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Gioele Medda S3A

A partire dal testo degli Atti degli Apostoli ripercorrere la vita della prima comunità
di Gerusalemme, della sua diaspora e della nascita delle prime comunità cristiane,
con attenzione ai viaggi di Paolo e agli usi dei primi cristiani.
Premessa
Il libro degli Atti degli Apostoli è stato scritto da Luca verso gli anni 80 d.C.
Egli raccolse le testimonianze su Gesù e sul Cristianesimo che stava nascendo,
affidandosi alle parole degli apostoli e dei cristiani delle prime comunità.
Nella prima parte vengono presentati alcuni aspetti che riguardano l’annuncio del Vangelo
da parte dei primi cristiani, soprattutto di Pietro e il cammino della Chiesa dalle sue origini.
E’ quindi incentrata sull’attività degli apostoli e sulla vita delle prime comunità cristiane
( sorte tra il 30 e il 60 d.C.).
Nella seconda parte del testo, però, l’attenzione si sposta su Paolo, l’apostolo delle genti e
sulla sua opera. Luca ci spiega, attraverso le vicende dei singoli personaggi, i contenuti e il
metodo della predicazione, la fede dei credenti e la diffusione della Chiesa.
Possiamo anche dire che gli Atti degli Apostoli non sono solamente un testo storico, ma
rappresentano soprattutto un libro di fede, perché di ogni fatto mette in risalto il profondo
significato che porta in sé.

La prima comunità di Gerusalemme viene presentata come un cuor solo e un’anima


sola. Era costituita dagli apostoli, dai discepoli e dalle donne che avevano conosciuto
Gesù, ma che soprattutto si erano fidati di lui credendo nella sua Parola e nella sua
Resurrezione. La scena più bella e suggestiva, che forse raccoglie il succo di tutta la fede
cristiana, o meglio la fede di questi primi cristiani è quando gli apostoli, dopo l’ascensione
di Gesù al cielo, se ne tornarono a Gerusalemme. Nella casa dove abitavano, stavano tutti
insieme: gli Undici, alcune donne, Maria la madre di Gesù e i suoi fratelli. Essi pregavano
in maniera incessante, nell’attesa del dono dello Spirito Santo che li avrebbe poi spinti a
testimoniare il messaggio di Gesù «fino ai confini della terra». Questa prima comunità
cristiana costituisce il segno che Gesù, pur lasciando la terra, non aveva abbandonato
l’umanità.
La vita della comunità era fondata su quattro colonne:
- l’insegnamento degli apostoli iniziava con l’annuncio della buona novella
- l’unione fraterna attraverso l’aiuto nelle difficoltà e la condivisione dei beni materiali
- la frazione del pane, ossia l’eucaristia che veniva celebrata nelle case dei fratelli
- la preghiera che accompagnava sempre la vita della comunità.
La vita della prima comunità era tutta incentrata alla ricerca e alla realizzazione dell’agapè
fraterna, cioè di quell’amore disinteressato verso il prossimo, quindi amore caritatevole.
All’interno della comunità non mancavano certo i problemi, soprattutto per l’assistenza ai
più poveri. Quindi gli apostoli scelsero i primi diaconi, uomini di buona reputazione, a cui
diedero l’incarico di assistere i più bisognosi.
La comunità doveva anche fare i conti con le persecuzioni esterne: più volte le autorità
ebraiche fecero arrestare gli apostoli, colpevoli di insegnare nel nome di Gesù.
Struttura delle comunità cristiane:
- gli apostoli annunciavano e predicavano il Vangelo, inoltre organizzavano la comunità
- venivano nominati dei vescovi, che sostituivano gli apostoli impegnati in altri luoghi per
la predicazione e guidavano la comunità
- all’interno della comunità si scelsero dei diaconi, (erano 7) con la funzione di assistere i
bisognosi e tutta la comunità per quanto concerneva la sussistenza materiale.
Le usanze dei primi cristiani
Come possiamo capire, le prime comunità erano molto unite e legate tra loro da rapporti di
sincerità e amicizia, oltre che da quell’amore sincero dell’agapè. Si riunivano per
condividere il pasto ed erano attenti nel non far mancare cibo ai più bisognosi, che
venivano appunto seguiti dai diaconi.
La preghiera era alla base della loro vita comunitaria e scandiva le parti della giornata.
Cantavano, pregavano, stavano insieme per discutere e leggevano le scritture.
Contrariamente ai romani, non praticavano divertimenti che non erano in linea con gli
insegnamenti cristiani e non mangiavano o bevevano in modo smodato
Alla base di tutto c’era un vero e proprio senso comunitario: mettevano le loro risorse
in comune e si chiamavano tra loro fratelli, avendo lo stesso padre spirituale.

La figura di Pietro
Pietro nasce in Galilea, dove insieme al fratello faceva il pescatore. Uomo semplice, Gesù
lo chiama a seguirlo, facendolo pescatore di uomini. Predica la parola di Gesù e diventa
così un suo discepolo. Gesù lo mette a capo della Chiesa: Tu sei Pietro e su questa
pietra edificherò la mia Chiesa. E’ Pietro colui che, dopo la resurrezione di Gesù, raduna
gli altri apostoli e discepoli dando loro coraggio, affinchè nel giorno di Pentecoste ricevano
lo Spirito Santo.
La diaspora della comunità
Le persecuzioni si fanno più generali e minacciose. Molti si scoraggiano, molti dubitano
della validità del messaggio cristiano e in tanti vengono a compromessi col mondo.
questo succede perché la predicazione degli apostoli diventa via via sempre più
importante e si diffonde velocemente. Ecco che le pressioni e i pericoli esterni ad essa
diventano sempre più forti. I cristiani vengono perseguitati, incarcerati e sottoposti al
martirio. Alcuni si difendono, cercando di restare a Gerusalemme e si organizzano in
comunità, cercando di restare uniti. Altri invece fuggono e si rifugiano ad Antiochia
oppure ad Alessandria d’Egitto, dove diffondono comunque il Vangelo, riuscendo a
convertire molte persone.
La figura di Paolo
Paolo nasce a Tarso, odierna Turchia, tra il 5 e il 10 d.C. Era una città fiorente e lussuosa,
un grosso centro commerciale e marittimo. Questo fa sì che la sua mentalità, la sua
cultura e il suo linguaggio sono quelli propri di un cittadino cosmopolita.
Apprende la cultura greco-romana e viene in contatto con la filosofia del mondo pagano,
diventando così un uomo di cultura. Figlio di genitori ebrei della diaspora, riceve per
questo un’educazione nella fede di Israele, frequentando fin da piccolo la sinagoga e
abituandosi così alla preghiera e alla lettura della Bibbia. Studia a Gerusalemme, presso la
scuola del grande rabbino Gamaliele e acquista una straordinaria conoscenza sulla
Bibbia.
Diventa un attivo rappresentante del Sinedrio e vede nel nascente Cristianesimo un
pericolo, inizia così a perseguitarlo. Per questo motivo si reca a Damasco per arrestare e
condurre a Gerusalemme i seguaci della dottrina di Cristo che si erano rifugiati in quella
città. Durante il viaggio, sulla via di Damasco, avviene un fatto inaspettato che viene
descritto come la conversione di Paolo. Assiste a una teofania, ossia un’apparizione di
Dio.
Alla voce misteriosa Paolo risponde chiedendo al Signore chi fosse. Essendo un
conoscitore della Bibbia, sa bene di trovarsi di fronte a una manifestazione divina.
Si rivolge a questa misteriosa figura proprio con il nome Signore, che era riservato a entità
celesti o a potestà. La voce gli risponde di essere Gesù, colui che lui perseguita.
Lo invita ad alzarsi e a entrare a Damasco. Qui rimarrà tre giorni senza la vista.
Una volta riacquistata verrà battezzato e diventerà il più grande annunciatore del Vangelo.
Dopo la conversione si ritira in Arabia, per poi rientrare a Damasco dove verrà salvato
dalla furia dei Giudei che vogliono ucciderlo proprio grazie ai discepoli. Si dirige così a
Gerusalemme dove incontra Pietro e gli apostoli, ma anche da qui dovrà fuggire e si
recherà a Tarso.

I viaggi di Paolo
Nel 45 dà inizio ai suoi tre viaggi missionari.
– primo viaggio (dal 45 al 48) Paolo si reca a Cipro, poi in Asia Minore e fonda diverse
comunità.
– secondo viaggio ( dal 49 al 52) annuncia il Vangelo in Macedonia, a Filippi e a
Tessalonica. Poi in Grecia, ad Atene e a Corinto.
– terzo viaggio ( dal 53 al 58) attraversa l’Asia Minore e si reca a Efeso, ci resta più di
due anni.
Possiamo aggiungere, infine, che lo attende però un ultimo viaggio: il viaggio della
prigionia. Viene infatti arrestato nel 58 a Gerusalemme. Gli Ebrei vogliono la sua morte,
ma essendo cittadino romano lo inviano a Roma per essere processato, ma viene assolto
e rimesso in libertà. Compie un altro viaggio in Medio Oriente e forse anche in Spagna,
per poi tornare a Roma. Qui durante la persecuzione di Nerone viene arrestato,
condannato a morte e decapitato nel 67.
Le usanze dei primi cristiani
In breve, queste piccole comunità erano molto unite, legate da sincero amore e buoni
principi che li portavano a condividere pasti distribuendo cibo e buone opere con i
bisognosi. Durante queste riunioni leggevano le scritture, pregavano, cantavano e
conversavano incoraggiandosi l'un l'altro. Si astenevano dai divertimenti comuni ai romani
che spesso erano violenti, smodati nel mangiare e nel bere e finivano in orge.
Mettevano le loro risorse in comune, avevano una cassa con contribuzioni volontarie per i
bisognosi, si chiamavano fratelli avendo lo stesso padre spirituale. C'era una forma di
disciplina per chi non camminava nella via che veniva escluso dalla condivisione spirituale
e dai pasti in comunione.
LA VISTA
Siamo attrezzati per ricevere e rispondere nel modo più adatto agli stimoli di
diverso tipo e diversa intensità che giungono al nostro corpo poiché siamo provvisti
di cellule specializzate per recepire (ricevere) e trasmettere gli stimoli –
adeguatamente trasformati in impulsi nervosi – al sistema nervoso centrale.
Queste cellule sono chiamate recettori e sono di fatto terminazioni nervose
sensibili ai cambiamenti di luminosità, temperatura, pressione, dolore, o sensibili a
stimoli chimici; sono per lo più raggruppate in organi specializzati, gli organi di
senso, come l’occhio o l’orecchio.
In altri casi i recettori si trovano in organi che svolgono più funzioni, come le cellule
gustative della lingua, le cellule olfattive del naso e le cellule sensibili al calore
presenti nella pelle.
Secondo la provenienza degli stimoli, i recettori del nostro organismo vengono
distinti in:
- esterocettori, cioè recettori che percepiscono gli stimoli provenienti
dall’ambiente esterno al corpo, per esempio un suono o un odore;
- propriocettori, cioè recettori che percepiscono gli stimoli provenienti
dall’interno del corpo, per esempio la fame e la sete, e gli stimoli (a volte
dolorosi) provenienti da muscoli, tendini e articolazioni e quelli che ci
informano sulla posizione del corpo nello spazio.

Ogni recettore è in grado di rispondere solo a un determinato tipo di stimolo e


non risponde a stimoli di natura diversa; a seconda del tipo di stimolo a cui sono
sensibili, i recettori vengono distinti in fotocettori, meccanocettori, chemocettori
e termocettori.

IL SENSO DELLA VISTA È AFFIDATO AGLI OCCHI


La funzione della vista è affidata agli occhi, due organi contenuti in due cavità del
cranio, le cavità orbitarie (o orbite). L’occhio è formato dal globo oculare e
possiede alcune strutture accessorie con funzione protettiva.
Ogni globo (o bulbo) oculare ha un diametro di circa 2,5 cm; sulla sua superficie
sono inseriti muscoli che, contraendosi, guidano l’occhio in tutti i suoi spostamenti.
La parte esterna del globo oculare è formata da tre membrane: sclera, coroide e
rètina.
- La sclera (o sclerotica): la membrana più esterna, bianca e fibrosa; nella
parte anteriore è trasparente e convessa e forma la cornea, che funziona da
lente convergente: converge i raggi luminosi verso un unico punto centrale.
- La coroide, di colore nero: si trova sotto la sclera. In corrispondenza della
cornea forma l’iride, un anello muscolare con varie colorazioni che è la parte
che «dà colore» all’occhio: il colore dipende dalla qualità e dalla quantità dei
pigmenti dell’iride. Al centro l’iride presenta la pupilla, un foro che funziona
come un diaframma, cioè un’apertura di ampiezza regolabile attraverso la
quale passano i raggi luminosi diretti verso la retina.
- La rètina, la membrana più interna: è formata da vari strati di cellule; lo strato
più importante contiene due tipi di fotocettori, i coni e i bastoncelli:queste
cellule si collegano alle fibre del nervo ottico, attraverso cui gli stimoli visivi
raggiungono il cervello per essere elaborati.
L’OCCHIO E LE SUE STRUTTURE ACCESSORIE (METTERE FOTO)
Palpebre: sono due sottili pieghe della pelle rivestite internamente da una
membrana, la congiuntiva; proteggono gli occhi dalla luce troppo intensa e con il
loro battito continuo (ammiccamento) distribuiscono il liquido lacrimale.
Le ghiandole lacrimali producono un liquido che mantiene gli occhi umidi e puliti.
Il sale e un enzima contenuti nelle lacrime svolgono inoltre un’efficace azione
antibatterica.
Sopracciglia: sono i peli che crescono lungo l’orlo superiore dell’orbita e servono a
impedire che il sudore della fronte penetri nell’occhio e causi un’irritazione.
Ciglia: sono i peli disposti lungo il margine libero delle palpebre e servono a filtrare
la luce e a trattenere la polvere.

CORNEA, CRISTALLINO, UMOR ACQUEO E CORPO VITREO SERVONO PER


LA MESSA A FUOCO
Dietro l’iride si trova il cristallino, un piccolo corpo trasparente e morbido a forma
di lente biconvessa, tenuto in posizione da legamenti sottili e da un anello di mu-
scoli ciliari che può modificare il suo raggio di curvatura, rendendolo più piatto o più
convesso («accomodazione» dell’occhio). L’occhio può in questo modo
correggere la messa a fuoco, adattandosi al variare delle distanze degli oggetti, in
modo da riuscire a vedere con chiarezza un oggetto lontano e, subito dopo, con
uguale chiarezza, uno vicino.
Lo spazio tra la cornea e il cristallino contiene un liquido incolore e trasparente,
chiamato umor acqueo; dietro il cristallino il globo oculare è riempito di una
sostanza trasparente e gelatinosa, il corpo vitreo. Umor acqueo, cristallino e corpo
vitreo costituiscono – insieme con la cornea – un sistema di lenti che permette ai
raggi luminosi di giungere sulla retina.

GRAZIE A CONI E BASTONCELLI DISTINGUIAMO I COLORI E VEDIAMO


ANCHE CON POCA LUCE
La sensibilità dell’occhio agli stimoli luminosi dipende dal tipo di raggi luminosi in
arrivo.
I coni e i bastoncelli sono cellule fotocettrici della retina che intercettano le
differenti lunghezze d’onda della luce visibile (i colori).
I pigmenti dei coni sono particolarmente sensibili ai tre colori rosso, verde e blu; i
bastoncelli sono sensibili alle variazioni della luminosità, alle forme e al movimento
ma contengono un solo tipo di pigmento fotosensibile.
- I coni, responsabili della visione diurna e dei colori, sono circa 7 milioni per
occhio e sono concentrati in un’area particolare della retina, la fovea; si
diradano sempre più a mano a mano che se ne allontanano. Permettono la
visione dei colori grazie alla presenza di tre tipi di pigmenti (per il rosso, per il
verde e per il blu, in tutte le loro sfumature).
- I bastoncelli contengono un solo pigmento, perciò non possono distinguere i
colori ma assicurano la visione crepuscolare o notturna; sono circa 125
milioni per occhio e distribuiti su tutta la retina. I coni e i bastoncelli non sono
presenti nel punto in cui il nervo ottico si origina dal globo oculare, perciò
questa piccola area della retina viene definita punto cieco.
COME FUNZIONA LA VISTA?
I fotocettori della retina vengono eccitati dai raggi luminosi e inviano, tramite le fibre
del nervo ottico, impulsi nervosi all’area visiva della corteccia cerebrale. Le cellule
del cervello trasformano questi impulsi in percezione, cioè in sensazioni visive
coscienti, e ci permettono di vedere le immagini raddrizzate degli oggetti.

La visione binoculare, cioè attraverso i due occhi, ci permette di avere


un’immagine tridimensionale (visione stereoscopica) degli oggetti, perché ciascun
occhio non vede l’oggetto esattamente nello stesso modo: quando giungono
all’area visiva del cervello, le immagini fornite dai due occhi si sovrappongono,
dando all’oggetto il senso della profondità, della larghezza e dell’altezza.
La luce attraversa prima la cornea, poi l’umor acqueo, il cristallino e il corpo vitreo,
che nel loro insieme si comportano come un sistema di lenti convergenti. Sulla
retina si forma un’immagine rimpicciolita e capovolta dell’oggetto osservato. Le
cellule fotosensibili della retina inviano quindi impulsi nervosi all’area visiva della
corteccia cerebrale attraverso le fibre del nervo ottico. L’immagine formatasi sulla
retina, rimpicciolita e capovolta, viene raddrizzata dal cervello, che provvede anche
a farci percepire le corrette dimensioni dell’oggetto.

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