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Approfondimento

-L’ Io penso Kantiano-


A cura di Statuti Francesco

La rivoluzione di carattere copernicano messa in atto da Kant porta a una nuova visione della conoscenza
scientifica applicata alla realtà: ribaltando il rapporto tra soggetto e oggetto in tal modo si afferma che la
realtà si modella sulle forme a priori tramite quali noi le percepiamo. L’Io penso kantiano si preoccupa di
esaminare queste concezioni come struttura dell’ attività intellettiva coincidente con l ‘intelletto stesso il cui
compito è garantire la sintesi delle rappresentazioni. Ma oltre alla percezione l’ io penso kantiano è dotato
di appercezione trascendentale, ossia la consapevolezza della consapevolezza stessa. La capacità di
percepire la propria capacità di percepire come abilità innata dell’ essere umano è oggetto di discussione.
Infatti si potrebbe affermare che l’ autoconsapevolezza non sia propriamente innata ma debba essere
manifestata tramite la consapevolezza del mondo esterno. Se l’ essere pensante fosse solo nel cosmo non
avrebbe la possibilità di esaminare se stesso in relazione di altri diversi enti, ergo non manifesterebbe
propriamente autocoscienza. La capacità di identificare il proprio corpo come ente tridimensionale a
confronto di altri enti tridimensionali permette di sviluppare la consapevolezza del proprio Io pensante.
Questa capacità è riscontrabile solo nelle creature dotate di un intelletto sviluppato, infatti non è
riscontrabile nel mondo animale conosciuto esterno all’ uomo. Essendo esaminatore degli enti esterni e
macchina della propria consapevolezza l’ io penso è necessario per le immagini esterne e le loro rivelazioni.
La rivelazione definitiva è che l’ autocoscienza umana è legislatrice delle leggi naturali esterne, in quanto ciò
che permette di entrare in relazione con il proprio essere permette di esaminare gli enti naturali esterni,
sintetizzando le forme amorfe secondo il criterio della corrispondenza soggetto oggetto.
Ma negando l’ esistenza di un Dio e la possibilità dell’ autodeterminazione l’ autocoscienza diventa un
qualcosa di inutile, ecco perché funziona solo nel contesto kantiano ove il supremo è necessario. Un essere
non dotato di tridimensionalità, dunque escluso alla possibilità di mettere in relazione il proprio corpo con
enti tridimensionali esterni, potrebbe sviluppare nelle giuste condizioni l’ autocoscienza del proprio io
pensante? Io affermo di no in quanto il cerchio bidimensionale riflesso nella linea specchio non ha la
possibilità di vedere la sua figura riflessa nella linea-specchio, in quanto il perimetro visibile nello specchio
coinciderebbe con la linea dello specchio stessa. Di conseguenza un corpo bidimensionale non potrebbe
sviluppare la rivelazione tramite lo specchio linea. Ma esiste una possibilità per questi enti immaginari. Se
un ente bidimensionale di perimetro maggiore entrasse nel raggio visivo di un ente bidimensionale dal
perimetro minore potrebbe osservare la differenza di lunghezza delle linee visive, dunque avrebbe
consapevolezza di un ente esterno, ma non del proprio corpo. Che questo basti a sviluppare l’
autocoscienza è mistero.

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