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Max Weber

Max Weber fu uno studioso poliedrico tedesco vissuto tra il XIX e il XX secolo. Egli studiò
diverse discipline tra cui diritto, storia, economia e filosofia, inoltre partecipò a un’inchiesta dei
lavoratori agricoli che fu importante, in quanto l’interpretazione dei risultati di questa inchiesta
rappresentarono il presupposto per conoscere la realtà dell’Occidente in forte transizione economica
e sociale.
Weber riprese e criticò il pensiero di Marx, infatti non riduceva la complessità del fenomeno
sociale alla sola struttura materiale e non considerava negativamente il capitalismo, infatti ne
individuò i vantaggi e i rischi.
Il filosofo è considerato uno dei fondatori della moderna sociologia scientifica, in cui propone una
visione antipositivistica contrapponendosi alla tradizione che faceva riferimento a Comte. Per
Weber la sociologia aveva come oggetto i modi dell’agire individuale, che si modificano nel corso
della storia e presentano alcune uniformità.
Weber riteneva che le scienze storico-sociali non siano definite tanto dall’oggetto o dal metodo,
quanto dall’atteggiamento dello scienziato, che deve essere avalutativo, ovvero non deve giudicare
i fatti sociali sulla base di idee personali o di preconcetti.
Qunidi il filosofo sostiene che il ricercatore scientifico debba essere oggettivo, ma è inevitabile che
il ricercatore abbia un orientamento verso quelli che sono considerati dalla società i valori su cui far
convergere le indagini, criterio che venne definito da Weber come la relazione ai valori. Quello che
lo studioso deve fare è attenersi ai dati che derivano dalle sue osservazioni senza farsi influenzare
dalle credenze o dalle opinioni personali, quindi astenendosi dal giudizio di valore.
Weber riteneva che nelle scienze storico-sociali sia necessario ricorrere a una forma di spiegazione
causale, che mette in evidenza una serie limitata di elementi, riconosciuti come rilevanti in quanto
la loro assenza avrebbe provocato risultati diversi. In questo modo Weber aveva intenzione di
offrire un modello con cui individuare le circostanze che rendono possibile un determinato corso
degli eventi.
Weber analizzò il capitalismo, mettendo in evidenza il ruolo fondamentale del protestantesimo, un
fenomeno sovrastrutturale ( nell’analisi di Marx la sovrastruttura è passata in secondo piano ),
particolarmente importante, in quanto la mentalità che domina in tale modello produttivo, trova
fondamento nella convinzione protestante secondo cui l’uomo può salvarsi soltanto in virtù
dell’azione di Dio, inoltre può dimostrare di godere della grazia divina attraverso il successo
economico (predestinazione). Ma il valore della produttività continua a essere perseguito, anche
quando viene meno l’aspetto religioso, infatti il lavoro diventa uno scopo in se stesso
(misconoscimento dei fini di Maritain). Questo è l’esito di un processo secolare (laico) definito
disincantamento, termine con cui ci si riferisce al mondo che è stato svuotato dei suoi significati
magico-sacrali, seguendo una via di continua razionalizzazione e intellettualizzazione.
L’epoca del disincantamento, pur essendo un periodo di progresso tecnico, costituisce un’epoca di
povertà per l’uomo, che si trova privo di valori e di significati da attribuire alla sua ricerca di
successo e potere. Nel mondo capitalistico regna il principio secondo cui l’azione deve essere
finalizzata esclusivamente al lavoro, che provoca un atteggiamento etico che Weber individua come
etica della responsabilità, tipica della mentalità protestante, in particolare del calvinismo, in cui vi
è una concezione del dovere professionale sentito come obbligo morale.

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