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MARZO 2021
Creata da un gruppo di sviluppatori software nel 2001 per aiutare i team di progetto a
raggiungere i propri obiettivi in contesti imprevedibili o in rapida evoluzione, la
metodologia agile è ormai usata ampiamente all’interno delle organizzazioni. Voler
essere agile ed esserlo e effettivamente sono, però, due cose diverse. La nostra
ricerca, che ha studiato le iniziative sull’agile portate avanti nel corso di diversi anni in
diverse aziende, svela che molte di queste – soprattutto quelle implementate su
vasta scala – non solo non riescono a centrare i propri obiettivi, ma portano
addirittura scompiglio
Una trasformazione agile richiede le persone giuste - Hbr Italia
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Gli esperti di settore hanno quella conoscenza della materia di cui un team agile ha
bisogno per affrontare le sfide. La loro esperienza può essere di tipo scientifico,
tecnico, collegato a fattori umani o al processo di design thinking, e così via. Il
team agile dovrebbe cercare l’aiuto di questi esperti di alto profilo solo per feedback
indispensabili.
Anche in questo caso, l’analisi delle reti professionali può venirci in aiuto. Grazie agli
spunti che offre, un’azienda può evitare di assegnare un esperto di settore già oberato
all’ennesimo progetto o, peggio ancora, rischiare di mettere a repentaglio tutti i progetti
su cui questa persona sta lavorando. Sfortunatamente, abbiamo visto accadere proprio
questo in un’azienda. Una scienziata la cui esperienza specifica era fondamentale per
mettere a punto la strategia di sviluppo di metodi diagnostici e terapeutici, venne
inserita in un nuovo team agile che stava cercando di progettare la terapia per
determinati tumori al cervello. Poiché le sue conoscenze erano così preziose e rare, si
ritrovò però a essere interpellata da un’ampia gamma di progetti di ricerca e diversi altri
team continuavano a chiamarla, sia attraverso canali formali che informali. Poco dopo
essersi unita al team, già non riusciva più a reggere la situazione e i promotori dei vari
progetti cominciarono a litigare fra loro per accaparrarsi il suo tempo. Il problema arrivò
al board dell’azienda quando un prioritario progetto per lo sviluppo di un farmaco rischiò
per un pelo di mancare una scadenza importante relativa alla registrazione proprio
perché la scienziata era diventata un collo di bottiglia.
Una software company che abbiamo studiato creò un “catalogo di esperti” per un
importante incontro fuori sede seguito da diversi team di innovazione (approccio che le
aziende potrebbero seguire più in generale). Gli esperti venivano invitati al meeting,
ma restavano in uno spazio separato finché i singoli team che avevano bisogno di
loro non li “noleggiavano”. I team poi “restituivano” gli esperti in modo che non
dominassero la discussione quando si spostava su temi diversi da quelli per cui erano
stati interpellati e potevano essere disponibili per altri team. Era un ottimo modo per
consentire ai team di ricevere contributi su snodi critici senza dover far entrare gli
esperti a pieno titolo nel team stesso.
I metodi agili possono accelerare lo sviluppo dei prodotti e il miglioramento dei processi.
Possono anche contribuire a coinvolgere i dipendenti più preziosi di un’organizzazione,
approfondendo le loro connessioni ed esperienze in modi che, sul lungo periodo,
risultano utili all’organizzazione stessa. I team agili, però, non sono identità isolate, bensì
inserite in profondità all’interno di reti collaborative più ampie. Tenendo a mente questo
aspetto, i leader li possono progettare in modo da valorizzare appieno il talento dentro e
fuori i team, evitare sovraccarichi di lavoro, burnout e potenziali scombussolamenti e
raggiungere gli obiettivi meglio e prima.
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ONA è una metodologia che serve a mappare e analizzare le modalità collaborative che
si vengono a creare fra le persone. Può essere usata per identificare le relazioni formali
e quelle informali, la frequenza delle interazioni, quanto tempo occupano e il loro valore
o costo percepito.
Di solito, viene condotta impiegando fonti di dati passivi come le email, la
messaggistica istantanea, i programmi a calendario oppure metodi attivi come le
survey. Esiste un’ampia varietà di programmi disponibili sul mercato, come Workplace
Analytics di Microsoft e TrustSphere, che sono in grado di estrarre informazioni dalle
comunicazioni elettroniche che vengono scambiate dentro un’organizzazione.
Piattaforme di survey come Agility Accelerator sono più efficaci nel misurare la qualità
delle collaborazioni (dicendo, per esempio, se producono fatturato o spunti innovativi) o
la loro natura (per esempio, fino a che punto le persone si fidano o vengono attivate
da interazioni con persone che fanno parte della rete).
I dati possono essere convertiti in una gamma di analitiche visive e quantitative che
aiutano i leader a riconoscere schemi ricorrenti di collaborazione e ad allinearli con gli
obiettivi strategici. Il risultato più comune di un’ONA è un digramma della rete che
mostra chi si rivolge a chi per avere aiuto e quali sono i nodi che mettono in contatto le
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