Sei sulla pagina 1di 20

Adorno è un autore oramai classico, riferimento irrinunciabile per ricerche di natura

GIACOMO FRONZI THEODOR W. ADORNO


filosofica, sociologica, estetica o musicologica. La sua produzione continua a suscitare GIACOMO FRONZI
fascino, disorientamento ed estremo interesse.
All’interno di una simile multiforme produzione, le riflessioni sulla musica e sulle sue
dinamiche ricoprono una posizione fondamentale. Dalla critica della musica radiofonica
THEODOR W.
PENSIERO CRITICO E MUSICA
ADORNO
a quella del jazz e della pop music, dall’interpretazione di Bach a quella della musica
PREFAZIONE DI PAOLO PELLEGRINO
tecnologica, passando per le due scuole viennesi e il romanticismo, l’analisi degli snodi
concettuali del suo orizzonte musicologico contribuisce a comporre un quadro articolato,
all’interno del quale convivono questioni, temi e personaggi tra loro anche molto diversi.
Riproporre le tesi adorniane non significa solo valutarne l’attualità e la validità. Molte di
esse, autentiche radiografie di un’epoca lacerata, lasciano sperare in quell’umanesimo reale
vagheggiato da Beethoven e suggeriscono la necessità di rafforzare una ragione critica che
il tempo sembra aver assottigliato.

Giacomo Fronzi (1981) è laureato in Filosofia (Università di Lecce) e in Musicologia (Università “Ca’ Foscari”
di Venezia). Ha conseguito il titolo di dottore di ricerca in Etica e antropologia filosofica all’Università del Salento,
dove collabora e svolge attività di ricerca presso la cattedra di Estetica. Si è diplomato in pianoforte presso
il Conservatorio “Tito Schipa” di Lecce. Si interessa prevalentemente agli sviluppi dell’estetica contemporanea,
alle problematiche dell’arte del Novecento e della filosofia della musica. Ha pubblicato i volumi Etica ed estetica
della relazione (Milano 2009) e Contaminazioni. Esperienze estetiche nella contemporaneità (Milano 2010).

Cover design ISBN 978-88-5750-546-6


Mimesis Communication
www.mim-c.net
MIMESIS

Mimesis Edizioni
Filosofie
www.mimesisedizioni.it

28,00 euro 9 788857 505466 FILOSOFIE


FILOSOFIE
N. 137

Collana diretta da Pierre Dalla Vigna (Università “Insubria”,


Varese) e Luca Taddio (Università degli Studi di Udine)

COMITATO SCIENTIFICO
Paolo Bellini (Università “Insubria”, Varese)
Claudio Bonvecchio (Università “Insubria”, Varese)
Mauro Carbone (Université Jean-Moulin, Lyon 3)
Morris L. Ghezzi (Università degli Studi di Milano)
Antonio Panaino (Università degli Studi di Bologna, sede di
Ravenna)
Paolo Perticari (Università degli Studi di Bergamo)
Susan Petrilli (Università degli Studi di Bari)
Augusto Ponzio (Università degli Studi di Bari)

I testi pubblicati sono sottoposti a un processo di peer-


review
GIACOMO FRONZI

THEODOR W. ADORNO
Pensiero critico e musica

Prefazione di
Paolo Pellegrino

MIMESIS
Filosofie
© 2011 – MIMESIS EDIZIONI (Milano – Udine)
Collana: Filosofie, n. 137
www.mimesisedizioni.it / www.mimesisbookshop.com
Via Risorgimento, 33 – 20099 Sesto San Giovanni (MI)
Telefono +39 02 24861657 / 24416383
Fax: +39 02 89403935
Via Chiamparis, 94 – 33013 Gemona del Friuli (UD)
E-mail: mimesis@mimesisedizioni.it
In copertina: disegno di Antonio Fronzi
INDICE

PREFAZIONE
La musicologia filosofica di Adorno
di Paolo Pellegrino p. 7

THEODOR W. ADORNO
Pensiero critico e musica

RINGRAZIAMENTI p. 33
INTRODUZIONE p. 35

Parte prima
SCRITTURA E PENSIERO FILOSOFICO
1. La scrittura filosofica p. 45
2. Il saggio come forma p. 48
3. Il frammento come forma p. 54
4. Illuminismo, dialettica negativa e pensiero post-metafisico p. 58
5. Professione: critico musicale p. 67

Parte seconda
RICAPITOLAZIONE SU ALCUNI RAPPORTI TRA TEORIA E MUSICA
1. Arte ed emancipazione del gusto p. 77
2. Estetica e musica nel Settecento p. 82
3. Il pensiero musicale nel periodo romantico p. 88
4. L’estetica musicale postromantica p. 93
5. Sociologia e filosofia della musica nel Novecento p. 97
5.1. Sociologia della musica p. 97
5.2. Adorno e la sociologia della musica p. 100
5.3. Filosofia della musica p. 107
5.4. Adorno e la filosofia della musica p. 113
6. Musica e politica p. 119

Parte terza
MUSICA E SOCIETÀ DI MASSA
1. Musica e consumo: dal feticismo al marketing p. 127
2. Mercificazione della musica e patologie dell’ascolto p. 139
3. Critica sociale della musica radiofonica p. 142
4. In difesa del mezzo radiofonico p. 148
5. Sulla pop music p. 153
6. Sul jazz p. 165
7. Sulla musica per film p. 170
8. Ancora sul problema dell’ascolto p. 180

Parte quarta
MODELLI
1. Il materiale musicale p. 193
2. Johann Sebastian Bach (1685-1750) p. 198
3. Ludwig van Beethoven (1770-1827) p. 207
4. Franz Schubert (1797-1828) p. 227
5. Richard Wagner (1813-1883) p. 232
6. Gustav Mahler (1860-1911) p. 248
7. Arnold Schönberg (1874-1951) p. 263
8. Igor Stravinskij (1882-1971) p. 289
9. Alban Berg (1885-1935) p. 298
10. Anton von Webern (1883-1945) p. 304
11. Filosofia della musica modernissima p. 309
REPERTORIO BIBLIOGRAFICO p. 329
INDICE DEI NOMI p. 369
THEODOR W. ADORNO
Pensiero critico e musica
A mio padre Antonio,
mia madre Rosa
e mia sorella Stefania
33

RINGRAZIAMENTI

Ringrazio con tutto il cuore le persone che sono state riferimento essen-
ziale lungo il percorso che mi ha consentito di giungere alla conclusione di
questo lavoro. Mi riferisco al prof. Paolo Pellegrino, per il suo ruolo di ma-
estro e guida, svolto con ferma e affettuosa premura, al prof. Antonio Ser-
ravezza, per avermi rassicurato con le sue critiche puntuali e i suoi preziosi
suggerimenti, al prof. Enrico Fubini, per avermi fatto dono, in questi anni
per me fondamentali, del suo affetto, dei suoi incoraggiamenti e della sua
stima, ed infine a mio padre Antonio, per tutto il resto, che non è poco!
35

INTRODUZIONE

L’attualità di un pensiero resta valida anche


se non reca elementi di novità informativa
TH.W. ADORNO, Dissonanze

Dalla musica ci si può ancora aspettare


un aiuto sul piano umano
TH.W. ADORNO, Dissonanze

1. Nonostante Theodor Wiesengrund Adorno (1903-1969) sia autore


oramai classico, riferimento irrinunciabile per ricerche di natura filosofica,
sociologica, estetica o musicologica, è difficile potersi dire assuefatti alla
sua teoresi di rottura, che, anzi, suscita, ancora oggi, fascino, disorienta-
mento ed estremo interesse. Ma quali tracce sono rimaste dell’attenzione
che si è catalizzata sulla riflessione adorniana negli anni Sessanta e Settanta
del secolo scorso? Al di là del rifiorire di studi, simposi, conferenze e ricer-
che legate alla celebrazione del centenario della sua nascita, svoltesi tra il
2003 e il 2004, cosa ne è della costellazione filosofica di Adorno?
Ridiscutere le tesi adorniane non significa esclusivamente valutarne
l’attualità e la validità. Molte di quelle tesi, estreme, scaturite dall’idea di
un’inarrestabile crisi generale dell’uomo e di ogni sua attività, legata alle
due forme con le quali si è dato il totalitarismo nel XX secolo (capitalismo
monopolistico e dittature), si presentano come frutto consapevole di una
ragione critica che il tempo ha assottigliato e della quale, oggi più che mai,
se ne sente forte il bisogno.
La riflessione adorniana, così differenziata e diversificata al suo interno,
nasce, innanzitutto, come riflessione musicologica. A Francoforte sul Meno,
nel 1922, all’interno del neonato Istitut für Sozialforschung, mentre Max
Horkheimer ed Herbert Marcuse si occupavano di filosofia, Henryk Gros-
smann di economia e Leo Löwenthal di letteratura, Adorno si interessava di
musica. La riflessione adorniana ha quindi da subito investito temi e questio-
ni relative alla musica e ai suoi intrecci con la storia e con la società.
Adorno, nella sua multiforme veste di filosofo, critico musicale e com-
positore, ha affrontato questioni fondamentali, come quella dell’ascolto o
del rapporto tra musica, tecnica e riproduzione radiofonica, così come si è
confrontato con alcune delle esperienze musicali di massa tipiche dell’età
contemporanea (si pensi alla pop music, di cui può essere considerato il
primo teorico, o al jazz).
36 Theodor W. Adorno

Nella costellazione adorniana, com’è noto, larghissimo spazio è dedicato


alla “musica colta”, rispetto alla quale, oltre alla celebre doppia faccia della
musica moderna (Schönberg contra Stravinskij), emerge con altrettanta chia-
rezza, seppure nell’estrema frammentarietà con la quale si offre, la predile-
zione adorniana per la musica di Beethoven, specchio di una società, quella
borghese, prossima a vedere realizzate le proprie aspirazioni libertarie.
Le analisi adorniane, inoltre, toccano numerosi altri compositori che, in
questa sede, non verranno trattati, ad eccezione di quegli autori che rivesto-
no, nel pensiero di Adorno, una posizione di particolare rilievo, come Schu-
bert, Mahler, Wagner, Berg e Webern. In questi autori e nelle opere d’arte
autentiche, Adorno ravvisa un intreccio tra dimensione politico-sociale (che
non allude all’impegno diretto dell’artista) e dimensione propriamente arti-
stica. La critica adorniana punta così dritto al cuore dell’estetica borghese,
che aveva gradualmente dissolto la combinazione tra queste due sfere. Ma,
come ha rilevato Peter Hohendhal, «this necessary defense of the social and
thereby political character of the art work speaks more to the configuration of
the early 20th century. It would be hermeneutically implausible to ignore this
distance and treat Adorno’s text and the nature of its intervention as direct
responses to the postmodern condition of the late twentieth century»1.

2. Ma il dibattito circa la validità delle tesi di Adorno si gioca anche sul


piano dei nuovi assetti sociali nazionali, internazionali o, meglio, globali.
Il mondo che ha lasciato il filosofo francofortese era ancora fortemente se-
gnato dalla divisione tra i due blocchi, da una netta divaricazione tra lo svi-
luppo economico europeo e quello americano, tra il cavalcante capitalismo
statunitense e le prove di “miracoli economici” nel Vecchio Continente. La
serrata critica adorniana riceve oggi cocenti smentite, in relazione, ad esem-
pio, alla inevitabile delegazione delle scelte autonome al sistema sociale e,
per avvicinarci al territorio dell’estetica e della musica, relativamente al
sistema dell’industria culturale. Sarebbe difficile sostenere l’impossibilità
di non poter più scegliere cosa ascoltare o di non esercitare il proprio libero
giudizio estetico e di gusto. Epperò, allo stesso tempo, quella stessa serrata
critica adorniana ritorna inaspettatamente attuale e, probabilmente, neces-
saria, qualora la si consideri un atteggiamento mentale, qualora lo stile di
pensiero di Adorno venisse assunto a modello, in quanto pensiero critico
che parte dall’autoriflessione2. A tale pensiero critico, però, va assegnato

1 P.U. HOHENDHAL, Adorno Criticism Today, in «New German Critique», n. 56, spe-
cial issue on Theodor W. Adorno (spring-summer 1992), pp. 3-15: 15.
2 Scrive Serge Doubrovsky: «Una critica degna di questo nome comincia con l’es-
Introduzione 37

un ruolo preciso che non è quello del “libero pensiero”, del pensiero disin-
carnato dalla realtà o, men che mai, di una filosofia della domenica, di una
speculazione banale ed elementare. L’approccio adorniano e la sua potente
arma dialettica richiamano piuttosto l’idea, quasi di sapore aristocratico,
però mai snobistico, di una filosofia critica che possa penetrare la realtà,
con la competenza e l’articolazione che può avere soltanto uno sguardo
analitico nel quale siano sedimentate le pagine della storia del pensiero
(non solo filosofico, ma anche storico, politico, estetico, sociologico).
Rileggere, ripensare e reinterpretare il pensiero adorniano oggi se, per un
verso, rischia di degenerare in rimasticatura e ripetizione, per altro verso, può
servire a prendere in considerazione l’idea che in esso sia ancora riposto un
potenziale critico che, come scrivono Luigi Pastore e Thomas Gebur, anco-
ra attende3. Bisogna quindi, in maniera accorta, mantenersi in equilibrio ed
evitare di aderire al partito che vede in Adorno un ferro vecchio o a quello
che lo vede come un indiscusso profeta delle catastrofi del secolo breve e del
terzo millennio. Il modello critico e la proposta di una dialettica aperta sem-
brano essere gli strumenti che mancano all’uomo d’oggi (e che la rilettura di
Adorno può offrire) per affrontare le sfide del mondo contemporaneo e che
potrebbero efficacemente essere utilizzati per attenuare quelle quasi incon-
trollabili tendenze omologanti e degenerative che rischiano di togliere senso
a termini (e concetti) come civiltà, umanità, democrazia, progresso.
La dimensione della critica (sociale, politica o culturale che sia) ha ri-
sentito di un deciso e pressoché inarrestabile declino, connesso anche ad
un movimento generale di apparente democratizzazione (sviluppatosi so-
prattutto a livello di teletecnologie4) che, nell’adorniano processo di ro-

sere un’autocritica. Deve conoscere i propri postulati per rivendicare le proprie


certezze» (S. DOUBROVSKY, Critica e oggettività [1966], trad. it. di F. De Michelis
Barnabo, Marsilio, Padova 1967, p. 16).
3 Cfr. L. PASTORE, TH. GEBUR, Theodor W. Adorno: una filosofia dell’esperienza, in
IID. (a cura di), Theodor W. Adorno. Il maestro ritrovato, manifestolibri, Roma
2008, pp. 7-23.
4 Mi riferisco, più in particolare, alle tesi secondo cui le teletecnologie interattive e
multimediali sarebbero capaci di offrire un nuovo modo di pensare e praticare la
democrazia. Le comunità virtuali e il rapporto da pari a pari (peer-to-peer), secon-
do questi approcci sviluppatisi soprattutto in ambito statunitense, rappresentano la
possibilità di realizzare una democrazia diretta. Vi è una tendenza a mitizzare, nel
tentativo di legittimare storicamente la democrazia della rete, da una parte, il mo-
dello ellenico di democrazia risalente a Pericle, dall’altra parte, quello jeffersoniano.
Non è un caso, quindi, che i principali «attivisti del ciberspazio» celebrino Thomas
Jefferson, uno dei padri fondatori degli Stati Uniti d’America, come una sorta di
precursore della «democrazia telematica». La delicata questione della democrazia
(orizzontale) della rete è, come si può immaginare, complessa, suscettibile di dif-
38 Theodor W. Adorno

vesciamento delle determinazioni, ha condotto ad una massificazione del


pensiero, ad un progressivo assottigliamento della critica, anzi, per usare
un’espressione di Mario Lavagetto, alla sua eutanasia. Non si tratta, evi-
dentemente, di discutere dell’intangibile diritto di esprimere i propri giudi-
zi e le proprie valutazioni, ma del fatto che sempre più spesso tali giudizi
e tali valutazioni restano in superficie, si riducono a tiepide descrizioni,
a neutre constatazioni. Ma «la critica non è (né può essere) una semplice
constatazione, non può limitarsi a descrivere e a catalogare: deve cerca-
re qualcosa che c’è, che è nel testo e che ne determina – invisibile – il
funzionamento»5, che sia dei meccanismi interni ad un testo, ad un’opera
d’arte, ad una composizione musicale o alla società.

3. Il problema è, comunque, più ampio ed articolato. Esso tocca, infatti,


diversi livelli di questioni e solleva numerosi interrogativi. Alla doman-
da: «che fine ha fatto il pensiero critico?» dovremmo affiancarne almeno
un’altra: «c’è qualche processo parallelo che ha inciso sulla crisi del pen-
siero critico?». Oltre alla già citata questione della evidente diffusione di
un’idea per la quale tutti possono, anzi, devono esprimersi su tutto, nel
mondo del todo pensado, del tutto possibile (nel quale non sembra ave-
re senso il quesito relativo alla differenza, di tipo morale, tra possibile e
lecito6) e di una generale indistinzione tra opinione e chiacchiera (si pen-

ferenti valutazioni e richiama innumerevoli problemi. Solo en passant possiamo


ricordarne uno, relativo al fatto che le teletecnologie e le reti informatiche se, per
un verso, hanno aperto nuovi scenari relativamente alla libertà d’espressione, per
altro verso, rappresentano un serio pericolo per la tutela della privacy. Si tratta di un
nugolo di questioni che assumono i connotati di autentici dilemmi morali.
5 M. LAVAGETTO, Eutanasia della critica, Einaudi, Torino 2005, p. 71.
6 «È lecito tutto ciò che è possibile» è il titolo di un intervento di Niklas Luhmann
apparso sul «Bollettino dell’Università degli Studi di Bologna» (marzo-aprile 1993,
pp. 5-7) e successivamente confluito in N. LUHMANN, Il paradigma perduto, trad. it.
di S. Rodeschini, a cura di G. Bonaiuti, Meltemi, Roma 2005, pp. 71-75. In queste
poche pagine, tuttavia, il discorso di Luhmann va polemicamente e provocatoria-
mente in direzione opposta rispetto a quella che qui cerco di seguire. Nella riflessio-
ne del sociologo tedesco, infatti, vi è la convinzione che da Aristotele fino alle gran-
di astrazioni moderne (Kant, Bentham, De Sade) l’etica abbia cercato di riflettere la
morale, fallendo nell’impresa a causa del suo ancoraggio ad un concetto parziale e
pregiudicato di ragione. Da tali impostazioni non si possono ricavare istruzioni per
il caso concreto. Secondo Luhmann, inoltre, a questa debolezza congenita si ag-
giunge una patologica invasività dell’etica in qualsiasi ambito del sociale nel quale
si reputi ci siano dei punti deboli: dall’economia alla medicina, dalla politica alla
scienza, e così via. Quello proposto da Luhmann, quindi, è il tentativo di ripensare
la razionalità morale, finanche la sua stessa pensabilità.
Introduzione 39

si agli innumerevoli opinion leader accreditati che vivono di anti-politica


e/o anti-cultura), tra valori e disvalori (per la quale l’autodeterminazione
del singolo viene scambiata per possibile adesione a principi tutt’altro che
morali), tra mito e bluff (si pensi alla facilità con cui personaggi di media
levatura possono diventare modelli, in ambito politico, culturale, artistico
o musicale), in questo nuovo mondo qualcosa ha contribuito ad assopire la
ragione critica? Non è trascurabile il ruolo assunto dalle moderne tecnolo-
gie di comunicazione di massa, tra tutte, televisione ed internet. A questo
riguardo, i rapidi riferimenti che sto facendo e che farò qui di seguito hanno
il solo obiettivo di suggerire un link tra il pensiero adorniano e la contem-
poraneità, lasciando intravedere (ed inevaso) un plesso di problemi la cui
analisi richiederebbe tutt’altro spazio.
Il graduale dissolvimento degli spazi a-tecnologici impone un costante
ripensamento del rapporto tra umano e non-umano, tra pensiero e prassi
tecnologica. Non si tratta naturalmente di dichiararsi contro le tecnologie,
ma di valutarne l’impatto rispetto al progresso culturale delle comunità;
non si tratta di riproporre il «classico scontro, per intenderci, tra ottimisti
e pessimisti. Tra malati di tecnofobia e malati di tecnofilia. Tra guastatori
luddisti e giocosi ludisti»7. I mezzi di comunicazione di massa, oltre che a
rappresentare una impensabile opportunità di sviluppo, attraverso la mobi-
litazione di informazioni e di notizie, di comunicazione a lunga distanza in
tempo reale, di rapida circolazione di cultura e di principi democratici (ne è
un esempio l’“Onda verde” dei giovani studenti iraniani che, attraverso in-
ternet, sono riusciti a mostrare al mondo la feroce repressione delle forze di
polizia nei confronti del fronte di opposizione al regime di Teheran) hanno
aperto la strada alla diffusione di fenomeni diseducativi e all’espressione di
contenuti di qualsiasi tipo, senza alcuna regola o regolamentazione.
L’elaborazione del proprio personale punto di vista, a partire dalla pre-
sa di posizione critica (che, è evidente, non implica necessariamente op-
posizione o contrasto) rispetto alle opinioni dominanti, non è pensabile
che si possa sviluppare in assenza di opportuni strumenti di analisi e di
valutazione, tali da consentire un’adeguata comparazione ed una conse-
guente scelta consapevole. In altre parole, si può vivere consapevolmente
e autenticamente, esercitando un pensiero critico, di rottura. Il punto è che
per esercitare la critica è necessario sviluppare quella che, parafrasando
Jürgen Habermas, potremmo chiamare una competenza critica8. Potremmo

7 T. MALDONADO, Critica della ragione informatica, Feltrinelli, Milano 1997, p. 7.


8 Discutendo dell’ermeneutica gadameriana, Habermas, in relazione all’ambito
scientifico e psicanalitico, all’interno del quale si può presentare un tipo di co-
40 Theodor W. Adorno

forse sostenere che la critica, per avere fondamento, giustificazione e forza


argomentativa, dovrebbe mantenere saldi i presupposti della competenza
rispetto a ciò di cui si discorre e la capacità di suggerire nuovi scenari.
Un discorso di questo genere dovrebbe valere tanto a livello di pensiero
critico in generale quanto a livello di critiche speciali (nell’ambito, cioè, di
discipline specifiche, come la critica musicale, la critica letteraria, la critica
d’arte, ecc.), partendo dall’idea che esiste un campo proprio della critica,
una sua struttura, che fa sì che essa si possa presentare come una «pratica»
dotata di una sua relativa costanza storica e riconducibile sostanzialmente
a quelle che Filiberto Menna individua come le sue tre funzioni costitutive:
storica, teorica e critica in senso proprio9.
Rispetto all’attuale stato di cose, quello di Adorno sembra essere un mo-
dello eminente di esercizio critico rigoroso ed esemplare, che attraversa le
regioni della filosofia, della sociologia e dell’arte. Ripercorrere il cammi-
no di Adorno significherà pertanto ricostruire alcuni passaggi centrali del
percorso intellettuale e dell’opera di una delle più interessanti figure del
Novecento, ma, attraverso la ricomposizione dei tasselli principali che han-
no dato forma al variegato prisma dei rapporti tra teoria e arte, tra teoria e
musica e, attraverso il recupero del potenziale critico del pensiero, signifi-
cherà rilanciare la necessità di una filosofia critica che riesca a rimescolare
le carte, a proporre una prassi migliore, nella convinzione che ripartire dal
dato teorico, dal momento della (auto)riflessione critico-produttiva sia il
più efficace punto di partenza per una buona pratica. Il pensiero critico di
Adorno non cessa di manifestare la propria attualità. Ecco che il precet-
to adorniano secondo cui il compito del pensiero critico non è quello di
conservare il passato, ma redimere le speranze del passato, «non ha perso
niente della sua attualità, ed è precisamente grazie all’attualità di quel pre-
cetto che il pensiero critico ha bisogno di essere ripensato continuamente
per rimanere all’altezza del suo compito»10.

municazione distorta o disturbata, ha posto il problema dell’autocomprensione


ontologica dell’ermeneutica, che presupporrebbe implicitamente quelle esigenti
ipotesi teoriche che potrebbero essere fondate e sviluppate solo nel quadro di una
teoria della competenza comunicativa (cfr. J. HABERMAS, La pretesa di universa-
lità dell’ermeneutica [1970], in ID., Cultura e critica, trad. it. con una nota di N.
Paoli, Einaudi, Torino 1980, pp. 199-232).
9 Cfr. F. MENNA, Critica della critica, Feltrinelli, Milano 1980, p. 77 (è da precisare
che il discorso di Menna è riferito all’ambito specifico della critica d’arte, sebbene
egli stesso non escluda la possibile estensione del discorso alla critica nel suo
molteplice configurarsi).
10 Z. BAUMAN, Adorno e la globalizzazione, trad. it. di S. Velotti, in «MicroMega»,
5/2003, pp. 62-81: 81.
Introduzione 41

4. Partendo da queste premesse, il volume, che in prima battuta ricostru-


isce gli aspetti essenziali e caratteristici della scrittura e del pensiero ador-
niani (Parte prima), intende, per un verso, ripercorrere alcuni snodi relativi
al rapporto teoria-musica dal Settecento al Novecento, per meglio inqua-
drare la specificità e peculiarità della riflessione adorniana (Parte seconda),
per altro verso, ricostruire le vicende intellettuali di Adorno in riferimento
a temi di natura musicale. Affrontare però le analisi filosofico-musicolo-
giche di Adorno relative ad alcuni compositori cardine (Parte quarta) può
risultare più efficace se, preliminarmente, si getta uno sguardo sul pensiero
filosofico adorniano e su alcune sue tesi centrali che attengono, più che
all’analisi di specifici autori, al fenomeno “musica” in generale, sempre
studiato in connessione con le dinamiche storico-sociali (Parte terza).
Nelle pagine che seguono, almeno nelle intenzioni, ho cercato di creare
un percorso che tenesse conto della articolata e peculiare combinazione tra
filosofia, sociologia e musica dalla quale scaturiscono le tesi adorniane,
così come anche della loro sostanziale coerenza e continuità, la cui messa
in evidenza è oramai necessaria. Questo, non per ridurre la costellazione
di Adorno ad unità o a sistema (sarebbe un’operazione decisamente anti-
adorniana), né tantomeno per rendere la sua figura monolitica.
Il pensiero di Adorno, fin dall’inizio, è parso condannato all’inattualità,
più che all’attualità, per poi oscillare, nel corso dei decenni, tra un estremo
e l’altro. Ma l’inattualità adorniana è assimilabile a quella nietzscheana:
essa è sintetizzata nell’immagine del «messaggio nella bottiglia», affida-
to ad un destinatario futuro, pronto e disposto a leggerlo, ad ascoltarlo, a
comprenderlo. Il «messaggio nella bottiglia» non è che «la testimonianza
della contingenza della frustrazione e della durata della speranza, della in-
distruttibilità delle possibilità e della fragilità delle avversità che ne impe-
discono la realizzazione. Nella versione di Adorno, la teoria critica è questa
testimonianza […]»11.
Nel nostro momento storico, depurare la filosofia adorniana dalle croste
ideologiche che l’hanno per troppo tempo appesantita, contestualizzarla e
metterne in evidenza le relazioni interne significa riconsegnare ad una let-
tura più obiettiva il potenziale teoretico e critico di un grande Maestro del
pensiero del Novecento, in tutti gli ambiti nei quali esso si è espresso.

11 Ivi, p. 74.

Potrebbero piacerti anche