Sei sulla pagina 1di 1

CONSEGNA: Dopo aver letto il saggio sulle forme di governo nel pensiero di Machiavelli, scrivi un testo

argomentativo, fornendo numerosi esempi che interessano la letteratura italiana, la storia, la filosofia e la
politica del passato; aggiungendo, infine, informazioni circa le forme di governo vigenti nei nostri giorni. 
Le forme di governo nel pensiero di Machiavelli
Machiavelli è considerato il fondatore della moderna scienza politica, colui che ne ha distinto l’ambito
rispetto a quello della morale, alla quale la politica era sempre stata legata e subordinata. Il nostro autore,
come è noto, ritiene che il campo dell’azione politica si regga su leggi proprie e specifiche e sulla base di
queste venga valutato l’agire degli uomini di Stato. Al criterio del bene o del male morale sostituisce quello
dell’utile o del danno politico. L’autonomia della politica si esplica nel giudicare buona o cattiva un’azione a
partire da un criterio diverso rispetto alla morale.
Forse è meno noto che Machiavelli introduce delle novità anche all’interno della storia della terminologia
politica, come è espresso già nella prima affermazione del capitolo primo del Principe: «Tutti gli Stati, tutti i
dominii che hanno avuto, e hanno imperio sopra gli uomini, sono stati e sono o Repubbliche o Principati».
Innanzitutto egli chiama i “dominii”, le organizzazioni politiche, con il termine “Stato”, una particolarità che
fa di lui l’inventore della parola nel suo significato attuale, moderno – distinto da “status” in quanto ceto o
condizione sociale – per indicare ciò che i Greci avevano chiamato “polis” e i Romani “res publica”.
Tuttavia, ciò che a noi interessa in questo momento è la novità terminologica contenuta nella seconda parte
del periodo, dove si dice che tutti gli Stati, appunto, sono “o Repubbliche o Principati”. Machiavelli ha dato
vita ad una nuova classificazione delle forme di governo, poiché alla tradizionale tripartizione aristotelica
sostituisce la bipartizione repubblica-principato.
Aristotele aveva dedicato due degli otto libri della Politica all’esposizione delle forme di governo, secondo
una classificazione che sarà ripresa e ripetuta nei secoli successivi. Secondo lui il potere della città può
essere esercitato da uno solo, da pochi o dai più, dando vita rispettivamente al regno (la monarchia),
all’aristocrazia e alla politia, cui contrappone le tre degenerazioni corrispondenti della tirannide,
dell’oligarchia e della democrazia. Infatti, tale articolazione tripartita si fonda sul doppio criterio del chi
governa e del come governa, per cui si hanno monarchia, aristocrazia e politia se la sola persona o le poche
persone o le molte persone che governano lo fanno bene, cioè perseguendo l’interesse comune, il bene
pubblico; se, invece, chiunque abbia in mano il potere mira non al bene di tutti ma al proprio tornaconto, si
verificano le degenerazioni: se governa uno solo si passa dalla monarchia alla tirannia, se governano i pochi
si transita dall’aristocrazia all’oligarchia e se governano i molti dalla politia si scivola nella democrazia.
Tornando alla bipartizione machiavelliana, possiamo intuire che il “suo” principato corrisponda al regno
aristotelico, mentre nella repubblica sono comprese tanto l’aristocrazia quanto la politia; gli Stati possono
essere retti da “uno” o “da più”, senza distinguere ulteriormente, nel suo modo di classificare, se “i più
siano” pochi o molti. Nel principato il potere è nelle mani di un solo individuo, nelle repubbliche poggia
sulla volontà di un collettivo, di una pluralità. In ogni caso, le repubbliche possono essere sia aristocratiche
che popolari, a seconda dell’ampiezza di tale corpo collettivo, ma questa per l’autore è una differenziazione
secondaria.
Questo modo bipartito di suddividere le forme di governo è confermato da Machiavelli anche in altri
contesti. All’inizio del libro secondo dei Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, intitolato Di quante
spezie sono le republiche e quale fu la Republica romana, egli esordisce dicendo: «Io voglio porre da parte il
ragionare di quelle cittadi che hanno avuto il loro principio sottoposto a altrui; e parlerò di quelle che hanno
avuto il principio lontano da ogni servitù esterna, ma si sono subito governate per loro arbitrio, o come
republiche o come principato». Già in precedenza, comunque, aveva scritto che se si prendono in
considerazione le città fondate da altre città, come nel caso delle colonie, istituite «per isgravare le loro terre
d’abitatori», le città (o Stati) fondatori erano rette «da una republica o da uno principe». Se uno Stato nasce
in maniera autonoma prenderà la forma della repubblica o del principato, se invece è un’emanazione di un
altro Stato e deriva dalla sua espansione o dal suo ingrandimento, avrà comunque avuto origine da una
repubblica o da un principato.

Potrebbero piacerti anche