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IL SISTEMA CARDIO-VASCOLARE
Il cuore è il centro, la pompa, del sistema cardiocircolatorio che permette di generare un gradiente
di pressione, una forza che spinge il flusso all’interno dei vasi.
❖ Cuore (2 pompe →una parte destra e una sinistra) e vasi sanguigni (vene →portano
sangue al cuore, arterie →portano il sangue dal cuore al resto del corpo)
❖ Trasporto del sangue in tutte le parti del corpo in due circoli: polmonare (a bassa
pressione) e sistemico (resto del corpo)
❖ Col sangue vengono trasportati nutrienti, vitamine, ioni, e acqua assorbiti dal sistema
digerente; O2 diffuso dai polmoni, CO2 diffuso dal metabolismo dei tessuti, ormoni secreti
dal sistema endocrino ai bersagli specifici.
È costituito da 4 camere →atrio e ventricolo destro, e atrio e ventricolo sinistri.
Gli atri comunicano con i sottostanti ventricoli, ma non tra di loro.
Le vene cave portano il sangue refluo all’atrio destro, che poi passa al ventricolo destro, dove
viene spinto nell’arteria polmonare e arriva ai polmoni.
Il sangue ossigenato arriva poi all’atrio sinistro tramite la vena polmonare, passa al ventricolo
sinistro e viene spinto nell’aorta dove viene pompato in tutto l’organismo.
Il cuore è rivestito da una membrana connettivale che prende il nome di epicardio, che lo riveste.
Tra pericardio e cuore esiste un sottile “strato” di liquido che limita l’attrito durante le contrazioni
cardiache.
Le pareti cardiache sono formate da 3 strati distinti:
1. Endocardio: strato più interno, tessuto epiteliale che delimita l’intero sistema circolatorio.
2. Miocardio: lo strato più spesso, contenente il muscolo cardiaco.
3. Epicardio: membrana esterna sottile attorno al cuore
CONDUZIONE
Senza un’attività elettrica non si
genera un’attività contrattile.
In arancione possiamo vedere il
nodo del seno (o pacemaker
principale o segnapasso) e il suo
potenziale d’azione che non
presenta una fase di riposo
(autoritmico).
Il cuore grazie a questa regione, e alle regioni secondarie può generare un segnale elettrico in
modo autonomo, indipendentemente dall’innervazione simpatica e parasimpatica.
I due atri presentano un classico potenziale d’azione atriale.
Il potenziale d’azione del nodo atrioventricolare (si trova nella giunzione tra atrio e ventricolo)
assomiglia molto a quello del pacemaker principale.
C’è un minimo di ritardo tra i vari potenziali in quanto il segnale si origina dal nodo del seno e poi
si propaga fino ad arrivare ai ventricoli.
La frequenza cardiaca in questi casi non è più dei ventricoli (ritmo sinusale), ma diventa la
frequenza del NAV (ritmo nodale).
Le velocità di conduzione nelle varie strutture sono diverse, ma la durata totale dell’eccitazione dei
miociti va dai 200 ai 400 ms.
La conduzione è modulata dall’innervazione del sistema nervoso autonomo.
• SIMPATICO →effetto dromotropo positivo (diminuisce il tempo di conduzione AV)
• PARASIMPATICO →effetto dromotropo negativo (aumenta il tempo di conduzione AV )
La regione pacemaker è quella regione caratterizzata da cellule con forma diversa rispetto alle
cellule ventricolari e atriali. Hanno attività elettrica auto-ritmica particolare con una fase di
depolarizzazione lenta che porta alla soglia del potenziale d’azione. Hanno la funzione di segna
passo
Le cellule atriali e ventricolari non sono auto-ritmiche. Hanno un potenziale di riposo e saranno a
riposo fino a che lo stimolo elettrico non raggiunge queste regioni portandole a soglia del
potenziale d’azione. Sono omiociti di lavoro.
Il tessuto di lavoro è il miocardio comune atriale e ventricolare:
- Funzione contrattile (principale)
- Trasmissione dell’impulso elettrico attraverso gap-junction (sincizio funzionale) a velocità
di 0,3-0,5 m/sec
Il tessuto nodale e di conduzione comprende le fibre miocardiche specializzate (miocardio
specifico) con proprietà di auto-eccitabilità ritmica ed alta conducibilità dello stimolo elettrico
(0,02-4 m/sec)
Elettrofisiologia cardiaca
(a) La fase di riposo (4) è determinata dalla corrente Ik1 è una corrente uscente sopra lo zero,
canale (di potassio) aperto in diastole, che mantiene il potenziale negativo nelle cellule. Durante la
fase di plateau questo canele non conduce. Comincia a condurre corrente durante la fase
terminale della ripolizzazione cardiaca (picco) per poi ricondurre durante la fase di riposo.
Questo canale è praticamente assente nelle cellule nodali (b) e permette a queste cellule di avere
il potenziale diastolico massimo un po’ più depolarizzato.
La fase di genesi del potenziale nelle cellule ventricolari è molto veloce, mentre è più lenta in
quelle nodali perché nelle cellule ventricolari questa fase è sostenuta principalmente dal canale
del sodio, che manca in quelle nodali, il cui potenziale è sostenuto dal canale del calcio ad alta
soglia, voltaggio-dipendente responsabile della fase zero. C’è anche nelle cellule ventricolari.
Nelle cellule nodali è presente un altro canale del calcio di tipo T, poco espresso nelle cellule
ventricolari. Il canale si attiva con potenziali più negativi e ci permettere di raggiungere la soglia e
far partire il potenziale. Il canale più importante è il canale pacemaker e conduce la corrente If,
che manca in quelli ventricolari.
A. Il punto di intersezione degli assi è indice della terminabilità (circa -70). È un canale di
potassio ed ha un rettificatore entrante. Questo canale conduce bene al di sotto al
potenziale di inversione quando la corrente è entrante. Quando siamo sopra al potenziale
di inversione la corrente è uscente, ma la conduttanza va praticamente a zero.
B. A livello fisiologico il canale però conduce una corrente uscente, durante la fase di riposo.
Quando parte il potenziale d’azione a livello ventricolare il potenziale di membrana
depolarizza e il canale non conduce più, dovuto al fatto che il poro che fa passare il
potassio è ostruito dal lato intracellulare da cationi (polammine, calcio, magnesio). Man
mano che il potenziale di membrana torna negativo, il poro viene sbloccato e, diventando
di nuovo conduttivo, partecipa a ripolarizzare il potenziale di membrana con un picco di
corrente
Organizzazione cellule nodo seno-atriale (cellule pacemaker)
La corrente pacemaker è tipica di queste cellule, definite cellule principali che si trovano sotto
all’imbocco della vena cava, diverse però dalle cellule di transizione. Le cellule pacemaker sono in
numero molto ristretto
Tessuto Miocita
Potenziale d’azione
If pacemaker
È un canale cationico misto voltaggio-dipendente, si attiva in iperpolarizzazione (più va negativo il
potenziale diastolico massimo più si attiva) e conduce una corrente lenta. Essendo misto non è
così selettivo come gli altri, cioè è permeabile sia a sodio che potassio. È direttamente modulato
dall’ente ciclico, che modifica la curva di attivazione, cioè aumenta la probabilità di apertura del
canale.
La modulazione del nodo seno- atriale andrà a modulare la frequenza cardiaca, mentre quella del
nodo atrio-ventricolare la conduzione.
Elettrocardiogramma (ECG)
È importante conoscerne alcune nozioni, perché sono indicative dell’attività elettrica del
miocardio.
Osserviamo diverse onde, registrazioni della successione di eventi che succedono a livello del
miocardio, che sono il susseguirsi dell’onda di propagazione a partire dalla regione pacemaker,
all’apice del cuore e a tutta la parete ventricolare.
Si tratta quindi di un segnale elettrico, rilevato in diverse regioni del corpo che rispecchia l’attività
elettrica del miocardio stesso.
Essendo un sincizio, il potenziale d’azione si propaga come a livello dei neuroni. Cioè si propaga
lungo l’assone in modo passivo. Vi è un flusso ionico a partire dalla regione eccitata che si propaga
longitudinalmente e c’è un po’ di dispersione trasversale se non è presente l’anilina. Questa
propagazione, che porta a soglia i seguenti successivi dell’assone, è una propagazione in funzione
solamente delle proprietà passive della membrana dell’assone neuronale.
La stessa cosa succede a livello del miocardio: dalla regione sorgente, che genera il potenziale
d’azione, questo si deve propagare nel tessuto, che fa da pozzo. Cioè il flusso ionico generato a
livello della sorgente deve essere largamente sufficiente ad eccitare tutto quello che dipende dalla
sorgente che chiamiamo pozzo.
Quindi il flusso ionico della regione delle cellule nodali eccitate, nell’insieme delle cellule che
costituiscono la sorgente, si propaga longitudinalmente lungo le gap junctions portando a soglia
aree successive. È importante che questo flusso, sempre longitudinalmente, porti a soglia tutto il
tessuto nonostante ci sia una perdita di carica, rappresentata nei miociti di lavoro soprattutto
dalla presenza di questi canali aperti (IK1= nell’immagine gialli). L’IK1 è un canale normalmente
aperto nei miociti ventricolari, esso causa una fuoriuscita di potassio che mantiene il potenziale di
membrana negativo. Quindi è importante che (il pozzo) il carico elettrico che grava sulla sorgente
non sia eccessivo, altrimenti man mano lo stimolo cadrebbe se non venisse rigenerato in modo
costante il potenziale d’azione, grazie ai canali del sodio voltaggio dipendenti poi rischierebbe di
attenuarsi a causa delle proprietà passive della membrana e dunque rimanere uno stimolo sotto
soglia.
Ovviamente questo non succede perché c’è un fattore di sicurezza: cioè il rapporto tra la carica
della sorgente, rispetto al carico minimo del pozzo, è largamente maggiore di uno. Ciò vuol dire
che il flusso ionico generato da un’area liminare della sorgente (il flusso ionico longitudinale che si
propaga lungo il pozzo) è largamente maggiore rispetto a quello che serve al pozzo per generare
un potenziale d’azione; quindi nonostante la perdita di carica trasversale dovuta alla presenza del
canale IK1, normalmente aperto nei miociti ventricolari.
La sorgente è quell’area liminare, quella sorgente minima in grado di eccitare il pozzo. C’è un
fattore di sicurezza minimo a livello dei nodi e il nodo atrio ventricolare è la regione a maggior
rischio di blocco per il minor fattore di sicurezza. Il pozzo invece presenta il carico che viene
imposto alla sorgente, quindi il numero di cellule accoppiate elettricamente che gravano sulla
sorgente. Normalmente la direzione dell’impulso è unicamente ortodromica (in avanti), può
diventare antidromica (l’impulso torna indietro) quando la sorgente è piccola e il carico molto
elevato e ciò potrebbe causare disturbi del ritmo. Il fattore di sicurezza che ci permette di non
avere problemi, quello che serve per eccitare il pozzo, deve essere inferiore a quello che può
generare la sorgente. Il fattore di sicurezza diminuisce se aumenta il carico e quindi il pozzo,
oppure se c’è una bassa eccitabilità del pozzo; è un bilancio fine tra quello che può generare la
sorgente e quello di cui necessita il pozzo, cioè il restante miocardio per l’eccitazione.
Accoppiamento eccitazione –contrazione
Se pensiamo alla parte elettrica, quindi al potenziale d’azione ventricolare e ai diversi canali che
contribuiscono alla genesi di questo potenziale d’azione, da esso poi si genera un segnale di
contrazione e rilassamento.
(immagine: traccia rossa= elettrica / traccia blu= meccanica)
Questo accoppiamento eccitazione e contrazione, indica l’accoppiamento tra attività elettrica e
attività contrattile.
Il termine accoppiamento eccitazione-contrazione riguarda quel meccanismo che induce la
contrazione dei miociti (o della muscolatura scheletrica perché avviene la stessa cosa), cioè tutto
quell’insieme di meccanismi che permettono ai miociti ventricolari di generare forza.
L’unità funzionale è il sarcomero, che è costituito da filamenti di actina e miosina che vanno a
costituire le bande I (di filamenti sottili), le bande A (di filamenti spessi), la banda Z che delimita il
sarcomero vero e proprio e la banda M centrale.
È importante sottolineare che a livello delle bande Z appaiono delle invaginazioni della membrana
plasmatica che prendono il nome di TUBULI T. La membrana plasmatica e quindi l’ambiente
extracellulare viene in stretto contatto anche con le zone interne dei miociti, come avviene anche
nella muscolatura scheletrica. Si creano dunque queste unità funzionali tra tubulo T che si invagina
e il reticolo endoplasmatico o sarcoplasmatico (azzurro nell’immagine).
Si formano quindi delle unità chiamate triadi, cioè l’insieme di tubulo t + 2 cisterne di reticolo.
Le proteine che stanno sulla membrana plasmatica del tubulo t vengono in stretto contatto con
altre proteine sulla membrana del reticolo sarcoplasmatico (membrane non totalmente adese, vi è
un piccolo spazio). La triade è interconnessa con l’unità funzionale che è il sarcomero. I tubuli t si
trovano a livello delle bande Z.
FILAMENTO SOTTILE
I filamenti sottili sono composti da actina G che va a
formare le doppie eliche di actina F.
Non vi è solo l’actina, bensì anche la tropomiosina e
la troponina. La tropomiosina è una proteina
filamentosa che si avvolge con un certo passo
attorno alle actine G. La troponina è costituita da tre
subunità: C, I, e T (TnC, TnI e TnT) dove la C è
fondamentale perché è l’unica componente proteica
dell’apparato contrattile in grado di legare il calcio.
La troponina T è così definita perché interagisce con
la tropomiosina e I sta per inibitoria. Il filamento
sottile è quindi composto da una proteina globulare
cioè la troponina e una proteina filamentosa cioè la
tropomiosina che si va ad avvolgere a due filamenti
di actina F.
FILAMENTO SPESSO
Il filamento spesso è costituito da miosina ed è formato da una coda, un collo e una testa che è
molto importante perché è la zona con attività ATPasica. Normalmente la testa non interagisce
con il filamento sottile quando il calcio citosolico è basso. La testa del filamento spesso presenta
un sito di legame per l’actina e uno per l’ATP.
Il filamento spesso è formato da due catene polipeptidiche, una coda, una testa e un collo. Più
filamenti di miosina si aggregano formando un fascio le cui teste sono leggermente sfasate ed
escono dal filamento spesso pronte a interagire con il filamento sottile.
Ci sono altre proteine nell’apparato contrattile a parte l’actina e la miosina, che sono la titina, la
componente elastica importante per mantenere in sede il filamento spesso all’interno del
sarcomero e anche la nebulina, importante per quanto riguarda i filamenti sottili.
PROTEINE MUSCOLARI
Troponina e tropomiosina hanno attività regolatoria perché la tropomiosina impedisce
estericamente l’interazione tra actina e miosina, mentre la troponina è in grado di legare il calcio e
grazie a questo legame liberare il sito di attacco tra actina e miosina.
Nebulina= controlla il numero di monomeri di actina G che vanno a formare l’actina F.
Alfa actinina= ancora i filamenti sottili. Insieme alla titina è molto studiata per le patologie legate a
queste due proteine.
Miomesina= proteina che appartiene alla linea M, cioè quella centrale del sarcomero ed è un
punto di ancoraggio della titina.
Dunque il sarcomero è composto da numerose proteine, non solo da actina e miosina.
Nella contrazione muscolare una fibra muscolare lunga 5 cm diventa di 4 cm, c’è un accorciamento
del 20%.
Ruolo del calcio extracellulare: nel muscolo cardiaco è molto importante, a differenza di quello
scheletrico, in questo muscolo ci sono segnali di contrazione e ogni tot viene rimosso il calcio
nell’ambiente extracellulare, quando viene rimosso non c’è contrazione.
L’andamento della forza in funzione del potenziale è speculare alla probabilità di apertura di un
canale del calcio ad alta soglia di tipo L, voltaggio dipendente, presente nei miociti cardiaci ed è un
canale con soglia di -30 mV – 40 mV e la sua apertura è fondamentale perché l’influsso di calcio è
determinante per la contrazione muscolare. Man mano che depolarizziamo c’è un aumento di
corrente e un aumento di probabilità di apertura del canale e poi diminuisce la forza
elettromotrice. Relazione tipica corrente/voltaggio per un canale del calcio voltaggio dipendente.
Il calcio viene rimosso grazie alla pompa presente sul reticolo, una ATP asi primaria, trasporto
attivo primario che idrolizza ATP, per ogni molecola di ATP vengono trasportati nel lume del
reticolo due ioni calcio, atp asi di tipo P, come la pompa sodio/potassio. Trasporto attivo primario
sul reticolo, lo scambiatore sodio calcio invece è un trasporto attivo secondario, sfrutta il gradiente
di sodio in ingresso passivo e il flusso di sodio viene sfruttato dagli ioni calcio che invece vengono
immessi nell’ambiente extracellulare. 3 ioni sodio per ogni calcio che viene eliminato.
Questi sono i due sistemi principali anche se in realtà ce ne sono altri di trasporti attivi primari per
il calcio come la PMCA presenti sulla membrana, sul sarcolemma e anche un uniporto a livello
mitocondriale in grado anche di rimuovere calcio. Sono sistemi però che a livello dinamico durante
l’attività elettrica contribuiscono meno rispetto ai due meccanismi principali nominati in
precedenza.
È importantissimo considerare la presenza dei tubuli T, organizzati per portare lo stimolo elettrico
all’interno dei miociti, è ancora più importante nella muscolatura scheletrica. I tubuli T vanno a
creare questo reticolo giunzionale chiamato reticolo sarcoplasmatico giunzionale che è il
magazzino per il calcio. La loro importanza si può anche capire sperimentalmente attraverso una
detubulazione.
Nel momento in cui viene rilasciato calcio, attiva un’altra cassium release unit e generando un
transiente di calcio che invade contemporaneamente tutta la cellula. Tanto che se io uso delle
sonde fluorescenti per il calcio e vado a misurare con la microscopia confocale o in modo
dettagliato com’è questo transiente di calcio nel centro delle cellule, piuttosto che in periferia,
noto che è esattamente identico; proprio perché il tutto avviene in modo molto sincrono e
regolare. Se sperimentalmente o per condizioni patologiche, c’è una perdita di tubuli,
l’accoppiamento eccitazione-contrazione ne risente e spesso avviene una variabilità battito-
battito. I transienti di calcio non sono più tutti uguali, causando eventualmente delle vere e
proprie aritmie (beat-to-beat variation). I tubuli sono importanti dunque per la sincronizzazione
del calcio citosolico e di conseguenza la contrazione muscolare.
Essi presentano una struttura simile ai canali del Sodio. In particolare, il canale del calcio di tipo L è
un’unica proteina costituita da 4 domini ripetuti (a differenza dei canali voltaggio-dipendenti per il
potassio che sono costituiti da 4 proteine differenti: hanno una struttura tetramerica, perché i
domini si organizzano a tetramero per generare un polo centrale); ogni dominio è costituito da 6
segmenti transmembrana, l’esse4 e il sensore del voltaggio.
Esistono vari tipi di subunità (α, α₂δ, β e γ) che si possono presentare in varie forme; l’α1C svolge
una funzione cardiaca, mentre i gruppi α₂δ, β e γ sono proteine ad attività regolatoria.
Per avere un canale funzionale è necessaria la presenza di tutte le subunità, in particolar modo se
si fanno degli esperimenti di espressione.
Esempio: se si considera solo ed esclusivamente la subunità α1C, il canale non sarà conduttivo; allo
stesso modo, se si considerano α1C+ α₂δ oppure α1C+ β e così via… sono necessarie tutte le
subunità proteiche così da ottenere un canale conduttivo e poter misurare una corrente.
In particolar modo, la subunità β è fondamentale l’attività funzionale in membrana: il rapporto tra
la proteina in membrana e quella nel citosol aumenta nel momento in cui vi è la subunità β e δ.
Si tratta sempre di complessi macromolecolari dove, oltre alla subunità che forma il canale ci sono
sempre le subunità ad attività regolatoria. Si può intendere come un complesso macromolecolare
che interagisce con altre proteine, come per esempio:
❖ la Calcio-calmodulina (CaM) e la Calcio-calmodulina-chinasi (CaMKII): regolano il canale nel
momento in cui aumenta il calcio, perché sono entrambi proteine che si attivano con il
legame del calcio.
❖ la juntofilina-2 (JPH2): è una proteina fondamentale per ancorare la membrana contenente
il canale L al reticolo, in modo tale che siano nelle strette vicinanze.
❖ PKA
CALCIO-CALMODULINA:
PKA:
Proteina che si lega al canale; essa fosforila il
canale aumentandone la probabilità di
apertura. Normalmente la PKA modula il
canale in determinate regioni di
fosforilazione, grazie a delle proteine
chiamate AKAP (PKA anchoring protein): esse
permettono la fosforilazione del canale in
determinati residui e a seconda della
compartimentalizzazione del canale a livello
della membrana (nei tubuli t o nel resto della
membrana) può determinare effetti diversi.
Le AKAP sono una famiglia di proteine che legano le subunità regolatorie della PKA o delle fosfatasi
e le localizzano in determinati siti ben specifici. La diversa compartimentalizzazione dei canali del
Calcio nei cardiomiociti può causare la co-localizzazione di diverse AKAP e quindi di diverse PKA.
Di conseguenza, l’aumento dell’attività della PKA nel citosol può portare ad effetti diversi, a
seconda che il canale si trovi in determinati sub compartimenti della cellula.
MICRODOMINI:
Legenda grafico:
-canali del calcio di tipo L (verde);
-proteina Bin molto importante per mantenere il canale a livello dei tubuli t (giallo);
Vi sono anche canali (verde singolo sulla dx), localizzati in strutture chiamate caveole
(invaginazioni della membrana), ricche di sfingolipidi chiamati caveoline. Esse sono molto
importanti per il signaling intracellulare, perchè permettono di mantenere localizzati e molto
concentrati determinati recettori/canali in queste invaginazioni. Spesso le
proteine/recettori/canali che si trovano confinati nelle caveole possono avere dei ruoli diversi
rispetto agli altri recettori.
La localizzazione del canale in membrana è molto importante, perché può avere effetti diversi:
❖ i canali del calcio che si trovano a livello dei tubuli T in membrana sono sicuramente
implicati nell’accoppiamento eccitazione-contrazione;
❖ i canali che si trovano nelle caveole sono spesso implicati in signaling intracellulari diversi
(è difficile che contribuiscano all’accoppiamento eccitazione-contrazione essendo lontani).
Si tratta di una proteina molto grande che si trova a livello scheletrico e cardiaco.
Si distinguono i RyR1 e i RyR2:
- i RyR1 sono tipicamente scheletrici
- i RyR2 sono cardiaci.
La loro distinzione determina anche un’organizzazione differente:
A livello scheletrico: i RyR hanno una struttura a tetramero basata su un accoppiamento voltaggio-
dipendente: essi prendono spesso contatto con 4 DHPR. Ci sono RyR accoppiati e altri non
accoppiati in modo molto regolare.
A livello cardiaco: non vi è questa mera organizzazione, perché non c’è un accoppiamento
voltaggio-dipendente, bensì una distribuzione random dei DHPR.
RyR2: risoforma cardiaco
RyR: è un macrocomplesso quindi non è solo il RyR ma interagisce con n. proteine, ha il dominio
citosolico (in cui riconosciamo dei siti di legame per la PKA o per la CaM, la calciocalmodulina).
Interagisce anche con proteine come la giuntina e la triadina a livello della membrana del reticolo
e con la calsequestrina (CSQ) che si trova all’interno del reticolo ed è la proteina ad alta capacità
di legame ma a bassa affinità di legame che lega il calcio all’interno del reticolo → è
fondamentale perché il Ca nel reticolo endoplasmico, sarcoplasmatico, non può rimanere libero
(perché tanti ioni vorrebbe dire una molarità molto elevata e quindi richiamo di acqua dal citosol),
ma deve legarsi alla proteina calsequestrina che deve avere un’alta capacità di legame aìma
liberarlo anche facilmente in modo che possa venire liberato quando si aprono i RyR.
Esistono patologie in cui giuntina, triadina e calsequestrina sono mutate e quindi anche l’apertura
dei RyR viene a risentire.
RyR è costituito da diversi segmenti transmembrana (regione del pomoro: è il residuo GIG che è
una regione comune ai canali di potassio che sono stati sequenziati ma anche ad altri canali che si
trovano sempre sulla membrana del reticolo (che sono quelli che si aprono e permettono il rilascio
di Ca ma che legano linositolotrifosfato, la seconda via di uscita del Ca dal reticolo), ci sono anche
nella muscolatura cardiaca.
Essendo dei rilasci di Ca molto rapidi, che durano circa 20mms, si utilizzano delle tecniche
particolari di acquisizione del segnale e si misura il puff di Ca
Le spark che sono una misura diretta dell’apertura dei canali RyR, studiando la loro morfologia e
prorietà ci danno molte informazioni sulla funzionalità dei canali RyR
SERCA-PLB
Serca: è un atipiasi (viola) strettamente regolata da un’altra proteina fosfolambano (PLB), la cui
funzione è importante durante la fase di rilassamento: il muscolo si contrae ma si deve rilassare e
per rilassarsi il Ca deve essere rimosso.
Serca (P-ATPase)
Serca è un atipiasi di tipo P quindi, come la sodio-
potassio, esiste in due conformazioni E1 e E2 e
quindi esiste in un intermedio di reazioni in cui la
proteina è nello stato fosforilato per permettere il
passaggio degli ioni: quindi grazie all’idrolisi di una
molecola di ATP vengono trasportati due ioni Ca.
Funziona nello stesso modo della sodio-potassio: lo step sodio dipendente E1 è lo stato di
fosforilazione, mentre lo step che determina una variazione conformazionale per cui il Na si lega
dal lato interno e viene buttato dal lato esterno è lo stato E2 è lo stato in cui il Na viene rimosso e
K viene legato ed è lo stato di defosforilazione.
Nel Serca al posto del Na e K troviamo il Ca che passa dal lato citosolico al lato del lume del
reticolo: E1 (1) → fosforilazione e variazione conformazionale (2) → che permette alla proteina di
capovolgersi e di rilasciare il Ca all’interno del reticolo E2 (3)
Il ruolo della fosforilazione del fosfolambano mediato da PKA è molto importante: perché nel
momento in cui c’è un aumento dell’attività della PKA, il fosfolambano viene fosforilato, si
distacca dal Serca e il Serca può immagazzinare (la sua funzione viene stimolata venendo a
mancare l’interazione con l’inibitore fisiologico, quindi viene stimolato il rilassamento muscolare
grazie alla maggiore attività di Serca)
Ruolo della CAMKII: se aumenta tanto il Ca viene stimolata a CAMKII, fosforila e il Serca gira di più
Sarcolipina: proteina simile al fosfolambano che troviamo più a livello atriale
Fosfolambano: si lega al Serca nello stato E2 e si distacca totalmente o parzialmente nel momento
in cui viene fosforilato in Serina16
(4)
1: Serca (azzurro) e foasolambano (grigio) nello stato fosforilato che interagisce poco con Serca
2: fosfolambano nello stato non fosforilato interagisce fortemente con Serca
3: un’elevata concentrazione di Ca permette il distacco del fosfolambano e quindi una maggior
attività di Serca
4: il fosfolabmbano è presente in una forma monomerica e in una forma pentamerica: entrambe
le forme sono in equilibrio tra loro ed interagiscono con Serca anche se la funzione inibitoria è
principalmente esercitata dalla forma monomerica
• Segue poi la sistole ventricolare. Lo stimolo elettrico è arrivato ai ventricoli che cominciano
a contrarsi in modo isovolumetrico. La camera ventricolare si contrae, sviluppa forza, ma le
valvole atrioventricolari e le semilunari sono chiuse. L’aumento della pressione senza
variazione di volume nei ventricoli fa sì che le valvole semilunari si aprano e che il sangue
fluisca verso l’aorta o verso l’arteria polmonare (sistole eiettiva o di espulsione). Segue la
chiusura delle valvole semilunari e atrioventicolari (perché la pressione dei ventricoli è
superiore a quella degli atrii). La camera è chiusa e cala la pressione, questa sottofase
prende il nome di rilasciamento ventricolare isvolumetrico (diastole ventricolare).
Quantità extra di sangue che arriva nei ventricoli provoca un maggiore stiramento del miocardio
che provoca a sua volta maggiore interdigitazione dei filamenti di actina e miosina.
Maggiore forza di contrazione, più il miocardio viene stirato dal riempimento iù alta sarà la sua
forza di contrazione e quindi la quantità di sangue pompata.
È una relazione normalmente a campana con un picco che corrisponde ad una lunghezza iniziale
del sarcomero definita ottimale, più o meno 2.2 micron alla quale si ha massima attività tra actina
e miosina e quindi più forza.
Questa legge a livello cellulare la si può traslare all’organo, si può dire che il ventricolo è in grado
di sviluppare più forza tanto più sangue riceve e quindi più si distende avendo più interazione tra
actina e miosina.
La gittata sistolica è direttamente proporzionale al volume telediastolico, il sangue pompa tutto il
sangue che riceve.
OSSERVAZIONI SPERIMENTALI
FRANK (1895): aumentando il precarico il cuore isolato risponde con contrasioni più vigorose
STARLING (1914): variando la pressione dell’atrio destro e aortica il cuore risponde con un
aumento della gittata sistolica.
Anche in assenza di controllo venoso centrale ormonale il cuore pompa tutto il sangue
proveniente dal suo serbatoio.
• In realtà poi subentra un fattore di controllo nervoso da parte del sistema nervoso
autonomo che permette di aumentare la contrattilità del miocardio. Aumentarla vuol dire
che per lo stesso volume di sange alla fine delle diastole il cuore è in grado di sviluppare più
forza.
• In presenza di modulatori inotropi ci può essere uno sviluppo di forza maggiore per lo
stesso valore iniziale di precarico (= aumento di pendenza della relazione di Frank-Starling.
Tale aumento implica l’aumento della contrattilità del miocardio).
Ultimamente , si è visto anche in fase clinica, che esiste una sostanza chiamata istaroxime che
assomiglia ai digitalici in quanto blocca la pompa sodio-potassio , ma in più è uno stimolatore di
SERCA .
Ultimamente si stanno cercando diverse strategie per l’attivazione di SERCA , non solo per l’effetto
lusitropo positivo , percè se stimolo SERCA il muscolo si rilassa più velocemente, ma per avere
potenzialmente più calcio all’interno del reticolo e quindi meno nel citosol che può dare effetti
proaritmici (= effetti che sarebbero causati se ci fosse una grande quantità di calcio nel citosol)
Normalmente SERCA è inibita dal fosfolambano. Una fosforliazione del fosfolambano permette un
distacco dal SERCA che in uno stato particolarmente fosforilato può portare ad un maggiore
sviluppo di forza. Questa strategia è utile perché normalmente nelle condizioni di scompenso
cardiaco ci si trova in una condizione di SECRA sotto prodotto.
Le arterie sono dei serbatoi di pressione mentre le vene sono dei serbatoi di volume di sangue.
Il compito delle arterie è quello di spingere il sangue verso i distretti periferici soprattutto le grosse
arterie ad esempio l’aorta che fuoriesce dal ventricolo sinistro, diventa un serbatoio di pressione e
quindi di energia potenziale, la quale viene ceduta durante la fase di rilassamento, in modo tale
che ci possa essere un flusso continuo e non pulsatorio, come quello del cuore, di sangue ai vari
tessuti anche durante la fase in cui il muscolo si rilassa.
Le vene invece sono molto elastiche ed estendibili.
E poi abbiamo i capillari a livello dei quali avvengono gli scambi di ossigeno, nutrienti ecc..
Essi sono disposti a rete, si forma proprio una rete mirabile di vasi molto sottili e tra di loro sono in
parallelo così che aumenti la superficie di scambio e l’aria in cui avviene il flusso di sangue. E
questo permette, come vedremo, una bassa velocità di perfusione.
Dalla parte destra arriva il sangue venoso, mentre dalla parte sinistra diparte il sangue arterioso
verso tutti gli organi interni per poi tornare ovviamente alla parte destra.
La gittata cardiaca è il volume di sangue spinto nei grossi vasi ad ogni ciclo per la frequenza
cardiaca.
Non tutti i tessuti vengono perfusi allo stesso modo e nello stesso tempo ma la perfusione è
regolabile e tutto avviene grazie a condotti in parallelo.
ORGANIZZAZIONE FUNZIONALE DEL SISTEMA CARDIACO-CIRCOLATORIO
Abbiamo quindi il cuore che è la nostra
pompa ed esercita un processo attivo
e genera quel gradiente di pressione
che è necessario per avere un flusso.
Alcune leggi però che si applicano ai fluidi perfetti possono essere applicate anche al sangue
perché ci permettono di capire quali sono i principi base del flusso all’interno dei vasi arteriosi e
venosi.
Possiamo dire che si ha un flusso se si ha un gradiente di pressione. Quindi questa legge che vale
per i fluidi perfetti vale anche per il circolo sanguigno.
Quindi se io ho un tubo, come se fosse un nostro vaso e non c’è differenza di pressione tra P1 e P2
non c’è flusso in quanto c’è flusso solo se c’è gradiente pressorio. (figura a )
Se invece c’è una differenza di pressione tra l’inizio e la fine del tubo (figura b) ci sarà un gradiente
di pressione che non dipenderà dalla variazione assoluta ma dal gradiente di pressione.
Quindi avrò lo stesso flusso sia nel caso in cui all’inizio la pressione sia 100 mmHg e diventa 75
mmHg, che nel caso in cui il flusso all’inizio è 40 mmHg e poi diventa 15mmHg.
Questo perché vi è lo stesso ΔP e quindi vi è lo stesso flusso.
Quindi il flusso è proporzionale al gradiente pressorio e c’è flusso se c’è il gradiente di pressione.
Il circolo polmonare abbiamo detto che è un circolo a bassa pressione e quindi nell’arteria
polmonare la pressione oscilla.
Nel circolo sistemico a livello della aorta abbiamo delle oscillazioni ma poi vi è un calo di pressione
soprattutto a livello del distretto arteriolare che è quello che incide di più e successivamente vi è
un ulteriore calo di pressione nei capillari.
Le arteriole sono i distretti in cui si ha la maggiore caduta di pressione a causa della loro elevata
resistenza, è il distretto basale che incide di più sulle resistenze al flusso.
LEGGE DI POISEUILLE
Come si muove il sangue
all’interno dei vasi? Anche qui
si può utilizzare la legge di
Poiseuille che vale per i fluidi
perfetti. Il sangue si muove in
modo laminare secondo delle
lamelle concentriche con
diametro maggiore al centro e
minore verso le pareti del vaso
a causa proprio dell’attrito
contro le pareti.
Si muove dunque in modo laminare e può diventare turbolento ad esempio a livello dell’ingresso
dell’aorta e nelle biforcazioni dei vasi. Quindi da laminare può diventare turbolento e in genere a
livello di pressioni di gradienti pressori critici.
Per cui l’aumento di flusso in funzione del gradiente di pressione, finché siamo in un flusso
laminare, ha una certa proporzionalità perché all’aumentare dell’uno aumenta l’altro, mentre
andando avanti questa relazione e proporzionalità tende a diminuire e quindi diventa un flusso
turbolento.
Quindi come per i fluidi perfetti, anche per la circolazione sanguigna la variabile che influenza
maggiormente la resistenza (R) al flusso è il raggio del vaso sanguigno. → Raggio fattore
determinante per la resistenza (più il raggio è piccolo maggiore è la resistenza al flusso).
Quindi la Resistenza (R) dipende dalla viscosità, dalla lunghezza e inversamente proporzionale al
raggio (quindi al diametro del tubo). Però considerando che la Viscosità dipende dall’ ematocrito
(eritrociti/plasma) e la Lunghezza dipende dall’anatomia del sistema (quindi è costante), si può
semplificare dicendo che la resistenza è il reciproco del raggio^4.
Dobbiamo tenere in considerazione 2 concetti fondamentali:
1. Se abbiamo delle resistenze in serie, la resistenza totale è data dalla somma delle singole
resistenze (quindi a livello di ciascuna resistenza ci sarà un calo di pressione);
2. Se abbaiamo delle resistenze in parallelo, il reciproco della resistenza totale (1/Rtot) è
uguale alla somma del reciproci delle singole resistenze (1/R1+1/R2+1/R3…) questo vuol
dire che una singola resistenza in parallelo incide veramente poco sulla resistenza totale
del flusso, rispetto a quanto incide una singola resistenza in serie.
PT (Resistenze Periferiche Totali) Somma delle resistenze di ciascun organo in parallelo
Quando pensiamo al circolo quello che definiamo con Resistenza Periferica Totale (RPT), che è un
parametro fondamentale per il controllo della pressione, è la resistenza opposta da parte dei vasi
al flusso sanguigno e cioè è la somma delle resistenze di ciascun organo.
Se si considera il circolo in serie bisogna dire che la RPT è data dalla somma delle resistenze offerte
dai grossi vasi (come le arterie, come la aorta); però abbiamo detto che se il raggio è grande la
resistenza è minima, quindi possiamo anche trascurarla (infatti i vasi di grosso calibro sono
organizzati in serie).
Se consideriamo la resistenza delle piccole arterie/vene e dei capillari, quelle che incidono di più
sono le piccole arterie, cioè le arteriole e non i capillari (perché anche se sono di piccolo calibro
sono disposti largamente in parallelo e quindi la resistenza totale dei capillari influenza poco
l’intera resistenza totale di tutti i vasi). Le arteriole invece incidono molto perché hanno anche loro
un diametro piccolo (anche se comunque più grande di quello dei capillari) ma non sono disposte
in parallelo quanto i capillari (incide il 50% delle RPT).
Quindi se cambiano le RPT bisogna sempre pensare che questo sia dovuto alle arteriole, perché
incide molto ed inoltre è altamente regolabile.
Area della sezione trasversa V=Q/A
Un altro parametro da tenere in considerazione è l’area della sezione trasversa (tipo quella dei
capillari). All’aumentare dell’area della sezione trasversa diminuisce la velocità di flusso (cioè è
inversamente proporzionale).
È importante sapere però che un flusso a bassa velocità è fondamentale perché permette un
adeguata diffusione e filtrazione nel distretto vascolare.
Sistema Arterioso e Venoso
Arterie = vasi ad alto regime pressorio (sono dei serbatoi di pressione) contenenti basse % di
volume plasmatico.
Vene = vasi a basso regime pressorio contenenti alte % di volume plasmatico (sono dei serbatoi di
volume).
Arterie e vene sono costituite da:
❖ Un endotelio, cioè l’epitelio che riveste internamente il vaso;
❖ Muscolatura liscia, la parte muscolare;
❖ Connettivo, cioè la parte più
connettivale ed elastica.
Le arterie a seconda se sono di piccolo, medio
o grande diametro contengono in modo
percentualmente diverso la parte muscolare
liscia e quella connettivale. In linea generale
contengono molti strati di tessuto muscolare,
connettivale ed elastico → quindi la parete
arteriosa è molto più spessa rispetto invece
alla parete venosa.
Quindi una minor distendibilità rispetto alle vene, e un incremento della pressione provoca una
modesta espansione del vaso (incide anche il fatto della parete sottile, mentre le vene sono
altamente estensibili)
Le vene sono un sistema a bassa pressione; compliance maggiore rispetto alle arterie e quindi
possono accogliere maggiori volumi di sangue con piccole variazioni al loro interno.
Inoltre possono essere molto elastiche.
Ma la compliance diminuisce con l’età perché tende a diminuire il contenuto di elastina della
componente elastica, che può causare un innalzamento della pressione.
Quindi essa dipende dal numero di fibre di elastina che possono distendersi.
Infatti quando aumenta lo spessore della parete del vaso si ha un minor stress di parete.
Se, invece, c’è una dilatazione di un vaso (aneurisma=dilatazione) si ha un maggior raggio dovuto
alla dilatazione del vaso; un minor spessore, e quindi è necessaria una maggior tensione per
controbilanciare la stessa pressione interna. (Se questa condizione rimane tane, si arriverà ad un
aneurisma permanente fino alla rottura del vaso).
(simile ai palloncini gonfi: la pressione è minore dove è più gonfio, e maggiore dove lo è di meno)
EFFETTO WINDKESSEL
È anche detto <<effetto volano>> (ovvero restituzione elastica per spingere il sangue in periferia)
dovuto alla spinta del sangue, da parte del cuore, nelle arterie fino ai capillari. È importante che
questo flusso rimanga costante anche nei capillari in maniera continua.
Durante la sistole, il volume di sangue spinto dal cuore nelle arterie non va tutto immediatamente
in periferia, a causa delle resistenze periferiche.
Il volume delle arterie aumenta, causando la distensione della parete.
Si accumula quindi energia potenziale come energia elastica all’interno delle pareti delle arterie.
Questa energia viene restituita e trasformata in energia cinetica durante la diastole cardiaca,
assicurando il movimento continuo del sangue anche alla periferia.
VENE
❖ Hanno struttura simile alle arterie, ma pareti più sottili e in grado di collassare quando sono
vuote
❖ C’è la presenza di endotelio con formazioni valvolari che impediscono il riflusso di sangue
❖ Favoriscono il passaggio di sangue con bassa resistenza dai tessuti al cuore
❖ In condizioni normali a riposo circa i 2/3 del contenuto di sangue sono mantenuti nelle vene
(che sono chiamate, infatti, serbatoio di contenimento del sangue)
❖ Permettono adeguamenti della gittata cardiaca.
Sistema venoso
▪ Bassa pressione
▪ Diametro interno elevato
▪ Serbatoio di volume
▪ Compliance elevata (deltaA/deltaP)
▪ Pareti sottili
▪ Tensione di parete contenuta (per la bassa pressione e le pareti sottili).
Unità microcircolatoria
L’insieme dei vasi di scambio (capillari), dei
vasi di capacità (venule), dei vasi di
resistenza (arteriole) e i vasi di shunt (vasi
caratterizzati da anastomosi artero-venose,
ovvero dei by pass, per direzionare il flusso
sanguigno).
In particolare, le ARTERIOLE:
• Distribuiscono l’output cardiaco tra gli
organi sistemici
• La resistenza dei vasi (e quindi il flusso) varia in seguito a vasodilatazione o vasocostrizione
• Fattori che influenzano il diametro delle arteriole: controllo estrinseco ed intrinseco.
Hanno manicotti di muscolatura liscia, altamente regolato dal sistema nervoso autonomo, in
particolar modo soprattutto dalla branca simpatica, non dalla parasimpatica.
La muscolatura liscia arteriolare che permette di regolare il diametro di questo distretto è quindi
sotto il controllo del simpatico, per cui una vasocostrizione e/o una vasodilatazione dipende da
quanta noradrenalina viene rilasciata dal terminale simpatico.
I fattori che influenzano sono quindi fattori estrinseci, come il controllo nervoso, e fattori intrinseci
al vaso.
Un aumento della resistenza arteriolare può ridirezionare il flusso a seconda del livello di
resistenza negli specifici distretti:
➢ Resistenza alta, flusso assente
➢ Resistenza bassa, flusso elevato.
➢ Il flusso è quindi in funzione della resistenza arteriolare.
Esempio:
Se la gittata è 4/5 L/min e un distretto viene poco perfuso e il flusso diminuisce, gli altri distretti
riceveranno maggior flusso, poiché il totale deve sempre tornare ad essere 4/5 L/min.
Il flusso in entrata deve coincidere con il flusso in uscita.
L’aumento della resistenza in un distretto implica un maggiore flusso negli altri distretti, in modo
tale che il flusso totale sia invariato.
Tra riposo ed esercizio c’è un certo gradiente pressorio, un diverso flusso e una diversa resistenza
periferica, che per il 60% è determinata dalle arteriole.
A riposo ci sarà una maggiore vasodilatazione a livello gastrointestinale, che verrà sacrificata
durante l’esercizio, in cui ci sarà un maggiore flusso verso l’apparato muscolare scheletrico.
La perfusione è regolata in base alle diverse necessità dei vari distretti corporei.
La resistenza dei vasi che distribuiscono il sangue ad un organo determina la quantità di flusso che
irrora l’organo. A parità di pressione se aumenta la resistenza diminuisce il flusso.
Scambi per filtrazione: flusso in massa governato da pressioni che ci sono in gioco. Sicuramente
c’è in gioco la pressione idrostatica del sangue, che favorisce il passaggio di liquidi e di soluti dal
capillare verso le cellule. Essa è una forza positiva che spinge il soluto dal capillare verso il tessuto.
In generale i capillari non sono permeabili alle proteine, e la membrana diventa semipermeabile,
generando una pressione colloidosmotica che richiama acqua.
Ci sarà un bilancio dal lato arterioso in cui viene favorita la filtrazione, ovvero un bilancio a favore
della filtrazione perché la differenza tra pressione idrostatica ed osmotica è positiva, e quindi c’è
un flusso netto da capillare a tessuto.
Avviene invece la cosa opposta se al processo di filtrazione segue un processo di riassorbimento
lungo il capillare, normalmente dal lato venoso.
Dal lato venoso infatti la pressione idrostatica continua a calare all’interno del capillare, ma la
pressione osmotica più o meno, rimane uguale, anche se a volte tende ad aumentare per via
dell’aumento di concentrazione delle proteine.
Il gradiente pressorio risulta inferiore al gradiente osmotico, e quindi c’è richiamo d’acqua verso il
capillare.
La Legge di Starling tiene conto di tutti questi gradienti di pressione nel processo di filtrazione e di
riassorbimento a livello di un microcircolo.
Secondo questa legge in flusso dipende da :
-un coefficiente di proporzionalità
-un coefficiente di filtrazione capillare moltiplicato per la differenza tra il gradiente di pressione
idrostatica tra il capillare e il tessuto, e il gradiente di pressione osmotica tra il capillare e il tessuto
Jv = K*A*[(Pc-Pt)-σ(πc-πt)]
[σ è il coefficiente di riflessione e indica quanto la membrana è impermeabile al soluto.]
È un fattore di correzione della pressione osmotica, che permette di avere una pressione osmotica
reale in quanto non esistono membrane impermeabili al 100%.
-Se il risultato dell’equazione è positivo, si avrà un processo di filtrazione
-Se il risultato dell’equazione è negativo, allora il flusso sarà negativo e si avrà un processo di
riassorbimento, dal tessuto verso il capillare.
Ci sarà un punto del distretto del microcircolo in cui ci sarà un equilibrio tra le due forze, quella
idrostatica e quella osmotica.
Esempio:
A sinistra lato arterioso (rosa)
A destra lato venoso (blu)
o Al centro le forze si equivalgono, e non c’è un flusso
netto.
o Dal lato arterioso c’è un flusso netto di filtrazione
o Dal lato venoso c’è un flusso netto di riassorbimento
SBILANCIAMENTI SCAMBI CAPILLARI:
Questo equilibrio può cambiare, ad esempio a seguito di un
aumento della pressione idrostatica.
In questo caso si manifesta solamente filtrazione, perché vince
molto la pressione idrostatica su quella osmotica, per cui si ha un
aumento della filtrazione lungo tutto il capillare.
• Se si ha vasodilatazione, si avrà un
aumento di filtrazione e una diminuzione di
riassorbimento.
• Se si ha vasocostrizione, si avrà un calo
della pressione e quindi una minore
filtrazione e un elevato riassorbimento.
Il rilassamento si ha se viene smaltito il calcio (proprio come avviene nella muscolatura striata) per
far tornare la calmodulina allo stato inattivo, però l’attivazione è funzione dell’attivazione della
miosina a livello delle catene e durante il rilassamento deve essere attivata la MLCP (fosfatasi delle
catene della miosina). Quindi due step nel rilassamento della muscolatura liscia:
1. Smaltimento calcio
2. Attivazione della fosfatasi delle catene della miosina (MLCP)
Il controllo sul tono neurogeno è legato quindi all’innervazione simpatica, al rilascio di
noradrenalina, a livello dei vasi (i vasi sono l’eccezione dell’innervazione autonoma, perché sono
innervati per lo più dal sistema nervoso simpatico). La noradrenalina provoca la vasocostrizione
ovvero diminuzione del lume interno perché reagisce con i recettori alfa1 sul muscolo liscio
accoppiati alla fosfolipasi C; se invece l’attività di questi neuroni diminuisce la noradrenalina c’è
meno contrazione, quindi aumento del diametro interno e vasodilatazione.
Vasodilatazione e vaso contrazione sono quindi legate alla quantità di noradrenalina.
L’adrenalina, oltre a essere neurotrasmettitore, è anche un ormone rilasciato dalla midollare del
surrene ma ha un effetto più vasodilatatore perché è molto affine ad altri recettori, i beta2 che
sono accoppiati alla PKA, che inibisce l’attivazione della miosina (effetto vasodilatatorio). → tono
neurogeno simpatico
Per quanto riguarda l’effetto degli ormoni e la relazione endotelio/muscolo liscio è molto
importante il rilascio di fattori paracrini dall’endotelio verso la muscolatura, in particolar modo il
rilascio di gas (ossido nitrico) o molecole (endotelina) che hanno effetti opposti sulla muscolatura.
◼ L’ossido nitrico ha un effetto vasodilatatore, quindi rilassa la muscolatura legato al fatto
che il gas passa l’endotelio, passa la membrana e va a produrre il GMPciclico che ostacola
l’attivazione della miosina.
◼ L’endotelina invece ha un effetto di vasocostrittore che si lega a dei recettori sulla
muscolatura che attivano la vaso costrizione.
Chi stimola l’NO e l’endotelina? Numerose molecole, ormoni o sostante presenti nel sangue che
normalmente a livello dell’endotelio grazie alla fosfolipasi C stimolano NO sintasi a produrre NO,
che provoca vasodilatazione e al tempo stesso l’NO ha un effetto paracrina a livello endoteliale di
inibizione di endotelina (perché ha l’effetto opposto).
Uno di questi ormoni è l’angiotensina (prodotto insieme a renina e aldosterone che controllano la
pressione del volume plasmatico) è un potente vasocostrittore che aumenta le resistenze
periferiche a livello della muscolatura dei vasi perché attiva la fosfolipasi C inducendo la
vasocostrizione.
Alcune sostanze: endotelina, ossido nitrico, ossigeno (vasocostrittore), anidride carbonica
(vasodilatatore), adenosina (quando c’è un accumulo di ADP e poco ATP, produce
vasodilatazione), acido lattico (vasodilatatore).
Fattore intrinseco di regolazione → autoregolazione, presente in tutti i distretti circolatori tranne i
polmoni, finalizzato a mantenere costante il flusso d’organo in seguito a variazioni della pressione
arteriosa.
C’è un RANGE di variazione della pressione in cui il flusso dell’organo rimane costante e dipende
da organo a organo.
Alla base dell’autoregolazione c’è la risposta miogena, ovvero la contrazione muscolare provocata
da aumenti della pressione arteriosa indipendentemente dall’innervazione autonoma.
In un sistema autoregolato (come la maggior parte dei vasi) si ha un flusso costante al variare della
pressione in un certo RANGE, importante a livello del glomerulo renale altrimenti aumentando la
pressione arteriosa aumenterebbe anche la filtrazione. Questo non avviene perché il vaso se
aumenta la pressione si distende e si contrae per limitare un eventuale aumento di flusso (questo
è il riflesso di Bayliss o risposta miogena che permettono il mantenimento di un flusso costante).
Questi vasi si chiamano vasi reattivi, il vaso reagisce all’aumentare della pressione costringendosi,
quindi diminuisce il raggio, la resistenza aumenta e il flusso rimane costante.
F = variazione di pressione/ raggio
Processo intrinseco!
METARTERIOLE
NERVOSO SNA
ARTERIOLE
CATABOLITI DA LAVORO
CONTROLLO
UMORALE FATTORI ENDOTELIALI
TONO VASALE
ORMONI
VASO DI TIPO REATTIVO (es. vasi renali) = il flusso viene mantenuto costante al variare della
pressione.
F = ΔP/R
VASO DI TIPO PASSIVO (es. vasi polmonari) = il flusso aumenta all’aumentare della pressione.
CONTROLLO LOCALE
Una variazione di pressione parziale dei gas O2 e CO2 a livello vasale può portare a una variazione
di flusso chiamata IPEREMIA.
L’iperemia (aumento del flusso di sangue al tessuto) può essere di 2 tipi:
• Iperemia attiva
• Iperemia passiva
IPEREMIA ATTIVA
IPEREMIA REATTIVA
Viene ristabilito l’equilibrio tra quantità di CO2 rimossa dai capillari e quantità di CO2
rilasciata dalle cellule.
CONTROLLO CARDIOVASCOLARE
Il sistema cardiovascolare è importante per:
• Mantenimento della pressione arteriosa (Pa) e gettata cardiaca (GC) costanti e sufficienti
per un’adeguata filtrazione capillare e flusso cefalico
• Distribuzione del flusso ai distretti tessutali in funzione delle necessità
• Gittata cardiaca
• Pressione venosa
• Pressione arteriosa
REGOLAZIONE INTRINSECA DELLA GETTATA SISTOLICA
• La gettata sistolica è regolata intrinsicamente dalla legge di Frank-Starlig per cui la gettata
sistolica è direttamente proporzionale al volume telediastolico di riempimento del
ventricolo.
Il ventricolo spinge il sangue nelle arterie, che hanno un diametro variabile. Il flusso per arrivare a
tutti i tessuti deve vincere le resistenze periferiche (muscolatura liscia delle arteriole)
DETERMINANTI DELLA PRESSIONE ARTERIOSA
FATTORI FISIOLOGICI FATTORI FISICI
La pressione sistolica dipende dalla gittata (un aumento della gittata porta ad un aumento della
pressione sistolica), invece la pressione diastolica dipende dal ritorno elastico della parete
arteriosa e dalle resistenze periferiche (un aumento delle resistenze periferiche porta ad un
aumento della pressione arteriosa). Per quanto riguarda il ritorno elastico della parete arteriosa
dobbiamo invece ricordare l’effetto windkessel. Infatti, i grossi vasi arteriosi durante la sistole
accumulano energia potenziale che poi è trasformata in energia cinetica per permettere durante
la diastole un flusso continuo. La compliance del vaso incide quindi sulla pressione diastolica.
Si parla anche di pressione arteriosa media (PAM) e si calcola come la somma tra la pressione
diastolica e 1/3 della pressione differenziale (o pulsatoria), cioè la differenza tra la pressione
sistolica e quella diastolica.
Nel grafico vediamo: in rosso
l’andamento della pressione nel
ventricolo, nelle arterie, nelle
arteriole, nei capillari e nelle
venule. La pressione pulsatoria è
nel ventricolo e nelle grosse
arterie e poi cala nelle arteriole a
causa dell’aumento delle
resistenze periferiche. Vediamo
che la PAM si trova circa ad un
terzo della pressione differenziale
(rappresentata da una linea sottile
rossa).
La pressione viene controllata tramite dei circuiti di controllo a feedback negativo. In particolare,
la pressione arteriosa (che è un parametro) è monitorata da sensori, detti barocettori, che devono
essere situati a livello del sistema circolatorio in punti strategici, ossia a livello dell’arco aortico e
del seno carotideo. Essi sono punti strategici perché sono: il primo un punto all’uscita del
ventricolo sinistro e il secondo si trova a livello della biforcazione delle carotidi per l’irrorazione
della testa e del cranio. Questi sensori devono mandare informazioni a dei centri di controllo come
il centro di controllo cario-vascolare a livello bulbare, ma anche ai centri superiori, come
l’ipotalamo che con il cervelletto e la corteccia è importante nel controllare molti parametri
corporei, tra cui la pressione arteriosa appunto. Questi centri regolatori ricevono il segnale
periferico, il segnale di riferimento e viene rilevato o meno un segnale di errore, per cui si innesca
una risposta mirata a compensare quell’errore e riportare il parametro al valore normale.
Questo sistema a feedback, detto riflesso barocettivo, è una risposta molto veloce, infatti è un
riflesso ed è un meccanismo a breve termine del controllo della pressione arteriosa. Ha azione
rapida e va incontro ad adattamento, quindi la risposta si attenua in modo totale o parziale in
tempi brevi. Infatti, l’importanza di questo riflesso è quello di smorzare delle oscillazioni e non di
controllare a lungo termine la pressione arteriosa. I recettori coinvolti sono i barocettori a cui si
aggiunge il lavoro dei volocettori (rilevano il volume plasmatico) e dei chemocettori (rilevano le
pressioni parziali dei gas).
I barocettori sono molto sensibili alla velocità di cambiamento della pressione arteriosa, dunque
questo riflesso risponde meglio a rapide oscillazioni della pressione arteriosa media, piuttosto che
a pressioni elevate ma stazionarie.
Essi infatti presentano un adattamento, quindi se c’è aumento costante della P arteriosa, la loro
frequenza di scarica si adatta al nuovo valore. A questo punto c’è un resetting recettoriale, nel
senso che i barocettori risponderanno a oscillazioni attorno a questo nuovo valore.
Questo è chiamato anche meccanismo di accomodazione del riflesso barocettivo: se la pressione
arteriosa si alza, i barocettori modificano la loro risposta in modo che il loro punto di lavoro
rimanga nella parte di massima pendenza della relazione stimolo-risposta.
Verrà privilegiata l’uscita simpatica o parasimpatica a seconda che si ha un abbassamento o un
innalzamento della pressione. Al controllo nervoso autonomico si somma quello ormonale da
parte dei centri ipotalamici. Per esempio, se ci fosse un aumento della pressione arteriosa, quindi
un aumento anche della frequenza di scarica, si innesca il riflesso per riportare la pressione a valori
normali. Infatti, c’è un punto detto riflesso barocettivo, che coinvolge il centro cardio-vascolare
bulbare, il quale se c’è stato un aumento della P, genera una risposta sbilanciando l’innervazione
simpatica e parasimpatica. Si avrà allora una diminuzione dell’attività simpatica e un aumento
dell’attività parasimpatica (questo nel caso in cui c’è stato aumento della pressione).
Dunque: c’è una perturbazione, un aumento della pressione, il vaso si stira a livello dell’arco
aortico e del seno carotideo quindi i terminali assonici dei barocettori sono stimolati e aumenta la
loro frequenza di scarica al centro cardio-vascolare bulbare. Quest’ultimo risponderà con una
diminuzione dell’attività simpatica e un aumento di quella parasimpatica.
Diminuire il simpatico significa che ci sarà una diminuzione del rilascio di noradrenalina a livello
dei vasi. Dato che la noradrenalina agisce da vaso costrittore, quindi aumenta la resistenza
periferica, minor rilascio di noradrenalina, significa minor effetto a livello periferico e quindi
diminuzione delle resistenze periferiche totali e di conseguenza della pressione arteriosa.
I recettori beta 1 (adenilato ciclasi) hanno effetti inotropi e cronotropi positivi. In linea di massima
vi è meno attività simpatica (quindi minor forza di contrazione e minor gittata sistolica e cardiaca).
I beta 1 innervano anche le regioni nodali e di conseguenza diminuisce l’effetto sulla corrente
pacemaker, quindi si crea un effetto bradicardico (diminuzione frequenza e gittata cardiaca).
Una perturbazione che porta ad un aumento della pressione arteriosa media innesca una risposta
molto veloce. Questa risposta induce una diminuzione:
- dell’innervazione simpatica a livello dei vasi
- dell’effetto vaso costrittore
- delle resistenze periferiche
- della pressione
Si ottiene così una minor innervazione a livello cardiaco, quindi effetti negativi sulla gittata. Di
nuovo viene riportata la pressione a livelli normali mediante meccanismi a feedback.
Ciò che è appena stato descritto fa riferimento ad una risposta di brevi secondi che si verifica in
seguito ad un’oscillazione veloce della pressione.
Si innesca un riflesso veloce, analogo a quello precedentemente descritto, solo che in questo caso
la diminuzione della pressione rilevata dai varo recettori a livello dell’arco aortico e del seno
carotideo, porta il barocettore a diminuire la sua frequenza di scarica, quindi informazione viene
portata al centro cardiovascolare bulbare che risponde diminuendo il parasimpatico e stimolando
l’attività simpatica. Il processo avviene secondo lo schema descritto prima, solamente che in
questo caso avviene in senso opposto.
L’adrenalina è sia un neurotrasmettitore, che un ormone. È un ormone perché viene liberata dalla
midollare del surrene sotto stimolazione dei neuroni pre-gangliari simpatici e inizia poi a circolare
nel sangue.
Rispetto alla noradrenalina ha un effetto vasodilatatorio, perché è molto affine ai recettori beta 2
adrenergici che causano vasodilatazione.
Come la noradrenalina può avere un effetto vasocostrittore. Inoltre, vista l’elevata affinità per i
beta due, porta vasodilatazione inibendo il meccanismo classico di attivazione della miosina nel
muscolo liscio (a livello delle arteriole) che è quello mediato dalla fosforilazione delle catene
leggere della miosina.
Questo sistema viene attivato in particolar modo quando vi è un abbassamento della pressione
arteriosa. Grazie a questo sistema ormonale che innesca una risposta multipla, si ha come
conseguenza una vasocostrizione e un aumento del volume plasmatico. Il tutto si innesca in una
regione precisa del nefrone a livello dei reni.
La regione del nefrone rileva il contenuto di sodio nel tubulo del nefrone stesso e funge anche da
indice della pressione arteriosa e del volume del liquido extracellulare.
Quindi è un sistema ormonale che ha origine a livello renale in risposta alla rilevazione
dell’abbassamento del contenuto di sodio cloruro nel tubulo del nefrone, che è sintomo di un
abbassamento della pressione arteriosa.
La renina viene librata, entra in circolo e converte l’angiotensinogeno prodotto dal fegato in
angiotensina 1 (ormone inattivo).
L’angiotensina 2 (ormone attivo) è invece generato a livello polmonare grazie all’ enzima ACE
(Angiotensin-Converting Enzyme). L’ormone è un potente vasocostrittore come la noradrenalina.
A livello della muscolatura liscia delle arteriole si trovano numerosi recettori per l’angiotensina 2
che sono normalmente accoppiati al plateau della fosfolipasi C e l’angiotensina due stimola
l’aumento di calcio, quindi induce una contrazione della muscolatura liscia basale e di
conseguenza vasocostrizione.
Un aumento della vasocostrizione porta aumento delle resistenze periferiche, quindi ad un
aumento della pressione arteriosa.
Questo controllo a feedback permette all’angiotensina di compensare la variazione iniziale.
L’angiotensina stimola inoltre la corticale del surrene (la corticale del surrene ha il compito di
produrre ormoni steroidei→ glucocorticoidi e mineralcorticoidi).
Meccanismi a lungo termine → ormonali, adrenalina, sistema RAS, ormone antidiuretico, peptide
natriuretico atriale.
Il peptide natriuretico atriale viene rilasciato dai miociti atriali a livello dell’atrio cardiaco in seguito
alla distensione dell’atrio grazie all’aumento del ritorno venoso (i miociti rilasciano ANP). Si ha
quindi una riduzione della pressione arteriosa e della volemia agendo a livello renale dove invece
stimola la diuresi. Ha effetti opposti a quelli della renina, dell’ADH e dell’aldosterone.
Il rilascio di ANP va ad inibire anche il rilascio degli ormoni con effetti opposti, come il sistema RAS
Il peptide natriuretico atriale rilasciato dallo stiramento dell’atrio destro provoca un aumento di
volume e viene quindi rilasciato dal miocardio creando effetti opposti all’ angiotensina, all’
aldosterone e al sistema RAS agendo a livello renale.
La pressione è proporzionale ad un flusso (gittata cardiaca) per una resistenza (resistenza totale)
Pressione=gittata cardiaca x frequenza
Pressione=gittata sistolica x frequenza
La Gittata sistolica dipende dalla forza e dal ritorno venoso
Il ritorno venoso dipende da distensibilità del distretto venoso, volume sangue circolante