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DISSERTAZIONE FINALE
RELATORE CANDIDATO
Prof. Roberto Gilodi Lucio Serafino
Note introduttive......................................................................................2
1. Considerazioni preliminari.................................................................6
4. Polifonia romanzesca.........................................................................39
4.1 Definizione........................................................................................39
4.2 Moltiplicazione dei punti di vista......................................................40
4.3 Combinazione di più linee narrative..................................................42
4.4 Ampliamento dei confini romanzeschi: mescolanza di più generi....43
4.5 Ampliamento dei confini romanzeschi: fusione di più livelli
di finzione................................................................................................46
Note conclusive.......................................................................................54
Bibliografia.............................................................................................55
Note Introduttive:
1
KUNDERA, Milan, L’Arte del Romanzo, Adelphi, Milano 1986, p. 9
2
Impieghiamo qui l'espressione “romanzo europeo” nel senso definito da Kundera
stesso: “Se parlassi di romanzo occidentale, mi si potrebbe rimproverare di
dimenticare il romanzo russo. Se parlassi di romanzo mondiale, occulterei il fatto
che il romanzo di cui tratto non è né il romanzo cinese né quello antico, ma il
romanzo che per nascita, per costituzione è legato all'Europa. Quando dico
romanzo europeo intendo usare l'aggettivo in senso husserliano: non come una
determinazione geografica, ma spirituale, che ingloba anche l'America o, per
esempio, Israele. Ciò che chiamo romanzo europeo è una storia che va da
Cervantes a Faulkner” (KUNDERA, Milan, Il cielo stellato dell'Europa centrale, in
KUNDERA, Milan, Il cielo stellato dell'Europa Centrale, in RIZZANTE, Marco,
(a cura di), “Milan Kundera”, Riga, 2002, 20 p. 23)
3
KUNDERA, Milan, L’Arte del Romanzo, cit., p.10
ovvero, attraverso la lettura dei romanzi e l'analisi delle loro principali
caratteristiche formali, di dedurre la visione estetica esposta nei saggi: di
comprendere, in altre parole, in che modo tale concezione estetica sia
tradotta nella pratica romanzesca; di valutare, infine, la portata
innovativa di tale estetica del romanzo: a nostro parere, una delle più
originali e feconde nel contesto del romanzo contemporaneo.
Esistono due concezioni di ciò che è opera. Si può intendere tutto quello
che l'autore ha scritto: è il punto di vista, ad esempio, della celebre
collezione della Pléiade, che ama pubblicare tutto di un autore, ogni
lettera, ogni nota di diario; oppure l'opera è solo quello che l'autore
ritiene valido al momento del bilancio. Sono sempre stato un accanito
fautore di questa seconda concezione.5
1994, p.203), i quali non sono che “una piccola e una grande forma della medesima
arte” (“Prefazione” in L. Proguidis, La Conquête du Roman, Paris, Les Belles
Lettres, 1997, p.XIII, citato in RICARD, François, Le dernier Après-midi
d'Agnès,cit., p. 36). Ci sembra pertanto opportuno considerare Amori Ridicoli
come un'opera appartenente al corpus dei romanzi di Kundera. 2) Qual è il primo
romanzo di Kundera: Lo Scherzo o Amori Ridicoli? Come giustamente fa notare
Rizek (RIZEK, Martin, Comment devient-on Kundera?, cit., p.87), sebbene la
bibliografia occidentale sia abituata ad indicare come primo romanzo di Kundera
Lo Scherzo (comparso nel 1965 in Cecoslovacchia e nel 1968 a Parigi), bisogna
ricordare che una prima raccolta di Amori Ridicoli compare già nel 1963 (e che uno
dei racconti era già stato edito in rivista nel 1959). D'altro canto, bisogna notare
che tale prima raccolta fu ampiamente rimaneggiata e modificata (e ripubblicata
prima nel 1965 e poi nel 1968), prima di raggiungere la sua forma definitiva,
pubblicata a Parigi nel 1970. Infine, lo stesso autore, nella “Nota dell'autore per la
prima edizione Ceca de Lo Scherzo dopo la liberazione del paese dall'occupazione
russa” (in CHVATIK, Kvetoslav, Il mondo romanzesco di Milan Kundera, cit. p.
40), considera Lo Scherzo come la sua “Opus n°1” e Amori Ridicoli come “Opus
n°2”. In questo caso, ci rimettiamo senza riserve all'opinione dell'autore.
8
RICARD, François, Le dernier Après-midi d'Agnès, cit., p. 37 [Tutte le citazioni da
questo volume sono presentate nella nostra traduzione dal francese].
9
L'espressione è di Kundera, ed è riportata da RICARD, Ibid., p. 40
10
Ricordiamo per inciso che, sebbene scritti in lingua ceca, solo i primi due romanzi
del ciclo ceco furono effettivamente pubblicati in prima edizione a Praga: la prima
edizione degli altri romanzi cechi coincide con la loro traduzione francese.
Questa prima grande suddivisione, per quanto valida, non risulta del tutto
esauriente: essa rischia di mettere in ombra, da un lato, i numerosi
elementi di continuità che accomunano il primo e il secondo ciclo;
dall'altro, gli elementi di discontinuità interni allo stesso primo ciclo.
Iniziamo proprio da quest'ultimo aspetto. Sono certamente ravvisabili nei
sette romanzi “cechi” numerosi elementi di continuità: la caratteristica
che principalmente li lega non è tanto, come abbiamo detto, l'impiego
della lingua ceca, quanto, a nostro avviso, la struttura architettonica
ampia e complessa su cui sono costruiti. Tale struttura è rigorosamente
divisa in parti (di norma sette11, dotate di titolo), a loro volta suddivisi in
capitoli (numerati) di lunghezza relativamente breve.
Tuttavia, ad un'analisi attenta, è possibile suddividere questo insieme in
due ulteriori sottoinsiemi interni , i quali differiscono sotto diversi punti
di vista12: nel “primo ciclo” ceco facciamo rientrare i primi quattro
romanzi, composti a Praga durante gli anni '60: Lo Scherzo (pubblicato
nel 1965), Amori Ridicoli (composto fra 1959 e 1968), La Vita è Altrove
(1969) e Il Valzer degli Addii (1971-1972). Il “secondo ciclo” ceco
raggruppa invece gli altri tre romanzi, scritti a Rennes e a Parigi negli
anni '70: Il Libro del Riso e dell'Oblio (1978), L'Insostenibile Leggerezza
dell'Essere (1982) e L'Immortalità (1988).
I primi quattro romanzi, nonostante la loro indubbia originalità, non
11
Spesso viene posta l'attenzione (talvolta, a nostro avviso, anche in maniera eccessivamente
approfondita) sul ritorno frequente, nei romanzi di questo ciclo, del numero sette: esso è
costituito da sette romanzi, ciascuno dei quali, a sua volta, è rigorosamente
composto da sette parti. L'unica eccezione, Il Valzer degli Addii, romanzo centrale
del ciclo, è costruito su cinque “giornate”, riprendendo la struttura in cinque atti del
Colloquio, racconto centrale di Amori Ridicoli. (cfr. KUNDERA, Milan, L'Arte del
Romanzo, Adelphi, Milano 1988 p.137) Più che interessarci di per sé, tale elemento
ci sembra rappresentativo di una sorta di rigore matematico, meticolosamente
messo in opera da Kundera nella composizione di questi romanzi.
12
Diversi critici concordano nel suddividere il “ciclo ceco” in ulteriori sottoinsiemi,
ma diverse sono le ripartizioni proposte. Nel suo studio su Il mondo romanzesco di
Milan Kundera, Chvatík propone di considerare, da un lato, i romanzi
“antropologici, sociali e filosofici” (Lo Scherzo, La Vita è Altrove, Il Libro del Riso
e dell'Oblio), dall'altro, le “opere sull'amore che si caratterizzano per la leggerezza
del racconto” (Amori Ridicoli, Il Valzer degli Addii, L'Insostenibile Leggerezza
dell'Essere) e, a parte, L'Immortalità, come “sintesi ben riuscita dei motivi e dei
temi dei due gruppi” (CHVATIK, Kvetoslav, Il mondo romanzesco di Milan
Kundera, cit., p.168-169). Noi, ci rifacciamo, invece, alla suddivisione proposta da
Ricard, in Le dernier après-midi d'Agnès, cit., p. 39-45
rompono ancora in maniera radicale con le grandi convenzioni
romanzesche di unità d'azione, rispetto della cronologia, prevalenza del
discorso di tipo narrativo, relativo nascondersi dell'autore. Prevale
ancora, insomma, nel “primo ciclo”, l'elemento epico (legato allo
svolgersi e al risolversi di un'azione romanzesca). I tre romanzi
successivi appaiono, invece, molto più audaci e caratterizzati da una
notevole libertà dalle norme convenzionali del romanzo: narrazione
spezzata, molteplicità ed eterogeneità degli elementi, presenza attiva del
narratore, ampio spazio alla riflessione. Prevale -come avremo modo di
approfondire in seguito- un principio di costruzione “musicale”.
Gli ultimi tre romanzi finora pubblicati - La Lentezza (1994), L'Identità
(1996), L'Ignoranza (2000)- costituiscono, infine, il cosiddetto “ciclo
francese”. Qui Kundera abbandona la struttura ampia e strutturata in
parti, a favore di una forma breve, costruita su un unico livello di
articolazione, che si esaurisce nell'arco di una cinquantina di capitoli. Se,
come ha spesso fatto lo stesso Kundera, possiamo paragonare la struttura
dei due cicli cechi alla forma musicale della sonata, quella dei romanzi
francesi è assimilabile alla forma della fuga13.
Tuttavia permane, lungo questi tre cicli, un'estrema coerenza e fedeltà ad
una stessa visione estetica. Kundera compie cioè “un'evoluzione
letteraria continua” che lo conduce -sono parole sue- “a molte sorprese,
ma […] a nessun cambiamento essenziale nel mio orientamento estetico”
14
. Nel romanzo in forma di fuga del ciclo “francese” ritroviamo “lo
stesso tipo di analisi esistenziale in forma di variazione” e i medesimi
giochi polifonici che caratterizzano le ampie composizioni precedenti (e
che analizzeremo nel corso di questa tesi): la principale novità, e allo
stesso tempo la grande sfida del nuovo ciclo, consiste appunto nel
“riuscire, nel minimo spazio testuale, a conservare il massimo di
13
Cfr. RIZZANTE, Massimo, L'arte della fuga romanzesca. Sull'Ignoranza di Milan
Kundera, in RIZZANTE, Marco, (a cura di), “Milan Kundera”, Riga, 2002, 20, p.
321-332
14
“Nota dell'autore per la prima edizione Ceca di Amori Ridicoli dopo la liberazione
del paese dall'occupazione russa” in CHVATIK, Kvetoslav, Il mondo romanzesco
di Milan Kundera, cit., p. 241
profondità, di varietà e di complessità semantica”15.
Possiamo quindi affermare che i tre cicli che abbiamo distinto si
configurano come delle variazioni all'interno di uno stesso processo di
ricerca, come un cambio di punto di vista su una identica questione
fondamentale16.
Nei suoi saggi sul romanzo, Kundera elabora la teoria dei cosiddetti “tre
tempi” della storia del romanzo.
Il “primo tempo” è fatto risalire ai due maestri fondatori Rabelais e
Cervantes, la cui eredità viene raccolta dal romanzo settecentesco di
Sterne, Fielding e Diderot. In questa prima fase, il romanzo è
caratterizzato da una grande libertà compositiva (tale quasi da farci
pensare che siano frutto di un'improvvisazione) e da uno spiccato spirito
ludico: il suo scopo è, principalmente, quello di divertire il lettore (nel
senso etimologico di devertere: distrarlo, portarlo fuori dal corso della
quotidianità). In questa fase, pertanto, il romanzo non disdegna le
digressioni, gli episodi, le ramificazioni molteplici della trama principale,
la quale costituisce solo una sorta di occasione, di pretesto per
l'invenzione.
Il “secondo tempo” è quello del romanzo del XIX secolo, inaugurato da
Scott e Balzac. Sulla base di un'estetica di tipo realista, questa fase del
romanzo pone fine alla grande libertà che caratterizzava quella
precedente, introducendo delle rigide norme compositive: nasce la regola
della verisimiglianza intesa come mimesis naturae, che impone
“l'obbligo di suggerire al lettore l'illusione del reale”17; il precetto di unità
d'azione, basato sulla logica linearità causale e temporale; l'obbligo di
nascondere l'autore dietro un narratore e di collocare l'azione in
15
RICARD, François, Lo sguardo degli amanti, in RIZZANTE, Marco, (a cura di),
“Milan Kundera”, Riga, 2002, 20, p. 312
16
Sull'opera di Kundera come un insieme unito e coerente, cfr. CHVATIK, Kvetoslav, Il
mondo romanzesco di Milan Kundera, cit. p. 19
17
KUNDERA, Milan, I Testamenti Traditi, Adelphi, Milano 1994, p. 80
un'ambiente storico-sociale coerente e definito.
Ora, la base su cui si costruisce il progetto estetico kunderiano consiste
esplicitamente nella volontà di affrancare il romanzo da questi limiti,
restituendogli così la libertà del “primo tempo”. Questo non significa,
naturalmente, riproporre invariato tale modello: ciò che Kundera eredita
da Cervantes, Sterne e Diderot è propriamente la libertà di reinventare
l'arte del romanzo, portandolo lontano dai limiti e dagli automatismi, alla
ricerca del nuovo. “Il romanziere del nostro secolo, che rimpiange l'arte
degli antichi maestri del romanzo” -specifica, inoltre, Kundera- “non può
riannodare il filo là dove è stato tagliato e saltare a piè pari l'immane
esperienza dell'Ottocento: se vuole ritrovare la spregiudicata libertà di un
Rabelais o di uno Sterne deve conciliarla con le esigenze della
composizione”18. Coniugare improvvisazione e composizione, leggerezza
e densità, libera divagazione e solida struttura, diventa quindi uno dei
cardini della sfida estetica di Kundera.
18
Ibid., p. 29
19
KUNDERA, Milan, Il cielo stellato dell'Europa Centrale, in RIZZANTE, Μarco,
cit., p. 23
2. L'emancipazione dell'“io” autoriale
20
In termini tecnici il narratore è detto omodiegetico nel primo caso ed eterodiegetico
nel secondo.
21
BOOTH, Wayne, The Rethoric of Fiction, University of Chicago, 1961
22
SEGRE, Cesare, Avviamento all'analisi del testo letterario, Einaudi, Torino, 1975,
p. 14
Ora, il lettore che, apprese queste nozioni, dovesse aprire un romanzo di
Kundera, si troverà immediatamente disorientato: chi è a parlare, il
narratore o l'autore?
Uno dei tratti più caratteristici dell'estetica romanzesca kunderiana è
costituito, infatti, dal non celarsi dell’autore e dal suo manifestarsi
direttamente nel romanzo sotto forma di una voce pensante chiaramente
identificata.
Ora, esplorando la storia del romanzo, ci accorgiamo che l'impiego di
tale tecnica narrativa rientra in quell'ampia e metodica operazione di
affrancamento del romanzo dai limiti di verosimiglianza imposti dal
romanzo ottocentesco e di reintegrazione del “primo tempo” del
romanzo. Se l'estetica realista, infatti, imponeva rigorosamente all'autore
di rimanere celato dietro la realtà del testo narrato, i romanzieri del
“primo tempo”, invece, si divertivano ad intervenire continuamente
all'interno del romanzo. I due principali modelli sono costituiti, in questo
senso, dal Tristam Shandy di Sterne e Jacques Le Fataliste di Diderot.
Questi due fondamentali romanzi, infatti, fra i loro numerosi elementi
innovativi (prevalenza della digressione sull'azione, sperimentalismo
tipografico, etc.), annoverano la presenza di una sorta di narratore-
autore, il quale sovente interviene in prima persona nel testo:
interrompendo il corso degli eventi narrati e rivolgendosi direttamente al
lettore, questa voce autoriale introduce ampie digressioni e osservazioni
metaletterarie, provocando la rottura del patto finzionale23 ed
accentuando il carattere ludico della narrazione.
Tuttavia, vedremo come Kundera non si limiti a riproporre tale e quale il
modello del narratore-autore settecentesco, ma sappia assimilarlo e
riproporlo in maniera originale, mettendolo al servizio del proprio
sistema polifonico.
Dal punto di vista della tecnica narrativa, possiamo suddividere l'opera
romanzesca di Kundera in tre fasi successive.
23
Per “patto finzionale” si intende l’accordo implicito che si stabilisce tra autore e
lettore, in virtù del quale quest’ultimo “sospende l’incredulità” e accetta come vera
la realtà fittizia del romanzo.
2.2 La voce dei personaggi: Lo Scherzo
Nello Scherzo, così come nei primi due racconti di Amori Ridicoli
(Nessuno Riderà e La mela d'oro dell'eterno desiderio) i personaggi
narrano direttamente in prima persona.
Di particolare interesse risulta la struttura narrativa dello Scherzo. Questo
romanzo si costruisce, infatti, sulla moltiplicazione delle voci narrative,
tecnica che trova la sua prefigurazione nel genere del romanzo epistolare
del XVIII secolo, in particolare in Richardson. La narrazione in prima
persona è affidata, a turno, a quattro dei personaggi della storia: Ludvik,
Helena, Jaroslav e Kostka: ognuna delle sette parti del romanzo ha per
titolo il nome del personaggio a cui è affidata la narrazione.
In secondo luogo, esso si caratterizza per la notevole complessità
dell'intreccio24. L'azione si svolge nella Cecoslovacchia degli anni '60 e
si esaurisce in soli tre giorni: tuttavia, attraverso un ampio uso
dell'analessi25, il romanzo accoglie numerosi episodi appartenenti al
passato dei personaggi, estendendo il proprio campo fino al 1948 (anno
in cui Ludvik viene espulso dall'Università per aver scritto ad un'amica,
per scherzo, una cartolina con tre righe beffarde sull'ottimismo
socialista).
Ora, la combinazione di questi due elementi fa in modo che il lettore si
trovi spesso di fronte ai medesimi eventi narrati da punti di vista
differenti. Si realizza, ovvero, un efficace gioco prospettico, all'interno
del quale il lettore si trova a dover continuamente tornare sui propri
passi, senza mai poter giungere ad un giudizio definitivo.
Il lettore si trova a dover ricostruire i nessi temporali e causali che nel
testo si trovano intrecciati in modo quasi incomprensibile. Ma, come fa
24
È generalmente nota la distinzione, introdotta dai formalisti russi, tra fabula e intreccio.
Con il primo termine si indica la sequenza lineare degli eventi narrati, osservati nel loro
ordine cronologico; il secondo termine, invece, si riferisce alla disposizione in cui tali
eventi vengono effettivamente presentati dall'autore all'interno del romanzo.
25
L'analessi è la narrazione retrospettiva di un evento che appartiene al passato dei
personaggi (l'equivalente del flashback cinematografico).
notare acutamente Lodge, il senso del romanzo non è dato al lettore
dall'effettiva ricostruzione della fabula (come avviene, ad esempio, in un
romanzo poliziesco, in cui gli “indizi” sono disseminati nel romanzo e il
lettore scopre la verità quando riesce a ricomporre esattamente l'ordine
degli eventi); il senso del romanzo, qui, risiede nell'operazione
ermeneutica stessa:
26
LODGE, David, After Bakhtin: essays on fiction and criticism, Routledge,
London/New York 1990, p.163 [Tutte le citazioni da questo volume sono presentate
nella nostra traduzione dall'inglese]
27
Ibid., p. 162
28
RICARD, François, Le dernier Après-midi d'Agnès, cit., p. 98
29
Ibid., p. 124-5
2.3 La voce dell'autore
Frantisek andava su e giù per un corto tratto del viale […]: andrà su e giù
in quel modo fino al giorno dopo, fino all'inizio del prossimo capitolo.31
No, non temete! Eduard non ha iniziato a credere in Dio. Non voglio
coronare il mio racconto con l'effetto di un paradosso così palese.33
Il giorno in cui il dottor Havel partì per le terme, la sua bella moglie
aveva le lacrime agli occhi. […] La prospettiva di tre settimane di
separazione risvegliava in lei i tormenti della gelosia.
Cosa? Questa attrice, ammirata, bella, tanto più giovane, era gelosa di un
signore in là con gli anni che, negli ultimi mesi, non usciva di casa senza
prima infilarsi in tasca un flaconcino di pastiglie contro i perfidi attacchi
del dolore?
E invece era così, e non si riusciva a capire il perché.34
[La madre di Jaromil] lesse e pianse. Forse non sapeva perché piangeva,
ma non è difficile indovinarlo; dai suoi occhi sgorgavano almeno quattro
tipi di lacrime: […] lacrime di rimpianto per l'amore perduto; […]
lacrime di umiliazione; […] lacrime di consolazione; […] lacrime di
ammirazione.36
Il Libro del Riso e dell'Oblio segna, per molti aspetti, un punto di svolta
fondamentale nell'estetica romanzesca di Kundera.
Uno degli aspetti principali di tale svolta consiste proprio nella
comparsa, nella sua forma “matura”, del narratore-autore kunderiano.
Tre i principali segnali di tale svolta:
37
RICARD, François, Le dernier Après-midi d'Agnès, cit., p. 124
38
Il nome di Kundera appare esplicitamente a p. 66 del Libro del Riso e dell'Oblio
(KUNDERA, Milan, Il Libro del Riso e dell'Oblio, Bompiani, Milano 1980) e
ricomparirà nell’Immortalità (KUNDERA, Milan, L'Immortalità, Adelphi, Milano
1990, p.72)
direttamente nel romanzo, la voce dell'autore rimaneva sempre e
comunque filtrata da un velo letterario: non era mai la voce biografica
dell’autore a parlare, ma sempre una sua maschera romanzesca. Qui,
invece, l'“io” narrante non solo porta lo stesso nome dell'autore, ma
condivide con lui anche esperienze di vita vissuta!
Ora, è possibile per questo affermare che autore reale ed autore implicito
arrivino in Kundera a coincidere?
Alla luce di quanto affermato precedentemente, la risposta è,
ovviamente, negativa. Siamo, anzi, d’accordo con David Lodge, laddove
egli sostiene che tale manifestazione dell’autore nei romanzi di Kundera
non semplifichi, bensì renda più complesso il gioco romanzesco: ci
troviamo cioè di fronte non più a due, bensì a “tre versioni dell’autore
[reale, implicito e “io” autoriale], le quali sono, ovviamente,
strettamente connesse fra loro, ma che non arrivano mai a coincidere
perfettamente”39.
La seconda domanda che bisogna porsi è, allora: si può parlare, in questo
caso, di narrazione autobiografica?
A livello formale, in effetti, i racconti di cui Kundera è protagonista
costituiscono, certamente, dei racconti autobiografici. Tuttavia, la vera
domanda da porsi è: l'intento che si nasconde dietro la loro introduzione
nel tessuto romanzesco è effettivamente autobiografico?
39
LODGE, David, After Bakhtin, cit., p. 163
3. Unità tematica
Mi dispiace che quasi tutti i romanzi che sono stati scritti risultino troppo
obbedienti alla regola dell'unità di azione. Voglio dire che il loro
fondamento è un'unica catena di azioni ed eventi legati da un rapporto di
causalità. Questi romanzi assomigliano a una via stretta lungo la quale i
personaggi vengono mandati avanti a colpi di frusta. La tensione
drammatica è la vera maledizione del romanzo, perchè trasforma tutto,
anche le pagine più belle, anche le scene e le osservazioni più
sorprendenti, in una semplice tappa che conduce alla soluzione finale, in
cui è concentrato il senso di tutto ciò che veniva prima. Il romanzo si
consuma come un fascio di paglia nel fuoco della propria tensione. […] Il
romanzo non deve somigliare ad una corsa ciclistica, bensì a un
banchetto con molte portate.40
40
KUNDERA, Milan, L'Immortalità, Adelphi, Milano 1990, p. 257
41
Cfr. capitolo 2.3 di questa tesi
L'interrogazione meditativa (meditazione interrogativa) è la base sulla
quale sono costruiti tutti i miei romanzi.42
sottilissima.
47
Ibid., p.124
48
Ibid., p.123
49
Il termine è desunto dal lessico musicale e coincide con il ritornello, o ripresa:
“Ripetizione di una frase musicale identica tra l'uno e l'altro periodo in cui si
articola la forma compositiva” (Enciclopedia della musica, Garzanti, 1996)
50
KUNDERA, Milan, I Testamenti Traditi, cit., p. 30
sia sostanzialmente riconoscibile una concezione estetica unitaria51. Ora,
tale unità complessiva emerge in modo particolarmente evidente a livello
tematico. L'unità tematica, in sostanza, è un principio valido non solo per
la costruzione di ogni singolo romanzo, ma che può essere applicato
all'intera opera narrativa kunderiana osservata nel suo insieme.
Grandi temi sono, ad esempio: “la leggerezza e la pesantezza”, “l'anima e
il corpo”, “la frontiera”, “il caso”, “il lirismo”, “la Storia”, “il Kitsch”,
“la lentezza”, “l'identità”.
Prendiamo, ad esempio, uno dei temi centrali dell'Insostenibile
Leggerezza dell'Essere, che dà il titolo alla sua Prima e Quinta parte: “la
pesantezza e la leggerezza”. Questo tema, qui assolutamente centrale,
compare di sfuggita, in molti altri romanzi: già il Dottor Havel, in Amori
Ridicoli, ne fa uno dei nuclei argomentativi della sua teoria sulla “fine
dell'era di Don Giovanni”:
Troviamo una riflessione simile nell'ultima parte del Valzer degli Addii,
laddove Jakub, ripensando a se stesso come “assassino” di Ruzena, si
compara all'eroe di Delitto e Castigo:
Raskol'nikov aveva vissuto il suo delitto come una tragedia e aveva finito
per soccombere sotto il peso del suo atto. E Jakub si meraviglia che il suo
atto sia così leggero, che non pesi nulla, che non lo opprima. E si chiede
se in questa leggerezza non vi sia molto più orrore che non nelle vicende
isteriche dell'eroe russo.53
Ancora: nella Sesta parte del Libro del Riso e dell'Oblio, Tamina,
schiacciata dal peso dei suoi ricordi, cede all'invito del misterioso
51
Cfr. paragrafo 1.2 di questa tesi.
52
KUNDERA, Milan, Amori Ridicoli, cit., p. 120
53
KUNDERA, Milan, Il Valzer degli Addii, cit., p. 228
giovane Raphael e lo segue sulla sua auto sportiva rossa verso un luogo
“dove le cose siano senza peso”. Tuttavia, al termine della sua avventura
nell'isola dei bambini,
Tamina avverte il malessere che emana dalle cose senza peso. Quel sacco
vuoto che sente nello stomaco è appunto questa insopportabile assenza di
peso. E come ogni estremo può da un momento all'altro rovesciarsi nel
suo contrario, la leggerezza portata al massimo si è trasformata nella
spaventosa pesantezza della lievità.54
3.4 Essenzialità
La Sesta parte del Libro del Riso e dell'Oblio contiene un'altra importante
dichiarazione poetica di Kundera:
57
KUNDERA, Milan, Il Libro del Riso e dell'Oblio, cit., p. 177
58
KUNDERA, Milan, L’Arte del romanzo, cit., p. 98
59
Ibid., p. 107-8
serve a dare a ciò che racconta l’apparenza della realtà.60
3.5 Personaggi
Ah, il mio Paul […]. Nella mia mente si confonde con Jaromil, il
personaggio di un romanzo che ho scritto esattamente vent'anni fa e che
in uno dei prossimi capitoli lascerò per il professor Avenarius in un
bistrot del boulevard Montparnasse.
[...].
Paul e Jaromil naturalmente non si assomigliano affatto. L'unica cosa che
li unisce è appunto la loro appassionata convinzione che “bisogna essere
assolutamente moderni”.68
3.6 La Storia
69
KUNDERA, Milan, L’Arte del Romanzo, cit., p. 59
70
Ibid., p. 61
71
KUNDERA, Milan, La Vita è Altrove, cit., Introduzione.
Prefazione di Louis Aragon alla prima edizione francese del romanzo72 si
inaugurava una ricezione di Kundera che sarà dominante per tutti gli anni
Settanta, e a cui l'autore stesso si è sempre opposto fermamente, come
modello di letteratura “dissidente”73: “Kundera, malgré lui, divenne per
gli intellettuali di Parigi e del mondo occidentale un campione della
critica al totalitarismo”74.
In realtà, come lo stesso Kundera e la migliore critica sottolineano, Lo
Scherzo era stato terminato già nel dicembre del 1965 e pubblicato del
tutto legalmente nella Cecoslovacchia comunista nella primavera del
1967, dunque un anno prima della celebre “Primavera di Praga”. Già
all'epoca, infatti, la critica letteraria ceca si occupò ben poco dell’aspetto
politico del libro, mettendone invece in evidenza la matrice
“esistenzialista” (Un romanzo dell’esistenza è il titolo di una recensione
di Kožmin del 196775).
Ora, con ciò non intendiamo affermare la totale assenza dell'elemento
politico nei romanzi di Kundera: tuttavia, sottovaluteremmo e
tradiremmo la reale portata della sua opera se facessimo di tale elemento
il suo fulcro. È quanto afferma Kožmin nella sua recensione allo
Scherzo:
77
KUNDERA, Milan, citato da MORELLO, André-Alain, Ritorno allo Scherzo: La
fine della Storia e la fine del romanzo, in RIZZANTE, Marco, “Milan Kundera”,
Riga, 2002, 20, p. 108
Tomas […] constatò che dalla storia d'amore della sua vita non risuonava
nessun “Es muss sein”, bensì un “Es konnte auch anders sein”: poteva
benissimo essere altrimenti.78
Poco più avanti, invece, Kundera valuta il punto di vista opposto, quello
che ritroveremo in Tereza (e che Kundera sembra condividere):
Ora, come abbiamo già avuto modo di notare, l'ambigua figura del
narratore-autore, fa in modo che i romanzi di Kundera si trovino sempre
“alla frontiera” fra realtà e finzione, fra autore ed opera. Di conseguenza,
molti dei temi che questi romanzi propongono per bocca del narratore-
autore, come questa teoria del Caso, si riflettono direttamente nella
concezione estetica di Kundera.
A proposito del Caso, sempre nell'Insostenibile Leggerezza dell'Essere,
leggiamo infatti:
All'inizio del romanzo che Tereza teneva sotto il braccio quando era
arrivata da Tomas [l' Anna Karenina di Tolstoj], Anna incontra Vronskij
78
KUNDERA, Milan, L'Insostenibile Leggerezza dell'Essere, Adelphi, Milano 1985,
p. 42
79
Ibid., p. 56-57
in strane circostanze. Sono sul marciapiede di una stazione dove poco
prima qualcuno è finito sotto un treno. Alla fine del romanzo sarà Anna a
gettarsi sotto un treno. Questa composizione simmetrica, nella quale un
identico motivo appare all'inizio e alla fine, può sembrarvi molto
“romanzesca”. Sì, sono d'accordo, ma a condizione che la parola
“romanzesca” non la intendiate come “inventata”, “artificiale”, “diversa
dalla vita”. Perchè proprio in questo modo sono costruite le vite umane.
Sono costruite come una composizione musicale. L'uomo, spinto dal
senso della bellezza, trasforma un avvenimento casuale (la musica di
Beethoven, una morte alla stazione) in un motivo che va poi ad iscriversi
nella composizione della sua vita. Ad esso ritorna, lo ripete, lo varia, lo
sviluppa, lo traspone, come fa il compositore con i temi della sua sonata.
[…] Non si può quindi rimproverare al romanzo di essere affascinato dai
misteriosi incontri di coincidenze (come l'incontro tra Vronskij, Anna, il
marciapiede della stazione e la morte, o l'incontro fra Beethoven, Tomas,
Tereza e il cognac), ma si può a ragione rimproverare all'uomo di essere
cieco davanti a simili coincidenze nella vita di ogni giorno, e di privare
così la propria vita della sua dimensione di bellezza.80
80
Ibid., p. 60
81
Cfr. paragrafo 3.1 di questa tesi.
82
Cfr. GILODI, Roberto, Milan Kundera e le peripezie del verisimile, in Rivista di
Estetica, vol. 34-35, no 48, 1994, p. 119-139.
Riabilitando il nemico numero uno dell'unità d'azione: l'episodio.
Non vedo l'ora di arrivare alla sesta parte. Nel romanzo entra un
personaggio completamente nuovo. E alla fine di questa sesta parte se ne
va così come è venuto e di lui non resta traccia. Non è causa di nulla e
non lascia alcun effetto. E proprio questo mi piace.85
85
Ibid., p. 258
durante uno dei molti dialoghi fra l'autore e il professor Avenarius,
scopriamo che proprio quest'ultimo è l'autore della lettera anonima
arrivata a Bernard Bertrand, ma che il suo reale obiettivo polemico era il
padre del giornalista, il deputato Bertrand Bertrand: l'intera trama del
romanzo si è basata sul caso, del tutto fortuito, di uno scambio di nomi.
Ora, la morte di Agnes avviene alla fine della Quinta parte. Nella Sesta
parte Kundera introduce il personaggio “episodico” di Rubens, e narra la
sua relazione occasionale con la Liutista, soprannome dietro cui si cela
-come il lettore attento riesce ad ipotizzare già da alcuni lievi indizi- la
stessa Agnes. Il collocare questo episodio al di là della morte del
personaggio è paradigmatico di ciò che interessa Kundera: non
l'esaurimento di una trama, bensì l'esplorazione di un tema. Il lettore
attento sa benissimo come andrà a finire la storia fra i due (Agnes muore
“per la seconda volta” alla fine della Sesta parte): tuttavia, questa vicenda
del tutto episodica gli permetterà di imbattersi nella bellissima teoria del
“quadrante” e di approfondire molti dei temi del romanzo.
Collocare un episodio al di là della morte del protagonista costituisce
l'ulteriore riprova della sua sostanziale inutilità ai fini dell'azione.
Non è la prima volta che troviamo episodi “postumi: nella Sesta parte
della Vita è Altrove, “l'osservatorio del romanzo”86 viene smontato e
rimontato in un punto successivo alla morte del protagonista, Jaromil,
presentando il personaggio episodico del Quarantenne. Nell'Insostenibile
Leggerezza dell'Essere, veniamo a sapere della morte di Tomas e Tereza
già nella Terza parte del romanzo, anche se la Quarta e la Quinta parte li
vedranno come protagonisti.
86
KUNDERA, Milan, La Vita è Altrove, cit., p. 310
4. Polifonia romanzesca
4.1 Definizione
Ciò che Bachtin ha rivelato è che nel romanzo s'intrecciano molte voci e
molti linguaggi, al di là dell'eventuale caratterizzazione stilistica o
linguistica dei singoli personaggi attraverso i loro discorsi. Ci sono
anzitutto, nella parte non dialogica, i vari linguaggi sociali, espressione di
ideologie, classi, mestieri, ambienti […]. Il quadro della società
rappresentata rinvia alla complessità della società reale tramite i
riferimenti al quadro delle manifestazioni linguistiche”. 89
91
Ibid., p. 11-12; 64-65; 72-73.
92
Per la struttura dello Scherzo, cfr. il paragrafo 2.3 di questa tesi.
93
RICARD, François, Le dernier Après-midi d'Agnès, Gallimard, Paris 2003, p. 98
94
KUNDERA, Milan, Lo Scherzo, Adelphi, Milano 1986, pag. 300. Il corsivo è di Kundera, il
cui intento, qui, è evidentemente metanarrativo: una sorta di dichiarazione di poetica.
4.3 Combinazione di più linee narrative
98
L'espressione è di Ricard (RICARD, François, Le dernier Après-midi d'Agnès,
Gallimard, Paris 2003, p. 101)
99
KUNDERA, Milan, I Testamenti Traditi, cit., p. 29-30
100
KUNDERA, Milan, L'Arte del Romanzo, cit., p. 110
Insomma, la polifonia romanzesca consiste non solo nella
moltiplicazione dei punti di vista e nella combinazione di più linee
narrative romanzesche, ma anche nella compresenza, nello stesso
romanzo, di diversi generi.
In Broch, tuttavia, Kundera individua due limiti fondamentali (e,
nell’individuarli, assume implicitamente il loro superamento come
proprio programma estetico): da un lato, la semplice giustapposizione dei
diversi generi, che non si fondono in una vera unità “polifonica”;
dall'altro, il diverso “peso” dato alle diverse linee (di cui, ad uno sguardo
complessivo, una rischia di prevalere sulle altre). Non si realizzano, cioè,
quelle che, per l’autore dell’Arte del Romanzo, costituiscono “le
condizioni sine qua non del contrappunto romanzesco: 1. l’uguaglianza
delle varie linee; 2: l’indivisibilità dell’insieme”101.
101
Ibid., p. 112
102
Cfr. i paragrafi 2.3 e 3.1 di questa tesi.
103
KUNDERA, Milan, Il cielo stellato dell'Europa Centrale, in RIZZANTE, Μarco, (a cura
di), Riga, 2002, 20, p. 23.
Tali digressioni saggistiche sono presentate, talvolta, per bocca dei
personaggi: tale caso si presenta più di frequente, ovviamente, nei
romanzi del primo “ciclo” ceco, nei quali la voce del narratore-autore
non ha ancora raggiunto la sua piena maturità (il saggio musicologico
sulla canzone popolare morava pronunciato da Jaroslav nello Scherzo; la
teoria del dottor Havel sulla fine dell'era di Don Giovanni in Amori
Ridicoli), ma vi sono esempi anche nel “ciclo francese” (la teoria di
Pontevin sui “ballerini”, nella Lentezza). Il più delle volte, comunque,
esse sono presentate dallo stesso narratore-autore (le teorie sulla
grafomania e sulla frontiera nel Libro del Riso e dell'Oblio; la teoria del
Kistch nell'Insostenibile Leggerezza dell'Essere; le teorie sull'imagologia
e sull'homo sentimentalis nell'Immortalità).
Se la ricezione della critica occidentale era stata, nel corso degli anni '60
e '70, fondamentalmente politica104, “durante gli anni '80 [essa] ha
prodotto un ulteriore malinteso”: Il carattere meditativo dei romanzi di
Kundera ha fatto sì che venisse attribuita loro l'”etichetta di romans
philosophiques o romanzi-saggi”105.
Ora, in primo luogo, bisognerebbe domandarsi se tale classificazione in
sottogeneri del genere romanzo sia di per sé da considerarsi valida (e, dal
canto nostro, ci troviamo d'accordo con chi critica questo tipo di
approccio106). In secondo luogo, qualora anche decidessimo di accettare
104
Cfr. il paragrafo 3.6.1 di questa tesi.
105
CHVATIK, Kvetoslav, Un duplice malinteso, in RIZZANTE, Μarco, (a cura di),
Riga, 2002, 20, p. 122
106
Nel suo saggio intitolato “Milan Kundera e le peripezie del verisimile”, Roberto
Gilodi fa giustamente notare come “porre il problema di cosa sia il romanzo
filosofico in termini classificatori [sia] un approccio riduttivo e in ultima istanza
poco produttivo”, indicando tre motivi principali: 1) Le sottoclassificazioni del
genere romanzo risultano in diversa misura poco adeguate, per il fatto che “il
romanzo stesso, essendo un genere letterario a codificazione debole, tende a
sottrarsi ad ogni tentativo di sistemazione classificatoria”; 2) La grande varietà di
modi in cui, nella storia del romanzo, si è tradotto in termini narrativi un contenuto
filosofico rende difficoltosa una precisa definizione di romanzo “filosofico”; 3) “Il
confronto che il romanzo istituisce con la realtà […] è un rapporto di tensione
dialettica da cui si libera un contenuto di conoscenza”. Pertanto, in questo senso,
questo presupposto, dovremmo comunque rifiutare questa etichetta,
prendendo le parti dell'autore e della migliore critica:
111
RICARD, François, Le dernier Après-midi d'Agnès, cit., p. 136
112
Ci dichiariamo nuovamente debitori verso il magnifico saggio di François Ricard, Le
dernier Après-midi d'Agnès, cit.
L'immaginazione che, affrancata dal controllo della ragione e dall'assillo
della verosimiglianza, penetra in paesaggi inaccessibili alla riflessione
razionale. Il sogno è soltanto un modello di questa immaginazione, che
personalmente considero la più grande conquista dell'arte moderna113.
Quei sogni non erano solo eloquenti, erano anche belli. Questo è un
aspetto che è sfuggito a Freud nella sua teoria dei sogni. Il sogno non è
soltanto una comunicazione (magari una comunicazione cifrata), ma
anche un’attività estetica, un gioco dell’immaginazione, che è di per sé
un valore. Il sogno è la prova che immaginare, sognare ciò che non è
accaduto, è tra i bisogni più profondi dell'uomo.120
118
RICARD, François, Le dernier Après-midi d'Agnès, cit., p.107
119
Ibid., p.108
120
KUNDERA, Milan, L'Insostenibile Leggerezza dell'Essere, cit., p. 65
121
RICARD, François, Le dernier Après-midi d'Agnès, cit., p. 108
componente del romanzo.
Tale uguaglianza formale nel trattamento dei due diversi territori
ontologici -del sogno e della realtà dei personaggi- permette l'instaurarsi,
fra loro, di diversi gradi di “distanza”, a partire dalla loro separazione
ben definita, fino a delle forme di avvicinamento tali da renderli
sostanzialmente indistinguibili.
Il primo caso è esemplificato nell'Insostenibile Leggerezza dell'Essere: la
catena di sogni di Tereza costituisce una storia “interiore” parallela a
quella “reale” della relazione fra lei e Tomas. Tuttavia, i due mondi
restano sempre distinti e ben riconoscibili dal lettore.
Alcune volte, tuttavia, la separazione non è così chiara, e il lettore
capisce di trovarsi all'interno di un sogno solo dopo una o due pagine: ne
sono esempio il sogno della collina di Petrin nella Quarta parte
dell'Insostenibile Leggerezza dell’essere; o l'inizio della Quarta parte
dello Scherzo (in cui Jaroslav compare per la prima volta come
protagonista di una vicenda che -il lettore lo capisce solo nel capitolo
successivo- egli stesso sta sognando). Altre volte tale momento di
esitazione del lettore dura molto più a lungo. Il caso più eclatante è
costituito dalla Seconda parte de La Vita è Altrove, in cui viene
presentato -e poi del tutto abbandonato- un personaggio di nome Xavier,
la cui breve avventura è del tutto estranea ed indipendente rispetto alla
vicenda del protagonista del romanzo, il poeta Jaromil. Solo dopo molte
pagine, nella Quinta parte del romanzo, il lettore scopre che Xavier era
frutto di una fantasia di Jaromil stesso:
[...] molti anni prima aveva scritto una lunga prosa poetica, una sorta di
racconto fantastico su un ragazzo che si chiamava Xaver. Scritto? Non
proprio, aveva piuttosto sognato le sue avventure, e un giorno avrebbe
voluto scriverle.122
123
KUNDERA, Milan, L'Identità, Adelphi, Milano 1997, p. 175. Ricard definisce
L'Identità come “il romanzo più kafkiano di Kundera” (RICARD, François, Le
dernier Après-midi d'Agnès, cit., p. 112): per una volta, ci troviamo in disaccordo
con lui. Qui, è vero, è realizzata in modo mirabile la tecnica della “sfumatura” da
realtà a sogno. Tuttavia, alla fine, i due personaggi si svegliano dall’incubo. A
nostro parere il Premio Kafka va, invece, al Libro del Riso e dell’Oblio:
immaginazione onirica e “realtà” si fondono senza mai scindersi e senza bisogno di
giustificazione alcuna. Si confrontino, a titolo di esempio, il bellissimo Cavaliere
del Secchio, racconto di Kafka del 1921, con le pagine in cui Kundera descrive “la
danza in cerchio” che prende il volo, motivo ricorrente del Libro del Riso e
dell'Oblio (KUNDERA, Milan, Il Libro del Riso e dell'Oblio, cit., p. 75-6; p. 83-
84).
4.5.2 Episodi del passato
Abbiamo già visto, nelle sue linee di base, il modo in cui Kundera tratta
la Storia nei suoi romanzi124. Nell'Arte del Romanzo, Kundera lo
riassume in quattro principi:
Infine, come abbiamo già osservato128, lo stesso autore entra a far parte
del romanzo, inserendovi episodi tratti dalla propria biografia.
Avevamo lasciato in sospeso una domanda: si tratta di vera e propria
autobiografia?
Riassumiamo quanto osservato finora: per Kundera il romanzo si
definisce come una meditazione interrogativa su una questione
esistenziale, condotta attraverso l’esplorazione e l’unione
contrappuntistica di diverse linee, costruite come variazioni su uno
stesso tema: tali linee narrative, oltre ad appartenere a diversi generi,
spaziano su diversi piani ontologici: dei personaggi, del sogno e della
Storia.
128
Cfr. paragrafo 2.4 di questa tesi.
tema attorno cui gravita il romanzo: diventa, cioè, una quarta linea della
polifonia romanzesca kunderiana.
Note conclusive
129
KUNDERA, Milan, L’Arte del romanzo, cit. p. 18
Bibliografia:
1) Fonti primarie:
a) Romanzi :
2) Fonti secondarie:
a) Monografie e saggi :
b) Numeri di riviste:
c) Articoli di riviste: