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La filosofia della natura

e l’idealismo estetico di
Friedrich Wilhelm Joseph Schelling

La filosofia della natura

La prima fase del pensiero di Schelling si svolge sotto l’influenza


di Fichte, del quale riprende l’idea che la natura è il prodotto
inconscio dello spirito (Io puro).

Ben presto, però, la nozione fichtiana di natura, intesa come il


limite che l’Io impone a se stesso nel movimento che lo porta a
superare in continuazione le posizioni acquisite, appare inadeguata
a Schelling.

Essa è troppo rigida rispetto alle immagini vive e animate della


natura che le scienze vanno elaborando nel clima di grandi
interesse per i fenomeni naturali tipico del romanticismo (specie la
chimica e la biologia).

Spinto dalle suggestioni romantiche, Schelling cerca nella natura


non solo il Non-Io, l’Altro dall’Io, ma la realtà più segreta e più
vera dell’Io stesso.

Il compito che sta davanti a Schelling è dunque approfondire il


rapporto tra l’Io e la natura, per superare la vecchia concezione
materialistica e meccanicistica della natura come realtà statica o
insieme di fenomeni legati da leggi fisico-matematiche, portando
invece alla luce il dinamismo che la percorre, analogo a quello che
muove lo spirito.

In altre parole, secondo Schelling vi è una sostanziale continuità


tra natura e spirito: non è più possibile, afferma Schelling,
considerare la natura soltanto come un tutto governato da leggi
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meccaniche; non si tratta di una realtà contrapposta allo spirito,
alla vita, alla coscienza.

La natura
non è:

• un residuo materiale inerte e dotato unicamente di


passività;

non è (fichtianamente):

• un fenomeno creato soltanto per fare da sfondo al


progresso del soggetto umano;

non è (fichtianamente):

• l’oggetto di conquista di questo stesso soggetto umano,


che lo sottomette e lo trasforma in ragione della sua
superiore razionalità.

In altre parole, se la natura è per Fichte il momento


dell’opposizione, della resistenza e della passività che esige il
riscatto da parte della razionalità, che dunque deve dominarla e
trionfare su essa, per Schelling la natura ha valore in sé.

La natura è anzi essa stessa organizzazione dotata di vita,

➢non subordinata allo spirito;

➢ma che anzi si identifica con lo spirito;

➢che è lo spirito stesso.

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Quell’Assoluto che per i romantici è l’oggetto primo della ricerca
filosofica è dato da Schelling in questa primitiva e originaria
indistinzione di natura e spirito, conscio e inconscio, finito e
infinito, spirituale e materiale.
Questi due princìpi, finora concepiti come opposti, non si
fronteggiano più, come in Fichte, senza mai incontrarsi davvero, e
anzi opponendosi reciprocamente come contrari; in Schelling si
identificano.

La natura, secondo Schelling, andrebbe piuttosto intesa anch’essa


come un’intelligenza, anche se non ancora matura, uno “spirito
pietrificato”, ossia non ancora consapevole di sé in quanto spirito.

E tuttavia la natura, dai suoi gradi meno evoluti a quelli più


evoluti (per intenderci, dal grado zero di pensiero rappresentato
dai minerali, al grado massimo di ragione proprio degli uomini),
la natura – dicevo – è il cammino che l’Io percorre per
divenire cosciente di sé, per riconoscersi come spirito.

Dunque, secondo Schelling, lungi dall’essere due enti diversi,


quando non opposti, come per Fichte, dove l’uno pone l’altro,
spirito e natura sono legati da uno stretto vincolo, a formare
quella che Schelling chiama l’identità originaria, o unità
originaria, o anche l’Assoluto.

L’Assoluto, ovvero la pienezza della realtà, la realtà guardata nella


sua totalità (quella che Kant negava fosse conoscibile nel concetto
di mondo) è unione di natura e spirito, in quanto il ruolo della
natura – nella continua evoluzione delle sue forme, dalle meno
evolute (la materia) alle più dotate di coscienza (l’uomo) – è
quello di preparare la coscienza.

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La natura è intesa non come altro dallo spirito, quanto come la
preistoria dello spirito, la preparazione dello spirito.

Non vi è insomma salto qualitativo tra la natura e lo spirito, come


tra una cosa e un’altra che non è la prima, ma una continuazione,
un continuum su cui ciò che è inconscio (la natura) si rivelerà
come conscio (la coscienza dell’uomo).

Questa piena identità di natura e spirito è l’Assoluto.


L’Assoluto è tutta la realtà, tutto ciò che esiste; e tutto ciò che
esiste è dato dalla continuità tra natura e spirito.

La natura è spirito, ma spirito materializzato; è Io visibile,


coscienza irrigidita, ma già attiva dentro le forme naturali.

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Ancora la filosofia della natura

E’ possibile, da ciò che ho detto finora, cogliere l’intenzione


polemica che la filosofia della natura schellinghiana rivolge
all’illuminismo e al razionalismo: il meccanicismo scientifico di
epoca illuministica spiega solo le manifestazioni esterne della
natura, la catena di cause ed effetti, ma non la vita che sta a
fondamento del mondo naturale.

Perciò, secondo Schelling, bisogna liberare la natura dal


meccanismo inerte in cui la si è imprigionata e riscoprirne il
libero sviluppo interno.

Ci accorgeremmo allora che, guardata nel suo complesso, la


natura appare come uno spirito inconscio che si muove verso la
coscienza, tramite un processo di continuo assottigliarsi e affinarsi
della materia per lasciare spazio al corrispettivo emergere dello
spirito.

Il progressivo farsi spirito della natura avviene mediante la serie


ascendente dei fenomeni.
A poco a poco, di gradino in gradino, la realtà è una scala lungo
la quale la natura si affaccia al mondo dello spirito.

La filosofia della natura studia dunque le forme con cui la


spiritualità emerge dalla materia: dal livello di espressione più
elementare e primitivo, in cui la spiritualità è sommersa
(l’inorganico), arriva alla vita organica, in cui si avverte il primo
affiorare della coscienza, fino alla coscienza dispiegata, che si
identifica con la ragione umana.

Cfr. Fotocopie
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