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Recensione del libro “ Fin quando la mia stella brillerà”

Fino a quando la mia stella brillerà è un romanzo scritto da Daniela Palumbo che ha
raccolto la testimonianza di Liliana Segre, allora bambina ebrea deportata ad
Auschwitz. Il romanzo è edito nella collana Il battello a vapore, destinato quindi
ai lettori più giovani, dai 12 anni in su.
Pur raccontando il buco nero di umanità che ha sventrato la razza umana durante la
seconda guerra mondiale, Fino a quando la mia stella brillerà è una lettura che
racconta in punta di piedi l'orrore dell'Olocausto attraverso gli occhi e le
emozioni di una bambina, Liliana Segre. Una bambina come tante, bambina in un
passato nemmeno tanto lontano, bambina come si è bambini oggi — come lo è mia
figlia. Con una vita spensierata di giochi, amici, studio, passioni, interessi,
affetti. Una vita che troppo presto ha iniziato a perdere i contorni, frastagliati
dalla grettezza di un nemico che non si è palesato subito. Ha iniziato il suo
attacco in sordina, con le prime restrizioni, le prime leggi — razziali — assurde
che limitavano la libertà di quegli esseri umani colpevoli di essere nati con un
sentimento religioso differente.
Non si spiega perché, Liliana, quando a otto anni è costretta a lasciare la scuola
della sua città, Milano — doveva frequentare la terza elementare, come mia figlia.
Ma la cosa che più la ferisce è l'indifferenza delle sue compagne di classe, della
sua maestra. Perché magari una bambina non capisce il senso delle leggi razziali,
ma l'indifferenza la capisce benissimo. È qualcosa che piano piano penetra fino
alle ossa, sgretola i sogni di una giovane mente, le sue aspettative, le illusioni
che gli esseri umani siano come una grande famiglia in cui tutti ci si aiuta e
tutti si protesta contro le ingiustizie subite anche da uno solo dei suoi membri.
Ma l'umanità non è una grande famiglia, è solo un'accozzaglia di individui che
vivono uno rasente l'altro e, al bisogno — il proprio — si voltano di spalle per
non vedere.

Daniela Palumbo ha scelto con Liliana Segre di sviluppare la trama di Fino a quando
la mia stella brillerà in un modo a mio avviso molto efficace, diretto, proprio
pensando all'età dei giovani lettori.
Nella prima parte viene narrata, in prima persona, la vita di Liliana dalla sua
nascita agli otto anni. La vita di una bambina benestante, circondata da amici e
affetti. Una famiglia che crea il proprio futuro, il proprio benessere, mandando
avanti una ditta tessile e una scuderia, chiamata Balilla. Una bimba che perde la
mamma troppo presto, ma con un padre meraviglioso che fa attenzione a non farle mai
sentire la mancanza pur alimentando il ricordo di una madre mai conosciuta ma viva,
nelle sensazioni, nell'aria che si respira nella sua bella casa elegante. Una
famiglia allargata, in cui vivono anche i nonni, paterni e materni, fonte
inestimabile di conoscenze e saggezza. E in cui vivono anche Susanna e Caterina, a
servizio dalla famiglia Segre cui si legano fedelmente con reciproca stima. Una
vita normale, serena, fatta di scuola, vacanze al mare, giochi e storie raccontate
in giorni di pioggia, arricchita dalle foto dell'album di famiglia. L'abilità di
Daniela Palumbo sta proprio in questo, nell'accendere un riflettore su una vita
comune, in cui tanti bambini potrebbero identificarsi, e nel mostrare come quel
riflettore ad un certo punto — nella seconda parte di Fino a quando la mia stella
brillerà — abbia iniziato a bruciare le immagini, cambiando tutto. Per porre
l'accento su un dettaglio terribile ma da tenere bene a mente: potrebbe capitare
anche a noi, nulla ci mette al sicuro dalla crudeltà, perché quello che è accaduto
dopo non è la punizione per una colpa commessa, ma la decisione assurda di una
mente malata.

Molti sono gli amici della famiglia Segre che cercano di offrire una via di fuga
almeno a Liliana, offrendosi di nasconderla, pur sapendo di rischiare essi stessi.
Perché i veri amici, leali, questo fanno.
E Liliana Segre li ricorda tutti, con un affetto profondo e nostalgico, annoverando
ciascuno di essi tra i Giusti.
Ma nulla mette al riparo Liliana e la sua famiglia dalla furia nazista. E la
bambina — nella terza parte del romanzo — finisce ad Auschwitz. Separata subito dal
suo papà di cui non saprà più nulla. Ma proprio l'amore di e per suo padre sarà la
sua salvezza, ciò che la terrà in vita per oltre un anno di detenzione. Anche se
restare vivi all'inferno forse non è una vera salvezza, è solo un inspiegabile
istinto di sopravvivenza.
Daniela Palumbo raccoglie i ricordi di Liliana Segre e li vomita su carta. Non sono
fintamente edulcorati, ma sono racconti di un orrore vissuto da bambina e, si sa, i
bambini sperimentano la realtà con un filtro, che poi si perde crescendo, che aiuta
loro ad adattarsi alle situazioni, anche le più terribili, senza perdere la
speranza e l'innato bisogno di leggerezza. Quindi sono racconti crudi, diretti come
pugni allo stomaco, ma calibrati sulla sensibilità dei giovani lettori, cui
comunque non si possono raccontare favole per sempre, perché la conoscenza di certi
avvenimenti è necessaria per andare oltre e non permettere che si commettano ancora
gli stessi errori.

La terza parte del romanzo si sofferma appena sull'esperienza di Liliana Segre ad


Auschwitz, come se il racconto dell'orrore non fosse così importante. Perché quello
che deve essere raccontato ai bambini è il dopo.
Un ritorno ad una normalità che non esiste più. Non esistono più le proprie cose, i
propri affetti. Si ritorna ad una routine di gente che vuole andare oltre e fa di
tutto per scordare l'orrore della guerra. Addirittura negarne lo spettro più
spaventoso, l'Olocausto. Perché è difficile credere che l'uomo possa arrivare a
tanto. O forse, più semplicemente, perché sapere che mentre qualcuno continuava a
vivere una vita apparentemente normale poco più in là si consumava l'aberrante
degrado della nostra umanità, rendeva tutti complici, gettava su tutti una coltre
di senso di colpa. E non è facile guardare negli occhi i sopravvissuti e sentire
che nessuna scusa sarà mai abbastanza.
I sopravvissuti stessi, per anni, non hanno parlato. Quasi tutti. Un evento di tale
portata va sedimentato per decenni — forse non sedimenta mai —, metabolizzato e poi
raccontato, rivivendolo. Si arriva al punto che il lacerante dolore del ricordo non
supera più l'urgenza di far sapere al mondo l'ingiustizia subita, proprio per
evitare che accada ancora. E quel punto a volte scaturisce da un incontro, da un
amore, da un'amicizia che condivide lo stesso fardello. Come è successo a Liliana.
Fino a quando la mia stella brillerà, di Liliana Segre e Daniela Palumbo, è uno dei
tanti libri sull'Olocausto, un romanzo da leggere insieme ai nostri figli più
piccoli o da far leggere in solitudine a quelli più grandi, pronti ad accogliere le
loro domande e il loro turbamento. Perché l'educazione degli adulti di domani passa
anche attraverso la forgiatura della loro coscienza.

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