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Abstract picconi

Non è forse sbagliato considerare Pasolini un vero e proprio materialista storico: da Gramsci a
Benjamin, le sue letture lo hanno portato a sviluppare una teoria della letteratura in cui
fondamentale è riuscire a passare la storia a contropelo, per individuare il rapporto tra i fenomeni
estetici e e le strutture materiali da cui questi fenomeni si sono originati, e insieme il piano della
storia su cui riposano. La concezione della storia di Pasolini è largamente basata sul non-
contemporaneo.
In questo senso, l’operazione di Pasolini è ancora più interessante. Il tentativo di acquisire coscienza
tecnica del rapporto tra storia e fenomeno estetico sembra quasi orientato alla volontà di poter
riprodurre quel determinato fenomeno nel futuro in modo che si mantenga però autentico. Se
l’autenticità è sempre in rapporto con un’origine, allora Pasolini sembra spostare il problema della
ricerca delle origini avanti nel tempo.
Tra le unità d’analisi che Pasolini impiega per riuscire a analizzare la storicità dei fenomeni del
mondo che lo circonda, e poter così poi tentare di riprodurre il momento dell’origine, dando vita a
momenti di nuova autenticità, c’è stato indubbiamente il «regresso». Ora, vale la pena notare che
questa categoria verrà ben presto sostituita da una serie di categorie affini, che di volta in volta ne
riprenderanno elementi. Si tratta, in particolare, del concetto di sopravvivenza, di quello di
metastoria e infine di quello di rinascita: tre concetti di matrice etnologica, che Pasolini riprende
senz’altro da de Martino e da Cocchiara, due etnologi cui Pasolini, in momenti diversi della propria
vita fu vicino.
L’importanza del concetto di sopravvivenza è stata messa in luce da un buon numero di studiosi, tra
cui Bazzocchi e Didi-Huberman: su metastoria e rinascita, invece, resta ancora molto da dire. Se il
termine stesso, metastoria, ricorre con singolare frequenza in svariate opere di Pasolini e in
un’epoca che va da l 1954 al 1975, il termine rinascita sembra marginale nella sua opera. Eppure,
alcuni indizi portano a credere che appunto il concetto di rinascita abbia occupato un posto centrale
nella teorizzazione pasoliniana dei primi anni sessanta. La dimostrazione più lampante è forse un
saggio, La Resistenza Negra, dove la parola non ricorre mai, e dove però Pasolini descrive
fenomeni tali per cui resta difficile comprenderli senza ricorrere a questa infrastruttura concettuale.
Pasolini, in quel saggio, sembra asserire che, in Africa, stilemi stinti e ormai fuori tempo come
quelli derivanti dalla poesia surrealista, possono ritornare attuali: o, si potrebbe dire, ritornare
autentici. Questa riconquista dell’autenticità, proprio mentre il surrealismo di ritorno di autori come
Sanguineti merita da parte di Pasolini una condanna quasi senza appello (Sanguineti puzza di
cadavere), è spiegabile appunto solo a patto di entrare nella metaforica di Pasolini, una metaforica
basata appunto anche sull’idea di rinascita. La rinascita si dà allora, come possibilità, quando
interviene una particolare serie di condizioni storiche che consente a cose che avevano perduto la
loro autenticità di porsi nuovamente come fenomeni originari, e quindi di guadagnare una propria
nuova autenticità. È certo allora che, per concludere, a partire dalla seconda metà degli anni
sessanta Pasolini pensa che la rinascita sia ormai qualcosa di impossibile. Ne segue che anche le
condizioni per la riconquista dell’autenticità diventano sempre più difficili da ottenere.

distinzione tra storia e tempo

Non è forse sbagliato ravvisare in Pasolini il profilo intellettuale di un vero e proprio un materialista
storico: da Gramsci a Benjamin, le letture di Pasolini e il modo con cui ne attinge per disegnare una
autentica teoria della letteratura, indubbiamente sono quelle di un intellettuale che sta passando la
storia a contropelo, o che, in ogni caso, cerca, dietro ai fenomeni estetici, di mantenere un rapporto
di analisi con la struttura materiale che ha potuto produrre quel determinato fenomeno.
È indubbio che nel leggere e collocare su un piano di materialismo storico, Pasolini si avvale di
strumenti di analisi desunti talora dai campi più disparati. Si può considerare un’unità di analisi di
carattere materialista, per esempio, la tecnica del cosiddetto regresso – desunta molto probabilmente
dall’ambito della psicoanalisi – nella misura in cui consente in effetti l’incontro di due ontologie
sociali. Ma fin dal termine impiegato, il regresso, incontro tra un ethos sottoproletario e uno
borghese, obbedisce a un tentativo di ricerca dell’autenticità attraverso un’operazione di – se mi si
passa il termine – spostamento all’indietro lungo l’asse della storia. Borghesia e sottoproletariato in
fin dei conti riposano su strati differenti della storia; e storia e tempo sono due cose non coincidenti,
per quel poeta di allegorie che è Pasolini. Sia come sia, il regresso è un’operazione, in primis, di
ricerca delle origini. Ora, l’operazione intellettuale di tutto Pasolini, a mio avviso, consiste
fondamentalmente nello spostare il problema delle origini in avanti nel tempo, anziché indietro, e
nella ricerca del punto di tangenza tra la storicità del singolo soggetto e quella dei gruppi sociali.
Il tentativo di ricerca dell’autenticità costituito dal regresso corrisponde in primis a un tornare
indietro nella storia, non nel tempo: l’incontro tra le due classi sociali è possibile soprattutto
attraverso la dimensione della noncontemporaneità che caratterizza la storia, e la stratificazione
diacronica che attraversa ogni individuo. Ora, va sottolineato come Pasolini abbandoni il concetto
di regresso in un’epoca molto remota del suo percorso intellettuale, quasi subito, insomma. La
domanda che ci si potrebbe porre è se, successivamente Pasolini si sia dotato di altre unità d’analisi
analoghe, con il fine di compiere operazioni di analisi sull’orizzonte dei fenomeni tipico di un
materialista storico, alla ricerca di una possibile origine.
Naturalmente, queste unità, sarebbero collegate appunto con un tentativo di ricerca dell’autenticità:
tentativo che Pasolini tenderà a considerare ormai fuori dalle possibilità dell’orizzonte storico dopo
la metà degli anni sessanta.
In ogni caso si potrebbe dire che queste unità d’analisi sono quelle di sopravvivenza, rinascita,
metastoria, non per caso desunte tutte dall’ambito dell’etnologia, e in particolare dalla relazione con
due grandi etnologi: Cocchiara e de Martino.
Tra tutte queste, forse quella più vicina a configurare la possibilità storica di una dimensione di
autenticità è indubbiamente la rinascita.

Per parlare della dimensione della rinascita, vale la pena di prestare attenzione a un testo dal titolo
La resistenza negra, dove operazioni di prospezione storica risaltano continuamente:

La prima impressione che si ha leggendo questi poeti,è


quella di una lettura leggermente antiquata: dico legger.
mente, perché la «data» (se datata è questa lettura) non
risale a oltre una decina di anni fa.

Anche la
poesia della Resistenza negra è insomma caratterizzata
dal coesistere di una lingua culturalmente anteriore, sti-
listicamente già ben «fissata», e di una lingua neonata,
ancora stilisticamente senza tradizione alcuna.

C’è sempre, nella cultura


Precedente di un popolo, quella che la storia ha superato,
questa riserva di vitalità, che, nel poeta, comunque viven-te nella storia, non può non diventare
retorica. I negri nu—
di che ballano intorno al fuoco sono come sottoproletari
rovigotti intorno al fiasco del vino o cafoni meridionali
che suonano la ghitarra: puri oggetti di retorica (quando
siano portati al livello «culto», naturalmente, e non capiti
e mimati stilisticamente fin dentro il loro essere.. ).

il concetto «Africa» è il concet—


to di una condizione sottoproletaria estremamente corn-
plecsa ancora inutilizzata come forza rivoluzionaria reale.

il concetto «Africa» è il concet—


to di una condizione sottoproletaria estremamente com-
plessa ancora inutilizzata come forza rivoluzionaria reale.
forse si può definirlo meglio, questo concetto, se si
l’Africa con l’intero mondo di Bandung

È fortemente sintomatico che a lottare perla


giustizia sociale siano i popoli più lontani dalla civiltà in-
dustriale che si possano immaginare: dei sottoproletariati
addirittura preistorici rispetto a tale civiltà.

presso i popoli pre-industriali, puramente consumatori,


c’è invece una sete violenta di ideologia.

Adopero questa parola in tutta l’estensione del suo si-


gnificato, ivi compresa anche la rinascita, la lotta per la
rinascita, la strada da percorrere per raggiungerci quag-
giù nella nostra magnifica storicità. Adopero questa pa-
rola implicandovi anche la guerra dei sottoproletariati
algerini, angolani, kikuyu... Gandhi, Kenyatta... Adope-
ro questa parola implicandovi anche il Ghana, che fra
pochi decenni sarà ricco come la Svizzera... Ma adopero
soprattutto questa parola come senhal geografico per
comprendervi la fisicità dei «regni della Fame», il «feto-
re di pecora del mondo che mangia i suoi prodotti». (Il
riferimento al fatto storico accaduto a Bandung è margi-
nale e casuale, ecco.)

Si pensi a quanto accade in un testo capitale per la comprensione del percorso di Pasolini come la
letteratura negra: …

La rinascita rende autentica anche la poesia caratterizzata da stilemi avanguardistici.

Vale la pena allora di individuare alcuni loci in cui Pasolini parla espressamente di rinascita.

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