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Guy Winch

Pronto intervento emozioni


Strategie di mindfulness per affrontare
con serenità le difficoltà della vita

Erickson
Indice

Introduzione 7

Capitolo primo
Il rifiuto. I tagli e i graffi emotivi della vita quotidiana 13
Capitolo secondo
La solitudine. La debolezza dei muscoli relazionali 43
Capitolo terzo
Perdite e traumi. Andare in giro con le ossa rotte 77
Capitolo quarto
Il senso di colpa. Il veleno nel nostro sistema 101
Capitolo quinto
La ruminazione. Stuzzicare le croste emotive 133
Capitolo sesto
L’insuccesso. Come un raffreddore emotivo può
trasformarsi in una polmonite psicologica 159
Capitolo settimo
Bassa autostima. Un sistema immunitario emotivo debole 195
Conclusioni
Creati il tuo armadietto personale dei rimedi psicologici 235
Ringraziamenti 239
Bibliografia 243
Introduzione

Se chiedessi a un bambino di 10 anni che cosa devi fare se ti


viene un raffreddore, lui ti direbbe immediatamente di metterti a letto
e bere un brodo caldo. Se gli chiedessi che cosa devi fare se ti fai un
taglio a un ginocchio, ti direbbe di pulire la ferita (o di disinfettarla)
e bendarla. I bambini sanno anche che se ti rompi una gamba devi
farla ingessare in modo che l’osso si saldi correttamente. Se poi gli
domandassi perché è necessario fare tutte queste cose, lui ti rispon-
derebbe che tali cure favoriscono la guarigione e prevengono mali
peggiori: il raffreddore può diventare polmonite, le ferite possono
infettarsi e se un osso rotto non si aggiusta bene, una volta tolto il
gesso potresti avere problemi a camminare. Insegniamo ai nostri
bambini a prendersi cura del loro corpo sin da quando sono molto
piccoli, e loro in genere imparano bene le nostre lezioni.
Ma se chiedessi a un adulto cosa devi fare per alleviare il dolore
bruciante di un rifiuto, la devastazione della solitudine o l’amara
delusione di un insuccesso, vedresti che ti saprà dire ben poco sulla
cura di queste ferite psicologiche comuni. Prova a chiedergli cosa devi
fare per ritrovare l’autostima o riprenderti da una perdita o da un
trauma e vedrai che anche così lo metterai seriamente in difficoltà.
Chiedigli cosa potresti fare per sottrarti all’assillo del senso di colpa
o per smettere di rimuginare sempre sulle stesse cose e con ogni
probabilità lo vedrai assumere un’espressione imbarazzata, cambiare
bruscamente argomento e tentare quatto quatto di svignarsela.
Qualcuno potrebbe risponderti con aria sicura che la cosa
migliore da fare è parlare dei tuoi sentimenti con amici o familiari,

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e certamente nessun esperto di salute mentale che abbia un po’ di
buon senso avrebbe nulla da obiettare a un consiglio di questo genere.
Ma sebbene in alcuni casi parlare di ciò che si prova possa aiutare, in
altri in realtà può essere dannoso. In genere, se si fanno notare questi
pericoli, si vedono altre facce imbarazzate, bruschi cambiamenti di
argomento e tentativi di svignarsela.
Il motivo per cui facciamo poco o niente di significativo per
curare le ferite psicologiche della vita quotidiana è che non abbia-
mo gli strumenti per gestire queste esperienze. Certo, potremmo
cercare l’aiuto di un professionista in queste situazioni, ma spesso
sarebbe poco pratico in quanto la maggior parte di queste ferite non
è abbastanza grave da richiedere un intervento professionale. Così
come non ci piazzeremmo nella sala d’aspetto del nostro medico
di famiglia al primo accenno di tosse o di raffreddore, allo stesso
modo non possiamo correre da uno psicoterapeuta ogni volta che
veniamo respinti da un potenziale partner amoroso o prendiamo una
ramanzina dal capo.
Tuttavia, mentre ogni famiglia ha il suo armadietto dei medici-
nali, pieno di bende, pomate e antidolorifici, per trattare le malattie
fisiche più elementari e comuni, non possediamo un corrispettivo
armadietto dei rimedi per le ferite psicologiche minori che subiamo
nella vita di tutti i giorni. E ne subiamo, né più né meno di quelle
fisiche. Tutte le ferite psicologiche trattate in questo libro sono estre-
mamente comuni: ognuna di esse è emotivamente dolorosa e potrebbe
provocare danni psicologici. Eppure, a tutt’oggi non possediamo dei
mezzi convenzionali per sedare il dolore, lenire le pene e alleviare le
afflizioni causate da questi eventi, nonostante la regolarità con cui
ricorrono nella nostra vita.
L’applicazione del primo soccorso emotivo a queste ferite può
evitare che molte di esse vadano a deteriorare la nostra salute mentale e
il nostro benessere con il tempo. Infatti, molti dei disturbi psicologici
riconosciuti per cui cerchiamo un trattamento professionale potreb-
bero essere prevenuti applicando i metodi del primo soccorso emotivo
alle nostre ferite nel momento in cui compaiono la prima volta. Ad
esempio, la tendenza a rimuginare può rapidamente tramutarsi in
ansia e depressione, e le esperienze di insuccesso o di rifiuto possono
facilmente erodere la nostra autostima. La cura di queste ferite non

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solo ne accelera la guarigione ma aiuta anche a prevenire lo sviluppo
di complicanze e rende meno serie quelle che eventualmente si creano.
Ovviamente, quando la ferita psicologica è grave, le cure di
primo soccorso emotivo non dovrebbero sostituire l’intervento di uno
specialista, così come il fatto di avere un armadietto delle medicine
ben assortito non abolisce la necessità di medici e ospedali. Ma se per
ciò che concerne la nostra salute fisica conosciamo i nostri limiti, lo
stesso non si può dire a proposito della salute mentale. La maggioranza
delle persone è in grado di capire se un taglio è abbastanza profondo
da richiedere dei punti; in genere riconosciamo la differenza tra un
ematoma gonfio e un osso rotto; e tendenzialmente sappiamo che
quando siamo molto disidratati potremmo avere bisogno di un’in-
fusione di plasma. Quando si tratta delle nostre ferite psicologiche,
tuttavia, ci mancano non soltanto gli strumenti per fare qualcosa a
riguardo ma anche la capacità di stabilire in quali casi è necessario
un intervento professionale. Così spesso trascuriamo le nostre ferite
psicologiche finché non diventano abbastanza gravi da impedirci di
funzionare normalmente. Non ci permetteremmo mai di trascurare
un taglio a un ginocchio fino a non poter più camminare mentre
invece trascuriamo sempre le nostre ferite psicologiche, spesso fin-
ché non arriva il momento in cui letteralmente ci impediscono di
andare avanti.
Questa discrepanza tra la nostra competenza generale nel trattare
gli attacchi alla nostra salute fisica e la nostra completa inettitudine
per quanto riguarda la nostra salute mentale è quanto mai infelice.
Se delle tecniche di primo soccorso emotivo adatte al caso nostro
non esistessero, se fosse impossibile curare queste ferite psicologiche,
questo stato di cose sarebbe tollerabile, ma la realtà non è questa!
I recenti progressi di molti ambiti della ricerca psicologica hanno
permesso di identificare varie opzioni terapeutiche valide proprio per
le categorie di ferite psicologiche che riportiamo più spesso.
Ogni capitolo di questo libro è diviso in due parti: nella prima, è
descritta una specifica categoria di ferite psicologiche frequenti e quo-
tidiane; nella seconda, vengono presentate le varie tecniche di primo
soccorso emotivo che possiamo utilizzare per alleviare il nostro dolore
emotivo e per prevenire l’aggravarsi del problema. Queste tecniche,
tutte scientificamente fondate, possono essere autosomministrate,

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proprio come i rimedi di automedicazione. Inoltre possono essere
spiegate ai propri figli. Esse costituiscono i prodotti essenziali che
in futuro non potranno mancare nel nostro armadietto dei rimedi
psicologici, un kit di trattamenti per la salute emotiva e mentale che
possiamo avere sempre con noi nella nostra vita.
Negli anni in cui mi stavo specializzando in psicologia clinica
venivo frequentemente criticato perché fornivo ai miei pazienti dei
consigli specifici e concreti su come alleviare i loro dolori emotivi.
«Noi siamo qui per fare un lavoro psicologico profondo» mi ammoni-
va un supervisore, «non per dispensare un’aspirina psicologica — che
non esiste nemmeno!».
Ma l’offerta di un sollievo immediato e lo svolgimento di un
lavoro psicologico profondo non si escludono a vicenda. Io credo
che tutti debbano avere accesso alle cure di primo soccorso emotivo,
come a qualunque altro trattamento utile per le ferite psicologiche.
Nel corso degli anni ho preso l’abitudine di distillare il succo di
innovative scoperte scientifiche per ricavarne suggerimenti pratici o
terapie che i miei pazienti possano applicare alle sofferenze emotive
della loro vita quotidiana. E l’ho fatto fondamentalmente per un
motivo: perché funzionano. È da anni, ormai, che i miei pazienti,
amici e familiari mi sollecitano a raccogliere questi trattamenti di
primo soccorso emotivo in un libro. Ho deciso finalmente di farlo
perché è giunto il momento di prendere più seriamente la nostra
salute mentale. È giunto il momento di praticare l’igiene della salute
mentale ed emotiva al pari di quella dentale e fisica. Oggi dobbiamo
avere tutti un armadietto dei rimedi psicologici che contenga gli
equivalenti emozionali delle bende, degli antibatterici, del ghiaccio
istantaneo e degli antipiretici.
Dopo tutto, una volta appurato che le aspirine psicologiche
esistono, saremmo stupidi a non servircene.

Come usare questo libro

I capitoli di questo libro trattano sette tipi di incidenti psico-


logici comuni che possono capitare nella vita quotidiana: il rifiuto,
la solitudine, il senso di colpa, la perdita, la ruminazione mentale,

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l’insuccesso e la scarsa autostima. Benché siano stati scritti come
capitoli indipendenti, il mio consiglio è di leggere il libro per inte-
ro. Anche se qualche capitolo non ti riguarderà immediatamente,
la conoscenza del genere di incidenti psicologici in cui potremmo
incorrere ogni giorno ti aiuterà a riconoscerli quando capiteranno a
te o ai tuoi amici e familiari in futuro.
Ogni capitolo è diviso in due parti. Nella prima vengono
descritte le specifiche ferite psicologiche che ciascun incidente pro-
cura — comprese quelle che spesso manchiamo di riconoscere. Ad
esempio, che la solitudine provochi sofferenza emotiva potrebbe
apparirci ovvio; ciò nonostante potremmo non essere consapevoli
del fatto che la solitudine non trattata può avere delle conseguenze
tanto gravi per la nostra salute fisica da ridurre le nostre aspettative
di vita. Altro aspetto meno scontato è che spesso le persone sole
sviluppano comportamenti controproducenti che le portano ad
allontanare inconsciamente da sé proprio coloro che potrebbero
alleviarne la sofferenza.
Nella seconda parte di ogni capitolo vengono presentate le cure
che i lettori possono applicare a ciascuna delle ferite descritte nella
prima parte. Fornisco sia delle linee guida generali per il trattamento,
che spiegano come e quando somministrare ciascuna delle tecniche
consigliate, sia dei quadri sintetici delle informazioni presentate e dei
consigli sul «dosaggio». Poiché questo libro vuole essere una sorta di
armadietto dei rimedi psicologici e non intende affatto sostituire le
cure mediche o psicologiche di un professionista abilitato, alla fine
di ciascun capitolo ho inserito delle linee guida per aiutare il lettore
a capire quando è il caso di rivolgersi a uno specialista.
I consigli di questo libro si basano su studi scientifici eccellenti
che sono stati sottoposti a procedimenti di peer review e pubblicati su
riviste accademiche di prima qualità. I riferimenti bibliografici per
gli studi e i trattamenti citati si trovano a fine volume.

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Capitolo terzo
Perdite e traumi. Andare in giro
con le ossa rotte

Le perdite e i traumi fanno inevitabilmente parte della vita e i


loro effetti sono spesso devastanti. La perdita di una persona cara o il
fatto di essere stati vittime di violenze o crimini, di restare menomati,
di sviluppare una malattia cronica o mortale oppure di essere rimasti
coinvolti in atti di terrorismo o di guerra o, ancora, di essere passati
attraverso altre esperienze potenzialmente letali e traumatiche può
fare deragliare la nostra vita e lasciare delle profonde ferite psicolo-
giche. Per guarire tali ferite è in genere necessario un lungo processo
di riadattamento e ripresa che può essere diverso per ognuno di noi.
Come una frattura deve essere ricomposta correttamente, il modo
in cui ricomponiamo i pezzi della nostra vita dopo una perdita o
un trauma è molto importante perché la ripresa in seguito a quegli
eventi possa essere il più possibile completa.
Alcune delle perdite e dei traumi che la vita ci infligge lasciano
ferite tanto profonde da richiedere l’intervento di un professionista
esperto di salute mentale e probabilmente una lunga psicoterapia.
Pertanto questo capitolo non è destinato a coloro che sono rimasti
travolti da eventi estremamente avversi, e raccomando fortemente
a costoro di cercare aiuto da un professionista esperto qualora non
l’avessero già fatto.
Molte delle perdite e delle esperienze traumatiche che ci tocca-
no nella vita non sono tuttavia sufficientemente gravi da provocare
danni psicologici o emotivi a lungo termine. Se perdiamo il lavoro
o se il nostro migliore amico ci scarica dopo una brutta lite o se ci
muore un nonno, ad esempio, attraversiamo un periodo di tristezza

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e adattamento ma poi di solito ritorniamo al nostro livello di sa-
lute psicologica ed emotiva precedente. Le stesse perdite possono
comunque avere un significato psicologico diverso a seconda delle
persone. Ad esempio, se per avere perso il lavoro la nostra famiglia
si ritrova senza casa o se il nostro migliore amico era anche il nostro
unico amico o se il nonno ci aveva cresciuti e al momento del decesso
godeva di buona salute, la perdita che subiamo e il suo impatto sulla
nostra vita possono essere molto più importanti.
A prescindere dalle differenze che si possono manifestare nel
modo in cui ognuno fa fronte a una perdita o a un trauma, le sfide
che ci troviamo davanti quando si tratta di ricostruire la propria vita
e recuperare appieno le proprie condizioni emotive e psicologiche
sono simili. Dobbiamo ricomporre le nostre fratture psicologiche,
riassemblare i pezzi della nostra esistenza in un tutto ben integrato e
completamente funzionale. Trattare le ferite psicologiche inflitte dalla
perdita e dal trauma può servire non solo ad accelerare la nostra ripresa
ma in alcuni casi anche a riemergere da tali esperienze con nuove
priorità, un profondo apprezzamento delle relazioni che abbiamo,
una determinazione più forte e una maggiore soddisfazione per la
vita — un fenomeno noto come crescita post-traumatica (Tedeschi
e Calhoun, 2004).
Mentre molte delle variabili che determinano se riemergeremo
da una perdita o da un trauma con un benessere emotivo maggiore
o minore non sono sotto il nostro controllo (ad esempio, la gravità
degli eventi, la nostra costituzione psicologica di base e la precedente
esposizione ad altre avversità), altre variabili dipendono da noi. Per
utilizzare al meglio i trattamenti di primo soccorso emotivo presentati
in questo capitolo dobbiamo innanzitutto comprendere bene le ferite
psicologiche inflitte dalle perdite e dai traumi e le sfide a cui esse
sottopongono la nostra salute mentale e il nostro benessere emotivo.

Le ferite psicologiche inflitte dalle perdite e dai traumi

Oltre alla grave sofferenza emotiva che provocano e ai cambia-


menti concreti con cui ci dobbiamo confrontare quando si abbattono
sulla nostra vita, le perdite e i traumi infliggono tre ferite psicolo-

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giche, ognuna delle quali rappresenta un diverso insieme di ossa da
ricomporre. In primo luogo, le perdite e i traumi possono portare
tanto scompiglio nella nostra vita da minacciare la percezione di noi
stessi, i nostri ruoli e il nostro stesso senso di identità.
In secondo luogo, spesso gli eventi tragici riescono a mettere
in crisi persino le nostre convinzioni fondamentali sul mondo e il
posto che abbiamo in esso, tanto che facciamo fatica a dare un senso
agli eventi o a integrarli nella cornice più ampia dei nostri sistemi
di convinzioni.
In terzo luogo, molti fanno fatica a restare attaccati alle persone
e alle attività che fino al momento della perdita o del trauma erano
state significative e possono perfino arrivare a pensare che tornare a
impegnarsi nella propria vita sarebbe come tradire le persone perdute
o non tenere nella dovuta considerazione la sofferenza patita.
Il dolore emotivo travolge tutti quelli che fanno esperienza di
una perdita o di un trauma ma ognuno può conoscere queste tre
ferite psicologiche in misura molto diversa. Alcuni di noi possono
viverle in forma solo lieve mentre altri potrebbero subire un profondo
sconvolgimento della propria esistenza capace di durare anni o persino
decenni. Osserviamo queste ferite più da vicino.

Ferita n. 1: la vita interrotta. Quando si è travolti dalla sofferenza


emotiva
La sofferenza emotiva dei primi giorni strazianti che seguono
una perdita o un trauma può paralizzare completamente. Si può
persino perdere la capacità di pensare sensatamente o di svolgere
anche le funzioni più elementari della cura di sé, come mangiare
e lavarsi. Inghiottiti dal dolore emotivo, spesso percepiamo ogni
aspetto della nostra vita in modo diverso, come se fossimo costretti
a vivere una serie di «prime volte» lancinanti: il primo pasto senza
la persona perduta, la prima notte da soli dopo le violenze, la prima
volta che ci si vede allo specchio dopo gli eventi che hanno modificato
il corso della nostra vita. Questa serie infinita di «prime volte» può
accompagnarci per settimane o mesi: la prima spesa al supermercato
dopo la separazione dal coniuge senza comprare i suoi cibi preferiti,
il primo Natale dopo la perdita del lavoro senza avere i soldi per

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EsErcizio pEr rEcupErarE gli aspEtti
pErDuti DElla propria pErsoNalitÀ
Il seguente esercizio scritto ti aiuterà a identificare gli aspetti di te che
potresti avere perso; così potrai trovare nuovi modi per esprimere queste parti
mancanti della tua identità e recuperare i ruoli importanti a cui potresti avere
rinunciato. A scopo illustrativo, dopo ogni domanda ho inserito le risposte
di Maxine.
Avvertenza: se gli eventi sono ancora freschi e la sofferenza emotiva che
provi è estrema, non costringerti a completare questo esercizio a meno che
non ti senta psicologicamente pronto a farlo.
1. Elenca le qualità, le caratteristiche e le capacità che tu e gli altri apprezzavate
di te prima degli eventi (cerca di scriverne almeno dieci). Maxine inserì le
caratteristiche seguenti: leale, passionale, avventurosa, curiosa, intelligente,
leader, amante della vita all’aria aperta, esperta di campeggio, affabulatrice,
umana, premurosa, capace di sostenere gli altri, entusiasta, amorevole, affet-
tuosa e comunicativa.
2. Quali delle qualità precedenti ti sembra più lontana dalla tua vita di oggi
o tende a esprimersi di meno oggi rispetto al passato? Maxine indicò le
seguenti: avventurosa, leader, amante della vita all’aria aperta, esperta di
campeggio, affabulatrice, premurosa, entusiasta, amorevole e affettuosa.
(Notare che l’elenco di Maxine ruota intorno a due aspetti che erano stati
essenziali per lei prima della morte del marito: 1. l’amore per il campeggio e
la vita all’aria aperta, e 2. lo stretto legame con la cerchia di amici con cui
condivideva le sue passioni.)
3. Per ogni qualità elencata, spiega brevemente per iscritto perché ti sembra
lontana o non si esprime più quanto prima. Ad esempio, Maxine scrisse
quanto segue a proposito del fatto che si sentiva raramente «avventurosa»:
«Non mi sono mai sentita avventurosa da sola. Per me, l’avventura è sem-
pre stato condividere nuove esperienze con Kurt. Quello che lo rendeva
stimolante era il fatto di vivere l’avventura insieme. Senza di lui mi pare che
non valga la pena avere delle avventure, e mi sembra anche una cosa triste».
4. Per ogni qualità elencata, metti brevemente per iscritto le persone, le attività
o le opportunità a cui ti potresti dedicare per poterla esprimere più di
quanto tu non stia riuscendo a fare adesso.
A questa richiesta Maxine si trovò in difficoltà. Semplicemente non riusciva
a immaginare come poter esprimere il suo spirito avventuroso senza che
ci fosse lì Kurt a condividere l’esperienza con lei. «Lei pensa che io debba
ritrovare il mio spirito d’avventura andando a fare il safari, non è vero?» mi
disse, aggiungendo poi immediatamente «Ma non posso, veramente non
posso!».

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«In realtà non è affatto a quello che stavo pensando», risposi io. «Io credo
nei piccoli passi e non mi pare proprio che andare a fare il safari sia un
piccolo passo. A dire il vero quello che mi ha colpito della sua lista è che
lei ha scritto che le avventure erano esperienze da condividere con Kurt.
Ma non era solo Kurt. Eravate entrambi in un gruppo di persone più
ampio che condivideva con voi interessi e passioni, persone con cui lei
potrebbe ancora condividere delle avventure, anche se piccole. Ecco quello
che stavo pensando», dissi. «Con quale dei suoi vecchi amici del campeggio
si vedrebbe a fare una piccola escursione?». Maxine tirò un forte sospiro
di sollievo. Era così convinta che avrei insistito perché partisse per il safari
che accettò di buon grado di valutare invece la possibilità di una breve
escursione con uno dei suoi vecchi amici.
Per fare un altro esempio, Grant era molto atletico e amava il basket prima
di perdere le gambe nell’incidente stradale. Osservai che il basket sulla
sedia a rotelle era uno sport molto diffuso e gli suggerii di raccogliere
informazioni sulla possibilità di frequentare qualche associazione dilettan-
tistica del genere nella sua zona.
5. Assegna un ordine di priorità alle voci della domanda precedente in base
a quanto sono realizzabili e gestibili dal punto di vista emotivo.
6. Prefiggiti l’obiettivo di mettere in pratica l’elenco il meglio che puoi e
procedendo con il ritmo per te più confortevole (tenendo conto del
fatto che probabilmente passare all’azione ti provocherà qualche disagio
all’inizio). In questo modo comincerai a recuperare degli aspetti significativi
e preziosi di te stesso e della tua personalità e così facendo ti rimetterai
in moto.

il trattamENto iN siNtEsi: rEcupEra gli


aspEtti pErDuti DElla tua pErsoNalitÀ
Dosaggio: somministrare una volta ritornati al proprio funzionamento normale
(ad esempio, in famiglia, al lavoro o a scuola).
Efficace per: recuperare aspetti importanti della propria identità e ricostruire
le relazioni interrotte.
Benefici secondari: riduce il dolore emotivo.

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Capitolo sesto
L’insuccesso. Come un raffreddore
emotivo può trasformarsi
in una polmonite psicologica

Nessuno di noi arriva all’età adulta senza avere incontrato l’insuc-


cesso migliaia di volte, e andando avanti con la vita lo incontreremo
ancora spesso. L’insuccesso è un’esperienza umana così comune che ciò
che distingue noi dalle altre persone non è tanto il fatto che sbagliamo
quanto piuttosto il nostro modo di reagire agli errori. Tali differenze
emergono in modo particolarmente evidente quando si osservano
coloro che sbagliano più regolarmente e più spesso di chiunque altro:
i bambini piccoli. Loro imparano in gran parte provando, sbagliando
e riprovando. Per fortuna in genere i bambini sono tenaci e caparbi
(altrimenti non impareremmo mai a camminare, parlare o a fare mol-
te altre cose) ma possono anche avere reazioni molto diverse ai loro
insuccessi. Immagina che ci siano quattro bambini di 1 o 2 anni che
giocano ognuno con una scatola con pupazzo a molla identica a quella
degli altri. Per aprire la scatola e vedere saltar fuori l’orsacchiotto che c’è
dentro è necessario far scorrere verso sinistra un grosso bottone posto
sul lato della scatola. I bambini sanno che dove c’è il bottone c’è azione
ma farlo scorrere è difficile. Il bambino n. 1 tira il bottone. Quello
non si muove. Allora lo pigia con forza. La scatola cade e rotola via
lontano, fuori dalla sua portata. Allora lui si allunga per prenderla ma
non ci arriva. A quel punto si gira dall’altra parte e comincia a giocare
con il pannolino. Il bambino n. 2 litiga qualche istante con il bottone
ma non arriva a niente. Allora si ferma e fissa la scatola con il labbro
inferiore tremante ma non fa altri sforzi per aprirla. Il bambino n. 3
cerca di aprire lo sportello superiore della scatola con la forza. Poi tira
il bottone. Continua imperterrito a fare altre prove per dieci minuti

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finché… evviva! Fa scorrere il bottone, lo sportello superiore si apre
e l’orsacchiotto salta fuori con un fischio. Il bambino strilla di gioia,
infila nuovamente l’orsacchiotto nella scatola e ripete la sequenza
un’altra volta e poi ancora e ancora. Il bambino n. 4 vede il n. 3 che
apre la sua scatola. Diventa rosso in volto, colpisce a mano aperta la
propria e poi scoppia a piangere. Quando da adulti incontriamo un
insuccesso, tendiamo ad avere reazioni molto simili a queste (anche se
pochi di noi si mettono a giocare con il pannolino). Possiamo pensare
che l’obiettivo a cui miriamo sia fuori dalla nostra portata e rinunciare
troppo rapidamente (come il bambino n. 1 a cui è sfuggita la scatola).
Qualcuno di fronte a un insuccesso si demoralizza a tal punto da cadere
nell’immobilità, nella passività e nell’impotenza (come il bambino n. 2,
che ha gettato la spugna). Qualche altro sbaglia ma continua a provare
e riprovare finché non riesce (come il bambino n. 3). Altri ancora si
agitano e si imbarazzano a tal punto da non riuscire più a connettere
(come il bambino n. 4, che è scoppiato a piangere). Le reazioni agli
errori sono fondamentali sia per il successo nella vita sia per la felicità
e il benessere personali. Qualcuno reagisce bene agli insuccessi, molti
altri no. Il fallimento ferisce e delude sempre ma può anche essere
un’esperienza formativa, educativa e utile alla crescita, nella misura in
cui lo prendiamo con filosofia, capiamo che cosa sarà necessario fare
diversamente in futuro e continuiamo a perseguire i nostri obiettivi.
Se tuttavia ignoriamo le ferite che esso ci infligge, la situazione può
peggiorare, talvolta anche di molto. Benché il nostro modo di affrontare
gli insuccessi affondi le radici nella prima infanzia, non siamo affatto
destinati a seguire la strada imboccata allora. Anche chi reagisce nel
modo più sterile e dannoso può imparare ad affrontare gli insuccessi
in modo più vantaggioso e psicologicamente sano. Ma per poterlo fare
dobbiamo prima capire quali conseguenze ha su di noi l’insuccesso,
quali sono le ferite psicologiche che causa e quali sfide psicologiche ci
aspettano se vogliamo guarirle.

Le ferite psicologiche inflitte dagli insuccessi

Gli insuccessi sono l’equivalente emotivo del raffreddore: a


tutti capita di averne e tutti stiamo pessimamente quando arriva. In

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L’ideale sarebbe utilizzare gli esercizi di autoaffermazione pri-
ma di accostarsi alle situazioni che potrebbero far vacillare la nostra
autostima: una grande occasione amorosa, un esame, un colloquio
di lavoro. È anche per questo che è meglio usare questi esercizi re-
golarmente, in quanto non possiamo sempre prevedere quando la
nostra autostima subirà un duro colpo. In ogni caso, è molto utile
farli anche a posteriori.

EsErcizio Di autoaFFErmazioNE
Esegui il seguente esercizio scritto con la massima regolarità possibile
(settimanalmente va bene; quotidianamente è ancora meglio). È particolarmente
importante fare l’esercizio nei periodi di maggiore stress (ad esempio, sotto
la dichiarazione dei redditi nel caso dei fiscalisti; durante le sessioni di esame
nel caso degli studenti universitari) o nelle situazioni che potrebbero rappre-
sentare una minaccia per l’autostima (ad esempio, quando ci si candida per
un lavoro) dato che è in queste circostanze che la nostra autostima potrebbe
essere più vulnerabile. Servono due fogli di carta.
1. Sul primo foglio scrivi l’elenco delle tue caratteristiche e delle tua qua-
lità importanti, includendovi anche i risultati, le conquiste o i successi
conseguiti che ti sembrano considerevoli o significativi. Scrivine almeno
dieci; meglio ancora se sono di più.
2. Se mentre ci pensi ti vengono in mente risposte negative (ad esempio,
«Il capo pensa che io sia un pessimo dipendente»), critiche (ad esempio,
«Sono uno sfigato») o sarcastiche (ad esempio, «Cos’è che mi riesce bene?
Vediamo, dormire… e anche a respirare sono un fenomeno!»), scrivile sul
secondo foglio.
3. Tra le voci che hai elencato nel primo foglio scegline una particolarmente
significativa per te e scrivi un breve componimento (di almeno un capo-
verso) spiegando perché questa caratteristica, questo risultato o questa
esperienza specifica è importante per te e quale ruolo speri che abbia
nella tua vita.
4. Finito il componimento, prendi il secondo foglio di carta, appallottolalo
e buttalo nella spazzatura — è li che deve stare.
5. I giorni successivi scegli altre voci dell’elenco e ripeti quello che hai fatto
al punto 3. È preferibile farlo ogni giorno fino a esaurire tutto l’elenco.
Naturalmente puoi aggiungere altre voci all’elenco in ogni momento e
puoi scrivere più volte dello stesso argomento.

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