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Tasso aveva già dato prove nel genere epico con il Gierusalemme (118 ottave dedicate alla prima

crociata) e con il Rinaldo. La sua riflessione sul poema eroico la troviamo nei “Discorsi dell’arte
poetica”: 3 libri dedicati all’individuazione dell’argomento del poema, all’organizzazione del
racconto e allo stile. Tasso proponeva di basare il racconto su un argomento storico e sacro,
collocato in un passato non troppo lontano per assicurare la libertà di invenzione ma attenendosi al
verosimile. Tasso propone di recuperare la dimensione meravigliosa attraverso il credibile della
religione cristiana e propone un poema fondato su un’azione principale ma vivacizzato da numerosi
episodi e digressioni, capaci di garantire la varietà ma senza minarne la coesione interna. Nel 1565
Tasso progetta la composizione di un poema sulla prima crociata. Nel 1575 annunciava di dare alle
stampe il poema col titolo di Goffredo. Sottopose il poema alla lettura di una sorta di comitato
editoriale raccolto a Roma attorno alla figura di Scipione Gonzaga: il gruppo dei lettori era
composito e presto sorsero difficoltà e incomprensioni con il poeta. Le vicende biografiche lo
porteranno a vivere una stagione sempre meno serena. Nel 1579 venne rinchiuso nel manicomio di
Sant’Anna e vennero stampate due versioni scorrette del poema. Nel 1581 videro la luce le prime
edizioni integrali col titolo di Gerusalemme liberata in 20 canti. Sorregge l’intero racconto
l’opposizione tra cielo e inferno, Dio e Satana, cristiani e mussulmani, facoltà razionali e passioni
terrene. In questo quadro sarà il fine religioso della guerra a permettere la trasformazione dei
personaggi da semplici cavalieri a milites Christi: dalla cortesia cavalleresca si passa alle armi
pietose, all’uso della forza legittimata dal fine della missione, cioè la conquista di Gerusalemme.
Goffredo, capitano eletto da Dio, è l’incarnazione del cavaliere pio e cristiano che ha saputo
comprendere la natura della sua missione. La necessità di Goffredo si accompagna a quella di
Rinaldo: l’uno è indispensabile come guida dell’esercito, l’altro come espressione della forza fisica.
Nel campo avversario si registra l’assenza di un potere forte, capace di coordinare tutte le forze:
Aladino, appare sfiduciato e pronto ad accogliere il destino negativo che la storia sembra avergli
assegnato; Argante combatte prima per sé che per la sua patria, invidioso di chi tra i suoi compagni
può fargli ombra. Un ruolo significativo per la scansione del racconto è affidato all’alternanza tra
giorno e notte e alla divisione del racconto in canti. Se sul fronte lessicale le scelte cadono su
latinismi, arcaismi e forme rare e inusuali, sul piano della sintassi Tasso viola l’ordine del discorso
attraverso inversioni, dislocazioni (“parlar disgiunto”).

Canto Primo: nelle prime ottave il narratore precisa l’argomento, invoca le muse e indica il
dedicatorio dell’opera (Alfonso II d’Este). La narrazione prende avvio con la visione di Dio che
osserva i suoi uomini ormai prossimi a Gerusalemme e decide che bisogna eleggere un capitano:
vede solo in Goffredo la purezza d’animo e la virtù necessaria per ricoprire il ruolo. Manda sulla
terra l’arcangelo Gabriele che appare in sogno a Goffredo e gli rende noto l’ordine di Dio. Goffredo
risvegliatosi indice un’assemblea e spiega la necessità di eleggere un capitano: Pietro l’Eremita,
guida spirituale delle truppe, propone Goffredo che viene eletto per acclamazione unanime. Il
giorno seguente Goffredo mette in marcia il suo esercito e invia un messaggero presso la corte greca
per sollecitare l’arrivo di Sveno, principe danese, che dovrà fornire un soccorso alle forze cristiane.

Canto secondo: per proteggere la città il mago Ismeno suggerisce al re Aladino di rubare
un’immagine della Vergine dal tempio dei cristiani e nasconderla in una moschea. L’immagine
sparisce dalla moschea e per evitare le punizioni che il re minaccia all’intera popolazione cristiana
della città, Sofronia si autoaccusa del furto dichiarando di aver bruciato l’immagine per non farla
cadere in mani indegne. Giunge dal re Olindo, segretamente innamorato di Sofronia, che si accusa
anch’egli del furto. Il re condanna entrambi al rogo. Giunge a Gerusalemme Clorinda, una guerriera
che si convince quasi per istinto che Sofronia è innocente e ne chiede la grazia al re in cambio del
proprio aiuto. I due giovani si salvano ma sono costretti ad abbandonare la città: Sofronia sposerà
Olindo. Nel campo cristiano giungono per conto del re d’Egitto Alete e Argante allo scopo di
negoziare la pace. Goffredo congeda i due messaggeri dopo aver concesso loro doni.

Canto terzo: l’esercito cristiano arriva nei pressi di Gerusalemme e si hanno i primi scontri militari.
La scena viene osservata dalle mura della città da Erminia, principessa del regno di Antiochia
abbattuto da Tancredi, di cui è segretamente innamorata. Sul campo di battaglia avviene l’incontro
tra Tancredi e Clorinda. Tancredi chiede a Clorinda di sfidarlo a duello fuori dalla mischia e non
appena si ritrova da solo con lei si dichiara. Sopraggiunge un soldato che la sta per colpire ed è
salvata da Tancredi che insegue l’aggressore. Sul campo Argante uccide Dudone, capitano della
schiera degli avventurieri. Rinaldo lancia un nuovo attacco per avere vendetta ma è fermato da
Goffredo. Mentre l’esercito cristiano va organizzando l’accampamento si svolgono le esequie
funebri di Dudone.

Canto quarto: negli inferi Plutone (nome adottato da Tasso per indicare Lucifero) convoca un
concilio costituito da furie, mostri e creature deformi che tenteranno di rompere la coesione
dell’esercito crociato facendo leva sulle debolezze dei singoli cavalieri. Arriva nel campo cristiano
Armida che ha il compito di allontanare il maggior numero di cavalieri cristiani. Armida racconta
una storia falsa: sarebbe una erede al trono costretta a un matrimonio infelice da uno zio cinico e
violento ed è alla ricerca di aiuto. Molti dei soldati si mostrano impazienti di prestarle aiuto,
nascondendo sotto il falso pretesto dell’onore cavalleresco la passione amorosa (tra questi il fratello
di Goffredo, Eustazio). Goffredo che ha intuito il pericolo rifiuta il soccorso ma poi accetta che un
drappello di dieci cavalieri segua la donna. Armida fa sfoggio di tutta la sua abilità di seduttrice con
il segreto progetto di trascinare con sé più di dieci uomini.
Canto quinto: Goffredo propone al drappello degli avventurieri di eleggere un successore di
Dudone per lasciare a questi il compito della scelta. Eustazio offre a Rinaldo l’incarico chiedendogli
in cambio di essere tra i dieci accompagnatori. Rinaldo accetta ma si oppone il principe norvegese
Gernando che istigato dalle furie infernali accusa Rinaldo di usurpare il titolo di capitano, che
dovrebbe spettare a lui. Si giunge allo scontro e Rinaldo accecato dall’ira uccide il rivale. Si apre
una sorte di processo con Arnalto nelle vesti della pubblica accusa e Tancredi in qualità di
difensore. Tancredi convince Rinaldo a fuggire assicurandolo che in futuro l’esercito cristiano avrà
bisogno di lui. Goffredo decide di far estrarre a sorte il nome dei dieci avventurieri. Armida parte
seguita dalla scorta ma viene raggiunta da altri cavalieri.

Canto sesto: Argante propone al re Aladino di decidere le sorti della guerra con un singolo duello
ma il re dice che di lì a poco sarebbe arrivato a sostegno della causa mussulmana Solimano con le
sue truppe. Argante chiede e ottiene di sfidare a duello i crociati come cavaliere privato. Goffredo
elegge Tancredi come sfidante di Argante. Mentre quest’ultimo attende sul campo, Tancredi viene
rapito dalla visione di Clorinda. Ottone sfida Argante ricevendo una sconfitta. Tancredi scende a
sfidare Argante. La notte impone che il duello sia interrotto e si stabilisce che venga ripreso dopo
sei giorni. Erminia è in pena per le sorti di Tancredi e decide di travestirsi con le armi di Clorinda
per uscire da Gerusalemme. Manda uno scudiero a fare un’ambasciata presso Tancredi e questi
credendo che il messaggio provenga da Clorinda si rallegra. Erminia viene avvistata da due soldati
cristiani, Alcandro e Poliferno, che scambiandola per Clorinda la inseguono e la costringono alla
fuga.

Canto settimo: Erminia vaga fino ad arrivare presso un bosco, un luogo pastorale e viene accolta
dai pastori. Tancredi va alla ricerca di quella che pensava essere Clorinda e smarritosi nella selva
raggiunge un castello governato dalla maga Armida. Qui affronta in duello Rambaldo, uno dei dieci
avventurieri. Il duello sta per volgere a vantaggio di Tancredi e Armida lo intrappola con arti
magiche. Arrivato il giorno del duello Argante arriva nel luogo stabilito ma si deve trovare un
sostituto poiché Tancredi è assente e viene estratto a sorte Raimondo. Le forze infere intervengono
in soccorso di Argante: fanno ferire Raimondo da un arciere e poi scatenano una tempesta.

Canto ottavo: le furie infernali osservano l’arrivo presso il campo cristiano di Carlo, unico
sopravvissuto dell’esercito guidato da Sveno. Questi racconta che per volontà divina la spada di
Sveno deve essere consegnata a Rinaldo, che deve uccidere Solimano, assassino di Sveno. Le furie
decidono di far insorgere una rivolta interna: Aletto appare in sogno ad Argillano e lo convince che
Goffredo voglia privilegiare i Franchi a scapito dei soldati italiani, svizzeri e inglesi. Argillano agita
la sommossa e Goffredo lo fa imprigionare.
Canto nono: la furia Aletto prendendo le sembianze di un consigliere di Solimano lo incita ad
attaccare i cristiani; dopo di che Aletto va a Gerusalemme per dare notizia dell’attacco in modo che
anche l’esercito della città possa scendere in campo. Prende avvio la battaglia e interviene Dio:
l’arcangelo Michele intima loro il divieto di prendere parte alla battaglia. Quando i demoni
abbandonano i cieli, la battaglia volge a favore delle forze cristiane. Argillano fugge dalla sua
prigione e uccide Lesbino, paggio di Solimano che a sua volta uccide Argillano. L’arrivo di un
drappello di cinquanta cavalieri cristiani indebolisce la resistenza delle forze di Solimano.

Canto decimo: il canto prende avvio con la fuga di Solimano verso l’Egitto. Il mago Ismeno lo
invita a raggiungere Gerusalemme. Solimano assiste, non visto, al consiglio convocato da Aladino.
Intervengono Argante, fiducioso in uno scontro fino all’ultimo sangue e Orcano che propone di
venire a patti con i cristiani. Solimano si presenta al re e dà nuova fiducia a Gerusalemme. Nel
campo cristiano i cinquanta cavalieri sfuggiti raccontano le loro peripezie vissute al seguito della
maga Armida capace di mutarli in animali e riferiscono di essere stati liberati da Rinaldo.

Canto undicesimo: Goffredo decide di tentare l’assedio di Gerusalemme. L’assalto è preceduto da


una processione dei soldati crociati presso il monte Oliveto con lo scopo di invocare la grazia divina
e di ribadire il fine sacro della loro missione militare. Goffredo si presenta alla battaglia nelle vesti
di fante e dopo aver sistemato i suoi uomini dà il via all’attacco. Goffredo viene colpito da una
freccia e sarà un nuovo intervento divino a sanare il capitano attraverso l’angelo custode. Goffredo
torna sul campo di battaglia ma lo scontro deve essere sospeso per il sopraggiungere della notte.

Canto dodicesimo: Clorinda decide di tentare un’impresa eroica uscendo di notte dalla città per
dare alle fiamme la macchina da guerra che i cristiani non erano riusciti a trascinare all’interno del
loro accampamento. Clorinda affronta la missione a fianco di Argante. Usciti dalla città, i due
raggiungono la torre e riescono a darla alle fiamme. Mentre Argante riesce a rientrare nella città,
Clorinda ne resta esclusa e cerca di raggiungere un’altra porta di Gerusalemme ma viene inseguita e
bloccata da Tancredi. Ha inizio il duello tra i due al termine del quale Tancredi, non sapendolo,
uccide la donna trafiggendola al seno. Clorinda in punto di morte chiede di essere battezzata e
quando Tancredi le toglie l’elmo scopre la vera identità del cavaliere. Clorinda muore e Tancredi si
abbandona a propositi di suicidio. Il canto si chiude con i propositi di vendetta di Argante.

Canto tredicesimo: il mago Ismeno per impedire ai cristiani di procurarsi il legname necessario a
costruire nuove macchine da guerra trasforma la foresta di Saron in un inferno popolato da demoni
e comunica ad Aladino che sta per giungere una tremenda aridità destinata a indebolire la resistenza
dei crociati. La foresta si rivela ostile e impenetrabile, suscita paure e fantasmi che impediscono ai
soldati di procedere (Tancredi fugge di fronte al fantasma di Clorinda). Le preoccupazioni di
Goffredo sono risolte da una profezia di Pietro l’Eremita: destinato a violare l’incantesimo della
selva è Rinaldo.

Canto quattordicesimo: a Goffredo appare in sogno Ugone il quale gli dirà di essere destinato a
far parte delle milizie celesti del paradiso e chiarisce che per volontà di Dio a Rinaldo spetta il
compito di eseguire gli ordini impartiti da lui. Goffredo si sveglia e arriva Guelfo a chiedere grazia
per suo nipote Rinaldo. Si organizza la spedizione per andare a riprendere il cavaliere. A Carlo e
Ubaldo (cavalieri designati per riportare Rinaldo), Pietro indica il percorso da compiere e la guida:
il mago d’Ascalona. Il mago svela ai due cavalieri le peripezie vissute da Rinaldo: il suo destino si è
intrecciato con quello di Armida. La maga dopo aver messo in scena per i soldati crociati una finta
morte di Rinaldo, lo ha attirato nei pressi di un’isola magica e fattolo addormentare si sarebbe
voluta vendicare ma la bellezza di Rinaldo ha provocato nella donna una metamorfosi. Decide di
vivere questa passione nelle isole Fortunate dove costruisce un palazzo magico.

Canto quindicesimo: Carlo e Ubaldo partono a bordo della nave guidata dalla Fortuna. Le ottave
successive costituiscono un itinerario geografico: i due cavalieri vedono l’esercito egiziano che si
prepara per muovere l’attacco ai crociati; vedono le rovine di Cartagine; solcano le colonne
d’Ercole. Giunti all’isola di Armida i due cavalieri partono per raggiungere Rinaldo. Gli ostacoli
che si frappongono alla loro avanzata sono quelli previsti dal mago d’Ascalona: un serpente, una
schiera di mostri deformi, la fontana del riso e il canto delle sirene.

Canto sedicesimo: Carlo e Ubaldo, immuni da ogni magia e inganno grazie al mago d’Ascalona,
entrano nel palazzo e si trovano in un giardino: qui un pappagallo innalza un inno al carpe diem,
ovvero al godimento delle bellezze della vita. Carlo e Ubaldo penetrano nel giardino dove Armida e
Rinaldo vivono la loro passione. Vedono Rinaldo che contempla Armida mentre si specchia. Carlo
e Ubaldo approfittano dell’assenza della maga per risvegliare Rinaldo: gli porranno di fronte uno
scudo che farà vedere al cavaliere la sua immagine riflessa ma priva dell’alone magico che circonda
il luogo. Rinaldo si risveglia e Ubaldo gli ricorda il vero obiettivo della sua missione. Armida si
precipita in giardino ma Rinaldo è deciso a partire. Armida sviene senza sentire le parole di
consolazione che le rivolge il cavaliere. Risvegliatasi, Armida si lascia andare alla disperazione ma
resta vivo in lei il desiderio di vendetta: fatto sparire il palazzo, parte per unirsi alle forze del re
d’Egitto.

Canto diciassettesimo: viene presentata la figura del re d’Egitto e il suo esercito in procinto di
muoversi verso Gerusalemme per attaccare le forze crociate. Armida si promette in sposa a chi
riuscirà a portarle la testa di Rinaldo. Rinaldo giunge presso la spiaggia di Ascalona dove il mago
gli consegna le sue nuove armi e gli ricorda i suoi doveri di cavaliere cristiano. Il mago illustra al
cavaliere la sua dinastia ritratta nello scudo che gli ha appena affidato. Carlo gli offre la spada di
Sveno che per volontà divina doveva essere affidata a lui. Si avviano verso il campo cristiano e il
mago d’Ascalona profetizza il glorioso futuro di Alfonso d’Este.

Canto diciottesimo: Pietro l’Eremita spinge Rinaldo a compiere il rito purificatore della preghiera
e della meditazione. Salito presso il monte Oliveto, Rinaldo espia le sue colpe ed è pronto a mettersi
al servizio dell’esercito crociato: entra nella selva di Saron per procurare il legname necessario a
costruire le macchine da guerra. Appare il fantasma di Armida ma Rinaldo è in grado di vincere il
prodigio e di abbattere tutti i fantasmi della sua anima. Non appena rientra al campo i cristiani
iniziano a costruire le macchine da guerra. Goffredo viene a conoscenza dell’arrivo dell’esercito
egiziano e decide di preparare un attacco su tre fronti: i cristiani sferrano l’attacco e Rinaldo decide
di salire le mura della città, pronto a sfondare le linee avversarie per porre, per primo, la bandiera
crociata a vessillo della vittoria ormai raggiunta. Goffredo in cielo vede le milizie celesti e i
compagni caduti che collaborano all’espugnazione della città. Le porte di Gerusalemme sono aperte
e i cristiani ne diventano padroni.

Canto diciannovesimo: Argante e Tancredi si allontanano dalla battaglia per combattere. Argante
viene ucciso da Tancredi che debilitato per le molte ferite sviene. Mentre sta per avvenire lo scontro
tra Rinaldo e Solimano, Goffredo richiama le truppe per l’arrivo della notte. Nel campo egiziano
giunge la spia Vafrino che viene riconosciuto da Erminia poiché al tempo della sua prigionia ad
Antiochia aveva avuto Vafrino come custode e carceriere. La donna si offre di aiutarlo a patto che
la conduca al campo cristiano perché vuole rivedere Tancredi e gli dice di conoscere il piano del
complotto contro Goffredo. Mentre stanno per raggiungere Gerusalemme incappano in due uomini:
sono Argante e Tancredi che Erminia cura salvandogli la vita. Tornati a Gerusalemme Vafrino
riferisce a Goffredo le notizie raccolte.

Canto ventesimo: l’arrivo dell’esercito egiziano allerta i cristiani che si dispongono per la
battaglia: Raimondo aiutato da Tancredi conquista la rocca e uccide il re Aladino; Rinaldo
sconfigge Solimano provocando la fuga dell’esercito egiziano. Rinaldo poi si lancia
all’inseguimento di Armida e quando questa sta per togliersi la vita, la salva. La guerra volge al
termine: Goffredo uccide il capitano Emireno e va presso il Santo Sepolcro a sciogliere il voto che
aveva mosso lui e l’esercito verso la città santa.

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