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La vita non va giudicata in relazione alla sua durata

Ognuno deve lasciarsi qualcosa dietro quando muore, diceva sempre mio nonno: un bimbo o un
libro o un quadro o una casa o un muro eretto con le proprie mani o un paio di scarpe cucite da
noi. O un giardino piantato con il nostro sudore. Qualche cosa insomma che la nostra mano abbia
toccato in modo che la nostra anima abbia dove andare quando moriamo, e quando la gente
guarderà l'albero o il fiore che abbiamo piantato, noi si sia là.

(Ray Bradbury, Fahrenheit 451)

Ti scongiuro, caro Lucilio, facciamo in modo che la nostra vita, come ogni oggetto prezioso, valga
più per il suo peso che per il suo volume. Misuriamola non secondo la sua durata, ma secondo le
opere che realizziamo. Vuoi sapere che differenza passa fra uno spirito virile che disprezza la
fortuna e che, dopo aver compiuto tutti i suoi doveri di uomo, ha conosciuto la vera felicità, e
l’uomo che ha lasciato passare nell’inerzia i suoi anni? L’uno esiste anche dopo la morte, l’altro ha
cessato di vivere prima di morire. Onoriamo, perciò, e annoveriamo fra le persone felici colui che
ha saputo fare buon uso di quel po’ di tempo che gli è toccato. […] Talvolta ha goduto il cielo
sereno; talvolta, com’avviene di solito, ha visto i raggi del sole risplendere fra le nuvole. Perché ti
chiedi quanto tempo è vissuto? Egli vive ancora: è passato con un balzo ai posteri e ha lasciato un
ricordo di sé.

Seneca, Lettera 93 a Lucilio.

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