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𝐹𝐼𝒮𝐼𝒪𝐿𝒪𝒢𝐼𝒜 - 3 video di 7 ore e 48 minuti

IL SISTEMA CARDIO-VASCOLARE
Il cuore è il centro, la pompa, del sistema cardiocircolatorio che permette di generare un gradiente
di pressione, una forza che spinge il flusso all’interno dei vasi.
❖ Cuore (2 pompe →una parte destra e una sinistra) e vasi sanguigni (vene →portano
sangue al cuore, arterie →portano il sangue dal cuore al resto del corpo)
❖ Trasporto del sangue in tutte le parti del corpo in due circoli: polmonare (a bassa
pressione) e sistemico (resto del corpo)
❖ Col sangue vengono trasportati nutrienti, vitamine, ioni, e acqua assorbiti dal sistema
digerente; O2 diffuso dai polmoni, CO2 diffuso dal metabolismo dei tessuti, ormoni secreti
dal sistema endocrino ai bersagli specifici.
È costituito da 4 camere →atrio e ventricolo destro, e atrio e ventricolo sinistri.
Gli atri comunicano con i sottostanti ventricoli, ma non tra di loro.
Le vene cave portano il sangue refluo all’atrio destro, che poi passa al ventricolo destro, dove
viene spinto nell’arteria polmonare e arriva ai polmoni.
Il sangue ossigenato arriva poi all’atrio sinistro tramite la vena polmonare, passa al ventricolo
sinistro e viene spinto nell’aorta dove viene pompato in tutto l’organismo.
Il cuore è rivestito da una membrana connettivale che prende il nome di epicardio, che lo riveste.
Tra pericardio e cuore esiste un sottile “strato” di liquido che limita l’attrito durante le contrazioni
cardiache.
Le pareti cardiache sono formate da 3 strati distinti:
1. Endocardio: strato più interno, tessuto epiteliale che delimita l’intero sistema circolatorio.
2. Miocardio: lo strato più spesso, contenente il muscolo cardiaco.
3. Epicardio: membrana esterna sottile attorno al cuore

CONDUZIONE
Senza un’attività elettrica non si
genera un’attività contrattile.
In arancione possiamo vedere il
nodo del seno (o pacemaker
principale o segnapasso) e il suo
potenziale d’azione che non
presenta una fase di riposo
(autoritmico).
Il cuore grazie a questa regione, e alle regioni secondarie può generare un segnale elettrico in
modo autonomo, indipendentemente dall’innervazione simpatica e parasimpatica.
I due atri presentano un classico potenziale d’azione atriale.
Il potenziale d’azione del nodo atrioventricolare (si trova nella giunzione tra atrio e ventricolo)
assomiglia molto a quello del pacemaker principale.
C’è un minimo di ritardo tra i vari potenziali in quanto il segnale si origina dal nodo del seno e poi
si propaga fino ad arrivare ai ventricoli.

Il pacemaker cardiaco è quella regione dotata di attività spontanea e autoritmico. La regione


pacemaker del nodo senoatriale (dove c’è lo sbocco della vena cava nell’atrio destro) viene detta
pacemaker principale o vero pacemaker e impone il ritmo al cuore.
Ci sono anche altre regioni dotate di attività autoritmica, come la regione del nodo AV e le fibre
del Purkinje (fibre che portano lo stimolo dall’apice del cuore alla parete ventricolare)
→pacemaker latenti. Hanno una frequenza intrinseca più bassa e quindi non sono determinanti.
Nel momento in cui il nodo del seno ha un problema può subentrare un pacemaker secondario
come il nodo AV, anche se normalmente ha una frequenza troppo bassa e quindi si interviene con
un pacemaker artificiale.
Il nodo AV è quello che separa la stimolazione degli atri da quella dei ventricoli.
Lo stimolo parte dalla regione pacemaker, si propaga ad entrambi gli atri che si contraggono,
arriva al nodo AV che ha una conduzione lenta per poi arrivare all’apice del cuore grazie al Fascio
di His (branca destra e sinistra). Da qui si propaga a tutta la parete ventricolare grazie alle Fibre del
Purkinje.
Quando c’è un blocco atrioventricolare lo stimolo si genera a livello del nodo, invade gli atri ma
non i ventricoli e può subentrare l’effetto delle Fibre del Purkinje.
Foci ectopici →possono diventare segna passi cardiaci se:
1) Ritmicità propria aumenta
2) La ritmicità dei segna passo superiori è depressa
3) Le vie di conduzione tra le regioni dei foci ectopici e quelle che ospitano i segna passi a ritmicità
più rapida sono interrotte
Il nodo AV può assumere il ruolo di pacemaker solo se:
• Aumenta la sua frequenza intrinseca
• Viene depressa la ritmicità del NSA
• Viene interrotta la conduzione NSA → NAV

La frequenza cardiaca in questi casi non è più dei ventricoli (ritmo sinusale), ma diventa la
frequenza del NAV (ritmo nodale).
Le velocità di conduzione nelle varie strutture sono diverse, ma la durata totale dell’eccitazione dei
miociti va dai 200 ai 400 ms.
La conduzione è modulata dall’innervazione del sistema nervoso autonomo.
• SIMPATICO →effetto dromotropo positivo (diminuisce il tempo di conduzione AV)
• PARASIMPATICO →effetto dromotropo negativo (aumenta il tempo di conduzione AV )
La regione pacemaker è quella regione caratterizzata da cellule con forma diversa rispetto alle
cellule ventricolari e atriali. Hanno attività elettrica auto-ritmica particolare con una fase di
depolarizzazione lenta che porta alla soglia del potenziale d’azione. Hanno la funzione di segna
passo
Le cellule atriali e ventricolari non sono auto-ritmiche. Hanno un potenziale di riposo e saranno a
riposo fino a che lo stimolo elettrico non raggiunge queste regioni portandole a soglia del
potenziale d’azione. Sono omiociti di lavoro.
Il tessuto di lavoro è il miocardio comune atriale e ventricolare:
- Funzione contrattile (principale)
- Trasmissione dell’impulso elettrico attraverso gap-junction (sincizio funzionale) a velocità
di 0,3-0,5 m/sec
Il tessuto nodale e di conduzione comprende le fibre miocardiche specializzate (miocardio
specifico) con proprietà di auto-eccitabilità ritmica ed alta conducibilità dello stimolo elettrico
(0,02-4 m/sec)
Elettrofisiologia cardiaca

(a) La fase di riposo (4) è determinata dalla corrente Ik1 è una corrente uscente sopra lo zero,
canale (di potassio) aperto in diastole, che mantiene il potenziale negativo nelle cellule. Durante la
fase di plateau questo canele non conduce. Comincia a condurre corrente durante la fase
terminale della ripolizzazione cardiaca (picco) per poi ricondurre durante la fase di riposo.
Questo canale è praticamente assente nelle cellule nodali (b) e permette a queste cellule di avere
il potenziale diastolico massimo un po’ più depolarizzato.
La fase di genesi del potenziale nelle cellule ventricolari è molto veloce, mentre è più lenta in
quelle nodali perché nelle cellule ventricolari questa fase è sostenuta principalmente dal canale
del sodio, che manca in quelle nodali, il cui potenziale è sostenuto dal canale del calcio ad alta
soglia, voltaggio-dipendente responsabile della fase zero. C’è anche nelle cellule ventricolari.
Nelle cellule nodali è presente un altro canale del calcio di tipo T, poco espresso nelle cellule
ventricolari. Il canale si attiva con potenziali più negativi e ci permettere di raggiungere la soglia e
far partire il potenziale. Il canale più importante è il canale pacemaker e conduce la corrente If,
che manca in quelli ventricolari.

A. Il punto di intersezione degli assi è indice della terminabilità (circa -70). È un canale di
potassio ed ha un rettificatore entrante. Questo canale conduce bene al di sotto al
potenziale di inversione quando la corrente è entrante. Quando siamo sopra al potenziale
di inversione la corrente è uscente, ma la conduttanza va praticamente a zero.

B. A livello fisiologico il canale però conduce una corrente uscente, durante la fase di riposo.
Quando parte il potenziale d’azione a livello ventricolare il potenziale di membrana
depolarizza e il canale non conduce più, dovuto al fatto che il poro che fa passare il
potassio è ostruito dal lato intracellulare da cationi (polammine, calcio, magnesio). Man
mano che il potenziale di membrana torna negativo, il poro viene sbloccato e, diventando
di nuovo conduttivo, partecipa a ripolarizzare il potenziale di membrana con un picco di
corrente
Organizzazione cellule nodo seno-atriale (cellule pacemaker)
La corrente pacemaker è tipica di queste cellule, definite cellule principali che si trovano sotto
all’imbocco della vena cava, diverse però dalle cellule di transizione. Le cellule pacemaker sono in
numero molto ristretto
Tessuto Miocita
Potenziale d’azione

If pacemaker
È un canale cationico misto voltaggio-dipendente, si attiva in iperpolarizzazione (più va negativo il
potenziale diastolico massimo più si attiva) e conduce una corrente lenta. Essendo misto non è
così selettivo come gli altri, cioè è permeabile sia a sodio che potassio. È direttamente modulato
dall’ente ciclico, che modifica la curva di attivazione, cioè aumenta la probabilità di apertura del
canale.
La modulazione del nodo seno- atriale andrà a modulare la frequenza cardiaca, mentre quella del
nodo atrio-ventricolare la conduzione.

Modulazione seno-atriale, frequenza cardiaca


- Simpatico (stimolazione del sistema nervoso autonomo): effetto cronotropo positivo
- Parasimpatico (inibizione del sistema nervoso autonomo): effetto cronotropo negativo
Tono vagale e simpatico:
- Il sistema nervoso autonomo è sotto il controllo del sistema nervoso simatico (tono
simpatico) e parasimpatico (tono vagale)
- La normale frequenza cardiaca è il risultato della contemporanea modulazione positiva e
negativa del simpatico e vago sulla frequenza intrinseca del sistema nervoso centrale
- Il tono vagale prevale sul tono simpatico, infatti la frequenza cardiaca del cuore
normalmente innervato è leggermente inferiore a quella osservata nel cuore denervato
Modulazione: può avvenire in diversi modi
- Si cambia la pendenza della curva (il potenziale d’azione parte prima)
- Si cambia la soglia di attivazione
- Si cambia il potenziale diastolico massimo
- Si cambia la durata
Modulazione da parte degli ormoni del sistema parasimpatico e simpatico del pacemaker
Il pacemaker è responsabile della fase quattro. A livello simpatico, tramite recettori beta-1 e beta-
2 e ags, viene stimolata l’apertura dei canali del pacemaker; il parasimpatico invece innerva i
miociti nodali, rilascia acetilcolina, la quale interagisce con i recettori muscarinici (m2 accoppiati
tramite un g inibitoria) diminuendo l’attività dell’adenilato ciclasi basale, per modulare
negativamente il canale pacemaker. In più l’acetilcolina legandosi all’m2, ha un effetto cronotropo
negativo, perché modula anche l’attivazione di un canale di potassio, chiamato IKACh. Questa
modulazione iperpolarizzante, dato che avviene ad alti dosi di acetilcolina, potrebbe addirittura
portare all’arresto cardiaco, in quanto vi è una depressione del canale pacemaker.
Sono quindi meccanismi molto sensibili
ad elevate stimolazioni. L’attivazione
del canale di potassio è mediata dalla g
proteina attivata ed è molto veloce,
perché è la subunità beta-gamma,
quando l’acetilcolina si lega ad aprire il
canale.

Elettrocardiogramma (ECG)
È importante conoscerne alcune nozioni, perché sono indicative dell’attività elettrica del
miocardio.
Osserviamo diverse onde, registrazioni della successione di eventi che succedono a livello del
miocardio, che sono il susseguirsi dell’onda di propagazione a partire dalla regione pacemaker,
all’apice del cuore e a tutta la parete ventricolare.

Si tratta quindi di un segnale elettrico, rilevato in diverse regioni del corpo che rispecchia l’attività
elettrica del miocardio stesso.

Durante le propagazioni del


potenziale d’azione nelle diverse
parti del cuore, i fenomeni di
depolarizzazione-ripolarizzazione
generano campi elettrici che si
estendono alla superficie del
corpo.
Le variazioni istantanee di
grandezza e direzione di questi
campi elettrici i rispecchiano in
variazioni delle differenze di
potenziale, che possono essere
misurate tra punti della superficie
corporea.
L’ECG è quindi l registrazione delle differenze di potenziale che si creano tra punti di misura
definiti, in funzione del tempo. È quindi espressione dell’eccitamento e non della contrazione
cardiaca.
Esempio di tratto: tratto P-Q, tratto S-T. La linea si trova sullo zero.
Osserviamo l’onda P, che è indice dell’eccitazione atriale, l’intervallo P-Q, che mostra la
ripolarizzazione dell’atrio e il tempo necessario perché l’onda di eccitazione raggiunga il ventricolo.
Il complesso QRS, quando l’eccitazione è arrivata ai ventricoli; l’intervallo P-R indica in modo
diverso il tempo tra l’onda P e l’inizio dell’onda Q (indica sempre il tempo per arrivare al
ventricolo, per la ripolarizzazione dell’atrio). L’intervallo Q-T, che dà un’idea della durata dei
potenziali d’azione ventricolari, perché l’onda T rappresenta la ripolarizzazione del ventricolo. Nei
segmenti P-R e S-T sono rispettivamente del tutto depolarizzati gli atri e i ventricoli.
Esistono patologie, come la sindrome del Q-T lungo, dovuta spesso a motivi genetici, in cui
l’intervallo Q-T, è più lungo del normale (è posta infatti una soglia di 440 ms, chi la supera è affetto
dalla sindrome. Può dare molti problemi, come la fibrillazione ventricolare o addirittura si può
arrivare alla morte, quindi chi ne è affetto viene tenuto controllato. Questo perché con l’elevato
aumento dell’onda, si ha il rischio di depolarizzazioni precoci, con l’apertura dei canali del calcio,
che fuoriesce creando potenziali d’azione trigger e delle successive aritmie.
Se non è ereditaria può essere che ci siano delle mutazioni nei canali ionici, facendo diminuire le
correnti di potassio verso l’esterno, oppure perché aumentano le correnti entranti, non
mantenendo l’equilibrio tra ioni entranti ed uscenti. È divisa in 12 classi, in base al motivo preciso
del malfunzionamento.
L’ECG permette di rilevare alterazioni nell’eccitamento, che a loro volta possono essere causa o
conseguenza di disturbi della funzionalità cardiaca. Le informazioni che si ricavano sono relative a:
• Frequenza: distinzione tra frequenza normale (60-90/min), tachicardia (oltre i 90/min),
bradicardia (sotto i 60/min)
• Origine dell’eccitamento: ritmo sinusale, nodale o idioventricolare
• Alterazioni del ritmo: aritmie sinusali, extrasistolie, flutter, fibrillazione
• Alterazioni della conduzione: ritardi o blocchi di conduzione
Il cuore è un sincizio, tutte le cellule comunicano tra loro tramite gap junctions che si trovano nelle
giunzioni rappresentate nell’immagine, definite anche dischi intercalari. Vi passano sinapsi
elettriche che hanno la loro genesi nella regione nodale (dal nodo del seno che fa da
pacemaker=genesi del potenziale d’azione), poi si propagano in modo quasi istantaneo a tutto il
miocardio, a tutti gli atri e da lì al nodo atrio-ventricolare, per invadere poi i miociti propri di
lavoro, che una volta eccitati con un potenziale d’azione poi devono sviluppare forza.

Sincizio funzionale di cui è costituito il miocardio.


Le gap junctions si trovano soprattutto longitudinalmente ma
anche trasversalmente per la propagazione dell’impulso.

Immagine immunoistologica in cui le


connessine, cioè le gap junctions sono colorate
in verde, i cardiomiociti in rosso e il tessuto
connettivale in blu.
Le gap junctions sono dei grandi canali, formati da 6 connessine della membrana di una cellula che
prendono contatto con 6 connessine della membrana cellulare attigua, generando un unico poro
permeabile non solo agli ioni, ma anche a piccole molecole.
Sono canali normalmente aperti ma è importante, soprattutto a livello del miocardio, che si
possano chiudere; nel momento in cui c’è un danno, per esempio una regione ischemica povera di
ossigeno, se ci sono degli indici cellulari che la cellula non riesce più a controllare (come un
aumento di idrogenioni e ioni calcio sostenuto, un pH molto acido, che normalmente prodotto dal
metabolismo non va ad acidificare il pH delle cellule) le gap junctions si chiudono.
Questo permette di salvaguardare il resto del tessuto in caso di danno. Alto calcio= alti
idrogenioni= basso pH.

Essendo un sincizio, il potenziale d’azione si propaga come a livello dei neuroni. Cioè si propaga
lungo l’assone in modo passivo. Vi è un flusso ionico a partire dalla regione eccitata che si propaga
longitudinalmente e c’è un po’ di dispersione trasversale se non è presente l’anilina. Questa
propagazione, che porta a soglia i seguenti successivi dell’assone, è una propagazione in funzione
solamente delle proprietà passive della membrana dell’assone neuronale.
La stessa cosa succede a livello del miocardio: dalla regione sorgente, che genera il potenziale
d’azione, questo si deve propagare nel tessuto, che fa da pozzo. Cioè il flusso ionico generato a
livello della sorgente deve essere largamente sufficiente ad eccitare tutto quello che dipende dalla
sorgente che chiamiamo pozzo.
Quindi il flusso ionico della regione delle cellule nodali eccitate, nell’insieme delle cellule che
costituiscono la sorgente, si propaga longitudinalmente lungo le gap junctions portando a soglia
aree successive. È importante che questo flusso, sempre longitudinalmente, porti a soglia tutto il
tessuto nonostante ci sia una perdita di carica, rappresentata nei miociti di lavoro soprattutto
dalla presenza di questi canali aperti (IK1= nell’immagine gialli). L’IK1 è un canale normalmente
aperto nei miociti ventricolari, esso causa una fuoriuscita di potassio che mantiene il potenziale di
membrana negativo. Quindi è importante che (il pozzo) il carico elettrico che grava sulla sorgente
non sia eccessivo, altrimenti man mano lo stimolo cadrebbe se non venisse rigenerato in modo
costante il potenziale d’azione, grazie ai canali del sodio voltaggio dipendenti poi rischierebbe di
attenuarsi a causa delle proprietà passive della membrana e dunque rimanere uno stimolo sotto
soglia.
Ovviamente questo non succede perché c’è un fattore di sicurezza: cioè il rapporto tra la carica
della sorgente, rispetto al carico minimo del pozzo, è largamente maggiore di uno. Ciò vuol dire
che il flusso ionico generato da un’area liminare della sorgente (il flusso ionico longitudinale che si
propaga lungo il pozzo) è largamente maggiore rispetto a quello che serve al pozzo per generare
un potenziale d’azione; quindi nonostante la perdita di carica trasversale dovuta alla presenza del
canale IK1, normalmente aperto nei miociti ventricolari.

La sorgente è quell’area liminare, quella sorgente minima in grado di eccitare il pozzo. C’è un
fattore di sicurezza minimo a livello dei nodi e il nodo atrio ventricolare è la regione a maggior
rischio di blocco per il minor fattore di sicurezza. Il pozzo invece presenta il carico che viene
imposto alla sorgente, quindi il numero di cellule accoppiate elettricamente che gravano sulla
sorgente. Normalmente la direzione dell’impulso è unicamente ortodromica (in avanti), può
diventare antidromica (l’impulso torna indietro) quando la sorgente è piccola e il carico molto
elevato e ciò potrebbe causare disturbi del ritmo. Il fattore di sicurezza che ci permette di non
avere problemi, quello che serve per eccitare il pozzo, deve essere inferiore a quello che può
generare la sorgente. Il fattore di sicurezza diminuisce se aumenta il carico e quindi il pozzo,
oppure se c’è una bassa eccitabilità del pozzo; è un bilancio fine tra quello che può generare la
sorgente e quello di cui necessita il pozzo, cioè il restante miocardio per l’eccitazione.
Accoppiamento eccitazione –contrazione

Se pensiamo alla parte elettrica, quindi al potenziale d’azione ventricolare e ai diversi canali che
contribuiscono alla genesi di questo potenziale d’azione, da esso poi si genera un segnale di
contrazione e rilassamento.
(immagine: traccia rossa= elettrica / traccia blu= meccanica)
Questo accoppiamento eccitazione e contrazione, indica l’accoppiamento tra attività elettrica e
attività contrattile.
Il termine accoppiamento eccitazione-contrazione riguarda quel meccanismo che induce la
contrazione dei miociti (o della muscolatura scheletrica perché avviene la stessa cosa), cioè tutto
quell’insieme di meccanismi che permettono ai miociti ventricolari di generare forza.

C’è una differenza tra quello che


avviene a livello scheletrico e a livello
cardiaco, ma concettualmente i
processi sono molto simili: il potenziale
d’azione sviluppa un punto di forza, ci
deve essere un aumento di calcio che
permette la contrazione e una volta
smaltito, avviene il rilassamento del
miocardio.
L’accoppiamento avviene perché tra il segnale
elettrico e la contrazione c’è un aumento
transiente del calcio citosolico.

SARCOMERO: unità funzionale del muscolo

L’unità funzionale è il sarcomero, che è costituito da filamenti di actina e miosina che vanno a
costituire le bande I (di filamenti sottili), le bande A (di filamenti spessi), la banda Z che delimita il
sarcomero vero e proprio e la banda M centrale.

È importante sottolineare che a livello delle bande Z appaiono delle invaginazioni della membrana
plasmatica che prendono il nome di TUBULI T. La membrana plasmatica e quindi l’ambiente
extracellulare viene in stretto contatto anche con le zone interne dei miociti, come avviene anche
nella muscolatura scheletrica. Si creano dunque queste unità funzionali tra tubulo T che si invagina
e il reticolo endoplasmatico o sarcoplasmatico (azzurro nell’immagine).
Si formano quindi delle unità chiamate triadi, cioè l’insieme di tubulo t + 2 cisterne di reticolo.
Le proteine che stanno sulla membrana plasmatica del tubulo t vengono in stretto contatto con
altre proteine sulla membrana del reticolo sarcoplasmatico (membrane non totalmente adese, vi è
un piccolo spazio). La triade è interconnessa con l’unità funzionale che è il sarcomero. I tubuli t si
trovano a livello delle bande Z.

FILAMENTO SOTTILE
I filamenti sottili sono composti da actina G che va a
formare le doppie eliche di actina F.
Non vi è solo l’actina, bensì anche la tropomiosina e
la troponina. La tropomiosina è una proteina
filamentosa che si avvolge con un certo passo
attorno alle actine G. La troponina è costituita da tre
subunità: C, I, e T (TnC, TnI e TnT) dove la C è
fondamentale perché è l’unica componente proteica
dell’apparato contrattile in grado di legare il calcio.
La troponina T è così definita perché interagisce con
la tropomiosina e I sta per inibitoria. Il filamento
sottile è quindi composto da una proteina globulare
cioè la troponina e una proteina filamentosa cioè la
tropomiosina che si va ad avvolgere a due filamenti
di actina F.

FILAMENTO SPESSO

Il filamento spesso è costituito da miosina ed è formato da una coda, un collo e una testa che è
molto importante perché è la zona con attività ATPasica. Normalmente la testa non interagisce
con il filamento sottile quando il calcio citosolico è basso. La testa del filamento spesso presenta
un sito di legame per l’actina e uno per l’ATP.
Il filamento spesso è formato da due catene polipeptidiche, una coda, una testa e un collo. Più
filamenti di miosina si aggregano formando un fascio le cui teste sono leggermente sfasate ed
escono dal filamento spesso pronte a interagire con il filamento sottile.
Ci sono altre proteine nell’apparato contrattile a parte l’actina e la miosina, che sono la titina, la
componente elastica importante per mantenere in sede il filamento spesso all’interno del
sarcomero e anche la nebulina, importante per quanto riguarda i filamenti sottili.

PROTEINE MUSCOLARI
Troponina e tropomiosina hanno attività regolatoria perché la tropomiosina impedisce
estericamente l’interazione tra actina e miosina, mentre la troponina è in grado di legare il calcio e
grazie a questo legame liberare il sito di attacco tra actina e miosina.
Nebulina= controlla il numero di monomeri di actina G che vanno a formare l’actina F.
Alfa actinina= ancora i filamenti sottili. Insieme alla titina è molto studiata per le patologie legate a
queste due proteine.
Miomesina= proteina che appartiene alla linea M, cioè quella centrale del sarcomero ed è un
punto di ancoraggio della titina.
Dunque il sarcomero è composto da numerose proteine, non solo da actina e miosina.

TEORIA DELLO SCORRIMENTO DEI MIOFILAMENTI


Le teste della miosina devono interagire con l’actina per permettere lo scivolamento verso
l’interno del sarcomero e quindi l’avvicinamento delle strie Z, che vengono chiamati crossbridge.
La forza generata dal muscolo è
proporzionale al numero di ponti
trasversi.

• L’azione ciclica e ripetuta determina l’accorciamento di tutto il muscolo


• La forza muscolare sviluppata dipende dal numero di interazioni che si realizzano
• La forza generata da un sarcomero varia linearmente con l’entità di sovrapposizione dei
miofilamenti perché maggiore è la sovrapposizione e maggiore sarà il numero crossbridge
Se io stiro troppo le fibre vuol dire che diminuisce la probabilità di interazione tra miosina e
actina, quindi meno interazione, meno crossbridge e meno forza sviluppata dal muscolo.
Tutti i muscoli richiedono ATP per contrarsi. I muscoli, quindi, sono dei chemotrasduttori.
L’attività ciclica dei crossbridge è regolata dal calcio intracellulare. La troponina legata al calcio
sposta la tropomiosina profondamente nel solco del doppio filamento di actina.
Stato rilasciato: la testa della miosina è pronta ad interagire e idrolizzare ATP ma il sito di attacco
è oscurato sul filamento sottile. Se il calcio aumenta la troponina lega gli ioni calcio, libera il sito
d’attacco, l’actina può interagire e grazie all’idrolisi di una molecola di ATP c’è lo scivolamento
verso l’interno del sarcomero del filamento e quindi le due strie Z vengono ad avvicinarsi e c’è
sviluppo di forza.

Importanza ioni calcio per la contrazione


Ciclo dei ponti trasversi: a livello
muscolare striato, necessità di ATP e
di calcio che permette l’attacco ma poi
l’idrolisi dell’atp permette il
cambiamento di angolazione e
permette di trascinare il sarcomero
verso l’interno. Per ogni ciclo vengono
consumati 2 atp, uno per lo
scivolamento e uno per il distacco.

Nella contrazione muscolare una fibra muscolare lunga 5 cm diventa di 4 cm, c’è un accorciamento
del 20%.
Ruolo del calcio extracellulare: nel muscolo cardiaco è molto importante, a differenza di quello
scheletrico, in questo muscolo ci sono segnali di contrazione e ogni tot viene rimosso il calcio
nell’ambiente extracellulare, quando viene rimosso non c’è contrazione.
L’andamento della forza in funzione del potenziale è speculare alla probabilità di apertura di un
canale del calcio ad alta soglia di tipo L, voltaggio dipendente, presente nei miociti cardiaci ed è un
canale con soglia di -30 mV – 40 mV e la sua apertura è fondamentale perché l’influsso di calcio è
determinante per la contrazione muscolare. Man mano che depolarizziamo c’è un aumento di
corrente e un aumento di probabilità di apertura del canale e poi diminuisce la forza
elettromotrice. Relazione tipica corrente/voltaggio per un canale del calcio voltaggio dipendente.

Parte destra con una sigla CICR che riguarda il


miocardio: esso ci dice che quando il potenziale
d’azione invade i tubuli T, i canali del calcio di tipo L
risentono della variazione di potenziale, si aprono,
c’è un influsso di calcio che determina l’apertura di
altri canali strettamente vicini ma non a contatto che
sono sulla membrana dei reticoli, chiamati recettori o
canali rianodinici, canali sensibili che si aprono
quando aumenta il calcio in questo spazio molto
confinato. Il reticolo è il magazzino del calcio e se si
aprono i canali esso esce. Se non entra calcio dai
canali voltaggio dipendenti, non viene rilasciato
calcio dal reticolo.
Gli attori principali nell’accoppiamento
eccitazione/contrazione sono i canali del
calcio di tipo L nei tubuli T che prendono
stretto contatto tramite lo spazio
subsarcomellale con i canali RIR.

Il calcio viene rimosso grazie alla pompa presente sul reticolo, una ATP asi primaria, trasporto
attivo primario che idrolizza ATP, per ogni molecola di ATP vengono trasportati nel lume del
reticolo due ioni calcio, atp asi di tipo P, come la pompa sodio/potassio. Trasporto attivo primario
sul reticolo, lo scambiatore sodio calcio invece è un trasporto attivo secondario, sfrutta il gradiente
di sodio in ingresso passivo e il flusso di sodio viene sfruttato dagli ioni calcio che invece vengono
immessi nell’ambiente extracellulare. 3 ioni sodio per ogni calcio che viene eliminato.
Questi sono i due sistemi principali anche se in realtà ce ne sono altri di trasporti attivi primari per
il calcio come la PMCA presenti sulla membrana, sul sarcolemma e anche un uniporto a livello
mitocondriale in grado anche di rimuovere calcio. Sono sistemi però che a livello dinamico durante
l’attività elettrica contribuiscono meno rispetto ai due meccanismi principali nominati in
precedenza.
È importantissimo considerare la presenza dei tubuli T, organizzati per portare lo stimolo elettrico
all’interno dei miociti, è ancora più importante nella muscolatura scheletrica. I tubuli T vanno a
creare questo reticolo giunzionale chiamato reticolo sarcoplasmatico giunzionale che è il
magazzino per il calcio. La loro importanza si può anche capire sperimentalmente attraverso una
detubulazione.
Nel momento in cui viene rilasciato calcio, attiva un’altra cassium release unit e generando un
transiente di calcio che invade contemporaneamente tutta la cellula. Tanto che se io uso delle
sonde fluorescenti per il calcio e vado a misurare con la microscopia confocale o in modo
dettagliato com’è questo transiente di calcio nel centro delle cellule, piuttosto che in periferia,
noto che è esattamente identico; proprio perché il tutto avviene in modo molto sincrono e
regolare. Se sperimentalmente o per condizioni patologiche, c’è una perdita di tubuli,
l’accoppiamento eccitazione-contrazione ne risente e spesso avviene una variabilità battito-
battito. I transienti di calcio non sono più tutti uguali, causando eventualmente delle vere e
proprie aritmie (beat-to-beat variation). I tubuli sono importanti dunque per la sincronizzazione
del calcio citosolico e di conseguenza la contrazione muscolare.

LE PROTEINE COINVOLTE NELL’EC COUPLING CARDIACO:


I CANALI DEL CALCIO DI TIPO L:
sono dei canali facilmente studiabili con la tecnica del Patch Clamp, che permette di registrare sia
l’attività dei singoli canali che l’attività globale dei canali all’interno della cellula. Nell’immagine è
rappresentato un miocita ventricolare: essendo un voltaggio dipendente, esso depolarizza la
membrana e misura una corrente entrante transiente (non rimane durante tutto lo stimolo).
Questa corrente viene bloccata dalle cosiddette diidropiridine. (è per questo che i canali sui tubuli
T vengono chiamati recettori per le diidropiridine).

Struttura dei canali del calcio di tipo L:

Essi presentano una struttura simile ai canali del Sodio. In particolare, il canale del calcio di tipo L è
un’unica proteina costituita da 4 domini ripetuti (a differenza dei canali voltaggio-dipendenti per il
potassio che sono costituiti da 4 proteine differenti: hanno una struttura tetramerica, perché i
domini si organizzano a tetramero per generare un polo centrale); ogni dominio è costituito da 6
segmenti transmembrana, l’esse4 e il sensore del voltaggio.
Esistono vari tipi di subunità (α, α₂δ, β e γ) che si possono presentare in varie forme; l’α1C svolge
una funzione cardiaca, mentre i gruppi α₂δ, β e γ sono proteine ad attività regolatoria.
Per avere un canale funzionale è necessaria la presenza di tutte le subunità, in particolar modo se
si fanno degli esperimenti di espressione.
Esempio: se si considera solo ed esclusivamente la subunità α1C, il canale non sarà conduttivo; allo
stesso modo, se si considerano α1C+ α₂δ oppure α1C+ β e così via… sono necessarie tutte le
subunità proteiche così da ottenere un canale conduttivo e poter misurare una corrente.
In particolar modo, la subunità β è fondamentale l’attività funzionale in membrana: il rapporto tra
la proteina in membrana e quella nel citosol aumenta nel momento in cui vi è la subunità β e δ.
Si tratta sempre di complessi macromolecolari dove, oltre alla subunità che forma il canale ci sono
sempre le subunità ad attività regolatoria. Si può intendere come un complesso macromolecolare
che interagisce con altre proteine, come per esempio:
❖ la Calcio-calmodulina (CaM) e la Calcio-calmodulina-chinasi (CaMKII): regolano il canale nel
momento in cui aumenta il calcio, perché sono entrambi proteine che si attivano con il
legame del calcio.
❖ la juntofilina-2 (JPH2): è una proteina fondamentale per ancorare la membrana contenente
il canale L al reticolo, in modo tale che siano nelle strette vicinanze.
❖ PKA

CALCIO-CALMODULINA:

Struttura: si indentificano una zona N e una


zona C in grado di legare due ioni calcio
ciascuno. In totale lega 4 ioni calcio.
Un dominio IQ (appartenente all’ N e C
terminale della proteina calcio-calmodulina)
permette l’attacco della calcio-calmodulina.
Una volta che la calcio-calmodulina lega 4
ioni calcio, quest’ultima si lega al canale e lo
modula, svolgendo l’attività regolatoria.

Perché è così importante la calcio-calmodulina?


Il canale del calcio conduce una corrente che si inattiva molto velocemente, ossia scompare,
poichè il canale non conduce la corrente con velocità sufficiente.
Se nell’ambiente extracellulare, invece del calcio, vi fosse il Bario, il canale sarebbe comunque
conduttivo, ma la corrente non inattiva. Questo ci fa capire che è il calcio stesso a determinare
l’inattivazione veloce, tant’è che si parla d’inattivazione calcio-dipendente o CDI.
L’inattivazione del canale è un “safe mechanism” per non far aumentare la quantità di calcio
all’interno della cellula. Infatti, quando il calcio entra (non deve permanere a lungo nella cellula), si
lega alla calmodulina determinando l’inattivazione calcio-dipendente del canale. Ciò significa che
ne ostruisce la conduttanza: il canale non risulta più conduttivo.
Questo meccanismo con influsso del calcio contribuisce a regolare la durata del potenziale
d’azione.
È importante che il calcio sia controllato: una volta aperto il canale, esso deve inattivarsi per
controllare la durata del potenziale d’azione.
Al contrario, una riapertura dei canali del calcio, potrebbe determinare le cosiddette “early after
depolarisations” (EAD), soprattutto in presenza di canali del calcio molto lunghi, che riaprendosi
facilmente e riconducendo, depolarizzerebbero causando aritmie.

PKA:
Proteina che si lega al canale; essa fosforila il
canale aumentandone la probabilità di
apertura. Normalmente la PKA modula il
canale in determinate regioni di
fosforilazione, grazie a delle proteine
chiamate AKAP (PKA anchoring protein): esse
permettono la fosforilazione del canale in
determinati residui e a seconda della
compartimentalizzazione del canale a livello
della membrana (nei tubuli t o nel resto della
membrana) può determinare effetti diversi.

Le AKAP sono una famiglia di proteine che legano le subunità regolatorie della PKA o delle fosfatasi
e le localizzano in determinati siti ben specifici. La diversa compartimentalizzazione dei canali del
Calcio nei cardiomiociti può causare la co-localizzazione di diverse AKAP e quindi di diverse PKA.
Di conseguenza, l’aumento dell’attività della PKA nel citosol può portare ad effetti diversi, a
seconda che il canale si trovi in determinati sub compartimenti della cellula.

MICRODOMINI:

Legenda grafico:
-canali del calcio di tipo L (verde);
-proteina Bin molto importante per mantenere il canale a livello dei tubuli t (giallo);
Vi sono anche canali (verde singolo sulla dx), localizzati in strutture chiamate caveole
(invaginazioni della membrana), ricche di sfingolipidi chiamati caveoline. Esse sono molto
importanti per il signaling intracellulare, perchè permettono di mantenere localizzati e molto
concentrati determinati recettori/canali in queste invaginazioni. Spesso le
proteine/recettori/canali che si trovano confinati nelle caveole possono avere dei ruoli diversi
rispetto agli altri recettori.
La localizzazione del canale in membrana è molto importante, perché può avere effetti diversi:
❖ i canali del calcio che si trovano a livello dei tubuli T in membrana sono sicuramente
implicati nell’accoppiamento eccitazione-contrazione;
❖ i canali che si trovano nelle caveole sono spesso implicati in signaling intracellulari diversi
(è difficile che contribuiscano all’accoppiamento eccitazione-contrazione essendo lontani).

Riassumendo i punti chiave dei canali del calcio:


• È un voltaggio-dipendente
• Conduce una corrente molto transiente grazie al ruolo della calmodulina
• Regola o contribuisce alla durata del potenziale d’azione
• Fondamentale per l’accoppiamento contrazione-eccitazione: contrazione del miocardio
• Viene regolato da PKA

I RYR o CANALI RIANODINICI

Si tratta di una proteina molto grande che si trova a livello scheletrico e cardiaco.
Si distinguono i RyR1 e i RyR2:
- i RyR1 sono tipicamente scheletrici
- i RyR2 sono cardiaci.
La loro distinzione determina anche un’organizzazione differente:
A livello scheletrico: i RyR hanno una struttura a tetramero basata su un accoppiamento voltaggio-
dipendente: essi prendono spesso contatto con 4 DHPR. Ci sono RyR accoppiati e altri non
accoppiati in modo molto regolare.
A livello cardiaco: non vi è questa mera organizzazione, perché non c’è un accoppiamento
voltaggio-dipendente, bensì una distribuzione random dei DHPR.
RyR2: risoforma cardiaco
RyR: è un macrocomplesso quindi non è solo il RyR ma interagisce con n. proteine, ha il dominio
citosolico (in cui riconosciamo dei siti di legame per la PKA o per la CaM, la calciocalmodulina).
Interagisce anche con proteine come la giuntina e la triadina a livello della membrana del reticolo
e con la calsequestrina (CSQ) che si trova all’interno del reticolo ed è la proteina ad alta capacità
di legame ma a bassa affinità di legame che lega il calcio all’interno del reticolo → è
fondamentale perché il Ca nel reticolo endoplasmico, sarcoplasmatico, non può rimanere libero
(perché tanti ioni vorrebbe dire una molarità molto elevata e quindi richiamo di acqua dal citosol),
ma deve legarsi alla proteina calsequestrina che deve avere un’alta capacità di legame aìma
liberarlo anche facilmente in modo che possa venire liberato quando si aprono i RyR.

Esistono patologie in cui giuntina, triadina e calsequestrina sono mutate e quindi anche l’apertura
dei RyR viene a risentire.

RyR è costituito da diversi segmenti transmembrana (regione del pomoro: è il residuo GIG che è
una regione comune ai canali di potassio che sono stati sequenziati ma anche ad altri canali che si
trovano sempre sulla membrana del reticolo (che sono quelli che si aprono e permettono il rilascio
di Ca ma che legano linositolotrifosfato, la seconda via di uscita del Ca dal reticolo), ci sono anche
nella muscolatura cardiaca.

RyR2 interagisce con altre


proteine tra cui
calsequestrina, giuntina e
triadina, e ci sono dei siti
di binding (PKA, CaM,
CaMKII → la
calciocalmodulinachinasi)

Giuntina e triadina: sono importanti per ancorare la casequestrina ai RyR


CaMKII e PKA: sono due chinasi che sono importanti per la fosforilazione dei RyR che ne aumenta
la probabilità di apertura sregolata, non sincrona e spesso è
presente in condizioni patologiche.

RyR si aprono se aumenta il Ca nello spazio subsarcolemmare


dovuto all’apertura dei canali voltaggio-dipendenti → la loro
probabilità di apertura aumenta all’aumentare di contenuto di
Ca nel reticolo (diretta proporzionalità), più i RyR sono pieni più
tendono ad aprirsi.
I RyR non sono dei canali di membrana ma sul reticolo, quindi per poter studiare i RyR si usano
delle tecniche fluorimetriche: si utilizzano delle sonde che legano il Ca (e aumenta la loro
fluorescenza) per misurare il Ca rilasciato, con metodiche come la microscopia confucale.
▪ Ca2+ spark: sono dei puf di Ca che vengono registrati e sono dovuti ai rilasci di Ca da una Ca2+
release unit (CRU: l’insieme di RyR che vengono attivati in contemporanea)
▪ Ca2+ quark: misurare il Ca da un singolo RyR
▪ Couplon: l’insieme del CRU e il canale del Ca sul tubuolo T

Essendo dei rilasci di Ca molto rapidi, che durano circa 20mms, si utilizzano delle tecniche
particolari di acquisizione del segnale e si misura il puff di Ca
Le spark che sono una misura diretta dell’apertura dei canali RyR, studiando la loro morfologia e
prorietà ci danno molte informazioni sulla funzionalità dei canali RyR

SERCA-PLB
Serca: è un atipiasi (viola) strettamente regolata da un’altra proteina fosfolambano (PLB), la cui
funzione è importante durante la fase di rilassamento: il muscolo si contrae ma si deve rilassare e
per rilassarsi il Ca deve essere rimosso.

A seconda delle specie in cui si trova il Serca, esso contribuisce


per il 70-80% nell’uomo per esempio e in altri animali per il
90%.
Quindi il 70% del Ca non viene buttato fuori dallo scambiatore
ma viene rimmagazzinato all’interno del reticolo

Recettore β (azzurro): va dai tanti target a modulare il


fosfolambano, perché la fosforilazione da PKA del
fosfolambano ne determina il distacco. Essendo una
proteina che normalmente è un inibitore fisiologico
dell’attività di Serca nello stato non fosforilato, quando
viene fosforilato si distacca, la sua affinità per Serca
diminuisce e Serca deve agire di più

Serca (P-ATPase)
Serca è un atipiasi di tipo P quindi, come la sodio-
potassio, esiste in due conformazioni E1 e E2 e
quindi esiste in un intermedio di reazioni in cui la
proteina è nello stato fosforilato per permettere il
passaggio degli ioni: quindi grazie all’idrolisi di una
molecola di ATP vengono trasportati due ioni Ca.
Funziona nello stesso modo della sodio-potassio: lo step sodio dipendente E1 è lo stato di
fosforilazione, mentre lo step che determina una variazione conformazionale per cui il Na si lega
dal lato interno e viene buttato dal lato esterno è lo stato E2 è lo stato in cui il Na viene rimosso e
K viene legato ed è lo stato di defosforilazione.
Nel Serca al posto del Na e K troviamo il Ca che passa dal lato citosolico al lato del lume del
reticolo: E1 (1) → fosforilazione e variazione conformazionale (2) → che permette alla proteina di
capovolgersi e di rilasciare il Ca all’interno del reticolo E2 (3)

Serca è strettamente regolata a livello miocardico


dalla proteina fosfolambano (soprattutto a livello
ventricolare) che può essere fosforilata da due
proteine: la PKA (in Serina16) e la CAMKII (in
Treolina17)

Il ruolo della fosforilazione del fosfolambano mediato da PKA è molto importante: perché nel
momento in cui c’è un aumento dell’attività della PKA, il fosfolambano viene fosforilato, si
distacca dal Serca e il Serca può immagazzinare (la sua funzione viene stimolata venendo a
mancare l’interazione con l’inibitore fisiologico, quindi viene stimolato il rilassamento muscolare
grazie alla maggiore attività di Serca)
Ruolo della CAMKII: se aumenta tanto il Ca viene stimolata a CAMKII, fosforila e il Serca gira di più
Sarcolipina: proteina simile al fosfolambano che troviamo più a livello atriale
Fosfolambano: si lega al Serca nello stato E2 e si distacca totalmente o parzialmente nel momento
in cui viene fosforilato in Serina16

Interazione tra i residui del fosfolambano e il Serca:


Questa interazione è importante per la velocità di rilassamento del muscolo (il fatto che il Serca
sia fondamentale nel rimmagazzinare il Ca all’interno del reticolo, la sua funzionalità è
determinante per capire quanto velocemente si rilassa il muscolo: che è la fase diastolica).
Più il rilassamento è veloce e più rende meglio l’attività del miocardio (è un effetto positivo).
Se riusciamo a togliere l’inibizione da fosfolambano che parzialmente inibisce l’attività di Serca,
questo va a tutto vantaggio alla funzione del miocardio in fase di rilassamento (diastole).
(1) (2) (3)

(4)
1: Serca (azzurro) e foasolambano (grigio) nello stato fosforilato che interagisce poco con Serca
2: fosfolambano nello stato non fosforilato interagisce fortemente con Serca
3: un’elevata concentrazione di Ca permette il distacco del fosfolambano e quindi una maggior
attività di Serca
4: il fosfolabmbano è presente in una forma monomerica e in una forma pentamerica: entrambe
le forme sono in equilibrio tra loro ed interagiscono con Serca anche se la funzione inibitoria è
principalmente esercitata dalla forma monomerica

NCX: è lo scambiatore sodio-calcio.


È un trasporto attivo secondario che sfrutta il
gradiente di sodio per espellere calcio.
3 ioni Na contro 1 ione Ca: vi è quindi un flusso netto
entrante quando lo scambiatore funziona in normal
mode (cioè introduce Na ed espelle Ca) grazie al
funzionamento della sodio-potassio.
È elettrogenico con una carica netta entrante.

Se blocco la sodio-potassio e questo fa aumentare molto il Na citosolico, lo scambiatore sodio-


calcio (NCX) tende a condurre di meno perché viene meno il gradiente d’ingresso del Na e quindi
del Ca in uscita.
Dal grafico di capisce che la corrente
netta è entrante rispetto alla corrente
di equilibrio, ciò vuol dire che sta
funzionando in normal mode,
soprattutto nella fase di riposo
(diastole). Solo all’inizio, quando il
potenziale supera lo 0 mV, lo
scambiatore Na/Ca funziona in reverse
mode, per cui la corrente netta supera
lo 0. Fisiologicamente quando la pompa
Na/Ca funziona bene vuol dire che
funziona in normal mode, entra il sodio
ed esce il calcio. Ciò è molto importante
per regolare la fase di diastole,
rilassamento.
CICLO CARDIACO
Il ciclo cardiaco è l’alternarsi tra almeno due fasi di sistole e due fasi di diastole. La prima è la fase
di contrazione, la seconda invece è la fase di rilassamento del miocardio. Il sangue si muove da
zone a pressione più elevata verso zone a pressione più bassa, quindi si muove secondo gradiente
pressorio.
Si parte da un evento elettrico che diffonde il potenziale d’azione, seguito da un evento
contrattile, cioè contrazione o rilassamento del miocardio. In fine si ha l’evento valvolare, cioè
l’apertura o chiusura delle valvole cardiache (atrioventricolari o semilunari).

La posizione delle valvole durante la contrazione ventricolare:


I ventricoli si contraggono e spingono il sangue verso le grosse arterie. Durante la contrazione,
grazie alla valvola semilunare aortica (aperta), si ha il passaggio di sangue dal ventricolo sinistro
all’aorta. Dal ventricolo destro, grazie alla valvola semilunare polmonare, il sangue viene fatto
fluire verso l’arteria polmonare. Durante la contrazione ventricolare le valvole atrioventricolari
(tricuspide e bicuspide o mitrale) rimangono chiuse, evitando il prolasso (il sangue ritorna
nell’atrio).

La posizione delle valvole durante il rilasciamento ventricolare:


Le valvole atrioventricolari sono aperte e si ha il passaggio del sangue dall’atro al ventricolo. Le
valvole semilunari invece rimangono chiuse.
L’apertura e la chiusura delle valvole dipende da gradienti pressori, quindi si aprono o chiudono in
maniera passiva.
Le valvole atrioventricolari si chiudono quando c’è un gradiente pressorio che spinge il sangue
indietro, si aprono invece quando il gradiente pressorio fa sì che il sangue venga spinto in avanti.
Cioè si aprono se la pressione nell’atrio è maggiore della pressione nel ventricolo e si chiudono
quando accade il contrario.
Le valvole semilunari invece hanno un’apertura a scatto a causa della pressione elevata
dell’arteria. A causa della poca apertura della valvola semilunare, la velocità di eiezione risulta
molto elevata.
È molto importante la funzione dei muscoli papillari che si contraggono simultaneamente alle
pareti ventricolari tirando i lembi delle valvole internamente verso i ventricoli al fine di prevenire
un rigonfiamento, delle stesse, troppo consistente verso gli atrii (prolasso).
CICLO MECCANICO

Indica l’attività meccanica da parte delle


camere ventricolari.
È costituito da diverse fasi:

• La prima è la fase di riempimento ventricolare, cioè di rilassamento. Il sangue refluo passa


nei ventricoli grazie alle valvole atrioventricolari. Il 75% del riempimento avviene grazie alla
forza di gravità, il restante 25% avviene per contrazione dell’atrio. La fase del riempimento
del ventricolo per gravità viene chiamata metadiastole, la fase di riempimento del restante
25% viene chiamata contrazione atriale.

• Segue poi la sistole ventricolare. Lo stimolo elettrico è arrivato ai ventricoli che cominciano
a contrarsi in modo isovolumetrico. La camera ventricolare si contrae, sviluppa forza, ma le
valvole atrioventricolari e le semilunari sono chiuse. L’aumento della pressione senza
variazione di volume nei ventricoli fa sì che le valvole semilunari si aprano e che il sangue
fluisca verso l’aorta o verso l’arteria polmonare (sistole eiettiva o di espulsione). Segue la
chiusura delle valvole semilunari e atrioventicolari (perché la pressione dei ventricoli è
superiore a quella degli atrii). La camera è chiusa e cala la pressione, questa sottofase
prende il nome di rilasciamento ventricolare isvolumetrico (diastole ventricolare).

Studio del grafico:


-asse X: tempo
-asse Y: pressione,
volume
Durante la contrazione atriale il sangue fluisce dall’atrio al ventricolo, quindi la pressione dell’atrio
è leggermente superiore a quella del ventricolo.
COMPLESSO Q-R-S: quando c’è la chiusura della valvola mitrale c’è un’inversione: la pressione del
ventricolo risulta superiore a quella dell’atrio. In questo punto lo stimolo elettrico è arrivato ai
ventricoli. Abbiamo l’onda P che si propaga grazie al nodo atrio-ventricolare al fascio di His e arriva
alla parete ventricolare. Il volume ventricolare tende ad aumentare perché siamo nella fase di
riempimento.
Inizia la SISTOLE VENTRICOLARE, le valvole sono ancora tutte chiuse.
SISTOLE ISOVOLUMETRICA: c’è uno sviluppo di forza perché il muscolo si sta contraendo senza
modificare il suo volume. Aumenta la pressione. Indice dell’efficienza di contrazione.
SISTOLE VENTRICOLARE: le cellule stanno ripolarizzando. C’è un gradiente pressorio favorevole
all’apertura della valvola semilunare aortica, perché la pressione del ventricolo supera quella
dell’aorta. Durante la FASE EIETTIVA/DI EIEZIONE si ha prima un aumento poi una diminuzione
della pressione. Il volume diminuisce (VOLUME TELESISTOLICO: volume alla fine della sistole). Dura
fino all’onda T. poi si crea un gradiente pressorio favorevole per la chiusura della valvola aortica
perché la pressione del ventricolo scende sotto quella dell’aorta. Il muscolo si sta rilassando.
DIASTOLE VENTRICOLARE: fase di rilassamento isovolumetrico, non c’è variazione di volume nella
camera. La pressione del ventricolo scende al di sotto di quella dell’atrio. Si ha l’apertura della
valvola atrio-ventricolare/valvola mitrale. Per gravità il sangue refluo dell’organismo passa
dall’atrio al ventricolo. Si ha un aumento del volume ventricolare (VOLUME TELEDIASTOLICO: alla
fine della diastole) fino alla successiva onda P in cui si ha di nuovo una SISTOLE ATRIALE e il ciclo
ricomincia.
CICLO CARDIACO: alternarsi di sistole e di diastole.
GITTATA SISTOLICA: volume di sangue espulso durante la fase sistolica (differenza tra i 2 volumi
della fine della diastole e della sistole). GS = 140 – 60/70 = circa 70/80 ml del volume totale
(telediastolico)
FRAZIONE D’EIEZIONE: % di sangue che viene spinto nei grossi vasi per ogni sistole ventricolare. In
un individuo adulto normale è del 60% circa, quindi ha un volume residuo del 40% all’interno della
camera.
GITTATA CARDIACA: si ricava dalla gittata sistolica. Non è un volume, ma un flusso. GC = GS x FC
(FREQUENZA CARDIACA) = 5 L/min di sangue.
PRECARICO: forza che stira il muscolo ventricolare prima dell’inizio dell’eccitazione-contrazione
(ritorno venoso) = VOLUME TELEDIASTOLICO alla fine della diastole.
POSTCARICO: valore di pressione nei vasi delle arterie che il ventricolo deve vincere affinché le
valvole semilunari si possano aprire (indice delle resistenze periferiche) = PRESSIONE NEI VASI
ARTERIOSI.
Quando il cuore si contrae con più forza, il volume telesistolico può arrivare anche a 10-20 ml;
d’altra parte quando una cospicua quantità di sangue fluisce nei ventricoli in diastole il volume
telediastolico può arrivare a 150-180ml. In tal modo sia l’aumento del volume telediastolico che il
diminuire del volume telesistolico portano ad un aumento della gittata sistolica.
Si possono ascoltare dei toni a livello del miocardio:
- PRIMO TONO CARDIACO: suono a bassa frequenza e
lunga durata causato dalla chiusura delle valvole atrio-
ventricolari al termine della diastole;
- SECONDO TONO CARDIACO: rumore di scatto rapido
dovuto alla chiusura delle valvole semilunari al termine
della sistole;
- TERZO TONO CARDIACO: debole rumore udibile
all’inizio del terzo medio della diastole solo alcune
volte, dovuto alle oscillazioni in avanti e indietro del
sangue tra le pareti dei ventricoli generate
dall’irruzione di sangue dagli atrii;
- QUARTO TONO CARDIACO/TONO ATRIALE: udibile
solo in alcuni casi, a bassa frequenza, dovuto al fluire
del sangue nei ventricoli (sistole atriale).
CIRCOLO POLMONARE
La pressione che deve vincere il ventricolo destro è inferiore a quella del ventricolo sinistro perché
tramite l’ARTERIA POLMONARE spinge il SANGUE VENOSO verso i polmoni. È a bassa pressione.
Il volume di sangue di tutto il circolo è lo stesso che andrà nei polmoni. Non cambia la gittata
sistolica destra da quella sinistra perché è un sistema in serie, dove in mezzo ci sono i polmoni. Il
volume non varia ma cambia solo la pressione. Stesse fasi, stesso discorso per le valvole.
Diagramma pressione volume

Quattro fasi, la prima con una minima


variazione di pressione e una grossa
variazione di volume, detta fase di
riempimento del ventricolo, la pendenza
di questa fase è bassa, in questa fase il
muscolo è molto estendibile, è
importante che in questa fase la
pressione rimanga molto bassa perché
riflette la pressione che c’è a monte (per
il ventricolo destro a monte c’è la
pressione del circolo sistemico mentre
per il ventricolo sinistro riflette la
pressione del circolo polmonare).
La seconda fase di sistole isovolumetrica, aumento di pressione senza variazione di volume; terza
fase si apre la valvola aortica e quindi inizia la fase di sistole iettiva, la pressione tende ad
aumentare un po' ma il volume diminuisce perché il sangue sta fluendo fino alla fase successiva di
rilassamento isovolumetrico.
Il lavoro svolto dal ventricolo destro rispetto a quello sinistro è un sesto

COME VALUTARE LA PRESTAZIONE DEL CUORE COME POMPA?


Singoli parametri:
❖ gittata cardiaca
❖ gittata sistolica o volume sistole o stroke volume
❖ frazione di iezione(ecocardiogramma)
❖ dp/dt (misura press intracavitaria)
❖ pressione sistolica o arteriosa massima
REGOLAZIONE DELL’AZIONE DI POMPA DEL CUORE
A riposo si arriva ad una gittata di 4-6L/min mentre sotto sforzo può aumentare da quattro a sette
volte
MECCANISMI DI REGOLAZIONE
Esiste un meccanismo intrinseco enunciato dalla legge di Frank-Starling, in base a variazioni di
volume del flusso ematico; oppure da una regolazione ad opera del sistema nervoso autonomo.
LEGGE DI FRANK-STARLING

Quantità extra di sangue che arriva nei ventricoli provoca un maggiore stiramento del miocardio
che provoca a sua volta maggiore interdigitazione dei filamenti di actina e miosina.
Maggiore forza di contrazione, più il miocardio viene stirato dal riempimento iù alta sarà la sua
forza di contrazione e quindi la quantità di sangue pompata.
È una relazione normalmente a campana con un picco che corrisponde ad una lunghezza iniziale
del sarcomero definita ottimale, più o meno 2.2 micron alla quale si ha massima attività tra actina
e miosina e quindi più forza.
Questa legge a livello cellulare la si può traslare all’organo, si può dire che il ventricolo è in grado
di sviluppare più forza tanto più sangue riceve e quindi più si distende avendo più interazione tra
actina e miosina.
La gittata sistolica è direttamente proporzionale al volume telediastolico, il sangue pompa tutto il
sangue che riceve.

OSSERVAZIONI SPERIMENTALI
FRANK (1895): aumentando il precarico il cuore isolato risponde con contrasioni più vigorose
STARLING (1914): variando la pressione dell’atrio destro e aortica il cuore risponde con un
aumento della gittata sistolica.
Anche in assenza di controllo venoso centrale ormonale il cuore pompa tutto il sangue
proveniente dal suo serbatoio.

La curva pressione-volume consente di


distinguere:
1. Gli effetti dell’aumento del volume di
fine diastole (EDV) O PERLOAD
2. Gli effetti dell’aumento della pressione
aortica o AFTERLOAD
3. Gli effetti di variazioni di contrattilità
(-> del miocardio) (inotropismo)
In azzurro tratteggiato, nel grafico A, abbiamo la curva teorica costruita in condizioni isometriche e
l’area ABCD che rappresenta il nostro loop pressione-volume con le diverse fasi:
• AB diastole
• BC sistole
• CD sistole
• DA diastole
Tracciando una diagonale da D a B si possono distinguere le due fasi di sistole (area superiore) e di
diastole (area inferiore)
Il grafico B pressione-volume mostra le variazioni di precarico e postcarico e le relazioni di Frank-
Starling.
Adattamenti ciclo alle condizioni emodinamiche
1. ∆ vd di sangue venoso (∆ precarico)
2. ∆ resistenze periferiche (∆ postcarico)

Diagrammi pressione-volume in condizioni


standard (in blu) ed in seguito ad
aumento/diminuzione del precarico o del
postcarico (in rosso). Un aumento del volume
diastolico finale porta (A) ad un piccolo
aumento della pressione diastolica ma
soprattutto ad un aumento della GP (gittata
pulsatoria), viceversa si verifica per una
diminuzione del precarico (B). un aumento
della pressione aortica (C, aumento del
postcarico) ha come effetto una diminuizione
della GP, mentre una diminuizione del
postcarico (D) porta ad un lieve aumento
della GP.
In questo grafico si vede meglio il fenomeno sopra citato
-Se aumenta il ritorno venoso abbiamo anche un aumento
del precarico,
- il volume telediastolico va da B a B1,
- C rimane uguale perché il postcarico non varia,
- abbiamo un aumento della gittata cardiaca ( percè ho un
aumento del ritorno venoso ) senza variazioni della
contrattilità
=> questo è quello che può succedere nel passaggio veloce
dalla posizione eretta a quella supina perché ho un
maggiore ritorno venoso

Ho una situazione diversa se ho un aumento del postcarico :


• aumento di postcarico da C a C1

• Il loop incontra la curva di Franck-Starling in un


punto diverso chiamato D1

• Quato causa una diminuizione della gittata


sistolica

• L’aumento di postcarico dovuto agli effetti sulle


resistenze periferiche a livello dei vasi va subito
compensato per riportare la gittata sistolica a
valori normali

• Può essere compensato aumentando il volume telediastolico nell’immediato

• In realtà poi subentra un fattore di controllo nervoso da parte del sistema nervoso
autonomo che permette di aumentare la contrattilità del miocardio. Aumentarla vuol dire
che per lo stesso volume di sange alla fine delle diastole il cuore è in grado di sviluppare più
forza.

• In presenza di modulatori inotropi ci può essere uno sviluppo di forza maggiore per lo
stesso valore iniziale di precarico (= aumento di pendenza della relazione di Frank-Starling.
Tale aumento implica l’aumento della contrattilità del miocardio).

• In seguito all’aumento la relazione di Frank- Starling è espressa dalla curva rossa.

• Quindi il loop pressione-volume incontrerà,partendo da C1, la curva in D2 e questo


permette di riportare la gittata sistolica ai valori normali
 La contrattilità è umentata dagli inotropi ed in particolare dalla noradrenalina =
neurotrasmettitore rilasciato dalla branca simpatica
Inotropi
 Modulatori autonomici che causano un aumento di calcio e quindi un aumento di
contrattilità
❖ Qui di fianco è mostrato il recettore
beta drenergico che reagisce con la
noradrenalina
❖ La PKA va a fosforilare i canali L sulla
membrana (canali di idropiridina
sensibili) aumentandone la
probabilità di apertura
❖ L’aumento del flusso di calcio da
questi canali permette un aumento
di calcio citosolico e quindi un
aumento della contrattilità
❖ La PKA ha anche altri bersagli come i
canali rir piuttosto che il fosfolambano.
❖ A livello di farmaco inotropo ovvero a livello di molecola ad azione inotropa positiva è
sicuramente importante la fosforilazione dei canali voltaggio dipendenti sulla membrana e la
fosforilazione del fosfolambano che è l’inibitore fisiologico della pompa serica . Essa nello
stato fosforilato si stacca , è meno inibita quindi ho un aumento dell’attività di pompa ,
quindi più calcio viene pompato all’interno del reticolo e questo può favorire una maggiore
compartimentalizzazione del calcio all’interno del reticolo piuttosto che nel citosol.
❖ Questo effetto modulatore della PKA è importante per la fase di rilassamento ma può
contribuire anche all’azione inotropa

Il classico inotropo è il modulatore autonomico quindi la noradrenalina


Gli inotropi negativi sono per esempio l’acetilcolina che andrà a modulare negativamente,
diminuirà il calcio citosolico e quindi la pendenza della curva di Frank-Starling tenderà a diminuire.
Ci sono altri agenti che possono agire da inotropi oltre i modulatori autonomici come i digitalici,
ovvero molecole che bloccano la pompa sodio potassio. Essi quindi causano sicuramente un
aumento del sodio intracellulare , lo scambiatore sodio-calcio funzionerà meno perché ho meno
forza elettromotrice per il sodio in ingresso e questo porta un aumento del calcio citosolico. Il
problema di queste molecole è che sono farmaci moolto vecchi , che funzionano da inotropi ma il
loro intervallo terapeutico è molto molto stretto perché possono essere proaritmici .
(=sovraccarico di calcio!!)

Ultimamente , si è visto anche in fase clinica, che esiste una sostanza chiamata istaroxime che
assomiglia ai digitalici in quanto blocca la pompa sodio-potassio , ma in più è uno stimolatore di
SERCA .
Ultimamente si stanno cercando diverse strategie per l’attivazione di SERCA , non solo per l’effetto
lusitropo positivo , percè se stimolo SERCA il muscolo si rilassa più velocemente, ma per avere
potenzialmente più calcio all’interno del reticolo e quindi meno nel citosol che può dare effetti
proaritmici (= effetti che sarebbero causati se ci fosse una grande quantità di calcio nel citosol)
Normalmente SERCA è inibita dal fosfolambano. Una fosforliazione del fosfolambano permette un
distacco dal SERCA che in uno stato particolarmente fosforilato può portare ad un maggiore
sviluppo di forza. Questa strategia è utile perché normalmente nelle condizioni di scompenso
cardiaco ci si trova in una condizione di SECRA sotto prodotto.

IL SISTEMA CARDIOVASCOLARE: CIRCOLO POLMONARE E SISTEMICO.


Il cuore è quella struttura e quella pompa che è
in grado di adeguare il flusso ematico alle
necessità dell’organismo.
Il ciclo invece redistribuisce il flusso ematico ai
vari distretti in funzione delle necessità al fine di:
- Controllare la pressione sistemica
durante tutto il ciclo cardiaco
- Garantire flusso ai tessuti

È un sistema circolatorio chiuso quadricamerale.


Il flusso del sangue è unidirezionale e quindi
dalla parte destra atrio/ventricolo viene spinto
attraverso l’arteria polmonare al circolo
polmonare e da qui torna, dopo gli scambi
respiratori, ricco di ossigeno a livello dell’atrio
sinistro. Qui viene spinto per gravità nel
ventricolo sinistro e da qui il sangue arterioso
viene spinto dal ventricolo sinistro in tutti i
distretti corporei a livello del microcircolo
sistemico dove avvengono gli scambi respiratori e quindi il sangue venoso, ormai con una
pressione molto bassa torna al cuore, alla parte destra e rientra nell’atrio destro tramite le vene
cave.

Quindi abbiamo due circoli tra loro distinti:


-circolo polmonare (circolo a bassa pressione poiché il ventricolo destro non deve fare un grosso
lavoro rispetto al lavoro che fa il ventricolo sinistro perché deve vincere una pressione più limitata)
-circolo sistemico (circolo ad alta pressione)

Le arterie sono dei serbatoi di pressione mentre le vene sono dei serbatoi di volume di sangue.
Il compito delle arterie è quello di spingere il sangue verso i distretti periferici soprattutto le grosse
arterie ad esempio l’aorta che fuoriesce dal ventricolo sinistro, diventa un serbatoio di pressione e
quindi di energia potenziale, la quale viene ceduta durante la fase di rilassamento, in modo tale
che ci possa essere un flusso continuo e non pulsatorio, come quello del cuore, di sangue ai vari
tessuti anche durante la fase in cui il muscolo si rilassa.
Le vene invece sono molto elastiche ed estendibili.
E poi abbiamo i capillari a livello dei quali avvengono gli scambi di ossigeno, nutrienti ecc..
Essi sono disposti a rete, si forma proprio una rete mirabile di vasi molto sottili e tra di loro sono in
parallelo così che aumenti la superficie di scambio e l’aria in cui avviene il flusso di sangue. E
questo permette, come vedremo, una bassa velocità di perfusione.

DISTRETTO ARTERIOSO E VENOSO IN SERIE

Dalla parte destra arriva il sangue venoso, mentre dalla parte sinistra diparte il sangue arterioso
verso tutti gli organi interni per poi tornare ovviamente alla parte destra.

La gittata cardiaca è il volume di sangue spinto nei grossi vasi ad ogni ciclo per la frequenza
cardiaca.
Non tutti i tessuti vengono perfusi allo stesso modo e nello stesso tempo ma la perfusione è
regolabile e tutto avviene grazie a condotti in parallelo.
ORGANIZZAZIONE FUNZIONALE DEL SISTEMA CARDIACO-CIRCOLATORIO
Abbiamo quindi il cuore che è la nostra
pompa ed esercita un processo attivo
e genera quel gradiente di pressione
che è necessario per avere un flusso.

Quindi spinge il sangue nel versante


arterioso fino a vasi di piccolo
diametro come le arteriole precapillari
o anche detti vasi di resistenza, le quali
sono quel distretto arterioso che
incidono maggiormente sulla
resistenza al flusso proprio perché
sono costituite da un piccolo diametro ma da un vero e proprio manicotto di muscolatura liscia
attorno. Quindi le arteriole presentano un sistema di controllo del flusso molto regolato proprio
per la presenza di questo manicotto di muscolatura liscia.
Dopodiché il sangue arriva ai capillari dove si avrà lo scambio tra il plasma ed il tessuto e da qui poi
il sangue povero di ossigeno ritorna al cuore grazie alle vene che rappresentano il serbatoio di
sangue del nostro organismo ed attraverso diversi dispositivi nonostante la bassa pressione il
sangue riesce a ritornare alla parte destra del cuore.

LEGGI DELLA DINAMICA DEI FLUIDI PERFETTI


Il sangue non è un fluido perfetto.
Il fluido perfetto (newtoniano):
➢ Incomprimibile
➢ privo di attriti interni
➢ flussi stazionario in condotti rigidi
Il sangue:
➢ si muove in modo intermittente (soprattutto nelle arterie)
➢ non è omogeneo ed è viscoso (la densità dei globuli rossi è indice della viscosità stessa del
sangue)
➢ si muove in vasi elastici e dotati di attività contrattile grazie alla muscolatura liscia attorno
ai vasi.

Alcune leggi però che si applicano ai fluidi perfetti possono essere applicate anche al sangue
perché ci permettono di capire quali sono i principi base del flusso all’interno dei vasi arteriosi e
venosi.
Possiamo dire che si ha un flusso se si ha un gradiente di pressione. Quindi questa legge che vale
per i fluidi perfetti vale anche per il circolo sanguigno.
Quindi se io ho un tubo, come se fosse un nostro vaso e non c’è differenza di pressione tra P1 e P2
non c’è flusso in quanto c’è flusso solo se c’è gradiente pressorio. (figura a )
Se invece c’è una differenza di pressione tra l’inizio e la fine del tubo (figura b) ci sarà un gradiente
di pressione che non dipenderà dalla variazione assoluta ma dal gradiente di pressione.
Quindi avrò lo stesso flusso sia nel caso in cui all’inizio la pressione sia 100 mmHg e diventa 75
mmHg, che nel caso in cui il flusso all’inizio è 40 mmHg e poi diventa 15mmHg.
Questo perché vi è lo stesso ΔP e quindi vi è lo stesso flusso.
Quindi il flusso è proporzionale al gradiente pressorio e c’è flusso se c’è il gradiente di pressione.

Chi genera questo gradiente pressorio? il cuore.

Il gradiente di pressione inizialmente è circa a 90 mmHg


Una volta che arriva agli organi sistemici, viene scambiato e può tornare al cuore grazie al versante
venoso con un circolo a bassa pressione perché ormai la pressione è calata.
Quando torna all’atrio destro la pressione venosa è pari a 0 mmHg.
Quindi abbiamo un ΔP di 90 poiché: ΔP=90-0=90 mmHg.
Il sangue si muove sempre nei vasi da regioni ad alta pressione a regioni a bassa pressione.

PERDITA DI ENERGIA PER LA RESISTENZA AL FLUSSO DA PARTE DEI VASI


Il sangue diparte dai grossi vasi arteriosi fino a
tornare al cuore con i grossi vasi venosi e
durante questo percorso la pressione tende a
diminuire andando a 0 poiché vi è una perdita di
energia man mano che il sangue circola
nell’aorta, nelle medie-arterie, nei capillari ecc..
Quindi vi è perdita di energia a causa della
resistenza al flusso esercitata dai vasi.
I vasi quindi esercitano una resistenza e questo
fa calare la pressione.
Dunque possiamo dire che si, il flusso dipende dal gradiente pressorio ed è direttamente
proporzionale poiché all’aumentare del ΔP aumenta il flusso, ma all’aumentare della resistenza
diminuisce il flusso.
Il flusso è inversamente proporzionale alle resistenze in questo caso esercitate dai vasi.

CAMBIAMENTO PRESSIONE CIRCOLO POLMONARE E CIRCOLO SISTEMICO

Il circolo polmonare abbiamo detto che è un circolo a bassa pressione e quindi nell’arteria
polmonare la pressione oscilla.
Nel circolo sistemico a livello della aorta abbiamo delle oscillazioni ma poi vi è un calo di pressione
soprattutto a livello del distretto arteriolare che è quello che incide di più e successivamente vi è
un ulteriore calo di pressione nei capillari.
Le arteriole sono i distretti in cui si ha la maggiore caduta di pressione a causa della loro elevata
resistenza, è il distretto basale che incide di più sulle resistenze al flusso.
LEGGE DI POISEUILLE
Come si muove il sangue
all’interno dei vasi? Anche qui
si può utilizzare la legge di
Poiseuille che vale per i fluidi
perfetti. Il sangue si muove in
modo laminare secondo delle
lamelle concentriche con
diametro maggiore al centro e
minore verso le pareti del vaso
a causa proprio dell’attrito
contro le pareti.
Si muove dunque in modo laminare e può diventare turbolento ad esempio a livello dell’ingresso
dell’aorta e nelle biforcazioni dei vasi. Quindi da laminare può diventare turbolento e in genere a
livello di pressioni di gradienti pressori critici.
Per cui l’aumento di flusso in funzione del gradiente di pressione, finché siamo in un flusso
laminare, ha una certa proporzionalità perché all’aumentare dell’uno aumenta l’altro, mentre
andando avanti questa relazione e proporzionalità tende a diminuire e quindi diventa un flusso
turbolento.

Fattori che incidono sul flusso sanguigno (legge di Poiseuille)


1. Il flusso aumenta se aumenta la Pressione (direttamente proporzionale);
2. Il flusso diminuisce se la Lunghezza del tubo aumenta (inversamente proporzionale);
3. Il flusso aumenta all’aumentare del Raggio. Questo è quello che incide maggiormente
(perché è r^4), infatti anche piccole variazioni di raggio causano grandi variazioni di flusso;
4. Il flusso diminuisce con l’aumentare della Viscosità (inversamente proporzionale).

Quindi come per i fluidi perfetti, anche per la circolazione sanguigna la variabile che influenza
maggiormente la resistenza (R) al flusso è il raggio del vaso sanguigno. → Raggio fattore
determinante per la resistenza (più il raggio è piccolo maggiore è la resistenza al flusso).
Quindi la Resistenza (R) dipende dalla viscosità, dalla lunghezza e inversamente proporzionale al
raggio (quindi al diametro del tubo). Però considerando che la Viscosità dipende dall’ ematocrito
(eritrociti/plasma) e la Lunghezza dipende dall’anatomia del sistema (quindi è costante), si può
semplificare dicendo che la resistenza è il reciproco del raggio^4.
Dobbiamo tenere in considerazione 2 concetti fondamentali:
1. Se abbiamo delle resistenze in serie, la resistenza totale è data dalla somma delle singole
resistenze (quindi a livello di ciascuna resistenza ci sarà un calo di pressione);
2. Se abbaiamo delle resistenze in parallelo, il reciproco della resistenza totale (1/Rtot) è
uguale alla somma del reciproci delle singole resistenze (1/R1+1/R2+1/R3…) questo vuol
dire che una singola resistenza in parallelo incide veramente poco sulla resistenza totale
del flusso, rispetto a quanto incide una singola resistenza in serie.
PT (Resistenze Periferiche Totali) Somma delle resistenze di ciascun organo in parallelo
Quando pensiamo al circolo quello che definiamo con Resistenza Periferica Totale (RPT), che è un
parametro fondamentale per il controllo della pressione, è la resistenza opposta da parte dei vasi
al flusso sanguigno e cioè è la somma delle resistenze di ciascun organo.
Se si considera il circolo in serie bisogna dire che la RPT è data dalla somma delle resistenze offerte
dai grossi vasi (come le arterie, come la aorta); però abbiamo detto che se il raggio è grande la
resistenza è minima, quindi possiamo anche trascurarla (infatti i vasi di grosso calibro sono
organizzati in serie).
Se consideriamo la resistenza delle piccole arterie/vene e dei capillari, quelle che incidono di più
sono le piccole arterie, cioè le arteriole e non i capillari (perché anche se sono di piccolo calibro
sono disposti largamente in parallelo e quindi la resistenza totale dei capillari influenza poco
l’intera resistenza totale di tutti i vasi). Le arteriole invece incidono molto perché hanno anche loro
un diametro piccolo (anche se comunque più grande di quello dei capillari) ma non sono disposte
in parallelo quanto i capillari (incide il 50% delle RPT).
Quindi se cambiano le RPT bisogna sempre pensare che questo sia dovuto alle arteriole, perché
incide molto ed inoltre è altamente regolabile.
Area della sezione trasversa V=Q/A
Un altro parametro da tenere in considerazione è l’area della sezione trasversa (tipo quella dei
capillari). All’aumentare dell’area della sezione trasversa diminuisce la velocità di flusso (cioè è
inversamente proporzionale).
È importante sapere però che un flusso a bassa velocità è fondamentale perché permette un
adeguata diffusione e filtrazione nel distretto vascolare.
Sistema Arterioso e Venoso
Arterie = vasi ad alto regime pressorio (sono dei serbatoi di pressione) contenenti basse % di
volume plasmatico.
Vene = vasi a basso regime pressorio contenenti alte % di volume plasmatico (sono dei serbatoi di
volume).
Arterie e vene sono costituite da:
❖ Un endotelio, cioè l’epitelio che riveste internamente il vaso;
❖ Muscolatura liscia, la parte muscolare;
❖ Connettivo, cioè la parte più
connettivale ed elastica.
Le arterie a seconda se sono di piccolo, medio
o grande diametro contengono in modo
percentualmente diverso la parte muscolare
liscia e quella connettivale. In linea generale
contengono molti strati di tessuto muscolare,
connettivale ed elastico → quindi la parete
arteriosa è molto più spessa rispetto invece
alla parete venosa.

Le vene sono costituite da pochi strati di


tessuto muscolare liscio, connettivale ed
elastico, infatti le pareti sono molto più sottili
e questo inoltre rende le vene altamente
distendibili (è per questo che riescono ad
ospitare grosse quantità di sangue).
Quando si parla di condotti rigidi il volume non cambia al variare della pressione; al contrario nei
condotti elastici, il volume aumenta linearmente con la pressione. La pendenza di questa
relazione è detta Distendibilità o Compliance, che è uguale a ΔV/ΔP.
Se si mette in relazione la pressione con il volume all’interno del vaso, non si svilupperà pressione
fino ad un certo volume, detto capacità del vaso (cioè il volume massimo a P = 0). Quindi finchè il
volume contenuto non distende le pareti del vaso non ci sarà sviluppo di pressione; dopodiché se
si supera la capacità del vaso ci sarà distensione delle pareti con un seguente sviluppo di
pressione. Per cui a parità di incrementi di volume, la pressione sviluppata all’interno di un
condotto elastico dipende dalla Compliance della parete (cioè da quanto è distendibile a parità di
volume).
Le arterie sono un sistema ad alta pressione; agiscono come serbatoio di pressione perché quando
aumenta la pressione si distendono poco, ovvero hanno bassa compliance.
Inoltre hanno minor volume di sangue (ma maggior pressione!)

Quindi una minor distendibilità rispetto alle vene, e un incremento della pressione provoca una
modesta espansione del vaso (incide anche il fatto della parete sottile, mentre le vene sono
altamente estensibili)
Le vene sono un sistema a bassa pressione; compliance maggiore rispetto alle arterie e quindi
possono accogliere maggiori volumi di sangue con piccole variazioni al loro interno.
Inoltre possono essere molto elastiche.
Ma la compliance diminuisce con l’età perché tende a diminuire il contenuto di elastina della
componente elastica, che può causare un innalzamento della pressione.
Quindi essa dipende dal numero di fibre di elastina che possono distendersi.

TENSIONE DI PARETE: Ovvero la forza tangenziale che contrasta la P all’interno di un vaso.

La legge di Lapace: T=Pr


c’è una tensione esterna di parete che compensa la pressione interna che si spinge verso l’esterno
(anche facendo riferimento al raggio del vaso), ma le due forze si devono equilibrare.

Lo stress di parete= Pr/w


è inversamente proporzionale allo spessore di parete e, quindi, proporzionale alla distensione del vaso.

Infatti quando aumenta lo spessore della parete del vaso si ha un minor stress di parete.
Se, invece, c’è una dilatazione di un vaso (aneurisma=dilatazione) si ha un maggior raggio dovuto
alla dilatazione del vaso; un minor spessore, e quindi è necessaria una maggior tensione per
controbilanciare la stessa pressione interna. (Se questa condizione rimane tane, si arriverà ad un
aneurisma permanente fino alla rottura del vaso).
(simile ai palloncini gonfi: la pressione è minore dove è più gonfio, e maggiore dove lo è di meno)
EFFETTO WINDKESSEL
È anche detto <<effetto volano>> (ovvero restituzione elastica per spingere il sangue in periferia)
dovuto alla spinta del sangue, da parte del cuore, nelle arterie fino ai capillari. È importante che
questo flusso rimanga costante anche nei capillari in maniera continua.
Durante la sistole, il volume di sangue spinto dal cuore nelle arterie non va tutto immediatamente
in periferia, a causa delle resistenze periferiche.
Il volume delle arterie aumenta, causando la distensione della parete.
Si accumula quindi energia potenziale come energia elastica all’interno delle pareti delle arterie.
Questa energia viene restituita e trasformata in energia cinetica durante la diastole cardiaca,
assicurando il movimento continuo del sangue anche alla periferia.

VENE
❖ Hanno struttura simile alle arterie, ma pareti più sottili e in grado di collassare quando sono
vuote
❖ C’è la presenza di endotelio con formazioni valvolari che impediscono il riflusso di sangue
❖ Favoriscono il passaggio di sangue con bassa resistenza dai tessuti al cuore
❖ In condizioni normali a riposo circa i 2/3 del contenuto di sangue sono mantenuti nelle vene
(che sono chiamate, infatti, serbatoio di contenimento del sangue)
❖ Permettono adeguamenti della gittata cardiaca.

Sistema venoso
▪ Bassa pressione
▪ Diametro interno elevato
▪ Serbatoio di volume
▪ Compliance elevata (deltaA/deltaP)
▪ Pareti sottili
▪ Tensione di parete contenuta (per la bassa pressione e le pareti sottili).

Il ritorno venoso contro la pressione idrostatica dipende da:


- Valvole venose che frazionano la colonna di sangue, garantendo l’unidirezionalità al flusso
grazie alla loro concavità e quindi la chiusura delle valvole.

- Contrazione muscolatura scheletrica che contraendosi favorisce la chiusura delle valvole


venose distali e l’apertura di quelle prossimali.

- Ciclo respiratorio soprattutto per la contrazione del diaframma, che abbassandosi


permette un aumento della pressione e un minor volume addominale, favorendo la
stimolazione del ritorno venoso.

- Attivazione sistema nervoso simpatico


MICROCIRCOLO: arteria-capillare-vena
Dove avvengono gli scambi respiratori, con flusso regolato.
Formato dalle arteriole con il manicotto di muscolatura liscia, dai capillari e dalle venule rivestite
anch’esse da cellule di muscolatura liscia.
Il diametro dei vasi dipende dall’equilibrio della forza contrattile della muscolatura esterna che
delimita il diametro e la pressione interna che tende ad aumentarne il diametro e a distendere il
vaso.
ARTERIOLE: possono cambiare il loro diametro secondo un ampio range grazie alla regolazione
della muscolatura liscia.

Unità microcircolatoria
L’insieme dei vasi di scambio (capillari), dei
vasi di capacità (venule), dei vasi di
resistenza (arteriole) e i vasi di shunt (vasi
caratterizzati da anastomosi artero-venose,
ovvero dei by pass, per direzionare il flusso
sanguigno).

In particolare, le ARTERIOLE:
• Distribuiscono l’output cardiaco tra gli
organi sistemici
• La resistenza dei vasi (e quindi il flusso) varia in seguito a vasodilatazione o vasocostrizione
• Fattori che influenzano il diametro delle arteriole: controllo estrinseco ed intrinseco.
Hanno manicotti di muscolatura liscia, altamente regolato dal sistema nervoso autonomo, in
particolar modo soprattutto dalla branca simpatica, non dalla parasimpatica.
La muscolatura liscia arteriolare che permette di regolare il diametro di questo distretto è quindi
sotto il controllo del simpatico, per cui una vasocostrizione e/o una vasodilatazione dipende da
quanta noradrenalina viene rilasciata dal terminale simpatico.
I fattori che influenzano sono quindi fattori estrinseci, come il controllo nervoso, e fattori intrinseci
al vaso.
Un aumento della resistenza arteriolare può ridirezionare il flusso a seconda del livello di
resistenza negli specifici distretti:
➢ Resistenza alta, flusso assente
➢ Resistenza bassa, flusso elevato.
➢ Il flusso è quindi in funzione della resistenza arteriolare.
Esempio:
Se la gittata è 4/5 L/min e un distretto viene poco perfuso e il flusso diminuisce, gli altri distretti
riceveranno maggior flusso, poiché il totale deve sempre tornare ad essere 4/5 L/min.
Il flusso in entrata deve coincidere con il flusso in uscita.
L’aumento della resistenza in un distretto implica un maggiore flusso negli altri distretti, in modo
tale che il flusso totale sia invariato.

Tra riposo ed esercizio c’è un certo gradiente pressorio, un diverso flusso e una diversa resistenza
periferica, che per il 60% è determinata dalle arteriole.
A riposo ci sarà una maggiore vasodilatazione a livello gastrointestinale, che verrà sacrificata
durante l’esercizio, in cui ci sarà un maggiore flusso verso l’apparato muscolare scheletrico.
La perfusione è regolata in base alle diverse necessità dei vari distretti corporei.
La resistenza dei vasi che distribuiscono il sangue ad un organo determina la quantità di flusso che
irrora l’organo. A parità di pressione se aumenta la resistenza diminuisce il flusso.

SCAMBI CAPILLARI: avvengono a livello del microcircolo


I capillari sono costituiti da un endotelio molto sottile e il trasporto di sostanze e gas è possibile
per via para-cellulare oppure per via trans-cellulare. Questo dipende se ci troviamo in un distretto
in cui sono presenti giunzioni lasse oppure serrate.
Esistono diversi tipi di capillari, tra cui:
❖ capillari continui = ad esempio capillari cardiaci, scheletrici, cutanei, connettivi, ecc…
Presentano elevata permeabilità ad acqua e soluti, e scarsa permeabilità alle proteine.
Presentano fessure intercellulari di dimensione di 5nm.
❖ capillari fenestrati = ad esempio i capillari renali o delle ghiandole esocrine ed endocrine...
Presentano dei posi intercellulari che non sono selettivi e hanno una grandezza di 50-60nm
❖ capillari discontinui = ad esempio i capillari del fegato, milza e midollo osseo…
Presentano fessure molto grandi, fino ad 1 micron, per cui aumenta a che la permeabilità
alle proteine.
❖ capillari cerebrali = endotelio continuo con giunzioni strette (barriera ematoencefalica)

Lasciano perdere la barriera ematoencefalica, la permeabilità per via para-cellulare è determinata


da capillari continui, fenestrati e discontinui.
Da continui a fenestrati e discontinui aumenta la permeabilità intracellulare.

Scambi per diffusione (Legge di Fick)


Il flusso dipende dal gradiente di concentrazione ed è proporzionale ad un coefficiente di
diffusione che dipende dalle dimensioni del soluto e dall’aria che deve essere attraversata.
È inversamente proporzionale allo spessore del distretto da attraversare.
La diffusione avviene attraverso la membrana e riguarda sostanze liposolubili, come i gas.
Le sostanze idrosolubili, invece, passano attraverso i pori e le fessure. Il passaggio dipende
dall’ampiezza dei pori e dal raggio della molecola che limitano la diffusione

Scambi per filtrazione: flusso in massa governato da pressioni che ci sono in gioco. Sicuramente
c’è in gioco la pressione idrostatica del sangue, che favorisce il passaggio di liquidi e di soluti dal
capillare verso le cellule. Essa è una forza positiva che spinge il soluto dal capillare verso il tessuto.
In generale i capillari non sono permeabili alle proteine, e la membrana diventa semipermeabile,
generando una pressione colloidosmotica che richiama acqua.
Ci sarà un bilancio dal lato arterioso in cui viene favorita la filtrazione, ovvero un bilancio a favore
della filtrazione perché la differenza tra pressione idrostatica ed osmotica è positiva, e quindi c’è
un flusso netto da capillare a tessuto.
Avviene invece la cosa opposta se al processo di filtrazione segue un processo di riassorbimento
lungo il capillare, normalmente dal lato venoso.
Dal lato venoso infatti la pressione idrostatica continua a calare all’interno del capillare, ma la
pressione osmotica più o meno, rimane uguale, anche se a volte tende ad aumentare per via
dell’aumento di concentrazione delle proteine.
Il gradiente pressorio risulta inferiore al gradiente osmotico, e quindi c’è richiamo d’acqua verso il
capillare.

La Legge di Starling tiene conto di tutti questi gradienti di pressione nel processo di filtrazione e di
riassorbimento a livello di un microcircolo.
Secondo questa legge in flusso dipende da :
-un coefficiente di proporzionalità
-un coefficiente di filtrazione capillare moltiplicato per la differenza tra il gradiente di pressione
idrostatica tra il capillare e il tessuto, e il gradiente di pressione osmotica tra il capillare e il tessuto
Jv = K*A*[(Pc-Pt)-σ(πc-πt)]
[σ è il coefficiente di riflessione e indica quanto la membrana è impermeabile al soluto.]
È un fattore di correzione della pressione osmotica, che permette di avere una pressione osmotica
reale in quanto non esistono membrane impermeabili al 100%.
-Se il risultato dell’equazione è positivo, si avrà un processo di filtrazione
-Se il risultato dell’equazione è negativo, allora il flusso sarà negativo e si avrà un processo di
riassorbimento, dal tessuto verso il capillare.
Ci sarà un punto del distretto del microcircolo in cui ci sarà un equilibrio tra le due forze, quella
idrostatica e quella osmotica.

Esempio:
A sinistra lato arterioso (rosa)
A destra lato venoso (blu)
o Al centro le forze si equivalgono, e non c’è un flusso
netto.
o Dal lato arterioso c’è un flusso netto di filtrazione
o Dal lato venoso c’è un flusso netto di riassorbimento
SBILANCIAMENTI SCAMBI CAPILLARI:
Questo equilibrio può cambiare, ad esempio a seguito di un
aumento della pressione idrostatica.
In questo caso si manifesta solamente filtrazione, perché vince
molto la pressione idrostatica su quella osmotica, per cui si ha un
aumento della filtrazione lungo tutto il capillare.

• Se si ha vasodilatazione, si avrà un
aumento di filtrazione e una diminuzione di
riassorbimento.
• Se si ha vasocostrizione, si avrà un calo
della pressione e quindi una minore
filtrazione e un elevato riassorbimento.

• Se la pressione venosa aumenta, si avrà un


aumento di filtrazione
• Se si avrà deidratazione, di avrà un aumento
del riassorbimento dovuto a un calo della
pressione.

Casi di sbilanciamenti negli scambi capillari:


➢ Edema = aumento della pressione arteriosa, vasodilatazione, aumento della pressione
venosa, riduzione della pressone colloidoosmotica, deficit del drenaggio linfatico
➢ Effetti opposti: vasocostrizione o deidratazione
NB: drenaggio linfatico
L’edema si manifesta quando vi è un malfunzionamento del sistema linfatico, che provoca un
eccesso di filtrazione a danno del riassorbimento.
Controllo della microcircolazione:
Vaso di scambio = Capillare con pressione arteriosa in ingresso, pressione venosa in uscita,
pressione idrostatica che facilita la filtrazione e pressione osmotica che ostacola la filtrazione e
favorisce il riassorbimento.
Il controllo del microcircolo è un controllo di tipo nervoso da parte del sistema nervoso autonomo
a livello delle arteriole e delle meta arteriole; controllo nervoso autonimico a cui si somma un
controllo endocrino, ormoni oppure molecole rilasciate dall’endotelio, che vanno a regolare la
muscolatura liscia sottostante, e infine c’è il controllo intrinseco ai vasi (detto anche riflesso di
Bayliss o risposta miogena). CONTROLLO quindi di tre tipi: NERVOSO, UMORALE O INTRINSECO
(controllo che hanno la maggior parte dei vasi di modulare il loro diametro in funzione della
pressione).
Fattori che regolano il TONO VASALE, ovvero lo stato di contrazione della muscolatura della parete
dei vasi, che ne determina il calibro.
• tono neurogeno: dipende dalla regolazione nervosa simpatica
• tono basale: livello di contrazione regolato da sostanza rilasciate localmente
Il tono neurogeno va a modulare il tono basale con un’influenza che varia da organo a organo:
o organi con esigenze di perfusione elevate (cervello, reni): hanno uno scarso tono
neurogeno, hanno delle esigenze di perfusione sempre elevate
o organi con esigenze di perfusione variabili (muscolatura scheletrica): hanno un elevato
tono neurogeno perché devono ridistribuire il sangue a seconda delle necessità.
Tutte queste regolazioni sono effettuate su muscolatura liscia. La muscolatura liscia a differenza di
quella striata si contrae grazie a un aumento di calcio, SEMPRE, e la contrazione può essere più o
meno associata ad un evento elettrico (ci sono muscoli lisci che fanno dei potenziali d’azione tipo
pace maker, altri che non fanno veri potenziale d0azione ma delle onde lente a cui possono o no
essere associate delle contrazione).
Concetto importante nella muscolatura liscia per quanto riguarda la regolazione del livello del
tono della muscolatura liscia dei vasi: il calcio è fondamentale per la contrazione perché attiva una
risposta calcio dipendente (che coinvolge la calmodulina, la fonte di calcio è sempre il reticolo o
l’ambiente esterno), attiva la fosfolipasi C e fa contrarre la muscolatura.
L’aumento di calcio attiva la calmodulina, l’aumento di calmodulina va ad attivare la chinasi delle
catene della miosina attivando la miosina fosforilandola e permettendo dunque lo scivolamento
delli filamenti di actina e miosina anche della muscolatura liscia. Quindi questo è uno step calcio-
dipendente che non coinvolge la troponina (a differenza di quello striato).

Il rilassamento si ha se viene smaltito il calcio (proprio come avviene nella muscolatura striata) per
far tornare la calmodulina allo stato inattivo, però l’attivazione è funzione dell’attivazione della
miosina a livello delle catene e durante il rilassamento deve essere attivata la MLCP (fosfatasi delle
catene della miosina). Quindi due step nel rilassamento della muscolatura liscia:
1. Smaltimento calcio
2. Attivazione della fosfatasi delle catene della miosina (MLCP)
Il controllo sul tono neurogeno è legato quindi all’innervazione simpatica, al rilascio di
noradrenalina, a livello dei vasi (i vasi sono l’eccezione dell’innervazione autonoma, perché sono
innervati per lo più dal sistema nervoso simpatico). La noradrenalina provoca la vasocostrizione
ovvero diminuzione del lume interno perché reagisce con i recettori alfa1 sul muscolo liscio
accoppiati alla fosfolipasi C; se invece l’attività di questi neuroni diminuisce la noradrenalina c’è
meno contrazione, quindi aumento del diametro interno e vasodilatazione.
Vasodilatazione e vaso contrazione sono quindi legate alla quantità di noradrenalina.
L’adrenalina, oltre a essere neurotrasmettitore, è anche un ormone rilasciato dalla midollare del
surrene ma ha un effetto più vasodilatatore perché è molto affine ad altri recettori, i beta2 che
sono accoppiati alla PKA, che inibisce l’attivazione della miosina (effetto vasodilatatorio). → tono
neurogeno simpatico
Per quanto riguarda l’effetto degli ormoni e la relazione endotelio/muscolo liscio è molto
importante il rilascio di fattori paracrini dall’endotelio verso la muscolatura, in particolar modo il
rilascio di gas (ossido nitrico) o molecole (endotelina) che hanno effetti opposti sulla muscolatura.
◼ L’ossido nitrico ha un effetto vasodilatatore, quindi rilassa la muscolatura legato al fatto
che il gas passa l’endotelio, passa la membrana e va a produrre il GMPciclico che ostacola
l’attivazione della miosina.
◼ L’endotelina invece ha un effetto di vasocostrittore che si lega a dei recettori sulla
muscolatura che attivano la vaso costrizione.
Chi stimola l’NO e l’endotelina? Numerose molecole, ormoni o sostante presenti nel sangue che
normalmente a livello dell’endotelio grazie alla fosfolipasi C stimolano NO sintasi a produrre NO,
che provoca vasodilatazione e al tempo stesso l’NO ha un effetto paracrina a livello endoteliale di
inibizione di endotelina (perché ha l’effetto opposto).
Uno di questi ormoni è l’angiotensina (prodotto insieme a renina e aldosterone che controllano la
pressione del volume plasmatico) è un potente vasocostrittore che aumenta le resistenze
periferiche a livello della muscolatura dei vasi perché attiva la fosfolipasi C inducendo la
vasocostrizione.
Alcune sostanze: endotelina, ossido nitrico, ossigeno (vasocostrittore), anidride carbonica
(vasodilatatore), adenosina (quando c’è un accumulo di ADP e poco ATP, produce
vasodilatazione), acido lattico (vasodilatatore).
Fattore intrinseco di regolazione → autoregolazione, presente in tutti i distretti circolatori tranne i
polmoni, finalizzato a mantenere costante il flusso d’organo in seguito a variazioni della pressione
arteriosa.
C’è un RANGE di variazione della pressione in cui il flusso dell’organo rimane costante e dipende
da organo a organo.
Alla base dell’autoregolazione c’è la risposta miogena, ovvero la contrazione muscolare provocata
da aumenti della pressione arteriosa indipendentemente dall’innervazione autonoma.
In un sistema autoregolato (come la maggior parte dei vasi) si ha un flusso costante al variare della
pressione in un certo RANGE, importante a livello del glomerulo renale altrimenti aumentando la
pressione arteriosa aumenterebbe anche la filtrazione. Questo non avviene perché il vaso se
aumenta la pressione si distende e si contrae per limitare un eventuale aumento di flusso (questo
è il riflesso di Bayliss o risposta miogena che permettono il mantenimento di un flusso costante).
Questi vasi si chiamano vasi reattivi, il vaso reagisce all’aumentare della pressione costringendosi,
quindi diminuisce il raggio, la resistenza aumenta e il flusso rimane costante.
F = variazione di pressione/ raggio
Processo intrinseco!
METARTERIOLE

NERVOSO SNA

ARTERIOLE

CATABOLITI DA LAVORO

CONTROLLO
UMORALE FATTORI ENDOTELIALI
TONO VASALE

ORMONI

RIFLESSO DI BAYLISS RISPOSTA MIOGENA

RELAZIONE PRESSIONE-FLUSSO IN VASI PASSIVI E REATTIVI

VASO DI TIPO REATTIVO (es. vasi renali) = il flusso viene mantenuto costante al variare della
pressione.

• Dopo un iniziale aumento, F tende a stabilizzarsi


• Il vaso reagisce all’aumento di P costringendosi:
DIMINUZIONE raggio del vaso – AUMENTO resistenza = FLUSSO COSTANTE

F = ΔP/R
VASO DI TIPO PASSIVO (es. vasi polmonari) = il flusso aumenta all’aumentare della pressione.

• Tipico dei vasi elastici

CONTROLLO LOCALE
Una variazione di pressione parziale dei gas O2 e CO2 a livello vasale può portare a una variazione
di flusso chiamata IPEREMIA.
L’iperemia (aumento del flusso di sangue al tessuto) può essere di 2 tipi:

• Iperemia attiva
• Iperemia passiva

IPEREMIA ATTIVA

• Aumento del flusso di sangue al tessuto conseguente all’aumento dell’attività metabolica


del tessuto
• Aumento di flusso, di conseguenza aumento di apporto di O2
• L’ossigeno sul vaso agisce da vasocostrittore
• In ATTIVITA’ METABOLICA NORMALE la quantità di ossigeno rilasciata nell’interstizio è in
equilibrio con la quantità di ossigeno che viene captata dalle cellule
• Nel caso di AUMENTATA ATTIVITA’ METABOLICA del tessuto la pressione parziale
dell’ossigeno nell’interstizio diminuisce perché ne viene rilasciato meno di quanto ne viene
captato dalle cellule.
La diminuzione della pressione parziale dell’ossigeno provoca una vasodilatazione in modo
tale che un maggior flusso determina un nuovo equilibrio tra quantità di ossigeno che
viene rilasciata nell’interstizio e quantità che viene captata dalle cellule.
Viene ristabilito l’equilibrio tra quantità di ossigeno rilasciato nell’interstizio e quantità di
ossigeno captata dalle cellule.

IPEREMIA REATTIVA

• Aumento del flusso di sangue al tessuto conseguente a un’occlusione vasale


• L’occlusione vasale provoca un accumulo di CO2, cioè la quantità di CO2 rimossa è minore di
quella rilasciata dalle cellule
• L’aumento della concentrazione di CO2 agisce da vasodilatatore
• La vasodilatazione provoca l’aumento del flusso sanguigno e aumenta la quantità di CO 2
rimossa dai dai tessuti

Viene ristabilito l’equilibrio tra quantità di CO2 rimossa dai capillari e quantità di CO2
rilasciata dalle cellule.

CONTROLLO CARDIOVASCOLARE
Il sistema cardiovascolare è importante per:
• Mantenimento della pressione arteriosa (Pa) e gettata cardiaca (GC) costanti e sufficienti
per un’adeguata filtrazione capillare e flusso cefalico
• Distribuzione del flusso ai distretti tessutali in funzione delle necessità

Il controllo cardiovascolare avviene attraverso il controllo di alcuni parametri:

• Gittata cardiaca
• Pressione venosa
• Pressione arteriosa
REGOLAZIONE INTRINSECA DELLA GETTATA SISTOLICA

• La gettata sistolica è regolata intrinsicamente dalla legge di Frank-Starlig per cui la gettata
sistolica è direttamente proporzionale al volume telediastolico di riempimento del
ventricolo.

AUMENTO RITORNO VENOSO AUMENTO GITTATA SISTOLICA


NB. A differenza del muscolo scheletrico che lavora vicino alla sua lunghezza ottimale, le fibre
miocardiche del cuore normale hanno una lunghezza inferiore rispetto a quella ottimale per la
contrazione. Il muscolo cardiaco ha quindi una grossa quantità di energia potenziale che può
utilizzare per adattare la sua attività alle variazioni di volume telediastolico.

REGOLAZIONE ESTRINSECA DELLA GITTATA CARDIACA

BLU = innervazione parasimpatica


a livello nodulare

ROSSO = innervazione simpatica a


partire dai gangli cervicali delle
regioni nodali e dei miociti di
lavoro
• Regolazione estrinseca nervosa della gittata sistolica e cardiaca
• Controllo operato dal sistema nervoso autonomo della branca simpatica e parasimpatica
La regolazione della gittata avviene a livello nodale modulando la frequenza cardiaca in senso
positivo per il simpatico (effetto cronotropo positivo) e negativo per il parasimpatico (effetto
cronotropo negativo).
Questo è dovuto soprattutto all’innervazione della regione pacemaker, quindi ad un aumento o
diminuzione dell’attività intrinseca elettrica della frequenza delle cellule nodali, strettamente
correlata all’aumento o diminuzione della corrente del pacemaker.
MODULAZIONE FREQUENZA = MODULAZIONE GITTATA CARDIACA = MODULAZIONE GITTATA
SISTOLICA
L’uscita autonomica è regolata da un centro di controllo bulbare (a livello del bulbo):
NUCLEO DEL TRATTO SOLITARIO = rappresenta la stazione in cui arrivano le informazioni dai
barocettori a livello del seno aortico e carotideo, dai recettori muscolari, dal cervelletto,
dall’ipotalamo e dalla corteccia (informazioni periferiche e centrali) per poi generare un output
che va a modulare l’uscita, tramite il nucleo ambiguo, vagale o l’uscita simpatica, che vanno a
modulare l’attività cardiaca e le resistenze periferiche a livello delle arteriole.
REGOLAZIONE DELLA PRESSIONE ARTERIOSA
La pressione è il flusso per una resistenza GT = gittata cardiaca
Pa = GT × RPT RPT = resistenze periferiche

La Pa è direttamente proporzionale al prodotto della gittata cardiaca per le resistenze periferiche.

Il ventricolo spinge il sangue nelle arterie, che hanno un diametro variabile. Il flusso per arrivare a
tutti i tessuti deve vincere le resistenze periferiche (muscolatura liscia delle arteriole)
DETERMINANTI DELLA PRESSIONE ARTERIOSA
FATTORI FISIOLOGICI FATTORI FISICI

• Gittata cardiaca • Volume ematico


(gittata sistolica SV × freq. Cardiaca Fc ) • Compliance arteriosa (elasticità dei vasi)
• Resistenze periferiche
IN PARTICOLARE…
La pressione arteriosa dipende da: gittata cardiaca (frequenza per gittata sistolica) e resistenze
periferiche (ossia il diametro delle arteriole) che sono due parametri fisiologici e poi dipende dal
volume. In particolare, la volemia si controlla attraverso un bilancio tra l’assunzione e
l’eliminazione di liquidi. L’assunzione è determinata dalla sete e invece l’eliminazione può essere
passiva (attraverso la sudorazione), ma anche altamente regolata dai reni.
È importante anche considerare la distribuzione di sangue tra arterie (che sono serbatoi di
pressione) e vene (che sono serbatoi di volume), infatti dobbiamo tener conto dell’elevata
distendibilità delle vene, che servono per ospitare grosse quantità di volume e un corretto ritorno
venoso al cuore.
Nel grafico sottostante vediamo l’andamento della pressione tra fase diastolica e sistolica, con un
valore minimo e uno massimo e con un’incisura che coincide con la chiusura delle valvole
semilunari. La velocità con cui la pressione scende durante la diastole dipende da una costante di
tempo (tau) che è data dal prodotto di R (resistenze periferiche totali) per C (la compliance
arteriosa, ossia la distendibilità del vaso).

La pressione sistolica dipende dalla gittata (un aumento della gittata porta ad un aumento della
pressione sistolica), invece la pressione diastolica dipende dal ritorno elastico della parete
arteriosa e dalle resistenze periferiche (un aumento delle resistenze periferiche porta ad un
aumento della pressione arteriosa). Per quanto riguarda il ritorno elastico della parete arteriosa
dobbiamo invece ricordare l’effetto windkessel. Infatti, i grossi vasi arteriosi durante la sistole
accumulano energia potenziale che poi è trasformata in energia cinetica per permettere durante
la diastole un flusso continuo. La compliance del vaso incide quindi sulla pressione diastolica.
Si parla anche di pressione arteriosa media (PAM) e si calcola come la somma tra la pressione
diastolica e 1/3 della pressione differenziale (o pulsatoria), cioè la differenza tra la pressione
sistolica e quella diastolica.
Nel grafico vediamo: in rosso
l’andamento della pressione nel
ventricolo, nelle arterie, nelle
arteriole, nei capillari e nelle
venule. La pressione pulsatoria è
nel ventricolo e nelle grosse
arterie e poi cala nelle arteriole a
causa dell’aumento delle
resistenze periferiche. Vediamo
che la PAM si trova circa ad un
terzo della pressione differenziale
(rappresentata da una linea sottile
rossa).

La pressione viene controllata tramite dei circuiti di controllo a feedback negativo. In particolare,
la pressione arteriosa (che è un parametro) è monitorata da sensori, detti barocettori, che devono
essere situati a livello del sistema circolatorio in punti strategici, ossia a livello dell’arco aortico e
del seno carotideo. Essi sono punti strategici perché sono: il primo un punto all’uscita del
ventricolo sinistro e il secondo si trova a livello della biforcazione delle carotidi per l’irrorazione
della testa e del cranio. Questi sensori devono mandare informazioni a dei centri di controllo come
il centro di controllo cario-vascolare a livello bulbare, ma anche ai centri superiori, come
l’ipotalamo che con il cervelletto e la corteccia è importante nel controllare molti parametri
corporei, tra cui la pressione arteriosa appunto. Questi centri regolatori ricevono il segnale
periferico, il segnale di riferimento e viene rilevato o meno un segnale di errore, per cui si innesca
una risposta mirata a compensare quell’errore e riportare il parametro al valore normale.
Questo sistema a feedback, detto riflesso barocettivo, è una risposta molto veloce, infatti è un
riflesso ed è un meccanismo a breve termine del controllo della pressione arteriosa. Ha azione
rapida e va incontro ad adattamento, quindi la risposta si attenua in modo totale o parziale in
tempi brevi. Infatti, l’importanza di questo riflesso è quello di smorzare delle oscillazioni e non di
controllare a lungo termine la pressione arteriosa. I recettori coinvolti sono i barocettori a cui si
aggiunge il lavoro dei volocettori (rilevano il volume plasmatico) e dei chemocettori (rilevano le
pressioni parziali dei gas).

I barocettori arteriosi, come


vediamo, sono strategicamente
localizzati per controllare la
pressione arteriosa media nelle
arterie che attraversano
l’encefalo (barocettore del
seno coronarico) e il resto del
corpo (barocettore dell’arco
aortico).
I barocettori sono neuroni sensoriali che rilevano oscillazioni della pressione nel vaso, quindi
hanno un terminale assonico che avvolge il vaso e l’altro terminale assonico che porta
l’informazione a livello dei centri superiori, ossia a livello del centro regolatore cardio-vascolare nel
bulbo, nel midollo allungato. Questo permette di controllare la P del sangue diretto all’encefalo,
piuttosto che del sangue diretto al resto del corpo.
Il centro di controllo cardiovascolare riceve informazione dai barocettori aortici carotidei e anche
dai chemocettori aortici e carotidei, che sono situati sempre nelle regioni dell’arco aortico e del
seno carotideo. I chemocettori sono importanti perché rilevano le pressioni parziali dei gas, di CO2
(controllano quindi anche il pH sanguigno) e di O.

Nel grafico a lato vediamo come la


frequenza di scarica dei neuroni
afferenti, che ricevono un segnale
da un barocettore del seno
carotideo, aumenta all’aumentare
della pressione arteriosa media.
Questo significa che la frequenza di
scarica è indice della pressione
arteriosa media all’interno del vaso
e c’è diretta proporzionalità.

I barocettori sono molto sensibili alla velocità di cambiamento della pressione arteriosa, dunque
questo riflesso risponde meglio a rapide oscillazioni della pressione arteriosa media, piuttosto che
a pressioni elevate ma stazionarie.
Essi infatti presentano un adattamento, quindi se c’è aumento costante della P arteriosa, la loro
frequenza di scarica si adatta al nuovo valore. A questo punto c’è un resetting recettoriale, nel
senso che i barocettori risponderanno a oscillazioni attorno a questo nuovo valore.
Questo è chiamato anche meccanismo di accomodazione del riflesso barocettivo: se la pressione
arteriosa si alza, i barocettori modificano la loro risposta in modo che il loro punto di lavoro
rimanga nella parte di massima pendenza della relazione stimolo-risposta.
Verrà privilegiata l’uscita simpatica o parasimpatica a seconda che si ha un abbassamento o un
innalzamento della pressione. Al controllo nervoso autonomico si somma quello ormonale da
parte dei centri ipotalamici. Per esempio, se ci fosse un aumento della pressione arteriosa, quindi
un aumento anche della frequenza di scarica, si innesca il riflesso per riportare la pressione a valori
normali. Infatti, c’è un punto detto riflesso barocettivo, che coinvolge il centro cardio-vascolare
bulbare, il quale se c’è stato un aumento della P, genera una risposta sbilanciando l’innervazione
simpatica e parasimpatica. Si avrà allora una diminuzione dell’attività simpatica e un aumento
dell’attività parasimpatica (questo nel caso in cui c’è stato aumento della pressione).
Dunque: c’è una perturbazione, un aumento della pressione, il vaso si stira a livello dell’arco
aortico e del seno carotideo quindi i terminali assonici dei barocettori sono stimolati e aumenta la
loro frequenza di scarica al centro cardio-vascolare bulbare. Quest’ultimo risponderà con una
diminuzione dell’attività simpatica e un aumento di quella parasimpatica.
Diminuire il simpatico significa che ci sarà una diminuzione del rilascio di noradrenalina a livello
dei vasi. Dato che la noradrenalina agisce da vaso costrittore, quindi aumenta la resistenza
periferica, minor rilascio di noradrenalina, significa minor effetto a livello periferico e quindi
diminuzione delle resistenze periferiche totali e di conseguenza della pressione arteriosa.

I recettori beta 1 (adenilato ciclasi) hanno effetti inotropi e cronotropi positivi. In linea di massima
vi è meno attività simpatica (quindi minor forza di contrazione e minor gittata sistolica e cardiaca).
I beta 1 innervano anche le regioni nodali e di conseguenza diminuisce l’effetto sulla corrente
pacemaker, quindi si crea un effetto bradicardico (diminuzione frequenza e gittata cardiaca).

Una perturbazione che porta ad un aumento della pressione arteriosa media innesca una risposta
molto veloce. Questa risposta induce una diminuzione:
- dell’innervazione simpatica a livello dei vasi
- dell’effetto vaso costrittore
- delle resistenze periferiche
- della pressione
Si ottiene così una minor innervazione a livello cardiaco, quindi effetti negativi sulla gittata. Di
nuovo viene riportata la pressione a livelli normali mediante meccanismi a feedback.

Allo stesso modo viene aumentata l’attività parasimpatica al cuore.


L’aumento dell’attività parasimpatica innesca l’innervazione dei vasi, solo a livello nodale del
cuore. Si crea così un effetto bradicardico, che consiste nella modulazione negativa della corrente
pacemaker tramite recettori muscarinici insieme all’ attivazione dei canali del potassio (K-ch) che
causano una diminuzione della frequenza cardiaca, quindi anche una diminuzione della gittata e
della pressione arteriosa.

Ciò che è appena stato descritto fa riferimento ad una risposta di brevi secondi che si verifica in
seguito ad un’oscillazione veloce della pressione.

Riflesso all’ipotensione ortostatica


Nel caso di un riflesso all’ipotensione ortostatica vi è una tendenza ad accumulare sangue negli
arti inferiori, quindi si ha una diminuzione:
- del ritorno venoso
- della gittata cardiaca
- della pressione arteriosa → ristagno di sangue a livello degli arti inferiori.

Si innesca un riflesso veloce, analogo a quello precedentemente descritto, solo che in questo caso
la diminuzione della pressione rilevata dai varo recettori a livello dell’arco aortico e del seno
carotideo, porta il barocettore a diminuire la sua frequenza di scarica, quindi informazione viene
portata al centro cardiovascolare bulbare che risponde diminuendo il parasimpatico e stimolando
l’attività simpatica. Il processo avviene secondo lo schema descritto prima, solamente che in
questo caso avviene in senso opposto.

Il riflesso barocettivo all’ipotensione ortostatica è fondamentale per il controllo a breve termine.


Esistono meccanismi di controllo a lungo termine (meccanismo di controllo endocrino della
pressione) dovuti ad ormoni come l’adrenalina.

L’adrenalina è sia un neurotrasmettitore, che un ormone. È un ormone perché viene liberata dalla
midollare del surrene sotto stimolazione dei neuroni pre-gangliari simpatici e inizia poi a circolare
nel sangue.
Rispetto alla noradrenalina ha un effetto vasodilatatorio, perché è molto affine ai recettori beta 2
adrenergici che causano vasodilatazione.
Come la noradrenalina può avere un effetto vasocostrittore. Inoltre, vista l’elevata affinità per i
beta due, porta vasodilatazione inibendo il meccanismo classico di attivazione della miosina nel
muscolo liscio (a livello delle arteriole) che è quello mediato dalla fosforilazione delle catene
leggere della miosina.

Un altro sistema importante è il RAS (Renina Angiotensina Aldosterone)


Coinvolge una cascata di ormoni:
- Renina
- Angiotensina
- Aldosterone

Questo sistema viene attivato in particolar modo quando vi è un abbassamento della pressione
arteriosa. Grazie a questo sistema ormonale che innesca una risposta multipla, si ha come
conseguenza una vasocostrizione e un aumento del volume plasmatico. Il tutto si innesca in una
regione precisa del nefrone a livello dei reni.

La regione del nefrone rileva il contenuto di sodio nel tubulo del nefrone stesso e funge anche da
indice della pressione arteriosa e del volume del liquido extracellulare.
Quindi è un sistema ormonale che ha origine a livello renale in risposta alla rilevazione
dell’abbassamento del contenuto di sodio cloruro nel tubulo del nefrone, che è sintomo di un
abbassamento della pressione arteriosa.

La renina viene librata, entra in circolo e converte l’angiotensinogeno prodotto dal fegato in
angiotensina 1 (ormone inattivo).
L’angiotensina 2 (ormone attivo) è invece generato a livello polmonare grazie all’ enzima ACE
(Angiotensin-Converting Enzyme). L’ormone è un potente vasocostrittore come la noradrenalina.
A livello della muscolatura liscia delle arteriole si trovano numerosi recettori per l’angiotensina 2
che sono normalmente accoppiati al plateau della fosfolipasi C e l’angiotensina due stimola
l’aumento di calcio, quindi induce una contrazione della muscolatura liscia basale e di
conseguenza vasocostrizione.
Un aumento della vasocostrizione porta aumento delle resistenze periferiche, quindi ad un
aumento della pressione arteriosa.
Questo controllo a feedback permette all’angiotensina di compensare la variazione iniziale.
L’angiotensina stimola inoltre la corticale del surrene (la corticale del surrene ha il compito di
produrre ormoni steroidei→ glucocorticoidi e mineralcorticoidi).

L’aldosterone (mineralcorticoide) è un ormone il cui rilascio è stimolato dall’ angiotensina in


condizione di abbassamento della pressione arteriosa e di diminuzione volume plasmatico. Agisce
a livello renale in determinate porzioni del tubulo del nefrone stimolando il riassorbimento di
sodio e acqua.
Ha il compito di aumentare il volume plasmatico e quindi di compensare la variazione iniziale che
ha innescato questa risposta ormonale.
Al tempo stesso viene stimolata la ritenzione di acqua.
È coinvolto l’ormone antidiuretico che viene liberato dalla neuroipofisi e stimolato dall’
angiotensina. L’antidiuretico va a stimolare il riassorbimento selettivo di acqua dal tubulo
aumentando la ritenzione e ciò contribuisce a compensare appunto gli stimoli iniziali che hanno
innescato la risposta a feedback di natura ormonale.

Riassumendo: Diminuzione della pressione arteriosa→ vasocostrizione grazie ad angiotensina→


aumento volemia dovuto alla liberazione di aldosterone e ADH → stimolazione centri della sete a
livello centrale.

Meccanismi a lungo termine → ormonali, adrenalina, sistema RAS, ormone antidiuretico, peptide
natriuretico atriale.
Il peptide natriuretico atriale viene rilasciato dai miociti atriali a livello dell’atrio cardiaco in seguito
alla distensione dell’atrio grazie all’aumento del ritorno venoso (i miociti rilasciano ANP). Si ha
quindi una riduzione della pressione arteriosa e della volemia agendo a livello renale dove invece
stimola la diuresi. Ha effetti opposti a quelli della renina, dell’ADH e dell’aldosterone.
Il rilascio di ANP va ad inibire anche il rilascio degli ormoni con effetti opposti, come il sistema RAS
Il peptide natriuretico atriale rilasciato dallo stiramento dell’atrio destro provoca un aumento di
volume e viene quindi rilasciato dal miocardio creando effetti opposti all’ angiotensina, all’
aldosterone e al sistema RAS agendo a livello renale.

Centro cardiovascolare bulbare → regola l’uscita vagale e simpatica, quindi noradrenalina e


acetilcolina.
Si crea ipotensione, perdita di volume e vasodilatazione. Il riflesso barocettivo stimola nel caso di
ipotensione, l’efferenza simpatica e limitata l’efferenza vagale (aumento frequenza cardiaca).
Al tempo stesso stimolando la midollare si rilascia adrenalina e noradrenalina a livello periferico.
Un abbassamento della pressione rilevato a livello renale con la liberazione di renina, angiotensina
e aldosterone innescando il sistema RAS.

Fattori determinanti nella modulazione della pressione arteriosa:


- Frequenza
- Forza
- Volume
- Resistenza

La pressione è proporzionale ad un flusso (gittata cardiaca) per una resistenza (resistenza totale)
Pressione=gittata cardiaca x frequenza
Pressione=gittata sistolica x frequenza
La Gittata sistolica dipende dalla forza e dal ritorno venoso
Il ritorno venoso dipende da distensibilità del distretto venoso, volume sangue circolante

Sono tutti parametri controllati da fattori neuroumorali e vascolari.


Tutti i sistemi di controllo interagiscono in un continuo controllo della pressione arteriosa come
parametro chiave della attività del nostro sistema cardio vascolare

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