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L’adattamento delle azioni del marketing dipende da: settori, canale commerciale, categorie e mercato.

I ruoli nel marketing (crescita responsabilità): junior assistant, assistant, manager, director, executive
(prende decisioni).
Il mkt definisce le attività che portano al mercato: dipende dalla natura del mercato, dal comportamento
della domanda e dalla natura e intensità della competizione.
Cozzi e Ferrero  il mkt è un connettore intersistemico che deve mettere in relazione produzione e
consumo. La nascita degli ipermercati e successivamente l’e-commerce cambiano drasticamente il sistema
distributivo. Il contesto in cui si configura il mkt riguarda: struttura della competizione, evoluzione
tecnologica, eventi di natura socio-politica, globalizzazione.
Kotler  Marketing 3.0  essere umano nel pieno senso del termine, con esigenze materiali e spirituali.
Forze che agiscono sul sistema di business: partecipazione (chiunque può creare notizie), globalizzazione
(aspetti politico-legali e socio-culturali) e società creativa (consumatori consapevoli influenzano l’intera
società, ricercano prodotti che siano coerenti con i propri valori e generino esperienze d’acquisto). Quello
che conta, nel Marketing 3.0, è spingere i clienti verso l’alto nella piramide di Maslow. L’opinione pubblica
comincia ad aspettarsi che le imprese operino come motori dello sviluppo socio-culturale, e non solo per
produrre profitti. Tre stati del rapporto del marketing con i problemi sociali: filantropia, mkt finalizzato a
una causa, trasformazione socio-culturale.
La comunicazione pubblicitaria crea notorietà, crea una promessa, permette al prodotto di distinguersi
mostrando la sua superiorità.

Il MKT STRATEGICO è un’attività di gestione strategica dell’impresa che riguarda il lungo periodo e che ha
alla base tre strumenti: segmentazione dei consumatori che si somigliano in gruppi, targeting (ci si rivolge al
proprio target), posizionamento del prodotto nella mente del consumatore. Il mkt strategico è una logica
razionale con approccio causa-effetto che sfrutta l’analisi SWOT e il modello del vantaggio competitivo di
porter.
Definita la strategia si passa al MKT OPERATIVO che definisce le azioni utili per conseguire gli obiettivi.
L’insieme di tali attività è noto come MKT MIX, cioè la combinazione di azioni e politiche di Prodotto,
Prezzo, Promozione e Posizionamento (inteso come distribuzione). Si redige quindi un piano di mkt
(budget) e si osservano le dimensioni di risultato.
Concetti rilevanti diventano differenziazione e posizionamento, quest’ultimo non riguarda solo la
comunicazione ma parte dalla progettazione.
Il concetto di mkt mix si modifica e si passa ad una VISIONE OLISTICA che non si limita all’idea di prodotto
tangibile ma passa al concetto di vendere l’idea di un prodotto: combina elementi funzionali a elementi
simbolici.

Terza rivoluzione industriale (Rifkin)  cambiamenti delle tecnologie di comunicazione e comparsa di nuovi
fonti energetiche rinnovabili.
Società post-industriale  fasi 1 e 2 modello industriale, fasi 3 e 4 imprese automatizzate. Si ha una
transazione verso una società basata sul mercato, paradigma della crescita e del benessere (persone vivono
sempre meglio), service economy  Rullani: focus da beni materiali a servizi, da dimensione tangibile a
intangibile. Industria 4.0  si basa sulle nuove tecnologie della produzione, cloud, big data e produttività.
Mkt ripensato alla luce di 4 grandi forze:
- DIGITAL MKT: riguarda le tecnologie della connettività e dell’interattività, cambiamenti del tempo,
spazio, mobilità e consumi;
- GLOBAL MKT: finanziarizzazione (le imprese per valutare la performance guardano oltre ai soliti
indicatori anche il valore complessivo dell’impresa), economia globale (l’economia è senza confini).
- GREEN MKT: le imprese devono preoccuparsi anche degli impatti delle loro attività sull’ambiente
(responsabilità). Nazioni Unite definiscono la green economy su tre pilastri: emissioni di carbonio,
utilizzo di risorse e distribuzione di ricchezza. Sostenibilità riguarda business, stati e cittadini e si traduce
in sei elementi: trasporti, produzione energetica, acqua, edilizia, gestione agricoltura e foreste e
gestione dei rifiuti  economia circolare: le imprese pensano i loro prodotti al fine del riciclaggio, è
fonte di risparmio (diffusione fast fashion, moda usa e getta). B-corp imprese che si vincolano
volontariamente a comportamenti etici.
- CREATIVE MKT: riguarda megatrend che caratterizzano i comportamenti puntuali dei consumatori:
megatrend della sostenibilità, megatrend dell’individualità (soddisfazione esigenze personali),
megatrend del web/digital, megatrend dell’autorealizzazione (come il concetto dell’individualità ma
legato alla componente psicologica).
La piramide di MASLOW è legata al concetto di autorealizzazione, la gerarchia dei bisogni riguarda (dal
basso): sopravvivenza fisica, sicurezza (protezione), socializzazione (appartenenza ad un gruppo sociale,
amore), stima (autostima, riconoscimento, status), autorealizzazione (realizzazione di sé).

Diviene importante il CONSUMO SIMBOLICO, si deve coinvolgere a livello emotivo il consumatore.


Codeluppi BIO-CAPITALISMO i prodotti e servizi devono procurare sensazione, conferire status e
comunicare valori sociali, perciò l’impresa sfrutta le nostre conoscenze, emozioni, esperienze, desideri e
aspirazione.
Fabris: il consumatore è più esigente, scaltro, selettivo, infedele alla marca. Bauman: società individualista.

Prima: standardizzazione, consumo di massa, economie di scala (curva gaussiana). Dopo: Anderson e
modello lunga coda – prodotti popolari alla testa del mercato, prodotti che soddisfano esigenze specifiche
nella lunga coda (flessibilità, velocità, economie di gamma).

Definizioni di marketing:
1)1935: mkt gestisce il flusso di beni e servizi.
2)1985: mkt è un processo di organizzazione, pianificazione e politiche della distribuzione di idee, beni e
servizi.
3)2004: mkt è una funzione organizzativa e insieme di processi volti alla creazione, comunicazione e vendita
di valore al consumatore, gestendo le relazioni con i consumatori in modo da beneficiare l’organizzazione e
i suoi azionisti.
4)2007: mkt è l’attività, l’insieme di istituzioni e dei modelli volti alla creazione, comunicazione, vendita e
scambio di servizi che offrono valore per imprese, consumatori, azionisti e società nel suo complesso.

Snodi concettuali: da scambio a relazione, il consumatore ora è coinvolto nella produzione, estensione
responsabilità sociale delle imprese, prodotto con valore simbolico, centralità della marca.
Passaggio logico concettuale: mkt indifferenziato di massa (transazione pura)  mkt differenziato per
segmenti (transazione con feed-back)  mkt one to one (tecnologie, relazione, personalizzazione).

YOU: il concetto di YOU deriva dalla necessità del mkt di riconoscere le specificità del singolo consumatore.
In particolare you ha due significati: 1 le imprese si devono avvicinare il più possibile alle esigenze del
singolo consumatore, 2 il singolo consumatore ha dei propri obiettivi, dei valori, una propria immagine e le
imprese devono capire quali sono gli elementi che rendono unico il consumatore e inserire nell’offerta del
prodotto tutti quei contenuti materiali e simbolici che garantiscono la sovrapposizione tra i bisogni intimi e
personali del consumatore e quello che offre il prodotto (personal branding).
PERSONAL BRANDING: pur essendovi un’unica marca, più consumatori devono sapersi riconoscere in
questa. È rilevante la specificità del singolo consumatore.

Ci sono 5 politiche del mkt che si basano sull’idea di relazione, co-creation, customer engagement e brand
value: social media mkt, customization, co-creation, punti di vendita e spazi esperienziali e brand
identity/brand value.

1)SOCIAL MEDIA MKT le tecnologie digitali si sono diffuse molto rapidamente a causa delle loro
potenzialità e dei loro bassi costi (1995 nascita web mkt, 2000 e-commerce, 2005 social media).
Dematerializzazione delle imprese (tanti utenti, non hanno strutture) e contatto diretto con i consumatori.
Step: avere un sito web, essere visibili, web advertising, monitoraggio accessi e verifica dell’efficacia.
4 funzioni dei siti web: ambiente di pubblicazione (rapida disponibilità delle informazioni), ambiente di
feed-back (raccogliere informazioni dagli user), ambiente di servizio/supporto (per offrire servizi
personalizzati o indifferenziati), ambiente di transazione (permettere acquisto e pagamento online).
Nuovi modelli di business su internet: Brokerage model (intermediari, applicano una fee o subscription a
seguito di un servizio di matching domanda/offerta), Advertising model (si finanziano attraverso forme di
advertising), Infomediary model (vendono i database dei propri clienti), E-commerce model (siti di vendita
di produttori o intermediari).
Fonti di income: accesso a pagamento (livello base e livello premium), richiedere fees di intermediazione,
vendite dei propri prodotti/servizi, ricavi da inserti pubblicitari, vendita informazioni (database).
Problemi: eccessivo potere di alcuni attori (antitrust), fastidio del cliente per l’intrusione in email e telefono,
eccesso di comunicazione con conseguente allontanamento del cliente, truffe digitali, tutela privacy.
Advertising nella TV  impatto lento e graduale, nascita tv commerciale con canale 5, costi proporzionali ai
contatti, il target è poco coinvolto e in massa, modello classico della comunicazione: emittente codifica un
messaggio secondo un codice, lo trasmette tramite un canale a un destinatario che lo decodifica tramite un
codice. Problema di rumori, cioè tanti canali con tante pubblicità anche della stessa categoria che causa
affollamento pubblicitario e difficoltà di distinzione.
Avvento dei social media impatto forte e rapidissimo, modificano linguaggi, logiche e direzione dei flussi
comunicativi. Possibilità di micro-segmentare il mercato e interagire direttamente con i propri
clienti/target, nasce la figura del follower, Social Media ROI (capacità dell’impresa di fare investimenti sui
social media e misurare gli effetti), il linguaggio è sempre più breve nei testi e basato su immagini e video.
Tema condivisione: chiunque può produrre e condividere contenuti (può essere vantaggio o svantaggio in
base al tipo di commenti). Nascono community, leader e follower: i leader lanciano contenuti generando
community di follower e si forma un consenso crescente attraverso l’interazione e la retro-azione.
Dicotomia tra haters e lovers, viene meno il controllo e l’unidirezionalità del messaggio, si creano confronti
tra opinioni divergenti. Passaggio da PERSUASIONE (convinzione tramite ragionamento per ottenere fiducia
e approvazione) a INFLUENZA (condizionamento tramite la propria personalità, il leader condiziona
attraverso motivi sconosciuti i follower).
Figure della comunicazione: blogger (qualunque utente internet che aggiorna con contenuti testuali o
multimediali un blog), youtuber (produce e pubblica regolarmente video per la piattaforma), influencer (in
grado di influenzare grazie alla propria reputazione opinioni e atteggiamenti). Elementi comuni sono la
tematizzazione dei contenuti, l’autorevolezza e credibilità, la capacità comunicativa, leadership,
costituiscono una community, rilevanza numero di follower e loro reazioni, advertising sulle loro pagine,
potenziale rapporto con aziende e brand. L’effetto sull’azienda si ha quando: parlano dell’azienda,
confrontano aziende, utilizzano specifici prodotti.
Influencer  soggetto credibile che condivide stabilmente contenuti, crea un rapporto confidenziale e
fiduciario con i propri follower. Sono attivisti (coinvolti in comunità e movimenti di appartenenza), sono
connessi (dispongono e alimentano un consistente network di relazioni), hanno un forte impatto (seguiti e
godono della fiducia degli altri), sono menti attive (molti interessi), sono trendsetter (primi ad adottare
innovazioni e ad abbandonare prodotti obsoleti). Devono avere competenze e conoscenze del
prodotto/settore, essere efficaci utili e credibili, essere creativi e innovativi, generare contenuti interessanti,
abilità comunicative/tecniche e padronanza dei linguaggi. Se si vuole crescere è necessario un piano
editoriale.
Piramide influencer  alla base consumattori (utenti che acquistano e commentano), esperti (personaggi
preparati sul tema), guru (super esperti), vip e celebrity. Salendo nella piramide aumenta la notorietà, la
credibilità e l’autorevolezza. Distinzione tra local heroes e world star. Micro-influencer (fino a 5000
follower), mini-influencer (soglia dei 100000) e macro-influencer (milioni). Ulteriore distinzione:
comunicazione di fan e follower senza relazione economica, comunicazione di influencer pagati.
Forme di ricavo: advertising, partecipazione a eventi, avvio attività imprenditoriali, contratti con aziende
per promozione. Il reddito deriva inoltre dal pagamento di una quota convenzionata per ogni post
proporzionata al numero di follower e agli effetti generati, dalle collaborazioni contrattuali (influencer
diventa brand ambassador, endorsement della marca) e dall’uso gratuito di un certo prodotto (la
transazione non è in denaro).
Vi sono obblighi di legge che vietano forme di mkt ingannevole (FTC crea un endorsement book), e
prevedono che vi sia chiara indicazione circa l’accordo tra influencer e marchio.
Le imprese quindi si avvalgono del monitoraggio analitico della comunicazione che influisce sui social media
e delle possibili informazioni distorte (crisis management) ed elaborano una strategia di generazione di
contenuti offline e online (content mkt).
MKT VIRALE: è un’azione di mkt che sfrutta la capacità comunicativa di pochi soggetti interessati per
trasmettere il messaggio ad un numero elevato di utenti finali. si tratta quindi di un’evoluzione passa parola
con intenzione volotaria da parte dei promotori della campagna (se si raggiunge un membro della
community scatta la viralità all’interno della stessa community).
CONTENT MKT: è l’arte di produrre contenuti utili e interessanti ai consumatori senza entrare
fastidiosamente nel loro quotidiano. Non si lanciano prodotti o servizi ma si inviano informazioni per
avvicinare il prospect, cioè il consumatore che ha le caratteristiche per diventare cliente. È necessario
conoscere il proprio consumatore, in particolare individuarne i problemi e le domande, definire soluzioni,
produrre informazioni credibili, sviluppare una presenza online e lavorare sulla dimensione commerciale,
spingendo il consumatore ad acquistare. Lo scopo è quindi attirare il prospect per trasformarlo in cliente
fidelizzato e farlo diventare ambassador e generare advocacy.
ADVOCACY: i clienti sono così fidelizzati al marchio che sono disposti a difenderlo e sponsorizzarlo.
Tra le strategie per generare advocacy c’è l’INBOUND MKT, cioè l’evoluzione dell’outbound mkt che si
basava sulla persuasione per arrivare all’utente. L’inbound mkt non ha come obiettivo primario vendere il
prodotto ma generare advocacy e quindi di suscitare l’interesse dei visitatori tramite contenuti unici,
personalizzati e di qualità la cui generazione è possibile grazie ad uno studio approfondito dei bisogni e dei
comportamenti di un target definito. Sfrutta leve come politiche di customer relationship management,
elementi di web mkt e digital mkt.
PURCHASE FUNNEL (sulla base dell’inbound mkt) rappresenta una progressiva suddivisione della
clientela. Si parte con gli awareness, cioè un ampio numero di soggetti consapevoli che sono potenziali
clienti. Una parte di questi, suspects, possono interessarsi all’offerta e avvicinarsi alla marca. Un numero più
ridotto di questi, prospects, manifestano un desiderio nei confronti della marca fino ad effettuare un ordine
e diventare clienti.
MKT FUNNEL  processo che veicola l’audience verso un percorso sempre più preciso per trasformare una
persona sconosciuta in un cliente fedele. Si basa su tre fasi (le prime possono essere supportate da inbound
e outbound mkt): lead generation (azioni volte ad attirare l’attenzione, acquisire e generare lead nei
potenziali utenti interessati che quindi lasciano all’azienda i propri contatti), lead nurture (significa coltivare
e alimentare attraverso azioni di comunicazioni personalizzate i propri contatti al fine di prepararli
all’acquisto) e sales (l’utente diventa cliente effettivo tramite l’acquisto per cui ora bisogna lavorare sulla
fidelizzazione e sull’advocacy). Alla fine del processo l’imbuto si riapre per dare spazio a nuove attività
rivolte alla relation. Uno degli strumenti è la costruzione delle MKT PERSONAS: personaggi fittizi creati per
identificare i propri clienti che si basano sulla conoscenza di utenti reali, meglio si identificano le personas e
più si riescono a generare proposte e contenuti interessanti.
La comunicazione ha inizio attraverso conversazioni tramite social media che portano a fiducia e quindi a
fidelizzare il cliente per poter giungere all’engagement.
ENGAGEMENT (=coinvolgimento): ha lo scopo di creare legami forti tra il brand e i suoi clienti e a stimolare
il loro passa parola. Presuppone fiducia e la condivisione dei valori espressi dalla marca. Il consumatore è
disposto a spendere tempo per la marca e partecipa attivamente. L’engagement va creato e alimentato
attraverso attività mirate: tutta l’attività di marketing ha come fine ultimo l’engagement. Bisogna dunque
creare relazioni ed esortare alla partecipazione e alla condivisione. Uno strumento per fare ciò è la
dimensione narrativa: non si parla del prodotto ma induce l’identificazione e richiede la testimonianza dei
clienti, riscpecchia la mkt personas creata.
Processo di mkt secondo il paradigma dell’INFLUENZA (condizionamento tramite la propria personalità, il
leader condiziona attraverso motivi sconosciuti i follower) prevede un approccio basato su: narrazione
(tutto parte da un processo narrativo mirato ad una determinata community per generare un meccanismo
di identificazione), identificazione (utente si sente rappresentato dalla narrazione e passa all’engagement),
engagement (il consumatore è disposto a spendere tempo per la marca e partecipa attivamente), co-
creation (utente suggerisce idee in merito al prodotto). Il consumatore diventa protagonista di un
fenomeno virale e induce all’identificazione altri individui o propone nuovi contenuti di ispirazione per
l’azienda (comunicazione bidirezionale). La qualità nei prodotti è scontata e assume rilevanza la qualità
percepita. Gli elementi alla base sono la reputazione, le recensioni e i giudizi. Prendono vita forme di tutela
del consumatore.

2)CUSTOMIZATION avvicinare i prodotti alle esigenze del singolo consumatore. Questa logica di mass
customization implica una comunicazione a due vie che si spinge fino alla fase della produzione e della
comunicazione. Presuppone la capacità delle imprese di assecondare le richieste provenienti dai
consumatori, si sostituisce alla produzione di massa ed è l’unica modalità produttiva con cui fare fronte ad
una domanda frammentata. Condizioni per cui è possibile: richiede un sistema produttivo flessibile in grado
di abbattere i costi, richiede l’adozione di specifiche tecniche di approvvigionamento, gestione dei processi
produttivi e just in time, richiede un prodotto per sua natura personalizzabile a livello di progettazione,
produzione e distribuzione, avere strumenti di comunicazione. È possibile per tutti i prodotti e rimane nella
logica modulare (non va confusa con la vera personalizzazione). Es. Ikea.

3)CO-CREATION sviluppo di nuovi concetti, prodotti o servizi congiuntamente ai propri clienti, partner o
stakeholders esperti. Risponde all’esigenza dei consumatori di poter contribuire alla realizzazione dei
prodotti. Quindi è una strategia che permette di attingere ad una creatività esterna all’impresa: i clienti
sono coinvolti nei processi innovativi dell’impresa. Tale processo deve realmente coinvolgere i clienti che
possono avere un dialogo e ideare i prodotti in modo congiunto con l’impresa, rafforza perciò il rapporto
diretto tra impresa e consumatore ed è estremamente sfidante (flessibilità, trasparenza, ecc.). 4 categorie
di co-creation in base al grado di apertura (asse verticale) e grado di proprietà (asse orizzontale): club of
experts (coinvolgimento esperti con competenze particolari per l’ideazione dei prodotti, beneficio va tutto
all’azienda – la sportiva), crowd of people (ownership dell’azienda che però coinvolge un gran numero di
persone – MySturbucks Idea), community of kindred spirits (chiunque può partecipare e divenire
beneficiario), coalition of parties (ideazione nuovi prodotti tramite partnership commerciali). È importante
inoltre che vengano attivati solo processi di comunicazione a due vie per evitare effetti boomerang, è
importante che le parti coinvolte vedano dei risultati per non ridurre l’engagement, le nuove idee vanno
valutate e filtrate.
Per attivare la creatività dei soggetti ci sono due fasi creative thinking: generare idee liberando la mente,
si ricercano idee originali e innovative “out of the box”, può avvenire spontaneamente (modalità de-
strutturata) o essere gestito e stimolato. Critical thinking: giudicare le idee valutandone ogni aspetto
(effetti, costi, ecc.).
Creatività e ingegno non riguardano solo la comunicazione pubblicitaria me anche l’aspetto relativo al
pensiero creativo e al lancio di nuovi servizi/prodotti. Esistono apposite società di consulenza che lavorano
sul pensiero creativo.

Tre momenti: economia industriale (centrata sui beni), service economy (servizi), experience economy
(esperienza).
ESPERIENZA: è legata al passato, alle azioni e alle percezioni sensoriali che abbiamo al momento
dell’acquisto e consumo dei prodotti (Pine e Gilmor). Si tratta di andare oltre le merci, prevale la
dimensione simbolica e la spettacolarizzazione. L’individuo quindi paga per trascorrere del tempo e gustarsi
una serie di eventi memorabili (qualcosa che deve essere ricordato perché importante), messi in scena da
un’impresa come una rappresentazione teatrale (modalità di consegna del prodotto/servizio) per
coinvolgerlo a livello personale. L’esperienza si somma alle catatteristiche già esistenti del prodotto.
Pine e Gilmor descrivono la storia attraverso un processo additivo: si parte dalle commodity, cioè materiali
fungibili estratti dal mondo naturale  si evolve ai beni, manufatti tangibili standardizzati e immagazzinabili
 si arricchiscono con i servizi, attività intangibili  esperienze, eventi memorabili che coinvolgono gli
individui sul piano personale. Abbiamo dunque un prodotto sempre più differenziato e il prezzo aumenta
(es. starbucks).
MKT ESPERIENZIALE È l’insieme di strategie finalizzate alla produzione di esperienze che coinvolgono il
consumatore. Si mette in scena il prodotto/marca, attraverso il coinvolgimento emotivo e sensoriale del
consumatore i cui acquisti sono sempre più legati a componenti di natura emozionale e simbolica.
Cinque moduli attraverso i quali stimolare l’esperienza (Shmitt): sense (esperienza sensoriale, sfrutta i 5
sensi), feel (esperienza emozionale, stimola i sentimenti interiori del consumatore), think (esperienza
cognitiva, stimola le abilità di problem solving, le capacità intellettive e creative dell'uomo), act (esperienza
comportamentale, influenza le esperienze corporee, gli stili di vita e le interazioni), relate (esperienza
relazionale, mette in relazione l'individuo con il suo sé ideale, con altri individui e con altre culture -
contiene aspetti di tutti i moduli precedenti). Leve per ottenere queste esperienze: comunicazione, codici di
marca, aspetto del prodotto, co-branding (eventi, partnership ecc.), spazio fisico, siti web, personale di
contatto.

4)PUNTI VENDITA, SPAZI ESPERIENZIALI, SHOPPING EXPERIENCE i punti vendita diventano spazi
esperienziali dove avviene la shopping experience (Luca Pellegrini: il mercato è sempre più saturo e per
comunicare con il consumatore l’impresa deve volgere la giusta attenzione al momento del contatto con
l’utente: diventano rilevanti i punti vendita). Inizialmente la struttura dei punti vendita presentava poca
specializzazione e poca diversificazione di prodotti, successivamente attraverso cambiamenti di natura
logistico-organizzativa si è passati a dimensioni più grandi, assortimenti maggiori, libero servizio e la
comunicazione avviene all’interno degli stessi punti vendita (importante l’esposizione del prodotto). Anni
90 centri polifunzionali di grandi dimensioni, con sempre più prodotti e maggiori servizi e in cui il cliente
occupa il proprio tempo. 2010 megastore esperienziali, punti vendita monomarca che rappresentano valori
e dimensione simbolica di un brand e ricoprono l’intero assortimento del marchio. Nuove logiche del mkt:
specializzazione (produttori ricercano nei distributori massima specializzazione e coerenza con marchio e
valori), controllo del punto vendita (da parte delle impr. Produttrici), punto vendita come spazio simbolico a
forte contenuto emozionale (spazi esperienziali e di contatto), nuove formule distributive, multi-canalità e
trans-canalità (multi=stesso prodotto venduto contemporaneamente da canali diversi, trans=prodotti
promossi da un canale e acquistati da un altro). Il consumo e l’acquisto non assolvono solo bisogni
funzionali ma hanno una forte componente edonistica (sensoriale/esperienziale).
SHOPPING EXPERIENCE il punto vendita diviene una piattaforma relazionale, cioè il luogo in cui è
fondamentale comunicare e trasmettere i valori e l’identità della marca (legame con la politica di marca),
da questo deriva una grande attenzione per l’organizzazione degli spazi di vendita e la riprogettazione si
configura come un processo di sensemaking. Tale progettazione dello spazio e del visual assolve funzioni
estetiche e di servizio, deve quindi presentare significati simbolici comprensibili al visitatore che indirizzano
verso il compimento di determinate azioni.
PIRAMIDE DEL RETAIL fondamentale per identificare le modalità migliori per arrivare sul mercato. Dal
vertice fino al terzo livello le imprese abbandonano rapporti con insegne indipendenti e adottano modelli
che permettano maggior controllo sulla rete e non sono mescolati con prodotti della concorrenza. Le scelte
dell’impresa di occupare uno specifico livello della piramide dipendono dagli obiettivi generali che si
prefigge: controllo del mercato/relazione col cliente/gestione del feed-back, trasmissione dei valori della
marca, corretto posizionamento del prodotto/gestione del confronto con i concorrenti, cross-selling
(indirizzare il cliente verso l’acquisto di prodotti della stessa marca ma diversi da quelli per cui era entrato
nel negozio attraverso offerte e promozioni trasversali), controllo dei prezzi (devono essere coerenti e non
troppo diversi nei diversi punti vendita), marginalità e revenues (alcuni punti vendita, tra cui i flagship store,
possono decidere di lavorare in perdita considerando tale decisione non un investimento commerciale ma
nella comunicazione e di brand: si può stabilire un limite di tempo in cui lavorare in perdita al termine del
quale decidere se continuare o chiudere). Vi sono anche criticità da considerare: i fatturati e la rotazione
delle merci devono mantenere un equilibrio commerciale, i fatturati e margini devono giustificare i costi,
gestione della multi-canalità in modo che questa non crei squilibri tra i punti vendita della stessa impresa
(coerenza). Partendo dalla base della piramide si incontrano:
ACCORDI CON RETI DI RETAIL (indipendenti) garantiscono la capillarità, due insegne: retail e produttore.
NON è una politica coerente con l’obiettivo di dominare la relazione con il cliente e di lavorare sui valori
della marca. Pro: capillarità e diffusione, grande rotazione delle merci, accesso alla clientela fidelizzata
all’insegna, promozione dell’insegna a beneficio del produttore (si gode di benefici tra cui le promozioni
attuate dall’insegna). Contro: aggressività commerciale della distribuzione (il distributore deve produrre
rotazioni delle merci e fatturato), contrazione commerciale, esposizione del prodotto e abbinamento ad
altri, potere contrattuale superiore nell’insegna (almeno localmente). Esempio: MediaWorld
FRANCHISING O RETI DI PUNTI VENDITA DI PROPRIETA’  capillarità sul territorio gestite attraverso reti di
punti vendita su cui si mantiene un livello di controllo elevato. Le modalità principali attraverso le quali si
può costruire una rete commerciale nel territorio: contratti di locazione o franchising, negozi di proprietà,
reti miste. Il franchising avviene tramite forma contrattuale standardizzata (che però può presentare
varianti) attraverso cui l’impresa produttrice franchisor stabilisce una serie di criteri per la vendita e si
avvale di strutture commerciali indipendenti di proprietà di imprenditori autonomi definiti come franchisee.
In ogni negozio è replicata una forma standard frutto di uno studio approfondito, sperimentazioni e test
che combinano la componente funzionale con quella estetica. I produttori che si avvalgono del franchising
cedono all’imprenditore autonomo il marchio (ragione di richiamo dei clienti, il franchisee si impegna a
rispettare, valorizzare e tutelare il marchio adempiendo ad una serie di indicazioni), know-how (cioè come
proporre, promuovere e spiegare il prodotto al cliente), assistenza (garanzia, manutenzione, ecc.). Vantaggi
per il franchisor: condivisione costi e rischio, ricavi dal pagamento dell’imprenditore autonomo di fees e
loyalities, mantengono il controllo delle variabili di vendita fondamentali e del contatto con il cliente,
possibilità di stimolare cross-selling e prova dei prodotti. Criticità: la gestione della rete dei punti vendita
diviene un’area di business dell’azienda e come tale deve funzionare, i punti vendita devono raggiungere il
break-even e assicurare il raggiungimento di obiettivi assegnati, è necessario disporre di adeguato
assortimento (ampi per giustificare l’esistenza del negozio), attenzione alla durabilità commerciale
(prolungata nel tempo). Esempio: Nespresso, Zara, H&M…
FLAGSHIP STORE, CONCEPT STORE (per le imprese che vogliono raggiungere maggior successo) Sono
spazi commerciali monomarca di grandi dimensioni in cui è presente una forte relazione tra politica
commerciale e politica di marca dell’impresa, richiedono importanti investimenti, sono gestiti direttamente
dall’impresa (o contratti in esclusiva definiti in ogni aspetto in maniera precisa e dettagliata) e sono luoghi
d’acquisto esperienziali che permettono una visita ai valori del proprio brand e che rappresentano le
migliori capacità della marca. Qui trovano piena applicazione il principio dello story telling e della
dimensione narrativa del mkt. Sono normalmente collocati in grandi metropoli, grandi città o nei centri
commerciali, rappresentano elemento di posizionamento e confronto competitivo, risponde anche a
strategie di ampliamento nel mercato e sono ideali per la realizzazione di eventi o qualunque tipo di attività
che richiami l’interesse dei media. Concept (possono avere dimensioni più ridotte) e flagship store sono
presenti in numero limitato, costosi e difficili da gestire. Esempio: Woolrich, M&Ms…
SHOPTAINMENT (Codeluppi): idea che le componenti presenti nei concept store ruotino attorno a
tematiche più ampie che devono mettere in scena la filosofia dell’azienda in maniera spettacolare.
HEAD QUARTER, FACTORY STORE, FACTORY OUTLET  è il vertice perché si dà la possibilità al cliente di
entrare direttamente nell’impresa, si trasmettono messaggi, comunicati e informazioni. Nascono nuove
aree di competenza all’interno dell’azienda capaci di garantire efficienza ed efficacia nella gestione di
queste attività. Head quarter sono sedi di uffici amministrativi, direzionali e strategici (in alcuni casi
operativi) in cui avviene l’attività principale dell’azienda, possono essere organizzati per essere visitabili
(contatto). Si ha quindi una valorizzazione del luogo fisico in cui avviene la progettazione, la produzione o
l’importazione della merce offerta sul mercato: si passa ad una dimensione in cui la sede stessa diventa un
modo per comunicare e vendere i propri prodotti. Esempio: Thun, Heineken, BMW, ecc. I Factory store
sono punti vendita aziendali molto strutturati che si trovano all’interno o nelle vicinanze della sede. I
Factory outlet sono spazi commerciali gestiti direttamente in cui l’impresa propone a prezzi convenienti le
proprie produzioni.
SALVATORE FERRAGAMO  Il marchio ha subito una “category extension” ampliando la propria gamma di
prodotti: crea partnership per produrre nuovi prodotti con il proprio marchio (complete brand experience-
serve per avere attrattività commerciale). Si avvale di punti vendita come  DOS (Directly operated store):
punti vendita di proprietà gestiti direttamente da un ramo dell’azienda con criteri descritti in termini
generali e che hanno una distribuzione geografica nei principali mercati. TPOS (Third point of sale): negozi
monomarca gestiti da terzi che hanno dimensioni non troppo ampie con layout ed elementi di design forniti
direttamente dal gruppo. Outlet: vendono prodotti delle passate stagioni o campionari a prezzi scontati (è
importante garantire la NON concorrenza e il NON danno d’immagine fra le politiche outlet e le politiche
degli store). Departmens store: strutture commerciali molto grandi che trattano al loro interno decine di
marche su piani diversi ma che non sono mescolate in quanto hanno spazi interni che gli conferiscono
visibilità individuale. Hotel arcades: marche presenti negli Hotel di lusso dove creano piccoli punti vendita o
spazi espositivi. Travel retail: vendita di una selezione di prodotti negli aeroporti e in alcune linee aeree.

5)BRAND IDENTITY, BRAND VALUE un brand è qualsiasi nome, segno, simbolo e altro che hanno la
funzione fondamentale di identificare un’azienda, posizionarla su un mercato ma soprattutto ha l’obiettivo
di trasmettere dei valori e la filosofia che hanno a che fare con le competenze, con le capacità e con il modo
in cui l’impresa intende porsi rispetto al mercato. Il ruolo della marca è quindi centrale nella strategia delle
imprese e trasmette un messaggio di qualità, valore, fiducia e identità dell’impresa (brand as information
chunk) con lo scopo di portare alla fidelizzazione e produrre valore per l’impresa. La marca rientra negli
attributi intangibili del prodotto, trasmette informazioni rapide/generiche sul prodotto che influenzano la
scelta finale e gli elementi fondamentali che spingono le imprese a creare una propria identità di marca
sono identificazione e differenziazione. Un brand permette di: avere identità sociale tramite la quale
ottenere posizionamento competitivo, trasmettere la propria filosofia, comunicare la qualità del prodotto,
trasmettere una ragione d’acquisto, ottenere protezione legale, creare valore per la propria azienda,
costruire barriere all’entrata rispetto agli attacchi competitivi, creare margini più alti (premium price) e
quindi capacità di investimento più alta, avere capacità di innovazione e capacità di entrare nei mercati,
migliorare il rapporto con le insegne della distribuzione, trasferire le esperienze e le capacità dell’impresa.
La marca diventa una relazione tra impresa e un pubblico: più si costruisce una sovrastruttura valoriale
aziendale intorno alla marca e più è possibile avvicinare il consumatore tramite una relazione one to one e
di micro-community. Al brand devono essere associate una serie di caratteristiche fondamentali
(riconoscimento, coerenza, capacità emozionale, differenziazione, adattabilità del brand a diversi mercati) e
caratteri di commitment (coinvolgimento dei dipendenti).
PIRAMIDE DELLA NOTORIETA’ DELLA MARCA (Aaker)  suddivide le marche in base all’autorevolezza,
ponendole su livelli diversi. Partendo dal vertice: top of mind (numero ristretto di brand, il consumatore
associa automaticamente tali marche a un determinato prodotto), brand recall (marchio noto), brand
recognition (ricordo confuso, sfocato), unaware of a brand (marchi sconosciuti). Per risalire la piramide
servono investimenti e tempo.
BRANDING: concetto che indica che la marca grazie alla propria forza permette all’azienda di raggiungere
determinati mercati e di posizionarsi nella mente dei consumatori.
BRANDING E PERCEZIONE DELLA MARCA (piramide): è possibile lavorare su questi due aspetti. A monte di
tutto deve esserci una vision/promessa che il brand rivolge ai propri consumatori: per brand promise si
intendono i valori comuni a tutti i prodotti della marca. Vengono quindi declinati i valori centrali del brand
tramite l’area strategica del mkt. La marca è dotata di una propria personalità. Da qui si passa per i
vantaggi, benefici e caratteristiche, poi per gli elementi di riconoscibilità del brand per arrivare quindi ai
punti di contatto con il cliente e alle caratteristiche dei singoli prodotti/servizi.
BRAND DELIVERY STRATEGY (Mc Kinsey): è un documento strategico che ha lo scopo di definire come
costruire e diffondere la forza e il commitment della marca attraverso alcuni step. 1 definire i macro-
obiettivi attraverso un forte lavoro di identificazione di sé (brand promise). 2 definire gli attributi chiave
della marca e gli elementi critici per il legame con il consumatore (brand triggers). 3 trovare le migliori
strategie e politiche per far sì che questi trigger siano efficienti ed efficaci. 4 mobilitare l’organizzazione per
non cadere in equivoci di esaltare valori senza rispettarli nei negozi o nelle azioni della società.
BRAND VALUE: indica il valore monetario del brand (Quanto costa acquistare la proprietà del marchio?)
BRAND EQUITY  (quanto mi permette di guadagnare il marchio?) indica il valore che il brand crea per
l’impresa in termini di redditività grazie alla sua riconoscibilità nel mercato: il brand è una risorsa
immateriale per l’impresa. L'insieme delle attività e passività del marchio legate al marchio, il suo nome e il
suo simbolo, che aggiunge o sottrae valore a un prodotto o servizio per un'azienda o per i suoi clienti
(Aaker). L'effetto differenziale che la conoscenza del marchio ha sulla risposta dei consumatori al marketing
di quel marchio (Kotler e Keller). L'insieme delle associazioni che permettono al marchio di guadagnare più
volume di quanto farebbe senza il marchio (Mkt Science Institute). I fattori che attivano la brand equity:
marca ben radicata nella mente del consumatore, il comportamento del consumatore è influenzato dalla
marca, effetti sulla posizione di mercato e risultati finanziari, il brand diventa un asset immateriale. Tre
ingredienti principali della BE: se il consumatore fosse indifferente non ci sarebbe brand equity, l’utente
riconosce nella marca differenti valori rispetto alle altre, tutta la strategia di mkt deve essere gestita intorno
ai valori per gestire nel tempo la conservazione del BE. La BE contiene: brand awareness, brand association,
brand identity, brand loyalty e perceived quality. Fattori che agiscono sulla brand equity: emotional
connection, relevant differentiation, awareness, accessibility e value. Il BE Model di Keller: cerca di
spiegare come e perché la marca genera valori attraverso alcuni driver: risonanza, giudizio, sentimento,
prestazioni, immagine e rilevanza.
BRAND EXPERIENCE: riguarda sensazioni, sentimenti, cognizioni e risposte comportamentali evocate da
stimoli legati alla marca che fanno parte del design e dell'identità di un marchio, del packaging, della
comunicazione e degli ambienti.
BRAND IDENTITY: insieme di elementi caratterizzanti che sono riconosciuti e condivisi dai consumatori,
riguarda le associazioni che i consumatori fanno rispetto alla marca e che la qualificano subito in un
determinato settore valoriale.
BRAND EXTENSION: trasferimento del marchio su altre linee di prodotto (coerenti), permette la
realizzazione di economie di scopo in quanto le campagne riferite al brand vanno a beneficio di tutti i suoi
prodotti, rafforza la posizione dell’azienda nei confronti dei fornitori e consente politiche di vendita diretta
(permette la realizzazione di negozi monomarca che altrimenti non avrebbero un senso). Esempio: Dove, La
sportiva. LINE EXTENSION: più varianti dello stesso prodotto). Esempio: Coca Cola.
LOVEMARKS sono marchi che generano nel consumatore una relazione affettiva, coinvolgendo tutti i
sensi e permettono l’instaurazione di un rapporto di lealtà, fiducia e advocacy. Sono considerati marchi
speciali, carismatici che la gente ama e difende in quanto condizionata dalle emozioni: producono legami
emotivi e durevoli. Un brand deve saper mettere da parte enormi riserve di rispetto (che deriva da
performance, trust e reputation) e combinare tre qualità: mistero (mette insieme la storia dell’azienda, le
metafore, i sogni e i simboli), sensualità (stimolano i 5 sensi) e intimità (empatia, impegno e passione per il
proprio lavoro, riconoscimento del cliente). Uno schema riassuntivo di Kevin Roberts prevede che le
aziende diventano lovemarks gestendo al meglio la dimensione del respect e love. Infine, l’azienda può
essere FADS: marchi che hanno vita breve in quanto hanno hight love ma low respect.
PIRAMIDE DELLA RELAZIONE CON IL BRAND i parametri per crescere nella piramide sono: passione,
esperienza, disponibilità di investire tempo e denaro. Alla base della piramide marchi conosciuti “i know it”
e aziende non di marca “UN-BRANDED”. Al livello successivo “i like it”. Poi “i love it”, che è il primo lv di
lovemark, e infine “i live it”, consumatore disposto ad investire tempo e denaro.

CAP3
OBIETTIVI nuove modalità di comunicazione: agire sulla riconoscibilità dell’azienda e sulla specialità della
sua offerta, rafforzare la brand identity, dimostrare capacità e prestazioni dei prodotti per agire sulla
credibilità della promessa di marca, entrare in contatto con il target/trasmettere informazioni/creare
emozioni/generare coinvolgimento, creare forme di socializzazione e stimolare la nascita di reti sociali,
uscire dall’affollamento comunicativo e dai costi proibitivi dei media tradizionali, creare effetti di
comunicazione indiretti low cost (media guadagnati), creare i presupposti per azioni commerciali/attirare
sul sito web.
STRUMENTI PRINCIPALI: associazioni di marca (sponsorizzazione, politica del testimonial, endorsement,
country of origin, product placement), organizzazione e/o partecipazione ad eventi. Queste attività
producono un effetto di “image overlapping”, cioè la sovrapposizione dell’immagine dell’azienda con
l’immagine esterna. A causa di questa intersezione tra insiemi bisogna valutare accuratamente l’alleanza.
Brand fit: idoneità e reputazione devono essere perfettamente adattabili al marchio. La politica di gestione
e rafforzamento del brand è resa possibile da: pubblicità tradizionale, social media, associazioni di marca,
politica degli eventi. La celebrity diviene uno Human brand.
SPONSORIZZAZIONE contratto con cui un’azienda, nell’ambito della propria politica di comunicazione,
finanzia in vario modo un’altra organizzazione/persona/attività per ottenere in cambio visibilità, che non è
fine a sé stessa ma deve essere coerente con un insieme di valori e significati. Lo sponsorizzato (sponsee)
fornisce prestazioni di veicolazione del marchio dello sponsor, questo presuppone determinati aspetti come
la visibilità del marchio/durata/possibilità di abbinare il marchio ad altri. Lo sponsor si obbliga a una
prestazione pecuniaria o a fornire servizi o attrezzature a favore dello sponsorizzato. In caso di co-sponsor
si ha la presenza di più sponsor non in concorrenza diretta che si esibiscono contemporaneamente, i marchi
che hanno maggiore visibilità sono quelli che hanno investito di più e sono definiti top sponsor. Ci sono DUE
POSSIBILI CLASSIFICAZIONI delle sponsorizzazioni. La prima riguarda il conferimento dello sponsor:
finanziaria (prestazione in denaro la cui entità dipende dal numero di contatti che si riescono a creare),
tecnologica (oltre a finanziare in denaro si mette a disposizione la competenza tecnologica per migliorare le
prestazioni e i risultati dello sponsorizzato), in natura (mette a disposizione beni o servizi, mezzi materiali,
umani e tecnici funzionali alla prestazione dello sponsee). Seconda classificazione sulla base del tipo di
attività: sportive, culturali, sociali (cause related mkt, cioè a beneficio di bisogni sociali), televisive.
SPONSORIZZAZIONI SPORTIVE  criteri di comunicazione: coerenza con il target (audience raggiunta e
contatti), coerenza in termini di brand image (image overlapping), problemi di visibilità (garanzia che
l’investimento sia produttivo), stagionalità (ogni sport si svolge in stagioni diverse), grande attenzione per
eventi e attività di supporto, abbinamento con altri sponsor (importante sapere quali sono gli altri sponsor
a cui si è eventualmente affiancati). Aspetti critici: non conviene sponsorizzare squadre che perdono,
dipendenza dallo sponsor (eventuale interruzione di contratto diviene gravosa), rischio di affollamento
comunicativo e abbinamento con sponsor simili che potrebbe non far risaltare il marchio (salvo
investimenti particolarmente rilevanti), incapacità di gestire e trarre beneficio dalla sponsorizzazione.
Esempio: conferenza stampa di calcio.
SPONSORIZZAZIONI CULTURALI: investimenti che le imprese affrontano a sostegno di attività che
riguardano il mondo della cultura. Attraverso questa iniziativa, lo sponsor guadagna visibilità e si risolve il
problema del finanziamento delle attività culturali. Si teme tuttavia che le imprese influenzino l’attività
culturale o interferiscano con le logiche a monte della realizzazione dei corrispettivi eventi. Esempio:
imprenditore Della Valle ha finanziato il restauro del colosseo.
SPONSORIZZAZIONI SOCIALI: investimento in aspetti riguardanti la sensibilità collettiva, travalica gli obiettivi
di visibilità del marchio e conduce verso un sentimento di responsabilità sociale dell’impresa. Esempio:
Sportler ha sponsorizzato una fondazione a sostegno della pratica sportiva.
NAMING: possibilità per l’azienda che sponsorizza di assegnare il proprio nome ad un evento, struttura,
attività.

TESTIMONIAL è un contratto tra azienda ed individuo la cui relazione è più profonda rispetto alla
sponsorizzazione: l’image overlapping assume particolare importanza. Il testimonial è un soggetto che
grazie alla propria fama garantisce personalmente la bontà del prodotto pubblicizzato. Si cerca un
testimonial credibile e il più vicino possibile ai valori che l’impresa può trasmettere. Esempio: Mike
Buongiorno. Rischi: l’immagine del testimonial potrebbe essere sovrapposta a più prodotti (George
Clooney), campagna ingannevole nel caso di eccessive modifiche della figura del testimonial e caduta di
immagine causata da comportamenti scorretti del testimonial (Sharapova). Se vi è un forte legame tra
azienda e testimonial può capitare che anche in caso di difficoltà di quest’ultimo l’azienda continui a
sostenerlo.

ENDORSEMENT contratto (categoria dei personality merchandising: sfruttamento del patrimonio di


immagine) con cui un soggetto (endorser) garantisce sulla qualità del prodotto di un’impresa (endorsee) e
ne dà prova attraverso l’utilizzo nella propria attività. L’endorser è quindi sostenitore, garante, valorizzatore
e approvatore di un prodotto/brand e ha anche un ruolo attivo nel processo di progettazione e produzione
del prodotto che lui stesso utilizzerà nelle proprie attività. In questo modo l’endorser trasferisce la
credibilità legata alla propria figura al prodotto di cui è stato co-progettatore e parte attiva nella fase di co-
design. Esempio: Killian Jornet per Salomon.
PUNTO DI VISTA AZIENDA Pro: sfruttare competenze, esperienze e credibilità dell’endorser, acquisiscono
un fattore credibilità nelle community, visibilità. Contro: trasferimento di immagine e credibilità molto forte
per cui il successo dell’iniziativa dipende dal successo dell’endorser.
PUNTO DI VISTA DELL’ENDORSER Pro: migliorare prestazioni grazie a migliori prodotti, finanziamento.
Contro: sottostare alle richieste dell’azienda che possono diventare pressanti e creare problemi di gestione
del tempo del personaggio.
CRITERI DI EFFICACIA DELL’ENDORSEMENT: consonanza tra endorsement e marca (brand fit), coerenza tra
l’endorser e prodotto, credibilità/simpatia/persuasività dell’endorser in relazione anche alla credibilità e
stile di vita. CREDIBILITA’ deriva da: forza attrattiva (catturare interesse community), attendibilità (se è vero
ciò che dice), competenza (in un ambito specifico).
È possibile generare brand engagement e i settori maggiormente coinvolti nell’endorsement sono musica e
sport in quanto vi è maggior effetto di imitazione e aspirazionale (usare stessi strumenti dei propri idoli). In
questi due settori vi sono 4 caratteristiche: coinvolgimento, competenza, informazione e engagement. I due
settori sono accomunati dalla passione, quindi da un forte coinvolgimento emotivo.
ENDORSEMENT NEL MONDO DELLO SPORT SPORT BUSINESS SYSTEM  componente tecnico sportiva
affiancata dalla componente economica che assume grande rilevanza. Vi è sfocatura tra attività sportiva e
di entertainment: gli eventi sportivi assomigliano sempre di più ad un grande evento di comunicazione. Le
società sportive assumono valore economico e ne accrescono l’entità, si considerano gli atleti come asset e
vi è una crescita nell’impatto economico delle manifestazioni sportive con conseguente attrazione di
investimenti anche a livello internazionale. Si aumentano gli investimenti nelle tecnologie che permettono
di migliorare la diffusione e distribuzione dello sport in nuovi mercati, nonché la trasmissione e la
dimensione live; diventa rilevante anche il tema della cessione dei diritti televisivi e contratti pubblicitari.
Esempio: La Sportiva con Simone Moro.
CRITICHE: si accusano gli atleti di svolgere le proprie attività solo perché imposto dagli sponsor o per soldi,
si ritiene che gli atleti siano “costretti a recitare una parte”, spettacolarizzazione dell’attività e conseguente
aumento del rischio (attività estremamente complicate possono essere imitate da atleti meno preparati),
speculazione/eccesso di compensi/opacità fiscale, confusione tra iniziative sportive/culturali/artistiche e
obiettivi di promozione del marchio.

COUNTRY OF ORIGIN indicare in maniera visibile il paese di produzione di un bene o servizio che
assume rilevanza a causa della globalizzazione. La globalizzazione ha avuto un peso molto forte derivante
da: diffusione di competenze tecnologiche/ingegneristiche/logistiche, formazioni di cervelli nel Paese e
affermazione di proprie capacità distintive, molti Paesi si sono specializzati in alcuni settori e questo ha fatto
nascere concorrenza e competitività internazionale su alcuni prodotti associati ad altri Paesi. Conseguenze
globalizz: crescita della competizione internazionale, forte tensione evolutiva nella leadership
tecnologica/produttiva e commerciale dei paesi, forte dinamica nelle scelte di insediamento e nelle
politiche di dichiarazione della provenienza del prodotto, forte spinta alla regolazione internazionale del
commercio e attenzione alle politiche valutarie e alle forme di protezionismo o di dumping. TRE
COMPONENTI che entrano in gioco nell’influenzare il processo decisionale del consumatore: componente
cognitiva (dipende da effetto alone ed effetto sintesi accomunati dalle informazioni che il paese di
provenienza fornisce), componente affettiva (il paese evoca un valore affettivo), componente normativa
(per supportare l’economia del paese o per boicottare una politica non condivisa). In merito alla
componente cognitiva, il Paese d’origine funge da indicatore della qualità del prodotto e dei suoi singoli
attributi per cui il consumatore in assenza di informazioni dettagliate sulla qualità del bene ne fornisce una
valutazione soggettiva in base a ciò che riguarda il paese (astrazione). Effetto alone: agisce quando il
consumatore che non ha maturato alcuna esperienza diretta nei confronti dei beni provenienti da un dato
paese basa le proprie valutazioni sull’immagine generica che ha di quest’area geografica. Effetto sintesi:
deriva dalle esperienze in merito ai prodotti di quel paese che, tramite un processo di astrazione,
consentono al consumatore di esprimere una valutazione più personale (consumatore consapevole). Quindi
l’immagine che si ha del paese si trasmette sulle convinzioni legate al prodotto, e quindi sulla sua
valutazione. “Product country image”: si rifà all’idea di competitività internazionale, in particolare le
produzioni provenienti da un paese sono sottoposte a una concorrenza incredibile derivante da altre
produzioni internazionali. Esempi: Eataly, Lavazza, Coop.

PRODUCT PLACEMENT è uno strumento di comunicazione aziendale mediante cui si progetta e si


realizza, a fronte di specifici costi e nel rispetto di definiti contratti, il collocamento di un prodotto o di una
marca all’interno delle scene di un film. Daniele Dalli: product placement quando un prodotto/marca è
introdotto/a esplicitamente in una produzione cinematografica ma senza farne riferimento (altrimenti si
parla di sponsorizzazione). Questa iniziativa è una forma di pubblicità che consente alle imprese di
comunicare e raggiungere i propri target rafforzando il proprio brand value, e alla società di produzione
cinematografica di ottenere un finanziamento. Si ha product placement quando un prodotto o brand
appare in uno spettacolo ed è legato allo sviluppo della trama o sceneggiatura. L’ordinamento italiano
sottopone questa pratica ad un regolamento che prevede che il consumatore sia consapevole della
presenza di questa iniziativa e che la presenza del prodotto/marchio sia integrata nello sviluppo del film
senza costituire interruzioni (indicazioni nei titoli di coda).
TIPOLOGIE: visuale (marchio in primo piano o sullo sfondo), verbale (marchio richiamato dai protagonisti
così da affiancarsi alla loro reputazione, è più incisivo rispetto a visuale), integrato (forma più potente, a
seguito di una collaborazione tra azienda e produzione il marchio diviene parte della trama se non il
protagonista).
IL PRODUTTORE/DISTRIBUTORE deve valutare: la dimensione e la linea editoriale della società per capire se
la marca sia coerente con la propria dimensione, capacità/volontà di adeguarsi al progetto promozionale,
capacità di prevedere e garantire un adeguato feedback all’investitore, adeguare il proprio staff, capire il
genere e il target del film, grande capacità di pianificare il lavoro nel medio periodo.
AZIENDA INVESTITRICE deve valutare: se vi è equilibrio con la dimensione del produttore, tipo di prodotto o
caratteristiche del brand che devono essere rese coerenti, disponibilità ad accogliere un linguaggio
promozionale diverso e a decontestualizzare il prodotto a vantaggio di un utilizzo coerente del linguaggio
cinematografico.
Tra gli strumenti di valutazione dell’efficacia il ROI che si basa su 10 parametri diversi. Due effetti: effetti
commerciali (vendita), effetto notorietà immagine.
MKT DEL TURISMO: luoghi poi visitati perché hanno fornito l’ambientazione a produzioni cinematografiche
e libri. Regioni e città attivano specifiche politiche di attrazione delle produzioni cinematografiche
attraverso agenzie dedicate (film commission): agiscono sulla notorietà e immagine del luogo come
destinazione turistica, generano business e occupazione.

ORGANIZZAZIONE/PARTECIPAZIONE A EVENTI  l’evento ha lo scopo di coinvolgere tante persone


che possono essere clienti o collaboratori aziendali. Sono qualcosa di interessante/piacevole/esperienziale,
caratterizzati da una forte aggregazione e quindi da un forte coinvolgimento dei partecipanti.
Importantissima è l’atmosfera che si crea intorno ad un evento e l’impresa deve creare un’importante forza
comunicativa poiché nei giorni della celebrazione c’è il massimo contatto con il target). Le aziende possono
organizzare eventi o parteciparvi, nel secondo caso l’impresa si affida ad un organizzatore esterno e
potrebbe condividere la propria presenza con altre aziende (che possono anche essere concorrenti).
L’importanza degli eventi risiede nella loro capacità di adattarsi alle molteplici esigenze e politiche delle
aziende. In particolare, gli eventi permettono di comunicare i valori, le capacità e le competenze di
un’azienda attraverso modalità innovative e diverse dal consueto. Aiest: avvenimenti programmati o meno
che hanno una durata limitata e nascono con una finalità pubblica o privata. Getz: celebrazioni pubbliche
tematizzate con durata limitata nel tempo (Parole chiave  qualcosa di speciale, di tipo pubblico perché gli
eventi hanno la caratteristica di coinvolgere quante più persone possibili. Tematizzata in quanto è sempre
associato ad uno scopo ben preciso e la durata limitata nel tempo fa riferimento al fatto che l’evento è tale
se concentrato). McDonnel: rituale/cerimonia/manifestazione/performance creata e pianificata per
celebrare una particolare occasione o per raggiungere determinati scopi di natura economica, sociale o
culturale. Sempre Getz: è un’opportunità per fare un'esperienza di divertimento o di piacere, sociale o
culturale, al di fuori della normalità e delle esperienze di tutti i giorni. Goldblatt: un evento speciale
riconosce un momento unico nel tempo con cerimonia o rituale che soddisfa bisogni specifici. Esempio:
Bulgari, La Sportiva.
CLASSIFICAZIONE: cadenza (distingue eventi unici da eventi periodici), durata (variabile), bacino di
attenzione (da minima ad avere risonanza mondiale), numero di visitatori, eventi ad accesso libero o a
pagamento, livello di attenzione da parte dei media, modalità di finanziamento.
PUNTI DI FORZA: evento deve essere vicino ai valori della marca, attenzionalità (differenziazione rispetto ai
competitor ma con forte rischio di imitazione), empatia (affinità con il target), segmentazione e micro-
segmentazione (catturare il proprio segmento/community), versatilità (comunicare l’evento in tanti modi
diversi).
ALTRI PUNTI DI FORZA: si svolge dal vivo (intrattenimento ludico/culturale che permette il coinvolgimento
delle persone), elevato coinvolgimento emotivo (sensazione di partecipazione reale), segno incisivo (in
termini di ricordo, immagine e percezione), contatti one-to-one con il target, se ben gestito dell’ufficio
stampa e dalle relazioni pubbliche garantisce elevata visibilità e presenza sui media.
COMUNICABILITA’ DELL’EVENTO l’evento prevede una fase prima dell’evento: lancio, effetto annuncio,
attirare l’attenzione del target verso l’evento creando un sentimento di fascino attraverso web, social,
stampa ecc. La seconda fase avviene durante l’evento, che ha durata variabile: questo può essere
trasmesso anche al pubblico non presente grazie a diritti per la trasmissione, sponsor e investitori. Due
tipologie di pubblico: pubblico fisicamente presente che partecipa al live e pubblico che entra in contatto
con l’evento attraverso i normali mezzi di comunicazione di massa. Nella terza fase, al termine dell’evento,
la comunicazione non deve finire: serve raccontare l’evento anche in seguito per allungarne la vita
comunicativa.
EVENTI CELEBRATIVI eventi in cui le aziende celebrano le tappe importanti della propria storia
(anniversari, inaugurazioni, ecc.). Gli obiettivi sono: forte opportunità di comunicare il valore del brand,
rafforzare gli elementi di identificazione delle capacità chiave dell’azienda, ripercorrere una storia di
successo, rafforzare il legame con il territorio, i dipendenti, i clienti. Esempio: Bulgari, Nutella, Mammut.
SOGGETTI CHIAVE di un evento: promotore (che non è necessariamente anche l’organizzatore),
organizzatore (società specializzata), sponsor (copertura finanziaria), media partner (copertura media),
media tecnici e commerciali (indispensabili per la realizzazione dell’evento), pubblico (target), territorio e
popolazione (non sempre favorevole all’iniziativa-Pink Floyd).
EVENT MANAGEMENT è la gestione ordinata del progetto che porta dall’idea dell’evento fino alla sua
valutazione finale. Tappe: event idea, service concept, analisi di fattibilità, economic analysis/business plan,
organizzazione, valutazione finale (se continuare ad investire o se l’evento sia uno spreco).

RELATION: il consumatore esercita opzioni di voice e viene considerato in quanto singolo, nella sua
individualità. L’impresa è un fornitore di risposte e di soluzioni alle richieste specifiche del cliente, ciò che
non può essere offerto direttamente viene ricercato nei partner. Il prodotto è co-progettato da azienda e
cliente. Aumenta la conoscenza creativa dei bisogni del cliente. L’obiettivo delle azioni di mercato consiste
nella creazione di relazioni durevoli con i clienti, che dipendono dalla fiducia che l’impresa è riuscita a
generare. L’ambiente esterno è soggettivo, prevale una dimensione olistica in cui prevale il pensiero di
vendita dell’idea di un prodotto: combina elementi funzionali a elementi simbolici. Il marketing perde parte
del proprio specialismo e diviene un’attività diffusa. Ogni decisione d’impresa è una decisione di marketing
perché coinvolge il sistema delle relazioni di scambio. Il sistema produttivo deve essere basato sulla mass
customization. L’impresa è una rete ed è inserita a sua volta in un network di relazioni.

COMMUNITY: insieme di persone le cui opinioni e comportamenti ruotano attorno a delle componenti
condivise formando un consenso crescente attraverso l’interazione e la retro-azione. Avremo quindi, da
una parte soggetti che esprimeranno opinioni in linea con la filosofia della community e dall’altra soggetti in
disaccordo con il pensiero del leader che creeranno altre community. Di fronte ad una community quindi, il
soggetto follower esterno potrà essere considerato: lovers, se condivide il pensiero della community e
decide di farne parte; haters, se manifesta opposizione e tenderà a creare community opposte.

DIGITAL MARKETING 2.0 (evoluzione delle nuove tecnologie): dimensione di comunicazione multicanale ed
esperienziale, collegamento con il contesto di fruizione del consumatore, creazione del valore del prodotto
all’interno di esperienze in grado di coinvolgere le dimensioni di identità, di senso e di appartenenza ad una
comunità.
GENERAZIONE C (ragazzi di età compresa tra i 14 e i 24 anni): connessione, creazione, condivisione e
comunità.

ECONOMIA DELL’IMMATERIALE: I servizi hanno cominciato a contribuire sempre più nettamente


all’innovazione dei processi produttivi (immateriali) e alla generazione di produttività. Le conoscenze
diventano sempre più importanti e autonome rispetto ai processi della produzione materiale, aumentando
con le loro applicazioni il peso dei servizi, intesi come prestazioni immateriali; mentre, d’altro canto, i servizi
diventano sempre più knowledge intensive, e dunque capaci di contribuire attivamente all’innovazione e
alla crescita della produttività. Oggi ci possono essere legami a distanza, mediati dalle tecnologie, che
collegano persone, cose e attività una volta condannate a rimanere separate e a non interagire tra loro.
L’immaterialità può essere gestita come un servizio (che crea legame) o come industria (che lo dissolve), a
seconda del grado della produzione e del consumo con cui si ha a che fare. Oggi l’economia
dell’immateriale si propone come nuovo baricentro della crescita economica

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