Sei sulla pagina 1di 152

INTRODUZIONE

Il tema di questa tesi è il mito di Marsia nell’immaginario antico. La vastità e la complessità


dell’argomento ha determinato una restrizione del periodo cronologico preso in esame.
Partendo dalle prime testimonianze di V sec a.C. fino alla fine del IV sec. circa si è cercato di
delineare la nascita del mito, le sue rappresentazioni, con particolare attenzione alle diverse
versioni che il mito e le sue immagini hanno avuto nel tempo e nello spazio.
Le testimonianze letterarie e quelle figurative del mito di Marsia sono state analizzate
separatamente; le immagini sono state raggruppate in cinque principali schemi iconografici e
sono state ricostruite le tappe fondamentali segnate nella storia degli studi.
Lo studio dell’arte greco-romana è da sempre stata a metà strada tra archeologia e storia
dell’arte, ma molto è cambiato rispetto all’inizio dell’800. Soprattutto a partire dagli anni ’60
del secolo scorso con la New Archeology e negli anni ’80 con in movimento post-
processualista o contestuale gli studiosi si sono posti nuovi obiettivi e sfide.
In particolare gli studi iconografici del mondo antico degli ultimi anni hanno perfezionato gli
strumenti euristici di lettura ed elaborato un metodo più scientifico nella lettura dell’immagine
con notevoli risultati negli studi della scuola francese ed italiana, legandola al contesto
culturale e sociale.
La difficoltà maggiore nello studio delle immagini però è dovuta al trafugamento dei reperti o
lo scavo non sistematico degli anni passati che non permette di delineare con precisione il
luogo di provenienza. Nei casi in cui i riferimenti sono più precisi alcuni studiosi hanno posto
nuove problematiche tuttora non ancora risolte, sulla circolazione di idee attraverso i vasi
figurati e sui problemi di produzione e circolazione di oggetti e di immagini.
Quando si parla di mito dobbiamo considerare, inoltre, che i Greci sintetizzavano in esso tutti
i loro ideali e i loro valori, con connotazioni spesso politiche. L’idea del bello, della
perfezione e della polis sono le chiavi di lettura per parlare dell’età classica in Grecia. In
questa direzione si può leggere il confronto tra Atena e Apollo, divinità ateniesi, ed il barbaro
Marsia. Per le produzioni italiche il discorso si fa più complesso perché nelle testimonianze
figurate si seguono anche altre tradizioni e il mito greco assume connotazioni diverse.
Entrambe le tradizioni saranno poi assorbite dal mondo romano che esula però dai limiti
cronologici di questa tesi.

1
CAPITOLO I
Le fonti letterarie

a) I documenti

Melanippide di Melo: “Marsia”

aJ me;n ÆAqavna
tw[rganÆ e[rriyevn qÆ iJera'" ajpo; ceiro;"
ei\pev tÆ ‘e[rretÆ ai[scea, swvmati luvma,
ejme; dÆ ejgw; kakovtati divdwmi.

Atena scagliò gli strumenti dalle sue sacre mani e disse: “ Che siate dannati, oggetti
vergognosi, oltraggio del mio corpo, io non mi concedo a una simile bassezza”.1

Erodoto VII 26,3

OiJ de; ejpeivte diabavnte" to;n ÓAlun potamo;n wJmivlhsan th/'


Frugivh/, diÆ aujth'" poreuovmenoi paregevnonto ej" Kelainav",
i{na phgai; ajnadidou'si Maiavndrou potamou' kai; eJtevrou oujk
ejlavssono" h] Maiavndrou, tw/' ou[noma tugcavnei ejo;n Katar-
rhvkth", o}" ejx aujth'" th'" ajgorh'" th'" Kelainevwn ajnatevllwn
ej" to;n Maivandron ejkdidoi': ejn th/' kai; oJ tou' Silhnou'
Marsuvew ajsko;" »ejn th/' povli¼ ajnakrevmatai, to;n uJpo;
Frugw'n lovgo" e[cei uJpo; ÆApovllwno" ejkdarevnta ajnakre-
masqh'nai.

(Traduzione a cura di Aristide Colonna e Fiorenza Bevilaqua)

Varcato il fiume Alis,entrarono in Frigia e, avanzando attraverso questa regione , giunsero a


Celene, dove sgorgano le sorgenti del Meandro,e di un altro fiume non meno importante del
Meandro,che si chiama Catarracte, e che scaturisce proprio dalla piazza principale di Celene
per poi gettarsi nel Meandro. Là sta appeso l’otre fatto con la pelle del sileno Marsia:costui, a
quanto narrano i Frigi, fu scorticato da Apollo e la sua pelle fu da lui appesa in quel luogo.

1
DENTI, 1991, p.164.

2
Pindaro, Pitica XII

12.) {2AV} Aijtevw se, filavglae, kallivsta brotea'n polivwn,


Fersefovna" e{do", a{ tÆ o[cqai" e[pi mhlobovtou
naivei" ÆAkravganto" eju?dmaton kolwvnan, w\ a[na,
i{lao" ajqanavtwn ajndrw'n te su;n eujmeniva/
devxai stefavnwma tovdÆ ejk Puqw'no" eujdovxw/ Mivda/ (5)
aujtovn te nin ïEllavda nikavsanta tevcna/, tavn pote
Palla;" ejfeu're qraseia'n ‹GorgovnwnÌ
ou[lion qrh'non diaplevxaisÆ ÆAqavna:
{2BV} to;n parqenivoi" uJpov tÆ ajplavtoi" ojfivwn kefalai'"
a[i>e leibovmenon duspenqevi> su;n kamavtw/, (10)
Perseu;" oJpovte trivton a[usen kasignhta'n mevro"
ejnnaliva/ Seriv+fw/ laoi'siv te moi'ran a[gwn.
h[toi tov te qespevsion FovrkoiÆ ajmauvrwsen gevno",
lugrovn tÆ e[ranon Poludevkta/ qh'ke matrov" tÆ e[mpedon
doulosuvnan tov tÆ ajnagkai'on levco", (15)
eujparavou kra'ta sulavsai" Medoivsa"
{2GV} uiJo;" Danava", to;n ajpo; crusou' fame;n aujtoruvtou
e[mmenai. ajllÆ ejpei; ejk touvtwn fivlon a[ndra povnwn
ejrruvsato parqevno" aujlw'n teu'ce pavmfwnon mevlo",
o[fra to;n Eujruavla" ejk karpalima'n genuvwn (20)
crimfqevnta su;n e[ntesi mimhvsaitÆ ejrik lavgktan govon.
eu|ren qeov": ajllav nin euJroi'sÆ ajndravsi qnatoi'" e[cein,
wjnuvmasen kefala'n polla'n novmon,
eujklea' laossovwn mnasth'rÆ ajgwvnwn,
{2DV} leptou' dianisovmenon calkou' qama; kai; donavkwn, (25)
toi; para; kallivcoron naivoisi povlin Carivtwn
Kafisivdo" ejn temevnei, pistoi; coreuta'n mavrture".
eij dev ti" o[lbo" ejn ajnqrwvpoisin, a[neu kamavtou
ouj faivnetai: ejk de; teleutavsei nin h[toi savmeron
daivmwn—to; de; movrsimon ouj parfuktovn—, ajllÆ e[stai
crovno" (30)
ou|to", o} kaiv tinÆ ajelptiva/ balwvn
e[mpalin gnwvma" to; me;n dwvsei, to; dÆ ou[pw.

3
(Traduzione di Bruno Gentili)

Ti chiedo, amica di splendore,


bellissima fra le città mortali,
dimora di Persefone, che stai
sulle rive dell’Acràgas
che nutre le tue greggi,
accogli benigna, o sovrana,
col favore dei numi e dei suoi uomini
questa corona da Pito 5
per Mida illustre.
e lui stesso vincitore dei Greci
nell’arte che un giorno trovò,
intrecciando il funereo lamento
delle violente Gòrgoni, Pallade Atena;

dai loro capi di vergini


e dalle teste inaccessibili dei serpi
ella l’udiva strillare 10
con luttuoso travaglio,
quando la terza parte
delle sorelle Perseo eliminò
recando rovina
a Sèrifo marina e al suo popolo.
Così fiaccò la stirpe mostruosa di Forco
e volse in lutto a Polidette
il convito e il costante servaggio
della madre e l’imposto connubio 15
poi ch’ebbe rapito
il capo di Medusa dalle forti gote

il figlio di Danae che nacque, si dice,


dall’oro che piovve spontaneo.
Ma quando da queste fatiche
Ebbe salvato l’eroe diletto,
una melodia la vergine compose
con tutte le voci dell’aulo,
per imitare con lo strumento
il lamento sonoro scaturito
dalle mascelle frenetiche di Euriale. 20
La dea la trovò e trovatala
ne fece dono aagli uomini mortali,
la chiamò aria delle molte teste,
glorioso incentivo alle gare
che adunano il popolo;

essa percorre il bronzo sottile 25


e insieme le ance di canna
che vive presso la città delle Càriti
dai bei cori, nel sacro recinto
della ninfa Cefisia,
fedeli testimoni dei coreuti.
Se c’è felicità fra gli uomnini
non appare mai senza fatica;
o in questo giorno potrò adempirla il dio
-certo, non si sfugge al destino- 30
ma vi sarò un tempo, questo,
che con un colpo imprevisto
anche a taluno darà un esito inatteso.
e non l’altro.

4
Platone, Repubblica III 399 d-e

Trigwvnwn a[ra kai; phktivdwn kai; pavntwn ojrgavnwn o{sa


d.) poluvcorda kai; poluarmovnia, dhmiourgou;" ouj qrevyomen.
Ouj fainovmeqa.
Tiv devÉ aujlopoiou;" h] aujlhta;" paradevxh/ eij" th;n povlinÉ h]
ouj tou'to polucordovtaton, kai; aujta; ta; panarmovnia aujlou'
tugcavnei o[nta mivmhmaÉ
Dh'la dhv, h\ dÆ o{".
Luvra dhv soi, h\n dÆ ejgwv, kai; kiqavra leivpetai »kai;¼ kata;
povlin crhvsima: kai; au\ katÆ ajgrou;" toi'" nomeu'si suvrigx a[n
ti" ei[h.
ïW" gou'n, e[fh, oJ lovgo" hJmi'n shmaivnei.
(e.) Oujdevn ge, h\n dÆ ejgwv, kaino;n poiou'men, w\ fivle, krivnonte"
to;n ÆApovllw kai; ta; tou' ÆApovllwno" o[rgana pro; Marsuvou
te kai; tw'n ejkeivnou ojrgavnwn.
Ma; Diva, h\ dÆ o{", ou[ moi fainovmeqa.
Kai; nh; to;n kuvna, ei\pon, lelhvqamevn ge diakaqaivronte"
pavlin h}n a[rti trufa'n e[famen povlin.
Swfronou'ntev" ge hJmei'", h\ dÆ o{".
ÒIqi dhv, e[fhn, kai; ta; loipa; kaqaivrwmen. eJpovmenon ga;r
dh; tai'" aJrmonivai" a]n hJmi'n ei[h to; peri; rJuqmouv", mh; poikivlou"
aujtou;" diwvkein mhde; pantodapa;" bavsei", ajlla; bivou rJuqmou;"
ijdei'n kosmivou te kai; ajndreivou tivne" eijsivn: ou}" ijdovnta

(Traduzione di Vegetti)

“Allora non daremo di che vivere agli artigiani fabbricanti


di trigoni, di pettidi e di tutti gli strumenti a molte corde e po- [d]
liarmonici”.
“ Non pare lo faremo”.
“ E poi, accoglierai nella città fabbricanti e suonatori di
flauto?O non è questo per eccellenza lo strumento “con molte
corde”, e gli stessi strumenti panarmonici non si trovano ad
essere imitazioni del flauto?”.
“ E’ chiaro”, disse.
“Ti restano dunque, dissi io, la lira e la cetra utili in città;
poi,per i pastori in campagna, ci sarebbe una sorta di siringa”.
“Stando almeno, disse, a quel che ci indica il nostro discor-
so”.
“Cero amico mio, dissi, non facciamo niente di nuovo, [e]
Giudicando Apollo e gli strumenti di Apollo migliori di Marsia
e dei suoi strumenti”.
“Per Zeus, disse, a me non pare”.

5
Platone Simposio,215 a-216

Swkravth dÆ ejgw; ejpainei'n, w\ a[ndre", ou{tw" ejpiceirhvsw,


diÆ eijkovnwn. ou|to" me;n ou\n i[sw" oijhvsetai ejpi; ta; geloiovtera,
e[stai dÆ hJ eijkw;n tou' ajlhqou'" e{neka, ouj tou' geloivou. fhmi;
ga;r dh; oJmoiovtaton aujto;n ei\nai toi'" silhnoi'" touvtoi" toi'"
(b.) ejn toi'" eJrmoglufeivoi" kaqhmevnoi", ou{stina" ejrgavzontai oiJ
dhmiourgoi; suvrigga" h] aujlou;" e[conta", oi} dicavde dioicqevnte"
faivnontai e[ndoqen ajgavlmata e[conte" qew'n. kai; fhmi; au\
ejoikevnai aujto;n tw/' satuvrw/ tw/' Marsuva/. o{ti me;n ou\n tov ge
ei\do" o{moio" ei\ touvtoi", w\ Swvkrate", oujdÆ aujto;" a[n pou
ajmfisbhthvsai": wJ" de; kai; ta\lla e[oika", meta; tou'to a[koue.
uJbristh;" ei\: h] ou[É eja;n ga;r mh; oJmologh/'", mavrtura" par-
evxomai. ajllÆ oujk aujlhthv"É poluv ge qaumasiwvtero" ejkeivnou.
(c.) oJ mevn ge diÆ ojrgavnwn ejkhvlei tou;" ajnqrwvpou" th/' ajpo; tou'
stovmato" dunavmei, kai; e[ti nuni; o}" a]n ta; ejkeivnou aujlh/'—a} ga;r
ÒOlumpo" hu[lei, Marsuvou levgw, touvtou didavxanto"—ta; ou\n
ejkeivnou ejavnte ajgaqo;" aujlhth;" aujlh/' ejavnte fauvlh aujlhtriv",
movna katevcesqai poiei' kai; dhloi' tou;" tw'n qew'n te kai;
teletw'n deomevnou" dia; to; qei'a ei\nai. su; dÆ ejkeivnou tosou'ton
movnon diafevrei", o{ti a[neu ojrgavnwn yiloi'" lovgoi" taujto;n
(d.) tou'to poiei'". hJmei'" gou'n o{tan mevn tou a[llou ajkouvwmen
levgonto" kai; pavnu ajgaqou' rJhvtoro" a[llou" lovgou", oujde;n
mevlei wJ" e[po" eijpei'n oujdeniv: ejpeida;n de; sou' ti" ajkouvh/ h] tw'n
sw'n lovgwn a[llou levgonto", ka]n pavnu fau'lo" h/\ oJ levgwn,
ejavnte gunh; ajkouvh/ ejavnte ajnh;r ejavnte meiravkion, ejkpeplh-
gmevnoi ejsme;n kai; katecovmeqa. ejgw; gou'n, w\ a[ndre", eij mh;
e[mellon komidh/' dovxein mequvein, ei\pon ojmovsa" a]n uJmi'n oi|a dh;
pevponqa aujto;" uJpo; tw'n touvtou lovgwn kai; pavscw e[ti kai;
(e.) nuniv. o{tan ga;r ajkouvw, poluv moi ma'llon h] tw'n koruban-
tiwvntwn h{ te kardiva phda/' kai; davkrua ejkcei'tai uJpo; tw'n
lovgwn tw'n touvtou, oJrw' de; kai; a[llou" pampovllou" ta;
aujta; pavsconta": Periklevou" de; ajkouvwn kai; a[llwn ajgaqw'n
rJhtovrwn eu\ me;n hJgouvmhn levgein, toiou'ton dÆ oujde;n e[pascon,
oujdÆ ejteqoruvbhtov mou hJ yuch; oujdÆ hjganavktei wJ" ajndrapodw-
dw'" diakeimevnou, ajllÆ uJpo; toutouiÖ tou' Marsuvou pollavki" dh;
216.
(a.) ou{tw dietevqhn w{ste moi dovxai mh; biwto;n ei\nai e[conti wJ"
e[cw. kai; tau'ta, w\ Swvkrate", oujk ejrei'" wJ" oujk ajlhqh'. kai;
e[ti ge nu'n suvnoidÆ ejmautw/' o{ti eij ejqevloimi parevcein ta; w\ta,
oujk a]n karterhvsaimi ajlla; taujta; a]n pavscoimi. ajnagkavzei
gavr me oJmologei'n o{ti pollou' ejndeh;" w]n aujto;" e[ti ejmautou'
me;n ajmelw', ta; dÆ ÆAqhnaivwn pravttw. biva/ ou\n w{sper ajpo;
tw'n Seirhvnwn ejpiscovmeno" ta; w\ta oi[comai feuvgwn, i{na mh;
aujtou' kaqhvmeno" para; touvtw/ kataghravsw. pevponqa de;
(b.) pro;" tou'ton movnon ajnqrwvpwn, o} oujk a[n ti" oi[oito ejn ejmoi;
ejnei'nai, to; aijscuvnesqai oJntinou'n: ejgw; de; tou'ton movnon
aijscuvnomai. suvnoida ga;r ejmautw/' ajntilevgein me;n ouj duna-
mevnw/ wJ" ouj dei' poiei'n a} ou|to" keleuvei, ejpeida;n de; ajpevlqw,
hJtthmevnw/ th'" timh'" th'" uJpo; tw'n pollw'n. drapeteuvw ou\n
aujto;n kai; feuvgw, kai; o{tan i[dw, aijscuvnomai ta; wJmologhmevna.
(c.) kai; pollavki" me;n hJdevw" a]n i[doimi aujto;n mh; o[nta ejn ajnqrwvpoi":

«Signori miei, proverò a lodare Socrate così, per immagini. Lui crederà forse che io voglia
rappresentarlo in modo ridicolo. Ma l'immagine avrà di mira il vero e non il riso. Dico, dunque, che egli
assomiglia moltissimo a quei Sileni, esposti nelle botteghe degli scultori, che gli artigiani costruiscono
con zampogne e flauti in mano, e che, quando vengono aperti in due, rivelano di contenere dentro
immagini di dèi. Dico, poi, che assomiglia al satiro Marsia. In verità, che nell'aspetto sei simile a questi,
neppure tu, Socrate, potresti contestarlo. Che, poi, tu assomigli a loro anche in altre cose, ora sta' a
sentirlo. Sei arrogante, no? Se non lo ammetti, porterò qui dei testimoni. E non sei forse un flautista? An-

6
zi, molto più meraviglioso di quello. Marsia incantava gli uomini per mezzo di strumenti, con la potenza
che gli veniva dalla bocca; e così fa ancora oggi chi suona col flauto le sue melodie - io dico che le
melodie che suonava Olimpo sono di Marsia, che gliele ha insegnate -; le sue melodie, dunque, sia che le
suoni un bravo flautista sia una flautista mediocre, da sole inducono in uno stato di possessione e
manifestano chi ha bisogno degli dei e di essere iniziato ai misteri, perché sono divine. Tu sei diverso da
lui solo in questo: senza usare strumenti, produci lo stesso effetto con le nude parole. Quando noi
ascoltiamo un altro oratore, anche se molto bravo, fare altri discorsi, non importa, per così dire, un bel
niente; quando invece uno ascolta te, o un altro che riferisce i tuoi discorsi, anche se chi parla è di scarso
valore, sia che li ascolti una donna, o un uomo, o un giovanetto, ne restiamo tutti turbati e posseduti. Se
non rischiassi - amici - di sembrare del tutto ubriaco, vi direi, giurando, che cosa hanno provocato in me
i discorsi di quest'uomo, e cosa continuo a provare anche ora. Quando io lo ascolto, a causa delle sue
parole, mi balza il cuore e mi vengono le lacrime, molto più che ai coribanti; e vedo che moltissimi altri
< provano le stesse cose. Quando ascoltavo Pericle e altri bravi oratori pensavo certo che parlassero
bene, ma non provavo nulla di simile, né la mia anima era in tumulto, né si arrabbiava, come se io mi
trovassi nelle condizioni di schiavo. Ma nel sentire questo Marsia qui, più volte sono stato tratto in una
situazione tale da pensare di non poter più vivere, nello stato in cui mi trovo. E queste cose, Socrate, non
dirai che non sono vere. E anche ora sono consapevole che, se volessi prestargli orecchio, non saprei
resistergli, ma proverei le medesime cose. Mi costringe infatti ad ammettere che, pur avendo molte
mancanze, trascuro ancora me stesso e mi occupo, invece, delle cose degli Ateniesi. A forza, quindi,
come dalle Sirene, turandomi le orecchie mi allontano fuggendo, perché non voglio invecchiare seduto
vicino a lui. Solo nei confronti di quest'uomo ho provato quello che nessuno penserebbe esserci in me:
vergognarsi di fronte a qualcuno. Solo di fronte a lui provo vergogna. Sono ben consapevole infatti di
non poter contraddirlo, sostenendo che non bisogna fare ciò che egli dice; ma appena mi allontano da lui,
mi lascio sopraffare dagli onori che la moltitudine mi tributa. Perciò mi allontano da lui e fuggo.
«Signori miei, proverò a lodare Socrate così, per immagini. Lui crederà forse che io voglia
rappresentarlo in modo ridicolo. Ma l'immagine avrà di mira il vero e non il riso. Dico, dunque, che egli
assomiglia moltissimo a quei Sileni, esposti nelle botteghe degli scultori, che gli artigiani costruiscono
con zampogne e flauti in mano, e che, quando vengono aperti in due, rivelano di contenere dentro
immagini di dèi. Dico, poi, che assomiglia al satiro Marsia. In verità, che nell'aspetto sei simile a questi,
neppure tu, Socrate, potresti contestarlo. Che, poi, tu assomigli a loro anche in altre cose, ora sta' a
sentirlo. Sei arrogante, no? Se non lo ammetti, porterò qui dei testimoni. E non sei forse un flautista? An-
zi, molto più meraviglioso di quello. Marsia incantava gli uomini per mezzo di strumenti, con la potenza
che gli veniva dalla bocca; e così fa ancora oggi chi suona col flauto le sue melodie - io dico che le
melodie che suonava Olimpo sono di Marsia, che gliele ha insegnate -; le sue melodie, dunque, sia che le
suoni un bravo flautista sia una flautista mediocre, da sole inducono in uno stato di possessione e
manifestano chi ha bisogno degli dei e di essere iniziato ai misteri, perché sono divine. Tu sei diverso da
lui solo in questo: senza usare strumenti, produci lo stesso effetto con le nude parole. Quando noi
ascoltiamo un altro oratore, anche se molto bravo, fare altri discorsi, non importa, per così dire, un bel
niente; quando invece uno ascolta te, o un altro che riferisce i tuoi discorsi, anche se chi parla è di scarso
valore, sia che li ascolti una donna, o un uomo, o un giovanetto, ne restiamo tutti turbati e posseduti. Se
non rischiassi - amici - di sembrare del tutto ubriaco, vi direi, giurando, che cosa hanno provocato in me
i discorsi di quest'uomo, e cosa continuo a provare anche ora. Quando io lo ascolto, a causa delle sue
parole, mi balza il cuore e mi vengono le lacrime, molto più che ai coribanti; e vedo che moltissimi altri
< provano le stesse cose. Quando ascoltavo Pericle e altri bravi oratori pensavo certo che parlassero
bene, ma non provavo nulla di simile, né la mia anima era in tumulto, né si arrabbiava, come se io mi
trovassi nelle condizioni di schiavo. Ma nel sentire questo Marsia qui, più volte sono stato tratto in una
situazione tale da pensare di non poter più vivere, nello stato in cui mi trovo. E queste cose, Socrate, non
dirai che non sono vere. E anche ora sono consapevole che, se volessi prestargli orecchio, non saprei
resistergli, ma proverei le medesime cose. Mi costringe infatti ad ammettere che, pur avendo molte
mancanze, trascuro ancora me stesso e mi occupo, invece, delle cose degli Ateniesi. A forza, quindi,
come dalle Sirene, turandomi le orecchie mi allontano fuggendo, perché non voglio invecchiare seduto
vicino a lui. Solo nei confronti di quest'uomo ho provato quello che nessuno penserebbe esserci in me:
vergognarsi di fronte a qualcuno. Solo di fronte a lui provo vergogna. Sono ben consapevole infatti di
non poter contraddirlo, sostenendo che non bisogna fare ciò che egli dice; ma appena mi allontano da lui,
mi lascio sopraffare dagli onori che la moltitudine mi tributa. Perciò mi allontano da lui e fuggo.

7
Plutarco, Vita di Alciniade, II 5-7

(5.) dramei'n pro;" aujtovn. ejpei; dÆ eij" to; manqavnein h|ke, toi'" me;n
a[lloi" uJphvkoue didaskavloi" ejpieikw'", to; dÆ aujlei'n e[feu-
gen wJ" ajgenne;" kai; ajneleuvqeron: plhvktrou me;n ga;r kai;
luvra" crh'sin oujde;n ou[te schvmato" ou[te morfh'" ejleuqevrw/
prepouvsh" diafqeivrein, aujlou;" de; fusw'nto" ajnqrwvpou (5)
stovmati kai; tou;" sunhvqei" a]n pavnu movli" diagnw'nai to;
(6.) provswpon. e[ti de; th;n me;n luvran tw/' crwmevnw/ sumfqevg-
gesqai kai; suna/vdein, to;n dÆ aujlo;n ejpistomivzein kai; ajpo-
fravttein e{kaston, thvn te fwnh;n kai; to;n lovgon ajfairouv-
menon. aujleivtwsan ou\n e[fh Qhbaivwn pai'de": dialev-
gesqai ga;r oujk i[sasin: hJmi'n de; toi'" ÆAqhnaivoi", wJ" oiJ (5)
patevre" levgousin, ajrchgevti" ÆAqhna' kai; patrw/'o" ÆApovl-
lwn ejstivn, w|n hJ me;n e[rriye to;n aujlovn, oJ de; kai; to;n aujlhth;n
(7.) ejxevdeire. toiau'ta paivzwn a{ma kai; spoudavzwn oJ ÆAlki-
biavdh" auJtovn te tou' maqhvmato" ajpevsthse kai; tou;" a[llou".
tacu; ga;r dih'lqe lovgo" eij" tou;" pai'da", wJ" eu\ poiw'n oJ
ÆAlkibiavdh" bdeluvttoito th;n aujlhtikh;n kai; cleuavzoi tou;"
manqavnonta". o{qen ejxevpese komidh/' tw'n ejleuqerivwn diatri- (5)
bw'n kai; proephlakivsqh pantavpasin oJ aujlov".

[5] Quando poi andò a scuola, seguiva con attenzione tutti i maestri, ma rifiutava di suonare il
flauto dicendo che era un attività ignobile e illiberale; sosteneva infatti che l’uso del plettro e
della lira non comportava atteggiamenti o figure che non si addicessero ad un uomo libero,
mentre quando un uomo suona il flauto, persino i familiari durerebbero fatica a riconoscerne
il volto.
[6] Inoltre, chi suona la lira nello stesso momento suona e canta, mentre il flauto ostruisce la
bocca occupandola, e toglie voce e parola. «Suoniano dunque il flauto -diceva- i ragazzi
tebani, che non sanno parlare; noi Ateniesi, come ci dicono i nostri padri, abbiamo Atena
come fondatrice e Apollo come iniziatore della razza; di essi la prima buttò via il flauto,
l’altro addirittura scorticò il flautista.
[7] E così, un poco scherzando, un poco facendo sul serio, non si curò di questa disciplina, e
ne distolse anche gli altri. Presto si diffuse tra i ragazzi la voce che Alcibiade giustamente
rifuggiva dal suonare il flauto e scherniva chi lo faceva, e in tal modo rifuggiva dal suonare il
flauto e scherniva chi lo faceva, e in tal modo il suono di questo strumento fu escluso dagli
studi liberali e decadde del tutto.

8
Senofonte Anabasi I, 2, 8-9

(8.) basileivwn: rJei' de; kai; dia; th'" Kelainw'n povlew". e[sti de;
kai; megavlou basilevw" basivleia ejn Kelainai'" ejrumna; ejpi;
tai'" phgai'" tou' Marsuvou potamou' uJpo; th/' ajkropovlei: rJei'
de; kai; ou|to" dia; th'" povlew" kai; ejmbavllei eij" to;n Maivan-
dron: tou' de; Marsuvou to; eu\rov" ejstin ei[kosi kai; pevnte (5)
podw'n. ejntau'qa levgetai ÆApovllwn ejkdei'rai Marsuvan nikhv-
sa" ejrivzontav oiJ peri; sofiva", kai; to; devrma kremavsai ejn tw/'
a[ntrw/ o{qen aiJ phgaiv: dia; de; tou'to oJ potamo;" kalei'tai
(9) Marsuva".

Il grande re ha anche a Celene, un palazzo fortificato presso le sorgenti del Marsia, ai piedi della cittadella.
Questo fiume attraversa anche la città e si getta nel Meandro. La sua larghezza è di 25 piedi. È là che, si dice,
Apollo, vincitore di Marsia, che aveva rivaleggiato in abilità con lui, lo scorticò vivo e appese la sua pelle nella
grotta dove sono le sorgenti del fiume: perciò questo si chiama Marsia.2

(696.) ARCIOU »MITULHNAIOU¼

Aijwrh/' qhvreion iJmassovmeno" devma" au[rai",


tla'mon, ajorthqei;" ejk lasiva" pivtuo",
aijwrh/': Foivbw/ ga;r ajnavrsion eij" e[rin e[sth"
prw'na Kelainivthn naietavwn, Savture.
seu' de; boa;n aujloi'o melivbromon oujkevti Nuvmfai,
wJ" pavro", ejn Frugivoi" ou[resi peusovmeqa.

696. Archia di Mitilene


Oscilli col corpo ferino sferzato dai venti,misero,appeso a
un pino fronzuto,oscilli:ti levasti a impari lotta con Febo,
Satiro,che abitavi le alture di Celene.I dolci accenti del tuo
flauto noi Ninfe non udremo più, come in passato, sui monti
di Frigia.

Apollodoro I 24

(24.) ajpevkteine de; ÆApovllwn kai; to;n ÆOluvmpou pai'da


Marsuvan. ou|to" ga;r euJrw;n aujlouv", ou}" e[rriyen ÆAqhna'
dia; to; th;n o[yin aujth'" poiei'n a[morfon, h\lqen eij" e[rin
peri; mousikh'" ÆApovllwni. sunqemevnwn de; aujtw'n i{na
oJ nikhvsa" o} bouvletai diaqh/' to;n hJtthmevnon, th'" krivsew"
ginomevnh" th;n kiqavran strevya" hjgwnivzeto oJ ÆApovllwn,
kai; taujto; poiei'n ejkevleue to;n Marsuvan: tou' de; ajdu-
natou'nto" euJreqei;" kreivsswn oJ ÆApovllwn, kremavsa"
to;n Marsuvan e[k tino" uJpertenou'" pivtuo", ejktemw;n to;
devrma ou{tw" dievfqeiren.

Traduzione di Maria Grazia Ciani (Fondazione Lorenzo Valla )

24. Apollo uccise anche Marsia , figlio di Olimpo . Questi,


trovato l’aulo che Atena aveva gettato perché le deformava il vol-
to, sfidò Apollo a una gara di musica , con l’intesa che il vicitore
potesse fare del vinto ciò che voleva. La gara ebbe inizio e Apollo
suonava con la cetra capovolta ingiungendo a Marsia di fare al-
trettanto , ma Marsia non ne fu capace e allora Apollo , risultato
vincitore , lo appese a un pino altissimo , gli tolse la pelle e lo fece
morire in questo modo.

2
DENTI, 1991, p. 167.

9
Diodoro Siculo Biblioteca storica 3.58-59

(1.) Paradevdotai de; th'" qeou' tauvth" kai; kata; th;n


Frugivan gevnesi". oiJ ga;r ejgcwvrioi muqologou'si to;
palaio;n genevsqai basileva Frugiva" kai; Ludiva" Mh/v-
ona: ghvmanta de; Dinduvmhn gennh'sai me;n paidivon
qh'lu, trevfein dÆ aujto; mh; boulovmenon eij" o[ro" ejk-
qei'nai to; prosagoreuovmenon Kuvbelon. ejntau'qa tw/'
paidivw/ katav tina qeivan provnoian tav" te pardavlei"
kaiv tina tw'n a[llwn tw'n ajlkh/' diaferovntwn qhrivwn
(2.) parevcesqai th;n qhlh;n kai; diatrevfein, guvnaia dev
tina peri; to;n tovpon poimaivnonta katidei'n to; ginov-
menon, kai; qaumavsanta th;n peripevteian ajnelevsqai
to; brevfo", kai; prosagoreu'sai Kubevlhn ajpo; tou'
tovpou. aujxomevnhn de; th;n pai'da tw/' te kavllei kai;
swfrosuvnh/ dienegkei'n, e[ti de; sunevsei genevsqai qau-
masthvn: thvn te ga;r polukavlamon suvrigga prwvthn
ejpinoh'sai kai; pro;" ta;" paidia;" kai; coreiva" euJrei'n
kuvmbala kai; tuvmpana, pro;" de; touvtoi" kaqarmou;"
tw'n nosouvntwn kthnw'n te kai; nhpivwn paivdwn eijsh-
(3.) ghvsasqai: dio; kai; tw'n brefw'n tai'" ejpw/dai'" swzo-
mevnwn kai; tw'n pleivstwn uJpÆ aujth'" ejnagkalizomev-
nwn, dia; th;n eij" tau'ta spoudh;n kai; filostorgivan
uJpo; pavntwn aujth;n ojreivan mhtevra prosagoreuqh'nai.
sunanastrevfesqai dÆ aujth/' kai; filivan e[cein ejpi;
plevon fasi; Marsuvan to;n Fruvga, qaumazovmenon
ejpi; sunevsei kai; swfrosuvnh/: kai; th'" me;n sunevsew"
tekmhvrion lambavnousi to; mimhvsasqai tou;" fqovg-
gou" th'" polukalavmou suvriggo" kai; metenegkei'n ejpi;
tou;" aujlou;" th;n o{lhn aJrmonivan, th'" de; swfrosuv-
nh" shmei'on ei\naiv fasi to; mevcri th'" teleuth'" ajpeiv-
(4.) raton genevsqai tw'n ajfrodisivwn. th;n ou\n Kubevlhn
eij" ajkmh;n hJlikiva" ejlqou'san ajgaph'sai tw'n ejgcwrivwn
tina; neanivskon to;n prosagoreuovmenon me;n ÒAttin,
u{steron dÆ ejpiklhqevnta Pavpan: sunelqou'san dÆ eij"
oJmilivan aujtw/' lavqra/ kai; genomevnhn e[gkuon ejpignw-
sqh'nai kata; tou'ton to;n kairo;n uJpo; tw'n gonevwn.
3.59.
(1.) diovper ajnacqeivsh" aujth'" eij" ta; basivleia, kai; tou'
patro;" to; me;n prw'ton wJ" parqevnon prosdexamevnou,
meta; de; tau'ta gnovnto" th;n fqoravn, kai; tav" te
trofou;" kai; to;n ÒAttin ajnelovnto" kai; ta; swvmata
ejkrivyanto" a[tafa, fasi; th;n Kubevlhn dia; th;n pro;"
to; meiravkion filostorgivan kai; th;n ejpi; tai'" trofoi'"
luvphn ejmmanh' genomevnhn eij" th;n cwvran ejkphdh'sai.
kai; tauvthn me;n ojloluvzousan kai; tumpanivzousan
movnhn ejpievnai pa'san cwvran, lelumevnhn ta;" trivca",
to;n de; Marsuvan ejleou'nta to; pavqo" eJkousivw" aujth/'
sunakolouqei'n kai; sumplana'sqai dia; th;n prou>pavr-
(2.) cousan filivan. paragenomevnou" dÆ aujtou;" pro;"
Diovnuson eij" th;n Nu'san katalabei'n to;n ÆApovllw
tugcavnonta megavlh" ajpodoch'" dia; th;n kiqavran, h}n
ïErmh'n euJrei'n fasin, ÆApovllwna de; prw'ton aujth/'
kata; trovpon crh'sqai: ejrivzonto" de; tou' Marsuvou
pro;" to;n ÆApovllw peri; th'" tevcnh", kai; tw'n Nusaivwn
ajpodeicqevntwn dikastw'n, to;n me;n ÆApovllwna prw'-
ton kiqarivsai yilhvn, to;n de; Marsuvan ejpibalovnta
toi'" aujloi'" kataplh'xai ta;" ajkoa;" tw/' xenivzonti, kai;
dia; th;n eujmevleian dovxai polu; proevcein tou' prohgwni-
(3.) smevnou. sunteqeimevnwn dÆ aujtw'n parÆ a[llhla toi'"
dikastai'" ejpideivknusqai th;n tevcnhn, to;n me;n ÆApovl-
lwnav fasin ejpibalei'n to; deuvteron aJrmovttousan tw/'

10
mevlei th'" kiqavra" w/jdhvn, kaqÆ h}n uJperbalevsqai th;n
prou>pavrxasan tw'n aujlw'n ajpodochvn: to;n de; prov-
teron ajganakthvsanta didavskein tou;" ajkroata;" o{ti
para; pa'n to; divkaion aujto;" ejlattou'tai: dei'n ga;r
givnesqai tevcnh" suvgkrisin, ouj fwnh'", kaqÆ h}n
proshvkei th;n aJrmonivan kai; to; mevlo" ejxetavzesqai
th'" kiqavra" kai; tw'n aujlw'n: kai; pro;" touvtoi" a[di-
kon ei\nai duvo tevcna" a{ma pro;" mivan sugkrivnesqai.
to;n de; ÆApovllw muqologou'sin eijpei'n wJ" oujde;n auj-
(4.) to;n pleonektoivh: kai; ga;r to;n Marsuvan to; para-
plhvsion aujtw/' poiei'n, eij" tou;" aujlou;" ejmfusw'nta:
dei'n ou\n h] th;n ejxousivan tauvthn i[shn ajmfotevroi"
divdosqai th'" kravsew", h] mhdevteron tw/' stovmati
diagwnizovmenon dia; movnwn tw'n ceirw'n ejndeivknusqai
(5.) th;n ijdivan tevcnhn. ejpikrinavntwn de; tw'n ajkroatw'n
to;n ÆApovllw dikaiovtera levgein, sugkriqh'nai pavlin
ta;" tevcna", kai; to;n me;n Marsuvan leifqh'nai, to;n
dÆ ÆApovllw dia; th;n e[rin pikrovteron crhsavmenon
ejkdei'rai zw'nta to;n hJtthqevnta. tacu; de; metamelh-
qevnta kai; barevw" ejpi; toi'" uJpÆ aujtou' pracqei'sin
ejnevgkanta th'" kiqavra" ejkrh'xai ta;" corda;" kai; th;n
(6.) euJrhmevnhn aJrmonivan ajfanivsai. tauvth" dÆ u{steron
Mouvsa" me;n ajneurei'n th;n mevshn, Livnon de; th;n
livcanon, ÆOrfeva de; kai; Qamuvran uJpavthn kai; paru-
pavthn. to;n dÆ ÆApovllw fasi;n eij" to; a[ntron tou'
Dionuvsou thvn te kiqavran kai; tou;" aujlou;" ajnaqevnta,
kai; th'" Kubevlh" ejrasqevnta, sumplanhqh'nai tauvth/
(7.) mevcri tw'n ïUperborevwn. kata; de; th;n Frugivan ejm-
pesouvsh" novsou toi'" ajnqrwvpoi" kai; th'" gh'" ajkavr-
pou genomevnh", ejperwthsavntwn tw'n ajtucouvntwn to;n
qeo;n peri; th'" tw'n kakw'n ajpallagh'" prostavxai
fasi;n aujtoi'" qavyai to; ÒAttido" sw'ma kai; tima'n th;n
Kubevlhn wJ" qeovn. diovper tou;" Fruvga" hjfanismevnou
tou' swvmato" dia; to;n crovnon ei[dwlon kataskeuavsai
tou' meirakivou, pro;" w/| qrhnou'nta" tai'" oijkeivai"
timai'" tou' pavqou" ejxilavskesqai th;n tou' parano-
mhqevnto" mh'nin: o{per mevcri tou' kaqÆ hJma'" bivou
(8.) poiou'nta" aujtou;" diatelei'n. th'" de; Kubevlh" to;
palaio;n bwmou;" iJdrusamevnou" qusiva" ejpitelei'n katÆ
e[to": u{steron dÆ ejn Pisinou'nti th'" Frugiva" kata-
skeuavsai new;n polutelh' kai; tima;" kai; qusiva"
katadei'xai megaloprepestavta", Mivdou tou' basilevw"
eij" tau'ta sumfilokalhvsanto": tw/' dÆ ajgavlmati th'"
qeou' parasth'sai pardavlei" kai; levonta" dia; to; do-
kei'n uJpo; touvtwn prw'ton trafh'nai. peri; me;n ou\n
mhtro;" qew'n toiau'ta muqologei'tai parav te toi'"
Fruxi; kai; toi'" ÆAtlantivoi" toi'" para; to;n wjkeano;n
oijkou'sin.

11
(Traduzione a cura di Luciano Canfora)

58.Ma c’è una tradizione sulla nascita di questa dea anche in Frigia .Infatti gli abitanti del luogo raccontano che
anticamente fu re della Frigia e della Lidia Meone :questi, sposata dirime, avrebbe generato una figlia femmina,
ma non volendo allevarla fu esposta sul monte detto Cibelo.Quì, per una divina provvidenza, i leopardi e alcune
altre belve di singolare forza avrebbero porto alla bimba le mammelle e l’avrebbero nutrita;e alcune donne che
facevano pascolare le mandrie presso quel luogo avrebbero scorto quel che succedeva, e meravigliate
dall’accaduto avrebbero preso con sé la neonata, chiamandola Cibale dal nome del luogo.La ragazza, cresciuta,
sarebbestata di singolare bellezza e temperanza ,nonché di prodigiosa intelligenza:per prima infatti avrebbe
escogitato la siringa a più canne e avrebbe inventato per i giochi e le danze cimbali e timpani,e inoltre avrebbe
introdotto delle purificazioni per le bestie malate e per bambini infanti ;pertanto,poiché i bambini venivano
salvati dai suoi incantesimi e nella maggior parte erano da lei presi tra le braccia , per la cura e l’amore che ella
riponeva in essi sarebbe stata chiamata da tutti «madre dei monti».Dicono che si legasse a lei e provasse per lei
grande amicizia il frigio Marsia ,ammirato per intelligenza e temperanza :come indizio dell’intelligenza
adducono la sua capacità di imitare i suoni della siringa a più canne trasferendone tutta la complessa armonia di
suoni nei flauti;e segno della sua temperanza dicono sia stato il fatto di essere rimasto fino alla morte senza
provare i piaceri d’amore.Cibele, dunque ,giunta alla maturità,si sarebbe innamorata di un giovinetto del
luogo,chiamato Attis,ma in seguito,appellato come Papas;si sarebbe unita di nascosto a lui,restandone incinta;e
allora sarebbe stata riconosciuta dai genitori.
59.Pertanto sarebbe stata condotta al palazzo reale ,e il padre l’avrebbe dapprima accolta ritenendola vergine, ma
poi, resosi conto del fatto che era stata violata,avrebbe fatto uccidere le nutrici e Attis,gettandone via i corpi
senza sepoltura,dicono che allora Cibale , a causa dell’amore per il giovane e del dolore per le nutrici,divenne
pazza e se ne fuggì nella campagna .e da sola ,lamentandosi e suonando i timpani avrebbe percorso tutta la
regione,con i capelli discinti; e Marsia ,provando pietà per la sua sofferenza ,di sua volontà si sarebbe messo al
suo seguito per vagare insieme a lei , in nome della precedente amicizia.i due sarebbero giunti da Dioniso a Nisa,
e vi avrebbero trovato Apollo, il quale riscuoteva molto favore con la cetra (dicono che essa sia stata inventata da
Ermes,ma che Apollo per primo,l’abbia saputa usare nel modo giusto);Marsia avrebbe conteso con Apollo
riguardo all’abilità nell’arte ,e sarebbero stati nominati giudici i Nisei:Apollo avrebbe la prima volta suonato con
la cetra una melodia senza accompagnamento vocale ,mentre Marsia attaccando con i flauti,avrebbe sbalordito le
orecchie degli ascoltatori con il suono straniero,e in virtù della sua melodia sarebbe apparso molto superiore al
concorrente precedente.Accordatisi per mostrare ai giudici la loro abilità artistica a confronto,dicono che Apollo
la seconda volta attaccò un canto armonizzato con il pezzo suonato dalla cetra ,con il quale superò il favore
precedentemente ottenuto dai flauti ;al che il primo ,irritato ,avrebbe cercato di far capire agli ascoltatori che egli
veniva sconfitto contro ogni giustizia :chè doveva esservi un confronto tra le rispettive abilità nell’arte ,non tra le
voci;e in questo confronto bisognava mettere alla prova l’armonia e la melodia della cetra e dei flauti;ed inoltre
che era ingiusto mettere insieme a confronto due arti contro una.Allora raccontano,Apollo rispose che non aveva
alcun vantaggio su di lui:infatti Marsia faceva una cosa simile a quella fatta da lui,soffiando nei flauti;quindi
bisognava o che questo stesso diritto di mistione fosse concesso ad entrambi ,o che nessuno dei due gareggiasse
con la bocca ,e solo con le mani mostrassero la loro arte .Gli ascoltatori avrebbero giudicato che apollo diceva
cose più giuste ,e si sarebbe fatto un nuovo paragone,delle rispettive abilità:e Marsia sarebbe stato
sconfitto,mentre Apollo, copmportandosi in maniera piuttosto dura perché eccitato dalla contesa ,avrebbe
scorticato vivo lo sconfitto.Ma subito pentitosi,e irritato per ciò che aveva fatto,avrebbe rotto le corde della cetra
e distrutto l’armonia che aveva inventato.Di questa armonia in seguito le Muse avrebbero ritrovato la nota del
medio ,Lino quella dell’indice,Orfeo e Tamia l’ultima e la penultima .Apollo quindi dicono che riponesse
nell’antro di Dioniso la cetra e i flauti e, innamoratosi di Cibele, andasse vagando con lei fino agli Iperborei.Ma
in Frigia si sarebbe abbattuta tra gli uomini una epidemia e la terra sarebbe divenuta sterile;e i colpiti della
disgrazia avrebbero chiesto al dio un responso su come allontanare quei mali ;e dicono che egli ordinò loro di
dar sepoltura al corpo di Attis e di onorare Cibele come una dea.Pertanto i Frigi ,poiché il corpo era scomparso
col tempo avrebbero preparato un simulacro del giovane ,recandosi a pregare presso il quale , con gli onori
appropriati alla disgrazia ,cercavano di propiziarsi e placare l’ira del giovane che aveva subito ingiustizia ;e
questo essi continuerebbero a farlo fino alla nostra età.Per Cibele,poi,avrebbero costruito anticamente degli
altari,e compiuto sacrifici ogni anno;in seguito,a Pisinunte,in Frigia,le avrebbero costruito un tempio
sontuoso,stabilendo per lei degli onori e dei sacrifici assai splendidi ;e il re Mida si sarebbe unito al comune
amore per il bello mostrato nel fare queste cose ,e accanto alla statua della dea avrebbe posto leopardi e leoni in
quanto pare che essa sia stata inizialmente da questi nutrita.Riguardo dunque alla madre degli dèi questi racconti
mitici vengono narrati presso i Frigi e presso gli Atlantii che abitano sulla costa dell’oceano.

12
Diodoro Siculo.Biblioteca storica 5.75.

(1.) chgo;n aujth'" kai; ktivsthn tima'sqai. tw/' dÆ ïErmh/'


prosavptousi ta;" ejn toi'" polevmoi" ginomevna" ejpi-
khrukeiva" kai; diallaga;" kai; sponda;" kai; to; touv-
twn suvsshmon khruvkeion, o} forei'n eijwvqasin oiJ
peri; tw'n toiouvtwn tou;" lovgou" poiouvmenoi kai; dia;
touvtou tugcavnonte" para; toi'" polemivoi" ajsfaleiva":
o{qen dh; kai; koino;n ïErmh'n wjnomavsqai, dia; to; th;n
wjfevleian ajmfotevroi" ei\nai koinh;n toi'" ejn tw/' po-
(2.) levmw/ th;n eijrhvnhn metalambavnousi. fasi; dÆ aujto;n
kai; mevtra kai; staqma; kai; ta; dia; th'" ejmporiva"
kevrdh prw'ton ejpinoh'sai kai; to; lavqra/ ta; tw'n a[l-
lwn sfeterivzesqai. paradedovsqai dÆ aujto;n kai; khv-
ruka tw'n qew'n, e[ti dÆ a[ggelon a[riston dia; to;
safw'" aujto;n e{kasta tw'n eij" ejntolh;n doqevntwn
eJrmhneuvein: ajfÆ ou| kai; teteucevnai th'" proshgoriva"
aujto;n tauvth", oujc euJreth;n tw'n ojnomavtwn kai; lev-
xewn genovmenon, w{" tinev" fasin, ajlla; to; th'" ajpag-
geliva" a[rtion kai; safe;" ejkpeponhkovta perittovteron
(3.) tw'n a[llwn. eijshghth;n dÆ aujto;n kai; palaivstra"
genevsqai, kai; th;n ajpo; th'" celwvnh" luvran ejpinoh'sai
meta; th;n ÆApovllwno" pro;" Marsuvan suvgkrisin, kaqÆ
h}n levgetai to;n ÆApovllwna nikhvsanta kai; timwrivan
uJpe;r th;n ajxivan labovnta para; tou' leifqevnto" meta-
melhqh'nai, kai; ta;" ejk th'" kiqavra" corda;" ejkrhv-
xanta mevcri tino;" crovnou th'" ejn aujth/' mousikh'"
(4.) ajposth'nai. Diovnuson de; muqologou'sin euJreth;n ge-
nevsqai th'" tÆ ajmpevlou kai; th'" peri; tauvthn ejrga-
siva", e[ti dÆ oijnopoiiva" kai; tou' pollou;" tw'n ejk th'"
ojpwvra" karpw'n ajpoqhsaurivzesqai kai; ta;" creiva"
kai; ta;" trofa;" parevcesqai toi'" ajnqrwvpoi" ejpi;
polu;n crovnon. tou'ton de; to;n qeo;n gegonevnai fa-
si;n ejk Dio;" kai; Fersefovnh" kata; th;n Krhvthn, o}n
ÆOrfeu;" kata; ta;" teleta;" parevdwke diaspwvmenon
uJpo; tw'n Titavnwn: pleivona" ga;r Dionuvsou" sum-
baivnei gegonevnai, peri; w|n hJmei'" safevsteron ta; kata;
(5.) mevro" ejn oijkeiotevroi" kairoi'" ajnagegravfamen. oiJ
dÆ ou\n Krh'te" th'" parÆ aujtoi'" genevsew" tou' qeou'
peirw'ntai shmei'a fevrein, levgonte" o{ti peri; th;n
Krhvthn duvo nhvsou" ktivsa" ejpi; tw'n kaloumevnwn di-
duvmwn kovlpwn Dionusiavda" ajfÆ eJautou' proshgov-
reusen.

13
(Traduzione di Luciano Canfora)

75. I Cretesi mettono in relazione con Ermes le ambascerie che si svolgono durante le guerre,
gli accordi, i patti, e l’insegna dell’araldo, che sono soliti portare coloro che trattano tali
questioni:è per mezzo di tale insegna che essi ottengono dai nemici la garanzia
dell’incolumità personale; appunto per questo l’insegna è chiamata «Ermete comune», per il
fatto che essa è di giovamento comune ad entrambi i contendenti che stipulano la pace durante
la guerra. Dicono che Ermete per primo abbia inventato i pesi e le misure , i guadagni ottenuti
con il commercio e come appropriarsi furtivamente dei beni altrui. É stato tramandato che egli
è l’araldo degli dèi, ancora che è un ottimo messaggero perché espone (hermēneuein )con
chiarezza tutti gli ordini che gli siano stati impartiti .Ed è per questo che il dio ha ricevuto il
suo nome (Ermete), non perché egli abbia inventato nomi e frasi (come alcuni dicono), ma
perché si è abituato ad eeguire l’ambasceria in modo chiaro e appropriato, meglio degli
altri.Ermete fece conoscere agli uomini le palestre e inventò la lira (che costruì dalla carapace
di tartaruga ) dopo la gara fra Apollo e Marsia: Apollo così si racconta, che aveva vinto, si
pentì di aver inflitto una punizione eccessiva allo sconfitto,spezzò le corde della cetra e per un
certo periodo si astenne dalla musica.Secondo il mito Dioniso avrebbe scoperto la vite e come
si coltiva, ancora come preparare il vino e come conservare la maggior parte dei prodotti
autunnali, affinché gli uomini potessero servirsene come cibo a lungo. Dicono che questo dio
nacque a Creta da Zeus e da Persefone; Orfeo ha tramandato nei suoi misteri che egli fu fatto
a pezzi dai titani accadde, infatti che siano esistiti più personaggi di nome Dioniso sui quali
noi abbiamo riferito con maggiore chiarezza e dettagliatamente al momento opportuno.I
Cretesi si sforzano di dimostrare che il dio nacque presso di loro e affermano che egli fondò
due città su due isole vicino Creta, nei golfi chiamati “gemelli”; Dioniso avrebbe chiamato
entrambe le città dal suo nome Dionisiade, il che egli non ha fatto in nessun altro luogo della
terra.

14
OVIDIO, “Metamorfoseion libri XV”,VI,382-402

Sic ubi nescio quis Lycia de gente virorum


rettulit exitium, satyri reminiscitur alter,
quem Tritoniaca Latous harundine victum
adfecit poena. “Quid me mihi detrahis?” inquit: 385

“a piget a non est” clamabat “tibia tanti.”


Clamanti cutis est summos direpta per artus,
nec quicquam nisi vulnus erat; cruor undique manat,
detectique patent nervi, trepidaeque sine ulla
pelle micant venae; salientia viscera posses 390

et perlucentes numerare in pectore fibras.


Illum ruricolae, silvarum numina, fauni
et satyri fratres et tunc quoque carus Olympus
et nymphae flerunt, et quisquis montibus illis
lanigerosque greges armentaque bucera pavit. 395

Fertilis inmaduit madefactaque terra caducas


concepit lacrimas ac venis perbibit imis;
quas ubi fecit aquam, vacuas emisit in auras.
Inde petens rapidum ripis declivibus aequor
Marsya nomen habet, Phrygiae liquidissimus amnis. 400
Talibus extemplo redit ad praesentia dictis
vulgus et exstinctum cum stirpe Amphiona luget.

(Traduzione:di Guido Paduano, Einaudi)

Quando quel tale ebbe narrato la fine dei Lici,


un altro si ricorda del satiro che fu sconfitto dal figlio
di Latona nella gara del flauto inventato da Pallade,
e punito.«Perché mi togli dalla mia persona ?
Mi pento»gridava,«ahi,ahi,il flauto non vale tanto». 385
E mentre urlava la pelle gli era strappata per tutto
il corpo, che era tutto una ferita .Ovunque stilla
il sangue,i muscoli vengono scoperti,le vene
pulsanti balzano senza più pelle si possono 390
contare le viscere e le fibre diafane sul petto.
I Fauni di campagna, divinità delle selve,
e i fratelli Satiri e Olimpo,caro anche in quel frangente,
e le ninfe lo piansero, e anche tutti 395
quelli che sui monti pascolavano pecore e mandrie
con le corna .Il suolo fertile fu inzuppato di lacrime;
e la terra accolse con le lacrime e le assorbì nel profondo:
poi,dopo averle mutate in un corso d’acqua,le riversò all’aria aperta.
Perciò il fiume che scorre tra rive ripide verso il mare impetuoso
si chiama Marsia,ed è il più limpido della Frigia. 400
Dopo questo discorso,la gente tornò di colpo al momento attuale
e a piangere Anfione con tutta la sua discendenza.

15
Ovidio, Fasti, VI, 693-711

Haec ubi perdocuit,«superest mìhì discere», dixî,


«cur sit Quinquatrus ílla vacata dies».
«Martius», ìnquit, «agit tali mea nomine festa, 695
estque sub ínventis haec quoque turba meis.
Prima, terebrato per rara foramina buxo,
ut daret, effecì, tibia longa sonos.
Vox placuit: faciem liquìdìs reférentibus undis 700
vidi virgineas intumuisse genas.
Ars mìhì non tanti est; valeas, mea tibia, dixi:
excipit abieetam caespite ripa suo.
Inventam satyrus primum miratur, et usum
nescit, et inflatam sentit habere sonum; 705
et modo dimittit digitìs, modo concipit auras,
iamque inter nymphas arte superbus erat:
provocat et Phoebum.Phoebo superante pependit;
caesa recesserunt a cute membra sua.
Sum tamen inventríx auctorque ego carminis huìus: 710
hoc est cur nostros ars colat ista dies»

(Traduzione a cura di Fabio Stok )

Esaurita la sua spiegazione, io dissi:


«mi resta ancora da capire perché questa festa sia de-
nominata Quinquatri». «Nel mese di marzo», rispose, «c'è 695
una festività con questo nome che è a me dedicata": anche
la corporazione dei flautisti è sotto la tutela di una mia
invenzione. Fui io la prima, dopo aver praticato una serie
di fori nel bosso svuotato, a far sì che il flauto lungo
emettesse dei suoni.
Il suo suono mi piacque ma, osservandomi il viso
riflesso nell'acqua limpida, vìdi le mie guance virginali ri-
gonfie. "Addio, flauto mio!", dissi, "quest'arte non vale un
prezzo così elevato". Lo gettai via, ed esso cadde sul manto
erboso della riva. Lo trovò un satìro2l' che dapprima, igno-
randone l'uso, lo osservò meravigliato, e poi, soffiando, scoprì
che emetteva dei suoni. Muovendo le dita ora trattiene l'aria, 705
ora la espelle, e già comincia a vantarsi in mezzo alle ninfe
di questa sua arte. Arrivò a sfidare Febo. Dopo averlo
sconfitto, Febo lo appese e dalla sua pelle fece uscire a pezzi
la carne, resto però io l’inventrice, colei che ha suonato per
prima questo tipo di musica :ed è per questa ragione che 710
questi artisti onorano la mia festa.»

16
Hyginus, Fabulae

<CLV Marsyas >

Minerua tibias dicitur prima ex osse ceruino fecisse et ad


2 epulum deorum cantatum uenisse . Iuno et Venus cum
eam irriderent , quod et caesia erat et buccas inftaret ,
foeda uisa et in cantu irrisa in Idam siluam ad fontem ue- 5
nit, ibique cantans in aqua se aspexit et uidit se merito ir-
risam; unde tibias ibi abiecit et imprecata est ut quisquis
3 eas sustulisset, graui afficeretur supplicio. quas Marsyas
Oeagri filius pastor unus e satyris inuenit, quibus assidue
commeletando sonum suauiorem in dies faciebat, adeo ut 10
Apollinem ad citharae cantum in certamen prouocaret.
4 quo ut Apollo uenit, Musas iudices sumpserunt, et cum
iam Marsyas inde uictor discederet, Apollo citharam uer-
sabat idemque sonus erat; quod Marsya tibiis facere non
5 potuit. itaque Apollo uictum Marsyan ad arborem religa- 15
tum Scythae tradidit, qui cutem ei membratim separauit;
reliquum corpus discipulo Olympo sepulturae tradidit, e
cuius sanguine flumen Mar syas est appellatum.

<Marsia>

Si racconta che Minerva per prima avesse costruito il flauto dalle ossa di cervo e fosse
venuta al banchetto degli dei suonandolo.Giunone e Venere, ridevano di lei, poichè le gote
e la bocca erano gonfie, vistasi brutta e derisa per il suono venne alla fonte nella selvosa
Ida, e lì suonando, si specchiò nell’acqua e vide se stessa meritatamente irrisa, onde gettò lì
le tibie e maledisse chiunque l’avesse sollevata, fosse colpito da un grave tormento. Marsia,
unico figlio di Oeagro, pastore pastore e satiro trovò quelle, con le quali produceva un
suono così soave con l’esercizio e con il passare dei giorni, da sfidare in una gara Apollo, le
Muse furono scelte come giudici e, mentre Marsia già si allontanava come vincitore
capovolgeva la cetra e il suono era identico; cosa che Marsia non poteva fare con le tibie; e
così vinto da Apollo, Marsia legato ad un albero lo affidò allo Scita che separò la pelle dalle
membra; il restante corpo fu affidato al discepolo Olimpo per la sepoltura e dal sangue di
quello si chiamò il fiume Marsia.

17
CXCI REX MIDAS

Midas , rex Mygdonius filius Matris deae a Timo-


lo< ..>sumptus eo tempore quo Apollo cum Marsya uel
Pane fistula certauit. quod cum Timolus uictoriam Apol-
5 lini daret , Midas dixit Marsyae potius dandam . tunc 2
Apollo indignatus Midae dixit, "Quale cor in iudicando
habuisti, tales et auriculas habebis." quibus auditis effecit
ut asiainas haberet aures. eo tempore Liber pater cum 3
exercitum in indiam duceret,Silenus aberrauit , quem
10 Midas hospitio liberaliter accepit atque ducem dedit , qui
eum in comitatum Liberi deduceret.at Midae Liber pater 4
ob beneficium deoptandi dedit potestatem , ut quicquid
uellet peteret a se.<a> quo Midas petit quicquid teti-
gisset aurum fieret.quod cum impetrasset et in regiam
15 uenisset quicquid tetigerat aurum fiebat.cum iam fame 5
cruciaretur,petit a Liber ut sibi speciosum donum eripe-
ret ; quem Liber iussit in flumine Pacatolo se abluere,
cuius corpus aquam cum tetigisset ,facta est colore aureo;
quod flumen nunc cum Chrysorrhoas appellatur in Lydia.

Mida, re dei Migdoni, figlio della Madre degli dei, venne scelto come giudice daTmolo
all'epoca in cui Apollo gareggiò con il flauto con Marsia, o Fauno. Tmolo attribuì la
vittoria ad Apollo, Mida invece disse che era meglio darla a Marsia. Allora Apollo,
sdegnato, disse a Mida: "Tale é stato il tuo cuore nel giudicare, così avrai le orecchie!". E
con queste parole fece in modo che avesse orecchie d'asino. A quel tempo, mentre il padre
Libero stava conducendo il suo esercito in India, Sileno se ne allontanò. Mida lo ospitò
meravigliosamente e gli diede una guida che lo riportasse al seguito di Libero. Allora il
padre Libero fece dono a Mida del privilegio di ottenere da lui qualsiasi cosa avesse
desiderato; Mida gli chiese che qualsiasi cosa avesse toccato diventasse d'oro. Dopo avere
ottenuto questo ed aver fatto ritorno alla reggia, qualunque cosa toccasse diventava d'oro.
Poiché ormai era tormentato dalla fame, chiese a Libero di levargli quel dono tanto
splendido, e Libero gli ordinò di bagnarsi nel fiume Pattolo. Quando l'acqua toccò il suo
corpo, si fece di un colore aureo; oggi quel fiume in Lidia viene chiamato Crisorroa.

18
Plinio il Vecchio, Naturalis Historiae, V, 106

Tertius Apamea vadit, ante appellatam Celaenas, deinde Cibiton. Sita est in radice montis
Signiae, circumfusa Marsya, Olbrima, Orba fluminibus in Maenandrum cadentibus. Marsyas
ibi reditur, ortus ac paulo mox conditus. Ubi certavit tibiarum cantu cum Apolline, Aulocrene
est; ita vocatur convallis, x p. ab Apamea Phrigiam petentibus. Ex hoc conventu deceat
nominare Metropolitas, Dionysopolitas, Euphorbenos, Acmonenses, Peltenos, Silbianos.
Reliqui ignobiles VIIII.

Una terza giurisdizione ha come centro Apamea, chiamata prima Celene, poi Cibito. È situata
ai piedi del Monte Signia, ed è circondata dal Marsia, dall’Ombrima e dall’Orba, fiumi
tributari del Meandro. In questo luogo il Marsia emerge dal sottosuolo, dove si era nascosto
subito dopo la nascita. Ad Aulocrene si svolse la gara di flauto tra Marsia e Apollo. Questo è,
infatti, il nome dato ad un avvallamento situato a 10 miglia da Apamea, sulla strada che porta
verso la Frgia. Dei popoli appartenenti a questa giurisdizione sono degni di menzione i
Metropoliti, i Dionisopoliti, gli Euforbeni, gli Acmonensi, i Pelteni, e i Silbiani. Gli altri 9
sono di scarsa importanza.

Pausania,Guida della Grecia . II.7.8-9

(8.) oiJ de; pai'da" eJpta; kai; i[sa" parqevnou" ejpi; to;n Suvqan
potamo;n ajpostevllousin iJketeuvonta": uJpo; touvtwn de;
peisqevnta" tou;" qeouv" fasin ej" th;n tovte ajkrovpolin
ejlqei'n, kai; oJ tovpo" e[nqa prw'ton ajfivkonto Peiqou'"
ejstin iJerovn. touvtoi" de; ejoikovta kai; nu'n e[ti poiei'tai:
kai; ga;r ejpi; to;n Suvqan i[asin oiJ pai'de" th/' eJorth/' tou'
ÆApovllwno", kai; ajgagovnte" dh; tou;" qeou;" ej" to; th'"
Peiqou'" iJero;n au\qi" ajpavgein ej" to;n naovn fasi tou'
ÆApovllwno". oJ de; nao;" e[sti me;n ejn th/' nu'n ajgora/', to;
de; ejx ajrch'" levgousin aujto;n uJpo; Proivtou poihqh'nai:
ta;" gavr oiJ qugatevra" ejntau'qa th'" maniva" pauvsasqai.
(9.) levgousi de; kai; tavde, wJ" Melevagro" ej" tou'ton to;n
nao;n ajnevqhke th;n lovgchn h/| to;n u|n kateirgavsato. kai;
aujlou;" ajnateqh'naiv fasin ejntau'qa tou;" Marsuvou:
genomevnh" ga;r tw/' Silhnw/' th'" sumfora'" to;n potamo;n
to;n Marsuvan katenegkei'n aujtou;" ej" to;n Maivandron,
ajnafanevnta" de; ejn tw/' ÆAswpw/' kai; kata; th;n Sikuw-
nivan ejkpesovnta" uJpo; poimevno" tou' euJrovnto" doqh'nai
tw/' ÆApovllwni. touvtwn tw'n ajnaqhmavtwn oujde;n e[ti
ejleivpeto, sugkatekauvqh ga;r ejmpipramevnw/ tw/' naw/': to;n
de; ejpÆ ejmou' nao;n kai; to; a[galma Puqoklh'" ajnevqhken.

7.8 I Siconi inviarono quindi al fiume Sita sette ragazzi e altrettante ragazze,a supplicarli:si dice che allora gli dei
,persuasi dai giovani ,venissero a quella che al tempo era l’acropoli ;e il luogo che raggiunsero per primo è
appunto il santuario di Peito.E ancora oggi compiono un analogo rito:infatti i ragazzi vanno al fiume Sita nella
festa di Apollo ,e dicono di portare gli dei al santuario di Peito ,e di riportarli poi al tempio di Apollo .Il tempio
si trova nella attuale agorà:dicono che originariamente lo costruì Preto,perché quì le figlie gli erano guarite dalla
follia.
7,9Aggiungono ancora che Meleagro dedicò in questo tempio la lancia con cui aveva ucciso il cinghiale.
Raccontano poi che qui fu dedicato anche il flauto di Marsia: dopo la disgrazia che colpì il Sileno, il flauto fu
trasportato dal fiume Marsia nel Meandro e riapparve poi nell’Asopo; espulso dal fiume nella regione di Sicione,
fu ritrovato da un pastore e donato ad Apollo. Di queste offerte ne resta più alcuna, essendo andate a fuoco col
tempio;il tempio attuale e la relativa statrua furono dedicati da Pitocle.

19
Apuleio, Florida III

Hyagnis fuit, ut fando accepimus, Marsyae tibicinis pater et magister; rudibus adhuc musicae saeculis solus
ante alios cantus canere, nondum quidem tam flexanimo sono nec tam pluriformi modo nec tam
multiforatili tibia; quippe adhuc ars ista repertu novo commodum oriebatur. Nec quicquam omnium est
quod possit in primordio sui perfici, sed in omnibus ferme ante est spei rudimentum quam rei
experimentum. Prorsus igitur ante Hyagnin nihil aliud plerique callebant quam Vergilianus upilio seu bu-
sequa , -stridenti miserum stipula disperdere carmen -Quod si quis videbatur paulo largius in arte
promovisse, ei quoque tamen mos fuit una tibia velut una tuba personare. Primus Hyagnis in canendo
manus discapedinavit , primus duas tibias uno spiritu animavit, primus laevis et dexteris foraminibus, acuto
tinnitu et gravi bombo, concentum musicum miscuit.
Eo genitus Vlarsyas cum in artificio patrissaret tibicinii, Phryx cetera et barbarus, Vultu ferino, trux,
hispidus, inlutibarbus , spinis et pilis obsitus, fertur - pro nefas - cum Apolline certavisse, teter cum decoro,
agrestis cum erudito, belua cum deo. Musae cum Minerva dissimulamenti gratia iudices ad'stitere, ad
deridendam scilicet monstri illius barbariam nec minus ad stoliditatem poeniendam. Sed Marsyas, quod
stultitiae maximum specimen, non intellegens se deridiculo haberi, priusquam tibias occiperet inflare, prius
de se et Apolline quaedam deliramenta barbare effutivit , laudans sese, quod erat et coma relicinus et barba
squalidus et pectore hirsutus et arte tibicen et fortuna egenus : contra Apollinem - ridiculum dictu - adversis
Virtutibus culpabat, quod Apollo esset et coma intonsus et genis gratus et corpore glabellus et arte
multiscius et fortuna opulentus. « Iam primum , inquit, « crines eius praemulsis antiis et promulsis
caproneis anteventuli et propenduli, corpus totum gratissimum, membra nitida, lingua fatidica, seu tute
oratione seu Versibus malis, utrubique facundia aequipari. Quid quod et Vestis textu tenuis, tactu mollis,
purpura radians? quid quod et lyra eius auro fulgurat, ebore candicat, gemmis Variegat? quid quod et doc-
tissime et gratissime cantilat? « Haec omnia» inquit « blandimenta nequaquam Virtuti decora, sed luxuriae
accommodata »: contra corporis sui qualitatem prae se maximam speciem ostentare. Risere Musae cum
audirent hoc genus crimina sapienti exoptanda Apollini obiectata, et tibicinem illum certamine superatum
velut usurpum bipedem corio exsecto nudi set laceris visceribus reliquerunt.Ita Marsyas in poenam cecinit
et cecidit.Enimvero Apolloniem tam humilis victoriae puditm est.

Hyagnis fu, come apprendiamo dalla tradizione, padre e maestro del suonatore di flauto Marsia. In
tempi in cui ancora non si conosceva la musica, lui solo sapeva suonare delle ariette senza tuttavia
conoscere, ciò che invece fu fatto dopo, né i suoni che commuovono l'anima né le armonie modulate, né il
flauto dai molti fori. Giacché quest'arte era stata inventata da poco e appena era alla sua nascita. È ovvio
che nessuna cosa ai suoi inizi può essere perfetta, ma quasi in tutte le cose gli inizi della speranza
precedono la prova della realizzazione. Insomma prima di Hyagnis generalmente non erano per nulla più
abili del pecoraio e del bovaro virgiliano che« su stridula canna un miserabile suono disperdevano » Che se
qualcuno pareva andare un po' oltre in quest'arte, egli tuttavia aveva per abitudine di produrre dei suoni da
un solo flauto, come da una tromba. Hyagnis fu il primo che nel suonare separò le mani, il primo che fece
vibrare due flauti con un solo suono; il primo che per mezzo di fori praticati a destra e a sinistra, con note
ora acute ora gravi, seppe formare un accordo musicale. Suo figlio Marsia seguì il padre nell'arte del flauto;
ma per il resto frigio e barbaro, di aspetto bestiale, truce, ispido con la barba immonda, col corpo coperto
di spine e di peli. Si racconta (oh sacrilegio!) che volle gareggiare con Apollo, lui brutto con la bellezza in
persona; lui, uno scorzone di villanaccio, con un essere tanto raffinato; lui, bestia, con un dio. Le muse con
Minerva assistettero alla gara a titolo di giudici, ma in realtà per ridersela del mostro ed evidentemente per
mettere in canzonella la sua barbarie e per punirlo altresì della sua stoltezza. Ma Marsia, vero monumento
di scempiaggine, non capì nemmeno che lo si metteva in burla. E prima di cominciare a soffiare nel flauto,
da quel barbaro che era, cominciò a sproloquiare con una serie di insensatezze su di se stesso e su di
Apollo. Lodava se stesso, i suoi capelli all'indietro e la sua barba squallida, il petto irsuto e il fatto che era
sì un flautista, ma quanto a condizioni, un povero . Rimproverava ad Apollo - cosa ridicola! - i meriti
opposti, il fatto che egli avesse la chioma intonsa e le guance fresche e il corpo tanto liscio e che fosse così
pieno di talenti musicali e di condizione ricca. « E per incominciare - diceva - che i suoi capelli con i
boccoli bene acconciati e i riccioli a tira baci ricadono sulla fronte e ondeggiano sulle tempie; tutto il corpo
è bellissimo, le membra lucenti, la lingua profetica e di pari facondia, sia che tu voglia parlare in prosa sia
in versi. Che dire del vestito? Delicato nel tessuto, molle a toccarsi, raggiante di porpora? E la sua lira? In
essa brilla l'oro, biancheggia l'avorio, fan vario giuoco le gemme preziose. Che dire che sa cantare in modo
piacevolissimo e abilissimo? - « Tutte queste seduzioni, diceva, non si addicono al valore, ma sono un
segno di mollezza ». E innalzava le qualità del suo fisico, come il colmo della bellezza. Scoppiarono a
ridere le Muse nel sentire rinfacciare ad Apollo delle accuse, che ogni uomo saggio vorrebbe rivolte a se
stesso; e quel flautista, che fu vinto nella gara, lo lasciarono come un orso bipede, scorticato e con le
viscere a nudo e lacerate . Così Marsia per la sua pena cantò e cadde. Peraltro Apollo ebbe vergogna di
così modesta vittoria.

20
Nonno,Dionisiache,canto 1

eu[iav moi dovte rJovptra kai; aijgivda", hJdumelh' de;


a[llw/ divqroon aujlo;n ojpavssate, mh; kai; ojrivnw (40)
Foi'bon ejmovn: donavkwn ga;r ajnaivnetai e[mpnoon hjcwv,
ejxovte Marsuvao qehmavcon aujlo;n ejlevgxa"
devrma parh/wvrhse futw/' kolpouvmenon au[rai",
gumnwvsa" o{la gui'a liporrivnoio nomh'o".
ajllav, qeav, masth'ro" ajlhvmono" a[rceo Kavdmou. (45)

Donatemi tamburini per “evohè” e pelli di capra;offrite


ad altri il doppio flauto dal suono soave: non voglio (40)
crucciare il mio Febo:egli ha in odio il suono delle canne,
dacchè,vincitore sul flauto di Marsia rivale agli dèi,
spogliate le membra del pastore,ne appese
a un albero la pelle scuoiata che i venti gonfiavano.
Suvvia,dea,comincia dalla ricerca dell’errante Cadmo.(45)

Canto 10

ei[ pote Paktwloi'o parÆ ajnqemoventi rJeevqrw/


dhquvnwn ajnevmimnen, o{pw" ejpidovrpion ei[h
aujto;" eJw/' basilh'i fevrwn glukerwvteron u{dwr,
kouvrou novsfi mevnonto" iJmavsseto Bavkco" ajnivh:/
eij qrasu;n aujlo;n a[eire, Libustivdo" o[rganon ÆHcou'", (230)
oijdalevh/ fuvshma parhivdi lepto;n ijavllwn,
Mugdovno" aujlhth'ro" ojiveto Bavkco" ajkouvein,
o}n tevke qei'o" ÓUagni", o}" eij" kako;n h[rise Foivbw/
trhto;n ejpiqlivbwn didumovqroon aujlo;n ÆAqhvnh":

Se mai egli indugiava presso le correnti del Pattolo


ornato di fiori,ad attingere acqua più dolce
per la cena del suo re,fitte d’affanno
sferzavano Bacco per la lontananza del giovane.
Se poi prendeva il flauto insolente,strumento della libica Eco (230)
effondendo un flebile soffio con le guance rigonfie,
a Bacco pareva di udire il flautista migdonio,
nato da Iagnide divino:colui che,a suo danno sfidò Febo
premendo le dita sui fori del doppio flauto di Atena.

21
Canto 19

Silhno;" pavlin a[llo", uJpevrbion aujlo;n ajmeivbwn,


aujcevna gau'ron a[eire kai; eij" e[rin h[luqe Foivbw/:
ajllav eJ gumnwvsa" lasivou croov", e[rnei> dhvsa",
e[mpnoon ajsko;n e[qhke, kai; uJyovqi pollavki devndrou (320)
ejndovmuco" kovlpwse tuvpon mimhlo;n ajhvth",
oi|a pavlin mevlponto" ajsighvtoio nomh'o":
kaiv min ejpoikteivrwn morfwvsato Delfo;" ÆApovllwn,
kai; potamo;n poivhsen oJmoivion: eijsevti keivnou
Silhnou' lasivoio fativzetai ajgkuvlon u{dwr, (325)
kai; ktuvpon hjnemovfoiton ejreuvgetai, oi|av per aijei;
ajntituvpoi" donavkessi melizomevnou potamoi'o.
kai; su; devma" metavmeiya" ajreivoni nei'ko" ajnavya"
Silhnw/' protevrw/ panomoivio".

Un tempo un altro Sileno ostentando un flauto superbo,


sollevò il capo insolente e osò sfidare Febo;
ma spogliato della pelle irsuta, legandola a un ramo
il dio ne fece un otre ispirato e sovente sull’albero (320)
il vento s’insinuava a gonfiarlo dandogli una forma imitata,
come se il loquace pastore cantasse di nuovo;
e pietoso Apollo Delfico ne mutò la forma
e ne fece un fiume a lui simile. Ancora così ha nome
il corso tortuoso di quell’irsuto Sileno (325)
e nel vento effonde il suo canto, come se il fiume
senza posa lo modulasse sulle canne di un tempo.
Così tu hai mutato aspetto per aver sfidato
chi è più forte, come il primo Sileno.

22
b) Commento

Il mito di Marsia (Marsuva", Massuva", Marsuas, Marsyas) nelle fonti letterarie è presentato
con numerose varianti.
Marsia è un demone, una divinità tutelare di una città frigia, un eroe della cultura locale, una
divinità fluviale. Marsia è, però, anche un fiume, affluente del Meandro, che porta il suo nome
e scorre attraverso Celene, poi Apamea Cibitos, in Frigia.
Successivamente in Grecia entrerà a far parte del mondo dionisiaco come un sileno-satiro.3
A lui viene attribuita l’invenzione del doppio flauto, dei phorbeia, delle regole
dell’esecuzione flautistica, delle canzoni per l’adorazione di Cibele4.
Marsia è presentato nelle fonti letterarie come maestro di Olimpo, come seguace di Cibele;
ma anche come cului che raccolse il flauto gettato via da Atena perché le deformava le
guance e sfidò con l’aulòs il dio citaredo Apollo in un agone musicale in cui risulta perdente,
a cui segue la punizione per la sua hybris: lo scorticamento.
Queste due ultime tradizioni all’inizio appaiono come separate, ma successivamente, vengono
presentate come due fasi successive della stessa storia.
La prima fonte letteraria che nomina Marsia è di natura eziologia. Nel V secolo, infatti, il mito
viene riportato dalle “Storie” di Erodoto di Alicarnasso.5
Nel libro VII sono descritti i preparativi della partenza del re persiano Serse e delle sue truppe
da Sesto in direzione di Abido. Nel capitolo ventisei sono giunti in Frigia e precisamente a
Celene, da dove sgorgano le sorgenti del Meandro e del Catarracte, suo affluente.
Questo è un luogo legato al mito di Marsia, perché nella piazza della città, si trovava l’otre
fatto con la pelle del sileno (Silhnou' Marsuvew), che fu scorticato da Apollo.
L’autore però non dice nulla circa la contesa e del motivo per il quale Marsia ha subito tale
trattamento da parte del dio. Quello su cui si sofferma è lo scorticamento.
Questa pratica non era attestata in Grecia, dove non mancavano metodi di punizione cruenti
come la lapidazione, l’esposizione e l’essere gettati giù da una rupe o un burrone ma non è
attestata neanche l’impiccagione e la decapitazione. Lo scorticamento era una pratica
adoperata nel mondo orientale: dai Persiani per punire un insurrezione di vassalli del re e in
un caso per punire un giudice persiano disonesto (Erodoto5,25) e dagli Assiri (come
attestano i rilievi).6 Inoltre la pelle di Marsia viene chiamata askòs.

3
DENTI, 1991.
4
in LIMC, VI 1, s.v.Marsyas.
5
LIMC, VI ,1, s.v.Marsyas, p.367.
6
In A.WEIS, 1976 pp.36,40 n.22-25.

23
Questo termine, a volte viene adoperato per indicare la pelle di capra utilizzata per fare un
otre per il vino o anche la parte che nel sacrificio greco viene data al sacerdote.7
La storia del mito raccontata da Erodoto è localizzata a Celene, ed è attribuita ai Frigi; quindi
non è greca, ma probabilmente è già una confluenza di tradizione frigia e greca.8
La tradizione eziologica del mito con qualche variante sarà riproposta un secolo dopo da
Senofonte (Xen.An.I,2,8) che dice che a Celene il Gran re aveva un palazzo proprio presso le
sorgenti del fiume Marsia, lungo 25 piedi. Questo scorreva anche in città dove si
gettava nel Meandro, e dove il sileno Marsia fu scorticato da Apollo.
La sua pelle venne appesa in una grotta, nel punto in cui vi erano le sorgenti del fiume
che prese così il suo nome.
Successivamente, al tempo di Antioco Soter( 324-261 a.C.) la popolazione di Celene, insieme
a quella di altre città vicine, furono trasferite per formare il sinecismo di Apamea, distante
dieci miglia. Il nome Celene, però, non fu dimenticato dagli autori romani.
Nel periodo imperiale romano Plinio il Vecchio, nella Naturalis Historiae: V 106, nel I sec
d.C., ancora una volta ricorderà il fiume Marsia, affluente del Meandro, che circonda la città
frigia Apamea, chiamata prima Celene, poi Cibito. Il mito di Apollo e Marsia viene collocato,
così, ad Aulocrene. Ed in un altro passo dell’opera: XVI, 240: descrive proprio il platano a cui
fu sospeso Marsia, che avrà avuto un interesse per il turismo dell’epoca.9
Nel periodo ellenistico, si registrano attestazioni di Marsia come creatura silvestre ad
esempio in Ant.Pal.7.676 e comincia a comparire anche la tradizione della fuga di
Marsia in Italia dopo la contesa. Egli diverrà re dei Marsi e si crearono collegamenti con
altri eroi della cultura italica. 10
Nel VII libro dell’ Antologia Palatina (che contiene gli epigrammi sepolcrali) il numero 676
11
è l’epigramma di Archia di Mitilene che secondo un ipotesi di Gow-Page illustrava un
dipinto o un bassorilievo. A parlare sono le Ninfe che si rammaricano di non poter ascoltare il
dolce suono del satiro di Celene. Questo infatti fu appeso ad un pino fronzuto e il suo corpo
scuoiato fu esposto al soffio dei venti. La ripetizione del termine “aijwrh/'”, ad inizio
esametro, sottolinea proprio il movimento del corpo. Per quanto riguarda la datazione: è stato
attribuito alla corona di Meleagro, datata al 100 a.C12.
Purtroppo nulla sappiamo della vita di questo Archia di Mitilene. Quindi l’epigramma

7
LISSARAGUE 2001 p.50
8
LIMC s.v. Marsyas.
9
WEIS, 1976, p.34.
10
Coarelli 1985, 115-116: in LIMC s.v.Marsyas.
11
Gow-Page, Garland II p.442, p.943.
12
Gow-Page, Philip II 1968, 433, in A.WEIS 1977 p.46.; Gow-Page, 1965, xxii: in a WEIS 1977 p.46 che dei
quarantasette epigrammatisti nominati nella prefazione dell’Anthologia Greca solo sei sono pre-ellenistici

24
potrebbe essere scritto in un posto o in un tempo imprecisato del III-II a.C.13
Anne Weis sottolinea l’importanza di questa fonte perché è la prima attestazione letteraria
dell’impiccagione di Marsia, e dunque rappresenta nella sua analisi un importante terminus
ante quem per datare il gruppo scultoreo. L’enfasi con la quale Archia si sofferma
sull’impiccagione di Marsia, infatti, suggerisce alla studiosa che l’opera fosse esistente al
momento in cui l’epigramma era stato scritto e che l’autore stesso potrebbe averla vista.
Successivamente A.Weis ritornando sull’argomento in “The hanging Marsyas and its copies”
riporta anche l’ipotesi di C.Beckby che ha addirittura connesso l’epigramma con Aulo
Licinio Archia (il protetto di Lucullo e amico di Silla) e all’orazione “Pro Archia” di
Cicerone(10,25), poeta greco difeso da Cicerone nel 62 a.C. e che commemorò in versi il
ritrovamento di Roscio Gallo tra le spire di un serpente, come Pasitele lo aveva fatto in
argento, e i cui epigrammi erano scritti spesso in accompagnamento a monumenti figurati di
età sillana.14
Apollodoro nel I libro della Biblioteca paragrafo 24 racconta la gara musicale tra Apollo e
Marsia, figlio di Olimpo, senza parlare di partecipanti, come giudici o spettatori, al certamen.
Le condizioni di partenza erano che chiunque avesse vinto, poteva fare quello che voleva del
vinto. A vincere fu Apollo perché fu in grado di suonare con la cetra capovolta, cosa che
Marsia con l’aulòs non poteva fare. La hybris di Marsai fu punita ed il satiro fu appeso ad un
pino altissimo e fu scuoiato.15
Inoltre testimonianze molto importanti del mito sono tramandate da Diodoro Siculo di Agira
(provincia romana nel I sec.a.C., vicino Enna) nelle Biblioteca storica.
3.58-59 ; 5.75.3 : sono i passi più famosi e fanno parte della sezione dell’opera comprendente
i primi sei libri che trattano di fatti e leggende anteriori alla guerra di Troia, e in particolare la
prima triade, tratta di antichità barbare.
Nel Libro III paragrafi 58-59, Diodoro dice di riferirsi a racconti narrati “presso i Frigi e
presso gli Atlantii che abitano sulla costa dell’oceano”. Nel paragrafo 58 inizia a parlare della
dea Cibele, della storia della dea e dell’origine del suo culto e in questa inserisce il mito di
Marsia, suo seguace. Segue, nel paragrafo 59 la narrazione del certamen musicale con il dio
Apollo, ambientato a Nisa: città di Dioniso.
Cibele era bellissima e di origini reali, fu esposta da piccola sul monte Cibelo, allevata

13
A.Weis , 1976, p.46-47;50 n.35-38 ;In A WEIS 1992: l’epigramma è contemporaneo alle prime
rappresentazioni dell’impiccagione di Marsia nelle arti minori ,una gemma italica datata nel II-I a C. e paste
vitree imperiali datate dal III al I a.C.
14
H Beckby, Antologia graeca II , 407,in A.WEIS , 1992, pp. 62-63,75
15
cfr.Archia di Mitilene in Ant.Pal.7,696; diversa invece la tradizione successiva di Plinio il Vecchio :N.H XVI
240, che parla di un platano che si trovava ad Apamea Cibitos in Frigia: un tempo chiamata Celene .

25
dapprima da leopardi e altri animali e poi accolta da pastori. A lei è attribuita l’invenzione
della siringa a più canne, dei cimbali, dei timpani creati per accompagnare la danza e i giochi.
Marsia, suo seguace e discepolo, restò sempre al suo fianco senza conoscere mai i piaceri
dell’amore. Invece Cibele si innamorò, in maturità, di un giovinetto di nome Attis e rimase
incinta. Intanto Cibele, avendo ritrovato il padre, venne riconosciuta come figlia e accolta al
palazzo reale. Quando, però, questo scoprì che Cibele era incinta, uccise le ancelle di Cibele
e Attis, che non ebbe sepoltura. Marsia seguì Cibele, quando in preda al dolore andò vagando
per la campagna con i capelli sciolti e suonando i timpani. Nel loro viaggio giunsero a Nisa,
dove Apollo era conosciuto come il migliore citarista. Marsia ebbe la presunzione di sfidarlo e
furono nominati i Nisei a giudicare la gara.
Questa si svolge in quattro momenti distinti. Inizialmente il suono di Marsia fu giudicato
vincente, essendo un suono straniero era una novità per l’orecchio dei giudici. Apollo quindi
attaccò un canto armonizzandolo a quello della cetra. Marsia: obbiettò che bisognava essere
giudicati per una sola arte; il dio sottolineò anche che Marsia suonava con mani e insuflando
nel flauto; bisognava, quindi, gareggiare usando solo le mani senza usare la bocca. A questo
punto fu determinata la sconfitta del satiro. Apollo diventa l’esecutore materiale dello
scuoiamento di Marsia, ma in seguito, pentitosi, rompe le corde della lyra e distrugge
l’armonia inventata, che sarà recuperatà successivamente grazie alle Muse, a Lino, Orfeo e
Tamia. In Frigia era scoppiata intanto un epidemia placata solo quando si diede sepoltura al
corpo di Attis e si onorò Cibele come dea. A Pessinunte sorse quindi un tempio della dea, per
volere del re Mida, e leopardi e leoni affiancarono la statua della dea in ricordo di quelli veri
che la nutrirono salvandola dalla morte.
Diodoro riprenderà, brevemente, la trattazione del mito nel V Libro: “il libro delle isole”.
Nel paragrafo 75 parla di Ermes, Marsia e Dioniso e riporta tradizioni cretesi. Ermes costruì
la lyra dalla carapace di tartaruga dopo la contesa tra Apollo e Marsia. Dopo la vittoria Apollo
si astenne dal suonare per un periodo e in preda al rimorso spezzò le corde della lyra.
Nella tradizione romana il mito era molto diffuso in età augustea. Publio Ovidio Nasone da
Sulmona nei “Metamorfoseon libri XV”: vv.382-400 racconta la punizione crudele che
Marsia subisce per aver sfidato Apollo, descrivendo il momento dello scorticamento.
Il satiro parla in prima persona, si pente per quello che ha fatto e capisce che un flauto non
aveva il valore della sua vita. La sua morte lascia così un vuoto nelle divinità agresti: Fauni,
Satiri e Ninfe, nei pastori e in Olimpo (il suo discepolo di flauto e amasio) che lo piangono.
Con le loro lacrime assorbite dalla terra si forma un fiume in Frigia che prende il nome dal
satiro Marsia, che è il più limpido e sfocia direttamente in mare.

26
Ovidio introduce quì il motivo eziologico ma è impreciso, a differenza delle fonti greche,
perché il Marsia in realtà sfocia nel Meandro, non nel mare aperto. Inoltre la tradizione greca
del mito diceva che fosse il sangue di Marsia ad originare il fiume, mentre qui si forma dalle
lacrime accolte dalla terra. Questo episodio ricorda quello narrato da Apollonio Rodio sulla
genesi del Ciane dovuta al consumarsi del personaggio omonimo per il troppo pianto e la sua
trasformazione in una fonte. Apollo è colui che punisce e riporta l’ordine, qui vi è forse un
allusione ad Agusto, essendo questa una divinità cara al regime. Invece Marsia con la sua
hybris e la sua condanna potrebbero richiamarci alla mente Cornelio Gallo e il compianto per
C.Gallo nell’Ecloga X di Virgilio16.
A.Weis conferma che in alcune tradizioni specialmente in quelle riportate dagli autori
augustei potrebbero riflettere una personale o popolare reazione ad Agusto o altre figure.17
Ovidio, inoltre, parla di nuovo del mito nei Fasti: opera scritta in distici elegiaci ed illustrante
il calendario romano secondo la riforma cesariana. Secondo il proggetto dell’autore i carmi
dovevano essere dodici, ma poi come sappiamo dai “Tristia” fu allontanato da Roma e
relegato nella malsana Tomi nell’8 sec d.C. e quindi oggi ne possiamo leggere solo sei che
furono dedicati ad Augusto. Nel passo preso in considerazione, il poeta spiega il motivo
della festa denominata Quinquatri, che cade nel mese di marzo, in primavera. A parlare è
Minerva che dice di aver costruito un flauto svuotando un ramo di bosso e applicandogli una
serie di fori. Ella però si specchiò nel fiume e vide le sue guancie orribilmente deformate, così
decise di buttare via il flauto, che cadde sull’erba vicino alla riva. A questo punto compare il
satiro Marsia che prima meravigliato, poi incuriosito, provò a suonarlo. Con il tempo si
perfezionò nell’arte del flauto e ne fu così in orgoglito da vantarsi con le ninfe, e addirittura
sfidò il dio Apollo. Questi, dopo averlo battuto, lo appese ad un albero e dalla sua pelle “fece
uscire a pezzi la carne”: «caesa recesserunt a cute membra sua», cioè lo scorticò vivo.
Minerva essendo l’inventrice di quest’arte, fu celebrata durante questa festa, ed anche la
corporazione dei flautisti rientra quindi nella sfera della sua tutela divina.
Nel II sec d.C. compaiono le testimonianze del periegetista Pausania nel II libro (7,9) in cui
parla del santuario di Peitho (“Persuasione”), ubicato nell’agorà di Sicione, dove vi è un
tempio di Apollo. Quì Meleagro dedicò la lancia con cui aveva ucciso il cinghiale di
Calidone (Etolia), e Marsia lasciò in dono il suo flauto. Questo dopo la morte del sileno fu
trasportato dal fiume Marsia nel Meandro e riapparve poi nell’Asopo ( fiume sicionio che
secondo una leggenda nasceva in Frigia); dopo essere arrivato nella regione di Sicione, fu
trovato da un pastore che lo donò ad Apollo.
16
Ovidio, Opere II, Le Metamorfosi , ed.Einaudi, commento di Luigi Galasso.
17
Saflund , 83 in A.WEIS in LIMC s.v. Marsyas

27
Queste testimonianze non hanno lasciato traccia, purtroppo, perché, come ci informa lo stesso
Pausania furono distrutte insieme al tempio, che fu ricostruito insieme alla sua statua di culto
dedicata da Pitocle. Alcuni studiosi, sulla base di questo passo, hanno cercato di localizzare il
santuario di Apollo: identificandolo, con quelli esplorati a nord-est del teatro, che è connesso
al mito del re di Tirino Preto e le sue figlie guarite grazie all’intervento dell’indovino
Melampo a Sicione o, secondo un'altra versione, a Lusi nel tempio di Artemide, secondo
Pausania(VII,18,7-8).18.
Nel terzo libro dei “I Florida” la silloge antologica di ventitre orazioni, lo scrittore
madaurense Apuleio, nel II sec d.C. (l’età di Adriano e degli Antonimi), parla del mito di
Marsia e sottolinea l’arroganza e la stupidità di Marsia.19
Suo padre era Hyagnis un abile flautista, che riusciva a suonare separando le mani e facendo
vibrare due flauti all’unisono, praticò fori a destra e a sinistra , che servivano a produrre note
acute o gravi, e seppe formare un accordo musicale. Prima di lui vi erano stati solo i suonatori
virgiliani di stridule canne, mentre dopo di lui la tecnica flautistica si perfezionò ulteriormente
e il flauto si arricchì di molti fori. Dopo questa introduzione, Apuleio descrive la contesa tra
Marsia ed Apollo; il dio quasi si vergognò per la sua vittoria, che giudicò troppo semplice.
Ad assistere al certamen vi erano Minerva (cosa insolita nel mito) e le Muse e, le quali
giudicarono irrisorie le parole di Marsia che lodava il suo corpo irsuto, prendendo in giro
quello di Apollo che era liscio e privo di peli. Ovviamente a confronto vi sono due mondi:
quello barbarico del frigio Marsia e quello greco del dio citaredo: Apollo, oltre ad avere un
corpo curato, è presentato come un bravo oratore, “in prosa ed in versi”. Per capire ciò ,
sicuramente possiamo dire che Apuleio ebbe una formazione retorica a Cartagine, e fu
influenzato dalla Neosofistica, prima di recarsi ad Atene ed avvicinarsi alle teorie filosofiche
neoplatoniche, per colmare quel bisogno di soprannaturale che è proprio della sua epoca.
Igino nella favola CLXV collega le due versioni del mito di Marsia, quella legata a Minerva
(dea corrispondente all’Atena greca), e l’altra all’agone musicale tra Apollo e inoltre fa
risaltare il legame tra il satiro e alla figura di Olimpo a cui furono affidate le spoglie di
Marsia. Minerva aveva costruito il flauto dalle ossa di cervo ed era venuta giunta al
banchetto degli dei mentre suonava lo strumento; vedendolo Giunone e Venere la derisero
poichè le sue gote e la bocca erano gonfie. Minerva giunse alla fonte nella selvosa Ida, e
mentre suonava, si specchiò nell’acqua e vide il proprio viso deformato. Così gettò in acqua
le tibie e maledisse chiunque le avesse prese. Marsia, unico figlio di Oeagro, pastore e
satiro trovò le tibie con le quali produceva un suono così soave, da sfidare in una gara
18
PAUSANIA, pp.243-244
19
cfr.Ovidio Fasti, Plut, vit.Alk., in. LIMC VI 1 s.v. Marsyas

28
Apollo. Le Muse furono scelte come giudici e, mentre Marsia già si allontanava come
vincitore Apollo mostrò la sua abilità nel suonare anche con la cetra rovesciata, cosa che
Marsia non poteva fare con le tibie, per questo il dio ottenne la vittoria.
Marsia, legato ad un albero, fu affidato allo Scita che separò la pelle dalle membra; il
restante corpo fu affidato al discepolo Olimpo per la sepoltura. Dal sangue di Marsia si
formò il fiume che prese il suo nome.
Interessante è la tradizione riportata nella favola di Igino CXCI perché la vittoria della
contesa tra Marsia e Apollo è data a Marsia. Ovviamente non poteva che essere così perché
a giudicare è il Frigio re Mida, il quale era conosciuto per le sue orecchie d’asino, che gli
spuntarono proprio per la punizione di Apollo.
Nonno di Panopoli (Egitto) vissuto tra IV e V sec d.C. tratta del mito di Marsia nelle
“Dionysikà”, opera che rientra nel genere dell’epos mitologico ed è centrata sul dio Dioniso,
dalla sua nascita, descrivendo le sue imprese eroiche (tra cui la spedizione in India contro
Deriade), fino alla sua apoteosi. Il mito di Marsia è trattato dall’autore delle “Dionisiache”nel
I canto (40-44), nel X canto (230-234) e nel canto XIX (317-329). Nel I canto a parlare è
Dioniso, o meglio Bacco, che dice di non volere in dono tamburini e pelli di capra e non il
“doppio flauto dal suono soave” per non turbare Apollo: “il mio Febo”, che odiava il suono
delle canne da quando aveva vinto la contesa con Marsia, che è chiamato anche “pastore”, e
lo aveva scorticato vivo e appeso la sua pelle ad un albero in balia dei venti che la rigonfiano.
Nel X canto Nonno parla dell’amore di Bacco per un giovinetto lontano.
Il flauto che suona il dio è il pretesto per ricordare il “flautista Migdonio, figlio di Iagnide
divino”, che sfidò Apollo, con il flauto di Atena. Nel canto XIX Nonno di Panopoli parla
della superbia di Marsia che osò sfidare Apollo e delle sua punizione. Fu scorticato e con la
sua pelle, infatti, fu fatto un otre che, appeso al ramo di un albero, viene rigonfiato dal vento.
Apollo poi trasformò il Sileno irsuto in fiume, che era una forma più simile alla sua. Nel
vento, però, ancora si può sentire il suo canto, “come se il fiume modulasse sulle canne di un
tempo.”
Queste testimonianze sopra riportate illustrano bene il mito nelle sue numerose varianti e
sfumature legando Marsia ad una serie di altre figure; ma Marsia ha anche un ruolo
importante dal punto di vista musicale in ambito greco. Ad Atene, avvenne l’incontro tra la
tradizione di Marsia suonatore di aulòs, con la tradizione beota di Atena inventrice del flauto;
fu creata così la versione che Atena avesse inventato il flauto ma poi lo avesse gettato.20

20
DALTROP 1980 p.8

29
Le prime attestazioni del V secolo infatti parlano di Atena ma non menzionano Marsia come
nel “Marsia” (fr 758 Page PMG ) di Melanippide di Melo, e Pindaro, Pyth XII 18-20. Il
“Marsia” è un ditirambo, che ci è stato tramandato nell’opera di Ateneo (XIV 616 e) ed è
stato composto da Melanippide di Melo, prima della metà del V sec a.C.21
Il ditirambo è un canto corale di dilettanti eseguito durante le Dionisiache con
l’accompagnamento dell’aulòs, in veri e propri agoni a cui partecipavano due cori per ognuna
delle dieci tribù ateniesi con cinquanta coreuti adulti, cinquanta ragazzi, il corego e il
corodidascalos. Melanippide ristrutturò il ditirambo sul modello del nomos: eliminando la
responsione strofica e inserendo monodie eseguite da un professionista. Gli effetti prodotti
dalle innovazioni di Melanippide rientravano in quello che Aristotele chiama “mimetismo”
che adeguava il canto alle emozioni.22
Il “ Marsia” è uno dei pochi frammenti che conosciamo dell’autore oltre alle “Danaidi”, e
“Persefone”, perché la musica (o meglio musikè) allora aveva un tipo di diffusione orale-
aurale.
Melanippide non nomina propriamente Marsia ma parla di Atena e del fatto che ella gettò
in terra lo strumento, perché le deformava il volto. Il ditirambo dimostra che l’aulòs è uno
strumento negativo. Melanippide, per quanto è innovatore, rientra in quella tendenza che
spinge a considerare migliore la lyra sull’aulòs, che è comunque uno strumento di origini
orientali, o diffuso in zone marginali della Grecia come la Beozia.23
Successivamente Teleste di Selinunte, vincitore degli agoni nel 402 a.C, risponderà a
Melanippide nel suo ditirambo: “Argo”(Page 805), esaltando l’auletica e dicendo che Atena,
essendo votata alla verginità, non doveva preoccuparsi che le sue gote si deformassero.
Un'altra testimonianza che lega Atena all’aulòs è Pindaro, Pitica XII, 18-20, del V sec.a.C.
Quest’ode è l’unico epinicio composto per una vittoria non sportiva ma aulodica di Mida di
Agrigento a Delfi, durante i giochi Pitici. All’inizio e alla fine vi è l’elogio all’auleta e della
sua città natale Agrigento, nella parte centrale vi è la rievocazione mitica. Atena mentre
Perseo si accingeva a decapitare Medusa, sentì un lamento funereo provenire dalle teste delle
figlie di Orco: Medusa, Euriale e Steno e dalle serpi intrecciate sui loro capi. Per riprodurre il
loro lamento inventò prima la τέχνη atletica, poi il nomos policefalo eseguito con l’aulòs e ne
fece dono agli uomini.
Nel mito di Apollo e Marsia si riflette, inoltre, l’antinomia tra due tipi di musica: la musica

21
BOARDMANN, 1956, p.19.
22
Ibidem; BOARDMANN, 1956, p.19: Melanippide era anche conosciuto per le sue innovazioni musicali nella
tradizionale struttura del ditirambo come i passaggi lirici o a solo (αναβολαι) nel lavoro normalmente
accompagnato dal flauto.
23
DENTI, 1991.

30
melodica prodotta dagli strumenti a corda come la lyra e la musica armonica degli strumenti
a fiato come l’aulòs, con i suoi suoni striduli e di contenuto ritmico. 24
Platone, ad esempio, allude al mito in due passi, dal “Simposio”(215 a-216) e dal III libro
della Repubblica( 399 e).
Nel Simposio per la prima volte si parla della hybris di Marsia25: durante il banchetto in
onore di Agatone, viene affrontato dagli illustri ospiti l’argomento dell’amore. Alla fine
interviene Socrate, che paragona l’amore alla filosofia. A questo punto entra nella sala del
banchetto Alcibiade, già mezzo ubriaco e, avendo visto Socrate, ne tesse l’elogio.
Durante il discorso Socrate viene paragonato ai Sileni esposti nelle botteghe degli
scultori, degli artigiani che “costruiscono zampogne e flauti”, o addirittura al satiro
Marsia. Infatti Socrate era arrogante ed era flautista. Quì si parla del potere della
musica di incantare gli uomini inducendoli in uno stato di possessione e di
avvicinamento alla divinità come un iniziazione ai misteri. É questo il potere della
musica di Marsia e del discepolo Olimpo, che riproduceva la sua musica: “io dico che le
melodie di Olimpo sono di Marsia”.
E allo stesso modo, quando Socrate parlava, o un altro riferiva i suoi discorsi, tutti
rimanevano come soggiogati. Platone stesso ammette di commuoversi ascoltandolo, cosa
che non gli capitava ascoltando altri bravi oratori come Pericle. Così dopo aver ascoltato
Socrate, si allontanava tappandosi le orecchie, come per difendersi dal canto delle
sirene.
Nel vocabolario usato compaiono in relazione al Sileno termini usati nella sfera
semantica della schiavitù, come si vede nella continuazione del passo. Alcibiade,
nell’ascoltare le parole di Socrate, che sono state assimilate al suono del flauto di
Marsia, si irrita al pensiero di soggiacere come uno schiavo. Così l’autore sostiene che
quando si allontana dal maestro e lo tradisce per gli onori pubblici, lo tradisce come uno
schiavo fuggitivo. 26
Nella Repubblica ( III libro 399), invece, Socrate dice “certo amico mio, dissi, non facciamo
niente di nuovo giudicando Apollo e gli strumenti di Apollo migliori di Marsia e dei sui
strumenti”. “ Per Zeus, disse, a me non pare”: risponde Glalucone.
Questo passo fa parte della sezione che va dal verso 398c al 403c in cui si sviluppa un
problema posto nel II libro(375 a-c) in merito all’educazione del carattere, parlando dei
difensori o ‘guardiani’ dello stato. 27
24
M.Wegner, Das Musikleben der Griechen 1949, 17 sgg: in G.DALTROP 1980 p. 8
25
A.WEIS in LIMC VI 1 s.v. Marsyas
26
DENTI, 1991, p.165. cfr Simposio 215 e, 216 b.
27
BARKER, 2005 pp.19-30.

31
L’educazione deve far convergere le loro inclinazioni e disposizioni emozionali su oggetti
appropriati e si compone di due componenti fondamentali la musikè e la gymnastikè.
Riprendendo le teorie di Damone (V sec a.C) Platone era convinto che la musica influisse in
maniera positiva o negativa sull’animo umano.
Nel passo vi è il dialogo tra Glaucone e Socrate sulla “questione del canto melodico”: questo
“è composto di tre cose, parole, armonia e ritmo” . Dopo aver parlato della selezione delle
armonie Platone passa in rassegna gli strumenti musicali (399 c-e), e dice che sono da
eliminare tutti tranne la lyra, la kithara, la syrinx.
Vengono banditi la pettide ed il trigono ma soprattutto vittima dell’epurazione è sicuramente
l’aulòs, che può modulare liberamente da una armonia all’altra e non rientra quindi nei fini
etici che la musica deve avere28. L’aulòs è legato originariamente ai culti orgiastici e a Cibele
ed è associato al satiro Marsia: emblema della deformità fisica e psichica, contrapposto ad
Apollo e la sua cetra che risulta vincitore nella gara contro di lui e ottiene il patrocinio nella
città platonica.
Questo concetto sarà ribadito da Platone anche nelle Leggi (VII 812d) in cui dice, anche, che
le note della cetra devono essere pure e i suoni devono andare all’unisono con la voce e nella
Repubblica (III 398 d): “Quanto poi all’armonia e al ritmo devono essere adattati alle parole”,
non poteva prevalere la musica sulle parole come nella “teatrocrazia” che privilegia il
soddisfacimento dei piaceri individuali al fine collettivo(Leggi III 700a sgg.).29
In realtà la teorizzazione platonica se bandisce l’aulòs, così come gli strumenti a più corde
come il trigono e la pettide: simili ad un arpa, non connota negativamente la musica frigia. Da
bandire sono le harmoniai molli e simposiali come quella lidia, mentre la dorica e la frigia
sono risparmiate perché la prima infonde coraggio in guerra, l’altra è pacifica e spontanea.
Aristotele nel IV sec a.C. , invece, riterrà che la musica frigia come l’aulòs era ricca di toni
patetici e ne sottolineò l’associazione al culto dionisiaco.30
Nel I sec.d.C. il beota Plutarco ricorderà nella Vita di Alcibiade II, 4-5 come questo
personaggio si rifiutava di suonare il flauto, ritendendo che fosse un attività ignobile ed
indegna di un uomo libero perché deforma la fisionomia, e occupa la bocca impedendo il
canto. La lira ed il plettro, invece, lasciano all’uomo la sua figura ed il suo contegno ed il loro
suono è accompagnato dal canto e dalla voce. Il suo invito è quello di lasciare il flauto ai
fanciulli tebani, che sono incapaci di conversare. Gli Ateniesi hanno invece per capostipite
Atena che gettò via il flauto e per patrono Apollo, che scuoiò il flautista.

28
BARKER, 2005 pp.28-29.
29
VEGETTI, 1998, pp.379-80
30
VEGETTI, 1998, p.378.

32
Il flauto, inoltre, viene definito da Alcibiade: agέnnέtoς: ignobile. Questo termine ha in se il
concetto di privazione della geneva: nascita, origine, stirpe; quindi secondo un interpretazione
indicherebbe l’individuo che non genera e quindi non può avere stirpe. L’unico animale che
risponde a queste caratteristiche è il mulo, frutto dell’accoppiamento dell’asino e della
cavalla, che corrisponde all’antica immagine asinina del Sileno Marsia.31
Pausania, inoltre, nel libro X (30,9) della Perieghesis parlando della Lesche degli Cnidi e
della raffigurazione iconografica di Marsia e Olimpo ne approfitta per fare un exursus su una
tradizione che si tramandava nella Frigia Celene secondo la quale “ il fiume che attraversa in
città era un tempo l’auleta”. Inoltre si diceva che i pezzi flautistici della Madre (Cibele, la
Grande Madre Frigia) fossero di Marsia” e che la spedizione contro i Galati fu vinta grazie
all’acqua del Marsia e al suono dell’aulòs. Quindi ancora una volta viene attestato il grande
potere delle musica frigia.

31
DENTI, 1991, p.165.

33
CAPITOLO II
Storia degli studi

Gli studi più antichi sulle immagini del mito di Marsia sono quelli relativi allo studio
filologico del gruppo mironiano di Atena e Marsia, riproposti negli studi più recenti di Georg
Daltrop. Partendo dallo studio sulle fonti letterarie, Karl Otfried Müller nel 1830 collegò le
notizie di Plinio, Naturalis Historiae XXXIV, 57; e Pausania, I, 24, e ritenne che
appartenessero ad una medesima opera, che Pausania collocava sull’Acropoli di Atene, e
Plinio attribuiva a Mirone di Eleuthere. Lo studioso, inoltre, riconobbe lo stesso schema
descritto dalle fonti nelle monete di età adrianea, databili al 177-118 d.C. e nella decorazione
figurata del cratere marmoreo Finlay. Successivamente Heinrich Brunn nel 1858 riconobbe
nella statua del Satiro dell’Esquilino una copia dell’originale mironiano; Sauer, invece, nel
1907 ipotizzò invece che l’Atena pertinente fosse da riconoscere nel tipo delle copie di Parigi-
Tolosa-Madrid, il cui esemplare più completo era da riconoscersi nella statua dell’ Atena di
Francoforte, da Roma. Vari studiosi hanno poi cercato, all’inizio del ‘900, di ricostruire il
gruppo scultoreo: ricordiamo i nomi di Sauer; Furtwängler-Sieveking che diresse la
ricostruzione in gesso eseguita da Karl Bauer nella Gipsoteca di Monaco di Baviera nella
quale misero una lancia in mano ad Atena, disposta obliquamente. Successivamente furono
presentate la ricostruzione di Meier e la proposta di Bulle realizzata dal disegnatore Karl
Reichhold che collocarono il doppio flauto ai piedi di Marsia e Atena e disposero la lancia
verticalmente. Pollak, però, nel 1909 aveva ipotizzato che una delle due canne fosse nella
mano di Atena, che nella descrizione di Pausania vuole colpire Marsia, mentre l’altra canna
supponeva fosse in terra. Quindi, nella ricostruzione del 1912, Sieveking collocò in ognuna
delle mani di Atena una canna del flauto. Daltrop sottolinea inoltre che nell’area del Foro
Romano è stata rinvenuta una mano destra colossale come quella dell’Atena di Francoforte,
che stringe il resto di un oggetto ad asta cilindrica.32
Per quanto riguarda la cronologia dell’opera alla proposta di Brunn e Pollak di collocare il
gruppo nel 457-447, cioè nel periodo in cui Atena e la Beozia erano nemiche, ci fu un
obiezione che non ebbe seguito di Carpenter, secondo il quale la statua era post-policletea e
l’Atena di Francoforte non sarebbe appartenuta al gruppo mironiano.33
Contemporaneamente nacque tra gli studiosi stranieri un grande interesse per le vicende

32
Müller, 1830; Brunn, 1858 Sauer, 1907; Pollak 1909; Meier 1911; Bulle 1912; Fürtwangler-Sieveking 1912 in
DALTROP, 1980.
33
ARIAS, 1963, pp.111-112.

34
mitiche che legavano il frigio Marsia alle due divinità che rappresentavano gli ideali della
cultura classica: Apollo ed Atena, verso le quali il satiro commette un atto di hybris. 34
Gli studiosi del mito, partendo dalle fonti letterarie, si sono soffermati sull’analisi delle
testimonianze artistiche che rappresentavano le immagini figurate dei personaggi del mito.
Si è cercato, però, anche di capire le motivazioni e le relazioni storico-culturali che portarono
ad una grande diffusione del mito a partire dal V sec.a.C.
Queste interpretazioni sono ancora oggi importanti anche se è cambiato l’approccio alle
discipiline iconografiche nel mondo antico .
Michaelis nel 1853 metteva in relazione la tematica mitica di Marsia e Atena con un dramma
satiresco di Euripide ( Fr. Nauk n.381).35
Rizzo, invece, all’inizio ‘900, metteva già in relazione l’incontro tra Atena e Marsia con il
ditirambo di Melanippide di Melo, riportato da Ateneo, XIV, 616 E. e l’agone di Apollo e
Marsia con la rivalità esistente tra Atena e la Beozia, nel V sec.a.C.
Il vincitore, infatti, era Apollo che suonava al lyra, che è uno strumento ateniese; mentre il
flauto, diffuso in Beozia, risultava perdente. Inoltre ipotizzò che il ditirambo potrebbe avere
suggerito il soggetto ai pittori dei vasi in cui Marsia suona la kithara, che solitamente è lo
strumento di Apollo.36
Arias nel 1940 sottolineò i collegamenti tra alcune raffigurazioni vascolari raffiguranti Atena
e Marsia e il gruppo mironiano dell’Acropoli e sostiene che tali immagini costituirono un
veicolo di propaganda politica nella polis del V secolo.37
Si soffermò, valorizzandolo, sul gesto di Marsia avente un braccio alzato che secondo lui era
un gesto di meraviglia o stupore per aver scoperto lo strumento.38
Cumont, invece, nel 1942, commentando le rappresentazioni di Apollo e Marsia sui sarcofagi
romani, pose l’attenzione su un passo della Repubblica di Platone(III 399 e), che riprendendo
teorie pitagoriche, oppone la lyra: strumento divino che trasporta le anime verso il cielo e il
flauto che eccita le passioni impure. Questo pensiero simbolico penetrò poi nella religione
ateniese e le immagini della ceramica se ne fecero fedeli propagandiste. 39
Metzger nel ’51 studiando le rappresentazioni della ceramica attica del IV secolo si soffermò
su una serie di vasi databili tra la fine del V e l’ inizio del IV secolo aventi come soggetto la
contesa di Apollo e Marsia, in cui individuò le varie fasi dell’ agone che ricalcavano quelle
studiate in una serie di testimonianze letterarie come Platone (Simposio 215 b), Senofonte,
34
DENTI, 1991, p.162.
35
Michaelis, 1858, p.323, in METZGER, 1951, p.163.
36
Rizzo, 1904, p.60, in METZGER, 1951, p163,165., BOARDMAN, p.19 nota 18.
37
In MUGIONE, 2000, p.151, nota 68.
38
P.E. Arias, Mirone, Firenze, 1940, p.18, in DENTI; 1991, p. 163.
39
Cumont, 1942, p.16 sq., in METZGER,1951, p.167

35
Diodoro, Apollodoro e i mitografi latini. Metzger sostenne che la diffusione del mito di
Apollo e Marsia poteva essere collegata all’ influenza delle competizioni sofistiche alla fine
del V secolo. Inoltre sostenne che la leggenda dell’invenzione dei flauti da parte di Atena e
del suo incontro con Marsia, fornì la materia al ditirambo di Melanippide di Melo, e ispirò
Mirone, che gli diede espressione plastica, creando il celebre gruppo dell’Acropoli. Questo è
presentato come l’ ordinario ex-voto di un corego vincitore al concorso ditirambico.
Boardmann, nel 1956, analizzò una serie di frammenti di vasi e decorazioni votive di
produzione attica che meritavano un trattamento al di fuori dello studio generale su vasi
provenienti dall’Acropoli di Atene di cui si era occupato in precedenza. I frammenti aventi
come soggetto Marsia vengono da lui analizzati insieme alle fonti letterarie del mito,
commentate da Mr. John Leatham. La vicenda che lega Atena e Marsia è rappresentata in
frammenti di vasi attici datati nell’ultimo quarto del V secolo che hanno lo stesso soggetto del
perduto ditirambo di Melanipide di Melo, tramandato per via indiretta da Ateneo, e del
celebre gruppo mironiano di Atena e Marsia. La maggior parte dei vasi sul mito dipingono
soprattutto una fase successiva dell’episodio che lega Marsia ad Apollo in un agone, in cui
Atena compare come spettatrice tra i due, anche se la sua espressione mostra i suoi sentimenti
verso Marsia. In alcuni vasi compaiono anche le Muse come giudici della contesa. Queste
scene furono composte per un pubblico ateniese e la rivalità tra il sileno barbaro ed il dio
greco fu creata in un momento in cui la memoria delle guerre persiane era ancora viva e la
vittoria del dio greco sul frigio-orientale Marsia aveva una forte connotazione nazionalistica.40
Le immagini di Marsia che suona la kithara/lyra rappresentavano per lui un'altra versione del
mito in cui Marsia non era scorticato, ma avvilito abbandonava il flauto. Diversamente
Clairmont pensava che tali immagini rappresentassero un momento successivo della contesa
in cui Marsia prova a dimostrare l’abilità con lo strumento dell’avversario.41
Schauenburg nel ’58 oltre a riproporre tutte queste teorie, si sofferma sul significato del
coltello in mano a Marsia, che compare su alcuni vasi lucani (n.20, n.21). Questo sembra
anticipare, infatti, il momento del sacrificio e della punizione di Marsia, che comparirà sui
vasi figurati solo a partire dal IV sec.a.C.42
Importante è anche lo studio di Deonna del 1959, il quale sostenne che in origine Marsia era
un asino sacro, sacrificato e scuoiato. La storia della gara con Apollo e della sua punizione,
quindi, sarebbero la ritrasposizione mitica di un rituale. Infatti alcuni elementi della storia
come l’otre e il flauto d’osso intagliato compaiono in antiche pratiche magiche per la

40
BOARDMANN, 1956, p.16-20.
41
Boardmann, 1956,p.19; Clairmont, 1957, p.164: cfr. LIMC s.v. Marsyas, p.376.
42
In MUGIONE, 2005.

36
propiziazione dei venti.43
Nel 1955 Ferrero, studiando il pitagorismo nel mondo romano, collegò la figura di Marsia
alle teorie cosmologiche del pitagorismo, secondo le quali le anime disincarnate soggiornano
temporaneamente nelle regioni sub-lunari o nell’atmosfera. Nella gara di Apollo e Marsia,
quindi la lyra rappresenterebbe l’armonia e l’ascesa serena al cielo, mentre le spoglie del
flautista appesa ad un albero l’anima punita nella bassa atmosfera.44
Nel ’71 lo studio di Froning sottolineò l’influenza del ditirambo prototipo sui tardi vasi
attici.45 Infatti frequentemente nelle rappresentazioni mitiche compare il tripode che
simboleggia la vittoria della coregia teatrale responsabile della scena figurata.
A Saflund, nel 1976, si deve invece il collegamento tra le immagini di Marsia scoraggiato con
le innovazioni nella resa dell’espressione facciale attribuiti a Parrhasios nel 400 a.C.46
Nel ’79 Beschi in un saggio sull’Atene periclea notò come Marsia, originariamente un
demone frigio, assunse in Grecia gradualmente i caratteri dionisiaci e divenne l’emblema
della barbarie asiatica. Il Marsia pieno di tensione emotiva, venne così contrapposto alla dea
Atena, che è l’incarnazione della ragione e della sapienza.47
Inoltre alcuni studiosi sottolinearono la teatralità dell’opera mironiana.48 Marsia, schiumante
di furia animalesca, viene contrapposto ad una fragile e femminea Atena. Il satiro si ritrae
indietro al volgersi della dea con un passo di sykinnis: la danza satiresca per eccellenza. Il
vero protagonista invisibile è però il flauto che si suppone Atena abbia gettato in terra e la
musica che riecheggiando nell’aria ha risvegliato il rozzo satiro che si precipita sullo
strumento.49
In America pochi anni prima, nel 1976 Anne Weis, dicusse la tesi di dottorato dal titolo “The
hanging Marsyas”, presso il Bryn. Mawr. College, in Pennsylvania. Il soggetto della
dissertazione era l’impiccagione di Marsia in scultura. La statua per il tema patetico trattato,
l’attenzione alle muscolature e per il trattamento dei capelli era generalmente attribuito ad uno
scultore che lavorava a Pergamo, all’inizio del II sec a.C. La studiosa individuò, invece, nella
serie di copie analizzate due principali prototipi statuari.
Il tipo “rosso” o asimmetrico è stato fatto, nella seconda o terza decade del II seca.C., da
un’artista che aveva familiarità con l’iconografia greca occidentale e che lavorava
probabilmente in Italia, durante il periodo ellenistico. Roma, infatti, aveva tratto profitto dalla

43
Deonna, 1956, 5, p.338 ss., in PARIBENI, 1961 p.877.
44
Ferrero, , 1955, pp.79-80; in DENTI, 1991, p.183.
45
Froning, 1971, 29-44; in LIMC s.v. Marsyas, p.376.
46
Säflund, 1976, 81-82: in LIMC s.v. Marsyas p.376.
47
Beschi, 1979, pp.557-630; pp.612-613: in DENTI, 1991, p.162.
48
Burkardt, in LIMC, s.v. Marsyas p.376.
49
BIANCHI BANDINELLI; PARIBENI, 1986, n.440-441.

37
seconda guerra punica e avviato un programma di costruzione monumentale, in occasione del
quale ci fu l’occasione di creare una scultura monumentale come quella dell’impiccagione. Il
tipo “bianco” o simmetrico è del periodo romano: tardo II-III sec d.C. ed è un innovazione
del tema e della posizione della prima statua di Marsia.del II sec.a.C., e del quale sono
conosciute una quarantina di copie romane.
La studiosa ha inoltre analizzato tutte le testimonianze del mito nell’arte pre-imperiale per
capire quando cominciò a comparire il motivo iconografico della punizione di Marsia.
In particolare per il periodo cronologico che va dal V al IV, la studiosa americana ha
individuato sia rappresentazioni nelle arti minori, come specchi prenestini e ciste, ma
soprattutto molti vasi raffiguranti Marsia, divisi per classi di produzione: attici, corinzi, beoti,
apuli, italioti, lucani, campani, paesani, falisci, etruschi. Dalla sua è risultato che gli artisti
attici del V secolo, non sembrano mostrare interesse per la punizione di Marsia,
soffermandosi, piuttosto, sull’abbandono dei flauti da parte di Atena ed il loro ritrovamento
da parte di Marsia o alla successiva contesa del satiro con Apollo.
La punizione di Marsia appare, invece, indipendentemente nei vasi attici e magno greci nella
seconda metà del IV secolo a.C., e sarà riprodotta anche su altri oggetti di arte minore.
Comincia a comparire lo schiavo scita, o Apollo con un coltello; ma anche raffigurazioni di
Marsia legato all’albero. Anne Weis analizza anche una serie di fonti letterarie. Se il motivo
dello scorticamento, riportato da Erodoto , è una pratica orientale, va ricordato che in Italia,
secondo la legge delle Dodici Tavole vi era la pratica di sospendere i criminali, per flagellarli
a morte.
Inoltre in età tardo repubblicana nelle fonti letterarie si parla della differenza dell’albero felice
e dell’albero infelice. L’albero felice è quello pieno di frutti, l’albero infelice, al contrario, è
sotto la protezione degli dei inferi. Quindi l’impiccagione della vittima all’albero era una sorta
di consacrazione agli dei inferi per espiare il miasma prodotto dal crimine. Gli alberi infelici
appaiono raffigurati anche in Italia centrale come nel dinos di Capua , che mostra il ladro
Caco, legato ai rami dell’albero o di un cespuglio, mentre Ercole si mette in marcia con il
bestiame ritrovato. 50
Successivamente la studiosa americana nell’ 1986 approfondì l’origine e lo sviluppo del
motivo dell’adligatus: cioè della figura legata all’albero, che compare sui vasi italioti,
ipotizzando che il motivo fosse derivato da una pittura di Amykos adligatus, probabilmente
da riferire ad un centro dell’ Italia centrale. Inoltre sostenne che la presenza dell’albero nella
pittura e nei monumenti tardi fosse stato ispirato dall’idea italica dell’albero infelice e del

50
WEIS, 1976, abstract; chapter II.

38
legame con le associazioni punitive e funerali. Questa analisi ebbe grosse implicazioni
sull’origine della decorazione della Cista Ficoroni (datata al 336-330 a .C.) e sulle riflessioni
circa il carattere e lo sviluppo della koinè artistica e culturale nella Italia pre-Romana.
Il soggetto dell’adligatus è riferito in particolare a tre culturali precise: Apulia-Lucania, Lazio
e sud-Etruria, nel IV sec a.C. ed è usato in connessione a quattro temi mitologici: la punizione
di Amykos; la punizione di Marsia; Peiritoos e l’esposizione di Andromeda.
Tutti questi miti che sembrano avere una tradizione iconografica comune, sono accomunati
dalla punizione per un empietà o un atto di hybris. La figura di solito è stante, appoggiata con
la schiena all’albero, con le braccia legate dietro di lei, al tronco dell’albero; quello che può
variare è il numero degli alberi.51
È importante, inoltre, ricordare le innovazioni nel campo degli studi iconografici elaborate
dalla scuola francese, che prendono avvio dalle conquiste nel campo della filologia degli anni
’70. Jean Pierre Vernant, professore onorario al Collège de France, è uno dei massimi
studiosi del mito e della cultura greca, che ha applicato al suo campo di indagine le ricerche di
psicologia storica promosse in Francia dal filosofo polacco I. Meyerson, con l’intento di
rompere il “blocco di una statica classicità”. Partendo dalle fonti interpretate da filologi
classici e storici dell’antichità, il nuovo metodo considera fatti religiosi: miti, riti,
rappresentazioni figurate; pensieri filosofici scientifici, artistici, istituzionali tecnici,
economici, come opere create da uomini, in quanto espressione di un attività mentale
organizzata. L’analisi si arricchisce di studi di altri studiosi francesi di antropologia della
religione in Grecia: Gernèt, Detienne, proponendo la sintesi di dibattiti e convegni degli anni
60-70. Quello che ha cercato di fare Vernant con i suoi saggi sul mito è rievocare l’universo
mentale e valoriale dell’ uomo greco contestualizzato nell’ambito socio culturale di cui è il
prodotto.52
Inoltre Moret, studioso della circolazione di miti in Occidente, nel 1979 ha sottolineato che
una scena mitologica non può essere compresa fino in fondo se non si analizza nel suo
linguaggio iconografico, inquadrandolo in una dimensione diacronica: mettendolo in
relazione le scene mitologiche aventi lo stesso soggetto in diversi momenti cronologici e in
una dimensione sincronica che recuperi il linguaggio complessivo di un epoca attraverso lo
studio di differenti rappresentazioni.53
In Italia, un collegamento con la scuola francese ha permesso di approfondire il metodo di
analisi iconografica.

51
WEIS, 1982, p. 21
52
VERNANT, Mito e Pensiero.
53
Moret, 1979, p.203-204, in MUGIONE, 2000.

39
A. Potrandolfo durante il XXXVI Convegno Internazionale di Taranto, sulla Magna Grecia
dal titolo Mito e Storia del 1996, ne ha ricordato alcuni aspetti fondamentali sottolineando
come sia importante definire e chiarire quali siano gli strumenti euristici per una corretta
lettura delle immagini e come l’immagine vada sempre contestualizzata nel tempo e nello
spazio in un rapporto dialettico tra produzione e destinazione 54
Gli studi francesi di iconografia più recenti che analizzano le immagini del mito di Marsia con
il nuovo metodo sono quelli di Anne Queyrel, e Francois Lissarague, Martine Denoyelle.
Anne Queyrel nel 1984 ha studiato una serie di vasi a campana attici del Pittore di Pothos
raffiguranti le scene apollinee e le scene dionisiache del Pittore di Pothos, attivo nell’ultimo
quarto del V sec.a.C. Eliminando le scene di sacrificio, di banchetto, di danza, di esercito; la
studiosa ha privilegiato l’indagine sulle scene dionisiache e apollinee. In un numero ristretto
di vasi del pittore ha individuato il carattere ripetitivo delle scene.
Lo studio del tema ha fatto rilevare la predominanza di un mondo dionisiaco calmo e
ragionevole. Il pittore di Pothos ad eccezione dello stamnos dell’agorà 1059 decorava crateri a
campana.55. Nel rappresentare il mito di Marsia, alcuni pittori preferirono le scene con Apollo
e le Muse; altri un rumoroso gruppo di satiri e menadi, altri ancora collocarono l’azione su un
piano cosmico.56
La studiosa francese, conservatrice del Louvre Martine Deyonelle è intervenuta nel 1994 in
un convegno internazionale esponendo uno studio sulla ceramica protoitaliota sottolineando
l’importanza dell’opera del Trendall: “The Art of South Italy” del 1982 e dell’articolo del D.
von Bothmer per scardinare la concezione ‘atticocentrica’ degli studi.
Lo stesso Schauenburg studiando l’immagine di Marsia con il coltello, indica un cattiva
comprensione dei modelli attici o una cattiva interpretazione del mito, in cui il flauto viene
rimpiazzato da una forma equivalente. Come sottolinea la studiosa però il tema di Marsia con
il coltello si trova anche su altri vasi lucani, mentre non compare nell’iconografia apula.
Tale segno piuttosto che sottolineare l’aspetto di tragico destino come nel caso del coltello
che a in mano Canapè sull’idria di Bari del Pittore di Amykos, sembra suggerire una valenza
del sacrificio, che anticipa le immagini della sua punizione.
Il linguaggio dei pittori itaioti, non deve però essere considerato una ‘deviazione dalla
norma’, ma un modo narrativo particolare.
Importante anche l’intervento di A. Potrandolfo che, facendo la sintesi del discorso della
studiosa francese, ha sottolineato come alcuni pittori rimangano più legati ai modelli attici

54
POTRANDOLFO, 1996.
55
QUEYREL, 1984.
56
In LIMC, VI 1, s.v.Marsyas.

40
come il Pittore di Pisticci, altri come il Pittore di Palermo, si svincolano da essa.
Contemporaneamente, verso la fine del v sec a.C. la produzione attica dà vita a
‘rappresentazioni uniche’ create unicamente per i mercati occidentali: costa adriatica ed Italia
meridionale. Per quanto riguarda la circolazione dei vasi si possono formulare solo ipotesi
perché i dati sono incompleti, mancando notizie relative alla provenienza dello skyphos del
pittore di Palermo. Quest’iconografia di Marsia che sembra desideroso della sua fine sembra
avere dai dati analizzati un’area di diffusione tarantina e troverà poi terreno fertile in ambito
dauno e peuceta. 57
Uno studio recente dove si può vedere in filigrana la nuova impostazione del lavoro sulle
immagini mitologiche è l’intervento di Iconografia musicale di Francoise Lissarague, durante
il Convegno Mittlefast presso la Chiesa di S. Francesco a Cividale del Friuli, oraganizzato
dalla Scuola Normale Superiore di Pisa, nel 2001. Nel discorso viene sottolineata soprattutto
la funzione del vaso che amplia il significato dell’immagine: ad esempio il cratere è un vaso
utilizzato nel simposio maschile, mentre l’hydria è il vaso utilizzato dalle donne per prendere
l’acqua alla fontana e portarla a casa. I miti musicali analizzati dallo studioso francese sono
quelli di Orfeo e Marsia, che sono legati ai confini del mondo greco: la Frigia ed il mondo
tracio. La Frigia rappresentata non è, però, la Frigia storica, ma la “Frigia per gli Ateniesi”.
Sono quindi gli Ateniesi che descrivono, all’interno della riflessione nell’ambito del simposio
il cattivo uso della musica, oltre che quello buono, senza esagerazioni ed eseguito con
l’ausilio della parola, del canto, del gioco, e del il vino. La contrapposizione tra la lyra e
l’aulòs viene ribadita nell’episodio mitico di Apollo e Marsia, ma entrambi gli strumenti
compaiono spesso nell’iconografia del banchetto insieme ai satiri.
L’aulòs è, però, uno degli strumenti più influenti sull’animo umano, provocando la mania
dionisiaca e spesso associato alla tematica sessuale come nella serie di rappresentazioni di
satiri anteriori all’iconografia di Marsia, datate alla fine del VI sec.a.C. Il mito di Marsia, già
nel V secolo sarà raccontato da Erodoto, quindi tale storia è di poco posteriore a tali
immagini.
Un attenzione particolare, infine, merita il Marsia di Paestum, rinvenuto nel 1931 all’altezza
del compitus, cioè all’incrocio del cardo e del decumano, nell’area sud-occidentale del Foro in
due pezzi. Probabilmente la scultura non era nella sua collocazione originaria.
Nei pressi furono rinvenute anche alcune statue iconiche repubblicane e imperiali e un
tetrapylon, che monumentalizzava il sito.58

57
DEYONELLE, 1995, pp. 242-43
58
DENTI, 1991.

41
A partire da quella data gli studiosi hanno cercato di interpretare questo reperto e di collocarlo
in un contesto storico-culturale.
Torelli sostiene che la statua di Marsia sia una copia dell’originale romano, fusa da mani non
molto esperte, essendo realizzata in più pezzi e non in un'unica gettata ed è una delle opere
più importanti della cultura “medioitalica”. La data proposta è: attorno metà del III sec.a.C.,
dopo la fondazione della colonia di diritto latino nel 273 a.C.
L’originale a cui si ispirava era stato eretto pochi anni prima nel Comizio di Roma, vicino al
Ficus Ruminalis e la Lupa: importanti simboli politici.
La statua di Marsia, il cui nome poteva ricordare la gens dei Marcii, era stata eretta dal
plebeo Marcio Rutilio nel 294 a.C., nell’anno in cui divenne censore, come ci dimostra una
moneta, emessa nel 83 a.C. da un lontano discendente di M.Rutilio.
Questa statua aveva un valore simbolico enorme: era simbolo della libertas: la libertà politico,
sociale, economica, conquistata dai plebei a partire dalle leggi Licine Sestie del ‘367 a.C.
La mano sollevata indicava che a “Marsia (e quindi alla plebe), nulla mancava” come dicono
le fonti. I compedes, cioè gli anelli privi delle catene che la statua porta alle caviglie, sono un
“indicium libertatis”.
Replicare la statua di Marsia si inseriva nel proggetto di riprodurre il Comizio romano nel
Comizio locale paestano. La libertas assumeva, inoltre un significato politico importante nella
colonia, indicando l’origine plebea dei coloni, che alleandosi con la vecchia classe
aristocratica sannitico-lucana e con la nobilitas protagonista del trionfo sul Mediterraneo,
costituirà la nuova nobilitas patrizio plebea che gestirà la scena politica.59
L’interpretazione di Torelli, già diffusa negli anni ’80, non convinse completamente Denti,
che sostiene che l’utilizzo di un materiale nobile, il bronzo, in una delle città più importanti
della Magna Grecia, nel luogo che diverrà il Foro di Paestum, quindi il centro politico in età
romana, non poteva essere un prodotto provinciale.
In un saggio del 1991 analizzò così il reperto nelle sue caratteristiche sia tecnico formali, sia
stilistico-iconografiche della statua, avanzando una sue interpretazione dei dati raccolti.
Per spiegare la composizione della statua in otto pezzi riporta il passo del Simposio di
Platone (215 b) in cui si parla di immagini di Sileni, esposti nelle botteghe degli scultori, che
si aprivano a metà e mostravano gli agàlmata degli dei. La tenia sotto ai capelli che fissa
quello che si può interpretare come diadema a doppia banda (oppure una mitrè) qualifica il
Marsia come personaggio regale e lo carica di valenze sacrali. L’enfietà del satiro richiama la
tradizione orientale precedente al suo accoglimento nel ciclo dionisiaco, che lo indica come

59
TORELLI, 1992,p. 12-13.; cfr Torelli, 1982, in DENTI, 1991, p.178.

42
ipostasi di un asino, la cui pelle in forma di otre veniva venerata in ambiente frigio.
Sulla spalla la statua doveva avere un otre che è un indizio iconografico che ricorda questa
tradizione.
Il Marsia paestano, inoltre, rappresenta con la sua enfietà l’otre stesso, che veniva riempito di
vino. Tutte le caratteristiche della statua sottolineano la sua instabilità fisica e psicologica.
Il braccio alzato, come nel Marsia di Mirone non è un gesto di meraviglia ma un segno di
timore o di ammonimento dello spettatore a non commettere hybris e non infrangere le regole
della cultura classica, ma a comportarsi da uomo libero e cittadino. Il Sileno è volutamente
rappresentato come l’immagine anticlassica per eccellenza: il brutto e il barbaro, una figura
servile, non per imperizia dello scultore, benché secondo lo studioso la statua nasce da
presupposti figurativi di carattere “alto”.
Il Marsia paestano non è, quindi, un prodotto “artigianale”, “italico” o “disorganico”, ma è un
esempio della migliore plastica greca che rappresenta la figura umana in maniera naturalistica,
come mostra bene il modo in cui sono resi i passaggi muscolari.60
La tipologia dell’immagine simile a quella del reperto ha inoltre una diffusione nei centri
calcidesi della costa nord-orientale della Sicilia e della stessa città di Paestum, a partire dalla
fine del V secolo a C.
Queste analisi sono un punto di partenza per datare e contestualizzare il reperto archeologico
al IV secolo, periodo in cui il mondo magnogreco e italico, alle soglie della conquista romana,
esprimeva una cultura di koinè esemplata su modelli greci, che saranno a sua volta assimilati
da Roma, che alla metà del III sec.a.C. rifarà il comizio sul modello circolare degli
ekklesiasteria greci. Precedentemente a cavallo tre il IV e il III secolo a.C. nell’area del
Comizio di Roma, vennero erette le statue tra cui il Marsia, che fu collocato vicino ai simboli
dell’imperium romano come la Lupa e il Ficus Ruminalis, rappresentando la sua continuità. Il
Ficus Ruminalis era come Marsia consacrato a Dioniso, ma anche connesso al culto di Cibele:
la Grande Madre frigia, che inventò il doppio flauto e il fico secco.
Inoltre Plutarco (Numa, 8, 20) e Plinio (Nat Hist XXXIV) ci informano che durante le guerre
sannitiche furono erette, in cornibus comitii, per volere dell’Apollo di Delfi le statue di
Pitagora e di Alcibiade. Queste statue insieme alla contemporanea statua di Numa del Foro,
rinvenuta nella casa delle vestali, ben incarnano gli ideali eroici precedenti alla diffusione
delle immagini ellenistiche di Alessandro Magno. A livello concettulale, inoltre, ci rimandano
ancora a modelli magno greci. Numa, il legislatore democratico e con valenze augurali, è
connesso da un lato a Mamerco/Mamerte e quindi al mondo sabino-romano, dall’altra rivestì

60
DENTI, 1991, p. 136-146.

43
una grande importanza nel periodo del Pitagorismo architeo, durante il quale si formò la
tradizione di Numa discepolo di Pitagora, che serviva alle famiglie patrizie per legittimare la
propria egemonia. Un grande ruolo fu assunto dalla Lucania in questo periodo nel diffondere
questa cultura politica incentrata sul pitagorismo, che accomunava le esperienze delle
aristocrazie taratine, campano-sannite e siceliote, e collegarla a modelli di tipo laconico.
Le statue di Alcibiade e Pitagora a Roma furono erette, per volere di Appio Claudio Cieco,
censore nel 312 a.C., personaggio ellenizzante creatore della via Appia, legato agli interessi
del ceto imprenditoriale plebeo e alla gens Claudia che sarà fautrice dell’espansionismo di
Roma nell’Italia meridionale, che porterà nel 273 alla deduzione della colonia latina a
Paestum nel 273 a.C. Appio Claudio Cieco, inoltre, fu anche colui che riorganizzò il culto di
Giove a Roma cacciando i tibicines che banchettavano nel tempio. Questo potrebbe essere il
riflesso della teoria greco-pitagorica che sottolineava il carattere negativo del flauto.
Tutto ciò porta a considerare che il bronzo paestano quindi, non è la copia della statua
romana, ma uno dei possibili modelli. Inoltre un’altra serie di spunti interessanti sono
sottolineati nel saggio di Denti, che testimoniano la connessione del Satiro Marsia
all’ambiente italico e le sue valenze sacrali-regali. Marsia è collegato al popolo dei Marsi di
cui è eponimo, e alla disciplina augurale, insegnata secondo le fonti “a Marsia rege missos e
Phrigia regnante Fauno” e quindi anche con il re Fauno, legislatore italico.
Paestum del IV sec.a.C. è un crocevia di interessi culturali che dalla Magna Grecia
raggiungono Roma, filtrati dalle esperienze legislative delle comunità italiche condotte in
relazione a modelli tarantini di ispirazione pitagorica. È a Roma che vengono riprese le stesse
istanze culturale dalla gens Marcia, di cui Marcus Rutilio oltre che censore fu nominato nel
310 pontifex e augur plebeo nel 300. Quindi pur accettando il 294 a.C., come data di erezione
dell’esemplare romano, questa è solo un terminus ante quem per il Marsia di Paestum.
Il Marsia, è realizzato nel periodo lucano, in una società fortemente gerarchizzata e marcata
da una forte opposizione tra servi e padroni, che si rifaceva a modelli di tipo laconico filtrati
attraverso il pitagorismo architeo e le connessioni della libertas avevano un senso.
Le elitès filoplebee che romanizzarono Paestum, a sua volta, collocheranno nell’area del Foro
un’altra serie di segni importanti che vanno in questa direzione: come i culti Plebei di Mater
Matuta?, di Asklepios, di Fortuna Virilis, Venus Verrticordia e Mens.
Al momento della deduzione però i templi greco-lucani vengono conservati, e ciò potrebbe
essere accaduto anche per la statua di Paestum dalle valenze sacrali.
Infatti discostandoci dalla sua collocazione di Marsia nel comizio, che privilegia l’aspetto
romano, Denti sottolinea il collegamento con il passo di Erodoto che collocava la pelle di

44
Marsia nel cuore dell’agorà di Celene.
Quindi il modello greco, sarebbe recepito dalle aristocrazie lucane e poi conservato nella
colonia latina e solo dopo sarebbe divenuto simbolo politico dei plebei a Roma e quì
collegato ai Marci, anche loro aventi relazioni augurali. Successivamente questa immagine
circolò nelle città provinciale dell’impero e fu presa a modello dalle città urbane che la
replicarono.

45
CAPITOLO III
LE FONTI ICONOGRAFICHE

a) Catalogo

Pausania,Guida della Grecia X,30,9

(9.) cordai; katerrwgui'ai. uJpe;r touvtou ejsti;n ejpi; pevtra"


kaqezovmeno" Marsuva", kai; ÒOlumpo" parÆ aujto;n paidov"
ejstin wJraivou kai; aujlei'n didaskomevnou sch'ma e[cwn.
oiJ de; ejn Kelainai'" Fruvge" ejqevlousi me;n to;n potamo;n
o}" dievxeisin aujtoi'" dia; th'" povlew" ejkei'novn pote ei\nai (5)
to;n aujlhthvn, ejqevlousi de; kai; eu{rhma ei\nai tou' Mar-
suvou to; Mhtrw/'on au[lhma: fasi; de; wJ" kai; th;n Gala-
tw'n ajpwvsainto strateivan tou' Marsuvou sfivsin ejpi;
tou;" barbavrou" u{dativ te ejk tou' potamou' kai; mevlei
tw'n aujlw'n ajmuvnanto".

Sopra di questo vi è Marsia sedente sulla roccia, e vicino a questo vi è Olimpo avente
l’aspetto di un giovinetto nel fiore dell’età e che impara a suonare l’aulòs. A Celene i Frigi
raccontano che il fiume che li attraversa in città era un tempo l’auleta, raccontano anche che i
pezzi flautistici della Madre sono di Marsia; dicono inoltre che abbia respinto la spedizione
dei Galati con l’acqua del Marsia contro i barbari allontanando(li) sia con il fiume sia con il
suono dell’aulòs.

1
La Grande Madre Frigia: Cibele.
2
lett.plurale:perché lo strumento è provvisto di doppia canna.

NUMERO DI CATALOGO: 1
OGGETTO: pittura perduta
LOCALIZZAZIONE: Delphi, lesche degli Cnidi
ATTRIBUZIONE: Polignoto di Taso
DATAZIONE: 475-447 a.C.
DESCRIZIONE: Marsia seduto su una roccia insegna al giovane Olimpo a suonare il flauto.
BIBLIOGRAFIA: Robert,C.,16 HallWPr 1892,51.56.67.70-80 in Stansbury-O’Donnel,
M.D.,AJA 94,1990,225-226.231; Mugione 2005; Schauenburg I p.46; LIMC s.v.”Marsyas” I
67 (=Olympos 10)

46
(A) (B)

NUMERO DI CATALOGO: 2
OGGETTO: cratere a calice
DIMENSIONI:Alt.0,42H ;0,44 diam.
CLASSE DI PRODUZIONE:attico a figure rosse
LUOGO DI CONSERVAZIONE :Karlsruhe Badisces Landesmus, 208 B 3.
PROVENIENZA:Sicilia, Agrigento
STATO DI CONSERVAZIONE:superficie estremamente corrosa
ATTRIBUZIONE :Pittore di Villa Giulia
DATAZIONE: 450 a C
DESCRIZIONE(lato A) : satiro incedente a destra, che porta il tirso e regge un
kantharos(SOTENES), menade incedente con corona di edera sul capo, tirso nella mano
destra e kanthros nella meno sinistra(MAINAS), piccolo satiro con fiaccola (PORSFON),
Marsia nudo con barba e capelli e coda bianchi, lunghi peli irsuti disegnati come cerchietti
sul suo corpo, conduce il thiaso, suonando il doppio flauto(MARSUAS).
( Lato B):donna in fuga a sinistra, uomo barbato con mantello e scettro(sovrano), donna in
fuga a destra.
BIBLIOGRAFIA:Beazley:ARV2 618;EVP 76; Add2 270; CVA Karlsruhe Badisces
Landesmuseum 1(Germany 7)Deutschland Nr.317,Tafel 19,1-2;Weis 1976 , n3; Beazley
Archive.Villa Giulia Painter vase n. 207151; Veder Greco, le necropoli di Agrigento, mostra
internazionale, Agrigento, 2. maggio - 31. luglio 1988 (Rome, 1988): 156-157, NO.37 (A,B);
pl.28,2.; LIMC s.v.”Marsyas” I , 1*(=Mainas 2 con bibl)

47
NUMERO DI CATALOGO: 3
OGGETTO: gruppo scultoreo
DIMENSIONI: 1,56m ;1,71m con plinto(Marsia),1,67;1,73 con plinto(Atena)
PROVENIEZA: (Marsia)Roma, Escquilino,via dei Quattro Cantoni 46/48,1923 (Atena)
Roma, Pincio, sotto l’edificio di via Gregoriana 32(anticamente inglobato negli horti
Luculliani)
LUOGO DI CONSERVAZIONE: (Marsia)Musei Vaticani inv 9974.dal 1870,un tempo era
ospitato nel Museo Gregoriano Profano,poi nel Museo Lateranense, prima della sistemazione
attuale.(Atena)Francoforte sul Meno ,Liebieghaus Museum 195
MATERIALE:marmo pentelico; testa di Atena in marmo pario.
STATO DI CONSERVAZIONE:(Marsia) copia con braccia mancanti a causa di un
intervento sbagliato di restauro poi asportato nel 1925; si immagina in origine una coda lunga,
di tipo equino; sulla faccia superiore del plinto ci sono due incavi a 22-23 cm di distanza per
agganciare, forse, una delle canne dell’aulòs.(Atena) spalla sinistra rintegrata, braccio destro
spezzato è mancante dalla metà del gomito incluso,ma l’avambraccio è conservato, manca
l’avambraccio sinistro, piede sinistro manca, e anche il pennacchio del cimiero.
ATTRIBUZIONE:Mirone di Eleuthere.
DATAZIONE: (Marsia) bolli sulle lastre di marmo di rivestimento dei muri rinvenuti nel
contesto insieme alla statua(134 d. C.) la statua presenta tratti adrianei, (Atena) copia di I sec
d.C, originale mironiano :450 a.C.
DESCRIZIONE:Atena stante con elmo corinzio e peplo in moto verso sinistra si volge
indietro verso Marsia .Marsia guarda verso il basso ai flauti (che supponiamo Atena abbia
gettato in terra ),e arretra con un passo di sikynnis al volgersi della dea.
BIBLIGRAFIA: Müller, 1830; Brunn, 1858 Sauer, 1907; Pollak 1909; Meier 1911; Bulle
1912; Fürtwangler-Sieveking 1912 in DALTROP, 1980; B.Bandinelli,E.Paribeni, 1986,
schede 440-441:Mirone.gruppo di Athena e Marsia.; J.Charbonneaux,R.Martin,F.Villard,

48
Mirone, pp.159-164,fig 111;pp.296,319 s.v.Marsia; EAA s.v. Marsia p.877-880;s.v.
“Mirone”p.111-1114; Arias ,1940, tav,V 17-18;VIII 28-31; LIMC s.v.”Marsyas” I
II*,15.LIMC s.v.Athena 623 a*(=Athena /Minerva 423 con bibl.)

Pausania 1.24.1
(1.) ejntau'qa ÆAqhna' pepoivhtai to;n Silhno;n Marsuvan
paivousa, o{ti dh; tou;" aujlou;" ajnevloito, ejrri'fqai sfa'"
th'" qeou' boulomevnh". —touvtwn pevran, w|n ei[rhka,
ejsti;n hJ legomevnh Qhsevw" mavch pro;" to;n tau'ron to;n
Mivnw kalouvmenon, ei[te ajnh;r ei[te qhrivon h\n oJpoi'on
kekravthken oJ lovgo": tevrata ga;r pollw/' kai; tou'de qau-
(2.) masiwvtera kai; kaqÆ hJma'" e[tikton gunai'ke".

(Traduzione a cura di D. Musti, Fondazione Lorenzo Valla)

1, 24, 1 .
C’è poi una statua di Atena che batte Marsia poiché aveva raccolto il flauto, mentre la dea
voleva che fosse gettato via. Oltre quanto ho già detto, c’è la famosa battaglia di Teseo contro
il cosiddetto Minotauro, che fosse un uomo oppure una bestia, come è considerato nella
tradizione prevalente: infatti, anche ai nostri giorni è capitato che le donne mettessero al
mondo mostri perfino più straordinari di questo.

49
Plinio,Naturalis Historiae,XXXIV.57-58
(Traduzione di Antonio Corso,Rossana
Magellesi,Giampiero Rosati)

57 Myronem Eleutheris natum, Hageladae et ipsum discipulum, bu-


cala maxime nobilitavit celebratis versibus laudata quando alieno
plerique ingenio magis quam suo commendantur.Fecit et canem et
discobolo et Perseum et pritstas et Satyrum admirantem tibias et
Minervam , Delphicos pentathlos, pancratiastas,Herculem , qui est
apud circum maximum in aede Pompei Magni .Fecisse et cicadae
58 monumentum ac locustae carminibus suis Erinna significat.Fecit et
Apollinem, quem ab triumviro Antonio sublatum restituit Ephesiis
Divus Augustus admonitus in quiete. Primus hic multiplicasse veri-
tatem videtur , numerosior in arte quam Polyclitus et in symmetria
expressisse , capillum quoque et pubem non emendatius ferisse ,
quam rudis antiquitas instituisset.

57 Mirone, nato a Eleutere, ach’egli discepolo di Agelada , è cele-


bre soprattutto per la sua Mucca lodata in versi famosi(dal momen-
to che per lo più gli artisti sono resi noti dal talento degli altri più che
dal proprio). Ha fatto anche un Cane , un Discobolo , un Perseo, i
Segatori , e il Satiro in ammirazione davanti al flauto e Minerva ,
gliAtleti del pentatlo delfico, i Pancratiasti, Ercole che è presso il
Circo Massimo nel tempio dedicato da Pompeo Magno. Erinna ci
informa nei suoi versi che egli fece anche un monumento rappresen-
tante una cicala ed una cavalletta.
58 È anche autore di un Apollo che, sottratto dal triunviro An-
tonio agli Efesii , fu loro restituito dal divino Augusto dopo un av-
vertimento ricevuto in sogno.Sembra che per primo egli abbia mol-
triplicato la verità , più vario di ritmi rispetto Policleto e più scru-
poloso in fatto di simmetria , e tuttavia anche egli , poiche si preoc-
cupava esclusivamente del corpo , non curò l’espressione dei senti-
menti , e anche i capelli e il pube li lasciò non meno stilizzati di
quanto avesse fatto la rozza età arcaica.

50
NUMERO DI CATALOGO: 4
OGGETTO: frammento di anfora nolana(collo?)
CLASSE DI PRODUZIONE: attico a figure rosse
LUOGO DI CONSERVAZIONE:Atene, Acropoli Museum 632
PROVENIENZA: Atene
ATTRIBUZIONE: vicino al Pittore della Phiale
DATAZIONE:450-440 a.C.
DESCRIZIONE:piede(Marsia?) ,una canna del flauto,parte inferiore di una figura femminile
con peplo(Atena)
BIBLIOGRAFIA:ARV 21024,i,3; Beazley Archive vase n.214340 ; LIMC s.v.”Marsyas” I 9

51
(A) (B)

NUMERO DI CATALOGO: 5
OGGETTO:cratere a campana
CLASSE DI PRODUZIONE:attico a figure rosse
DIMENSIONI:Alt.0,385m.
LUOGO DI CONSERVAZIONE: Parigi,Louvre G 421
PROVENIENZA:Trovato in Italia,area di Nola.Entrato nella collezione Durand nel 1825, è
stato più tardi in possesso di M.de Lalo,un certo De Rossi e Sir John Coghill.
STATO DI CONSRVAZIONE:poche riparazioni
ATTRIBUZIONE: Pittore di Peleo e Ettore
DATAZIONE: 440-430 a.C.
DESCRIZIONE:(A) Efesto incedente con elmetto sul capo e martello nella mano
destra(ΗΦΑΙΣΤΟΣ), Dioniso incedente con mantello e con mitra (corona aurea di origine
orientale), incedente con capo abbassato, tirso nella mano destra, kantharos nella mano
sinistra(ΔΙΩΝΙΣΟΣ), donna con capelli lunghi vestita come una menade([K¼WMAIA)
incedente con testa alzata, tirso nella mano destra, kantaros nella sinistra, corona di edera sul
capo; Marsia, barbato, nudo, con coda, con corona di edera sul capo, pelle di leopardo attorno
al collo, conduce il thiaso suonando il doppio flauto.
(B)tre efebi vestiti:il primo con himation rivolto verso gli altri,il secondo con il braccio
proteso verso la terza figura maschile che è appoggiata ad un bastone.
BIBLIOGRAFIA:Beazley EVP 76;PARIS, Musée du Louvre 4 (FRANCE 5, pls. 181 -
229)pl 21,8 e 22,1-,5(B),7;Weis 1976 no.2

52
(A)

(B)

NUMERO DI CATALOGO: 6
OGGETTO:cratere a calice
CLASSE DI PRODUZIONE:attico a figure rosse
DIMENSIONI:0,44m.
LUOGO DI CONSERVAZIONE:Siracusa Museo Archeologico Nazionale17427
PROVENIENZA:Camarina
STATO DI CONSERVAZIONE:Ricomposto da alcuni frammenti nel labbro e nella parte superiore,intero nel
resto;conservazione discreta ma forti scrostature nelle figure hanno guastato parte del volto e del
panneggio.Fondo nero svanito e divenuto rossastro in alcune punti,argilla giallastra.
ATTRIBUZIONE:Pittore di Kadmos.
DATAZIONE:440-420 a.C.
DESCRIZIONE: Le scene si susseguono in successione senza interrompersi da una faccia all’altra.
(A) In alto a destra Afrodite con i capelli entro una rete, è semisdraiata su un rialzo del terreno,e tiene nella
sinistra un gran flabello. In basso su di un rilievo del terreno coperto di un panneggio a fregi con un cuscino a
fasce siede Arianna,che indossa un himation decorato a stelline e cerchietti,e una corona radiata in capo;davanti
a lei Dioniso,incoronato di pampini e tirso nella sinistra,avvolto nel chitone e nell’himation dai larghi orli stende
la mano destra qusi a rassicurarla.Segue il gruppo di Athena –di profilo a destra,con elmo ad alto cimiero ed
asta,nella sinistra a cui si appoggia-che incorona il giovane Teseo in basso,con clamide e petaso gettati sulle
spalle,ed asta nella sinistra.In alto la mezza figura di Poseidon,con tridente che assiste.Un giovinetto poi
incoronato e con lira nella sinistra,avvolto nell’himation,sta per salire su una nave alla cui prora pende una
corona d’alloro,mentre un altro efebo è già sull’imbarcazione.
(B) Artemide con faretra sulle spalle stante impugna una torcia; Marsia ,nudo,barbato e con lunga coda è
seduto su di uno scoglio di profilo verso destra e suona la kithara,sotto:un anfora spezzata;in alto: un
kantharos;a destra Atena con corona radiata ,peplo dorico,corto farsetto a losanghe brune e lancia nella destra
che porge l’elmo con la sinistra protesa, guardando benevola verso il dio Apollo che è seduto, semivestito con
ramo di alloro nella destra e incoronato.
BIBLIOGRAFIA:ARV 2 1184,4(2);Para 460;EVP p.75;CVA Italia 17,SYRACUSE, Museo Archeologico
Nazionale 1 (ITALY 17)pl. 10,no.1-6;Weis 1976 no 8;Metzger Reprèsentations 162,no.16;Clairmont
165;Froning 40,no.3;G; Rizzo”Vasi greci della Sicilia:Cratere di Camarina”,MonAnt 14(1904)cols.1-106
(pl.1).LIMC s.v.Artemis 1421( =Aphrodite 1356)

53
(A) (B)

NUMERO DI CATALOGO: 7
OGGETTO: cratere a calice
DIMEMSIONI: Alt.0,525 m.;Diam.0,53m
CLASSE DI PRODUZIONE: attico a figue rosse
LUOGO DI CONSERVAZIONE: Bologna Museo Civico Pell 301
PROVENIENZA: Bologna,sepolcreto etrusco del fondo Battistini,t.n.6
STATO DI CONSERVAZIONE: ricomposto da molti pezzi,frammentario,mancante per
oltre metà.Lato A :resta solo un terzo della rappresentazione apollinea;
ATTRIBUZIONE: Pittore di Kadmos
DATAZIONE:440-420 a.C.
DESCRIZIONE:(A) l’ansa sinistra: Poseidon volto verso il centro della scena,ha il tridente
della sinistra. In basso: Artemide e Leto incedenti con peplo dorico e fiaccola nella mano
destra. La prima ha l’arco nella sinistra abbassata; Leto si appoggia con il gomito alla sua
spalla e tiene una fiaccola nella destra. In alto, sopra le due figure, sul declivio più alto del
colle, sotto una palma, Hermes semisdraiato con kerykerion nella destra; tripode ad orecchie
stretto e alto, su colonna dorica con traversa a cerchio nelle gambe, accanto sono appesi un
arco ed un turcasso legati insieme. Più in basso Apollo(ne resta solo la parte superiore della
figura) coronato d’alloro, nudo, con ramo di alloro appoggiato alla spalla, ai suoi piedi si
intravedono le gambe di un grande tripode su base rettangolare
(B)figura frammentaria: Artemide con la fiaccola; Marsia, barbato, nudo, con capelli radi ed
ispidi, seduto su una roccia suona il doppio flauto; Apollo stante con lyra nella mano destra,
ramo di alloro nella sinistra, serto di alloro sul capo, clamide poggiata sulle spalle; Ermes con
clamide, caduceo nella mano destra, petaso, calzari .
BIBLIOGRAFIA:ARV 2 1184,5(3);CVA Italia 27 (Bologna Mus.Civ. 4) 16 (pl
83,3-85:1237); Weis 1976 no. 9; Metzger p.160 no.9; Clairmont 165 ,no.10; Froning
40,no.9(pl.8,1); Rizzo Mon Ant.14 pp.12-13; LIMC s.v.Artemis 1423

54
(A) (B)

NUMERO DI CATALOGO: 8
OGGETT0:cratere a volute
CLASSE DI PRODUZIONE: attico a figure rosse
LUOGO DI CONSERVAZIONE: Ruvo, Jatta Collection 1093.
PROVENIENZA:probabilmente da Ruvo.
STATO DI CONSERVAZIONE:vaso molto restaurato e sovradipinto ,molte delle iscrizioni(di colore bianco)
sono scomparse.Restaurate in seguito con biacca.
ATTRIBUZIONE: Pittore di Kadmos
DATAZIONE:440-420 a .C.
DESCRIZIONE: (A) collo del vaso:scena di sacrificio.
(corpo) In alto: mezzo busto di satiro, figura in volo (EPΟΣ);in basso: (ΕΥ∆ΑΙΜΟΝΙΑ), con asta ansata: tirso?
o bastone; satiro (ΣΙΜΟΣ), coronato di edera, seduto con otre mesce il vino in una coppa,; (ΕΥ∆ΙΑ)difronte a
con capelli raccolti con diadema, chitone decorato, con lungo tirso nella mano sinistra ; piccolo erote(ΙΜΕΡΟΣ),
nudo, con corona di mirto, con ampie ali, chinato verso il basso con un oggetto in mano;mezza figura
femminile(ΩΠΟΡΑ) in alto, con diadema tra i capelli lunghi e ricci, vestita con tunica con cintura in vita,e
nebride, ha nella mano destra in basso un oinochoe e con la sinistra regge un piatto pieno di uva nera; albero di
vite con pergolato; Dioniso (∆ΙΟΝΥΣΟΣ), steso su un letto coperto da un tessuto riccamente ricamato, con una
corona di edera e una tenia intorno ai capelli, a torso nudo, con un himation ricamato intorno alle gambe il,
gomito sinistro poggiato ai cuscini anche essi ricamati, la gamba sinistra che scende fuori dal letto, si appoggia
con il braccio destro al tirso;(ΘΥΩΝΗ) seduta,con chitone e himation decorato, corona radiata, tirso, guarda
indietro(ΠΟΘΟΣ) rivolto verso di lei, con grappolo di uva in mano; kantharos; sotto di loro: un satiro, nudo con
corona, seduto, suona il flauto appoggiato a un sacco (ΣΙΛΕΝΟΣ); colonnetta con tripode.; (ΟΡΗΕ∆Η)con tirso.
Registro inferiore: donna (ΗΒΕ) con cesto di frutta, albero di palma, satiro con corona di edera sdraiato su un
otre, tripode su colonnetta dorica, piccolo satiro (ΣΙΚΙΝΝΟΣ) con asino con basto; tra i due una ciotola.
(B) ( sul collo)Artemide stante con due fiaccole;Marsia , nudo, seduto su una roccia , suona il doppio
flauto;Apollo stante,nudo con mantello poggiato sulla spalla sinistra,mano poggiata sul fianco, con ramo di
alloro nella sinistra,serto d’alloro sul capo,è rivolto verso Marsia; satiro di tipo mironiano danza la sykinnis,
albero di palma;Hermes con clamide,petaso,calzari alati e caduceo.
(sul corpo)Registro superiore:donna stante,donna stante rivolta verso la prima a conversare con il capo velato e
diadema radiato:amphyx (ΗΒΕ),Marsia con orecchie appuntite, barba e lunga coda,è seduto e suona la kithara
appoggiato ad un albero di palma(ΜΑΡΣΥΑΣ);Athena stante,con peplo,gorgoneion, elmo con alto , con la
lancia nella sinistra;piccola Nike girata di profilo verso destra(o Iride) ;Hermes con clamide,petaso,calzari alati e
caduceo rivolto verso di lei(ΕΡΜΕΣ).Registro inferiore:satiro seduto,coronato, con testa rivolta indietro,con
nebride intorno al collo(ΟΙΝΟΠΙΟΝ), piccolo satiro con corona (ΣΙΜΟΣ) ;menade con tirso rivolta verso di lui ;
tripode delfico su una colonna ionica; Apollo seduto con himation che lascia il torso scoperto,coronato di alloro,
e con ramo di alloro nella mano destra(ΑΠΟΛΛΟ);Artemide, stante con gomito appoggiato sulla spalla di
Apollo, ha una fiaccola nella mano sinistra, sulle spalle calyptra(faretra) o arco, cane davanti a lei; con fiaccola
nella mano sinistra,sulle spalle calyptra (faretra) o arco,cane davanti a lei.
BIBLIOGRAFIA: ARV2 1184,1;Weis 1976,n.7,pl.10,p.22-23;Giovanni Jatta ,Catalogo del Museo Jatta ,Bari
1996,pp.467-493; Froning 29-3929-37;40 n.2 (pl 8,2); Metzger 1951,161,n.15(corpo B),no.8(collo B);
E.Mugione.2000,n.654; Francesco di Palo,1987 (lato A-B);Queyrel fig 25,29 ; LIMC s.v.”Marsyas” I
43*(=Artemis 1422=Athena 621= Hera” 412*(B) *,=Hebe I56=Hebe II I)Lato A :LIMC s.v. Dionysios 372 .

55
NUMERO DI CATALOGO: 9
OGGETTO: Frammento di cratere a campana
CLASSE DI PRODUZIONE: attico a figure rosse
DIMENSIONI: Alt: 0,17 m.; Diam: 0,18 m.
LUOGO DI CONSERVAZIONE: Amsterdam, Musèe Scheurleer 2476
PROVENIENZA: Taranto
ATTRIBUZIONE: Pittore di Kadmos
DATAZIONE: 420 a.C.
DESCRIZIONE: Marsia, con corona di edera, seduto, suona il doppio flauto; Atena stante,
con elmo in testa, e lancia; Apollo (ΑΠΟ) con ramo di alloro.
BIBLIOGRAFIA: ARV2 1185, 14 (92); CVA Pays-Bas, Musèe Scheurleer (La Haye) 2, III
1d (pl. 4,9); Weis 1976 no. 10; Froning, 165, no.12; Metzger, Rèpresentations, no.11

56
NUMERO DI CATALOGO: 10
OGGETTO: oinochoe
CLASSE DI PRODUZIONE:attica a figure rosse
DIMENSIONI:Alt.0,22 m.
LUOGO DI CONSERVAZIONE:Berlino,Antiquarium F 2418
PROVENIENZA: da Vari in Attica (scoperta nel 1872)
ATTRIBUZIONE: Pittore del Dinos
DATAZIONE:430-425 a.C.
DESCRIZIONE:(A)Atena di profilo con peplo, elmo con alto cimiero,lancia nella mano
sinistra,gamba destra arretrata: incedente a destra;doppio flauto;Marsia di tre quarti,in fuga,
con braccio destro alzato e sinistro rivolto verso il basso.
(B)non vi sono raffigurazioni.
BIBLIOGRAFIA:CVA Berlin 3,29-30 pl 147,1( Deutschland 1076);2(D.1079):Antiquarium
3(Germany 22)Deutschaland 1076,Taf 147,1-3,Taf 150,2; Daltrop,Il gruppo mironiano di
Atena e Marsia,1980,p13 .fig.8; S.Mirone,Mirone d’Eleuthere,(1921),46f.taf 9; Weis 1976
no.295; LIMC s.v.”Athena”I 618

57
NUMERO DI CATALOGO: 11
OGGETTO: frammento di cratere a campana
DIMEMSIONI: Alt. 0,140 m.
CLASSE DI PRODUZIONE:attico a figure rosse
LUOGO DI CONSERVAZIONE: Oxford,Ashmolean MuseumG 138,46 e 30
PROVENIENZA:Naucrati
STATO DI CONSERVAZIONE: le labbra e il naso di Marsia danneggiati.
ATTRIBUZIONE: Pittore del Dinos
DATAZIONE: 430-420 a. C.
DESCRIZIONE:(a)frammento : testa femminile di Musa o ninfa; Marsia, nudo, barbato, con
orecchie appuntite e corte corna come Pan sulla testa, seduto suona il doppio flauto, ramo di
alloro (forse parte di un albero) Apollo stante (frammento)
(b)frammento a destra del dio: testa femminile:Musa o ninfa
BIBLIOGRAFIA: ARV 2 1154,28 (21), CVA Oxford 1, Ashmolean museum 1 (Great
Britaine 3, 142) pl 22-23,cfr.Beazley Att. V 447-450; Weis 1976 no 6; Metzger, 1951, p. 159,
no.5.

58
NUMERO DI CATALOGO: 12
OGGETTO: cratere a campana
CLASSE DI PRODUZIONE: attico a figure rosse
LUOGO DI CONSERVAZIONE: Museo Jatta 1708
PROVENIENZA: Ruvo ?
ATTRIBUZIONE:Pittore di Pothos (Mugione); cerchia del Pittore di Pothos (Weis)
DATAZIONE: 440-420 a.C.(Mugione);fine V sec.(Weis)
DESCRIZIONE:
(A) Apollo seduto con himation,corona tra i capelli e in mano un ramo di alloro; Atena vestita
con peplo attico lungo fino ai piedi, stante con elmo ad alto cimiero e lancia, piede sinistro
sollevato; Marsia in fuga verso destra, nudo, barbato, con piccola coda, con corona sul capo.
(B) tre giovani.
BIBLIOGRAFIA:Sichtermann 1966, K9,tav.10;Weis, o.c. 15; Weis A.AJA
83,1979,216-217,pl.31,6; Clairmont,Yale Classical Studies,15,1857,164,N.2-6; Mugione
2000 no.648; LIMC s.v. “Marsyas” I 16*

59
NUMERO DI CATALOGO: 13
OGGETTO: frammento di cratere a calice
CLASSE DI PRODUZIONE: attico a figure rosse
LUOGO DI CONSERVAZIONE: collezione privata
PROVENIENZA: Grecia
ATTRIBUZIONE: Kleophon Painter
DATAZIONE: prima del 425 a.C.
DESCRIZIONE: Atena con lancia nella mano sinistra, peplo, egida, elmo attico, testa di
Marsia con capelli bianchi, albero.
BIBLIOGRAFIA: Boardmann, 1956, plate I,1.

60
(A) (B)

NUMERO DI CATALOGO: 14
OGGETTO:cratere a campana
ClASSE DI PRODUZIONE:attico a figure rosse
LUOGO DI CONSERVAZIONE: Louvre G 516
DIMENSINI: Alt.0,32 m; Diam.0,33 m.
STATO DI CONSERVAZIONE: restaurato.
Parti antiche :musa sulla sinistra con il rotolo e la lyra (eccetto il centro del vestito che è
rifatto), la seconda musa (eccetto per la parte destra del torso e parte delle gambe); le gambe
(eccetto per i piedi)e la mano destra della persona seduta; il tronco dell’albero;parte della testa
e del torso di Apollo; la testa, le mani ,il piede sinistro e la cassa portata dalla terza musa.
PROVENIENZA: Italia, collezione Gori, Mailmaison, Durand(acquisito nel 1825)
ATTRIBUZIONE:Pittore di Pothos
DATAZIONE:420-410 a .C.
DESCRIZIONE:
( A) Contesa tra Marsia e Apollo.
Musa stante con chitone e himation e benda tra i capelli, con lyra nella mano sinistra in
basso, con l’altra mano porge un rotolo ad un'altra musa stante vestita allo stesso modo e con
taenia tra i capelli: le due muse sono impegnate in una conversazione; Marsia nudo, barbato,
con coda, seduto di tre quarti ai piedi di un albero ha il flauto nella mano sinistra,la mano
sinistra è sul ginocchio sinistro, la testa è girata a guardare Apollo che, stante, nudo e con
corona di alloro sul capo, ha un ramo di alloro nella mano destra, nella mano sinistra ha la
lyra; terza musa stante porta una cassa.
(B)tre efebi con chitone, il terzo regge un bastone.
BIBLIOGRAFIA:ARV2 1189,20(16); Beazley Para 461; CVA France 8 (Louvre 4)III
le,p.5-6,G516; Weis 1976 no.17; Metzger, 1951, p. 159 no.3 ; Overbeck 422 no.1(Atlas
pl.24,19); Clairmont 165 ,no.3.; Froning 41,no.15.; Queyrel fig 24; LIMC s.v.”Mousa” 110*

61
(A) (B)

NUMERO DI CATALOGO: 15
OGGETTO: cratere a campana
CLASSE DI PRODUZIONE: attico a figure rosse
DIMENSIONI: Alt.0,32m.;Diam.0,325 m.
LUOGO DI CONSERVAZIONE: Parigi,Louvre G.490
PROVENIENZA: Campana collection (inv.Campana 714)
ATTRIBUZIONE:Pittore di Pothos
DATAZIONE: 420-410 a.C. circa
STATO DI CONSERVAZIONE: vaso restaurato:un ansa rifatta, una rincollata, piede in
gran parte rifatto; vestito e piede della musa a destra rifatto, testa di Apollo rifatta, chitone
restaurato, parte della lira della seconda musa ridipinta.
DESCRIZIONE:
(A) Musa di profilo con fascia tra i capelli, regge un rotolo di papiro aperto; Marsia,nudo
barbato con orecchie appuntite e lunga coda, è seduto sulla roccia, con testa chinata e suona il
doppio flauto; Apollo con chitone, corona di alloro sul capo e ramo di alloro nella mano
destra; Musa di profilo, girata verso di loro,con capelli raccolti e lyra nella mano destra.
(B) tre efebi vestiti: efebo stante con bastone, efebo, efebo stante con bastone girato verso di
lui.
BIBLIOGRAFIA: ARV2 1190,21; Add2342; CVA PARIS, Musée du Louvre 5 (FRANCE 8)
III I d pl.33,7-9; Metzger, 1951, p.160 no.6; Clairmont 165 no.12; Froning 41 no.12; Weis
1976 no.14; Queyrel fig 3; LIMC s.v.”Mousa,Mousai” 103*

62
NUMERO DI CATALOGO: 16
OGGETTO: cratere a campana
DIMENSIONI: Alt.0,33 m
CLASSE DI PRODUZIONE: attico a figure rosse
LUOGO DI CONSERVAZIONE: Università di Heidelberg, B 195(K208)
PROVENIENZA: sconosciuta.
STATO DI CONSERVAZIONE: ricomposto da frammenti;molte decorazioni sono
scomparse:la testa di Marsia è totalmente perduta.
ATTRIBUZIONE: Pittore di Pothos
DATAZIONE: 420-410 a.C.
DESCRIZIONE:
(A) Musa con dittico in mano, albero di alloro, altra Musa rivolta verso di lei; Marsia seduto
suona la lyra; Apollo stante, vestito con himation e corona d’alloro, ha nella mamo destra
un ramo d’alloro, Musa ammantata .
(B) Tre efebi vestiti.
BIBLIOGRAFIA: ARV2 1189,19; Add 2 342; Froning 40 n.4; Weis 1976,n.15 ; Metzger
1951, p.162 no.17; Queyrel 126-127 n.6 fig.6.; LIMC s.v.”Marsyas” I 44*(= Mousa,Mo’usai
107)

63
NUMERO DI CATALOGO: 17
OGGETTO: stamos frammentario
CLASSE DI PRODUZIONE: attico a figure rosse
LUOGO DI CONSERVAZIONE: Atene, Agora Museum P 1052
PROVENIENZA: agora di Atene
CONDIZIONI DI CONSERVAZIONE: estremamente frammentario: labbro e collo,
eccetto per una piccola parte, sono mancanti
ATTRIBUZIONE: Pittore di Pothos
DATAZIONE: fine V secolo a. C.
DESCRIZIONE: frammento di vestito, Marsia, seduto, di profilo vero destra (solo la parte
bassa è preservata), nudo, con lunga coda, Apollo con il ramo d’alloro, Musa con plettro in
mano, Musa, con chitone e himation, con fascia nei capelli, stante all’estrema destra.
BIBLIOGRAFIA: ARV2 1190, 32 (a); Weis 1976, no. 16; Queyrel fig 5 a,b,c.

64
NUMERO DI CATALOGO: 18
OGGETTO: cratere a calice
CLASSE DI PRODUZIONE: attico a figure rosse
LUOGO DI XONSERVAZIONE: Gela, Museo Nazionale inv. V xli.
PROVENIENZA: Vassallaggi, vicino Caltanissetta.
ATTRIBUZIONE: scuola del Pittore di Kleophon
DATAZIONE: 420-410 a.C.
DESCRIZIONE: Marsia di tre quarti seduto suona il doppio flauto, con un piede poggia
sulla roccia; difronte a lui: Apollo con himation e ramo di alloro, ha una gamba alzata.
(B) scena di palestra con efebi.
BIBLIOGRAFIA: ARV 2 1144,20; Para 456; Weis, 1976, no.5; Schauenburg, 1972, 317,
n.16; Froning 40, no.6 pl.10,19; Mugione 2000; Archivio Beazley n. 215160.

65
(A)

NUMERO DI CATALOGO: 19
OGGETTO: anfora panatenaica
DIMEMSIONI: Alt.0,54 m.;Diam.0,97m.
CLASSE DI PRODUZIONE: attico a figure rosse
LUOGO DI CONSERVAZIONE: Napoli, Museo nazionale 81401(H3235)
PROVENIENZA: Ruvo
STATO DI CONSERVAZIONE:vaso lacunoso.
ATTRIBUZIONE: Gruppo di Napoli 3235(circolo del Pittore di Meidias)
DATAZIONE: 420-400 a.C.(ultimo quarto del V sec a.C.)
DESCRIZIONE:
(A)Diomede e il Palladio, Elena, Odisseo,
(B) Musa stante: Urania; sotto: figura efebica SI[mos]; Olimpo efebico al centro della
composizione: seduto con lyra nella sinistra, plettro nella destra, nudo con mantello
(OLUMPOS);;, sotto di lui un oca; Marsia barbato, calvo, con corona, piccola coda, ha in
mano il doppio flauto(MARSU[[as]);;; all’estrema destra Musa: Calliope(KA[LLIOPH]);; sopra i
musicisti due figure a mezzo busto: satiro Tyrbas(QURBA[S]) e una donna con tirso:
Thalia(QALEA) (ORANIHS).
BIBLIOGRAFIA: ARV 2 1316,I ; Add 2 362; Weis 1976 no 52; Schauenburg 46-47;
Hermann 86; Stansbury-O’Donnel (in AJA 94,1990)225 n.48; AJA 62,1938, p. 499; Archivio
Beazley no.220519; LIMC s.v.Olympos 3*(=Ourania II 2=Simos 13=Thaleia IV 5*;
(B)Diomedes 27 *)

66
NUMERO DI CATALOGO: 20
OGGETTO: skyphos
DIMENSIONI: Alt.0,293;diam.0,406
CLASSE DI PRODUZIONE: lucano a figure rosse
LUOGO DI CONSERVAZIONE: New York, Metropolitan Museum 12.235.4.
STATO DI CONSERVAZIONE: due frammenti attaccati insieme.
ATTRIBUZIONE: Pittore di Palermo
DATAZIONE: 420-400 a.C.
DESCRIZIONE: figura seduta (Apollo), Era, Artemide stante con due lancie; Marsia con
coltello appoggiato ad un pilastro e iscrizione con il suo nome.
BIBLIOGRAFIA:Trendall, LCS 53 n.273(165)pl.23,I; Schauenburg RM 65,1958 p.50,
Schefold, SB III 175 fig.234; Weis 1976 no.56 ; Froning 42 no38 pl.12,1-2; Mugione, 2000;
LIMC s.v.” Artemis”,1430*(=Marsyas I 20 a).

67
NUMERO DI CATALOGO: 21
OGGETTO: oinochoe
CLASSE DI PRODUZIONE : lucana a figure rosse
LUOGO DI CONSERVAZIONE: Taranto, Museo Nazionale.20305
PROVENIENZA: Taranto, Via Santa Lucia
DATAZIONE: 420-400 a. C.(Mugione); intorno al 400-380 a.C (Weis)
ATTRIBUZIONE: Gruppo Schwering
DESCRIZIONE: Musa ammantata con specchio, Marsia stante con piede sulla roccia ha un
coltello nella mano sinistra, nel campo sybène(astuccio per flauto); Apollo vestito con chitone
e mantello, con corona sul capo, lira nella mano sinistra e plettro nella mano destra
BIBLIOGRAFIA: LCS 69,351 pl.32,9; Schauenburg 1958, 51.60 pl.34,3; Froning 43 n.4.;
Mugione 2001 no.657; LIMC s.v.”Marsyas” 20 b*(=Mousa,Mousai 101 con bibl.)

68
NUMERO DI CATALOGO: 22
OGGETTO: cratere a campana
CLASSE DI PRODUZIONE: apula a figure rosse
DIMENSIONI:0,35 m.
LUOGO DO CONSERVAZIONE: Boston, Museum of Fine Arts 00.348
PROVENIENZA: Canosa
ATTRIBUZIONE:Pittore di Boston 00.348
DATAZIONE:420-400 a.C (Mugione); prime due decadi del IV sec a.C.(Weis)
DESCRIZIONE:
(A) Menade stante con nebrìs e tirso nella mano sinistra; Zeus barbato, seduto con fulmine
nella sinistra; sileno con capelli e barba bianca e lunga coda, nudo, con stivaletti; cane; Atena
seduta sul gorgoneion, suona il doppio flauto davanti ad un albero di alloro; giovane Olimpo,
nudo, appoggiato ad un bastone che regge nella mano destra uno specchio dove è riflesso il
volto di Atena; Marsia stante con la mano destra sollevata.
(B) sileno con torcia, Dioniso e menade con tirso incedenti a sinistra, sileno con tirso
retrospiciente verso destra.
BIBLIOGRAFIA:MFA 00.348- RVAp I 267,48;APS 18 no.1; Daltrop 1980; Rawson I8.I92
A5 fig.3.; Schauenburg , RM 65,1958,43 no.8 pl.30; Weis 1976 no.36; Mugione 2001 no 650;
LIMC s.v.”Marsyas I 10.(=Athena 620* con bibl,)

69
NUMERO DI CATALOGO: 23
OGGETTO: cratere a campana
CLASSE DI PRODUZIONE:attico a figure rosse
DIOMENSIONI: Alt.0,247m(restaurata);Diam.0,347m
PROVENIENZA: Atene , Agorà P I0559
STATO DI CONSERVAZIONE: ricostruito da molti frammenti .
DATAZIONE: fine V sec a.C.
DESCRIZIONE:
(A) satiro?barbato; donna con chitone dorico e lungo bastone (forse uno scettro)nella mano
sinistra guarda dietro di lei(Atena o Leto?); Marsia ? nudo di prospetto, Apollo di tre quarti
nudo mantello,corona sul capo e ramo di alloro nella mano sinistra.
(B) tre figure con mantello.
BIBLIOGRAFIA: Corbett, P. E., Hesperia I8 1949, 309-310 pl.77; Schauenburg I 49 (1958);
Weis 1976 no.22; LIMC s.v.”Marsyas”I 19b*

70
NUMERO DI CATALOGO: 24
OGGETTO: cratere a campana
CLASSE DI PRODUZIONE: attico a figure rosse
LUOGO DI CONSERVAZIONE: Erbach, Grafiche Sammlung: XXXX215391
PROVENIENZA: forse dall’area di Napoli.
ATTRIBUZIONE: Pittore di Munich 2335
DATAZIONE: fine del V sec a.C.
DESCRIZIONE:
(A) Musa con lyra; Marsia che suona l’aulòs; Apollo, nudo, con alloro, seduto su roccia,
clamide, verso Marsia; Musa che appoggia il braccio sulla spalla di Apollo.
(B) uomo vestito con bastone; satiro incedente a destra, donna vestita e girata verso di lui.
BIBLIOGRAFIA: ARV2 1163, 42; Archivio Beazley 215391; Froning 42 no.39; Clairmont
165, no.15; Overbeck KM 425 no.4; Weis 1976, no. 19.

71
NUMERO DI CATALOGO: 25
OGGETTO: cratere a colonnette
CLASSE DI PRODUZIONE: attico a figure rosse
LUOGO DI CONSERVAZIONE: Londra ,Britisch Museum E 490
PROVENIENZA: Collezione Hamilton ; da Napoli?
DATAZIONE: V-IV sec a.C.
ATTRIBUZIONE: Pittore di Suessola
DESCRIZIONE:
(A) Artemide vestita con peplo e diadema regge una fiaccola e guarda dietro di lei; Marsia
vecchio e peloso, seduto suona il doppio flauto, anfora sotto di lui, Atena con elmo e lancia
incedente verso di lui ma sguardo rivolto indietro; Apollo: giovane, nudo, con himation, con
un ramo di alloro nella mano sinistra.
(B) tre efebi vestiti .
BIBLIOGRAFIA:ARV2 1345,7; Froning n.18; Clairmont 165 no.14; Metzger 1951, 161
no.13;Weis 1976 no.12; LIMC s.v.”Marsyas” I 22 a*

72
NUMERO DI CATALOGO: 26
OGGETTO: cratere a campana.
CLASSE DI PRODUZIONE: attico a figure rosse
DIMENSIONE: 0,37 m.
LUOGO DI CONSERVAZIONE: Atene, National Museum 1442(CC1921)
PROVENIENZA: Creta
STATO DI COSERVAZIONE: il vaso è stato riassemblato ed è in cattivo stato di
conservazione;ci sono ritocchi moderni.
ATTRIBUZIONE: Pittore di Semele
DATAZIONE: V-IV sec a C.
DESCRIZIONE:
(A) Artemide, vestita con peplo decorato, diadema sul capo, capelli corti, con fiaccola nella
mano destra, guarda dietro di lei,il gomito sinistro è poggiato sull’albero su cui è seduto
Marsia, nudo, barbato, con coda, suona il doppio flauto; anfora in basso; piccola Nike in volo
con taenia; Atena stante appoggiata ad una lancia, Apollo stante con ramo di alloro nella
mano destra.
(B) satiri e menadi.
BIBLIOGRAFIA: ARV21343; Froning 17 ; Metzger, 1951, 161 Nr.12 Taf .22,3 ; Clairmont
165 no.13; Schauenburg 42,62 n.146;Weis 1976 no.11; LIMC s.v.”Marsyas” I 22 (=Artemis
1420 =Athena 619*=Nike 257 )

73
Plinio,Naturalis Historia ,XXXV,66

66 hasius autem se artificem.Fertur et postea Zeuxis pinxisse puerum


Uvas ferentem , ad quas cum advolasset aves , eadem ingenuita-
te processit iratus operi et dixit : uvas melius pinxi quam puerum ,
Nam si et hoc consumassem,aves timere debuerant.Fecit et figlina
opera , quae sola in Ambracia relicta sunt,cum inde Musas Fulvius
Nobilior Romam transferret . Zeuxidis manu Romae Helena est
in Philippi porticibus, et in Concordiae delubro Marsyas religatus.

(traduzione di Antonio Corso, Rosanna Muggellesi, Giampiero Rosati )

66 Si racconta che poi anche Zeusi dipinse un fanciullo che portava


l’uva sulla quale, al solito,volarono gli uccelli;onde,con la stessa spon
taneità, si face dinanzi al quadro adirato e disse :«ho dipinto l’uva me-
glio del fanciullo , perché , se avessi fatto bene anche lui , gli uccelli
avrebbero dovuto averne paura». Fece anche opere in terracotta , le
sole che furono lasciate in Ambracia , quando Fulvio nobiliare da là
trasportò le Muse a Roma . Di mano di Zeusi ci sono a Roma l’Elena
nel portico di Filippo e un Marsia incatenato nel tempio della Con-
cordia.

NUMERO DI CATALOGO : 27
OGGETTO:Pittura di “Marsyas religatus” di Zeuxis di Herakleia
LOCALIZZAZIONE:Tempio della Concordia, Roma
DATAZIONE:400 a .C.
BIBLIOGRAFIA:Bakalakis o.c.48 (Bakalakis ,G,EpetThess 7,1957,107-116); Säflund
73-76; Weis A.,AJA 86,1982,23-24 n.17; Schefold,SB III 176; Rawson 44.46.100 n.12
LIMC s.v.”Marsyas” I 49

74
NUMERO DI CATALOGO: 28
OGGETTO : cratere a campana
CLASSE DI PRODUZIONE : lucano a figure rosse
LUOGO DI CONSERVAZIONE: Basel art market (Palladion)
DATAZIONE:400 a .C.
DESCRIZIONE:Marsia, di profilo, con corona e stivaletti, con la mano destra sollevata
regge l’aulòs, nella mano sinistra ha la custodia del flauto, Apollo di prospetto vestito con
chitone e mantello suona la cithara; Efesto barbato con chitone che lascia scoperta la spalla e
il braccio destro con cui regge una tenaglia.
BIBLIOGRAFIA:LIMC s.v.”Marsyas” I 21 a*

75
NUMERO DI CATALOGO: 29
OGGETTO: cratere a calice
CLASSE DI PRODUZIONE: attico a figure rosse
LUOGO DI CONSERVAZIONE: Munich, Antikensammlungen 2335
PROVENIENZA: Nola
ATTRIBUZIONE: Pittore di Munich 2335
DATAZIONE: inizio del IV secolo a.C.
DESCRIZIONE: menade, Marsia seduto su roccia, suona l’aulòs, lyra sotto di lui. Apollo
stante con ramo d’alloro; anfora in terra, menade con tirso, satiro.
BIBLIOGRAFIA: ARV2 1165, 74 (F1); Metzger, 1951, p.161, no.14; Weis 1976 no.14;
Archivio Beazley No.215426

76
NUMERO DI CATALOGO: 30
OGGETTO: cratere a campana(frammento)
CLASSE DI PRODUZIONE: attico a figure rosse
LUOGO DI CONSERVAZIONE: St.Pietroburgo, Hermitage X 1904,5
PROVENIENZA: Chersoneso.
STATO DI CONSERVAZIONE: composto da quattro piccoli frammenti.
DATAZIONE:inizio IV a C.
DESCRIZIONE: menade con tirso poggiata con il gomito su una colonna, Apollo nudo,con
corona e riccioli ricadenti sulle spalle, regge un ramo d’alloro con la mano destra con l’altra
mano la lyra; Marsia seduto e scoraggiato: con mano destra sulla testa; Eros in volo verso
Apollo con “taenia”; tirso, menade.
BIBLIOGRAFIA:Beazley EVP 76; Schauenburg I (1958),pl.36,I; Froning 42 n.33; Weis
1976 n.27,pl.11 fig 2; LIMC s.v.”Marsyas” I 34 c*

77
NUMERO DI CATALOGO: 31
OGGETTO: cratere a calice
CLASSE DI PRODUZIONE: falisca a figure rosse
LUOGO DI: Berlino, Staatl.Museum F 2950
PROVENIENZA: Cerveteri
ATTRIBUZIONE: Pittore di Diespater
DATAZIONE: inizio IV sec a.C.
DESCRIZIONE: figura maschile barbata con braccio destro sollevato, figura femminile
seduta con specchio, figura maschile barbata, Zeus seduto con scettro guarda dietro di lui ,
Marsia seduto ha in una mano il plettro nell’altra la lyra, Nike curvta verso il basso in
ginocchio, benda, figura femminile con peplo, sileno barbato con braccio destro sollevato;
figura alata,
BIBLIOGRAFIA: Beazley,EVP 73-77 Nr.3; Overbeck,J,Griechische Kunstmythologie V,
Apollon(1889)428-431 n.7;428-29 Taf 25,1; Froning n.5;Weis 1976, n.69.; Clairmont 165
Nr.16;174; LIMC s.v.”Marsyas” I 46(=Apollon/Aplu 104* con bibl)

78
NUMERO DI CATALOGO: 32
OGGETTO: kylix
CLASSE DI PRODUZIONE: falisca a figure rosse
LUOGO DI CONSERVAZIONE: Berkley, Lowie Museum 8.935
PROVENIENZA: Narce?
ATTRIBUZIONE: Pittore di Tübinger
DATAZIONE:IV sec a.C.
DESCRIZIONE:Apollo, nudo con mantello, seduto suona la lyra con la mano sinistra, nella
mano destra ha il plettro, Marsia barbato danza con il flauto in mano
BIBLIOGRAFIA:Beazley,EVP 107 Taf .25,1; CVA Musèe Scheurleer 2 IV B Taf.2m2(88);
Beazley,EVP 110; LIMC s.v.”Aplu” 98*

79
NUMERO DI CATALOGO: 33
OGGETTO:scarabeo
LUOGO DI CONSERVAZIONE: St.Pietroburgo, Hermitage(A)L27
DATAZIONE:IV sec a.C.
DESCRIZIONE:cetra poggiata su una roccia, Apollo guarda severamente Marsia che è
seduto su una roccia e legato con le mani dietro la schiena.
BIBLIOGRAFIA: LIMC s.v. Marsyas I 48 b.

80
NUMERO DI CATALOGO: 34
OGGETTO: tre frammenti di coppa
CLASSE DI PRODUZIONE: attico a figure rosse
DIMENSIONI: Diam. mass: 0,085 m.
LUOGO DI CONSERVAZIONE: Barcellona, Museo Archeologico, 516.
PROVENIENZA. Spagna, Ampurias
ATTRIBUZIONE: ____
DATAZIONE: 400 o più tardi.
DESCRIZIONE: donna stante con scettro o tirso: Musa, Atena o menade; Apollo; Marsia.
BIBLIOGRAFIA: Archivio Beazley n. 9749; Corpus Vasorum Antiquorum: Barcellona,
Musee Archeologique 1, 31, pls.(123,126) 24.5, 28.10; Weis , 1976, no.21.

81
NUMERO DI CATALOGO: 35
OGGETO: frammento di cratere a campana
CLASSE DI PRODUZIONE: attico a figure rosse
LUOGO DI CONSERVAZIONE: Sarajevo, National Museum 639
PROVENIENZA: Atene
ATTRIBUZIONE: ____
DATAZIONE: primo IV sec.a.C.
DESCRIZIONE: Atena? stante con lancia; Marsia, giovane imberbe, nudo, con aria
scoraggiata, seduto su una roccia coperta da nebride, ha in mano il doppio flauto, altra figura.
BIBLIOGRAFIA: Archivio Beazley n. 9251; Corpus Vasorum Antiquorum: Sarajevo,
Musee National De La Republique Socialiste De Bosnie-Herzigovine, 48, PL.(170) 43.3;
Rawson, P., 1987 fig.23; Weis , 1976, no.26; Schauenburg, 1958, 61

82
NUMERO DI CATALOGO: 36
OGGETTO: pelike
CLASSE DI PRODUZIONE: apula a figure rosse
LUOGO DI CONSERVAZIONE: Napoli, Museo Nazionale 81392(H3231)
PROVENIENZA: Ruvo
DIMENSIONE: Alt :0,46; Diam:1,09
ATTRIBUZIONE: il gruppo di Napoli 3231.
DATAZIONE: 400-380 a.C circa.
DESCRIZIONE:
(A) Diomede e il Palladion.
(B) primo registro: Afrodite seduta con phiale nella mano sinistra,guarda indietro al piccolo
Eros; Zeus seduto, barbato, con himation, con scettro avente un aquila in cima; Artemide con
arco, lancie da caccia e cane; secondo registro: Apollo con corona di alloro, himation, sandali,
suona la cetra al centro della scena, Nike incedente a destra con taenia; terzo registro: figura
che indossa un corto chitone e ha in mano un kanoun pieno di fiori ,trapeza; Musa su basso
sgabello con papiro scritto aperto tra le mani; Marsia barbato, peloso, con lunga coda con
corona e stivaletti,seduto su una roccia rannicchiato, e con doppio flauto in mano è
“scoraggiato” e porta la mano alla testa. Sybène nel campo. Musa di profilo, ammantata con
aulòs nella mano sinistra; cane, Musa che suona un arpa, cervo.
BIBLIOGRAFIA: RVAp I 401,29 ; Froning 42 n.31; Schauenburg K., RM 65,1958 ,50
Anm.55;Weis 1976 ,n.40; Overbeck,43,no.14 (Atlas pl.25,4); Clairmont 166,no.21.; LIMC
s.v.”Marsyas” I 37*(=Aprodite 1491,Mousa,Mousai 115,Athena 105)

83
NUMERO DI CATALOGO: 37
OGGETTO: oinochoe
CLASSE DI PRODUZIONE: apula a figure rosse
LUOGO DI CONSERVAZIONE: Bassano del Grappa, Museo Civico 92 (coll. Chini)
PROVENIENZA: ____
ATTRIBUZIONE: Pittore di Lecce
DATAZIONE: 380 a.C.
DESCRIZIONE: donna ( Afrodite), albero con sybene appeso ad un ramo, Marsia girato di
schiena a tre quarti, nudo, con mantello e stivaletti,canna del flauto nella mano destra; cane;
Olimpo con corona di pampini, nudo, girato di tre quarti vero Marsia con l’altra canna del
flauto nella mano destra, con strigile nella mano sinistra e mantello, sandali ai piedi, gomito
appoggiato ad un albero.
BIBLIOGRAFIA: RVA I 126, 228 ; LIMC s.v. Olympos 30*( Daphnis 3*)

84
(A)

NUMERO DI CATALOGO: 38
OGGETTO: cratere a volute
CLASSE DI PRODUZIONE: apula a figure rosse
LUOGO DI CONSERVAZIONE: Bari,Mercato Antiquario
PROVENIENZA: _____
STATO DI CONSERVAZIONE:____
ATTRIBUZIONE: Long Overfalls Group:sub-group di Ruvo 820
DATAZIONE:380-365 a.C.
DESCRIZIONE:
(A) Musa (o ninfa)con taenia nei capelli e vestita con peplo nell’atto di svelarsi; Eros in volo
verso Marsia con corona; Marsia con i capelli,barba e coda bianchi, con una canna del flauto,
Olimpo nudo, seduto su mantello, con bastone a cui è agganciato un aryballos nella mano
sinistra e l’altra canna del flauto nella mano destra; a lui herma; satiro nudo e barbato, in
ginocchio, con largo skyphos; Afrorofite (o Musa) seduta con flabello nella sinistra, guarda
dietro di lei.Al centro della scena,in alto:parte superiore di un edicola.
(B) giovane stante; Nike con ghirlanda e situla; giovane stante,giovane seduto semivestito.
BIBLIOGRAFIA: RVAp II 1043-1044,140a; Mugione 2000 no.663; LIMC s.v.Olympos I II
*

85
(A) (B)

NUMERO DI CATALOGO: 39
OGGETTO: cratere a campana
DIMEMSIONI:____
CLASSE DI PRODUZIONE: apulo a figure rosse
LUOGO DI CONSERVAZIONE: Napoli, Museo Nazionale 81439(H2040)
PROVENIENZA:_____
STATO DI CONSERVAZIONE:______
ATTRIBUZIONE: Long Overfalls Group; Calvet sub-group.
DATAZIONE: 380-365 a C.
DESCRIZIONE:
(A) gabbiano in volo, Marsia barbato, con corona, nudo con coda; difronte a lui Olimpo suona
il doppio flauto, nudo, seduto su un mantello; donna stante, con peplo nell’atto di svelarsi,
rivolta verso di loro, di profilo, con phiale nella mano sinistra.
(B) efebo con bastone e himation, efebo con bastone e himation.
BIBLIOGRAFIA:RVA I 82no.122 pl.29,1;Weis 1976; LIMC s.v.Olympos12*

86
(A)

NUMERO DI CATALOGO: 40
OGGETTO: cratere a volute
CLASSE DI PRODUZIONE : lucano a figure rosse
DIMENSIONI:0,60 m.
LUOGO DI CONSERVAZIONE: Parigi, Louvre K 519
STATO DI CONSERVAZIONE: molte riparazioni.
DATAZIONE: 380-360 a.C.
ATTRIBUZIONE: Pittore di Brooklyn-Budapest
DESCRIZIONE:
(A) donna stante, donna con tirso,albero di alloro; Apollo seduto al centro della
composizione, vestito con himation, corona di alloro sul capo, sandali ai piedi, suona la cetra;
Marsia con corona, sybène e coltello. Sotto: satiro rannicchiato e spaventato, cervo.
(B) Dioniso con Menadi e Satiri.
BIBLIOGRAFIA: LCS 114,no.593; LCS Suppl.3,71 BB 59(594); Schauenburg 1958, 51
n.5; 60 pls.32-33,I; Schauenburg 1972, p.322; Froning 43 n.42; Weis 1976 n.57; LIMC
s.v.”Marsyas” 20*

87
(A) (B)

NUMERO DI CATALOGO: 41
OGGETTO: situla
CLASSE DI PRODUZIONE: apula a figure rosse
LUOGO DI CONSERVAZIONE:Ruvo,Museo Jatta 1364
DIMENSIONI: Alt. 0,205 m.
DATAZIONE:380-370 a.C
ATTRIBUZIONE:Pittore di Ruvo 1364
DESCRIZIONE:
(A)giovane Olimpo con himation appoggiato ad un bastone,sguardo malinconico; Nike
vestita di chitone con seni scoperti, con corona sul capo, ha nelle mani una corona che sta
mettendo sulla testa di Apollo vincitore; Apollo con corona di alloro sul capo e costume
citarodistico, seduto, suona la cetra al centro della composizione; Artemide ammantata,
seduta, più in alto, con cerbiatto; Marsia con orecchie a punta, barbato, nudo, seduto difronte
ad Apollo con corona di alloro e custodia del flauto nella mano sinistra, ha espressione
abbattuta, porta la mano sotto la testa.
( B) sileno nudo, barbato,con corona,con sacco sulle spalle che regge con due mani; Dioniso
incedente con capelli lunghi e corona ,nudo con himation, tirso in mano; Menade incedente,
vestita con peplo, bracciali, diadema,con corona nella mano destra verso l’alto e grappolo
d’uva nella mano sinistra verso il basso, guarda indietro.
BIBLIOGRAFIA: RVA p 7/41,tav.56,3; Sichtermann, SlgJatta 53 n.76 pl.134;
Claimont,Yale Cl.St.15,1957,166,n.22(erroneamente chiamato psykter); Schauenburg
1958°,43, n.9,55; E.Mugione, 2000, n.661; Weis 1976 no,41;Froning 42,no.35; Overbeck KM
431-2,no.22(Atlas pl.24,21)(erroneamente chiamato psykter);s.v.Marsyas 34 a*.(Olympos 24)

88
NUMERO DI CATALOGO: 42
OGGETO: Cratere a volute
CLASSE DI PRODUZIONE: sud-italiano, a figure rosse
LUOGO DI CONSERVAZIONE: Roma, Museo Barracco 233
PROVENIENZA:._____
ATTRIBUZIONE: circolo del Pittore di Licurgo
DATAZIONE: 360-340 a.C.
DESCRIZIONE: figura femminile, con chitone e himation, stante; colonna ionica con
tripode alla sommità; figura maschile in abito citarodistico suona la lyra seduto su pelle di
pantera; Nike girata verso di lui con corona i mano e ramo fronzuto; giovane con una coppa in
mano, seduto su una prominenza del terreno.
BIBLIOGRAFIA: Weis, 1976, no Taf 33, 2; Schauenburg RM 1958, pl.33,2.

89
(A) (B)

NUMERO DI CATALOGO: 43
OGGETTO: cratere a campana
CLASSE DI PRODUZIONE: campano a figure rosse
DIMENSIONI: 0,445 Alt; 0,43 Diam.
LUOGO DI CONSERVAZIONE: Copenhagen, Mysèe National 3757
ATTRIBUZIONE: Pittore di Copenhagen 3757
DATAZIONE: 360-330 a: C.
DESCRIZIONE:
( A) cerbiatto, Artemide con lancia seduta di tre quarti guarda la scena, Apollo con costume
citarodistico con mantello e corona di alloro, suona la cetra; Marsia seduto lo guarda, Nike
con peplo dorico, diadema sul capo, corona di perle, bracciale a spirale, nella mano ha la
corona del vincitore che protende verso Apollo, nell’altra mano ha un ramo di edera.
( B) sileno stante con tirso, uomo seduto con fiaccola (Dioniso),menade con tirso.
BIBLIOGRAFIA: Trendall,LCS 386 n.184 taf.149,4; CVA Copenhagen, Musèe National
(DENMARK 6 pl 245 I a-b); Weis 1976 no 60; LIMC Artemis 1429*(=260 Nike,=Mousa
117,=”Marsyas” I 52 ).

90
(A) (B)

NUMERO DI CATALOGO: 44
OGGETTO: cratere a calice
CLASSE DI PRODUZIONE: apula a figure rosse
LUOGO DI CONSERVAZIONE: Basel, Antikenmuseum (Leihgabe)
ATTRIBUZIONE: Pittore di Licurgo
DATAZIONE: 350 a.C.
DESCRIZIONE:
(A) Afrodite seduta con specchio nella mano destra; Eros che sta per incoronare Marsia, sotto:
Pan con tirso e braccio destro sollevato; al centro della scena: Marsia, calvo e barbuto, nudo,
con stivaletti, seduto su pelle leonina, abbraccia il giovane Olimpo, che suona il doppio flauto,
anche lui seduto, nudo, con sandali e corona d’alloro; sotto: custodia del flauto e forbeia,
stagno, ninfa nuda nell’atto di svelarsi.
(B) donna con peplo e capelli raccolti con una corona nella mano sinistra,uomo nudo seduto
con patera e mantello,Apollo nudo coronato di alloro, con mantello ,e ramo di alloronella
sinistra,grappolo d’uva nella destra .
BIBLIOGRAFIA: Trendall, RVA p I 415, I Taf .145,1-2.; Herrmann,A.,AntK
18,1975,85-89 taf.32,3,5; Dover, 1989, p.36; LIMC s.v.”Aphrodite” 1493*(=Olympos 21).

91
(A) MNA 215 (B) (C)

NUMERO DI CATALOGO: 45
OGGETTO: tre pannelli a rilievo(originariamente quattro)costituenti una base di statue.
LUOGO DI CONSERVAZIONE:Atene,National Museum 215,216,217
PROVENIENZA: Arcadia:Mantinea
ATTRIBUZIONE:Prassitele o i membri della sua bottega.
DATAZIONE:verso 340-330 a.C.(o 350)
DESCRIZIONE:
(A)Apollo e Marsia.Apollo vestito con lungo chitone e mantello, seduto su una roccia suona
la cithara; boia Scita stante di prospetto con corta tunica e cappello frigio ha nella mano
destra un coltello con la lama rivolta verso il basso; Marsia, nudo e barbato suona l’aulòs e si
muove con un passo di sicinnide.
(B) Musa stante con aulòs, Musa di prospetto, Musa seduta su roccia che suona uno
strumento un trichordon.
(C) Musa stante di profilo con papiro aperto,Musa stante girata verso di lei;Musa stante con
mano destra sollevata che regge una chitara
BIBLIOGRAFIA: Pausania (8,9,I); Weis 1976 no.76; Schauenburg I,53.57; Robertson,
HGA 395 pl.128°; Schefold,SB III 177-178 n.353; Rawson 196-197 A 24; Meyer I 46-50;
Fougères,G.BCH 12,1888,105-128 pl.1-3; Lissarague 2001; LIMC s.v.”Marsyas” I 24*(=
Mousa 106)

Pausania 8.9.1
(1.) e[sti de; Mantineu'si nao;" diplou'" mavlistav pou
kata; mevson toivcw/ dieirgovmeno": tou' naou' de; th/' me;n
a[galmav ejstin ÆAsklhpiou', tevcnh »de;¼ Æ A l k a m e v n o u " ,
to; de; e{teron Lhtou'" ejstin iJero;n kai; tw'n paivdwn:
P r a x i t e v l h " de; ta; ajgavlmata eijrgavsato trivth/ meta;
ÆAlkamevnhn u{steron genea/'. touvtwn pepoihmevna ejsti;n
ejpi; tw/' bavqrw/ Mou'sai kai; Marsuva" aujlw'n. ejntau'qa
(2.) ajnh;r ejpeivrgastai sthvlh/ Poluvbio" oJ Lukovrta

Traduzione da :Pausania ,Guida della Grecia,Libro VIII,l’Arcadia,a cura di Mauro


Moggi e Luigi Beschi)
9.1 I Mantineesi possiedono un tempio doppio ,diviso a metà da un muro ;in una sezione del
tempio c’è una statua di Asclepio,opera di Alcmane,mentre l’altra sezione è un santuario di
Latona e dei suoi figli ,le cui statue furono scolpite da Prassitele nella terza generazione dopo
Alcamene;sulle loro basi sono rappresentati le Muse e Marsia che suona il flauto .Quì,su una
stele ,è scolpita una figura di un uomo:Polibio,figlio di Licorta.

92
NUMERO DI CATALOGO: 46
OGGETTO: lekytos
DIMENSIONI: Alt.0,36;Diam.0,55
CLASSE DI PRODUZIONE: apula a figure rosse a rilievo
LUOGO DI CONSERVAZIONE: Napoli, Museo Nazionale 2991
PROVENIENZA: Armento(Basilicata)
STATO DI CONSERVAZIONE:rotto e scheggiato in molti pezzi, i rilievi sono danneggiati
e il labro è stato restaurato con un profilo falso.
DATAZIONE: metà IV sec a.C., o seconda metà del IV sec.
DESCRIZIONE:
Registro superiore: cinque Muse: tre a sinistra e due a destra,due sedute,due stanti.
Registro inferiore:Musa seduta di schiena, Musa che suona l’aulòs, con il gomito su una
colonna girata verso un altro giovane triste; al centro della scena: boia scita vestito in
costume orientale di prospetto con coltello nella mano destra; Marsia, melanconico, nudo,
barbato, con coda, in ginocchio, con le mani legate dietro di lui ad un albero di palma; in alto:
piccola Nike in volo verso Apollo,che indossa l’abito citarodistico; Musa, stante e ammantata
con la testa girata verso Marsia; Musa con petto scoperto che suona la kithara seduta; due
giovani con clamide tra cui Olimpo? e un satiro?poggiato ad un pilastro di schiena.
BIBLIOGRAFIA:D’Armento-Heydemann,Neapel 450-452 no.2991; Schauenburg
,o.c.114,52-53 no.71; Michaelis AZ 43(o),46-50(pl.18); Weis, Aja 86,1982, 25-26 ill.3
fig.15; Froning 43 no.48; Overbeck 439 no.18;Weis 1976 no.44; LIMC s.v.”Mousa,Mousa”
119*(=Olympos 32*)

93
NUMERO DI CATALOGO: 47
OGGETTO:specchio di bronzo
LUOGO DI CONSERVAZIONE:Roma,Villa Giulia 12983 (Ex Barberini)
PROVENIENZA: Preneste?
DATAZIONE: metà IV sec a.C.
DESCRIZIONE: Apollo a torso nudo, con coltello nella destra e kithara nella sinistra in
alto; Olimpo, piccolo, nudo e comico, attaccato alle gambe di Apollo, Marsia supplicante,
Artemide.
BIBLIOGRAFIA:Rawson 41.206 A 58; Weis, 1976 n. 79; LIMC s.v.”Marsyas” I
50(=Apollon/Aplu 107*=Artemis/Artumes 55=Olympos 27)

94
NUMERO DI CATALOGO: 48
OGGETTO: specchio di bronzo
LUOGO DI CONSERVAZIONE: Parigi, Louvre 1737(ex Campana coll.)
PROVENIENZA: Preneste
DATAZIONE: seconda metà del IV sec a.C.
DESCRIZIONE: Marsia seduto, suona il flauto con forbeia, Apollo, Nike, Olympos(?)
BIBLIOGRAFIA: LIMC s.v. “Marsyas” I 25a*

95
NUMERO DI CATALOGO: 49
OGGETTO: specchio di bronzo
CLASSE DI PRODUZIONE: etrusca
LUOGO DI CONSERVAZIONE: collezione Gerhard
PROVENIENZA: località sconosciuta
DATAZIONE: seconda metà del IV sec a C.
DESCRIZIONE: Atena e Marsia.
Atena stante con la lancia nella mano destra, egida sul petto,grandi ali,sandali ai piedi;
difronte a lei: Marsia imberbe, con aspetto giovanile, nella mano sinistra ha i flauti, con
l’altra mano si appoggia ad un bastone,è nudo eccetto che per la nebris, attorno al suo collo, e
gli stivaletti;elementi floreali di contorno.
BIBLIOGRAFIA: Weis 1977,no.81; Rawson 192 A 6; LIMC s.v.”Marsyas “I 8·

96
NUMERO DI CATALOGO: 50
OGGETTO: cratere a calice
DIMEMSIONI:____
CLASSE DI PRODUZIONE:lucano a figure rosse
LUOGO DI CONSERVAZIONE:Taranto, Collezione Ragusa 165
PROVENIENZA:
STATO DI CONSERVAZIONE:_____
ATTRIBUZIONE:Pittore di Ragusa
DATAZIONE:terzo quarto del IV sec a.C.
DESCRIZIONE: Marsia e Olimpo
Donna con peplo e capelli raccolto con un nastro,ha nella mano destra abbassata un ramo e
regge nella sinistra sollevata una patera. Marsia stante, nudo, barbato, con coda equina e
orecchie appuntite si avvicina ad Olimpo per abbracciarlo. Difronte a lui: giovane Olimpo
stante semivestito con himation sulle spalle, prende nella mano destra il doppio flauto ,con la
sinistra si appoggia ad una lancia.
BIBLIOGRAFIA:LCS Suppl.1,15 no.416b pl.4,3; Suppl.3,35 F3; Rawson 213-214 A 74;
LIMC s.v.Olympos 6*

97
(A) (B)

NUMERO DI CATALOGO: 51
OGGETTO: cratere a campana
DIMEMSIONI: Alt 29,3 cm; diam esterno:31,5; diametro piede 13,8
CLASSE DI PRODUZIONE:lucano a figure rosse
LUOGO DI CONSERVAZIONE: Trieste, Museo civico S 411
PROVENIENZA:______
STATO DI CONSERVAZIONE: ricomposto con frammenti originali;un pezzo di restauro
nella figura di giovane ammantato di sinistra;intacchi al piede.
ATTRIBUZIONE: Pittore di Ragusa(Weis); Pittore di Tarporley(CVA)
DATAZIONE: terzo quarto del IV(Weis);o 410-380 a.C.(CVA)
DESCRIZIONE:
(A) donna stante con chitone dalle maniche lunghe e himation bordato da striscia
nera,trattenuto sulla spalla dalla mano sinistra,con fascia nei capelli e collana;Marsia, nudo,
barbuto, con lunga coda, seduto su una roccia e suona il doppio flauto, rivolto a destra verso
il giovane Olimpo, stante e rivolto verso di lui, nudo con clamide e petaso, lancia nella
sinistra, mano destra protesa verso il satiro.
(B) tre giovani ammantati:giovane ammantato con himation; giovane con himation che lascia
scoperti spalla e braccio destro è di tre quarti e si appoggia ad un bastone; nel campo:gamba
appesa per l’articolazione del ginocchio; giovane ammantato nell’himation.
BIBLIOGRAFIA: CVA TRIESTE, Civico Museo di Storia ed Arte (ITALY 43) IV D tav
3,pl.1-2; LCS Suppl.1,15 no.416° pl.4,1; D.M.Robinson in AJA 60 (1956)tav 18,figg.79-81;
LIMC s.v.Olympos 7*

98
(A) (B)

NUMERO DI CATALOGO: 52
OGGETTO: cratere a calice
CLASSE DI PRODUZIONE: apula a figure rosse
LUOGO DI CONSERVAZIONE: Bruxelles,Museès Royaux R 227
DIMENSIONI: Alt.:0,45m; Diam:0,415 m.
STATO DI CONSERVAZIONE: vaso rotto e riassemblato ,ridipinto,Le parti ridipinte
sono:la testa del vecchio uomo, i capelli della donna seduta ,la parte bassa di Apollo,la
kithara,la parte bassa di Pan; le anse sono incollate.
ATTRIBUZIONE: Pittore di Dario o imitante la sua maniera
DATAZIONE: 345-325 a.C.(terzo quarto del IV sec a C.)
DESCRIZIONE:
(A)Eros androgino in volo con una palma in una mano e banderilla fluttuanti nell’altra
mano ;donna vestita con tunica trasparente e grande apotygma,con capelli lunghi
sciolti,diadema con perle sul capo,bracciale,seduta con specchio nella mano destra e nastro
nella mano sinistra (Afrodite, o una Musa?); Zeus seduto con himation, regge lo scettro con la
mano destra,rivolge la sinistra verso Apollo; Apollo stante con costume citarodistico, corona
d’alloro e mantello, ha nella mano sinistra un coltello, l’altro braccio è rivolto verso Marsia;
cetra poggiata a terra; Marsia legato ad un pioppo,flauto con custodia fatta con pelle di
animale e forbeia appesi all’albero; in alto: Pan con himation e corona, seduto, nella ma no
destra un alabastron e nella sinistra una phiale, in basso: donna (ninfa o Musa) stante si
appoggia ad una roccia ( fonte).
(B)donna stante con fiaccola nella mano sinistra,giovane imberbe seduto con fiale e tirso,
mantello; satiro nudo e imberbe stante coronato con banda, situla nella mano destra, tirso
nella mano sinistra, un tamburino a terra davanti a lui.
BIBLIOGRAFIA: RVa p II 506,108;CVA Musées Royaux d'Art et d'Histoire 2 (Belgium 2)
IV D b:Style Apulien; pl.7 no 7 a ,b(Belgique n.88); Weis 1976 no 42,pl 15,2 ; Rawson 206 A
60; Schauenburg, K, RM(Rom.Inst. 65 ,1958,64-65 Anm.160 und 168; LIMC s.v.”Marsyas” I
52(=Aphrodite 1492* con bibl.,Mousa-Mousai 117)

99
NUMERO DI CATALOGO: 53
OGGETTO: oinochoe
CLASSE DI PRODUZIONE: campano a figure rosse
DIMEMSIONI: Alt.0,235 m.
LUOGO DI CONSERVAZIONE: Adolphsech, Schloss Fasanerie 165
PROVENIENZA:acquistato a Napoli
STATO DI CONSERVAZIONE:___
ATTRIBUZIONE: Pittore di Napoli 146751
DATAZIONE:terzo quarto del IV sec a.C.
DESCRIZIONE: Apollo stante in costume citarodistico, regge la lyra con la mano destra
abbassata. Marsia, nudo e barbato, configurato in maniera grossolana, siede su una roccia di
fronte a lui e ha nella mano sinistra il doppio flauto.
BIBLIOGRAFIA:Trendall,LCS 288 no 453; Deutschland 16(Schloss Fasanerie Adolphsech
2) 34 (pl 34,1); Schauenburg (1958)51,no.62; Froning,no.36;Weis 1976 no.62.

100
NUMERO DI CATALOGO: 54
OGGETTO: bottiglia
DIMEMSIONI:Alt.0,26 m.;diam.0,135 m.
CLASSE DI PRODUZIONE: apula a figure rosse
LUOGO DI CONSERVAZIONE:Polonia, Goluchow, Musee Czartoryski 125
PROVENIENZA:Basilicata
STATO DI CONSERVAZIONE: moderne sono la faccia di Marsia e lo Scita, la parte bassa
di Marsia e alcuni dettagli.
ATTRIBUZIONE:_____
DATAZIONE: terzo quarto del IV sec a.C.
DESCRIZIONE: tre satiri:uno seduto con doppio timpano e doppio flauto,uno con tirso
seduto e girato a guardare indietro lo Scita, con corto chitone e coltello nella mano, Marsia
seduto al centro del vaso,le sue mani sono legate ad un albero senza foglie. Apollo in costume
citarodistico con lyra sul tripode e tenia nella mano destra.
BIBLIOGRAFIA: Beazley VPol 76; non incluso in Trendall; CVA Pologne 1(Goluchow
Musee Czartoryski 1)IV D 36-37(pl.49,4 a,b,c); Weis 1976 no.43; Overbeck,no.17; Clairmont
169 no.38;Froning 43 no.50

101
(A)

NUMERO DI CATALOGO: 55
OGGETTO: pelike
CLASSE DI PRODUZIONE: apula a figure rosse
DIMENSIONI:0,675 m.
LUOGO DI CONSERVAZIONE:Ruvo, Museo Jatta 1500
PROVENIENZA: Ruvo
ATTRIBUZIONE: Gruppo di Ruvo 423, vaso comparato ai primi lavori del Pittore di
Licurgo(Trendall)
DATAZIONE: intorno al 340-330
DESCRIZIONE:
(A) ( rappresentazione tra la anse) Pan; figura femminile senza attributi: Musa, donna
ingioiellata seduta: Musa; in alto Nike,con torso di prospetto e gambe di profilo,seduta con
mano appoggiata sulla spalla di Apollo, che è vestito con costume citharodistico(chitone e
mantello riccamente decorati)e coronato con serto di alloro,suona la cithara ;dietro di lui
albero di alloro;Musa vestita e seduta, Marsia, nudo, con barba e capelli lunghi e neri, coda,
appoggia la mano sulla spalla della Musa seduta davanti a lui; tiene dietro alla schiena i l
doppio flauto; piccolo albero di alloro dietro;Artemide con cane e lancie da caccia,sfinge alata
(B) Heroon con figure associate.
BIBLIOGRAFIA:Sichtermann.SlgJatta 51-52 pl.K74;RVAp403,43 pl.142,5; Overbeck,KM
pl.25,3; Claimont,HSCP 15,1957, p.168,n.26; Sichtermann K 74, pls.128-131.; Schauenburg
(1958)47, no.34;49,n.50;62,n.146;164,n.157,158;167; LIMC s.v.”Mousa, Mousai” 116* (=
Artemis 1428,=Nike 259)

102
NUMERO DI CATALOGO: 56
OGGETTO: pelike
CLASSE DI PRODUZIONE: attico a figure rosse
PROVENIENZA: Pantikapaion
LUOGO DI CONSERVAZIONE: St.Pietroburgo, Hermitage
ATTRIBUZIONE: Pittore di Marsia
DATAZIONE: 335 a. C. circa (Froning)
DESCRIZIONE:Rhea ammantata con diadema e scettro, Olimpo nudo seduto di tre quarti
con braccio sopra la testa, Nike in volo; Apollo, al centro della scestante di prospetto suona la
cetra, vestito di chitone e con corona d’alloro; in alto: Artemide con due fiaccole; in basso:
Marsia seduto su una roccia guarda Apollo.
BIBLIOGRAFIA:ARV21475,3;Add2:381,FR pl.87;EVP 76;Metzger, 1951, p. 162 n.18 pl.
21,3; Schefold UKV no.370 (pl.32,4 e fig 59); Froning, p.42 n.29 pl. 38-39;Archivio Beazley
vase nr.230421; Clairmont 168 no.24; Overbeck 433-5, no.9(Atlas pl.24,20); Weis 1976
no.28; E.Mugione, 2000,93,Fig.39(A); LIMC s.v.”Marsyas” I 31*

103
Particolare:iconografia della punizione vaso intero.
di Marsia

NUMERO DI CATALOGO: 57
OGGETTO:cratere a calice
CLASSE DI PRODUZIONE: attico a figure rosse
DIMENSIONI: Alt.0,61m;Diam.0,55m.
LUOGO DI CONSERVAZIONE: Oxford, Ashmolean Museum.1939.599
PROVENIENZA: Al-Amina
STATO DI CONSERVAZIONE:molto è mancante:molti dettagli bianchi e dorati sono
scomparsi;i manici sono mancanti;gran parte del vaso è stata restaurata.
ATTRIBUZIONE: Pittore di Londra F 64;Stile di Kerch(Beazley)
DATAZIONE: 330 a.C.
DESCRIZIONE:
(A) A sinistra: Artemide, rivolta a destra di tre quarti, con peplo a bande incrociate; Zeus,di
tre quarti guarda verso destra, con scettro nella mano destra,la sinistra sul braccio del
trono;una menade danzante, con tirso; un satiro(simile a Pan) danzante,con nebride,bastone
ricurvo; altra figura femminile; al centro della composizione: Apollo; Nike in volo sulla sua
testa con nastri in entrambe le mani, gamba sinistra incrociata alla destra, con himation; a
destra: Atena, frontale, vestita con peplo e himation, piccola egida, elmo a tre creste,con
lancia e scudo; piccola Nike con corona o nastri ,con la testa di tre quarti rivolta a
sinistra;figura femminile con himation; Nike; in basso:Ermes frontale con il volto girato di tre
quarti a sinistra,con clamide,impugna la parte superiore di un bastone; in alto a destra: Era, di
tre quarti rivolta a destra,indossa il peplo, l’himation e i sandali e una corona(dorata);nella
mano sinistra ha uno scettro;in basso a destra: Marsia, barbato e con coda,di tre quarti verso
sinistra,seduto su nebride stesa per terra,ha le mani legate dietro la schiena,guarda in alto
verso Apollo; cinque tripodi nella composizione.
(B)Atena,Nike,cavalli,Artemide,pilastro,Ermes,tripodi e bucrani.
BIBLIOGRAFIA:ARV 2 1420,2(2);EVP 76; Beazley ,J.D.,JHS 59 ,1939,35-44 n.86 pl.2.4a.;
Metzger, 1951, 162-3,no.20; Clairmont 168 no.35; Säflund 73 fig.13; Froning 43 n.52 pl.9;
Rawson 207 A 61.; Schefold, SB III 175 ;Weis 1976 no.30,pl.12;LIMC s.v. “Marsyas” I
48(=Artemis 1426* con bibl.=Atena 422 con bibl.=Hera 481 a).

104
NUMERO DI CATALOGO: 58
OGGETTO: skyfos
CLASSE DI PRODUZIONE: attico a figure rosse
LUOGO DI CONSERVAZIONE:Tessalonica
PROVENIENZA:____
ATTRIBUZIONE:_____
DATAZIONE:330-320 a.C.
DESCRIZIONE:giovane nudo, stante di prospetto, con mantello e ramo di alloro, indica
Marsia con la mano destra. Difronte a lui Marsia, nudo con capelli e barba folti e lunga
coda,ha le mani legate dietro la schiena e la testa abbassata.
BIBLIOGRAFIA:Schauenburg tav 38;Weis 1976 no.31; Froning 43,no.53; Bakalakis,
1956,107 ff.

105
NUMERO DI CATALOGO: 59
OGGETTO: fiasca
CALSSE DI PRODUZIONE: paestana
DIMENSIONI:___
LUOGO DI CONSERVAZIONE: Paestum, Museo Nazionale (case 33)
PROVENIENZA: vicino al Tempio di Apollo: cosiddetto “Tempio di Poseidone”(Loc IV)
STATO DI CONSERVAZIONE: gran parte mancante.
ATTRIBUZIONE: _______
DATAZIONE: ultimo quarto del IV sec.a.C.(330-320 a.C.)
DESCRIZIONE: Punizione di Marsia
(A)Nike con corona in volo verso Apollo stante, in costume citarodistico, nella sua sinistra ha
un largo coltello. La kithara è ai suoi piedi. Marsia rivolto verso sinistra, con le mani legate
dietro di lui al tronco di un albero,la custodia del flauto sta dietro di lui è appesa al ramo
dell’albero; sileno. Nella scena quattro Muse.In alto Eros ?
(B)giovane che ha in mano un bambino.
BIBBLIOGRAFIA: Trendall PP-s 163-4; Schauenburg 1958, 51, pl.35,1.2; Froning 43
no.51;Weis 1976 no.66.

106
NUMERO DI CATALOGO: 60
OGGETTO: oinochoe con orlo a guscio
CLASSE DI PRODUZIONE: caeretana a figure rosse
DIMENSIONI: Altezza massima dell’orlo:428 mm.
LUOGO DI CONSERVAZIONE: Roma,Villa Giulia 50668(collezione Castellani)
PROVENIENZA: Caere
STATO DI CONSERVAZIONE: ricomposta da numerosi frammenti ed in qualche parte
lacunosa.
ATTRIBUZIONE: Pittore di Bruxelles R 273(Beazley).gruppo ceretano con figure:Pittore
Ceretano Castellani(del Chiaro)
DATAZIONE: 330-320 a.C o anche 330-300 a.C. per la forma.
DESCRIZIONE: [collo]:satiro stante: nudo e barbuto, calvo, con piccole corna sulla
fronte,indossa una collana che incrocia sul petto e calzari ai piedi,nella destra ha una
corona.Difronte a lui menade(o Afrodite?) con peplo decorato,fibule a forma di
giglio,braccialetti giallo-oro ai polsi ed ai bicipiti,calzari ai piedi, seduta verso sinistra su una
roccia(in bianco)con la sinistra poggiata sulla roccia;nella destra regge uno specchio.
[corpo]Apollo e Marsia.Nike alata,con peplo,calzari,benda bianca attorno ai capelli,armille in
giallo-oro attorno ai polsi,avanza da sinistra verso destra con un ampia corona che regge con
entrambe le mani.Apollo al centro della composizione:seduto verso destra su una roccia (in
bianco),un manto gli copre le gambe e la spalla sinistra,ha i calzari ai piedi,la lunga chioma è
stretta da una sottile benda bianca con due laccetti,con la mano destra stringe il plettro,con la
sinistra la cetra eptacorde (i cui bracci terminano in protomi di cigno)che poggia sul ginocchio
sinistro.Dirimpetto a lui Marsia stante,giovane, nudo, con calzari, benda bianca nei capelli,
nebride dietro le spalle e annodata attorno al collo,ha in ciascuna mano un ancia del flauto.
Bibliografia: Beazley in Annuario della Scuola Archeologica Italiana in Atene XXIV-
XXVI,1946-48, pag144; Del Chiaro, M,AJA 1966p.31, Etruscan Red Figured Vase Painting
at Caere (1974),39-40 Nr.59,Tav.40: in P.Mingazzini,CollCastellani vol II
188-190,Nr.749,Tav 201; La Collezione Augusto Castellani (Roma,2000)a cura di Annamaria
Moretti Sguaini.;Weis 1976 no74; LIMC s.v. “ Marsyas” I 8 a)(=Aplu 100*)

107
NUMERO DI CATALOGO: 61
OGGETTO:cista di bronzo
LUOGO DI CONSERVAZIONE :Roma,Villa Giulia 13135 (collezione Barberini)
DIMENSIONI: 0,318 m(col manico);diam: 0,28 m.
PROVENIENZA :Preneste
DATAZIONE:330-300 a.C.
DESCRIZIONE:
Latona(o Hera) sul trono, Olimpo con lungo bastone; Musa ammantata appoggiata ad un
piastrino; Zeus barbato, seduto su una roccia; Marsia con gambe di profilo, torso di tre quarti,
volto frontale abbassato,nebride al collo,danza e suona il doppio flauto; ramo di alloro;
Apollo, vestito con chitone, seduto sul trono suona la cetra; Artemide stante con arco e faretra
e lancia dietro di lui; Afrodite seduta su una roccia e con specchio, giovane donna priva di
attributi (Musa), giovinetto.
BIBLIOGRAFIA:Rawson 32-33.197-198 A 29 fig.15; Giglioli taf 293,1; Schauenburg 55
n.95,64 n 160-166; Weis 1976 n.78.; Bandinelli, A.Giuliano, Etruschi e Italici,Grandi Civiltà
11, p.320 tav.259; LIMC s.v.”Marsyas” I 25(=Apollon/Aplu 102* con bibl,=Artemis/Artumes
54=Leto/Letun 7 con bibl,.=Mousa,Mousai[ in Etruria ] 9)

108
NUMERO DI CATALOGO: 62
OGGETTO: statua in bronzo
DIMENSIONI: 103 Alt; 28 larghezza (alle spalle); 28,5 spessore massimo 8 (ai piedi)
CLASSE DI PRODUZIONE: _____
LUOGO DI CONSERVAZIONE: Paestum, Museo Archeologico Nazionale 4927
STATO DI CONSERVAZIONE: ottimo. Braccia mancanti. Patina verde sulla superficie
bronzea.
PROVENIENZA: Paestum
ATTRIBUZIONE: _____
DATAZIONE: IV sec a.C. (Denti); metà III a.C. (Torelli)
DESCRIZIONE: Marsia stante, testa grande con occhi spalancati, bocca aperta, barba
fluente; busto allungato con pettorali tesi e ombelico a bottoncino; gambe tozze; compedes
alle caviglie; calzari ai piedi.
BIBLIOGRAFIA: Denti, 2001, pp. 133-188; Torelli, 1992; LIMC s.v. Marsyas I 72.

109
b) Analisi iconografica

Il mito di Marsia ha una grande diffusione iconografica a partire dal secondo quarto del V sec.
a.C. fino al tardo antico. Le immagini denotate possono essere raggruppate in cinque
principali schemi iconografici, all’interno dei quali è possibile analizzare i segni specifici che
consentono di leggere le immagini nel loro specifico spazio-temporale. Questi schemi sono:
Marsia e Olimpo, Marsia nel thiaso, Marsia ed Atena, Marsia e Apollo, la punizione di
Marsia e il Marsia di Paestum.

Marsia e Olimpo

La più antica rappresentazione di Olimpo e Marsia che noi conosciamo è una pittura61 di
Polignoto di Taso (n.1), che faceva parte della rappresentazione della Nekyia: ovvero la
discesa di Odisseo negli Inferi per incontrare Tiresia; purtroppo perduta e nota solo dalla
descrizione di Pausania. Tale pittura comprendeva 74 figure e faceva parte insieme
all’Iliupersis del ciclo pittorico dipinto della Lesche, dedicata dagli Cnidi nel santuario di
Apollo a Delfi, in età cimoniana. Al Paragrafo 30,9 Pausania descrive il punto in cui è
raffigurato “Marsia che siede sulla roccia, e vicino a questo vi è Olimpo avente l’aspetto di
un giovinetto nel fiore dell’età e che impara a suonare l’aulòs”. Queste due figure secondo
una recente ricostruzione della pittura perduta si trovavano sulla parete settentrionale della
Lesche, cioè quella di fondo opposta all’ingresso che si trovava a sud.62 Quì vi erano
rappresentati cantori e musici, accanto ad eroi ed eroine capostipiti di stirpi reali: tutti
condannati nell’Ade per i loro peccati di hybris. Importante è il ruolo di questi cantori che, nei
recenti studi, sono stati connessi alla paideia musicale giovanile nei circoli aristocratici di età
cimoniana. Inoltre le contemporanee teorie musicali di Damone di Atene sulla musica e
sull’educazione potrebbero aver influenzato la scelta di mostrare Marsia nel ruolo di
pedagogo.63

61
Secondo l’ interpretazione di STASBURY- O’ DONNEL, 1990 era un affresco: per le tracce di pittura
presenti sull’edificio; MUGIONE, 2005 : ma si poteva anche trattare di pannelli dipinti e poi attaccati al muro ,
come quelli dipinti dallo stesso Polignoto nella Stoà Poikile ad Atene; o per conciliare le due ipotesi si potrebbe
immaginare cornici affrescate con pannelli dipinti inseriti al suo interno.
62
Cfr. MUGIONE, 2005. Il muro settentrionale della Lesche presentava tre registri: sul livello intermedio vi
erano Orfeo Marsia e Olimpo, l’Aiace Oileo, Paride, donne con le brocche rotte; Contrariamente STASBURY-
O’DONNEL 1990 diceva che Marsia era raffigurato sul muro ovest il cui centro focale era nelle figure di
Achille e di Patroclo sul livello intermedio: Patroclo (su Achille); sul più alto: Foco, Iaseo, Maira, Aktaion e la
madre,un cane, Marsia, Olimpo. Quindi Marsia si trovava alla fine del registro più alto del muro occidentale
della Lesche.
63
Laserre, 1954, p.53-66.

110
Le figure del cantore trace Tamiri e dell’auleta frigio Marsia, erano, nel dipinto, in stretta la
correlazione sia visiva: in quanto erano rappresentati su una linea verticale; sia concettuale:
entrambi sono musicisti e un destino funesto li accomuna per aver osato sfidare una divinità:
le Muse nel caso di Tamiri, Apollo citaredo nel caso di Marsia64. Tamiri, però, è
rappresentato nella Nekyia con la cetra spezzata a sottolineare la sua punizione, mentre
Marsia, è seduto sulla roccia ed ha il ruolo di educatore di Olimpo65. A sinistra di Marsia vi è
Orfeo “come seduto su un poggio che suona l’arpa”. Orfeo è un musicista come Marsia ed era
rappresentato, appoggiato al tronco di un salice, che secondo A.Weis ricorda il bosco di
Persefone di cui parla Omero fatto di pioppi e salici ed è, quindi, un indicazione topografica
del regno dei morti.66 Dopo Marsia è rappresentato invece Aiace l’Oileo.
Il tema di Marsia in atteggiamento didascalico verso Olimpo compare anche in un grosso
frammento di un anfora a figure nere della collezione Tessin attribuito al Pittore di Heidelberg
e datato al 560 a.C.67
La più antica rappresentazione di Olimpo e Marsia nella ceramica a figure rosse è un anfora
panatenaica68 attribuito al Gruppo di Napoli 3235, del circolo del Pittore di Medias, datata
nell’ ultimo quarto del V sec a.C.(n.19)69, proveniente da Ruvo, ora nel Museo Nazionale di
Napoli :81401(H 3235). La rappresentazione presenta delle lacune, ma è leggibile nelle sue
componenti principali. Marsia e Olimpo sono al centro della composizione. Olimpo è
rappresentato come efebo nudo con mantello, seduto con la lyra nella mano sinistra, plettro
nella destra. Marsia è barbato, calvo, con corona, piccola coda e ha in mano il doppio flauto.
Intorno a loro le Muse Thaleia, Calliope; l’efebico Simos; sopra dei due musicisti: il satiro
Tyrbas e una donna con tirso: Urania. I soggetti sono identificati dalle iscrizioni sulle figure.
Olimpo, è presentato come suonatore di lyra, che è un tipico attributo di Apollo; ma
l’identificazione è stata fatta sulla base dell’iscrizione presente sulla figura.70 Alcuni
diversamente hanno sostenuto che la figura rappresentata fosse proprio Apollo e che
l’iscrizione fosse un indicazione topografica: il monte Olimpo; ma l’agone di Apollo e Marsia
non è mai associato a tale luogo.71
È stato studiato però che la figura di Olimpo appare sull’iconografia attica proprio quando il
flauto era caduto in disgrazia; potrebbe essere quindi questo il motivo per il quale nel vaso di

64
STASBURY- O’ DONNEL 1990
65
MUGIONE 2000 p. 92;137
66
Pausania, 10, 30, 1 ; Omero, Odissea, 10, 508-510: in WEIS, 1977, p.25.
67
K.Schefold, 1960, pp.20,150,152, fig.132 B. in SCICHILONE, 1963, p.675.
68
WEIS, 1977 no.52: anfora panatenaica; s.v. anche MUGIONE 2000 p.198 (B); S.PAPASPYRIDI-
KAROUZOU 1938. p.499 : “red-figured krater from Ruvo in the Naples Museum, by the Meidias Painter”.
69
Archivio Beazley no. 220519 : 450-400 a.C.
70
S.PAPASPYRIDI-KAROUZOU, 1938:parlava di kithara.
71
In LIMC s.v.Olympos.

111
Napoli Olimpo suona la lyra.72 Un particolare iconografico rilevante è l’oca sotto Olimpo.
Sono stati fatti confronti con un hydria in Karlsruhe che mostra un cane sotto i piedi di Paride,
ma soprattutto con un anfora proto-panatenaica del National Museum di Atene con la
rappresentazione dell’oca73. La connessione delle oche ad Olimpo è frequente nell’arte e
ricorda il suo paese di origine: la Mysia, una regione montagnosa e con rive, nella quale le
oche crescono e nuotano. Le oche potrebbero anche essere state attratte dal suono del
musicista come nell’anfora proto-panatenaica di Atene dove compaiono un giovane flautista
imberbe che suona l’aulòs e davanti a lui un oca e un personaggio barbato che sono assorbiti
dal suono.74 Tale testimonianze quindi sarebbe da mettere in correlazione con gli effetti
psicagogici della musica greca che a quanto pare agivano sia sugli animali che sugli uomini.
Abbiamo poi una serie di rappresentazioni di ceramica apula che mostrano Marsia che
insegna ad Olimpo a suonare il flauto. Queste sono tutte inquadrabili cronologicamente nel
secondo quarto del IV sec. a.C.
Un oinochoe apula a figure rosse conservata a Bassano del Grappa, Museo Civico 92 (coll.
Chini), attribuita al Pittore di Lecce e datata al 380 a.C (n. 37) mostra Marsia girato di schiena
a tre quarti, nudo, con mantello e stivaletti, canna del flauto nella mano destra; un cane;
Olimpo con corona di pampini, nudo, girato di tre quarti vero Marsia con l’altra canna del
flauto nella mano destra, con strigile nella mano sinistra e mantello, sandali ai piedi, gomito
appoggiato ad un albero. Le altre figure della composizione sono Afrodite, Eros, due giovani
con lo strigile. Il particolare iconografico della sybène appesa all’albero è confrontabile con
un altro vaso apulo del Pittore di Dario del secondo quarto del IV sec a.C.: Bruxelles, Musèes
Royaux R 227(n.52). Marsia incomincia d avere atteggiamenti pederastici verso Olimpo. Il
suo sguardo preoccupato ha fatto ipotizzare che la scena fosse un commiato. La presenza dei
tre giovani con lo strigile in mano è forse un riferimento all’omosessualità nella palestra. 75
Confrontabile con questo vaso è il cratere a volute apulo a figure rosse da Bari, Mercato
Antiquario attribuito al Long Overfalls group dal Trendall76 e datato al 380-365 a.C.(n.38):
quindi nel secondo quarto del IV sec a.C. Al centro della scena si trova Marsia, con i capelli,
barba e coda bianchi, quindi in età senile, con una canna del flauto e Olimpo nudo, seduto su
mantello, con bastone, a cui è agganciato un aryballos, nella mano sinistra e l’altra canna del
flauto nella mano destra. Attorno a loro una Musa o ninfa, un Eros che incorona Marsia,
Afrodite con flabello, un satiro nudo e barbato in ginocchio con skyfos tra le mani; un erma, la

72
Huchzermeyer, 1931, in LIMC s.v. Olympos p.43.
73
in S.PAPASPYRIDI-KAROUZOU, 1938.
74
Ibidem.
75
In LIMC s.v. Olympos p.42
76
RVA, II 1043-1044

112
parte superiore di un edicola. Marsia è colto ancora una volta nel ruolo di educatore, ma già si
intravedono atteggiamenti pederastici.77
Questa rappresentazione dell’insegnamento flautistico viene resa spesso mostrando Olimpo e
Marsia aventi ciascuno una canna del flauto.
Un cratere a campana conservato a Napoli, Museo Nazionale 81439 (H2040), apulo a figure
rosse, attribuito al Long Overfalls Group, Calvet sub-group, e datato al 380-365 a.C.(n.39)
mostra da sinistra a destra: un gabbiano in volo; Marsia nudo, barbato, con corona ; difronte a
lui Olimpo suona il doppio flauto, nudo, seduto su un mantello. Una donna a sinistra stante, di
profilo, con peplo porta la mano al manto come nell’atto di svelarsi ed ha nella mano sinistra
una phiale.
Il rapporto tra Marsia e Olimpo che nelle immagini tra V e IV sec a.C. è caratterizzato da
atteggiamenti pederastici diventa in un caso apertamente sessuale.
Nel cratere a calice del pittore di Licurgo, datato alla metà del IV sec a.C.(n.44) Marsa
itifallico, con la scusa di aggiustare la posizione dl flauto di Olimpo cerca di abbracciarlo. Il
pittore potrebbe essere influenzato da Platone che presenta Marsia come hybristès78. La scena
potrebbe essere concepita come una parodia erotica della Nekyia.79
Due crateri lucani con Olimpo e Marsia sono stati attribuiti del Pittore di Ragusa e datati nel
terzo quarto del IV sec. a.C. Un cratere a calice lucano a figure rosse conservato a Taranto
nella Collezione Ragusa 165, attribuito al Pittore di Ragusa e datato al terzo quarto del IV sec
a.C.(n.50) mostra una donna con peplo e capelli raccolti con un nastro, che ha nella mano
destra abbassata un ramo e regge nella sinistra sollevata una patera. Marsia stante, nudo,
barbato, con coda equina e orecchie appuntite si avvicina ad Olimpo per abbracciarlo.
Difronte a lui il giovane Olimpo stante, semivestito con himation sulle spalle, prende nella
mano destra il doppio flauto, con la sinistra si appoggia ad una lancia. Il cratere a campana
lucano a figure rosse conservato a Trieste, Museo civico S 411. ricomposto con frammenti
originali, attribuito al Pittore di Ragusa, datato al terzo quarto del IV (n.51) mostra una
donna stante con chitone dalle maniche lunghe e himation bordato da una striscia nera,
trattenuto sulla spalla dalla mano sinistra, con fascia nei capelli e collana; Marsia, nudo,
barbuto, con lunga coda, è seduto su una roccia e suona il doppio flauto, rivolto a destra
verso il giovane. Olimpo, stante e rivolto verso di lui, nudo con clamide e petaso, lancia nella
sinistra, mano destra protesa verso il satiro. Sull’altro lato del vaso sono rappresentati tre
giovani ammantati.

77
Dover, 1989, p. 36 in LIMC s.v.Olympos p.44
78
Ibidem.
79
Herrmann, A.,AntK 18,1975,86 in LIMC s.v.Olympos.

113
Marsia nel thiaso

Un cratere a calice attico del Pittore di Villa Giulia, datato al 450 e proveniente da una
necropoli di Agrigento (n.2), mostra il sileno vecchio Marsia che suona l’aulòs e conduce il
thìasos di satiri e menadi, i cui nomi sono indicati nelle iscrizioni: Sotenes, Mainas, il piccolo
Porson.
Il modo di rappresentare Marsia come un satiro peloso, con capelli bianchi, quasi un
papposileno è inusuale nel mito ma non privo di confronti.80
Un confronto si può istituire con il cratere a campana attico proveniente da Nola del Pittore di
Peleo e Ettore, Louvre G 421, datato 440-430 a.C.(n.5). Anche questo vaso presenta un
thìasos di satiri condotto da Marsia che suona il doppio flauto. Marsia ha però i capelli neri, è
stempiato ed ha una nebride al collo. Lo seguono: la menade Komaia con il kantaros e il tirso;
Dioniso mitroforo con tirso e kantaros; Efesto con elmetto e martello.
Il vaso mette in scena il tema del ritorno di Efesto all’Olimpo. Il soggetto è trattato su
numerosi altri esemplari a figure nere e i prime vasi a figure rosse, ma questa è la sola in cui
Marsia è identificato dall’iscrizione.81
Una delle prime iconografie del mito, quindi, mette Marsia in collegamento con il mondo
dionisiaco e la musica orgiastica durante il thìasos.

Atena e Marsia

Rappresentazioni mitologiche che legano Marsia ed Atena sono diffuse per un periodo
cronologico che va dalla seconda metà del V sec a.C. alla metà del secolo successivo in
diverse classi di materiali.
La prima attestazione dell’iconografia di Atena e Marsia è il celebre gruppo scultoreo di
Atena e Marsia di Mirone (n.3), di cui abbiamo solo le copie in marmo di età imperiale
romana e le testimonianze di Plinio Vecchio (XXXIV,57-58) e Pausania (I, 24).
Questa due testimonianze sono state messe in relazione dal Müller; e poi associate ad una
serie di copie di età imperiale romana del gruppo scultoreo, che originariamente era in bronzo.
Ci sono voluti anni di studi filologici degli studiosi Pollak e Brunn82 per riconoscere nel
Marsia del museo Laterano, proveniente dall’Esquilino, e nell’Atena del museo di Francoforte
80
WEIS, 1976, no.3.
81
WEIS, 1976, no.2.
82
in DALTROP 1980 pp.4-5

114
sul Meno, dal Pincio, le migliori copie in marmo del modello iconografico del gruppo creato
da Mirone, in bronzo nel 450, o più precisamente al 457-447, quando Atene e la Beozia erano
in rivalità.83 Il flauto, diffuso in Beozia, zona marginale della Grecia, veniva rifiutato dalla
dea ateniese per eccellenza, perché le deformava il volto.84
Plinio il Vecchio, scrittore di età flavia, nella sua: “Naturalis Historia” dedica i libri 33-37 agli
argomenti di Mineralogia e di Storia dell’Arte. Nel trentaquattresimo libro Plinio parla degli
scultori di età classica che lui considera come modelli di stile perfetto contro la decadenza
dell’arte del suo tempo. Dopo aver parlato di Fidia e di Policleto racconta di Mirone, nato ad
Eleuthere (tra Beozia ed Attica), discepolo di Agelada, bronzista reso celebre dalla
rappresentazione della “Mucca”; poi meziona le altre opere: un “Cane, un Discobolo, un
Perseo, Segatori” e il “satyrum admirantem tibias et Minervam”, gli Atleti del pentatlo
delfico, i Pancratiasti, Ercole che è presso il Circo massimo o nel tempio dedicato da Pompeo
Magno”; “un monumento raffigurante una cicala ed una cavalletta”; “un Apollo che, sottratto
da Antonio agli Efesi, fu loro restituito dal divino Agusto dopo un avvertimento ricevuto in
sogno”. Dopo l’elenco delle opere Plinio si sofferma sullo stile dello scultore che presenta
pregi maggiori di Policleto circa la varietà dei ritmi e la simmetria; ma ha anche dei difetti
come l’eccesiva preoccupazione del corpo a discapito dei sentimenti e la resa di capelli e del
pube in maniera arcaica. Nel passo l’aggettivo “rudis”, creato per descrivere lo stile di
Mirone, offre un’ importante testimonianza del gusto dell’ epoca di Plinio.
Pausania, invece, nella sua “Perieghesis” (II d.C), cioè nel suo “Viaggio in Grecia” descrive i
monumenti presenti sull’Acropoli di Atene.
Nel I libro paragrafo 24 dice di aver visto la statua di “Atena che batte Marsia perché aveva
raccolto il flauto” che la dea aveva gettato via. Questa statua si trovava vicino alla “famosa
battaglia di Teseo contro il cosiddetto Minotauro”. Pausania sottolinea di quest’ultimo
l’aspetto metà umano e metà bestiale, e dice: “anche ai nostri giorni è capitato che le donne
mettessero al mondo mostri perfino più straordinari di questo”.85
Per quanto riguarda l’iconografia delle statue superstiti essa mostra: Atena, stante con elmo
corinzio e peplo, in moto verso sinistra, mentre si volge indietro verso Marsia, che guarda
verso il basso ai flauti (che supponiamo Atena abbia gettato in terra), e arretra con un passo di
sikynnis al volgersi della dea. Marsia, tutto schiumante di furia animalesca, presenta il corpo
nudo, reso con stile severo e un volto molto espressivo che sembra quasi una maschera

83
ARIAS, 1963
84
cfr: BOARDMANN, 1956, pp.18-20; cfr. anche DENTI, 1991.
85
Pausania, Libro I.

115
brutale. Ad esso viene contrapposta ossimoricamente una fragile Atena, sdegnosa ed
adolescente.86
Iconograficamente la rappresentazione mironiana del satiro isolato, non facente parte di un
thìasos dionisiaco, ma avente una propria personalità, era innovativa come anche il
movimento impresso alle figure.87
La raffigurazione di Atena e Marsia conosce anche attestazioni vascolari che sono state messe
in correlazione con il gruppo mironiano, per schema figurativo e sono stati studiati come
veicolo di propaganda politica che tale immagine propone nella polis del V sec.a.C.
La ceramica italiota invece presenta l’episodio con schemi diversi testimoniando che il mito
con il tempo aveva perso questa connotazione. 88
Nella ceramica a figure rosse abbiamo alcune rappresentazioni che presentano Atena e
Marsia: un frammento attribuito al Pittore della Phiale, Acropoli Museum 632(n. 4); un
oinochoe attica a figure rosse del Pittore del Dinos, Berlino, Antiquarium F 2418 (n.10); un
cratere a campana, della cerchia del Pittore di Pothos, Museo Jatta 1708 (n.12); un frammento
di cratere a calice del Pittore di Kleophon (n.13).
Nella ceramica italiota l’iconografia è nota da un cratere a campana apulo del Pittore di
Boston 00.348 Museum of Fine Arts 00.348 (n.22).
Il frammento di anfora nolana (n.4), proviente dall’acropoli di Atene, è stato attribuito al
Pittore della Phiale e datato al 450-440 a.C.: mostra un piede, una canna del flauto, la parte
inferiore di una figura femminile con peplo. Nonostante la frammentarietà del reperto che non
permette di leggere l’iconografia completa, queste due figure sono state identificate come
Atena e Marsia.89
La rappresentazione che ripropone lo schema del gruppo mironiano è confrontabile con un
frammento di oinochoe attica del 450-445 a.C ed il frammento 19b3 del Museo Archeologico
Etrusco di Firenze, anch’esso attribuito al Pittore della Phiale dal Beazley90
Il cratere a campana, attico a figure rosse, conservato nel Museo Jatta 1708(n.12), proveniente
probabilmente da Ruvo di Puglia, attribuito al Pittore di Pothos: 440-420 a.C.91 o alla sua
cerchia e datato alla fine V sec.92 mostra Apollo seduto, con himation, corona tra i capelli e in
mano un ramo di alloro; Atena vestita con peplo attico lungo fino ai piedi, stante con elmo ad
alto cimiero e lancia, piede sinistro sollevato; Marsia in fuga verso destra, nudo, barbato, con
86
Sull’argomento vedi : PARIBENI, 1961; BANDINELLI-PARIBENI, 1986, 440-441.
87
ARIAS, 1966 p. 70: nel corso dell’età classica il motivo dei satiri-sileni assumerà un carattere sempre più
personale.
88
Arias, Mirone, Firenze 1940; BOARDMANN 1956 pp.18-25 in MUGIONE 2000, p.151 n.68
89
A.Weis, in LIMC s.v. Marsyas : “Marsyas sees the flautes as Athena discardes them.”
90
Beazley Archive vase n.214218
91
MUGIONE, 2000
92
A.WEIS, 1976, no.306

116
piccola coda, con corona sul capo. Ancora non è nata l’iconografia di Apollo e Marsia ma qui
compare Apollo come spettatore seduto, che guarda dietro di se, verso Atena e Marsia.
L’ oinochoe attica a figure rosse, conservata a Berlino, nell’ Antiquarium F 2418(n.11),
rinvenuta nel 1872 a Vari, in Attica, attribuita al Pittore del Dinos e datata al 430-425 a.C.,
mostra: Atena, avvolta nel peplo e con la lancia nella mano sinistra abbassata, che sembra
stante ma in realtà è leggermente in moto verso destra; il doppio flauto; Marsia di tre quarti,
in fuga, con braccio destro alzato e sinistro rivolto verso il basso.
Questo vaso rappresenta l’istante in cui gli auloi sono gettati via da Atena, e si trovano quindi
a mezz’aria tra Atena e Marsia. Il sileno, dopo essersi avvicinato con un balzo, indietreggia
gesticolando per lo spavento. La scena è delimitata da un kymation ionico.93
Il vaso è stato paragonato anche ad un cratere marmoreo del Museo Nazionale di Atene: il
vaso “ Finlay”. Anche questo viene da Atene. La figura del sileno è però rovesciata
specularmente e ha la mano sinistra alzata invece che la destra; Atena con le vesti mosse,
regge uno scudo nella sinistra, ma la destra è rivolta verso il satiro come nel vaso berlinese.94
Un altro esemplare attico, invece è il frammento di cratere a calice, proveniente dalla Grecia,
del Pittore di Kleophon (n.13), datato prima del 425 a.C. Atena ha nella mano una lancia, sul
petto è visibile l’egida che ride; a destra si vede la testa di Marsia, con i capelli bianchi.cosa
insolita nella rappresentazione del sileno. Dietro di lui vi è un albero. La figura di Atena è
confrontabile con quella dipinta dallo stesso pittore nel vaso ora a Palermo.95
Completamente diversa è l’iconografia del cratere a campana apulo a figure rosse del
Museum of Fine Arts 00.348 (n.22), proveniente da Canosa, attribuito al Pittore di Boston
00.348 e datato all’inizio del V secolo. La scena, infatti, introduce nuovi elementi significativi
che sembrano costruire in maniera precisa il racconto mitico. Accanto ad una menade con la
nebrìs e il tirso nella mano sinistra, vi è Zeus barbato, seduto con fulmine nella sinistra; un
sileno con capelli e barba bianca e lunga coda, nudo, con stivaletti. Al centro Atena è seduta
sul gorgoneion e suona il doppio flauto davanti ad un albero di alloro; mentre il giovane
Olimpo, nudo, appoggiato ad un bastone regge nella mano destra uno specchio dove è
riflesso il volto di Atena. Marsia è stante con la mano destra sollevata e sembra restare a
guardare la scena.
Lo specchio secondo un interpretazione fungerebbe da sostituto della sorgente di acqua mitica
nella quale Atena si specchia scoprendo il proprio volto deformato, dopo aver suonato lo
strumento a fiato.96 Il vaso presenta una rappresentazione di tipo dionisiaco sull’altro lato.
93
In DALTROP, 1980, p.11.
94
DALTROP, 1980, Fig.3.4
95
BOARDMANN, 1956, plate I, 1.; cfr.ARV 786, no.29.
96
DALTROP, 1980, p.10

117
La rappresentazione del tema di Atena e Marsia si trova in un’altra classe di oggetti come
attesta lo specchio di bronzo inciso, etrusco, della collezione Gerhard, di cui però non si
conosce la provenienza, datato nella seconda metà del IV sec.a.C.(n.49). L’iconografia
presenta: Atena stante con la lancia nella mano destra, egida sul petto, grandi ali, sandali ai
piedi; difronte a lei: Marsia imberbe, con aspetto giovanile, nella mano sinistra ha i flauti,
con l’altra mano si appoggia ad un bastone, è nudo eccetto che per la nebris attorno al suo
collo, e gli stivaletti. Elementi floreali contornano le figure.
La composizione non ha paralleli nelle altre rappresentazioni di Marsia negli specchi etruschi,
mentre la figura di Atena è diffusa nell’arte etrusca. La figura e il disegno sono simili a vasi
dipinti falisci come il tondo di una kilix dipinta con Atena e Herakle.97 Questo modo di
rappresentare Marsia imberbe, ricorda il frammento attico a figure rosse da Sarajevo 639, del
IV sec.a.C. raffigurante Apollo e Marsia.
Atene e Marsia insieme ad una figura che probabilmente era Olimpo compariva in un rilievo
datato al V sec a.C.98 proveniente dal Peristilio dell’Accademia Platonica di Atene.
Successivamente il motivo di Atena che suona il flauto sarà ripreso in età posteriore in due
dipinti parietali di Pompei, su rilievi e sarcofagi in cui sarà associata alla gara di Apollo e
Marsia e la punizione di questo; su monete di Apamea, l’antica Kelainai in Frigia, del tempo
di Settimio Severo (193-211 d.C.). 99

Marsia e Apollo

Il tema mitico che lega l’auleta Marsia al citarista Apollo in una gara musicale è attestato
nella ceramica a figure rosse a partire dalla seconda metà del secolo V a.C. L’iconografia
rimarca la rivalità tra il greco Apollo ed il frigio Marsia, in un momento in cui era ancora viva
la memoria delle guerre persiane. L’ attenzione al mito è stata anche messa in relazione alla di
diffusione delle dottrine pitagoriche sulla religione popolare e all’influenza del pensiero della
Sofistica. La contesa è stata, anche messa in correlazione, come per il tema di Atena e Marsia,
alla rivalità tra Atena e Beozia, e rappresenterebbe la vittoria della lyra ateniese sullo
strumento diffuso in Beozia.100 Sicuramente è un episodio che rimarca un orgoglio nazionale
molto forte.

97
CVA, Italia 2 (Villa Giulia 2)pl 16,3, in WEIS 1976, no.81
98
WEIS, 1976, no.296
99
DALTROP, 1980, p.10
100
Cfr. BOARDMANN, 1956, p.19

118
Le immagini della contesa tra Marsia ed Apollo sono raggruppabili in schemi iconografici che
mostrano variazioni significative nel corso del tempo.
Il tema è rappresentato su più vasi dei pittori di Kadmos e di Pothos datati tra il 440 e il 420
a.C. Il Pittore di Kadmos rappresenta la contesa su tre vasi simposiali: due crateri a calice,
Siracusa Mus.Arch.Naz.17427 (n.6) e Bologna Pell 301 (n.7), rinvenuto in un contesto
funerario, e uno a volute: Ruvo Jatta 1093 (n. 8). Questi vasi propongono una versione del
mito che integra pacificamente mondo dionisiaco e mondo apollineo. 101
Nel cratere a calice del Museo Archeologico Nazionale di Siracusa 17427 (n.6), proveniente
da Camarina, le scene si susseguono in successione senza interrompersi da una faccia all’altra.
Sul Lato A è rappresentata l’Epifania di Dioniso e l’abbandono di Arianna da parte di Teseo.
Il lato B mostra la gara tra Apollo e Marsia che è confrontabile con il cratere Jatta 1093.102
Artemide con faretra e torcia è stante vicino Marsia, seduto di profilo verso destra e suona la
kithara; sotto di lui vi è un anfora spezzata, in alto c’è un kantharos. Atena con corona
radiata, peplo dorico, corto farsetto a losanghe brune, lancia nella destra, l’elmo in mano,
guarda benevola verso il dio Apollo, che è seduto, semivestito con ramo di alloro nella destra
e incoronato.
Il Cratere a calice (n.7) conservato a Bologna nel Museo Civico (Pell 301), proviene da una
tomba del sepolcreto etrusco del fondo Battistini (t.n.6 ). Sul lato A già compare un contesto
apollineo sottolineato dai tripodi ad orecchie e la figura del dio: coronato d’alloro, nudo e con
ramo di alloro. Attorno a lui Poseidon, con il tridente; due figure femminili incedenti con
fiaccola: Artemide con faretra e Leto. Sotto una palma c’è Hermes semisdraiato con
kerykerion nella destra.
Sul Lato B come negli altri due esempi citati il Pittore di Kadmos sceglie di trattare il tema
della contesa mitica tra Apollo e Marsia. Leggendo l’immagine da sinistra a destra vediamo
una figura frammentaria: Artemide con la fiaccola; Marsia, barbato, nudo, con capelli radi ed
ispidi, che suona il doppio flauto seduto su una roccia; Apollo stante con lyra nella mano
destra, ramo di alloro nella sinistra, serto di alloro sul capo, clamide poggiata sulle spalle;
Ermes con clamide, caduceo nella mano destra, petaso e calzari.
Il cratere a volute della collezione Jatta 1093 (n.8), oggi conservato nel Museo Jatta,
provienente da Ruvo, è un vaso complesso. È un vaso in stile ornato apulo, dalle dimensioni
monumentali, sopradipinto e con quattro scene: due sul collo e due sul corpo del vaso.
Sul collo del lato A vi è inoltre una scena di sacrificio, sul corpo il thiaso attorno a Dioniso.

101
LISSARAGUE, 2001, p.44.
102
WEIS, 1976, no.9

119
Importante è la figura della menade che porta un piatto pieno di uva e un oinochoe a Dioniso.
L’iscrizione la designa come ΩΠΟΡΑ, come una vaso di Vienna (1024) del Pittore del Dinos.
Questa infatti designa la stagione in cui i frutti sono abbondanti. Musica e danza sono
associati in questi vasi che presentano offerte di uva e vino.103
Il lato B presenta invece due rappresentazioni diverse del mito di Marsia e Apollo. Sul collo
è rappresentata la contesa tra Apollo e Marsia. A sinistra dei due vi è Artemide, stante, con
due fiaccole, che ricorda il vaso di Siracusa (n.6). Marsia nudo e barbato, è seduto su una
roccia e suona il doppio flauto; mentre difronte a lui c’è Apollo stante, nudo, con mantello
poggiato sulla spalla sinistra, con i suoi attributi: ramo di alloro in mano e serto d’alloro sul
capo. A destra dei musicisti è raffigurato un satiro che danza la sykinnis e ricorda la posa del
satiro di Mirone. Poi vi è un albero di palma; e ancora una volta come nel cratere a calice Pell
301 di Bologna (n.7). Hermes è rappresentato con clamide, petaso, calzari alati e caduceo.
Questa scena sembra alludere all’inizio della storia quando Marsia suona i flauti, mentre la
presenza di Hermes con il caduceo nel suo ruolo di Psycopompo, sembra alludere alla sua fine
infelice.104
Sul corpo del vaso invece Marsia è seduto sotto una palma, e suona la kithara.105 Atena
guarda benevola verso Marsia, mentre Apollo con l’alloro è seduto, tranquillo, vicino ad
Artemide. Attorno vi sono altre divinità, satiri e menadi raggruppate in gruppi di due che
conversano. La presenza del tripode e dell’albero di palma ha fatto ipotizzare che l’agone
avvenne nel santuario di Apollo a Delfi.106 Inoltre il tripode ricorda il premio del concorso
ditirambico107 o un offerta al dio Apollo. Anche qui compare Hermes con clamide, petaso,
calzari alati e caduceo impegnato in una conversazione con una piccola Nike.
La giustapposizione di due scene in cui Marsia suona l’aulòs e poi la kithara è inusuale,
tuttavia in alcuni vasi come il cratere a calice attico conservato a Munich,
Antichensammlungen 2335, Marsia suona seduto i flauti, ma la lyra giace a terra.
Un altro vaso del Pittore di Kadmos, è un frammento di cratere a campana attico a figure
rosse è conservato ad Amsterdam, nel Musèe Scheurleer 2476 (n. 9), proveniente da Taranto,
in cui la figura di Marsia, frammentaria, suona il doppio flauto. Dietro di lui vi è un albero,
forse una palma. Poi vi sono: Atena stante, poggiata alla lancia e Apollo, di cui è rimasto solo
il braccio con il ramo di alloro e l’iscrizione: ΑΠΟ, che dovrebbe essere seduto, essendo il
braccio allo stesso livello del satiro seduto.108
103
QUEYREL, 1984, p.154.
104
Schefold, in LIMC, VI 1, s.v. Marsyas.
105
LISSARAGUE, 2001, p.49.
106
Overbeck, 430, in WEIS, 1977, no.7
107
Froning, 36, in WEIS, 1977, no.7
108
WEIS, 1976, no. 10

120
Quattro crateri a campana attici del Pittore Pothos rappresentano: Marsia, Apollo e le Muse:
Louvre G 516 (n14); Louvre G.490 (n.15); Università di Heidelberg, B 195 (n.16).
Lo schema è simile: Marsia seduto suona l’aulòs; Apollo stante ha un ramo di alloro in mano
e il serto sul capo. Ai lati le Muse i cui attributi delle Muse possono essere: la lyra, il rotolo,
un dittico e talvolta una cassa.109 Sull’altro lato del vaso troviamo sempre: tre efebi vestiti con
himation, alcuni aventi un lungo bastone. Il modo con il quale la Musa del cratere Louvre 490
(n.15) impugna la lyra: strumento apollineo, ha fatto ipotizzare che non è sua; ma questa
rappresentazione si trova in altri crateri a campana dello stesso pittore. Mai, però, vengono
raffigurate con l’aulòs. La presenza del rotolo ha fatto ipotizzare che questo fosse il supporto
del verdetto della contesa e che il momento rappresentato fosse quello del giudizio sul
vincitore. Mentre c’è chi dice che il momento scelto dal Pittore di Pothos su una serie di vasi
studiati è l’inizio della contesa.110
Il cratere di Heidelberg (n.16) in cui Marsia suona la lyra è confrontabile con il cratere del
Vaticano 17893, dello stesso pittore, in cui il satiro suona la barbiton111.
Invece nel cratere attico del 430 a.C. al mercato antiquario, New-York Sotheby’s 11.XII.1989
n.125: Marsia, con corona d’edera, è seduto a suonare il flauto, mentre la lyra giace sotto di
lui in terra; le altre figure sono Apollo stante con ramo d’alloro e le Muse.
Simile a questo è il cratere a calice del Pittore di Munich 2335 (n.29) del Iv sec a.C. Questo è
un lavoro tardo del Pittore, conservato nell’Antikensammlungen di Munich, da Nola. Marsia è
seduto a suonare l’aulòs; una lyra però è sotto di lui. Apollo sante si appoggia ad un ramo di
alloro, in terra c’è un anfora. Intorno a loro vi sono satiri e menadi.112
Un altro vaso del Pittore di Pothos è uno stamnos frammentario, proveniente dalll’agorà di
Atene: Agora Museum P.1052 (n.17). Marsia è seduto su una roccia, con una lyra o kithara
appena visibile sul suo grembo, ma è stato ipotizzato che suonasse il flauto come il cratere
del Louvre G 490 (n.15) e uno proveniente dalla collezione Hope londinese. Prima di lui vi è
una figura di cui rimane un frammento del vestito. Accanto a Marsia vi è una figura vestita
con ramo di alloro, frammentaria, interpretata come Apollo; una Musa con plettro in mano
dovrebbe avere nell’altra mano una kithara o una lyra; una seconda Musa con chitone e
himation, larga fascia tra i capelli. Queste due figure sono state identificate grazie al confronto
con il cratere di Heidelberg 208 (n.16). Come questo cratere, ci sono cinque figure: tre Muse,
Apollo e Marsia; ma nel cratere di Heidelberg Marsia suona la lyra.113

109
Cfr. METZGER, 1951; QUEYREL, 1984, p.145.
110
Ibidem
111
QUEYREL, 1984, p.136; cratere Vaticano 17893 : s.v. Fig. 17.
112
WEIS, 1976, no.18.
113
WEIS, 1976, no.16.

121
Il cratere a calice di Gela: Museo Nazionale inv. V xli.(n.18), proveniente da Vassallaggi,
vicino Caltanissetta, attribuito alla scuola del Pittore di Kleophon e datato al 420-410 a.C.
presenta solo le figure di Marsia e Apollo. Marsia, nudo, seduto sulla roccia di tre quarti, si
esibisce con il flauto; Apollo, invece, è di fronte a lui, di profilo, vestito di himation, con il
ramo d’alloro che lo identifica e la gamba alzata come per superare l’ostacolo roccioso posto
dinanzi.
Sulla lettura iconografica del cratere a campana, attico a figure rosse Atene, Agorà P I0559
(n.23), datato alla fine del V sec non tutti sono concordi. Apollo è riconoscibile per i suoi
attributi: il ramo di alloro, il mantello e il serto, nella figura a destra, nuda e di tre quarti. La
presenza di Marsia, identificato nella figura nuda di prospetto, è stata messa in discussione da
Schauenburg.114 Problematiche anche l’identificazione delle altre figure: Atena o Leto?: nella
figura femminile a destra, con chitone dorico e lungo bastone o scettro nella mano sinistra,
che guarda dietro di lei. A sinistra si vede una figura barbata: forse un satiro. Sull’altro lato
del vaso: tre figure con mantello.
Una scena diversa presenta invece il cratere a campana, attico a figure rosse, di Erbach,
attribuito al Pittore di Munich 2335 (n.24). Marsia suona ancora il flauto ma è stante: cosa che
è inusuale per i vasi della fine del V secolo115. Apollo, invece, è seduto di fronte a lui con
clamide. A sinistra vi è una Musa con lyra. A destra una Musa stante appoggia il suo braccio
sulla spalla di Apollo. Due vasi attici della fine del sec V a.C. attribuiti rispettivamente al
Pittore di Suessola e di Semele presentano uno schema simile( n.25, n.26).
Il cratere a colonnette attico a figure rosse (n.25), conservato a Londra nel Britisch Museum
E 490, Collezione Hamilton, proveniente probabilmente da Napoli, è attribuito al Pittore di
Suessola, datato al V-IV sec-a.C. Le figure rappresentate sono Aremide, Marsia, Atena e
Apollo. Artemide è vestita con peplo e diadema, regge una fiaccola e guarda dietro di lei;
Marsia è vecchio e peloso, è seduto, suona il doppio flauto, sotto di lui vi è un anfora. Atena
con elmo e lancia è incedente verso di lui ha lo sguardo rivolto indietro; Apollo è un giovane,
nudo, con himation, con un ramo di alloro nella mano sinistra.
Il cratere a campana del pittore di Semele (n.26), conservato ad Atene, nel National Museum
1442(CC1921) presenta gli stessi personaggi con l’aggiunta di una piccola Nike in volo verso
Apollo con la tenia del vincitore. Marsia ha, però, i capelli neri, è giovane e privo di peli e
dietro di lui vi è un albero. Apollo con l’alloro, è vestito con chitone.
Datati intorno al 400 o dopo poco i tre frammenti di una coppa attica a figure rosse del
Museo archeologico 516 di Barcellona, da Ampurias (n.34), in cui sono stati identificati.
114
Schauenburg I 49 (1958): in WEIS, 1977, no. 22; LIMC s.v. Marsyas I 19b*
115
WEIS, 1976, no.19.

122
La scena probabilmente rappresenta il preludio della contesa. Apollo è al centro con la
kithara; a destra Marsia di profilo, con il doppio flauto. Entrambi sono nudi. Ma Apollo ha un
mantello sulle sue spalle. Una terza figura, stante dietro Apollo, ha un tirso in mano o uno
scettro potrebbe essere una menade.116Altre ipotesi parlano di una Musa o addirittura di
Atena.117
L’iconografia lucana della fine del V sec a.C., invece, introduce nella scena del mito il
coltello che viene impugnato da Marsia per sottolineare la sua hybris. 118 La scena rappresenta
il preludio della contesa, tuttavia sembra prefigurare il suo castigo perché il coltello è un
elemento importante delle immagini che rappresentano la punizione di Marsia nel IV sec a.C.
In quest’ultime sarà Apollo o lo schiavo scita ad impugnarlo.
Lo skyphos lucano frammentario del Pittore di Palermo (un metapontino?)119, conservato a
New York, Metr.Mus. 12.235.4(n.20) e databile al 420-400 presenta Marsia con il coltello,
due dee alla sua sinistra, Era e Artemide, e una quarta figura frammentaria che forse è
identificabile con Apollo. Il viso di Marsia è leggermente preoccupato, contrasta con il corpo
giovanile che presenta una posa rilassata.120
Questo vaso è confrontabile con la coeva oinochoe lucana a figure rosse da Taranto (n.21),
che è attribuita al Gruppo Schwering, e datata al 420-400 a.C. A sinistra vi è una Musa
ammantata con specchio; al centro: Marsia, con piede sulla roccia, avanza con il coltello verso
Apollo, vestito con chitone e mantello, con corona sul capo, lyra nella mano sinistra e plettro
nella mano destra. Nel campo vi è la sybene: l’astuccio del flauto, o secondo un'altra ipotesi
un askòs121, un otre che viene fatto anche esso con pelle di capra. La presenza del coltello e
della pelle sotto forma di sybene o di otre sono elementi che ci riportano al contesto semantico
del sacrificio rituale necessario per ripristinare l’ordine olimpico e quindi ancora una volta
all’epilogo della vicenda. Il coltello compare, inoltre, nel cratere a volute, lucano a figure
rosse, Louvre K 519, del Pittore di Brooklyn-Budapest, datato al 380-360122 (n.40).
Questo mostra una donna stante, una donna con tirso, Apollo seduto al centro della
composizione, che suona la kithara sotto un albero di alloro, Marsia con corona, sybène fatta
con la pelle di cervo maculata e coltello. Sotto compare un piccolo satiro rannicchiato come
impaurito. Questa è la prima espressione di preoccupazione che compare nella scena, che poi
comparirà sul volto di Marsia. Questa insieme al coltello preannunciano la triste fine di

116
WEIS, 1976, no. 21.
117
Archivio Beazley n. 9749
118
LIMC, s.v. Marsyas, p.376.
119
DEYONELLE, 1995.
120
DEYONELLE 1995.
121
LISSARAGUE, 2001, p.50 ,Fig 27.
122
Trendall, LCS 114, no.593; in WEIS, 1976, no. 57

123
Marsia. Già è cambiato, però, qualcosa nella rappresentazione: Apollo si trova al centro della
composizione e non su un lato.
Il coltello non è però una caratteristica solo della produzione lucana, ma compare in genere su
altri vasi italioti ed etruschi. Un esempio è il cratere a campana apulo: New York, mercato
antiquario del Pittore di Tarporley, sempre della fine del V; in cui Apollo è coronato da
Artemide, Marsia ha il doppio flauto e il coltello.123
In recente convegno internazionale si è discusso in maniera più problematica si vasi che
presentano l’iconografia di Marsia con il coltello, all’interno di un discorso sulle personalità
artistiche della ceramica protoitaliota. Per il cratere del Pittore di Palermo non è possibile
sapere la provenienza, ma il pittore in genere mostra di staccarsi dai modelli attici e dipingere
con maggiore autonomia rispetto al Pittore di Pisticci che è un vero e proprio trait- d’union tra
la ceramica attica e quella italiota, riproponendone gli schemi. Nello stesso periodo la stessa
produzione attica mette in campo rappresentazioni ‘uniche’ destinate ai mercati occidentali
dell’Italia meridionale e la costa adriatica. I due schemi diversi del mito di Marsia che
presentano o non presentano il coltello hanno due aree di circolazione diverse: una tirrenica,
con punti di riferimento nel metapontino.
di Marsia che sembra desideroso della sua fine è stata creata, invece, da Taranto ed avrà una
diffusione nell’area peucezia e daunia.124
Nella prima metà del IV sec.a.C. da un lato continua la rappresentazione della hybris di
Marsia, dall’altro come nel cratere lucano sopra citato si pone l’attenzione sulla figura di
Apollo. Questi su una serie di vasi è rappresentato: stante, al centro della scena, mentre
esibisce la sua abilità sulla la cetra e secondo alcuni, ricordando le fonti letteraie, anche con il
canto. Caratteristica di tale rappresentazione è il costume citarodistico125: con una chitone e il
mantello riccamente decorato, invece che il solito himation che lascia scoperto il corpo o parte
di esso. In un cratere a campana (n.28), lucano a figure rosse, del Basel art market (Palladion)
datato al 400 a .C. il perno della composizione è Apollo, che si trova al centro della scena di
prospetto con la kithara, mentre Marsia ed Efesto sono disposti ai lati. Marsia, invece, appare
di profilo, è calvo, con corona d’edera sul capo, è nudo tranne che per gli stivaletti che porta
ai piedi. Marsia non sta suonando l’aulòs, che solitamente è rappresentato come doppio
flauto, ma ha un atteggiamento provocatorio, brandendo la canna del flauto come una arma
verso Apollo. Inoltre compare una figura nuova nella rappresentazione del mito: Efesto
barbato che regge una tenaglia.

123
LIMC, s.v. Marsyas, p. 379 n. 21b
124
In DEYONELLE 1995, p.242-43: Intervento di A.Potrandolfo.
125
LIMC, s.v..Marsyas .

124
Un frammento di cratere a campana (n.30), attico a figure rosse, conservato a nell’Hermitage
di St.Pietroburgo, ( prima Leningrado) X 1904,5; proveniente dal Chersoneso e datato
all’inizio del IV sec.a.C. mostra ancora una volta Apollo al centro della scena.
Eros in volo verso Apollo con taenia del vincitore; il contesto sembra dionisiaco per il tirso e
le figure identificate come menadi. Marsia, ora non ha l’atteggiamento di sfida ma presenta
un atteggiamento scoraggiato e allo stesso preoccupato per la sua sorte. Il modo di esprimere
realisticamente il suo viso è da attribuirsi a innovazioni introdotte da Parrasios nella pittura126
Un’ altro frammento attico è conservato nel Museo di Sarajevo 639 (n.35), acquistato ad
Atene, e datato al primo IV secolo, che rappresenta forse il momento dopo la contesa. Marsia,
giovane e imberbe, siede su una roccia coperta da nebride, è poggiato ad un tronco di un
albero, ha in mano il doppio flauto, e ha l’aria scoraggiata. Dietro di lui rimane una figura
riccamente abbigliata, con lancia in mano: forse Atena.
La pelike apula a figure rosse (n.55) del Museo Jatta 1500, da Ruvo, attribuita al Gruppo di
Ruvo 423, è stata comparata ai primi lavori del Pittore di Licurgo dal Trendall, ed è datata
intorno al 340-330. Il perno della scena è ancora Apollo, che è vestito con costume
citharodistico (chitone e mantello riccamente decorati) e coronato con serto di alloro, suona la
kithara; dietro di lui vi un albero di alloro. Marsia, nudo, con capelli e barba luna e nera,
coda, appoggia la mano sulla spalla della Musa seduta davanti a lui, tiene dietro alla schiena il
doppio flauto;un piccolo albero di alloro dietro. A sinistra sono presenti: Pan e una Musa, una
donna ingioiellata seduta, in alto Nike, con torso di prospetto e gambe di profilo,seduta con
mano appoggiata sulla spalla di Apollo. A destra oltre alla Musa davanti a Marsia, Artemide
con cane e lancie da caccia. Sotto l’attacco delle anse sono disegnate due sfingi alate.
La pelike attica a figure rosse da Pantikapaion (n.56), conservata nel
St.Pietroburgo,Hermitage, attribuita al Pittore di Marsia e datata al 335 a. C. circa. mostra una
figura insolita nella rappresentazione se è giusta l’attribuzione: Rhea ammantata con diadema
e scettro. Seduto sotto di lei: Olimpo nudo, di tre quarti, con braccio alzato sopra la testa;
Nike in volo. Apollo si trova al centro della scena, stante di prospetto, con il suo abito
citarodistico, suona la cetra. In alto a destra: Artemide con due fiaccole; in basso: Marsia
seduto su una roccia guarda Apollo, con il solito sguardo scoraggiato, perché la vittoria del
Dio è inevitabile.
Nella pelike apula (n.36) a figure rosse del Museo Nazionale di Napoli 81392(H3231) da
Ruvo, attribuita al gruppo di Napoli 3231 e datata al 400-380 a.C circa, mostra su un lato,
Diomede e il ratto del Palladion, sull’altro, Apollo e Marsia. Il momento rappresentato è la

126
Säflund, 1976, 81-82: in LIMC s.v. Marsyas p.376.

125
fine della contesa, quando Apollo riceve la corona del vincitore e Marsia la sua sentenza
severa. Le figure si dispongono su tre registri. Marsia è rappresentato in basso, barbato,
peloso, con lunga coda, con corona e stivaletti, seduto su una roccia, rannicchiato su se stesso,
con lo sguardo basso e scoraggiato, con doppio flauto in mano; la custodia del flauto (sybène)
è abbandonata nel campo, dietro di lui. Una Musa difronte a lui, è in piedi, su basso sgabello,
con papiro scritto aperto tra le mani. Apollo, invece si trova, al centro della scena e mentre
suona la lyra, una Nike è in volo verso di lui con la benda del vincitore. Come nei vasi apuli,
inoltre compaiono altre divinità che assistono all’udienza127: Afrodite con phiale, il piccolo
Eros; Zeus con scettro; Artemide, con arco, lancia da caccia e cane; una donna con un kanoun
pieno di fiori, le Muse con l’aulòs o l’arpa e altri animali come un cane ed un cervo.
La situla a figure rosse in stile ornato apulo, conservata a Ruvo, nel Museo Jatta 1364 (n.41),
è attribuita al Pittore di Ruvo 1364: 380-370 a.C.128 mostra, invece, il momento
dell’incoronazione di Apollo da parte della Nike e Marsia seduto e scoraggiato a destra, regge
la sybene con la mano sinistra rivolta verso terra. La Nike è però è rappresentata in maniera
diversa rispetto alla pelike apula del Mus.Naz. di Napoli (n.36). Si trova a sinistra di Apollo, è
alta, vestita di chitone con seni scoperti, con corona sul capo, ha nelle mani una vera e
propria corona e non una tenia. Apollo indossa il costume citarodistico e non l’himation che
lasciava scoperto il torso, particolare anche la lyra che suona. All’estrema sinistra compare
anche il giovinetto Olimpo che ha un espressione malinconica e si appoggia al bastone. A
destra , in alto, vi è Artemide seduta, con un cerbiatto. Sull’altro lato vi è una
rappresentazione di satiri e menadi.
Il cratere a volute italiota del Museo Barracco 233 (n.42), attribuito al circolo del Pittore di
Licurgo, e datato al 360-340 a .C., presenta al centro della scena una figura maschile con
costume citarodistico come negli esempi citati. Questa figura sta suonando la lyra, vicino al
tripode, ed è seduta su una pelle di pantera. Vi è una Nike che lo incorona, un'altra figura
femminile a sinistra, e a destra vi è un giovane., che siede su una prominenza del terreno. A
parte un ipotesi di una coda corta, che potrebbe essere anche un area danneggiata del vaso,
questo non ha caratteristiche satiresche, anche se Schauenburg ha identificato la scena come
Apollo e Marsia. Più probabilmente rappresenta un agone musicale in genere con
l’incoronamento del vincitore.129
Un cratere a campana campano a figure rosse, conservato a Copenhagen (n.43), nel Mysèe
National 3757, attribuito al Pittore di Copenhagen 3757 e datato al 360-330 a.C mostra al

127
WEIS, 1976, no.40.
128
Contra: WEIS, 1976, no.41: Pittore correlato al Pittore di Licurgo: circa metà del IV seca .C.
129
WEIS, 1976, no.53; SHAUENBURG, 1958, p.33, 2

126
centro della composizione: Apollo con costume citarodistico che suona la kithara, rivolto
verso Marsia. Questo è seduto su un mantello e lo guarda, con il solito sguardo scoraggiato. A
sinistra vi è Artemide, seduta di tre quarti, con lancia e cerbiatto, che guarda la scena. A
sinistra una Nike con peplo dorico e diadema sul capo, con una corona che protende verso
Apollo.
Un altro vaso campano è l’ oinochoe (n.53) del Pittore di Napoli 146751, datata al terzo
quarto del IV sec a.C. che rappresenta probabilmente Apollo e Marsia dopo la gara. Lo
schema è lo stesso che si trova su vasi attici e sud-italiano nel Iv sec.: Apollo è stante con
costume citarodistico e la lyra, Marsia è seduto e ha in mano il flauto. Le proporzioni enormi
del satiro rispetto a quelle del dio, suggeriscono, però, un effetto comico.130
Un cratere a calice a figure rosse falisco (n.31), conservato a Berlino, nello Staatl.Museum F
2950, proveniente da Cerveteri, attribuito al Pittore di Diespater e datato all’inizio IV sec a.C.,
mostra, invece, una scena complessa ed insolita. Al centro della raffigurazione vi è Zeus in
trono con lo scettro come se a lui fosse affidato il compito di decidere il verdetto della
contesa. Attorno ci sono satiri e menadi. Marsia ha in una mano la lyra, nell’altra il plettro, ed
è seduto su nebris. In basso al centro vi è una Nike, curvata verso il basso in ginocchio, e una
benda. Apollo si trova sul registro inferiore del vaso, vestito di un lungo chitone, con un ramo
di alloro in mano. A sinistra invece c’è una figura femminile seduta con specchio.
La kylix falisca a figure rosse (n.32) del Lowie Museum 8.935 di Berkley, proveniente forse
da Narce; attribuita al Pittore di Tübinger e datata al IV sec a.C. mostra ancora Apollo, che
suona la lyra seduto e Marsia che danza con il flauto in mano.
Il tema di Apollo e Marsia compare anche in un oinochoe con orlo a guscio caeretana a figure
rosse Roma (n.60), conservata a Villa Giulia 50668(collezione Castellani), da Caere, datata
alla fine del secolo. Sul collo vi sono, un satiro, una menade(o Afrodite?), seduta verso
sinistra su una roccia(in bianco) che ha in mano uno uno specchio. Sul corpo del vaso, sono
rappresentati Apollo e Marsia. A sinistra vi è una Nike alata che avanza da sinistra verso
destra con un ampia corona che regge con entrambe le mani. Apollo al centro della
composizione, seduto verso destra su una roccia (in bianco), un manto gli copre le gambe e la
spalla sinistra, ha i calzari ai piedi, la lunga chioma è stretta da una sottile benda bianca con
due laccetti, con la mano destra stringe il plettro, con la sinistra la cetra eptacorde che poggia
sul ginocchio sinistro. Difronte a lui Marsia stante, giovane, nudo, con calzari, benda bianca
nei capelli, nebris dietro le spalle e annodata attorno al collo, ha in ciascuna mano un ancia
del flauto.

130
WEIS, 1976, n. 62

127
Olimpo probabilmente appare come spettatore della contesa tra Apollo e Marsia in uno
specchio di bronzo prenestino datati alla metà del IV sec a.C: (n.48): Louvre 1737, ex
Campana coll. In questo Marsia è seduto, suona il flauto con forbeia, accanto ad Apollo,
Nike.
La cista di bronzo (n.61) conservata a Roma: Villa Giulia 13135 e detta anche “Cista
Barberini”, dal nome della collezione, rinvenuta a Preneste nel maggio del 1866 e si data alla
fine del IV sec.a.C., mostra Latona (o Hera) sul trono, Olimpo con lungo bastone; una Musa
ammantata appoggiata ad un piastrino, Zeus barbato, seduto su una roccia; Marsia con gambe
di profilo, torso di tre quarti, volto frontale abbassato, nebride al collo, mentre danza e suona
il doppio flauto, Apollo, vestito con chitone, seduto sul trono suona la cetra, dietro di lui
Artemide stante con arco e faretra, Afrodite seduta su una roccia con specchio, una giovane
donna priva di attributi (Musa) e un giovinetto.131
.

La punizione di Marsia

Nel IV sec.a.C. si assiste ad una trasformazione nella rappresentazione di Apollo e Marsia.


Mentre alcuni artisti cominciano a caratterizzare Marsia come sregolato, pieno di hybris e la
vittoria di Apollo come inevitabile; nella seconda metà del secolo compare anche il motivo
della punizione di Marsia, attestata sia da vasi attici che magno-greci. Inoltre vi è la presenza
di una nuova figura nella scena del mito: lo schiavo scita con il coltello, che sembra essere
influenzata dal teatro.132
Ad Atene, nel National Museum 215, 216, 217 sono conservati tre pannelli a rilievo (n.45),
forse originalmente quattro, costituenti una base di statue, provenienti dall’Arcadia. Ogni
pannello ha tre figure scolpite a bassorilievo. Su uno vi è raffigurato l’agone tra Apollo e
Marsia. A sinistra Apollo, vestito con chitone e mantello, è seduto sulla roccia con la kithara;
lo schiavo Scita, con corta tunica e cappello frigio, ha nella mano il coltello con la lama
rivolta verso il basso; Marsia, a destra suona il doppio flauto e danza. Non esistono paralleli
per questa composizione, né per le singole figure. La posa animata di Marsia richiama la
statua di Mirone.133 Gli altri due pannelli presentano sei Muse con i loro strumenti o attributi:
un l’aulòs, un tricordo; un papiro aperto, una kithara. Inoltre abbiamo anche l’attestazione
letteraria di Pausania, che nella Guida della Grecia, Libro VIII, parla di un tempio doppio di

131
WEIS, 1976, n.78.
132
Burkardt 1991, in LIMC, s.v. Marsyas. p.376.
133
WEIS, 1976, no.76.

128
Mantinea, in cui si veneravano più culti. In questo vi era una base scolpita da Prassitele, dove
vi erano raffigurati Marsia che suona il flauto e le Muse.
Le scene che mostrano la preparazione della punizione sono state messe in correlazione con
due modelli pittorici: il “Marsyas religatus” di Zeuxis di Heracleia del 400 a.C.(n.27) e una
pittura dell’Italia centrale di Amykos legato che ha un grande impatto sugli artisti italiani del
IV-III sec. a.C. Per l’iconografia di Marsia è importante la pittura perduta del “religatus” in
cui Marsia era seduto con le mani legate dietro di lui e le spalle erano ritorte in avanti o sul
fianco.134 La rappresentazioni di Marsia è copia quella di Amykos, che è precedente, e
introduce l’albero che diverrà un attributo standard della scena della punizione. Questi
modelli saranno molto importanti anche per le rappresentazioni successive di età ellenistico-
romana ed in particolare per la creazione della statua dell’impiccagione di Marsia.135 Quello
che resta di questa pittura è la testimonianza di Plinio il Vecchio, che nella Naturalis
Historiae,136 ci da informazioni circa l’ubicazione topografica di questa pittura perduta: “Di
mano di Zeusi ci sono a Roma l’Elena nel portico di Filippo e un Marsia incatenato nel
tempio della Concordia.”
L’iconografia della punizione di Marsia compare in maniera indipendente e in modo
differente sui vasi attici e magno greci, poi avrà anche una diffusione nelle arti minori. 137
Inoltre vi è uno scarabeo di S. Pietroburgo, Hermitage(A)L27, datato al IV sec a.C.(n.33)
che mostra al centro una cetra poggiata su una roccia; Apollo che guarda severamente
Marsia, che è seduto su una roccia e legato con le mani dietro la schiena.
I vasi apuli mostrano una grande predilezione per il tema della punizione di Marsia,
cogliendo il momento iniziale dello scorticamento quando l’esecutore: Apollo o lo schiavo
scita hanno un coltello in mano; Marsia, invece, è legato all’albero.138
La lekytos apula a figure rosse del Museo Nazionale 2991 Napoli, proveniente da Armento,
in Basilicata (n.46) è particolare per la sua decorazione policroma a rilievo. Questa è una
tecnica attestata in Attica, in alcuni casi alla fine del V sec.a.C., ma soprattutto nel IV sec..
Durante questo periodo i vasi vengono esportati nel Mediterraneo, nell’Egeo, e nel mar Nero,
e nel Sud-Italia. Successivamente, a partire dalla metà del IV sec. si sviluppano atelier apuli,
la cui produzione si sostituì a quella attica, che non è più attestata a partire da questo
momento. Data la stretta connessione dei vasi apuli con il modello ateniese, è facile
confonderli, come è accaduto con questo esemplare, poiché la tecnica è la stessa.139
134
Bakalakis , 1957, p.107-116.
135
LIMC, s.v. Marsyas p.376.
136
Naturalis Historia ,XXXV, 71-72.
137
WEIS,1976, p.24 .
138
Ibidem.
139
Zervoudaki, 1968, AM 83, p 18, no.13, in WEIS, 1976, p. 66.

129
La decorazione del vaso e la rappresentazione iconografica suggerisce, invece che il vaso sia
italico140 e si data alla metà o nella seconda metà del IV sec. a.C.
La rappresentazione è disposta su due registri. Al centro della composizione vi è la palma, a
cui è legato Marsia, una Nike vola sopra di lui verso Apollo, che ha l’ abito citarodistico; a
sinistra vi è lo schiavo scita con il coltello; le altre figure femminili con gli strumenti
musicali: aulòs e kithara sono state identificate come le nove Muse.
L’elemento della palma verticale che fa da asse alla composizione ha paralleli nella ceramica
apula, come nel vaso del Museo Jatta, del Pittore di Licurgo, datato al 360-340 a.C. e
raffigurante Eracle nel giardino delle Esperidi, in cui compare l’albero con i serpenti avvolto
intorno, che è la bisettrice di due file di figure, disposte a formare una V.
Questo tema è conosciuto anche da rappresentazioni attiche, che danno più importanza però
agli elementi umani che all’albero. L’albero di palma ricorre spesso nei vasi attici ad indicare
che la scena si svolge nel santuario di Apollo a Delfi o a Delo, ma in questi non ha mai un
ruolo predominante. Qui ha però connotazioni funerarie. La figura di Apollo, è
apparentemente derivata dai vasi attici del primo IV sec.a.C. Le figure femminili hanno stretti
paralleli con il lavori del pittore di Medias: tardo V sec.a.C., mentre, la Musa con la kithara
ed il petto scoperto è unica e ci da un indicazione finale dell’origine del vaso. Le Muse che si
trovano sui vasi attici e sud-italici, sono infatti sempre vestite. Gli unici confronti potrebbero
essere: una statuetta di terracotta tarantina e un vaso falisco di Vienna che mostrano una
donna seduta, semivestita che suona la kithara la lyra una statuetta di terracotta di Taranto.141
Il cratere a calice apulo a figure rosse, conservato a Bruxelles, nel Museès Royaux R 227
(n.52) mostra un Eros androgino in volo con una palma in una mano e banderilla fluttuanti
nell’altra mano; una donna vestita con tunica trasparente, seduta con specchio nella mano
destra e nastro nella mano sinistra: Afrodite o una Musa; Zeus seduto con himation, regge lo
scettro con la mano destra, rivolge la sinistra verso Apollo che è stante con costume
citarodistico, ha nella mano sinistra un coltello, l’altro braccio è rivolto verso Marsia; una
cetra è poggiata a terra come nello scarabeo dell’Hermitage; Marsia è legato ad un pioppo; il
flauto con custodia fatta con pelle di animale e forbeia sono appesi all’albero; in alto: Pan con
himation e corona è seduto, con alabastron e phiale nelle mani, in basso vi è una donna
(ninfa o Musa) stante si appoggia ad una roccia ( fonte).
Il pioppo ha un significato particolare, perché è insieme al salice uno degli alberi presenti nel
bosco di Persefone che segna l’accesso nell’Ade. Polignoto dipinge nella Nekyia Orfeo

140
Cfr,AJA , 86, 1982, nota 1 p. 21: Riprendendo le indicazioni di Martin Kilmer., per “Southern Italy” si
intende l’area della Apulia, Lucania e Campania.
141
WEIS, 1976, pp.66-70.

130
appoggiato ad un salice, che secondo A.Weis è un indicazione topografica, in quanto il
personaggio è morto; invece nella rappresentazione di Marsia nei vasi italioti simboleggia la
sua fine imminente.142
Una bottiglia apula a figure rosse conservata in Polonia, Gulochow, Musee Czartoryski 125,
in Basilicata (n.54) datata al terzo quarto del IV sec a.C., si incentra su alberi completamente
spogli che sono un allusione ai mesi in cui è costretta a stare nell’Ade143 .
Nella scena vi sono tre satiri: uno seduto con doppio timpano e doppio flauto, uno con tirso
seduto e girato a guardare indietro lo Scita, con corto chitone e coltello nella mano, Marsia
seduto al centro del vaso, con le mani sono legate ad un albero senza foglie. Apollo in
costume citarodistico con lyra sul tripode e tenia nella mano destra.
La fiasca paesana (n.59), conservata nel Museo Nazionale di Paestum (case 33), è stata
rinvenuta vicino al Tempio di Apollo: cosiddetto “Tempio di Poseidone”(Loc IV), ultimo
quarto del IV sec.a.C. La parte superiore è in gran parte mancante. Il soggetto è la punizione
di Marsia.144
Da sinistra appaiono Nike in volo verso verso Apollo, stante, in costume citarodistico, che ha
nella sua sinistra ha un largo coltello. La kithara è ai suoi piedi. Marsia rivolto verso sinistra,
con le mani legate dietro di lui al tronco di un albero, la custodia del flauto sta dietro di lui è
appesa al ramo dell’albero; sileno. Nella scena compaiono quattro Muse ed Eros in alto.
Due esemplari attici della punizione di Marsia sono: lo skyphos attico a figure rosse
conservato a Tessalonica (n.58), datato al 330-320 a.C. e un cratere a calice dell’Ashmolean
Museum di Oxford:1939.599, da Al-Amina (n.57).
Questi mostrano Marsia seduto e legato, alla presenza di Apollo e di altre divinità. La
punizione sembra imminente e il suo destino di morte è stato già deciso.145
Rappresentazioni nelle arti minori compaiono su specchi predestini datati alla metà del Iv
sec.a.C. come quello (n.47) conservato a Roma,Villa Giulia 12983 (Ex Barberini), da
da Preneste, che mostra Apollo a torso nudo, con coltello nella destra e kithara nella sinistra
in alto; Olimpo, piccolo, nudo e comico, attaccato alle gambe di Apollo, Marsia supplicante,
Artemide.
Il motivo di Marsia legato all’albero, continuerà ad essere usato sulle tarde urne cinerarie
Etrusche, sulle pitture murarie e stucchi romani e campani, su alcune gemme ed alcune statue
e rilevi. L’ultimo riflesso di questo motivo sono i sarcofagi datati alla seconda metà del

142
Omero, Odissea, 10, 508-510; Discussione in WEIS, 1976, p.25
143
WEIS, 1976, p.25
144
WEIS, 1976, no.66.
145
WEIS, 1976, no.30-31, p.24.

131
secondo sec.d.C.146 Il motivo della punizione di Marsia attestato sia in Grecia, sia in
Occidente, si ritroverà anche in Asia Minore a partire, però dall’età imperiale.

Il Marsia di Paestum

Il Marsia di Paestum (n.62) presenta un iconografia diffusa nelle colonie greche d’Occidente.
Come ogni satiro, ha una folta chioma, un naso camuso, orecchie asinine, una vivace
espressione del viso. La barba è fluente, meno aguzza e aderente al collo e si inquadra nella
tipologia delle immagini di satiri di V secolo a.C.
L’attributo dei ceppi è una caratteristica che già compare in ambito greco-insulare nel V
secolo a.C: , come nella rappresentazione del satiro itifallico di Thasos con il kantharos.
Sono stati istituiti, inoltre, dei confronti per l’iconografia del Marsia di Paestum con le
monete siceliote di fine V sec.a.C. che mostrano sileni con la barba folta che scende fino
sopra lo sterno e che sono calvi tranne per una corona di capelli lungo il perimetro esterno,
caratteristica che diverrà il tratto peculiare dell’iconografia silenica tardo classica-primo
ellenistica. In particolare un tetradrammo di Nasso presenta un otre in forma di pelle d’asino
trattenuto sulla gamba sinistra di Marsia. Inoltre il tetradramma di Aitna dell’inizio del secolo:
476-466 a.C. è il confronto più stringente con il Marsia paestano per i tratti peculiari del volto
e per il diadema che è un attributo dionisiaco.
Nell’ambito della coroplastica, già in età tardo classica, si nota nelle immagini dei sileni una
tensione interiore come quella del bronzo paestano.
Per quanto riguarda i confronti con la pittura vascolare della fine del V sec.a C. la percentuale
maggiore è riconducibile alla produzione lucana e soprattutto paestana. Dall’analisi di questi
ultimi si riscontrano tre tipologie di Sileni: giovane imberbe; di media età con capelli e barba
scuri e corpo atletico; basso, grassoccio e vecchio con peli, barba e capelli bianchi (n.63).
Questo terzo tipo è quello che presenta le stesse proporzioni del corpo del Marsia paestano.
Per quanto riguarda gli attributi dell’iconografia di questi vasi paestani il Sileno, colto in un
contesto dionisiaco, può avere: tirso, uovo, torcia, nebris, flauto, situla, oinochoe, phiale,
anfora, otre, uccello; ma soprattutto presenta sempre i caratteristici compedes con i calzari ai
piedi ed una tenia o corona in testa. In particolare la forma dei ceppi e dei calzari più simile al
bronzo paestano è quella dei due crateri a campana di Pithon, conservati rispettivamente: a

146
WEIS, 1976, p.26.

132
Los Angeles e al Britisch Museum e del vaso protolucano: del Pittore di Pisticci-Amicos, da
Ruvo147, mentre sono rarissimi i casi in cui tale iconografia compare sui vasi apuli.
Il Vaso del Britisch Museum mostra proprio la figura di Marsia con la coda, nebris, un’
oinochoe in mano, l’otre sulla spalla sinistra, e i ceppi ai piedi, al fianco di una Menade e di
Dioniso. Marsia non è in corsa come il vecchio sileno del cratere di Los Angeles ma ha una
posa instabile, la bocca aperta e il capo volto lateralmente a destra, che sarebbero segni che lo
mettono in correlazione con la tensione interiore della statua paestana. Inoltre Marsia è
piccolo rispetto alle altre figure. Il cratere a campana di Los Angeles attribuito a Python
mostra un sileno in fuga verso sinistra, inseguito da Dioniso. Il sileno ha i capelli bianchi, una
nebride al collo, un otre sulle spalle, una fiaccola in una mano. Il cratere protolucano invece
mostra un sileno che versa acqua in un cratere. Questo ha i compedes segmentati come il
bronzo paestano.
Il Vaso del Britisch Museum mostra proprio la figura di Marsia con la coda, nebris, un’
oinochoe in mano, l’otre sulla spalla sinistra, e i ceppi ai piedi, al fianco di una Menade e di
Dioniso. Marsia non è in corsa come il vecchio sileno del cratere di Los Angeles ma ha una
posa instabile, la bocca aperta e il capo volto lateralmente a destra, che sarebbero segni che lo
mettono in correlazione con la tensione interiore della statua paestana. Inoltre Marsia è
piccolo rispetto alle altre figure.
Il cratere a campana di Los Angeles attribuito a Python mostra un sileno in fuga verso
sinistra, inseguito da Dioniso. Il sileno ha i capelli bianchi, una nebride al collo, un otre sulle
spalle, una fiaccola in una mano. Il cratere protolucano invece mostra un sileno che versa
acqua in un cratere. Questo ha i compedes segmentati come il bronzo paestano.
Infine il bronzo paestano (n.62) è un immagine di IV secolo come i vasi della collezione Jatta
di Ruvo. L’immagine ripropone schemi tardo arcaici per gli occhi e la parte superiore del
viso. Presenta però la barba fluente, la bocca aperta che conferisce il pathos al viso, una
morbidezza nella resa dei volumi, un’impostazione della figura libera di muoversi nello
spazio, che sono proprie del naturalismo tardo classico.
Inoltre presenta sproporzioni deformanti, che escudono una datazione nella prima età classica,
in cui si seguivano modelli iconografici umanizzati e idealizzati come quelli che avevano
portato alla realizzazione del gruppo mironiano di V secolo e del Sileno della Base di
Mantinea di IV secolo.
La statua tuttavia non presenta gli attributi più marcatamente realistici dei Sileni ellenistici:
corpo tozzo, ventre prominente, dei satiri ellenistici, ma una ancora risente della cultura

147
DENTI, 1991, Fig 29,1-2,4.

133
classica, esprimendo nelle deformazioni l’idea di barbarie. L’immagine del Marsia di Paestum
è, quindi, il moddello che ha ispirato il Marsia del Foro Romano, che presentava toni più
realistici. Successivamente quest’ultima immagine venne riprodotta ben due volte negli
Anaglyfa Traiani.148
Inoltre l’immagine di Marsia venne rappresentata in scultura, oltre che nella statua romana
perduta, in altre città provinciali dell’impero come Velleia, Caesarea Marittima e in altre
copie attestate da un iscrizione.149

148
DENTI, 1991, p.146-158.
149
LIMC, s.v.Marsyas, p.175 , no.72

134
CONCLUSIONI

Il mito di Marsia è stato oggetto di numerosi studi a partire dalla metà dell’ 800. Oltre lo
studio filologico del gruppo mironiano di Atena e Marsia, nacque tra gli studiosi stranieri un
grande interesse per le vicende mitiche che legavano il frigio Marsia alle due divinità che
rappresentavano gli ideali della cultura classica: Apollo ed Atena, verso le quali il satiro
commette un atto di hybris. Partendo dallo studio delle fonti letterarie, gli studiosi si sono
soffermati anche sulla tradizione iconografica.
Molti hanno cercato di spiegare anche le motivazioni e le relazioni storico-culturali che
portarono ad una grande diffusione del mito a partire dal V sec.a.C.
Il mito di Apollo e Marsia è stato messo in relazione alla memoria recente delle guerre
persiane150, quindi all’orgoglio della polis che rifiuta il barbaro; oppure agli agoni sofistici o
alla rivalità esistente tra la Beozia, in cui era diffuso l’aulòs, e Atene; o all’opposizione dei
due strumenti nelle teorie pitagoriche riprese da Platone. 151 Il mito di Atena e Marsia invece,
secondo questi studi, andrebbe associato ad un origine ditirambica del tema oppure
deriverebbe da una perduta produzione teatrale.152
Dall’analisi delle fonti letterarie del mito emerge che Marsia è inizialmente un demone, una
divinità tutelare di una città frigia e successivamente in Grecia entrerà a far parte del mondo
dionisiaco come un sileno-satiro. 153
Il satiro Marsia nel mondo antico veniva considerato come l’inventore del doppio flauto, dei
phorbeia, delle regole dell’esecuzione flautistica, delle canzoni per l’adorazione di Cibele, di
cui era seguace.154 Inoltre era considerato il maestro di Olimpo, auleta a cui veniva attribuito il
Canto delle libagioni, in harmonia frigia, che con la sua melodia lenta e grave induce un
gruppo di uomini ebbri e violenti ad acquietare le proprie passioni. 155
Erodoto di Alicarnasso nel V sec a.C. è il primo che racconta il mito di Apollo e Marsia con
le sue implicazioni di natura eziologia sulla genesi del fiume omonimo affluente del Meandro,
dalla pelle del sileno scuoiato. Contemporaneamente il ditirambo ‘Marsia’ di Melanippide di
Melo e forse anche un dramma satiresco rapprepresentano il tema di Atena che getta l’aulòs,
perché deforma le sue gote.

150
Cfr. BOARDMANN, 1956.
151
In METZGER, 1951, 158-169.
152
In METZGER, 1951, p. 163.
153
Beschi, 1979, pp.557-630; pp.612-613: in DENTI, 1991, p.162.
154
in LIMC, VI 1, s.v.Marsyas. p. 367.
155
VEGETTI, 1998, p. 378.

135
Un'altra testimonianza del V che lega Atena all’aulòs è la Pitica XII di (18-20) che è l’unico
epinicio composto per una vittoria non sportiva ma aulodica di Mida di Agrigento a Delfi
durante i giochi Pitici, che collega l’episodio mitico al momento della decapitazione di
Medusa. Atena sentì un lamento funereo provenire dalle teste delle figlie di Orco: Medusa,
Euriale e Steno e dalle serpi intrecciate sui loro capi e per riprodurre il loro lamento inventò
prima la τέχνη atletica, poi il nomos policefalo eseguito con l’aulòs e ne fece dono agli
uomini.
Ad Atene, quindi, avvenne l’incontro tra la tradizione di Marsia suonatore di aulòs, con la
tradizione beota di Atena inventrice del flauto; fu creata così la versione che Atena avesse
inventato il flauto ma poi lo avesse gettato.
Marsia si presenta nella tradizione letteraria già nel V secolo contrapposto alle principali
divinità ateniesi che sono garanti dell’ordine della polis che viene messo in discussione dalla
musica nuova che, con le sue modulazioni enarmoniche non rientrerà nella teorizzazione di
Platone nei canoni della musica etica adatta i guardiani dello stato ideale, ma più simile al
potere incantatorio delle Sirene. Questa teorizzazione riprende anche idee pitagoriche che
contrappongono la lyra, strumento divino che trasporta le anime verso il cielo e il flauto, che
eccita le passioni impure.
La vittoria della lyra, come ricordano gli studiosi e come sottolineerà in maniera esplicita il
beota Plutarco nel I sec d.C (Vita di Alcibiade II, 4-5) a proposito del rifiuto di Alcibiade
dell’aulòs, ha varie motivazioni. È infatti ritenuta un attività ignobile ed indegna di un uomo
libero perché deforma la fisionomia, e occupa la bocca impedendo il canto. La lira ed il
plettro, invece, lasciano all’uomo la sua figura ed il suo contegno, è accompagnata dal canto e
dalla voce di chi suona. Il flauto come mostra bene il passo che sintetizza tutto il pensiero
greco è degno solo dei tebani non degli Ateniesi, riportandoci all’antica rivalità tra Atene e la
Beozia che è presente fin dal V sec a.C.
Inoltre lo strumento è agέnnέtoς: ignobile. Questo termine ha in se il concetto di privazione
della geneva: nascita, origine, stirpe; quindi secondo un interpretazione indicherebbe
l’individuo che non genera e quindi non può avere stirpe. L’unico animale che risponde a
queste caratteristiche è il mulo, frutto dell’accoppiamento dell’asino e della cavalla, che
corrisponde all’antica immagine asinina del Sileno Marsia. 156
Il potere della musica frigia viene evocato ancora una volta da Pausania nella sua
“Perieghesis” (X, 30,9) in cui si diceva che i pezzi flautistici della Madre (Cibele, la Grande
Madre Frigia) fossero di Marsia e che la spedizione contro i Galati fu vinta grazie all’acqua

156
DENTI, 1991, p.164-165.

136
del Marsia e al suono dell’aulòs.
In realtà la teorizzazione platonica se bandisce l’aulòs, così come gli strumenti a più corde
come il trigono e la pettide: simili ad un arpa, non connota negativamente la musica frigia. Da
bandire sono le harmoniai molli e simposiali come quella lidia, mentre la dorica e la frigia
sono risparmiate perché la prima infonde coraggio in guerra, l’altra è pacifica e spontanea.
Aristotele nel IV sec a.C. , invece, riterrà che la musica frigia come l’aulòs era ricca di toni
patetici e ne sottolineò l’associazione al culto dionisiaco.157
Il mito nella tradizione letteraria, oltre ai collegamenti con la musica greca e le sue
teorizzazioni viene narrato da poeti e mitografi e diffondendosi con il tempo si modifica.
Nel periodo ellenistico, si registrano attestazioni di Marsia come creatura silvestre ad
esempio in Ant.Pal.7.676 e comincia a comparire anche la tradizione della fuga di
Marsia in Italia dopo la contesa. Egli diverrà re dei Marsi e si crearono collegamenti con
altri eroi della cultura italica. 158
Nella ricezione del mito nel mondo italico, in età ellenistica, verrà poi creata la tradizione di
Marsia che si libera, diviene l’eroe dei Marsi ed il suo re e introdusse le pratiche divinatorie.
Le testimonianze letterarie del periodo augusteo, invece, ci riportano alla connessione della
figura di Apollo a quella di Augusto.
Dagli autori vengono aggiunti nuovi particolari all’agone tra Apollo e Marsia, come le varie
fasi della contesa ambientata a Nisa (Diodoro III, 58-59), i giudici che emettono il verdetto
che sono i Nisei o le Muse, di alcuni spettatori all’agone come: Minerva (Apuleio, Florida
III), e della sua vittoria dovuta al fatto che lui poteva cantare e suonare contemporaneamente e
poteva suonare con la cetra rovesciata (Apollodoro I 24) Si parla inoltre del padre di Marsia:
Hyagnis (Apuleio) o del pastore Onagro o di Olimpo (Apollodoro) mentre l’unica
testimonianza che parla della ninfa madre di Marsia è Teleste di Selinunte nel V sec a.C..
Una versione particole del mito che accorpa tutte le principali tradizioni del mito è quella di
Igino (fabula 165), forse il bibliotecario dell’imperatore Augusto, che utilizza una materia di
origine greca già rielaborata dai romani. Questo narra dell’abbandono delle tibie e della
maledizione scagliata su di esse da parte di Minerva (l’equivalente di Atena greca) a causa
della derisione di Giunone e Venere per le sue gote deformate dallo strumento. Il satiro
Marsia, figlio di Onagro le raccolse e con queste sfidò Apollo in un agone musicale in cui le
Muse furono scelte come giudici. Dopo la sua sconfitta Marsia fu legato ad un albero, lo
Scita separò la sua pelle dalle membra e il restante corpo fu affidato al discepolo Olimpo
per la sepoltura. Dal sangue di Marsia si formò il fiume che prese il suo nome.
157
VEGETTI, 1998, p.378.
158
LIMC, s.v. Marsyas, p.376.; Cfr DENTI, 1991.

137
La diffusione del mito non si esaurisce alla fine del mondo antico, ma verrà raccolta e
tramandata in età bizantina.
Quest’analisi delle fonti letterarie è stata condotta in maniera autonoma rispetto a quella delle
testimonianze iconografiche.
Le immagini sono state divise in schemi iconografici per meglio definire il cambiamento dei
segni all’interno della stessa iconografia, secondo un analisi diacronica. In alcuni casi sono
state riportate anche le connessioni sincroniche con rappresentazioni diverse.
Le immagini del mito di Marsia mostrano come nella metà del V secolo o al massimo alla
fine di esso sono già delineati i principali episodi che lo collegano al thiasos dionisiaco, ad
Atena, ad Apollo e ad Olimpo.
La prima rappresentazione del mito di Marsia e Olimpo era dipinta da Polignoto di Taso sulla
pittura perduta della Nekyia, all’interno della Lesche degli Cnidi a Delfi, oggi nota solo dalla
testimonianza di Pausania (n.1) e si trovava in stretta relazione visiva e concettuale con il mito
di Tamiras, che aveva peccato come lui di hybris.
Tamiras, però, era rappresentato con la cetra spezzata, per sottolineare la sua punizione,
mentre di Marsia veniva messo in evidenza il ruolo di pedagogo di Olimpo.159
La più antica rappresentazione di Olimpo e Marsia nella ceramica a figure rosse è un anfora
panatenaica attribuito al Gruppo di Napoli 3235 (n.19), datata nell’ ultimo quarto del V sec
a.C. Olimpo, è presentato come suonatore di lyra, che è un tipico attributo di Apollo; ma
l’identificazione è stata fatta sulla base dell’iscrizione presente sulla figura, che non può
essere un indicazione topografica come qualcuno ha ipotizzato. Inoltre è stato sottolineato
come la figura di Olimpo appare sull’iconografia attica proprio quando il flauto era caduto in
disgrazia; potrebbe essere quindi questo il motivo per il quale Olimpo suona la lyra.160 Un
particolare iconografico rilevante è l’oca sotto Olimpo. Sono stati fatti confronti con un
hydria in Karlsruhe che mostra un cane sotto i piedi di Paride, ma soprattutto con un anfora
proto-panatenaica del National Museum di Atene con la rappresentazione dell’oca. La
connessione delle oche ad Olimpo è frequente nell’arte e ricorda il suo paese di origine: la
Mysia, una regione montagnosa e con rive, nella quale le oche crescono e nuotano. Le oche
potrebbero anche essere state attratte dal suono del musicista come nell’anfora proto-
panatenaica di Atene dove compaiono un giovane flautista imberbe che suona l’aulòs e
davanti a lui un oca e un personaggio barbato che sono assorbiti dal suono.161
Tale testimonianze quindi sarebbe da mettere in correlazione con gli effetti psicagogici della

159
MUGIONE, 2005, pp.136-138.
160
LIMC, s.v. Olympos.
161
S.PAPASPYRIDI-KAROUZOU, 1938, pp.499-500.

138
musica greca che a quanto pare agivano sia sugli animali che sugli uomini.
Abbiamo poi una serie di rappresentazioni di ceramica apula che presentano Marsia con una
canna del flauto e Olimpo con l’altra per sottolineare l’insegnamento dello strumento. In una
di queste vi è la presenza dello strigile in mano ad Olimpo che allude alla paideia giovanile e
la presenza della sybène appesa all’albero, fatta con la pelle di animale, che ci richiama alla
mente la triste fine del satiro. (n.37).
Queste immagini sono tutte inquadrabili cronologicamente nel secondo quarto del IV sec. a.C.
L’immagine che meglio evidenzia il rapporto di Marsia ed Olimpo come erastès ed eròmenos
è il cratere a calice del pittore di Licurgo, datato alla metà del IV sec a.C.(n.44) in cui Marsa
itifallico, con la scusa di aggiustare la posizione dl flauto di Olimpo cerca di abbracciarlo.162
Vi sono, inoltre, altre figure come Afrodite con lo specchio, Eros che incorona Marsia, Pan,
una ninfa, che alcuni hanno ipotizzato che potesse essere sua madre, e uno stagno.
Il pittore potrebbe essere influenzato da Platone che presenta Marsia come hybristès o essere
concepita come una parodia erotica della Nekyia. 163
Inoltre il soggetto è poi rappresentato su due crateri lucani datati al terzo quarto del sec IV
a.C. Sul cratere a calice di Taranto, sicuramente attribuito al Pittore di Ragusa (n.50),
compare una donna che regge una patera, e la scena è stata interpretata come un commiato.
Un altro soggetto compare su due vasi attici della metà del V sec a.C. che mostrano il
collegamento di Marsia con il mondo dionisiaco e la musica orgiastica durante il thiaso.
Quello del Pittore di Villa Giulia, da Agrigento, (n.2)mostra la cosiddetta: ‘famiglia di satiri’
con Marsia vecchio come un papposileno, Sotenes, Mainas, il piccolo Porson.
Invece il vaso del Pittore di Peleo ed Ettore, da Nola, (n.5) mostra il ritorno di Efesto
all’Olimpo. Qui Marsia ha i capelli neri, è stempiato, ha una nebride al collo, suona il doppio
flauto ed è seguito dalla menade Tomaia, Dioniso mitroforo ed Efesto.
Il soggetto di Atena e Marsia compare nella metà del V sec a.C. in scultura nel celebre gruppo
mironiano dell’Acropoli (n.3) e sarà riprodotto su una serie di vasi attici: come il cratere
Finlay, in alcuni frammenti studiati dal Boardmann (n.9, 13), l’oinochoe da Vari del Pittore
del Dinos (n.10), un cratere a campana, forse da Ruvo, che aggiunge allo schema la figura di
Apollo come spettatore, e poi in monete di età adrianea che ne riprenderanno lo schema. 164
Secondo alcuni si ispirava ad due perdute produzioni teatrali. Sicuramente il gruppo scultoreo
aveva una serie di connotazioni politiche che si perdono nelle rappresentazioni italiche del
mito.165 La dea poliadica, che incarna i valori di verginità e saggezza, viene contrapposta
162
DOVER, 1989, 36 in LIMC s.v.Olympos p.44
163
LIMC, s.v. Olympos.
164
DALTROP, 1980, pp.
165
MUGIONE, 2000.

139
all’essere ferino, che è colto in una posa particolare che sembra danzare la sicinnide. Il suo
braccio alzato è stato interpretato variamente come segno di meraviglia, di paura o anche di
ammonimento a non commettere atti di hybris. 166
Le immagini attiche mostrano Atena stante che gettà l’aulòs che compare sospeso a mezz’aria
come nell’oinochoe da Vari.
Il cratere apulo di Boston, da Canosa, (n.22) presenta invece Atena che è seduta al centro
della scena, sotto un albero, e suona il doppio flauto; mentre il giovane Olimpo gli regge lo
specchio che fungerebbe da sostituto della sorgente mitica in cui la dea scopre la
deformazione del viso, Marsia è lontano con il braccio destro sollevato che sembra più un
saluto che un gesto di stupore o paura. Inoltre scompaiono altre figure come Zeus, barbato
con un bastone, un vecchio satiro e una menade.
La rappresentazione del tema di Atena e Marsia, in ambito etrusco, si trova, su uno specchio
di bronzo inciso, etrusco, della collezione Gerhard, di cui però non si conosce la provenienza,
datato nella seconda metà del IV sec.a.C. che presenta Atena riconoscibile per il gorgoneion,
forse un Marsia, imberbe, con nebris al collo, e flauti in mano.
Inoltre Atene e Marsia insieme ad una figura che probabilmente era Olimpo compariva in un
rilievo datato al V sec a.C. , anche se sulla cronologia non tutti sono concordi, proveniente dal
Peristilio dell’Accademia Platonica di Atene.167
Le immagini di Apollo e Marsia invece descrivono un agone musicale tra il dio citaredo ed il
satiro auleta. Gli studiosi in passato hanno cercato nelle immagini i diversi momenti della
contesa così come descritta dalle fonti letterarie.
Quello che si può vedere è che vengono utilizzati schemi diversi che sono in alcuni casi
indicativi di un Pittore come i crateri a campana del Pittore di Pothos, datati 420-410 sec. a.C.
studiati approfonditamente da Anne Queyrell negli anni ‘80’(n.14-17) che mostrano Apollo,
con alloro, Marsia seduto al centro su una roccia, con il flauto (n. 14, 15), la lyra (n.16) o la
barbitos, o che presenta entrambi gli strumenti, e le Muse, che recano in mano un dittico, una
cassa, un rotolo. Sul retro di questi vasi sono rappresentati sempre tre giovani ammantati.
Sui crateri del pittore di Kadmos (n.6,7-8) datati nel 440-420 a.C. compaiono anche altre
figure come Artemis, sorella di Apollo, con le fiaccole, ed Ermes nel ruolo di Psicopompo,
indicando la fine infelice del satiro.168
Significativa è la rappresentazione sul cratere a volute Jatta 1093, proveniente forse da Ruvo,
che propone il mito di Marsia due volte in maniera differente. Sul collo vi sono gli stessi

166
DENTI, 1991.
167
WEIS, 1976 n.296.
168
LIMC, s.v. Marsyas, p.376.

140
personaggi degli altri vasi del pittore con l’aggiunta di un satiro di tipo mironiano che balla la
sikinnis. Sul corpo del vaso vi è una rappresentazione particolare disposta su più registri con
Ebe e Leto; Oniopion, Simos, menade; Marsia che suona la kithara sotto una palma, Atena
stante, Apollo seduto, Artemide; Ermes e Nike. La presenza del tripode ha suggerito alla
Froning l’origine ditirambica del tema, indicando la vittoria della coregia teatrale responsabile
della scena figurata. Altri hanno ipotizzato la collocazione della scena nel tempio di Apollo.169
Sull’altro lato del vaso è raffigurata una scena di sacrificio e una dionisiaca.
In uno studio recente che analizza i problemi di trasmissione iconografica, E. Mugione ha
sottolineato le connessioni iconografiche dei vasi dei Pittori di Kadmos, di Pothos e di
Kleophon, che presentano delle affinità stilistiche e compositive e sono datati attorno al
440-420 a .C.. In esso Marsia è rappresentato come un satiro che suona il flauto o la cetra,
Apollo stante con ramo d’alloro, cetra nel campo o portata da un altro personaggio.
Dall’analisi della provenienza di questi vasi la studiosa ha valorizzato una circolazione
particolare di questo tema iconografico rivolto in particolare all’area adriatica e alla Sicilia
(n.18). Questo stesso schema sarà ripreso nel Iv sec.a.C. nel cratere del Pittore di Londra da
Spina, nella pelike del Pittore di Suessola da Creta (n.26).170
Nel convegno Mittlefast del 2001, organizzato dall’università di Pisa, Lissarague ha
sottolineato come queste immagini descrivono una competizione “pacifica” e non conflittuale
tra i due strumenti, che spesso vengono combinati tra loro, presentando Marsia che suona lo
strumento apollineo. Questi segni indicano l’integrazione del satiro facente parte della
cerchia di Dioniso, all’interno del mondo di Apollo.171
Ricordiamo anche C. Kerènyi che nei suoi studi recenti sostiene che la contrapposizione tra
Dioniso e Apollo, tra kithara/aulòs, ditirambo-epica, mondo olimpico/culti misterici.
nell’antichità non era così marcata come nella mitologia moderna di Winchelmann, Nietzche
ed i loro epigoni. A Delfi, ma anche ad Ikarion, in Attica, Rodi, Magnesia sul Meandro,
Naucrati le due divinità convivono. La studiosa sostiene però, sostiene che ciò che mette in
correlazione le due divinità è l’orfismo. Orfeo, “che è molto più importante del satiro
Marsia”, nella storia della religione è appartenente alla sfera di Apollo e Dioniso.172
Diversa è l’iconografia dei vasi lucani (n.20, n.21) della fine del V sec a.C. che presentano
Marsia con il coltello che avanza su una roccia verso Apollo. L’elemento della hybris viene
così rimarcato, ma allo stesso tempo il coltello prefigura il suo sacrificio e le immagini della
sua punizione in cui Apollo o lo schiavo scita presentano questo attributo.
169
In WEIS, 1976, n.7.
170
Cfr. MUGIONE, 2000.
171
LISSARAGUE, 2001, p.49.
172
C, K. KÈRENYI, 2001, pp. 1397-1417.

141
In un altro cratere lucano datato attorno al 400 a.C. compare Apollo al centro della scena con
una grande kithara mentre Marsia brandisce una canna di un flauto come se fosse un arma a
sottolineare ancora una volta la sua hybris (n.28). Marsia con il coltello comparirà in un
cratere del Pittore di Brooklyn Budapest del 380-360 a.C. dove Apollo è questa volta al centro
della scena e suona la kithara sotto ad un albero di alloro, mentre un piccolo satiro fugge
impaurito, quasi a prefigurare ulteriormente la fine infelice del satiro.
Le immagini mostrano che già alla fine del sec V a.C., in ambito attico, l’attenzione da Marsia
si sposta su Apollo.173 Già nel Pittore di Erbach (n.24) Marsia suona il flauto, Apollo compare
al centro della composizione seduto, e poi vi sono le Muse. Il vaso è confrontabile con un
altro vaso del Pittore di Munich (n.29). Due crateri del Pittore di Suessola della collezione
Hamilton (n.25) e di Semele sono confrontabili per lo schema mostrando: Artemide, Marsia
che suona seduto con sotto l’anfora, Atena, Apollo. Già il Pittore di Semele (V-Iv sec a.C.)
nel cratere a campana da Creta (n.26) introduce la Nike che vola verso Apollo con la taenia
del vincitore, anticipando lo schema successivo.
Due vasi fallisci mostrano schemi particolari non riscontabili altrove (n.31-32).
Nel Iv sec. a.C. Apollo è sempre al centro della scena ed indossa spesso il costume del
citaredo, con il chitone manicato e mantello; oppure nudo con himation, con una grande
kithara o la lyra, che viene incoronato da una Nike con una taenia o una corona. Questo
schema ricorda quello studiato dalla Cillo a proposito di Tamiras e dei giovani incoronati
durante le feste panatenaiche in un periodo cronologico in cui si sottolinea l’importanza degli
strumenti a corda, anche se quello di Tamira è in realtà uno strumento particolare: l’ organon,
più leggero della kithara e molto più innovativo, con le sue modulazioni enarmoniche e
virtusistiche.
Questo schema è visibile sia su vasi attici (n. 30, 42, 55, 56), sia apuli (n.36), sia campani
(n.43). Nessuno però viene dall’Occidente ed il tema compare prima sulle officine apule che
cercano di sostituirsi tra V e IV sec.a.C. nell’area del golfo di Taranto alle importazioni
attiche, ripetendone schemi, temi, forme compositive.
Nel Iv sec a.C. comincia anche a comparire Marsia con atteggiamento scoraggiato che sfrutta
innovazioni pittoriche, nell’espressione del volto, attribuirono a Parrasios174 come mostrano
due vasi apuli (n.36-41), ma anche il frammento attico dell’Hermitage, dal Chersoneso (n.30).
Un vaso campano del Pittore di Napoli 146571 del terzo quarto del Iv sec .a.C. propone una
rappresentazione insolita quasi caricaturale di Marsia seduto con i flauti, difronte ad Apollo
stante che ha dimensioni minori.
173
WEIS, 1976, 20-31.
174
Säflund, 1976, 81-82: in LIMC s.v. Marsyas p.376.

142
Il tema di Apollo e Marsia compare anche in un oinochoe con orlo a guscio caeretana a figure
rosse Roma (n.60), conservata a Villa Giulia 50668(collezione Castellani) e proveniente da
Caere, datata alla fine del Iv sec a.C. e sulla “Cista Barberini” (n.61).
Nella seconda metà del secolo compare anche il motivo della punizione di Marsia. Questo
tema è stato studiato a lungo da una studiosa americana, che nel 1976 discusse una tesi al
Bryn Mawr College, in Pensylvania, sul gruppo scultoreo di età ellenistica, in cui Marsia era
colto nel momento dell’impiccagione.
In un rilievo della base di Mantinea (n.45), datato alla metà del Iv sec. a.C. comincia a
comparire una nuova figura nella scena del mito: lo schiavo scita con il coltello, che sembra
essere influenzata dal teatro.
Le scene che mostrano la preparazione della punizione sono state messe in correlazione con
due modelli pittorici: il “Marsyas religatus” di Zeuxis di Heracleia del 400 a.C., nel Tempio
della Concordia a Roma, di cui rimane solo l’attestazione di Plinio il Vecchio (n.27) e una
pittura dell’Italia centrale di Amykos legato che ha un grande impatto sugli artisti italiani del
IV-III sec. a.C. Per l’iconografia di Marsia è importante la pittura perduta del “religatus” in
cui Marsia era seduto con le mani legate dietro di lui e le spalle erano ritorte in avanti o sul
fianco. La rappresentazione di Marsia è simile a quella di Amykos ma introduce l’albero che
diverrà un attributo standard della scena della punizione.175 Questi modelli saranno molto
importanti anche per le rappresentazioni successive di età ellenistico-romana ed in particolare
per la creazione della statua dell’impiccagione di Marsia, che faceva parte di un gruppo
scultoreo insieme allo schiavo scita.
La studiosa americana individuò, invece, nella serie di copie analizzate di questa statua due
principali prototipi statuari. Il tipo “rosso” o asimmetrico è stato fatto, nella seconda o terza
decade del II seca.C., da un’artista che aveva familiarità con l’iconografia greca occidentale e
che lavorava probabilmente in Italia, durante il periodo ellenistico. Roma, infatti sembra aver
tratto profitto dalla seconda guerra punica e avviato un programma di costruzione
monumentale, in occasione del quale ci fu l’occasione di creare una scultura monumentale
come quella dell’impiccagione.
Il tipo “bianco” o simmetrico è del periodo romano: tardo II-III sec d.C. ed è un innovazione
del tema e della posizione della prima statua di Marsia.del II sec.a.C., e del quale sono
conosciute una quarantina di copie romane. 176
Successivamente la studiosa americana nell’ 1986 approfondì l’origine e lo sviluppo del
motivo dell’adligatus: cioè della figura legata all’albero, che compare sui vasi italioti,
175
Bakalakis, 1957, p.107-116; cfr. LIMC s.v. Marsyas, p.376.
176
WEIS, 1976, abstract.

143
ipotizzando che il motivo fosse derivato da una pittura di Amykos adligatus, probabilmente
da riferire ad un centro dell’ Italia centrale. Inoltre sostenne che la presenza dell’albero nella
pittura e nei monumenti tardi fosse stato ispirato dall’idea italica dell’albero infelice e del
legame con le associazioni punitive e funerali. Questa analisi ebbe grosse implicazioni
sull’origine della decorazione della Cista Ficoroni (datata al 336-330 a .C.) e sulle riflessioni
circa il carattere e lo sviluppo della koinè artistica e culturale nella Italia pre-Romana.
Il soggetto dell’adligatus è riferito in particolare a tre aree culturali precise: Apulia-Lucania,
Lazio e sud-Etruria nel IV sec a.C., ed è usato in connessione a quattro temi mitologici: la
punizione di Amykos; la punizione di Marsia; Peiritoos e l’esposizione di Andromeda. Tutti
questi miti che sembrano avere una tradizione iconografica comune, sono accomunati dalla
punizione per un empietà o un atto di hybris. La figura di solito è stante, appoggiata con la
schiena all’albero, con le braccia legate dietro di lei, al tronco dell’albero; quello che può
variare è il numero degli alberi.177
L’iconografia della punizione di Marsia compare in maniera indipendente e in modo
differente sui vasi attici e magno greci, poi avrà anche una diffusione nelle arti minori (n.33,
47).178 La lekytos apula a figure rosse del Museo Nazionale 2991 Napoli, proveniente da
Armento, in Basilicata (n.46) è particolare anche per la sua decorazione policroma a rilievo.
La rappresentazione è disposta su due registri. Al centro della composizione vi è la palma, a
cui è legato Marsia, una Nike vola sopra di lui verso Apollo, che ha l’ abito citarodistico; a
sinistra vi è lo schiavo scita con il coltello; le altre figure femminili con gli strumenti
musicali: aulòs e kithara sono state identificate come le nove Muse. L’elemento della palma
verticale che fa da asse alla composizione ha paralleli nella ceramica apula, come nel vaso del
Museo Jatta, del Pittore di Licurgo, datato al 360-340 a.C. e raffigurante Eracle nel giardino
delle Esperidi, in cui compare l’albero con i serpenti avvolto intorno, che è la bisettrice di due
file di figure, disposte a formare una V. Questo tema è conosciuto anche da rappresentazioni
attiche, che danno più importanza però agli elementi umani che all’albero. L’albero di palma
ricorre spesso nei vasi attici ad indicare che la scena si svolge nel santuario di Apollo a Delfi
o a Delo, ma in questi non ha mai un ruolo predominante. Qui ha però connotazioni funerarie.
La figura di Apollo, è apparentemente derivata dai vasi attici del primo IV sec.a.C.
Le figure femminili hanno stretti paralleli con il lavori del pittore di Medias, databili al tardo
V sec.a.C., mentre, la Musa con la kithara ed il petto scoperto è unica e ci da un indicazione
finale dell’origine del vaso. Le Muse che si trovano sui vasi attici e italioti, sono infatti
sempre vestite. Gli unici confronti potrebbero essere una statuetta di terracotta tarantina e un
177
WEIS, 1982, p.21.
178
WEIS, 1976, p. 24.

144
vaso falisco di Vienna che mostrano una donna seduta, semivestita che suona la kithara la
lyra una statuetta di terracotta di Taranto. 179
Sul cratere a calice apulo a figure rosse, conservato a Bruxelles, nel Museès Royaux R
227(n.52) Marsia è legato ad un pioppo; il flauto con custodia fatta con pelle di animale e
forbeia sono appesi all’albero. Il pioppo ha un significato particolare, perché è insieme al
salice uno degli alberi presenti nel bosco di Persefone che segna l’accesso nell’Ade.
Una bottiglia apula a figure rosse conservata in Polonia, Gulochow, Musee Czartoryski 125,
in Basilicata (n.54) datata al terzo quarto del IV sec a.C., si incentra su alberi completamente
spogli che sono un allusione ai mesi in cui è costretta a stare nell’Ade con confronti con la
Tomba dei Tori di Tarquinia in cui gli alberi spogli indicano il passaggio delle stagioni in un
contesto funerario.
La punizione di Marsia è inoltre raffigurata su una fiasca paesana (n.59), rinvenuta vicino al
Tempio di Apollo: cosiddetto “Tempio di Poseidone”(Loc IV), della fine del Iv sec a.C e in
due esemplari attici: lo skyphos attico a figure rosse conservato a Tessalonica (n.58), datato al
330-320 a.C. e un cratere a calice dell’Ashmolean Museum di Oxford:1939.599, da Al-Amina
(n.57). Questi mostrano Marsia seduto e legato, alla presenza di Apollo e di altre divinità. La
punizione sembra imminente e il suo destino di morte è stato già deciso. 180
Un’ attenzione a parte è stata dedicata inoltre al Marsia di Paestum riproponendo le ipotesi
diverse di Torelli e di Denti.
L’iconografia mostra un decisivo cambiamento rispetto alle immagini della punizione di
Marsia perché il bronzo paestano presenta gli anelli ai piedi privi delle catene, per indicare la
sua liberazione; ma anche il diadema in testa, che è un attributo regale e sacrale.
Tale immagine è stata connessa sia alla tradizione italica della liberazione di Marsia e al
popolo dei Marsi, sia alla libertas repubblicana dei plebei, come la statua romana.
Sicuramente entrambe queste tradizione andranno approfondite devono essere studiate meglio
per capire come si sviluppano. Seguendo l’interpretazione di Denti, basata su un’analisi
iconografica, mi sembra importante sottolineare come il Marsia possa apparire legato alle
teorie greche filtrate attraverso il pitagorismo architeo.
Il Marsia, secondo Denti sarebbe stato prodotto per la città lucana e non per quella romana
come sostiene Torelli181, in una società fortemente gerarchizzata e marcata da una forte
opposizione tra servi e padroni, che si rifaceva a modelli di tipo laconico filtrati attraverso il
pitagorismo architeo.182
179
WEIS, 1976, pp.66-73.
180
WEIS, 1976, pp. 20-31.
181
TORELLI, 1999, pp.12-13.
182
DENTI, 1991.

145
ABBREVIAZIONI

ARV2 = Beazley, J.D., Attic Red-figure Vase-Painters2,1963.


Add2 = Carpenter, Th. H., et al. Beazley Addenda 2, 1989.
AJA = American Journal of Archeology.
AION = Annali, sezione di Archeologia e storia Antica, Dipartimento di Studi del Mondo
Classico e del Mediterraneo antico, Istituto Universitario Orientale.
AntK = Antike Kunst.
AM = Mitteilungen des Deutschen Archäologischen Instituts. Athenienische Abteilung.
BCH = Bullettin de Correspondance Hellènique.
CVA = Corpus Vasorum Antiquorum.
EAA = Enciclopedia dell’Arte antica classica e orientale, I-VII, 1958-1966.
JHS = The Journal of Hellenic Studies.
LIMC = Lexicon Iconographicum Mythologicae Classicae, Zürich u. München ,1981.
LCS = Trendall. A. D., The Red –figured Vases of Lucania, Campania and Sicily, Oxford,
1967.
MonAnt = Monumenti Antichi pubblicati per cura dell’Accademia Mazionale dei Lincei.
OpuscRom = Opuscola Romana.
Para = Beazley, J.D., Paralipomena, Additions to Attic Black-figure Vase-painters and to
Attic Red-figure Vase-painters, 1971.
RE = Paulys Real Enciclopadie Der Classischen Altertums - Wissenschaft
RM = Mitteilungen des Deutschen Archäologischen Instituts. Römische Abteilung.
RVAp = Trendall, A.D./ Cambitoglu, A. The Red –figured cases of Apulia, I Early and
Middle Apulian, 1978; II Late Apulian; Index, 1982.

146
BIBLIOGRAFIA

ARIAS 1940 = Arias, Mirone, Firenze 1940


ARIAS, 1963 = Arias, in EAA V, Mirone, pp.111-115.
ARIAS, 1966 = Arias, in EAA VII, Satiri e Sileni, pp. 67-73.
BAKALAKIS, EpetThess 7, 1957,107-116.
BAKALAKIS, 1956 = Bakalakis, in Paratema tes Philosophike scuole epistemonike epeteris
of Panepistemion of Tessalonike.6, 1956, 107 ff.
BARKER, 2005 = Andrew BARKER, 1005= Barker, Psicomusicologia nella Grecia antica, a
cura di Angelo Meriani 2005 Napoli.
BEAZLEY, 1959 = Beazley ,J.D.,JHS 59 ,1939,35-44 n.86 pl.2.4a
BECKBY = H Beckby, Antologia graeca II , 407.
BESCHI 1979 = Beschi, l’Atene periclea, in Storia e Civiltà dei Greci, 4, La Grecia nell’età di
Pericle. Le arti figurative, Milano 1979, pp.557-630.
BANDINELLI-GIULIANO = L’arte in Italia prima del domino di Roma, Grandi Civiltà 11,
2005 Milano, p. 257, n.206.
BANDINELLI, PARIBENI, 1986 = Bianchi Bandinelli, Paribeni, L’arte dell’antichità
classica, Grecia, Torino 1986, n.440-441.
BOARDMANN, 1956 = Boardmann, J., “Some attic Fragments Pot, Plaque and Dithyramb”,
JHS, 1956, 18-20.
BOARDMANN, 1992 = John Boardmann, Vasi ateniesi a figure rosse, Periodo Arcaico,
1992, pp.7-10.
BRUNN, 1858 = H. Brunn, Il Marsia di Mirone, in Annali dell’Istituto 1858, 374-78.
BULLE, 1912 = H. Bulle, Eine neue Ergänzung der myronischen Athena zu Frankfurt a. M,
in Fahrbuch des deutschen Archäologischen Instituts 27, 1912, 175-199.
BURKARDT 1991 = Burkardt, A. RE XIV 2, 1930, 1991, s.v. Marsyas 6.
CARPENTER, 1991 = Thomas H.Carpenter, Art and Mith in Ancient Greece, pp.47, 80-81,
n.135-138., 233-234.
CATALOGO DEL MUSEO JATTA = Giovanni Jatta, catalogo del Museo Jatta, Bari, 1996.
CHARBONNEAUX, MARTIN, VILLARD = Jean Charbonneaux, Roland Martin, Francoise
Villard, Grecia, L’età classica, Grandi civiltà vol.4, 2005 Milano, cap II, p.159-164.

147
CILLO 1993 = Paola Cillo, La ‘Cetra di Tamiri’: Mito e realtà musicale, in AION XV,
Napoli 1993, pp.205-243.
COARELLI 1985 = Coarelli, Il foro romano:periodo repubblicano e agusteo,1985,
pp.115-116
CLAIRMONT 1957 = Clairmont, Ch, Yale Classical Studies, 15, 1957, 161-178.
CORBETT = Corbett, P. E., Hesperia 18, 1949, 309-310, pl.77.
CUMONT = Cumont, Recherches sur le symbolisme funèraire des Romains, 1942,18-19,
303-304.
DALTROP, 1980 = Georg Daltrop, Il Gruppo Mironiano di Atena e Marsia nei Musei
vaticani, Città del Vaticano 1980.
DENTI, 1991 = Mario Denti, Il Marsia di Paestum, in AION XIII, pp. 133-188.
DEONNA 1956 = Deonna, in Revue Belge de Philologie XXXIV, 1956, 5, p.338 ss
DEYONELLE 1995 = Martine Deyonelle, Iconographie mythique et personnalitè artistique
dans la cèramique protoitaliote, in Atti del convegno internazionale: Modi e funzioni del
racconto mitico della ceramica greca italiota ed etrusca dal VI al IV sec a.C., Salerno, 1995,
pp.83-101.
DOVER 1989 = Dover, K.J Greeks Homosexuality (1989) p.36 .
FERRERO 1955 = Ferrero, Storia del Pitagorismo nel mondo romano, 1955, pp.79-80
FRANCESCO DI PALO = Dalla Ruvo antica al Museo Archeologico Jatta, 1987.
FRONING 1971 = Froning, H. Dithyramb und Vasenmalerei in Athen, 1971, pp.29-44
GOW-PAGE, Garland II = Gow-Page, Garland II p.442 in Antologia Palatina, a cura di
F.Conca, M.Marzi, G.Zanetto , vol I, Torino, p.943
GOW-PAGE, Philip II = Gow-Page, Philip II , 1968, 433, in A.WEIS 1977 p.46.
GOW-PAGE = Gow-Page, The Greek Anthology Hellenistic Epigrams,Cambridge, 1965,
xxii:
HERRMANN = Herrmann, A., AntK 18,1975, p. 86.
HUCHZERMEYER, 1931 = Huchzermeyer, H., Aulos und Kithara in der griechischen
Musik, 1931, 57-61, 65-67.
G.Q.GIGLIOLI = Giulio Quirino Figlioli, L’arte Etrusca, Milano.
KERÉNYI = Cornelia Isler- Kerènyi, in I Greci, a cura di Salvatore Settis, Mitologie del
moderno: «apollineo» e «dionisiaco», vol. 3, 2001, pp.1397-1417
LA COLLEZIONE CASTELLANI , L’Erma di Bretschneider, 2000.
LASERRE 1954 = Laserre, F. Plutarque, De la musique, 1954, 53-66.
LIMC s.v. Athena , II 1, 1984, pp. 1104-1105, 1014-1015.

148
LIMC s.v. Aphrodite, II 1, 1984, p.142.
LIMC s.v. Artemis, II 1, 1984, pp. 733-735.
LIMC s.v. Apollon , Aplu, II 1,1984, pp.312-415, 349.
LIMC s.v. Dyonisos, I 1, 1981, Carlo Gasparri, Alina Verzieri, pp. 414-419; 457, 496-516.
LIMC s.v. Leto, pp. 265.
LIMC s.v. Hera p.175.
LIMC s.v.Marsyas, VI 1 , 1992, pp. 367-378.
LIMC, s.v. Mousa, VI, 1992, pp. 669-670.
LIMC s.v. Nike, VI 1, 1992, 872-873.
LIMC s.v.Olympos VII 1, 1994, Anne Weis, pp. 41-45.
LISSARAGUE, 2001 = F. Lissarague, Iconografia musicale, in Atti del Convegno MittelFest
2001, Settore Musica e Arti Visive, Scuola Normale Superiore di Pisa, Grecia, pp. 39-52.
MEIER, 1911 = P.J Meier, Die Marsyasgrouppe des Myron, Neue Fahrbücher für das
klassische Altertum 27, 1911, 551-560, tav I.
METZGER, 1951 = Metzger, H., Les raprèsentations dans la cèramique antique attique du IV
siècle, 1951, pp.158-169.
MICHAELIS 1858 = Michaelis, Annali, 1858, p.323.
MINGAZZINI = Paolino Mingazzini, Catalogo dei vasi della collezione Castellani, Vol II,
1971.
MORENO, 1987 = Paolo Moreno, Pittura Greca,1987, pp.50-56.
MUGIONE, 2000 = Miti della ceramica attica in Occidente, problemi di trasmissione
iconografiche nelle produzioni italiote, 2000, pp.89-95; 136-138; 198-201.
MUGIONE, 2005 = Lesche degli Cnidi a Delfi, Proposta di rilettura del programma
figurativo, in Iconografia 2005, pp. 197-215.
MÜLLER 1939 = K. O. Müller, Handbuch ser Archaologie der Kunst, Breslau 1830, 371, 6.
OVERBECK KM= Overbeck, Griechichte Kunst-mytologie , III, Leipzig, 1871-79,
pp.420-482.
QUEYREL, 1984 = Queyrel, A., Scènes apolliniennes et dionysiaques du peintre de Pothos,
in BCH 108, 1984, pp. 124-127,144-147.
PARIBENI, 1961 = Paribeni, in EAA IV, Marsia, pp.876-880.
PAUSANIA, Guida della Grecia Libro I l’Attica. Traduzione a cura di Domenico Musti,
Fondazione Lorenzo Valla Arnoldo Mondatori Editore
PAUSANIA, Guida della Grecia, Libro II, La Corinzia e l’Argolide, a cura di d.Musti e
M.Torelli pp.243-244.

149
POLLAK, 1909 = Die Athena der Marsyasgrouppe des Myron, in Fahreschefte des
Österreichiscen Archäologischen Institutes XII 1909, 154-165, 221-222.
Potrandolfo 1996 = A.Potrandolfo, in Atti del XXXVI Convegno Internazionale di Taranto,
sulla Magna Grecia, Mito e Storia, 1996
RAWSON 1987 = Rawson P.B., The Myth of Marsyas in the Roman Visual Arts, Oxford,
1987, pp. 217
RIZZO 1904 = Rizzo,Vasi greci della Sicilia:Cratere di Camarina,MonAnt.,XIV,1904,p.60,
pl.1.
SAFLUND, 1976 = Säflund, G, The belvedere Torso, OpuscRom II, 1976, 63-84
SAUER, 1907 = Die Athena-Marsyasgrouppe des Myron, in Wochenschrift für klassische
Philologie 24, 1907, 1243-1249.
SCICHILONE, 1963 = Scichilone, in EAA V, Olympos, pp.674-676.
SCHAUENBURG, 1958 = Schauenburg K., Marsyas, RM 65,1958, tav 30-40.
SCHAUENBURG, 1972 = Schauenburg, K., Des besorgte Marsyas, RM 1972, pp.172-181.
SCHEFOLD, 1960 = K.Schefold, Meisterwerke grieschischer Kunst, Basilea-Stoccarda 1960,
pp.20,150,152, fig.132 B
SCHEFOLD SB III = Schefold, K., Die Göttersage in der klassichen und hellenischen Kunst,
172-181.
SEMNI PAPASPYRIDI-KAROUZOU, 1938 = Semni Papaspyridi-Karouzou, A Proto-
Panathenaic Amphora in The National Museum at Athens, in AJA, vol, XLII ,1938.
SICHTERMANN SlgJatta = Sichtermann, H., Grieschische Vasen in Untertalien aus der
Sammlung Jatta in Ruvo, 1966.
SIEVKING, 1912 = J. Sievking, Die Ergänzungen der Marsyasgrouppe des Myron, in
Archäologischer Anzeiger 1912, 1-10.
STASBURY- O’ DONNEL 1990 = Mark D. Stanbury- O’Donnel, Polygnotos’s Nekyia: A
Recostruction and Analisis, in AJA 94, no.2, 1990, pp.213-238.
TORELLI, 1999 = M.Torelli, La statua bronzea di Marsia, in Paestum Romana, 1999, pp.
12-13.
VEDER GRECO 1988 = Veder Greco, le necropoli di Agrigento, mostra internazionale,
Agrigento, 2. maggio - 31. luglio 1988 (Rome, 1988): 156-157, NO.37 (A,B); pl.28,2.
VEGETTI, 1998 = Platone, La Repubblica, Libri II e III, testo e commento a cura di Vegetti,
pp.110-115, 374-385.
VERNANT, Mito e Pensiero = Vernant, Mito e Pensiero, pp.3-7.
WEGNER 1949 = M.Wegner, Das Musikleben der Griechen 1949, p.17 sgg.

150
WEIS, 1976 = A., Weis, The Hanging Marsyas, The Origin and history of a Statue, Diss.
Bryn Mawr College, 1989.
WEIS, 1982 = A.Weis, The Motif of the Adligatus and Tree: A study in the sources of pre-
Roman. iconography, in AJA, 1982, vol 86, no.1, pp.21-38.
WEIS, 1992 = Anne Weis, The hanging Marsyas and its copies, 1992, pp. 57-83.
ZERVOUDAKI 1968 = A. Zervoudaki, “Attische Polychrome Relief-keramik des spaten
5.und 4.ahrunderts v.Chr.” AM 83, 1968, p 18, no.13 .

151
INDICE

INTRODUZIONE 1

CAPITOLO I 2
Le fonti letterarie:
a) Documenti 2
b) commento 23

CAPITOLO II 34
Storia degli studi 34

CAPITOLO III 46
Fonti iconografiche:
a) Catalogo 46
b) Analisi iconografica 110

CONCLUSIONI 135

ABBREVIAZIONI 146
BIBLIOGRAFIA 147

152

Potrebbero piacerti anche