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Mercato: il mercato è un meccanismo istituzionale di allocazione di risorse economiche che potrebbero

svolgere lo stesso compito dell’impresa. Il prezzo svolge un ruolo chiave all’interno del mercato in quanto
alloca e governa i beni al fine di massimizzare il benessere complessivo. Per far sì che un mercato esista è
necessario stabilire le regole di contrattazione, le regole sull’efficacia degli scambi e, ancora più importante,
definire i diritti di proprietà in assenza dei quali non ci sarebbe interesse a comprare o vendere prodotti e
servizi. A causa degli elevati costi di transazione riguardanti la ricerca dei beni, la negoziazione,
l’enforcement e il coordinamento, spesso invece di rivolgersi al mercato per acquistare un semilavorato si
preferisce la produzione interna dello stesso, quindi si adotta la forma istituzionale dell’impresa.

Impresa: l’impresa è un particolare meccanismo istituzionale di governo di risorse economiche (fattori


produttivi) per uno specifico obiettivo (produzione). Il meccanismo di prezzo caratterizzante del mercato
viene sostituito nell’impresa dall’autorità dell’imprenditore che impartisce ordini circa i movimenti delle
risorse. L’impronta gerarchica dell’impresa è permessa e limitata da normative che prevedono l’esistenza di
un soggetto sovraordinato che coordina i soggetti e i fattori di produzione. L’impresa inoltre permette un
risparmio dei costi di transazione di mercato ma non è comunque esente da costi di funzionamento.
Alchian e Demsetz descrivono l’impresa come un nesso di contratti tra residual claimant e altri agenti,
definizione arricchita poi con l’inserimento del concetto di potere: “l’impresa è un nesso di contratti, che
per la loro incompletezza lasciano spazio all’esercizio di un potere residuale”. Infine, uno studio di La Porta
et al. ha permesso di identificare l’impresa come un costrutto politico, in quanto la sua configurazione
dipende anche dalle scelte politiche dello Stato attraverso un meccanismo di top-down.

Le differenti caratteristiche di impresa e mercato pongono quindi gli imprenditori di fronte ad una scelta di
make or buy, e quindi se produrre un semilavorato internamente alla propria impresa o acquistarlo dal
mercato.

Costi di transazione: la transazione di mercato comporta costi definiti costi di transazione di mercato. Tra
questi vi sono: costi di ricerca dei beni (derivanti da asimmetrie informative), di negoziazione (tra fornitore
e compratore), di enforcement (monitoraggio ed eventuale sanzionamento del fornitore), di
coordinamento (adattamento del semilavorato ad un altro sul mercato). Questi costi variano e risultano
più elevati nel caso in cui siano coinvolti più soggetti o se le transazioni riguardano periodi temporali
maggiori. L’impresa permette un risparmio dei costi di transazione di mercato ma il processo innovativo
genera l’evoluzione degli stessi e quindi influenza le scelte di make or buy.

L’impresa come nexus of contracts: Alchian e Demsetz ipotizzano un modello di produzione “in team” per
cui ogni agente che partecipa al processo produttivo non è a conoscenza del contributo apportato dagli
altri. Se remunerati con suddivisione dei proventi i lavoratori saranno incentivati a contribuire in misura
inferiore rispetto a quello che sarebbe il livello ottimale, raggiungibile invece con l’ottenimento della quota
totale dei proventi. La migliore soluzione ipotizzata da Alchian e Demsetz prevede che i dipendenti siano
condizionati dalle forme di controllo e dal salario fisso, che quindi non dipende direttamente
dall’andamento della produzione. Il soggetto che svolge il ruolo di manager fornisce la capacità di
controllare e gestire l’impresa (“watchdog”) ed è incentivato nel proprio lavoro grazie all’ottenimento del
reddito residuale: questo soggetto prende il nome di residual claimant in quanto, a seguito della
remunerazione di tutti i fattori produttivi, ottiene il residuo. È quindi nell’interesse stesso dell’imprenditore
che l’impresa funzioni al meglio e in caso risultasse incapace potrebbe essere sostituito dagli altri membri
della produzione. L’impresa risulta quindi essere definita come nexus of contracts, cioè un nesso di
contratti tra residual claimant e altri agenti. Ci sono anche problemi legati a questo modello che riguardano
la sincronizzazione e l’informazione. In un’impresa è fondamentale che vi sia una perfetta sincronizzazione
ed una figura autoritaria riduce i costi di transazione rispetto ad un sistema basato sul mercato. Con la
presenza di un decisore al vertice, tuttavia, si rischia la perdita di informazioni private e ciò potrebbe
distorcere gli incentivi, quindi, anche se tale figura permette la riduzione dei costi di coordinamento,
aumenta i costi di informazione privata. Il modello di Alchian e Demsetz presenta però dei limiti in quanto
non specifica chi tra gli agenti del team dovrebbe assumere il ruolo di controllore e non è possibile definire
il livello di salario ottimo come una funzione del prodotto totale. SPUNTI: POTERE RESIDUALE E COSTRUTTO
POLITICO PERCHE’ DIPENDE DALLA LEGGE

Economia dei contratti incompleti: il contratto è il fulcro intorno al quale ruotano le transazioni di mercato
ed è alla base della visione dell’impresa definita come nesso di contratti da Alchian e Demsetz.
Comportamenti e condizioni sono gli elementi alla base del contratto in quanto questo deve
necessariamente descrivere i comportamenti che i contraenti si impegnano ad adottare al verificarsi di
determinate condizioni. Si definisce quindi contratto completo il contratto che definisce tutti i diritti e i
doveri delle parti per ogni possibile circostanza che possa verificarsi nel mondo. Questo contratto deve
essere redatto in modo chiaro per permettere ad un controllore, chiamato enforcer, di poterlo
comprendere e verificarne la corretta attuazione. I contraenti devono quindi accordarsi su vincoli e
condizioni, prevedendo ogni eventualità possibile, specificare i comportamenti derivanti a cui si vincolano e
descrivere tutti gli aspetti in modo comprensibile. Infine, ci deve essere una completa e verificabile
corrispondenza tra condizioni e comportamenti. In mancanza di suddetti aspetti, il contratto è incompleto.
Nella realtà tutti i contratti sono incompleti in quanto non è possibile descrivere ogni situazione possibile
del mondo, inoltre definire anticipatamente condizioni e comportamenti successivi e sapere come
l’enforcer interpreterà le clausole contrattuali richiede costi elevati per cui spesso i contratti sono lacunosi.
L’incompletezza contrattuale comporta costi di enforcement e spesso scoraggia le parti ad impegnarsi o le
incentiva a compiere comportamenti opportunistici, inoltre risulta essere particolarmente rilevante nel
caso di investimenti specifici da cui conseguono rischi di hold up. A causa delle inefficienze dei contratti o
dei sistemi di controllo, in alcune occasioni si preferisce non fare ricorso al mercato ma rimanere all’interno
dell’impresa. Vi sono termini del contratto non specificabili ex ante, per questo motivo si assegna ad un
terzo soggetto indipendente il compito di definire ex post eventualità non stabilite contrattualmente. Tale
potere è un diritto di controllo residuale, in quanto si limita all’intervento nelle situazioni non affrontate
all’interno del contratto. Da qui ne deriva una nuova definizione di impresa come un nesso di contratti che
a causa della loro incompletezza lasciano spazio all’esercizio di un potere residuale. Se esistessero contratti
completi non ci sarebbe la necessità di avere un’autorità o potere. I contratti quindi si basano su
enforcement esogeno o endogeno. L’enforcement esogeno prevede l’intervento di un pubblico ufficiale ma
è costoso e lento, l’enforcement endogeno è invece un meccanismo di potere. In un’unica impresa si
possono riscontrare entrambe le tipologie di enforcement a seconda dei casi per cui questo meccanismo è
richiesto.

Investimento specifico e Hold up: L’investimento specifico è un investimento, spesso non fungibile, che non
è reimpiegabile in transazioni alternative o lo è al costo di una riduzione dei ritorni. La specificità
dell’investimento può riguardare il capitale umano, la localizzazione (o capacità) e i macchinari (o processo
produttivo) a seconda che si tratti rispettivamente di investimenti in conoscenze e competenze specifiche,
nella localizzazione dello stabilimento in prossimità del cliente o del fornitore ed infine in tipi di processi
produttivi o macchinari peculiari. Inoltre, la specificità rappresenta un surplus che incrementa il valore del
prodotto finale, permette di generare una “quasi rendita” (differenza tra surplus generato nella relazione
specifica e quello nel mercato) e produce un effetto di lock in: l’investitore è vincolato alla relazione perché
non può riutilizzare l’investimento in relazioni alternative. L’incompletezza contrattuale è particolarmente
rilevante nel caso di investimenti specifici e, combinata con gli effetti di lock in e la difficoltà da parte
dell’enforcer nell’individuare scorrettezze, induce spesso la controparte che non ha investito ad attuare
comportamenti opportunistici definiti come minaccia di hold up. L’investimento dovrebbe essere chiaro e
verificabile dall’enforcer ma a causa dell’incompletezza del contratto questo non è sempre possibile,
pertanto, il soggetto a rischio di hold up è più incline a ridurre gli investimenti scegliendo livelli sub-ottimali.
La minaccia di hold up può anche verificarsi nel caso in cui entrambe le parti attuino investimenti specifici,
in particolare chi investe maggiormente o prima è più esposto a tale rischio. Una soluzione per evitare il
problema di hold up è l’integrazione verticale delle due attività attraverso una strutturazione gerarchica.
GUARDA PROPRIETA’ E CONTROLLO

Fischer Body e General Motors: nel 1919 General Motors, azienda statunitense produttrice di autoveicoli,
aveva stretto un contratto con Fisher Body per ottenere da questo la fornitura di scocche chiuse per auto.
Negli anni successivi si verificò un aumento esponenziale della domanda di auto con carrozzeria chiusa che
portò General Motors a richiedere un investimento per la realizzazione di un impianto nelle vicinanze dei
suoi stabilimenti a Fischer Body. Il rischio di hold up causò il rifiuto da parte di Fisher Body e in risposta di
ciò General Motors decise di integrare verticalmente, e quindi di acquistare l’intera proprietà dell’impresa
fornitrice. Come risultato, le transazioni di mercato furono incorporate in un’unica impresa a struttura
gerarchica e si eliminarono hold up ed altre inefficienze derivanti da contratti incompleti ed investimenti
specifici. L’acquisizione portò inoltre a conseguenze rilevanti per il mercato di appartenenza delle due
imprese: Fisher Body era quasi un monopolista nella realizzazione di scocche chiuse e i concorrenti di
General Motors persero quindi un fornitore chiave per la propria attività trovandosi in una posizione di
svantaggio. Attraverso questa acquisizione strategica General Motors è riuscito ad incrementare il proprio
potere di mercato e a limitare la libertà di iniziativa da parte di Fisher Body che si temeva avesse in mente
di diventare produttrice di autoveicoli, e quindi concorrente di General Motors. Concludendo si può quindi
affermare che a causa dell’incompletezza dei contratti e dei rischi legati agli investimenti specifici, risulta
essere spesso una decisione quella di passare da transazioni di mercato a transazioni all’interno
dell’impresa: l’integrazione verticale può eliminare i problemi di hold up.

Modello Grossman-Hart-Moore: Lo scopo del modello Grossman-Hart-Moore è indicare la struttura


migliore di una relazione tra due imprese, per fare ciò considera tre elementi: gli investimenti specifici, i
contratti incompleti e i diritti residuali di controllo. La prima osservazione che deriva da tale modello è che il
surplus generato da investimenti specifici è superiore rispetto a quello che deriverebbe da investimenti
generici, pertanto sarebbe efficiente massimizzare gli investimenti specifici del fornitore e dell’acquirente.
Ciò sarebbe possibile se i contratti fossero completi, ma questi sono incompleti, perciò c’è il rischio che le
parti si comportino opportunisticamente e che l’investimento non sia salvaguardato. Il timore verso una
situazione di hold up scoraggia gli investimenti che vengono quindi mantenuti ad un livello sub-ottimale. Ne
risultano tre scenari: i due agenti decidono di non integrarsi, il fornitore acquista gli asset del compratore
oppure il compratore acquista gli asset del fornitore. Le ultime due situazioni di integrazione verticale
hanno effetto anche sul mercato di riferimento in quanto migliorano la posizione dell’acquirente ma
peggiorano quella del soggetto acquistato. La proprietà incoraggia il proprietario ad investire, ma
disincentiva il non proprietario. Al variare delle condizioni di complementarietà e indipendenza degli asset è
possibile individuare il miglior assetto proprietario che produce la maggiore quasi rendita, si distinguono
quindi gli asset indipendenti e complementari. Gli asset sono indipendenti quando la loro acquisizione non
incrementa gli incentivi ad investire, sono invece complementari quando la proprietà su questi incrementa
gli incentivi. Nel caso di asset indipendenti è preferibile una struttura proprietaria separata, altrimenti se gli
asset sono complementari è più efficiente una struttura integrata. Quindi date le condizioni tecnologiche
(asset e investimenti), si seleziona la struttura proprietaria. Un differente approccio è quello radicale
secondo cui è la proprietà ad influenzare la tecnologia: i proprietari rendono i propri fattori produttivi critici
per mantenere il controllo sul processo produttivo. Ultimo approccio da considerare è il modello Pagano-
Rowthorn che si configura come una via di mezzo tra i due approcci sopra elencati: il nesso di causalità tra
tecnologia e proprietà è circolare in quanto la scelta della tecnologia influenza la proprietà che a sua volta
rafforza la scelta tecnologica e così via.

Proprietà e controllo: La proprietà crea incentivi ad investire e assegna i diritti residuali di controllo: il
proprietario è residual claiment, perciò ha incentivo a controllare l’azienda. Questo tipo di impresa a
struttura “proprietaria” in cui il proprietario è anche controllore può risultare efficacie nel caso di imprese
di piccole o medie dimensioni. Come sostenuto in una pubblicazione di Berle e Means, nelle imprese di
grandi dimensioni si preferisce ricorrere alla separazione tra proprietà e controllo: con la crescita
dimensionale dell’impresa aumentano i mercati con cui ci si interfaccia e risulta necessario rivolgersi per il
controllo ad un soggetto esterno specializzato. Il ricorso ad un manager esterno può tuttavia causare una
situazione di conflitto di interessi tra manager e proprietario. Gli azionisti, cioè coloro che hanno investito il
proprio capitale nell’impresa, sono i residual claiment e quindi hanno interesse nell’ottenere dividendi
elevati. Il manager invece persegue obiettivi privati che possono riguardare bonus, remunerazione,
notorietà e altro, e quindi potrebbe adottare strategie di falsificazione dei dati contabili, di entrecnchment
(diventare essenziale e insostituibile) o di self dealing (favorire rapporti con individui privilegiati ma che non
sono la migliore scelta per l’impresa). Da questi differenti obiettivi derivano due approcci relativi allo scopo
dell’impresa: shareholder value e stakeholder value. Secondo la shareholder value la responsabilità sociale
dell’impresa è la massimizzazione dei profitti degli azionisti proprietari, al contrario la stakeholder value
sostiene che lo scopo deve essere la massimizzazione dei benefici dei soggetti coinvolti nella produzione.
Per poter sorvegliare le attività dei manager i piccoli azionisti dovrebbero partecipare attivamente al
contesto aziendale, ciò però non accade a causa del ruolo di scarsa importanza che questi pensano di
ricoprire. Tra azionista e manager si crea un rapporto di “agenzia” e, al fine di allineare gli obiettivi del
management con quelli della proprietà, si adottano forme di incentivi basate sulla partecipazione del
manager alla proprietà (stock options), o si favoriscono strumenti di contendibilità del controllo (takeover).
Le stock option si basano sul valore di mercato delle azioni e sono le modalità con cui la società offre al
dipendente il diritto ad acquistare un pacchetto azionario della stessa società o di un’altra società dello
stesso gruppo in un arco temporale futuro prestabilito e ad un prezzo predeterminato. È quindi
nell’interesse del manager che l’impresa venga ben gestita poiché quanto più alto è il prezzo di mercato
tanto maggiore è il valore dell’opzione in suo possesso. Il takeover è la situazione in cui un’impresa mal
gestita viene acquistata tramite scalata da un azionista che decide di sostituire il manager a causa della sua
incompetenza. Ulteriore modalità per evitare problemi di miopia manageriale, cioè comportamenti
scorretti da parte del dirigente per ottenere risultati favorevoli nel breve termine, è la concentrazione di
capitali e di diritti di voto per aumentare la proprietà e migliorare il controllo dell’impresa. L’applicazione di
tale rimedio può provocare un disallineamento tra interessi degli azionisti di minoranza e l’azionista di
riferimento in quanto quest’ultimo potrebbe approfittare della propria posizione e godere dei benefici
privati del controllo.

Berle e Means sostenevano che il potere dei manager debba essere garantito senza ledere gli interessi
dell’azionista, ma si dovettero poi ricredere e ammettere che il potere del manager dovesse essere
applicato a beneficio di tutta la comunità. L’evoluzione del loro pensiero avvenne a seguito e per merito
delle dichiarazioni di Dodd riguardo al servizio sociale che la corporation deve offrire.

Interessi stakeholder: I creditori hanno interesse nel recuperare il capitale in prestito maggiorato degli
interessi, per cui preferiscono una gestione più prudente dell’impresa. L’indebitamento potrebbe essere
rischioso per un’ottica di lungo periodo e la distribuzione dei dividendi riduce le garanzie a favore dei
creditori. Nei contratti con i creditori sono talvolta inserite clausole che limitano la discrezionalità della
società per la distribuzione dei dividendi. I lavoratori ricercano un salario stabile, possibilità di carriera,
formazione professionale, coinvolgimento nella gestione e sicurezza durante il loro lavoro. I fornitori
tendono ad evitare comportamenti opportunistici e ricercano relazioni di lungo periodo con la società. I
consumatori sono attratti da rapporti qualità prezzo vantaggiosi e sicurezza nel prodotto. Infine, le
comunità locali e nazionali sono interessate a garantire la sicurezza per il lavoratore e ottenere ritorni nella
stessa comunità.

Due varietà di corporate governance: ci sono due categorie di corporate governance: equilibrio armato ed
equilibrio disarmato. I sistemi ad equilibrio armato, diffusi prevalentemente in Europa continentale (ad
eccezione della Svizzera) e in Giappone, sono caratterizzati dalla presenza di uno o più azionisti di
riferimento, definiti blockholder, e da un ruolo importante dei sindacati negli organi di direzione
(codeterminazione). L’equilibrio armato assicura un investimento in termini di stabilità e distribuzione del
rischio nel tempo. Al contrario, i sistemi ad equilibrio disarmato, di frequente adozione nei Paesi
Anglosassoni, non prevedono la presenza di un azionista di controllo con conseguente voice debole dei
sindacati e maggiore condivisione del rischio. In uno studio La Porta et al. si sono interrogati circa le
motivazioni per cui il sistema a proprietà diffusa non fosse adottato da parte di tutti i paesi e al termine
delle loro ricerche sono giunti alla conclusione che ciò dipendesse dalla diversità dei diritti societari vigenti
nelle differenti aree geografiche che quindi tutelano in maniera differente gli azionisti di minoranza.
L’Europa tutela l’azionista di minoranza dalla discrezionalità dell’azionista di maggioranza attraverso la Civil
Law, le cui leggi sono definite dal parlamento e interpretate dai giudici. I sistemi di Common Law, adottati
prevalentemente dai paesi anglosassoni, salvaguardano l’azionista di minoranza dalla discrezionalità del
manager e sono caratterizzati da regolamenti stabiliti dai giudici sulla base delle esperienze passate. Da tale
distinzione ne deriva che i sistemi a proprietà diffusa sono maggiormente adottati nei paesi in cui è
presente il sistema di Common Law a causa della maggior tutela offerta all’azionista di minoranza. Esiste
anche un sistema di anti director index, cioè un indice della protezione degli azionisti di minoranza rispetto
alla discrezionalità del manager (sfrutta come elemento l’agenda setting, una percentuale che mette in
relazione la percentuale dei diritti di voto con la tutela degli azionisti di minoranza). L’impresa quindi non è
solo un nesso di contratti che lasciano spazio all’esercizio di un potere residuale, ma è anche un costrutto
politico in quanto la sua configurazione dipende anche dalle scelte politiche dello Stato attraverso un
meccanismo di top-down. MITBESTIMMUNG

Mitbestimmung: Mitbestimmung è una forma di governance molto diffusa tra le imprese tedesche a partire
dal secondo dopoguerra, si basa sul concetto di codeterminazione o cogestione ed è valida per le imprese
di grandi dimensioni. Riguarda una forma di governance democratica in cui oltre agli interessi degli azionisti
sono tutelati anche gli interessi dei lavoratori attraverso la presenza paritaria o quasi dei sindacati negli
organi di direzione o sorveglianza della società. A causa del forte potere dei lavoratori derivante da questa
forma di governance, accade spesso che per bilanciare tale potere il capitale azionario si concentra: i
blockholders sono la risposta degli azionisti alla cogestione. C’è quindi una correlazione tra voice del
lavoratore e blockholding per cui un aumento del livello di importanza della voice comporta un incremento
anche di blockholding.

Nexus of firm-specific investment: L’impresa intesa come nexus of firm-specific investment si configura
come una struttura in cui tutti gli stakeholder hanno un investimento specifico nell’impresa. Questo
investimento specifico genera per gli agenti un effetto di lock in dovuto agli elevati costi che sosterrebbero
se volessero interrompere i propri rapporti con l’impresa e li sottopone ad un rischio di hold up. Dal
modello GHM è emerso che l’azionista che non ha i diritti residuali di controllo non è incentivato ad
investire in una relazione di second best, problema che si accentua con la presenza di una molteplicità di
parti. Quindi con l’assegnazione di diritti residuali di controllo il livello di investimento potrebbe essere
penalizzato. Come alternativa ai diritti residuali di controllo (Rajiane Zingales, Blair e Stout) per stimolare gli
investimenti si possono adottare forme come doveri fiduciari e suddivisione del surplus. Quindi l’impresa
deve essere gestita da un outsider e chi attua investimenti specifici deve ricavarne parte del surplus.

Doveri fiduciari: secondo la shareholder value il manager ha diritti fiduciari nei confronti degli shareholder
ed è perciò vincolato al perseguimento dei loro interessi. Al contrario, per la stakeholder value il manager è
un soggetto indipendente e non è quindi agente degli azionisti. Nel caso in cui siano previsti i doveri
fiduciari questi comprendono il diritto di voto degli azionisti, business judgement rule e la personalità
giuridica dell’impresa. Il diritto di voto degli azionisti prevede che questi possano nominare gli
amministratori ma non hanno la possibilità di condizionarne le decisioni. Secondo la business judgement
rule, non è consentito limitare la discrezionalità delle scelte del manager ma se ne possono sanzionare gli
abusi più rilevanti. Infine, la personalità giuridica identifica l’impresa come un soggetto di diritto, distinto da
azionisti e stakeholders e proprietario degli asset.
Suddivisione del surplus: A differenza della Shareholder value, il cui obiettivo è la massimizzazione dei
dividendi degli azionisti, con la Stakeholder value il manager potrebbe avere difficoltà nell’individuare un
obiettivo unico. Gli obiettivi perseguibili possono essere tre diversi: la massimizzazione del ritorno
economico di un portatore di interesse, rendere minime le differenze tra stakeholder o dividere il surplus in
quote uguali. Nel primo caso un unico azionista residual claiment incassa la totalità del surplus, questo
scoraggia però gli altri azionisti e causa sotto-investimenti. Il secondo obiettivo prevede la suddivisione del
surplus in modo da rendere uguali tutti gli investitori, ne consegue che gli azionisti non sono motivati ad
investire di più poiché il ritorno economico rende uguali agli altri. L’ultima possibilità riguarda un’equa
suddivisione del surplus in parti uguali tra tutti gli azionisti, ne consegue una maggiore stimolo per gli agenti
ad investire e non c’è un incremento delle differenze tra questi.
John Rawls: John Rawls ipotizza un contesto in cui nessuno conosce ex ante la propria posizione (velo di
ignoranza).
La contrattazione alla Nash: La contrattazione alla Nash comprende assiomi etici che valgono in ogni
contesto, cioè la Pareto ottimalità, la razionalità individuale e la simmetria. La Pareto ottimalità prevede che
le risorse non vengano sprecate e quindi il surplus completamente ridistribuito: tutti e tre gli obiettivi
rispettano tale assioma. La razionalità individuale sostiene che la retribuzione di ogni azionista debba
dipendere dal differente contributo apportato da questo, motivo per cui il primo e il terzo obiettivo sono
coerenti con questa idea. Infine, secondo la simmetricità vi deve essere parità di trattamento e ciò avviene
solo con il terzo obiettivo. Ne risulta che la suddivisione del surplus in parti uguali è l’unico schema che
rispetta la Pareto ottimalità ed è alla base della multi-stakeholder governance.

Multi-stakeholder governance: la multi-stakeholder governance è un approccio che considera l’impresa


come nexus of specific investments e prevede che il manager debba essere un outsider e chi attua
investimenti specifici abbia diritto a ricevere una parte fair del surplus in quanto è lo schema che verrebbe
scelto dagli stakeholder dietro un “velo di ignoranza”.

Corporate social responsibility(CSR): la Corporate social responsibility(CSR) si basa sull’idea che business e
society sono strettamente connesse tra loro e trova le proprie origini tra fonti legislative (rispetto di
condizioni ambientali e lavorative) e fonti autonome (attività svolta autonomamente a beneficio della
società). L’impresa deve essere responsabile per quanto concerne il suo impatto sulla società e, per essere
pro-sociale, oltre ad avere un comportamento legale deve svolgere attività oltre gli obblighi di legge e che
siano in grado di conciliare gli interessi dei vari stakeholder (stakeholder value). Una struttura che rispetta
questi aspetti è la multi-stakeholder governance. Incentivi di mercato, legislativi e Code of Conduct
motivano le imprese ad intraprendere un percorso di responsabilità sociale. L’incentivo di mercato è
solitamente legato a motivi reputazionali che portano all’ottenimento di un vantaggio competitivo ma è
anche sfruttato per ridurre le attività troppo incisive intraprese dal legislatore. Tra le forme più diffuse di
incentivi legislativi ci sono il rating di legalità e il B-corporation.
Il rating di legalità è uno strumento attribuito dalla AGCM (autorità garante della concorrenza e del
mercato) finalizzato a motivare l’introduzione di principi di comportamento etico in un contesto aziendale e
riguarda l’assegnazione all’impresa di una valutazione in “stelle” in merito al grado di attenzione prestato
durante la gestione delle proprie attività. La valutazione può quindi variare da una a tre stelle in base al
merito dell’impresa. Tale riconoscimento è rinnovabile e può essere richiesto da imprese che abbiano
raggiunto un fatturato di almeno due milioni di euro e il cui titolare e amministratori non abbiano
commesso illeciti di alcun tipo. A seguito della richiesta l’impresa assume obblighi informativi in un apposito
formulario circa le proprie attività ed è sottoposta a controlli a campione da parte dell’AGCM o dalla
guardia di finanza. Le imprese in possesso del rating, oltre a vantaggi reputazionali, ne traggono vantaggi
quali la preferenza nelle graduatorie con ulteriore attribuzione di un punteggio aggiuntivo, migliore
considerazione dell’azienda nei processi di istruttoria delle banche per i finanziamenti e riserve di quota
delle risorse finanziarie allocate.
La B-corporation (società benefit) è uno status giuridico attribuito a determinate aziende con lo scopo di
promuovere la diffusione di società che nell’esercizio delle proprie attività perseguono non solo obiettivi
economici ma anche scopi legati a “benefici comuni” rendendo le proprie scelte responsabili e trasparenti.
La società benefit ha inoltre compiti aggiuntivi quali: presentare nell’oggetto sociale gli obiettivi di
“beneficio comune” che si intendono realizzare, allegare al bilancio una relazione riguardante il
perseguimento di tali obiettivi e ottenere la certificazione da un ente indipendente. Da questo modello ne
deriva un rafforzamento dell’estensione dei diritti fiduciari degli amministratori e vantaggi di tipo
reputazionale ma tali aspetti sono anche accompagnati dall’incremento di oneri e adempimenti.
Il Code of Conduct è un documento redatto su base volontaria da parte dell’impresa che non si limita agli
obblighi normativi e attraverso cui definisce principi etici comportamentali ai quali si vincola. Questa
iniziativa può avere un impatto positivo sugli stakeholder e guadagnare quindi vantaggi di tipo
reputazionale.
Un’impresa che finge di impegnarsi responsabilmente per un obiettivo etico ma che nella realtà dei fatti
non rispetta tali propositi, oltre a danneggiare la propria reputazione, può doversi difendere da accuse di
pratiche commerciali scorrette e pubblicità ingannevole con intervento da parte dell’AGCM. Il codice di
condotta è inoltre vincolante per i lavoratori dell’impresa.

Corporation (privilegi): il potere politico concede alle corporation privilegi quali la responsabilità limitata, la
personalità giuridica e numerus clausus. Nel caso di responsabilità limitata, prevista per le S.p.a. e le S.r.l.,
non è a rischio il patrimonio privato degli azionisti che rispondono unicamente con la propria quota di
capitale sociale. La personalità giuridica prevede che l’impresa, iscritta nell’apposito registro delle imprese,
venga considerata come un soggetto di diritto distinto da stakeholders e shareholders. Infine, il numerus
clausus riguarda l’indicazione tassativa dei limiti della libertà statutaria (in mancanza di tipicità non sono
concessi privilegi).

Legal origin theory: La legal origin theory sostiene che le strutture di governo siano frutto di uno shock
politico. In particolare le regole della Common Law sono più efficienti di quelle della Civil Law perché hanno
origine da esperienze e dispute passate. Questa teoria ha però considerato un unico shock, ovvero la
divisione tra Common e Civil Law, ma si sono verificati molti altri shock che hanno generato una maggiore
varietà di strutture all’interno delle società. La Legal origin theory, anche se molto criticata, rappresenta un
punto di partenza per analizzare le diversità istituzionali tra stati. La Banca Centrale e il Fondo Monetario
sulle basi di suddetta teoria sostengono il bisogno di introdurre regole di Common Law all’interno dei
sistemi di Civil Law.

In Italia: In Italia, negli anni post Seconda Guerra Mondiale, venne adottato il cosiddetto IRI per ricostruire il
capitale fisico distrutto in quanto l’unica fonte di reddito prima della guerra era il capitale umano. Ne derivò
una modifica nel contesto politico che diede origine a regolamenti che tutelavano maggiormente il capitale
umano. Pertanto classe media, elettore mediano e opinione pubblica divennero proprietari non di capitale
fisico ma solo di capitale umano. In particolare, con elettore mediano si intende il soggetto verso cui i
differenti partiti politici si rivolgono per ottenere la maggioranza dei voti, la classe media è una classe di
votanti abbastanza omogenea e l’opinione pubblica riguarda i temi salienti per la popolazione.

Svizzera: la Svizzera non ha subito shock politici nel secondo dopoguerra e pertanto non ci sono state
pressioni per politiche di maggiore salvaguardia dei lavoratori. Ne risulta che questo paese ha un sistema
misto tra Civil Law e struttura di governance tipica delle Common Law.

Smith  fabbricazione di uno spillo

Costo opportunità: Il governo delle risorse è influenzato dal costo opportunità, cioè del costo derivante
dalla scelta tra più alternative di impiego di una risorsa. Il costo opportunità nullo indica il miglior uso di un
fattore produttivo.
Stalin: Il sistema ideato da Stalin sostituisce la proprietà privata dei mezzi di produzione con la proprietà
statale e prevede che ad ogni impresa venga assegnato un obiettivo definito sulla base delle performance
passate della stessa. Tuttavia, a causa di tali presupposti, sorge il rischio dell’effetto ratchet: le imprese per
non dover raggiungere obiettivi troppo complessi sono incentivate a minimizzare i propri risultati, occultare
eventuali successi e sottostimare le proprie capacità. I limiti di questo modello sono riconducibili a problemi
di governance in quanto le informazioni di mercato e private risultano non essere sufficienti e vi è un ruolo
distorsivo delle istituzioni e della politica.

Luxottica: il diritto di successione ha influenzato l’evoluzione della governance e del gruppo.


Swiss Air: Legge e impresa si possono influenzare a vicenda (la legge ha posto vincoli alle remunerazioni dei
manager poiché queste erano troppo elevate).

Isoquanti e isocosti: gli isoquanti dipendono dalla tecnologia e indicano le diverse combinazioni dei fattori
produttivi alle quali corrisponde lo stesso livello di produzione. Gli isocosti dipendono invece dai prezzi dei
fattori produttivi e riguardano le possibili combinazioni degli stessi fattori alle quali corrisponde lo stesso
costo totale.

Concorrenza perfetta: Nella concorrenza perfetta l’impresa è price-taker e l’imprenditore ha il solo compito
di combinare i fattori produttivi per rispettare il prezzo finale del bene. Questo modello, tuttavia, non è
esente da limiti quali: non si spiegano le cause e le modalità dei cambiamenti tecnologici, l’attività
dell’imprenditore si riduce ad un mero calcolo economico, l’imprenditore non è considerato innovatore,
non si valuta la tecnologia anche come fattore endogeno, non ci sono teorie sul finanziamento dell’impresa
e bisognerebbe esaminare i problemi legati alla ricerca, al controllo e alla verifica. I modelli di oligopolio e
monopolio non consentono il superamento di tali limiti.

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