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Anticamera.
Uberto non interamente vestito, e Vespone di lui servo, poi Serpina.
UBERTO
Aspettare e non venire,
stare a letto e non dormire,
ben servire e non gradire,
son tre cose da morire.
(Mimì tace: Rodolfo lascia la mano di Mimì, la quale indietreggiando trova una sedia sulla quale si lascia quasi
cadere affranta dall'emozione)
MIMÌ Sì.
Mi chiamano Mimì,
ma il mio nome è Lucia.
La storia mia
è breve. A tela o a seta
ricamo in casa e fuori...
Son tranquilla e lieta
ed è mio svago
far gigli e rose.
Mi piaccion quelle cose
che han sì dolce malìa,
che parlano d'amor, di primavere,
di sogni e di chimere,
quelle cose che han nome poesia...
Lei m'intende?
RODOLFO (commosso)
Sì.
MIMÌ
Mi chiamano Mimì,
il perché non so.
Sola, mi fo
il pranzo da me stessa.
Non vado sempre a messa,
ma prego assai il signore.
Vivo sola, soletta
là in una bianca cameretta:
guardo sui tetti e in cielo;
ma quando vien lo sgelo
il primo sole è mio
il primo bacio dell'aprile è mio!
Germoglia in un vaso una rosa...
Foglia a foglia la spio!
Così gentile
il profumo d'un fiore!
Ma i fior ch'io faccio, ahimè! non hanno odore.
TUTTI
Buona sera, mio signore,
presto, andate via di qua.
Maledetto seccatore
Pace, sonno e sanità,
BASILIO
Buona sera ... ben di core …
poi doman si parlerà.
Non gridate, ho inteso già.
Parte
CONTE
Più di suoni, più di canti
io bisogno ormai non ho.
[N. 1 Duettino]
SUSANNA (fra sé, guardandosi nello specchio davanti al quale sta provandosi un cappellino
ornato di fiori)
Ora sì ch'io son contenta:
sembra fatto inver per me.
(a Figaro, seguitando a guardarsi)
Guarda un po', mio caro Figaro,
guarda adesso il mio cappello.
FIGARO
Sì, mio core, or è più bello:
sembra fatto inver per te.
SUSANNA e FIGARO
Ah, il mattino alle nozze vicino
quanto è dolce al mio tenero sposo
questo bel cappellino vezzoso
che Susanna ella stessa si fe' (fece).
FIGARO
Se vuol ballare,
signor Contino,
il chitarrino
le suonerò.
Se vuol venire
nella mia scuola,
la capriola
le insegnerò.
L'arte schermendo,
l'arte adoprando,
di qua pungendo,
di là scherzando,
tutte le macchine
rovescerò.
Se vuol ballare,
signor Contino,
il chitarrino
le suonerò.
CONTESSA
Porgi, amor, qualche ristoro
al mio duolo, a' miei sospir.
O mi rendi il mio tesoro,
o mi lascia almen morir.
OTELLO
Che feci? . . . over mi trasse
un disperato amor! io gli posposi
la gloria, l'onor mio!
Ma che! . . . mia non è forse? . . . in faccia al Cielo
fede non mi giurò? Non diemmi (mi die’= mi diede) in pegno
la sua destra, il suo cor? . . .
Potrò lasciarla?
Obbliarla potrò? . . . Potrò soffrire
vederla in braccio ad altri,
e non morire?