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PROBLEMI FILOSOFICI DELLA CONSOLATIO BOEZIANA

Author(s): LUIGI ALFONSI


Source: Rivista di Filosofia Neo-Scolastica , SETTEMBRE-DICEMBRE 1943, Vol. 35, No. 5/6
(SETTEMBRE-DICEMBRE 1943), pp. 323-328
Published by: Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore

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LUIGI ALFONSI

PROBLEMI FILOSOFICI DELLA CONSOLATO BOHZIANA

Boezio all'inizio della sua consolatio ci indica in modo chiaro quali


idee sulla filosofia: descrivendoci infatti la rapida ed improvvisa app
mulier reverendi admodum vultus ci dice che in extremo margine d
Il graecum, in supremo vero 0 legebatur intextum. Atque in utrasqu
scalarum modům gradus quidam insigniti videbantur quibus ab inferi
nus elementům esset ascensus (I, i). Da ciò risulta esplicitamente l'intim
la filosofia morale, pratica, e la metafisica, teoretica che sorgono entr
così, da uno stesso movente, seppur sono di differente gerarchia« Cog
in atto, nella stessa viva e concreta drammaticità di questa operetta c
rienza di vita oltreché un trattato, tali momenti e indaghiamo così nel
profondo e vero il pensiero di Boezio (i)»
Dapprima c'è il male: il male fisico e insieme il male morale che s
tanto avere consistenza in se quanto derivare dall'annubilamento dell'a
more : si parla infatti molto spesso di caligo, e anzi si afferma che letharg
communem inlusarum mentium morbum. Sui quidem oblitus est, reco
si quidem nos ante cagnoverit. Quod ut possit, paulisper lumina eius m
rum nube caligantia tergamus. A ricondurre l'anima a se stessa e ad
compito di medico (I, 2 sed medicinae inquit , tempus est quam quere
cognoscendam medicantis faciem mentem recepi)f interviene la filosof
questo valore appunto pratico, - e infatti essa attìnge in fendo a TÓ
nelle consolazioni antiche il cui significato preliminare lo stesso Boezi
si palesa perciò come morale, e dimostra la sua funzione propedeutica, quas
mento a porre i problemi, rispetto a quanto verrà dopo. Essa insomm
desunti dalla storia, con esortazioni vivaci, con spiegazioni sulla labilit
reni risveglia, predispone l'animo, in quanto ascolta quelli che sono i
di essi, nella frammentarietà stessa con cui appaiono nella vita, interp
guata: quasi fosse consigliera immediata» E perciò in questa prima par
magina che la filosofia ricorra all'ausilio della retorica, che ritraduce
il pulsante movimento della vita, in quanto anche essa deve frangersi,
lorirsi secondo la fluidità delle stesse circostanze (II, 1) adsit igitur rhe
àulcedinis quae tum tantum recto calle procedit , cum nostra institūt
cumque hac musica loris nostri vemacula nunc leviores nunc graviores
nat (2). E questo valore preliminare dell'etica che predispone, quasi po
blemi, alla metafisica, è dichiarato dalla stessa filosofia che risponden
zione di Boezio circa i fugaci effetti della retorica sull'animo afflitto, pro
tempestivum fuerit, rimedi quae in prof un dum sese penetrent.

(1) Sulla quale consolatio , oltre quanto detto nello Sghanz, GRL, 1920, IVt
e nel Manitius, GLLM, 191 i, I, pagg. 32-35, si veda anche: L. ALFONSI, Su
della « Philosophiae consolatio » boeziana («Atti R. Istituto Veneto», T
II, I943-
(2) Cfr.: Alfonsi, art . cit., pag. 179.

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LUIGI ALFONSI

Anche quindi i problemi più eccelsi ed apparentemente almeno più astra


rivelano così germinati e nati dalla concretezza della vita: onde è implicitam
- ma assai chiaramente - dimostrato che per Boezio la filosofìa appare come
lutrice del problema della vita (i), E appunto da quelle discussioni diciam così
ginali ed inorganiche* si risale poi man mano ad unità e ad una visione più co
tiva, omogenea» armonica: da li, 5 dove si dice: quoniam rationum iam in te
rum fomenta descendant, paulo validioribus utendum puto , a III, 1 : itaque re
quae paulo acriora esse dicebas, non modo non perhorresco, sed audiendi avi
vehementer efflagito, sino poi a culminare nel disegno di trattare i sommi proble
manifestamente dichiarato, come parte nuova della trattazione, in III, 9: sed
ut in Timaeo Piatoni, inquit, nostro placet, in minimis quoque rebus divinum
sidium debeat imploran, quid nunc faciendum censes, ut ilHus summi boni
repperire mereamur? Invocandum, inquam, rerum omnium patrem, quo praeterm
nullum rite fundatur exordium . Recte, inquit, oc simil ita modulata est .

O qui perpetua mundum ratione guberņas (III, 9).

E di qui si va al concetto, alla perfecti boni forma che poi platonicamen


identifica con Dio stesso, con un argomento che richiama quasi nel procedim
quello ontologico: Deum rerum omnium principem bonum esse communis h
norum conceptio probat animorum. Nam cum nihil deo melius excogitari que
quo melius nihil est bonum esse quis dubitet ? Siamo quindi nel dominio pieno
metafisica. Dio, Provvidenza che governa il mondo bonitatis gubernaculis (cui
pone che la virtù sceleratorum pedibus subiecta calcatur et in locum factnoru
plicia luit) e conseguentemente predestinazione e libero arbitrio, ecco i proble
dibattuti e discussi: in hoc enim de providentiae simplicitate de fati serie de r
tinis casibus de cogfiitione ac praedestinatione divina de arbitri libértate quaeri so
quae quanti oneris sint ipse perpendis (IV, 6); hic iam fit illud fatalis ordinis
gne miraculum...
Così c'è anche una simmetria, per così dire, di disposizione, sostituendo
frammentarismo della fortuna (sia pur indirizzato a buon fine), quale era de
ed illustrato nella prima parte (2), l'esplicito ordine provvidenziale: risalend
dall'apparenza dei fatti e degli eventi umani alla loro essenza ed intima real
infine - ed è il problema più alto - la coesistenza della divina prescienza
l'umano libero arbitrio, senza che l'una vulneri l'altro : sed in hoc haerentium
serie causarum esine ulla nostri arbitrii libertas an ipsos quoque humanorum
animorum fatalis catena constringit ? (V, 2), e poco oltre: nimium, inquam,
san ac repugnare videtur praenošcere universa deum et esse ullum libertatis
trium (V, 3), su cui si imposta tutta la successiva discussione che culmina ap
quae cum ita sint, manet intemerata mortalibus arbíirii libertas nec iniqua
solutis omni necessitate voluntatibus proemia poenasque proponunt (V, 6).
questo sia il vertice più alto della discussione e della trattazione è in fondo d
rato da Boezio stesso, che appunto nel principio di questo V libro dice della fi
che orationis cursum ad alia quaedam tractanda atque expedienda vertebat e

(1) Cfr. : U. A. Padovani, La ßosofia della religione e il problema delia vita (Milano,
e S. Vanni Rovighi, Elementi di ßosofia, vol. I, Como, Cavalieri, 194J, pag. 16.
(2) Abbiamo infatti creduto di mostrare nell'art, cit. (pagg. 712-3) la duplice ripart
anche strutturale, della consolatio di Boezio, quella a7toTpe7uouffa e quella 7rpoTpe7tou<r

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PROBLEMI FILOSOFICI DELLA CONSOLATO BOEZIANA

filosofia stessa fa dire: festino, inquit, debitum promissionis absolvere viamque


qua patriam reveharis aperire .
Questa trattazione, che è poi un vero e proprio de Providentia, perchè mai
Boezio è stato così intimamente inserita nella consolatio? Per mostrare, ripetiam
legame con una propria esperienza di vita che hanno anche le supreme certezze
tafisiche, e ďaltra parte il valore anche morale che esse certezze hanno in qu
rivelando la verità, consolano l'uomo (i). Se, come abbiamo visto all'inizio (e la
sposizione logica è pur qui perfetta), il male di Boezio è uno smemoramento de
nima, ecco che da esso male l'anima guarirà, una volta che la verità sia brillata
è anche qui la verità come certezza morale, che la Conciliazione tra predestinaz
-e libero arbitrio rimane un mistero: ma rimane anche la certezza del premi
speranza dei buoni e l'invito all'operare virtuoso e alla preghiera: nec frustra s
in deo positae spes precesque quae cum rectae sunt, inefficaces esse non poss
Adversamini igitur vitia, colite virtutes , ad rectas spes animum sublevate, hu
preces in excelsa ponrigite (V, 6). È qui chiaro anche lo sbocco del pensiero che
vita l'uomo alla virtù e « alle speranze e alle umili preghiere », come anche còs
glia dire la filosofia, nell'assumere che fa per se con una certa insistenza, il com
di ricondurre « in patria » Boezio : cum haec, inquit, ita sentias, pàrvam mihi resta
operam puto, ut felicitatis compos patriam sospes revisas (III, 12) e nel I capito
V libro: Tum Ma : festino, inquit, debitum promissionis absolvere viamque t
qua patriam reveharis aperire . Che si intende qui per patria? La patria qui è il
e la filosofia ha un compito preparatorio ad esso, di « aprire la via ». Appare d
chiara la posizione concettuale di Boezio, per cui da un'esperienza amara di v
sale alle altezze del pensiero (che ridondano poi in conforto della vita stessa),
questo alla fede che sola spiega ed interpreta certe realtà che la conoscenza r
nale ha semplicemente constatato. La filosofia giustifica, dimostra, per così d
logicità, la liceità di quell'unico vincolo quo cum deo colloqui homines pos
deantur (V, 3) - cioè il commercium sperandi... oc deprecandi - che è, in ulti
analisi, il solo modo di penetrare Dio e di conoscere a fondo e con certezza la
rità: Igitur nec sperandi diquid nec deprecandi ulla ratio est Quid enim vel s
quisque vel etiam deprecetur quando optanda omnia series indeflexa conectit?
feretur igitur unicum illud inter homines deumque commercium sperandi sc
oc deprecandi, si quidem iustae humüitatis pretto inaestimabäem vicem divinae
tùie premeremur : qui solus modus est quo cum deo colliqui homines posse vid
tur iltique inaccessae luci prius quoque quam impetrent ipsa supplicandi ration
niungi : quae si recepta futurorum necessitate nihil virium habere credantur
erit quo summo illi rerum principi conecti atque adhaerere possimus? Ma poi i
saggio dall'uomo a Dio - e la razionalità di tal passaggio la filosofia appun
dimostrato - si attua per fede, per speranza e per preghiera: più dunque per
di volontà, come anche è manifestato dal richiesto « prezzo di giusta umiltà
meritare « il cambio inestimabile della grazia divina » C'è insomma una n
umana che ha sufficiente virtù per far ragionare l'uomo e condurlo a quella s
il cui passaggio è opera solo di divina grazia: in tal senso crediamo acquisti u
lievo tutto particolare appunto il passo di I, 6: quoniam, vero quibus gubern
mundus regatur oblitus es, has fortunarum vices aestimas sine redore fluitare : m
gnae non ad morbum modo verum ad interitum quoque causae; sed sospitati

(i) Sc non temessimo di esagerare diremmo quasi di vedervi il nesso di interdipen


tra filosofia teoretica e morale.

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ctori grates quod te nondum totum natura destituita Habemus maximum


mitem salutis veram de mundi gubernatione sententiam, quad earn non c
meritati sed divìnae rationi subditam credis. La sana natura insomma po
compagna l'uomo nella sua penetrazione sempre più alta della verità, sin
giunta colla ragione la massima conoscenza di Dio a noi uomini possibile, i
la Fede. La natura è il presupposto della retta ragione, essa mantiene per
sa, per sua virtù intrinseca, i principi che poi si vengono sviluppando con
Orbene questo passaggio alla Fede non è chiaro che senso avrebbe in una
lazione filosofica, se non si ammettesse che religiosa è l'ispirazione di Bo
momento che la filosofia, sia pratica che teoretica, dà il conforto richiesto
che bisogno c'è di rifarsi alla divina grazia e all'umiltà « unico modo con
uomini possano colloqui con Dio »? Che bisogno c'è di invitare gli uo
virtù, alla speranza, alla preghiera? Ammesso che questa sia una semplic
zione filosofica, questi inviti parrebbero per lo meno superflui. La filosof
che conforta, insegnando le verità supreme, giunge a dimostrare la razion
Fede, da cui sola viene come il supremo conforto per l'anima (cum de o
così la suprema conoscenza della verità. Il conforto della filosofia è quin
zialmente quello di convincere alla Fede, e di condurre allo stato di prep
spirituale che a tale Fede maggiormente predispone. E bene si insiste sulla
indicta probitatis giacché la divina certezza si ha solo con la umiltà d
l'onestà della vita.
Ma, ci si potrebbe chiedere allora, come mai Boezio diede alla sua opera una
struttura ed un andamento che di cristiano, pur senza avere nulla di contrario, nulla
nemmeno ha di aperto (1)? Come mai - e in una consolatoria parrebbe ancor più
legittimo e facile - non è mai nominato Cristo? E sì che, come abbiamo visto, il
fondo del pensiero boeziano è intimamente religioso, superando egli il puro dialet-
tismo filosofico. Crediamo necessarie alcune chiarificazioni che giudichiamo non inu-
tili. Altrove abbiamo mostrato come quest'opera avesse per Boezio anche uno scopo
educativo, fosse per così dire il suo testamento spirituale ai posteri, ai quali doveva
appunto mostrare il valore della filosofia, come risolutrice del problema della vita,
particolarmente urgente nelle ore dolorose, e insieme propedeutica alla Fede. Ora
questo testamento spirituale era la sintesi del pensiero e della vita appunto di un
filosofo: è quindi spiegabile che Boezio, che dai contemporanei fu appunto ammi-
rato come magnarum scrutator maxvmus rerum (Massimiano), dovesse dare una strut-
tura precisamente filosofica e non puramente mistica-teologica alla sua opera. Egli
nobilitando così la filosofia, difendeva in fondo ed esaltava se stesso: e si ricordi
quale attivo documento di vita vissuta sia appunto la consolatio ! Aggiungasi poi l'os-
sequio ai modelli antichi della consolatio e del Protreptico per comprendere come la
stessa forma letteraria postulasse per così dire un andamento filosofico e come fosse-
già una novità quella di Boezio, di introdurre una soluzione religiosa al limite estre-
mo della scepsi filosofica. Egli insomma non aveva voluto scrivere una mistica pre-
ghiera a Dio (che se mai avrebbe avuto valore per lui stesso) ma una sintesi del suo
più maturo pensiero al vaglio della dolorosa realtà. Ed è, anche umanamente, bello
quest'uomo che di fronte alla morte riafferma i nobili ideali della sua vita curvando
la fronte all'umile preghiera: ... humiles preces in excelsa porYigite.

(i) Cfr. : ALFONSI, art . cit., pag. 720; e si ricordino le molte discussioni a tal proposito:
abbiamo volutamente omesso certi indizi interni dell'operetta, come espressioni e frasi (del tipo
purgatoria dementia , IV, 4, che è pur interessante assai).

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PROBLEMI FILOSOFICI DELLA CONSOLATIO BOEZIANA


★ ★

Interessante è notare anche altri echi dell'aristotelico Protrettico, o meglio


ciceroniano Ortensio in Boezio, oltre quelli già indicati dallo Jaeger e dal Bignon
Infatti al c. III, ii, 106 si parla del bonum in se e cioè in quanto è desiderato
tutti: ipsum bonum esse quod desideretur ab omnibus . Ora qui la forma del r
nare è tipicamente aristotelica: il bene come aipsTÓv anzi Sť aÚTÓ (2), e la su
tibilità come àpSTTÓ propria di esso (3)«
Inoltre a IV, 2, 25: meministine igitur, inquit, superioribus rationibus esse
ledum intentionem omnem voluntatis humanae quae diversis studiis agitur ad b
titudinem festinare ? E questa è ripresa chiarissima ed esplicita proprio della di
sione su cui si imperniano precisamente i precedenti protrettici: fr. 4 W beati
omnes esse volumus (fr* 26 Bait. Hortensius) e tūccvts; avSpwTuot ßotAo^sSa et> rc
TEiv, e ci mostra maggiormente quanto ai protrettici debba la consolatio boez
nella posizione di certi problemi.
Infine vorremmo cogliere proprio in Boezio un'eco di espressioni tipiche ep
ree: così a I, 5 leggiamo : haec ubi continuato dolore delatrayi ; illa vulťu pla
ect . Crediamo che la lezione delatravi possa essere mantenuta senza bisogno di r
rere ad altre correzioni: infatti a parte Omero 13 x-paXtY) ot švSov ûXaxTet ed
nio, ann. 548, animus cum pectore latrat, si vedano i passi di Lucrezio, II, 17 e s
e di Epicuro (fr. 200 Usen) secondo la geniale e sicura riepstruzione del Bignon
Se pure rivolta ad altro fine, si presenta poi interessante una coincidenza v
bale tra Pinizio di una sezione delle Tusculane che è di derivazione protrettic
e un capitolo di Boezio:

Tuse. I, 39, 94: quae vero aetas Ion - Quae vero est ista vestra expetib
ga est? Aut quid omnino homini Ion* ac praeclara potentia ?
gum? (Boezio, II, 6).
fr. 10a W tí S'ÈTTt u ocxpòv r
T^ypo'vtov tõv àvS-pa>7UiV0iV ;

Diverso, ripeto, l'oggetto,


rogazione, nell'attuosità appu
che agli spiriti non sufficien
E un'altra prova dell'influ
flussi - dell* Hortensius su
numerosus exercitus degli im
così dire, adottate dalla filos

(i) Cfr. : W. Jaeger, Aristotele


perduto e lu formatone filosof
pensiero antico (Napoli, 1938), p
(2) Si veda anche per Aristotele
pag. 83.
(3) Su tale concetto aristotelico si veda LAZZATI, L Aristotele perduto e gli scrittori cri*
stiani (Milano, 1938), pag. 21.
(4) Cfr.: E. BlGNONE, Note di critica e di esegesi del testo , « Atti R. Accademia d'Italia »,
1942), pagg. 175-176.
(5) Cfr.: Bignone, Studi , ecc. (g. cit.), pag. 288.

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meiern struens vdentior incubuerit, nostra quidem dux (la filosofia) copias s
arce M contrahit .
Ora questa immagine delle arces della filosofia è propria dell'Ortensio (£r.
•e ioc W): quapropter inquit, ut aliquando terminetur oratio , si aut exstingui
quille volumus, cum m His ARCIBUS vixerimus, aut si ex hoc in aliam haud
meliorem domum sine mora demigrare . E Sant'Agostino nel De vita beata ap
riprende quest'immagine dicendo della madre: ipsam prorsus, mater , ARCEM
SOPHIAE tenuisti (1). In altra sede noi abbiamo mostrato che le parole a quest
guenti, in Boezio, sono una ripresa da Lucrezio (2): non escludiamo, anch
base di questo confronto, che 3d Aristotele risalissero Epicuro e Lucrezio (3
.sulla scia del maestro scriveva; ma le consonanze verbali tra Lucrezio e Boezio
muniti = bene quam munita tenere.... tempia ; e irridere desuper = despicere
<queas) ci dimostrano in quest'ultimo un'eco del grande poeta campano.

(1) Cfr. : Lazzati, op. cit., pag. 52.


(2) Cfr.; Alfonsi, art. di., pag. 721.
(3) Il che abbiamo supposto sulla base di altri testi (cfr.: L. ALFONSI, Echi protrettrtcì
neW Eiç 0e¿8<x>pov Ixi^tóvtoc di San Giovanni Crisostomo , «Rivista di filosofìa neoscolastica».
1943. pag. 201).

SOCIETA' EDITRICE "VITA E PENSIERO „

MÖNS. AMATO MASNOVO

LA FILOSOFIA VERSO LA RELIGIONE

TERZA EDIZIONE

Volume in-16 di pag. 96 . . , . . . L. 10.-

Dirigere richieste e vaglia alia


Società Editrice « Vita e Pensiero » - Piazza S. Ambro

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