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CRISTIANESIMO

Dall’Ebraismo a un nuovo rapporto con Dio


Si parte dall’Ebraismo
Il Cristianesimo è la religione fondata da Gesù Cristo, che è Dio fattosi uomo per salvare l’umanità. Il
Cristianesimo ha radici nell’ebraismo. Ma, se gli ebrei ancora oggi sono in attesa del Messia annunciato
dall’Antico Testamento, per i Cristiani il Messia è Gesù Cristo (per l’ebraismo Gesù è uno dei tanti profeti).
Kristòs: L’Unto, il Consacrato
L’etimologia nasconde il significato della parola. “Messia” infatti viene dall’ebraico Masciach o Mesciach. La
stessa parola in latino è UNCTUS e in greco CHRISTÒS: che a sua volta significa “unto”, “consacrato”: era il
nome che gli Ebrei davano ai sacerdoti e ai profeti e che quindi dai Cristiani fu dato per eccellenza a Gesù di
Nazaret.
Gesù nacque a Betlemme (Nazareth), in Palestina, intorno al 6 a.C. e fu chiamato Joshua, Gesù il Salvatore
(appunto dal Greco: Kyrios, il Cristo).
Gesù e la religione ebraica
Come i genitori anche Gesù osservava i comandamenti della religione ebraica. Gesù fu circonciso all’ottavo giorno
e consacrato con il rito maschile per l’accesso alla comunità ebraica, il Bar Mitzwah. Gesù era solito andare al
Tempio e festeggiava la Pasqua con la Comunità.
La Bibbia cristiana: Antico e Nuovo Testamento
Il testo sacro dei Cristiani, la Bibbia Cristiana, comprende tutto il libro sacro degli Ebrei, l’Antico Testamento (con
l’aggiunta di alcuni testi esclusi dal canone) e il Nuovo Testamento. I 17 libri che compongono il nuovo testamento
e, in particolare i vangeli, cioè i 4 libri che narrano la vicenda storica di Gesù, confermano l’accettazione da parte
di Gesù in fase iniziale della normativa ebraica ricavata dalla Torah.
Anche Gesù osservava le norme alimentari ebraiche
Si può quindi ipotizzare che lo stesso Gesù, da bambino, osservasse i tabù alimentari e il digiuno e una vita
ascetica. Basti pensare al racconto in cui Gesù viene tentato nel deserto e sia gli evangelisti Matteo e Luca
concordano nel dire che la tentazione avvenisse dopo un lungo periodo di digiuno. Inoltre anche l’ultima cena di
Gesù avvenne in conformità dei precetti della Pasqua ebraica.
Non sono venuto ad abolire la Legge
Nelle parole stesse fi Gesù si legge la conformità alla Legge ebraica e l’obbligo per gli ebrei di aderirvi: “non
crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti: non sono venuto ad abolire ma a dare compimento. In
verità io vi dico, finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge,
senza che tutto sia avvenuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare
altrettanto, sarà considerato minimo nel Regno dei Cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà sarà considerato
grande nel Regno dei Cieli”. Mt 5, 17 - 19
La relazione nuova con Dio
Ma se Gesù non aveva intenzione di abolire la Legge, tuttavia si relazionava in modo completamente nuovo con
Dio, che egli chiamava Padre. Gesù proclamava una nuova Legge che liberavano il fedele dai moltissimi precetti
che vincolavano la vita quotidiana degli ebrei.
Quando venne chiesto a Gesù quale fosse il più grande comandamento della Legge ebraica Gesù rispose citando
l’Antico Testamento: “amerai il Signore Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente.
Questo è il primo grande comandamento. Il secondo poi è simile a quello: amerai il prossimo come te stesso. Da
questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti.
La Chiesa, “convocazione” di fedeli
Con la morte avvenuta intorno al 30 d.C. e la Risurrezione di Gesù nasce di fatto una nuova comunità di fedeli, la
Chiesa, dal termine greco Ecclesia, che significa “Convocazione”.
La forza dello Spirito Santo
La discesa dello Spirito Santo che continua ad agire nella Chiesa permette di proseguire il camino tracciato da
Gesù, nonostante la debolezza degli esseri umani. Il Cristiano forte del dono ricevuto è chiamato ad agire nella
libertà dei Figli di Dio con l’obiettivo di raggiungere il Padre attraverso il Figlio nello Spirito Santo.
Libertà, ma con alcune regole
La libertà dei Cristiani non significa certo che non ci siano per nulla delle regole alimentari e queste si trovano
specialmente nella necessità di rispettare i digiuni e nell’astinenza dalle carni in alcuni periodi dell’anno con
l’obiettivo di rafforzare la fede in Gesù.
Il tipo di cibo non influisce sullo spirito
“Non sarà certo un alimento ad avvicinarci a Dio: se non ne mangiamo non veniamo a mancare di qualcosa, se ne
mangiamo non ne abbiamo vantaggio. Badate però che questa vostra libertà non divenga occasione di caduta per i
deboli”. Dalla prima lettera ai Corinzi 8, 4. 7 – 9
Gli alimenti non possono rendere impuri
E Gesù era più che chiaro e diretto in questo senso: “e disse loro: “così neanche voi siete capaci di comprendere?
Non capite che tutto ciò che entra nell’uomo dal di fuori non può renderlo impuro, perché non gli entra nel cuore
ma nel ventre e va nella fogna? Così rendeva puri tutti gli alimenti”. Marco 7, 18 - 19
Le norme alimentari nel Cristianesimo
Diversamente da altre fedi il Cristianesimo non distingue tra animali leviti e proibiti, ma conferma l’usanza che
in certi periodi si devono osservare alcune norme alimentari.
Nella Costituzione dogmatica Sacrosanctum concilium (promulgata il 4 dicembre 1963 n. 110) l’Autorità religiosa
incoraggiava la Penitenza Quaresimale, e nella Costituzione apostolica di Paolo VI – Paenitemini del 17 febbraio
– e nella nota pastorale dell’Episcopato italiano “il senso cristiano del digiuno e dell’astinenza” (4 ottobre 1994 in
vigore dalla prima domenica di Avvento) si trovano gli interventi più recenti in tema di astinenza e digiuno.
Niente cibo: un modo per avvicinarsi a Dio
“Si deve digiunare per Dio, non per noi stessi” Paenitemini: EV 2/629
“Digiuno e astinenza non sono forme di disprezzo del corpo ma strumenti per rinvigorire lo spirito,
rendendolo capace di esaltare, nel sincero dono di sé, la stessa corporeità della persona”. Il senso cristiano del
digiuno e dell’astinenza n.13 ECEI 5/2364
Il Calendario dei digiuni e delle astinenze cristiane
Il calendario delle astinenze e dei digiuni si trovano nel canone 1251. Il termine viene dal latino ABS – TENEO,
cioè tengo lontano, evito. Bisogna osservare l’astinenza: DALLA CARNE TUTTI I VENERDÌ dell’anno che
non cadano in Feste di precetto.
Il cibo vietato durante l’Astinenza
Prima della Costituzione Apostolica Paenitemini del 17 febbraio 1966 di Paolo VI, la Legge dell’Astinenza (si veda
Dizionario di Teologia pastorale, Paoline, Roma, 1962, 181 – 183) non si potevano mangiare:
- La carne degli animali a sangue caldo
- Il loro brodo
- Il loro grasso
- Il sangue
- Il cervello
- Il cuore
- Il fegato
- Gli intestini
No al cibo gourmet
Erano consentite le carni di animali a sangue freddo: pesci, lumache, rane, tartarughe, gamberi. Prima della Nota
pastorale del 1994 veniva consentito l’uso del grasso animale (Costituzione apostolica Panitemini EV 2/647). Ma
con la nota pastorale del 1994 dell’Episcopato italiano, nel concetto di Astinenza oltre alla proibizione della carne,
sono proibiti “i cibi e le bevande che a un prudente giudizio sono da considerarsi come particolarmente ricercati e
costosi”.
Il digiuno
È l’astensione totale o parziale dal cibo e obbliga il cristiano a fare un unico pasto durante la giornata, ma non
proibisce di prendere un po’ di cibo al mattino e alla sera”.
Il canone 1251 fissa inoltre il calendario delle astinenze e dei digiuni: tutti i venerdì dell’anno – che non cadano in
feste di precetto – il fedele deve astenersi dalla carne.
Il mercoledì delle ceneri e il venerdì santo sono gli unici 2 giorni di digiuno.
Per il rito ambrosiano il mercoledì delle ceneri è sostituito dal primo venerdì di Quaresima.
I Cristiani digiunano mercoledì e venerdì
Secondo un testo molto antico, la Didaché, i fedeli cristiani, diversamente e forse per distinguersi dagli Ebrei – che
digiunavano lunedì e giovedì – praticavano il digiuno il mercoledì e il venerdì. Il mercoledì era in ricordo del
Tradimento di Giuda e il venerdì per la morte di Gesù. Per confermare la presa di distanza dal mondo ebraico, il
giovedì soprattutto in ambienti monastici è vietato il digiuno: mentre gli Ebrei osservanti lo praticano, i cristiani lo
impediscono in ricordo della festa dell’Ascensione di Gesù.
40 giorni di penitenza
La scelta dei giorni di digiuno, come abbiamo detto, non è mai casuale ma vuole ricordare due momenti decisivi
della vita cristiana. Il mercoledì delle ceneri – quest’anno cade il 17 febbraio – segna l’inizio della Quaresima, da
Quadragesima: è un periodo di penitenza della durata di 40 giorni in preparazione della Pasqua e termina il venerdì
santo.
Secondo il messaggio della presidenza della Cei il digiuno cristiano mira a “determinare e mettere ordine nei nostri
desideri, vincendo l’abbandono agli istinti e alle sollecitazione del consumismo e dell’edonismo, costruendo una
cultura della sobrietà e del sacrificio”.
40, un numero simbolico
Il numero 40 ha diversi significati. Come attestano le Sacre Scritture, esso rimanda alla prova, alla penitenza e alla
pena. Nell’Antico Testamento possiamo ricordare i 40 giorni del diluvio universale (Gen 7, 12). Oppure la dura
prova sostenuta dal popolo di Israele, nomade nel deserto per 40 anni (Nm 14, 33) e il digiuno di Mosè di 40 giorni
(Es 24, 18).
Nel Nuovo Testamento sono 40 le tentazioni subite da Gesù riportate nei Vangeli.
Con le ceneri inizia la Quaresima
L’imposizione delle ceneri che avviene il mercoledì che precede la prima domenica di quaresima avviene nel
momento in cui il celebrante pronuncia le parole “Memento homo quia pulvis es et in pulverem reverteris”, oppure
“Convertiti e credi al vangelo!”.
Dalla morte alla purificazione e Resurrezione
“Il significato simbolico delle ceneri è legato alla sua somiglianza alla polvere e al suo essere il residuo freddo e
allo stesso tempo purificato della combustione, dopo l’estinzione del fuoco, è considerato pertanto in molte culture
come simbolo di morte, di fugacità, di pentimento e di penitenza, ma anche di purificazione e di resurrezione.
Il cristianesimo conosce l’uso delle ceneri con riferimento al simbolo della penitenza e della purificazione
nell’ambito di diverse funzioni liturgiche, fra cui il mercoledì delle ceneri e la consacrazione delle chiese”. (da
Cenere, in Dizionario dei simboli, Piemme, Casale, Monferrato 1993).
Il significato simbolico della cenere si arricchisce nel momento in cui la Chiesa cattolica ricava le ceneri dai rami
di palme benedette l’anno precedente. Quei rami di palma di palma che sono di segno di gioia e di vittoria,
ridotti in cenere, diventano simbolo della caducità di ogni creatura.
Il Carnevale, Carnem levare
Il periodo che precede la Quaresima è chiamato Carnevale. Il temine pare indicare la vigilia della Quaresima, visto
che viene da carnem – (le) vare, con chiaro riferimento al mercoledì delle ceneri nel quale, lo ricordiamo, è
obbligatorio il digiuno.
D’altronde gli ultimi giorni di Carnevale sono anche chiamati martedì – giovedì grasso: il riferimento al grasso
rimanda naturalmente al consumo di carne che dopo pochi giorni o il giorno successivo sarà proibito.
Con il Mercoledì santo termina la Quaresima e inizia il Triduo pasquale – ciclo di preghiere di 3 giorni – che
culmina nella grande festa di Pasqua.
La domenica si ricorda la Risurrezione
La domenica è sempre il giorno della settimana in cui cade il ricordo della Risurrezione di Gesù, indispensabile
per poi determinare il giorno del mercoledì delle ceneri, inizio del periodo quaresimale.
La solennità di Pasqua si festeggia esattamente la prima domenica dopo il primo plenilunio (luna piena) di
primavera, cioè dopo il solstizio di primavera (21 marzo).
Domenica, il giorno del Dio del Sole
Nei primi anni di vita della religione cristiana, la data della Pasqua fu al centro di grandi dibattiti e scontri.
Alla fine si decise che il giorno della Risurrezione era così importante che andava festeggiato la Domenica, il cui
nome antico era Dies Solis, il giorno del sole, (sun day in inglese son-tag in tedesco) e così si arrivò a Dies
Dominica, cioè Giorno del Signore.
L’uovo di Pasqua
Tra i simboli che meglio rimandano alla resurrezione di Gesù c’è l’uovo di Pasqua, che difficilmente in quel
giorno manca sulle tavole, anche se si è perso ormai il valore simbolico, divenendo appannaggio del mondo
consumistico. L’uovo invece è un simbolo potente in molte religioni.
Uovo, simbolo di Venere e Cerere
Nell’antichità era simbolo di fertilità e di vita: a Roma caratterizzava i riti celebrati in onore di Venere e di
Cerere, dea dell’agricoltura. Con l’avvento del cristianesimo, le tradizioni pagane vennero svuotate del loro
contenuto e inglobate nel sistema monoteistico con un diverso significato:
“Nel Cristianesimo l’uovo è considerato simbolo di resurrezione perché Cristo uscì dal sepolcro come un pulcino
dall’uovo. L’uovo di pasqua che già nelle feste pagane di primavera simboleggiava la fertilità, assunse
un’accezione specificatamente cristiana” Dizionario dei simboli.
Venerdì senza carne per il peccato di Adamo ed Eva
Il venerdì è il giorno della settimana nel quale per tutto l’anno – eccetto il tempo pasquale – occorre astenersi
dalla carne, ricordo di quel venerdì santo nel quale si osserva anche il digiuno, che rievoca la passione e morte di
Gesù.
Alcuni studiosi ritengono che la scelta del venerdì affondi le radici nell’Antico Testamento. Adamo ed Eva
peccarono nel giardino dell’Eden all’ora nona (cioè alle 3 del pomeriggio) del venerdì e Gesù, nuovo Adamo e
salvatore del mondo, morì sempre all’ora nona di un venerdì (3 del pomeriggio) e riscatto l’errore dei progenitori.
Astinenza dai 14 anni, digiuno dai 18 ai 60
Non tutti i cristiani sono soggetti alle prescrizioni alimentari e al digiuno. Il canone 1252 afferma che alla “Legge
dell’astinenza sono tenuti coloro che hanno compiuto il 14° anno di età; alla legge del digiuno, invece, tutti i
maggiorenni fino al 60° anno iniziato. Tuttavia i pastori d’anime e i genitori si adoperino perché anche coloro che
non sono tenuti alla legge del digiuno e dell’astinenza a motivo della minore età, siano formati a un genuino senso
di penitenza”. Paenitemini EV 2/648.
Prima del 1966 il digiuno era obbligatorio dai 7 anni in poi.
Il digiuno eucaristico
Esiste un’ultima forma di digiuno: quello che precede l’Eucarestia. Sulla scorta del Nuovo Testamento, la religione
cristiana ha assunto il cibo all’interno del rito e della celebrazione più di qualsiasi altra religione: Gesù ha invitato i
fedeli a cibarsi non solo del pane ma addirittura di se stesso. Egli stesso diventa il cibo e il nutrimento degli
uomini. “Prendete e mangiatene tutti, questo è il mio corpo.. Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue”. (Mt 26,
26-28; Mc 14, 22-24; Lc 22, 19-20)
All’invito divino l’uomo risponde ringraziando, eucaristein, dio per l’incredibile opportunità concessa.
No al cibo 1 ora prima, medicine a parte
Pertanto “Chi intende ricevere la santissima eucarestia si astenga per lo spazio almeno di 1 ora prima della sacra
comunione da qualunque cibo o bevanda, fatta eccezione soltanto per l’acqua e le medicine”, (Codice di diritto
canonico) precisando nel terzo comma chi può sottrarsi al digiuno, cioè gli anziani, coloro che sono affetti da
qualche infermità e le persone addette alle loro cure, possono ricevere l’Eucarestia anche se hanno preso qualcosa
entro l’ora antecedente”.
Non un cibo qualsiasi
Per cogliere il significato profondo del digiuno eucaristico occorre ripensare al gesto quotidiano dell’introduzione
del cibo. Mangiare l’eucarestia non è come consumare un qualunque piatto: è indispensabile prendere distanza
dal gesto comune del mangiare per apprezzare meglio la straordinarietà dell’incontro con Cristo.
Piena consapevolezza dell’incontro con Dio
L’atto di ingerire è il medesimo e proprio per questo, per non banalizzare il corpo di Cristo, è necessario liberare
il corpo liberandolo, momentaneamente, dall’attività normale di ingestione.
Il digiuno eucaristico è questa presa di coscienza da parte del cristiano, il cui corpo umano è mezzo di incontro con
dio: il digiuno permette di preparare il terreno per l’incontro con Cristo, rendendo consapevole del gesto che
compie con la celebrazione eucaristica.
Più rigore per la Chiesa Ortodossa
La chiesa ortodossa vive con più rigore il digiuno eucaristico senza mai isolarlo da altri precetti come l’astinenza
da rapporti sessuali e attività mondane. I cristiani ortodossi giustificano questa severità col fatto che l’eucarestia
non è un rito qualsiasi, ma anticipa il Regno dei cieli e quindi va affrontata in un clima spirituale adeguato.
Zoroastro non ama il digiuno
Il digiuno in generale era presente anche nei popoli antichi in occasioni particolari, come la morte di qualcuno e in
preparazione di riti religiosi.
Ci sono però anche casi opposti. I seguaci di Zoroastro, ad esempio, che predicavano nell’attuale Iran-Iraq,
rifiutano del tutto il digiuno, perché pensano che una robusta alimentazione fosse indispensabile non solo per la
salute fisica ma anche per quella spirituale.
Gli aspetti teologici
“Perciò è bene non mangiare carne, né bere vino né altra cosa per cui tuo fratello possa scandalizzarsi” Lettera ai
Romani 14, 21
Il Cristianesimo rompe col passato
La religione cristiana rifiuta i precetti alimentari musulmani ed ebraici. Tuttavia, pur negando l’obbedienza a
tutte le leggi alimentari, la religione cristiana, insieme all’Ebraismo, dà grande importanza ai primi 5 libri
dell’Antico Testamento, Torah in ebraico, Penatateuco in greco.
Vegetariani?
Nel primo di questi libri ci sono 2 brani molto importanti. In Genesi 1,29 Dio, dopo aver compiuto la creazione
disse: “Ecco, vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra, e ogni albero fruttifero che produce
seme: saranno il vostro cibo”.
Appare evidente l’invito di Dio a limitare il consumo di cibo solamente a erbe e frutta, ribadito nella genesi 2, 9-16
e 3, 2-18.
Fase 1: cristiani vegetariani
Subito dopo la Creazione, l’uomo e gli animali si nutrivano degli stessi frutti che la terra, non ancora coltivata,
generosamente offriva loro. Senza alcun lavoro e senza arrecare agli animali la morte, potevano cibarsi di piante,
frutti ed erbe.
La colpa di Adamo. Si diventa carnivori
Successivamente, a causa della colpa di Adamo ed Eva, (Gen 2-3) e del fratricidio di Caino (Gen 4) e del Diluvio
universale (Gen 7-8) pare terminare quel mondo in cui gli uomini erano vegetariani. Infatti nella nuova alleanza
che Dio sigla con Noè, è presente un chiaro riferimento a un nuovo ordine alimentare che regolerà il rapporto
uomo-animali . In Gen 9, 3-4 Dio stabilisce che “Ogni essere che striscia e ha vita vi servirà di cibo: vi do tutto
questo, come già le verdi erbe. Soltanto non mangerete la carne con la sua vita, cioè con il suo sangue”.
Carne: non è una concezione benevola
All’essere umano viene ora data la possibilità di nutrirsi anche della carne di animali. Questa tuttavia non sembra
essere una concessione benevola: il brano infatti è inserito in una serie di episodi che vedono il genere umano come
protagonista negativo (a questo segue inoltre l’episodio della torre di babele Gen 11) al quale Dio imputa un
peccato sempre più grave e che vede l’uomo soffrirne le conseguenze.
Fase 2: Sì alla carne, si perde il privilegio del vegetarianesimo
Più che un gesto amichevole, il mangiare carne sembra un allontanamento da quella condizione privilegiata di
cui Adamo ed Eva godevano del paradiso terrestre. L’attesa del ritorno alla vita che Dio aveva pensato in origine
per l’uomo, la nostra sembra un’epoca nella quale (per punizione) è consentito l’uso della carne senza alcuna
eccezione (vale per qualsiasi animale) fatto salvo per il consumo di sangue.
Nella Bibbia quindi si trova la possibilità di consumare carne.
Una religione senza vincoli e senza eccessi
Nel Cristianesimo, quindi, come abbiamo, visto non ci sono vincoli alimentari, ma a livello teologico il digiuno,
l’astinenza dalle carni e la preghiera sono indispensabili per la salvezza. Il primo e più importante esempio si ricava
quando Gesù rifiutò nel deserto il cibo per 40 giorni e 40 notti. Tuttavia il Nuovo testamento non pare
contenere inviti a un digiuno pressante. In generale il cristianesimo tende ad evitare ogni tipo di eccesso.
Il significato del digiuno
Il digiuno cristiano ha diversi significati: prima di tutto è una forma di pentimento ed è indissolubilmente legato
alla disposizione d’animo del fedele, che attraverso di esso mette in atto una autentica conversione del cuore. Solo
così ha valore lo sforzo compiuto a tavola. In caso contrario non sortisce alcun effetto. Ad esempio non bisogna
pregare o digiunare per “essere visti dagli uomini” Mt 6,5.
Inoltre il digiuno è il modo per raggiungere la perfezione spirituale e un modo per predisporre l’animo alla
preghiera.
La monofagia e la xerofagia dei Cristiani Ortodossi
Nella Chiesa orientale i cristiani ortodossi praticano la monofagia, cioè un solo pasto quotidiano.
Quando i tempi liturgici prevedono l’astensione dai cibi, essi rifiutano non solo la carne ma in Quaresima, secondo
le norme prescritte dal Concilio di Laodicea, il fedele è invitato alla xerofagia, cioè il consumo di soli cibi secchi.
Ogni genere di cibo, ringraziando Dio
A differenza di altre religioni quella cristiana non prevede alcuna costrizione alimentare: ciò permette al
cristiano di godere al 100% della bontà della creazione, perché nulla di ciò che è esterno all’uomo è negativo.
Per questo Paolo invita a consumare ogni genere di cibo senza temere ripercussioni spirituali, purché ogni piatto
sia preso ringraziando Dio
La libertà gastronomica dei cristiani: una novità che favorisce la diffusione del Cristianesimo
Questa libertà gastronomica è sicuramente una novità nell’ambito religioso: le norme alimentari costituiscono un
impedimento per i fedeli di altre religioni a calarsi nella cultura di paesi con fedi diverse. I cristiani invece non
hanno alcuna difficoltà ad accettare costumi, piatti e abitudini alimentari di altre religioni, non conoscendo alcuna
distinzione tra cibi puri e impuri o bevande consentite o proibite. “Restate in quella casa, mangiando e bevendo di
quello che hanno” Lc 10,7. Questo ha sicuramente favorito la penetrazione culturale religiosa cristiana in
tutto il mondo.
Nessun vincolo
La religione cristiana, come non impone norme alimentari, non impone nemmeno il vegetarianesimo: è consentito
infatti il consumo di carne senza alcuna limitazione se non quella legata ad alcuni giorni e a un periodo dell’anno
liturgico. Per alcuni studiosi cristiani però il vegetarianesimo resta una forma più alta di alimentazione e un
segno evidente di maturità umana (L. Dumont, Homo Hierarchicus, Gallimard Paris 1966).
Vegetus, sano, forte, vitale
Il termine vegetariano fu coniato per la prima volta nel 1842 dall’Associazione vegetariana e deriva per alcuni dal
latino vegetus, sano, forte, vitale. Da qui homo vegetus, persona di notevole vigore mentale e fisico: il significato
di vegetarianesimo supera quindi l’orizzonte alimentare per portarlo a un livello morale e simbolico. La bibbia però
è chiara: Dio ha consentito da Noè in poi il consumo di carne senza limitazioni.
Il rapporto tra il cristianesimo e il vegetarianesimo
Alcune religioni rimproverano al cristianesimo la disattenzione nei confronti della natura e del mondo vivente
in generale. Viene detto che il Cristianesimo è antropocentrico e privilegia l’uomo a discapito della natura.
Che la Bibbia ponga al centro della creazione l’uomo è un dato certo: anzi si può affermare che per la Bibbia
l’uomo sia il vertice della creazione e l’assunzione da parte di Cristo di una forma umana ne è la conferma.
L’uomo, al centro dell’universo
“Disse: facciamo l’uomo a nostra immagine: domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame e su
tutti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla terra”.
E Dio creò l’uomo a sua immagine li benedisse e disse loro “Siate fecondi e moltiplicatevi, dominate sui pesci del
mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra” (Gen 1,26-28).
A immagine e somiglianza di Dio
Può darsi che espressioni come dominare e soggiogare abbiano tratto in inganno qualcuno, perché il testo della
Genesi non giustifica alcuna aggressione sulla natura né nei confronti degli animali. Non è questo il significato
dell’antropocentrismo cristiano.
In realtà intende ribadire l’unicità dell’uomo: egli è stato creato a immagine e somiglianza di Dio e nessun altro. e
in virtù di questo può esercitare la signoria e la potestà sul creato, e si pone come custode di una realtà che non è
sua, ma del creatore.
La carne non è peccato
L’uomo non può quindi abusare del privilegio assegnatogli da Dio, esercitando un potere illimitato.
Come dice Gen 2,5 l’uomo è stato messo nel giardino dell’Eden perché lo coltivasse e lo custodisse”. Da un punto
di vista alimentare, quindi il fedele cristiano può correttamente cibarsi di carne perché gli animali sono stati
creati e voluti da Dio in funzione della creatura per eccellenza: l’uomo. Se questi, per il suo sostentamento,
consuma carne di animali non commette peccato.
Il macellaio non ha colpa
Potremmo dire che è perfettamente lecito che l’uomo goda del creato: egli può cogliere quanto l’habitat gli offre.
Tutto ciò che è stato creato è buono e se l’uomo decide di digiunare o astenersi da qualcosa non è certo perché
rifiuta i doni di Dio. In questa luce si pone il giusto confronto con il mondo animale. Contadini, allevatori,
macellai e rivenditori non sono mai stati condannati dalla Chiesa per il loro lavoro. E così anche i consumatori di
carne per la loro scelta alimentare.
La sperimentazione scientifica sugli animali
La religione cristiana non interviene inoltre sulla sperimentazione scientifica sugli animali quando essa è volta allo
studio e al miglioramento della condizione umana, come la cura delle malattie.
Al contrario, ogni sfruttamento naturale o animale che sia eccessivo e insensato non può che suscitare
disapprovazione e dubbi nel cristiano. Come si legge nella bibbia “Il giusto si prende cura del suo bestiame” (Pr
12,10).
Le ricette
“Dunque sia che mangiate sia che beviate sia che facciate qualsiasi altra cosa fate tutto per la gloria di Dio”. (Prima
lettera ai corinzi 10,31)
Le ricette delle Feste
Anche la religione cristiana assegna alle Feste un ruolo molto importante. Seguendo il testo della Genesi, i cristiani
santificano un giorno alla settimana (come gli ebrei e i musulmani) durante il quale il riposo dalle attività
quotidiane si intende come tempo da riservare a Dio. Mentre gli ebrei santificano il sabato e i musulmani il
venerdì, i cristiani festeggiano la Domenica, giorno del Signore e ricordo della risurrezione.
Il Natale
Tra le ricette tipiche del Natale c’è il torrone che non manca mai sulle tavole e la presenza del mandorlo in tutta
l’area mediterranea giustifica la presenza di questo dolce anche in altre cucine.
A Carnevale si preparano dolci fritti, tra le ricette antiche ci sono i cenci, strisce di pasta preparati con farina uova
burro marsala zucchero semolato fritte e le frittole, dolce tipico veneziano che è un impasto lievitato a base di
lievito farina pinoli uvetta e cedro scorza di limone e rum da friggere in olio bollente.
La Pasqua
A pasqua, un piatto antico citato in un documento medievale sono i Cialcons: ravioli friulani tipici del Friuli
riempiti con ricotta, uvette, cedro cacao cannella uovo pepe sale e pangrattato e conditi con abbondante burro e
salvia.
C’è poi la pastiera, fatta con il grano intero, la vaniglia, la buccia d’arancia la ricotta e l’acqua di fiori d’arancio e i
ricciarelli, biscotti a base di mandorle e zucchero.
Ravioli di zucca per la Vergine Maria
Per le feste dedicate alla Vergine Maria, l’Assunzione del 15 agosto e l’Immacolata concezione dell’8 dicembre, di
solito si preparano i ravioli di zucca aromatizzati con un pizzico di noce moscata.
Bigolada: uno strappo alla regola
Il Mercoledì delle ceneri, pur essendo un giorno di digiuno, in alcune parti d’Italia si prepara la Bigolada, con
farina e uova si preparano i bigoli, spaghetti abbastanza grossi ricavati da un torchio, che si condiscono
soffriggendo in un tegame l’olio extravergine d’oliva con l’aglio, togliendolo appena imbiondisce, e aggiungendo
successivamente le sardine tritate successivamente.
Salame cotto per Sant’Antonio
Il 17 gennaio, il giorno di Sant’Antonio, protettore degli animali, si prepara il salame cotto: si prende un salame di
puro suino fresco oppure un cotechino e si mette in una casseruola di rame. Si preparano abbondanti braci che
serviranno a cuocere per un paio d’ore il salame.
Per la festa prepara anche la Torta di Sant’Antonio: una pasta frolla su cui si mette della marmellata di mele e
riempita con mele tagliate a fettine e lasciate macerare per circa 1 ora nel rum e nello zucchero, che si chiude con
la pasta frolla a losanghe.

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