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Eccoci arrivati a Uno, che poi è il secondo...

numero del
magazine, dopo la 'prova tecnica' dell'altra volta. Diciamo
che è andata oltre previsione, Creativity Papers è stata
accolta con un entusiasmo che rischia di farci tremare i pixel
sullo schermo, quindi ci montiamo la testa e con questo Uno cerchiamo di aggiustare
la rotta, proseguendo nel nostro cammino per la dominazione del Mondo Virtuale.
Prima tappa: impossessarci dei vostri cervelli, con un numero del mag che, uscendo
alle porte dell'estate, tratta il tema del Cambiamento, ma in realtà tratta dell'essere
alle porte dell'estate, da ogni punto di vista: socio-politico-attuale; esoterico-magico;
scientifico; censorio e recensorio.
Il Cambiamento impregna ogni pagina di questo numero, per il quale abbiamo
lavorato sodo in fase preparatoria, così da avere una rivista 'editorialmente' più
professionale di quelle professionali (chi ha detto: "non ci siete riusciti"?; via dalla
classe, dal Preside, con una nota). Quindi impaginazione, grafica, lunghezza degli
articoli, contenuti e bla bla, sicuramente implementati rispetto allo Zero.
E implementando di questo passo, una volta preso il controllo dei vostri cervelli,
passeremo alla fase Due. Ma dovrete aspettare il Due del mag.
Cosa c'è qui dentro, stavolta? Come per l'altra, una scorsa al sommario può essere
sufficiente per evitare domande idiote buone solo a far perdere tempo al Direttore,
che ha mille cose da fare, iniziando dal dar da mangiare il canarino al gatto. Ma due
righe per dire che alcuni pezzi proseguono discorsi già cominciati l'altra volta - politica
e attualità - ci sono rubriche che diventano fisse - Il Ballista di Giovanni Pili e lo spazio
sull'esoterismo curato da Maria Papa - e altre che vanno delineandosi come spazi
puntuali in questo buco nero di rivista, vedi gli interventi scientifici di Alessandro
Sasso.
La nostra strategia di conquista mentale del virtuale ci ha portati anche a varare
una serie di allegati speciali, senza periodicità, inaugurati già da questo numero con
un libro scritto da Simone Stricelli, che ripercorre i 150 anni dell'Unità d'Italia, e che
potete scaricare gratuitamente qui.

Soprattutto c'è la conferma di un gruppo di aspiranti giornalisti alternativo-


arrembanti che tentano, con grande impegno e nulli denari, di dire la loro su... tutto!
Sperando, nel cammino, di far aggiungere al numero altri collaboratori perché, se la
voglia di scrivere creativo è tanta (e ce ne accorgiamo giorno dopo giorno vivendo le
esperienze web da cui Creativity Papers nasce), speriamo lo sia anche quella di
scrivere del/con/nel proprio tempo. Giornalisticamente, insomma.
E, last but not least, visto che parliamo di creatività, anche in questo numero c'è
un corposo inserto che presenta poesie e racconti selezionati fra quelli
quotidianamente ospitati dal forum Creativity Station.
Insomma, signore e signori, a me i vostri cervelli... per questo numero ve la cavate
con poco.

Il Vostro affezionato vicino di caos,


Roberto Sonaglia

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Attualità
Il recente omicidio di Osama Bin Laden ha suscitato il giubilo di
conservatori ultraoccidentali, come il direttore del Giornale, Alessandro
Sallusti, il quale, non curante degli stomaci più deboli, ha pubblicato in
prima pagina una bandiera a stelle e strisce. Particolarmente eclatante è
stata l’esultanza patriottica dei cittadini americani a Times Square. Qual
è il motivo di tanto entusiasmo? Per dirla con il Giornale: “Siamo tutti
americani. Osama ci aveva dichiarato guerra e per questo ora
brindiamo”. In realtà la questione è più complessa; innanzitutto perché
Al Qaeda percepisce se stessa come difensiva, poi perché è fuor di
dubbio che il movimento dello sceicco saudita sia stato generato,
rafforzato e giustificato proprio dalle ingerenze occidentali nel mondo
arabo e islamico.

Il prologo di Al Qaeda ha come scenario l’Afghanistan degli anni ’80.


Qui, il 27 dicembre 1979, l’Unione Sovietica penetrò per tenere in piedi
il regime comunista instaurato un anno prima, minacciato da conflitti
interni, uccidendo l’infido Hazibullah Amin – che aveva intenzione di
rompere l’alleanza con la Russia – per portare al governo il Quisling
Babak Karmal. Il comunismo afghano aveva già fatto 15.000 vittime ed
ebbe subito l’avversione generale per via della secolarizzazione forzata di
una società fortemente legata alle proprie tradizioni. L’intervento
sovietico non solo non riuscì a placare la guerra civile, ma provocò la
reazione di notevoli gruppi islamici estremisti esterni al paese. Così, dal
mondo arabo giunsero 30.000 volontari attraverso il Pakistan, luogo in
cui i gruppi possono addestrarsi sotto l’ombra del governo
fondamentalista (ma amico degli Stati Uniti) di Zia Ul-Haq. Gli USA
sperano di fare impantanare l’URSS in terra afghana, così aiutano i
gruppi Mujaheddin: la CIA – tramite elementi pachistani – diede ai
combattenti antisovietici ben 300 milioni di dollari; inoltre giunsero alla
resistenza afghana armi americane quali 900 Stinger, potentissimi mezzi
contraerei.
Osama Bin Laden, giovane ingegnere erede di una famiglia miliardaria
saudita, avvicinatosi all’islamismo radicale, nel 1982 si unisce alla
guerriglia. Arrivò in Afghanistan non solo come combattente ma – grazie
alle sue ingenti risorse economiche – come un importantissimo
mecenate dei Mujaheddin; infatti, oltre ad addestrare militanti nell’area

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di Peshawar, finanzia lo spostamento di questi dal Pakistan
all’Afghanistan ed impiega soldi e macchinari per la
costruzione di strade e infrastrutture, ma anche rifugi,
gallerie e trincee.

L’8 aprile 1988, i sovietici, avendo preso atto


dell’impossibilità di venire a capo della situazione, iniziano
ad abbandonare Kabul. I jihadisti hanno vinto e Bin Laden
grazie ai suoi enormi contributi, diventa un nome
“Osama offrì il suo rispettato dalla galassia fondamentalista. Osama tiene i
contatti di numerosi compagni di lotta: è il primo nucleo di
sostegno all’Arabia Al Qaeda, in arabo 'la Base'. Presto questo primo gruppo si
Saudita unirà a quello di Anwar Al-Zawahiri, medico egiziano e
contro l’Iraq a patto avversario di Sadat, detto 'Jihad egiziana'. Nel 1989 Bin
Laden ritorna in Arabia Saudita, ma non rinuncia al suo
che non si rivolgesse ruolo di padrino della guerra santa; in questi anni Al
agli USA” Quaeda diviene un’organizzazione islamica transnazionale,
capace di tenere le fila di numerosi reduci del fronte
afghano, pronti a riprendere le armi e applicare su scala più ampia
l’esperienza ricevuta.1

Il 2 agosto 1990 l’Iraq di Saddam Hussein occupa il Quwait. Il paese del


Golfo Persico ha subito la solidarietà di vari paesi arabi, fra cui l’Arabia
Saudita, il cui re Fahd teme l’espansionismo iracheno. Osama offre il
proprio sostegno al suo sovrano a patto che egli non si rivolga agli Stati
Uniti, infedeli occidentali non dissimili dai russi. Tuttavia, la monarchia
Wahhabita già dal 1975 intraprende relazioni amichevoli con gli USA; così,
già dall’agosto del ’90 il despota consente l’ingresso di truppe militari
straniere sul suolo del paese, per lo più statunitensi, per preparare
l’invasione dell’Iraq. Dopo la Guerra del Golfo – terminata il 28 febbraio
1991 – le truppe americane sono autorizzate a rimanere nella penisola
arabica, ove stabilizzano diverse basi militari.

Per questo motivo Bin Laden rompe con re Fahd; diventato un


oppositore, subisce la confisca di tutti i beni ed è costretto a lasciare il
proprio paese.

Nel 1991 il capo di Al Qaeda si trasferisce


in Sudan. Il paese africano è governato da
due anni da Omar Al-Bashir che proprio
allora mise in vigore il codice islamico,
elaborato dal magistrato e “intellettuale”
integralista Hassan At-Turabi.2 Nel paese di
Khartoum Osama consolida le sue idee
fondamentaliste e prosegue le sue opere da

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magnate, in collaborazione col
Governo: costruisce campi di
addestramento militare; finanzia
l’islamizzazione; fonda aziende
agricole; costruisce strade, ponti e
aeroporti; inoltre commercia materie
come il mais o la gomma arabica.
Militanti pakistani e afghani
raggiungono il proprio leader in
Sudan e da qui saranno inviati a
compiere azioni nel nuovo campo di
battaglia.

In Somalia infuria la guerra civile;


così nel luglio 1992 l’ONU decide di
inviare uno schieramento militare al
fine di proteggere gli attivisti
umanitari. A dicembre lo stesso
organismo benedice l’invio di un
contingente di 28.150 uomini –
monopolizzati dagli Stati Uniti – al
fine di assistere le forze delle Nazioni
Unite. Il 9 dicembre sbarcano a
Mogadiscio le prime truppe, dando
inizio all’operazione chiamata Restore
Hope. La missione patrocinata dal
Cosiglio di Sicurezza si rivela un
immenso pasticcio: non solo quella
che doveva essere un’operazione
internazionale di pace diventa di fatto
un’operazione americana, ma il
contingente invece di portare la pace
e proteggere gli attivisti diventerà
parte in causa nella guerra civile,
ingaggiando battaglia contro le
truppe di Mohamad Farah Hassan
detto 'Aidid'.

Al Qaeda sostiene il generale Aidid


nelle imboscate contro le forze
statunitensi; il paese del corno
d’Africa sarà il banco di prova della
organizzazione di Osama, che si sente
giustificata dall’ennesima aggressione
occidentale ad un paese islamico. Il
26 settembre 1993 un elicottero

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americano viene abbattuto nei pressi della capitale somala, la folla
infierisce sui cadaveri dando segno evidente del sostegno popolare alla
guerriglia islamica;3 tra il 3 e il 4 ottobre i combattenti qaedisti sfidano gli
USA, sostenendo la milizia di Aidid nella decisiva battaglia di Mogadiscio4:
muoiono 18 soldati americani e ne vengono feriti 78. Una settimana
dopo, le truppe internazionali iniziano a ritirarsi dalla Somalia e a breve gli
USA abbandoneranno l’obiettivo di catturare il generale nemico.

È il primo successo di Bin Laden, l’eco del suo movimento è in ascesa


tra i fondamentalisti di tutto il mondo islamico. Ora Al Qaeda può
inaugurare la fase del terrorismo 'strictu sensu'. Il 26 febbraio 1993 il
seguace qaedista Ramzi Yussef fa esplodere una bomba nei parcheggi
sotterranei del World Trade Center, uccidendo 6 persone, provocando 700
feriti.

Al Qaeda acquisisce le tattiche del terrorismo; come tutti i gruppi di


questo tipo, le azioni – anche contro civili – sono volte tanto a dimostrare
la debolezza dell’avversario quanto ad esasperare i governanti per
costringerli a trattare, per realizzare determinati obiettivi. Bin Laden è
unito alla famiglia dell’islamismo radicale per quanto concerne il vecchio
sogno di restaurare il califfato, ma trova una sua specificità per quanto
riguarda lo scopo più realizzabile: il ritiro della presenza statunitense dai
luoghi sacri dell’Islam, in particolare dall’Arabia Saudita. Ricordiamo che
truppe USA sono stabilite anche in altri importanti paesi come l’Egitto o
l’Indonesia. Nel giugno 1995 fallisce un attentato
contro il presidente egiziano filo occidentale
Mubarak, in visita ad Addis Abeba; il 13 novembre
un’autobomba provoca a Riyadh (capitale Saudita)
la morte di 5 soldati americani e 2 indiani presso
un campo di addestramento della Guardia
Nazionale Saudita; sempre nella monarchia
assoluta dei Saud, un autocisterna esplode il 25
giugno 1996 uccidendo 19 militari statunitensi e
provocando un centinaio di feriti. Bin Laden
negherà la paternità dell’attentato di Riyadh, ma i
responsabili si diranno influenzati dai suoi scritti.

Omar Bashir, ostracizzato dal FMI (Fondo


Monetario Internazionale) e messo nella lista
americana dei capi di stato canaglia, sostenitori
del terrorismo internazionale, cerca di rifarsi una
verginità liberandosi di ospiti scomodi; così come
nel 1994 aveva consegnato alla Francia il terrorista
Carlos, nel 1996 tenta di vendere Bin Laden agli
Stati Uniti e all’Arabia Saudita. Questi lo rifiutano,
forse in quanto Osama avrebbe potuto rivelare in

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un processo i rapporti tra questi paesi e la resistenza afghana. Il Sudan
espelle Bin Laden; egli trova ospitalità in Afghanistan, forse grazie a
Massoud ma comunque rispettato dai talebani del Mullah Omar, leader
dell’emirato afghano e fautore di leggi teocratiche. Osama si prodiga
anche stavolta in finanziamenti e militanti qaedisti possono addestrarsi
nel paese ed aiutare i talebani nella guerra civile contro l’Alleanza del
Nord.5

Il 23 febbraio 1998, da Kandahar, il leader di Al Qaeda lancia il suo


proclama per la nascita del Fronte Islamico Mondiale: ogni islamico ha il
compito di uccidere 'ebrei e crociati', anche civili, in ogni parte del globo.
Dietro questa coltre fanatica e retrograda c’è la grande intuizione di Bin
Laden, che rende il suo gruppo un autentico movimento terrorista del XXI
secolo. Grazie alla globalizzazione delle informazioni, all’uso di Internet e
altre tecnologie, non è necessario avere rapporti diretti con un capo o con
una organizzazione; anche un anonimo, in qualsiasi parte del mondo, può
leggere le invettive antioccidentali qaediste ed eseguire attentati per
conto del movimento senza essere conosciuti da Osama. Contro il nemico
occidentale, si utilizzano gli stessi mezzi che esso ha ideato e diffuso.

Il 7 agosto Al Qaeda ritorna agli albori delle cronache internazionali


grazie a due azioni spettacolari: a Nairobi e a Dar-Es-Salaam esplodono
delle bombe contro le ambasciate statunitensi; 11 morti e 85 feriti in
Tanzania, 215 morti e 4.500 feriti in Kenia. La maggior parte delle vittime
è africana, solo una decina gli americani uccisi. Il presidente Clinton
decide di scatenare una rappresaglia contro il gruppo fondamentalista,
ma si comporterà esattamente come quest’ultimo: da terrorista; infatti gli
USA bombardano presunti campi qaedisti in Afghanistan – senza colpire
nessun importante membro del movimento – ma soprattutto, senza alcun

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motivo razionale, rade al suolo una azienda farmaceutica di Kartoum
accusata ingiustamente di fabbricare armi chimiche per il terrore. Nel
1999 Clinton minaccia i talebani di ritorsioni nel caso non consegnino
Osama Bin Laden; in giugno gli USA impongono sanzioni commerciali
contro il governo afghano. Il 5 ottobre 2000 nel mare dello Yemen, i
qaedisti abbattono un cacciatorpediniere statunitense uccidendo 17
marinai americani e ferendone 39. Due mesi dopo, le Nazioni Unite
votano la risoluzione 1333 che intima il governo di Kabul di consegnare
Osama e proibisce ogni accordo militare con esso. Il 9 settembre 2001 il
guerrigliero antitalebano Massoud viene ucciso ed è probabile la mano
qaedista.

L’11 settembre 2001 giunge il più famoso successo di Bin Laden, i cui
seguaci hanno mostrato la vulnerabilità degli Stati Uniti, che subiscono un
gravissimo attacco sul proprio suolo e nella città simbolo: New York. 19
qaedisti (per lo più sauditi, nessuno afghano) dirottano 4 aerei: 2 si
scagliano sulle Torri Gemelle, 1 sul Pentagono, 1 precipita. Alle Twin
Towers muoiono 2.974 persone. Il presidente Bush dopo aver chiesto
invano la consegna del capo qaedista, il 7 ottobre decide l’invasione
dell’Afghanistan. È in atto un circolo vizioso per cui gli attacchi qaedisti,
contro la presenza americana, provocano una nuova invasione americana
e ne giustificano ideologicamente un’altra (in Iraq) e gli attacchi americani
contro gli atti terroristici finiscono per generare nuovi atti terroristici.
Bin Laden scompare da Kandahar, probabilmente prima è a Tora Bora e
poi nel nord del Pakistan; comparirà comunque in dei messaggi video.
Negli anni successivi ci saranno altre azioni di terrore nelle città: l’8
maggio 2002 a Karachi (Pakistan) un autobus-bomba uccide 10 francesi
impiegati in un’impresa navale del paese transalpino per costruire un
sottomarino per contro del governo di Islamabad, muore anche un
pakistano; il 12 ottobre, a Bali (Indonesia) sono colpiti due locali notturni
frequentati da turisti: 187 morti e 309 feriti, le vittime furono soprattutto
australiane; il 17 maggio 2003 a Casablanca una bomba esplode in un
ristorante spagnolo uccidendo 41 persone.

Intanto nei primi mesi del 2003 si compie la guerra contro l’Iraq di
Saddam; gli Stati Uniti accusano ingiustamente il leader di Tikrit di
possedere armi di distruzione di massa e di sostenere il terrorismo
fondamentalista. Il tempo farà presto giustizia di tali falsità, mostrando
invece gli interessi privati di Bush e compari oltre che quelli colonialisti
degli USA in generale, alla ricerca del petrolio.
L’Iraq occupato dagli occidentali diviene una polveriera, per Al Qaeda è un
terreno fertile per nuovi arruolamenti e nuovi attentati. Il 19 agosto, a
Baghdad, un camion bomba si scaglia contro l’Hotel Canal ospitante il
Quartier Generale delle Nazioni Unite; muoiono 22 persone – fra cui il
rappresentante speciale ONU per l’Iraq: De Mello – oltre 100 i feriti. L’11
marzo 2004 ci sarà l’ultimo successo di Al Qaeda, culmine della sua

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potenza anche più dell’11 settembre; a Madrid, nella stazione di Atocha,
ci sono 10 esplosioni su 3 treni: 192 morti, 1.427 feriti. Il successo politico
qaedista è enorme: il governo conservatore di Aznar, favorevole alla
presenza spagnola in Iraq, fino ad allora in testa ai sondaggi e favorito per
la rielezione, cade drasticamente di consenso e poco dopo perderà le
elezioni contro il socialista Zapatero, il quale ha ritirato gli spagnoli dalla
regione mesopotamica.

Forse spinti da questo successo facile, il 7 luglio 2005 seguaci di Osama


pongono bombe su 3 treni e 1 autobus di Londra: 52 morti e 700 feriti.
Due settimane dopo, il 23 luglio, nella zona turistica di Sharm El Sheikh
vengono fatte esplodere delle autobombe che uccidono 90 persone e ne
feriscono 200. L’ultimo grande colpo è di tre anni dopo: a Mumbai, centro
finanziario dell’India; la dinamica rivela una certa impreparazione, non
solo esplosioni ma anche sparatorie per aver cercato di prendere in
ostaggio degli inquilini in hotel: complessivamente vi furono 195 morti e
300 feriti. Alla fine del 2009,6 a Natale, un seguace qaedista nigeriano
tenta di fare un attentato contro il volo Amsterdam - Detroit; fallisce e
viene arrestato.

La parabola discendente di Al Qaeda si è chiusa con l’assassinio di Bin


Laden da parte dei Navy Seals, ad Abotabad nel nord del Pakistan. Come
avviene con tutti i gruppi armati, se non raggiungono nell’immediato il
proprio obiettivo sono condannati prima o poi a morire sconfitti.

Al Qaeda è stata una reazione impazzita all’espansionismo


dell’Occidente, ha avuto un certo sostegno popolare ma non è riuscita ad
inserirsi nei grandi sconvolgimenti del mondo politico nord africano
dando mostra del proprio declino. Per un bilancio del gruppo di Osama
basta un dato del 20096 per cui Al Qaeda avrebbe ucciso più musulmani
che non musulmani. La condanna di Osama e i suoi seguaci non può che
essere palese; di una cosa però siamo convinti: il gioco è condotto
dall’Occidente e finché esso avrà il volto dell’oppressore del mondo
arabo-islamico, allora i più grandi pericoli globali si chiameranno Stati
Uniti e Israele, non Al Qaeda che morirà ma per essere sostituita da altri
gruppi, forse più agguerriti.

Note
1 Egli diverrà l’ideologo qaedista ed il braccio destro di Osama.
2 Fondatore del Fronte Nazionale Islamico.
3 Ricordiamo che il 13 giugno 1993 dei soldati pachistani fecero fuoco sui civili somali
uccidendo 20 persone.
4 Cfr. il film dedicato alla vicenda “Black Hawk Down. Durante la battaglia vennero
impiegati anche i Navy Seals, e gli appositi elicotteri Black Hawk, che si sono “visti”
durante il blitz contro Osama. Un frame del film è stato utilizzato per produrre la
seconda foto falsa sulla morte del noto terrorista, (ndr).
5 Altri gruppi mujahidin opposti ai talebani.
6 Ad opera del Center Combating Terrorism.

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Attualità
Chi era Bin Laden?

Dall’11 settembre 2001 era l’incarnazione del Male, l’archetipo del


Nemico Perfetto: introvabile e pericoloso. Un satana che si nascondeva
in ogni anfratto, in ogni angolo. Ormai sembrava un fantasma che
riappariva a scadenze regolari e che nessuno riusciva a braccare. Era
innanzitutto un guerriero di Dio o così almeno voleva presentarsi.
Appariva come un combattente saggio, ma allo stesso tempo l’arma che
lo accompagnava rimandava all’azione. Era comunque il punto di
coagulo di diverse popolazioni, grazie anche alla sua capacità di creare
un senso di appartenenza, di immedesimazione.

Una forte similitudine si era trovata con San Francesco, sebbene


infatti i contenuti siano all’opposto, lo stile era molto simile:
“semplicissimo, convinto e pieno di passione. Inoltre, come il Santo,
Osama era spartano, nonostante venga da una famiglia molto ricca. Eroe
negativo ma anche affascinante, Osama era una sorta di Mefistofele in
cui convivono gli opposti: ricco-povero, diavolo-difensore dei deboli,
occidentale-orientale”.1

Nato da madre siriana, diciassettesimo di cinquantadue fratelli,


Osama è figlio di Muhammad bin Awad Bin Laden, originario dello
Yemen del Sud, operante nel settore delle costruzioni e in stretto
rapporto con la famiglia reale saudita. Cresciuto nell'insegnamento della
cultura e della religione musulmana fedele alla Shari‘a, venne mandato a
studiare in un college, dove si specializzò in economia e pianificazione
amministrativa; nel 1979 conseguì anche un diploma in ingegneria civile
all'Università di Gedda. Alla morte del padre, Bin Laden ereditò un
patrimonio stimato inizialmente intorno ai 300 milioni di dollari,
ridimensionato in seguito a 25 milioni.

Nel 1979, Osama si avvicinò alla causa dei Mujaheddin, che


combatterono contro l'invasione sovietica dell'Afghanistan tra il 1979 e il
1989, e organizzò un nuovo fronte nel 1984, chiamato MAK,2 con il

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compito di convogliare denaro, armi e combattenti
per la guerra afgana. Il MAK ricevette finanziamenti
anche dalla CIA che, secondo lo stesso Consigliere
per la Sicurezza Nazionale del presidente americano
Carter, Zbigniew Brzezinski, intervenne direttamente
ed indirettamente nel finanziamento, nella fornitura
di armi e nella preparazione dei guerriglieri afgani.
Osama lasciò il MAK e molti dei suoi militanti
confluirono nella nuova organizzazione terroristica di
al-Qa‘ida, nata probabilmente nel 1988, proprio al
tempo dell'invasione sovietica dell'Afghanistan.

Osannato come eroe in Arabia Saudita, Bin Laden


OSAMA BIN LADEN DICHIARÒ
non si mostrò tenero verso la sua patria lamentando,
LA JIHAD CONTRO L’AMERICA, in occasione della Guerra del Golfo del 1991,
CON QUESTE PAROLE: un'eccessiva dipendenza militare del suo paese nei
confronti degli Stati Uniti. Nello stesso 1991 fisserà
“I nostri giovani non infatti la sua base operativa in Sudan e tre anni
hanno altro obiettivo se dopo, ammettendo il suo coinvolgimento in attentati
compiuti a Riyad e Dahran, perderà la cittadinanza
non quello di entrare in
saudita. Con l'aiuto di presunte organizzazioni
paradiso per avervi caritatevoli (una delle quali fondata dallo stesso
ucciso. Un infedele, un cognato Mohammed Jamal Khalifa), Osama ha
nemico di Dio come voi potuto espandere successivamente il proprio raggio
americani, non potrà di attività inviando esponenti della sua
nemmeno stare nello organizzazione nel sud est asiatico, in Africa, Europa
e Stati Uniti, con lo scopo di reclutare nuovi affiliati
stesso inferno con il suo
per al-Qa‘ida e radicare il senso del
giusto esecutore. I nostri fondamentalismo islamico.
giovani sono diversi dai
vostri soldati. Il vostro Nel 1996 il Sudan, in più circostanze, offrì agli
problema sarà quello di Stati Uniti di estradare Osama, ma l'amministrazione
convincere le vostre Clinton rifiutò sempre ogni offerta in questo senso.
Nel maggio dello stesso anno Osama fu espulso dal
truppe a combattere, il
Sudan e costretto ad un ritorno in Afghanistan,
nostro problema sarà accolto dai capi del regime talebano che in
invece quello di quell'anno avevano assunto il controllo del paese.
trattenere i nostri Nell’estate del 1996 Bin Laden dichiarò il Jihad
giovani mentre contro l’America. In seguito il presidente americano
aspettano il loro turno Bill Clinton ordinò il congelamento di ogni suo bene,
ma non fu trovato nulla. Contestualmente autorizzò
per la lotta”.
la sua cattura e, se necessario, la sua uccisione,
come nel caso del fallito lancio di missili Cruise
Estate 1996 – Osama Bin contro la sua presunta base nell'agosto del 1998. Fu
Laden posta sul capo di Bin Lāden una taglia di 25 milioni di
dollari, per chiunque avesse fornito informazioni alla
sua cattura. Nel 1999 le Nazioni Unite provarono a

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imporre sanzioni contro l'Afghanistan nel tentativo di forzare il
regime talebano a estradarlo.

Dopo 3.519 giorni dall’11 settembre Osama Bin Laden è stato


ucciso in Pakistan con un colpo di pistola alla testa da truppe
speciali americane, in collaborazione con militari pachistani. Il
presidente americano Barack Obama lo ha annunciato il 2
maggio 2011. Il leader di al Qaida si nascondeva a nord di
Islamabad in una valle vicino Abbottabad, sede di una base
militare pachistana. All'annuncio del presidente la popolazione
ha iniziato a festeggiare. Obama, però, non si è unito ai
festeggiamenti. Ha concesso al nemico degli Stati Uniti e del
mondo, il rispetto che si deve ai morti. Funerale secondo il rito
islamico e la sua immagine di morto non è mai stata mostrata e
mai lo sarà.

Note
1. Il semiologo italiano Alessandro Amadori
2. Maktab al-Khidmat

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Attualità
Oh Madonna. Oh Madonna de mater Deus!

Se preferite, prendendo al balzo un suggerimento di Beppe Severgnini,


si potrebbe semplicemente usare un "gasp!" per descrivere
ermeticamente le ultime vicende politiche italiane. Salvato in Parlamento
dall’ultimo scandalo a sfondo sessuale, Berlusconi non potrà sfuggire ai
processi, lo vediamo ogni lunedì presentarsi diligentemente in tribunale,
non senza rinunciare al suo personaggio; prezzolati militanti (€20 al
giorno per fare volantinaggio al gazebo) lo sostengono di fronte
all’ingresso, e Lui non può fare a meno di trasformare quello che in altri
paesi sarebbe stata una condanna politica – prima ancora di assistere alla
condanna giuridica – in una occasione per rafforzare il consenso. Prima di
entrare al palazzo di Giustizia dichiara ai microfoni: “In una giornata in cui
è stato ucciso Osama Bin Laden, sono costretto a passare delle ore in
tribunale per difendermi. Ho subito 24 tentativi sovversivi da parte di
magistrati che volevano contestarmi vari reati. Sarebbe bastato che uno
di questi colpi fosse andato a segno, per eliminare dalla vita politica il
Presidente del Consiglio, che c’è perché il popolo lo ha scelto con elezioni
democratiche.”

Per motivi di sicurezza il corridoio che dà all’aula del tribunale è stata


chiusa al pubblico, possono passare solo Berlusconi e i suoi avvocati, ma
Santanchè non capisce: “Trovo sia una limitazione della libertà molto
grave che parlamentari e membri del governo non possano passare per
un corridoio vicino a dove si trova il presidente Berlusconi.” Il Presidente
del Consiglio, scelto dal popolo attraverso elezioni regolari, deve
rispondere, attraverso processo altrettanto regolare, del caso
Mediatrade, una macchina truccata dove venivano utilizzati fondi neri
intestati a prestanome, per poter comprare e rivendere a costi gonfiati i
diritti tv.

È ancora vivo il ricordo di quei cartelloni recanti la scritta ingiuriosa:


“Via le BR dalle Procure”. Per questo gli esponenti del PdL Mario Lassini e
Giacomo Di Capua, potrebbero essere indagati per il reato vilipendio
dell’autorità giudiziaria. La loro colpa è stata quella di aver interpretato,
con toni decisamente più pacati, l’immagine che da sempre Berlusconi
trasmette degli oltre 1000 magistrati, (lo sostiene Lui stesso) che lo hanno
indagato nell’arco di quasi vent’anni. Tutti comunisti, ovviamente.
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Non è solo questione di troie e giudici.

Bossi tiene in pugno la coalizione


minacciando di fatto di far cadere il governo;
la Lega presenterà una mozione contro gli
impegni che il Governo dovrebbe prendere
nella guerra contro Gheddafi in difesa degli
insorti di Bengasi. Certo i leghisti non hanno
motivazioni pacifiste; sostengono
semplicemente che una guerra avrebbe
aumentato il flusso di immigrati in Italia. La
“Matteo Renzi: il situazione sarebbe potuta essere decisiva, si
sarebbe ripresentata quell’occasione
rottamatore, il Primo tristemente sfumata il 14 Dicembre scorso,
Maggio incoraggia quando per pochi voti Berlusconi non cadde.
Invece niente, il PD voterà assieme al PdL in
l’apertura dei negozi. favore dei bombardamenti in Libia – del resto
Figuriamoci come sono i non è forse con D’Alema che si è andati a
bombardare nella guerra in Kosovo? –
rottamandi” giustamente Maroni fa notare che come al
solito tocca a loro fare la parte dell’opposizione.

È triste il fatto che la cosa ormai non stupisca più di tanto. Pensiamo al
sindaco di Firenze, Matteo Renzi: colui che si erge a simbolo del nuovo
che avanza, il rottamatore che il Primo Maggio incoraggia l’apertura dei
negozi. Ecco, adesso figuriamoci come sono i rottamandi.

La flessibilità, il precariato del lavoro e della vita, sono questioni


irrisolvibili, alla luce di una situazione sindacale penosa, dove i lavoratori
non partecipano al rinnovo dei contratti e i sindacalisti si trasformano in
manager: sorta di Lele Mora della classe lavoratrice, lascio a chi legge il
diletto di ricavarne le debite metafore postribolari.

Il disinteresse ed il senso di impotenza civile del popolo italiano spiega


come mai il Governo si possa
permettere persino di annullare i
referendum del 12 e 13 giugno sul
nucleare e sull’acqua pubblica; la
motivazione è che a causa del disastro
in Giappone, il popolo andrebbe al voto
suggestionato, in una situazione falsata
dall’emotività. Per l’ennesima volta la
Costituzione ce l’ha con Berlusconi;
infatti non si può annullare un
referendum, a meno che non sia venuto

16
meno l’interesse dei promotori. Invece no, si dice di non andare a votare,
che non se ne farà più niente. Celentano scrive sul Fatto un appello al
voto, invita tutti ad andare lo stesso a votare, magari con foglietti
improvvisati, Di Pietro gli scrive una lettera complimentandosi: “Caro
Adriano, in questi tempi faziosi in cui ci si schiera sempre non a seconda di
quello che si pensa e che si crede che sia giusto ma a seconda di cosa
conviene di più a se stessi e alla propria parte politica, c’è bisogno di
uomini liberi come te,” infatti tra tutti i rischi in cui incorre l’Italia ce n’è
uno peggiore degli altri: “Che il nostro Paese si abitui e si rassegni a tutto,
si convinca che tanto non c’è niente da fare, che è normale che la
democrazia venga tradita senza che nessuno muova un dito, che chi
governa cerchi di fregare i cittadini e se ne vanti pure pubblicamente.”

Non è la prima volta che il Centro-Destra si dimostra reticente a


rispettare le convenzioni: durante il terzo governo Berlusconi viene
introdotto il reato di ‘clandestinità’, una infamia giuridica che non sta in
piedi, infatti giorni fa la Corte Europea nel Lussemburgo ha accolto
l’appello di un immigrato ch’era stato condannato a un anno di carcere, in
quanto aveva l’aggravante di essere straniero. Ciò che colpisce è la totale
indifferenza da parte dei membri del Governo, di fronte alla realtà: non è
possibile rimpatriare tutti gli irregolari. Non si possono accompagnare
tutti alla frontiera, se non altro perché non ci sono i fondi sufficienti per
farlo. Stiamo parlando di un paese nel quale i poliziotti a mala pena
hanno i finanziamenti per la benzina, con un parco auto desolante, per
non parlare delle procure, dove per ogni clandestino si deve aprire un
fascicolo, per non ottenere assolutamente niente; l’immigrato irregolare
può facilmente trovare fondate giustificazioni del fatto che non ha
documenti a presso, (basta perderli) nel caso poi ricevesse il foglio di via,
non avendo soldi a sufficienza per il viaggio di ritorno, il giudice deve
prendere atto che esistono fondati motivi alla sua ‘recidività’. Qualcuno

17
della politica creativa berlusconiana ha detto:
“confondono la sicurezza con la rassicurazione,” si
finge di prendere provvedimenti privi di consistenza,
per lo più inapplicabili, quando non illegali di fronte
al diritto internazionale, (non si può considerare
reato uno stato sociale, come quello di clandestino)
senza contare che la maggior parte degli immigrati
risultano irregolari, semplicemente perché lavorano
in nero e i datori – i caporali – italiani non li
regolarizzano. L’unica cosa sensata da fare sarebbe
quella di costringere con leggi concrete gli
imprenditori, ad essere onesti con gli stranieri che
assumono, e limitarsi a rimpatriare quelli che
commettono sul serio dei reati. Questo non è
possibile con una politica di tagli e di agevolazioni ai
furbi.

Durante il secondo Governo Berlusconi


semplicemente i tribunali si limitano a ignorare la
legge contro le rogatorie, per un motivo ben preciso:
non si possono fare leggi in aperto contrasto con le
normative europee, che per altro rispettano le
convenzioni internazionali. In pratica per un bollo
mancante in un documento, o nel caso si fosse perso
un foglio di un fascicolo, o anche solo se si fosse
trattato di copie di un documento spedite tramite
fax, non dovevano essere riconosciuti validi. Un
criterio di invalidità che solo in Italia era stato
concepito.

Per quanto ancora andrà avanti? “Cosa aspettate


che succeda ancora?” si chiedeva Franceschini,
quando lo scandalo Ruby era ancora caldo.

18
Attualità
Simone Stricelli, redattore della rivista Creativity Papers, ha incontrato
tre tra i più importanti scrittori giapponesi. Si è fatto raccontare
l'esperienza catastrofica del terremoto, che ha colpito duramente tutto il
Giappone.

Simone: Saeki cosa si ricorda del terremoto e dei giorni successivi al


disastro? Quali sono le emozioni che l'hanno colpita?

Kazumi Saeki: Il sisma è durato ben sei minuti e ha colpito una zona al
largo di Miyagi, che va dalla regione di Sanriku nella prefettura di Iwate, a
nord, a quella della prefettura di Fukushima, a sud.
I mezzi pubblici per Sendai, la grande città più vicina all'epicentro,
avevano sospeso il servizio, i cellulari non funzionavano e tutti i canali di
informazione si erano bloccati. Davanti ai miei occhi si susseguivano scene
catastrofiche, ma in tutta onestà avevo l'impressione che la devastazione
non fosse tanto grave. Sono arrivato a casa ho trovato la serratura della
porta d'ingresso rotta e il pavimento coperto di libri, CD e piatti. Tutto però
era asciutto e non c'era nulla che potesse modificare la mia percezione
della portata del disastro.
Poco a poco ho capito la gravità dei danni ascoltando la radio a
manovella, la mia unica fonte di informazioni fino alla fine del blackout.
Questo sisma ha generato onde alte dieci metri che hanno spazzato via
intere città. Ormai sappiamo che le vittime potrebbero essere decine di
migliaia. Sono mancati sia l'acqua sia il gas, e di notte le uniche nostre fonti
d'illuminazione erano le candele e la luna. Senza le luci della città, di notte
il cielo era rischiarato dal bagliore delle stelle.
Quando il mattino dopo mi sono affacciato a guardare l'oceano ho visto
con orrore che i quartieri più vicini al mare erano scomparsi. Ho ritrovato
mia madre che viveva vicino a noi e si era rifugiata in un centro
d'accoglienza. Il centro era gremito e mia madre ha deciso di venire a stare
con me e mia moglie. Andando e tornando dal centro, sono passato
davanti a un benzinaio dove le persone facevano la fila nella speranza di
ottenere un po' di carburante. Poi sono arrivate le notizie sulla catastrofe
della centrale di Fukushima, dove erano state registrate fughe di
radioattività.
Ora si sta diffondendo una contaminazione invisibile. Mentre ti scrivo
questa mail continuano le scosse di assestamento. Un mio amico ha

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parlato di 'caos calmo'. È vero che davanti a
questa calamità gli abitanti di Sendai hanno
mantenuto la calma. Forse più che al riserbo
tipico degli abitanti del Tohoku questa
reazione è dovuta allo svuotamento emotivo.
Travolte dal vortice di un disastro
inconcepibile, le persone non hanno ancora
avuto il tempo di provare dolore, tristezza e
rabbia.1

Simone: C'è uno sguardo attonito, ma


composto che sta commuovendo il mondo. Ci
può parlare dell'anima di questo popolo?

Ruy Murakami: Il terremoto è cominciato


proprio mentre entravo in camera. Temendo
di finire intrappolato sotto le macerie, ho
preso una bottiglia d'acqua, un pacchetto di
biscotti e una bottiglia di brandy e mi sono
tuffato sotto una scrivania. Il semplice fatto di
aver preso una precauzione mi ha permesso
di non cedere al panico.
Poco dopo gli altoparlanti hanno
trasmesso un annuncio: "Questo albergo è a
“Le coraggiose operazioni prova di terremoti. Non c'è nessun rischio che
crolli. Vi invitiamo a non lasciare l'edificio". È
di soccorso vanno avanti a quel punto, che senza pensarci ho adottato
senza sosta e non sono la mia linea di condotta verso il disastro:
almeno per ora, mi sarei fidato delle persone.
ancora stati segnalati Ho deciso di credere che il palazzo non
saccheggi” sarebbe crollato.
Dei giapponesi si dice spesso che

rispettano rigorosamente le regole del gruppo e che sono bravissimi a


cooperare quando devono affrontare le avversità. Oggi sarebbe difficile
negarlo. Le coraggiose operazioni di soccorso vanno avanti senza sosta e
non sono ancora stati segnalati saccheggi. Ma quando siamo lontani dagli
occhi del gruppo ci comportiamo anche in modo egoista, quasi come se
volessimo ribellarci.
E anche questo sta succedendo: beni di prima necessità come il riso,
l'acqua e il pane sono scomparsi dai supermercati e dai negozi di
alimentari. Nelle stazioni di servizio non c'è più benzina. Tutti fanno
acquisti e scorte sull'onda del panico. La fedeltà al gruppo è messa a dura
prova. Ma il timore principale, adesso, riguarda i reattori nucleari di
Fukushima, su cui circolano molte notizie confuse e contraddittorie. C'è
chi l'associa alla catastrofe di Cernobyl, altri che invitano a restare chiusi

20
in casa e mangiare alghe kelp2 per prevenire l'assorbimento della
radioattività.
Voglio rimanere qui, accanto alla mia famiglia, ai miei amici e a tutte le
vittime del disastro. Voglio provare a trasmetter loro coraggio, come loro
lo trasmettono a me. E, almeno per ora, voglio continuare a fidarmi di chi
è più informato di me, soprattutto degli scienziati, dei medici e degli
ingegneri che leggo in rete. Sui giornali le loro opinioni non hanno molto
spazio, ma di tutte le informazioni che circolano mi sembrano le più
affidabili.
Dieci anni fa ho scritto un romanzo in cui uno studente fa un discorso
davanti al parlamento e dice: "Questo paese ha tutto. Qui si può trovare
qualunque cosa. Tranne la speranza". Oggi potremmo dire il contrario: nei
centri di soccorso mancano cibo, acqua e medicine, a Tokyo l'elettricità e
alcuni beni scarseggiano. Il nostro stile di vita è minacciato, e lo stato non
ha reagito in modo adeguato.
Abbiamo perso tante cose, ma ne abbiamo riconquistata una: la
speranza. Il terremoto e lo tsunami ci hanno sottratto molte vite e risorse.
Eppure, noi che eravamo così intossicati dalla ricchezza, abbiamo
riscoperto il seme della speranza. Per questo ho scelto di credere.3

Simone: Vorrei darle soltanto un titolo e poi resto ascoltarla. La storia


si ripete?
Kenzaburo Oe: Casualmente, il giorno prima del terremoto ho scritto
un articolo pubblicato qualche giorno più tardi. L'articolo parlava di un
pescatore rimasto contaminato durante i test all'idrogeno nell'atollo di
Bikini, nel 1954. Ne avevo sentito parlare quando avevo diciannove anni.
Il pescatore ha dedicato tutta la sua vita a denunciare il mito della
deterrenza nucleare e l'arroganza dei suoi sostenitori.
Da molto tempo cerco di rileggere la storia recente del Giappone
attraverso gli occhi di tre gruppi di persone: le vittime dei bombardamenti

21
di Hiroshima e Nagasaki, quelli che sono rimasti contaminati durante i
test di Bikini e le vittime degli incidenti alle centrali nucleari. Se leggiamo
la storia giapponese alla luce di questi eventi, il loro senso tragico è
evidente.
Oggi possiamo confermare che il rischio dei reattori nucleari è
diventato realtà. Comunque si concluderà questo disastro – e con tutto il
rispetto per i tentativi di contenerlo – il suo significato è chiaro: la storia
del Giappone è entrata in una nuova fase, e ancora una volta dobbiamo
guardare gli eventi con gli occhi delle vittime del nucleare, degli uomini e
delle donne che hanno dimostrato il loro coraggio attraverso la
sofferenza. Potremo dire di avere imparato una lezione da questa
catastrofe solo se chi sopravvivrà deciderà di non ripetere gli stessi errori.
In questo disastro s'intrecciano in modo drammatico due fenomeni: da
una parte la vulnerabilità del Giappone di fronte ai terremoti, dall'altra il
rischio legato all'energia atomica. La prima è una realtà con cui questo
paese deve fare i conti fin dall'alba dei tempi. La seconda, che potrebbe
rivelarsi perfino più catastrofica del terremoto e dello tsunami, è opera
dell'uomo.
Che cosa ha imparato il Giappone dalla tragedia di Hiroshima? Nel
brano si parlava di 'qualcosa che sembra molto vicino'. La catastrofe
nucleare sembra un'ipotesi remota, improbabile; la sua possibilità,
tuttavia, è sempre presente. I giapponesi non dovrebbero guardare
all'energia atomica in termini di produttività industriale, non dovrebbero
trarre da Hiroshima una 'ricetta' per la crescita. Come i terremoti, gli
tsunami e le altre calamità naturali, l'esperienza di Hiroshima dovrebbe
essere scolpita nella memoria dell'uomo. Il fatto stesso che sia stata
causata dall'uomo la rende molto più drammatica di qualsiasi catastrofe
naturale.

22
Costruire reattori nucleari significa ripetere lo stesso errore,
mostrando la stessa mancanza di rispetto per la vita umana. È il modo
peggiore ti tradire il ricordo delle vittime dell'atomica. Quando il
Giappone venne sconfitto, l'anno seguente venne promulgata la nuova
costituzione.4 Per anni mi sono chiesto se rappresentasse gli ideali
fondamentali del Giappone postbellico. I morti, guardandoci dall'alto, ci
obbligano a rispettare quegli ideali, e la loro memoria ci impedisce di
minimizzare la natura devastante degli armamenti nucleari in nome del
realismo politico. Noi siamo contrari. E qui sta l'ambiguità del Giappone
contemporaneo.
Dobbiamo augurarci che l'incidente di Fukushima dia modo ai
giapponesi di ripensare alle vittime di Hiroshima e Nagasaki,
riconoscendo i pericoli dell'energia nucleare e mettendo fine all'illusione
che le armi atomiche siano un deterrente efficace.
Raggiunta l'età della maturità, scrissi un romanzo intitolato Insegnaci a
superare la nostra pazzia. Oggi sto scrivendo 'l'ultimo romanzo'. Se
riuscirò a superare quest'ultima pazzia, il mio libro comincerà con l'ultimo
verso dell'Inferno di Dante: "E quindi uscimmo a riveder le stelle".5

Note
1 Intervista a Kazumi Saeki, scrittore giapponese. Nel 2007 ha vinto il premio Noma con
il romanzo Norge.
2 È un elemento essenziale per la sintesi degli ormoni tiroidei.
3 Intervista a Ruy Murakami, scrittore giapponese. Il suo ultimo libro pubblicato in Italia
è Tokyo soup.
4 Non possedere centrali nucleari, non fabbricare o far entrare armi atomiche su
territorio giapponese e il rifiuto all'uso della forza.
5 Intervista a Kenzaburo Oe, scrittore giapponese, Nobel per la letteratura nel 1994. Il
suo ultimo libro pubblicato in Italia è Il salto mortale.

23
Attualità
Dopo il già di per sé tardivo intervento militare della coalizione dei
volenterosi dopo la risoluzione 1973 in favore del CNT libico la situazione,
dopo 40 giorni di incursioni aeree sostenute in principal ruolo da caccia
francesi e britannici, e più timidamente da velivoli spagnoli, danesi e,
notizia dell'ultim'ora dagli italiani, appare in una situazione di stallo, se si
esclude, notizia dell'ultim'ora, la morte di Saif, ultimogenito di Gheddafi
per mano di un preciso colpo dei caccia NATO, che pare abbia lasciato illesi
il rais e la consorte per puro miracolo.

Già giovedì, in occasione della registrazione di un videomessaggio in cui


il colonnello abbandonò totalmente e per la prima volta i soliti e bellicosi
toni di sfida, passando a non più velate suppliche, i missili occidentali
avevano centrato l'edificio adiacente la sede della TV, questione di poche
decine di metri, ieri notte invece é stata proprio una questione di
centimetri, casomai a qualcuno ancora sfuggisse quale sia l'obiettivo n°1
dell'operazione “Odissea all'alba”. Comunque chi si aspettava una rapida
vittoria del potere aereo, per intenderci come quella operata dalla NATO in
Kosovo nel 1999, non solo é rimasto deluso ma rischia di passare per un
povero sprovveduto. Peccato che allora il maggior peso della campagna
era condotta dagli Stati Uniti che a quel tempo non sostenevano già due
sanguinosi e costosi fronti, Afghanistan e Iraq, e non avessero quindi
difficoltà a fare lo scontrino all'armeria, palesando dal canto loro un
declino strategico militare di non poco conto.

Non sarebbe male sapere che succede su questi due teatri, riguardo
l'Afghanistan l'autunno venturo ricorre il decennale dall'inizio della
campagna, mentre per l'Iraq si diede grande risalto l'estate scorsa al
completo ritiro del contingente USA dal teatro mesopotamico. Tutto risolto
dunque? Chi lo sa! Se Sparta piange Atene non ride, infatti in Italia, gran
parte della classe politica si chiama fuori dall'ultima discutibile azione
personale del suo primo ministro, azione che rischia, alla prossima verifica
parlamentare di mandare in frantumi una maggioranza già fin troppo ricca
di peones.

Il nostro responsabile della Difesa, esatto, si chiama proprio così...si é


affrettato a dichiarare che nulla é cambiato rispetto all'inizio della
campagna, dai Tornado ECR destinati ad accecare le difese radar nemiche,
il testimone passa ai Tornado IDS che tali difese le eliminano proprio,

24
chiaro no?
La non belligeranza italiana in salsa anni 40 dimostra
che la storia ci ha insegnato qualcosa, ci siamo affrettati a
partecipare per garantirci un buon posto al baccanale di
spartizione della torta libica; ragionando in termini
economici il ragionamento non fa una grinza, con l'unica
eccezione dei costi, vista la particolare austerithy in cui
versa attualmente l'intero occidente.

Ma per quanto le aviazioni occidentali si adoperino la


situazione non pare evolvere come sarebbe lecito
aspettarsi.
I ribelli, dopo l'iniziale slancio di febbraio, quando
“Per quanto riuscirono a portare la rivolta nel fin nel cuore di Tripoli,
subirono pesantemente l'offensiva delle truppe e
le aviazioni dell'aviazione leali a Gheddafi, più volte invocarono
occidentali si l'intervento occidentale giunto solo quando iniziò l'assedio
di Bengasi, roccaforte dei ribelli. A tutt'oggi però, tranne
adoperino la momentanei sbandamenti, le brigate verdi non paiono
situazione non aver eccessivamente risentito dell'intervento occidentale;
dal canto loro i ribelli sono rapidamente passati dal
pare evolvere” categorico e spocchioso rifiuto all'invio di truppe straniere,
alla più mite richiesta di armi e di istruttori per
l'addestramento dei soldati dell'esercito di liberazione.
Il confine verso la supplica per l'invio di truppe di terra si fa sempre più
sottile, a tal riguardo non sarebbe male sapere come vanno attualmente
le cose in Iraq, non se ne parla dall'estate scorsa... Senza contare che
adesso, ciò che avveniva a febbraio il Libia si sta attualmente verificando
in Siria, dove l'amabile regime di “Ratface” Assad non esita a ricorrere ai
carri armati per disperdere le copiose manifestazioni che invocano le sue
dimissioni. Già da diversi giorni c' é chi si domanda “perché in Libia sì e
in Siria no”, peccato che siano gli stessi che farneticavano altri modi per
risolvere la crisi libica. Come si possa cercare il dialogo con un dittatore
che mette cecchini a sparare su chi entra o esce dall'ospedale di Brega, o
distribuisce viagra alle truppe per alimentare stupri di massa, rimane un
quesito irrisolto.
Sì proprio lui, quel “leader di
grande saggezza” che si accampò al
Pincio un annetto fa circa, a quel
tempo a fianco a lui sorrideva a 32
capsule il titolare della Farnesina
che 10 mesi dopo miagolò
“Gheddafi se ne deve andare”.

Giusto ieri é trapelato


dall'entourage del Pentagono una

25
voce secondo cui “la Siria non costituisce una priorità” così come non lo
fu l'Iran che già nel 2009 perse grazie all'ONU l'occasione di liberarsi di
Ahmadinejad, di cui attualmente sorprende il totale silenzio, magari
causato da sommosse mai sopite, sarà per un'altra volta anche per
l'Algeria, per il Marocco, per lo Yemen, per il Bahrain, tutte nazioni dove il
nobile germoglio della sommossa popolare é stato subito stroncato
nell'indifferenza sì delle potenze occidentali ma soprattutto di quella dei
media, troppo presi dalle abluzioni dei rampolli Windsor o dell'ennesimo
rutto di un porporato.

Come poi stia andando per chi ce l'ha fatta, Egitto, Tunisia e Costa
d'Avorio, pregasi leggere come sopra.

26
Focus
Certo che erano proprio belli
William e Kate, illuminati dal sole –
metaforicamente parlando,
ovviamente – nei loro abiti nuziali.

Princess Catherine era veramente


splendida avvolta nel velo bianco –
anche se dobbiamo dirlo, il suo abito
ricordava molto quello di un’altra
principessa borghese, Grace Kelly –
mentre sorrideva tesa ai 1900 invitati
nell’abbazia di Westminster e
camminava a fianco di papà
Middleton.

Chissà se in quel momento


pensava che ad aspettarla ci fosse il
suo William all’altare, o il futuro da
regina. Eh sì, perché dietro al
matrimonio del secolo, come in tutte
le favole in cui una cenerentola
qualunque conquista e sposa un
principe azzurro - e in questo caso il
principe è molto azzurro! - dubbi e
insinuazioni escono da tutte le parti,
amore o non amore. Gli scandali in
casa Windsor sono all’ordine del
giorno, dopo tutto.

Ma non facciamo gli uccelli del


malaugurio, in fondo questi due
ragazzi stanno insieme da dieci anni,
e sembra si amino sul serio. Sembra,
perché poi, pare che la neo duchessa
di Cambridge, sia stata cresciuta ed
educata proprio in virtù di questo
matrimonio. Non che fosse stato

27
programmato eh, non traiamo conclusioni
affrettate. Ma Miss Middleton madre, ha
spinto la figlia fin da piccola ad ambire al
Regno d’Inghilterra. Al punto che, quando
seppe quale college avrebbe frequentato il
figlio di Lady D., convinse la figlia a fare
altrettanto. E cos’è successo poi? Beh, sembra
che Cupido abbia scagliato la freccia nei cuori
giusti. Lui, timido e riservato rampollo di
sangue blu, cresciuto a suon di scandali – di cui
non è mai stato protagonista - e rotocalchi; lei
ragazza di campagna, figlia di due ex
dipendenti della British Airways che, non si sa
come, sono riusciti a creare un impero
imprenditoriale, che li ha resi ricchissimi.

Certo che la piccola Kate ne ha fatta di


strada, da quando mostrava le chiappe alla
finestra della sua stanza nel campus insieme
alla compagne, pretendendo poi che i ragazzi
indovinassero di chi fossero. Però bisogna dire
in suo favore, che in tanti anni in cui è stata
insieme a William, non è mai stata oggetto da
paparazzi, a parte quando lei e il principe si
lasciarono, e se ne andava in giro per locali
insieme alla sorella, apparentemente pronta a
ricominciare. Si dice che seppe giocare bene la
carta della gelosia di Willy, bastò una
minigonna – molto mini e poco gonna – da 46
sterline e qualche corteggiatore, e il ragazzo
tornò sui suoi passi. Potere del pelo di fica,
cosa possiamo dire?

Comunque torniamo a noi. Questa


principessa low cost piace molto alla gente,
tutti sono sicuri che sarà all’altezza di Lady
Diana.

Già, Lady Diana, pace all’anima sua.


Principessa del popolo, fu proclamata. E forse
lo fu fin troppo. Pare che nel suo letto ne siano
passati tanti, di popolani… da giardinieri a
maggiordomi, commessi di negozi e impiegati
di corte… tanti, ma proprio tanti. Addirittura
Diana fu costretta a fare il test del DNA al suo
secondogenito Harry, per la somiglianza
sospetta che il piccolo aveva col maggiore

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Hawitt, suo amante dell’epoca. Di John John Kennedy la Principessa
disse: “Ci siamo incontrati a New York, ci siamo piaciuti e siamo finiti a
letto. Un’alchimia perfetta. John a letto è da dieci e lode”. Ma che
vogliamo dirle, la principessa era triste, e si consolava come poteva. Del
resto, il suo Carlo era troppo preso da Camilla, per pensare a lei. La loro
relazione durava da anni, fu la stessa Camilla a consigliare a Carlo di
sposare Diana Spencer. Chissà poi perché telefonava alla moglie del suo
amante, informandola del linguaggio molto poco british usato dal
principe con lei. “Sei brutta e sei vecchia, lo vedi che sei vecchia?”, diceva
Diana in una conversazione intercettata. E Camilla rispondeva: “Ma ti sei
vista con quel naso? Non vali niente, sei una nullità. Lui dice che a letto
fai schifo, io sarò anche vecchia ma a letto sono brava”.
Ma questa è un’altra storia. Stiamo parlando di William e Kate, del loro
favoloso matrimonio. Tra gli invitati illustri si sono visti David Beckham e
consorte in dolce attesa, con tanto di parrucchiere portato dagli Stati
Uniti per scarsa fiducia negli artisti inglesi. Che dire di loro? David era
elegantissimo e bellissimo nel suo abito, peccato per la vistosissima
croce rossa che si è appuntato sul petto, la stessa avuta dai Beatles
quando furono nominati baronetti… una cafonaggine assolutamente
evitabile. E la sua Victoria? Elegantissima anche lei, con un abito blu
scurissimo, e un cappello con un ammennicolo stile puntale di albero di
natale. Sicuramente tra gli ospiti più 'eccentrici' del grande evento.
Tornando ai neo sposi, si spera e si prospetta per loro una vita meno
movimentata rispetto a quella dei loro illustrissimi parenti. Chissà se
saranno capaci di confrontarsi col mondo intero. Quando si vedono certi
matrimoni in tv, tutti pensano alla fortuna che la sorte ha dato a certe
famiglie. Ma siamo proprio sicuri che si tratti di fortuna? Personalmente
non mi riterrei fortunata se ogni mio passo, falso o no che sia, fosse
immortalato per quel Grande Fratello che è il mondo intero. Ma d’altra
parte, il protocollo educativo-comportamentale dei futuri re di una
dinastia importante come quella dei Windsor, comprende anche questo.
Il matrimonio di William e Catherine entrerà nella storia come la prima
unione tra un futuro re del Regno Unito e una ragazza ‘normale’. William
dice che se la madre è stata la Principessa del popolo, lui sarà il Re del
popolo. Ed ha già iniziato a farlo. Come lista nozze il neo Duca di
Cambridge e consorte hanno scelto la beneficenza. Sì, chiunque degli

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invitati avesse voluto fare agli sposi un presente in denaro, poteva fare
un versamento sul conto di una delle trenta associazioni umanitarie da
loro scelte e inserite nel sito ufficiale. Una bella cosa, no?
Ma c’è comunque chi ha voluto fare di testa sua, e ha regalato agli sposi,
per esempio, uno stallone bianco. Regalo che meno azzeccato non
poteva essere, considerando l’allergia ai cavalli della sposa! E poi c’è chi,
come una giovane stilista di Roma, ha voluto omaggiare gli sposi anche
se non invitata, con un piccolo copricapo da lei realizzato.
Forse la vita di questi due giovani non sarà come la favola immaginata
dal popolo mentre sfilava il corteo reale tra le strade di Londra,
acclamato come un gruppo di Rockstar. Al di là dell’obbiettivo delle
telecamere e del vestito giallo della regina Elisabetta, la vita di coppia è
uguale per tutti. Si litiga e si fa pace, o si litiga e basta. O ci si cornifica
per la vita (Charlie & Diana insegnano).
Ma comunque, William e Kate la loro favola, anche se sotto forma di
evento mediatico che ha coinvolto oltre due miliardi di telespettatori in
tutto il mondo, e ha il sigillo di essere il primo matrimonio trasmesso in
contemporanea anche sul web, sono riusciti a viverla. E se proprio
vogliamo fare un commento, diciamo solo che di sicuro sono la coppia
più bella del Reame. Già, perché belli come i personaggi delle favole,
William e Kate lo sono sul serio.
Tanti auguri quindi. A loro e a chiunque riesce a realizzare la sua piccola
favola.
Focus
In Occidente si è generalmente concordi nell’avversare la Repubblica
Popolare Cinese; i liberali, i moderati e la zona grigia guardano ad essa
come uno stato autoritario e repressivo. Gli epigoni romantici del
marxismo-leninismo vedono nella Cina di oggi il frutto del tradimento del
maoismo, ovvero della retta via di un socialismo popolare ed egalitario.

È chiaro che l’opinione sulla Cina del XXI secolo sia viziata dalla
memoria del maoismo. Infatti, pur non essendo un modello di
democrazia o di giustizia sociale, è senz’altro vero che la Repubblica
Popolare oggi si presenta meno autoritaria e crudele, così com’è meno
povera e affamata rispetto all’epoca del socialismo reale. Altro luogo
comune che va sfatato è quello che vede la Cina come un paese
improvvisamente passato dal comunismo al neoliberalismo. Ebbene, se il
paese della Grande Muraglia non è più comunista , non si può dire che sia
neoliberista.

Il socialismo di mercato ha avuto un parto molto doloroso, essendo


concepito dagli errori dell’economia maoista e dai crimini del Grande
Timoniere. Infatti, Mao aveva sbagliato a causa del suo approccio
totalmente idealista e fanatico ai problemi del paese.

Il simbolo del fallimento economico è il Grande Balzo in Avanti (1959-


1962) in cui si è fatta l’industrializzazione del paese, persuadendo i
contadini ad abbandonare i raccolti per costruire dei grandi altiforni
siderurgici, danneggiando ulteriormente il sistema delle comunità
agricole. A fronte di questo ci fu una grande carestia e il numero delle
vittime si aggirerebbe intorno a 37 milioni.

All’epoca, un contadino viveva mediamente con sole 1500 calorie


giornaliere. Le fabbriche erano rette da funzionari incompetenti provvisti
di soli meriti ideologici. Il malcontento popolare – specie nei giovani – ed
il progressivo eclissarsi di Mao dalle stanze del potere, costrinsero il
grande leader a elaborare la Rivoluzione Culturale (1966–1976). Durante
questa, le masse ideologizzate e fanatizzate dalle guardie rosse, furono
scagliate contro i funzionari e gerarchi ritenuti responsabili della
situazione critica del paese. In tale epoca il sistema della università e della
ricerca fu praticamente distrutto, con i conseguenti danni economici che
ben si possono immaginare.

31
All’inizio degli anni settanta, spinta anche dalla
vicinanza ostile dell’Unione Sovietica, la Cina fu
costretta ad aprire le relazioni con l’Occidente e a
cercare il riconoscimento internazionale. Così, Chou En
Lai organizzò la visita del presidente Nixon a Pechino nel
1971. Dopo questo incontro la Cina comunista si
guadagnò il diritto di entrare a fare parte delle Nazioni
Unite. Il suo seggio – fino ad allora – era riservato ai
rivali di Taiwan.

Nel 1971 venne siglata la riapertura dei rapporti tra un grande paese
dinamico e capofila della produzione economica mondiale ed un grande
paese povero, i cui abitanti guadagnavano 31 dollari all’anno, e la cui
alimentazione faceva spesso a meno della carne (nel 1976 solo 5 milioni
di maiali e 12 milioni di polli venivano allevati).

Nel 1976 Mao Tze Tung muore. Si aprono nuovi scenari per la gestione
del partito comunista. La testa del fanatismo maoista – la Banda dei
Quattro – fu decapitata con uno spettacolare processo. Il cosiddetto
'deviazionista di destra' Deng Xiaoping, sino a poco tempo prima escluso
dai ranghi del comando e costretto a fare l’operaio, ritornò in auge e alla
fine degli anni ’70 divenne capace di controllare il Partito e lo Stato, pur
essendo “solo” il capo di stato maggiore dell’esercito.

Deng si distingue da Mao a causa del suo


pragmatismo, dalla sua capacità di uscire “Deng Xiaoping,
dall’ortodossa interpretazione maoista del marxismo-
leninismo per adeguare il PCC alle esigenze della Cina. costretto a fare
L’obiettivo era quello di far uscire il paese dalla crisi in l’operaio, alla fine
cui le politiche di Mao l’avevano cacciato: solo così,
pertanto, il Partito avrebbe conservato il potere. Per degli anni ’70
fare ciò era necessario scardinare le due costanti controlla il Partito e
maoiste: le comuni agricole e l’anticapitalismo
autarchico. lo Stato”
Nel 1978 il Quotidiano del Popolo si
espresse a favore della creazione del
profitto e della libertà d’arricchirsi; stesse
aspirazioni erano comparse in molti
dazebao.1 Il passaggio dal comunismo
all’economia di mercato doveva essere
graduale, in tal modo Deng, dal 1979 al
1981, iniziò il cambiamento abolendo le
comuni agricole. Le terre agricole
rimangono proprietà dello stato, ma i
contadini possono allevare privatamente,

32
affittare terreni e vendere i prodotti coltivati sul
mercato cittadino e anche allo stato.

Lo smantellamento delle comuni non è guidato dal


potere centrale ma – in ossequio alla 'gradualità' –
dalle autorità pubbliche locali. Furono create le ZES
(Zone Economiche Speciali) per attirare gli investimenti
stranieri. Sino agli anni ’90 sono state concesse terre
alle industrie straniere senza sottoporle a
regolamentazioni, per compiere in tali aree i primi
esperimenti di capitalismo in Cina. La ZES più famosa è
quella di Shenzhen, nel Guangdong, nata nel 1978 ed
emblema del brutale sfruttamento a cui – per mezzo di
fabbriche appaltate da multinazionali straniere – gli operai sono stati
sottoposti in queste aree, comunque non diffuse in tutto il paese.
Tuttavia, molti milioni di persone, grazie alle ZES, hanno cominciato ad
accumulare denaro e a migliorare la propria condizione di vita. Utilizzate
come un estrema necessità dalla fine degli anni ’90, queste zone si
avviano ad essere trasformate in imprese industriali guidate dalle autorità
locali. Il prezzo pagato è stato alto: 13 ore di lavoro giornaliero, diritti
privati, danni all’ambiente.

Nel 1989, con la protesta studentesca di Piazza Tien An Men, parve che
la 'democratizzazione' dei paesi comunisti dovesse investire anche la
Cina. Il Partito Comunista andò invece avanti con la sua politica di riforme
graduali e di conservazione del potere. La fine della protesta è cosa nota:
la cosiddetta “Primavera di Pechino” fu repressa nel sangue e fu reso
chiaro a tutti che la riforma economica non avrebbe portato ad un
mutamento politico.

Tale evento segna bene la strada cinese rispetto a quella dell’Unione


Sovietica e dei suoi satelliti. Le riforme politico-economiche di Gorbaciov
provocarono la rinascita dei sentimenti nazionalistici e la richiesta di
libertà individuali. I partiti comunisti furono incapaci di trattenere i propri
popoli e si condannarono a morte. Ma la fine del comunismo non
coincise né con l’avvento delle libertà politiche, né con la costituzione di
un sistema economico più giusto. In Russia e in Polonia – ad esempio – lo
stato si ritirò progressivamente dall’intervento in economia, fino a ridursi
a guardiano delle multinazionali straniere o dei magnati locali. Si
generarono altissimi tassi di disoccupazione e di povertà. Tutto ciò fu reso
possibile perché la classe politica di questi paesi, buttato all’aria il
socialismo, abbracciarono senza esitare i dettami del FMI (Fondo
Monetario Internazionale) che portarono i propri paesi alla rovina.

Anche in Cina le multinazionali occidentali – come nell’est post-


comunista – hanno ottenuto benefici dall’abbattimento del costo del
lavoro (tanto che gran parte delle esportazioni cinesi è dovuto alle

33
succursali cinesi di imprese straniere). C’è però una distinzione
fondamentale: la gerarchia di Pechino comprese l’importanza del ruolo
statale. Lo stato continuò a svolgere un ruolo fondamentale
nell’economia cinese e si pose, nei confronti delle multinazionali, non
come un servo, ma come socio. Il Fondo di Stato Cinese (Chinese
Investment Corporation) ha investito 9,6milioni di dollari in grandi
aziende quali: Apple, Coca Cola e Visa.2 Inoltre, il governo cinese non ha
mai accettato di applicare le politiche del FMI, ma ha sempre agito
indipendentemente. Oggi sappiamo che ha fatto bene. La Cina – grazie al
ruolo dello stato, la cui importanza è ben radicata nell’identità nazionale
dagli insegnamenti di Confucio, fino alla concezione maoista di uno stato
al servizio del popolo – si è salvata dalle tre grandi tragedie economiche
degli ultimi vent’anni (che, invece, non hanno risparmiato i paesi neo-
liberali). La politica neo-liberale nell’est post-sovietico (72 milioni di
persone sotto la soglia di povertà solo in Russia), la crisi asiatica (1997-98)
e la crisi del 2008.

Le ultime due crisi – le più gravi della storia dopo quella del 1929 – non
hanno toccato la Cina a causa di un'altra caratteristica fondamentale del
socialismo di mercato: il controllo statale delle finanze. Mentre
Thailandia, Indonesia, Malesia, Filippine e Sud Corea crollarono a causa
dell’apertura sciagurata alla speculazione monetaria straniera, e
l’Occidente (in particolare gli USA) dovettero inginocchiarsi a causa della
deregolamentazione dei mercati finanziari, la Cina crebbe
inesorabilmente fino a diventare – nel 2010 – il secondo paese al mondo
per PIL.

Il successo è innegabile: 400 milioni di cinesi sono usciti fuori dalla


soglia di povertà; la Cina è il primo produttore siderurgico mondiale e il
primo produttore al mondo di computer e telefoni cellulari. Rispetto
all’epoca maoista si è raddoppiata la produzione agricola e si è
notevolmente potenziato l’allevamento (nel 2006, 508 milioni di maiali e
13 miliardi di polli). Inoltre, l’Occidente è stato sorpassato nei rapporti
commerciali con l’Africa: il suo paese guida – gli Stati Uniti – è indebitato
con la Cina di 2500miliardi di dollari; lo studio nella Repubblica Popolare
dura il 30% in più.

Tuttavia, la Cina di oggi ha un grande problema: la disuguaglianza.


Questo è l’elemento più simile tra i cinesi e gli occidentali. Sotto Mao vi
erano pochissimi privilegiati sopra una massa di poverissimi ed il rapporto
dei guadagni tra cittadini e rurali era 1,8 su 1. Oggi, invece, c’è una forte
diseguaglianza massificata: 200 milioni di benestanti e consumisti
cittadini e 800 milioni di abitanti nelle campagne. Anche se tutti i cinesi
stanno meglio e sono molto più ricchi rispetto a trent’anni fa, un pezzo di
società è enormemente più in alto rispetto a un altro. Il rapporto dei
guadagni tra un cittadino rurale è pari a 4 su 1. Come in Occidente, la
diseguaglianza sociale ha generato delle inquietudini gravi nei soggetti più

34
deboli che hanno abbandonato le campagne per le città.

Dall’altra parte, il popolo cinese sta conoscendo una certa vivacità


politica, prima sconosciuta. Organizzazioni non governative – finanziate
dallo Stato – svolgono una grande opera di assistenzialismo, specie in
campo sanitario, dopo che il governo ha tolto tale sostegno e le pensioni.
Inoltre, il governo comunista ha mostrato interesse alle rivendicazioni
salariali e anche di essere in grado di far pressione sulle grandi aziende3: i
salari operai sono aumentati – dal 2002 al 2008 – di circa il 10%, mentre
nel luglio 2010 uno sciopero operaio si è concluso dopo che la Honda ha
concesso aumenti salariali del 47%.

La Cina del 2011, pur con tanti difetti, sembra piuttosto aperta ad
evolversi da sola. Il suo obiettivo principale è quello di diventare il
principale produttore di energia verde. I progetti energetici sono stati
blindati: solo banche cinesi – quindi solo i risparmi delle famiglie e delle
imprese autoctone – possono finanziarli. C’è un grosso problema da
affrontare però: l’inflazione, cui il primo ministro Wen Jiabao vuole
rispondere con la rivalutazione dello Yuan. Inoltre, dopo sei anni il bilancio
della Cina è tornato in rosso.

L’analisi del cambiamento cinese, e del suo successo economico, deve


spingere l’Occidente a riconsiderare il ruolo economico dello stato, fin
troppo vilipeso negli ultimi trent’anni dall’ideologia liberale imperante. Ma
ci pone anche un grande interrogativo: il benessere sociale dipende
dall’arricchimento dei singoli?

Note
1. Manifesto o giornale murale scritto a mano, usato come strumento di propaganda o di
denuncia politica dagli studenti cinesi durante la Rivoluzione culturale.
2. I profitti ricavati dalle partecipazioni sono stati utilizzati per progetti ambientali,
energetici e sfruttamento delle materie prime, come i metalli rari.
3. Lo stesso non si può dire dei governi occidentali.

35
Focus
Il nucleare ritorna nell'attuale programma di governo. L'accordo siglato
con i francesi nel 2009 dall'allora Ministro dello Sviluppo Economico
Claudio Scajola, prevede la fornitura di tecnologie per la realizzazione di
centrali nucleari di terza generazione in Italia, per regalarle energia a
basso costo e per tagliare i consumi di petrolio. In poche parole, torniamo
ai galeoni perché le navi costano troppo.

In un paese normale la popolazione sarebbe insorta solo a sentirne


parlare. Il governo ha invece concluso l'accordo senza interpellare la
volontà popolare che già si era espressa al riguardo nel 1987. Certo, sono
passati diversi anni, ma non sarebbe stato più lecito, come si confà in un
paese civile, iniziare un percorso di discussione a livello parlamentare? Le
alternative di fatto ci sono, ben più convenienti peraltro.

Questo tasto tocca profondamente la Sardegna già colpita dagli episodi


delle armi all'uranio. Tocca la Sardegna perché è l'unica regione italiana -
poveri noi! - geologicamente stabile, a ridotta densità abitativa e con un
buon approvvigionamento idrico. Le zone sono già state individuate; si
parla, soprattutto della piana di Santa Giusta, ma anche dei dintorni di
Cagliari e della zona di Olbia. É paradossale che in Sardegna si produca più
energia di quanta se ne consumi, quindi queste centrali verrebbero
impiantate solo per produrre energia destinata all'esportazione. Se ci
sono soldi da spendere, perché non lanciare politiche e incentivi destinati
alla bioedilizia e alle fonti rinnovabili, riducendo progressivamente
l'impiego di combustibili fossili?

Riguardo l'occupazione, i soliti noti farneticano su migliaia di posti di


lavoro, che si verrebbero a creare in tali impianti. Semplicemente
patetico, perché in seguito all'esito del referendum sul nucleare del 1987,
sono sparite dalle università le facoltà che, fino a quel momento, avevano
formato i tecnici destinati a far funzionare impianti simili. I lavoratori
sardi, se accadesse ciò, sarebbero dei semplici manovali addetti alle
mansioni più semplici e magari anche le più insidiose. I tecnici, i dirigenti
verranno tutti da fuori, come è giusto che sia, perché provenienti da un
logico percorso formativo. Basta ricordarsi, senza andare lontano, della
misera fine che sta rimediando la petrolchimica, con le eterne vertenze

36
nei vari poli di PortoVesme e Porto Torres.
“Italia non abbiamo una
Non dimentichiamo inoltre, l'impatto che
sufficiente cultura della avrebbero queste strutture sull'ambiente; una
sicurezza, come potrebbe centrale nucleare ha un'elevata produzione di
scorie, le pile di uranio una volta esaurite, oltre ad
essere altrimenti in una avere un costo di stoccaggio elevatissimo,
nazione che vanta cifre rappresentano con la loro elevata radioattività una
bomba ecologica grazie al quale l'inverno nucleare
record di morti sul diverrebbe realtà. Inoltre la folta presenza
lavoro?” nell'isola di pozzi minerari in disuso rappresenta
anche un'ottima possibilità di stoccaggio delle scorie, pile di combustibile
che emanano radioattività per periodi tra i 300 e il milione di anni. Solo
allora potremo sapere se sono state stoccate correttamente... nel
frattempo chissà.

Poi per fare le cose per bene, oltre alla centrale ci vorrebbe anche un
impianto di riprocessamento, ossia uno stabilimento in cui le pile esaurite
vengono incamiciate in fusti metallici e a loro volta chiusi in casseri
successivamente colmati di calcestruzzo, in dimensioni standard pronti
per lo stoccaggio sotterraneo, a cui si deve arrivare per via stradale.
Immaginate un tir carico sulle strade sarde, adatte più alle diligenze che a
trasporti simili, basterebbe un gatto che attraversa la strada a provocare
un disastro...

Come si spera tra l'altro di ridurre i costi delle bollette attraverso la


costruzione di impianti che, tanto per dirne una, saranno già vecchi
quando entreranno in servizio? Ad esempio l'unico reattore di terza
generazione attualmente esistente, ubicato in Finlandia, venne
autorizzato nel 2002, al costo di 3,2 miliardi di euro, attualmente siamo a

37
quota 4,5 miliardi, il cantiere
dovrebbe chiudersi nel 2012 salvo
ulteriori imprevisti. Senza contare
tutte le infrastrutture necessarie
alla centrale, linee di
comunicazione, elettriche e
idriche, e gli enormi costi di
stoccaggio di cui abbiamo già
parlato. Inoltre l'uranio ha
curiosamente visto – complice il
cartello operato dalle
multinazionali dell'arricchimento
– un rialzo delle sue quotazioni. Il costo é passato dai 7 dollari a libbra (1
libbra =0.45 Kg) del 2001 ai 115 del 2010.

Coloro che sono contro il nucleare sostengono che tale risorsa si


dovrebbe esaurire entro il 2030, ma dall'altro lato il fronte favorevole
sostiene che l'uranio sia invece abbondante ma sperso in migliaia di
piccoli giacimenti. L'Italia dovrebbe comunque affidarsi alle importazioni
con tutto ciò che ne consegue: i costi maggiori graverebbero, oltre che
sull'estrazione data la particolare natura del metallo, anche dal
complicato processo di arricchimento. Basti pensare che in media in una
tonnellata di roccia ci sono tra 1 e 5 grammi di uranio. Una centrale
nucleare necessita di 160 tonnellate di uranio all'anno, e parliamo di
uranio arricchito, ossia in cui si sia elevato artificialmente il livello
dell'isotopo U235. Ed è un procedimento, detto fluorizzazione, già
sottoposto a cartello da 7 grandi multinazionali. E non stiamo parlando
dell'OPEC.

Col processo di arricchimento da 100 kg di uranio metallico si


ottengono circa 12 kg di uranio arricchito e quasi 90 di uranio impoverito,
che sappiamo già tutti a cosa serve, munizioni anticarro specialmente,
efficacissime pur avendo costi irrisori. L'esplosione di
questi proiettili crea il cosiddetto
particolato di uranio, particelle
altamente volatili che possono
essere tranquillamente inalate o
ingerite. Come se non bastasse tale
materiale oltre alla radioattività è
anche estremamente tossico,
capace di provocare una grossa
varietà di tumori, leucemia e
malformazioni fetali.

Al tempo stesso in Italia non


abbiamo una sufficiente cultura

38
della sicurezza, come potrebbe essere altrimenti in una nazione che vanta
cifre record di morti sul lavoro? Il pericolo concreto che su queste
strutture possano arrivare i tentacoli dei Balducci e degli Anemone di
turno ci farebbe dormire tranquilli?

E' utile inoltre, riportare la notizia apparsa sul Fatto Quotidiano il 15


febbraio scorso, quando è venuto a galla un malfunzionamento congenito
al circuito primario di raffreddamento nelle centrali francesi. Ciò sarebbe
avvenuto in 34 delle 58 centrali d'oltralpe, oggetto di curiose recenti
anomalie. All'atto pratico ci si scontra inoltre con il nonsense
rappresentato da queste centrali di terza generazione, sicure e pulite.
Inizieranno a costruirle nel 2013 ed entreranno in funzione che saranno
già obsolete dopo, ottimisticamente, almeno dieci anni di lavori salvo
imprevisti. Inoltre queste centrali richiedono enormi quantità d'acqua: in
primo luogo per il raffreddamento del reattore e in seguito per lo
stoccaggio temporaneo delle pile esaurite. Lo sanno anche i sassi che una
contaminazione del ciclo dell'acqua significherebbe la contaminazione
dell'intera catena alimentare, la fame quindi...

Una centrale da 1000 MW richiede per funzionare 2500000 Mc di


acqua al giorno. Ne abbiamo davvero così tanta? Useremo quella di
mare? Non hanno costruito i dissalatori ai tempi della crisi idrica perché
costavano troppo, e ora li fanno per dissetare le centrali? Viene solo da
farsi una domanda a questo punto: perché ricorrere a tutto questo,
quando, specialmente in Sardegna, possediamo il più elevato tasso di
irraggiamento solare, e la costante presenza del vento, che, alla luce
dell'affaire Carboni, rappresenta un gran business, senza contare inoltre
le possibilità offerte dalle centrali idroelettriche o quelle che sfruttano
moto ondoso e correnti marine.

A conti fatti le opzioni per produrre energia pulita e a basso costo non
mancano, ciò che manca agli occhi dei nostri governanti è la ridotta
possibilità di speculazione. Pensate solamente ad un elemento, il
calcestruzzo; ce ne vogliono migliaia di tonnellate per erigere le centrali,
esattamente come per il Ponte sullo Stretto, opera che si sussurra
concepita per garantire alla mafia un business adeguato, fiumi di
calcestruzzo, appalti da pilotare, rifiuti da gestire, insomma una pacchia
per la criminalità organizzata. In definitiva il 15 Maggio il popolo sardo
verrà chiamato al referendum “consultivo” a decidere sul seguente
quesito: "Sei contrario all'installazione in Sardegna di centrali nucleari e
siti per lo stoccaggio di scorie radioattive da esse residuate e
preesistenti?“ Ovviamente bisogna votare SI, potrebbe non bastare, è
vero, ma chi non lotta ha già perso. Il popolo italiano dal canto suo dovrà
dire la sua il 12 e 13 giugno, riguardo nucleare e acqua pubblica. Non ci
sono più scuse, bisogna andare a votare anche se fosse il giorno di Natale,
Capodanno e Pasqua messi insieme...

39
Focus
Proviamo ad immaginare un mondo dove ogni singola famiglia, DICO,
gruppo di amici e quant'altro siano in grado di produrre energie da
immettere in tutta la rete della comunità, racimolando così un sussidio da
parte delle aziende produttrici tradizionali. Proviamo ad immaginare un
mondo dove piante come la Canapa Indiana1 possano essere utilizzate
come combustibili per le auto, fibre analoghe a quella di carbonio,
medicine, e tanta allegria.

Un mondo pensato attorno alla filosofia del pire to pire, dove si


produce per la comunità reale e la comunità progredisce per innalzare la
dignità umana, non il PIL. Questo mondo è pensabile, oltre che possibile. I
motivi per cui si preferisce investire ancora sul fossile – oggi in particolar
modo sul nucleare – sono gli stessi per cui ieri si investiva sul petrolio e
l'altro ieri sul colonialismo più becero. Le ragioni dello sviluppo e del
profitto. Si tratta di un modo di vedere la realtà vecchio e suicida. Ormai
abbiamo gli anni contati. Non lo dice una setta di millenaristi, lo dice la
scienza. Scusate se è poco.

Stando al rapporto della British Petroleum, dei 139.000 miliardi di Kw/h


giornalieri che consumiamo, l'88% circa proviene dal fossile (carbone, gas,
uranio, ecc.). I paesi industrializzati che rappresentano il 25% della
domanda mondiale, consumano i 3/4 delle riserve mondiali. Di questo
passo ai livelli attuali si raggiungerebbe l'esaurimento dei giacimenti. Le
scorte di petrolio sono in esaurimento entro i prossimi cinquant'anni;
quelle del gas entro i prossimi sessantuno anni; quelle di carbone entro i
prossimi ottant'anni.

Il problema è che non esiste solo l'occidente. La domanda ormai si sta


allargando in Asia con le nuove potenze industriali, come la Russia, la
Cina e l'India. Per non parlare, poi, del Sud America che già progetta
un'unione monetaria, sulla falsa riga dell'Unione Europea. In questo
modo si prevede una triplicazione dei consumi che portano a stime più
ridotte di quelle elencate precedentemente. Entro diciassette anni quelle
del petrolio, entro venti quelle di gas e ventotto anni quelle di carbone.

40
Il Prof. Luciano Burderi, docente di astrofisica
delle alte energie all'Università di Cagliari, fornisce
una stima aggiornata, considerando la crescita
media del PIL e quella delle riserve fossili: il petrolio
si esaurirà entro trentuno anni, il gas entro i
trentaquattro anni e il carbone entro trentasei anni.

I prezzi non diminuiscono, ma crescono


stabilmente, segno che il picco sta per essere
raggiunto. Il nucleare non è una risposta. Equivale a
nascondere la polvere sotto il tappeto.

Tanto per cominciare l'automobile a uranio non


esiste. Nemmeno stabilimenti industriali
“il petrolio si esaurirà convertibili al nucleare. Esistono, invece, i primi
entro trentuno anni, il prototipi di auto elettriche e si studiando i motori a
idrogeno.2 Non sono in grado di farci vincere il gran
gas entro i premio di formula uno, ma almeno non rischiamo
trentaquattro anni e il di creare una catastrofe nucleare ad ogni ingorgo
stradale. Il problema non è "radiazioni o scorie," le
carbone entro centrali di 4^ generazione infatti rilasciano ogni
trentasei anni”
anno un numero di scorie molto basso e sono sicure. Certamente questa
è una regola che vale in teoria, la pratica non è perfetta come una
formula matematica. Pensiamo, dunque, ai problemi di salute degli
operai nelle centrali francesi, o l’ultimo disastro in Giappone, in cui sono
saltate fuori diverse scorrettezze. E’ legittimo chiedersi che cosa
succederebbe in un paese come l’Italia, in cui si diluisce il cemento e si
lucra riempiendo di spazzatura un’intera città.

Il problema, in generale, è che le centrali non sono una soluzione, ma


un ulteriore politica della 'polvere sotto il tappeto'. Un palliativo che non
tiene conto del problema di conversione di tutto l'apparato industriale al
nucleare, una politica che sotto-sotto, ancora spera e sogna nei
fantomatici 'giacimenti petroliferi nascosti'. Senza contare che
affideremmo ad una sola risorsa tutto il fabbisogno energetico;
portandola inevitabilmente all'esaurimento.

Il Prof. Luciano Burderi ha paragonato il


consumo giornaliero di combustibili fossili ad
una megalopoli i cui grattaceli sono fatti di
fusti di combustibile... CONSUMO
GIORNALIERO! Per farci un'idea della
quantità di CO2 prodotto durante una
combustione dobbiamo immaginare un
recipiente della superficie pari a quella della
Sardegna, alto 1Km. "Attenzione alle bufale di

41
Stato" ammonisce il Prof. Burderi, "i conti
non sono opinabili, sono ovvi come 2+2=4", in
riferimento ai procrastinatori di cui si è parlato.
Poi Burderi avverte: "il ritmo con cui bruciamo
è aumentato di sette volte"... SETTE VOLTE LA
MEGALOPOLI USATA COME ESEMPIO!
La fonte inesauribile di energia ce l'abbiamo
sopra le nostre teste, è pulita e non ci farà
morire asfissiati da questo immenso volume di

scorie quotidiane. Nel 'Sistema Terra' il Sole fornisce un'energia


30mila miliardi di volte più alta del consumo attuale. Grazie ai suoi
processi nucleari questa energia durerà ancora per 5miliardi di anni.
Dovrebbero bastarci. Di tutta questa energia, la terra ne intercetta una
minima – si fa per dire – quantità: 122milioni di miliardi di Watt.
DIECIMILA VOLTE PIU' DELL'ENERGIA PRODOTTA COL FOSSILE.

Ci basterebbe sfruttare 1/10 di tutta questa energia. Luciano Burderi


assicura – dati alla mano – che le tecnologie esistono già: solo i pannelli
solari ci darebbero mille volte l'energia prodotta oggi col fossile. Se per
esempio si ricoprisse una superficie pari al 6% del Sahara di pannelli,
risolveremmo per sempre il fabbisogno energetico mondiale. Il
problema vero è che il solare è intermittente, (di notte manca) basta a
fermarci? No, l'energia dai tempi della pila di Leida, può essere
accumulata. Occorre una rete flessibile secondo lo schema ricevo-
immagazzino-rilascio. Tutte le plusvalenze di energia che il singolo non
consuma vengono accumulate e rilasciate la notte. In questo modo si fa
concorrenza alle Sette Sorelle petrolifere. Si guadagna pure. Infatti lo
stato attraverso i contatori calcola l'energia non consumata e
accumulata dai nostri pannelli domestici. Burderi prende come
esempio la Sardegna; suggerendo un
programma politico concreto. Utilizzando
strutture preesistenti, che nel lago Omodeo
esistono dai tempi del fascismo. Funziona in
modo semplice e per niente nuovo: tutta
l'energia rilasciata non consumata viene usata
per riempire con le pompe il lago di giorno. La
notte la quantità di acqua pompata viene
rilasciata azionando le turbine della centrale
elettrica. I capitali che la Sardegna oggi spende
per comprare energia dagli altri
paesi, li investirebbe per finanziare i conti pubblici: ospedali, scuole e
trasporti pubblici, (questi ultimi sono il futuro, visto che le auto ce le
potremo scordare). In questo modo la Sardegna sarebbe la prima isola
energeticamente autonoma.

42
Il contro di energie rinnovabili come l’eolico e il solare è che oggi
sono molto diluite e, appunto, intermittenti. Tutto dipende non solo dal
ciclo notte-giorno, ma anche dalle condizioni meteo. Nella rete elettrica
non è possibile elargire energia in tempi casuali, per tanto sarà
necessario investire nella ricerca di nuovi tipi di accumulatori più
economici, che riducano questa intermittenza. Le eventuali spese per il
loro impianto potrebbero benissimo essere compensate dalla fruizione
di energia prodotta dalle singole case, o dalle pale eoliche. La filosofia è
quella del pire to pire. Pago l’energia che consumo e guadagno su quella
che produco. Il problema estetico delle pale eoliche può essere risolto
invece costruendo gli impianti al largo delle coste. L’Enel aveva in
progetto la costruzione di una piccola centrale eolica da 50 MWatt a sud
delle coste siciliane, per esempio.
C’è una speranza anche per le automobili, ed è il bioetanolo,
producibile da diversi tipi di vegetali, come la barbabietola, il mais, altri
tipi di cereali e canna da zucchero. Già oggi è possibile diluirci la benzina,
come previsto da alcune direttive europee. Inoltre esiste già la
possibilità di produrre auto al bioetanolo. Il vantaggio non sarebbe solo
economico ma anche ambientale; col bioetanolo, infatti, le emissioni di
anidride carbonica di fatto non ci sarebbero, in quanto la CO2 emessa
sarebbe quella precedentemente assorbita dalle piante con cui il
carburante è stato prodotto. Un saldo pari a zero. Esiste anche il
biodiesel, che si ottiene dalla lavorazione di oli vegetali ricavati da colza,
soia, girasole, palma e alghe.
Per quanto possa sembrare melenso dirlo, la più potente fonte
energetica siamo noi. Progettare case coibentate, fresche d’estate e che
trattengono il calore d’inverno, ridurrebbe considerevolmente i consumi.
Senza contare il grande potenziale di competenze che oggi rimangono
inutilizzate: quelle dei giovani. Già l’eolico è considerato un settore
competitivo. Una burocrazia meno cieca permetterebbe anche al
fotovoltaico di diffondersi e, quindi, di creare nuovi posti di lavoro. Idem
dicasi per il riciclo, che riducendo i rifiuti, riduce anche i costi per
smaltirli: quindi il consumo di energia speso solo per questo.

Note
1. Un vegetale che può essere coltivato anche nelle regioni temperate.
2. In particolare il problema della produzione e conservazione in larga scala di questo
gas.

43
Focus
Anno 2012. Quali sono le menzogne pubblicitarie che si nascondono
dietro questa sequenza di quattro cifre, eletta a spauracchio dell’ultimo
decennio da numerose trasmissioni pseudo-scientifiche? E’ giustificabile,
per tale data, il timore della fine del mondo? Numerose volte nel corso
della storia questa paura ha influenzato l’opinione globale; questa volta è
supportata da basi scientifiche?

Prima di rispondere a queste domande, è doveroso partire dalla


descrizione dell’allineamento che rende importante il 2012 nel contesto
astronomico della nostra Galassia; si tratta una circostanza così notevole
secondo popolazioni antiche come i Maya e i Vedica, da essere stata
collocata alla fine dei loro calendari millenari.

Per comprendere la vera natura di quest’evento tanto atteso, è utile


fare riferimenti a semplici nozioni astronomiche.

Osservato dalla Terra, il Sole si muove descrivendo una linea


immaginaria, chiamata eclittica, che corrisponde alla proiezione in cielo
del piano su cui giace l'orbita della Terra. Le costellazioni che si
posizionano a cavallo dell'eclittica furono raccolte sin dall’antichità in un
insieme chiamato 'zodiaco', che associava ad ogni costellazione un
diverso significato astrologico. Nel corso della storia ci si accorse, tuttavia,
che il periodo di visibilità durante l’anno di queste costellazioni mutava
leggermente col passare dei secoli: ciò avveniva a causa del moto di
precessione dell'asse terrestre, che ruota di circa un grado ogni 72 anni.
Così, ogni certo numero di secoli cambia la costellazione visibile in
corrispondenza del sorgere del Sole, nel giorno dell'equinozio di
primavera. Ciò determina la fine di un'era astrologica e l'inizio della
successiva: il 2012 corrisponde alla fine dell’Era dei Pesci, che è durata
all’incirca 2150 anni, e all’inizio dell’Era dell’Acquario. La fine dell’Era dei
Pesci coincide, nel calendario Maya, con la conclusione dell’Era dell’Oro,
quinta di un ciclo di cinque ere, iniziata nel 3144 a.C. e destinata a durare
fino al 21 dicembre 2012.

44
Così come dal 2012 in poi nell'equinozio di primavera il
Sole sorgerà nella costellazione dell’Acquario, il giorno del
solstizio d'inverno dello stesso anno il Sole nascerà nella
costellazione del Sagittario, dove gli scienziati hanno
individuato da tempo il centro della Galassia. Il 21 dicembre il
Sole risulterà così allineato con il buco nero super-massiccio
attorno a cui girano tutti i miliardi di stelle della via Lattea, da
centinaia di milioni di anni. A quest’insolita congiunzione
astrale si aggiungeranno, secondo alcuni scienziati, altre
circostanze astrofisiche, che già da ora stanno scatenando la fantasia
comune: si tratta della previsione, risalente al 2007, di un’intensissima
attività solare che inizierà all’incirca nello stesso periodo
dell’allineamento. Queste fasi di iperattività stellare, chiamate 'Cicli',
corrispondono solitamente a fenomeni di espulsione di massa della
corona che, se direzionati verso la Terra, danno luogo a tempeste
geomagnetiche, disturbi temporanei nella magnetosfera che si
manifestano in modo spettacolare: sono le famose aurore polari.

Nonostante i calcoli svolti dagli scienziati nel 2009, che hanno


smentito quelli del 2007 e rimandato il 24° Ciclo Solare al mese di
maggio del 2013, alcune trasmissioni televisive hanno collegato
ugualmente lo scenario in questione alle profezie sul 21 dicembre 2012,
ipotizzando addirittura la possibilità che un picco di attività della nostra
stella possa causare un’inversione dei poli magnetici terrestri, con
conseguenze disastrose per la nostra società. Una di queste ripercussioni
potrebbe essere l’indebolimento della stessa magnetosfera, che
smetterebbe di proteggere la Terra dalle tempeste solari, determinando
la fine del mondo. Quest’ipotesi, di scarso fondamento scientifico, è
stata stroncata da numerosi personaggi di spicco del settore: l’inversione
dei poli magnetici terrestri – fenomeno avvenuto già numerose volte nel
corso dell’esistenza della Terra - si verifica necessariamente in migliaia di
anni, e non lascia mai il pianeta “sguarnito” di un campo magnetico
adeguato. Risulta dunque riconosciuta una delle principali bufale che
costituiscono l’alone di “Apocalisse” attorno all’anno 2012. Allo
stroncamento delle buffonate pseudo-scientifiche delle tempeste solari
si associa lo sfatamento della 'profezia apocalittica' che secondo alcune
trasmissioni sarebbe stata formulata dagli antichi Maya. "Collegare il 21
dicembre 2012 alla fine del mondo o al giorno di un grande giudizio è
una completa invenzione e una possibilità per molte persone di fare
profitto", conferma Sandra Noble, direttrice della Fondazione per il
Progresso degli Studi Mesoamericani, in Florida. "La fine di un ciclo del
calendario era infatti vista dal popolo Maya semplicemente come
occasione di grandi celebrazioni per festeggiare l'ingresso nella nuova
era.“ Il passaggio da un ciclo ad un altro sembra essere inteso dunque
solo come un cambiamento simbolico; paragonabile, in un certo senso,
all’attraversamento del confine immaginario che divide un paese
dall’altro.

45
Focus
È il 1925, nel pieno dei ruggenti anni ’20 a Dayton, una cittadina
tranquilla del Tennessee, in cui la gente di campagna lavora sodo per tutta
la settimana, soltanto alla domenica indossa i vestiti migliori per andare a
messa.

Nella scuola del paese è arrivato il professor John T. Scopes, una sorta di
Mary Poppins della biologia, che sconvolgerà per sempre la tranquillità
agreste e timorata dei suoi concittadini, per la gioia dei produttori
cinematografici e teatrali. Con la sua storia ci hanno campato per gli anni
successivi. Scopes è un buon insegnante, adorato dai suoi studenti e con
una strana mania: insegna la teoria evoluzionista. Reato grave nel
Tennessee, dove il pluricandidato alla Casa Bianca William Jennings Bryan
è riuscito, a suon di campagne puritane, a fare approvare una legge che
puniva l’insegnamento dell’evoluzionismo nelle scuole. Così il 25 maggio
dello stesso anno il prof. Scopes finisce sotto processo. La comunità
cittadina è profondamente scossa dalla vicenda. Anche perché la stampa
locale e nazionale ci va a nozze: si tratta del primo evento mediatico della
storia, ovvero, per la prima volta si fa di un caso marginale un evento di
larga portata, grazie anche agli interessi politici di Bryan che si offre subito
di rappresentare i creazionisti del Tennessee.

Tutto sarebbe filato liscio come l’olio, se non fosse per il fatto che
l’avvocato Clarence Darrow si è offerto di difendere Scopes. Darrow è un
amico di vecchia data di Bryan, che ha anche partecipato e sostenuto le
campagne presidenziali del candidato. I due sembrano usciti da una
commedia di Neil Simon con Jack Lemmon e Walter Matthau: due amici
anziani, irresistibilmente scorbutici, che cominciano fin dai primi dibattiti in
aula a sfottersi. Insomma, come incolpare la stampa, con due personaggi
simili? Presto il processo diventa una sfida dialettica tra i due avvocati, sul
banco dei deputati solo formalmente abbiamo un giovane professore di 24
anni. Di fatto sotto accusa viene messo il demonio; quell’essere infimo che
dissemina prove – montagne di prove! – contro la Genesi, dove Dio in
persona afferma di aver creato il creato, in soli sei giorni.

Il Processo delle Scimmie è cominciato. La cittadina di Dayton


improvvisamente è al centro dell’attenzione, giungono da ogni dove
saltimbanchi e venditori ambulanti, qualcuno fa girare in sella a un cavallo
una scimmia “vestita in abiti borghesi,” per la gioia dei bambini.

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Secondo Darrow, il processo metteva in gioco la
libertà di insegnamento, la stessa legge
antievoluzionista era da considerarsi
anticostituzionale. Sebbene Scopes perse la causa, il
creazionismo subì un duro colpo. Infatti Bryan parlava
ad una giuria di bigotti, di fronte ad un pubblico
formato per lo più da uomini e donne di campagna;
ma la presenza della stampa, e della radio, fu un
boomerang. Infatti tutta l’America poté sentire le
“Darrow continuò esilaranti arringhe di Darrow, che metteva in ridicolo il
la sua lotta in suo collega, evidenziando le incoerenze del
ragionamento biblico.
difesa della scienza
ispirando futuri Ad un certo punto del processo, Darrow finisce per
chiamare a testimoniare lo stesso Bryan, chiedendo di
divulgatori spiegare alla giuria come il creazionismo pretendesse
scientifici come di misurare l’età della terra. Bryan vacilla e Darrow lo
incalza: "Insomma, non è possibile che quel primo
Richard Dawkins” giorno possa essere durato 25 ore anziché 24? Non c'è
modo di misurarlo? Non si può saperlo? Non può
essere stato un giorno di 25 ore?". Bryan rispose: "Be’, è possibile". A quel
punto Darrow lo ha in pugno: "Lei sta dicendo, davanti a questa giuria e al
mondo, che il primo giorno della Creazione è stato un giorno di una durata
indeterminata?". Quindi Bryan rispose: "Sto dicendo che Dio non fa
riferimento ad un giorno di 24 ore". La conclusione di Darrow è
magistrale: "Può essere durato 30 ore, allora, o un mese, o un anno, o un
centinaio di anni. O... dieci milioni di anni!". Bryan morì pochi giorni dopo
la chiusura del processo, per i postumi della fatica sostenuta. Il verdetto
finale fu di colpevolezza e John Scopes fu multato per 100 dollari,
sentenza che fu poi rivista ed annullata per un
vizio di forma. Dopo il processo, Scopes fu
prevalentemente impiegato nell'industria del petrolio,
nel suo paese e in Venezuela. Si tenne a debita
distanza dalle scuole.

Scopes Morì nel 1970 e durante un anniversario


dello storico processo, pare essersi rifatto vivo. Darrow
continuò la sua lotta in difesa della scienza attraverso i
libri, ispirando futuri divulgatori scientifici del calibro di
Richard Dawkins.

Al contrario di quanto si possa pensare Bryan e


Darrow si rispettavano reciprocamente, ed il loro
dibattito fu fondamentale per gli anni successivi. Le
ricostruzioni delle loro arringhe e del bizzarro

47
interrogatorio di Darrow a Bryan sono ancora oggetto di polemiche. Oggi
il 40% degli americani è convinto che la Genesi vada presa alla lettera, i
creazionisti (sostenitori delle campagne presidenziali di Bush padre, e
figlio) partiti cercando di introdurre il reato di 'apologia del darwinismo',
oggi affermano di essere loro i perseguitati. Si cerca attraverso studi
pseudoscientifici di dimostrare l’infondatezza dell’evoluzionismo
negando, anzi, censurando tutte le prove incontrovertibili a suo favore.

Del resto quel che poteva essere comprensibile negli anni ’20 non lo è
più oggi. Sarebbe sufficiente trovare fossili di conigli in strati geologici
risalenti all’età dei dinosauri, per smontare la teoria evoluzionista.
Trent’anni dopo il processo a Scopes, Stanley Miller e Arold Urey,
ricostruirono le condizioni – previste dalla scienza attuale – della terra
300milioni di anni fa. Inserirono vapore acqueo, idrogeno, ammoniaca e
metano in un contenitore. La miscela fu bombardata con scintille
elettriche simulando l'azione dei fulmini, poi lasciarono condensare il
composto. Dopo alcuni giorni, gli scienziati trovarono amminoacidi,
purine e primidine, ovvero le molecole organiche di base che occorrono
per fare una cellula. Se tutto questo si genera in laboratorio in pochi
giorni, cosa succede nell'arco di 300 milioni di anni?

Anche senza i 'potenti mezzi della scienza' possiamo dedurre il


fenomeno evolutivo in natura: nonostante i propellenti, le zanzare ci sono
ancora; ogni anno occorre un nuovo vaccino influenzale, perché virus,
batteri e zanzare si evolvono, diventando sempre più forti; anche in
laboratorio si può verificare come, date un numero di condizioni note, un
ceppo di batteri si evolva sotto gli occhi di chi non si distrae cercando
nella Bibbia i risultati dei test.

I creazionisti hanno chiamato in causa anche Francesco Redi, il quale


secondo loro, avrebbe dimostrato contro i 'dogmi scientifici' l’erroneità
della teoria della generazione spontanea. È vero, ma non era la scienza a
sostenere la generazione spontanea. Si trattava infatti di una credenza
dell'antichità, legata al concetto creazionista della vita. Si riteneva infatti

48
che “Dio avesse creato gli esseri viventi 'superiori', come l'uomo e i grandi
animali, mentre quelli inferiori, come i vermi e gli insetti, potessero
nascere spontaneamente dal fango o da carcasse in putrefazione.” Se i
creazionisti cercano un colpevole è bene che si guardino allo specchio.
Idem riguardo a Louis Pasteur. Secondo i creazionisti, il famoso scienziato
si batté contro la scienza dell'epoca per smentire la credenza della
generazione spontanea. Altra menzogna, egli infatti confutò
definitivamente questa credenza religiosa nel 1864, proprio a seguito di
un concorso indetto dall'Accademia delle Scienze di Parigi. Quindi non
solo la scienza non sostenne mai questa credenza, ma Redi e Pasteur
fecero di tutto per confutarla, malgrado i creazionisti. Oggi –
evidentemente – se ne vergognano, tanto da attribuirla disonestamente
(o per spudorata ignoranza) agli scienziati dell'epoca.

Il cavallo di battaglia dei creazionisti è sempre stato l’anello mancante


tra scimmia e uomo. Anche questa polemica è comprensibile se fatta
negli anni ’20. Oggi, invece e, quanto meno, assurda. I vari generi (Homo,
Australopitecus) e specie (afarensis, erectus, abilis, ecc.) sono categorie
puramente indicative, che servono ad aiutare i ricercatori nello studio dei
nostri progenitori. Tra l'altro il concetto di 'anello mancante' presuppone
una visione lineare dell'evoluzionismo, quando invece è impossibile
stabilire delle discendenze dirette: padre, figlio. Mentre, pur mantenendo
la metafora famigliare, è più opportuno parlare di 'cugini.' In sostanza non
ci sono linee evolutive, ma 'cespugli' evolutivi, con una moltitudine di
possibili combinazioni.

Per quanto la storia del Processo alla Scimmia possa apparire


divertente, dobbiamo tenere conto che un paese come gli Stati Uniti, non
può permettersi una simile percentuale di negazionisti dell’evoluzione. È
impensabile – oltreché contraddittorio – uno sviluppo della ricerca
scientifica e la lotta al fondamentalismo religioso, allevando in seno simili
retaggi medievali. Il diavolo, grande spauracchio feudale è sempre stato
identificato la dove si rinuncia a credere e si comincia a dubitare, a
ragionare con senso logico; non è un caso se nel Faust, il diavolo, nelle
sembianze del protagonista – un professore – consiglia ad uno studente
indeciso: "Studiate la logica". L’ignoto è la costruzione di 'misteri insoluti',
è quanto di meglio ci possa essere per avere il controllo di un popolo,
attraverso la fede. Questo è possibile solo alimentando l’ignoranza. Il
problema è che non stiamo parlando di un popolo del Terzo Mondo – a
prescindere dal fatto che qualsiasi popolo ignorante, quindi intollerante, è
un pericolo per sé stesso e per gli altri – ma del popolo dell’ultimo impero
esistente: una potenza mondiale che pretende di difendere
l’emancipazione dei popoli e la libera ricerca scientifica.

C’è ancora bisogno di gente come John T. Scopes e Clarence Darrow


nel mondo.

49
Cultura
Molto in voga negli anni '70, tanto da scomodare la Scienza ufficiale,
oggi più o meno relegata all'oleografia post-New Age, l'ipotesi
extraterrestre continua a far discutere. Di che si tratta, in poche parole?
Della possibilità che intelligenze aliene abbiano pilotato in modo invisibile
l'evoluzione e il progresso umano, e continuino a farlo.

Non stiamo qui a cercare ragioni inconsce e/o metafisiche per cui
l'uomo senta il bisogno di delegare le opere di 'costruzione' (lui,
naturalmente votato a quelle di 'distruzione') a demiurghi più o meno
tecnologizzati, è così da sempre. Vediamo alcuni esempi di intervento
alieno nello sviluppo della Civiltà, così come i vari divulgatori e ufologi, dai
pionieri Kolosimo, Von Däaniken e Sagan, ai moderni Malanga, hanno
cercato di spiegare alcuni fatti inspiegabili, o poco spiegabili, della Storia.
E partiamo proprio dalla Preistoria.

In diversi esempi di pitture rupestri risalenti a epoche collocabili dal


Neolitico all'Età del Bronzo, i fautori dell'ipotesi extraterrestre hanno
creduto di identificare figure di alieni, a testimonianza di un contatto in
epoche lontanissime fra esploratori spaziali e nostri antenati. Fra le più
interessanti, quelle di Ceto e Capo di Ponte, in provincia di Brescia, Kivik,
in Svezia, Tassili, in Africa e Kimberley Ranges, in Australia.

Parlare degli interventi alieni nei confronti del mondo egizio


richiederebbe pagine e pagine, tante e tali sono le teorie tese a
dimostrare il diretto intervento degli extraterrestri nello sviluppo della
prima grande civiltà della Storia. Basti pensare a come tutta la teogonia
egizia sia impregnata di visioni cosmiche, e gli stessi dèi antrozoomorfi
paiono il risultato di esperimenti sulle mutazioni genetiche. La stessa
scrittura egizia - un insieme di simboli grafici che rappresentano concetti -
potrebbe essere nata dal tentativo di comunicare con i mezzi più diretti e
comuni (le immagini) fra due civiltà che non avevano un linguaggio, e
forse nemmeno una struttura, o apparati anatomici fonetici simili.
Tralasciamo le Piramidi, vera e propria fonte di un'agiografia
extraterrestre che da sola ci porterebbe via tutto lo spazio disponibile.

50
Spostandoci più in avanti col tempo, e nella Storia, le
civiltà precolombiane sono state oggetto di studio da
parte dei fautori dell'ipotesi extraterrestre per decenni.
Prendiamo ad esempio la celeberrima Pietra di Palenque,
incisione tombale Maya del 600 d.c., rinvenuta nel
Chiapas, che raffigurerebbe inequivocabilmente un
astronauta che pilota un razzo. O la complessa struttura
astronomica Inca, capace di predire, sulla base di calcoli
complessi che non prevedono l'utilizzo di strumenti di
misura e visione diretta degli astri, eventi cosmici e
cosmologici per secoli e millenni a venire, chiaramente -
dicono gli ufologi - insegnata loro da intelligenze aliene.
Per non parlare delle Linee di Nazca, una serie di 800 disegni che ricopre
un altopiano del Perù per una cinquantina di chilometri, raffiguranti
alcuni animali, tracciate fra il 300 a.c e il 500 d.c., e visibili solo dall'alto
(vennero infatti scoperte solo nel 1927, quando gli aeroplani iniziarono a
solcare i cieli). Perché furono tracciate, in quei remoti secoli? Chi, allora,
era in grado di vederle, volando? Rimanendo in campo di misteri
astrofisici, spostiamoci in Africa, nel Mali, dove risiedono i Dogon, etnia
tribale in possesso da millenni di conoscenze cosmiche che i moderni
astronomi hanno scoperto soltanto da pochi decenni, con l'ausilio di
attrezzature avanzate. Per esempio, i Dogon hanno sempre saputo che
Sirio è una stella binaria, che la più piccola, Sirio B, invisibile a occhio
nudo, si muove su un'orbita ellittica ed è formata da materia più pesante
di Sirio A. Chi ha detto loro tutte queste cose?

Naturalmente, più una civiltà è misteriosa, con poche testimonianze a


ricostruirne la storia, più diventa oggetto di ipotesi che sconfinano nella
fantascienza. E arriviamo all'Isola di Pasqua. Per quanto piccolo, questo
scoglio sperduto nel Pacifico, e politicamente parte del Cile, è stato
oggetto di tanti studi, speculazioni, ipotesi da poter riempire la mitica
Biblioteca di Alessandria. Solo pensare ai moai, le teste di pietra che
accolgono chi arriva dal mare, immense, ieratiche, così... aliene, riempie
la mente di visioni surreali, da altri mondi. Poi ci sono le Tavole Rongo
Rongo, 26 tavolette piene di geroglifici, solo parzialmente decifrati, che
trattano - sembra - di astronomia, e i cui disegni riporterebbero spesso
figure di alieni intenti ad insegnare al misteriosissimo popolo dell'Isola, i
segreti del calendario lunare. Fra l'altro, analogie coi geroglifici egizi
avallerebbero l'ipotesi di un linguaggio esportato da una parte all'altra del
globo, dagli alieni, naturalmente, visto che è ben difficilmente ipotizzabile
un contatto diretto fra gli abitanti dell'Isola di Pasqua e i faraoni.

Calendari e osservatori astronomici di epoche antichissime costellano


anche l'antica Britannia. Stonehenge, Avembury, le Isole Orcadi, con le
loro strutture megalitiche sono, secondo i fautori dell'ipotesi
extraterrestre, la dimostrazione di un contatto diretto fra uomo e alieno.

51
E la suggestione che queste strutture continua a
suscitare in chi cerca risposte disconnesse
dall'esperienza materiale, sembra avvalorare l'ipotesi
che, in quei luoghi, permanga un'aura proveniente da
altri mondi.

Ovviamente nemmeno la Bibbia è immune dal tocco


dell'alieno. Citatissimi almeno tre episodi dell'Antico

Testamento che dimostrerebbero l'intervento di intelligenze


extraterrestri nel normale andamento dell'attività del buon Dio: Giosuè
che, prima, ferma il Sole (un'applicazione della Teoria della Relatività
millenni prima che Einstein la teorizzasse, per bloccare il Tempo), poi
abbatte le mura di Gerico con le sue trombe (naturalmente un'arma
aliena che sfrutta gli ultrasuoni); il Carro di Fuoco di Ezechiele
(ovviamente un'astronave extraterrestre capace di viaggiare nel tempo);
la Scala di Giacobbe (nient'altro che la piattaforma d'entrata di un UFO).

Anche l'iconografia cristiana si presta a interpretazioni extraterrestri,


a cominciare da quelle che vogliono il Cristo nient'altro che un alieno
venuto a portare un messaggio di Pace in un mondo sul baratro (teoria
con cui Heinlein ha mirabilmente giocato nel suo capolavoro Straniero in
terra straniera), ai tanti quadri, affreschi, arazzi, sculture che, nei secoli,
avrebbero rappresentato astronavi, alieni e quant'altro inseriti in
rappresentazioni sacre, due per tutti, l'UFO nella Madonna di Foligno, di
Raffaello e quelli nella Leggenda della vera Croce di Piero della
Francesca.

Potremmo andare avanti ancora per molto, perché non abbiamo per
nulla toccato la moderna ufologia, quella che, a partire da Roswell,
arriva ai cerchi nel grano e X-Files, passando per Adamski e le adduzioni.
Magari ne parliamo un'altra volta, sempre che gli alieni non mi
rapiscano.

52
Cultura
Per iniziare:
È solo l'intenzione a dare l’impronta ad una pratica magica che è, di per sé, PURA. È lo
scopo per cui si mettono in opera questi riti che cambia il risultato, ma a parte lo scopo,
positivo o negativo che sia, in tutti i tipi di magia compaiono parole ben precise da recitare. Le
cosiddette 'parole di potenza'. Per la Magia Nera è risaputo l'utilizzo di parole blasfeme e
sacrileghe oltre che di pergamene animali, sacrifici di animali, invocazioni ai Demoni ed entità
spirituali della stessa matrice che si pensa scatenò la creazione. L'applicazione di riti di Magia
Nera utilizzano energie fluide che circolano come boomerang: potrebbero tornare indietro
causando pericolo a chi le ha invocate.

Secondo la mitologia popolare, la strega è un essere soprannaturale o


una donna reale dotata di facoltà straordinarie, che svolge un'attività di
magia nera e comunque dirige i suoi eccezionali poteri ai danni degli altri.

Questa credenza non fu sradicata completamente neanche dalla


spiritualità del cristianesimo. Si distingueva nettamente tra le persone
umane dedite alla magia nera (malefici, maleficae), che mediante il
malocchio, sortilegi o filtri, potevano danneggiare il prossimo, e le
‘strigae’, esseri soprannaturali in grado di volare, di rapire e mangiare i
bambini e di subire ogni sorta di metamorfosi.

A cominciare dal XII secolo si inizia a non distinguere chiaramente le


persone umane dedite alla magia nera e gli esseri demoniaci. Lentamente
prende il sopravvento l'idea che certe persone umane fossero in contatto
con il diavolo, il quale desse loro capacità nocive soprannaturali: in
determinati luoghi e giorni (che per lo più sono luoghi e date di antichi
culti pagani) avrebbe preso luogo il Sabbah, la riunione tra queste
persone e i diavoli, celebrata con orge sessuali.

Secondo la mitologia popolare, la strega è un essere soprannaturale o


una donna reale dotata di facoltà straordinarie, che svolge un'attività di
magia nera e comunque dirige i suoi eccezionali poteri ai danni degli altri.
Questa credenza non fu sradicata completamente neanche dalla
spiritualità del cristianesimo. Si distingueva nettamente tra le persone
umane dedite alla magia nera (malefici, maleficae), che mediante il
malocchio, sortilegi o filtri, potevano danneggiare il prossimo, e le
‘strigae’, esseri soprannaturali in grado di volare, di rapire e mangiare i
bambini e di subire ogni sorta di metamorfosi.

53
A cominciare dal XII secolo si inizia a non distinguere chiaramente le
persone umane dedite alla magia nera e gli esseri demoniaci.

Lentamente prende il sopravvento l'idea che certe persone umane


fossero in contatto con il diavolo, il quale desse loro capacità nocive
soprannaturali: in determinati luoghi e giorni (che per lo più sono luoghi e
date di antichi culti pagani) avrebbe preso luogo il Sabbah, la riunione tra
queste persone e i diavoli, celebrata con orge sessuali.
La Magia Nera è da sempre la magia
utilizzata per far soffrire il prossimo;
stregoni o streghe si riuniscono in dati
giorni (per es. ogni sabato) sui monti o
sotto certi alberi (come il noce di
Benevento) ed è comunemente definita
come l’azione della strega che cerca di
sottomettere le entità spirituali al
proprio volere (al contrario della magia
bianca che opera in armonia con esse). È
la volontà di ottenere conoscenze e
potere superiori a quelli permessi
attraverso una prevaricazione delle leggi
dell'armonia universale. Nella pratica, la
strega cerca un accordo con quegli
ambiti spirituali identificati proprio con
le potenze dell’opposizione (Satana, i
demoni) che, in cambio di alcuni atti
specifici, forniscono quanto richiesto. La
magia nera ha anche il semplice, quanto
inarrivabile, obbiettivo di cercare di
acquisire il potere supremo. Il colore
nero è collegato all’oscurità, in contrasto
con il bianco (Magia Bianca) che è
collegato alla luce. Queste streghe non si
limitano ad elaborare rituali propiziatori,
ma si dedicano più particolarmente
all'elaborazione di malocchi e fatture e
amano particolarmente gettare
‘iettature’, spesso gratuite, al loro
prossimo. Contro questi ‘attacchi’
(particolarmente efficaci nella notte di S.
Giovanni) si ricorre a forme di
protezione: si mette una scopa o una
pannocchia di granoturco all'uscio,
perché le streghe siano costretti a
contarne i fili, ovvero i chicchi, prima di
entrare in casa.

54
La Magia Rossa è la magia dei sensi
o del sesso, la magia che utilizza il
corpo come fonte per accumulare,
espandere, plasmare ed inviare
energia. Da molti, oggi, la Magia Rossa
viene considerata “neutra”, ma è più
corretto pensare ad essa come una
cosa ben distinta sia dalla Magia
Bianca sia dalla Magia Nera, con
differenti scopi e riti totalmente
diversi. Già in uso ai tempi degli antichi
egizi, essa prende il suo “nome”
proprio dal colore delle tuniche
indossate dai sacerdoti Tolemaici,
color rosso sangue, durante i loro alti
rituali. Questo tipo di magia può
essere considerata, infatti, la magia
ritualistica per eccellenza, prevede
l’uso di erbe e in alcuni rari casi del
sangue. La Magia Rossa libera forze
potenti che deviano il corso negativo
degli eventi verso strade positive. Con
essa è possibile liberarci della
presenza di un nemico o attirare a noi
la persona amata. Non ha nulla a che
fare con il ‘demoniaco’, ma si avvale
dell'aiuto di potenze superiori positive
che sono comunque distanti dai geni
benevoli della Magia Bianca.

La Magia Rossa ha le sue regole che


devono essere scrupolosamente
seguite per evitare problemi e pericoli
durante le operazioni. Uno dei rituali
più conosciuti e praticati è
sicuramente quello volto ad
accumulare energia e acquisire un
nuovo stato evolutivo con il proprio
partner. L’unione sessuale deve essere
considerata Sacra: ci si Unisce a una
persona spiritualmente positiva e con la quale si ha un rapporto
profondo.

L’unione tra uomo e donna non deve avere solo un carattere carnale: è
necessario mirare a trarre l’energia da una fonte sia spirituale che
corporea. L’orgasmo deve essere raggiunto contemporaneamente da
entrambi, solo così la magia del rito si realizza. I corpi devono essere
puliti, meglio se con un bagno di purificazione fatto di acqua e sale.

55
La Magia Bianca è una pratica
esoterica che, a differenza della
Magia Nera, si propone di
intervenire unicamente sui
fenomeni della natura attraverso lo
studio delle sue leggi, servendosi di
ricerche, esperimenti,
trasformazioni. Mentre la Magia
Nera mira ad accrescere il potere
della strega tramite l'invocazione di
forze soprannaturali e paranormali,
la Magia Bianca intende operare in
armonia con esse, ritenendo che
ogni organismo, fenomeno o
evento abbia un suo posto nel
disegno universale stabilito da Dio.
Più precisamente, chi fa della
Magia Nera cerca di sottomettere
le entità del cosmo al proprio
volere; chi fa della Magia Bianca
sottomette invece la propria
volontà alle leggi del cosmo. Ciò
significa che per operare in
armonia con l'universo occorre
sviluppare un senso morale basato
sull'obbedienza a Dio e sul rispetto
della sua volontà.

La Magia Bianca è definita


quindi la ‘magia buona’. Il bianco
rappresenta la purezza.
Si utilizza la Magia Bianca per
allontanare il male sotto qualsiasi
forma esso appaia: un malocchio,
una maledizione o una negatività
sulla casa. A chi la pratica vengono
in aiuto le più potenti forze del
bene, sante e spirituali. Angeli che
vivono intorno a noi vengono
evocati perché ci diano la loro
protezione... essi aiutano volentieri
chi ha la conoscenza e la utilizza
per operare contro il male. Ed
entrando più nel personale, la
Wicca è la religione delle streghe,

56
una religione che si concentra attorno
al rispetto della Natura nella quale
vengono riconosciuti il Dio e la Dea.

Nell'inglese antico 'wicce'


significava 'donna saggia', nell'inglese
moderno 'witch' significa 'strega'. A
questa parola spesso è associata una
connotazione negativa, di solito per
mancanza di conoscenza o per paura,
ma le 'streghe buone' esistono e
praticano solo la Magia Bianca.

Molte delle tecniche Wiccan sono


di origine sciamanica, quindi può
essere definita come una religione
sciamanica, anche se oggi sono state
abbandonate le dure prove del dolore,
e l'uso di allucinogeni in favore di
canto, meditazione, della
concentrazione, della visualizzazione,
della musica, della danza della
invocazione e del dramma rituale.

La nostra religione insegna che la


Natura include uno spettro di stati
mentali e spirituali, dei quali molti di
noi ignorano l'esistenza. Un rituale
Wiccan efficace consente infatti di
scivolare in questi stati consentendoci
la comunione con la Dea e il Dio. I
nostri templi wiccan sono i prati fioriti,
i boschi, le foreste, una spiaggia, ogni
volta che un wiccan si trova all'aperto
è circondato dalla divinità. Noi
veneriamo il Dio e la Dea , essi sono
affettuosi e amorevoli. Come altre
religioni, anche noi crediamo nella
reincarnazione: la spirale è simbolo di
nascita e rinascita, come in un vortice
eterno. Attraverso la nostra preghiera
rivolta alle nostre divinità, espandiamo
la nostra concentrazione proiettando
all'esterno le nostre energie e col
tempo facciamo esaudire le nostre
preghiere.

57
Cultura
AVVERTENZE Il presente articolo è stato scritto mischiando
fatti reali con balle colossali. Spesso semplici indizi vengono
riportati come prove. Sta a voi verificare la differenza, così
come dovreste fare con tutti gli articoli che leggete, nei giornali
come su internet.
L’ultimo film di Mario Martone parla del Risorgimento.
Lo fa attraverso le storie di due protagonisti che scelgono
strade diverse, seguendo i medesimi insegnamenti: quelli di
Mazzini; incarnano in questo modo le due diverse vie
attraverso le quali i mazziniani lottarono per la causa
comune. Osservando più volte il film si può constatare che
vi sono degli indizi, i quali ci portano in una strada occulta, il
regista manda dei segnali subliminali importanti che adesso
andremo ad analizzare.

La scuola di Franceschetti – di cui ammiriamo la genialità


– ci ha insegnato che, dato un Saviano, recitante in prima
serata il giuramento della Giovine Italia, si arriva alla
seguente logica granitica: se la Giovine Italia era formata da
massoni e Saviano ne legge il giuramento in TV, nella prima
puntata di Vieni via con me, se ne deduce che Saviano è
massone. Geniale, no? Ed è proprio su queste basi che si
fonda il ragionamento della presente analisi, la quale porta
ad una inesorabile conclusione: Martone è un massone.

I protagonisti del film si recano dalla Principessa di Bel


Gioioso a chiedere di finanziare la loro causa; in una
anticamera della sua casa possiamo vedere ad un certo
punto un candelabro ebraico: la cosiddetta Menorah, (cfr.
foto A); più avanti nel film uno dei protagonisti viene
mandato in missione a Ginevra, dovrà recarsi da Giuseppe
Mazzini, (nel film interpretato da Toni Servillo) il quale gli
consegnerà un pugnale; l’arma servirà al mazziniano
Procida per assassinare Carlo Alberto, ma alla fine
l’attentato non si compirà, perché Procida sparisce senza
lasciare più traccia. Molto interessante il monologo di
Mazzini; (cfr. foto B) riportiamo l’ultima parte, del

58
personaggio interpretato da Servillo: “penso con
A dolore al sacrificio di questo nostro amico, ma … in
questo modo egli comincerà una seconda vita …
questo lui lo sa, ed è un pensiero che gli darà
conforto morendo". Adesso confrontiamolo con il
monologo di Andreotti, nel film Il Divo, di Paolo
Sorrentino, interpretato dal medesimo attore:
“bisogna amare così tanto Dio, per capire quanto è
necessario il male, per avere il bene; questo Dio lo
sa e lo so anch’io". La somiglianza è notevole,
certamente non casuale. Giulio Andreotti è stato
“Da Gladio a Ustica osservatore di molti episodi oscuri della prima
c’entra sempre repubblica, da Gladio ad Ustica, passando per le
stragi di stato e una sentenza di tribunale che
Andreotti. Per non riconosce come fosse stato connivente fino agli
parlare dei trascorsi anni ’80 con la mafia. Sarebbe interessante
approfondire gli eventuali rapporti con la
risorgimentali!” massoneria; questo monologo – seguendo il
metodo Franceschetti – è un potente messaggio
B occulto, che ci invita ad indagare; probabilmente
l’accusa di connivenza con la mafia è solo una
copertura per depistarci dalla verità.

Se tutto questo non dovesse bastare a


convincere Voi ottusi, passiamo allora alla parte
finale del film, dove il protagonista principale,
Domenico, deve raggiungere Giuseppe Garibaldi in
Aspromonte; qui incontra il figlio del suo defunto
C compagno di gioventù, raggiungeranno i garibaldini
assieme. Così in diversi piani sequenza si vedono i
due cavalcare assieme, in groppa ad uno stesso
cavallo; (cfr. foto C) si tratta di un chiaro richiamo ai
templari, infatti il loro simbolo era proprio la figura
di due cavalieri in sella ad uno stesso cavallo. (cfr.
foto D) Come ci insegna anche un massone
dichiarato come Laurence Gardner, nel suo libro, I
Segreti della Massoneria, edito dalla Newton &
Compton, 20051 i templari dopo la persecuzione
D sistematica, prima in Francia, poi nel resto
d’Europa, scompaiono entrando in altri ordini. In
Scozia però non sono perseguitati e molti di loro si
rifugiano laggiù; nel castello di Rosslyn, (nella cui
cappella sarebbe custodito il Santo Graal) sarebbe
poi nato il primo nucleo della massoneria, che si
espande inizialmente attraverso le corporazioni dei
muratori (mason) venendo poi infiltrati dai
Rosacroce e dagli Illuminati.

59
I due personaggi a cavallo ad un certo punto
fanno sosta vicino ad un cantiere; (cfr. foto E) si E
tratta di una fondazione in calcestruzzo vicino al
mare – l’episodio in questione si svolge nella
seconda metà del XIX secolo – mentre quella
sembra una moderna fondazione in cemento
armato.2 Cosa vuole significare? Evidentemente la
massoneria non ha mai perso, in Italia come
altrove, i connotati che l’etimologia da al loro
nome: quella di costruttori. In nessun posto come
l’Italia la speculazione e l’abusivismo edilizio
rappresenta un così fiorente business. Nel film si
accenna, oltre al sistema carbonaro e mazziniano
(quindi massone) anche alla repressione F
piemontese del cosiddetto brigantaggio; (cfr. foto
F) entrambi i fenomeni non scompariranno del
tutto; semplicemente confluiranno assieme
(anche con l’aiuto dell’aristocrazia decaduta)
potenziando fenomeni preesistenti di criminalità
organizzata come la camorra e il sistema corrotto
dei gabellisti siciliani, da cui deriva la mafia.

Ecco quindi il potente messaggio di Martone il


Massone: l’Italia è una repubblica fondata sul G
cemento armato, dai massoni. Citando una
imitazione di Massimo Picozzi della Gialappas, si
potrebbe dire: "paura eh!". Concludiamo partendo
dall’inizio; invitandovi a riflettere sul simbolo della
casa di produzione del film: Palomar; (cfr. figura G)
che oltre ad essere il titolo di un romanzo di Italo
Calvino è anche il nome con cui sono state
classificate numerose nebulose, nell’ambito
dell’astronomia. Il simbolo è difficile da
comprendere se non attraverso una ponderata
analisi; l’essere in basso parrebbe un cane, mentre
quello più grosso in alto sembra una scimmia
armata che gli punta un’arma in testa. Restiamo
un attimo sulla sedicente scimmia; ricorda molto H
quella raffigurata a Nazca (cfr. figura H) – abbiamo
detto già che diverse nebulose (galassie in
formazione) vengono denominate Palomar, e
sappiamo anche che le linee di Nazca potrebbero
essere state piste di atterraggio per gli alieni – con
grande sforzo intellettuale potremmo vederci
anche Andreotti (il cerchio si chiude) ma non
vogliamo picozzizzarvi, o peggio giacobbizzarvi.

60
Passiamo invece al cane, ch’è nero ed in latino 'Cane Nero' sta a
significare 'Canta Nerone', l’imperatore è il tiranno per antonomasia; così
ecco che abbiamo un importante indizio di come da millenni
organizzazioni preesistenti la massoneria si prefiggono il loro scopo
principale: quello di fondare un Nuovo Ordine Mondiale. Qui si apre un
argomento che ben si allontana da quello scelto per questo articolo; per
approfondimenti sulla ipotesi extra terrestre rimandiamo all’articolo del
nostro Direttore: Visioni aliene, che trovate in questo numero.

L’appuntamento è tra due mesi (con la condizionale) per un nuovo


sconcertante mystero.

Note
1. Cfr. anche “Sarà vero?” di Errico Buonanno, edito Einaudi, 2009
Tra il serio ed il faceto forse abbiamo scoperto uno strafalcione del film.
2. Pare infatti che non potessero esistere fondazioni in cemento armato nel periodo in
cui si svolge la scena in questione: cfr.
http://www.diseg.unige.it/studenti/Scienza_delle_Costruzioni_(CI)_(ED)_(NA)/StoriaCA.
pdf (Dipartimento di Ingegneria Strutturale e Geotecnica, Università degli Studi di
Genova.)

61
Cultura
Il Cantico dei Cantici1 è il primo libro delle Meghilloth e prende tale
nome dal primo verso del primo capitolo, che costituisce il titolo del libro.
Gli otto capitoli che lo compongono racchiudono soltanto parole d'amore,
descrizioni della bellezza di due giovani innamorati e descrizioni della
natura.

I protagonisti sono due pastori, forse uno sposo e una sposa, che si
parlano con molto affetto e ardore del loro grande e reciproco amore, del
desiderio di gioire insieme in ogni momento e in ogni luogo, in casa, nei
giardini, nei campi, nelle vigne; essi lodano l'uno la bellezza dell'altro.
Il libro è unico nel suo genere tra i libri della Bibbia e la mancata presenza
del Nome divino o dei Suoi attributi, e l'assenza esplicita di espressioni
religiose, furono i principali elementi che resero difficile ai Maestri
l'inclusione del libro nel Canone finché il deciso atteggiamento di Rabbì
Akivà e la sua autorità non dissiparono ogni dubbio. Egli, infatti,
affermando che il “mondo intero non è stato prezioso quanto il giorno in
cui fu dato a Israele il Cantico dei Cantici, perché tutti gli Scritti sono sacri,
ma il Cantico dei Cantici è il sacro per eccellenza”2 determinò l'inclusione
del libro nel Canone.

La Tradizione dà un'interpretazione allegorica del contenuto: l'amore


puro e integro tra un uomo e una donna, che si stanno per sposare o già
si sono sposati, è la esaltazione dell'amore di Dio per i figli d'Israele, Suo
popolo, e dell'amore d'Israele per il Signore e la Sua Legge. Il libro è
attribuito Salomone, il più grande e sapiente re, figlio di David.

Interpretazioni del testo


Le interpretazioni sono divergenti. La più recente cerca l'origine nel culto
di Ishtar e di Tammuz e nei riti di matrimonio divino, di ierogamia,
compiuti dal re, sostituto del dio. Il Cantico sarebbe il manuale, rivisto e
corretto, di questa liturgia. Questa teoria non può essere dimostrata ed è
inverosimile.

62
La seconda interpretazione (allegorica) è molto più
antica. L'amore di Dio per Israele e quello del popolo
per il suo Dio sono presentati come i rapporti tra due
sposi. Questa lettura, per gli esegesi cattolici, si riferisce
al matrimonio di Cristo con la Chiesa o all'unione mistica
dell'anima con Dio. Altri, invece, cercano le conversioni
di Israele, delle sue delusioni e delle sue speranze. Però
le giustificazioni che essi portano a favore di questo
senso allegorico, sembrano forzate e artificiali. Oggi tutti
ritornano all'interpretazione letterale, abbandonando
quella allegorica.

Gli ebrei del I secolo usavano il Cantico nelle feste


profane di matrimonio e continuarono a farlo
nonostante l'interdizione posta da Rabbì Akivà. Niente
indica che bisogna applicare una cornice al Cantico per
dargli decoro e leggervi oltre il senso che sgorga
naturalmente dal testo: è una raccolta di canti che
celebrano l'amore reciproco e fedele, suggellato dal
matrimonio. Proclama la legittimità ed esalta il valore
dell'amore umano e afferma che esso non è solamente
“Una raccolta di profano, perché Dio ha benedetto l'unione affettiva e
canti che celebrano stabile dell'uomo e della donna, come mezzo di
procreazione.
l'amore reciproco e
fedele” Sotto l'influsso dello jahvismo, la vita sessuale, che
l'ambiente cananeo riteneva immagine delle relazioni
tra le divinità della fecondità, è qui demitologizzata e
considerata con un sano realismo. Non vi è dunque
obiezione a che un libro vi sia stato consacrato e che sia
entrato nel canone. Non sta a noi porre limiti
all'ispirazione di Dio.

Cenni storici
Il Cantico dei Cantici non sono una raccolta di canti
popolari. Israele ha dovuto avere, come tutti i suoi
vicini, una poesia d'amore e, in contesto uguale, il
linguaggio d'amore utilizza le stesse immagini e le stesse
iperboli. Inoltre il Cantico non segue un piano
prestabilito. È una raccolta di canti, uniti solo dal loro
soggetto comune, cioè l'amore.

Note
1. In ebraico: Shìr Hasshirìm
2. Mishnà Fadàim

63
Cultura
C’erano una volta, in Babilonia,
popolazioni pacifiche improntate
all’uguaglianza fra uomini e donne. E
c’erano nuovi popoli, fra cui quello ebraico,
spesso nomadi e dalla struttura patriarcale.
Gli ebrei scrissero un libro sacro, la Bibbia.

Nel primo capitolo della Genesi, nella


sua forma più antica, Dio diede origine al
creato. Maschio e femmina, Adamo e Lilith,
furono creati assieme. Il settimo giorno,
mentre l’energia divina della creazione
riposa, Adamo e Lilith fanno l’amore. Lilith
accoglie Adamo, che è sdraiato sopra di lei.
Più tardi Lilith dice ad Adamo: “La prossima volta scambiamo le parti,
e io sto sopra”. Adamo risponde “No” e Lilith argomenta: “Perché no, dal
momento che siamo stati creati uguali?” Adamo ribadisce il suo no e
Lilith decide di andarsene e si allontana senza guardarsi indietro. Va
lungo le rive del Mar Morto, dove abitano scorpioni e serpenti velenosi.
Adamo va a lamentarsi da Dio e Lilith viene maledetta: i figli che lei
concepirà moriranno sempre, perché a lei non è concesso di partorire
vita, ma solo morte. E Lilith si trasforma nella regina delle streghe e abita
l’oscurità di Lucifero.

Nel secondo capitolo della Genesi, più recente, le cose si


trasformano: Lilith scompare e di lei rimane solo un fantasma e appare
Eva, la donna creata dalla costola di Adamo, la donna che non mette in
discussione la posizione dell’uomo. Ad Eva resta il compito di introdurre
l’oscurità nella vita umana, con quella sciocchezza di dar retta al
serpente e mangiare la mela. Secondo l’astrologia, Lilith, la luna nera,
che non è che l’ombra di sé, un puro centro di energia, rappresenta la
dignità della donna. Quella forza insopprimibile che porta la donna a
scegliere di essere se stessa, qualunque sia il prezzo da pagare. Come le
eroine dell’opera che entrano nella pazzia per non rinunciare a dire la
verità, ad essere la verità in un luogo dove ciò non è permesso.

64
Chi è Lilith?
In generale, Lilith rappresenta una
parte oscura della nostra natura, il lato
negativo, i desideri nascosti ed i pensieri
inconfessabili che si preferisce rimuovere
o non ammettere a livello conscio, ma
che continuano ad esistere. La Luna Nera
rappresenta la colpa, la vergogna, l’odio,
l’invidia e la vendetta, spesso causata da
ferite personali e da qualcosa di oscuro
che fa star male, il vero lato oscuro delle
cose che cerchiamo di nascondere. Lilith
è la causa delle emozioni incontrollabili,
il desiderio di vendetta e la paura,
connessi specialmente alla sessualità,
nella persona. Lilith è dominante per le
persone che vivono una vita separata da
norme e convenzioni sociali, non sempre
del tutto correttamente, fragili,
vulnerabili o sensibili. Il Transito di Lilith
nel corso della vita porta spesso
esperienze di dolore o la perdita: aborto,
sterilità, nonché gli atti di violenza o di
morte fatale. Lilith è anche molto
potente sui rapporti affettivi: le relazioni
che hanno avuto inizio sotto l'influenza
di Lilith possono rivelarsi un’impresa
pericolosa, dolorosa, intensa e ossessiva.
Le Lune Nere più sospette sono tre: Luna
Nera in Leone (volontà di dominio), Scorpione (violenza) e Capricorno
(cinismo assoluto); quelle più passive, Cancro e Pesci.

Lilith nella Storia è il demone femminile della religione mesopotamica


associato alla tempesta, ritenuto portatore di disgrazia, malattia e
morte. Lilith compare nell'insieme di credenze dell'Ebraismo come un
demone notturno, ovvero come una civetta che lancia il suo urlo nella
versione della cosiddetta ‘Bibbia di re Giacomo’; si dice che divenne la
moglie di Satana, la prima vampira, demone che si accoppia con umani
che poi uccide, generando altri demoni. Così si materializza come
perversione e sensualità dettata dall'eterno terrore che la forza creatrice
femminile incute al primitivo popolo maschile.

65
Cultura
Per discutere di tutto il Cinema italiano, delle sue trasformazioni dal
dopoguerra ad oggi, ci vorrebbe un numero intero del mag. Mi limito
quindi a prendere in esame un genere, o meglio, più generi che, a parer
mio, sono legati da un filo comune. Non fosse altro la genealogia della
Famiglia De Sica. Ready, steady, Go!

Cinema di idee-
C'era una volta il neorealismo, che scriveva o riscriveva le regole del
creare film, prendendo la strada e la vita come punto di partenza per una
riflessione di carattere universale sull'uomo. Il 'pedinamento' della realtà
teorizzato e poi messo in pratica da Vittorio De Sica e Cesare Zavattini a
cominciare, naturalmente, con Ladri di biciclette, e seguito, più o meno a
livello personale, da tanti altri autori, con plausi universalmente noti,
molte polemiche interne (leggendario il commento in un articolo su Il
Popolo di Giulio Andreotti a proposito di Umberto D., e la legge che lo
stesso Giulione l'Highlander ideò per limitare al massimo la produzione di
film neorealisti), un fuoriuscire del Cinema italiano dai patri confini per
conquistare il mondo. Frutti che, almeno fino agli anni '70, e in certe
cinematografie povere di mezzi, ma piene di idee, fanno scuola anche
oggi.

Dal neorealismo usciranno anche registi che, abbandonati i


pedinamenti, svilupperanno discorsi e linguaggi più 'autoriali', ma non per
questo meno incisivi, e pensiamo solo a Visconti e Antonioni.

Altri, a cominciare dallo stesso De Sica, e Risi, e Monicelli,


stempereranno il didascalismo che, nel bene e nel male, era presente nei
film neorealisti, approdando a generi più fruibili, meno difficili, i cui
modelli vanno ricercati nella Commedia dell'Arte, e che faranno da
modello per un'altra felice stagione del Cinema italiano.

Cinema di volti e situazioni-


Ed è proprio il volto di Vittorio De Sica che, emblematicamente,
sancisce il passaggio: quello con baffi e mostrine del maresciallo
Carotenuto in Pane, Amore e Fantasia, film unanimemente considerato
cerniera fra il neorealismo e la commedia all'italiana.

66
I toni sono rilassati, ci si abbandona spesso
alla risata, ma in fondo permane uno sguardo
verso il sociale che, critico, contemplativo,
cinico, divertito che sia, farà da leit-motiv per un
Cinema creato su misura per una scuola di attori
quale non si è mai vista, né più si vedrà, dalle
Alpi al Mediterraneo: Gassman, Tognazzi, Sordi,
Mastroianni, Manfredi tanto per citare i più
famosi, ma anche Franchi e Ingrassia, Renato
Salvatori, Memmo e Mario Carotenuto, Franco
Fabrizi, e gli inossidabili Totò, Peppino De
Filippo, Aldo Fabrizi. E dall'altra parte del cielo:
Anna Magnani, Silvana Mangano, Monica Vitti,
Sophia Loren, Stefania Sandrelli, Claudia
Cardinale, Lea Massari, la troppo sottovalutata
Marisa Allasio.

Potremmo andare avanti per pagine e


pagine, inframezzando titoli di film che hanno
fatto la storia del Cinema, non solo italiano. Ne
cito uno, perché il mio preferito, e non è
nemmeno una commedia, così siamo
imparziali: Il Sorpasso di Dino Risi. Attori che si
sono fatti le ossa in gavette estenuanti,
recitando ovunque e comunque, e che quindi
sono in grado di reggere qualunque parte,
spesso improvvisandola sul set, creando un
immaginario parallelo a quello del mondo reale,
in cui fra le esasperazioni della finzione, si
sottolineano i problemi, le ombre, i dissidi e gli
scompensi di una società, quella italiana del
boom anni Sessanta, in profonda
trasformazione.

Cinema di (s)coperta-
Poi arrivano i Settanta, e alla commedia
all'italiana ormai tradizionalmente intesa, si
affianca un cinema molto più terrigeno, facile,
anche pruriginoso se vogliamo, ma che,
utilizzando gli stessi stilemi dei film da cui nel
bene e nel male deriva (e la stessa predilezione
per attori con le contropalle), incarna
perfettamente lo spirito di liberazione,
soprattutto sessuale, dell'epoca che esamina,

67
diventando, a bocce ferme e col senno di poi, non un'anestesia al
clima degli Anni di Piombo (quella, semmai, era rappresentata dagli
sbirri dal volto angelico del Poliziottesco),
ma un Cinema profondamente eversivo,
nel portare in superficie il lurido che, di
solito, si tiene nascosto sotto (o a lato
del)le coperte, e spiato dal buco della
serratura di un'Italietta squallida e
reazionaria, impregnata dall'amplesso fuori
inquadratura del cattolicesimo comunista
ipocrita e benpensante malagendo.
Pecoreccio, trash, misogino e maschilista,
tutto è stato detto di quel cinema. Che
continua a essere apprezzato; con nostalgia
dalla generazione, ormai invecchiata (la
mia) che ha scoperto a tempo e luogo il
Graal delle curve di Anna Maria Rizzoli,
Edwige Fenech, Nadia Cassini, Gloria
Guida; con sorpresa da quella che, abituata
alla realtà siliconata dei Grandi Fratelli di
Silycon Valley, si affaccia oggi su un mondo
di cui non avrà mai il controllo. Merito delle
signore di cui sopra, senza dubbio, ma
soprattutto di uno stuolo di grandi artisti
che rispondono ai nomi di Lino Banfi,
Alvaro Vitali (ha esordito con Fellini, non
ridete troppo di lui; ridete con lui), Renzo
Montagnani, Lando Buzzanca, Gianfranco
D'Angelo, Aldo Maccione.

Per quanto riguarda la commedia


all'italiana classica, resistono i mostri sacri,
e se ne affacciano di nuovi, che
proseguiranno il discorso negli anni
Ottanta: Renato Pozzetto, Enrico
Montesano, Gigi Proietti, Pippo Franco,
Adriano Celentano (nella veste di attore,
obviously), Paolo Villaggio. Ed è proprio
quest'ultimo che, col meccanismo
serializzante e standardizzato degli infiniti
sequel di un ottimo film, Fantozzi, creerà il
modello per i cinepanettoni,
contemporanea e post-moderna gloria del
nostrano cinema. Guarda caso, a partire dal
terzo, tutti i film della saga del ragionier
Ugo sono diretti da Neri Parenti.

68
Cinema di merda-
E arriviamo a oggi. A Neri Parenti va dato il merito di aver inventato
una formula, e il demerito di essersi attenuto ad essa oltre i limiti del
decente, con la saga fantozziana, quella di Scuola di Ladri, quella,
infinita, dei cinepanettoni. Se avesse girato, che sò?, tre film e basta con
quella formula, magari sarebbe considerato il Kubrick della comicità
grossolana.

La formula è nota a tutti: film fatti in serie, basati su situazioni, eventi,


anche battute, reiterate pellicola dopo pellicola, in modo che lo
spettatore si senta in un'atmosfera familiare. Non a caso, appunto, la
formula si è rivelata particolarmente efficace per i film che escono nel
periodo natalizio.

Per dare a Cesare quello che si merita, in realtà a inventare i


cinepanettoni furono i fratelli Vanzina i quali, al contrario di Parenti, si
attennero ad essa solo per un pugno di film, e quindi sono i Kubrick della
comicità grossolana, oltre che immeritatamente figli di un Maestro della
commedia all'italiana, come Steno.

E qui torniamo all'inizio del pezzo: eroe indiscusso dei cinepanettoni è


Christian De Sica, un altro figlio d'arte. Il percorso può considerarsi
chiuso: De Sica padre rivoluzionò il modo di fare cinema, con elementi
basilari, pochi mezzi, attori presi dalla strada, osservando, pardon,
pedinando la vita. De Sica figlio è l'alfiere di un cinema di materie fecali,
molti soldi (e cocaina), attori (attori!? Megan Gale, Belèn Rodriguez...)
strapagati, che osserva la folla per imprimersi nel suo substrato più
scatologico, fino a plasmarne la coscienza collettiva. I film neorealisti
imitavano la vita, i cinepanettoni condizionano la vita, e il modo di
pensare, e di parlare e di comportarsi, del gregge.
Una restaurazione a cui, naturalmente, non sono esclusi i prodotti da
stereotipo-tipo, come i tanti film che circolano adesso bagnati fino al
midollo di masturbazione e amori fra adolescenti, adolescenti e maturi,
mature e adolescenti, fra un sacco di cose e nulla di fatto che, nel corso

69
degli ultimi anni, hanno visto all'opera i talenti marketizzati e facenti
mercato di Stefano Accorsi, Raul Bova, Riccardo Scamarcio, moderni
contaminatori della tradizione dei Gassman e Tognazzi, Manfredi, alla
pari dei figli di Gassman e Tognazzi.

Si salva qualcosa, rimanendo stretti nel panorama della commedia,


oggi? Nanni Moretti, ovvio, trans-epocale e immenso. Il primo Salvatores
(ora non fa più commedie, purtroppo). Virzì, forse, e non tutto.
Alessandro Benvenuti. Qualche sequenza di qualche film di Pieraccioni
(pensa un po' chi mi tocca ripescare, ma quando c'è il silenzio assoluto
intorno anche un peto fa armonia). Sui film dei comici da Mai dire Gol e
Zelig, fatte salve poche eccezioni, please, diamo retta al Bardo, e
facciamo silenzio.

A che ora danno I soliti ignoti? Che canale?


Parlami
desidera di me
tienimi sveglio
in questa notte.

Sento il tuo
profumo
e non conosco
il tuo corpo.

voglio possederti,
voglio declamarti.

Osservo il letto
di lenzuola spoglie,
su cui ansimano i tuoi
pensieri e voglie.

72
Fra le onde del tuo crine
Cuor mai domo ho navigato
ed approdato sono al tuo
sorriso
in cerca d'un sicuro asilo.

Nel profumo del tuo seno


ho ritrovato ogni mio ardore
ed ho seguito l'eco dei
rimpianti
scivolando lieve sui tuoi
fianchi.

Giunto in questa dolce


piana
ho coltivato lacrime di gioia
mentre già nel ventre tuo
l'acerbo frutto germogliava
della Speranza mia
un tempo abbandonata.

73
Non so mai
se è Lei
che attende me
o io
che attendo Lei.

Ma quando
arriverà
per portarmi
all'Ade
Le chiederò
una fine lenta,
ansimante,
sofferta,
straziante,
perchè devo
ricordarla
anche Altrove.

Le chiederò
un foro,
netto,
che trapassi
questo cuore
da parte a parte,
praticato con
un'Arma a Inchiostro.

E non avrà
vinto Lei.
Avrò vinto io.
Su tutti.

74
Carezzato da Dio,
sto guardando le montagne
senza gli occhi: il vento
è il mio poeta.
Umida la terra
è linfa alle mie radici,
mentre la vetta sottile
fende il freddo
e si innamora di una nuvola.
La volpe scivola
sul ghiaccio verde,
il fiore propone colori
e l’Hornstrandir scrive per
me.

75
Aprile sta per cadere inesorabilmente in maggio e il sole, tornato tra
noi più a lungo, inizia a scaldare l'aria intorno. La vita non è facile
d'inverno per chi dorme all'aperto, è come cercare rifugio nel nulla, come
restare ad aspettare qualcuno che non verrà. Così, quando il sole torna
noi siamo migliori, felici.

Tutto è iniziato tre anni fa, quando ho perso gli ultimi euro che mi
erano rimasti, giocando. Mia moglie e mia figlia se ne erano già andate da
qualche mese e io, pensando di poter recuperare ho finito per mettermi
un cappio al collo. Incollato a quattro lampadine colorate quattro nel
retro di un bar scalcinato a scolarmi litri e litri di vita. Ogni euro è volato
via lentamente gocciolando prima ed evaporando poi in una discesa che
mi ha portato fino in fondo a quella scala che chiamiamo sociale. Sono
sceso uno scalino per volta e come sempre, ognuno non sembra alto e
scenderlo non costa molta fatica, ma poi quando ti ritrovi in fondo e
guardi in alto, il mondo ti sembra troppo distante e non sempre trovi la
forza per tornare, rimanendo incollato a un passo più lento. Le scarpe si
fanno pesanti e non ci sono appigli abbastanza forti per riuscire ad
agganciare il senso di ciò che ti sta succedendo e, come gli alpini durante
la ritirata di Russia, ti siedi nella neve e ti lasci assiderare. Non c'è lotta e
la disperazione ti succhia via ogni buonsenso asciugando ciò che ti rimane
e lasciandoti in balia di un corpo che ha freddo e fame. Solo freddo e
fame.

E' andata via così, senza troppi scossoni, non c'è mai fine al peggio.
Alla sera devi lottare per un posto sotto le pensiline, alla stazione. Decine
e decine di persone come me, ognuna con la sua storia, la sua
disperazione. Ognuna li per un posto. I migliori sono quelli dove ci sono le
grate dell'aria calda, gli unici dove, dormendo, sei sicuro di essere uno di
quelli che si sveglierà, il mattino dopo. Il giorno è ancora peggiore perché
puoi avere sprazzi di lucidità che devi innaffiare di vino per sopravvivere.
Altrimenti è meglio buttarsi giù da un ponte. Avevo fatto una vita quasi
normale, prima. Mi portavo dentro solo la voglia di avere di più, di poter
vivere un po' meglio, in cui sentirmi più comodo e in un posto migliore
dell'ottavo piano alle case popolari: un pianerottolo da dividere in
quattro, senza balconi e stanzette, buie e soffocanti.

76
Le finestre piccole, l'ascensore che funziona un giorno si e due no e
soprattutto una carta da parati madida d'umidità e voglia di andarsene.
Non mi sono voluto accontentare mentre il tempo volava via,
inesorabile. Le ore passate in fabbrica mi si scioglievano in mano come
cubetti di ghiaccio, fermo immobile ad osservare una macchina che
costruisce oggetti che io non mi sarei mai potuto permettere. Un
capannone squallido, sporco, troppo alto, troppo caldo d'estate e troppo
freddo d'inverno. Mi sono ritrovato a quarant'anni con una famiglia alla
quale non ero riuscito a dare quel po' di più che meritava e ho iniziato a
giocare sperando in quella fortuna che già aveva ampiamente fatto
sapere cosa pensasse di me. Ed è stato l'inizio della fine.

Abbiamo iniziato a fare fatica ad arrivare alla fine di un mese che già
prima sembrava lunghissimo e mia moglie ha deciso di andarsene
portandosi dietro il ricordo di un uomo mai veramente soddisfatto.
Perché la disperazione di un barbone in mezzo al lusso, al tutto che
splende attraverso le vetrine del centro io ce l'avevo già. Io sono un
barbone da sempre, solo che adesso sono riuscito a mettermi nella
condizione di non poter arrivare a tanto così dall'avere ciò che desidero.
Adesso tutto è lontano, distante, inarrivabile. Tutto è deserto. Ieri è
venuta in stazione. Io ero seduto a due passi dall'entrata a fare un po' di
elemosina. Ho fatto fatica a riconoscerla. Si è tinta i capelli di rosso e mi
è sembrata anche più bella. Enormemente di più, sicuramente più di
quanto non lo fosse veramente. Mi è sembrata innamorata.
Leggermente truccata e vestita di nero, come sempre, i capelli tirati
indietro su una coda alta a far vedere l'attaccatura del collo alle spalle, la
parte più femminile di una donna. L'ho vista scendere da una macchina
nel parcheggio. Ma non era lì per me ed è passata vicino al relitto che
devo essere diventato senza degnarlo di uno sguardo, tra viaggiatori
distratti e luci basse e sporche. Ci avevo sperato. Non vorrei pietà o
compassione, non chiedo di essere riaccolto. Vivo solo per un attimo di
tepore, come quando ti infili un maglione nei mattini d'inverno, appena
uscito dal bagno. Poi, improvvisamente è tornata di corsa indietro, forse
aveva lasciato qualcosa in auto. Un biglietto o un regalo, forse un
mascara. O delle unghie finte, un cioccolatino al latte o una borsa di
Chanel o meglio ancora un cioccolatino al latte dentro a una borsa di
Chanel. O peggio un nuovo amore e due occhi da ammirare o, più
probabilmente, le chiavi di casa.

Qualsiasi cosa avesse deciso di lasciare dentro la macchina prima di


assaporare la felicità di scoprire che era ancora lì, in quell'auto a fare
bella mostra di sé ha incrociato la mia faccia. L'ho vista mettere
velocemente i piedi uno davanti all'altro ancora un po' e poi lentamente
fermarsi e voltarsi, come chi corre e vince i 100 metri e,
immediatamente dopo l'arrivo fa quell'identico gesto per vedere a che
distanza stanno gli altri, gli sconfitti, gli ultimi. Mi ha guardato. Una
donna improvvisamente diventata di pietra. Mi è venuta incontro e mi
ha guardato ancora, incredula, come se non volesse

77
riconoscere che potessi arrivare a ridurmi così. Non ha aperto bocca. E'
rimasta a guardarmi e fissarmi ancora per un po'. Mi sono ritratto per non
sentirmi i suoi occhi addosso, per non sentirmi avvolto da quel modo che
la gente ha di dare giudizi affrettati sentendosi sempre un palmo più in alto
degli accadimenti. Quel modo di essere sempre accusatore e giuria, di
darsi sempre e comunque ragione e di non porgere mai, veramente, l'altra
guancia. Non ho visto, nei suoi occhi, nessun segno di compassione, di
comprensione, di affetto o pietà.

Poi, come a volersi risvegliare da un brutto sogno se n'è andata di


scatto, quasi a voler fuggire. Come a voler riprendere a vivere da pochi
attimi prima di quel adesso così ingombrante e rimettersi a correre
tornando indietro a un presente meno duro. Poi si è fermata ancora. Mi si
è avvicinata di nuovo, lentamente. Il suo viso è sembrato creparsi come ad
assomigliare all'intonaco della stazione. E' diventata triste, come tutto qui
intorno. E' sembrata pesante, lenta, malinconica. E' stato l'unico momento
in cui mi ha rivolto la parola:

– Barbara è morta.

E improvvisamente, per un istante tutto è sembrato tornare al suo


posto. I valori dove devono, il dolore, dove deve. La pazienza e il significato
di ogni parola detta. E di quelle ancora da dire. Tutto ha ripreso senso, ogni
gesto, ogni cosa. Ogni piatto lanciato, ogni pianto sfacciato, ogni orrore e
gioia e fraternità e male. Tutto lentamente ha riacquistato i suoi tratti
nitidi. Ma è stato solo un istante.

Mi sono accucciato senza guardarla in faccia. Tu non esisti, non sei mai
venuta qui e soprattutto non mi hai mai più parlato da quella volta in cui te
ne sei andata con lei per mano, lei che non capiva perché, lei, che non ha
ancora 10 anni, oggi. Mi sono voltato per dire solo due parole:
– Anche io.

78
Fin dai tempi del liceo Simone Lampreda era
conosciuto come un tipo schivo, riservato, ma
non per questo antipatico. I suoi interessi per la
medicina, dall’università all’arma, lo portarono
all’obitorio, certamente il suo stomaco forte lo
avvantaggiava tantissimo. Le autopsie erano
diventate il suo mestiere. I suoi rapporti umani
erano meccanici.
Pochi amici, ognuno deputati ad un particolare momento tipo della
vita: il momento del caffè al bar, il momento della sbronza nei week end,
e infine le puttane. “Costano meno delle donne vere”, questo era tutto
quello che Simone sapeva delle donne. Per comodità e per timidezza,
pagava e si serviva. Quella notte era il momento della puttana. Quando
suonò il citofono, Simone si alzò di scatto dal computer, sapeva chi era a
quell’ora, davanti alla porta apparve una bella ragazza, una studentessa
come tante, vestiva una t-shirt rosa da cui si intravedevano i contorni del
reggiseno, due coppe di champagne, come piacevano a lui, dalla mini
gonna, poco sopra il triangolo spuntava un tribale, gli stivaletti scandivano
i suoi passi dentro la stanza. Il rossetto leggero, rosa e brillante,
prometteva deliziosi preliminari.

Cento euro, subito. Bisogna andare sulla fiducia, questo Simone non se
lo faceva più dire. Levata la t-shirt volle subito, con una certa avidità
provare il sapore delle sue coppe, a piccoli morsi, ora una ciliegia, ora una
gustosa porzione alle falde delle saporite colline. Lei lo assecondò per un
po’, sorridendogli candidamente, poi lo scostò per continuare a spogliarsi,
era un peccato non poterla scartare, ma cosi sono le regole. Disteso sul
letto ancora non era pronto, situazione che ormai non lo imbarazzava più,
l’unico fastidio sarebbero stati i soldi buttati. Lei non doveva essere una
pivella, sapeva bene cosa fare, si piegò sopra la sua pancia, con
movimenti lenti e sinuosi della schiena e del bacino, e … magia, una forza
misteriosa ridestò la sua potenza. Con un movimento invitante della
lingua lei anticipò la sua opera, mentre gli infilava la divisa di gala. E poi
dolci bocconi, sorbiti, leccati; avrebbe potuto rimanere così fino alla fine,
ma si sarebbe perso tutto il resto. La mise sotto di se, con le mani sulla
parete liscia, era l’unico modo per sentirla, per avere la conferma che
anche lei partecipava. Ritmici, decisi movimenti del bacino, mentre tirava
i suoi capelli, sculacciava i suoi glutei, fino a renderli rosei, e le sue moine
che assecondavano il passo lo invitavano a non fermarsi,

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anche se la prova di forza era stancante più per lui che per lei.

Alla fine, la nostalgia delle saporite coppe, si fece sentire. Proseguì il


viaggio esplorando l’insenatura tra le due colline, la sua estremità,
appariva e scompariva, sfiorando la fossetta alla base del collo, lei la
baciava, cercando di tenere la sua lingua in sincrono con le spinte ormai
sempre più veloci. Poi più niente. Il buio e mille luci. La diga dei sensi
segna la fine dei giochi, lasciandosi travolgere per l’ennesima volta, il
non plus ultra di quella serata giaceva sprecata dentro un asettico
involucro. Avrebbe voluto marcarla con la sua essenza, schizzarle
addosso tutta la sua liberazione, ma quelle cose, costano troppo. Che
non era una donna vera poteva dimenticarselo durante il gioco, ma alla
fine, un insignificante involucro gli ricordava che era arrivata la realtà a
bussare nella sua accomodante solitudine.

Claudia si rivestì in fretta.


– Sei bravo.

Quegli apprezzamenti interessati lo irritavano, ma un po’ gli piaceva


illudersi.

– Se sono bravo perché non mi offri il bis?

Lei sorrise abbassando gli occhi. Gli stivaletti come all’inizio


tornavano a segnare il passo verso l’uscita, un ultimo bacio innocente
sulle labbra, poi si gettò sul divano per gustare la sigaretta di rito.

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Era sceso alla stazione di Roma, Luigi, e in mezzo a quella confusione, a
quel via-vai di ometti indaffarati, aveva perso se stesso. Non era più lui. Si
tastava, cercando di riconoscersi, ma si rendeva conto che qualcosa era
cambiato. Non era più lui. Cercò nelle tasche del suo cappotto giallo
qualcosa che lo convincesse, che lo rassicurasse. Un vecchio block notes,
un mazzo di chiavi, un portafogli. Erano suoi, non c'era dubbio. Ma
bastava questo? No, a Luigi non bastava affatto. Prese la carta d'identità e
studiò le fattezze della fotografia. Vi era raffigurato un uomo di quasi
quarant'anni. Lì, in quella carta, c'era tutto quello che di sé doveva
sapere: era altro un metro e rotti, aveva gli occhi di tal colore, era
sposato, abitava in via x nella città y. Sembrava proprio lui. Avrebbe
potuto fermare uno qualunque di quegli omini smaniosi, mostrargli la
carta e chiedere:

– Le sembro io questo?
E quello avrebbe risposto tranquillamente:
– Sicuro. Proprio lei.

Come alla gente bastava poco: un nome, una faccia. A volte anche un
cane, una moglie, un lavoro, dei ricordi.... e quelli erano loro, quella la
loro vita. Ed erano così legati a quelle cose! Proprio vero che l'ignoranza
rende felici. Non avrebbero mai, nemmeno per un momento, potuto
pensare che quelli non fossero loro. E come no? Poteva biasimarli? Anche
lui si era sempre comportato in quel modo. Ma adesso non ci riusciva.
Aveva scoperto qualcosa, qualcosa che non poteva condividere.
L'avrebbero preso per pazzo. Era visibilmente angosciato. Perché se n'era
accorto solo allora? Avrebbe potuto uccidersi prima. Prima di
commettere quegli sbagli: la moglie, la casa, il lavoro. Prima di darsi
un'identità che non era la sua. Identità, che parola sporca. Come si poteva
permettere a un concetto così ignobile di inquinare le menti delle
persone? Di quelle persone che alla domanda: - Chi sei? - rispondevano: -
Io sono tizio. Vivo là e faccio questo. E tutti mi conoscono così. Ma non
era vero, non era vero per niente. Era lì, ancora in piedi in quella stazione
dove era giunto per chissà quale motivo, quando seppe cosa fare. Salì su
un treno a caso, trovò uno scompartimento vuoto e vi si sedette.
Tirò fuori il block notes si mise a scrivere. Quando i primi passeggeri,
inzuppati dalla pioggia, entrarono nella carrozza aveva già trovato il suo
incipit: "Una delle poche cose, anzi forse la sola ch'io sapessi di certo era
questa: che mi chiamavo Mattia Pascal."

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Recensioni
Il Cimitero di Praga chiude un cerchio – con la speranza che ne riapra
uno nuovo – lungo trent’anni, seguendo un’evoluzione narrativa
cominciata da Il Nome della Rosa. Il Capitan Simone Simonini è il nuovo
protagonista cialtrone dei romanzi di Umberto Eco. Sì, proprio la
cialtroneria è il filo conduttore di tutti i suoi romanzi, eccezion fatta per
La Misteriosa Fiamma della Regina Loana, che è una parentesi
'psichedelica' all’interno del suo universo narrativo, fatto di sette e
organizzazioni segrete immaginarie, che poi – a furia di parlarne –
trascendono la realtà, diventando decisive a livello storico e sociale, più
degli eventi reali.
"Sara vero?", è questa la domanda chiave che caratterizza tutte le sue
storie. È questo anche il titolo di un saggio scritto da Errico Buonanno,
edito dalla Einaudi, che potrebbe essere utilizzato come guida alla
lettura dei romanzi di Eco.
Simonini, personaggio di fine ottocento, incontra personaggi realmente
esistiti. Impara il mestiere di falsario dal notaio Rebaudengo (unico
personaggio, assieme al protagonista, di fantasia) e scopre una regola
fondamentale dello spionaggio: non importa se una notizia è vera,
l’importante è che possa essere utile per ricattare e influenzare le scelte
politiche ed economiche. Il luogo comune e i pregiudizi si fanno scienza,
in un mondo dove gesuiti, sionisti e massoni si scambiano i ruoli di
carnefici e vittime, attribuendosi l’un l’altro complotti e intrighi. Alla
base di tutto sta l’odio verso le culture altre, viste come impure ed
inferiori rispetto alla propria.
In questo crogiolo ottocentesco nasceranno le premesse
dell’antisemitismo moderno; non a caso Eco fa redigere proprio a
Simonini i Protocolli dei Savi di Sion. Uno dei più micidiali falsi storici mai
prodotti. Il protagonista si potrebbe definire uno psicotico con difese
nevrotiche: la sua personalità si sdoppia, sublima la pulsione sessuale
attraverso il cibo e perde completamente la misura tra la realtà e i falsi
che produce.
Si ripetono nel romanzo diversi temi cari all’autore: le società segrete
vere, false o presunte tali, come i Rosacroce o gli Illuminati di Baviera,
compaiono anche ne Il Pendolo di Foucault. In questo come in
Baudolino, abbiamo la passione per i libri e la mania di fabbricare falsi
storici a scopi politici, come i Diari del Prete Gianni o le finte teste di

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Giovanni Battista. Ne L’Isola del Giorno Prima abbiamo
una esposizione di varie filosofie e credenze d’epoca, e
una sorta di alter ego immaginario – il fratello del
protagonista – che ricorda molto l’idiosincrasia vissuta
dallo stesso Simonini. La monomania del cibo e le
numerose ricette d’epoca dell’ultimo romanzo di Eco, sono
uno dei tanti aspetti che costituiscono la firma dell’autore,
che ricorre in tutti i suoi romanzi a digressioni costituite
per lo più da elenchi di concetti alla rinfusa, che
certamente suonano bene, ma portano spesso il lettore a
saltare, passando al capoverso successivo.

Abbondano anche in La Misteriosa Fiamma della


Regina Loana, che è anche un esempio di cosa Eco
dovrebbe evitare di fare. Per esempio il fatto che, arrivati
all’ottavo capitolo la storia ancora non vuol saperne di
iniziare, le digressioni in molti suoi romanzi hanno lo
“I Simonini sono stesso effetto degli elenchi spasmodici – stancano e ti
portano a saltare le pagine – dando al lettore un
realmente messaggio antipatico: "Guardate quanto sono colto"; a
esistiti, e vivono parte questo i romanzi di Eco – di cui Il Cimitero di Praga
costituisce una summa – sono un pugno nello stomaco al
ancora in mezzo pregiudizio e all’egocentrismo di chi sente di avere la
a noi” verità in tasca (cfr. Il Nome della Rosa) al punto da sentirsi
legittimato a millantare credito e produrre falsi, in difesa
della verità; il ché è contraddittorio, ma la storia reale è
piena di personaggi simili.
Non a caso Eco ammonisce: "I Simonini sono realmente
esistiti, e vivono ancora in mezzo a noi".

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Recensioni
Walt Whitman fu il poeta col più grande valore
artistico degli Stati Uniti dell'800. Il suo valore fu ancora
più alto se paragoniamo l'influenza che la sua letteratura
ebbe sul piano storico. Con lo slancio della poesia,
Whitman creò le premesse per una poesia americana. Fu
letta e assorbita dai maggiori letterati dell'antico
continente,1 i quali più tardi imitarono il suo verso libero.2
I primi ad apprezzarlo, tuttavia, furono i simbolisti
francesi.3

Il giovane Whitman non ebbe mai una cultura con basi


solide, per mancanza di qualcuno che lo guidasse. Egli,
perciò, iniziò a leggere tutto ciò che si potrebbe
considerare di livello medio-alto, culturalmente parlando.
Lesse i romanzi di Walter Scott e, qualche anno dopo,
tutte le poesie4 dello scrittore inglese. Più avanti fu
attratto dalla carriera giornalistica. Iniziò così a entrare in
contatto, grazie alle recensioni che dovette scrivere, con
scrittori a lui contemporanei. Intorno a questi scrittori
moderni, Whitman costruì l'immagine che desiderò
impersonare, quella del bardo-lavoratore.5 Quello che
esercitò maggiore attrazione su di lui fu Emerson, del
quale lesse quasi tutta l'opera. Egli, infatti, trovò in
Emerson la fiducia in sé, la poesia della vita ordinaria e
contemporanea, gli umori esaltati e positivi e il concetto
di inderection (approccio per vie indirette). Non è un
metodo ma una specie di tranquilla ipnosi che,
attenuando le capacità percettive, rende però vigile
l'intuizione e permette al filosofo-poeta di cogliere la
verità. Nonostante la sua cultura fosse ancora in una fase
embrionale, Whitman ne subì ugualmente il fascino.

Si dice fosse un contemplativo che possedesse la rude


ingenuità degli irregolari. Si dice fosse un ozioso che
facesse i lavori più diversi, senza distinzione tra quelli di
intelletto e quelli manuali. Si dice fosse un autodidatta
che, pur avendo concluso solo il ciclo di studi elementari,

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si nutrisse con voracità dei grandi libri della storia umana
e assimilasse ogni cosa riuscendo a trasformarla in vita e
versi. Concentrato sulla propria individualità, ma aperto
agli altri senza tregua. Riuscì ad essere uno e molteplice e
ad esprimere, nei suoi versi così diversi, la sua gioiosa
voglia di esistere. Il poeta Whitman ritenne che ogni cosa
fosse nobile, la malattia come la salute, la sconfitta come
il trionfo e grazie ai suoi versi anche la cosa più
insignificante diventa solenne.

Il verso libero come spazio


Nella poesia di Whitman non esiste ordine metrico e il
verso si allunga, diventa spazio, per dare modo
all'esuberanza dello spirito di ampliarsi. Non esiste
tecnica per fermare un'anima in tumulto, come è quella
del poeta. Whitman non considera la sua poesia come
prodotto di elaborazione culturale, ma come impulso di
Note
partecipazione. Per il poeta la cultura è natura e il mondo
è un'enciclopedia, il cosmo la sua biblioteca. Egli può 1. D'Annunzio,
permettersi tutto ciò perché, come esponente della Marinetti,
nuova umanità americana, non ha necessità di una Ungaretti e André
identificazione e non deve fare i conti con il passato. Breton
2. Il verso di
Whitman è
Pur non curandosi troppo degli aspetti letterari e delle caratterizzato da
sue regole, Whitman compie istintivamente una una prosa ritmica,
rivoluzione estetica e porta la poesia verso la prosa. che in pochi casi
Mentre egli è intento a realizzare un'opera incentrata sul si modella in
messaggio del contenuto rivela nuovi orizzonti formali e strofe chiuse.
3. Pound, Eliot e
mette in discussione la funzione del verso Anden
tradizionalmente inteso. La poesia di Whitman, sospesa 4. Lesse, inoltre,
tra il poemetto in prosa e il verso libero, può concedersi l'Antico e il Nuovo
la libertà di creare allitterazioni, assonanze, consonanze Testamento,
senza essere schiava della rima e può accelerare, Shakespeare,
Omero (trad.
rallentare e anche fermarsi senza dover rimanere nei Buckley), Eschilo,
confini restrittivi della strofa o della metrica. Il verso che Sofocle, le saghe
egli adotta è quasi sempre il verso lungo che ha tedesche dei
l'andamento biblico e se nella sua poesia esiste Nibelunghi,
comunque un ritmo, a creare questa funzione ritmica poemi dell'antica
India e Dante
sono le enumerazioni, le ripetizioni e soprattutto le Alighieri.
anafore. Nei suoi versi esiste una varietà di sentimenti 5. Trovò spunto
spirituali immensa: c'è un Whitman oratorio e maestoso nel romanzo di
e un altro sommesso ed elegiaco, c'è il cantore della Sand, Comtesse
vasta natura e quello delle piccole cose. de Rudolstadt.

È quel Whitman un poeta eroico che non teme di


essere preso per un esaltato perché sente di poter
rappresentare il desiderio di ogni altro uomo. Egli è il
popolo e al popolo si rivolge nella convinzione che ogni
gesto, ogni istante, ogni cosa merita di diventare poesia.

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Recensioni
Stufo dei soliti ritardi sul set per via della pioggia,
SCHEDA DEL FILM Simon Pegg giurò a sé stesso che il suo prossimo film
sarebbe stato girato in un clima caldo e secco, un
punto dove non piove mai, come un deserto. "In
Paul America sono tutti degli alieni", partendo da questa
(tit. or. Paul) battuta Pegg propose un soggetto di un alieno in giro
(2011) per l’America. Una sorta di fuga con l’alieno. Già di per
Regia: Greg Mottola sè un viaggio on the road – oltre che molto rock – è
Soggetto e anche un’occasione ideale per conoscere luoghi e
Sceneggiatura: Simon personaggi, che altrimenti non si sarebbe mai
Pegg, Nick Frost incontrato nella vita. Intanto un amico di Pegg scolpì il
Prodotto da: Nira Park, busto di un alieno, chiamandolo 'Paul', le foto del
Tim Bevan, Eric Fellner modello vennero subito spedite alla produzione, la
Fotografia: Lawrence quale accolse con entusiasmo l’idea.
Sher
Musiche: David Arnold Pegg e Frost stesero la sceneggiatura durante un
Scenografia: Jefferson periodo di preparazione nel quale studiarono oltre 50
Sage film riguardanti il tema degli alieni, e il tema on the
Montaggio: Chris road. Vennero fatte anche incursioni nelle possibili
Dickens location e – ironia della sorte – dal momento che tali
Cast: sopralluoghi vennero fatti d’inverno, i nostri dovettero
Simon Pegg (Graeme affrontare climi freddi e piovosi. Pegg e Frost, uniti da
Willy) una profonda amicizia hanno già avuto modo di
Nick Frost (Clive collaborare assieme in film come L'alba dei Morti
Gollings) Dementi (Shaun of the Dead, 2004), dove veniva
Seth Rogen (Voce di omaggiato il tema degli zombi nel cinema, e i film di
Paul) George A. Romero in particolare, e Hot Fuzz (2007)
Jeffrey Tambor (Adam dove si parodiano i film d’azione. Con Paul i due
Shadowchild) sceneggiatori e attori hanno pensato ad un omaggio ai
Jane Lynch (Pat Stevens) film di fantascienza anni ’70. Ma non solo; il film è
Jason Bateman (Agente anche una critica feroce – molto più di quanto possa
Zoil) sembrare – al pregiudizio ed in particolare al
Sigourney Weaver (il creazionismo, di fronte al quale le credenze sui
Pezzo Grosso) complotti tra governo e alieni appaiono utili sub-
culture, che incrementano fortemente il settore
turistico in località desertiche dove scarseggiano altri
tipi di risorse.

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Il personaggio Paul è stato reso vivo grazie al prezioso lavoro della CGI
Wizards e la sua voce è stata affidata a Seth Rogen, una star della
commedia americana che ha già collaborato in diverse occasioni col
regista Greg Motolla. L’interpretazione di Rogen è stata decisiva per il
carattere del personaggio alieno, il quale cadde sulla terra decenni prima
dell’inizio della storia, quindi appare come un uomo vissuto che contrasta
enormemente coi nerd interpretati da Pegg e Frost. L’alieno Paul ha in sé
l’archetipo del vecchio hippy (se volete, una sorta di Lebowski extra-
terrestre) il quale cambia la vita di tutti quelli che lo incontrano; dalla
creazionista Ruth, interpretata da Kirsten Wiig, all’uomo in nero, che deve
trovarlo per riportarlo nell’Area 51. Creato con la tecnica dell’animatronic,
Paul raccoglie in sé il contrasto tra il classico aspetto dell’uomo grigio
delle leggende sulle abdution, e una grande umanità, grazie anche alla
voce di Rogen e alla vasta gamma di espressioni facciali, con cui si è
riusciti a dare vita al personaggio.

Il cast unisce attori inglesi (Frost e Pegg) e americani, molti provenienti


dalla grande palestra comica del Saturday Night Live, come la già citata
Kristen Wiig e Bill Hader. Inoltre non bisogna dimenticare la
partecipazione di Sigourney Weaver, una attrice icona della fantascienza,
la grande interprete di Alien.

L’alieno partorito dalla mente di Pegg e Frost dissacra la visione


stereotipata dell’extraterrestre proposta dal cinema e ironizza su molte
incongruenze tipiche della fantascienza classica, come l’inspiegabile
capacità di comunicare in inglese da parte dei personaggi alieni. In un
flashback l’alieno Paul da consigli a Spielberg su come rappresentare il
suo E.T., Paul biasima il regista dal fargli un dito lungo e luminoso, al ché
dopo una intensa pausa Spielberg risponde: “Paul … fidati.”

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Recensioni
Che dire di un film su cui è già stato detto tutto, fra i più discussi,
sezionati, analizzati della Storia del Cinema? Proviamo a concentrarci su
uno solo dei molteplici aspetti del capolavoro di Kubrick, quello inerente
l'ipotesi extraterrestre.

E' noto come la pellicola prenda il via da un racconto di Arthur C.


Clarke, The Sentinel, in cui gli uomini, giunti sulla Luna, trovano un
manufatto - nel racconto una piramide, nel film il leggendario monolito
nero - che improvvisamente inizia a lanciare un segnale nel cosmo: una
sorta di faro, lasciato lì in epoche lontanissime da visitatori alieni, con lo
scopo di avvertire quando gli abitanti della Terra avrebbero raggiunto un
grado di progresso tale da raggiungere il loro satellite.

Nel film questo c'è, ma prima ancora c'è la lunga sequenza ambientata
nella preistoria, L'alba dell'Uomo, in cui i nostri antenati scimmieschi,
sempre grazie all'intervento del monolito nero alieno, scoprono l'uso
degli utensili (in questo caso le ossa di animali morti da utilizzare come
arma), compiendo il primo passo nella civiltà - e non suoni ironico che
Kubrick abbia identificato questo passo con la scoperta della violenza, è
pur sempre il regista di Arancia Meccanica.

Nel finale, poi, il monolito nero torna, per accompagnare l'uomo verso
l'ultimo passo della propria evoluzione, quello teso a raggiungere un
grado di divinità cosmica, rinascendo quale 'feto spaziale' dopo avere
attraversato vari stadi di coscienza.

2001 è un prodotto della fine degli anni '60, infarcito di visionarietà


psichedelica ed elucubrazioni metafisiche, pieno di simboli, rimandi e
citazioni (la sequenza finale, quella del 'viaggio' di Bowman, ricalca, oltre
che un trip da acido, gli stadi successivi di illuminazione descritti nel Libro
Tibetano dei Morti), ma è interessante in quanto, forse è la prima opera
'popolare', quindi al di fuori della cerchia degli iniziati, a porre in primo
piano l'ipotesi extraterrestre, cioè quell'insieme di teorie secondo cui la
Civiltà dell'Uomo sia stata pilotata, praticamente fin dal suo nascere, da
intelligenze extraterrestri che, agendo in maniera invisibile, ne hanno
condizionato il percorso.

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La sequenza preistorica del film è, a tutti gli effetti,
una rappresentazione cinematografica la più accurata
possibile delle teorie archeoufologiche di Peter
Kolosimo e Erich Von Däniken.

Perché gli alieni avrebbero, da millenni, centinaia di


migliaia di anni, voluto accompagnarci nel nostro
percorso, senza mostrarsi mai? Siamo il frutto di un loro
esperimento che, da bravi scienziati, seguono dal 'di
fuori' del laboratorio? Siamo, come diceva Jung, così
terribilmente soli in tutto l'universo che cerchiamo
ovunque una scintilla che illumini le tenebre del
semplice esistere?

Il film di Kubrick non risponde a questo, e più che a


Jung si rifà a Nietzsche. Con la sua visione di un Dio
sempre più alieno, incurante del bene e del male.

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Recensioni
L’avanguardismo dei Radiohead ha avuto l’ennesima svolta. Non è
bastato al quintetto dell’Oxfordshire rivoluzionare il rock nel 1997 con Ok
Computer, e non è bastato loro stravolgere l’intero universo sonoro nel
2000 con Kid A, il cui cambiamento di rotta aveva trasmesso fiducia negli
appassionati più esigenti. Anche oggi, con l’ultimo The King Of Limbs,
ottavo album, i Radiohead hanno strappato la regola, e la
sperimentazione di ampio respiro degli anni precedenti ha subito una
nuova trasformazione.

Dopo In Rainbows (2007) forse ci si aspettava esperimenti dirottati


verso il pop o addirittura il rock, con qualche importante venatura
elettronica che nel loro stile inconfondibile ovviamente non può mancare.
Invece quest’ultimo lavoro ha intrapreso un nuovo percorso in cui l’ampio
respiro del recente passato è racchiuso in un contesto più austero,
compatto, introspettivo, addirittura misterioso e a tratti ostico e
alienante. Ne emerge un mix di generi impliciti che non lasciano mai
spazio alla classificazione degli stessi.

Bloom, la prima traccia, è una sorta di marcia nevrotica; un lieve


pigiare di pianoforte in partenza s’incanta all’improvviso dinanzi al
nervoso incedere della sezione ritmica. A ciò si contrappone la voce
sinuosa di Thom Yorke che, come al solito, si tramuta in un vero
strumento aggiunto capace di sprigionare suoni dalle molteplici
sfumature. Morning Mr. Magpie ha una ritmica in apparenza frenetica; in
realtà tutto è sapientemente ammorbidito da un tessuto delicato in cui i
dettagli sonori, lievi, emergono rendendo l’intera struttura della canzone
misteriosamente dolce e sognante, perfettamente ricamata dalle chitarre
armoniose. Little By Little sembra una ballata psichedelica, tra percussioni
aliene e voce lamentosa, con una chitarra tra l’acido e il tenero abbraccio.
Feral ha un’impronta elettronica che s’intreccia a incalzanti tocchi di
batteria. La voce di Thom s’alza velata da effetti mentre il basso tesse
ipnosi. E’ una canzone questa che riporta la memoria a Kid A. Lotus
Flower, il primo singolo, ha un ritmo deciso e coinvolgente, danzabile; i
giochi delicati di voce di Thom, che sbocciano in un incantevole ritornello,
si diramano su una struttura ben delineata. Codex parte con un piano
ovattato che avvolge la sublime alienazione vocale e un leggero strato di
fiati. E’ un pezzo che incornicia perfettamente immagini e allucinazioni di

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ricercatori del sogno (o dell’incubo). Give Up The
Ghost è una ballata costruita attorno a una chitarra
battuta e una voce solista che con la consueta cura
dei particolari si sovrappone magicamente a cori
carichi d’effetto. Separator colpisce subito per
l’eleganza e la scioltezza con cui la batteria trascina
l’ascoltatore in un limbo di balli sospesi; le chitarre
emergono pian piano dalla psichedelia più dolce,
rievocando appena Tim Buckley.
The King Of Limbs è un disco spiazzante, mai
scontato. Probabilmente non è il miglior lavoro dei
Radiohead ma indubbiamente è un’opera pregna del
fascino dell’ennesima scoperta. Nonostante duri
appena poco più di trentasette minuti, The King Of
Limbs è denso di significati sonori che non possono
passare inosservati a chi è alla costante ricerca di
qualcosa di nuovo e, soprattutto, di diverso.
I Radiohead non conoscono la banalità né la
monotonia; essi rappresentano il vero punto di
riferimento sonoro di questi ultimi tempi
oggettivamente poveri d’ispirazione e di stile (fa
eccezione forse Third dei Portishead del 2008). Ci si
aggrappa fortemente alla band inglese con la
speranza che dalla loro perenne e instancabile
rivoluzione nasca un nuovo panorama musicale
originale, in cui la passione per l’arte si confonda con
uno stile innovativo e non con i fritti e rifritti da fast
food cui ormai ci stiamo tristemente abituando.

Inoltre, la politica di mercato dei Radiohead (dischi in vendita sul loro


sito a prezzi imposti e abbordabilissimi) è un’altra loro importante
peculiarità. La rivoluzione della band britannica sembra voglia andare ben
oltre le note e ciò fa di loro una figura fondamentale nel processo
culturale innovativo del nuovo secolo.

Io sto dalla parte dei Radiohead, con l’intento di sventrare


l’abbrutimento culturale in cui stiamo sguazzando.

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