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Metodo Bates

Il “Palmeggiamento” degli Occhidi Rishi Giovanni Gatti(*)

Come ben sa chi ha letto i libri originali del Sistema Bates™ per la cura della vista
mediante metodi naturali (senza occhiali, senza lenti a contatto e senza operazioni
con il laser), il “palmeggiamento” degli occhi è il metodo che se funziona garantisce la
piú veloce cura completa e permanente. Sfortunatamente, è molto improbabile che
esso funzioni al primo tentativo, e spesso non funziona mai, perché il praticante,
anziché riposarsi e vedere un campo perfettamente nero, continua a sforzarsi e vede
in luogo del nero un’assembramento di mille colori e macchie, strisce, fulmini e saette,
tutto ciò che serve per innervosirsi e costringersi ad abbandonare il trattamento nel
giro di pochi minuti.

Il Dott. Bates nel suo libro originale “Vista Perfetta Senza Occhiali” che vi
raccomandiamo di acquistare su questo sito e leggere al più presto, avvisa il lettore
sul come evitare questa spiacevole evenienza, ma sarebbe come fargli un torto
enorme tentare di sostituirci a lui e rivelare qui i suoi suggerimenti: in questo breve
articolo intendiamo invece riportare alcune esperienze pratiche nelle quali il
palmeggiamento, con il tempo, si rivela efficace anche nei casi in cui all’inizio era fin
troppo noioso e contro-producente.

In particolare nell’apprestarsi a “palmeggiare” occorre tenere in grande considerazione


le “condizioni al contorno” nelle quali ci si trova, in modo da evitare distrazioni
pericolose e ulteriori fonti di nervosismo. Serve dunque, specialmente all’inizio, un
ambiente “protetto”, nel quale sia possibile chiudere gli occhi e coprirli con i palmi
delle mani e riposare senza dover spiegare niente a nessuno e senza che vi siano fonti
di disturbo. È molto consigliabile, “in questa epoca di pazzi [dove] ci mancavano solo
gli idioti dell’orrore”, procedere per gradi, e regolare un temporizzatore che lanci un
segnale di avviso al tempo programmato, di modo da interrompere la pratica
facilmente e senza preoccupazioni. Si può iniziare anche soltanto con 2 minuti, per
poi riaprire gli occhi e guardarsi in giro sbattendo le palpebre, e così verificare se la
visione sia migliorata, verificare se il ricordo del colore nero sia migliorato a occhi
aperti rispetto a prima, eccetera. Poi si potrà ricominciare a palmeggiare magari per
4 minuti, il doppio del tempo, e così procedere aumentando sempre di più il tempo
dedicato.

Se questa pratica riesce bene, si riscontrano tre effetti importanti: 1) il tempo del
“palmeggiamento” sembra “volare via” e nel momento in cui il temporizzatore
automatico ci segnala il termine della prova si vive una distinta sensazione di
sorpresa; 2) risulta facile e rilassante osservare dietro le palpebre chiuse ogni sorta di
immagini apparire e scomparire senza alcuna preoccupazione della loro nitidezza, ma
verificando che il sottofondo di quelle immagini risulta assumere una qualità di nero
sempre migliore; 3) al momento della riapertura degli occhi, la visione trova un netto,
seppure momentaneo, miglioramento, con colori molto più distinti e brillanti e una
maggior capacità di discernere righe di lettere sulla tabella di controllo che prima
erano indistinguibili.Per favorire al massimo il punto 3) di cui sopra, il consiglio che
diamo, maturato sulle esperienze di pratica nei Gruppi di Studio gratuiti della
Associazione Vista Perfetta (Perfect Sight Society) è quello di palmeggiare nelle
migliori condizioni luminose possibili, e cioè all’aperto in un giardino o in un parco, in
modo da creare un forte contrasto tra il buio delle mani che coprono gli occhi e la
vivida luce del sole e del cielo che illumina il variopinto panorama che ci circonda.
Cosí facendo, ripetendo piú volte le pratiche aumentando gradualmente il tempo, si
potrà palmeggiare per lunghi periodi, anche due ore, senza mai annoiarsi e nel
contempo constatando che questa è una cura seria che dà veri beneficî e andrebbe
esplorata in profondità, senza essere mai troppo trascurata.

Combattere la “concentrazione”Rishi Giovanni Gatti – 9 giugno 2009

Si potrebbe affermare che la radice fondamentale del problema della vista difettosa
risieda nel vizio della “concentrazione”, mentale e letterale. Quando si fa il tentativo
forzoso di tenere ferma l’attenzione o il pensiero su un unico oggetto o su un suo
particolare per più di un istante, si fa una cosa sbagliata che è contro-natura e, in
ultima analisi, impossibile. Chiunque abbia vista normale e possa leggere la targa
posteriore di una autovettura a più di sessanta metri in ogni condizione di luce o
possa ricordare indefinitamente un piccolo punto nero nella mente, sa perfettamente
che la concentrazione mentale letterale è impossibile e va evitata, nonostante il fatto
che la nostra cultura, l’istruzione, l’educazione, insegnino tutto il contrario, e cioè di
concentrarsi, di sforzarsi e di fare l’impossibile per ottenere i propri obiettivi.
Chiunque abbia vista difettosa, corretta con lenti o anche non corretta, può facilmente
accorgersi che il suo sguardo è fissato su un unico oggetto nel tentativo invano di
renderlo più chiaro, concentrandosi su di esso a lungo e senza mai riuscire a farcela.
Chi porta lenti correttive di qualsiasi tipo, o chi ha subíto operazioni laser equivalenti,
è diventato totalmente alienato a questa sgradevole sensazione di sforzo causata dalla
concentrazione e insiste a praticarla, ignorando che è la vera causa del suo problema
visivo.

È per questo motivo che nel Sistema Bates™ (Metodo Bates Originale) è necessario
eliminare permanentemente ogni tipo di lente correttiva se si vuole tornare a vedere
naturalmente senza concentrarsi. La lente correttiva, infatti, agisce sulla rifrazione –
che è stata scorretta dallo sforzo concentrativo inconscio – riportandola alla sua giusta
regolazione, non ostante l’occhio rimanga fuori fuoco, e permette al paziente di
vedere sebbene sia costantemente concentrato e non muova mai lo sguardo, una
condizione invece che nell’occhio autenticamente ben regolato non esiste in natura.
Fin tanto che si indossano lenti correttive e la vista sembra apparentemente
“normale” (anche se non è minimamente paragonabile alla vera “vista perfetta”
dell’Uomo), è impossibile per il paziente scoprire il suo errore e porvi rimedio. In
particolare, quello che viene soppresso a livello mentale e cerebrale è il meccanismo
della “centrale fissazione” che nella rètina è fisiologicamente rappresentato dalla
“macula lutea” e della “fovea centralis”, la sede della vista più acuta. A lungo andare,
usando lenti correttive, il difetto visivo si incancrenisce e il paziente perde
definitivamente la sana abitudine di spostare il suo sguardo sugli oggetti, sana
abitudine sostituita dal vizio malefico di tentare di coglierne i dettagli tutti in una volta
concentrandosi in modo innaturale.

Per evitare quindi il “vizio della concentrazione mentale” è necessario ritornare a


vedere in modo naturale, e cioè mediante “centrale fissazione”, come spiegato nei
volumi editi da Juppiter Consulting Publishing Company® dedicati alla “Vista Perfetta
Senza Occhiali” secondo le pubblicazioni originali del Dott. William H. Bates di New
York (1860-1931). Tra i tanti suggerimenti utili che si possono trovare nei libri
originali del Dott. Bates ne suggeriamo due: a) imparare a vedere peggio dove non si
guarda direttamente; b) imparare a immaginare di vedere cose che si possono
ricordare facilmente. Questi due semplici suggerimenti sono impossibili da dimostrare
se non si sostituisce a livello mentale lo stato di “concentrazione” con quello di
“riposo” o “rilassamento”. In queste poche righe ci è impossibile approfondire
ulteriormente questi concetti appena accennati, ma al lettore attento non sarà
sfuggita la loro ben chiara logicità e la nostra speranza è che egli possa sentire il
desiderio di provare nel concreto a dimostrarli per se stesso, preferibilmente in una
condizione ambientale dove lo sforzo della vista difettosa sia meno opprimente, di
solito in una stanza bene illuminata dalla luce del sole non filtrata da finestre chiuse.

La Cura della Lucedi Rishi Giovanni Gatti - 14 maggio 2009

Senza fare niente, ma immersi nella luce, un altro approccio senza sforzo alla vera
cura della vista del Dott. Bates! Ora che le giornate si sono ben allungate e ci avviamo
verso il solstizio d’estate, sarebbe bene sfruttarle per abituare gli occhi alla piena luce
del sole. La necessità di non provare alcun fastidio qualsivoglia emergendo, da una
stanza buia o edificio chiuso, nel forte chiarore del sole è oramai stata dimostrata
come essenziale per la cura della vista secondo i metodi originali naturali del Dott.
Bates.

Di questi tempi, chiunque può uscire dall’ufficio e stare, per quelle tre o quattro ore
prima del tramonto, seduto su una panchina in un parco a non far nulla se non
rimirare il cielo, le nuvole e la luce diretta del sole o la sua riflessione su specchi
d’acqua, vetri o altre adatte superficii. Meglio fare questo che magari correre in
palestra o a giocare a calcetto al chiuso di un centro sportivo puzzolente e tetro.
Meglio “perdere tempo” rimirando il sole, o il cielo, piuttosto che andare al bar a farsi
quell’“aperitivo” che ci avvelena (soprattutto perché viene condito dalle stupidaggini
che si dicono e si ascoltano durante quelle penose circostanze)!

Sebbene l’uso della “lente solare” del Dott. Bates possa essere di grande aiuto per
velocizzare il trattamento, in verità la “cura con la luce” è di solito un processo molto
lento: prima di vedere dei risultati concreti sulla visione bisogna attendere alcuni
giorni nei quali si è stati come minimo tre ore con gli occhi al sole (cioè nella piena
luce del sole). Ma cosa si intende per “risultati concreti”? Si intende che per
magia una volta tolti gli occhi dal cielo o dal sole per guardarsi intorno, la visione è più
o meno normale, nitida, e non si ha il benché minimo senso di sforzo e non si fanno
atti più o meno coscienti per vedere bene o meglio le cose che ci circondano. In
sostanza, sembra che le lunghe ore passate a far “niente”, senza cercare di vedere,
ma semplicemente rilassandosi nella luce, siano più che sufficienti per attenuare lo
sforzo mentale e dare luogo a uno stato di coscienza che sia più libero e meno
assillato – consapevolmente o meno – dal problema della vista imperfetta.

A differenza dell’autunno e dell’inverno, nella primavera e nell’estate non abbiamo


scuse per restare al buio: la luce c’è e va utilizzata per la cura della vista. Anche se ci
fosse tempo nuvoloso o pioggia, nulla ci vieta di approfittare della corrispondente luce
attenuata per fare la nostra pratica di osservazione del cielo; e in moltissimi casi è
proprio questa luce attenuata a darci un grosso aiuto e a prepararci a non soffrire
fastidii quando tornerà la luce diretta del sole.

L’invito per tutti i lettori è quello di ritagliarsi due o tre o quattro ore per provare su se
stessi quanto bene faccia lo stare tranquilli e immersi nella luce senza nessuna
preoccupazione possibile. Abituarsi a questa grande luce serve anche per quando
ritornerà il buio: non soltanto esso ci farà meno paura, ma saremo più sensibili al
fatto che in ufficio o a scuola o sul posto di lavoro in generale la condizione di buio è
giudicata come fin troppo normale e dovrebbe essere invece dissipata al più presto.

Per concludere: il principio di fondo che ci muove è quello del rilassamento. Dobbiamo
evitare ogni sensazione di sforzo qualsiasi essa sia; ciò significa che si deve trovare la
condizione adatta per stare alla luce con la massima comodità possibile. Non ci si
deve forzare a guardare direttamente il sole coi due occhi, in special modo se ciò ci dà
noia, ma ci si deve arrivare nel modo giusto. Il modo giusto è spiegato nelle
pubblicazioni originali del Dott. Bates e nei varî articoli che abbiamo pubblicato
nelle pagine de “il falco”, a cui siamo costretti, per brevità, a rimandare tutti i lettori
veramente interessati.

Con il ritorno della bella stagione, molti di noi possono ricominciare la eccezionale
pratica di guarigione denominata “sun-gazing”, ossia “rimirare il sole”Rishi Giovanni
Gatti – 9 aprile 2008

Chi ha vista normale, o perfetta, o abbia già iniziato il trattamento “senza occhiali” del
Dott. Bates secondo i suoi metodi originali, potrà osservare il sole senza particolari
precauzioni, cominciando negli orari meno “impegnativi”, cioè quando è ancora
piuttosto basso all’orizzonte. Chi invece porta occhiali da vista o ha vista
marcatamente difettosa, deve usare discrezione e cominciare, una volta rimossi gli
occhiali, con pochi secondi, guardando lontano dal sole e col tempo avvicinandosi
gradualmente, per poi attraversarlo velocemente, in modo da non rischiare mai di
“fermarci” sopra lo sguardo per più di un istante.

Nelle persone allenate al sole, gli effetti del rimirarlo, anche dopo giorni o settimane o
mesi di assenza, si notano immediatamente: un senso di maggior pace e tranquillità,
la visione presto migliorata e più serena soprattutto davanti al videoterminale,
macchie solari praticamente inesistenti, se non in rapidissime apparizioni che
coincidono ai momenti in cui involontariamente e inconsciamente si fissa lo sguardo
su una cosa qualsiasi.

Nelle persone che invece hanno paura di rimirarlo, il problema di fondo da affrontare
non è il sole di per sé, ma le errate concezioni che se ne hanno, in particolare una
errata concezione dei metodi di cura della vista basati sul rilassamento che leggiamo
nei libri originali del Sistema Bates™, o nei libri o nei siti fuorvianti che si ispirano solo
nominalmente al medico americano ma propagandano altri metodi o terapie che nulla
hanno a che fare con esso.

Per riassumere, aver paura del sole e dei danni che esso può fare all’occhio significa
non capire che l'occhio NON ha un grande ruolo nella visione. Credere che l'occhio
faccia quasi tutto quello che c'è da fare nel vedere è credere in una cosa molto
distante dalla verità, che è ben diversa. La visione è un fatto largamente mentale, e la
visione difettosa è un fatto che dipende dal livello di sforzo mentale che si esercita,
inconsciamente e involontariamente, mentre si fa qualcosa pensando agli occhi. Se il
sole dà fastidio, allora significa che il livello di sforzo è talmente elevato che per
l'occhio è impossibile muoversi e vibrare sufficientemente per evitare che la
concentrazione danneggi la retina. Attenzione: la “concentrazione” non è quella dei
raggi solari che bruciano la retina, ma è quella della mente, che tenta di pensare a un
solo pensiero (la paura del sole) e di escludere tutti gli altri, cosa contraria alla
fisiologia e alla psicologia dell'Uomo.
Per imparare ad evitare questa “concentrazione sulla paura”, è necessario imparare a
rimirare il sole. Solo quando saremo in grado di rimirare il sole a volontà saremo
capaci di esercitare il controllo mentale che mantiene perfetta la vista e sani gli occhi
e il corpo nel suo insieme. Rinunciare a questa pratica significa rinunciare alla verifica
definitiva e unica per sapere se una qualsiasi cura, non solo quella della vista, sta
funzionando veramente oppure no: se il sole dà fastidio, la cura non sta funzionando;
se il sole dà sempre meno fastidio, allora siamo sulla buona strada e ci conviene
continuare. Ciò che il praticatore deve imparare, e lo può fare solo lui, nessuno glielo
può insegnare, è il COME si possa rimirare il sole traendone beneficio rapidamente
senza dover passare attraverso la fase della paura di bruciarsi la retina. L’autore di
questo articolo ha raccolto, nei tanti anni di esperienza fatta, alcuni punti essenziali di
seguito evidenziati:

1) usare discrezione 2) sbattere sempre le palpebre 3) non fissare mai il sole senza
muovere lo sguardo, ma al contrario immaginarsi, PRIMA di guardarlo direttamente,
che esso si muova, o dondoli come un pendolo o come un'altalena 4) rimirarlo
regolarmente almeno ogni giorno 5) sostituirlo con una forte lampada a
incandescenza se è coperto dalle nuvole 6) in caso di presenza di macchie solari,
scoprire come sia possibile farle sparire facilmente mediante altri metodi originali
batesiani 7) notare che la vista migliora sempre dopo averlo rimirato in modo
corretto.

Per migliorare la pratica, ci sentiamo di offrire altri due suggerimenti: a) provare ad


usare un occhio alla volta, coprendo l’altro con la mano, specialmente all'inizio b)
guardare in basso e sollevare le palpebre, ed eventualmente usare la Lente Solare , se
il sole davvero spaventa e non ci si sente in grado di rimirarlo direttamente sin dal
principio, pratica propedeutica consigliabile a tutti.

L’autore di questo articolo sarà lieto di offrire la sua collaborazione ed amicizia a chi,
lettore, vorrà sottoporgli delle domande o dei dubbi riguardo questa esperienza,
sempreché il lettore stesso abbia prima letto e studiato il testo fondamentale “Vista
Perfetta Senza Occhiali — Bates” pubblicato da Juppiter Consulting Publishing
Company e ordinabile anche qui su Disinformazione.it.

Ora che qualche scienziato comincia a pubblicare studi sulla vera e propria tossicità
dell’uso degli occhiali da sole, in questo articolo pubblichiamo le istruzioni da seguire
per poterlo rimirare direttamente e trarre così il massimo del beneficio per la vista
come per la salute generale…

Imparare a rimirare il Sole Rishi Giovanni Gatti – 19 settembre 2007

Recentemente una importantissima notizia è stata tenuta nascosta da quasi tutti i


giornali (vedi box): l’uso degli occhiali da sole riduce la quantità di raggi solari che
raggiungono la retina inibendo così la produzione di melatonina e causando una
maggiore predisposizione al melanoma, una malattia che solo l’anno scorso negli Stati
Uniti ha procurato un milione di casi. Tralasciando di approfondire il perché i mass-
media abbiano censurato la notizia – forse per non perdere i lucrosi contratti
pubblicitari con le griffe della moda – il nostro interesse è offrire ai lettori i giusti
strumenti informativi per utilizzare al meglio l’energia della luce diretta del sole per la
cura della vista e di tutte le altre malattie secondo i principî della Naturopatia, dagli
igienisti dell’Ottocento, a Ehret, a Shelton, a Sciascia e Finsen, e ovviamente a Bates,
fino ad arrivare ai nostri giorni, con le esperienze dei sun-gazers di tutto il mondo.
Tutti questi autori specificano nei loro testi l’assoluta necessità della luce solare per
ricuperare e mantenere la salute. In particolare, associando le pratiche regolari
dell’osservazione discrezionale del sole, dei bagni di sole e di una alimentazione
prevalentemente fruttariana, gli igienisti ottengono grandi successi in tutto il mondo,
nonostante le condizioni climatiche avverse, la propaganda terroristica delle istituzioni
sanitarie, tutte contrarie al sole, e le cattive abitudini della vita moderna che ci
costringono non solo a mangiare cibi tossici, ma anche a stare quasi sempre nella
penombra di edifici oscuri, a fare lavori noiosi che aumentano il nervosismo e lo sforzo
mentale ed oculare.

Il Professor Arnold Ehret, pubblicando nel 1910 il suo libro Il Sistema di Guarigione
della Dieta Senza Muco [potete ordinarlo alla Soce.Ser], nel raccomandare la
transizione graduale ad una dieta di sola frutta e verdura per la guarigione di tutte le
malattie, indica come perentorio anche il regolare svolgimento di bagni di sole di venti
o trenta minuti al giorno ogni volta che la luce naturale diretta sia disponibile, avendo
cura di esporre tutto il corpo, e procedendo con gradualità. Questo grande scienziato
di origini austriache, ma vissuto a Los Angeles, avendo perfettamente ripulito il suo
corpo dalle ostruzioni causate dalla cattiva alimentazione, era in grado di stare per
parecchi giorni senza bisogno di mangiare nulla, assumendo l’energia necessaria per
vivere e lavorare non solo dalla luce naturale del sole, ma anche dai profumi,
dall’esercizio fisico, e dalle componenti mentali del pensiero stesso che anima l’essere
umano. Gli episodi narrati nel suo libro sono molto indicativi e le testimonianze dei
suoi pazienti altrettanto significative; vi rimandiamo ad essi e al sito
www.arnoldehret.it per approfondire questo tipo di studio.

Il Dottor Herbert M. Shelton nel suo libro del 1934 The Hygienic System dedica
diversi capitoli all’impiego del bagno solare e su come esso sia benefico anche per gli
occhi e la vista, consigliando di rinforzare gli occhi imparando a guardarlo senza
paura. Così scrive: «Ho sempre vissuto senza copricapi per più di quarant’anni, e
quasi tutto questo tempo l’ho passato in Texas, sotto a un sole sub-tropicale, e ciò
non mi ha mai causato danni. I miei pazienti non coprono la testa mentre fanno il
bagno di sole e non ne vengono danneggiati. […] Gli occhi vengono beneficiati dalla
luce e danneggiati da troppa oscurità. Rimirare direttamente il sole è stato trovato di
grande beneficio per la vista indebolita. I pesci che vivono in cave buie, dove non
ricevono luce solare, sono sempre ciechi. […] Strizzare gli occhi non è necessario, né
uno ha bisogno di occhiali scuri per prevenirlo. Uno ha solo bisogno di smettere di
strizzare gli occhi. Questo può essere controllato dalla volontà. È possibile guardare
direttamente nel sole di mezzogiorno senza strizzare le palpebre. Sembra che non ci
sarà bisogno di occhiali e creme oculari se uno semplicemente smette di strizzare.
Strizzare gli occhi non ha nessuna utilità».

Antonino Sciascia era un insigne medico siciliano, di Canicattì, di fine Ottocento.


Egli curava le persone esponendole al sole, e concentrando la sua forte luce sulle parti
da trattare mediante una enorme apparecchio costituito da lenti di ingrandimento, da
lui denominato “Fotocauterio”, brevettato a Londra. “Fototerapia” era il nome da lui
dato a questo suo metodo, i cui risultati erano sbalorditivi, perché riusciva a risolvere
in uno o due mesi malattie gravissime come il carbonchio, la tubercolosi, il lupus,
eccetera… Purtroppo, come spesso accade nella “scienza”, le sue scoperte e i suoi
successi, forse perché basati su soluzioni “semplici”, sono stati nascosti e addirittura
usurpati da altri medici, tra i quali il danese Finsen, premio Nobel per la medicina nel
1903, a cui tutti attribuiscono la scoperta della fototerapia sciasciana. Segnaliamo ai
lettori il sito Internet della Città di Canicattì dove è possibile leggere il libro di un
pronipote dello stesso Sciascia che narra tutta la storia di questo grande scienziaro:
http://www.canicatti-centrodoc.it/.

Il Dottor William H. Bates di New York, lo scopritore della vera cura della vista
imperfetta con metodi naturali, senza occhiali e operazioni, è stato il più prolifico
autore su questi argomenti, forte anche dell’esperienza maturata con pazienti oculari
in oltre cinquant’anni di pratica clinica. Non solo Bates raccomandava l’uso della luce
solare e di quella elettrica come sua sostituta nelle giornate nuvolose, ma
incoraggiava i pazienti a guardare direttamente il sole per guarire i problemi degli
occhi, non solo quelli più banali, miopia e presbiopia, ma anche quelli gravi e
gravissimi, come la cataratta e la cecità. In particolare, Bates aveva applicato il
principio del Fotocauterio di Sciascia (ma non sappiamo se aveva veramente
conosciuto il lavoro del ricercatore siciliano) direttamente sull’occhio, e cioè egli
concentrava, durante il cosiddetto “trattamento con il sole”, la luce del sole sul bianco
dell’occhio, mentre il paziente guardava in basso e la palpebra superiore veniva tenuta
alzata dal medico, che muoveva la “lente solare” velocemente da parte a parte per
illuminare bene tutta la zona della sclera ed evitare qualsiasi accumulo di calore. Così
facendo, in pochi minuti anche i più gravi pazienti fotofobici diventavano capaci di
aprire ampiamente gli occhi al sole di mezzogiorno e di rimirarlo addirittura, all’inizio
per pochi istanti, e nel corso del tempo a volontà. Il libro fondamentale di Bates,
pubblicato nel 1920, e disponibile in italiano nel sito www.sistemabates.it, dal titolo
Vista Perfetta Senza Occhiali, riporta tutta la conoscenza necessaria al lettore per
guarirsi da solo usando la luce sugli occhi, con fotografie dell’epoca in cui si illustra
come guardare il sole a mezzogiorno e come usare correttamente la lente solare per
concentrare i raggi sulla sclera.

L’uso della luce del sole come pura energia in grado di affrancare l’essere umano dal
bisogno di cibo è una materia affascinante che va ben oltre i problemi di salute. I casi
di cui si ha testimonianza certa sono molteplici. In Europa, la mistica cattolica Teresa
Neumann (1898-1962) perse la vista in seguito ad un incidente nel 1918, ma nel
1923, in occasione della santificazione di Teresa di Lisieux, miracolosamente la
riacquistò, iniziando un percorso di elevazione spirituale che la portò, pochi anni dopo,
a non sentire più lo stimolo della fame e a vivere di una sola ostia al giorno per oltre
trentasei anni. Casi simili vengono riportati un po’ da tutto il mondo e da tutte le età,
in maniera più o meno credibile. Si dice che fosse addirittura il greco Socrate, nel
quinto secolo prima di Cristo, a rimanere in osservazione del Sole e della Luna per
giorni interi (dal Simposio di Platone). In tempi moderni, abbiamo gli insegnamenti
del maestro bulgaro Beinsa Douno (m. 1947, scopritore della Paneuritmia), e degli
indiani Acharya Jovel, Dimbeswar Basumatary, Sunyogi Umasankar, Hira Ratan
Manek, nonché dell’ucraino Nikolay Nikolayevich Dolgorukiy, tutti osservatori regolari
del sole, con risultati più o meno eccezionali. La letteratura su questa materia è
infinita, e merita ulteriore approfondimento nei successivi numeri della nostra rivista.

Come guardare il Sole Chi ha una vista normale e una mentalità ordinariamente
rilassata può in genere guardare il sole senza problemi a tutte le ore del giorno. Oggi
però questi casi sono rari. In pratica, anche chi non usa lenti correttive ha senza
dubbio subìto l’oltraggio delle lenti scure “da sole” e ha disabituato gli occhi alla luce
naturale. Chi invece ha vista difettosa, corretta o no da lenti, soffre grandemente la
forte luce del sole, e deve riabituarsi ad essa se vuole sperare di poterla guarire senza
occhiali. Il segreto fondamentale per arrivare a poter rimirare il sole di mezzogiorno
senza problemi sta tutto nel procedere con discrezione, iniziando con pochi secondi al
giorno all’alba e al tramonto, (ma in caso di nuvole si può fare anche quando il sole è
più alto, specialmente in inverno), e avendo cura di prevenire ed evitare il benché
minimo fastidio, sbattendo velocemente le palpebre e muovendo sempre lo sguardo
avvicinandosi e allontanandosi dal sole, facendolo muovere come un pendolo. È
anche possibile procedere con molta più cautela usando un occhio alla volta e
coprendo l’altro con il palmo della mano. L’ideale, per abbreviare questo periodo di
lenta riabilitazione alla luce naturale diretta del sole, sarebbe l’uso della “lente solare”
del Dott. Bates, per la quale rimandiamo al sito www.sistemabates.it

Nei casi gravi di intensa fotofobia, è sbagliato iniziare a guardare direttamente il sole
senza prima aver abituato gli occhi, e la mente, alla luce del cielo, e nei casi
veramente gravissimi anche la luce del cielo è troppo forte e bisogna abituarsi ad essa
osservandola “ad occhi chiusi” per lunghi periodi di tempo (un’ora o più) seduti
comodamente spalle al sole e avendo cura di dondolare leggermente il corpo o la
testa, rilassandosi.Applicando questi principî di buon senso, ci rendiamo conto che
l’osservazione diretta del sole non può essere una fatica o un lavoro sul quale ci si
debba concentrare e sforzare, ma è una felice occasione per godere del profondo
rilassamento che la Natura ci offre ogni giorno per garantirci il benessere e la vitalità.
Chi non può guardare il sole è una persona nervosa, confusa e infelice. Chi può
guardarlo liberamente invece è allegro, spensierato, e padrone delle sue azioni e della
sua vita in generale. Imparando a guardare il sole, considerandolo una fonte di
energia e di tranquillità, chiunque di noi può non solo guarire la sua vista e la sua
mente, ma anche accelerare e completare qualsiasi altra terapia naturopatica si stia
effettuando, con benefici immediati e lampanti soprattutto sul piano della
detossificazione da farmaci, metalli pesanti, cibi errati e inquinamento.

OCCHIALI DA SOLE TOSSICI PER LA PELLE una notizia nascosta da tutta la


grande stampa da www.ilmessaggero.it

LONDRA (3 giugno) - Fanatici della tintarella attenti agli occhiali da sole. Se prima
proteggendo i vostri occhi vi sentivate a posto con la coscienza e al sicuro per la
vostra salute contro i danni provocati dal sole sulla pelle, adesso un medico britannico
è pronto a far crollare anche questa certezza. Il nostro cervello infatti ricevendo una
luce meno forte grazie al filtro delle lenti scure manderebbe dei segnali per far
produrre meno melatonina al nostro organismo, come in presenza di poco sole. Da qui
il guaio per la salute. Nel libro "La sopravvivenza del più ammalato", in uscita domani
nelle librerie del Regno Unito, la dottoressa Sharon Moalem, dopo ricerche
approfondite, parla di un vero e proprio inganno nei confronti dell'organismo da parte
delle lenti da sole: indossando gli occhiali, infatti, il cervello registra una minore
quantità di raggi solari, e il corpo è indotto a produrre meno melanina (la sostanza
che provoca l'abbronzatura per proteggere la pelle dai raggi solari): il risultato è che
la pelle è meno protetta e aumenta il rischio di sviluppare il cancro. Questa teoria trae
origine da una ricerca pubblicata sulla rivista scientifica "Journal of Investigative
Dermatology", secondo la quale la luce percepita dagli occhi attiverebbe la produzione
del cosiddetto ormone stimolatore dei melanociti. «La percezione della luce è
fondamentale nello scatenare il processo naturale di autodifesa dell'organismo nei
confronti del sole», spiega Sharon Moalem al tabloid domenicale "Sunday Express",
pur ammettendo che la percezione ridotta non è l' unica causa cancro alla pelle.La
teoria ha riscosso ampi consensi da parte della comunità scientifica. John Hawk,
esperto di melanomi presso la Fondazione britannica per la pelle afferma: «La
produzione delle sostanze stimolatrici dell'abbronzatura è quasi certamente correlata
alla luce percepita, mentre lo scienziato tedesco Sven Krengel, che ha svolto studi
sull'argomento, ha concluso che «indossare occhiali da sole spinge la gente a non
cercare riparo dal sole». Negli Stati Uniti, dove l'incidenza del cancro alla pelle è in
continua ascesa, i casi nell'ultimo anno stati oltre un milione.

Sette Puntidi Rishi Giovanni Gatti – 10 giugno 2007

In “sette punti” riassumiamo alcuni concetti fondamentali della cura della vista così
come viene praticata dai moderni ricercatori e studiosi delle opere originali del Dott.
Bates.

Cari lettori, allo studio approfondito delle pubblicazioni originali del Dott. Bates, si
evince, a mio avviso, quanto segue:

Primo. Il lettore DEVE scartare gli occhiali, se vuole seriamente star bene.

Secondo. Il lettore deve smettere di cerecare altri metodi di cura, come la PNL , il
Diksha, la dieta, eccetera, con l’eccezione di solo alcune terapie che sono collegate ad
uno stile di vita “naturale” (Nature’s Path of Living). Mi riferisco ai trattamenti di
detossificazione da aggressioni chimico-fisiche (amalgami dentari, farmaci, cibi
sbagliati, eccetera) che rinforzano la salute senza pretendere minimamente di curare
gli occhi, ma si limitano ad aiutare il corpo a seguire i suoi ritmi naturali. Praticando
queste cure, non aspettatevi che succeda molto sugli occhi e sulla visione. Per quello,
solo Bates ha qualche possibilità di aiutarvi.

Terzo. È necessario per il paziente capire che la cura della vista è FACILE, e NON è
basata su tentativi e sforzi, e per questi motivi essa è CONTRARIA ALLE
COMPLICAZIONI nella vita. Una volta guariti, potrete affrontare la complicazioni
usando la visione come sentinella che vi avvisa contro lo sforzo e le difficoltà. Intendo
dire, una volta guariti, se vedete la vista tentennare, allora significherebbe che vi
state sforzando troppo per risolvere una questione complicata della vita e dovreste
fermarvi per rilassarvi e giocare meglio.

Quarto. A volte le persone mi dicono che non sono d’accordo su quanto detto sopra.
Esse dicono di conoscere persone molto indaffarate e sotto sforzo che hanno buona
vista. Gli chiedo sempre di controllare le loro affermazioni perché quello che pensano
della vista dei loro amici è semplicemente errato. Se li mettete alla prova, forse sarà
che hanno buona visione per lontano, ma tentennano al punto prossimo, o se hanno
buona visione per il punto prossimo e per lontano, allora tentennano in luce forte,
eccetera. Con ciò, intendo dire che la vista perfetta è MOLTO DI PIU’ di quello che
viene discusso da TUTTI quelli che si occupano di questo campo.

Quinto. Vedo una forte differenza tra quello che succede con i lettori in Italia e quello
che mi viene riferito dalle persone negli Stati Uniti, come coloro che sono iscritti al
gruppo Perfect Sight su Yahoo! Sono stato testimone di risultati buonissimi con i miei
clienti, intendo dire davvero cose meravigliose e guarigioni, mentre persone molto
inteligenti d’oltreoceano sono bloccate, e anche se tolgono gli occhiali e stanno senza
di essi, non sembra che facciano grandi progressi. La loro visione è sempre
imperfetta nelle situazioni in cui essi necessitano al massimo che sia buona. Questo è
un altro chiaro esempio dello sforzo mentale associato alla visione, che deve essere
corretto se uno spera di ottenere il meglio. Come correggere lo sforzo mentale e
riguadagnare un controllo della mente basato sul riposo e la gioia di vivere? La
risposta è nei metodi dello stesso Dott. Bates, praticati con un atteggiamento mentale
del tutto diverso.

Sesto. Come praticare i meravigliosi metodi del Dott. Bates in uno stato mentale di
riposo? Con pazienza, uno deve provare vari metodi, spingendosi verso le più perfette
condizioni nelle quali uno possa sperimentare, e quindi DARE CREDITO ai metodi e
DARE DISCREDITO alle opinioni degli altri e ai cattivi giudizi che ci potranno arrivare
addosso. Succederà presto che sotto tali particolari condizioni la vista sia buona di
per sé, non ostante il grado di cattiva visione o le condizioni passate. Allora, tutto si
basa sulla volontà del paziente di REPLICARE tali buone condizioni, SENZA
L’INTENZIONE DI VEDERE, ma solo con il sentimento di vivere senza sforzo, mediante
riposo.

Settimo. Una affermazione molto semplice del Dott. Bates da tenere a mente è
questa: avete lo stesso tempo per usare gli occhi male rispetto a quello che avete per
usarli bene. Persino quando siamo sotto sforzo e non vediamo bene, siamo sempre
liberi di ricordare questa affermazione e applicare velocemente qualche principio per
essere più rilassati e usare gli occhi correttamente. Tutti i metodi sono buoni,
Palmeggiamento, Spostamento, Dondolamento, Memoria, Immaginazione, Sbattere le
palpebre, Rimirare il Sole (il più importante!), eccetera. Queste cose devono essere
tenute a mente, consapevolmente tutto il giorno.

Se fallite con uno qualsiasi di questi sette punti elencati, per favore chiedete aiuto a
qualcuno di vista perfetta

Stringere i tempi nella cura della vistadi Rishi Giovanni Gatti - www.SistemaBates.it

Il Sistema di Cura della Vista che dobbiamo al Dott. Bates, come descritto nelle sue
pubblicazioni originali, e come centinaia di praticanti stanno verificando in questi
ultimi anni, è scientifico e riesce. Persone qualsiasi dai più disparati problemi visivi,
semplici e complicati, leggeri o pesanti, sperimentano, già dopo i primi minuti di auto-
trattamento senza occhiali, dei benefici spesse volte ritenuti insperabili. Persone con
elevata miopia, superiore alle venti diottrie di prescrizione, hanno presto lampi di vista
normale nei quali l’occhio si focalizza precisamente su un oggetto distante e lo
riconosce, tra lo stupore generale. Persone con presbiopia consolidata dall’uso
decennale degli occhiali per leggere riescono a leggere caratteri piccoli, ma molto
piccoli, dopo pochi minuti di rilassamento, e subito esplodono in grida di entusiasmo
per aver riconquistato una facoltà che da sempre è stata ritenuta impossibile da
ricuperare. Entrando in campi più delicati, quelli delle malattie “organiche”
dell’occhio, per le quali i lettori sentono maggiormente la necessità di ricorrere alla
medicina, ufficiale e non, abbiamo raccolto testimonianze di persone che stanno
guarendo problemi come il nistagmo, la cataratta, le maculopatie, e altro, usando
come strumento i metodi indicati da Bates – tra i quali il controverso utilizzo della luce
diretta del sole, o di forti sorgenti elettriche – trovando non solo benefici fisici, ma
anche mentali e psicologici.

Fatta questa notevole premessa, rimane un dato di fatto: la lentezza della cura. La
strada verso una guarigione totale e permanente è in quasi tutti i casi lunga,
apparentemente tortuosa, irta di ostacoli. Però, non è “difficile”. Ci sentiamo di dire
che la guarigione permanente è sempre a portata di mano, dietro l’angolo, dato che i
lampi di vista normale, e in seguito i periodi di ore o giornate intere in cui gli occhi
funzionano normalmente senza alcun intervento da parte nostra, si verificano sempre
più spesso, e le ricadute sono sempre più facili da ricuperare, o sempre più rare.
Eppure molti lettori si sentono a disagio, perché la vista rimane sempre soggetta a
variazioni indesiderate e la cura sembra sfuggire.

Come ci suggerisce il Dott. Bates, la spiegazione di questi fenomeni deve essere


trovata non ipotizzando teorie, ma analizzando i fatti. In tutti i casi in cui le ricadute
continuano non ostante i continui progressi realizzati, si noterà che ciò accade perché
il lettore, il praticante di vista perfetta, utilizza male i suoi occhi in qualche parte della
giornata, e molto probabilmente anche durante il sonno. Utilizzare male gli occhi
significa sforzarsi per vedere, cioè fissare lo sguardo, concentrarsi, cercare di vedere
diverse parti di un oggetto in una volta sola senza creare la senzazione di dondolìo
universale peculiare della vista normale. L’obiettivo della cura è acquisire l‘abitudine
continua a non sforzarsi per vedere, e cioè a non concentrarsi, mai, in nessun caso, a
non fissare lo sguardo su alcunché, a rilassarsi nel dondolìo universale senza alcun
timore che questo strano fenomeno ci possa travolgere. Questa ultima affermazione
merita di essere sviluppata: ogni volta che si lavora in favore di una crescita, di una
evoluzione personale, si incontrano le resistenze opposte dal vecchio modo di
pensare, dai vecchi vizi che la nostra mente non vuole abbandonare per paura di non
essere in grado di affrontare la novità, l’ignoto, il futuro. È lo stesso anche per la cura
della vista: le vecchie abitudini di fissità dello sguardo e di sforzo e concentrazione,
non vogliono andarsene, soprattutto perché, per farle andare via, si commette l’errore
di usare metodi sbagliati, ci si concentra, ci si sforza, si fa della ginnastica per
“rinforzare i muscoli oculari”, il che è un controsenso. Non è possibile usare sforzo per
combattere lo sforzo. L’unica soluzione è nel rilassamento, nel coltivare gentilmente,
placidamente, un atteggiamento mentale rilassato, non-coinvolto, all’erta e vigile, ma
non condizionato dagli eventi, e quindi pronto e disponibile a rispondere alle
sollecitazioni che arrivano, senza problemi.

Per “stringere i tempi” nella cura della vista, esistono dei metodi di rilassamento
mentale che sono formidabili, a patto che li si pratichi. In quasi tutti i casi, ciò che
serve è un appuntamento quotidiano con una tabella di controllo di Snellen, di pochi
minuti, per verificare il livello di sforzo per vedere di cui si è afflitti in quel momento, e
osservare se, cambiando la distanza, l’illuminazione, il tipo di tabella, o praticando lo
spostamento, l’uso della memoria e dell’immaginazione, la visione delle lettere cambi,
in meglio o in peggio. Se la lettera migliora, se diventa più nitida e iniziano a
comparire righe più piccole, e si diffonde nella testa e nel corpo una sensazione come
di “rilascio” e di benessere, allora il metodo impiegato è valido e va continuato. Vice
versa, il metodo è sbagliato e va temporaneamente abbandonato per essere riprovato
in seguito, se necessario. Per favorire, indirettamente, la visione della tabella di
controllo di Snellen, che è il vero “test” che garantisce la genuinità dei risultati, la
nostra esperienza di questi anni di divulgazione del Sistema Originale Batesiano ci
conferma la bontà di alcune pratiche da non dimenticare mai.

In primo luogo l’uso di luci forti in ogni dove, e specialmente nelle abitazioni, oltre che
negli uffici. Troppo spesso gli ottimi risultati conseguiti all’aperto e al sole, anche in
casi di altissima miopia, vengono rovinati quando si rientra in abitazioni fin troppo
buie e male illuminate, che mettono a dura prova il rilassamento guadagnato in
condizioni di luce più naturali. Questo è forse l’errore più comune fatto da tutti i
praticanti della cura della vista, ma è anche il più facile da correggere: è sufficiente
dotarsi di ottime e potenti lampade moderne, possibilmente ad ampio spettro e alta
temperatura cromatica, per illuminare non solo la tabella di controllo ma anche le
zone dove si vive abitualmente. In particolare, tutte le zone dove ci si guarda allo
specchio, il tavolo da cucina, il soggiorno dove si legge o si guarda la televisione.

In secondo luogo è importante abituarsi a non sforzarsi per vedere in condizioni


difficili, cioè in luce molto bassa, quasi assente, usando caratteri molto piccoli. Questa
è una pratica di beneficio universale, cioè adatta a tutti i tipi di difetti, compresi quelli
organici. Abituarsi a non perdere la calma e la rilassatezza anche quando non si vede
niente, e poterlo fare in condizioni “protette”, dove non c’è nessuno che ci guarda, e
non soffrendo condizionamenti esterni, è di grandissimo aiuto soprattutto perché
quando si ritorna a condizioni di luce più normale e con caratteri più facili la vista è
sempre molto migliorata se non normale. Osservare questo cambiamento, e
rinnovare quotidianamente questa osservazione, è la garanzia per il successo
definitivo. Procrastinare queste dimostrazioni, pensare che la cura avverrà da sé in un
domani indefinito, invece, è garanzia di fallimento.

Il “vero” motivo per il quale in pochi decidono di investire totalmente il proprio tempo
nella cura della vista e vanno fino in fondo non accontentandosi mai dei risultati, ma
trovando continuo divertimento nell’approfondire il proprio livello di rilassamento,
ancora oggi non è chiaro. Era uno dei crucci dello stesso Bates, quando scrisse che
non sarebbe mai stato soddisfatto finché non avesse capito perché alcuni pazienti
guarivano dalle più difficili condizioni oculari in mezz’ora, e altri andavano avanti a
trascinare il trattamento per molti mesi o anni pur partendo da un difetto di vista dei
più lievi. Oggigiorno, lasciando da parte analisi psicologiche che corrono il rischio di
sviarci ancor di più dalla pratica del trattamento, abbiamo potuto verificare che la
possibilità di confrontare le proprie esperienze con quelle degli altri praticanti la cura
può funzionare da forte stimolo e catalizzatore. È per questo che abbiamo fondato
l’Associazione Vista Perfetta (Perfect Sight Society), dedicata esclusivamente a chi
pratica l’auto-trattamento, per mettere in contatto tra loro i soci che volessero
insegnare, senza scopo di lucro, la loro esperienza, così anche imparando meglio i
segreti di questa profonda avventura spirituale.
Strategie agostane per la cura della vistadi Rishi Giovanni Gatti - 8 agosto 2006
ORIGINALE DEL DOTTOR BATES

Riassumiamo qui, dall’alto della nostra quinquennale esperienza di divulgazione della


vera cura della vista, alcune strategie da applicare per favorire il buon esito dell’auto-
trattamento secondo i metodi di rilassamento mentale scoperti da W. H. Bates.
Eliminare gli occhiali da vista, da sole, e le lenti a contatto: questo è l’unico vero
primo principio da attuare se si vuole ottenere un qualche risultato concreto. Non è
possibile praticare l’auto-trattamento e nel contempo continuare con le lenti
correttive. Prima si capisce e si accetta questo dato di fatto, prima si comincia il
percorso di guarigione. Chi ha difetti lievi della visione, può metterlo subito in pratica
senza troppi fastidi. Chi ha difetti più gravi, deve sottoporsi ad un periodo di
“transizione” nel quale comincia a fare a meno delle stampelle ottiche in situazioni
“protette”, ricorrendo di nuovo ad esse in tutti gli altri momenti della giornata.

Vengono definite “protette” quelle situazioni nelle quali anche chi soffre di miopie
elevatissime, superiori alle 15 diottrie, o ipermetropie serie, superiori alle 5 diottrie,
può tranquillamente stare senza occhiali e guardarsi intorno senza problemi. Ad
esempio, il terrazzo di casa, se ben soleggiato, una volta tolte le lenti, non fa paura e
garantisce la possibilità di un adattamento veloce alle nuove condizioni. Al contrario,
uscire di sera è una situazione assolutamente da sconsigliare, in questa fase
preparatoria. Durante il periodo di transizione, la persona si osserva, vede come gli
occhi tendono di per sé ad avere momenti di miglioramento della visione, e quindi
vede cadere proprio davanti ai suoi stessi occhi il tabù medico/ottico che vuole la vista
imperfetta essere incurabile se non attraverso mezzi rifrattivi, e cioè essere
inguaribile. Quando gli occhiali vengono indossati nuovamente, essi provocano subito
fastidio e tensione, con dolori ai muscoli oculari, alle tempie, alla testa in genere,
prova che nel periodo in cui gli occhi non sono stati sottoposti allo sforzo di dover
guardare attraverso mezzi rifrattivi innaturali essi si sono rilassati e riposati, e sono ri-
diventati sensibili agli effetti della lente “correttiva”.

Nelle persone intelligenti, questa semplice prova dovrebbe portare ad abbreviare


velocemente il periodo di transizione per passare quindi al vero e proprio auto-
trattamento. Purtroppo, la quasi totalità dei casi impone invece di continuare ad
usare queste stampelle perché vi è la necessità di dover guidare l’automobile, e ciò
non può essere fatto senza occhiali se vi è l’obbligo prescritto. È qui che il Generale
Agosto ci viene in aiuto: durante le vacanze è sempre possibile sospendere la guida e
potersi dedicare ad approfondire la cura della vista, nella speranza che al termine del
periodo di ferie la persona abbia maturato la giusta esperienza per poter decidere che
la priorità va data al trattamento e non alle altre cose.

La guida va sospesa, come va pure sospesa la dannosa pratica di guardare la


televisione o di perdere tempo davanti allo schermo del calcolatore. Queste pratiche
all’inizio sono in genere molto dannose anche se fatte senza occhiali perché lo sforzo
per vedere che comincia ad affiorare una volta tolte le lenti non deve essere
“incoraggiato” ma “alleviato”. Per alleviarlo, occorre muovere lo sguardo,
continuamente, e preferibilmente in spazi aperti, per assorbire la benefica luce del
sole o del cielo, durante lunghe passeggiate, o piacevoli e oziose soste a bordo di un
dondolo, di una altalena, di un’amaca che ondeggia tra due alberi in campagna,
sospinta un po’ dai nostri muscoli e un po’ dal venticello estivo con il quale ci si può
sincronizzare. Il meglio possibile, secondo tutte le testimonianze raccolte in questi
anni, sarebbe il vero dondolìo del mare, sia a bordo di una barca, di un gommone o di
un lettino gonfiabile, direttamente galleggiando con il corpo immerso nella “posizione
del morto”, lasciandosi portare dalla corrente, con tutte le precauzioni del caso.

In agosto, il Sole non è più così a picco come in giugno, e può essere rimirato con più
facilità e in orari più comodi sia all’alba che al tramonto, aumentando la durata
dell’osservazione ad occhi aperti man mano che l’effetto rilassante si approfondisce.
Risulta anche facilitata l’applicazione del Trattamento con il Sole mediante la Lente
Solare di W.H. Bates, nelle ore centrali della giornata, una vera e propria scorciatoia
per imparare presto a lanciargli rapide occhiate anche a mezzogiorno senza averne
nessun fastidio o danneggiamento. Nota: se il Sole procura danni, ciò significa che si
è voluto fare di testa propria senza seguire le indicazioni fornite da Bates nel suo libro
Vista Perfetta Senza Occhiali; il problema è facilmente risolvibile, richiede del tempo
aggiuntivo, e una certa maggior intelligenza, che tutte le persone hanno sempre a
portata di mano, se solo volessero usarla.

Anche il cinema all’aperto è un ottimo strumento per agevolare la transizione


all’abbandono degli occhiali. Ovviamente, non si deve pretendere di voler guardare
perfettamente lo schermo e riconoscere attori e seguire la trama, con la vista
imperfetta che ci si ritrova. Ma al contrario si dovrebbe spostare ritmicamente lo
sguardo sulle varie parti dello schermo, che è molto ampio, e anche in alto nel cielo,
verso l’infinito delle stelle, e gustarsi quella sensazione di abbandono che arriva
dall’aver rinunciato a volersi impegnare per vedere bene, a fare dei tentativi per
mettere a fuoco, a seguire attentamente le macchie colorate che si susseguono tra
luci guizzanti per cercare di capirne il significato mediante elucubrazioni mentali. Aver
abbandonato questi “tic”, che hanno tutti, anche quelli che portano occhiali, è il
grande passo che vi consentirà di procedere spediti nell’auto-trattamento.
Abbandonare un ticchio nervoso significa una cosa sola, rilassarsi. Abbandonare il
ticchio di volersi sforzare per vedere, di fare dei tentativi per mettere a fuoco, significa
rilassare la mente. Non importa se non si capirà nulla della proiezione
cinematografica, importa che si guadagni un po’ di rilassamento.

Sulla spiaggia, oppure nei parchi in città, o in montagna lungo i sentieri, o sul lago in
barca a vela, vi sorprenderete di quanto facilmente l’occhio e la mente si rilassino e
vadano a fuoco su oggetti inaspettati e divertenti, come il seno di una procace
bagnante lì distante, che salta fuori così nitido e tridimensionale da sembrare a
portata di mano, altro che occhiali!, oppure il volo di un gabbiano in alto e lontano nel
cielo, oppure sul profilo di una minuscola casa dall’altra parte della valle, con le sue
piccole finestre quadrate che non avevate mai visto prima, anzi mai nemmeno
immaginato di poter vedere.

Questi momenti di visione buona o assai migliorata sono davvero sorprendenti, e in


genere spariscono così come sono venuti, ma la visione successiva ad essi non è mai
così scarsa come in precedenza: il processo di guarigione si è avviato e non potrà mai
tornare indietro. Per quanto lento e incostante esso potrà essere, fino a che non
vengono rimessi gli occhiali correttivi, esso procederà sempre, e potrà essere facilitato
e abbreviato se la persona continuerà con l’esercitarsi con il rilassamento nei modi
dovuti e consoni al suo stato individuale. Purtroppo il numero di persone che
prosegue e approfondisce il suo trattamento per arrivare finalmente ad una guarigione
che consenta poi di continuare verso ulteriori traguardi è ancora troppo esiguo. Ma
questo argomento verrà affrontato in un prossimo articolo. Per ora ci basta sollecitare
le persone che abbiano un qualche interesse ad investire i giorni delle vacanze per
fare qualcosa di veramente anti-conformista: mettere da parte gli occhiali e rischiare
di imparare a vedere con i propri occhi.

Un formidabile metodo per curare la miopia27 giugno 2006, di Rishi Giovanni Gatti -
www.SistemaBates.it

Se avete nelle vicinanze della vostra abitazione una autostrada o una via a grande
scorrimento e potete portarvi su un ponte che la attraversa, potete applicare il
seguente metodo per la cura della miopia, o per la sua prevenzione:Scegliete il lato
del ponte sotto il quale le automobili scorrono allontanandosi, e le targhe posteriori
siano ben illuminate dal sole. Munitevi di cuffia antirumore e mascherina antismog, se
necessario.

Preparatevi mentalmente a passare una mezz’ora sul ponte a guardare il flusso delle
automobili: deve essere chiaro che non è ammessa la noia, quindi se per caso vi
capita di provare questo sentimento, interrompete e rimandate ad un’altra occasione.
Guardate verso il basso in attesa del transito di un’automobile, e appena ne sbuca una
seguitela con lo sguardo fino a che non riuscite più a distinguerla. In quel momento,
tornate a guardare verso il basso, e aspettate che spunti un’altra vettura. In questa
prima fase, diciamo per venti automobili, non dovrete fare alcunché, se non seguire
genericamente la vettura fino a che non è più possibile distinguerla. Passate le prime
venti vetture, per le successive venti occorre prestare maggior attenzione al vostro
sguardo, e per ogni macchina osservata, ne dovrete rimirare continuamente uno dei
due fanalini posteriori. Ciò significa che se viene scelto il fanalino sinistro, quello
bisognerà continuare a rimirare fino a che la vettura non sarà più riconoscibile in
lontananza.

Per le successive altre venti vetture, seguite lo stesso metodo, ma alternate


istantaneamente la centrale fissazione sui due fanalini posteriori, prima uno, poi
l’altro, e così via. Al termine di questa terza fase, saranno passate in tutto sessanta
vetture, e forse avrete impiegato cinque minuti, o dieci se il traffico è lento. Ora
potrete passare alla fase vera e propria del metodo di cura, perché questo testè
descritto è solo il “riscaldamento”.Il metodo vero e proprio che migliora la vista
concerne la lettura delle targhe delle automobili in movimento. Per chi ha problemi di
vista e ha scartato le lenti correttive e sta praticando la Cura secondo l’Auto-
Trattamento di W. H. Bates come spiegato nel suo libro “Vista Perfetta Senza Occhiali”
(terza edizione, Juppiter Consulting, Milano, 2006), il solo pensiero di dover leggere
una sconosciuta targa automobilistica, per giunto in movimento, è fonte di ansia e di
sforzo per vedere, e quindi di abbassamento della visione. Praticando questo metodo,
non facciamo altro che abituarci intenzionalmente a rimirare la targa evitando
consapevolmente di volerla leggere. Così, non essendoci alcuna intenzione positiva di
leggere la targa in esame, la mente si abitua a rimirare una scritta senza preoccuparsi
di decifrarla né di compitarne le lettere verbalmente, essendo quest’ultimo un
pernicioso vizio che affligge tutti coloro che hanno vista imperfetta.

Esercitandosi volontariamente a non voler leggere la targa in transito, il praticante di


vista perfetta si abitua a rilasciare lo sforzo per vedere, e impara piano piano a non
fare tentativi per riconoscere la scritta. Come per magia, dopo qualche minuto,
inizierete a cogliere, inspiegabilmente, qualche cifra o lettera sulla targa, di solito la
prima coppia a sinistra, a distanze che normalmente sarebbero impossibili.

Il metodo prevede che nel momento in cui venga riconosciuta una qualche cifra, il
praticante debba distogliere lo sguardo, cioè scorrere lungo le altre cifre della targa,
osservando come le cifre prima viste e riconosciute ora non interessino più il campo
della consapevolezza, cioè non sono più centralmente fissate. Perché accada questo,
la persona deve essere rilassata. Se conserva ancora il benché minimo desiderio di
ritenere le lettere riconosciute, non sarà mai in grado di scivolare con lo sguardo sulle
altre lettere e riconoscerle. Per rendersi conto di ciò, è sufficiente dimostrare
praticamente il fatto, cioè che è impossibile tentare di leggere le ultime lettere senza
dimenticarsi le prime, senza “lasciarle andare”.

Quando il metodo riesce, e le targhe cominciano ad essere riconosciute


spontaneamente, il praticante si accorge che il punto di centrale fissazione è davvero
molto piccolo. Sicuramente molto più piccolo di quello che uno pensa che sia. Molto
più piccolo. Osservando, vettura dopo vettura, la verità di questa affermazione, il
praticante di vista perfetta si accorge inoltre della qualità del nero delle lettere delle
targhe: tale nero coincide con il nero del punto di centrale fissazione, e non importa
quanto lontano esso sia, se sessanta metri o seicento, sei o seicento chilometri, esso è
sempre nero, esattamente dello stesso nero che uno dovrebbe vedere quando
vengono chiusi e coperti gli occhi con i palmi delle mani (palmeggiamento). In
sostanza, la targa non è altro che uno “specchio” che rivela quanto piccolo e nero è il
punto che si è in grado di immaginare alle varie distanze. Se il punto immaginato a
grande distanza rimane piccolo e nero, e cioè non si trasforma in un “disco” grigio,
allora sarà possibile leggere qualsiasi scritta a quella distanza. In genere, però, viene
il momento in cui la macchina è troppo lontana e il punto va perduto. Ciò non è
importante. L’obiettivo finale del trattamento è quello di abituarsi a rimanere rilassati
sempre di più, immaginando punti sempre più piccoli e più profondamente neri.

Poiché non ci sono limiti “fisici” a questa condizione della mente, che potremmo
definire di “libertà spirituale”, non ci sono limiti alle facoltà visive dell’Uomo, e alla
profondità del suo rilassamento mentale. Per questo motivo, la Cura della Vista
secondo William H. Bates è un metodo di trattamento universale che previene e
guarisce tutte le malattie, non solo quelle dell’occhio, e che andrebbe conosciuto da
tutti i ricercatori della verità che non si accontentano delle convenzionali teorie
accettate, sulla vista come sullo psicosoma umano nel suo complesso.

La Cecità Notturnadi Rishi Giovanni Gatti - 10 aprile 2006

Nell’ambito della serie di articoli che dedichiamo alla divulgazione della “Cura della
Vista”, esaminiamo in questo numero un sintomo molto curioso, quello della “cecità
notturna”, del quale il Dott. Bates si occupa nel suo libro originale Vista Perfetta Senza
Occhiali a pagina 281, dove si narra di un caso molto grave di vista imperfetta che
non aveva tratto alcun beneficio né dalle lenti correttive, né da altre misure palliative
come la vita in campagna, all’aria aperta.La “cecità notturna” è un difetto visivo per il
quale con il calare della notte, e quindi in assenza di luce solare, la retina perde la sua
peculiare sensibilità centrale ed uno è costretto, se vuole vedere qualcosa di ciò che
ha davanti a sé, ad usare una parte molto periferica del campo visivo, girando gli
occhi da una parte, in uno sforzo assolutamente innaturale. Tale disturbo non si
risolve con occhiali o lenti correttive, né con operazioni o altri trattamenti ortodossi,
facendo parte di tutta quella collezione di malattie visive date per incurabili e senza
speranza.

Nel caso riportato da Bates, il paziente, dopo alcuni mesi di discussioni e rimostranze
con il medico, si è lasciato convincere che l’unica soluzione al suo problema fosse
quella di dedicarsi ai metodi di rilassamento per la cura della vista, che
fortunatamente egli è riuscito a praticare con successo, arrivando alla guarigione
completa e definitiva non solo di questo strano sintomo della cecità notturna, ma
anche degli altri problemi di vista di cui soffriva, non solo di miopia ma anche di
allucinazioni, attacchi di cecità improvvisa e altri sintomi nervosi. Oggigiorno il
sintomo della “cecità notturna” è estremamente comune, anche se in forma non così
grave da impedire totalmente la visione come nel caso citato, ed è sempre molto
fastidioso: la cosa che più sccncerta le persone che ne sono affette è che gli occhiali e
le lenti a contatto sono inutili, giacché l’apparente effetto benefico riscontrato con
l’acquisto di un nuovo paio svanisce nel giro di pochi giorni e al buio la visione
peggiora ulteriormente molto presto.

Non sembra quindi trattarsi di un “problema di messa a fuoco”, ma proprio di


“visione” nel senso meno fisico del termine, cioè più mentale, laddove per “visione”
intendiamo un processo di interpretazione dell’immagine che arriva sulla retina
dell’occhio, e non l’immagine stessa.Chi soffre di questo disturbo capisce bene il
significato di queste parole: di giorno, può darsi che la visione sia normale, e i
contorni degli oggetti ben definiti, e i particolari ben visibili; di notte, invece, tutto
sembra magicamente sparire come nascosto dietro un velo grigiastro che è
impossibile da penetrare.È possibile fare un semplice esperimento per rendersi conto
dei fatti: chiudere gli occhi e coprirli con i palmi delle mani senza toccarli, e aspettare
qualche minuto. Si noterà che quel velo grigiastro è lì presente davanti agli occhi,
cioè, nella mente del soggetto, e non dipende dalla messa a fuoco né dalla
prescrizione diottrica delle lenti correttive, dato che con gli occhi chiusi e coperti non
arriva alcun raggio luminoso dall’esterno, e il problema di “vedere bene” gli oggetti
non si pone proprio.

Quel “velo” è un fatto puramente mentale, è lo sforzo inconscio per vedere che non
viene curato dagli occhiali, e che è l’unica vera sorgente del difetto visivo.
Sostanzialmente, si tratta di mancanza di rilassamento mentale, o riposo.Come dice il
Dott. Bates, la causa della cecità notturna, come di tutti gli altri problemi visivi, è lo
sforzo per vedere, ovvero, la mancanza del naturale rilassamento mentale e oculare
che presiede la buona salute. Giocoforza, la cura da seguire non è quella degli occhiali
o delle operazioni chirurgiche, ma quella che porta a riguadagnare il corretto
rilassamento mentale necessario all’uso naturale degli organi della vista.Per entrare
nei dettagli del trattamento è necessario studiare il libro originale del Dott. Bates, ma
in questa sede non possiamo non ricordare che a chi gli chiedeva quale fosse la cura
per la “cecità notturna”, il medico americano rispose molto drasticamente con due
parole: “Sun-Gazing”. Cioè: Rimirare il Sole. Avete letto bene: la luce diretta del sole
è il miglior metodo di trattamento per guarire quei fenomeni di sforzo mentale che
causano gli effetti strani e “incurabili” della cecità notturna.

Naturalmente, bisogna usare discrezione, e non sarebbe corretto per nessuno iniziare
a fissare il sole a mezzogiorno senza una adeguata preparazione, giacché ciò
causerebbe, come lo stesso Bates avverte nel suo libro originale, l’erompere violento
di un tale quantitativo di sforzo oculare capace in genere di produrre danni fisici
all’occhio, che, sebbene mai permanenti, sarebbero inutilmente molto fastidiosi.Ma
l’obiettivo è corretto: chi scrive questo articolo ha iniziato a rimirare regolarmente il
sole circa diciotto mesi fa, iniziando con brevi periodi, fino ad arrivare ad oltre
quaranta minuti continui di osservazione, con enormi benefici sia sul piano della
visione che del benessere generale.Alla luce di queste esperienze, che sono
corroborate da testimonianze di decine di persone sullo stesso cammino sperimentale,
appaiono davvero inopportune e fuori luogo le infinite raccomandazioni che ci arrivano
dalla scienza convenzionale, che invita a proteggersi il più possibile da quella fonte di
energia senza la quale la vita non sarebbe mai esistita, e senza la quale non sarebbe
possibile alcuna “visione”, né difettosa, né buona.

Lavorare davanti al video e curare la vista di Rishi Giovanni Gatti - gennaio 2006

Come conciliare la cura della vista e il lavoro davanti al video: un problema molteplice
che però ha soluzioni semplici, da mettere in pratica intenzionalmente fino a che non
saranno diventate spontanee e automatiche. Il problema più grosso che un qualsiasi
praticante del Sistema Originale di Bates per la Cura della Vista mediante auto-
trattamento mentale si trova ad affrontare è il lavoro al video del calcolatore
elettronico. Oramai questi schermi elettronici sono ubiquitari, e non ostanti i passi
avanti fatti dalla tecnologia, che ci consegna ogni anno schermi sempre migliori, la
difficoltà di guardarli senza sforzare è sempre enorme, specialmente per chi è all’inizio
della cura ed ha da poco abbandonato definitivamente e permanentemente l’uso delle
lenti correttive o dei dispositivi a foro stenopeico.Potremmo dire che le due attività, la
cura della vista e l’uso del videoterminale, siano due occupazioni che si elidono a
vicenda, nel senso che se si persegue l’una, ciò è a detrimento dell’altra e vice versa.
Infatti la persona che ha una vista imperfetta sotto trattamento si trova a dover
fronteggiare un problema per certi versi molteplice:

1. la caratteristica peculiare delle cifre e delle lettere generate sul video, come impulsi
luminosi primari e non come mero riflesso secondario di una fonte luminosa terza,
come quella della carta stampata dei libri di testo;
2. la carenza di luce naturale nell’ambiente di lavoro e la insufficiente intensità del flusso
della comune luce artificiale, nonché la sua scarsa qualità;
3. la preoccupazione di dover “essere produttivi”, perché si ha poco tempo e si deve
terminare il lavoro, e gli occhi si ribellano e ci vedono sempre peggio essendo
sottoposti ad un conseguente e aumentato sforzo per vedere.
Analizzando più nel dettaglio le varie condizioni elencate, ci accorgiamo che alcuni
rimedi esistono e si possono attuare con grande beneficio. In particolare:

a) il video come la carta stampata

Che le immagini video – lettere e cifre – siano costituite da “pixel”, composti ciascuno
da tre “sottopixel” con i tre colori primari (rosso, verde e blu) in sintesi additiva, e
separati tra loro da un microscopico contorno nero di sfondo, è una verità che pochi
lettori hanno realizzato. Prendere coscienza di questo fatto avvicinandosi al video o
prendendo una lente da ingrandimento per capire bene il fenomeno è una conditio
sine qua non per attuare una strategia vincente di cura. Se non si conosce il problema
quale è, come è possibile risolverlo, o dissolverlo? Il problema è che le lettere e i
numeri a video non sono reali, ma sono un semplice accostarsi di punti in una matrice
prefissata, che il cervello si sforza di integrare, di rendere reale come il carattere
stampato su carta. L’unico modo che il cervello ha per ovviare a questo problema è
sfocare leggermente l’occhio per creare una lieve sovrapposizione tra i pixel sfocati in
modo tale che il carattere matriciale sembri costituito da un tratto continuo, come il
carattere stampato. Questo meccanismo perverso si attiva inconsciamente e persiste
fino a che non viene ripristinata la “centrale fissazione” dell’occhio, e cioè la capacità
di discernere il singolo pixel, o meglio ancora il singolo sottopixel, che va a costituire
insieme agli altri pixel o sottopixel la matrice sulla quale si ricava il simbolo a video.A
dire il vero, l’ideale sarebbe riuscire a discernere, tramite centrale fissazione, una
piccolissima parte dell’interspazio nero che costituisce lo sfondo sul quale i pixel si
accendono per formare il simbolo a video. Per farlo, è sufficiente immaginare, mentre
si usano gli occhi, questa piccolissima parte di interspazio nero presente ovunque
sotto ai pixel, dimenticandosi di tutto il resto, e spostando lo sguardo sulle lettere,
ricordandosi che non si tratta di lettere vere ma di pixel e sottopixel separati tra loro,
e che è assurdo cercare di vederli come un tratto continuo.

b) luci forti

La differenza tra l’illuminamento che l’occhio umano troverebbe normalmente


all’aperto in una giornata serena di sole primaverile e l’illuminamento di cui può
godere quando è all’interno di un ufficio davanti al video del calcolatore è dell’ordine
delle decine di migliaia di lux. Cioè, stare al chiuso e stare all’aperto fa una grande
differenza per l’occhio, che si vede depauperato, all’interno di una comune stanza,
della quasi totalità del suo nutrimento fisiologico, cioè la luce del sole. Per rimediare
occorre agire lungo due direzioni:

1. riabituarsi gradualmente alla luce diretta del sole, imparando a guardarlo


direttamente, nell’arco di qualche mese di pratica quotidiana, usando anche la
scorciatoia della Lente Solare del Dott. Bates;
2. aumentare di pari passo il flusso luminoso che investe gli occhi quando si è al lavoro
davanti al video, utilizzando lampade elettriche di vario tipo, possibilmente ad ampio
spettro (ad esempio quelle della ditta Biosystem Life Lite®), alto rendimento e
temperatura colore di almeno 5.500 K; per la pratica quotidiana con la Tabella di
Snellen sarebbe opportuno, qualora non si possa usare la luce diretta del sole,
utilizzare la forte luce concentrata dei proiettori a ioduri metallici e scarica di gas.
Nell’attuare queste due direttive bisogna sempre ricordarsi che ogni individuo è un
caso a sé, non tutti vedono ugualmente bene nelle medesime condizioni luminose, e
magari una luce che qualcuno potrebbe giudicare forte in realtà per qualcun altro è
assai debole. In tutti i casi, secondo il Dott. Bates, tutti dovrebbero diventare capaci di
poter guardare in alto il sole senza provare alcun fastidio o disagio.

c) usare gli occhi razionalmente

Sono due le trappole che costantemente il video del calcolatore ci tende mentre
lavoriamo con esso:

1. nello spostare il puntatore (la freccia sul video che facciamo muovere spostando il
mouse sulla scrivania), siamo tentati di guardare fissamente il punto di arrivo,
l’oggetto su cui premere il pulsante, e seguire nel campo eccentrico il movimento, in
genere a scatti, che il puntatore fa dietro nostro comando finché esso arriva a
destinazione;
2. una volta dato un comando qualsiasi, siamo tentati, mentre siamo in attesa della
risposta del calcolatore, di fissare lo sguardo nel vuoto, al centro dello schermo,
aspettando chissà che e perdendo tempo ed energia che sono invero assai preziosi.
Queste due tentazioni sono infinitamente molto più dannose per la vista di quelle
elencate precedentemente perché vanno a minare alle fondamenta il funzionamento
naturale della facoltà visiva. È perché usiamo gli occhi così irrazionalmente che la
mente va sotto sforzo e non lavora con la dovuta efficienza. Una mente inefficiente è
una mente che non ha gli occhi sotto il normale controllo, è una mente che genera
preoccupazioni e problemi, che a loro volta indeboliscono la vista e rinforzano il circolo
vizioso dal quale uscire diventa sempre più impegnativo. Fortunatamente il rimedio
esiste:
1. seguire il puntatore immaginando che l’oggetto puntato si muova verso di esso,
mentre si immagina che tutto lo sfondo, compreso l’oggetto verso il quale stiamo
dirigendo il puntatore, si muova in senso contrario al movimento del puntatore;
2. chiudere gli occhi quando si è in attesa del responso del calcolatore, e riaprirli per una
frazione di secondo ogni due o tre secondi, ripetendo il periodo di rilassamento fino
all’avvenuta risposta, per proseguire poi con il lavoro.
Niente di più facile. All’inizio, mettere in pratica questi suggerimenti costerà molto in
termini di produttività, ma è un investimento che vale la pena intraprendere. Già nelle
prime ore si scoprirà che la visione sarà molto migliore e la mente più rilassata e
libera. Tenere nei pressi dello schermo del calcolatore una Tabella di Controllo di
Snellen sulla quale lanciare una rapida occhiata ogni tanto consentirà di verificare i
progressi minuto per minuto, oltre che essere una ulteriore fonte di riposo per gli
occhi. Nel corso dei giorni o delle settimane, sarà possibile rimpicciolire i caratteri
comunemente usati a video e allontanare o avvicinare lo schermo per verificare come
le condizioni che una volta erano assai sfavorevoli ora non lo sono più così tanto, si
sono trasformate in condizioni nelle quali è più facile esercitarsi a vedere sempre
meglio, e a pensare e lavorare in modo sempre più riposato e tranquillo.

L’Immaginazione nella Cura della VistaA cura di Rishi Giovanni Gatti

L’aspetto sicuramente più interessante e coinvolgente dello studio pratico del libro
originale del Dott. Bates Vista Perfetta Senza Occhiali (©2002-2005, Juppiter
Consulting, Milano) è quello relativo al ruolo della facoltà psichica dell’Immaginazione
applicata alla memoria e alla visione. Per “immaginazione” intendiamo qui la facoltà
della mente umana di visualizzare immagini mentali ad occhi chiusi, come anche ad
occhi aperti, il più possibile simili o identiche a ciò che si vede ad occhi aperti, o a ciò
che si ricorda di aver visto. L’immaginazione non è perciò “astratta”, ma dà luogo a
figure mentali ben chiare, vivide, lucide, ricche di dettagli e analizzabili con lo
sguardo, con l’occhio della mente, mediante lo spostamento della “centrale
fissazione”.

Come dice il Dott. Bates, non può esserci immaginazione se non vi è anche visione e
memoria. Le tre facoltà sono distinte ma in realtà coincidenti. Fare esperienza di
questa verità è molto importante nell’ambito della Cura della Vista: come è possibile
ricordare una cosa che non si è mai vista? Come è possibile immaginare una cosa di
cui non si ha memoria alcuna? Come è possibile vedere ciò che non si è in grado di
figurarsi mentalmente? Rispondere filosoficamente a queste domande è inutile,
bisogna fare delle prove, condurre degli esperimenti con se stessi, passare all’azione.
Si tratta di riattivare le tre coincidenti facoltà iniziando con il praticarne una, quella
che riesce meglio, e verificare che anche le altre, se difettose, migliorano. Ad
esempio, una persona miopica può verificare che la sua vista, senza occhiali, è molto
buona al punto prossimo; perciò potrà usare questa buona visione per rimirare
lungamente un piccolo punto stampato e rafforzarne il ricordo, ad occhi chiusi e poi a
occhi aperti. Così facendo, la persona vedrà che, con la pratica continuata, non solo il
ricordo del punto stampato arriverà alla mente senza particolari difficoltà, ma anche la
sua immagine mentale, che dipende dalla facoltà di immaginazione, sarà sempre più
vivida e persistente.

Una buona immaginazione mentale di immagini visive è fondamentale per godere di


vista perfetta e di ottima memoria. Infatti, nel saper immaginare mentalmente un
oggetto, un colore, una scena, la mente trova sollievo, si rilassa, perde ogni tensione
legata alla preoccupazione del vivere, si trova a suo agio. Questa sensazione di agio,
di comodità, si trasmette automaticamente anche all’occhio e a tutti gli altri organi del
corpo, contribuendo a mantenerlo in buona salute e in perfetta vitalità. Di
conseguenza, la vista si mantiene perfetta, e in questo stato genera il materiale visivo
adatto per essere immagazzinato perfettamente nella memoria, pronto ad essere
nuovamente immaginato. Tutti possono coltivare una buona immaginazione, ad occhi
aperti e ad occhi chiusi, e con ciò migliorare la memoria e la vista, e non importa
quanto difettosa sia questa facoltà all’inizio della pratica dei metodi di rilassamento
per la vista perfetta senza occhiali. I risultati che si sono ottenuti in passato, sia quelli
pubblicati dal Dott. Bates che quelli odierni raccolti dai praticanti moderni del suo
Sistema Originale, sono davvero molto incoraggianti. Ci sono persone che curando la
propria vista imperfetta, praticando, per esempio, con la Tabella di Controllo di
Snellen, hanno guarito la loro tendenza a mangiarsi le unghie. Altri hanno risolto
problemi di emicrania o di sinusite cronica che li affliggeva da anni. Altri ancora
hanno scoperto come interrompere un fastidioso singhiozzo con la semplice
immaginazione mentale di un punto nero, oppure risolvere un attacco di starnuti o un
raffreddore senza usare farmaci o altri rimedi.

Ma se ci limitassimo ad illustrare questo utilizzo “semplice” della facoltà di


immaginazione, faremmo un torto a noi stessi e al Dott. Bates. Le implicazioni di
questo tipo di pratica vanno molto più in là. Hanno a che fare con piani di Realtà che
sfuggono alla nostra comprensione comune, a meno che non si accetti un cambio di
paradigma e si cominci a realizzare che l’esistenza umana pertiene ad un dominio
psico-spirituale, che è, per definizione, senza limiti.

Mente e visioneTratto da “Vista perfetta senza occhiali” del Dottor W. H. Bates

Si ammette che la vista povera sia una delle più fruttifere cause di ritardo nelle
scuole. Si è stimato che può ragionevolmente essere ritenuta responsabile di un
quarto degli abituali alunni “rimasti indietro”, e si assume comunemente che tutto
questo possa essere prevenuto mediante occhiali adatti. C’è molto di più nella
visione difettosa, però, della mera incapacità di vedere la lavagna o di usare gli occhi
senza dolore o fastidio. La visione difettosa è il risultato di un’anormale condizione
della mente, e quando la mente è in una condizione anormale è ovvio che nessuno dei
processi educativi possa essere condotto con vantaggio. Mettendo gli occhiali ad un
bambino potremmo, in qualche caso, neutralizzare l’effetto di questa condizione sugli
occhi, e rendendo il paziente più a suo agio potremmo migliorare le sue facoltà
mentali fino ad un certo punto; ma non alteriamo la condizione fondamentale della
mente, e confermandola in un’abitudine cattiva potremmo renderla peggiore. Si può
dimostrare facilmente che tra le facoltà della mente che vengono danneggiate quando
la visione è danneggiata vi è la memoria; e dato che una larga parte del processo
educativo consiste nell’immagazzinare dei fatti nella mente, e che tutti gli altri
processi mentali dipendono dalla conoscenza che si ha dei fatti, è facile vedere quanto
poco si adempia meramente mettendo gli occhiali ad un bambino che ha “problemi
agli occhi”. La straordinaria memoria delle genti primitive è stata attribuita al fatto che
a causa dell’assenza di qualsiasi mezzo conveniente per fare registrazioni scritte essi
dovessero dipendere dai loro ricordi, che venivano di conseguenza rafforzati; ma
nell’ottica dei dati di fatto conosciuti sulla relazione tra memoria e vista è più
ragionevole supporre che la memoria ritentiva dell’uomo primitivo fosse dovuta alla
stessa causa della sua aguzza visione, una mente a riposo.

La memoria dei primitivi, così come la loro acutezza visiva, è stata rilevata tra
persone civilizzate; e se fossero stati fatti i necessari controlli si sarebbe senza dubbio
scoperto che esse occorrono sempre insieme (...) Quando la vista di due persone è
diversa si è scoperto che la memoria differisce di pari grado. (…) Perfino quando la
differenza nella vista è tra i due occhi della stessa persona, si può dimostrare, come è
stato indicato nel capitolo sulla “Memoria come Aiuto alla Visione”, che c’è una
corrispondente differenza nella memoria, a seconda se entrambi gli occhi sono aperti,
o se viene chiuso l’occhio migliore. Nel sistema educativo attuale si fanno continui
tentativi forzosi per costringere i bambini a ricordare. Questi tentativi falliscono
sempre. Essi guastano sia la memoria che la vista. La memoria non si può forzare
come non si può forzare la visione. Ricordiamo senza fare tentativi forzosi, proprio
come vediamo senza tentativi forzosi, e più duramente tentiamo di ricordare o vedere
e meno siamo in grado di farlo.Il tipo di cose che ricordiamo sono le cose che ci
interessano, e la ragione per cui i bambini hanno difficoltà nell’imparare le loro lezioni
è che esse li annoiano. Per la stessa ragione, tra le altre, la vista viene danneggiata, e
la noia è una condizione di sforzo mentale in cui è impossibile per l’occhio funzionare
normalmente. (…) La ragione fondamentale, per la scarsa memoria e per la scarsa
vista dei bambini scolari, in breve, è il nostro sistema educativo irrazionale e non
naturale. La Montessori ci ha insegnato che è solo quando i bambini sono interessati
che possono imparare. E’ ugualmente vero che è solo quando sono interessati che
possono vedere. (…)Quando uno non è interessato la mente non è sotto controllo, e
senza controllo mentale uno non può imparare né vedere (...)

Cosa ci fanno gli occhialiDott. W. H. Bates – “Trattamento senza occhiali”, NY 1920

Fiorentini si erano senza dubbio sbagliati nel supporre che un loro concittadino
(vedere pagina v) fosse l'inventore delle lenti ora così comunemente indossate per
correggere gli errori di rifrazione. Si è discusso molto sull'origine di tali dispositivi, ma
in generale si crede che fossero già conosciuti in un periodo molto precedente a quello
di Salvino degli Armati. I Romani dovevano come minimo conoscere qualcosa sull'arte
di aumentare i poteri degli occhi, dato che Plinio ci racconta che Nerone era solito
guardare i giochi nel Colosseo attraverso una gemma concava in un apposito anello.
Se, comunque, i contemporanei di Salvino degli Armati credevano che egli fosse stato
il primo a produrre questi aiuti alla visione, hanno fatto bene a pregare per il perdono
dei suoi peccati; perché mentre è vero che per qualcuno gli occhiali hanno procurato
un miglioramento della visione e sollievo da dolore e fastidio, per altri sono stati solo
una tortura aggiuntiva, procurando danni più o meno gravi, ed al meglio non portano
mai la visione alla normalità. Che gli occhiali non possano migliorare la vista al
normale può essere dimostrato molto semplicemente guardando un colore qualsiasi
attraverso una forte lente concava o convessa. Si noterà che il colore è sempre meno
intenso di quando viene visto ad occhio nudo; e poiché la percezione delle forme
avviene attraverso la percezione dei colori, ne consegue che sia i colori che le forme
debbano essere visti meno distintamente con gli occhiali che senza. Persino le lenti
piane abbassano la visione di colori e forme, come sa bene chiunque abbia mai
guardato attraverso una finestra. Le donne che indossano occhiali per piccoli difetti
visivi spesso osservano che con essi diventano più o meno cieche ai colori, e in un
negozio si può notare che se li tolgono per confrontare campioni diversi. Se la vista
risulta seriamente difettosa, i colori possono essere visti meglio con gli occhiali che
senza.

Che gli occhiali danneggino gli occhi è evidente dai dati forniti nei precedenti capitoli.
Non si può vedere bene attraverso di essi se non si produce lo stesso grado di errore
rifrattivo per correggere il quale sono stati fatti. Ma gli errori rifrattivi, nell'occhio
lasciato a se stesso, non sono mai costanti. Se ci si assicura una buona visione con
l'aiuto di lenti concave, convesse o astigmatiche, perciò, significa che si sta
mantenendo costantemente un grado di errore rifrattivo che altrimenti non sarebbe
rimasto costante. Ci si può solo aspettare che questo peggiori la condizione, e che ciò
accada è esperienza comune. Dopo che la gente comincia ad indossare occhiali la loro
potenza, in molti casi, deve essere regolarmente aumentata in modo da mantenere il
grado di acutezza visiva assicurato dall'aiuto dei primo paio. Persone con presbiopia
che mettono occhiali perché non leggono la stampa fine troppo spesso scoprono che
dopo averli indossati per un po' non possono, senza il loro aiuto, leggere i caratteri più
grandi che prima erano a loro perfettamente chiari. Una persona con miopia di 20/70
che mette occhiali che gli danno una visione di 20/20 può scoprire che in una
settimana la sua visione senza aiuti è calata a 20/200, e abbiamo la testimonianza del
Dott. Sidler-Huguenin, di Zurigo, che dice che la maggioranza delle migliaia di miopi
da lui trattati peggiorarono regolarmente, a disprezzo di tutta l'abilità nel prescrivere
loro i giusti occhiali. Quando gli occhiali si rompono e si sta senza di essi per una
settimana o due, frequentemente si nota che la vista è migliorata. E’ un dato di fatto
che la vista migliori sempre, di un grado più o meno rilevante, quando si eliminano gli
occhiali, sebbene ciò non sempre venga notato.

Che l'occhio umano rifiuti gli occhiali è un fatto che nessuno vorrà tentare di negare.
Ogni oculista sa che i pazienti devono "abituarsi" ad essi, e che a volte non riescono
mai a farlo. I pazienti con un alto grado di miopia e di ipermetropia hanno grandi
difficoltà nell'abituarsi alla piena correzione, e spesso non sono mai capaci di farlo. Le
forti lenti concave necessarie ai miopi di alto grado rendono gli oggetti molto più
piccoli di quello che sono in realtà, mentre le lenti convesse li ingrandiscono. Queste
sono cose spiacevoli che non si possono superare. I pazienti con un alto grado di
astigmatismo soffrono delle sensazioni molto fastidiose quando indossano gli occhiali
per la prima volta, e per questo motivo vengono avvertiti da uno degli opuscoli della
"Conservazione della Visione" pubblicati dal Consiglio sulla Salute e l'Istruzione
Pubblica dell'Associazione Medica Americana di “abituarsi ad essi in casa prima di
avventurarsi dove un passo falso potrebbe causare un incidente serio”. Solitamente
queste difficoltà vengono superate, ma spesso non lo sono, e a volte succede che
coloro che se la cavano bene con i loro occhiali durante il giorno non riescono ad
abituarsi ad essi di notte.Tutti gli occhiali contraggono il campo della visione per un
grado più o meno alto. Anche con occhiali molto leggeri ì pazienti sono incapaci di
vedere distintamente se non quando guardano attraverso il centro delle lenti, con le
montature ad angolo retto rispetto alla linea della visione; e non solo la loro visione
diminuisce se non fanno.

Camminare per guarire la vistaA cura di Rishi Giovanni Gatti - tratto da


www.ecplanet.com

Nel libro “Vista Perfetta Senza Occhiali — Bates” il Dott. Bates chiarisce che per
guarire dalla vista imperfetta occorre esercitarsi con la Tabella di Controllo di Snellen
per almeno un'ora al giorno ed esercitarsi con altri oggetti per ventitre ore al giorno.
La prima parte di questa affermazione è facile da capire: il Dott. Bates ci dice che la
Tabella di Snellen è un ottimo strumento per fare pratica, leggendone le righe senza
sforzarsi di vedere, chiudendo frequentemente gli occhi e ricordando o immaginando il
nero delle lettere sempre più nero e il bianco dei bordi e dello sfondo sempre più
bianco. È la seconda parte della sua affermazione che ci coglie impreparati e ci fa
sobbalzare: come è possibile esercitarsi per ventitre ore al giorno in una qualsiasi
attività? Semplicemente, il Dott. Bates dice questo per farci capire che l'unico modo
per guarire la vista è quello di smettere di sforzarsi per vedere, e quindi di ricuperare
quello stato di rilassamento mentale naturale che avevamo prima di ammalarci di
vista imperfetta. Solo nel rilassamento infatti è possibile esercitarsi 24 ore su 24
senza stancarci, e cioè vivere una vita felice e piena. E questo “esercitarsi” in realtà
non è altro che il funzionamento normale dell'organismo umano, del corpo e della
mente, quando sono in stato di “operosa quiete” e non vi sono perdite di energie in
sforzi inutili. Tra le tante attività che si fanno durante il giorno vi è il camminare. Il
Dott. Bates ha inventato un metodo di rilassamento basato su questa semplicissima
attività umana: semplicemente si tratta di immaginarsi una linea mediana che parte
dal centro del corpo, sul suolo, e si proietta in avanti in lontananza, all'infinito, come
per dividere lo spazio in due settori, ciascuno in relazione ad un lato del corpo; mentre
si cammina, si fa caso alla sensazione di dondolio che si percepisce osservando come
lo sguardo si sposti da un settore all'altro, ogni volta che il piede più avanzato tocca
terra e “cede il passo” all'altro che si stacca e lo supera. In sostanza bisogna
esercitarsi nell'osservare come l'alternarsi dei due piedi sul terreno corrisponda ad un
naturale spostamento dello sguardo tra le due parti del paesaggio che scorre avanti
all'osservatore.Se si riesce a mantenere questa sensazione di “dondolìo universale”
mentre si cammina, si possono percorrere distanze incredibili senza alcuno sforzo e
senza precedente allenamento: è un vero e proprio antidoto all'affaticamento e alla
noia. Ovviamente le condizioni più favorevoli per praticare il camminare sono quelle di
una buona condizione luminosa (e cioè il bel sole primaverile) e di uno scenario che
sia interessante per il soggetto, come ad esempio un sentiero di campagna o di
montagna, ma anche una via importante nel centro cittadino, con vetrine piene di
oggetti colorati, persone che si incrociano, mezzi dei più diversi in movimento, cartelli
stradali e dei numeri civici sugli stabili e semafori, insegne luminose, manifesti
pubblicitari, eccetera eccetera.

Quanto detto finora ha un senso ed una utilità solo se viene praticato senza occhiali e
lenti a contatto, e senza occhiali da sole. Chi è miope e si sente in difficoltà, deve solo
fare un po' di pratica iniziale guardando oggetti vicini, evitando di guardare in
lontananza all'orizzonte o dall'altro lato della strada, per non rischiare di aumentare lo
sforzo per vedere. Con il tempo e la pratica quotidiana, ecco che la sensazione di
dondolio si stabilisce con più sicurezza e più velocemente e sarà possibile alzare un
po' lo sguardo e scoprire che anche gli oggetti lontani si trovano incredibilmente a
fuoco, prima solo se sono bene illuminati, e in seguito anche se sono in penombra.Chi
scrive si è trovato a percorrere in questo modo circa sette chilometri e mezzo lungo le
vie di Milano, da Porta Venezia a via Rogoredo, in meno di un'ora e tre quarti, senza
accusare il benché minimo fastidio. Anzi, il tempo è volato e la vista si è dimostrata
normale e spesso addirittura perfetta (quindici o venti decimi), come è dimostrato dal
fatto di aver potuto leggere le scritte minuscole incise sul marmo dei cartelli delle
strade ad oltre trenta metri, o l'orologio dell'ora elettrica a oltre centocinquanta metri.
Chiunque può dimostrare questi fatti, se abbandona gli occhiali correttivi per qualche
giorno e sta alla luce del sole per qualche ora, a guardare lo scenario che scorre
davanti a lui facendo bene attenzione a rinunciare allo sforzo che fa per vedere chi ha
vista imperfetta. È sufficiente avere un po' di pazienza e ricordare che il mondo si
muove, grazie anche allo stratagemma della linea immaginaria di mezzeria che evita
di fissare lo sguardo e aiuta a mantenere il dondolio.

Rishi Giovanni GattiGiornalista, direttore responsabile de IL FALCO PER


L'EDUCAZIONE ALLA VISTA PERFETTA, rivista periodica bimestrale esclusiva dedicata
alla divulgazione delle pubblicazioni originali di William H. Bates, M.D., lo scopritore
della cura della vista imperfetta mediante trattamento senza occhiali.

Il Sistema Originale di Bates nel Ventunesimo SecoloA cura di Rishi Giovanni Gatti
Tratto da www.ecplanet.com

Quando, nell’aprile del 1982, chiesi ingenuamente alla oculista di famiglia – che mi
aveva appena prescritto lenti concave da mezza diottria – se non si potesse fare
nient’altro che mettere gli occhiali, ed ella mi rispose “No.”, accettai quello spietato
verdetto con la triste rassegnazione di tredicenne che doveva dar retta agli adulti,
specialmente a quelli che avevano studiato, ma sentivo dentro di me che c’era
qualcosa di storto, di sbagliato, anche perché quegli occhialetti, leggeri!, davano assai
fastidio e distorcevano le cose, pur rendendole apparentemente nitide, e l’idea che
bisognava abituarsi a quel fastidio aggiungeva solo una sensazione di fregatura in più,
di sfortuna ingiusta aggiuntiva che non sentivo di meritare per nessuna ragione al
mondo. Navigai così i successivi anni della pubertà e dell’adolescenza dietro a false
risposte che non solo crescevano di intensità, fino ad arrivare a cinque diottrie
complessive di astigmatismo per occhio, ma anche di scomodità e impaccio,
impedendomi di divertirmi nel modo più agevole e costringendomi a vedere ciò che
avevo davanti attraverso schermi appannati. Finché, dopo soli quattro anni, come
andava di moda e come tutti i quattrocchi aspiravano, presi la promettente strada
delle lenti a contatto, dato che la miopia si era “stabilizzata”, e la mia voglia di felicità
era diventata più forte. Indossai negli occhi quegli stupidi pezzetti di plastica azzurrina
semirigida gas-permeabile per tre anni e mezzo, prima di capire quanto fossi stato
stolto, e quanto mentalmente miope ero diventato per non essermi accorto ben prima
del mio errore. Mi diedero la “bastonata Zen” due libri presi ad una bancarella della
Macro Edizioni, nell’estate 1989, il primo – che ora giudico mediocre – titolato “L’arte
della vista”, di A. Huxley, in una edizione un po’ sospetta fatta da dei tizi che poi mi
spiegarono che l’avevano dovuta fare così perché chi era titolare ufficiale dei diritti
non voleva ristampare il volume, ed il secondo – che ora giudico assai scarso – titolato
“Vedere bene senza occhiali”, di C. Mar-kert. Quelli erano il bastone, mentre il
Maestro Zen che lo agitava era un certo oftalmologo americano di nome Bates, di cui i
due scrittori menzionati tessevano grandi lodi.

Tolti occhiali e lenti, e rinunciato a molte cose che non potevo più fare con la mia vista
difettosa, provai a sperimentare, acquistando qualche mese dopo il libro di Bates
disponibile a quel tempo in italiano, titolato “Il metodo Bates per vedere bene senza
occhiali” – che ora giudico scandaloso – e ricevendone una impressione tanto
entusiasmante da un lato, quanto deludente dall’altro. Il fatto era che i tre libri nel
loro complesso dimostravano chiaramente che qualcosa si poteva fare per migliorare o
risolvere i problemi della vista, ma nello stesso tempo non davano quella profondità,
quella sicurezza, quel supporto, necessarie affinché il lettore potesse ottenere
qualcosa di più che un lieve miglioramento davanti alla tabella, seduti sulla sedia
dell’oculista: dopo un anno di cattiva e mal consigliata pratica, la prescrizione era
scesa di una diottria per occhio, cioè di circa il 20%. I libri, in una parola, mancavano
di motivazione per fare scattare quella scintilla, come imparai a conoscere dieci anni
dopo, che accende la verità che c’è in ognuno di noi e ci fa compiere la nostra vita più
in armonia con l’Ordine naturale delle cose. Negli Anni Novanta l’ascesa dei nuovi
sistemi di comunicazione globale come Internet ha permesso, a noi che siamo persone
intelligenti, di accedere direttamente alle fonti di informazione più adatte, ed è così
che sono venuto a conoscenza, circa due anni fa, di molte realtà e molti fatti riguardo
al ricupero della vista, prima fra tutte, e di importanza vitale, l’esistenza di un libro del
1920, dal titolo “Perfect sight without glasses” – l’unico vero libro scritto, e prodotto,
dallo stesso W.H. Bates, – e l’esistenza di una serie di 133 numeri di una rivista
mensile dal titolo “Better Eyesight” che lo stesso Bates, insieme ai suoi collaboratori
più stretti, a cominciare dalla fedele assistente Emily C. Lierman, aveva pubblicato a
New York dal 1919 al 1930. Sono state queste due letture ad aprire gli occhi del mio
spirito e a finalmente raggiungere quella motivazione e quella comprensione che mi
mancavano per cominciare veramente a capire di che cosa questo Sistema Bates si
voleva occupare, insegnandoci ad usare mente e occhi senza sforzo e con il massimo
beneficio non solo per la visione ma anche e soprattutto per il benessere generale
dell’organismo, a beneficio anche di quell’aspetto spirituale che in esso abita. Tanto
grande era la forza di verità che trovavo nelle parole originali, vere, del fondatore
Bates, quanto deboli, imprecise e fuorvianti erano le indicazioni, stupide e sbagliate
nella quasi totalità dei casi, che si trovavano negli altri libri, scritti nel corso degli anni
da oscuri e mistificanti epigoni del maestro, che ero andato acquistando nella
speranza di chiarire le contraddizioni e le incongruenze, per non dire l’inconsistenza,
che mi torturavano mentre cercavo di capire come mai non riuscivo a vederci bene
non ostante fossi perfettamente convinto che questo era possibile.

La verità era che quei lampi di visione perfetta che avevo cominciato a sperimentare
spontaneamente una volta tolti gli occhiali – parlo di visione assolutamente nitida e
libera, centrale e ricca di contrasto, colore e dimensionalità – accadevano soltanto per
caso, e non avevo controllo su di essi, tanto che presto sparivano così come erano
apparsi, lasciandomi in uno stato di costernazione profonda e di sforzo aggiuntivo dato
dal fatto che non ero in grado di replicarli a volontà. Leggendo invece i testi originali,
che ora, insieme alla Juppiter Consulting Publishing Company, abbiamo
orgogliosamente pubblicato in italiano nel formato originario impegnandoci a
conservarne durante la traduzione lo spirito ribelle e la completa portata terapeutica,
ho capito dapprima come replicare a volontà i momenti di visione nitida, e poi come
accettare che essi si producano e si sostengano da soli, rendendomi capace di leggere
i dieci decimi sulla sedia dell’ottico, o di guardare il sole senza disagio o di guidare di
notte per molte ore di seguito senza accusare fatica e distrazioni. Solo nei testi
originali si trova infatti quella motivazione e quella conoscenza che – a ben guardare!
– consente a chiunque di capire cosa si deve fare, cosa non fare, e come procedere. Il
danno che è stato fatto in passato, e che noi con “il falco” vogliamo tentare di
rimediare, è stato quello di edulcorare e mistificare gli obiettivi originari del lavoro di
Bates, quando l’editore che è subentrato nel 1943 ha tagliato la metà dei contenuti del
libro del 1920, sostituendo, in maniera criminale ed ingiusta, parole come “guarigione”
e “cura” con “miglioramento”, dando l’impressione di una condizione di “vorrei dire ma
non posso”, come se lo stesso Bates si vergognasse a dire che lui i suoi pazienti li
guariva veramente dai problemi funzionali ed organici degli occhi, come se non fosse
giusto e leale offrire alla popolazione di vista difettosa la possibilità di imparare come
si può guarire senza l’uso degli occhiali, ma anzi approfittando di un trattamento di
cura che non si limita a rimuovere sintomi e cause ma offre un vero e proprio percorso
di crescita spirituale personale che regge il confronto con la meditazione, lo Zen, lo
Yoga, il Tao, e tutte le altre discipline o scuole di pensiero orientale che la New Age e
la Next Age ci hanno fatto conoscere in questi ultimi anni.

Le scoperte di Bates davano molto fastidio all’industria degli occhiali, allora, e danno
molto fastidio all’industria delle operazioni chirurgiche oggi, ma di più davano e danno
fastidio a chi dimostra di aver sepolto la propria intelligenza sotto tonnellate di
conformismo, paura e rassegnazione. È il caso dei cosiddetti “insegnanti del Metodo
Bates”, altrimenti detti “educatori visivi”, o “visual trainer”. Sono queste le persone
che hanno affossato definitivamente – a partire dagli Anni Quaranta appunto – la
verità scoperta da Bates e ne hanno ucciso il pensiero. Quando nel 1989/90, agli inizi
della mia ricerca, partecipai ad un “corso sul Metodo Bates” e vidi l’insegnante
presentarsi con gli occhiali, ebbi subito un tonfo nel cervello, che mi riportò proprio a
quella sensazione sgradevole che mi procurò il “No.” della oculista di famiglia, e
spense quella debole luce di speranza che avevo allora, nell’immaginare che potessero
esistere persone che il metodo lo conoscevano davvero e che potevano aiutarmi
seriamente. Nel corso degli anni ho potuto verificare che queste persone non esistono,
o se esistono sono molto discrete e non si palesano, proprio come fanno i veri
illuminati, quelli che te li devi andare a cercare con il lanternino, come faceva
Diogene, l’uomo della lampada, che insieme al suo cane fermava i passanti e gli
gettava un fascio di luce sul viso e rispondeva “Cerco l’Uomo” a chi gli domandava il
motivo del suo bizzarro comportamento. Come Diogene, abbiamo gettato luce sui visi
di codesti professionisti, per scoprire che si dividono in due categorie: a) coloro che
erano gravemente colpiti dalla vista difettosa, che hanno fatto un qualche “corso”
gestito da altri personaggi simili, e che sono migliorati di qualche grado, ma che sono
ancora ben difettosi dal punto di vista indicato da Bates; b) quelli che di “problemi
visivi non ne hanno mai avuti”, che non portano occhiali e non ne hanno mai portati,
ma che se interrogati sulla loro capacità di superare gli standard minimi, come Bates
richiedeva per i suoi insegnanti, o di guardare il sole senza disagio, o leggere caratteri
microscopici senza imbarazzo, evitano di rispondere, e se interrogati sugli aspetti più
importanti delle scoperte di Bates, circa l’abilità di silenziare il dolore ricordando
perfettamente un piccolo punto nero dondolante nella mente, non sanno proprio di
che cosa si sta parlando.

Sono questi i fatti e le persone che hanno impedito alla gente di formarsi una opinione
giusta su come si deve intervenire personalmente con l’auto-trattamento mediante i
metodi di rilassamento dei centri visivi del cervello sviluppati da Bates. E chiedere
aiuto a persone che non hanno compreso questi fatti o a libri che trattano la questione
solo con pressapochismo e superficialità, è inutile e controproducente. Con “il falco”,
la presente rivista, noi preferiamo ripartire dall’inizio, a cent’anni di distanza dalle
prime pubblicazioni, e costruire fedelmente un percorso personale che abbia chiari due
requisiti essenziali: 1) se Bates ha ragione, come in realtà è, non c’è motivo per cui
uno non possa guarire il suo difetto, qualsiasi esso sia, in durata e gravità, e
proseguire con il trattamento per raggiungere standard visivi superiori al “normale”;
2) il fatto che il trattamento possa sembrare “difficile”, lungo, tedioso ed incerto,
dimostra solo che la comprensione che ne abbiamo di esso è sbagliata, imprecisa, non
dimostrata, astratta, e bisogna agire di conseguenza per correggere queste
aberrazioni.

Di nuovo, ciò che si deve coltivare è una motivazione, basata su dati di fatto che
devono essere dimostrati personalmente dal soggetto – ma veramente, non per
sentito dire o per averne meramente letto sui testi o su Internet – che troverà in certi
casi comodo se non essenziale usufruire dell’aiuto di qualcuno che abbia già raggiunto
una visione normale o perfetta, o che l’abbia conservata e coltivata intatta non
ostante le sorgenti di sforzo e di tensione che la società in cui viviamo, l’educazione, la
cultura, ci sottopongono. Con “il falco”, vogliamo rendere disponibili a tutti i lettori
questi “ferri del mestiere”, e cioè la possibilità di leggere le vere parole del Dott. Bates
e del suo staff originario – vere parole non mediate da alcuna influenza successiva,
che le ha censurate, travisate e camuffate in modo indegno – ma anche fare da punto
di riferimento ufficiale, da veicolo giornalistico legato all’attualità, per raccontare i
progressi che molti di noi praticanti dei metodi originari di Bates fanno
quotidianamente, e le guarigioni già raggiunte, in modo da incentivare e stimolare
quella motivazione a prendersi cura della propria facoltà visiva seguendo
semplicemente il buon senso, i modi della Natura, per scoprire che in realtà il lavoro di
ricerca personale basato sulla vista è un vero e proprio percorso di guarigione
spirituale, dai significati ancora in gran parte non realizzati né immaginati.

Rishi Giovanni Gatti è il direttore responsabile de “il falco”. Cura con interesse e
spirito critico la divulgazione delle formidabili scoperte di W.H. Bates, attraverso la
Casa editrice da lui fondata, con l’obiettivo di presentarle nel modo più efficace, per
consentire a chiunque di comprenderle ed utilizzarle come in realtà esse veramente
meritano.

I Pericoli del Sole di Invernodi Rishi Giovanni Gatti (www.sistemabates.it)

Nella stagione invernale la durata delle giornate è molto inferiore rispetto al periodo
estivo e in genere i nostri occhi vengono esposti assai raramente alla quantità di luce
necessaria affinché essi possano esercitare il loro potere con il massimo del
rendimento. L’uso di luci artificiali di scarsa qualità e a basso indice di resa cromatica
(come lo sono quasi tutte la lampade fluorescenti a risparmio energetico, dotate di
uno spettro luminoso molto povero) costringe infatti gli occhi non perfettamente
rilassati a fare degli sforzi per abituarsi a una condizione luminosa non adatta. Cosí
facendo, il difetto visivo, che sia corretto o meno dagli occhiali da vista o dalle lenti a
contatto, tende sempre a peggiorare e con esso peggiora anche il rendimento mentale
e il benessere generale della persona.

La prova di questo aumentato disagio dovuto al buio invernale la si ha quando per


caso, in una giornata magari fredda e ventosa, spunta il sole nel cielo limpido, e la sua
luce ci appare inconsueta, troppo forte e fastidiosa. Il sole invernale è molto basso
all’orizzonte e quando si sostituisce alla nebbia o alle nuvole o alla coltre grigia dello
smog cittadino, ci coglie sempre alla sprovvista, fin quasi ad accecarci. Ecco quindi
che le persone, anziché gioire per il lieto evento, si sentono súbito innervosire senza
motivo, iniziano a strizzare le pàlpebre, soffrono di debilitanti mal di testa e altri dolori
e malesseri di difficile eziologia, e corrono presto a rintanarsi in casa dietro alle tende,
oppure, il che è ancóra peggio, indossano immediatamente degli orrendi occhiali neri
alla moda, pensando di “proteggersi” e di eliminare il problema alla radice. Ma non è
certo questa la soluzione.

Il problema del sole di inverno si può risolvere mediante prevenzione intelligente, e


cioè modificando le condizioni di vita in ufficio e all’interno delle abitazioni, applicando
su se stessi dei piccoli accorgimenti naturali, che andiamo a elencare:

— studiare la cura della vista secondo il sistema originario del Dott. Bates
esercitandosi con tabelle di controllo da lontano e da vicino (vedi sito web
www.sistemabates.it)

— praticare il “trattamento con la luce”, utilizzando una forte luce elettrica a ioduri
metallici, ad alogeni o a LED di alta potenza di recente produzione (per informazioni
scrivere a stronglight@sistemabates.it). Questo trattamento consiste nell’abituarsi
alle luci forti procedendo per gradi, cioè prima rimirandole per lungo tempo a occhi
chiusi, poi esponendo a esse la parte bianca dell’occhio mentre si guarda in basso e si
solleva la pàlpebra, e poi, alla fine e con grande discrezione, incominciando a sbirciare
direttamente la fonte luminosa sbattendo le pàlpebre e guardando frequentemente
altrove, notando poi che al termine dell’esperimento la visione risulta nettamente
migliorata rispetto a prima
— sostituire tutte le lampade fluorescenti a basso consumo con lampade ad ampio
spettro, sia fluorescenti che a LED (per informazioni scrivere a
stronglight@sistemabates.it), in particolare in quei locali dove si passa il maggior
numero di ore e, obbligatoriamente, alla scrivania, sia per lo studio che per il lavoro

— imparare a lèggere caratteri piccoli in luce molto fioca, ma senza sforzo e


solamente per rilassare gli occhi e non per capire quello che c’è scritto nel testo

— eliminare il piú possibile i cibi industriali e totalmente lo zucchero bianco e i


farinacei raffinati; questo accorgimento è necessario per evitare la comparsa di
eritemi e arrossamenti e bruciature quando si va a sciare o quando si va al mare in
primavera o estate.

Seguendo questo semplice protocollo, ciascuno dei lettori potrà verificare che la
prossima volta in cui il sole di inverno ci sorprenderà spuntando improvvisamente
dietro a una nuvola, noi saremo ben lieti della sua comparsa e ne apprezzeremo
ampiamente i beneficî, godendo a occhi bene aperti della sua energia e apprezzando
ancóra di piú la perfezione dei dettagli negli oggetti visti grazie allo splendore dei suoi
raggi.

Luci LED per abituare gli occhi al sole (estivo!) di Rishi Giovanni Gatti – giugno 2010

Pochi giorni fa è stato pubblicato l’ennesimo studio di una università anglosassone che
sfata il mito della pericolosità dell’esposizione del corpo alla luce solare. Sembra che
se la gente fosse meno timorosa di prendere una tintarella naturale, o anche
solamente di fare semplici passeggiate con pochi vestiti addosso (senza cappello e
senza occhiali da sole), si ridurrebbero di ben cinquantamila unità le morti per tumore
nei soli Stati Uniti. Il beneficio che deriva dall’esposizione al sole è giustificato dai
medici dal conseguente aumento della produzione di Vitamina D, che viene assunta
dall’organismo normale dai cibi soltanto per il 10%. Meno luce si prende, quindi,
meno Vitamina D si produce, piú si crea una carenza cronica e piú malattie ci
affliggono con l’avanzare degli anni, in particolare quelle legate alle ossa e alle
articolazioni (per il depauperamento del Calcio). Recentemente sono state attribuite a
una carenza di questa vitamina anche altre malattie degenerative come il diabete, i
tumori, le cardiopatie, o la debilitante sclerosi multipla.

Come al solito, gli autori degli studî che di volta in volta richiamano a una
rivalutazione della Elioterapia ci avvisano che sono necessarie creme solari ad alta
protezione per prevenire le “scottature”, dimenticando però di dirci che i componenti
chimici contenuti in tali creme sono spesso tossici e rischiano di annullare i beneficî
dello stesso trattamento solare. L’unica soluzione seria, secondo il buon senso
igienista, è quella di procedere per gradi cercando di abituarsi gradualmente alla forte
luce solare, 1) curando l’alimentazione, che deve orientarsi alla frutta e alla verdura di
stagione in modo quasi esclusivo, 2) assicurando il giusto apporto di acqua fresca
(magari di sorgente o per lo meno vitalizzata attraverso varî apparecchi oggi in
commercio) per bilanciare la sudorazione, e sopra a tutto 3) prevenendo il fastidio agli
occhi senza usare i dannosi occhiali da sole.

Per i primi due punti testé elencati rimandiamo ad altri articoli e/o testi presenti su
questo sito che trattano ampiamente l’argomento. Per il terzo punto, offriamo una
serie di suggerimenti operativi da applicare se interessati.
Spesse volte si ha paura che il sole ci bruci la pelle perché ci esponiamo a esso pur
avendo un forte fastidio dato dalla luce, alla quale gli occhi non sono piú abituati per
via delle lunghe ore di buio e/o penombra che la stagione invernale ci ha procurato,
complice anche la necessità di vivere quasi sempre al coperto. Per evitare questi forti
fastidî sarebbe sufficiente allenarsi ogni giorno a guardare direttamente a occhi aperti
(senza alcun tipo di occhiali) una forte luce elettrica per almeno cinque o dieci minuti
al giorno durante la stagione invernale (iniziando da una certa distanza e una bassa
intensità per poi aumentare nel corso delle settimane). Se questo non è stato fatto, è
possibile rimediare in un tempo relativamente breve nella stagione estiva praticando
alcune delle seguenti suggestioni:

a) a occhi chiusi esporre per 5, 10, 15 o 30 minuti o piú a seconda della disponibilità,
il viso al sole fresco del mattino o della sera, evitando il sole di mezzogiorno per la
prima o le prime settimane

b) superato questo stadio, il lettore sentirà grandi beneficî ma in particolare avrà la


necessità di “goderne di piú”, al che sarà possibile sollevare la palpebra di un singolo
occhio per esporne al sole la parte bianca mentre si guarda in basso il piú possibile;
questo può essere fatto per alcuni minuti alternando ogni occhio, per sessioni di dieci
o venti minuti complessive, o anche di più

c)superato questo stadio, sarà possibile provare a esporre i due occhi insieme
sollevando entrambe le palpebre; se il fastidio era stato precedentemente eliminato,
questa pratica si rivelerà eccezionalmente buona per gli occhi e per il benessere in
generale

ci)superato questo stadio, sarà possibile iniziare a rimirare il sole direttamente, un


occhio alla volta, lampeggiando le palpebre, per pochi minuti al mattino e alla sera;
dopo alcuni giorni o settimane sarà possibile farlo con i due occhi insieme e con il sole
piú in alto nel cielo

cii)quando il lettore è consapevole di poter rimirare per alcuni minuti il sole di


mezzogiorno con i due occhi insieme senza provare il benché minimo fastidio e
sbattendo naturalmente le palpebre, egli sarà dotato di una calma interiore e di un
benessere psicofisico mai provato prima e la tintarella, nel frattempo, si sarà formata
automaticamente, o comunque la paura dell’esposizione al sole sarà completamente
svanita; c’è da dire però che per arrivare a questo stadio molto probabilmente
saranno stati necessarî molti mesi di allenamento quotidiano, e cercare di accorciare
questo tempo “forzando” l’osservazione del sole senza prima essersi preparati
naturalmente conduce di solito a problemi organici degli occhi che è preferibile evitare
(pur essendo guaribili, questi danni causati dallo sforzo di guardare direttamente il
sole – senza essere naturalmente pronti a farlo – sono fonte di preoccupazioni inutili
che è preferibile evitare sin dal principio).

È possibile però accorciare, almeno in parte, la trafila elencata sopra utilizzando una
forte luce LED a fascio concentrato per eseguire questo trattamento in casa, a ogni
ora del giorno (e della notte), per rinforzare gli occhi e renderli pronti per l’esposizione
estiva al sole. Si tratta di munirsi di una lampadina “flashlight” di almeno 3 watt di
potenza, che abbia un flusso di almeno 150 lumen e la capacità di essere vista di
notte ad almeno 250 metri di distanza. Con queste caratteristiche, è possibile
simulare blandamente l’intensità della luce solare dirigendo il fascio sulla parte bianca
dell’occhio, mentre si guarda in basso e dopo aver sollevato la palpebra. La
lampadina non deve restare mai ferma ma deve oscillare da parte a parte, a una
distanza dall’occhio di alcuni centimetri. Ovviamente, se si prova il benché minimo
fastidio agli occhi, la lampadina va allontanata e la durata del trattamento non deve
superare i pochissimi secondi per volta. Con la pratica, è possibile continuare per uno
o due minuti per occhio, alternando e muovendo il fascio su tutta la parte bianca,
evitando di guardare direttamente la luce (questo potrà essere fatto gradualmente nel
tempo, prima con un occhio e poi con entrambi, senza mai fissare lo sguardo per piú
di un istante e sempre sbattendo le palpebre continuamente).

In questo modo, il lettore intelligente avrà rapidamente superato la disabitudine alle


luci forti e potrà immergersi nel sole estivo senza soffrire eritemi alla pelle e senza
doversi nascondere dietro a visiere, cappelli o lenti scure, procurandosi cosí la giusta
ricarica energetica che al tempo giusto si potrà rivelare essere una forte carica
spirituale per affrontare la vita di tutti i giorni oltre che per agevolare il cammino
evolutivo che tutti gli esseri umani sono chiamati a fare nell’esplorazione dei misteri
dell’Esistenza.

Strumenti indispensabili (nella Cura della Vista)Rishi Giovanni Gatti 2 dicembre 2009

Nella stagione buia è importante continuare il lavoro di riposo con le Tabelle di


Controllo di Snellen secondo il Sistema originale del Dott. Bates, assicurandosi però la
migliore qualità della luce elettrica utilizzata per illuminare l’ambiente e le tabelle
stesse.

Come gli affezionati lettori di questa rubrica già sapranno, il Sistema Bates™ (Metodo
Bates Originale) prevede alcuni strumenti “indispensabili” da utilizzarsi per dimostrare
i principî fondamentali della Cura della Vista mediante Trattamento Senza Occhiali,
che sono sostanzialmente due: 1) una serie di Tabelle di Controllo di Snellen, e 2)
una buona fonte di illuminazione elettrica (in mancanza della luce solare). In
particolare durante l’autunno e l’inverno è necessario dotarsi di adeguata luce elettrica
per bilanciare l’eccessiva durata della parte buia del giorno di questo peculiare
momento dell’anno. Il fatto è che chi ha vista imperfetta è molto sensibile alle
“condizioni sfavorevoli” e la mancanza di buona illuminazione è la piú grave tra queste
avverse condizioni, ed è causa di ricadute e scoramenti nel corso della cura. È
necessario quindi, per il praticatore che vuole continuare a progredire nel suo percorso
di auto-trattamento, non lasciare nulla al caso e attrezzarsi in modo serio.

La prima cosa da fare è procurarsi una serie completa di Tabelle di Controllo di


Snellen originali, che consiste nei quattro tipi stampati in nero su bianco e in bianco
su nero, da utilizzarsi a varie distanze, per lontano e per vicino. Da affiancare a
questo essenziale strumento, secondo soltanto al libro originale “Vista Perfetta
Senza Occhiali” dell’Editore Juppiter Consulting di Milano (che trovate in vendita su
questo sito), sono stati prodotti due “Mazzi di Lettere di Snellen” che consentono al
praticatore di esercitarsi sia da vicino che da lontano con lettere sconosciute, cioè
estratte a caso, per verificare se il suo livello di rilassamento mentale conquistato
mediante la pratica fedele dei varî metodi originali del Dott. Bates possa essere
mantenuto anche quando si guardano lettere non conosciute, e quindi di per sé
sfavorevoli. I “Mazzi di Lettere di Snellen” non sono altro che vere e proprie “carte da
gioco” in numero di 36, stampate fronte e retro e plastificate, che riportano le dieci
cifre e le ventisei lettere dell’alfabeto, e che devono essere usate alla distanza di 5
metri e di 30 centimetri , a seconda se si stia verificando la visione distante o quella
prossima.
L’altro passo importante da compiere è dotarsi di una buona fonte luminosa, e qui la
scelta deve ricadere su due possibili soluzioni: a) le lampade a risparmio energetico
ad ampio spettro (come quelle prodotte dalla ditta veronese “Bio System Italia srl”,
vedere sito www.biosystemitalia.com), oppure b) le lampade ad altissimo rendimento
agli alogenuri metallici, con preferenza per la Osram Powerball da 150 watt in
tonalità fredda 4200 K. I due tipi di lampade si bilanciano a vicenda e il loro uso
alternato permette di coprire esigenze specifiche. Le lampade ad ampio spettro e
risparmio energetico sono necessarie per l’illuminazione continua della scrivania, delle
stanze domestiche, degli uffici, eccetera, dove vi è una lunga permanenza ed è
necessario godere di una luce il piú possibile simile a quella solare (indice di resa
cromatica vicino al 98), garantendosi come minimo un illuminamento di almeno 500
lux sulla scrivania (meglio sarebbero i 1000 lux, che si potrebbero ottenere utilizzando
due lampade da tavolo da 23 watt appese a circa un metro di distanza dal tavolo). Le
lampade agli alogenuri metallici, dal costo molto piú elevato ma dal rendimento
migliore in assoluto (circa 110 lumen per watt contro i 52 delle lampade fluorescenti
ad ampio spettro), sono invece molto raccomandabili per essere usate nel lavoro con
le Tabelle di Controllo di Snellen, in quanto consentono di godere di illuminamenti
paragonabili alla luce solare (circa 10.000 lux di luce incidente sulla tabella stessa).
Questi particolari elevatissimi valori di luce vengono ottenuti grazie alla particolare
conformazione delle lampade che vengono di solito montate in proiettori dedicati,
alimentati elettronicamente, che ne amplificano i rendimenti e ne concentrano il fascio
di luce grazie alle ottiche impiegate. Utilizzando uno di questi proiettori, fornito con
basetta basculante, siamo in grado di posizionare la fonte luminosa dove piú ci
aggrada e poterla dirigere secondo vari angoli, puntandola direttamente sulla Tabella,
oppure sul soffitto o su una parete, su uno specchio, eccetera, se vogliamo una
illuminazione diffusa o piú attenuata. Non va trascurata inoltre la possibilità di usare
questa forte luce come mezzo per il “trattamento con il sole” inventato dal Dott.
Bates, che consiste nell’imparare a guardare direttamente queste luci forti senza
subire alcun danno ma al contrario aumentando il proprio grado di rilassamento.

Nel corso dei “Gruppi di Studio” organizzati dalla Associazione Vista Perfetta
facciamo uso di tutti questi strumenti e riscontriamo prontamente degli ottimi risultati
in tutti i casi di vista imperfetta. I soci iniziano le sedute di condivisione ed esperienza
diretta con le tabelle praticando i metodi di riposo e poi constatando i miglioramenti
della visione osservando la Tabella Snellen da varie distanze, con diverse condizioni
luminose, terminando poi lo studio imparando a lèggere facilmente e senza sforzo
anche le lettere sconosciute estratte a caso dal Mazzo Snellen.

Fino a ora, nessuno ha mai terminato una riunione senza riscontrare immediati
beneficî nella propria acutezza visiva: sembra proprio che un regolare “lavoro di
gruppo” sia una forte fonte di catalizzazione della cura, in quanto ci si sente
incoraggiati e stimolati a fare sempre meglio, anche per non “rimanere indietro”
rispetto ai progressi degli altri. Il fatto ancóra piú strano e apparentemente
contraddittorio è che beneficî ancóra maggiori si riscontrano “dopo”, quando si ritorna
alle proprie mansioni e si nota un forte miglioramento della visione di base. Per
alcuni, questo si manifesta nel guardare la televisione, che stranamente appare
perfettamente nitida; in altri casi, è la visione da vicino a diventare molto netta e a
consentire una lettura piú spedita e pronta; in altri casi ancóra, il beneficio è magari
da riscontrarsi in una sensazione di migliorato benessere in tutto il corpo, con riflessi
anche sulla qualità dell’umore o del sonno. Sicuramente le ragioni profonde di questi
beneficî rimarranno misteriose per molti anni, dato che soltanto a pochi individui fuori
dal comune càpita di occuparsi di questi fenomeni e la Scienza e la Medicina non
sembrano intenzionate a occuparsene, ma pare proprio che gli effetti combinati della
luce elettrica di buona qualità e forte intensità, unita alla conoscenza delle formidabili
scoperte del Dott. Bates su Mente e Visione, oltre che allo stato di rilassamento
mentale che si raggiunge spontaneamente quando si è in compagnia di persone che
perseguono lo stesso obiettivo e non “remano contro”, siano di un valore inestimabile
non soltanto per la cura della vista ma anche per la prevenzione dello stress e della
depressione, malattie oramai croniche e ubiquitarie nella società odierna.

Mai senza occhiali (!!!)Giovanni Rishi Gatti - 29 luglio 2009

«Solo il 60% degli italiani usa gli occhiali da sole in estate, tutti gli altri sembrano
poco interessati alla salute degli occhi». Cosí attacca un articolo di Paola Trombetta
su “Io Donna”, il femminile del Corriere della Sera, riportando una indagine di una
sedicente “Commissione Difesa Vista” che molto allarmatamente denuncia, nelle
parole di Francesco Loperfido (sic) del Servizio di Oftalmologia dell’Ospedale San
Raffaele di Milano: «L’esposizione ai raggi solari […] può causare infiammazione della
cornea e favorire malattie degenerative come cataratta e maculopatie. […] Gli occhiali
da sole sono indispensabili, anche quando il cielo è nuvoloso: l’80% delle radiazioni
UV passa attraverso le nubi». L’invito è quindi quello di colmare la grande lacuna del
40% degli italiani che ancora mostrano una qualche residuità di intelligenza, per
convincerli a correre súbito ai ripari, senza ovviamente recarsi presso le bancarelle dei
cinesi per strada bensí dal proprio ottico di fiducia, che saprà consigliare la giusta
gradazione, il giusto colore, la giusta prolarizzazione, e il giusto suo guadagno dalla
vendita di questi oggetti terribili, che già nel 1928 il Dott. Bates aveva definito
letteralmente “ingiuriosi”.

Il lettore mi perdonerà se uso questo spazio per dilungarmi ancora su questi


disgustosi argomenti, ma è capitato che leggessi l’articolo di cui sopra dopo aver
passato cinque magnifiche giornate all’aperto nelle fantastiche strutture ricettive della
“Tenuta Monte Volparo” in Umbria (www.montevolparo.com) dove l’Associazione Vista
Perfetta (www.vistaperfetta.it) ha organizzato e svolto un Gruppo di Studio
Residenziale per l’approfondimento della Cura della Vista Imperfetta secondo i metodi
naturali del Dott. Bates, sfruttando al massimo la possibilità di esercitarsi e
riposarsi con le tabelle di controllo di Snellen nella piú assoluta tranquillità e
nella piú piena luce del sole. Ebbene, abbiamo potuto constatare e verificare
ancóra una volta che la verità è direttamente contraria a quanto viene sostenuto dai
propugnatori degli occhiali da sole: non soltanto l’occhio si riposa e migliora la sua
visione quando viene esposto alla luce naturale, ma nel fare ciò il benessere generale
della persona viene di molto amplificato, grazie al contatto continuo con circostanze e
situazioni piú naturali e lontane da fatica, rumore e “stress” dovuti alla vita di città,
con il traffico rumoroso, le scadenze pressanti, il pericoloso inquinamento, eccetera
eccetera.

I signori della “Commissione Difesa Vista” dovrebbero spiegarci perché – se il sole è


cosí dannoso come loro sostengono – la visione della tabella di Snellen in piena luce
migliora grandemente(1), consentendo di vedere, anche a chi ha portato occhiali per la
miopia per trenta o quarant’anni, la riga dei venti piedi a venti piedi di distanza (cioè
con vista normale) a occhio nudo, migliorando al contempo la propria capacità di
ricordare le singole lettere a occhi chiusi(2), e riuscendo anche a immaginare di vedere
i centri bianchi delle lettere quali la C o la O ben piú bianchi del resto della tabella,
una “illusione”(3) ben nota ai seguaci del Trattamento Senza Occhiali del Dott. Bates.
In particolare queste due ultime caratteristiche non hanno apparentemente nulla a
che fare con gli “occhi”, né con i “dannosi” raggi UV, né con l’intensità dei raggi solari,
ma sono la semplice indicazione del grado di riposo mentale necessario che presiede
la vista normale. Ciò significa che la luce del sole favorisce il rilassamento, e una
mente rilassata consente la vista normale e consente anche di evitare lo sforzo e
l’affaticamento (mentali prima che fisici) che sono la vera causa delle spaventose
malattie di cui veniamo minacciati secondo i venditori delle lenti colorate.

Ma dove vogliono arrivare questi professionisti della sventura, che non perdono
occasione per seminare il panico nella popolazione tentando di convincerla a rifuggire
il piú possibile dalla unica fonte di energia primaria senza la quale nulla sarebbe vivo
sulla Terra, e cioè il sole? A cosa aspirano questi signori? A vedere sul naso del
100% della popolazione i loro begli occhialoni firmati, che gli garantiscono il fatturato
a scàpito della nostra salute? Non gli basta aver già condannato quel cospicuo 60%
che di loro si è fidato e ha adottato queste protezioni solo per verificare, nel tempo,
che la radiazione solare naturale che in passato poteva essere ampiamente ben
tollerata ora è fortemente fastidiosa, e l’occhio, abituatosi al buio, trova impossibile
ogni tipo di condizione luminosa che non sia la penombra, nella quale la visione è
giocoforza piú scarsa?(4)

Giusto di recente ci è capitato di incrociare, camminando per la pubblica via, una


giovane neo-mamma ben imbacuccata nei suoi preziosi occhiali neri all’ultima moda
che spingeva il suo passeggino iper-tecnologico, di quelli con tre ruote enormi di cui la
prima, all’anteriore, addirittura sterzante, dove era alloggiato un piccolissimo bimbo la
caratteristica piú evidente del quale non era il viso paffuto, i capelli fini e colorati o la
pronta risata con le fossette sulle guance rosee, ma il suo bel paio di elegantissimi
occhialetti neri che gli donavano un’aria di sfida come se fosse stato un astronauta in
procinto di lanciarsi alla conquista di Marte. La improvvisa vista di questo povero
bambino ci ha procurato una distinta scossa che sentiamo attiva ancóra adesso, dopo
alcune settimane, e alla luce di quanto detto sopra quel dispiacere diventa ancóra piú
grande mentre pensiamo a quale disgraziatissimo karma o cattiva azione passata il
malcapitato deve rendere omaggio per essere costretto oggi a subire il grandissimo
fastidio della privazione della normale luce del sole. Che male potrà aver mai fatto
quel piccolo bimbo per meritarsi questo? E sopra a tutto, potrà mai salvarsi da questo
infame tormento? Non è cómpito nostro addentrarci oltre, non potendo fare altro che
lasciare ai posteri una cosí ardua sentenza.

Prima di terminare l’articolo desideriamo però fornire al lettore alcune semplici


indicazioni per debellare con fiducia e beneficio ogni dubbio qualsivoglia riguardante la
falsità delle preoccupazioni date dagli illustri professionisti del settore di cui sopra,
elencando alcuni brevi appunti su come utilizzare la luce solare per la salute degli
occhi.La luce del sole è essenziale per la vista: senza luce non vi è visione. Il buio
è dannoso per la vista, e se la vista, che è il piú delicato dei sensi, si danneggia, ciò
significa che il benessere generale del corpo e della mente è parimenti danneggiato; di
conseguenza stare sempre al buio e in penombra, al riparo dai raggi UV fisiologici è
una ingiuria per l’essere umano, e andrebbe evitata con ogni mezzo. Chi si è abituato
al buio e alla penombra trova la luce del sole improvvisamente disturbante e fonte di
fastidio, ma la soluzione a questo problema non può certo essere quella di difendersi
al 100% dalla luce, in quanto tale rimedio sarebbe addirittura peggiore del male
che si vuole curare.

Ri-abituarsi alla piena luce del sole può essere un procedimento lento e da
svolgere con la massima discrezione, ma è l’unica soluzione seria al dramma delle
maculopatie, delle infiammazioni della cornea, delle congiuntiviti, eccetera, ed è un
requisito essenziale per la pratica fruttifera della Cura della Vista come spiegata nel
Sistema Bates™ (Metodo Bates Originale), dopo aver tolto permanentemente ogni
tipo di occhiale. L’obiettivo finale del “trattamento con il sole” (scoperto dal Dott.
Bates) è la capacità di poter rimirare il sole a volontà in ogni condizione, senza
subire alcun tipo di danno qualsivoglia ma al contrario verificando che la visione, dopo
questa pratica, ne viene ulteriormente beneficiata. Tale capacità può essere ottenuta
esclusivamente mediante riposo mentale, e non con tentativi o atti forzosi durante i
quali ci si costringa a guardare il sole controvoglia, con l’unico risultato di danneggiarsi
la rétina e procurarsi cosí inutili fastidi, sebbene temporanei.

Imparando gradualmente a guardare il sole a occhi aperti e verificando giorno per


giorno come questa pratica raffini la capacità visiva migliorandone sia l’acutezza
in piena luce che la sensibilità in penombra, chiunque di noi potrà cosí effettuare una
vera e propria opera di prevenzione e salvaguardia degli occhi dalle malattie
degenerative che li affliggono, e cosí facendo le minacce millantate sulla pericolosità di
questa antica pratica millenaria svaniranno nel nulla come tutte le altre falsità di
fronte alla forte luce della verità.

Due semplici strumenti aiutano il lettore in queste pratiche; essi sono la “Lente
Solare” e lo “Specchio Solare”, la prima dettagliatamente illustrata nelle
pubblicazioni originali del Dott. Bates, a cui rimandiamo, il secondo una applicazione
da lui solo accennata laddove consigliava di limitarsi a osservare una riflessione del
sole stesso su una superficie comoda invece di guardare in alto nel cielo se ciò
dovesse procurare il benché minimo fastidio. In particolare, usare l’osservazione del
sole quando esso è basso all’orizzonte, e cioè all’alba e/o al tramonto, verificando
súbito dopo pochi minuti il livello di visione con una tabella di controllo di Snellen, è il
metodo migliore per garantirsi il massimo successo senza alcun rischio di errore, e
farlo in posti da sogno come la Tenuta Monte Volparo in Umbria dove si ha la
possibilità di godere del sole dal momento in cui sorge al momento in cui tramonta
senza avere ostacoli che ne impediscano la visione è una occasione che ogni serio
praticante del Sistema originale del Dott. Bates non dovrebbe lasciarsi sfuggire! Ma
anche chi vive in città può sempre essere in grado di organizzarsi la possibilità di
passare le giornate sotto condizioni luminose piú cònsone alla natura umana,
attrezzando la sua casa o il suo ufficio con lampade elettriche ad ampio spettro e,
quando possibile, aprendo le finestre per fare entrare la luce naturale non filtrata dai
vetri, magari direzionandola opportunamente installando degli specchi spostabili alla
bisogna.

NOTE

(1) È da scartare qui l’effetto dell’aumento della profondità di campo dovuto alla
contrazione dell’iride, in quanto il miglioramento della visione davanti alla
tabella di controllo avviene a parità di condizioni luminose e in conseguenza
del migliorato riposo mentale, ferme restando le condizioni del sistema
ottico-diaframmatico dell’occhio. (2) Si veda “Vista Perfetta Senza Occhiali
— Bates” edito da Juppiter Consulting Publishing Company® e acquistabile
su questo sito. (3) ibidem. (4) Al contrario, alcuni lettori hanno potuto
constatare in diversi casi gravi di miopie progressive superiori alle 15
diottrie, con diagnosticata maculopatia e minaccia di cecità, la guarigione del
fondo oculare danneggiato grazie alla cessazione dell’uso delle lenti
correttive e alla rinnovata abitudine all’uso della piena luce solare nella vita
di tutti i giorni. Purtroppo queste testimonianze non hanno alcun valore
scientifico essendo basate su casi aneddotici, per quanto certificati dagli
sbalorditi professionisti del settore che li hanno osservati, e devono essere
intese qui come semplice stimolo per ulteriori approfondimenti, non avendo
noi la possibilità di organizzare né di finanziare studi di lungo periodo con
numerosità statisticamente rilevanti per la “scienza” medica.

(2)

alviamoci dai consigli degli esperti sull’uso del videoterminale Giovanni Rishi Gatti*

Con il presente testo desideriamo confutare i contenuti di un articolo comparso su


Repubblica.it che riprende, tra l’altro, una ricerca della Stellenbosch University di
Tygerberg, in Sud Africa. Sotto accusa è il lavoro al videoterminale, che costringe
alla fissità moltissime persone anche per 10 o 12 ore al giorno. I problemi di salute
segnalati sono: i dolori al collo e alla testa, soprattutto in coloro che stanno davanti
allo schermo del calcolatore elettronico tra le 25 e le 30 ore a settimana. Anche
l’Istituto italiano di medicina sociale segnala problematiche simili, indicando che il
46% dei lavoratori dell’Unione europea presta la sua opera in condizioni dolorose o
stancanti. All’Università degli Studi di Bari hanno stabilito che i pericoli della “postura
fissa” sono l’ipercifosi dorsale, l’epicondilite, l’infiammazione dei tendini, la “sindrome
del tunnel carpale”.

Fino a qui, non abbiamo nulla da ribattere; il bello viene quando dobbiamo discutere
su come fare l’adeguata prevenzione. Qui si cita il Decreto Ministeriale 2/10/00 e le
sue “Linee guida d’uso dei videoterminali”, e c’è da mettersi le mani nei capelli per il
contenuto potenzialmente dannosissimo delle regole proposte, che andiamo ad
elencare:

1) postura corretta di fronte al video; secondo il Legislatore questa


“postura corretta si ottiene” a) tenendo i piedi ben appoggiati al pavimento,
b) la schiena ben assestata nel tratto lombare allo schienale della sedia, c)
regolandone altezza e inclinazione;

2) posizionamento dello schermo; deve essere “di fronte”, con lo spigolo


superiore mai più alto della linea degli occhi, a una distanza di circa 50- 70
cm ;

3) tastiera davanti allo schermo insieme al mouse (il dispositivo di


puntamento); il motivo di ciò è che a) devono essere facilmente raggiungibili,
b) gli avambracci siano appoggiati alla scrivania per alleggerire la tensione di
muscoli e spalle;

4) evitare posizioni fisse per tempi prolungati; addirittura viene


consigliato dagli esperti di fare “frequenti esercizi di rilassamento a collo,
schiena, braccia e gambe”.

Leggendo questi quattro punti non possiamo fare a meno di notare la confusione
totale in cui esperti e Legislatore versano inconsapevolmente. È evidente da sé che il
punto 4) è la negazione dei punti 1), 2) e 3): non è possibile evitare posizioni fisse se
si vuole realizzare una “postura corretta” e se si vuole “posizionare bene” lo schermo
e la tastiera! In particolare, tenere i piedi ben appoggiati a terra significa condannarsi
per tutto il giorno alla rigidità, che è la vera causa del malessere davanti allo
schermo! La soluzione non potrà mai essere nella postura, perché “postura” significa
desiderare di rimanere stabili, fissati, e l’origine del problema è proprio in questo
desiderio pernicioso e innaturale.

Desideriamo fare notare che gli stessi problemi, se non in forma più acuta, vengono
sofferti dagli automobilisti, che sono proprio costretti per forza di cose a sedersi nella
postura obbligata della guida, tenendo lo sguardo fisso davanti, e con ciò anchilosando
i muscoli e le articolazioni non soltanto della schiena ma anche del collo e delle spalle.
Chi di noi non si è mai affaticato dopo appena poche decine di minuti di guida in
autostrada, su percorsi semplici e a velocità costante, incolonnati, senza scampo?
Questa è la controprova che i consigli dati sopra sono tutti sbagliati!

L’articolo pubblicato su Repubblica.it continua citando uno studio svedese che


tenderebbe a dimostrare l’erompere di vere e proprie malattie come la rosacea, la
dermatite seborroica, l'eritema aspecifico e l'acne, per colpa dell’esposizione del
lavoratore ai campi elettromagnetici dei videoterminali. La correlazione tra schermi
e disturbi viene stabilita con la formula del “è più soggetto”, che significa, tradotto in
parole povere, “non sappiamo né il perché e né il percome, ma sembra che su cento
pazienti videoterminalisti controllati rispetto a altri cento non videoterminalisti,
qualcuno dei primi si ammala di più di certe patologie rispetto agli altri”. Ma non
viene specificato quali cause reali stiano alla base della anomalia statistica. A parere
nostro, a prescindere dai guasti causati dall’alimentazione inappropriata e dalla vita
generalmente sedentaria, i difetti di salute manifestati dai videoterminalisti in
generale sono dovuti dalla mancanza di esposizione alla luce naturale del sole. Il
resto sarebbero cause secondarie e non determinanti. Ai lettori lasciamo il beneficio
della sperimentazione pratica e la verifica nel loro caso personale della bontà della
nostra esperienza.

Per concludere, affrontiamo finalmente l’argomento che più ci sta a cuore: il parere
degli oculisti.Secondo loro, l’utilizzo del computer non provoca un peggioramento
delle nostre capacità visive. Questa affermazione ci colpisce! Vengono a cadere tutte
le premesse riportate sopra, e cioè che il videoterminale sia dannoso! Per gli oculisti,
non è così. Le capacità visive non peggiorano per colpa del computer. In realtà, esso
invece affatica gli occhi e fa perdere al nervo ottico elasticità. Quindi, non è vero
quanto appena detto, la vista non peggiora ma gli occhi si affaticano. Noi abbiamo
sempre saputo che un occhio affaticato ha sempre un calo della visione, così come
ogni organo affaticato ha un calo della sua funzionalità. Per gli oculisti non c’è da
preoccuparsi. Gli eventuali peggioramenti della vista, per i quali bisogna farsi nuove
lenti correttive ogni tanto, o magari una bella operazione “risolutiva” al laser, non
dipendono dal lavoro al VDT, né dalla postura, né dai campi elettromagnetici.
Possiamo stare tranquilli.

I consigli forniti per ovviare a queste piccole scomodità di affaticamento oculare,


comunque non pericolose per la vista, sono però pronti all’uso:

1) utilizzare un coprischermo anabbagliante;

2) tenere la stanza ben illuminata;


3) usare occhiali riposanti, consigliati dall'oculista;

Desideriamo confutare totalmente questi tre pericolosissimi “consigli” oculistici.

Per il primo punto, il coprischermo anabbagliante è una sciocchezza storica che non
usa oramai più nessuno! È pur vero che in qualche caso, alcuni decenni fa quando i
primi schermi a tubo catodico di bassa qualità mostravano sfarfallamenti e
potenzialmente fastidiose riflessioni, alcuni di questi schermi potevano mostrarsi
confortevoli per l’utente, ma oggigiorno con i nuovi schermi a cristalli liquidi a matrice
attiva o i più moderni a LED, non vi è più bisogno di alcuno strumento simile.Per il
secondo punto, una stanza bene illuminata è sempre di beneficio per il semplice fatto
che di giorno il sole illumina la nostra esistenza in modo naturale, e stare chiusi in un
ufficio magari senza finestre è una tortura per il nostro organismo indipendentemente
dall’uso di schermi video. Il problema però è più complicato: poiché sempre di più le
persone non amano stare al sole perché la luce dà fastidio agli occhi disabituati a
essa, e tendono quindi a usare sempre i così detti “occhiali da sole”, sarà ben difficile
che si accetti di illuminare bene la stanza dove si lavora. Ma ciò detto, la quantità di
luce disponibile nella migliore stanza possibile sarà sempre infinitamente più bassa
della quantità di luce naturale di cui possiamo godere durante una passeggiata all’aria
aperta, non soltanto nel pieno dell’estate ma anche in una nuvolosa giornata
invernale. Anche il secondo consiglio è così senza alcuna possibilità di riuscita.

Per il terzo punto, semplicemente lo ignoriamo, perché i nostri commenti qui


sarebbero da codice penale, e quindi preferiamo lasciare all’intelligenza del lettore la
comprensione del perché questo “consiglio” sia il più deleterio e criminale di tutti
(indizio: avete mai sentito parlare di un “occhiale da riposo” che non si trasformi entro
qualche mese in vero e proprio occhiale correttivo???)…Siamo quasi arrivati alla fine,
e dobbiamo affrontare il problema dei “terminali portatili” (notebook), che vengono
citati nell’articolo. Secondo gli esperti, il problema è che i caratteri dei portatili siano
troppo piccoli, e se sono inferiori ai tre millimetri, occorre dotarsi di un monitor
aggiuntivo esterno. Questo consiglio è totalmente errato per un motivo molto
semplice: i caratteri sotto ai tre millimetri non sono piccoli, perché il terminale viene
di solito guardato ad una distanza breve dagli occhi, e in queste condizioni il carattere
piccolo è di beneficio alla vista. Non forniremo qui i motivi psico-fisici che giustificano
la nostra affermazione, ma invitiamo il lettore a fare una prova da sé.

Gli ultimi due consigli forniti nell’articolo sono apparentemente i più corretti. Vediamo
di confutare anche quelli, per non toglierci il gusto dell’argomentazione più
apparentemente inverosimile ma vera.L’articolista di Repubblica.it propone di
spegnere il calcolatore o di distogliervi lo sguardo ogni due ore. Niente da dire, ma
chi farebbe il lavoro al nostro posto? Il consiglio di guardare altrove ogni due è
comunque sbagliato, perché che si fa nelle due ore tra una pausa e l’altra? Si
continua a subire i dannosi effetti dello schermo? Non sono certo quei pochi istanti in
cui si distoglie lo sguardo che ci potranno salvare! Ci viene poi proposto di dare un
po' di sollievo agli occhi con il cosiddetto “palming”: appoggiare i gomiti sulla scrivania
a 10- 15 centimetri di distanza l'uno dall'altro, chiudere le mani a conchiglia e
appoggiarle sopra gli occhi, sostenendo leggermente la fronte con le dita.

Questa citazione a proposito del più importante metodo di riposo mentale scoperto dal
Dott. Bates è tutto quello che serve per distruggerne definitivamente i suoi profondi
significati e banalizzarlo per renderlo totalmente inefficace.L’argomento è
estremamente delicato.
Il “palming” correttamente inteso (in italiano abbiamo coniato la parola
“palmeggiamento” per distinguerci da chi usa il termine originario senza conoscerne il
vero significato) non è un modo per dare “un po’ di sollievo agli occhi”, ma è un
metodo di cura della vista estremamente potente e risolutivo in quei pochi e rari casi
in cui funziona presto e bene. Il Dott. Bates riferisce nelle sue pubblicazioni originali
che con questo solo mezzo si sono ottenute in pochi minuti o poche ore delle
guarigioni complete e permanenti di malattie visive anche decennali. Purtroppo,
questi casi sono rari, e il beneficio ottenuto da un paziente medio è molto limitato,
soprattutto all’inizio, e scoraggia la continuazione della pratica, portando a un
abbandono.

Il fatto risiede nella completa mancanza di comprensione di una sola unica verità: gli
occhi non si affaticano mai per il loro uso; ciò che si ammala e si sforza è la mente
che costringe l’occhio a comportarsi in modo innaturale. Il palmeggiamento, se ben
compreso, è il più semplice metodo per riposare la mente, e fornisce le condizioni per
eliminare ogni stimolo sensoriale visivo esterno, permettendo al paziente di
confrontarsi direttamente con i fantasmi interiori dello sforzo mentale individuale,
coltivato in tanti anni di vita innaturale e costrizioni e condizionamenti a cui non si è
stati capaci di ribellarsi.Alla luce di quanto detto testé, suona quindi assurdamente
beffarda la chiusa dell’articolo citato, che dice: O, altrimenti, uscire fuori casa o
dall'ufficio con una scusa qualsiasi e fare una passeggiata. Siamo perfettamente
d’accordo con questo consiglio, peccato però che la grandissima massa della
popolazione non lo possa mettere in atto, se non andando contro violentemente al
sistema sociale in cui abbiamo dovuto giocoforza aderire sin dal giorno della nostra
nascita.

La soluzione dei problemi e dei malesseri del lavoro al videoterminale non sta nei
consigli dati dall’articolista, ma in una profonda presa di coscienza generale
dell’individuo che deve riconsiderare se stesso e il suo ruolo, sia nel campo vasto delle
sue scelte esistenziali, che in quello più ristretto e forse più abbordabile della Cura
della Vista secondo i metodi naturali di riposo mentale e di massima efficienza
psicofisica che troviamo nelle pubblicazioni del Dott. Bates. A esse rimandiamo il
lettore, lieti di poter segnalare che centinaia di persone, se non migliaia, sono stati in
grado di applicare i principî corretti della Vista Perfetta senza ricorrere a oculisti o
specialisti, ma applicando il semplice buon senso comune, non viziato da interessi
contrari alla natura umana.

Il tedio della vista perfettaDi Rishi Giovanni Gatti - www.SistemaBates.it.

Sono passati molti anni da quando abbiamo cominciato l’opera di divulgazione del
Sistema originale del Dott. Bates per la cura della vista mediante trattamento
senza occhiali. Tutto è iniziato infatti nel settembre del 2002 con la pubblicazione in
italiano del suo libro “Vista Perfetta Senza Occhiali” in versione integrale e fedele nei
minimi termini a quello comparso in lingua inglese a New York nel 1920, per opera
dello stesso Bates che lo stampò a sue spese fondando una specifica Casa editrice, la
“Central Fixation Publishing Company”.

Diverse centinaia di copie sono state vendute, e siamo giunti nel 2008 alla quarta
edizione del volume, nella quale la traduzione è stata perfezionata e la qualità stessa
delle riproduzioni fotografiche ulteriormente elevata grazie ai progressi della
tecnologia in campo editoriale. Molte di queste copie sono state acquistate da
persone davvero intelligenti, che ne hanno fatto un uso formidabile, avendo infine
riscontrato dei benefici così netti ed innegabili per la propria vista che i professionisti
chiamati a verificarli non hanno potuto fare altro che certificarli. Abbiamo riportato
alcuni di questi casi nella nostra rivista trimestrale IL FALCO PER L’EDUCAZIONE ALLA
VISTA PERFETTA, disponibile in abbonamento postale su questo sito. Altre copie sono
state acquistate da persone meno convinte della sua efficacia – o magari del tutto
impossibilitate a rinunciare all’uso delle lenti correttive – e i benefici ottenuti sono
stati minori, o del tutto assenti. Nel bene e nel male, tutti i lettori si sono cimentati
ad affrontare un sentimento peculiare e inaspettato in questo campo del pensiero
umano che è la mera cura della vista difettosa con metodi naturali: il TEDIO.

Sullo Zingarelli (Decima Edizione) il “tedio” viene spiegato così: “senso di profonda
noia e dolorosa stanchezza”. Il lettore si domanderà immediatamente: «Cosa c’entra
la noia profonda e la stanchezza dolorosa con la vista perfetta?». Ebbene, l’ostacolo
alla diffusione capillare e ben riuscita del Metodo Originale del Dott. Bates è tutta
qui: il lettore non può prescindere dal dover affrontare e risolvere il tedio che affiora
nella lotta vittoriosa contro la vista imperfetta e per la conquista della vista perfetta,
la quale, essendo naturale, è sì immune sia alla noia che alla stanchezza, ma si ritrova
contrastata e sconfitta dalla sua nemica, che invece produce questi sintomi, e viene
rinforzata dall’uso cronico di lenti correttive.

È necessario quindi affrontare il tedio, se si vuole guadagnare la vista perfetta e si


desidera continuare a migliorarla prevenendo le ricadute.

In termini pratici, le cose sono molto semplici: si tratta di modificare una dannosa
abitudine inconscia, acquisita in passato senza accorgersene, e ribadita dall’uso di
cattivi e dannosi strumenti correttivi completamente fuori luogo. Una abitudine
inconscia è sempre radicata nella mente, e deve essere eliminata ricorrendo ai mezzi
di guarigione più efficaci che esistano in natura, e cioè, il riposo, il rilassamento e la
cessazione di ogni tentativo che viene fatto per confermare tale inconscia abitudine.
Relativamente al problema della vista imperfetta, l’abitudine inconscia da sradicare è
banale: si tratta di eliminare il vizio di guardare a un oggetto grande sforzandosi di
vederlo tutto ugualmente bene in una volta. Un concetto assai semplice da
comprendere in teoria, ma che sfugge quasi sempre quando si tenta di metterlo in
pratica, perché nel tentare di farlo si utilizzano gli stessi strumenti che alimentano il
difetto da correggere, e cioè la forza di volontà, gli atti muscolari intenzionali, i
tentativi forzosi di replicare una condizione che invece può accadere solo
spontaneamente.

Siamo cioè di fronte a un paradosso: non è possibile intenzionalmente sconfiggere la


vista imperfetta, come non è possibile intenzionalmente combattere il tedio che affiora
quando si comincia a praticare i metodi di cura. Ovvero, nel momento in cui si
tolgono gli occhiali correttivi e si comincia a ricuperare dallo sforzo a essi associato,
ecco che con i primi, timidi risultati tangibili (una lettera della Tabella di Controllo di
Snellen improvvisamente compare dietro a una nuvola grigia che prima la obnubilava
totalmente) affiora anche il tedio, la sensazione dolorosa che questa cura è troppo
lenta e impossibile, e la noia di doversi continuamente ripetere che non ci sono
alternative e bisogna continuare in questa strana pratica, raffinando la nostra
intelligenza e la nostra comprensione di guerrieri spirituali all’opera.

Per dare una idea più precisa al lettore di questo articolo, che vuole capirci qualcosa di
più di quello che lo attende prima di acquistare e leggere il volume originale del Dott.
Bates, l’esempio è presto fatto: siete capaci di leggere una frase qualsiasi di questo
stesso articolo, riguardando nei minimi dettagli ciascuna lettera di ciascuna parola,
procedendo in modo estremamente lento, senza prendere in considerazione il
significato di ciò che leggete, ma solo limitandosi a godere del nero della stampa,
paragonandone il contrasto con il bianco sullo sfondo, e comparandone l’intensità con
lo sfondo del nero più nero che dovrebbe comparire nella mente del soggetto a occhi
chiusi e coperti?

Se dentro di voi che leggete è presente anche solo una piccola residua scintilla di
quella idiosincrasia ribelle che considera l’uso delle lenti correttive una vera tortura,
allora non perdetevi l’occasione di potere iniziare a capire seriamente che cosa
succede ai vostri occhi quando essi rimangono fuori fuoco e non vi consentono di
vedere chiaramente. Acquistate e leggete il libro originale del Dott. Bates
disponibile su questo sito, e conoscerete non solo l’opera cristallina di un grande
scienziato visionario, ma potrete entrare a fare parte di un gruppo di ricercatori del
vero che hanno scoperto un metodo autentico e senza senza fronzoli, concreto e
senza prezzo, per il proprio benessere, qualcosa che va ben oltre il mero ripristino
della vista normale, ma lambisce quegli stati di consapevolezza propri di quegli esseri
umani che hanno deciso di vivere veramente, e non solo sopravvivere nascosti dietro
un paio di stupidi occhiali.

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