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Positivismo

Introduzione

Il Positivismo non può essere definito una corrente di pensiero in senso proprio, ma è spesso inteso
piuttosto come un movimento filosofico, e più generalmente culturale, finalizzato all’esaltazione della
scienza.

Nato in Francia fra la fine del Settecento e la prima metà dell’Ottocento, questo fenomeno culturale
giunse diffondersi e svilupparsi nella maggior parte delle nazioni europee solo durante la seconda metà
dello stesso secolo; tuttavia, come già anticipato, la visione positivista racchiuse in sé una matrice fortemente
eclettica, influenzando numerosi altri ambiti tra cui quello letterario (con particolare riferimento a
Verismo e Naturalismo).

Secondo la visione positivista la scienza è considerata fonte di benessere e progresso, dunque è probabile
che proprio il Positivismo sia nato a seguito della realizzazione delle numerose invenzioni che avevano
alterato la società ed i modi di produzione dell’epoca: l’Europa del XIX secolo era infatti interessata
dagli eventi della Seconda rivoluzione industriale.

Il significato del Positivismo

Tra i maggiori esponenti di tale movimento è possibile riconoscere Auguste Comte, filosofo che esplicitò il
significato del termine «positivo» secondo cinque diverse accezioni:

- per indicare ciò che è reale, e quindi accessibile alla mente dell’uomo, in opposizione al metafisico
- per indicare ciò che è utile, in contrasto quindi con ciò che è inutile
- per indicare ciò che è certo, in opposizione a ciò che è incerto
- per indicare ciò che è preciso, in contrasto al vago ed indefinito
- per indicare ciò che ha valore positivo, in opposizione a ciò che ha valore negativo

Contesto storico-culturale

Lo sviluppo della corrente positivista può essere suddiviso in due fasi:

- Nella prima fase il Positivismo assunse una connotazione spiccatamente politica, in quanto nacque
durante il periodo della Restaurazione, a cui i pensatori di tale movimento opposero il superamento
dell’Ancien Regime attraverso la concretizzazione dei valori illuministi e rivoluzionari

- Nella seconda fase questa corrente di pensiero si legò invece ai moti liberali e alle guerre
d’indipendenza, divenendo perciò la posizione culturale dominante del ceto borghese

In particolare in Francia si diffuse principalmente un «Positivismo sociale», mentre in Inghilterra la


stessa corrente assunse la conformazione di «Positivismo evoluzionista» (essendosi legata alla teoria
evoluzionista di Darwin).

Considerando la scienza unica forma di sapere in grado di migliorare l’umanità, e di garantire quindi
benessere a tutte le classi sociali, gli intellettuali positivisti pretesero di estendere il metodo scientifico a
tutti gli ambiti della vita umana, fra cui la società stessa.
Proprio quest’ultima, caratterizzata da profonde innovazioni di carattere tecnologico, diede vita per ad una
nuova concezione spazio-temporale (che culminerà nella Belle Epoque) e finì per trasformarsi nei costumi e
nei comportamenti: per questo motivo proprio la società deve essere scientificamente analizzata e deve
essere quindi trattata come una materia che abbia lo scopo di comprenderne e risolverne i contrasti interni.

Con tale presupposto i positivisti crearono quindi una nuova scienza, ovvero la sociologia, fondata dal già
precedentemente citato Auguste Comte.
Il confronto con l’Illuminismo ed il Romanticismo

Per la sua visione ottimistica ed l’assoluto rigetto della metafisica, il Positivismo è stato spesso accostato e
paragonato all’Illuminismo.

Fra queste due correnti di pensiero sono indubbiamente individuabili delle analogie, quali la fiducia
nella ragione e nel progresso o la concezione ottimistica della storia, tuttavia permangono anche delle
sostanziali differenze: la filosofia illuminista (come testimoniato dagli eventi della Rivoluzione francese)
portava infatti con sé una carica eversiva ed un bisogno di cambiamento radicale, mentre nel Positivismo,
che espresse valori ed ideali prettamente borghesi, questa caratteristica era assente.

Altri studiosi hanno invece esaminato il rapporto tra Positivismo e Romanticismo: fra i due movimenti
culturali vi sono ovviamente evidenti discordanze, se il primo esaltava la ragione il secondo al contrario il
sentimento, tuttavia ad accomunarli contribuisce una sorta di «assolutizzazione» del loro nucleo di
pensiero (per l’appunto la ragione per i positivisti ed il sentimento per i romantici).

Comte
Biografia

Auguste Comte nacque nel 1798 a Montpellier da una famiglia di modeste condizioni economiche,
favorevole alla monarchia e di religione cattolica.

Particolarmente versato agli studi matematici, il filosofo frequentò in gioventù la Scuola Politecnica di
Parigi: qui entrò in contatto con il socialista Saint-Simon, di cui divenne discepolo e poco dopo segretario
e collaboratore (posizione che mantenne per ben sette anni) scrivendo assieme a lui la sua prima opera co-
firmata, ovvero il Piano dei lavori scientifici per riorganizzare la società.

La seconda edizione dello scritto fu poi pubblicata due anni dopo, apparendo tuttavia con il titolo
Sistema di politica positiva e recando solamente la paternità di Comte.
Ciò testimonia dunque la rottura che avvenne fra il filosofo di Montpellier e Saint-Simon.

La vita di Comte fu nel complesso abbastanza travagliata, soprattutto a causa delle frequenti crisi nervose
di cui egli soffriva (probabilmente determinate dal rapporto conflittuale con la moglie, da cui poi si separò) e
da varie vicissitudini personali: proprio per questo motivo nel suo pensiero è anche individuabile una
svolta mistico-religiosa.

L’opera indubbiamente più importante del filosofo fu Corso di filosofia positiva, scritto monumentale
formato da sei volumi.

Il filosofo morì a Parigi nel 1857.


Pensiero

Il Positivismo e la «legge dei tre stadi»

Comte è universalmente considerato il fondatore del Positivismo, pur essendo stato per primo proprio
Saint-Simon ad utilizzare questo stesso termine nella sua opera intitolata Catechismo degli industriali,
tuttavia il filosofo di Montpellier ne fornì (come già precedentemente esposto) le varie accezioni.

Comte di fatto si propose di creare una legge scientifica che potesse spiegare lo sviluppo dell’uomo
come singolo, dell’umanità e dell’evoluzione politica, e che egli denominò «legge dei tre stadi»:

- Il primo stadio è quello religioso o teologico: in questa fase gli uomini cercano di dare una spiegazione
al verificarsi dei fenomeni naturali, e ne attribuiscono la causa all’azione di più divinità (fino a quando
esiste il politeismo) o di un unico Dio (con l’avvento del monoteismo).

- Il secondo stadio è quello metafisico: una fase di transizione in cui si verifica un’evoluzione rispetto alla
condizione precedente, in quanto la causa dei fenomeni viene attribuita a forze astratte e dunque la
ragione inizia ad emergere ed ad opporsi all’immaginazione (dominante nel primo stadio), tuttavia
proprio la ragione non è ancora propriamente definibile «scientifica».

- Il terzo stadio è quello positivo: in questa fase subentra definitivamente la ragione scientifica,
attraverso cui l’uomo, mediante l’osservazione dei fenomeni e l’elaborazione dei dati, è in grado di stabilire
dei nessi causali che gli permettono di teorizzare leggi che spiegano il comportamento della natura.
L’elaborazione di queste leggi si rivela fondamentale, in quanto le stesse consentono di prevedere i fenomeni
e dunque di controllarli.

In particolare Comte paragonò:

- lo stadio teologico all’infanzia dell’uomo (in cui prevale la fantasia), riferendolo invece politicamente
all’antica supremazia del potere militare e sacerdotale
- lo stadio metafisico all’adolescenza (in cui la ragione comincia ad emergere), riferendolo invece dal
punto di vista storico-politico al periodo compreso fra la Riforma e la Rivoluzione francese
- lo stadio positivo alla maturità (in cui la ragione di afferma), riferendolo politicamente alla rivoluzione
industriale, periodo in cui il potere dovrebbe appartenere ad industriali e scienziati

Proprio quanto appena detto in merito all’ultimo stadio ci fa comprendere come il filosofo di Montpellier
aspirasse, come vedremo più avanti, alla realizzazione di una sociocrazia.

La classificazione delle scienze

Dopo aver esposto la legge dei tre stadi Comte cominciò ad indagare e classificare le singole discipline,
cercando di comprendere se avessero o meno raggiunto lo stadio positivo, e stabilendo quindi quali possano
essere considerate vere e proprie scienze.

Tale classificazione venne attuata secondo il principio di «complessità crescente e semplicità decrescente»,
che possiede un triplice carattere:

- pedagogico, in quanto mostra l’ordine in cui le scienze dovrebbero essere studiate


- logico, poiché esprime l’evoluzione del sapere a partire dalle cose più semplici alle più complesse
- storico, perché tale classificazione mostra l’andamento culturale nel corso della storia
Sulla base di quest’analisi, il primo sapere ad essere entrato nello stadio positivo fu l’astronomia, a cui
seguirono la fisica e la chimica, per poi giungere infine a biologia e sociologia.
Il filosofo tuttavia non si limitò soltanto ad elencare tali materie scientifiche, ma attribuì ad ognuna di esse
uno o più pensatori che hanno contribuito in maniera determinante al raggiungimento della scientificità:
nel caso dell’astronomia Copernico o Galileo Galilei, in quello della fisica Newton, per la chimica
Lavoisier.
Da tale schematizzazione Comte escluse però:

- la matematica, che venne da lui invece considerata la «scienza per eccellenza» su cui tutte le altre si
basano
- la psicologia, poiché ritenne che non si potesse indagare scientificamente la psiche umana
- la filosofia, che non può essere considerata scienza in quanto mancante di un oggetto proprio, ma che
svolge l’importante funzione di coordinare i vari saperi ed individuarne i principi comuni
- la logica, in quanto viene considerata il metodo di cui tutti gli ambiti conoscitivi devono fare uso

La sociologia

Da quanto fin’ora detto emerge come la meta ultima a cui tutti i saperi devono tendere sia la sociologia,
poiché partendo dalla situazione di fatto del suo tempo il filosofo ritenne che fosse fondamentale
riformare la società, instaurare un nuove ordine razionale che ubbidisse ad una sorta di «gerarchizzazione».
Tuttavia la stessa (chiamata anche «fisica sociale») non ha ancora raggiunto pienamente lo stadio
positivo ed ha il compito di stabilire le leggi che regolano i fenomeni sociali.

La sociologia, proprio come la fisica, è divisibile in due branche:

- la sociologia statica, che si basa sul concetto di ordine e studia le strutture permanenti della società
- la sociologia dinamica, che si basa sul concetto di progresso e studia le trasformazioni della società

In ogni caso i concetti di ordine e progresso si implicano vicendevolmente, poiché il progresso stesso
deve essere finalizzato alla realizzazione di un nuovo ordine, che a sua volta deve contribuire al primo.

Comte affermò che l’evoluzione a cui la società è soggetta sia un qualcosa di naturale ed inevitabile: il
progresso dunque viene percepito come un qualcosa di positivo, che presenta tuttavia un percorso
incostante in quanto in alcune epoche si svolge rapidamente mentre in altre richiede maggiore sforzo.
I sociologi possiedono quindi l’obiettivo di analizzare e rimuovere tutti quegli ostacoli che determinano
situazioni di crisi, ed impediscono perciò il progresso.

Il fine ultimo della sociologia, oltre alla prosecuzione del progresso, è la realizzazione della sociocrazia,
che Comte intese come una forma di governo guidata da industriali e scienziati: secondo la visione del
filosofo è a queste due categorie che spetterebbe infatti il compito di riformare la società.
Nelle opere del filosofo di Montpellier non troviamo tuttavia un’enunciazione del liberalismo, in quanto
proprio la sociocrazia viene concepita come un governo autoritario ed illiberale, ed anzi è presente
un’aspra critica al mondo moderno che viene paragonato ad una sorta di disordine.
Comte dunque condannò le ideologie del mondo moderno, come liberalismo e socialismo.

Questi aspetti furono poi ripresi in età matura, e rielaborati alla luce di una sorta di conversione religiosa,
che tuttavia non rifletteva la teologia tradizionale ma si rifaceva nuovamente alla scienza (definibile pertanto
«religione scientista»): la stessa non è più fondata sul culto di Dio, ma su quello dell’umanità.
Proprio quest’ultima venne denominata «Grande Essere»: un’entità (costituita da tutte le generazioni passate,
presenti e future) definibile «concetto storico» che ha come metà ultima il progresso o perfezionamento.

Il filosofo investì molto sé stesso su tale religione, ideando addirittura un nuovo calendario, una nuova
liturgia ed una nuova Trinità (formata dal «Grande Essere» cioè l’umanità, dal «Grande Feticcio» ovvero
la Terra e dal «Grande Mezzo» cioè lo spazio).
Un’ultima peculiarità del pensiero di Comte riguarda l’ineguaglianza fra uomo e donna: secondo il
pensatore infatti la donna è per natura subordinata all’uomo in quanto inferiore, ed è meno capace di
svolgere sia lavori intellettuali che fisici.
Inoltre, quando il medico tedesco Gall (fondatore della nefrologia) compì un’analisi della struttura della
corteccia cerebrale, il pensatore celebrò questi studi ritenendo che finalmente il discorso
dell’inferiorità della donna avesse trovato una giustificazione scientifica.
La donna all’interno della società non deve inoltre svolgere alcun ruolo, se non quello della conduzione
familiare-domestica, ed è per questo motivo che Comte non fu favorevole al divorzio.

John Stuart Mill

Biografia

John Stuart Mill fu un filosofo ed economista inglese nato a Londra nel 1806.

Figlio del filosofo James Mill, grazie al suo impulso John ricevette un’educazione estremamente raffinata
e precoce, studiando sin da giovanissimo il greco ed il latino.
All’età di 16 anni, pur continuando i suoi studi, Mill trovò un impiego presso la Compagnia delle Indie,
di cui il padre era un importante funzionario.

L’influenza del padre si rivelò fondamentale per il filosofo anche nell’assimilazione dei valori liberali,
tanto da spingerlo a divenire esponente del Partito Liberale presso la Camera dei Comuni .

Aldilà di questo temporaneo impegno politico, la vita di Mill fu quasi completamente dedicata alla difesa
dei diritti delle categorie considerate subalterne: collaborando con la moglie Harriet Taylor e la figlia di
quest’ultima Hellen, il filosofo scrisse diversi saggi a favore dell’emancipazione femminile.

John Stuart Mill fu infatti uno dei primissimi pensatori a studiare l’oppressione delle donne nelle
scienze sociali.

Tra le opere più importanti di Mill spicca senz’altro il saggio Sulla libertà, pubblicato nel 1859 e considerato
oramai un testo classico del pensiero liberale.

Il filosofo londinese morì ad Avignone nel 1873.

Pensiero

Liberalismo radicale e governo democratico

Nel saggio Sulla libertà Stuart Mill si dedicò alla strenua difesa delle libertà dell’individuo, intendendo
le stesse in senso negativo («libertà da…») con la volontà di tutelarle dall’ingerenza dello Stato.
Il filosofo rifiutò infatti la concezione paternalistica del potere, sostenendo che nessuna autorità possa
costringere l’individuo a fare qualcosa con il pretesto che ciò sia un bene.

Nella visione di Mill lo Stato non riveste quindi una funzione costrittiva, ma puramente consiliativa, ed è
perciò legittimato ad intervenire limitando la libertà d’azione solo qualora il comportamento di un
uomo possa danneggiare i suoi simili.
Il filosofo londinese individuò tre libertà fondamentali:

- La libertà ideologica, ossia la libertà di coscienza, pensiero ed espressione


- La libertà dei gusti, ovvero la libertà di regolare la propria vita come aggrada (da intendersi come ricerca
della felicità) purché le scelte personali non ledano i diritti altrui
- La libertà di associazione, cioè la libertà di riunirsi purché ciò non implichi l’altrui danno

Sulla base di tali presupposti, un governo può dirsi quindi autenticamente democratico solo se rispetta
queste libertà e si basa su un sistema elettorale che garantisca l’uguaglianza di tutti i cittadini, e più
specificatamente fra i sessi: Mill infatti fu già all’epoca considerato un liberale radicale, tanto da
rivendicare in Parlamento il diritto di voto per le donne.

Nello stesso scritto Stuart Mill conferì inoltre grande importanza anche al «confronto dialettico»,
ovvero al pluralismo di idee, difendendo perciò la diversità in opposizione al conformismo.
Il filosofo credeva infatti alla tolleranza, fino a quel momento considerata sopportazione, nel senso di
valore: il confronto fra opinioni diverse, secondo Mill, rivitalizzerebbe infatti la società scongiurando il
dogmatismo.
In un altro scritto intitolato Considerazioni sul governo rappresentativo (1861) Mill affrontò una questione
politica molto importante, ovvero la «tirannia della maggioranza»: secondo il filosofo era infatti possibile
che chi ha ottenuto democraticamente il potere possa utilizzarlo per un puro vantaggio personale,
dunque per scongiurare tale evenienza risulterebbe determinante l’operato dell’opposizione parlamentare.
Le minoranze dunque non devono essere messe a tacere, ma devono avere l’opportunità di essere
considerate ed ascoltate.

Successivamente il filosofo affrontò anche il problema della «questione sociale» scaturita dall’affermarsi
della nuova economia industriale, criticando in particolare il socialismo: secondo Stuart Mill infatti
quest’ultimo deprimerebbe l’iniziativa individuale.
Il criterio fondamentale che, secondo il pensatore londinese, lo Stato deve seguire è quello di garantire il
maggiore benessere al maggior numero possibile di persone attraverso delle riforme che garantiscano
un’equa distribuzione della ricchezza.

Proprio per questo motivo Mill criticò quelle forme di governo che elargiscono indiscriminatamente
sussidi alle fasce più deboli, ritenendo che ciò creasse in esse una forma di dipendenza: affinché le stesse
possano uscire dalla loro condizione di indigenza, lo Stato deve quindi favorire unicamente la cooperazione
fra le classi. Il filosofo possedeva quindi una percezione fortemente buonista della società, ritenendo che
l’egoismo dell’uomo sia inferiore al suo altruismo e che la felicità individuale derivi dalla promozione della
felicità degli altri uomini.

L’emancipazione femminile

Come abbiamo già precedentemente anticipato, la vita ed il pensiero di John Stuart Mill furono
fortemente influenzati dalla moglie Harriet Taylor e dalla figliastra Helen, specie per quanto riguardò la
trattazione delle tematiche legate all’emancipazione femminile: una delle opere più importanti in tal senso
fu La servitù delle donne, nella quale fu rivendicata la parità fra i sessi ed il suffragio universale.
In opposizione a Comte il filosofo affermò inoltre che non esistesse alcuna inferiorità naturale della
donna, frutto di un pregiudizio ed un atto di forza dell’uomo avallato dal diritto, ma soltanto differenti
caratteristiche che non alterano tuttavia il valore: se le donne possiedono infatti abilità legate all’intuito ed
all’empatia, gli uomini sono caratterizzati da altre peculiarità che non sono però superiori.

Sempre in difesa della donna Mill ritenne peraltro che gli uomini avessero coltivato le arti e le scienze
per accrescere il loro potere e la loro gloria, mentre le donne (all’epoca ancora poche in tali ambiti)
avrebbero fatto lo stesso clandestinamente e per un puro interesse per la cultura.

L’operato delle donne era clandestino in quanto il ruolo sociale affidatogli era quello di curatrici della
famiglia, dove secondo il filosofo si era di fatto storicamente realizzata l’oppressione femminile, poiché
sin dalla tenera età le stesse sono state educate alla sottomissione.
Quest’ultimo aspetto ha avuto poi indubbiamente conseguenze molto gravi sia per lo sviluppo della
civiltà, in quanto gran parte delle capacità delle donne sono state sprecate, sia per i rapporti sociali, che
sono stati improntati su valori come la prepotenza e la forza bruta che non tengono conto di principi come
uguaglianza e libertà.

Dall’emancipazione femminile l’intera società ne sarebbe quindi arricchita, in quanto creerebbe una
«competizione sana» da cui deriverebbe una nuova cultura improntata alla giustizia ed al rispetto delle
libertà fondamentali.
Proprio a tale scopo Mill auspicò alla formazione di un sistema d’istruzione inclusivo, che si rivolgesse
sia agli uomini che alle donne, volto a sviluppare le diverse capacità e migliorare i principi morali che
regolano la convivenza civile. Ciò avrebbe inoltre chiaramente comportato un’evoluzione in ambito
familiare: in tal senso già all’epoca il pensatore si batté per l’emanazione di un nuovo codice che
riconoscesse l’uguaglianza giuridica dei coniugi ed la validità del divorzio.

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