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Abbiamo visto la neuropatia diabetica e la sua variante verso la neuropatia di charcot e adesso

guardiamo la parte relativa all'aspetto vascolare. Abbiamo visto che e una patologia
multicomponente. Abbiamo visto la parte del SNP e abbiamo detto anche che
contemporaneamente a questo aspetto abbiamo quello vascolare dell'arto inferiore dove insiste la
neuropatia. I due aspetti cioè la neuropatia e la vasculopatia incominciano ben prima che
compaiano le lesioni a livello e quindi sono presenti e inavvertite perché abbiamo detto che la
neuropatia attutisce la sintomatologia ben prima che uno manifesti qualche problema d'organo e
cominciano con l'esordio della patologia. Insieme con la neuropatia la vasculopatia connota quella
che si chiama fase preulcerativa. Da qui l'importanza dello screening perché se riusciamo a
trovare questi pazienti prima che si manifesti la patologia d'organo possiamo fare qualcosa di
molto buono che é la prevenzione primaria. Importantissima infatti anche per quello che riguarda
altre patologie come é stata la prevenzione delle cure dentistiche, nel fumo. Nel diabete di tipo 2,
che ha decorso subdolo, quando un paziente viene trovato é già un po' che ne é affetto tanto é
vero che si pensa che per ogni diabetico che sa di avere il diabete si suppone che vene sia uno
che non lo sa. Quindi invece di aspettare che arrivino alla diagnosi con dei sintomi se la vai a
cercare la trovi di già in 1 su 5. Più il diabete é stabilizzato e duraturo più la prevalenza
dell'arteriopatia aumenta nella popolazione. Sappiamo anche che la condizione si associa al
cattivo controllo della glicemia e quindi quanto sia sotto controllo questa malattia cronica. Se
andiamo a vedere tutti gli studi che sono stati fatti facendo metanalisi si vede che il rischio di avere
più arteriopatie periferiche é il 30% per ogni punto di emoglobina anglicana del paziente sia per
diabete tipo 1 che tipo 2. Questo é importante perché se uno riesce a tenere sotto controllo la
glicemia e quindi il diabete il rischio di contrarre arteriopatia diminuirà. Le caratteristiche di questa
arteriopatia sono diverse dai non diabetici. In un non diabetico rispetto a un diabetico viene
sviluppata più tardi, é meno aggressiva, c'è multidistrettualitá, claudicatio intermittens,
monolaterale, circoli collaterali. Nei diabetici questo non é vero: la contraggono prima,
interessamento polidistrettuale e bilaterale, più di un vaso, più distale e non fanno circoli collaterali.
É questo é un grosso gap culturale soprattutto nei chirurghi vascolari. Questa forma si diagnostica
grazie a dei criteri di normalità per degli indici che possiamo misurare facilmente e vedendo se
questi indici cambiano definiamo dei passi della patologia vedendo se sia critica. Vengono misurati
la pressione alla caviglia e al braccio, la pressione all'interno del vaso é data dalla grandezza del
vaso e dalla potenza a monte se il rapporto é intorno a 1 sarà normale, se invece é minore o
maggiore avremo uno squilibrio di pressione in un distretto rispetto che in un altro (ankle-brachial-
index o indice di winsor). La stessa cosa vale per la pressione all'alluce. Ci sono alcuni autori che
pensano sia precisa perché riflette l'andamento del circolo anche dopo e secondo loro risente
meno delle calcificazioni arteriose ma ciò non é vero e in più non hanno nemmeno l'alluce alcuni.
E questi indici devono essere tenuti di conto anche nel caso di tanto disquilibrio. Ad esempio
l'arteria può essere calcificata e si può opporre al suo disequilibrio e quindi portare a falsi. Quindi
per ovviare a questo si aggiunge altro che é la tensione transcutanea dell'ossigeno. I vasi servono
per portare l'ossigeno nei distretti corporei quindi se io misuro quanto ossigeno arriva nei tessuti ho
una valutazione del circolo in base a quello che viene portato a livello del circolo piuttosto che della
pressione. E anche questa si misura in millimetri di mercurio ma in base alla pressione
dell'ossigeno. Ci sono valori normali e variabili che vanno considerate come edemi o
vasocostrizione dovuta al freddo che diminuiscono i valori. Se i valori sono ridotti il paziente ha una
arteriopatia a non espone il paziente a rischi evolutivi progressivi verso l'amputazione se invece i
valori sono ancora minori il paziente ha un ischemia critica e allora progredisce verso
l'amputazione velocemente. Importante perche se andiamo a cercare di capire quali sono i fattori
di rischio, se hanno neuropatia motoria il rischio di andare incontro a amputazione rispetto a uno
che i riflessi celi ha normali il rischio é il 650% più alto, se invece ha una neuropatia sensitiva
espressa come sensibilità al monofilamento, il rischio é del 1800% ma se invece il paziente ha una
arteriopatia critica il rischio sale al 6000%, da questo si capisce che l'arteriopatia da un punto di
vista dell'importanza clinica e del rischio amputativo é molto più pesante della componente
neuropatica. Il paziente neuropatico si amputa per lesioni gravi ad oggi viceversa i pazienti
arteriopatici esprime veramente la condizione di rischio per amputazione. L'arteriopatia ha pochi
segni e sintomi e quindi ci aspettiamo che il paziente diabetico non abbia una fase intermedia
come il paziente non diabetico in cui si manifesta la claudicatio intermittens, perché la claudicatio
progressiva nella classificazione di la fontaine non é vera per il paziente diabetico per la presenza
di neuropatia. Il paziente diabetico cammina quanto gli pare o meglio quando sviluppa dolore é in
una condizione molto più critica rispetto al paziente non diabetico. Ci sono quelli che non cel'hanno
mai ma ci sono quelli che cel'hanno e quando cel'hanno vuol dire che sono a uno stadio più
evoluto con lesioni d'organo ischemiche che nel paziente non diabetico vengono dopo il sintomo di
avvertimento. Questi pazienti passano direttamente senza alcun apparente sintomo alle lesioni.
Sono gli stessi pazienti che fanno l'infarto del cuore senza accorgersene. Questipazienti arrivano
quindi con lesioni che hanno caratteristiche diverse dalle lesioni neuropatiche. Lesioni torpide,
lente a evolvere, bordi frastagliati, fondo poco evolutivo, cute sottile, scarsa tendenza a riprodurre
strati di cute, vengono nelle zone marginali perché sono quelle dove arriva meno sangue, sono
dolenti talvolta, e sono caratterizzate dall'acrocianosi ovvero la cute intorno é sofferente. Proprio
per la mancanza di ossigeno avvengono due cose che sono: la vasodilatazione fisa, vasoparietosi
massimale perché l'aumento dell'anidride carbonica, l'ipercapnia, determina questa
vasodilatazione e c'è l'estrazione massimale dell'ossigeno dall'emoglobina che quindi cambia
colore e diventa più bluastra perché ha meno ferro tre più e più ferro due più a livello del circolo
capillare. Per questo si ha la tipica colorazione schematica dei vasi. Le unghie sono sottili e
deformi, di solito diventano a vetrino di orologio e le dita diventano a bacchetta di tamburo perché il
circolo capillare fa aumentare la grandezza del polpastrello per ipertrofizzarsi e massimizzare la
captazione dell'ossigeno. In più un altro segno é la progressione rapida verso la necrosi del
tessuto. Altra combinazione di concause é che in un paziente neuropatico con iportrofia della cute
nelle zone marginali, la combinazione di pressione e insensibilità si hanno lesioni
neuroischemiche. Il fatto che questi pazienti non abbiano dolore giustifica anche la progressione
rapida delle lesioni. Questo giustifica il termine ischemia critica dove la criticità é data dal fatto che
in quelle condizioni la lesione va verso un non ritorno. Secondo uno studio che coinvolge diversi
paesi europei, con diversi pazienti in Europa (1300) di cui 1/4 ha lesioni di tipo neuropatico, mentre
la metà é in condizione ischemica. Quindi sono molti e hanno diversi problemi a diversi livelli. Il
piede diabetico viene considerato un marcatore di mortalità e di comorbilitá associate ad esso. In
alcuni casi la mortalità di questi paziente é superiore a quella di altri affetti da cancro a causa della
gravità e della criticità con recidive più gravi. Da un punto di vista eziologico normalmente quello
che succede é una aterosclerosi che é più aggressiva più tumultuosa più rapida nei diabeti per
infiammazione cronica dell'intima dei vasi con conformazione prima della placca poi dell'ateroma
con progressione molto precisa, con deposizione di lipidi e coinvolgimento di macrofagi che
iniziano a mangiare le cellule che vedono come corpo estraneo gonfiandosi diventando cellule
schiumose e poi scoppiano e liberano citochine infiammatoria che innescano questo meccanismo
infiammatorio cronico che fa attivare e attrarre con fattori chemiotattici cellule della tonaca media
delle fibre muscolari lisce formando nella parete del vaso tra l'intima (epiteliali) e la media
(muscolari), una struttura infiammatoria cronica, quasi come un granuloma chiamato ateroma che
determina un rigonfiamento della parete che può fessurare verso l'esterno e riduce il calibro del
vaso oltre che rendere vorticoso il circolo. Si attivano così i fattori della coagulazione per cui oltre a
problemi infiammatori cronici e a ostruzione si arriva alla trombosi e alla occlusione. Questo é un
processo che ha a che fare con l'invecchiamento ma nei pazienti diabetici si ha una progressione
più rapida e questo accade in regioni che sono spesso a livello del circolo ileofemorale.
L'arteriopatia periferica delle gambe é un marker per l'arteriopatia sistemica. Inoltre quanto più
diminuisce l'indice ABI tanto più aumenta il rischio di eventi cardiovascolari. Ho l'indice ABI a 0,6
ho il 400% di probabilità in più di andare incontro a problemi di cuore acuti. Se invece ho l'indice a
0,8 il rischio é del 200%. Il rischio aumenta anche se si va oltre a 1. Infatti si hanno anche problemi
di calcificazione. La lesione non é più l'ateroma o la placca ma la sostituzione della tunica media
con materiale fibroso amorfo calcificato. Questo perché nello stesso distretto in cui abbiamo
l'arteriopatia periferica si ha anche la neuropatia periferica e quindi la tunica media formata da fibre
muscolari e quindi con il blocco delle fibre nervose periferiche autonomiche che regolano la
vasodilatazione e la vaso costrizione (vasomozione), atrofizzano e quindi atrofizzano le cellule
muscolari e quindi vengono sostituite da tessuto cicatriziale fibroso che calcifica e calcifica per un
meccanismo analogo a quello visto nel piede di charcot. Il sistema RANKL osteoprotogenina qui
funziona depositando il calcio nelle arterie. Viene preso dalle ossa e messo nelle pareti delle
arterie. In genere succede in tessuti che vanno incontro a degenerazione fibrosa in questo caso
grazie a questo sistema il calcio tende ad essere riassorbito per attivazione degli osteoclasti a
livello delle ossa e per tachifilassi si ha la deposizione a livello delle arterie. La calcificazione é
concentrica mentre l'ateroma é eccentrico. Ma perché ritrovo tessuto osseo nelle arterie? Perché
le cellule staminali dell'endotelio circolanti che vengono prodotte in questo caso dal midollo osseo
e per homing vengono chiamate nel vaso ma nella sede trovano un contesto fatto di calcio e quindi
si differenziano e diventano osteociti e osteoblasti. Infatti le cellule staminali devono avere un
interazione con l'ambiente che gli diano l'input di lavoro attuando un meccanismo adattativo. In più
sempre per difetti di produzione di cellule staminali non si ha la possibilità di avere la
neoangiogenesi. Tutto questo succede in regioni precise che sono il distretto a livello distale del
ginocchio a causa della neuropatia periferica. Mentre rivascolarizzare vasi di calibro maggiora é
più facile che con quelli di piccolo calibro in più se resiste alla pressione esterna resiste anche a
quella interna. La morbilitá nel diabete si ha anche con problemi renali, oculari, ecc. tutti problemi
microangioplastici ovvero di distretti fatti da arteriole, capillari e venule che non si vedono a occhio
nudo che peró sono i più diffusi nel nostro corpo (rapporto di 10000/1). In questi pazienti se si va a
vedere quali sono che vanno incontro a morte a qualunque livello di funzione renale quelli che
vanno più facilmente incontro a morte sono quelli che hanno il circolo periferico più compromesso.
Quando poi questa patologia ischemica periferica si associa a infezione allora il rischio aumenta
quasi esponenzialmente potenziando in maniera sinergica il rischio dato dalla prima patologia.

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