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per almeno una delle seguenti figure anagrafiche: sceneggiatore, autore della fotografia,
autore delle musiche originali, autore della scenografia; se le figure comprendono più
soggetti, ognuno deve rispettare il requisito anagrafico;
«film difficile»: i film che possono cumulare aiuti pubblici entro la misura massima del
100% del costo di produzione;
«film difficile con risorse finanziarie modeste»: il film difficile di lungometraggio avente un
costo complessivo di produzione inferiore a euro 1.500.000;
«impresa cinematografica o audiovisiva italiana»: l'impresa cinematografica o audiovisiva
che abbia sede legale e domicilio fiscale in Italia o sia soggetta a tassazione in Italia; a essa
è equiparata, a condizioni di reciprocità, l'impresa con sede e nazionalità di un altro Paese
membro dell'Unione Europea, che abbia una filiale, agenzia o succursale stabilita in Italia,
che ivi svolga prevalentemente la propria attività e che sia soggetta a tassazione in Italia;
«produttore audiovisivo originario»: il produttore che organizza la produzione dell'opera
audiovisiva e che assume e gestisce i rapporti fondamentali per l'espletamento del
processo produttivo, quali, tra gli altri, quelli aventi a oggetto l'acquisizione, la realizzazione
ed esecuzione del soggetto, della sceneggiatura, della regia o direzione artistica, della
direzione della fotografia, della creazione delle musiche, dei costumi e delle scenografie,
delle attività di ripresa sonora e audiovisiva, dell'interpretazione dell'opera, del montaggio;
«produttore indipendente»: l'operatore della comunicazione europeo che svolge attività di
produzioni audiovisive e che non è controllato da, o collegato a, fornitori di servizi media
audiovisivi soggetti alla giurisdizione italiana e, alternativamente, che per un periodo di tre
anni non destina più del 90 per cento della propria produzione a un solo fornitore di servizi
media audiovisivi;
«produzione»: l'insieme delle fasi di sviluppo, pre-produzione, realizzazione esecutiva
ovvero effettuazione delle riprese o realizzazione tecnica dell'opera, post-produzione, il cui
esito è la realizzazione della copia campione o del master dell'opera audiovisiva; qualora
sia realizzata dallo stesso produttore, è inclusa l'attività di approntamento dei materiali
audiovisivi necessari alla comunicazione, promozione, commercializzazione dell'opera
audiovisiva in Italia e all'estero;
«sviluppo»: la fase iniziale della produzione, inerente le attività di progettazione creativa,
economica e finanziaria dell'opera; comprende tipicamente gli investimenti relativi alla
stesura ovvero all'acquisizione dei diritti del soggetto e della sceneggiatura, all'eventuale
acquisizione dei diritti di adattamento e sfruttamento da altra opera tutelata dal diritto
d'autore;
«pre-produzione»: la fase di organizzazione delle riprese e della contrattualizzazione del
cast tecnico e artistico, ivi incluse le attività di ricerca, sopralluogo, documentazione,
nonché le spese relative alla definizione del budget e del piano finanziario e alla ricerca
delle altre fonti di finanziamento;
«realizzazione»: la fase di effettuazione delle riprese ovvero dell'effettiva esecuzione
dell'opera;
«post-produzione»: la fase successiva alla realizzazione, che comprende le attività di
montaggio e missaggio audio-video, l'aggiunta degli effetti speciali e il trasferimento sul
supporto di destinazione;
«produzione associata»: la produzione di un'opera audiovisiva realizzata in associazione
produttiva tra due o più produttori;
«produzione in appalto»: la produzione di un'opera audiovisiva in cui un'impresa di
produzione, detta «appaltante», delega in tutto o in parte, mediante la stipula di un
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contratto di appalto o simile, la produzione dell'opera a un'altra impresa di produzione,
detta «produttore esecutivo».
Ricorso a incentivi e finanziamenti pubblici (soft money) nazionali e regionali. Il nostro mercato
(ma in genere il mercato europeo) è caratterizzato da una forte dipendenza da fondi e sovvenzioni
pubbliche.
Incentivi pubblici divisi in:
• Fondi nazionali: possono essere sistemi di sostegno selettivo (le decisioni vengono prese dalle
commissioni giudicatrici caso per caso) oppure sistemi automatici (basati sui risultati del film
precedente, calcolati attraverso un complesso sistema di attribuzione di punti).
• Tax credit: incentivi fiscali per le aziende del settore cinematografico e per gli investitori esterni.
• Fondi locali: puntano ad attrarre sui territori interessati le imprese di produzione, a creare posti
di lavoro, a sviluppare professionalità a li-vello locale e incentivare l'industria audiovisiva del
territorio. Richiedono elevati livelli di spesa qualificata nella regione.
✓ Pro – finanziamento senza partecipazione ai ricavi, prestiti senza interessi o con interessi molto
bassi da rimborsare solo in caso di profitti;
X Contro - lenti e burocratici, dipendono dalla stabilità politica del Paese, richiedono la produzione
di molta documentazione, non permettono una pianificazione sicura dei tempi di produzione.
Coproduzioni: un'altra strada possibile consiste nel ricercare finanziamenti unendosi a produttori
di altri Paesi e dando vita a coproduzioni ufficiali o finanziarie. Vengono definite coproduzioni
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ufficiali le coproduzioni che rispettano le condizioni stabilite dalla Convenzione europea sulle
coproduzioni cinematografiche, o dagli accordi bilaterali sul settore tra i diversi Paesi contraenti, e
possono, proprio per questa loro caratteristica, ricevere sovvenzioni pubbliche comunitarie o
nazionali. In una coproduzione finanziaria invece, un coproduttore minoritario partecipa alla
produzione di un film in un altro Paese solo finanziariamente, senza apportare alcun sostegno
artistico o tecnico (attori, membri della troupe, studi di posa o montaggio ecc.) alla creazione
dell'opera; essendo partecipazioni con modalità e finalità esclusivamente economiche e non
culturali, le coproduzioni finanziarie sono considerate non eleggibili per i sussidi nazionali ed
europei.
I fondi europei: il programma MEDIA prevede sovvenzioni per lo sviluppo, la formazione e la
distribuzione. Per i finanziamenti alla produzione c'è invece Eurimages, fondo del Consiglio
Europeo accessibile ai produttori di tutti i Paesi appartenenti al Consiglio d'Europa, che richiede
una coproduzione di almeno 2 Stati.
✓ Pro – Può costituire una parte importante del finanziamento; permette di accedere a fondi
pubblici di diversi Paesi e a fondi comunitari; permette di ottenere facilitazioni per girare all'estero
e in location difficilmente raggiungibili; crea un'audience molto più ampia.
x Contro le coproduzioni ufficiali sono spesso lente e burocratiche; coinvolgimento di un maggior
numero di soggetti nelle scelte editoriali e artistiche; partecipazione azionaria ai profitti;
preclusione di alcuni territori per vendite successive.
Prevendite: accordi di distribuzione basati su minimi garantiti o anticipi (MG) a fronte dei probabili
ricavi nei singoli territori. A differenza delle coproduzioni, in cui chi partecipa al finanziamento
rimane proprietario di una percentuale dell'opera per sempre, in una prevendita l'acquirente
entra in possesso dei diritti di sfrutta mento dell' opera - in un determinato territorio e/o su
determinati canali - per un periodo di tempo limitato (di solito intorno ai 10/15 anni). Le
prevendite possono essere utilizzate dal produttore per ottenere liquidità dalle banche. Tuttavia,
queste spesso non anticipano l'intero valore della prevendita ma solo una percentuale, richiedono
garanzie sul fatto che i MG siano realistici e sulla possibilità di rientrare del credito prima degli altri
investitori. Possono inoltre chiedere che venga stipulata un'assicurazione sul completamento del
film (completion bond) per garantirsi nel caso in cui esso non venga terminato. Nonostante lo
sviluppo dei nuovi media e la moltiplicazione dei canali distributivi, le prevendite internazionali ai
distributori e ai broadcaster sono meno redditizie rispetto al passato: ciò rende il finanziamento di
film indipendenti 56 sempre più difficile e le banche sempre più restie a concedere questo tipo di
prestiti.
• Distributori (theatrical; home entertainment; diritti ancillari): opzioni sui diritti di distribuzione
nazionale o internazionale.
✓ Pro - può essere un contributo economico molto importante; i diritti torna no al produttore alla
scadenza del periodo; sviluppo di un piano di marketing e di promozione molto efficace;
X Contro – maggior attenzione all'aspetto commerciale che a quello artistico: i distributori hanno
un’elevata partecipazione ai profitti rispetto alla loro partecipazione.
• Broadcaster: accordo di coproduzione o prevendita dei diritti TV (diverse tipologie di diritti, free
tv, pay tv, pay per channel, pay per day, pay per view, near video on demand, video on demand,
subscription video on demand, pay on demand, demand view ecc.).
✓ Pro - spesso è il contributo economico più importante;
X Contro – controllo editoriale; può essere lenta e burocratica; la prevendita dei diritti televisivi e
delle diverse tipologie di diritti ai broadcaster limita il potere contrattuale con i distributori e le
piattaforme.
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ALTRI FINANZIAMENTI: product placement, sponsorizzazioni.
✓ Pro – aumenta la visibilità del film e grazie alle operazioni di comarketing allarga la platea
potenziale di pubblico;
X Contro – l'inserimento di prodotti e marchi all'interno del film può risultare invasivo.
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precedenti film della casa di produzione, calcolata attraverso un sistema di punti, oppure sistemi di
«sostegno selettivo», con specifiche commissioni nominate per valutare i singoli progetti.
2.2.1 Il quadro normativo italiano: la nuova Legge Cinema - Legge Franceschini 220/2016
Il 3 novembre 2016 è stata approvata in maniera definitiva la nuova Legge Cinema (Legge 14
novembre 2016, n. 220 recante «Disciplina del cinema e dell'audiovisivo», pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale 26 novembre 2016, n. 277), che regola la gestione statale dei finanziamenti per il
cinema e istituisce nuovi organi specifici. La legge va a sostituire il cosiddetto Decreto Urbani, che
riorganizzò il sistema. Per la prima volta l'attuale legge tocca anche l'audiovisivo, inserendo al suo
interno contributi anche per le opere web, riconoscendo così la fruizione delle opere anche su altri
canali e device. Nella nuova legge si inseriscono per la prima volta, in una visione organica e
complessiva, temi che nel corso del tempo sono stati considerati separati e sono stati affrontati
con norme parziali o di efficacia limitata, andando a toccare l'intera filiera industriale (produzione,
distribuzione, esercizio, promozione e formazione). L'obiettivo è la crescita del mercato e del
valore che il settore cine-audiovisivo può portare all'economia italiana e alla cultura nel suo
complesso. La crescita delle dimensioni e della forza del settore cine-audiovisivo ha come
potenziale rapida conseguenza la visibilità dei contenuti italiani anche al di fuori dei confini
nazionali, la riaffermazione della capacità creativa e produttiva che ha fatto scuola nel mondo e, in
ultima analisi, il rafforzamento identitario del Paese nel contesto competitivo del nuovo
immaginario collettivo. Ecco in sintesi le principali novità della legge :
• Nasce il fondo cinema e audiovisivo. Viene creato il «Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel
cinema e l'audiovisivo» per sostenere gli interventi per il cinema e l'audiovisivo attraverso incentivi
fiscali e contributi automatici che unificano le attuali risorse del Fus Cinema (Fondo Unico
Spettacolo) e del tax credit.
• Con il fondo cinema aumentano le risorse del 60%. Saranno stanziati circa 150 milioni in più,
tramite un meccanismo virtuoso di autofinanziamento. Il fondo è alimentato, sul modello
francese, direttamente dagli introiti erariali già derivanti dalle attività di: programmazione e
trasmissione televisiva; distribuzione cinematografica; proiezione cinematografica. Al Fondo per il
Cinema e l'Audiovisivo viene, quindi, destinata una quota fissa, pari all'11 del totale delle imposte
versate allo Stato da tutti gli operatori del settore, con un minimo di 400 milioni di euro l'anno. Se
tutte le componenti si mostrano virtuose, quel minimo aumenterà proporzionalmente alla crescita
dimensionale dell'intero sistema. Il successo di ognuno comporterà un aumento di risorse per
tutti. Nessuna nuova tassa, ma un virtuoso meccanismo di “autofinanziamento” della filiera
produttiva che fa scomparire l'attuale incertezza annuale sui fondi destinati al cinema: il nuovo
fondo non potrà mai scendere sotto i 400 milioni di euro annui.
• Automatismo dei finanziamenti e reinvestimento nel settore. La nuova Legge Cinema abolisce le
commissioni ministeriali per l'attribuzione dei finanziamenti in base al cosiddetto «interesse
culturale» e introduce un sistema di incentivi automatici per le opere di nazionalità italiana.
Accanto alle agevolazioni fiscali, nascono i contributi automatici la cui quantificazione avviene
secondo parametri oggettivi che tengono conto dei risultati economici, artistici e di diffusione: dai
premi ricevuti al successo in sala. I produttori e i distributori cinematografici e audiovisivi
riceveranno i contributi nuove produzioni. per realizzare nuove produzioni
• I contributi selettivi. Complessivamente circa 32 milioni di euro. Fino al 18% del nuovo Fondo
Cinema è dedicato ogni anno al sostegno di: opere prime e seconde; giovani autori; start-up;
piccole sale e sale storiche; contributi a favore dei festival e delle rassegne di qualità; contributi
per le attività di Biennale di Venezia, Istituto Luce Cinecittà e Centro sperimentale di
cinematografia.
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• Il piano straordinario per la digitalizzazione del patrimonio. È previsto un piano nazionale per la
digitalizzazione del patrimonio cinematografico e audiovisivo.
• Il cinema e l'audiovisivo nelle scuole. Il 3% del fondo è riservato ad azioni di potenziamento delle
competenze cinematografiche e audiovisive degli studenti, sulla base di linee di intervento
concordate dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo con il Ministero
dell'istruzione e della ricerca scientifica.
• Potenziati i 6 tax credit cinema. La nuova Legge Cinema prevede il potenziamento del credito
d'imposta. Sono rafforzati i 6 Tax Credit per incentivare la produzione e la distribuzione
cinematografica e audiovisiva e per favorire l'attrazione di investimenti esteri nel settore
cinematografico e audiovisivo. Novità fondamentale soprattutto per le piccole imprese, per le
start-up e per le opere prime e seconde: i crediti d'imposta sono cedibili alle banche e agli
intermediari finanziari, anche sulla base di apposite convenzioni stipulate fra il Ministero dei beni e
delle attività culturali e l'Istituto per il credito sportivo.
• Incentivi fino al 30% per chi investe nel cinema e nell'audiovisivo. Possono beneficiare dei 6 tax
credit: - le imprese di produzione, distribuzione, post-produzione; - i distributori che
programmano il cinema italiano, incentivando la concorrenza e aumentando le quote di mercato; -
le imprese italiane che lavorano per produzioni straniere; - le imprese esterne al settore che
investono nel cinema italiano; - gli esercenti che gestiscono le sale. Il tax credit può aumentare
fino al 40% per i produttori indipendenti che distribuiscono il film in proprio e per le imprese
esterne che investono in film che accedono ai contributi selettivi (ora non più valido).
• Anche l'audiovisivo entra nel fondo di garanzia per le piccole e medie imprese. Per superare le
difficoltà di accesso al credito da parte degli operatori audiovisivi, viene istituita una sezione
speciale del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, dotata di contabilità separata,
destinata a garantire operazioni di finanziamento di prodotti audiovisivi. La sezione ha una
dotazione iniziale di 5 milioni di euro.
• Incentivi e semplificazioni per chi investe in nuove sale, 120 milioni in cinque anni. Il
rafforzamento del sostegno al cinema e all'audiovisivo è affiancato da un intervento di incentivi
per chi ristruttura e investe in nuovi cinema. L'obiettivo è aumentare il numero degli schermi e la
qualità delle sale, coinvolgendo un numero molto più ampio di spettatori soprattutto a favore del
cinema italiano. Per questo sono previsti fino a 120 milioni di euro in cinque anni per riattivare le
sale chiuse e aprirne di nuove.
• Sale storiche. Viene agevolato il riconoscimento della dichiarazione di interesse culturale per le
sale cinematografiche storiche. Grazie a questo intervento sarà possibile favorire la conservazione
e la valorizzazione delle sale storiche.
• Nasce il consiglio superiore per il cinema e l'audiovisivo. Viene istituito il Consiglio superiore per
il cinema e l'audiovisivo, che svolge attività di elaborazione delle politiche di settore, con
particolare riferimento alla definizione degli indirizzi e dei criteri generali di investimento a
sostegno delle attività cinematografiche e audiovisive. Il Consiglio è composto da 11 membri di
alta competenza ed esperienza nel settore e dai rappresentanti delle principali associazioni.
• Procedure più stringenti per la programmazione del cinema in tv gli investimenti delle televisioni.
Il governo è delegato ad adottare uno o più decreti legislativi per introdurre procedure più
trasparenti ed efficaci in materia di obblighi di investimento e programmazione di opere
audiovisive europee e nazionale da parte dei fornitori dei servizi media audiovisivi. Il decreto, di
fatto, vuol dire «più film o fiction italiane in prima serata» e incremento della quota obbligatoria
dei «ricavi pubblicitari» da investire in produzioni italiane o comunitarie. Dal punto di vista tecnico
si tratta di un decreto legislativo che aggiorna l' «articolo 44» del «Testo unico della
Radiotelevisione» (il cosiddetto «Tusmar») e disciplina il tempo di trasmissione (al netto di
notiziari, eventi sportivi, pubblicità) delle reti che operano in Italia. In sostanza, crescerà la quota
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dei film italiani in onda. Infatti, le televisioni nazionali italiane dovranno garantire l'aumento della
quota di film e fiction italiane messe in onda in prima serata e degli investimenti obbligatori, pena
forti sanzioni. Vincoli di programmazione e investimento a tutela della «eccezione culturale» italica
verranno imposti anche a «Netflix» e «Amazon», recependo in anticipo una direttiva europea che
va nella stessa direzione ma ancora in corso di approvazione. In ogni caso, «almeno il 55% di film e
fiction in tv» dovranno essere di produzione «europea» e, tra queste, almeno la metà (per la
«Rai») e almeno «un terzo» (per le altre emittenti) dovranno essere made in Italy. Nel prime time
in particolare sono state fissate quote minime variabili per produzioni italiane e vengono stabilite
delle quote minime di investimento da parte delle aziende televisive su lavori italiani. Sarà l’Agcom
a verificare il rispetto degli obblighi e a comminare le sanzioni (aumentate sensibilmente dal
decreto fino a un massimo di 5 milioni di euro o il 2% del fatturato), ma è prevista una gradualità,
scandita in più anni, per l'entrata a regime delle nuove quote minime per la promozione di opere
italiane.
• Sparisce la «censura di Stato». Non più commissioni ministeriali a valutare i film, il
provvedimento prevede una delega al governo per definire un nuovo sistema di classificazione che
responsabilizza i produttori e i distributori cinematografici. Come già avviene in altri settori, e
sostanzialmente tutti i Paesi occidentali, saranno gli stessi operatori a definire e classificare i propri
film. Lo Stato interviene e sanziona solo in caso di abusi. Il nuovo sistema è caratterizzato da tre
principali innovazioni:
a) è abolita la possibilità di una vera e propria censura dell'opera. Non è infatti più previsto il
divieto assoluto di uscita in sala di un’opera, né l'uscita condizionata da tagli o modifiche della
pellicola;
b) è definito un sistema di classificazione più flessibile, maggiormente conforme alle diverse
tipologie di opere e coerente con il generale allargamento del pubblico in sala, che comprende
oggi anche bambini molto piccoli;
c) si introduce il principio di responsabilizzazione degli operatori cinematografici, che sono
chiamati a individuare la corretta classificazione dell'opera in base alla fascia d'età del pubblico
destinatario e a sotto porla alla validazione di un apposito organismo di verifica, la Commissione
per la classificazione delle opere cinematografiche, che va a sostituire le attuali sette Commissioni
per la revisione cinematografica.
2.2.2 Il MIBACT
Il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, MiBACT, concede finanziamenti alle
imprese che vogliono produrre o distribuire film che rispondano alla definizione di nazionalità
italiana e interesse culturale. La Direzione generale per il Cinema del MiBACT è responsabile per
tali riconoscimenti, come per tutte le altre attività legate al settore cinematografico, come il
restauro di pellicole storiche, la gestione della cineteca nazionale, la diffusione e la promozione dei
film italiani all'estero, la formazione delle professionalità e l'innovazione tecnologica del settore.
Gli uffici dei quali si compone la Direzione generale per il Cinema del MiBACT sono:
• Affari generali e revisione: rilascia i nulla osta per proiezioni pubbliche, inclusi i visti censura.
• Fondo per la produzione, distribuzione, esercizio e industrie tecniche: gestisce i fondi pubblici da
assegnare ai film italiani, in base alla disponibilità e a condizione che siano di interesse culturale.
• Promozione delle attività: si occupa di associazioni, festival e di altre istituzioni dello Stato, come
la Scuola Nazionale di Cinema, Cinecittà ecc.
• Attività all'estero: gestisce gli accordi di coproduzione e co-distribuzione con l'estero, i
programmi MEDIA e Eurimages, favorisce la diffusione del cinema italiano all'estero e la ricerca di
finanziatori e coproduttori stranieri.
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Qualsiasi film che sarà ufficialmente distribuito deve essere registrato presso il MiBACT, così come
devono essere comunicate anche la data di inizio riprese (nella domanda di nazionalità italiana),
copia del soggetto e la sceneggiatura finale, il piano finanziario, il piano di lavorazione e tutti gli
elementi necessari alla verifica dei criteri di finanziamento.
2.2.3 Riparto del Fondo per il cinema e l'audiovisivo
Il Fondo per il cinema e l'audiovisivo - aggiornato all'anno 2020 ammonta complessivamente a
euro 471.034.750,00 ed è ripartito nel modo seguente:
a) 316 milioni per gli incentivi fiscali, ripartiti così a loro volta:
183 milioni per i crediti di imposta per le imprese di produzione così divisi:
• 79 milioni per la produzione di opere cinematografiche;
• 101 milioni per la produzione di serie tv, opere web • 3 milioni per le opere audiovisive a
contenuto videoludico;
• 11 milioni per i crediti d’imposta per le imprese di distribuzione;
• 18 milioni per i crediti d'imposta per le imprese dell'esercizio cinematografico;
• 5 milioni per il credito d'imposta per le industrie tecniche e di post-produzione
• 37 milioni per il credito d'imposta per il potenziamento dell'offerta cinematografica per gli
esercenti;
• 50 milioni per il credito d'imposta per l'attrazione in Italia di investi menti cinematografici e
audiovisivi;
• 12 milioni per il credito d'imposta per le imprese non appartenenti al settore
cinematografico;
b) 10 milioni per i contributi automatici;
c) 34 milioni per i contributi selettivi e 76 milioni per i contributi alle attività di promozione
cinematografica e audiovisiva;
d) 14 milioni per la formazione;
e) 20 milioni per il potenziamento del circuito delle sale cinematografiche e polifunzionali;
Per ottenere la maggior parte dei supporti diretti dello Stato, due sono i requisiti principali
richiesti: la nazionalità italiana e l'eleggibilità culturale.
Questa tipologia di contributi è chiamata, appunto, selettiva poiché prevede la valutazione delle
istanze e dei progetti da parte di una commissione di cinque esperti, individuati tra personalità di
chiara fama, anche internazionale, e di comprovata qualificazione professionale nel settore
cinematografico e audiovisivo. Gli esperti provvedono alla selezione dei progetti e all'assegnazione
dei contributi, nonché alla valutazione del livello di professionalità dell'opera. A discrezione degli
esperti si possono svolgere audizioni con coloro che hanno presentato domanda. Sono aperte tre
sessioni l'anno per poter far domanda. I contributi selettivi, esclusi quelli alla scrittura di
sceneggiature, e le altre misure di sostegno pubblico non possono superare, complessivamente, il
50% dei costi ammissibili dell'opera. Tale limite è innalzato:
• al 60% per le coproduzioni, finanziate da uno, o più di uno, Stato membro dell'UE e a cui
partecipano i produttori europei di diversi Paesi;
• al 100 % per le opere audiovisive difficili e le coproduzioni cui partecipano Paesi dell'elenco del
comitato per l'assistenza allo sviluppo (DAC) dell'OCSE.
• al 100% per le opere audiovisive difficili. In particolare:
- documentari, opere prime e seconde, opere di giovani autori, cortometraggi, opere di
animazione dichiarate non in grado di attrarre risorse finanziarie significative dal settore privato; -
- film che abbiano ottenuto i contributi selettivi e che siano stati dichiarati non in grado di attrarre
risorse finanziarie significative dal settore privato;
-opere con un costo complessivo di produzione inferiore a euro 2.500.000;
-film che siano distribuiti, in contemporanea, in un numero di sale cinematografiche inferiore al
20% del totale delle sale cinematografiche attive.
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maggiorenni italiani o europei, fiscalmente residenti in Italia, dotati di firma digitale, purché non
legati in alcun modo a imprese di produzione o distribuzione audiovisiva.
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g) per gli editori home entertainment: 2%, in relazione ai risultati economici e culturali derivanti
dalle transazioni in Italia delle opere cinematografiche, televisive e web su supporto fisico o
piattaforme digitali.
Per quanto riguarda i risultati economici delle opere cinematografiche, sono presi in
considerazione i seguenti parametri:
a) i proventi relativi ai diritti di utilizzazione e sfruttamento economico dei film in Italia (rapporto
tra gli incassi ottenuti e i costi di produzione e distribuzione);
b) gli eventuali canali di sfruttamento dell'home entertainment (supporto fisico o digitale);
c) altri canali di sfruttamento, diversi dalle sale cinematografiche;
d) gli introiti relativi alle vendite e alle prevendite dei diritti di utilizzazione e sfruttamento
economico dell'opera in ambiti geografici diversi dall'Italia, per la diffusione del pubblico non
residente in Italia.
Per i risultati artistici e culturali delle opere cinematografiche sono presi in considerazione:
a) la partecipazione alle manifestazioni cinematografiche nazionali e internazionali di livello
primario e i premi ricevuti nel caso di manifestazioni a carattere competitivo;
b) la candidatura e il conseguimento di premi di rilevanza nazionale o internazionale;
c) la partecipazione ai mercati cinematografici o audiovisivi internazionali che prevedano una
selezione per l'accesso;
d) il numero di Paesi esteri in cui il film ha avuto una diffusione di tipo commerciale;
e) l'ottenimento della qualifica di film d'essai;
f) l'ottenimento di contributi selettivi;
g) la realizzazione di un film in coproduzione internazionale;
h) la realizzazione di un'opera cinematografica la cui maggioranza di autori, il regista sia di genere
femminile;
i) l'ottenimento di contributi erogati da enti sovranazionali attraverso i programmi Europa Creativa
- Sottoprogramma MEDIA, Eurimages, IBERMEDIA, o fondi di sostegno bilaterali o multilaterali che
coinvolgano almeno due Stati.
I contributi automatici non possono superare complessivamente la misura del «50% del costo di
produzione o di distribuzione dell'opera audiovisiva». Tale li mite è innalzato al 60% per le opere
finanziate da uno o più Stati membri UE. Il limite è innalzato al 100% del costo complessivo per le
opere realizzate in compartecipazione con Paesi DAC OCSE; per i film difficili; le opere con un costo
di produzione inferiore a 2,5 milioni di euro; per i film che siano distribuiti nelle sale
cinematografiche in contemporanea con un numero di schermi inferiore a 400; per i film per i
quali la quota di risorse a copertura del costo proveniente, a titolo di prevendita di diritti di
sfruttamento o a titolo di associazione produttiva, da società di produzione in cui sia presente
un'emittente televisiva nazionale o altro fornitore di servizi audiovisivi non superi il 40% del costo
complessivo. A differenza dei contributi selettivi, che sono una sorta di prestito a tassi molto
agevolati, i contributi automatici non vanno restituiti ma reinvestiti, in parte, in fu turi progetti
dell'impresa. In particolare nello sviluppo o nella produzione di una o più opere cinematografiche
o televisive nuove, così come nella distribuzione nazionale e internazionale di opere di nazionalità
italiana, prodotte negli ultimi 3 anni. Nel caso di reinvestimento nella sola fase di sviluppo,
l'importo ricevuto può coprire al massimo il 50% dei costi complessivi di sviluppo e per un importo
non superiore a euro 100.000. L'erogazione del contributo autorizzato, su richiesta dell'impresa,
può avvenire per stadi di avanzamento dell'opera. Il mancato ottenimento della nazionalità
definitiva e/o l'eleggibilità culturale comportano la revoca dell'intero contributo autorizzato al
reinvestimento e la restituzione di quanto già erogato.
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2.5 Agevolazioni fiscali: verso un minor uso dei contributi statali e un maggior coinvolgimento di
fondi privati
Altro strumento a disposizione del produttore sono le agevolazioni fiscali che lo Stato concede in
favore degli operatori dell'industria cinematografica, e non solo. Caratteristica principale di queste
agevolazioni fiscali è che possono essere utilizza te solo una volta che i costi di produzione sono
stati sostenuti e maturati. Vediamo nel dettaglio cosa sono. I tax credit - i crediti d'imposta - e il tax
shelter - detassazione degli utili di impresa reinvestiti - sono agevolazioni fiscali che si sostanziano
in risparmi che il contribuente ottiene dal fisco: sono normalmente calcolati sulla base del totale
dei soldi spesi localmente e possono essere sotto forma di rimborso delle tasse locali che il
produttore deve pagare o sotto forma di una diminuzione della base imponibile. La continua
necessità dello Stato di ridurre la spesa pubblica ha reso negli anni il finanziamento diretto
ministeriale alle produzioni sempre più esiguo e incapace da solo di sviluppare e sostenere il
settore audiovisivo. Si è quindi cercato di introdurre un sistema di incentivazione ai finanziamenti
privati, sia da parte di aziende del settore che da parte di società terze, attraverso i meccanismi di
tax shelter e tax credit, da anni invocati dalle associazioni di categoria e diventati operativi con la
Legge 133 del 6/08/2008. Le agevolazioni sono poi state confermate e ampliate anche nella
successiva Legge Franceschini (220/2016), con l'obiettivo di stimolare gli investimenti lungo la
filiera del settore cinematografico e audiovisivo e rafforzare complessivamente un’industria
strategica per il Paese. Infatti, l'agevolazione fiscale, a oggi, tocca diversi settori, rivolgendosi alla
produzione cinematografica e audiovisiva, allo sviluppo delle opere audiovisive e alla distribuzione
nazionale e internazionale, alla produzione esecutiva di opere straniere, ai fini dell'attrazione in
Italia di investimenti nel settore cinematografico e audiovisivo, e al potenziamento dell'offerta
cinematografica nelle sale in relazione alla programmazione effettuata nel corso dell'anno.
Insieme con la legalizzazione del product placement, queste nuove norme hanno una ratio in
comune alla base: spingere progressivamente il finanziamento pubblico verso un ruolo secondario
all'interno dell'economia di produzione, incentivando la partecipazione privata, anche di investitori
esterni all'industria cinematografica. Il tax credit - credito d'imposta - prevede la possibilità di
compensare debiti fiscali (Ires, Irap, Irpef, Iva, contributi previdenziali e assicurativi) con il credito
maturato a seguito di un investimento nel settore cinematografico. È, quindi, una misura in
compensazione. Destinatari sono le imprese di produzione e distribuzione cinematografica, gli
esercenti cinematografici, le imprese di produzione esecutiva e post-produzione (industrie
tecniche), nonché le imprese non appartenenti al settore cine-audiovisivo associate in
partecipazione agli utili di un film dal produttore di quest'ultimo. Il tax credit viene, per questo, di
norma diviso in «interno» (per le imprese del settore) ed «esterno» (per le imprese esterne alla
filiera cinematografica). Nella fattispecie i crediti d'imposta previsti dai decreti ministeriali attuativi
del 15 marzo 2018 sono:
• tax credit interno per imprese di produzione (Capo IV artt. 12-14), di distribuzione (Capo II, artt.
4-9), esercenti cinematografici (Capo III, artt. 11-14), potenziamento dell'offerta cinematografica
(Capo IV, artt. 15-18);
•tax credit interno e produzione associata (art. 3, commi 3 e 4)
•Tax credit esterno (Capo VI, artt. 25-30);
•tax credit per l'attrazione in Italia di investimenti cinematografici e audiovi sivi (Capo V, artt. 19-
24).
Al fine di mitigare gli effetti subiti dal settore cinematografico e audiovisivo a seguito
dell'emergenza sanitaria Covid-19, una delle prime misure adottate dal Ministero dei beni e delle
attività culturali e del turismo è stato consentire il riconoscimento dei benefici fiscali in relazione
alle produzioni cinematografiche e audiovisive completate o distribuite nel corso del 2019 e 2020,
o a quelle le cui riprese o giornate di lavorazione sono effettivamente iniziate, nonché in relazione
24
alla programmazione svolta dalle sale cinematografiche. A dimostrazione che il beneficio in
questione è considerato di primaria importanza per lo sviluppo e la ripresa del settore
dell'audiovisivo.
26
2.5.3 Tax credit investitori esterni
Il credito di imposta spetta all'investitore «esterno (ovvero diverso dal produttore
cinematografico) che fornisce un apporto di capitale alla realizzazione di un film. Alle imprese non
appartenenti al settore cinematografico è riconosciuto un credito d'imposta, per la produzione e
distribuzione in Italia e all'estero di opere cinematografiche, dal 30 al 40% della spesa sostenuta in
Italia, fino all'importo massimo annuo di euro 1.000.000. Il 40% è riservato alle imprese che
investono per lo sviluppo e la produzione di opere che abbiano ricevuto precedentemente i
contributi selettivi dal MiBACT. A decorrere dal 1° gennaio 2020, l'aliquota del tax credit sarà
abbassata al 20%. Al momento non disponiamo di certezze di quanto avverrà per il tax credit
esterno per gli anni a venire. A differenza di quello interno, non è cedile agli istituti bancari. Il
credito di imposta spetta a condizione che:
• gli importi riconosciuti all'impresa esterna rappresentino almeno il 5% del costo eleggibile di
produzione;
•ci sia un regolare contratto (tra produttore cinematografico e impresa esterna) di associazione in
partecipazione agli utili del film. Nel contratto, gli utili dell'investitore associato non possono
superare il 70% degli utili complessivi realizzati dall'opera;
• ai fini della restituzione dell'apporto nonché del riconoscimento di utili all'investitore esterno,
siano utilizzati esclusivamente proventi derivanti dallo sfruttamento economico dell'opera, di
pertinenza del produttore, non inseriti nel piano finanziario a copertura del costo complessivo di
produzione e ma turati, a prescindere dal momento dell'incasso, dopo l'ottenimento del nulla osta
di proiezione in pubblico;
• almeno l'80 per cento degli apporti risultino spesi sul territorio nazionale. Il riconoscimento del
tax credit esterno presuppone la conclusione tra produttore e impresa esterna di un contratto di
associazione in partecipazione. È un contratto attraverso il quale il produttore ammette l'impresa
esterna alla partecipazione degli «utili conseguiti dallo sfruttamento commerciale» di 'opera
cinematografica in cambio di un determinato apporto in denaro, strumentale a finanziare la
realizzazione dell'opera in questione. Il «guadagno» dell'associato è necessariamente di pendente
dall'andamento dell'affare che si intende finanziare con l'apporto. Si può, quindi, definire
l'associazione in partecipazione anche come un contratto aleatorio, in quanto lo scambio finisce
con l'intercorrere tra una prestazione certa (l'apporto) e una prestazione incerta (la partecipazione
agli utili). Il rischio dell'associato è tuttavia limitato, in quanto egli risponde delle perdite solo nei
limiti del valore del suo apporto. Quindi, l'impresa esterna partecipa sia agli utili sia alle perdite,
fino all'ammontare dell'apporto. In ogni caso, gli utili non possono superare il 70% di quelli
complessivi realizzati dall'opera. Assieme a quello agli utili, il diritto al rendiconto è l'unico previsto
dalla legge come immancabile a favore dell'associato. Il rendiconto deve essere prestato
dall'associante ad affare concluso o annualmente se la gestione si protrae per più di un anno. Va
da sé che quando un'impresa esterna al settore, come un'azienda di prodotti alimentari o un
istituto bancario, decide di investire in un film lo fa con la convinzione che l'opera produca degli
utili, per poter ripagare la parte del loro investimento non beneficiaria del credito d'imposta.
28
territorio il set, o uno dei set, del film che si vuole produrre. Il contributo regionale si concretizza in
due tipologie di offerta:
• l'opportunità di girare sul territorio regionale, con l'assistenza e il supporto della Film
Commission locale;
• la possibilità di ottenere un sostegno economico concreto, nei territori dove sono disponibili
specifici fondi di sostegno alla produzione dell'opera o ad altre fasi della filiera.
Proprio per l'importanza che enti e strumenti territoriali ricoprono nella co struzione delle
strategie imprenditoriali degli operatori del settore, di recente lo Stato ha provveduto a
regolamentare il ruolo delle Regioni nel settore audiovisivo emanando un apposito decreto
ministeriale, in attuazione delle previsioni già di sposte dalla Legge di riforma n. 220/2016. Questo
per mettere ordine in un ambito che si è sviluppato con modalità e procedimenti spontanei,
diversi da territorio a territorio, e scarsamente coordinati a livello nazionale, ma che ha contribuito
in misura straordinaria alla profonda trasformazione dell'ultimo decennio dei processi di
produzione nella filiera audiovisiva. Per poter illustrare meglio il funzionamento dei fondi regionali,
occorre descrivere per prima cosa il funzionamento e gli obiettivi delle Film Commission.
40
autoctone regionali o minoritarie. Inoltre, la produzione cinematografica in Europa è
essenzialmente un’attività svolta su base nazionale: le differenze linguistiche e culturali hanno
portato ogni nazione alla creazione di un proprio cinema, ognuno con caratteristiche e peculiarità
ben definite. Di conseguenza, anche le norme che disciplinano il sostegno statale alla produzione
di film variano da Paese a Paese. Ma cosa vuol dire coprodurre? Si parla di coproduzione quando
due o più società collaborano, sia dal punto di vista finanziario, sia da quello artistico, per produrre
un'opera audiovisiva. In base al contratto stipulato dalle due società (con tratto di coproduzione),
viene attribuita a ciascuna di esse una quota di proprietà dei diritti, proporzionale all'apporto
finanziario e artistico di ciascuna società al progetto. Nelle proporzioni concordate le società
condivideranno i profitti o le perdite. Oltre alla quota di coproduzione, ogni produttore possiede il
100% dei diritti del proprio Paese e una quota proporzionale al proprio apporto di coproduzione.
Una coproduzione genera, poi, un insieme di competenze artistiche, tecniche e, nello stesso
tempo, consente di condividere i rischi e di raccogliere più risorse finanziarie per il progetto. Nella
sua forma classica, la coproduzione ha indubbiamente per messo al cinema europeo di
sopravvivere. Due possono essere i tipi di produzione associata: la «coproduzione ufficiale»> e
quella «non ufficiale» (o finanziaria). Nel primo caso si tratta di una coproduzione basata su
accordi comunitari, stipulati sia a livello europeo (Convenzione europea sulla coproduzione
cinematografica), sia dai singoli Stati membri con altri Paesi europei (Accordi bilaterali). Nel
secondo caso, invece, il coproduttore minoritario finanzia un film di un'altra nazione, non
apportando alcun contributo artistico. Tuttavia, anche se il film non viene dichiarato come
coproduzione ufficiale, ci sono spesso ottimi motivi finanziari per produrre dei film in alcune zone
particolari, an che semplicemente perché hanno costi molto ridotti: questa è ad esempio la
ragione principale del grande incremento delle produzioni audiovisive nei Paesi dell’est Europa a
partire dai primi anni Novanta. In questo caso, però, non è possibile accedere ai fondi nazionali ed
europei. Per questa ragione, d'ora in avanti, quando parleremo di coproduzione ci riferimento
esclusivamente a quella ufficiale.
44
avesse ancora completato la procedura di ratifica, resta vigente la vecchia versione della
Convenzione.
45
4. La Comunità tiene conto degli aspetti culturali nell'azione che svolge a norma di altre
disposizioni del presente trattato, in particolare ai fini di rispetta re e promuovere la diversità delle
sue culture.
Dal Trattato in poi, l'attenzione della Commissione europea si è fortemente localizzata sulla
crescita della produzione di film e di programmi televisivi europei con il fine di tutelare l'ambito
economico, sociale e culturale dell'Europa, per la quale il settore audiovisivo è una risorsa
fondamentale. Figlio degli ultimi anni dell'Ottocento e pienamente del Novecento, il cinema si
sviluppa in un contesto di fermento intellettuale, di modernità e processi tecnologici.
L'inserimento del cinema nella vita quotidiana ha spinto il legislatore a porre attenzione a questo
medium e, in seguito, con la nascita e la diffusione della televisione, a occuparsi in particolare
dell'area degli audiovisivi. Data la diffusione e il gradimento del mezzo, è stato necessario creare
un sistema di finanziamenti e di sostegni prima da parte degli Stati nazionali e poi dell'Unione
Europea. A ciò si aggiunga che il settore degli audiovisivi non sia solo veicolo di cultura, ma crei,
anche, occupazione: si stima che il settore audiovisivo rappresenti oltre un milione di posti di
lavoro nell'Unione Europea e costituisca la prima fonte di informazione e di divertimento degli
europei. Negli ultimi due decenni le istituzioni comunitarie hanno mostrato crescente interesse
per il settore cinematografico, sia per quanto riguarda la fissazione dei criteri di ammissibilità degli
aiuti statali, che in termini di sostegno diretto alla cinematografia europea: al fine di contrastare la
posizione egemonica di quella americana ma anche per la valenza squisitamente culturale
dell'opera cinematografica, che si suppone possa costituire un importante veicolo di costruzione e
rafforzamento dell'identità europea. Le politiche dell'Unione Europea potranno avere molti limiti,
ma un merito va riconosciuto: destinano da sempre una quantità significativa di risorse alla
produzione culturale e creativa.
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Il Sottoprogramma MEDIA, Mesures pour encourager le développement de l'industrie
audiovisuelle (Provvedimenti per incentivare lo sviluppo dell'industria audiovisiva), di Europa
Creativa 2014-2020 sostiene, con 824 milioni di euro, l'industria europea del cinema e
dell'audiovisivo nei settori di sviluppo di progetti audiovisivi e videogame, produzione di opere
televisive, distribuzione, formazione, promozione.
Il Sottoprogramma MEDIA mira a:
• rafforzare la capacità del settore audiovisivo di operare a livello transnazionale e internazionale:
• facilitare l'acquisizione di nuove capacità, competenze e know-how (nel campo delle tecnologie
digitali, dell'audience development e della creazione di nuovi modelli di business
• aumentare la capacità di sviluppare opere audiovisive europee che abbiano la potenzialità di
circolare nell'Unione Europea e nel mondo, agevolando le coproduzioni internazionali, anche con
emittenti tv;
• incoraggiare gli scambi tra imprese per favorire l'accesso degli operatori audiovisivi ai mercati e
agli strumenti d'impresa, in modo da dare maggiore visibilità ai loro progetti;
• promuovere la circolazione transnazionale;
• sostenere la distribuzione nelle sale cinematografiche mediante il marketing, il branding, la
distribuzione e la presentazione di opere audiovisive;
• incoraggiare il marketing, il branding e la distribuzione transnazionale di opere audiovisive su
tutte le piattaforme diverse dalle sale cinematografiche;
• sostenere lo sviluppo del pubblico;
• incoraggiare nuove forme di distribuzione per consentire la nascita di nuovi modelli di business.
Il Sottoprogramma MEDIA finanzia:
• lo sviluppo di una gamma globale di misure di formazione tese a promuovere l'acquisizione e
l'aggiornamento delle capacità e delle competenze dei professionisti del settore audiovisivo, la
condivisione delle conoscenze e la creazione di reti, compresa l'integrazione delle tecnologie
digitali;
• lo sviluppo di opere audiovisive europee, in particolare film e opere televisive quali fiction,
documentari, film per bambini e di animazione, nonché opere interattive, tra cui videogiochi e
contenuti multimediali, caratterizzate da maggiori potenzialità di circolazione transfrontaliera;
• le attività volte a sostenere le società europee di produzione audiovisiva, segnatamente quelle
indipendenti, al fine di facilitare le coproduzioni europee e internazionali di opere audiovisive,
anche televisive:
• le attività che aiutino i partner delle coproduzioni europee e internazionali a incontrarsi e/o che
forniscano sostegno indiretto alle opere audiovisive coprodotte da fondi di coproduzione
internazionali situati in un Paese che partecipa al programma;
• l'agevolazione dell'accesso alle manifestazioni commerciali e ai mercati professionali
dell'audiovisivo e l'utilizzo più agevole degli strumenti d'impresa online all'interno e al di fuori
dell'Unione:
• l'istituzione di sistemi di sostegno alla diffusione di film europei non nazionali attraverso la
distribuzione nelle sale cinematografiche e su altre piattaforme, nonché alle attività di vendita
internazionale, in particolare la sottotitola zione, il doppiaggio e l'audiodescrizione delle opere
audiovisive;
• l'agevolazione della circolazione dei film europei nel mondo e dei film internazionali nell'Unione
su tutte le piattaforme di distribuzione, attraverso progetti di cooperazione internazionale nel
settore audiovisivo;
• una rete di esercenti europei di sale cinematografiche che proietti una quota significativa di film
europei non nazionali; iniziative che presentino e promuovano la diversità delle opere audiovisive
europee, inclusi i cortometraggi, tra cui festival e altri eventi promozionali; attività finalizzate a
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promuovere l'alfabetizzazione cinematografica e ad accrescere le conoscenze e l'interesse del
pubblico riguardo alle opere audiovisive europee, incluso il patrimonio audiovisivo e
cinematografico, in partico lare tra il pubblico giovane;
• azioni innovative di sperimentazione di nuovi modelli e strumenti d'impresa in settori destinati a
essere influenzati dall'introduzione e dall'utilizzo delle tecnologie digitali.
I beneficiari di questo fondo sono i Paesi partecipanti al Sottoprogramma MEDIA. Il numero dei
Paesi eleggibili evolve di anno in anno sulla base della stipula di nuovi negoziati. Tra i sostegni ai
produttori, il Sottoprogramma MEDIA assiste le società di produzione europee indipendenti
durante le fasi di: sviluppo dell'opera audiovisiva (destinata al cinema, alla tv o al web) e di
produzione (solo per TV programming). Differenti sono le forme di sostegno:
• sviluppo di contenuti per progetti singoli;
• sviluppo di un catalogo di progetti (Slate Funding);
• sostegno alla programmazione televisiva (TV programming).
Questi aiuti hanno il compito di supportare la delicata fase dello sviluppo spesso trascurata, dei
progetti destinati al mercato europeo e internazionale e presentati da società di produzione
indipendenti, in particolare piccole e medie imprese; di incoraggiare la diffusione transnazionale
delle opere audiovisive europee, destinate al cinema, alla tv e/o al web, prodotte da società di
produzione indipendenti; di sostenere le società europee di produzione indipendenti, con la
prospettiva di facilitare le coproduzioni Europee e internazionali di opere audiovisive, incluse le
opere per la televisione.
4.6 Eurimages
Istituito nel 1988 dal Consiglio d'Europa, Eurimages è un fondo a supporto di co-produzione,
distribuzione, sfruttamento, digitalizzazione e presentazione di opere cinematografiche europee. Il
fondo ha sede a Strasburgo e conta 39 Paesi membri, di cui fa parte anche l'Italia. Sin dalla nascita,
nel 1988, ha sostenuto 1.383 coproduzioni europee, per un valore totale di circa 417 milioni di
euro. Il finanziamento si rivolge a società europee indipendenti e, alla data odierna, ha una
dotazione annuale di circa 27,5 milioni di euro. Per potervi accedere prerogativa è avere la
nazionalità europea, valutata sulla base della Convenzione europea sulla coproduzione
cinematografica e delle fonti di finanziamento
Eurimages sostiene progetti di lungometraggio di finzione, di animazione e di film documentario di
una lunghezza minima di 70 minuti, in quattro diversi settori:
• sostegno alla coproduzione;
• sostegno alla digitalizzazione;
• sostegno alla distribuzione (per gli Stati membri esclusi dal Programma MEDIA: (Bosnia e
Erzegovina, Croazia, Serbia, Repubblica di Macedonia e Turchia);
• sostegno all'esercizio (per gli Stati membri esclusi dal Programma MEDIA).
La maggioranza (quasi il 90%) delle risorse del fondo, provenienti dai contri buti degli Stati
membri, è finalizzata al sostegno alla coproduzione.
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Per la prima volta un Paese non iberoamericano è stato, quindi, accolto nel network del
programma. La firma dell'accordo è, in realtà, frutto di un percorso intrapreso da diversi anni che
ha visto l'Italia avvicinarsi progressivamente alle cinematografie di quelle aree del mondo
attraverso una serie di accordi. Nel 2010 è stato attivato un accordo con l'Argentina, stipulato tra
Luce Cinecittà e INCAA – Instituto Nacional de Cine y Artes Audiovisuales, per il sostegno allo
sviluppo di opere cinematografiche realizzate tra i Paesi. Sono stati poi istituiti altri due fondi di co-
sviluppo con Paesi latinoamericani: nel 2014, con il Brasile, è stato rinnovato il protocollo tra
Fondazione Centro Sperimentale e ANCINE - Agência National do Cinema, per lo sviluppo di
progetti di lungometraggio italo-brasiliani; nel 2016, al Festival di Cannes, è stato siglato l'accordo
con il Cile tra Direzione generale Cinema e il Consejo del Arte y la Industria Audiovisual - Consejo
National de la Cultura y las Artes (CNCA), per il sostegno ai progetti italo-cileni. In questo momento
è attivo un fondo di co-sviluppo anche con il Portogallo. A questi accordi si aggiunge l'attenzione
costante sui trattati bilaterali tra gli Stati e la revisione di quelli già esistenti. La ragione che spinge
l'Italia a entrare in questo fondo è motivata non tanto dalla continuità linguistica quanto da quella
più culturale: si tratta, infatti, di terre che hanno assorbito nel corso del secolo scorso ingenti flussi
di emigrazione e in cui le comunità di cultura italiana sono tuttora molto ampie e diffuse. La
vicinanza culturale è quindi il movente principale dietro questa politica, ma per entrambe le parti
questa cooperazione rappresenta la creazione di un canale preferenziale in grado di allargare il
mercato di riferimento, sfruttando la naturale affinità dei Paesi coinvolti.
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Il product placement coinvolge tipicamente un'impresa promotrice e una struttura di produzione
cinematografica, cioè un produttore e una casa di produzione. La prima mira a collocare uno
specifico prodotto o marchio in un definito contesto, mentre la seconda ricerca una corretta
remunerazione per concedere visibilità al placement. A seconda della frequenza d'attivazione dello
strumento, nelle imprese coinvolte possono essere create divisioni operative specificamente
dedicate alla gestione del product placement. Nelle case di produzione cinematografica,
soprattutto americane, vengono così costituiti degli specifici studio executive, con lo scopo di
gestire in modo organizzato il placement all'in terno dei film prodotti. Sono loro che analizzano le
sceneggiature alla ricerca di occasioni di posizionamento e contattano le imprese promotrici
potenzialmente coinvolgibili. Anche le imprese promotrici che più investono in placement possono
a loro volta costituire unità ad hoc, allo scopo di analizzare le proposte degli studio e collaborare
attiva mente alla definizione della migliore soluzione di posizionamento. In posizione intermedia
tra questi attori si collocano le agenzie di product placement, strutture professionali specializzate
nell'attivazione e nella gestione di questo strumento di comunicazione aziendale. Nate nella
seconda metà degli anni Ottanta nelle vicinanze di Hollywood, le agenzie si sostituiscono alle unità
specializzate delle imprese promotrici e delle case di produzione, oppure le affiancano
occupandosi delle fasi operative di sviluppo del placement. La loro attività comincia dall'esame
delle pellicole in produzione e prevede l'individuazione dei potenziali collocamenti di
marche/prodotti e la gestione per loro conto dell'esecuzione del placement. Alle agenzie spesso è
affidata anche la stesura del contratto e la tutela degli interessi dei clienti durante la registrazione
delle scene che prevedono la collocazione del prodotto o della marca. Le agenzie possono essere
contattate direttamente dalle case di produzione interessate all'individuazione di possibili
promotori (approccio classico) oppure dalle imprese inserzioniste alla ricerca di un
posizionamento (approccio alternativo). Nel primo caso si inizia con lo spoglio della sceneggiatura
su iniziativa dell'agenzia di product placement che contatta le imprese che possono essere
interessate all'opera in questione. L'agenzia legge il progetto e valuta il possibile successo e il
target di riferimento; successivamente vengono individuati gli spazi in cui c'è la possibilità di
inserire i prodotti. L'agenzia si confronta, poi, con la casa di produzione sul possibile inserimento
dei prodotti; una volta individuati si chiamano le aziende produttrici e si propone loro
l'inserimento. Le aziende valutano il progetto e, una volta trovato l'accordo, si gira la scena, o le
scene, con la supervisione dell'agenzia. Nel secondo caso, l'approccio alternativo, il contatto parte
dalle imprese nei confronti dell'agenzia, e, ovviamente, non è (e non può essere) preceduto dallo
spoglio della sceneggiatura. L'impresa inserzionista contatta l'Agenzia delegandola alle operazioni
di product placement. L'azienda svolge con l'agenzia (così come farebbe con una normale agenzia
di pubblicità) il briefing del prodotto: in questa sede sono vagliate caratteristiche, caratteri
tangibili, intangibili, target, mezzi di cui si vorrebbe avvalersi (cinema, fiction, tv, videoclip,
videogioco, cross-promotion ecc.) per poter fornire all'agenzia tutti gli strumenti e le informazioni
utili per agire. L'agenzia, ricevuto il briefing, ha tutto il necessario per individuare il progetto
migliore e discutere con la casa di produzione dell’inserimento del prodotto nell'opera.
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5.3.3 La «verbal mention»: «lo c'è» e BedandBreakfast.it
Io c'è è un film del 2018 diretto da Alessandro Aronadio, prodotto da Fulvio e Federica Lucisano
per Italian International Film e distribuito in sala da Vision Distribution. Edoardo Leo nel film veste
i panni di Massimo Alberti, il proprietario di Miracolo italiano, un bed and breakfast sull'orlo del
fallimento. Massimo, osservando un convento di suore, trova la soluzione per salvare la propria
attività: per sopravvivere deve trasformare il B&B in luogo di culto, dove ospitare i turisti in cambio
di una donazione (e senza pagare le tasse). Per farlo, decide di fondare una sua religione,
coinvolgendo la sorella Adriana (Margherita Buy) e l'ideologo Marco (Giuseppe Battiston). Nasce
così lo Ionismo, una fede dove l'Io è al centro di tutto. Nel B&B ormai sede dello «ionismo», la
prima religione nata per assolvere da tasse e contributi, Massimo incontra Teresa. Ed è proprio il
personaggio interpretato da Giulia Michelini che confessa di aver trovato il bed and breakfast
cercando sul sito di Bedandbreakfast.it. Grazie alla verbal mention il portale, famoso per le
prenotazioni alberghiere, diventa protagonista del film. L'inserimento è coerente con la storia e
non risulta forzato, come si evince dallo scambio di battute in sceneggiatura. In questo caso la
versione della sceneggiatura originale recitava: «Internet. Hai delle gran belle recensioni...». La
sceneggiatura ci offriva quindi la possibilità di aggiungere la verbal mention senza grosse forzature
rispetto allo script e in maniera plausibile rispetto al racconto della scena.
5.3.5 Un product placement classico: «Veloce come il vento» insieme a Sparco, Motul, Magneti
Marelli
Veloce come il vento è un film di genere drammatico del 2016, diretto da Matteo Rovere, con
Stefano Accorsi e Matilda De Angelis. Il film è prodotto da Fandango e Rai Cinema e distribuito in
sala da 01 Distribution. Veloce come il vento racconta la storia di Giulia De Martino una pilota di
rally che a soli 17 anni gareggia nel campionato italiano GT. Durante una delle prime gare del
campionato, il padre ha un infarto e muore, lasciando a lei e al fratellino Nico la casa e l'officina. Al
funerale si presenta Loris (Stefano Accorsi), fratello maggiore di Nico e Giulia e che i due ragazzi
non vedono da dieci anni, ora tossicodipendente ma un tempo pilota di talento. Sarà Loris, dopo la
morte del padre, a occuparsi di Giulia e a seguirla in tutte le gare di rally. Con l'aiuto di Loris Giulia
migliora di gara in gara, riuscendo a scalare la classifica e ricostruendo un rapporto con il fratello. Il
cuore del film è nella relazione tra Matilda De Angelis e Stefano Accorsi e nel loro progressivo
riscoprirsi fratelli. Stefano Accorsi, grazie a questa interpretazione, ha vinto il David di Donatello
come miglior attore protagonista. Da un punto di vista del placement Veloce come il vento è un
progetto frutto di uno straordinario lavoro di squadra, che vede coinvolti Fandango, QMI e vari
partner: Sparco, Magneti Marelli. Peugeot e Motul. Si tratta di uno screen placement classico che
ha coinvolto diversi brand in target con il mondo delle corse di rally: si tratta di un inserimento
classico, dove i vari marchi sono riconoscibili visivamente all'interno di molte scene del film e
spesso in primo piano. Il mondo delle gare di auto, per sua natura, è un terreno fertile per le
sponsorizzazioni: tutti i piloti, dalla Formula 1 al campionato GT presentano brand sponsor sulla
tuta e il casco; stesso discorso per le macchine, che sono sempre «brandizzate». Il regista aveva
l'obiettivo di ricreare questa dinamica nel suo film attraverso il placement. Per questo motivo
abbiamo svolto un lavoro accurato nella ricerca di marchi che avessero interesse a ottenere
visibilità in un film che parla di corse automobilistiche. Motul è una multinazionale molto nota
specializzata in lubrificanti per motori a benzina. L'azienda storicamente è stata sponsor della
Formula 1 e del campionato di MotoGP. Era un partner prefetto per Veloce come il vento: facile da
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contestualizzare, molto verosimile, poco disturbante per il pubblico, che è abituato a vedere dei
brand del genere sulle tute e i caschi dei veri piloti di corsa. Discorso simile per Magneti Marelli,
una multinazionale italiana specializzata nella fornitura di prodotti e sistemi ad alta tecnologia per
l'industria automobilistica, fornitore di componentistica e sistemi elettronici per i principali
campionati motoristici internazionali, tra cui Formula 1, MotoGP, Campionato GT. Nella Formula 1
è sponsor tecnico dei principali team, tra cui Scuderia Ferrari, Toyota F1 Team, Renault F1 e Red
Bull Racing. Dal 2016 la casa è entrata anche in Formula E come fornitore di motori per la
Mahindra. È stata sponsor del reparto corse Lancia (automobilismo) nei rally mondiali degli anni
Ottanta. Di fatto era un brand perfetto per il film al pari di Motul: aveva senso rispetto alla storia e
non era invasivo. Anche per Sparco siamo partiti dallo stesso ragionamento. Sparco S.p.A. è una
società italiana specializzata nella produzione e distribuzione di componenti automobilistici e
abbigliamento tecnico utilizzati nelle maggiori competizioni automobilistiche al mondo, tra cui
spiccano la Formula 1 e il Campionato del mondo rally: è dunque il marchio perfetto per
brandizzare la tuta di Matilda De Angelis. I tre partner sono visibili sulla tuta di Giulia e come
sponsor dell'auto della protagonista. Sono presenti anche a bordo pista come sponsor sui banner
pubblicitari, sulle tute e sulle auto di altri piloti. Il regista non ha avuto problemi a inserire i loghi
dei brand nelle scene di corsa e sulla tuta di Giulia. Sarebbe stato strano e irrealistico il contrario:
un film sulle corse sportive senza sponsor sulla tuta, sul casco o sulla macchina della protagonista.
Se non avessimo trovato degli sponsor il reparto costumi avrebbe riprodotto dei loghi fake per
«brandizzare» il film e renderlo verosimile rispetto alla realtà. L'operazione non si è limitata allo
screen placement. I brand sono finiti sulla locandina ufficiale del film e in tutti i character poster
(materiali promozionali diffusi dalla distribuzione per promuovere la pellicola). Inoltre, i tre brand
sono stati partner attivi della campagna promozionale del film. Sono stati creati sette video, che
hanno fatto parte della campagna di lancio del film: ogni video racconta un aspetto della
realizzazione della pellicola, dalla recitazione alla resa dell'audio al lavoro di regia. La troupe, i
partner e il cast, come in una scuderia, hanno lavorato insieme alla realizzazione di un perfetto
branded content, che è visibile su YouTube.
CAPITOLO 6 Crowdfunding
Un tempo la chiamavano colletta, poi diventò microcredito. Adesso si dice crowdfunding,
neologismo frutto dell'accostamento di due parole inglesi, crowd (folla) e funding (finanziamento),
e indica la raccolta di risorse finanziarie attraverso la rete (Internet e social media) per
promuovere un progetto direttamente o attraverso piattaforme e portali specializzati. Per questo,
a volte, viene chiamato anche «finanziamento dal basso» o «finanziamento collettivo». Il
crowdfunding rientra nel settore della finanza alternativa, ossia in quei canali e in quegli strumenti
di finanziamento che si sono sviluppati al di fuori dei normali settori finanziari, come per esempio il
mercato bancario o quello dei capitali. In tal senso il finanziamento dal basso si è affermato
soprattutto come un trampolino di lancio per le start up e le nuove idee imprenditoriali. Ma non
solo. Il termine crowdfunding, infatti, si può riferire indistintamente al percorso di finanziamento
di un progetto di qualsiasi tipo: dalla produzione di un film, alla produzione di un album musicale,
fino alla costruzione di un ospedale. Il principio è semplice: finanziare progetti di ogni genere con
donazioni online, anche di cifre piccolissime. La vera innovazione del crowdfunding, oltre a quella
di andare a sfruttare il capitale sociale e relazionale, è costituita dall'avvento di piattaforme che
hanno aperto le porte alla gente comune. Come funziona il crowdfunding? Tre sono gli attori
principali: il progettista, colui che progetta la campagna di raccolta fondi, la piattaforma di
crowdfunding cioè un sito web che consente l'interazione tra i fundraiser e un ampio pubblico, e il
crowd, ovvero la folla di investitori privati. È attraverso la piattaforma di crowdfunding che è
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possibile esprimere e raccogliere impegni finanziari, offrendo in cambio il pagamento di una
commissione, se la campagna di raccolta fondi ha avuto successo. Il punto forte delle piattaforme
di crowdfunding non sta solo nell'offrire una soluzione «chiavi in mano», ma anche nel fatto che
queste contribuiscono a ridurre i costi di transazione e le complessità legislative. Inoltre,
intercettano una certa quantità di utenti che visitano regolarmente il sito e che sono tutti
potenziali investitori fuori dalla rete di contatti abituale di chi propone il progetto, un aspetto
questo spesso cruciale per il successo di una campagna. In pratica il progetto viene pubblicato su
Internet, con una descrizione degli obiettivi e il curriculum dei proponenti; viene, poi, fissato un
budget in termini di raccolta di denaro e un tempo limite per la trasmissione delle adesioni. I
finanziatori possono concorrere alla sua realizzazione inviando delle «promesse» di versamento
oppure finanziandolo direttamente. Molto spesso possono anche inviare commenti o suggerimenti
sul progetto stesso. In cambio del sostegno economico, chi lancia il suo progetto con il
crowdfunding promette dei benefit, che possono essere digitali o di altra natura. In generale
questo strumento segue il «modello delle 3F» (Family, Friends and Fools), in base al quale i
finanziatori di un progetto sarebbero in primis i familiari e gli amici del progettista e poi i «folli».
Sono proprio questi ultimi a diventare i trascinatori della «folla», che popola il mondo online. Uno
degli elementi fondamentali per il successo della campagna è sicuramente il coinvolgimento
emotivo degli investitori, che partecipano in quanto parte di una community. Il finanziamento che
viene dal basso è un fenomeno nato negli Stati Uniti e poi arrivato in Italia grazie allo sviluppo del
social web (e della conseguente «cultura della condivisione») e al progressivo riconoscimento
legislativo; un fenomeno la cui onda lunga sta attivando processi di ristrutturazione, senza
precedenti, nei rapporti e nelle identità stesse di produttore-distributore-utente. A livello
legislativo, in Europa, solamente l'Italia dispone di una disciplina ad hoc, che, però, si riferisce a un
unico modello di raccolta fondi, l'equity based. Per tutti gli altri modelli si usa riferirsi alla
regolamentazione già esistente per modalità di finanziamento simili, con l'unica eccezione del
social lending, che è stato recentemente, anche se solo in minima parte, regolamentato all'interno
delle nuove disposizioni per la raccolta del risparmio dei soggetti diversi dalle banche. Sebbene le
radici storiche risalgano al Settecento con l'Irish Loan Fund di Jonathan Swift, considerato il padre
del microcredito, il termine crowdfunding è piuttosto recente: è stato coniato da Michael Sullivan
nel 2006, quando provò a lanciare un portale per la raccolta di denaro, chiamato Fundavlog, che
consentiva di fare delle donazioni online per progetti inerenti a videoblog. Dal 2006 è stato un
crescendo, parallelamente all'evoluzione dei social network, con un'accelerazione decisiva data
dalla nascita di Kickstarter nel 2009 e Indiegogo nel 2008. Una volta scoppiato il fenomeno si sono
poi diversificati obiettivi e modalità e si sono molti plicate le piattaforme.
Che il modello della raccolta fondi distribuita possa funzionare lo dimostra proprio Kickstarter, il
sito americano che dalla sua fondazione ha raccolto da investitori di tutto il mondo qualcosa come
5,5 miliardi di dollari di finanziamento in settori diversi: dal piccolo artigianato alla musica, dal
cinema alla produzione di gadget tecnologici. Per la categoria cinema e video sono stati ben
28.564 i progetti finanziati con successo, ponendosi al secondo posto tra le categorie più
sovvenzionate.
CAPITOLO 7
Il mercato 7.1 Compro e vendo: la catena dei diritti
Anche il cinema, come le altre opere d'ingegno, è tutelato dal diritto d'autore e in particolare dalla
legge n. 633 del 22 aprile 1941 (1.d.a.), recante la «Protezione del diritto d'autore e di altri diritti
connessi al suo esercizio» e successive modifiche, a cui si affianca, come corollario, la disciplina del
Codice civile. Nell'art. 1 si specifica che sono protette tutte «le opere dell'ingegno di carattere
creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all'architettura, al teatro
ed alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione». L'opera in questione
deve possedere tre specifiche qualità: deve essere «creativa», cioè frutto d'ingegno (art. 1, 1. n.
633/1941; art. 2576 c.c.), deve avere un carattere di novità e originalità nel panorama delle arti e
deve essere in grado di riflettere l'impronta personale dell'autore. Non è necessario che abbia,
invece, pregi qualitativi. All'interno di un'opera, poi, si distinguono tre componenti: l'idea,
l’espressione dell'idea e il supporto materiale. Da qui si evince che il diritto d'autore non tutela le
mere idee. Contrariamente a quanto molti pensano, non è richiesto all'autore di registrare la
propria opera presso società di collecting, come ad esempio la SIAE, anche se spesso tale
procedura aiuta a dimostrare che si è autori di un'opera, fermo restando che quest'ultima è
tutelata anche in difetto di registrazione. Per poter esercitare qualsiasi diritto sul film, il produttore
deve necessariamente acquisire i diritti dell'opera dall'autore/sceneggiatore o dai co-autori,
ciascuno dei quali ha pari importanza (art. 10 1.d.a.). L'autore cede i diritti del soggetto e/o della
sceneggiatura al produttore per un certo periodo di tempo durante il quale il produttore
s'impegna a produrre l'opera. Un'alternativa spesso utilizzata nelle prime fasi di sviluppo del film è
quella dell’«opzione»: un accordo tra casa di produzione e autore che prevede un pre-acquisto dei
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diritti e consente ai produttori di tutelarsi nel caso il progetto non venga sviluppato. In genere
l'opzione prevede che il produttore paghi all'autore una somma di denaro per la possibilità futura
di acquistare i diritti cinematografici dell'opera in oggetto per un determinato periodo di tempo.
Una volta pronto a produrre il film, il produttore potrà esercitare l'opzione per l'acquisto dei diritti
e pagare la somma dovuta all'autore. In caso contrario, trascorso il tempo pattuito, i diritti
ritorneranno di proprietà dell'autore ed egli potrà venderli a qualcun altro. Per i film sono
considerati autori: l'autore del soggetto, lo sceneggiatore, il compositore della colonna musicale e
il regista (art. 44 1.d.a.). A loro la legge riconosce una serie di diritti e facoltà che possono
riassumersi in due categorie: «diritti patrimoniali», o di utilizzazione economica, e «diritti morali»,
che, per contro, intervengono in difesa della personalità e della reputazione dell'autore.
Generalmente, prima dell'inizio delle riprese, il produttore stipula con gli autori indicati all'art. 44
1.d.a. i contratti necessari ad acquisire i diritti patrimoniali sui singoli contributi creativi: soggetto,
sceneggiatura, musica e prestazioni di regia. La funzione dei diritti patrimoniali è quella di
consentire all'autore dell'opera di godere, in modo pieno ed esclusivo, dei benefici derivanti dallo
sfruttamento economico dell'opera medesima. Tali diritti riguardano tutte le attività che per
seguono un fine lucrativo e assicurano all'autore un corrispettivo di natura economica per il lavoro
intellettuale svolto. Abbiamo già specificato che i film, e gli audiovisivi in generale, oltre che essere
opere d'arte sono anche prodotti industriali e commerciali; per questo motivo la legge,
riconoscendo l'importanza dell'attività imprenditoriale del produttore, gli riconosce l'esercizio dei
diritti di utilizzazione economica, i quali hanno per oggetto lo sfruttamento commerciale dell'opera
prodotta (art. 45 e 46 1.d.a.). È importante sapere che, in sede di trattative contrattuali, ciascuno
degli autori può concordare se trasferire al produttore, tutti o solo alcuni dei diritti patrimoniali
della sua opera. Questo perché i diritti patrimoniali sono tra loro indipendenti e possono avere a
oggetto l'opera intera o semplicemente alcune parti di essa (art. 19 1.d.a.). La durata è invece
riconosciuta per tutta la vita dell'autore sino al settantesimo anno dalla sua morte (art. 25): in
seguito l'opera diviene di dominio pubblico. Attenzione però, l'art. 50 1.d.a. specifica che «se il
produttore non porta a compimento l'opera cinematografica nel termine di tre anni dal giorno
della consegna della parte letteraria o musicale, o non fa proiettare l'opera compiuta entro tre
anni dal compimento, gli autori di dette parti hanno diritto di disporre liberamente dell'opera
stessa». Questa norma, per prassi contrattuale, viene generalmente derogata, estendendo il
termine triennale, talvolta addirittura a dieci anni. I diritti patrimoniali d'autore possono essere di
diverso tipo:
a) Il «diritto di pubblicazione» (ex art. 12 1.d.a.), ovvero il diritto che accorda all'autore piena
autonomia nell'individuare il momento che ritiene più opportuno per offrire al pubblico la sua
opera;
b) Il «diritto di riproduzione» (art. 13 1.d.a.), cioè il diritto di fissare l'opera su un supporto
materiale (le cosiddette copie), così da controllare le riproduzioni dell'opera in qualunque forma e
con qualunque mezzo;
c) Il «diritto di trascrizione» (art. 14 1.d.a.) che consiste nel diritto di fissare le opere d'ingegno su
un supporto materiale (ad esempio DCP, DVD, Blu ray ecc.);
d) Il diritto di rappresentazione» (art. 15 1.d.a.), cioè l'atto di comunicare l'opera a un pubblico
(presente), come nel caso di una proiezione cinematografica;
e) Il diritto di diffusione» (art. 16 e 16 bis 1.d.a.), quando l'opera viene comunicata a un pubblico
non presente (come nel caso di radio, televisione, satellite ecc.);
f) 1l «diritto di distribuzione» (art. 17 1.d.a.), che riconosce all'autore la possibilità di gestire la
fruizione dell'opera da parte del pubblico attraverso la sua commercializzazione, vale a dire con la
vendita o il noleggio delle sue copie o dell'originale in forma onerosa o gratuita;
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g) Il «diritto di traduzione e di elaborazione» (art. 18 1.d.a.), cioè il diritto di trasformare e
rielaborare l'opera, pur lasciando inalterato il messaggio principale. È il caso di adattamenti,
remake, sequel, prequel ecc.;
h) Il «diritto di noleggio» (art. 18-bis), ossia la cessione in uso del supporto, al fine di ottenere
un'equa remunerazione una volta sottoscritto un con tratto con terzi.
I diritti morali sono invece diritti esclusivi riconosciuti all'autore, analoghi a quelli di utilizzazione
economica, ma a differenza di questi ultimi, essi hanno a tutela non gli interessi patrimoniali
dell'artista ma la sua personalità, che, inevitabilmente, si riflette sulla sua attività e sulle sue abilità
creative contribuendo a connotarne l'identità personale. Questi spettano, quindi, all'autore di
un'opera anche dopo la loro cessione, garantendogli il diritto di rivendicarne la paternità. Il diritto
morale è quindi autonomo, irrinunciabile, imprescindibile e inalienabile e si articola nel:
a) «diritto sulla paternità dell'opera» (art. 20-21 1.d.a.): è facoltà discrezionale dell'autore essere
indicato con il proprio nome o con uno pseudonimo;
b) «diritto all'integrità dell'opera» (art. 20 1.d.a.): la facoltà di opporsi a ogni deformazione,
mutilazione o modificazione della propria opera;
c) «diritto di inedito» (art. 24 1.d.a.): il diritto di decidere se e quando pubblicare l'opera o di non
divulgarla affatto;
d) «Diritto di pentimento» (art. 142-143 1.d.a.): il diritto di ritirare l'opera dal mercato per ragioni
di ordine morale, etico, politico, religioso, intellettuale, ovvero quando l'opera si pone in conflitto
con la mutata personalità dell'autore.
Il diritto morale d'autore può essere fatto valere anche dopo la morte dell'autore stesso (ex art. 23
1.d.a.) dai congiunti prossimi, per difendere l'immagine di una persona non più in vita. Da ultimo
dobbiamo menzionare i «diritti connessi», ovvero una particolare tipologia di diritti connessi a
un'opera esistente, protetta e registrata su supporto fisico o digitale. La legge tutela, quindi, quei
soggetti che si pongono in correlazione diretta con l'autore come interpreti, esecutori e produttori.
In particolare, la legge (art. 78-ter 1.d.a.) attribuisce al produttore il diritto esclusivo di autorizzare:
la riproduzione diretta o indiretta degli originali o delle copie, la distribuzione con qualsiasi mezzo,
il noleggio, la messa a disposizione dell'opera per un pubblico in un luogo e in una data precisa. I
diritti connessi durano cinquant'anni dalla data della prima messa a disposizione al pubblico (art.
78-ter, comma 2, 1.d.a.) e possono essere gestiti individualmente o collettivamente per mezzo di
associazioni di categoria, come la SIAE. L'art. 32 della nuova Legge Cinema (220/2016) ha istituito il
Registro pubblico delle opere cinematografiche e audiovisive, curato dal Ministero dei beni e delle
attività culturali e del turismo - Servizio II, Patrimonio bibliografico e diritto d'autore. Si tratta di un
sistema di pubblicità per effetto del quale la registrazione delle opere soggette al deposito, ai sensi
della legge sul diritto d'autore (art. 105 1.d.a.), costituisce prova dell'esistenza dell'opera e della
sua pubblicazione. L'iscrizione è facoltativa, ma è obbligatoria per accedere agli aiuti di Stato,
mentre rimane, a livello giuridico, uno strumento utile per dimostrare la paternità di un'opera. Sui
volumi del Registro, relativamente a ciascun film iscritto, sono presenti: i dati che individuano
l'opera cinematografica, il titolo, la paternità (nome del produttore ecc.), gli atti di vendita, le
cessioni, la costituzione in garanzia di diritti e proventi e l'estinzione di cessioni e costituzioni
precedentemente annotate.
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-a 60 giorni se l'opera è programmata in meno di 80 schermi e dopo i primi 21 giorni di
programmazione ha ottenuto un numero di spettatori inferiore a cinquantamila.
Inoltre, non deve essere fatta alcuna pubblicità in merito alla successiva disponibilità dell'opera in
servizi di streaming o tv a pagamento, né prima né durante la presenza del film in sala. Il decreto,
salutato sbrigativamente dalla stampa come «anti-Netflix», garantisce da un lato agli esercenti la
protezione richiesta «bloccando» in sala i titoli più forti; dall'altro, con le eccezioni individuate,
risponde a un'esigenza di flessibilità negli sfruttamenti e permette una più rapida circolazione su
altre piattaforme dei titoli meno commerciali, rappresentando un primo passo di apertura verso
modalità distributive non tradizionali. Il decreto, quindi, non penalizza del tutto le piattaforme OTT
poiché si applica solo ai film nazionali, che hanno richiesto e ottenuto la nazionalità italiana e sono
stati prodotti con fondi pubblici. Se i film non vengono prodotti con l'aiuto finanziario dello Stato
potranno anche uscire in contemporanea, o addirittura prima su Netflix o Amazon. In alternativa le
piattaforme potranno limitarsi a delle uscite «evento» per sfruttare l'eccezione che permette
finestre accorciate. Anche la direttiva 2010/13 UE sui servizi media audiovisivi (Direttiva AVMS),
emessa recentemente, stabilisce che almeno il 30% dei contenuti forniti dai servizi on demand sia
di nazionalità europea e che le piattaforme contribuiscano alla loro produzione, anche per
aumentare la diversità culturale in Europa e promuovere i contenuti europei. Così come accade
per i broadcaster italiani soggetti a quote obbligatorie di investimento e programmazione di film
italiani ed europei, anche le piattaforme subiscono lo stesso vincolo. Per quanto riguarda i servizi
on demand stabiliti in Italia, rimane l'obbligo di avere una sezione dedicata ai contenuti europei
nella pagina di accesso o in una specifica categoria, che deve comunque essere visi bile a
prescindere dai suggerimenti forniti dall'algoritmo all’utente sulla base delle sue preferenze. I
servizi on demand, compresi quelli che non sono stabiliti nel nostro Paese, hanno l'obbligo di
investire il 12,5% dei ricavi in Italia. In assenza di una sede o di dipendenti in Italia, la quota può
salire fino al 20%. In particolare, se entro un anno dall'entrata in vigore del regolamento non verrà
stabilità una sede operativa in Italia e verranno impiegati meno di 20 dipendenti, l'aliquota verrà
alzata fino al 3%. Ma non solo: se non venisse riconosciuta ai produttori indipendenti una quota di
diritti secondari proporzionale all'apporto finanziario del produttore all'opera, in relazione alla
quale è effettuato l'investimento, l'aliquota potrà salire fino al 4,5%.
7.3 La distribuzione
7.3.1 Le società di distribuzione
Il termine «distribuzione» indica l'insieme delle pratiche che mirano alla diffusione e allo
sfruttamento commerciale di un'opera audiovisiva. Più precisamente, definiamo «distribuzione
cinematografica» quella modalità di sfruttamento di un film che avviene a partire dalla sala
cinematografica. Le operazioni di commercializzazione vengono gestiste dalle «società di
distribuzione», responsabili di un ciclo di lavoro che si struttura lungo diverse fasi: dall'acquisizione
del prodotto, al lavoro di edizione e marketing, fino all'uscita in sala (uscita theatrical) e le
successive vendite post-theatrical (home video, VOD, televisioni, mercati ancillari). Prima di
descrivere nel dettaglio le varie fasi di cui si compone la pratica distributiva, occorre esplicitare una
fondamentale divisione strutturale che segna il panorama della distribuzione cinematografica: la
divisione fra major studios e «distribuzioni indipendenti». Un major studio è un conglomerato
mediatico impegnato, spesso attraverso le sue società controllate, nello sviluppo, finanziamento,
produzione e distribuzione su base annuale di un elevato numero di film i quali, immessi
regolarmente sul mercato, occupano una percentuale significativa del box office locale e in
ternazionale. La leadership di queste compagnie sul mercato internazionale ha radici storiche:
fondate fra gli anni Dieci e Venti del secolo scorso agli albori del cinema inteso come pratica
industriale, le major sono state pioniere nel processo di produzione e distribuzione seriale di
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prodotti cinematografici dal forte appeal commerciale e transnazionale. La loro affiliazione a
grandi conglomerati multinazionali permette l'accesso a budget di produzione e distribuzione
sostanzialmente maggiori rispetto alle possibilità di una società indipendente e favorisce accordi
commerciali (per esempio con le televisioni) che impattano in maniera importante sulla catena dei
ricavi. Tutto ciò contribuisce al consolidamento della posizione predominante delle major sul
mercato e al contempo delinea un ciclo di logiche e pratiche commerciali marcatamente differenti
rispetto al lavoro delle società indipendenti. Le major attualmente attive sul mercato italiano sono
Universal Pictures, Walt Disney Pictures e Warner Bros. In ambito internazionale, completano la
lista Columbia Pictures (di proprietà di Sony Pictures Entertainment), distribuita in Italia attraverso
Warner Bros., e Paramount Pictures, distribuita attraverso Universal fino al 2017 e da 20th Century
Fox fino al 2020, quando il mandato è passato all'indipendente Eagle Pictures. Precedentemente
parte del gruppo delle major, la 20th Century Fox è stata acquisita dalla Disney nel 2019. In termini
di capacità operative e somiglianze strutturali, possono essere classificate alla stregua delle major
anche quelle società di distribuzione che afferiscono ai maggiori broadcaster televisivi operativi in
Italia. Come il conglomerato mediatico nel caso delle major, la solidità del broadcaster che sta alle
spalle della distribuzione ne sostiene le potenzialità finanziarie in un ciclo di sfruttamento del
prodotto che segue logiche finanziarie specifiche e, ancora una volta, non del tutto assimilabili alla
pratica indipendente. In Italia rientrano in questa categorizzazione 01 Distribution (braccio
distributivo di Rai), Medusa Film (Mediaset) e Vision Distribution (Sky). Si definiscono, dunque,
indipendenti quelle società di distribuzione che non afferiscono ad alcun studio o broadcaster.
Questa fondamentale differenza strutturale richiede alle aziende di perseguire strategie e pratiche
commerciali autonome che garantiscano la sostenibilità del proprio conto economico. Il gruppo
delle distribuzioni indipendenti dipinge un panorama variegato che include società differenti sia
per dimensione e capacità finanziaria che per interessi e segmenti di mercato: dalle distribuzioni
dedicate a prodotti di natura prettamente commerciale (ad esempio Eagle Pictures, Notorious
Pictures e altre) a quelle impegnate nella diffusione del cosiddetto «cinema di qualità» (Academy
Two, Movies Inspired, Officine Ubu, Teodora Film e altre), fino a quelle che si occupano di prodotti
crossover alternando film commerciali e film d'autore (Bim Distribuzione, Lucky Red), nonché quel
le specializzate in pratiche distributive alternative (Nexo Digital, specializzata in «uscite evento di
contenuti audiovisivi). Questo capitolo mira a delineare le principali nozioni e prassi che
caratterizzano la pratica della distribuzione cinematografica indipendente. Concentrandosi sulla
fase di ricerca e acquisizione del prodotto e, successivamente, sulle modalità del suo sfruttamento
commerciale (in sala e oltre la sala), la discussione è articolata in quattro sezioni che
corrispondono alle quattro fasi principali del lavoro di distribuzione: acquisizioni, edizioni e
marketing, uscita in sala e vendite post-theatrical.
94
L'ultima fase del ciclo distributivo corrisponde allo sfruttamento dei diritti post-theatrical (home
video, Internet, TV), ovvero la commercializzazione del film in un periodo successivo all'uscita in
formati, supporti e su schermi differenti rispetto alla sala cinematografica, come spiegato
precedentemente nel paragrafo sulle finestre di sfruttamento. In linea generale, di fronte alla crisi
e ai ricavi limitati generati dalle vendite dell'home video fisico, sono le vendite televisive a
rappresentare il principale profitto post-theatrical per una società di distribuzione. Le modalità di
vendita ai canali televisivi sono essenzialmente due. Da un lato, la semplice licenza titolo per titolo:
la società di distribuzione si interfaccia con il buyer televisivo, il quale valuta l'acquisto del singolo
film secondo le linee del proprio canale di riferimento. Dall'altro lato, la firma di un output deal,
ovvero un accordo pluriennale che stabilisce a priori l'acquisto di un determinato numero di film
dal distributore e il cui pagamento viene fissato secondo una scala di prezzo tarata sul numero di
presenze totalizzate nel corso del precedente sfruttamento theatrical. Questa seconda opzione,
dagli evidenti vantaggi commerciali, viene solitamente offerta a società in grado di assicurare
all'emittente televisiva l'approvvigionamento annuale di un numero significativo di film di qualità
commerciale. Il rapporto fra la società di distribuzione e l'emittente televisiva viene regolato
tramite la stipula di un contratto, che definisce i limiti e la modalità della messa in onda del film. I
punti salienti includono la definizione della durata dell'accordo, il territorio circoscritto per la
messa in onda e il numero di passaggi consentiti. Viene discussa anche la protezione (holdback)
rispetto allo sfruttamento di altri diritti, ovvero la definizione una finestra temporale all'interno
della quale non può essere data disponibilità del film su altri canali (ad esempio, la TV pay richiede
solitamente protezione per tutta la durata del contratto; la TV free può richiedere un anno di
protezione rispetto alla pay e 3 mesi rispetto al VOD). Inoltre, i contratti con la TV free
regolamentano anche l'eventuale catch-up sulla relativa piattaforma Free VOD (come, ad esempio,
nel caso di RaiPlay, piattaforma di Rai) a cui il film può venire concesso per un periodo variabile,
entro i limiti stabiliti da contratto, a partire dalla prima messa in onda.
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Un discorso a parte merita Sky, il più «giovane» tra i broadcaster attivi sul mercato italiano, che di
recente, con Vision Distribution, ha integrato maggiormente la presenza nella filiera distributiva,
potendo godere sia della distribuzione in sala sia sui canali pay. Il modello di business di Sky è
diverso rispetto a quello delle prime due reti che abbiamo descritto, poiché Sky copre
esclusivamente la finestra pay dei film. Se i suoi investimenti si sono a lungo prevalentemente
concentrati sull'acquisizione dei diritti pay, con gli anni l'emittente ha iniziato a coprodurre
contenuti originali da fornire in esclusiva ai propri abbonati. La politica editoriale di Sky nei
confronti della produzione nazionale è originale e diversificata per far fronte all'ampio fabbisogno
di contenuti cinematografici di cui necessitano i suoi canali tematici destinati ai film. Come per
Mediaset, spesso si possono trovare prodotti in linea con le produzioni originali Sky; troviamo
commedie, affiancate da film d'autore, per esempio Favolacce dei fratelli D'Innocenzo e da
documentari evento, come Mi chiamo Francesco Totti di Alex Infascelli. Rispetto a Rai e Mediaset,
la logica editoriale di Sky è ancora differente. Cruciale è il passaggio della finestra pay, elemento da
valorizzare maggiormente per soddisfare gli abbonati della piattaforma che pagano un canone
mensile per fruire di contenuti esclusivi. Una volta acquisiti, i film sono disponibili per un breve
tempo a noleggio a fronte di un pagamento nel servizio Sky Primafila, per venire successivamente
programmati sui canali Sky Cinema e confluire infine nel servizio on demand. Conclude lo
sfruttamento delle pellicole il passaggio sui canali free di proprietà di Sky, Cielo e TV8. Nell'ottobre
2017 il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto legislativo, uno dei decreti attuativi della
Legge Franceschini (220/2016), che ha lo scopo di promuovere il cinema italiano ed europeo sulle
televisioni italiane, obbligando di fatto le televisioni private e la Rai a trasmettere un certo numero
di film e di fiction italiane ed europee. Lo stesso obbligo è stato dato anche alle piattaforme VOD. Il
decreto è stato per questo criticato dalle emittenti e nel luglio scorso è stato emesso un
provvedimento correttivo (Decreto-Legge 28 giugno 2019, n. 59), che stabilisce che solo la Rai
dovrà destinare una quota di programmazione prime time alle opere audiovisive italiane. In
particolare, la Rai dovrà destinare, tra le 18:00 e le 23:00, almeno il 12% del palinsesto a opere «di
finzione, di animazione, documentari di espressione originale italiana, ovunque prodotti». Il 25% di
questa quota dovrà essere riservato esclusivamente a opere cinematografiche di espressione
originale italiana. I broadcaster dovranno comunque riservare alle opere europee la maggior parte
del proprio tempo di diffusione. Permane comunque l'obbligo di investimento nelle opere europee
e italiane sia per il servizio pubblico sia per le televisioni priva te e gli altri operatori VOD. La Rai ha
l'obbligo di investire una quota pari al 17% dei propri proventi annui nel pre-acquisto, acquisto o
produzione di opere europee, di cui almeno la metà a opere di produzione esclusivamente
italiana. Le emittenti televisive private, invece, hanno l'obbligo di investire in opere europee di
produttori indipendenti l'11,5% dei propri introiti netti per il 2020 e il 12,5% a partire dal 2021.
Mentre per i servizi VOD è confermato l'obbligo di riservare alle opere europee realizzate negli
ultimi cinque anni almeno il 30% del loro catalogo e investire in contenuti indipendenti per Netflix,
Amazon Prime Video, Infinity Now TV e gli altri. La quota di investimento in opere europee
indipendenti è fissata al 12,5% de gli introiti netti annui, di cui almeno il 3,5% per il cinema italiano.
Speriamo che l'obbligo di trasmissione di film italiani ed europei sulle reti televisive nazionali
pubbliche e private, come introdotto dalla nuova Legge Cinema e dal D.L. indicato sopra, possa
rappresentare un volano per far crescere e apprezzare sempre di più il cinema nazionale ed
europeo a un pubblico variegato come quello televisivo.
Tipologie di accordo
Le tipologie di accordo tra il produttore e l'emittente televisiva sono sostanzialmente due: il «pre-
acquisto» e/o la produzione associata o la «coproduzione». Nel primo caso il produttore cede al
broadcaster, in esclusiva e per un periodo di tempo limitato (fino a 12 anni), il 100% dei diritti di
utilizzazione e sfruttamento economico del film oggetto del contratto e i corrispondenti proventi
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netti, «in sede di comunicazione al pubblico tramite diffusione a distanza non a pagamento nel
territorio italiano» (inclusa la cosiddetta free tv). Nel secondo caso, il produttore cede
all'emittente, in esclusiva e in perpetuo, i diritti di utilizzazione e sfruttamento economico e i
corrispondenti proventi netti del film oggetto del contratto nonché una quota di proprietà dei
diritti e proventi netti:
-«in sede di comunicazione al pubblico tramite diffusione/trasmissione a distanza (ossia tutte le
forme, di diffusione/trasmissione circolare (lineare/ point to multipoint)] e/o di messa a
disposizione del pubblico nel momento e nel luogo prescelti dall'utente (ossia tutte le forme di
comunicazione non lineare point to point) e, quindi, a titolo meramente esemplificativo di tutti i
diritti televisivi in modalità lineare, a pagamento e non a pagamento (a titolo esemplificativo Pay
Tv, Pay Per View, Near Video On Demand, Free Tv, Free VOD, AVOD ecc.) e dei relativi proventi,
nonché dei diritti di messa a disposizione a pagamento su richiesta individuale nella sola modalità
Subscription Video On Demand (cd. SVOD), in qualsivoglia lingua, nel territorio italiano»;
-in sede cinematografica e, più in generale, di comunicazione a un pubblico presente (e quindi, a
titolo meramente esemplificativo, theatrical, non theatrical, public video ecc.);
-in sede audiovisiva home e commercial video (fabbricazione, riproduzione e messa in circolazione
di supporti incorporanti l'opera ai fini della distribuzione, del noleggio e del prestito), su qualsiasi
supporto (e quindi, a titolo meramente esemplificativo: videocassette, video dischi, dischi laser,
DVD, UMD, dischi e videogrammi, analogici o digitali, di qualunque genere e tipo ecc.) e tramite
qualsiasi canale distributivo (rental, sell through, edicola, in abbinamento editoriale, door to door,
grande distribuzione, mailing, online distribution ecc.);
-in sede di sfruttamento elettronico multimediale interattivo e non, sia online
(esemplificativamente: Internet, mobile wireless technology, downloading ecc.) che offline
(esemplificativamente: cd-rom, playstation ecc.), attraverso qualsiasi piattaforma e canale
distributivo;
-in sede di esercizio dei cosiddetti diritti «derivati» (esemplificativamente: elaborazione, remake,
sequel, prequel, spin off, novelization, serializzazione televisiva, format, pubblicazione elettronica
ecc.) e «ancillari» (esemplificativamente: merchandising, premium, promotion, sponsorship,
advertising, publishing, music publishing, recording, soundtrack ecc.) nonché ogni e qualsivoglia
diritto su eventuali special e/o backstage e/o making of del film.
Per quanto riguarda il territorio, altro elemento essenziale del contratto, in generale sono ceduti
esclusivamente i diritti relativi al territorio nazionale. Per convenzione, nei diritti nazionali sono
inclusi anche la Città del Vaticano, la Repubblica di San Marino e Capodistria (i cosiddetti
«sconfini»), in quanto in tali territori è presente la possibilità di captare, tramite frequenze o
ripetitori, il segnale dell'emittente. Va da sé che ciò che determina l'adozione di una o dell'altra
tipologia contrattuale, e di conseguenza i corrispettivi economici, sono la reputazione e il potere
contrattuale del produttore, la presenza dei talent coinvolti e il potenziale commerciale del film
oggetto della cessione.
EXTRA
IL REPARTO DI PRODUZIONE IN ITALIA
Nel caso di un film ad alto budget o girato in diverse location, spesso il produttore fa affidamento
su un produttore esecutivo» (executive producer) che lo rappresenta sul set. In generale può
essere un collaboratore della società di produzione o una società esterna che lavora per conto
della casa di produzione. Ha la gestione del budget e deve rispondere direttamente al produttore.
Vigila affinché le riprese e tutte le altre fasi di lavorazione del film vengano svolte tenendo fede ai
criteri artistici ed economici stabiliti in pre-produzione. Il produttore esecutivo non è da
confondere con l'executive producer americano. L' organizzatore generale (line producer) si
occupa dell'organizzazione delle riprese in tutti i suoi aspetti. Prende accordi con i fornitori,
gestisce la troupe, si occupa delle assicurazioni ecc. Collabora con il direttore di produzione alla
stesura del piano di lavorazione (PDL), è il responsabile della liquidità dei soldi, il cash flow,
necessari alla produzione del film. Predispone il preventivo del film da condividere con il
produttore esecutivo e il produttore del film. Può essere un dipendente della società di produzione
impegnato su più progetti. Il direttore di produzione (production manager) coordina e sovrintende
il lavoro quotidiano durante le riprese, gestisce l'operato dei suoi collaboratori ed è responsabile
dell'attività produttiva sul set. Ogni sera, prima della fine delle riprese scrive, con l'aiuto regista,
l'ordine del giorno (ODG) della giornata successiva. L' ispettore di produzione (unit manager,
production supervisor, assistant production manager) controlla che la giornata lavorativa si svolga
secondo l'ordine del giorno. Può essere più di uno, è presente sul set e riferisce al direttore di
produzione gli eventuali problemi o le necessità da parte di attori e troupe. Nei set più grandi ci
può essere anche un coordinatore di produzione» che si occupa di organizzare le logistiche di
spostamento e coordinamento del set. I segretari di produzione (production assistants) aiutano
l'ispettore di produzione, predispongono il catering e il craft, distribuiscono i materiali cartacei
necessari e bloccano l'accesso al set ai non addetti ai lavori. A volte vengono utilizzati come
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runner, tuttofare o autisti nei set più piccoli. I runner sono una sorta tuttofare, spesso incaricati di
reperire tutto ciò che è necessario sul set. Spesso vengono usati come autisti, perciò è
indispensabile che conoscano il territorio dove si svolgono le riprese per poter svolgere i loro
compiti nel più breve tempo possibile. Il location manager è la figura professionale che, seguendo
le indicazioni della produzione, del regista e degli autori, cerca e individua le
location adatte al film e si occupa della logistica relativa al set. Possono essere legati alle Film
Commission o possono essere professionisti indipendenti con un circuito di conoscenze e contatti
per le produzioni sul territorio. Del reparto di produzione fanno parte anche due figure più
amministrative e strettamente collegate alla casa di produzione del film: sono l'amministratore e il
«cassiere». Il primo si occupa di tutti gli aspetti strettamente amministrativi, dalla produzione fino
alla consuntivazione definitiva e alla predisposizione di tutta la documentazione contabile finale;
l'amministratore è anche colui che si occupa dei versamenti contributivi, nel rispetto delle
scadenze di legge. Il secondo, invece, si occupa dei fabbisogni di spesa giornalieri e settimanali,
rileva i vari movimenti di cassa, monitora l'andamento delle spese e si occupa di pagare il
personale coinvolto nella produzione.
IL PRODUCTION DEPARTMENT IN AMERICA
Negli Stati Uniti il reparto di produzione è molto più articolato e segue un protocollo e una
gerarchia, consolidata da anni. La più grande differenza di ruoli, rispetto all'Italia, è l'inversione di
mansioni tra il produttore e l'executive producer. Negli USA è l'Executive Producer la figura più
importante (e ricopre il ruolo che da noi svolge il produttore). Nei titoli di coda di un film
americano dopo il regista compare il nome del produttore scritto in questa maniera: «Produced by
Dede Gardner p.g.a.». Quest'ultimo è il cosiddetto «marchio dei produttori, cioè una designazione
che appare dopo i nomi di alcuni produttori accreditati come «Produced by». Il marchio consiste
nell'acronimo di questa associazione, in lettere minuscole separate da punti: p.g.a. Si tratta di un
marchio di certificazione. In quanto tale, non indica alcuna affiliazione o appartenenza alla gilda
dei produttori: significa semplicemente che il produttore accreditato soddisfa gli standard della
PGA e che ha eseguito la maggior parte dei compiti produttivi del film. marchi di certificazione
esistono esclusivamente per il bene pubblico. L'associazione I di categoria dei produttori ritiene
che il pubblico meriti di sapere quali produttori, tra una lista ampia degli individui accreditati,
effettivamente hanno svolto il lavoro.
Executive Producer - Sceglie e supervisiona uno o più produttori che svolgano il suo ruolo per uno
o più film. Il produttore esecutivo spesso rappresenta lo studio cinematografico e supervisiona il
produttore per assicurarsi che il film stia all'interno del budget e segua le disposizioni dello Studio.
L'Executive Producer è colui che contribuisce in misura significativa al film in due modi:
• avendo assicurato una parte essenziale e proporzionalmente significativa (non meno del 25%)
del finanziamento del film; e/o avendo contribuito in modo significativo allo sviluppo della
proprietà letteraria,
• avendo acquisito i diritti del materiale su cui si basa il film.
Talvolta il titolo può essere dato o come gesto simbolico o per dare più visibilità al film. In Tv,
l'Executive Producer può essere il creatore/scrittore della serie (showrunner).
Producer («Produced by...») - Un produttore inizia, coordina, sovrintende e controlla, o per sé o
sotto l'autorità di un datore di lavoro (Executive producer), tutti gli aspetti del processo di
produzione cinematografica e/o televisiva, inclusi quelli creativi, finanziari, tecnologici e
amministrativi. Un produttore è coinvolto in tutte le fasi della produzione dall'inizio al
completamento, compreso il coordinamento, la supervisione e il controllo di tutte le altre figure
professionali, nel rispetto delle disposizioni dei loro contratti di lavoro.
Associate Producer - Gestisce alcuni aspetti della produzione, come assegnato dal produttore. Di
solito ha lavorato su tutte e tre le fasi della produzione, dalla pre-produzione alla post-produzione.
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A volte il titolo produttore associato è dato come titolo di cortesia a un sostenitore chiave del film,
che però non ha un ruolo importante nella produzione del film. A volte può avere sotto di sé un
Assistant Producer.
Co-Producer/Line Producer – Condivide le responsabilità del produttore in gruppo con altri
produttori. Un produttore può assumere responsabilità creative mentre un altro può gestire le
funzioni aziendali. Oppure uno dei produttori può essere un investitore importante, che non è
direttamente coinvolto nella produzione cinematografica, o può aver sottoposto lui stesso la
sceneggiatura o un attore alla produzione. Il Line Producer è coinvolto nella supervisione degli
aspetti fisici della realizzazione di una produzione cinematografica o televisiva, in cui il processo
decisionale creativo è riservato ad altri. Tutti i vari capi reparto fanno riferimento a lui.
Supervising Producer – Supervisiona uno o più produttori. Il supervising producer può assumere il
ruolo di un produttore esecutivo o lavorare direttamente per esso.
Non solo cinema... Il placement nei video musicali: Baby K e The Giornalisti
Il product placement negli ultimi anni, sempre di più, è uscito fuori dai confini del cinema e delle
serie tv per approdare nel mondo dei video musicali, che rappresentano anch'essi la narrazione di
una storia (unitaria) ma in un tempo più limitato (dai 3 ai 5 minuti). Si tratta di un mezzo di
comunicazione veloce che viene scelto dai marchi sempre di più come canale privilegiato per
azioni di product placement. L'associazione con i talent del mondo della musica è sempre più
richiesta dai brand, soprattutto per quelli che vogliono colpire il target teen e la Generazione Z.
Un'altra caratteristica da non sottovalutare è la rapidità con cui i giovani fruiscono dei video
musicali attraverso la piattaforma YouTube. Spesso lo stesso videoclip viene visto da un utente più
e più volte al giorno, contribuendo così alla crescita complessiva delle visualizzazioni (del video e
del prodotto inserito all'interno). Le dinamiche di inserimento e contestualizzazione del prodotto
all'interno del videoclip rispondo alle stesse logiche del cinema. La differenza è il tempo. In una
narrazione breve come quella del videoclip, l'esposizione del prodotto è limitata. Di solito si
garantiscono all'azienda sponsor dai 6 ai 10 secondi (non per forza continuativi) di visibilità per il
prodotto/logo sui 3, 4 minuti complessivi di video. Solitamente, per questo tipo di operazioni, si
esclude la possibilità di prevedere una verbal mention o un plot placement, tranne rare eccezioni.
Si tratta per lo più di screen placement in cui c'è visibilità per il prodotto e un minimo di
contestualizzazione scenica. Negli ultimi anni QMI si è dedicata alla realizzazione di diversi
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placement in ambito musicale. Nel 2017 abbiamo scelto i The Giornalisti e il videoclip di Sotto il
sole di Riccione per integrare i gelati Sammontana. Dal minuto 1:22 al minuto 1:25 si riconosce
una comparsa che mangia un cono Cinque Stelle Sammontana. In questo caso, oltre alla visibilità
del marchio e del prodotto, abbiamo garantito al cliente un'interazione con il gelato. Più avanti
poi, dal minuto 1:58 al minuto 2:00, si rivedono in scena il gelato e il logo Sammontana in maniera
ben riconoscibile. Complessivamente Sammontana ha ottenuto visibilità per un suo prodotto
iconico all'interno del videoclip dei The Giornalisti. Sotto il sole di Riccione è stata la hit dell'estate
2017 e a oggi il videoclip ha ottenuto più di 116 milioni di visualizzazioni su YouTube. Nel 2019
abbiamo legato Breil alla hit dell'estate Playa, la canzone dell'artista multiplatino Baby K, che ha
raggiunto oltre 58 milioni di visualizzazioni su YouTube e ha scalato le classifiche musicali. Il brand
aveva la necessità di trovare un contenuto per lanciare un nuovo prodotto pensato per la stagione
estiva. Nel video, Breil New Snake, nella colorazione Blue, edizione limitata per l'estate 2019,
prende forma plasmandosi sul corpo di Baby K. Il prodotto è ben visibile sul collo dell'artista per
diversi secondi: si tratta di uno screen placement classico. A completare l'attività di lancio della
limited edition del New Snake, QMI ha ideato una campagna social sul profilo instagram ufficiale di
Baby K, così da sfruttare tutti i canali di comunicazione dell'artista e coinvolgere i suoi follower.
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