalla forma in cui essa si presenta, ma poi si
scopre impreparato per quanto riguarda la ricezione del contenuto. Il verso è
l’alessandrino, Vediamo l’alternarsi di versi più cupi e di squarci luminosi,
l’uso di un aggettivo che rimanda ad un altro livello della realtà, che muta
totalmente registro passando dal quotidiano all’universale, dalla gioia alla
miseria al nulla. La grandezza di Baudelaire sta quindi nella commistione e
coesistenza degli opposti. Crea cosi delle corrispondenze tra elementi
profondamente contrapposti. I temi che ritroviamo nella poetica di Baudelaire
sono: l’amore, la donna, temi dei quali inizia ad attuare una decomposizione. Il
mito della donna lo ritroviamo sia nella sua sublimazione e dunque nella
rappresentazione della donna-angelo ma anche della donna demone. Sulla
donna quindi riesce a concentrare l’idea di voluttà e di femminilità.
L’immagine della donna viene restituita nella poesia come immagine
artificiosa. Abbiamo comunque l’idealizzazione della donna che ha due
soluzioni. Troviamo anche l’immagine di una donna universale che lui chiama
“essence divine”. Le immagini di donna santificata coesistono con quelle della
donna demonizzata. Alcuni componimenti verranno messi all’indice e dunque
non saranno pubblicati nelle prime edizioni perché nella descrizione della
donna demonizzata attinge al satanismo, al sadismo e a tutti gli elementi
occulti della letteratura romantica. Il paesaggio sembra del tutto assente o viene
ricreato attraverso alcune virtù associative, attraverso profumi e colori che si
collocano sul piano dell’irrealtà. Esso ha una funzione allegorica e vi si trova
una serie di segni e simboli che costruiscono delle corrispondenze. Gli
elementi del paesaggio più presenti in Baudelaire sono: il mare perché è uno
spettacolo sempre bello, la città con la quale istaura due rapporti diversi, da un
lato quello con la massa che respinge ma dalla quale è attirato. Questo suo
rapporto è ambiguo perché a volte Baudelaire rinuncia ad essere il poeta Dandy
ma dall’altro lato si sente attratto. La città ci viene descritta da Baudelaire con
tutti i suoi rumori, con il silenzio con quel senso di vuoto che ritroviamo in
alcuni luoghi come la bettola, le strade abitate dalle prostitute, il mattatoio.
Questi luoghi sono profondamente allegorici. Per l’uomo non vi è alcuna
possibilità di progresso morale e quindi l’idea che Dio lo abbia abbandonato.
Non troviamo però l’assoluta inesistenza e negazione di Dio-
I fiori del Male sono una raccolta poetica importante perché riesce a dare l’idea
della conciliazione degli opposti all’interno della scrittura di Baudelaire.
Questa conciliazione degli opposti la ritroviamo già nel titolo dell’opera I Fiori
del Male possiamo dire che si tratti di un titolo quasi ossimorico perché i fiori
sono simbolo di vita. Ma nel titolo vediamo il legame del termine fiore con il
termine male. Anche la stessa idea del fiore concilia due opposti in quanto ha
la tentazione di innalzarsi verso l’alto ma allo stesso tempo le radici lo legano
alla terra. Questa raccolta rappresenta un percorso fatto dal poeta. In
Correspondances Baudelaire ci spiega la sua poetica. La raccolta è suddivisa in
varie sezioni, più in particolare in sei sezioni all’interno delle quali il poeta

37
attua un percorso di tutta una serie di tentativi di evasione che, come vedremo,
si ridurranno, nell’ultima sezione, simbolicamente intitolata “la mort” proprio
perché, alla fine qualunque tentativo di evasione fallisce e l’unica via d’uscita
che si pone al poeta della seconda parte dell’800 è la morte. Baudelaire
sancisce all’interno della sua poetica l’eterno conflitto tra Cielo e Inferno e
quindi un tentativo di conciliazione tra il desiderio di elevazione dell’uomo
verso Dio ma dall’altra parte l’attrazione verso il male, il vizio. il cupo. Dio e
Satana sono sempre presenti nella sua poetica. Egli non rinnega l’esistenza di
Dio ma ci dice che se esiste il male esiste anche Dio. La prima sezione della
raccolta si intitola Spleen et Ideal che simboleggia la tensione all’elevazione,
che ritroviamo nel termine Ideal e la ricaduta verso la perdizione, la noia e
l’angoscia paralizzante, che è riassunta dal termine Spleen. Altro tassello nel
percorso di evasione di Baudelaire è riassunto nei Tableaux Parisiens che
rappresentano la seconda sezione della raccolta. Qui il poeta si rivolge alla città
nel tentativo di trovarvi uno strumento di evasione, città che viene ricreata
artificiosamente e artificialmente. La terza sezione intitolata le Vin come si
evince dal titolo è dedicata al vino altro mezzo di evasione e diventa tentativo
di creare un paradiso artificiale. Questo concetto di paradiso artificiale lo
ritroviamo anche in un’altra opera di Baudelaire intitolata I paradisi artificiale
dove ci parla dell’azione delle droghe nel creare l’idea di evasione dalla realtà.
La quarta sezione è quella dei fiori del Male dove vediamo la ricerca della
bellezza all’interno del male, della quale Baudelaire si farà portavoce. La
quinta sezione intitolata La révolte perché a un certo punto il poeta stanco di
tutti i tentativi si rivolge a Satana. La sesta e ultima sezione è intitolata “la
mort” ossia la morte perché esauritesi tutte le possibilità terrene di evasione
dell’uomo l’unica soluzione è il viaggio verso un’altra dimensione e dunque
l’esplorazione dell’ignoto. La poesia che chiude tutta la raccolta si intitola Le
voyage, poesia riassuntiva del percorso fatto dal poeta per concludersi con la
fatale partenza che gli permette di abbandonare la monotonia del mondo. Nel
componimento Correspondences che fa parte della quarta sezione ci spiega in
che modo trovare nella natura l’idea di corrispondenza simbolica tra i diversi
elementi della natura. Corrispondenza importante che sarà alla base della
poesia simbolista di Rimbeau e Verlaine. La parola in Baudelaire ha una
funzione evocativa quasi magica che attiva tutta una serie di simboli e
corrispondenze che ricoprono la realtà.

09/04/20
Analisi del testo Correspondances ed introduzione al Simbolismo.

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La poesia di Baudelaire è profondamente innovativa e apre una nuova stagione
della poesia francese. All’interno dei Fiori del Male tra i vari componimenti ve
ne è uno che è da considerarsi programmatico, dunque come una vera e propria
Art Poètique di Baudelaire perché all’interno del sonetto è possibile
rintracciare vari elementi teorici che stanno alla base di questa nuova poesia. In
questo componimento che si intitola Correspondances vediamo proprio il
rapporto tra la natura e l’uomo, rapporto già esplorato dal Romanticismo, ma
proprio rispetto ad esso viene profondamente trasformato. Il rapporto della
poesia romantica tra natura e uomo era simbiotico, una sorta di eco di
sentimento, si riscontrava infatti una sorta di sintonia tra stato d’animo del
poeta e natura che in alcuni casi si poteva presentare anche come matrigna. La
descrizione di questa natura viene totalmente stravolta all’interno del
componimento Correspondances. Il componimento si presenta sotto forma di
sonetto dunque formata da due quartine e due terzine. Le quartine contengono
una sorta di riflessione teorica, in quanto presentano questa nuova poetica,
quindi hanno un valore quasi didattico, perché vi troviamo la formulazione di
un progetto estetico, mentre nelle terzine ritroviamo l’illustrazione del progetto
estetico. All’interno del componimento al livello stilistico troveremo che
spesso i versi saranno legati tra loro attraverso l’enjambement. Al primo verso
«la nature est un temple où des vivant piliers » ritroviamo la
personificazione della natura. Qui la descrizione tradizionale della natura viene
paragonata alle colonne di un tempio. Questi piliers, ovvero pilastri della
natura che viene descritta come un tempio sacro, sono definiti come vivants.
Qui ritroviamo quindi un ossimoro “vivants piliers” con la contrapposizione tra
l’aggettivo vivants ed il nome che si riferisce alle colonne dunque ad oggetti
inanimati. Tra il primo e il secondo verso troviamo il primo enjambement che
consiste nel separare due elementi della frase che dovrebbero stare vicini. Nel
secondo verso “laissent parfois sortir de confuses paroles” troviamo il
predicato verbale che va a completare il primo verso, quando dice “de
confuses paroles” fa riferimento ad una serie di messaggi che la natura lascia
agli uomini che comunque sono confusi e che quindi non sono subito
comprensibili per l’uomo. “L’homme y passe à travers des forêtes de
symboles qui l’observent avec des regards familiers” in questi versi
vediamo che l’uomo passa attraverso questo tempio della natura più e più volte
si tratta quindi di un percorso quasi abitudinario tanto che gli sguardi degli
elementi vengono definiti come familiari, Ancora bisogna focalizzare
l’attenzione su confuses paroles che ci dà l’opposizione tra due dimensioni,
quella dell’atemporale e quindi dell’eterno che è rappresentato dalla natura e
dall’altra quella del tempo dell’effimero e quindi dell’uomo. Ecco perché
l’uomo non riesce ad interpretare i messaggi della natura. La seconda quartina
ci dice che le parole sono come lunghi echi che si confondono in una tenebrosa
e profonda unità, questo sempre perché, l’uomo appartenendo alla sfera
dell’effimero non riesce a comprenderle. Nel verso 8 troviamo il riferimento
alla notte e al chiarore, a proposito del fatto che queste parole siano abbastanza
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difficili da captare. La struttura della rima è A.B.B.A questa rima può essere
definita come rima semantica, proprio perché le confuses paroles risultano
essere i simboli lasciati dalla natura all’uomo. Dal punto di vista cromatico
questa seconda quartina é caratterizzata dall’alternanza tra bianco e nero. Con
la parola unité si indica l’unità dell’intuizione dell’uomo. Il verso otto « les
parfums les couleurs et les sons se répondent» é una frase importantissima
perché sta alla base di tutta la poetica non solo di Baudelaire ma anche di
quello che sarà il Simbolismo. In questo verso viene ripreso il tema del sonetto
ovvero le corrispondenze. Nella seconda parte Baudelaire ci fa vari esempi di
corrispondenze. Per Baudelaire ci sono due tipi di corrispondenze: quelle
verticali e quelle orizzontali. Le seconde sono corrispondenze tra elementi
della dimensione terrena che si incrociano attraverso le sensazioni. Le
corrispondenze verticali invece sono quelle che permettono all’uomo l’estasi e
quindi di trascendere da tutto ciò che è terreno e accedere ad una dimensione
superiore. Queste corrispondenze al livello stilistico si ritrovano nell’uso di una
particolare figura retorica presente nelle due terzine dove la formulazione del
proggetto estetico diviene illustrazione dello stesso, traducendo queste
corrispondenze, questa figura retorica è la sinestesia. La sinestesia consiste nel
provare una sensazione sollecitata da un oggetto attraverso un senso che
solitamente non viene usato per percepire quella determinata sensazione. Al
verso nove appunto cominciamo a vedere l’uso della sinestesia “Il est des
parfums frais comme des chairs d’enfants” qui vediamo la similitudine tra i
profumi freschi legati alla sfera semantica dell’olfatto e le guance dei bambini
che è una sensazione più legata alla sfera semantica del tatto. Nel verso
successivo sempre a proposito dei profumi dice dolci come gli oboi quindi
associa la sensazione dell’olfatto con la sfera semantica dell’udito e a quella
della vista. In questa prima terzina vediamo le corrispondenze orizzontali tra
oboi, profumi e praterie. Nella terzina conclusiva vediamo invece delle
sinestesie che riguardano le corrispondenze verticali qui infatti vediamo la
presenza di quattro elementi: ambra, muschio, benzoino ed incenso, che
attraverso il loro profumo permettono all l’anima dell’uomo di innalzarsi.
Tutti questi elementi ci testimoniano l’affermazione di una poesia
profondamente diversa rispetto a quella precedente. Tutti gli elementi sono
legati da analogie sotterranee che saranno alla base della poetica simbolista.
Prima di passare ad analizzare il movimento letterario del Simbolismo bisogna
accennare ad un altro movimento letterario che riguarda il romanzo. Questo
movimento letterario è il Naturalismo (1870 1880). Il Simbolismo nascerà
proprio come reazione al naturalismo.
9 Il Naturalismo. Zola
Intorno al 1870 dopo il grande successo di Madame Bovary si continuano a
portare avanti le posizioni della filosofia positivista. Il Naturalismo prevede
l’esaltazione della scienza, l’evoluzionismo, l’industrializzazione, le

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rivendicazioni degli operai, quindi una trasformazione della realtà e del
pensiero, che richiedeva strumenti di analisi e di descrizione nuovi. Il
Naturalismo si afferma proprio perché si sente la necessità di trovare un nuovo
strumento che possa descrivere e analizzare la società che sta cambiando.
L’école Naturaliste si assume il compito di descrivere questa realtà attraverso
un programma affine e una serie di manifesti. Il retroscena filosofico del
Naturalismo è il positivismo che è una corrente di pensiero che si afferma nella
seconda metà dell’800 ed è l’espressione ideologica della società borghese ed è
generato anche dallo sviluppo della ricerca scientifica. Le caratteristiche del
Positivismo sono: rifiuto di una visione di tipo religioso metafisico o
idealistico, e la convinzione che qualsiasi aspetto del reale era determinato da
un gioco di forze fisiche, chimiche regolate da leggi meccaniche attraverso cui
tutto poteva essere spiegato. Il positivista crede essenzialmente e solo nei fatti
positivi cioè fatti dimostrabili scientificamente, sperimentalmente e quindi
l’unico modo di analizzarli è attraverso la scienza. Tra i pensatori positivisti
troviamo Taine che fu un pensatore alla base del positivismo e punto di
riferimento per molti letterati come Zola. La concezione filosofica di Taine era
fondata sul determinismo materialista quindi tutto era in eterna evoluzione,
però tutto è regolato dal determinismo, diceva che anche i fenomeni spirituali
sono prodotti dalla fisiologia umana e determinati anche dall’ambiente fisico in
cui l’uomo vive. Egli applica questa concezione alla letteratura dandole il
compito importante di realizzare una vera e propria analisi scientifica della
realtà, sulla base del principio deterministico dell’ambiente sulla razza e sugli
aspetti spirituali dell’uomo. Afferma che il romanzo è una grande inchiesta
sull’uomo e quindi resta l’unico mezzo per portare avanti quest’analisi, così
come avevano fatto inizialmente Balzac e Flaubert con il suo canone
dell’impersonalità. Tra tutti gli intellettuali ve ne fu uno particolarmente
importante Émile Zola. Egli scriverà un romanzo sperimentale in cui cerca di
spiegare soprattutto attraverso uno scritto teorico quale sia la sua teoria del
romanzo. Comprese l’esigenza di Taine di dover affidare quest’analisi della
società proprio al romanzo e quindi di utilizzarlo come strumento scientifico
rappresentando la realtà in tutte le sue forme anche quelle più crude. Su queste
basi fondò le sue teorie naturaliste. Tutte le concezioni che si ritrovano
all’interno della narrativa zoliana si trovano all’interno della sua opera «Le
Roman expérimental» pubblicato nel 1880. Questo romanzo diventa un vero e
proprio resoconto dell’esperienza scientifica esposta al pubblico. Zola sostiene
che il metodo sperimentale delle scienze deve essere applicato anche alla
letteratura e alla sfera spirituale, quindi bisognava riprendere dalla scienza una
serie di leggi e applicarle alla sfera spirituale dell’uomo perché secondo lui le
qualità spirituali come quelle fisiche sono un dato di natura e quindi dominate
da leggi deterministiche. Ci dice anche però che la scienza non ha potuto
trovare con certezza quali siano tutte le leggi che regolano la vita passionale e
intellettuale dell’uomo, però due principi che stanno alla base della scrittura
zolianasi possono affermare:
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- L’ereditarietà biologica
- Influsso esercitato dall’ambiente sociale
Quindi come il fine della scienza sperimentale è quello di far sì che l’uomo diventi
padrone di tutti i fenomeni per poterli dominare lo stesso fine deve avere il romanzo
sperimentale. Quando poi si arriverà a determinare, le leggi generali di tutto l’agire
umano, secondo Zola, si dovrà riflettere sulla condizione degli ambienti e degli
individui per migliorarne le condizioni. Il romanzo sperimentale si propone quindi di
aiutare le altre scienze a regolare la società eliminandone le storture. Alla base della
poetica zoliana vi è un’idea progressista della società e della funzione dello scrittore
che ha un importante impegno sociale e politico. Proprio con Zola l’intellettuale si
riconcilia con la società e quindi ritroviamo la figura dell’intellettuale engagé. Questo
legame con la società non aveva suscitato interesse prima di Zola perché egli
assistette all’ Affaire Dreyfuse che accusava ingiustamente un soldato ebreo di aver
tradito la Francia, comunicando ai tedeschi una serie di informazioni legate
all’esercito francese. Zola scrisse una lunga lettera al presidente dove sosteneva
alcune prove in favore del soldato, Questo testo si intitola J’accuse e gli costò la
prigione. Qui Zola difende il soldato che molto tempo dopo verrà reintegrato e ne
verrà riconosciuta l’innocenza. Questo fu il primo atto di antisemitismo che via via si
farà sempre più evidente fino ad arrivare ad una posizione nazionalista e antisemita
della Francia. L’opera più importante di Zola è i Rougon-Maquart. Si tratta di un vero
e proprio ciclo di romanzi. Il sottotitolo è “Storia naturale e sociale di una famiglia”.
Questo ciclo si rifà al modello Balzac e conta circa 20 romanzi. Il principio di
interpretazione di tutte le vicende di questa famiglia è l’ereditarietà perché sono
caratterizzati fisiologicamente da accidenti nervosi e sanguigni quindi sono spinti da
istinti e psicologie abbastanza complesse. Questa predisposizione della famiglia alla
violenza è dovuta ad una lesione organica determinata da ambienti, passioni e
desideri. Zola vuole dare un quadro completo della società francese e per dare una
descrizione che sia esatta lo scrittore deve documentarsi per poter descrivere
ambienti. L’atteggiamento di Zola all’interno di questi romanzi è un atteggiamento
progressista perché sostiene che l’umanità sia in continua evoluzione. Da un lato si
scaglia contro la corruzione e l’avidità dei ceti dirigenti e verso l’interesse della
piccola borghesia, dall’altro però si interessa ai ceti subalterni. Dunque nel romanzo
viene delineato un quadro sociale molto preciso. Si può parlare di socialismo
umanitario. Sebbene Zola abbia simpatia per questi ceti, la descrizione che ne fa non
é idealizzata, ma ne descrive con estremo scrupolo gli aspetti più ripugnanti quali ad
esempio alcolismo, violenza, degradazione morale. Troviamo anche dei momenti che
ci ricordano il legame di Zola con il Romanticismo. Altri temi sono il vitalismo
panico, la vegetazione malata ed altri. In quanto alle tecniche troviamo: il discorso
indiretto libero, l’uso dell’argot che viene visto come componente fondamentale nel
romanzo che però non viene scritto in corsivo per sottolineare la differenza rispetto
alla lingua ma è assolutamente integrato al suo interno. Il romanzo più famoso e
L’assommoir o mattatoio che è anche il nome della bettola dove si consuma
l’acquavite, che porta rapidamente alla morte. Poi abbiamo Gèrminale che racconta la
42
vita dei minatori, Il tema principale è la rivolta contro il potere e il protagonista è la
folla che devasta. Romanzo politico. Il titolo viene dal nome di un mese del
calendario repubblicano che indicava il mese in cui tutto germoglia. E infine
abbiamo Le docteur Pascal romanzo che chiude il ciclo. Romanzo della scienza e
sulla scienza che riprende l’idealismo. Alla fine del Naturalismo si tornerà ad imporre
l’idealismo. Le sere di Medan sono degli incontri organizzati dallo stesso Zola nella
villa Medan dove riuniva intellettuali per scrivere novelle naturaliste.

10/04/20
Analisi del testo La doctrine
Al rigo 20-21 ritroviamo l’interrogativo che si pone alla base della ricerca e del
pensiero naturalista, il problema è sapere se una tale passione, agendo all’interno di
un’ambiente particolare in determinate circostanze quali conseguenze produce
sull’individuo e sulla società. Il fatto di avere asservito il romanzo alla scienza
trasformandolo in un vero e proprio strumento scientifico sarà la causa del declino del
romanzo alla fine dell’Ottocento. Dopo Zola si assiste a una situazione critica per il
romanzo, perché essendosi inaridito, non riesce più ad affermarsi. Alcuni tentativi per
il romanzo riguardano il romanzo simbolista che non ha quindi nulla a che vedere con
il romanzo naturalista. Per la riaffermazione del romanzo bisognerà aspettare Proust
che scriverà La Recherche dunque si dovrà aspettare il 900 inoltrato per parlare di un
nuovo romanzo. Il romanzo si lega alla scienza e rinasce il bisogno di riprendere il
Romanticismo e l’Idealismo, tanto che nasce una vera e propria battaglia tra
Idealismo e Naturalismo. Lo stesso Zola nel Roman experimental ci dice “ La parola
idealista indica gli scrittori che abbandonano l’osservazione e l’esperienza per basare
le opere sul sovrannaturale ed irrazional, e che ammettono l’esistenza di forze
misteriose al di là del determinismo dei fenomeni.” In questa battaglia naturalista, nel
1890 lo scrittore Rémy de Gourmond elenca una serie di clichés che secondo i
Naturalisti sono ripresi dagli idealisti quali: la ricerca del bello, il bello eterno,
l’amore, le montagne, il popolo. Sebbene le opere legate all’idealismo a fine secolo,
sembrano proliferare il romanzo pensato dalla Scuola Naturalista via via perde la sua
natura, assoggettandosi un po’ alla scienza. L’idealismo prende campo e gli scrittori
idealisti vengono eletti anche all’Accademie Française, quindi ricevono un
riconoscimento sociale e culturale. Questo è importante in quanto spiega perché gli
Idealisti condannano il Naturalismo, sottolineando come in esso sia assente ogni
forma di morale. Vediamo quindi l’attacco al Naturalismo da parte degli idealisti che
dicono che dipinge i vizi e quindi sembra dimenticare gli elementi fondamentali di
aspirazione al bello del romanzo. Il Naturalismo si difende dicendo che la descrizione
dei vizi era legata all’interesse per la descrizione del personaggio. Quindi possiamo
dire che si tratti di una polemica molto accesa.
Il Simbolismo

43
Il tentativo di recuperare l’idealismo e quindi una letteratura che non fosse più legata
alla scienza e al determinismo, viene portato avanti proprio dal Simbolismo. Il
Simbolismo nasce quasi contemporaneamente alla nuova affermazione
dell’idealismo. È fondamentale perché recupera moltissimi elementi della poesia di
Baudelaire per affermare una poetica molto diversa. Il Simbolismo domina la
seconda metà del XIX secolo e si definisce come un ideale poetico quindi è sbagliato
dire che è una scuola letteraria. L’ideale poetico ha come punto di partenza
Baudelaire, poeta che rimane legato al Romanticismo pur introducendo innovazioni
ma che attribuisce alla poesia una funzione nuova quella di interpretare i misteri che
possono essere decifrati attraverso segni e simboli. Dopo di lui l’ideale simbolista
decide di proclamare l’unità totale tra il mondo visibile e quello invisibile. Questo
rapporto viene tradotto proprio attraverso il simbolo. La poesia simbolista nasce
come contrapposizione al Parnasse quindi alla poesia estremamente formalista, nasce
contro il Romanticismo che viene considerato solo un’effusione di sentimenti
personali perché la poesia simbolista deve essenzialmente suggerire. Il poeta
simbolista non deve rappresentare i paesaggi in cui descrivere i suoi sentimenti e le
sue idee, ma deve cogliere tutte le risonanze che i sentimenti lasciano nel paesaggio e
percepire le analogie tra i segni del mondo esteriore. Quello che viene rappresentato
nelle poesie simboliste dunque non è l’oggetto in sé ma le suggestioni che esso dà.
Notiamo una predilezione per tutta una serie di dimensioni che vengono riprese quali:
il sogno, il mistero, la musica che sarà un elemento fondamentale. Sarà lo stesso
Verlaine a definire la poesia come chanson grise ovvero canzone grigia, In queste tre
sfere che abbiamo nominato penetra la sensibilità dell’uomo. Il simbolismo è la
risposta sul piano poetico alla crisi di fede nei confronti delle capacità conoscitive
della ragione. Si scontra anche con il Positivismo perché esso affermava il distacco
assoluto tra l’uomo e la realtà e crea l’illusione di una perfetta conoscenza del reale e
della verità oggettiva che è valida sempre annullando quindi l’affinità che aveva
rintracciato il Romanticismo tra l’uomo e il mondo. Il Simbolismo nasce da un rifiuto
di tutto questo, che inizialmente è inconscio. Quindi è contro questo tipo di scrittura e
letteratura è solo l’equivalente delle cose. Il simbolismo riprende la tradizione
importante dei piccoli romantici dai quali riprendono l’inconscio, il mistero,
l’intuitivo, il divino e il sogno, attuando una grandissima rivoluzione del linguaggio.
Alla base del Simbolismo troviamo l’identificazione tra l’io e il mondo con
l’abolizione di tutte le distanze e quindi si ha il crollo di tutti i parametri tradizionali
dell’accostamento alla realtà, ma attraverso degli strumenti assolutamente irrazionali.
Quindi la realtà diventa un vero e proprio flusso indistinto di cui l’uomo è parte,
quindi decade quella che era l’idea di descrizione ordinata della realtà. Se il
Naturalismo concepisce l’arte come imitazione della natura, le poetiche simboliste
appaiono tese a scoprire ciò che esiste al di là delle possibilità conoscitive. Lo spazio
della poesia simbolista è l’ignoto, il sovraumano, l’infra umano, il religioso
trascendente, il divino. il diabolico. Gli strumenti della poesia simbolista sono il
sogno, l’intuizione e l’estasi. Le figure retoriche più ricorrenti sono analogia e
metafora. Il sogno diventa un elemento fondamentale nella poesia simbolista in
quanto permette di entrare in contatto con una parte spirituale dell’io che è la parte
44
legata all’istinto dell’uomo. Ci permette quindi di accedere ad una parte inaccessibile
nella vita diurna perché quando il soggetto è sveglio vi è la sorveglianza della
coscienza attiva. In quanto all’uso dell’analogia si ha in virtù di un’affinità simbolica
o sotterranea che molto spesso è complessa da interpretare. Possiamo dire che la
poesia simbolista sia una poesia profondamente ermeneutica cioè una poesia non
adatta a tutti, non facilmente interpretabile. I poeti che seguirono la scuola simbolista
furono i poeti dissidenti cioè quelli che erano in rottura con le tendenze dell’epoca e
che rivendicavano una totale autonomia. Poi abbiamo i poeti regolari che si pongono
al di fuori delle regole vigenti e infine i poeti maledetti. Maledetti perché
caratterizzati da una profonda emarginazione, da una profonda rivolta nella quale loro
stessi si confinano. Attraverso l’arte pensano di avvicinarsi a Satana. Questi poeti
vengono anche definiti poeti saturnini perché si pensava fossero nati nel segno di
Saturno. Una delle prime opere di Verlaine si intitolava Poèmes Saturnienne proprio
a sottolineare questa discendenza. Si tratta di una raccolta in versi in cui vi sono
anche poesie dall’accento molto personale. I poeti nati sotto il segno di Saturno sono
destinati a soffrire. Il componimento Art poètique di Verlaine è da considerarsi come
un vero e proprio manifesto poetico. Ci dice che è importantissima la musicalità del
verso non la rima forzata e costruita, per restituire la musicalità, si predilige l’uso del
verso impari. Quest’arte poetica sancisce come elementi della poetica simbolista tutto
ciò che è vago senza che nel verso vi sia qualcosa che lo appesantisca o che lo
strutturi, La poesia come canzone grigia o indeterminata. Nella terza strofa vediamo
tutta una serie di immagini chiaroscurali.

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27/04/20
10 Introduzione al ‘900 e ad Apollinaire
Il 900 è caratterizzato da una iniziale grande depressione economica. Una data
importantissima per la storia politica della Francia è quella del 1872. Tale data
condizionerà il ruolo della Francia all’interno della Prima Guerra Mondiale. Nel 1872
viene privata dei territori dell’Alsazia e della Lorena che saranno consegnati alla
Germania, ciò determinerà lo scontro tra Francia e Germania. Dal momento in cui si
vede privata di questi territori, in Francia nascerà un fortissimo sentimento
nazionalista, proprio perché i francesi a partire da questo momento aspetteranno il
momento giusto per recuperare questi territori. Questo momento arriva proprio con lo
scoppio della Grande Guerra. Il nazionalismo genera tutta una serie di azioni a catena
che non saranno solo legate alla politica, ma anche culturali che caratterizzeranno le
prime due decadi del secolo. Saranno fondati vari partiti politici, il nazionalismo di
questo periodo viene ricordato come “nazionalismo della révanche”, ovvero della
rivincita per l’appunto nei confronti della Germania. Nazionalismo e spirito
patriottico sono due cose ben diverse, che generano anche due generi letterari diversi.
Da un lato il romanzo patriottico dove viene esaltato il legame tra tutti i francesi, al
suo interno troviamo sempre un eroe che si immola per salvare la Patria. Dall’altro
lato nel romanzo nazionalista invece gli elementi caratteristici sono altri, quali: la
superiorità nazionale declamata nei confronti di tutti gli altri Paesi, e in particolare
della Germania, la descrizione della Germania e dei tedeschi in chiave denigratoria,
la denigrazione della letteratura e della filosofia tedesca. Addirittura il Romanticismo
che muove i primi passi in Germania, viene considerato da alcuni nazionalisti, come
un tentativo pensato a tavolino dai tedeschi per asservire le menti francesi alla cultura
e alla politica tedesca, quindi viene messo da parte e criticato, pertanto si riprende un
vero e proprio nuovo Classicismo. Vengono ripresi autori come Victor Hugo.
Saranno ripresi anche personaggi importanti della storia francese quali: Giovanna
d’Arco (Damoiselle d’Orleans), e Napoleone.
Sul versante politico invece si affermano tutta una serie di nuovi partiti nazionalisti
come ad esempio, la lega dei Patrioti fondata nel 1882. A questo profondo sentimento
nazionalista si lega lo scandalo politico dell’Affaire Dreyfus, che è l’atto che dà il via
all’antisemitismo in Francia. Questo antisemitismo si manifesta tanto all’interno della
borghesia quanto nei ceti popolari, questo perché essi ereditano i sentimenti
dell’educazione cattolica tradizionale. Verrà pubblicato anche un libro intitolato “La
France Juive”, cioè “la Francia ebrea” di Édouard Drumont che viene accolto come
libro della verità. Una delle frasi più sentita in quegli anni era «La France aux
français», proprio per rimarcare come si dovesse combattere lo straniero ed in
particolare lo straniero ebreo. Ritornando all’Affaire Dreyfus si considera il più
grande errore giudiziario della storia francese tra 800 e 900. Il soldato venne arrestato
con l’accusa di aver passato alcuni documenti riguardo i movimenti dell’esercito
francese, ai tedeschi e fu condannato all’ergastolo. L’affaire vero e proprio prende
avvio nel 1897, perché si cominciano a fare le prime indagini e si formano due

46
schieramenti. Da una parte vediamo i naturalisti, gli antimilitaristi e gli anticlericali
che chiedono a gran voce la revisione del processo, dall’altra parte, invece, i
responsabili del governo, la Chiesa e i nazionalisti che erano contro la revisione dello
stesso. Alcuni intellettuali si schierarono a difesa di Dreyfus, tra questi Émile Zola,
che scrisse una lunga lettera al presidente Felix Ford il quale era contrario alla
revisione del processo, intitolata «J’accuse». L’Affaire Dreyfus si concluse nel 1906
con la riabilitazione del soldato. Questa situazione fu importante anche per far vedere
quanto fosse ancora importante l’incidenza del pensiero degli intellettuali nella
politica. Con Zola dunque si riapre la fase di engagement litteraire ovvero il
coinvolgimento dei letterati nella vita politica dalla quale fino a quel momento erano
stati esclusi. Altro concetto importante è quello di Belle Époque, il periodo che viene
indicato con questo nome è quello che intercorre tra il 1890 e il 1910. L’espressione
Belle Époque viene però coniata dopo la Prima Guerra Mondiale. Tale precisazione è
importante perché il periodo designato come Belle Époque è stato un periodo pieno di
problemi. L’unica classe sociale per la quale effettivamente fu un buon periodo era
quella della borghesia, in quanto i rappresentanti di questa classe sociale
conducevano vite agiate e partecipavano continuamente a feste. Il simbolo di
quest’epoca è la Tour Eiffel costruita in occasione dell’Exposition Universelle che si
tenne nel 1889. Questo periodo però non è solo simboleggiato dal benessere delle
classi benestanti, ma anche da altre “categorie sociali”, come: gli operai e le donne. In
quanto alla donna non era rispettata all’interno di nessuna classe sociale. Altra cosa
da sottolineare è l’introduzione nell’arte di tutta una serie di oggetti simbolo
dell’industrializzazione come le macchine da scrivere, e una serie di decorazioni
floreali che servivano ad ingentilire ad esempio gli ingressi della metropolitana
parigina considerata come “mostro della modernità”. Da queste decorazioni nascerà
lo stile Liberty.
Dal punto di vista dei generi letterari bisogna fare il punto della situazione.
Per quello che concerne il romanzo, tra quello che era stato il Romanzo Naturalista di
Zola ed il primo grande romanzo del 900 che sarà rappresentato dal primo volume
della Recherche di Proust nel 1913, passeranno 30 anni. Questo periodo rappresenta
un momento di crisi per il romanzo, perché la forte tradizione balzacchiana e
l’incapacità di proporre alternative rispetto a quella tradizione, dopo il Naturalismo,
perché il romanzo si trasforma in uno strumento di analisi scientifica della società e
del reale. Nella teoria di Zola vediamo una condanna al bello, prediligendo lo sguardo
scientifico ed analitico della società e la rassegnazione dell’uomo davanti alla stessa.
Con il Naturalismo quindi si assiste all’eliminazione del senso estetico nel romanzo.
Il Simbolismo che trova le sue origini nella scuola parnassiana esalta invece il
concetto di bello artistico nella poesia, campo di grande produzione, mentre per
quanto riguarda il romanzo non darà grandissimi risultati. Ricordiamo che
l’obbiettivo del simbolismo non era la salvezza del romanzo, bensì l’obbiettivo
dell’estetica simbolista era la salvezza del bello nell’arte come valore assoluto.
All’inizio del 900 comincia a manifestarsi un certo interesse verso l’interiorità e
verso la profondità della coscienza, quindi si avrà il tentativo da parte di alcuni autori
47
di esplorare questo campo. In questi tentativi vediamo una predilezione nell’uso del
monologo interiore. Un altro importante filone che si diffonde in questa letteratura di
fine secolo, è quella dell’erotismo estetizzante e decadente, che consiste in una
rivisitazione di alcuni poeti greci.
Apollinaire
Apollinaire nasce nel 1830 a Roma da madre polacca, ed il suo vero nome è Wilhelm
Apollinaris, quindi Apollinaire sarà lo pseudonimo scelto dallo stesso autore. La
madre lo porterà fin da bambino in giro per l’Europa. Egli studierà a Monaco, Cannes
e Nizza, questi luoghi sono molto importanti perché sono caratterizzati da una certa
solarità e da un certo calore che ispireranno forse le sue scelte poetiche. Nel 1898 si
trasferirà a Parigi e stringerà importanti rapporti con uno degli intellettuali
dell’avanguardia dissidente del Collegio di Patafisica, Jarry e con Max Jacob. Nel
1905 Apollinaire, visto che si occupa anche di arte, indica all’interno di una rivista
per la quale scrive un importante articolo, il nome di un nuovo promettente artista,
Pablo Picasso. Sarà proprio Apollinaire ad interessarsi ai maestri del cubismo sui
quali scriverà un intero volume. Si occuperà sempre di arte, ammira molto Matisse e
scrive la prefazione alle opere pittoriche di Braques. Si riunisce con altri intellettuali
in un luogo molto particolare che si chiama Bateau Lavoire, luogo che diventerà un
vero e proprio cenacolo e dove si assisterà alla gestazione del cubismo. Il cubismo
che diventa per Apollinaire oggetto di studio sarà importante anche all’interno della
sua poesia. Egli sarà promotore dell’avanguardia francese dell’Esprit Nouveau.
Scriverà un’importante raccolta poetica intitolata Alcools, prima raccolta in versi.
Questa raccolta annovera tutte le poesie scritte dal 1898 al 1913 che l’autore
precedentemente aveva pubblicato in diverse riviste. I componimenti che formano la
raccolta non si presentano in ordine cronologico. La particolarità della raccolta è la
ricca diversità, che non si deve soltanto al fatto che raccoglie poesie scritte in
momenti diversi della vita del poeta, ma anche alle sue scelte estetiche. Apollinaire
ricerca contemporaneamente sorpresa e simultaneismo, ovvero la coesistenza di
realtà profondamente diverse. Egli dunque rappresenta la figura del poeta che si
scontra con la pretesa unità classica di estetica generalizzata. Nonostante la diversità
delle realtà che si sovrappongono, la raccolta non appare disgregata, proprio grazie
all’utilizzo dell’estetica del simultaneismo. La successione delle poesie in Alcools fa
pensare ad una sorta di progressione iniziatica, un percorso onirico che parte dalla
poesia «Zone» che apre la raccolta, poesia dell’amore concluso, fino ad arrivare
bruciando come l’alcol definito dallo stesso autore «Eau de vie», alla poesia
Vendemière che chiude la raccolta. L’attività poetica è concepita come
fermentazione, che riattiva i succhi della vita e del mondo. Per approdare a questa
fermentazione non basta unirla alla mitologia personale composta da esseri
leggendari, ma è necessaria l’introduzione di immagini che trasmettano un senso di
libertà, e d’ebrezza che sono simbolo dell’estetica dionisiaca. Nella raccolta Alcools
Apollinaire cerca di applicare alla poesia la tecnica cubista, perché attraverso la
deformazione della realtà, cerca di percepire le varie sensazioni del reale dove
passato, presente e futuro sono confusi. L’dea quindi è quella che l’arte deve cessare
48
di essere rappresentativa per passare ad essere figurativa e simbolica. L’intera
raccolta si fonda su un sistema di coppie antinomiche: luce-ombra, morte-rinascita e
altre. Altro elemento significativo è il ricorso a figure mitologiche importanti quali:
Dedalo, Icaro, Orfeo, e il ricorso al meraviglioso. Nella strutturazione della raccolta è
solo nel 1913 che l’autore decide di prendere Zone, ultimo componimento da lui
scritto, e metterlo ad apertura della stessa, perché questa poesia è evocazione
dell’uomo moderno, poiché in origine la raccolta avrebbe dovuto aprirsi con un altro
componimento che si intitola Cri. Zone non è solo evocazione dell’uomo moderno,
ma indica anche la frontiera, la dogana, il terreno vago, quindi è metafora del fatto
che l’uomo non conosce che le cose nella loro apparenza, dunque risulta anche essere
un termine enigmatico. Si tratta infatti di un termine di etimologia greca che significa
cinta muraria. Quindi il termine Zone titolo del componimento, è interpretabile sia
come frontiera, quindi luogo di dialogo tra mondo antico e mondo moderno, ma allo
stesso tempo è evocatrice attraverso la sua etimologia, del mondo antico. In questo
componimento quindi antico e moderno non sono messi in contrapposizione, ma tutto
ciò che è antico è necessario per la comprensione del moderno. Il componimento
racconta la passeggiata del poeta per Parigi e copre l’arco di 24 ore e presenta una
struttura circolare. Uno dei temi presenti nel componimento Zone è la religione,
perché Apollinaire, pur essendo ateo, ammirava la liturgia cristiana. Il testo mostra
una progressione tanto nel tempo come nello spazio. A livello stilistico notiamo l’uso
di tempi passati e presenti. Ritroviamo una disposizione grafica particolare, egli
recupera l’uso della pagina, della quale vive gli spazi, da un poeta di fine 800
Mallarmé. La composizione tipografica del testo ci si presenta così strutturata:
troviamo i primi tre versi separati da uno spazio bianco, poi gli altri tre seguiti da un
altro spazio e poi tutto il resto del testo. Una cosa che risalta all’occhio è l’assenza
totale di segni di interpunzione, ciò accade perché secondo Apollinaire il ritmo della
poesia deve venire dalla lettura della stessa.

30/04/20
Analisi del testo «Zone» Apollinaire
Fin dall’inizio del componimento si nota l’assenza di punteggiatura, e quindi anche la
divisione strofica è da considerarsi come moderna, infatti è da sottolineare il fatto che
gli spazi che notiamo tra i primi sei versi non siano una scelta tipografica, ma
corrispondano alla scelta di disposizione grafica operata dal poeta. Questi versi
rappresentano la prima parte del componimento. Nel primo verso «À la fin tu es las
de ce monde ancien» notiamo che il poeta fa riferimento ad una seconda persona
senza specificarne l’identità, che dunque rimane ambigua. Questo primo verso si
collega al terzo «Tu en as assez de vivre dans l'antiquité grecque et romaine»
proprio per lo stesso riferimento al passato e al rifiuto dello stesso, in quanto si
riferisce solo alla lettura della letteratura antica. Il secondo verso è molto
significativo, perché vi troviamo il riferimento alla religione, «Bergère ô tour Eiffel
le troupeau des ponts bèle ce matin», qui vediamo infatti la figura del pastore, che
49
nella simbologia cristiana rappresenta la guida. Questa simbologia religiosa crea il
meraviglioso, in questo verso troviamo anche il riferimento alla modernità dato dalla
Tour Eiffel, dunque questo verso ci vuole dire che bisogna avere fiducia nell’uomo
moderno. Dal verso 4 al verso 6 troviamo un riferimento alla degradazione dei
prodotti della tecnica moderna, e la contrapposizione tra le automobili, che seppure
prodotti moderni si presentano come vecchie, e la religione che si presenta sempre
come se fosse una cosa nuova, perché rimasta autentica. Nel verso 7 vediamo
l’identificazione della religione, che precedentemente era rimasta anonima, con il
Cristianesimo. Nel verso 9 troviamo ancora una volta il riferimento alla seconda
persona singolare che è oggetto di osservazione delle finestre che metonimicamente
si riferiscono alle persone che vi stanno dietro. Il poeta risulta quindi essere oggetto
degli sguardi altrui e della sua coscienza. Nei versi 8-9-10 questo tu viene
rimproverato perché invece di cercare una forma di assoluto il poeta resta preda della
città. Al verso 11 ritroviamo il riferimento a tutta una serie di elementi moderni, che
però esaltano il brutto della modernità, e il paragone tra manifesti e cataloghi che
vengono associati alla poesia, mentre la prosa viene associata ai giornali. Nel verso
seguente troviamo il riferimento agli estratti dei romanzi polizieschi che si trovavano
nelle appendici delle riviste. Nei versi che vanno dal 15 al 24 notiamo un cambio
importante, perché non troviamo più il riferimento alla seconda persona singolare, ma
assistiamo all’inizio di una narrazione in prima persona. Al livello di uso dei tempi
verbali vediamo che in questa ultima strofa il poeta utilizza il passato prossimo. Si
tratta della descrizione di una strada parigina, che non viene descritta però in maniera
realista, ritroviamo una descrizione che riprende la simbologia dell’agitazione umana.
Vediamo quindi anche la personificazione della città, che riscontriamo quando parla
delle sirene che segnano l’inizio e la fine del lavoro in fabbrica che gemono, vediamo
anche l’associazione dell’orologio al cane che abbaia. I passanti possono considerarsi
come testimoni dell’attività che vi si svolge. Troviamo anche il riferimento ai rumori
della modernità, dai quali il poeta è attratto.

11 Marcel Proust
All’inizio Proust non venne né ascoltato e compreso né tanto meno accettato, proprio
perché gli editori non vollero dare alle stampe i suoi primi manoscritti. I critici infatti
espressero nei suoi riguardi delle forti riserve. Egli era conosciuto perché scriveva
sulle riviste di gossip e sui giornali mondani e quindi non gli veniva dato alcun
credito. Pubblicherà il primo volume della Recherche du temps Perdu a sue spese,
quindi pagherà un editore perché lo pubblicasse. L’opera di Proust comincia a
circolare, ma nonostante questo e nonostante il fatto che essa inizi a imporsi al
pubblico, il giudizio critico sull’autore continua ad essere molto riduttivo, viene
infatti considerato il frequentatore dei salotti parigini, il descrittore dei costumi di
un’epoca e dunque autore dilettante. Inizierà la pubblicazione della sua opera
monumentale intitolata, La Recherche du temps Perdu, nel 1913 pubblicando il
primo volume dal titolo, «Du côté de chez Swann». Questo primo volume viene letto

50
come affresco dei costumi di un’epoca, che coglie la descrizione della società
francese nella tarda Belle Époque grazie a tutta una serie di riferimenti che vi si
possono rintracciare, vi ritroviamo infatti le descrizioni dei Salons dell’alta borghesia
e dell’aristocrazia. Viene data un’interpretazione realistica delle opere di Proust,
contro cui l’autore si scontra nell’ultimo volume della sua opera dal titolo Le Temps
Retrouvé , perché quello che lui narra all’interno dell’opera non è l’analisi del
particolare, ma la comprensione di grandi leggi, leggi universali. Queste leggi a cui
lui fa riferimento riguardano i meccanismi che regolano lo spazio interiore infatti
parla anche di soggettività del tempo. I meccanismi che vengono analizzati
all’interno di quest’opera si esprimono nella legge del passare del tempo legata al
meccanismo della memoria. Il tipo di memoria ivi analizzato e quello che viene
chiamato dal medesimo autore memoria involontaria, intermittenze del cuore,
universale analogia e valore assoluto dello spirito. A tutti questi meccanismi si
uniscono poi le leggi che permettono di affermare che la letteratura si pone al di fuori
di tutto ciò che è effimero. A tutto questo si aggiunge la trascrizione critica, ironica e
parodica del mondo. Vediamo diversi personaggi che vengono ritratti, questi ritratti
hanno una funzione molto importante, perché sottolineano il divario costante tra
essere e apparire. Gli affreschi parigini ci restituiscono il linguaggio del tempo.
Dobbiamo dire che l’originalità e l’unità dell’opera proustiana non sono da ricercare
nel fatto che si tratti di un’opera ciclica, ma nel ricercare la verità assoluta, quindi
Proust pone al ruolo del romanzo una serie di questioni diverse da quelle che si era
posto fino a quel momento ed è per questo che egli sconvolge anche la sua forma
tradizionale. Tra le innovazioni che scardinano il romanzo tradizionale troviamo
sicuramente, lo scavo dell’interiorità. Questo processo è importante in quanto solo
così è possibile recuperare i frammenti dimenticati. La realtà si manifesta in tutta la
sua molteplicità e simbologia. Lo scavo avviene attraverso l’analisi dei gesti e del
volto, perché solo attraverso questi è possibile rintracciare una realtà considerata
indifferente. La realtà diventa manifestazione dell’inconscio. Il romanzo quindi
diventa lo strumento per il recupero dell’interiorità, e il luogo dove fare emergere gli
strati della memoria più profondi. Un’altra caratteristica della scrittura di Proust, è la
consapevolezza che la creazione riceva nutrimento negli spazi circoscritti, chiusi,
nella malattia e nell’isolamento. Questi luoghi come ad esempio, la stanza imbottita
di sughero, in cui lo scrittore si rifugia negli ultimi anni, gli permettono di
raggiungere una spiritualità, che il rumore del mondo esterno non permetterebbe di
raggiungere. La critica sottolinea come Proust sia il poeta del buio, e che la sua opera
sia l’opera di un malato, che trasforma il suo male in strumento di creazione e di
riscatto. L’autore nasce nel 1871 in un sobborgo parigino, appartiene all’alta
borghesia e fin da bambino soffre di asma. Proprio per questa sua fragilità Proust
diventerà oggetto d’attenzione della madre e della nonna, affetto che si percepisce
anche all’interno della Recherche. Per lui infatti, l’affetto per la madre e per la nonna,
la quale morirà nel 1890, è alla base di uno dei volumi dell’opera. Da ragazzo passa
le sue estati a Chartres, proprio questa casa diventerà la casa situata al limite tra
campagna e città che ritroviamo citata nell’opera con il nome di Combray. Si laurea
in lettere e frequenta Robert de Montesquiou, personaggio importante della Parigi
51
mondana, perché è un punto di riferimento per l’eleganza, nel primo quarto di secolo.
Incontra anche il musicista Reynaldo Hahn che gli ispirerà il personaggio di
Vinteuil. Si tratta di un personaggio importante che ritroveremo nel volume «Un
amour de Swann», la cui sonata è importante perché permette agli altri personaggi
di attivare la memoria involontaria. Di quegli anni è il romanzo autobiografico di
Proust, che verrà pubblicato postumo nel 1952, dal titolo «Jean Santeuil». Tra il
1897 e il 1898 Proust viene attaccato perché uno degli scrittori del tempo lo definisce
come «Uno di quei giovanottini del bel mondo che patisce di letteratura», dunque si
tratta di un giudizio molto duro. Egli scrive anche un’opera mondana intitolata, «Les
plaisirs et les jours», che riprende nel titolo un poema di Esiodo, dove si fa
riferimento al lavoro al quale Proust sostituisce il piacere. Di fronte al caso Dreyfus
anch’egli era sostenitore dell’ufficiale ebreo. Viaggia tantissimo tra il 1900 e il 1904
ed è anche traduttore dall’inglese. Si dedica anche a scrivere importanti scritti teorici
sulla letteratura che poi verranno riuniti nel 1954 sotto il titolo di «Contre Sainte-
Beuve». Altra cosa fondamentale è l’episodio della Madeleine narrato nel testo
«L’édifice inmense du souvenir».
Analisi del testo « L’édifice inmense du souvenir»
Questo testo si trova nel primo tomo della Recherche, e più esattamente nel primo
volume , « Du côté de chez Swann», all’interno del quale troviamo «Combray». Nel
testo ritroviamo il riferimento alla Madelaine, o meglio, alla sensazione che le
briciole della stessa imbevuta nel tè dà al narratore, sensazione di qualcosa che egli
ha già vissuto. La semplice sensazione però non rintraccia il luogo e l’epoca di quel
ricordo, quindi interviene l’intelligenza, la volontà del lettore. Intelligenza che ha il
ruolo di scuotere e sollecitare la sensazione, associandola al gusto e ad una
sensazione visiva, avremo quindi il ritorno del ricordo che sarà causa di uno stato di
beatitudine per il narratore, che si trova ad essere in contrasto con ciò che lo ha
provocato. È su questo scarto che si fonda l’idea di memoria involontaria di Proust.

04/05/20

Le avanguardie del Novecento: Dadaismo e Surrealismo


Il primo conflitto mondiale costringe molti intellettuali a recarsi al fronte, e dal
momento in cui sono al fronte anche la loro produzione ne risentirà, infatti molti
saranno gli scrittori che scriveranno sulla Guerra, come anche ci saranno dei
combattenti che non sono scrittori di professione che a guerra finita scriveranno sulla
stessa. Nel dopoguerra si iniziano ad affermare tutta una serie di avanguardie, che
nascono proprio come reazione al trauma causato dal conflitto. L’obbiettivo di queste
avanguardie è quello di rifiutare l’apparenza del reale, e il rifiuto del progresso e della
modernità. Nella letteratura e nell’arte si afferma un movimento che possiamo
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definire come dissacratorio perché voleva solo distruggere la rappresentazione
tradizionale del reale, il Dadaismo che verrà fondato a Zurigo da Tristan Tzara. Egli
pone come punti fondamentali: il rifiuto dell’arte, della letteratura, del linguaggio,
sconvolge dunque la sintassi e il senso del linguaggio stesso. Si tratta di un
movimento provocatorio anche nel campo artistico dove si ha una sorta di rilettura
degli oggetti tradizionali che vengono stravolti nella loro funzione, in quanto
vengono rifiutati come oggetti del reale. I dadaisti scelgono di esprimersi attraverso
quelle che definiscono macchine inutili, che sono oggetti banali estrapolati dal loro
contesto d’uso. Per quel che concerne il Surrealismo riesce ad attenuare il carattere
provocatorio e dissacratorio del Dadaismo, che aveva anche come obbiettivo quello
di sconcertare il lettore o lo spettatore, infatti durante le rappresentazioni teatrali
dadaiste gli spettatori scappavano dai teatri proprio a causa del linguaggio
dissacratorio utilizzato. Il Surrealismo prenderà sì, spunto dal Dadaismo, ma propone
un’alternativa al reale. Importantissima all’interno del Surrealismo è la
rappresentazione del sogno attraverso l’uso di immagini oniriche. Il Surrealismo si
basa quindi sulla rappresentazione di tutto ciò che avviene nel subconscio dell’uomo,
da qui capiamo che il surrealismo prende spunto anche dagli studi portati avanti da
Freud sull’interpretazione dei sogni. Nelle rappresentazioni artistiche non troveremo
più le “macchine inutili” presenti nel dadaismo, ma troviamo rappresentazioni
estranianti e simboliche che recuperano il linguaggio dell’onirico.

Analisi del testo «Le manifeste du dadaïsme»


Nel Novecento i manifesti letterari erano importantissimi, essi nascono come
strumento programmatico delle avanguardie. Questo testo risulta avere poco o nessun
senso, nonostante ciò, leggendolo traspare un’idea di ciò che è il Dadaismo. Notiamo
che il testo è scioccante tanto dal punto di vista della struttura sia da quello delle
motivazioni dello stesso. Vediamo che Tzara ci parla della distruzione di tutta una
serie di elementi che facevano parte della tradizione letteraria come ad esempio la
memoria. Dobbiamo ricordare che il movimento nasce nel 1918 all’indomani della
Grande Guerra. All’interno del manifesto notiamo: la deformazione della parola,
della sintassi, la creazione del non-sens , infatti molte cose sono totalmente prive di
senso, assoluta libertà di scrittura e di creazione, assenza di un progetto alternativo, di
significato, infatti tutto all’interno della scrittura dadaista è dominato dal caso.

12 Il Surrealismo
Il Surrealismo è un modo di intendere la vita, un modo di leggere il reale, che
possiamo riscontrare tutt’oggi nelle opere di alcuni scrittori. Un elemento
fondamentale di questo movimento è quello di essere autonomo, cioè di non essere
vincolato a nessun partito politico. Uno dei fattori che determinerà la crisi di questo
movimento fondato da Brèton è dovuto al fatto che in una seconda fase si avvicinerà
molto al Comunismo, ciò ne determinerà l’assoggettamento del pensiero. Al livello
53
ideologico il Comunismo e il Surrealismo possono considerarsi affini, tanto è vero
che i surrealisti ci dicono che si ispireranno all’idea di Rivoluzione di Marx, però
quest’avvicinamento al Comunismo porterà al disgregarsi del movimento.
Il nome Surrealismo fu inventato da Apollinaire che lo inserisce all’interno di una
delle sue opere per descrivere la realtà nascosta legata all’inconscio.
A partire dall’esperienza del sogno di Desnau e dalla sua analisi, Breton sottolinea
come alcune delle frasi pronunciate nello stato di semi coscienza, dal punto di vista
strutturale, fossero assolutamente corrette e organizzate secondo una sintassi rigorosa.
Questo prova a Breton come queste frasi, e quindi il linguaggio utilizzato in stato di
semi coscienza non seguissero le leggi che regolano il linguaggio tradizionale. Egli
dunque analizza tutto ciò che va al di là della realtà, tutto quello collegato alla
coscienza, all’immaginario e afferma che esiste un pensiero profondo, organizzato
secondo leggi proprie regolate dall’inconscio. Per tirar fuori questo pensiero si
possono usare varie tecniche. Tutto questo suggerisce a Breton e poi a Soupeau, altro
esponente del movimento, di provare delle tecniche creative che sfruttassero questa
dimensione profonda del pensiero, quindi inventano la scrittura automatica, tecnica
che ritroviamo nel testo «Le jeu surrealiste». In questo testo si legge «Faites vous
abstraction de votre génie», ciò si riferisce al fatto che la scrittura automatica non
deve sottostare alle rigide regole strutturali dettate dalla ragione, ma deve rispondere
solo alla struttura profonda del pensiero. Proseguendo nella lettura, vediamo che
Breton scrive «Écrivez vite sans sujet preconçu», ovvero “Scrivete velocemente
senza un soggetto prestabilito”, prosegue poi dicendo che non bisogna essere tentati
di rileggere ciò che si è scritto. Questo ci dà il senso di quello che si intende per
scrittura automatica, scrittura meccanica che riesce a captare l’origine di queste
immagini profonde e questo è reso possibile grazie alla soppressione dello spirito
critico. Breton quindi comprende che la logica del pensiero profondo e la logica della
società sono profondamente diverse. L’esplorazione dell’inconscio diventa
fondamentale per la scrittura surrealista che cerca di allontanarsi dall’organizzazione
sociale. Breton ci dice che bisogna “Distruggere i cassetti del cervello e quelli
dell’organizzazione sociale”. All’esperienza della scrittura automatica, Breton unisce
anche quella del sogno ipnotico e della simulazione dei deliri. Il primo manifesto
sarà pubblicato nel 1924 con il titolo «La toute- puissance du rêve», e definisce il
surrealismo come automatismo psichico, facendo chiaro riferimento alla scrittura
automatica. Per i surrealisti il lavoro sulla frase e sugli aspetti estetici della stessa,
non va assolutamente portato avanti. Altro concetto fondamentale per i surrealisti è
quello di ispirazione, infatti essi rifiutano che nell’atto di creazione vi siano sforzo e
lavoro quindi non ammettono l’idea di “creazione lucida”- Ritroviamo quindi il
rifiuto della ricerca ostinata della perfezione, il rifiuto dell’etica parnassiana e
simbolista. Breton quindi oppone alla letteratura del calcolo, quella che lui definisce
“scrittura ispirata” interpretando l’ispirazione in senso completamente diverso da
come era stata interpretata fino a quel momento, ricordiamo che nell’Ottocento viene
considerata come presenza sovrannaturale. Nel Surrealismo l’ispirazione non è più
vista come presenza sovrannaturale, ma come organizzazione dell’opera e per Breton
54
come il ritmo stesso dell’opera. L’ispirazione quindi non riguarda la formulazione del
testo, ma la consapevolezza del messaggio. Quando questo messaggio, che viene dal
pensiero profondo, viene concettualizzato si parla di ispirazione, ma questa
concettualizzazione del messaggio del pensiero profondo è possibile a tutti, dunque
l’ispirazione non è più dominio elitario ma è qualcosa di accessibile a tutti. I
surrealisti pubblicheranno un secondo manifesto nel 1929, dove saranno messi in
discussione tutta una serie di principi che erano stati stabiliti nel 24 come per esempio
la scrittura automatica che non aveva dato grandi risultati, e il concetto di ispirazione
che comparirà come qualcosa di possesso del poeta. Ritornando al manifesto del
1924, rispetto all’ispirazione la si vede sì come accessibile a tutti, ma anche come un
campo misterioso in quanto è legato alle lacune della conoscenza dell’inconscio. Un
altro punto importante da analizzare è quello del “caso obbiettivo” che i surrealisti
riprendono dalla filosofia di Hengels, sebbene lo rielaborino a modo proprio. Per caso
oggettivo intendiamo una sorta di commistione tra determinismo e libertà, Breton
riprende la definizione di Henghels e sostituisce al concetto di finalità interna quello
di desiderio interno, quindi per lui il caso oggettivo è l’incontro tra una causalità
esterna e un desiderio interno. Per hazard intendiamo la manifestazione di
un’esigenza esteriore che si incontra con un desiderio interno dell’inconscio. Altra
nozione importante è quella dell’immaginazione che per il surrealismo è una facoltà
senza limiti attraverso cui si manifesta la libertà creativa. Sempre a proposito
dell’immaginazione i surrealisti riprendono alcuni autori romantici perché nelle loro
produzioni si fa riferimento ad allucinazioni e visioni, come rappresentazione di un
mondo che non può integrarsi con il mondo reale dominato dalla razionalità. Breton
quindi vuole che tutte queste attività, che sfuggono alla razionalità, possano essere
concepite come attività dello spirito. L’immaginazione per lui è una fonte creatrice.
Le immagini permettono la creazione libera dell’io più intimo. Altro aspetto
fondamentale è il legame con Freud, in quanto Breton vede i sogni non come ricordi
degradati, ma come trasposizione attraverso le immagini dei desideri, simboli e
pulsioni profonde e quindi come chiave per interpretare la complessità dell’io. Breton
riprende tutta una serie di metodi di investigazione del sogno che erano stati scartati
da Freud come ad esempio: l’ipnosi, la registrazione di allucinazioni verbali,
l’automatismo e simulazione dei deliri. Per Freud i pazienti sono dei disadattati
mentre il surrealismo vuole integrare le forze represse. Altri elementi fondamentali
sono: l’amore che viene interpretato come slancio verso l’unità, e l’avventura
all’interno della città, città che è soggetto della narrazione che emana suggestioni, che
vengono recepite dal soggetto surrealista. Secondo Breton tra uomo e mondo ci sono
dei rapporti irrazionali, e quindi la città è la dimensione della realtà ed entra in
dialogo con questa soggettività del soggetto surrealista. Il romanzo più importante di
Breton è Najà.

07/05/20

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13 L’esistenzialismo e Jean Paul Sartre
Per molto tempo è stato sottolineato il ruolo di Sartre all’interno della storia della
filosofia, ma è indubbio che abbia avuto una grande importanza anche nel quadro
della letteratura francese del 900. Le date significative per la sua produzione letteraria
sono il 1945, quindi subito dopo la fine del secondo conflitto mondiale, anno in cui
pubblica «L’existentialisme est un humanisme ». Dobbiamo dire che Sartre è uno
scrittore engangé quindi consapevole di come il suo pensiero possa influire
sull’opinione pubblica a lui contemporanea. Bisogna ricordare che Sartre non è il
primo a parlare di esistenzialismo, e che con lui siamo di fronte all’esistenzialismo
ateo. In realtà nel 1938 aveva pubblicato un romanzo dal titolo «La Nausée», dove
vediamo espresso e analizzato il sentimento di nausea verso il reale. Nel 1943
scriverà «L’être et le néant». Possiamo definire la sua come filosofia esistenzialista
precedentemente affermata da Kierkegaard, considerato appunto come il padre di
questo pensiero filosofico. Altro filosofo a cui fa riferimento Sartre è Husserl padre
della fenomenologia, altro elemento importante per la sua filosofia. La
fenomenologia è il rapporto tra l’uomo e la realtà esterna come appare. Sartre infatti
sente la forte influenza di Kierkegaard, il quale critica la filosofia Hegeliana che vede
nella ragione l’unico strumento di interpretazione del reale. Sartre contesta l’uso della
ragione come unico strumento di analisi del reale. Il metodo fenomenologico é l’altro
elemento importante per la filosofia di Sartre perché secondo lui non si può dare
comprensione dell’essere ovvero dell’essenza dell’uomo se non facendo perno
sull’esistenza. Vediamo anche la messa in discussione della fiducia nel progresso
delle scienze, questo perché nel secondo dopoguerra il progresso scientifico era visto
come vuoto ed inautentico. Come si è detto siamo all’indomani della fine della
Seconda Guerra Mondiale e analizzando superficialmente quello che sono stati i
campi di sterminio ci si rende conto che essi non sono altro che l’applicazione di
tanto progresso scientifico e di modernità applicati all’industria della morte, dunque
si perde anche fiducia nella moralità del progresso scientifico.
Altro concetto fondamentale che ritroviamo in Sartre è il rapporto uomo-mondo,
dove l’uomo non fa altro che cercare di giudicare la realtà e di vivere all’interno di
essa. Inoltre il filosofo ci dice che l’uomo cosi come è, non è così per sua natura,
perché secondo lui l’uomo non possiede un’essenza immutabile, ma la sua vita è
sotto il segno dell’insicurezza, dell’insuccesso minaccioso, dunque la definisce come
“un poter essere”. L’essenza di un uomo si costruisce continuamente attraverso le
azioni che lo stesso compie e quindi si colloca nella condizione della possibilità
dell’esistenza. All’interno dell’analisi dell’esistenza Sartre ci dice che possiamo
trovare due tipologie di “essere”, cioè l’essere in sé e l’essere per sé. Si deve
intendere come essere in sé la realtà fattuale delle cose, mentre come essere per sé va
inteso la coscienza dell’uomo. Sartre in molte sue opere affronta il tema dello
sguardo dell’altro, e ci dice che nel momento in cui qualcun altro ci guarda
dall’esterno, ci fissa in un’identità ben definita. Sartre sarà attaccato all’interno
dell’ambiente marxista, perché secondo i marxisti egli propone un pensiero disperato
e disperante che è incapace di spingere all’azione rivoluzionaria, in quanto sembra
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fondato sul soggettivismo. Non mancherà neanche un attacco proveniente dal mondo
cattolico che gli rimprovera il fatto di avere soppresso qualsiasi riferimento a Dio
come garanzia dell’esistenza. Per Sartre l’esistenza precede l’essenza cioè l’uomo
non nasce già con un’essenza ma si costruisce attraverso l’esistenza, intesa come
l’insieme delle azioni compiute dall’uomo, quindi l’uomo si autocrea. Il fatto di
rinunciare a Dio per gli esistenzialisti non è così semplice perché quest’assenza fa sì
che ogni uomo abbia le proprie regole da seguire e non vi sia un garante universale,
quindi l’uomo è costretto a reinventarsi continuamente. Fondamentale all’interno dei
testi di Sartre è il concetto di libertà di fare delle scelte, ma nel momento in cui un
uomo sceglie di agire limita la capacità di agire degli altri. Legato al concetto di
libertà di scelta chiaramente vi è il concetto di responsabilità nell’attuare la scelta.
Tutti i concetti analizzati li ritroviamo nel testo «L’existentialisme athée».

14 Le Nouveau Roman ( Butor)


La corrente letteraria del Nouveau Roman nasce negli anni Sessanta, quindi nel
periodo di affermazione dello strutturalismo, e gli studi su di esso influenzano nuove
proposte dal punto di vista letterario ed in particolare riguardo alla forma romanzesca.
Questo perché il romanzo si presenta come la forma più versatile per poter riassumere
e contenere le istanze richieste nella seconda metà del 900. In questo periodo si
affermeranno vari scrittori molto diversi tra loro sia per età che per posizioni assunte
nei confronti del romanzo, tali scrittori verranno poi definiti «Nuovi romanzieri». Il
loro obbiettivo è quello di rivoluzionare il romanzo, scardinando i principi dettati dal
realismo balzacchiano. Questi scrittori concordano tanto sulla necessità di
innovazione del romanzo quanto sul fatto che debbano essere stabiliti nuovi principi
per regolarlo. In primo luogo viene messa in discussione la linearità cronologica del
racconto all’interno del romanzo ed il rapporto di causa-effetto che caratterizzavano il
romanzo tradizionale, proprio perché quello che vogliono rappresentare non è il
mondo per come è, ma lo stesso come viene immaginato dal personaggio, rifacendosi
a Proust ed al flusso di coscienza. Quella dei nuovi romanzieri è una visione del reale
nuova, ci dicono infatti che l’idea della rappresentazione del reale come univoca è
assolutamente errata, in ragione del fatto che ogni individuo rappresenta il reale a
modo suo, dunque in modo soggettivo. Il lettore si ritrova catapultato nella testa del
protagonista e vede tutto con i suoi occhi, sguardo che non risulta essere ricostruito,
bensì segue il flusso di coscienza. Altro elemento importante è quello di non
precisare mai nulla sul personaggio principale, infatti il lettore si ritrova davanti un
personaggio che parla in prima o terza persona singolare o usa anche un tipo di
narrazione in prima o seconda persona plurale, di cui il lettore non sa nulla. A
differenza del romanzo tradizionale, dove ogni personaggio è ben descritto, nel nuovo
romanzo il lettore non conosce l’identità del personaggio ma ne conosce i flussi di
coscienza. In alcuni romanzi troviamo l’identificazione del personaggio passata la
metà del romanzo, questo accade anche perché ci troviamo nella seconda metà del
900 che si caratterizza anche per una profonda crisi nel reale, in quanto ci si rende

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conto che l’uomo non si realizza nell’osservazione del reale ma nel dialogo con se
stesso e quindi non si sente la necessità di stabilire un contatto con la realtà fattuale.
All’interno di questi romanzi molto spesso vediamo un uso particolare dei pronomi
personali che hanno una funzione molto importante. Nei romanzi di Nathalie Sarraute
per esempio l’alternarsi dei pronomi è legata alla presenza di tre voci che indicano tre
temporalità distinte, in particolare lo notiamo nel suo romanzo Enfance dove la
scrittrice fa dialogare la se stessa adulta usando la prima persona singolare, con la
Nathalie bambina indicata con la terza persona singolare e poi vediamo anche l’uso di
un tu che risulta essere la coscienza della scrittrice. Da qui possiamo capire che per il
nuovo romanzo l’uomo si percepisce come la somma di tante voci, di tante identità
che vanno a definire l’identità generale dell’uomo stesso. Un’altra funzione
dell’assenza dell’identificazione del protagonista è quella di far sì che almeno una
delle voci messe in atto nel romanzo possa essere considerata come voce
universalizzante cioè una voce in cui il lettore possa riconoscersi completamente.
Altro elemento importante del Nuovo Romanzo che ritroviamo anche all’interno di
un saggio della Sarraute intitolato «L’ère du subçon», ovvero l’era del sospetto è il
rapporto lettore-autore, perché nel Nouveau roman l’autore non permette al lettore
di stabilire il “patto romanzesco”, cioè di conoscere in qualche modo alcune
informazioni sulla storia narrata, per esempio a partire dal titolo, infatti il lettore che
si appresta a leggere uno di questi romanzi è totalmente ignaro di ciò che andrà a
leggere, quindi resterà sospettoso. L’etichetta «Nouveaux Romancier viene coniata
dal giornalista Émile Arriau nel 1957 per designare questi nuovi autori, termine che
inizialmente presentava una connotazione negativa per criticarli. Altro dettaglio da
sottolineare è il fatto che tutti i rappresentanti del Nouveau Roman scrivono testi
teorici di cui alcuni esempi sono: Problemi del nuovo romanzo, Saggio sul
romanzo (1964), Per una teoria del nuovo romanzo (1971), Le Nouveau Roman
(1973), Nuovi problemi del romanzo (1978). Tra gli autori più importanti troviamo:
Jean Riccardo, Alain Robbe- Grillet, Claude Simon e Michel Butor.
Per ciò che concerne il saggio «Pour un nouveau romans » di Robbe- Grillet,
combatte i clichès della scrittura imposti a partire dal romanzo balzacchiano. Altro
concetto legato a questo scrittore è quello di nuovo realismo. Si parla di nuovo
realismo perché non viene negata la possibilità di rappresentare il reale, bensì si dice
che in quanto gli individui sono tutti diversi tra loro la percezione del reale sarà
diversa e la sua rappresentazione. Grillet afferma che il nuovo romanzo ingloba tutti
quelli che cercano delle nuove forme romanzesche capaci di esprimere o di creare
nuove relazioni tra l’uomo e il mondo, questa definizione sottolinea il rifiuto della
tradizione realista di Balzac. Altro elemento importante è il riferimento al processo di
scrittura, nel senso che moltissimi dei romanzi appartenenti a questa corrente
letteraria portano avanti la narrazione, coinvolgendo il lettore attraverso la sua
interpretazione nel processo di scrittura. Molto spesso alla fine del romanzo il
narratore ci rivela che il processo di scrittura a cui si riferiva era la scrittura del
romanzo stesso che il lettore ha letto, Ci si riferisce quindi ad una struttura
metaletteraria dove il lettore non è più solo fruitore, ma diventa coautore del romanzo

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stesso. A proposito del tipo di narratore dobbiamo dire, che non si tratta più di un
narratore onniscente, proprio perché noi ci troviamo dentro la testa del narratore-
personaggio che non ha cognizione di tutta la narrazione. Troviamo dunque un nuovo
ordine che coincide con un nuovo modo di concepire il reale. I nuovi romanzieri
vogliono scardinare i principi del romanzo tradizionale perché ci dicono che esso è
nato nell’Ottocento come immagine di un ordine sociale, dominato dalla borghesia,
ordine sociale che non ritroviamo più nella seconda metà del 900 e dunque il modo di
rappresentare il reale cambia.

08/05/20
15 Ionesco e il teatro dell’assurdo
Un argomento interessante è senza dubbio il concetto di assurdo e di assurdità della
vita. Su tale concetto aveva già riflettuto Jean Paul Sartre anche se non era al centro
della sua riflessione, e che diventerà il centro di gravitazione di Camus. Il concetto di
assurdo sarà affrontato anche in un saggio di Camus intitolato «Le mythe de
Sisyphe», che ci spiega in cosa consista l’assurdità dell’esistenza per lui, definendoci
anche quali sono le strategie per vivere, convivere o fuggire dall’assurdità
dell’esistenza. Questo concetto di assurdo è alla base di quello che viene chiamato
nuovo teatro o Teatro dell’assurdo. Le teorie del teatro dell’assurdo sono formulate
da Martin Esslin nel 1963 che con esse definisce le caratteristiche dello stesso,
sottolineando la rottura totale con i canoni del teatro tradizionale, tanto per il dramma
quanto per la commedia. Il teatro dell’assurdo è la manifestazione della
incomprensione dell’esistenza umana dovuta al trauma scatenato dalla Seconda
Guerra Mondiale. I personaggi del teatro dell’assurdo sono dei veri e propri fantocci
e tra loro non esiste alcuna capacità di comunicazione, quindi il linguaggio perde la
sua funzione primaria trasformandosi in uno strumento pressocché inutile. Le storie
narrate sono caratterizzate da un’estrema incoerenza, quindi vediamo tutta una serie
di eventi che apparentemente sembra non abbiano nulla in comune tra loro. La
finalità del teatro dell’assurdo è quella di portare sulla scena un’esistenza priva di
qualsiasi senso, e contemporaneamente mette in scena la derisione di quel mondo
all’interno del quale l’umanità si perde. Tra gli autori ricordiamo Samuel Beckett,
Ionesco ed Adamov. Un testo molto importante per l’approccio al teatro dell’assurdo
è il testo di Artaux «Il teatro e il suo doppio», pubblicato nel 1938. L’assurdità
dell’esistenza è certamente un tema legato all’esistenzialismo, infatti lo ritroviamo in
alcuni testi di Sartre come ad esempio in «Huit clos», opera che ci rappresenta una
nuova interpretazione dell’inferno e ci dà concretamente la dimostrazione
dell’assurdità dell’esistenza. Il saggio di Esslin del 1962 getta le basi di questo nuovo
teatro rifacendosi proprio al « Mythe de Sisyphe» di Albert Camus. Attraverso
l’analisi del testo di Camus, Esslin ci riporta gli elementi fondanti del Teatro
dell’assurdo che sono: il rifiuto del realismo, rifiuto dei personaggi, scardinamento
dell’intrigo, il luogo dove si svolge l’azione non è mai citato con precisione, volontà
di creare lo spettacolo totale. Questo spettacolo totale è creato da giochi di luci e
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suoni. In quanto al linguaggio, solo annullando la comunicazione si può esprimere
l’incoerenza stessa della vita. Martin Esslin dice che questo teatro dovrà fornire un
linguaggio nuovo, dei punti di vista nuovi e una filosofia nuova che si possa
trasformare in futuro in un nuovo modo di pensare.
Ionesco e la cantatrice chauve.
Ionesco nasce in Romania nel 1912 e nel 1913 si trasferisce a Parigi. Risentirà del
sentimento di angoscia causato dalla I Guerra Mondiale dalla quale nascerà il germe
dell’idea dell’assurdo. Dopo il secondo conflitto mondiale Ionesco debutta in teatro,
nel 1950 e poi nel 52 con «La Cantatrice Chauve», opera che lui stesso definisce
anti-pièce come se al suo interno ci fosse già dichiarata l’idea di creare qualcosa di
anti teatrale. Il suo teatro quindi si caratterizza per la messa in discussione della
drammaturgia tradizionale, l’emergenza del sentimento dell’assurdo e l’impossibilità
di comunicazione. Si rifiuta l’idea di un teatro che sia rappresentazione e riflesso
della realtà, si rifiuta qualsiasi forma di impegno politico, e non si vuole che lo
spettatore si identifichi con il personaggio. La Cantatrice Chauve è un anti-pièce dove
tutti gli elementi vengono stravolti. Per quanto riguarda l’ambientazione ci troviamo
all’interno di un appartamento borghese, sulla scena vediamo solamente delle sedie,
quindi siamo davanti ad una scena scarna. All’interno del testo teatrale troviamo delle
didascalie che però non aggiungono altro rispetto a ciò che si vede. In quanto
all’intrigo è ridotto all’essenziale, troviamo semplicemente due coppie di amici che
discutono all’interno dell’appartamento, di vari argomenti. L’incomunicabilità si
esprime attraverso; la proliferazione di luoghi comuni, frasi mal strutturate, presenza
delle onomatopee, tutto questo per sottolineare l’assenza del linguaggio stesso. Il
titolo perde il suo valore denotativo, in genere il titolo è fondamentale per
comprendere il contenuto dell’opera stessa, ma qui non è così perché il personaggio
evocato nel titolo non esiste. Notiamo una proliferazione della descrizione di
accessori. I movimenti dei personaggi sono stereotipati e in quanto al tempo
anch’esso perde la sua funzione. Ci si rende conto che l’unico orologio che vediamo
nelle prime battute sembra scoccare i rintocchi in maniera regolare ad un certo punto
ci si rende conto che comincia a scoccare rintocchi inesistenti. Questo ci dà l’idea
della soggettività del tempo. Troviamo la ripetizione di alcune frasi all’interno
dell’opera questo a sottolineare anche la noia. Si noti anche il valore simbolico dei
personaggi. Le due coppie di amici dell’opera sono intercambiabili tanto è vero che
ad un certo punto si scambieranno le battute, però simboleggiano la loro stessa
insignificanza.

11/05/20
Introduzione e riflessioni sulla Recherche du Temps Perdu
Prima di soffermarsi sull’analisi del secondo volume del primo tomo della Recherche
du Temps Perdu è necessario fare una serie di considerazioni in merito alla struttura
dell’intera opera, ma anche fare un riferimento al primo volume, «Combray». È
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fondamentale fare questo riferimento perché vi ritroviamo chiaramente il legame con
il resto dell’opera, ma anche tutta una serie di tematiche importanti. La prima cosa
sulla quale vale la pena focalizzare la nostra attenzione è senza dubbio l’incipit del
romanzo. Fin dalla prima frase vediamo comparire una prima persona singolare.
L’uso di questo «Je», è stato spesso interpretato dai critici come uso autobiografico
però lo stesso Proust smentirà il fatto che si tratti di un’autobiografia, anche per le
differenze riscontrabili tra l’autore ed il personaggio protagonista, Marcel, il cui
nome lo ritroviamo solo molto tempo dopo nel volume intitolato «La prigioniera».
Tuttavia l’io della narrazione e l’autore presentano anche dei punti non in comune, ad
esempio: il narratore è figlio unico mentre l’autore no; il narratore non è omosessuale
mente Proust si; la vocazione alla scrittura di cui ci parla il narratore all’interno della
Recherche arriva molto più tardi rispetto a quella dell’autore. Per negare che si tratti
di un’autobiografia, all’interno di un’intervista Proust stesso ci dice: “C’è un signore
che racconta e dice io”. Altro elemento importante che ci viene sottolineato anche dal
critico Tadié, è che questo Je, che rimane come sospeso in quanto non attribuibile né
al narratore né all’autore, fa parte di un progetto poetico ed estetico, per il quale
questo je diventa un io universale nel quale chiunque può ritrovarsi. Questa
riflessione confermerebbe quello che nell’ultimo volume della Recherche, intitolato
«Le temps rétrouvé», Proust ci dice “Ogni lettore quando legge è lettore di se
stesso”, questo perché il Je che vediamo qui è un je che ha già vissuto ciò che
racconta e lo rivive attraverso il ricordo. Troviamo quindi un Je del presente della
scrittura che legge il Je del passato nel momento in cui ha vissuto gli eventi, quindi
notiamo la sovrapposizione di due assi temporali, ovvero il presente della scrittura e
il passato del ricordo. Possiamo parlare quindi di focalizzazione interna in quanto i
fatti narrati ci vengono presentati attraverso lo sguardo del protagonista. Fanno
eccezione alcune scene che non ci vengono presentate attraverso gli occhi di Marcel o
addirittura di cui non sa assolutamente nulla, o comunque non ne è testimone diretto e
gli vengono raccontate da altri personaggi, come accade ad esempio in «Un amour
de Swann». Si ipotizza che la storia narrata in questo volume sia stata raccontata al
narratore dal nonno. La visione della realtà, restituitaci dallo sguardo di Marcel però
non è una visione oggettiva. Il protagonista si confronta con tutta una serie di segni
che deve interpretare e la cui lettura non è sempre immediata , e ciò fa sì che Marcel
si chieda quale possa essere il loro significato. La prima cosa che va detta in merito al
rapporto di Marcel con la realtà è che spesso l’apparenza in generale risulta non
coincidere con la realtà delle cose stesse, quindi la percezione del reale all’interno di
tutta l’opera si fonda sull’opposizione tra apparenza e realtà. Il protagonista attua un
percorso dall’illusione alla realtà vera e propria, anche il lettore quindi vedendo tutto
attraverso gli occhi di Marcel molto spesso non conosce la verità. Molti personaggi
all’inizio ci vengono presentati in maniera particolare, ma man mano che la
narrazione della storia va avanti non si rivela mai essere quello che realmente è stato
rappresentato all’inizio. Ad esempio Swann sembra un personaggio legato alla
borghesia, persona molto vicina alla famiglia di Marcel, ma poi si rivelerà essere
amico del principe di Galle, aspetto che non compare fin dall’inizio tanto è vero che i
genitori di Marcel pensano ci sia un’omonimia. Per quanto concerne il tempo della
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narrazione, è necessario riflettere sulla presenza di questo doppio “JE” che si
configura con la sovrapposizione di presente e passato. Possiamo quindi definire la
Recherche come una lunghissima analessi, ovvero evocazione di qualcosa già
accaduta. I due tempi della narrazione non coincideranno durante tutta l’opera fino
all’ultimo volume dove invece coincidono ed il protagonista ci dice che quello che
abbiamo letto è il romanzo che lui stesso voleva scrivere e alla fine ha scritto. Ci
troviamo davanti ad un sistema enunciativo che permette al narratore di esprimere
opinioni e mettere in luce aspetti che l’eroe non avrebbe mai notato al momento dei
fatti. Essendo la Recherche una lunga analessi, lo scrittore può offrirci una sorta di
meta- discorso sugli eventi narrati, inoltre il suo sguardo retrospettivo permette anche
di dare un senso agli eventi attraverso la tecnica narrativa della prolessi che permette
di anticipare qualcosa che da un punto di vista cronologico avverrà successivamente.
Non possiamo parlare di narratore onniscente. Il punto di vista di Marcel non è
l’unico che riscontriamo all’interno dell’opera, infatti vediamo anche il punto di vista
di altri personaggi, ed effettivamente alcuni eventi ci vengono restituiti dalle loro
parole. Con la visione della realtà da parte dei vari personaggi e quindi con la
parcellizzazione di un evento, Proust ci vuole restituire l’impossibilità di una
conoscenza assoluta delle realtà. I punti di vista che ritroviamo però non si trovano
mai ad essere d’accordo nella rappresentazione dell’evento o del luogo. Il narratore si
ritrova ad avere il compito di armonizzare i punti di vista dei vari personaggi e ci
riesce in maniera eccellente. Il “Je” che apre la narrazione è un soggetto totalmente
sconosciuto al lettore, in quanto non ne troviamo una descrizione fisica, psicologica.
Si tratta quindi di un io che si scrive in un presente sospeso che risulta essere quasi
atemporale, e quindi sembra anche negare il personaggio tradizionale romanzesco che
ricordiamo essere definito da un nome, da un ruolo sociale, da una fisicità, tutto ciò
non è presente, tranne nel caso del protagonista dell’opera che rivela che la sua
famiglia fa parte della borghesia. Questa è una scelta estetica innovativa di Proust per
negare il concetto di personaggio come era stato concepito nell’Ottocento.
Il primo incontro con i personaggi è molto importante e viene costruito nei minimi
dettagli e presenta delle caratteristiche precise, infatti il personaggio non ci viene
descritto dal narratore onniscente, come invece avviene con Balzac, ma ci viene
restituito attraverso il filtro del narratore, e quindi attraverso le suggestioni che
quest’ultimo prova. Prendiamo come esempio il primo incontro di Marcel con la
duchessa di Guermant esponente di una famiglia aristocratica, avviene quando il
narratore è ancora un bambino e ci descrive la Duchessa con queste parole «Una
signora bionda con un grande naso». Proprio questo modello di incontro si ripropone
in tutta l’opera. La tecnica del primo incontro è fondamentale nella Recherche e
consiste nel descrivere lo sconvolgimento causato nel protagonista al momento
dell’incontro, che viene utilizzato per descrivere il personaggio, la cui identità viene
scoperta solo alla fine. Il primo incontro viene preparato da Proust in vari modi: può
essere preceduto da una fantasticheria su quella persona, o con la costruzione
immaginaria del personaggio, così il narratore si fa un’idea di quel determinato

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personaggio prima ancora di vederlo. Questa identità fittizia che si crea il narratore
del personaggio però si viene a scontrare con l’identità reale dello stesso.
Per quanto riguarda il titolo, Proust non scelse per l’opera immediatamente quello
con cui ci è pervenuta, perché la gestazione dell’opera fu molto complessa. Il nucleo
originale pensato dall’autore prolifera con l’andare del tempo. Proust ha esitato molto
prima di scegliere il titolo e i vari sottotitoli dell’opera. Inizialmente pensava ad un
opera divisa in due parti, una parte intitolata «Du côté de chez Swann», titolo che
comunque persisterà anche dopo, anche se in veste di sottotitolo, e l’altra intitolata
«Le côté de Güérmant». Questa divisione in due grandi volumi aveva un significato
particolare, in quanto rappresentavano topograficamente le due uscite presenti nella
casa di Marcel, l’una che portava verso la casa di Swann, l’altra che portava verso la
casa dei Güérmant. La parte che conduceva alla casa di Swann era uno dei paesaggi
più belli della pianura, mentre la strada che conduce verso la casa Güérmant
conduceva sulla costa, queste due uscite rappresentano due mondi sociali differenti,
da un lato quello di Swann che è immagine del mondo della ricca borghesia, e
dall’altro quello dell’aristocrazia rappresentata dai Güérmant, quindi questi titoli
sottolineavano l’aspetto sociale del romanzo. In un secondo momento di questa lunga
riflessione sul titolo, l’autore decide di porre l’accento più sui processi della memoria
che sull’aspetto sociale, e quindi pensa ad un certo punto di intitolare l’opera «Le
intermittenze del passato», titolo complessivo che doveva comprendere due parti,
«Le temps perdu» e «Le temps rétrouvé». Quest’ultimo titolo nell’edizione finale
sarà il titolo del romanzo che chiude l’opera. Quest’ultimo volume è fondamentale
perché permette la contemporaneità tra il tempo della scrittura e quello della
narrazione. In questo volume il narratore ci dice che tutta la sua vita è stata una
vocazione alla letteratura, che si concretizza con la scrittura del libro che il lettore si
appresta a finire di leggere. Bisogna soffermarsi su cosa è la vocazione letteraria in
Proust, si tratta di una voce interiore che è l’intuizione di un mondo speciale
all’interno del quale gli altri non possono accedere. Altra cosa importante da
sottolineare è quella della differenza tra memoria volontaria e la memoria
involontaria. Il fenomeno della memoria involontaria è legato all’illusione, Proust
infatti comincia la narrazione nel primo volume raccontando del risveglio del
protagonista bambino a cui farà seguire tutta una serie di camere e di luoghi in cui il
protagonista passa, che saranno poi ripresi all’interno dell’opera. I volumi sono tutti
interconnessi tra loro perché Proust non li scrive cronologicamente in quanto sposta
le varie sezioni che scrive all’interno di tutta l’opera. L’incipit della Recherche lo
ritroviamo già all’interno della sua opera «Contre Sainte Beuve». Nell’incipit ancora
non vediamo in atto il meccanismo della memoria involontaria, ma comunque
vediamo la descrizione di questo risveglio attraverso l’immaginazione. Compaiono i
nomi di due luoghi significativi che sono Combray, città da cui prende il nome il
volume, e la città di Tansonville, che evocano rispettivamente i ricordi narrati nel
primo e nell’ultimo volume. Ritornando alle camere, rivestono una funzione
fondamentale perché ricordiamo che l’autore soffre di asma e passa la maggior parte
del suo tempo chiuso nella sua stanza, che ha fatto insonorizzare, ed esce solo la sera

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per recarsi nei Salons. Per l’autore alcune camere vengono considerate insignificanti
dagli esseri ordinari, mentre hanno un ruolo fondamentale nella sua vita. È proprio
nella sua camera da letto che Proust attua il primo procedimento inerente alla
memoria che può essere evocata anche da suggestioni esterne. Queste suggestioni
sono chiamate da Proust “impressioni fuggitive e fortuite” perché durano veramente
poco e vengono subito modificate dalla memoria volontaria. Per l’autore l’unico
modo di recuperare un passato “morto” è attraverso il ricordo. La rievocazione di
questo passato anacronistico resta impressa nel profondo del nostro essere viene
chiamata da Proust, tempo puro. La memoria volontaria invece si può considerare
come la memoria della personalità sociale. Solo la memoria involontaria è da
considerarsi come creatrice in quanto è legata alla sensibilità dell’individuo, mentre
quella volontaria è legata all’intelligenza. L’intento di Proust è quello di arrivare alla
verità. Negli ultimi volumi si nota la paura della morte provata dall’autore che viene
preso dalla frenesia di concludere l’opera prima che questa sopraggiunga. Il volume «
Un amour de Swann» si può considerare come un romanzo nel romanzo e al suo
interno vengono affrontati anche temi che nel primo volume non erano stati
analizzati, come il rapporto amoroso tra Swann e Odette. Nel 1909 Proust comincia a
scrivere freneticamente all’interno della sua stanza e ciò gli permette di sviluppare
una sensibilità acutissima, infatti in questa sua scrittura é come se volesse mangiare il
tempo. Quello che Proust cerca con la stesura della Recherche è una sorta di rivincita,
ricordiamo che quando scrisse il primo volume non gli venne dato credito, ad
esempio André Gide, altro scrittore e critico letterario dell’epoca, confessa di aver
letto solo poche pagine del primo volume della Recherche e quindi di aver giudicato
frettolosamente l’opera. Nella ricerca frenetica di recuperare il tempo perduto si
afferma la religiosità dell’arte che sembra compensare l’assenza di Dio, nell’opera
completamente assente. L’arte invece, sostituendo la figura di Dio è in grado di
risolvere le contraddizioni della vita. Proust afferma che l’unica vita veramente
vissuta è la letteratura. Il primo volume rappresenta un preludio a tutto quello che
verrà narrato dopo, anche dal punto di vista delle tematiche. Un altro personaggio
interessante è quello di Charlus che è simbolo dell’omosessualità e del dilettantismo,
perché attraverso queste esperienze vuole distogliere Marcel, il protagonista, dalla
strada che vuole percorrere. Alcune tematiche che ritroviamo nel primo volume
vengono riprese successivamente come la dialettica tra abitudine e ignoto. Nell’opera
l’ignoto ha un suo fascino ed è rappresentato ad esempio dai nomi dei paesi che
Marcel vorrebbe visitare ai quali nel terzo volume attribuisce delle caratteristiche a
partire da essi. Il lato negativo dell’ignoto lo troviamo ad esempio nell’amore tra
Swann e Odette. Swann scoprirà tutta una serie di verità su questa donna in maniera
dolorosa e ciò gli causerà grande gelosia e si scontra con il fatto che sia impossibile
conoscere fino in fondo la persona amata. Il tema fondamentale è il tempo, Troviamo
evocazioni di più tempi e più luoghi che si mescolano in una sorta di caos originario,
in realtà questa mescolanza sembra fare riferimento a Wagner e al modo in cui
sovrappone accordi e soluzioni melodiche, in particolar modo nel Ciclo L’oro del
Reno. La sovrapposizione di tempi la ritroviamo fin dall’inizio nella Recherche

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perché vediamo nelle prime pagine Marcel bambino e a un certo punto troviamo
Marcel adulto che inzuppa la madelaine nel tè.

14/05/20 16/05/20
Analisi del volume «Un amour de Swann»
Questo volume della Recherche si distanzia un po’ dal resto. La storia di Swann viene
già anticipata alla fine del volume Combray.
All’interno di questo romanzo riscontriamo la narrazione in terza persona in quanto la
storia presentata viene raccontata al narratore da una terza persona, nel caso specifico
il nonno, che gli racconta di questa relazione tra Swann e Odette che era avvenuta
prima della sua nascita. La terza persona della narrazione è riferita essenzialmente a
Swann, non mancano però alcuni interventi in prima persona che vengono usati per
creare una specie di confronto tra il narratore Marcel e Swann. In questi interventi in
prima persona il protagonista sottolinea le differenze tra lui e Swann. Il rapporto
amoroso tra Swann e Odette sarà preso come modello e declinato negli altri volumi
successivi della Recherche, nell’analisi dei rapporti amorosi tra Marcel ed altre donne
Albertine e Gilberte. Swann è un personaggio caratterizzato da un’estrema gelosia
che non gli dà nessuna tregua. In questa gelosia si ritrova anche il protagonista perché
ad un certo punto del romanzo spiega questa gelosia avvicinandola a quella che da
bambino provava quando la madre non gli dava il bacio della buonanotte. Possiamo
parlare quindi di un legame di similitudine tra Marcel e Swann che si manterrà per
tutta la Recherche, perché Marcel all’interno dei suoi rapporti amorosi rifarà
esattamente gli stessi errori che Swann aveva fatto nel rapporto con Odette. Questa
relazione tra Swann e Odette è da considerarsi come una riflessione su una tipologia
di amore particolare che si lega a un testo sull’amore scritto da Stendhal, Marcel
quindi farà gli stessi errori di Swann soprattutto nella sua relazione con Albertine che
considera come sua proprietà e tenta di imprigionarla nel suo amore, questo spiega
perché uno dei volumi dell’opera si intitola «La prisonnière». All’interno della
Recherche si fa chiaro riferimento ad un testo sull’amore scritto da Stendhal intitolato
«De l’amour», dove l’autore passa in disamina le fasi dell’amore, partendo dal
processo di innamoramento fino al disinnamoramento. Proust fa riferimento a questo
saggio per cercare di spiegarci le fasi dell’amore tra Swann e Odette però si possono
riscontrare delle differenze, perché all’interno di «De l’amour» Stendhal ci dice che
il rapporto amoroso ha tre caratteristiche: la prima è che molto spesso l’amore non è
corrisposto, questa caratteristica è funzionale alla nascita dell’amore. Secondo Proust
non sono le qualità della persona amata che spiegano l’amore, ma i sentimenti di
colui che ama e che idealizza eccessivamente la persona amata, questo è esattamente
quello che succede a Swann con Odette. In realtà nel primo incontro tra Swann e
Odette, ella ci viene descritta come una donna non tanto bella, quindi le
caratteristiche messe in evidenza sono assolutamente normali, anche con delle
imperfezioni fisiche, e che quindi non lasciano presagire al lettore che Swann si

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innamorerà perdutamente di lei. All’interno del romanzo i due salotti nei quali si
svolgono le azioni principali sono: il salotto dei Verdurin, famiglia che simboleggia
la borghesia, e il Salon de Guermant famiglia, che ricordiamo è emblema
dell’aristocrazia che ritroviamo alla fine del romanzo. Queste due realtà sociali e la
loro posizione all’interno dell’economia narrativa, testimonia come queste due realtà
non possano in alcun modo incontrarsi. La prima notazione che ci viene data di
Odette è che non era certo priva di bellezza, ma che si trattava di una bellezza che
lasciava indifferente Swann, e addirittura rappresentava l’opposto dell’ideale di
bellezza ricercato dal protagonista. Nella descrizione si sottolinea il fatto che i suoi
occhi siano eccessivamente pesanti tanto da farla sembrare sempre di cattivo umore.
Altra caratteristica importante è quella della dicotomia amato-amante, quindi
vediamo un personaggio che è in preda a questa passione amorosa che non é
corrisposta. Per Proust l’amore deve essere sempre non corrisposto e il rapporto deve
essere unilaterale, nel caso in cui l’amore venga corrisposto, lo stesso si
disintegrerebbe. Altro elemento da tenere in conto è il fatto che l’amore sia da
considerarsi come un fenomeno improvviso, questo tipo di interpretazione ci viene
presentata solo da Proust, perché esso è una sorta di processo fisico chimico che
l’autore chiama cristallizzazione. Questo termine fa riferimento alla cristallizzazione
di un liquido , ovvero quando lo stesso sotto pressione di un gas o di una temperatura
molto bassa alla fine si cristallizza. L’amore di Swann per Odette si cristallizza in un
momento particolare, cioè nel momento in cui la guarda associandola a un dipinto,
quindi intravedendo in lei delle similitudini con il quadro della Zefora di Botticelli.
Vediamo che Swann comunque resta deluso perché capisce che l’idea della donna
ideale non sia accessibile, però nel momento in cui Odette assume una postura
diversa, guardando l’incisione che gli aveva donato, avviene la cristallizzazione.
Riflettendo su questa associazione cerca di spiegarne la ragione e cambia la
descrizione della donna. L’accostamento dell’immagine della Zéphora a Odette
permette a Swann di riportare la donna ad un mondo che Proust definisce «de rêve».
L’arte ha una funzione fondamentale per Swann, non è vista solo come filtro,
strumento per leggere il reale, ma permette anche di modificare l’identità stessa nel
caso specifico di Odette. Ella è un personaggio, come tutti i personaggi proustiani, in
continua evoluzione. Swann dunque inizia a considerare Odette al pari di un’opera
artistica, per cui anche il possesso fisico o il bacio della donna, vengono interpretati
non nella mediocrità che avrebbero rappresentato se il dipinto di Botticelli non fosse
arrivato in soccorso, ma si trasformano in una sorta di adorazione estetica. Possiamo
quindi assimilare in questa parte il rapporto amoroso al rapporto che l’esteta ha con
l’opera d’arte, anche se a questo si aggiungono l’egoismo e la sete di possesso. Tali
elementi porteranno allo sviluppo di una ulteriore fase nella relazione amorosa,
nell’interpretazione dell’amore in Proust. In questa parte della Recherche il lettore si
ritrova ad avere una visione limitata rispetto a ciò che accade, perché vede tutto
attraverso lo sguardo di Swann. Dopo il processo di cristallizzazione vediamo una
fase brevissima di felicità che porta in sé grandissima incertezza. Lunghissimo e
doloroso sarà invece il processo di disillusione e di decristallizzazione, che è

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anticipato da una gelosia eccessiva mostrata da Swann per Odette. Si pensi che
Swann ad un certo punto non incontrandola più nel salotto dei Verdurin va a cercarla
a casa e vede che lei non é sola ed impazzisce di gelosia. Successivamente si scoprirà
che Swann si era sbagliato perché non aveva guardato la finestra di Odette, bensì
quella accanto. Qui inizia il processo di decristallizzazione, in quanto Swann “toglie
la pellicola che aveva messo intorno alla donna” e si rende finalmente conto della
reale bellezza di Odette. Dopo il disinnamoramento si rende conto della reale fisicità
di Odette, e qui il lettore si aspetterebbe che alla fine Swann non la sposi, mentre
invece li ritroveremo sposati all’inizio del volume successivo. Swann e Odette sono i
genitori di Gilberte che sarà uno degli amori di Marcel, il narratore. Nella parte
conclusiva del romanzo troviamo il riferimento ad un sogno che Swann fa. A partire
da questo sogno sostiene che la visione della persona amata che si costruisce ai primi
incontri è da considerarsi come presaggio perché risulta essere quella reale. Il sogno
qui ci riporta a quella sensazione di nausea iniziale che Swann aveva provato al
primissimo incontro con Odette. Bisogna soffermarsi per fare una riflessione sulla
descrizione dei personaggi proustiani, che vengono presentati sempre attraverso una
tecnica particolare in quanto l’immagine di un personaggio è rivisitata nel presente.
Questo ci permette di riflettere anche sull’importante concetto della relatività degli
stessi personaggi. Essi infatti non ci vengono descritti in maniera assoluta e ben
definita fin dall’inizio. Questa relatività deriva anche dalla dimensione temporale del
personaggio stesso, cioè attraverso quella che l’autore definisce psicologia dello
spazio, dunque i personaggi sono associati a luoghi e momenti diversi. Proust
riprende lo schema già in precedenza usato da Balzac , del ritorno dei personaggi
all’interno dei vari romanzi, ma i suoi personaggi sono profondamente diversi da
quelli balzacchiani o flaubertiani. Altra dimensione da analizzare è quella del tempo,
notiamo infatti che è impossibile stabilire il tempo della relazione di Swann e Odette.
Gli indizi temporali che si possono rintracciare sono veramente pochi e vaghi e
servono solo per farci capire che la narrazione avanza. Troviamo il riferimento alle
stagioni attraverso la descrizione del paesaggio. Tutto questo risponde all’esigenza di
Proust di dare un’altra percezione del tempo, cioè un tempo metafisico e soggettivo,
perché è quello che effettivamente ci dice qualcosa sulla durata della vita. All’interno
di «Un amour de Swann» troviamo una rappresentazione impressionistica del
tempo. Dobbiamo notare alcune cose importanti all’interno dell’incipit. Troviamo un
riferimento a Wagner, musicista del quale ritroviamo alcuni elementi della musicalità
all’interno della poetica di Proust. Vediamo anche il riferimento ad un personaggio
che è quello del dottor Cottard del quale l’autore ci descrive tutta la mediocrità.
All’interno di questo romanzo tutti i riferimenti all’arte pittorica e alla musica
rivestono una funzione fondamentale. Molti critici infatti asseriscono che senza le
due arti, pittura e musica Swann e Odette non esisterebbero, Swann in particolare
perché senza questo rapporto fortissimo che ha con queste arti perderebbe in qualche
modo la sua essenza. Numerosi sono i riferimenti tanto alla pittura italiana quanto a
quella olandese rintracciabili all’interno del volume. Tutti gli artisti ivi citati vengono
nominati perché presentano anche solo una minima relazione sia essa teorica o

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astratta con i personaggi. Swann dunque elencherà tutta una serie di artisti perché
intrattengono con il personaggio una particolare relazione. In particolare sono tre i
pittori citati: Botticelli, Vermeer su quale Swann sta scrivendo un saggio, e
Mantegna. Va sottolineata la mania di Swann di ricercare nei personaggi dei dipinti
personaggi che solitamente frequenta nella vita reale. In un primo tempo tutto quello
che Swann ci dice su questi dipinti non fa di lui un critico d’arte, mentre
l’atteggiamento di esteta lo ritroviamo nella seconda parte, soprattutto quando ci
descrive i lineamenti di Odette. Dunque nella prima parte Swann riflette sul fatto che
molti personaggi rappresentati nei dipinti trovano la loro fonte nel mondo reale.
Ritornando a Vermeer abbiamo visto che Swann sta scrivendo un saggio su di lui,
saggio che non è facile scrivere e che quindi abbandona più volte. Nella prima fase in
cui si cita Vermeer notiamo che Swann attua una riflessione con se stesso proprio
sull’insistenza con cui Odette aveva cercato di avere informazioni su questo pittore
sul quale lui lavorava. Più avanti ritroviamo un altro riferimento a Vermeer ed in
particolare ad un dipinto, che per Swann è il più bello che vi possa essere. La
caratteristica di questo come degli altri artisti è quella, sì di essere citati ma di non
esistere realmente all’interno del romanzo. Qui dunque gli artisti vengono associati al
processo di creazione. Il quadro di Vermeer che viene citato è «La toilette de Diane».
Ricordiamo che tutti i quadri citati da Proust nella Recherche sono dipinti che,
l’autore a causa delle sue condizioni di salute, non ha mai visto dal vivo e che quindi
conosce attraverso i suoi studi. Ma il quadro per eccellenza di Vermeer secondo
Proust, che viene ivi citato è «La veduta di Deft», che colpisce profondamente Proust
e di conseguenza anche Swann. Rintracciamo anche il riferimento al Mantegna i cui
dipinti vengono accostati alla presentazione di alcuni protagonisti. Il riferimento al
Mantegna dà l’occasione a Swann per parlare della pittura durante il Rinascimento.
In particolare si ricorre all’accostamento con Mantegna per descrivere alcuni valletti.
Per ciò che concerne la sonata di Vinteuil essa non viene mai ascoltata nella sua
interezza. Si può dire che questa sonata costituisca l’ossatura del romanzo, proprio
perché il personaggio di Vinteuil e la sua sonata rappresentano un po’ la ricostruzione
immaginaria di una musica che sembra recuperare alcuni elementi da Wagner, e altri
da altri artisti, può quindi considerarsi come una sorta di collage di musiche diverse.
Troviamo il riferimento alla «petite phrase» non solo in questo romanzo, ma anche in
un’opera particolare di Proust «Jean Santeuil». Il riferimento alla stessa in «un
amour de Swann» ha dunque una maggiore importanza perché essa viene associata
alla creazione letteraria. La riflessione che si può fare dunque sulla sonata è quasi di
carattere filologico, si tratta di una sonata per violoncello e piano, non si riscontra
nessuna informazione in merito a chi sia il compositore, non abbiamo nessuna
informazione su Vinteuil , non riusciamo concretamente nemmeno ad immaginarlo,
proprio perché tutto quello che riguarda lui e la sua sonata lo percepiamo attraverso
Swann. L’unica informazione sulla sonata la ritroviamo quando viene chiesto a
Swann di mettersi al piano nel salotto dei Verdurin, e ci viene semplicemente detto
che si tratta di una sonata in fa diesis. Più avanti nella narrazione viene sottolineato
l’aspetto fuggitivo e quasi evanescente della musica, dove le note sembrano
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rincorrersi e quella sensazione legata ad una frase che poi svanisce soppiantata da
un’altra emozione legata ad un’altra frase che rende questa musica
multidimensionale. Attraverso la descrizione restituisce quasi visivamente il
movimento delle note, alludendo agli arabesques. Questa frase musicale rimane in
qualche modo nella memoria di Swann che in un primo momento però non riesce a
ricostruirla, successivamente riesce però a ricostruire graficamente il disegno di
questa musica recuperando questa petite phrase attraverso la memoria involontaria,
per poi “perderla” di nuovo. Troviamo anche l’associazione tra la musica e l’amore di
Swann per Odette. Il fatto di riascoltare questa frase musicale permette al
protagonista di scegliere quasi un obbiettivo altro nella sua vita. Più in là all’interno
della narrazione Swann chiederà informazioni sul musicista e nessuno gliene saprà
dare. All’interno della riflessione sull’identità di Vinteuil troviamo anche il
riferimento ad un altro personaggio M. Biche pittore che poi si scoprirà essere
l’amante di Odette. Vediamo anche una critica avanzata da M. e Mme Cottard nei
confronti tanto di Vinteuil quanto di M. Biche che si basa sul confronto tra arte e
rappresentazione realistica ed impressionistica. Tutte le descrizioni che ritroviamo nel
romanzo non si possono considerare realiste, bensì impressionistiche e cubiste in
quanto ci vengono restituite filtrate dallo sguardo di Swann. Possiamo legare la
rappresentazione del reale che ci viene restituita al cubismo perché ritroviamo l’idea
del simultaneismo che antecedentemente era stata introdotta da Apollinaire nella
poesia, l’idea della rappresentazione simultanea di vari aspetti del reale la ritroviamo
anche in Proust. Ad esempio quando ci viene descritta Odette non ci viene descritta
integralmente ma ci vengono descritte solo alcune parti del suo corpo. Ritornando
all’accostamento tra la frase musicale sfuggente che alla fine Swann non riesce più a
recuperare, dobbiamo dire che nel momento in cui egli riascolta la petite phrase gli
ritorna in mente l’amore per Odette. Qui troviamo un riferimento chiaro al rapporto
tra memoria volontaria e involontaria perché troviamo il riferimento alla sonata
quindi alle impressioni astratte, ma anche alla memoria volontaria che seleziona ciò
che va ricordato della relazione con Odette. Le riflessioni sulla genesi della petite
phrase accompagnano tutta la narrazione, le stesse non fanno altro che ricordare la
creazione romanzesca.

18/05/20

Albert Camus e «L’étranger»

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Camus nasce nel 1913 in Algeria, ciò avrà un’influenza anche rispetto alla posizione
dell’autore riguardo al colonialismo francese e alla guerra in Algeria. Il 1933
rappresenta un anno importante ed è l’inizio degli anni più bui per l’Europa in quanto
sale al potere Hitler e Camuse milita già in quel periodo all’interno del movimento
antifascista e successivamente si unirà al movimento comunista. Egli comincerà a
lavorare al manoscritto dell’étranger nel 1938 e lo terminerà nel 1940 e lo pubblica
nel 1942. Il periodo della gestazione del libro quindi è un periodo abbastanza
complesso. La gran parte delle opere letterarie, scritte tra il 1933 e il 38, si può
considerare premonitrice di ciò che sarebbe accaduto di li a poco. Negli anni Trenta si
assiste a un periodo di grande crisi dei valori, Berçon infatti parla di crisi di civiltà e
si sente nell’aria l’arrivo di una seconda guerra e si assiste anche ad una certa
instabilità e alla ricerca di nuove forme poetiche.
Camus viaggia negli Stati Uniti e nel 1946 comincia a scrivere « La Peste», che
termina nel 1947. In questo romanzo troviamo una testimonianza del dopoguerra. Nel
1948 si allontana da una rivista con la quale aveva sempre lavorato che si chiama
Combat, si trattava di un giornale della resistenza che combatteva le idee del
Governo collaborazionista di Vichy. Tutti i presidenti che vi furono dopo la Seconda
guerra Mondiale fino a Jaques Chirac, Chateaicercarono di dimenticare “gli anni Neri
della Francia” e di allontanare il ricordo del collaborazionismo, quindi non
riconoscevano la partecipazione della Francia alla macchina nazista. Il ruolo
collaborazionista della Francia venne riconosciuta solo negli anni 90. Camus aveva
cominciato a collaborare con il giornale combat nel 43 e lo abbandona nel 48. Scrive
anche del teatro, infatti nel 1951 scrive «L’homme révolté», opera molto importante
la cui pubblicazione scatena una serie di polemiche, perché viene conclusa durante la
Guerra di Corea, conflitto che per la sua imponenza faceva presagire un terzo
conflitto mondiale. Quest’opera teatrale viene interpretato soprattutto da parte della
Sinistra francese come un invito alla diserzione, perché all’interno dell’opera Camus
ci dice che alla rivoluzione di massa preferisce la rivolta individuale. Questo
messaggio non venne ben recepito dalla Sinistra francese che lo considerò quasi un
traditore. Nel 1954 scoppia la guerra in Algeria, e la posizione dell’autore che non ne
vedrà la conclusione, è una posizione molto significativa. Entra a far parte di una
rivista «L’express» nel 1955, si tratta di una rivista che assume una certa posizione
nei confronti della guerra d’Algeria, in quanto tende ad una soluzione negoziata per
risolvere la guerra. Vi erano due schieramenti, una parte voleva la Francia fuori dal
Paese, l’altra voleva che la Francia continuasse ad esercitare il suo dominio coloniale.
Ora la posizione della rivista e di Camus si trovava a metà strada, cioè si rifiutava sì
l’espulsione completa della Francia dal territorio ma allo stesso tempo non si voleva
che continuasse il suo dominio coloniale. La soluzione è abbastanza complessa e
quindi Camus decide di allontanarsi dalla rivista e chiudersi in un lungo silenzio.
L’amarezza per una soluzione difficile da trovare si può vedere nel suo romanzo «La
Chute», si tratta di un lungo monologo pubblicato nel 1956, monologo immaginario
in cui si nota l’accusa all’uomo nella sua universalità. Nel 1957 riceve il Premio
Nobel per la letteratura e muore nel 1960 in una situazione ambigua, perché da una

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parte sembra che si sia suicidato dall’altra le indagini non confermano che sia un
suicidio.
Ritornando al romanzo «L’étranger» la prima edizione risale al 1942, in questo
periodo ricordiamo che in Francia siamo in pieno regime di Vichy quindi tutte le
opere letterarie passano al vaglio della censura. Il governo di Vichy considera questo
romanzo immorale. Un giudizio importante gli arriva invece da Sartre che lo difende.
All’interno dei manoscritti dopo aver riflettuto sul titolo Camus fa una sinossi dello
stesso romanzo, questa è molto importante perché ci spiega cosa vuole fare
all’interno del suo romanzo, il titolo ci riassume la storia di un uomo che cerca la vita
nelle cose ordinarie e che si rende conto improvvisamente, leggendo un catalogo di
moda, che é stato straniero alla sua stessa vita. La parola étranger non è un termine
che Camus sceglie immediatamente come titolo, questo compare intorno al 1937. Il
primo titolo a cui aveva pensato l’autore era «La Mort hereuse». Il protagonista si
chiama Mersaulr. Il romanzo si apre proprio con la morte della madre del
protagonista. Inizialmente il nome del personaggio principale doveva essere Mersault
facendo riferimento ai due elementi fondamentali del racconto che sono il mare e il
sole, successivamente nella trasformazione del nome si trova un chiaro riferimento
alla morte e al sole, facendo riferimento a questo sole accecante che determinerà poi
l’omicidio commesso da Meursault, che sta alla base del romanzo, uccide sulla
spiaggia un uomo per difendersi perché pensava che l’uomo fosse armato, in realtà
però non è così. Un'altra riflessione che si può fare sul nome del protagonista è che si
è avvicinato troppo alla vita nella sua essenza e di conseguenza morirà per essersi
avvicinato troppo al sole della vita.
All’interno della composizione dell’opera ritroviamo tre personaggi, due uomini di
cui uno sembra essere lo stesso Camus, e una donna, Marie di cui il protagonista si
innamora. Camus però non si identifica totalmente con il protagonista, perché i
pensieri dell’autore gravitano all’interno di tutta l’opera. Nel romanzo non viene mai
citato «l’homme absurd», ma il legame tra l’assurdità dell’esistenza ed il termine
étranger è molto chiaro. Per homme absurd si intente un uomo che è quasi
testimonianza dell’assurdità del mondo e che si rende conto di non avere risposte alle
inquietudini più profonde, e accetta il fatto di non avere le risposte. L’azione si
svolge tutta ad Algeri, anche se non abbiamo indicazioni geografiche precise,
troviamo dei riferimenti al caldo, al sole, al mare, alla fermata d’autobus. Tutto fa
pensare che si tratti del quartiere di Belcours che è il quartiere dove visse l’autore
stesso a partire dal 1914. Della spiaggia sulla quale si consuma il dramma ad esempio
si sa solo che è situata vicino ad una fermata dell’autobus. Nella seconda parte
ritroviamo invece il processo fatto al protagonista che viene condannato. La
sensazione dominante è sicuramente l’indifferenza mostrata dal protagonista per tutto
ciò che si situa fuori dal suo universo personale.
Il tempo del romanzo è abbastanza lineare, in quanto non troviamo alcun tipo di
ritorno indietro nel tempo della narrazione. Ogni capitolo apparentemente sembra

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farci avanzare all’interno della storia. I primi due capitoli della seconda parte sembra
che presentino degli eventi accaduti contemporaneamente.
Dal punto di vista del rapporto protagonista-narratore e scrittura, il romanzo sembra
porre dei problemi, perché non si capisce se si tratta di un diario compilato dal
protagonista stesso, o se è un racconto di qualcosa già accaduta. Nell’analizzare la
parte dell’uccisione dell’arabo notiamo che Meursault, accecato tanto dal sole quanto
dal sudore rovesciando la simbologia del mare, che nella letteratura è stato sempre
simbolo di vita, qui invece sia simbolo non solo della fine dell’arabo, ma anche della
sfortuna e della fine dello stesso Mersault. La frase che chiude la prima sembra quasi
che voglia dirci che il protagonista sappia che questo omicidio che ha commesso lo
porterà alla sua disgrazia. I critici ci dicono che fino a quest’ultimo paragrafo si possa
parlare al livello formale di diario, ma questa minima anticipazione di ciò che accadrà
alla fine, ci porta invece a pensare che il tempo del racconto coincida proprio con il
processo, quindi con il momento in cui il protagonista è in cella e scrive quello che
ha vissuto fino a quel momento. Nel primo capitolo della seconda parte troviamo il
racconto dei vari interrogatori ai quali è sottoposto il protagonista. Possiamo notare
che la narrazione viene fatta in chiave ironica, dove l’ironia sottolinea ancor di più
l’assurdità della posizione del protagonista nei confronti della giustizia. In questo
capitolo Meursault racconta spontaneamente ciò che è accaduto mentre nel capitolo
successivo lo racconta quasi con ripugnanza. Ritornando alla prima parte ogni
capitolo sembra essere un insieme dei fatti accaduti nella giornata.
Prendiamo in considerazione i primi capitoli, e vediamo proprio raccontato ciò che
succede al protagonista all’interno di una giornata. In questi capitoli ci ritroviamo
davanti ad un ritmo di narrazione molto lento. Nel primo capitolo vediamo, dopo la
descrizione del luogo dove viveva la madre e il colloquio con il direttore dell’ospizio
la reazione del protagonista alla morte della madre, che risulta essere di grande
insofferenza, reazione provocata dal caldo, dal sudore, dal cielo, ci viene dunque
sottolineato anche come sia faticoso sopportare gli elementi naturali circostanti. Nella
descrizione del corteo funebre verso il cimitero notiamo, la descrizione della
monotonia dei colori, il riferimento all’asfalto incandescente, al caldo, elementi che
rendono l’idea della lentezza della processione.
All’interno del capitolo quarto invece sembra venga narrata una settimana intera.
Le espressioni che ci permettono di avvalorare la tesi di un diario scritto dal
protagonista narrando ciò che gli capita giorno per giorno o durante una settimana
sono ; ce matin, le soir e altri
Nella seconda parte del romanzo vengono narrati gli undici mesi di istruttoria, ma
non abbiamo dati per comprendere se tutto ciò che viene narrato, Meursault lo
racconta man mano che il processo va avanti o lo racconta alla fine. La maggior
parte dei critici sostiene l’ipotesi che il protagonista ci racconta tutto dopo il verdetto.
Portando avanti questa ipotesi, Meursault sembra avere rivissuto il suo passato
ricostruendo tutte le sue giornate. Soffermiamoci ora sull’alternanza dei tempi

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verbali, come vediamo il passé composé domina nella narrazione, alternandosi con
altri tempi verbali come ad esempio il presente, questo rivela la doppia prospettiva di
Meursault. Per ciò che concerne lo stile, ci troviamo davanti ad uno stile naturale,
Barth infatti ci dice che si tratta di uno stile innocente, perché Camus non utilizza
orpelli e figure retoriche, quindi uno stile che restituisce in maniera piana il dramma
del personaggio principale. L’innocenza della scrittura è determinata dal fatto che
non vi siano trappole ermeneutiche per il lettore. Anche lo stile riflette la semplicità
del protagonista. La mentalità di Meursault è legata al presente che vive e ci racconta
e non troviamo nessuna “fuga” verso il futuro. Le frasi brevi dominano soprattutto
nella prima parte e sottolineano l’indifferenza del protagonista nei confronti di tutto
quello che lo circonda e anche rispetto al funerale della madre, inoltre dimostra anche
l’indifferenza nei confronti della logica della società in cui vive. Mersault è convinto
che le azioni dell’uomo non siano collegate tra loro, ad esempio quando spara
all’arabo ci dice che la sua mano è come se avesse agito autonomamente. Il
protagonista non crede che ci sia unità tra i pensieri e le azioni. Questo aspetto è in
netta contrapposizione con l’esistenzialismo di Sartre che invece sostiene che le
azioni sono essenziali per costruire quella che è l’essenza dell’uomo. Alla fine del
processo Mersault si ribella contro questo sistema fondato su una logica che non
comprende e attraverso questa sua rivolta da un senso al mondo. Il protagonista
comincerà a sentirsi straniero a se stesso e al mondo proprio durante il processo,
perché per tutta la durata del processo e come se si vedesse dall’esterno come una
persona altra rispetto a sé. Nel momento in cui si allontana da questa società che non
comprende ritrova il rapporto con la natura. Comincia anche a comprendere il
significato delle parole, amore ed amicizia che gli sfuggiva nella prima parte del
romanzo dove ci parla della relazione con Marie ed a un certo punto le dice di
sposarlo però senza dare il giusto peso ai sentimenti e al matrimonio in sé.
Nell’ultima parte del romanzo notiamo un continuo riferimento a Dio e sottolinea
quanto il protagonista sia estraneo a Dio stesso. Quello che tentano di fare tanto il
giudice quanto il cappellano è un azione che si può considerare quasi di esorcismo
nei confronti di Mersault, ma ottengono l’effetto opposto in quanto il protagonista
rivendica la sua etrangété quindi la sua identità di uomo profondamente straniato che
riprende un po’ quello che Camus ci dice nel Mito di Sisifo. Alla fine del romanzo
troviamo le grida di dolore del protagonista che vorrebbe continuare ad imporre la
sua esistenza come divisa da quella degli altri uomini senza quindi accettare le regole
della società. Tutta l’opera è da considerarsi come una sorta di confessione del
personaggio che però non si giustifica, bensì dà testimonianza. Gli stessi critici si
domandano se la condanna a morte del protagonista sia giusta e ci dicono che và
interpretata come errore giudiziario, perché i giurati si sbagliano quando pensano che
Mersault abbia premeditato il crimine, ma in realtà l’arma era nella sua tasca perché
l’aveva sottratta all’amico per impedire che la usasse. La mentalità di Mersault si
può considerare come premorale cioè la mentalità di colui che non sa discernere ciò
che si deve fare da ciò che non va fatto.

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21/05/20 22/05/20
Michel Butor e La Modification
I nuovi romanzieri riconoscono a Proust tantissimi meriti, ma per loro è necessario
ribadire una serie di concetti che possano trasformare il romanzo, ricordiamo che
questi scrittori sono legati anche allo strutturalismo, riprendono da quest’ultimo il
fatto che tutto ciò che del testo deve essere spiegato si ritrova all’interno del testo
stesso, quindi si arriva alla metaletterarietà. Nei romanzi di questi scrittori possiamo
dire che la storia si costruisce man mano che il lettore legge.
Anche nel caso del romanzo di Michel Butor «La Modification» troviamo raccontata
la storia di Leon che intraprende un viaggio importante da Parigi a Roma, quindi
rintracciamo l’idea della narrazione meta-romanzesca e metaletteraria, seppure in
questo romanzo i riferimenti si riducano solo ad accenni.
Michel Butor fa parte sì del gruppo eterogeneo dei «Nouveaux Romanciers»,che sono
profondamente diversi tra loro e accomunati soltanto da due elementi ovvero la casa
editrice Les Editions de Minuit e la loro ricerca di innovazione del romanzo, che
ricordiamo seguiva ancora per molti aspetti il modello balzacchiano dissente ad
esempio dalle idee di Robbe Grillet , manifesta una sua concezione di romanzo che
nonostante voglia risultare innovatore non critica in tutto e per tutto Balzac. Attacca
Robbe Grillet ed altri scrittori del gruppo proprio per questa azione quasi
iconoplasta nei confronti del romanzo balzacchiano. Butor non farà tabula rasa di
tutto ciò che vi era nel romanzo balzacchiano, anzi a difesa dell’autore dice che chi lo
critica certamente non aveva letto tutta la sua opera, e fa riferimento all’importanza di
alcuni romanzi della Commedie Humaine hanno all’interno dell’economia dell’opera
stessa soffermandosi in particolare su alcuni volumi appartenenti alla sezione
«études filosophiques» che contravvengono all’idea di realismo tradizionalmente
legata a Balzac, perché in essi ritroviamo riferimenti al fantastico che poco hanno a
che fare con i principi del realismo. Un altro aspetto del romanzo balzacchiano
ripreso da Butor è il rapporto personaggio-oggetto. Butor non è solo uno scrittore, ma
prima di tutto è un critico letterario, un appassionato di arte e un professore
universitario. Nasce nel 1926 quindi conosce tutta la realtà letteraria del secolo.
Fondamentale all’interno della sua poetica è l’idea del viaggio. Questo perché
l’autore ha fatto un importante viaggio in Egitto. È proprio lì che scrive il suo primo
romanzo dal titolo «Pasage de Milan», il titolo fa riferimento ai passages sotto i
portici che collegano le strade di Parigi. In questo primo romanzo sembra riversare
tutte le tematiche e le scelte stilistiche che ritroveremo negli altri romanzi, ma la cosa
fondamentale è che in Egitto l’autore si confronta con una presa di coscienza, cioè il
fatto che gli oggetti quotidiani fanno parte della nostra consuetudine e della nostra
cultura e quindi non ci sembra strano ma nel momento in cui si trova a dovere
ammobiliare la casa in Egitto deve farsi costruire alcuni oggetti che non riusciva a
trovare, e qui ha la percezione dell’importanza del rapporto tra oggetto ed individuo e
di come gli oggetti possano essere rivelatori della propria coscienza. Lo stesso autore
sottolinea l’importanza dell’aver cominciato a scrivere questo romanzo su Parigi
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mentre si trova distante dalla città stessa. Dopo l’esperienza in Egitto si trasferirà a
Manchester, continuerà a scrivere questo romanzo e anche questa distanza ed il
cambiamento repentino di ambiente e quindi di condizioni atmosferiche, influenzerà
la sua scrittura.
Dopo questo primo romanzo, pubblica nel 1957 « La Modification» che riceve il
premio Renaudot, si tratta quindi di un romanzo che colpisce molto e riceve
l’ammirazione del pubblico. Scriverà anche altri romanzi anche se non scrive fino
agli ultimi giorni della sua vita. Morirà nel 2016 poco prima di compiere 90 anni.
Decide di abbandonare la scrittura romanzesca quando và negli USA e resta
sconvolto dai grandi centri commerciali che ancora in Europa non c’erano e di
dedicarsi ad un altro tipo di scrittura. A questo punto comincia a scrivere delle opere
molto originali, ad esempio scrive un opera utilizzando due colori all’interno del
romanzo. L’opera si intitola Boomerang e può essere letta anche al contrario.
Ritornerà a Parigi intorno agli anni Sessanta. Altro aspetto fondamentale della
formazione dell’autore sta nel fatto che all’inizio della sua carriera universitaria abbia
seguito dei corsi di filosofia.
Ritornando alla Modification, si tratta di un romanzo abbastanza particolare.
Inizialmente potrebbe sembrare che narri di un triangolo amoroso, che si ha tra Leon,
protagonista, la moglie, e Cécile l’amante, ma in realtà non è così. Leon che dirige
una ditta di macchine da scrivere e ha un’amante, Cécile che però si trova a Romai,
che periodicamente va a trovare con la scusa del viaggio di lavoro. La cosa su cui è
necessario focalizzare l’attenzione è la funzione che assumono le due città che sono
Roma e Parigi intorno alla quale si costruisce l’intero romanzo. L’opera ci racconta
l’ultimo suo viaggio e quando arriva a Roma decide di non incontrare più Cécile ma
di ritornare a Parigi, il romanzo quindi narra degli eventi di una giornata. Il titolo si
riferisce proprio al cambio di progetto di Leon che era convinto di andare a prendere
Cécile per portarla a Parigi ma poi non lo fa. Ci si rende conto che Leon non é tanto
innamorato di Cécile quanto il fatto che la stessa tutte le volte che lui va a Roma gli
fa da Cicerone quindi riveste il ruolo di intermediaria tra il protagonista e la città
stessa. Leon modifica il suo progetto perché capisce che portando Cècile a Parigi le
sottrarrebbe la funzione che ha nel loro rapporto.
Le vere protagoniste del romanzo sono le due città che ci vengono descritte con una
serie di immagini e riferimenti opposti. Parigi ci viene descritta come una città
fredda, cupa, triste, mentre Roma viene associata al sole, alla luce e al calore. La città
di Parigi è legata alla moglie Henriette e alla quotidianità routinaria. La paura più
grande di Leon è senza dubbio quella di invecchiare e ritiene che la moglie e i figli
siano responsabili di questa angoscia che prova tanto che la descrizione della moglie
è abbastanza triste. Troviamo una voce che mette Leon davanti alle due realtà diverse
rappresentate dalle due donne, Henriette e Cècile, la prima viene descritta come
cadavere inquisitore, il primo termine si riferisce all’aspetto fisico mentre il secondo
allude al fatto che Leon tema che la moglie possa sospettare qualcosa. La sua
famiglia viene associata a delle statue di cera. Tutti i verbi che vengono utilizzati da

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Leon per descrivere tanto il suo lavoro quanto la sua quotidianità familiare
appartengono alla sfera semantica della prigionia in qualche modo, mentre nel
descrivere Cècile usa dei termini che riportano alla sfera semantica della libertà,
della sicurezza e della serenità e viene vista anche come una sorta di maga capace con
un solo sguardo di liberarlo “dall’orribile caricatura della sua esistenza”. In un altro
passo ci descrive il risveglio mattutino accanto alla moglie e ci dice che vede i
capelli una volta neri della donna, quindi già da qui capiamo che dà un duro colpo
alla sua femminilità, ma poi continua dicendoci che Henriette si alza, va verso la
finestra per aprirla, che è sporca della polvere nera e spessa della città, la donna ha
dei puntini rossi nella schiena che sembrano sangue coagulato, ci dice inoltre che la
donna indossava una collana con una pietra che poggia inutilmente sul suo petto
grinzoso. Continua la descrizione dell’abbigliamento della donna e ci dice che la
vestaglia che indossa le dà l’aria di una malata con i tratti tirati e sospettosi. In Cécile
invece ricerca la bellezza,, la giovinezza e l’amore, quindi il suo viaggio inizia sotto
il segno della seduzione e si trasforma in viaggio della conoscenza perché attraverso
questo viaggio il protagonista conosce se stesso. Il titolo si riferisce infatti anche al
cambio del personaggio stesso, che notiamo attraverso l’uso dei pronomi. In apertura
del romanzo infatti notiamo che viene usato il pronome di seconda persona plurale
vous che si manterrà fino a circa la metà del romanzo, altra cosa importante da notare
nell’incipit è la descrizione molto dettagliata dell’ingresso del protagonista nel
vagone. Troviamo il riferimento al viaggio come viaggio di lavoro, in quanto Leon
dice alla moglie che si tratta di questo e non le permette mai di prenotare lei il posto
all’azienda. Le letture che si possono dare a questo vous sono tre; la prima sta nel
fatto che il lettore, non conoscendo assolutamente la storia venga stimolato e reso
partecipe di quello che pian piano succederà; la seconda interpretazione che si può
dare è quella del flusso di coscienza del personaggio, quindi vediamo Leon che attua
una sorta di monologo interiore; l’ultima interpretazione che si può dare è che dietro
all’uso di questo pronome vi sia l’autore stesso. L’incipit si può considerare come
testimonianza della ricerca e descrizione di un nuovo realismo che fa della minuzia
dei particolari il suo focus distintivo. Si tratta di un tipo di realismo profondamente
diverso da quello ottocentesco. Qui troviamo un realismo autentico in quanto la realtà
ci viene restituita attraverso gli occhi del protagonista, mentre il realismo
ottocentesco si può dire che fosse costruito, romanzesco che rispondeva alla necessità
narrativa. Tutto quello che sta intorno viene descritto in ogni suo movimento. A
proposito del pronome personale soggetto vous come già accennato non resterà per
tutta la narrazione così ma si modificherà, prima trasformandosi in un nous che indica
l’inizio di una presa di coscienza da parte del protagonista, a metà del romanzo, e poi
alla fine del romanzo il nous si trasforma in je ed indica la presa di coscienza totale
da parte del protagonista. Questo romanzo non presenta riferimenti teorici alla
scrittura romanzesca mentre gli altri romanzi di Butor si. Il riferimento al processo di
scrittura si ha attraverso il libro che Leon porta con sé ma che non legge mai. Il
romanzo si chiude dicendo che il libro che Leon porta con sé forse è il libro che il
lettore ha appena finito di leggere. In quest’opera quello che è importante non è il
punto di partenza o quello d’arrivo, ma il viaggio in se stesso perché ci permette di
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cambiare interiormente. I concetti di tempo e spazio nel romanzo sono fondamentali.
La storia copre l’arco temporale di un giorno e il luogo è lo scompartimento del treno
dunque si ha la sensazione che unità di tempo ed unità di luogo vengano mantenute.
Butor organizza il romanzo come se fosse una tragedia. La grandezza dell’autore sta
nel fatto che riesce a moltiplicare l’unità di tempo e quella dello spazio, questo perché
in realtà dal punto di vista temporale il personaggio che viaggia non fa altro che
pensare a ricordi del passato, ma allo stesso tempo pensa anche al futuro e all’interno
del suo racconto alterna l’uso del passato, del presente del condizionale e del futuro.
Il tempo passato lo lega alla moglie mentre il tempo futuro e il condizionale sono
legati a Cécile. L’uso del tempo passato, e precisamente dell’imperfetto quando Leon
ci parla della moglie, vuole sottolineare la pesantezza della sua quotidianità familiare
che ha delle ripercussioni sul presente. Anche lo spazio viene dilatato perché vediamo
le due città, Parigi e Roma che si sovrappongono, seppure il personaggio rimane
sempre all’interno dello scompartimento del treno. Altra cosa da ricordare é che il
tempo sospeso del protagonista non è altro che il tempo sospeso del viaggio.
Vengono descritti tutti i gesti tipici del viaggio, Il protagonista e di conseguenza il
lettore, si ritrovano quindi in un presente immobile. Durante i pasti che fa il
protagonista durante il viaggio beve del vino e poi si addormenta. Il sogno di Leon
può essere paragonato ad una sorta di discesa verso gli inferi, quindi un momento
iniziatico, ecco perché con Butor parliamo di realismo mitologico. All’interno di
questo romanzo si fa riferimento anche al rapporto tra memoria volontaria e
involontaria. All’interno del romanzo ha una grande importanza il tempo, e questo
risulta essere un elemento distintivo di Butor rispetto ad altri scrittori come ad
esempio Alain Robbe Grillet che invece lo considera come fattore secondario.
Uno dei più grandi critici che ha scritto su questo romanzo è Barthes che proprio a
partire dal vous iniziale ci dice che la Modification non è solo un romanzo
simbolico che ci racconta la creazione di questa coscienza, ma è un romanzo che
proprio grazie a questo vous permette al personaggio di guardarsi dall’esterno e
questo gli permette di costruirsi e modificarsi, in quanto è oggetto di osservazione.
Anche gli oggetti che sono più insignificanti o che sono simbolo di solitudine, come
ad esempio lo stesso scompartimento del treno, entrano in dialogo con il personaggio
e quindi si considerano come rivelatori della sua coscienza. Il realismo di Butor oltre
che mitologico lo si può definire anche come fenomenologico, perché ogni oggetto ci
viene descritto nella sua manifestazione più evidente, dimostrando quindi la sua
esistenza attraverso la sua apparizione.
A proposito dell’uso dei pronomi ad un certo punto del romanzo dopo essere passato
dall’uso della prima persona plurale, Butor inizia ad usare la prima persona singolare
che sottolinea come il personaggio acquisisca una nuova coscienza.
Nelle pagine da 141 a 144 si legge questo je che si manifesta per sottolineare la
presenza di una nuova istanza del soggetto, che si manifesta quando Leon evoca un
viaggio che aveva fatto un anno prima con Cécile a Parigi. Questo passaggio è
importante perché ricordiamo che le due donne sono associate alle due città.

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Henriette a Parigi e Cécile a Roma , il fatto che il je compaia all’interno del ricordo di
un viaggio precedente con Cécile a Parigi è molto significativo, perché sottolinea il
fatto che la donna sia già stata a Parigi e di come non abbia avuto la stessa funzione
che ha avuto invece a Roma. Questo viaggio passato prefigura ai suoi occhi il
viaggio che lui sta compiendo. Questo je poi ricomparirà quando Leon prenderà
coscienza del fatto che il viaggio che sta compiendo è fallimentare, questa presa di
coscienza la ritroviamo nelle pagine da 190 a 193. Dopo si ritorna all’uso del vous
per ritrovare l’uso di questo je alla fine del viaggio. Questo je rappresenta un uomo
ormai condannato al quale non resta altro da fare se non costatare la sua sconfitta. Si
fa riferimento anche alla generazione di storie immaginarie all’interno del romanzo
perché oggetti e immagini sono riusciti a creare una sorta di macchina mentale
permettendo di costruire queste storie. L’unico modo per conservare l’illusione o la
libertà futura fuori dalla sua portata è quella di consegnare tutta questa storia ad un
libro.
Con la pubblicazione di questo romanzo siamo a ridosso degli anni Sessanta che
segnano l’inizio di un periodo in cui l’opinione pubblica prende realmente
consapevolezza di ciò che era avvenuto nei lager. È proprio in questi anni che si
svolge infatti il Processo Heichmann dove vengono ascoltati per la prima volta i
sopravvissuti e quindi ci si rende finalmente conto che la realtà concentrazionaria era
una realtà reale. Di questa consapevolezza ne risente anche la scrittura e ne risente
anche il Nouveau Roman. Tra i teorici di questa nuova scrittura legata alla
disillusione e all’orrore e al rifiuto di questa realtà vi è Blanchot, che scrive un saggio
intitolato «la scrittura del disastro», del disastro perché testimonia quel sentimento di
rifiuto di non ordine e di ripensamento del linguaggio, Lo strutturalismo e il Nouveau
Roman recepiscono questa idea di scrittura che non può seguire il linguaggio e il
sistema della struttura della frase che era stato usato fino a quel momento.
Ritornando al romanzo, La modification un’altra cosa che va sottolineata è il
riferimento al mito che ritroviamo quando Leon si addormenta e attraverso il sogno
discende negli inferi. Secondo Léris quando parliamo di realismo mitologico non
parliamo di elementi che riprendono il mito nella sua interezza, bensì facciamo
riferimento ad elementi che vengono chiamati mitemi, ovvero delle parti del mito
che vengono riproposte nel romanzo. Il primo riferimento che ritroviamo al fantastico
si riconosce dove Leon ci parla della leggenda di un cavaliere di Fountainbleu che
rapiva i bambini durante la notte. Questo passo è una sorta di preparazione al
realismo mitologico, e si trova a partire da pagina 135 fino a pagina 150. Questa
storia era stata raccontata a Leon da Henriette durante il viaggio di nozze.
L’episodio del sogno della Sibilla è narrato alla terza persona singolare. Si tratta di un
sogno importante perché rappresenta una sorta di discesa nella coscienza del
protagonista stesso. Questo sogno della Sibilla è caratterizzato da un vero e proprio
percorso intrapreso dal personaggio attraverso degli edifici dell’antichità romana per
discendere agli inferi. Dopo questa discesa agli inferi e dopo aver parlato con la
Sibilla, Leon prende di nuovo consapevolezza svegliandosi di dove si trovi. Il

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personaggio di Leon riesce a costruire delle storie immaginarie perché non viaggia da
solo all’interno dello scompartimento durante il viaggio infatti entreranno diversi
personaggi. L’incontro con questi personaggi che vengono caratterizzati ognuno da
un oggetto al quale sono legati permette di costruire tutta una serie di storie
immaginarie. Questo romanzo è caratterizzato dall’uso di tecniche narrative che
permettono di legare lo spazio reale a quello immaginario. La prima di queste
operazioni narrative la ritroviamo quando ad un certo punto, stanco e infastidito dal
viaggio Leon collega il momento del viaggio e il fastidio da esso provocato al lavoro
che svolgeva nella sua azienda di macchine da scrivere, che lui stesso definisce come
deteriorante, così facendo lega due temporalità diverse. La seconda operazione
narrativa che ritroviamo e quella più ricorrente nel romanzo e consiste nel fatto che
Leon recupera un elemento della realtà percepita e a partire da esso costruisce storie
immaginarie che poi lega alla sua storia con Cécile. Questa struttura la ritroviamo a
pagina 114 e parte dalla descrizione del breviario di un ecclesiastico. Leon vedendo
la sua carpetta di cuoio pensa che vi siano altri libri o che l’ecclesiastico insegni in
una scuola e che quindi nella cartella di cuoio vi siano i compiti degli studenti
vengono riportati tanto i voti quanto i possibili commenti del professore, e addirittura
il tema del compito. Immagina anche che vi siano altre tracce che si colleghino alla
sua situazione e al suo personaggio. All’interno di questo passaggio si può dire che la
realtà è alimentata dall’immaginario e l’immaginario è alimentato dalla realtà. Le
cose immaginate da Leon non si trovano al di fuori della realtà perché l’immaginario
di Leon fa parte della realtà della sua coscienza. Anche quando Leon immagina il
possibile futuro con Cécile non ci troviamo in opposizione alla realtà.
Ritornando al sogno, l’idea nella discesa negli inferi accomuna molti eroi mitologici,
in questo caso sembra recuperare nello specifico il mito di Orfeo ed Euridice, perché
con questo viaggio Leon riprende la sua coscienza. Questo processo è ancora più
chiaro quando nel sogno passa insieme alla Sibilla attraverso tutte le antichità romane
così come fa nella realtà fa quando va a trovare Cécile. Nel momento in cui cambia il
suo progetto si introduce nella narrazione un giudizio generale sul suo operato che
non fa altro che dirgli di svegliarsi perché è il momento di prendere la sua decisione.
Alla fine dell’ottavo capitolo troviamo il risveglio della coscienza di Leon e che lo
incita a prendere in mano la situazione. Nel nono capitolo invece ritroviamo
l’accettazione della situazione familiare dalla quale non può scappare e il ritorno
solitario

Stendhal e il rosso e il nero


Stendhal  rientra all’interno di quel processo di innovazione che riguarda la
scrittura romanzesca. Nel periodo nell’800 ci sono diverse tipologie di romanzo,

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sentimentale che segue la forma che si era affermata nel 600 e 700 che racconta scene
patetiche, i sentimenti rispondono a dei canovacci ben precisi, la storia dei giovani
innamorati che devono superare degli ostacoli, un po’ alla Marivaux. Questo è il
romanzo sentimentale che recupera degli aspetti di Marivaux.
Poi abbiamo le roman feuilleton.
E abbiamo anche romanzi allegri, in cui comincia ad affermarsi una sorta di realismo
di superficie, primi romanzi in cui si fa riferimento alla situazione del reale, alla
quotidianità, all’interno dell’intrigo si potevano inserire degli scontri fra personaggi,
la rissa, elementi che riprendevano il quotidiano e facevano sorridere.
Romanzo personale, autobiografico, al centro della scrittura di Chateaubriand, fa
parte del culto dell’io del romanticismo. Ma il più grande ispiratore del romanzo
europeo del 800 e del modello a cui tutti guardano è sicuramente Walter Scott.
Walter Scott ci offre il modello del romanzo storico, le descrizioni particolareggiate e
precise fanno parte della sua poetica e ritroviamo nel romanzo realistico in Balzac lo
recuperiamo dal modello di Walter Scott, era molto preciso per restituire l’epoca in
cui ambienta i suoi romanzi, dà alla descrizione una funzione importante e
fondamentale.
Il romanzo storico viene in qualche modo recuperato, Walter Scott comincia ad avere
un suo ruolo nel 1820 e i primi tentativi in Francia ci sono proprio in quell’epoca,
Vigny scrive un romanzo storico che non viene interpretato proprio come romanzo
storico, le 5 mars. Ci sono poeti che si misurano col romanzo storico.
Victor Hugo con Notre Dame de Paris tenta il romanzo storico, almeno nelle sue
intenzioni perché Notre Dame de Paris fa riferimento ad un’epoca precedente, intono
al 1492, cacciata degli arabi da Granada, è un passato lontano. Ambientazione
diversa, sceglie il 1492, ci sono una serie di riferimenti rispetto alla rivoluzione e al
tentativo di rivoluzione delle masse, sebbene l’ambientazione sia del 1492, ci sono
molti riferimenti al 1830, ma non ci fa una descrizione dell’ambientazione a lui
contemporanea.
Se Victor Hugo l’avesse ambientato nel 1830 l’avrebbe reso un romanzo storico più
vicino al modello di Walter Scott. Importante in questa storia che riguarda Notre
Dame de Paris è l’inserimento successivo di due capitoli, che in qualche modo danno
uno spessore storico più vicino, in cui l’allusione al tempo contemporaneo è più
esplicita abat beati martini, ceci tuera cela. Riflessione sul tempo presente che viene
inserito successivamente.
La rivolta del popolo, l’assalto dei mendicanti a Notre Dame, il ruolo centrale dato a
Parigi che diventa luogo simbolico di diversi conflitti e rivoluzioni, è un richiamo
psicologico che vivevano i francesi nel 1830, è una consonanza che è solo evocata e a
cui si allude.

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Cronologia del romanticismo, il romanticismo finisce con un’opera di Balzac che si
intitola l’enchois che segna la conclusione del periodo romantico. O la Bataille
d’Hernanie o l’enchois de Balzac, rappresenta un esperimento del romanzo storico
però effettivamente in Balzac è più esatto il richiamo ai luoghi e al tempo presente,
alle forze storiche che si confrontavano nel 1830.
Abbiamo un romanzo ambientato nel suo tempo e che ci propone un’analisi delle
forze storiche e dei contrasti del suo tempo. In questa analisi Balzac è imparziale,
analizza pro e contro ed elementi positivi sia dell’ordine feudale sia dei repubblicani,
siamo nel momento della restaurazione, momento molto complesso per la storia di
Francia. Il passato all’interno dell’enchoi è presente ma c’è anche l’osservazione
delle vita contemporanea, attua lo stesso tipo di osservazione del romanzo di Walter
Scott. Si focalizza sull’analisi dei tipi contemporanei, segna quel ritorno al reale e al
quotidiano che sarà fondamentale soprattutto per il passaggio al romanzo realistico.
Ciò che accomuna Balzac e Stendhal è il ritorno al reale, il passato che ha
un’influenza sul presente ma anche l’analisi del reale, del contemporaneo. Proprio per
questo motivo Balzac e Stendhal segnano la nascita di una nuova forma di romanzo.
In Balzac abbiamo visto qualche estratto, abbiamo parlato della sua poetica, vediamo
con Stendhal che ci sono delle importanti differenze.
Cosa importante in Stendhal è il sottotitolo del romanzo  chronique de 1830.
Utilizza il termine cronaca legando il rosso e il nero al tempo presente. Ecco perché
anche il sottotitolo è fondamentale, ci permette quell’aggancio al reale, al quotidiano
a partire dal titolo. La cronaca è un genere preciso che si afferma intorno al 1600, le
cronache del tempo presente che servivano per illustrare la vita di corte, era uno
strumento di analisi storica del tempo presente, ci dicono cose riguardanti la politica,
la società, questo sottotitolo è molto significativo.
Anche in Flaubert troviamo questo aggancio al reale, e alla contemporaneità.
Chroniques de 1830 è importante sottolinearlo, non ci racconta solo la storia di Julien
Sorel che sembra spregiudicato e pronto a tutto pur di realizzare le sue ambizioni. È
prima di tutto un romanzo politico perché a partire già dal titolo e una serie di
elementi, gli argomenti sui quali Stendhal intende riflettere sono legati al vissuto
politico del suo tempo. Non avrebbe potuto intitolare il suo romanzo la chiesa e la
borghesia, doveva trovare un titolo allusivo e simbolico. Le rouge e le noir ha
molteplici interpretazioni, ha un valore simbolico. Simbologia più concreta grazie al
sottotitolo.
Stendhal  in che modo si lega al suo periodo storico. È un personaggio, intellettuale
oltre ad avere un tono polemico (shakespeare et racine ad es.) ha condotto una doppia
carriera, da una parte di alto funzionario, legato alla politica del suo tempo e da cui fu
costretto ad allontanarsi e dall’altro la carriera letteraria. Il dover abbandonare la
funzione di funzionario, fu una delusione talmente grade e fu un’ambizione che non
portò a termine da decidere (così dobbiamo leggere le rouge et le noir), decide di

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creare dei personaggi che possano in qualche modo nella funzione letteraria,
realizzare quelle ambizioni che lui non ha potuto realizzare, o almeno tentare di
realizzarle. Ecco perché Julien Sorel non è assolutamente un personaggio
autobiografico, ma in lui carica tutte le ambizioni che lo caratterizzano, così come
Fabrice del Dongo che incarna le ambizioni e aspetti di Stendhal.
Stendhal ha questa doppia vita, letteraria e politica ed effettivamente ecco perché la
politica ha un ruolo fondamentale, include tutto ciò che riguarda il regime della
restaurazione. È il momento contemporaneo alla stesura del romanzo, la
restaurazione.
La restaurazione segna la caduta di Napoleone che rappresenta per Stendhal un
modello, un padre che non ha mai avuto e che avrebbe scelto. Infatti Napoleone è
evocato continuamente nel rosso e il nero, nei giochi di seduzione di Julien il piccolo
dipinto di napoleone è quello che Julien conserverà più gelosamente e poi vediamo
che uso ne farà nel processo di seduzione nei confronti di Madame de Renal. È un
tipo eccentrico e geniale.
Napoleone rappresenta il padre che avrebbe voluto avere, lui ha un padre ma ha con
lui un rapporto conflittuale, non vuole che Julien continui i suoi studi e vorrebbe che
lavorasse nella fabbrica di legno del padre, infatti Julien continua lo studio del latino
di nascosto.
Dopo la caduta di Napoleone Luigi 18° cerca di attuare una politica di riconciliazione
e nel 1814 viene pubblicata una carta, un documento ambiguo. Tenta una
conciliazione, tenta di limitare i poteri del sovrano, ma sembra una mediazione tra i
principi dell’ancien regime quindi il potere del sovrano è assoluto e le nuove istanze
all’indomani della rivoluzione.
In realtà la carta, sebbene preveda la suddivisione e la presenza delle camere, una
parte dei componenti delle camere veniva scelta dal sovrano, ma all’interno della
carta una parte sostanziale nel potere legislativo, era del re, le leggi le scriveva il re e
le approvava il parlamento. Questa mediazione era apparente,Luigi 18° non avrebbe
mai scritto leggi contro i suoi interessi.
Il potere legislativo dato al parlamento è quasi simbolico più che reale, anche perché
si riafferma la monarchia di diritto divino, non cambia nulla da quel punto di vista.
Con Carlo X invece si tenta nuovamente di riportare i vecchi simboli del’Ancien
Régime e nel 1830 (periodo di ambientazione del romanzo), Stendhal che piange
Napoleone, il ministro Polignac fa pubblicare una serie di ordinanze che prevedono il
ristabilimento della censura, la dissoluzione delle camere, è un passo indietro, a prima
della rivoluzione. È veramente un ritorno al passato.
1830  in questa situazione di profondo sconforto perché ci si rende conto che la
rivoluzione non sia servita a nulla, e in questo sconforto Stendhal pubblica e
ambienta il rosso e il nero.

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1830 rivoluzione di luglio, il popolo acclama luigi filippo che è un liberale e
rimpiazza la sovranità divina col concetto di sovranità nazionale, il re è il re dei
francesi e non il re della Francia. Passaggio fondamentale, luigi filippo e il suo regno,
è un regno che da una piccola speranza a chi sperava nella rivoluzione francese e
riesce a colmare in modo parziale le delusioni degli intellettuali.
In questo periodo un potere fondamentale continua ad averlo la chiesa perché perde
quella sacralità che aveva avuto fino a quel momento e diventa quasi una pratica
sociale. La chiesa per portare a sé i fedeli comincia ad attuare una serie di riti sociali
ed entra ancora di più nel tessuto sociale. La religione diventa uno strumento per
colpire le folle, tanto che si organizzano diverse cerimonie, tanto che nel primo
capitolo del rosso e il nero troviamo la celebrazione di preleon, inserisce anche le
congregazioni e le confraternite, dà a questi gruppi religiosi un’importanza all’intorno
del romanzo. Perché la religione diventa una pratica sociale e il romanzo si
concluderà con una grandissima rivoluzione. A parte produrre un finale da effetto
shock. Gli ultimi due capitoli sono incentrati su questa fine che il lettore presagisce
ma non si aspetta in questi termini, una fine teatrale.
Troviamo sempre i giansenisti e i gesuiti, si confrontano sempre all’interno della
storia di Francia. I giansenisti condannano i gesuiti e i compromessi ai quali i gesuiti
sono scesi e preferiscono una religione più rigorosa.
giansenisti  predestinazione
All’interno del rosso e il nero l’opposizione tra i due gruppi è presente e la ritroviamo
anche nel primo capitolo. Troviamo la lotta tra due personaggi che rappresentano uno
ai giansenisti e uno ai gesuiti. Stendhal non si dimentica della religione e che rende
attraverso i riti e cerimonie e attraverso gli scontri tra gesuiti e giansenisti. In questo
rapporto tra religione e società troviamo la congregazione, gruppo missionario
fondato intorno al 1801 da padre Delpuits. Gruppo missionario e la congregazione
avrà un ruolo fondamentale nel romanzo.
Nel 1810 un altro personaggio che si chiama Ferdinand de Sauvigny, aggiunge alla
congregazione una struttura parallela che si chiama les Chevaliers de la foi,
Le chevaliers de la foi una struttura segreta che era sostenuta dai gesuiti, he praticava
le sue azioni anche a livello politico.
la congregazione e i cavalieri della fede si trovano spesso in opposizione perché la
congregazione cerca di tramare a svantaggio dei gesuiti. Tutta questa struttura
religiosa la ritroviamo nel romanzo.
Le rouge et le noir  situazione con la politica e con la religione, ora vediamo nello
specifico le tematiche.
Stendhal non diventa scrittore subito, è un funzionario, uomo di politica e uno dei
primi testi che scrive è il De l’Amour. Un testo che Stendhal scrive in seguito ad una
delusione amorosa terrificante e inizia inizialmente come una lettera che scrive a

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questa donna e poi diventa un trattato sull’amore, ma nasce da un’esperienza privata,
sentimentale.
Nel de l’amour che riprende Proust in un Amour de Swann, Stendhal distingue
differenti tipi di amore che ritroviamo nel rosso e il nero.
-l’amour-passion
-l’amour-gout
-amour-physique
-l’amour de vanité
-l’amour de tete
Tipi di amore che distingue Stendhal, se lui studia il meccanismo della passione e
tutte queste tipologie d’amore saranno studiate all’interno dei suoi romanzi, saranno
oggetto e soggetto dei suoi romanzi. Non studia solo i vari tipi di amore ma anche le
fasi dell’amore. Tra le fasi dell’amore individuate da Stendhal, la più importante è la
cristallizzazione, la fase in cui l’innamorato riversa nell’amato tutte le caratteristiche
e virtù che l’amato non ha e che desidera che l’amato abbia, idealizzandolo.
Nel momento in cui ci si decristallizza si ritorna a recuperare un’immagine reale.
Il tema dell’amore è centrale. Il romanzo è organizzato in due parti, nella prima parte
Julien Sorel si innamora di madame de renal e poi di M.lle de la Mole che poi
sposerà. Due tipi di amore diversi, con Madame de Renal è un amour-passion, con
m.lle de la Mole è un Amour de tete.
La struttura in due parti ci permette anche di vedere Julien alle prese con due tipi di
amore contemplate da Stendhal e incarnate da queste due donne.
Sono due forme autentiche dell’amore, Julien è molto piu autentico di quello che
possa sembrare. L’amore con M.me de Renal c’è realmente, con M.lle de la Mole c’è
un’intesa più intellettuale, è molto simile e Julien, sembra la sua versione femminile.
Il romanzo le rouge e le noir riprende uno schema che Stendhal aveva già proposto
con un primo romanzo che si chiama Armance. Eroe che viene gettato nella
quotidianità e contemporaneità e comincia a conquistare il ruolo sociale a cui
ambisce. Lui cerca di riversare nei suoi personaggi le sue ambizioni.
L’eroe fa la sua educazione amorosa a due donne, sono due le donne amate dal
personaggio principale, una è sempre più anziana dell’altra. Una fra le due si offre
anche come figura materna.
Incontro fra M.me de renard e Julien, M.me de Renal si rivolge a lui utilizzando un
vocabolario di chi si rivolge a qualcuno più piccolo, indifeso, rincarna questa figura
materna.

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Altra cosa fondamentale che troviamo sia nel rosso e il nero e nella chartreuse è che
questa figura materna sia preoccupatissima sempre per i propri figli, sembra che la
relazione extraconiugale possa avere come castigo divino la salute e la morte del
proprio figlio. M.me de renal alla fine si allontana da Julien, quando è al capezzale
del figlio, si nota questa sensazione di castigo divino. E nel rosso e il nero il figlio di
M.me de renald non muore ma nella chartreuse de parme la figura materna vedrà il
figlio morire.
Altra cosa importante  le fonti, così come Flaubert fa riferimento a delle storie che
aveva letto nei giornali del tempo, anche Stendhal prende come punto di riferimento
due fonti, una per la struttura del romanzo e un'altra per definire meglio il carattere di
Julien. Nella gazette des tribunaux (la stessa alla quale si ispirano molti scrittori),
dove venivano pubblicate una serie di vicende della cronaca nera, vicende di omicidi
che molto spesso gli scrittori eleggevano per avere un’ispirazione per i romanzi.
Su questa rivista Stendhal legge dell’affaire Berté, che raccontava che il 27 dicembre
1827, due anni prima, un seminarista di 25 anni viene condannato per aver avuto una
relazione con M.me Michu. Questo seminarista aveva fatto da precettore ai figli di
M.me Michu. Riprende per la sua struttura l’affaire Berté. Allontanato dalla famiglia
Michoud e ritornato in seminario, infatti il precettore viene allontanato e entra il
seminario, poi si allontana di nuovo dal seminario e diventa precettore presso un’altra
casa, presso M. de Cordon. Da dove viene allontanato con la medesima accusa, ha
una relazione con M.me de Cordon. Il seminarista 25enne Berté decide di uccidere
M.me Michu perché pare aver rivelato a M.me de Cordon la loro relazione. È
esattamente quello che succede nel rosso e il nero quando Julien tenta di uccidere
M.me de Renal durante la messa perché ha rivelato a M.lle de la Mole la natura di
Julien e la relazione precedente.
Altra fonte  affaire Lafargue, nello stesso giornale, è un crimine giudicato nel 1829.
Le sorti del protagonista non sono delle migliori, la fine di Lafarg è identica a quella
di Julien, quasi identica.
ci serve per costruire il personaggio di Julien e il suo carattere riprende il carattere di
Lafargue.
Stendhal a partire da queste due storie costruisce il romanzo. Proprio perché questi 2
eventi sono fondamentali, Stendhal inserisce nel romanzo, il riferimento esplicito alla
rivista, con due elementi (premonitori, sembrano due indizi), l’importanza del
giornale come fonte è sottolineata all’interno della storia.
Abbiamo una prima allusione, quando Julien deve andare per la prima volta a casa di
M.me de Renal, passa dalla chiesa di Verriere e trova un ritaglio di giornale, non si sa
cosa ci faccia in chiesa. Questo giornale è fondamentale, si legge della condanna a
morte di un personaggio.
Prima di arrivare Julien entra in chiesa --> Lettura

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Sembra quasi un riferimento premonitore, questo pezzo di giornale che riporta la
condanna e gli ultimi momenti di Louis Jenrel, è l’anagramma di Julien Sorel.
Stendhal inserisce un riferimento a quello che sarà poi la fine di Julien. La lettura di
questo estratto sconvolge Julien ma viene interpretato come presagio rafforzato da
questa macchia che pensa esser di sangue che vede vicino l’acquasantiera. In realtà è
solo un riflesso delle tende rosse delle finestre.
L’altra riflessione sul giornale é onirica che allude all’esecuzione, è un incubo,
immagina che M.me de Renal scopra della sua esecuzione attraverso il giornale.
Titolo  evocativo, molti hanno cercato di capire cosa volesse dire. Sembra un
riferimento alla due aspirazioni di Julien, da una parte il rosso legato all’esercito
francese, dall’altra il nero legato alla tonaca, alla religione e il fatto di poter
raggiunger uno stato sociale elevato iniziando la carriera. Veniva interpretata come
una carriera ecclesiastica, o raggiungere uno stato sociale più alto attraverso le armi.
Le tenta entrambe, sebbene quella militare sia solo evocata, ricordata con malinconia
ma non riesce a concretizzare, quella che persegue a più riprese ovvero quella
ecclesiastica.
In realtà l’uniforme dell’armata francese è blu, sembra non entrarci. Questo rosso
invece ricorda il colore di Napoleone, qualsiasi cosa toccasse Napoleone è rossa.
Questo rosso evoca napoleone e per trasposizione la carriera militare. È la malinconia
di Stendhal che stravolge fino infondo i riferimenti storici alla carriera militare. Il blu
non è assente perché Julien si veste spesso di blu, lo utilizza quando vuole essere
trattato da nobile da M.me de Renal, il blu rappresenta sempre un’aspirazione ed è
simbolo della stessa.
Il titolo ci testimonia una dualità e doppiezza del carattere di Julien, Stendhal stesso
ci dice che in ognuno di noi ci sono sempre due identità diverse.
Altra cosa fondamentale, questi due abiti sono presenti realmente nella narrazione,
realmente Julien indossa l’abito da seminarista e anche l’aspirazione alla carriera
militare è presente. Quando Julien arriva in chiesa per accusare M.me de Renal, porta
la tunica, ma porta gli scarponi da militare.
è un elemento simbolico per testimoniare come queste due anime siano sempre
presenti nel personaggio di Julien Sorel.
La religione e la gloria militare sono due tentazioni sempre presenti nel personaggio
di Julien.
Altra interpretazione sul titolo, legata ai colori della roulette, il rosso e il nero che
rappresenta la fortuna e la sorte, il caso che potrebbe richiamare gli aspetti del
romanzo.
Julien fa coesistere queste due aspirazioni e ne è logorato. È un personaggio molto
contraddittorio. Attraverso le contraddizioni Julien cambia, muta, il Julien che
abbiamo conosciuto all’inizio del romanzo non è lo stesso. Attraverso le esperienze

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negative lui riesce a capire meglio sé stesso, sembra un altro personaggio che non
c’entra nulla, e ha trovato un che di positivo all’interno della propria persona,
personaggio che evolve all’interno del romanzo.
Altra cosa rispetto alla struttura e di cui vi siete accolti, sono i titoli dei vari capitoli.
Tutti i capitoli, non sono messi lì a caso, tutti hanno titoli che sembrano evocare
piccole opere teatrali. Il teatro è un continuo riferimento nel romanzo, soprattutto nel
modo in cui vengono fatte alcune scelte. Riferimento al teatro attraverso i titoli dei
capitoli, anche rispetto ai dialoghi che sono fondamentali e numerosi.
In quanto al narratore è una figura ibrida perché a volte è onniscente altre volte è più
personale, intimo, soprattutto quando assistiamo a dei monologhi interiori di Julien o
di M.me de Renal
Incipit, ha questo effetto. Viene costruito attraverso la descrizione della cittadina di
Verriers, sembra che il lettore sia messo nelle condizioni del viaggiatore che arriva
per la prima volta in questa città che viene descritta prima da lontano e poi pian piano
è come se il lettore/viaggiatore si stia avvicinando. Sembra ricordare les romans
promenades del 600.
Il narratore è assolutamente onnisciente, ci descrive il ruolo del sindaco all’interno di
Verriers, con tutte le azioni e funzioni che ha svolto, sappiamo che M. de Renal è il
sindaco di Verriers e ci viene descritta la sua storia, riferimento alla sua condizione e
ruolo prima di diventare sindaco, viene descritta poi la città vera e propria ma
dobbiamo notare subito una cosa.
Stendhal scrive.. lettura.
qui il narratore chiama in causa il lettore, dandogli del vous lo fa entrare nella
narrazione. Vi avrà colpito sicuramente entrando a Verriers, e avrete sicuramente
visto il nome Sorel a caratteri giganteschi su questa planche che domina il tetto.
Questo richiamo al lettore lo troveremo più volte nella narrazione.
Dialogo continuo e anche fittizio con il lettore perché Stendhal immagina anche le
risposte del lettore, intrusioni con il lettore importanti, che non troviamo
assolutamente in Balzac.
Queste sono le caratteristiche strutturali.
Nei primi due capitoli l’autore si esprime in prima persona, muta, la prima persona la
ritroviamo anche nel 5 capitolo.
Entrambe le parti si costruiscono su due intrighi amorosi diversi e hanno due nature
diverse. Le due relazioni hanno un effetto identico. Julien si pone e usa le due
relazioni per la sua ascesa sociale. Sono per lui uno strumento. L’evoluzione di Julien
è sottolineata nel romanzo dalla trasformazione del suo nome e del suo abito. Julien e
la sua pretesa ascesa sociale è resa vana tutte e due le volte e allo stesso modo.

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Nella prima parte abbiamo la lettera che distrugge le sue ambizioni sociali, così come
nella seconda parte. Ogni sconfitta, è segnata da una reclusione, la struttura è
identica, nel primo libro abbiamo il seminario, la seconda volta finisce in prigione.
Reclusione e solitudine.
Julien non è triste. In questi due luoghi, seminario e prigione, comprende l’ipocrisia
degli altri ma comprende meglio sé stesso, e quindi la sua vera natura.
Dal punto di vista strutturale troviamo i monologhi, i dialoghi che danno un registro
vicino all’oralità, punti di vista che si intrecciano. Altra cosa il rosso e il nero viene
considerato come il romanzo dei romanzi possibili perché al suo interno si sottolinea
una certa virtualità romanzesca, tutti i personaggi attraverso i monologhi sognano il
proprio avvenire, riflettono sulle decisioni da prendere, ci permettono di leggere dei
romanzi potenziali all’interno del romanzo stesso. Tutti i personaggi quando
riflettono su se stessi e sulle proprie scelte, costruiscono quel breve futuro
romanzesco e troviamo anche commenti di questo narratore su come poteva andare a
finire, su una potenziale conclusione rispetto ad un evento, ecco perché è un romanzo
che racchiude potenzialmente altri romanzi.
I due capitoli iniziali ci vogliono rendere l’idea del paesaggio di Verriers.
LEZIONE 28 26/05
Julien Sorel è un giovane provinciale, le sue origini sono molto umili, è un contadino
e sceglie tra gli strumenti che gli si pongono davanti l’ipocrisia, per evadere dalla sua
posizione sociale per acquisirne una più elevata. Sottolineiamo che Julien non è un
calcolatore, è un ipocrita, costruisce tutto sulla menzogna, infatti anche se strano,
Julien in realtà è un’ anima generosa, ad un certo punto lui si innamora di M.me de
Renal, entra in sintonia con lei. Orgoglioso, impetuoso. Orgoglioso perché piegarsi
per Julien è intollerabile cosi come servire.
Gli obiettivi che lui si pone sono un continuo lavoro su sé stesso, quando decide di
conquistare M.me de Renal è una forzatura che fa su se stesso, come se volesse
provare il suo valore, l’obiettivo e migliorare se stesso. Non lo fa per il gusto di farlo,
non è come Valmont.
Tutto quello che fa non sono delle scelte gratuite fine a se stesse o solo per il piacere
di fare del male o di giocare con i sentimenti. Altra cosa fondamentale è il concetto di
egotismo che ritroviamo incarnato dal personaggio di Julien e dai personaggi di
Stendhal. È una ricerca intensa del piacere e della felicità. Associazione tra
epicureismo, ricerca del piacere che si associa all’individualismo sfrenato. È un culto
dell’io diverso dal culto romantico, perché è gioioso, entusiastico, non è mai
malinconico. È un culto dell’io molto più positivo, legato all’epicureismo.
Il romanzo unisce elementi del classicismo a elementi della modernità. Per quanto
riguarda il classicismo possiamo associare gli interventi dell’autore, le scene, l’uso
del dialogo, riprende questi elementi dalla tradizione classica, così come la struttura
teatrale, l’evocazione del registro teatrale, il titolo che dà ai capitoli. La modernità la
88
troviamo nella pluralità di punti di vista che sembra anticipare lo stesso Flaubert
anche se in maniera diversa. L’uso del monologo in maniera originale. Caratteristiche
dello stile. Stile dell’attenuazione. Molte immagini e molti eventi che potrebbero
sconvolgere il lettore, come la morte di Julien, vengono raccontati e attenuati, non
vengono esplicitati ma descritti non in maniera precisa come troveremmo in un
romanzo del 900. Anche l’attenuazione riguarda l’erotismo. Simbolo della poetica
dell’attenuazione, i sono i punti di sospensione che utilizza per non dirci tutto, per
fare allusione a qualcosa che non ci viene detta perché sarebbe troppo sconvolgente
per il lettore.
Altra caratteristica dello stile è l’uso del corsivo che indica, parole entrate nella
lingua precostituita, i modi di dire. Altro elemento tipico dello stile è l’ironia, nelle
incursioni dell’autore.
Il personaggio di Julien lo troviamo nei primi capitoli, la prima volta che ce lo
presenta è in opposizione al padre per sottolineare la differenza tra questi due uomini.
Opposizione che troviamo nel capitolo 4 père et fils.
Prima descrizione di Julien. Gli elementi fondamentali della descrizione sono il fatto
che Julien è perseguitato perché percepito come una persona diversa, per la sua
bellezza, per la sua intelligenza e successivamente Jper la memoria prodigiosa, ha
appreso velocemente tutto il nuovo testamento in latino. Ha una intelligenza
superiore ma appartiene alla categoria degli umiliati di cui è il protagonista.
Nel cap 5 troviamo la prima presentazione, il primo incontro fra Julien et M.me de
Renal. Julien è un ambizioso e quando deciderà di conquistare M.me de Renal,
utilizzerà il vocabolario militare per designare la seduzione amorosa e provare il suo
valore. Questa idea della seduzione amorosa è prima di tutto una lotta contro sé
stesso.
Julien non può essere considerato un calcolatore in linea di massima perché lui stesso
si lascerà sedurre dall’amore di M.me de Renal. All’inizio cerca di capire quale sia la
strategia migliore ma in lui coesiste una sensibilità che gli permette di acquisire uno
spessore umano e una sensibilità che nella prima parte del romanzo non si legge.
Nel Capitolo 6 l’ennui. M.me de Renal pensa che si tratti di una ragazza piuttosto
che di un ragazzo perché ha dei tratti ingentiliti.
Il primo atteggiamento di Mme de Renal è di essere materna nei confronti di Julien,
non si aspetta che il precettore che attendeva sia proprio lui. M.me de Renal ci viene
rappresentata casa e madre.
In questa parte del romanzo inizia la prima fase del processo di innamoramento che
Stendhal ci riassume in De l’Amour. C’è la fase che chiamiamo fase
dell’ammirazione. Indossa l’uniforme, così qualcuno si sarebbe potuto rivolgere e
parlare con lui.

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Qui inizia il processo di innamoramento. Pag 36 momento dell’ammirazione. Cap 6
importante, primo dialogo vero e proprio in cui nasce questo processo di
ammirazione, cominciano a parlare dei libri letti da Julien, M.me de Renal cerca di
ricordare nella sua memoria i libri che ha letto relativi al latino.
In questo incontro bisogna sottolineare la sorpresa reciproca, al momento dei loro
primi dialoghi, sono commossi, sorpresi, entrambi formano una sorta di coppia
specchio, sembra che riflettano la bellezza dell’altro, entrambi si stupiscono della
bellezza e la sua intelligenza è il primo stadio dell’innamoramento.
M.me de Renal cerca di colmare la povertà di Julien sia in denaro sia regalandogli
libri. Nel cap 7 viene messa in evidenza la povertà di Julien il ruolo della domestica
di M.me de Renal, sembra prospettarsi un possibile matrimonio tra Julien e la
domestica di M.me de Renal.
In sostanza in questa parte si sottolinea il senso di pietà di M.me de Renal verso
Julien in opposizione all’insensibilità che prova il marito. I due sposi sono l’uno
l’opposto dell’altro.
Prima di arrivare al matrimonio che poi non si realizza con la femme de chambre di
M.me de Renal, , leggiamo la descrizione di M.me de Renal la quale si occupa in
maniera attenta di Julien, ma poiché dell’amore non ha esperienza, non sa che è
entrata in un lungo processo di innamoramento. Non si fa nessun rimprovero di
carattere morale. Comincia a capire e a pronunciare la parola adulterio quando il
figlio si ammala, e si risveglierà il suo senso morale rispetto a quello che vive con
Julien.
Questa idea di matrimonio con la femme de chambre è importante perché la spinge a
chiedersi se è innamorata di Julien. Cap 8 presa di consapevolezza di M.me de Renal
rispetto al sentimento amoroso.
Sposare élisa non permette a Julien di cambiare stato sociale perché è femme de
chambre.
Si rende conto che l’animo di Julien non è predisposto alla carriera ecclesiastica, ma
la sceglie con convinzione e abnegazione perché non vuole sposare elisa. Ma c’è
qualche altro motivo perché calunnia per motivare al curato di non voler sposare
Elisa.
Viene messa in evidenza l’ipocrisia di Julien.
Abbiamo la partecipazione quasi fisica di M.me de Renal, come se il corpo
partecipasse al dolore di sapere che elisa potrebbe sposare Julien. È fondamentale
perché a partire da questo momento M.me de Renal comprende i suoi sentimenti.
M.me de Renal immagina il futuro di Julien, e in questo caso viene spiegata la
virtualità dei romanzi virtuali che sono presenti all’interno dell’opera di Stendhal.
Romanzi nel romanzo. Dopo aver immaginato il futuro di Julien si ammala. Crede di

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diventare folle. La follia è una reazione di chi è innamorato legato alla fase
dell’amour-passion.
M.me de Renal interviene per tentare di convincere Julien di sposare Elisa, ma fa
parte della strategia di seduzione da parte di Julien.
L’unico piacere che voleva ricavare dal dialogo con Julien era quello di vedere
rifiutata più volte Elisa da parte di Julien.
Stupore di una nuova consapevolezza, a questo punto abbiamo la famosa frase di
M.me de Renal. Aurais-je de l’amour pour Julien, se dit-elle enfin? Prende
consapevolezza del sentimento, ma il rapporto tra i due è di stupore e scoperta
continua, ad un certo punto è indifferente a questa scoperta perché il senso morale è
intorpidito e inesistente in M.me de Renal, proprio per questo motivo non sente
nessun tipo di rimorso e comincia a praticare la menzogna relativaalla relazione con
Julien. A poco a poco il rapporto tra i due diventa più complice e M.me de Renal
sembra molto più giovane della sua stessa età e un po’ civettuola. Sembra intervenire
il punto di vista di chi vive nella casa di M.me de Renal. Cambiava vestiti 3-4 volte al
giorno. Cominciò a metter in evidenza il petto, le braccia, ad avere un atteggiamento
un po’ civettuolo. Il narratore interviene con questo nous per sottolineare il suo punto
di vista. Il rapporto di Julien e M.me de Renal éun idillio senza passione, senza
desiderio, una sorta di affinità elettiva. Ecco perché il cap 7 si intitola così.
L’amore è un modo che ha Julien per mettere alla prova sé stesso, come tutti gli eroi
stendhaliani. Piu è alto l’obiettivo, più viene messo alla prova Julien, più è ardua la
conquista più è grande il valore. Per questo il rapporto con M.me de Renal acquisisce
le fattezze di un vero a proprio combattimento. Come evidenziato nel famoso
episodio della mano. Si trovano nella casa di campagna Renal, troviamo Julien e
un’amica di mme de Renal. Julien vuole sfiorare la mano di M.me de Renal in
presenza dell’amica M.me Derville. Capitolo 8
La prima reazione di M.me de Renal è di ritirare la mano, ma il suo obiettivo quasi
militare è quello che M.me de Renal non sottragga la mano.
Da una parte c’è questo dovere da portare a compimento, dall’altro c’è lo scetticismo.
L’eroe stendhaliano sottolinea continuamente lo scetticismo nella possibilità di
realizzare il dovere.
La struttura tipica dell’eroe stendhaliano è di porsi come dovere una conquista, di
denigrare le sue qualità, e questo procura un piacere e un valore più elevato. Qualità
che vengono minimizzate.
Il processo di cristallizzazione lo ritroviamo nel capitolo 9. Usa il lessico militare
parla a sé stesso e si dà un obiettivo, scegliendo il momento in cui tenterà la sua
impresa. la conquista della mano Alla fine M.me de Renal non sottrae più la mano,
ma lotta per non tenerla troppo a lungo tra le sue mani

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La parola ignorante si riferisce al fatto che M.me de Renal nn conosce il sentimento
amoroso e manca quel senso morale che non le permette di sentirsi in colpa.
Il sentimento amoroso permette a Julien di scoprire i suoi veri valori e di mutare
grazie all’amore.
Il ritratto, Julien custodisce gelosamente un ritratto e non vuole farlo vedere a M.me
de Renal, che ipotizza che sia il ritratto dell’amata. Il tema del ritratto è un tema
classico, lo troviamo nella princesse de clèves. M. de Renal vuole sistemare le stanze
da letto della casa, allora Julien le tira un le chiede di recuperare il ritratto ma le dice
di non guardarlo. Altra fase del processo di innamoramento, la gelosia, che sarà
breve.
M.me de Renal non apre la scatola che racchiude il ritratto di Julien. M. de Renal non
avrebbe gradito considerando che era sindaco. Scrive dietro il ritratto di Napoleone
frasi di ammirazione nei suoi confronti con la data accanto.
Episodio legato ad un altro momento della gelosia.
Arriviamo all’amour-passion.
Nonostante riconosca l’amore non trova nulla che possa essere deplorevole in esso.
La gelosia termina in questo momento.
Poco prima della malattia del figlio parla di adulterio, riconosce come adulterina la
relazione che vive con Julien. Questo momento è importante perché sorgono ostacoli
a questa felicità che inizialmente pensava assolutamente naturale e sincera. Nel
capitolo 19 vediamo la malattia del figlio Stanislas.
Per la prima volta non abbiamo solo l’arrivo e la presenza del rimorso, della
consapevolezza di una colpa, ma è in questo capitolo che viene inserito con un ruolo
importante l’ostacolo della religione. Ostacolo fondamentale nella relazione fra M.me
de Renal e Julien. Attraverso i rimorsi e la sofferenza della donna, in occasione della
malattia del figlio Julien comprende il suo amore. Anche lui si rende conto di amare
profondamente M.me de Renal.
dialogo continua tra Julien e M.me de Renal, entrano nell’amour passion, percepito
come follia da entrambi.
Julien rivolge il suo amore e notiamo un cambiamento nel suo personaggio. Cap 19.
Julien decide di assecondare la decisione di M.me de Renal e partire per Besançon
che inaugura una lunga parentesi nella loro relazione, e in qualche modo
effettivamente rappresenta il momento di chiusura di questa prima parte.
Dopo esser partito, arriveranno delle lettere che costringono Julien a trasferirsi in
seminario.

92
LEZIONE 29.
Nella seconda parte si parla dell’amore tra Julien e Mlle de la Mole
Julien si trova a casa di M.lle de la Mole, Mathilde, che è una specie di doppio di
Julien, l’amore che li lega sarà d’admiration, de tete, una sintonia intellettuale. Se
M.me de Renal quando parlava con Julien evocava les affinités electives come scritto
nei loro discorsi, Mathilde de la Mole spiegando le letture che le sono più congeniali
ricorda Marguerite de Navarre, e scrittori che la elevano ad un livello intellettuale più
alto, più affine a quello di Julien.
Riferimento all’histoire de France, tutto quello che viene riferito a Mathilde de la
Mole evoca una letteratura molto più impegnata e legata agli scritti storici e alle
cronache di Francia.
Nel Cap 9, riflessione di Julien importante perché dopo che M.lle de la Mole fa una
serie di riferimenti a Brantome, d’Aubigné, Julien si sente in difetto e decide di
leggere anch’egli le opere a cui si riferisce M.lle de la Mole per essere sullo stesso
piano. Il rapporto all’inizio è sbilanciato più verso Mathilde de la Mole. Amour de
tete che pian piano eleva lo stesso Julien al ruolo di personaggio eroico, di cui ancora
non ha le caratteristiche e il rapporto con Mathilde gli permette di rientrare in questo
universo.
Il rapporto fra i due usa il registro linguistico della guerra, quando Julien decide di
conquistare M.lle de la Mole usa l’espressione “aux armes”nel capitolo 13 della
seconda parte.
La lettera anonima entra come elemento materiale, della narrazione. Julien decide di
riscrivere questa lettera sul suo conto, per poter conquistare M.lle de la Mole usando
il registro del combattimento, della guerriglia, ,perché Mathilde rappresenta il doppio
di Julien, a parte per la levatura intellettuale, anche perché incarna la dama, che riesce
ad unire la storia gloriosa e la vita reale proprio per questo suo grande spessore
intellettuale. Anche Mathilde intende conciliare la storia gloriosa, quella delle grandi
gesta che studia continuamente leggendo, e dall’altro la vita reale.
Nel momento in cui lei lo crede degno, perché lui si eleva al suo stesso livello si
innamora. Il processo di innamoramento segue le stesse fasi che erano state seguite
nel rapporto fra Julien e M.me de Renal.
Nel Cap 18 inizia la follia d’amore, la stesso che abbiamo rintracciato nella prima
parte. Inizia poi la fase della gelosia.i n cui viene descritta la sofferenza reale e
sembra un combattimento che si gioca ad armi pari , infatti Julien decide di far
ingelosire M.lle de la Mole seducendo M.me de Fervaque.
Cap 26

93
Costruisce questo processo di seduzione attraverso questa sorta di guida alla
seduzione attraverso le lettere che gli erano state donate, e ovviamente riesce a
sedurre M.me de Fervaques. Dopo questa gelosia che a questo punto diventa
reciproca, M.lle de la Mole prende consapevolezza del sentimento, cosa che accadeva
anche nella prima parte con M.me de Renal.
Nel capitolo 32 si invertono i ruoli, è come se Julien superasse Mathilde con questo
suo amore e assume l’eroismo che rivela nella parte finale. Parte in cui si rivela
questo sentimento.
All’interno di queste parti cominciano ad associarsi a Mathilde due colori, il rosso e il
nero. Attraverso i vestiti, in qualche modo questa simbologia cromatica viene assunta
anche da Mathilde e anticipa poi la morte di Julien. Perché la condanna a morte di
Julien nel suo destino infausto, una parte di questo destino è responsabile Mathilde de
la mole, perché se lui non la avesse incontrata non sarebbe stato condannato.
L’ingresso di de la Mole nella vita di Julien è segnato da elementi premonitori che
prospettano la morte di Julien.
Nel momento in cui de la Mole si innamora di Julien e assecondando il sentimento di
Julien arriveranno a ufficializzare l‘unione. L’ufficialità dell’unione causa la morte di
Julien perché aveva tentato di uccidere Mme de renal e viene condannato ma gli
permette di entrare in una dimensione eroica e mitica. consacrata dal funerale teatrale
che lo attende alla fine.
.
Nella lettera espone il modo in cui Julien una volta condannato riflette su se stesso.
Intanto Mathilde è rimasta incinta
Tutto il romanzo è una presa di coscienza di Julien rispetto al suo io, di fatto è
un’acquisizione passo passo della verità su sé stesso. Nel Cap.36
Julien viene a scoprire di aver soltanto ferito M.me de Renal e non di averla uccisa.
Leggiamo le disposizioni che Julien dà rispetto alla parte successiva, alla sua morte.
Cap 41 le jugement. Nella parte precedente Julien ha dato delle disposizioni per la
celebrazione dei funerali. Verrà decapitato e dispone che entrambe le donne verranno
condotte insieme al luogo della sua sepoltura, che è la grotta che apre il romanzo.
grotta in cui coltiva le sue letture, è simbolo della sua coscienza e interiorità. E lì
verrà portata la testa decapitata di Julien. Entrambe le donne hanno due ruoli
differenti. M.me de Renal muore di dolore, fine tragica delle eroine classiche, mentre
Mathilde accompagnerà la testa decapitata di Julien fino alla grotta. Questa
teatralizzazione del funerale, e del ruolo di Mathilde sembrano condannare la stessa e
non nel ruolo che ha avuto con Julien ma come condanna alla sua classe di
appartenenza.
Condanna i gruppi religiosi e la falsità religiosa

94
Non è la morte di una persona nobile, di contro il fatto che accorra tutta la provincia è
quasi surreale. Tutti i tentativi per salvarlo sono vani.
Cap 42 “ma conduite a été atroce » frase che viene detta nella prima parte del
romanzo quando M.me de Renal si reca in chiesa per l’ultima volta, in preda alla
passione per Julien sembra aver perso il senno e una sua amica dirà proprio che la sua
condotta è stata atroce.
Riferimento alla doppia identità di Julien, il rosso e il nero a cui ci riferivamo
all’inizio. “l’homme a deux etres en lui”. Riferimento a quell’eroico a cui accede
Julien grazie al rapporto con Mathilde. “l’avantage d’une naissance illuste me
manque, il est vrai …. Dimensione eroica che mancava a Julien.
Cap 43 il prete lo vuole confessare.
Ci sono alcune ellissi narrative negli ultimi due cap. il primo è relativo alla
decapitazione di Julien, nel senso che la sua morte non viene completamente
raccontata cosi come avveniva nelle tragedie classiche. La morte di Julien viene
soltanto evocata ma niente di più.
Cap 45 ellissi narrativa, i punti di sospensione che concludono il discorso di Julien
saranno continuati dopo la sua morte. La richiesta di Julien viene esaudita da Fouqué
grazie ad una négotiation.
Abbiamo delle informazioni che riguardano una sorta di romanticismo byroniano, se
pensiamo alla grotta, alla testa stessa di Julien, al fatto che Mathilde la prende e
accenda tutte le luci e cominci a baciare questa testa, recupera quel romanticismo alla
Byron che è rintracciabile qui.
Quando facciamo riferimento alle plus riches provinces de France, abbiamo un
riferimento concreto ad una regione della Francia. Da un lato abbiamo un
romanticismo esasperato nel personaggio di Mathilde e dall’altra parte dei riferimenti
concreti a luoghi realmente esistenti e molti ricchi.
Teatralità inizia già da qui, incarnata dalla stessa Mathilde, entra e accende le
candele, apre il mantello dove è custodita la testa di Julien. Anche Fouqué è sorpreso,
vede entrare Mathilde. Restituisce questa sorta di teatro ricostruito nella parte
conclusiva del romanzo.
“je veux le voir”, segna la Mathilde autoritaria, e la teatralità continua, elle se jeta à
ses genoux. Moltissimi riferimenti che ricordano il teatro classico.
La teatralità continua poi nella cerimonia. Come annunciato nel processo di Julien
anche il funerale sarà surreale, perché accorreranno da tutte le province, ci sarà una
quantità di gente impensabile per una morte così semplice. Stendhal recupera questa
storia dalle storia di cronaca nera che erano all’ordine del giorno, è impensabile che
per Julien Sorel accorra tutta questa gente dalle province.
20 preti, che celebrano la cerimonia. “cette étrange cérémonie”. Viene definita strana.

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Seconda ellissi narrativa relativa alla morte di M.me de Renal. La differenza fra la
fine di Mathilde e la fine di M.me de Renal segna i due sentimenti diversi e
rappresenta una critica sottile alla società dominata dalle apparenze, la teatralità, la
curiosità che genera il funera di Julien, è una sorta di esasperazione delle apparenze.
Anche il modo in cui Mathilde sistema la grotta utilizzando ricchi marmi fatti
realizzare in Italia. Le due donne hanno delle conclusioni diverse, a Mathilde non è
restata che la testa di Julien. Mathilde e Julien sono legati da un amour de tete,
mentre M.me de Renal era legata ad un amore passionale più completo, ne morirà tre
giorni dopo.

Balzac e la Recherche de l’Absolu.


LEZIONE 30

La recherche de l’absolu, titolo simbolico, richiama vari elementi quali la ricerca e lo


studio che sono preposti all’ottenimento di un obiettivo: l’assoluto.
Fa parte della Comédie Humaine ed è stato pubblicato nel 1854.
Rapporto fra reale e immaginario, nella descrizione delle regioni in cui viene
ambientato il romanzo, descrizione della casa e della società nel, rispetto la poetica di
Balzac, più tradizionale e si lega all’immaginario che rientra nel romanzo, proprio nel
personaggio di Balthazar. In questa evocazione dell’assoluto che non viene mai
definito in realtà, Balthazar dopo aver ricevuto la visita di un polacco, che lo invita in
questa ricerca scientifica, che riguarda l’alchimia per ricercare l’assoluto. Si chiude
nel laboratorio senza far entrare nessuno per fare gli esperimenti. L’ Immaginario che
viene evocato, non è un immaginario fantastico come lo intendiamo noi, ma evocato
nella ricerca dell’assoluto, nel principio di tutte le cose, come elemento capace di
trasformare la materia.
Il romanzo che alterna una poesia sottesa al testo vero e proprio, e una ricerca del
vero che rientra nella concezione di realismo di Balzac.
Il romanzo rappresenta un momento importante nell’evoluzione del pensiero e della
scrittura di Balzac. All’interno decide di realizzare l’incontro quasi simbolico e
mitico fra le Fiandre e la scienza. Opera molto diversa da molti romanzi balzacchiani.
Per quanto riguarda la struttura dell’opera e le scelte poetiche, siamo all’interno della
poetica balzacchiana.
Questo non è il solo romanzo in cui troviamo l’evocazione dell’immaginario, ma è
importante che assoluto evocato sin dal titolo
Come concetto filosofico l’Assoluto non viene definito né da Balzac né in quel
tempo, nella sua accezione filosofica entrerà successivamente. Balzac non ci dà una
definizione filosofica di assoluto, é un idea molto ampia, e caratterizza tutta la
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Comédie humaine, perché Balzac all’interno della comédie ci presenta un
personaggio particolare, che chiameremo il cercatore dell’assoluto. Questa figura
narrativa non la troviamo solo in questo romanzo ma anche in altri. Personaggio che
viene identificato e categorizzato e ha una serie di caratteristiche.
Ritroviamo questo personaggio in Balthazar, in Gambalat e Frenofer e Lambert,
sebbene abbiano una concezione di assoluto diversa e la sua ricerca sia diversa,ma
non tutti ricercano lo stesso tipo di assoluto. Balzac prima di scrivere la Recherche de
l’Absolu, ha fatto una serie di studi sull’alchimia, nel romanzo ci sono molti elementi
legati ad essa, al di là delle ricerche scientifiche di Balzac ma non ci sono delle
ricerche filosofiche rispetto all’assoluto.
L’assoluto viene introdotto nei romanzi, e diventa anche il tema principale ma non
viene studiato come principio filosofico..
L’aggettivo assoluto nella comédie non ha un senso filosofico, ma l’aggettivo
assoluto ha prima di tutto un senso politico, poi morale e poi estetico.
Così come accade in Balthazar, l’assoluto in lui ha un senso politico, come una forza
che si impadronisce completamente del personaggio e ne fa il punto focale della sua
esistenza, forza imperiosa da trasformare il personaggio e da trasformarsi nel
personaggio. Balthazar non rimane lo stesso, cambia, questa ricerca imperiosa e
l’assolutismo della volontà trasformano il personaggio e logorano, le mani e
l’aspetto rendendolo irriconoscibile agli occhi dei suoi familiari.
La descrizione di Balthazar muta nel romanzo e ci viene sottolineato dalla moglie e
dalla figlia che se ne rendono conto subito..
All’inizio la Recherche non è altro che uno studio, è una riflessione scientifica se per
ricerca intendiamo ciò che è positivo questa prende così tanto l’animo di Balthazar
da diventare una mania, assume una posizione centrale in tutta la sua esistenza.
sconvolge la gerarchia di valori, mettendo la famiglia in secondo piano,
depauperando la fortuna della casa e ostacolando il futuro della figlia Marguerite. Poi
diventa una monomania, non è più una mania fra le tante, una mania assoluta, cosa
che poi porterà quasi alla follia Balthazar. Questa ricerca trasforma il personaggio e si
trasforma essa stessa.
L’assoluto in Balzac ha questo senso politico che ricorda quasi l’assolutismo di Luigi
14 e di Napoleone, ha questa forza politica all’interno del personaggio perché Balzac
cerca di rintracciare nei personaggi una sorta di potere segreto che possa agire sugli
uomini. Effettivamente in Balthazar rintraccia l’ambizione del genio che deve
raggiungere il suo obiettivo, il suo scopo: Potere del genio che prende possesso del
personaggio.
Questa ricerca dell’assoluto si lega anche al significato di genio e genialità che è
tipico del Romanticismo, dell’800 anche se ha avuto una sua definizione anche nel
700.

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Ha anche l’energia che abita nei geni inventori, che sono anche grandi ricercatori,
scoprono qualche grande realtà, che sono avidi di realizzare e desiderosi di realizzare
un obiettivo e un’impresa esaltante. il senso politico legato a questa necessità di
realizzare questo progetto esaltante che fa parte dell’identità del genio romantico.
Questo viene associato ad altri termini, ad es. il termine infinito che spesso viene
utilizzato in alternativa di assoluto, quindi infinito, indefinito, impreciso, l’assoluto
balzacchiano si confonde con l’indefinito rientra sotto forma di mistero che sfida
l’intelligenza umana. Questo mistero inizialmente sembra nascondere qualcosa, ma di
fatto non nasconde assolutamente nulla. È senza contenuto.
Questa aura di mistero che circonda l’assoluto, a livello narrativo è reso in maniera
veramente eccellente da Balzac. E proprio la costruzione narrativa e romanzesca
aumenta il peso di questo mistero, sempre ricercato. Il lettore non accede mai nel suo
laboratorio, rimane sempre dietro la porta di Balthazar ed è utile ad aumentare il
senso di mistero della sue ricerca e a dargli quasi un significato mistico. Questo senso
metafisico del mistero viene reso attraverso l’uso di scelte, come la limitazione di ciò
che realizza Balthazar. Anche noi abbiamo poco accesso ai pensieri di Balthazar, non
siamo messi nelle condizioni di comprendere se quello che fa ha un senso o se è in
preda alla follia.
Continuo mistero proposto al lettore è una scelta narrativa importante che rende il
romanzo piacevole. La ricerca dell’assoluto, infinita, imperativa, totale. Per questo
Balthazar alla fine è completamente annullato da questa ricerca, psicologicamente e
fisicamente, intellettualmente come se fosse fuori di sé nel senso letterario del
termine, non si capisce se si tratta di una follia realmente, o è un alchimista, ma esce
fuori da ciò che rappresenta il personaggio.
La ricerca di questo infinito è infinita e logora l’energia vitale dell’essere umano.
Invece è una energia esauribile per questo Balthazar si trasforma e il confronto con la
scienza è drammatico.
Balzac per la prima volta mette insieme les Flandres, questa regione così particolare,
soprattutto ricca, e la scienza, in maniera simbolica, mitologica ma anche
drammatica.
In cosa sta la drammaticità dell’oggetto della scienza nel romanzo?
L’energia dell’essere umano è limitata e il confronto con questa ricerca si caratterizza
come uno scacco, una sconfitta per l’essere umano. È un confronto fra la finitezza
della società e dall’altra parte l’infinito del pensiero, tutto quello che richiede l’anima
in questa ricerca dell’assoluto.
L’assoluto rappresenta non solo il tema principale del romanzo ma anche una sfida
per il lettore. Il titolo è importantissimo per l’autore. Bisogna saperlo leggere, è un
elemento paratestuale, che si trova al di la del testo del romanzo. perché lì si definisce
il patto con il lettore.

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La recherche de l’absolu, è una sorta di menzogna romanzesca che viene messa in
gioco perché di fatto è un titolo ossimorico, infatti alla fine non lo trova questo
assoluto. Balthazar Claes è un chimico, è lui che ricerca esplicitamente l’assoluto ma
si tratta effettivamente di una menzogna romanzesca, perché questo assoluto non
viene mai definito, non si sa cosa sia, è tutto sottinteso, anche quando il polacco parla
con Balthazar, sembra nascondere sempre la verità. Una ricerca di qualcosa che non
si sa cos’è. È inganno romanzesco proprio perché nasce da un’inesattezza
terminologica perché non esiste di fatto una definizione precisa, o almeno che ci dà il
narratore rispetto alla definizione fisica.
La recherche de l’absolu si discosta dalla comédie humaine rispetto alla poetica
tradizionale della stessa. Però Balzac dà l’esperienza dell’assoluto, mette il lettore
nelle condizioni di provare il limite di questa esperienza e della conoscenza, del
potere, dell’uomo su se stesso e sul reale e anche i limiti della narrazione romanzesca.
Ma riguarda anche i limiti della narrazione, ci sono zone confuse, elementi poco
chiari costruiti ad hoc da Balzac
Questo romanzo rappresenta anche il progetto poetico di Balzac, ovvero è la stessa
sfida che Balzac fa a sé stesso quando ipotizza il concetto della comédie humaine. La
recherche è stata interpretata come una sorta di metafora del lavoro dell’autore, e
alcuni hanno visto dietro il personaggio di Balthazar, Balzac. Si può leggere anche in
questo modo.
La recherche de l’absolu viene scritta per gli studi di costume perché rappresenta una
scena di provincia, rappresentava la conclusione di tutto un percorso negli studi di
costume, ma Balzac decide di spostarla ne les études philosophiques. Questa
indecisione è importante perché da una parte testimonia come questo romanzo
riguarda lo studio della provincia, di analisi di un contesto sociale particolare, il
problema di una famiglia, , gli equilibri familiari, e l’idea di famiglia .Ma abbiamo
questo mistero, questa ricerca, monomania, che mette in crisi Balzac, infatti lo
trasferisce negli studi filosofici. Romanzo cerniera tra due sezioni, ci presenta due tipi
di Balzac, luno legato al realismo, e uno più legato a questa idea dell’immaginario,
del mistero che è l’altro versante del Romanticismo.
Non bisogna classificarlo come scrittore realista in assoluto,.Il realismo di Balzac è
particolare e l’immaginario e il fantastico entrano nella Comédie Humaine, sono
elementi del periodo romantico, e fanno parte della scrittura e della sua poetica.
In Zola questo si perde, e anche in Flaubert, ma in Balzac è ancora molto presente. Il
titolo della recherche è molto importante, mette in evidenza questa monomania
inaccessibile. .
Il personaggio che ricerca l’assoluto, inteso come infinito o come ricerca intellettuale,
si incarna in 3 figure all’interno della comédie .
-le génie: il genio, molto spesso è un artista, inventore, ricerca un oggetto particolare,
cerca di comprendere il segreto che si trova in questa ricerca, vuole capire il sublime,
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-il folle, colui che è in preda ad un delirio, essere irrazionale, eccessivo, lo troviamo
nelle ultime parti del romanzo. In una parte in cui è a passeggio, viene preso a sassate
da bambini che lo chiamano folle. La situazione della famiglia di Balthazar viene
conosciuta da tutti coloro che vivono in città. Famiglia di un certo rango, partiva da
una ricchezza economica, aveva un ruolo all’interno della società. Quando si
comincia a vedere come questa famiglia depauperasse i suoi averi vendendo tutto ciò
che aveva di prezioso, tutti si chiesero cosa stesse succedendo, le voci si diffusero e
venne costruita l’idea di Balthazar come folle.
Il folle è colui che ricerca così tanto qualcosa fino ad arrivare ad un eccesso che lo
rende un essere\marginale che continua la sua ricerca in solitudine
-il mistico, manifestazione divina del reale e della materia, È caratterizzato da questo
tentativo di elevazione e può coinvolgere in questa elevazione individuale verso
l’infinito anche la collettività. La riflessione del mistico assume quasi le
caratteristiche di una religione, di un dogma, perché tutto è sostenuto più da
un’espressione di fede che dalla razionalità. Perché è un modo per elevarsi al di
sopra dell’esistenza umana.
Baltazar rientra nella tipologia del monomaniaco che perde il senno. e incarna una
figura archetipale precisa.
Balthazar è descritto legando il suo personaggio, all’elemento naturale del fuoco. Ci
rendiamo conto che le sue unghie sono bruciacchiate, che gli occhi sono come
infuocati, perché Balthazar è un personaggio che si avvicina a Prometeo, è un
incarnazione di Prometeo, colui che cerca la conoscenza.
Balzac descrive le Fiandre, e la famiglia molto ricca delle Fiandre e la famiglia ha
avuto un ruolo importante . Il romanzo viene ambientato in un epoca che non è
contemporanea a quella di Balzac, e si differenzia dal resto della Comédie.
Fa una descrizione accurata della casa di Balthazar, e dei vari piani, molti critici
hanno cercato di capire se Balzac riprendesse la struttura architettonica delle Fiandre
e avesse studiato per rendere fedele questa descrizione architettonica.
Dopo abbiamo la descrizione della moglie e di Balthazar stesso.
La physionomie de cette dame… lettura.
Bathazar Claes se montra tout à coup, fit quelques pas, sembra avere più di 50 anni, è
un po’ più curvo e più basso rispetto alla sua altezza originaria. Viene sottolineato il
peso della testa, e le caratteristiche legate al viso. Il corpo di Balthazar assume la
forma di un essere quasi fantastico, c’è una disarmonia fra le parti del suo corpo.
Pag 42. riferimento all’intelligenza, le protuberanze rappresentano l’intelligenza e la
passione, in maniera quasi una definizione poetica.
Riferimento alla sua mania, dell’inizio dello studio dell’alchimia e alla
trasformazione del suo corpo. Alle prese con una serie di elementi chimici, polveri da

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combinare, le narici avevano assunto questa tensione quasi involontaria tipica di chi
lavora in laboratorio. Riferimento al fuoco pag 43, che caratterizza Balthazar, fuoco
segreto che l’ha incessantemente prosciugato. La flamme qui dévoirait son ame.
In qualsiasi altra persona tutto questo avrebbe significato la miseria che i vizi
generano. Pag 44  le génie, nella prima parte viene sottolineato il genio che
successivamente diventa follia. La moglie viene descritta come un’anima generosa.
Vengono elencate le virtù, l’amore di Josephine che ama profondamente Balthazar,
alla fine infatti poiché egli si chiude in se stesso e nei suoi esperimenti, non parla più
con la moglie, allora per entrare nella testa di Balthazar si mette a studiare la chimica
per comprendere il marito e poter dialogare con lui. La moglie muore di dolore. Nel
momento in cui muore, Balthazar è chiuso nel laboratori e sebbene lo invitassero a
scendere per vedere la moglie, lui continua a perdere tempo.
Sempre all’interno del romanzo per sottolineare il profondo amore fra i due, abbiamo
un flashback, la storia della loro unione. Il matrimonio si ha nel 1795. Josephine ha
origini spagnole, appartiene ad una ricchissima famiglia vicina alla casa reale.
Anche Josephine si rende conto della trasformazione del marito che lei aveva
ignorato, sono le amiche che glielo fanno notare.
Cette femme heureuse pendand 15 ans, et dont la jalousie ne s’était jamais éveillé, 
la gelosia diventa nulla all’interno del cuore dove una volta regnava.
pag 72-73-74 Josephine cerca di avvicinarsi a Balthazar.
Tu m’as promis, dit-elle en lui prenant la main qu’elle garda … ha fatto i suoi studi, è
curiosa
pépita diminuitivo con cui Baltahzar chiama Josephine. Abbiamo lo stesso registro
semantico del fuoco anche nel polacco che ha incontrato Balthazar, Adam.
Da pag 108 in poi Balthazar cerca di scomporre l’azoto, l’ossigeno l’idrogeno e il
carbonio per la sua ricerca dell’assoluto.
Quando smette di comprare gli elementi recupera l’amore per la figlia, sono momenti
brevi perché quando smette di ricercare l’assoluto lui non ce la fa e smette di studiare
Un ruolo fondamentale dopo la morte della madre lo avrà Marguerite, la madre prima
di morire le chiede di assecondare le richieste del padre, la richiesta di denaro per i
suoi esperimenti, per supportarlo nella sua follia. La follia sarà tale che Balthazar
venderà quasi tutto ciò che trova in casa, e anche la figlia vende tutto, Marguerite e
Emmanuel si sposano dopo qualche anno perché dal punto di vista economico non
potevano prima.
Lettura sulla parte in cui M.me Claes sta per morire e lascia la lettera a Marguerite.

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Questa scena ci testimonia come per Balthazar anche la stessa morte di Josphine
possa passare in secondo piano rispetto alla scienza. Dopo il matrimonio della figlia il
protagonista scopre che un altro aveva trovato l’Assoluto.

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