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DIVINA COMMEDIA

Introduzione

• Beatrice incontra Dante e lo porta con sè, volando dal Paradiso Terrestre.
• Per conoscere Dio non basta la teologia di Beatrice, ella passerà il testimone a San
Bernardo, che ha in sè la mistica
• Il Paradiso è composto dal cielo delle stelle fisse, dalla rosa dei Beati e da Dio.
• Il meccanismo di incontro con le anime è uguale a quello dell'Inferno e del Purgatorio --> le
anime insegnano qualcosa a Dante.
• Nei cieli gli angeli, mossi da Dio, che girano le sfere, producendo una musica celestiale.
• Gli angeli si trovano nella rosa dei Beati e si spostano nei cieli per incontrare Dante.

• La geografia del Paradiso non è materiale come quella della Terra: il Paradiso è fatto di
luce, più abbagliante man mano che ci si avvicina a Dio. Infatti Dante non è ancora pronto
per guardare la luce di Dio e ne vede il riflesso negli occhi di Beatrice.
• Tornano i temi cari a Dante: Firenze, gli ordini francescani e domenicani a cui Dante affida
la religione.
• Il viaggio nel Paradiso è un "itinerarium mentis in Deum" ovvero una mente che viaggia,
Dante infatti, mentre viaggia, potenzia il suo essere.

Canto I : proemio
--> ascesa verso il Cielo e spiegazione dell'ordine dell'Universo

• Scritto in terzina dantesca (endecasillabi a rima incatenata).


• Introduzione dei temi del Paradiso: Dante vuole parlare della gloria di Dio effusa
nell'universo, del desiderio che muove l'uomo verso il suo compimento, l'inadeguatezza
della parola a raccontare le cose viste nel cielo; ciò che del regno santo è rimasto impresso
nella memoria del poeta sarà argomento del canto.
• Segue invocazione ad Apollo, dal cui aiuto Dante spera di ottenere l'incoronazione poetica
ormai raramente ambita dagli uomini. Infine Dante esprime la speranza che altri poeti
possano seguire le sue orme.
• Riprende la narrazione del viaggio dal punto in cui era stata interrotta: ormai nell'Eden è
mezzogiorno, quando Dante vede Beatrice che, volta a sinistra, fissa il sole. Egli fa
altrettanto, ma non potendo sopportare a lungo quel bagliore, torna a rivolgere a lei lo
sguardo. E' il momento di "trasumanar" che non si può descrivere con parole: Dante sale
verso il cielo senza accorgersene, solo è colpito da una musica mai sentita e da una
straordinaria luminosità.
• Dante vorrebbe avere spiegazioni della luce e della dolce armonia, ma prima che si decida a
chiedere a Beatrice, ella sorridendo lo avverte che non si trovano più sulla terra, ma stanno
salendo verso il cielo.
• Un nuovo dubbio allora prende il poeta: come può egli col corpo grave salire in alto
attraverso corpi leggeri? Beatrice per rispondere adeguatamente gli descrive l'ordinamento
del cosmo: tutte le cose create sono disposte secondo un ordine che rende l'universo simile a
Dio e che le fa tendere al proprio fine, così anch'egli, ora che è libero da ogni impedimento,
è portato per forza naturale verso il fine dell'uomo che è Dio.

...canto II --> arrivo nel cielo della Luna


Canto III : cielo della Luna
--> la storia di Piccarda

• Mentre Dante solleva la testa per dichiararsi persuaso dalla spiegazione ricevuta (nel canto
precedente Beatrice gli ha spiegato che la luminosità dei corpi celesti è la manifestazione
della diversa letizia degli angeli), la sua attenzione è attirata da deboli parvenze di volti che
egli crede immagini riflesse: si volta indietro, ma non vede nessuno, perciò interroga con lo
sguardo Beatrice, la quale gli spiega che proprio quelle pallide immagini sono le anime
beate, qui relegate per aver mancato in parte ai voti fatti; quindi lo invita a rivolgere loro la
parola.
• Dante allora interpella quella che si mostra più desiderosa di parlare e la prega di rivelargli il
suo nome e la loro condizione. L'anima si presenta come Piccarda Donati, la sorella di
Forese, posta nel primo cielo con gli altri beati per non aver interamente adempiuto al voto
monacale.
• La nuova bellezza aveva impedito a Dante di riconoscere immediatamente i tratti di
Piccarda, a lui familiari in terra; ora le parole appena ascoltate gli hanno suscitato una nuova
domanda: le anime che sono collocate così in basso non sentono il desiderio di salire più su
per essere vicine a Dio? Piccarda, lieta e sorridente, risponde che la carità propria dello stato
di beatitudine rende la loro volontà conforme a quella di Dio e in essa le anime trovano la
pace.
• Dopo aver ringraziato, Dante chiede di conoscere il voto a cui ella ha mancato. Entrata
nell'ordine delle clarisse – racconta Piccarda-, ne era stata tratta con la forza da uomini a
"mal più ch'a ben usi" (indica così, senza nominarlo, il fratello Corso) e costretta a una vita
che solo Dio sa quale sia stata.
• Piccarda addita un altro spirito luminoso che ebbe una sorte uguale alla sua: è l'anima di
Costanza d'Altavilla, madre di Federico II di Svevia, anch'ella strappata al chiostro contro la
sua volontà.
• Finito di parlare, l'anima svanisce cantando Ave Maria: Dante la segue con lo sguardo finchè
può, quindi torna a guardare Beatrice, ma resta sopraffatto dal suo fulgore, tanto da non
riuscire a proferire la domanda che gli urge.

...canto IV : ancora nel cielo della Luna


...canto V : passaggio dal cielo della Luna al cielo di Mercurio
Canto VI: cielo di Mercurio
--> Giustiniano e Romeo di Villanova

(aggiungi appunti)
• Lo spirito del nuovo cielo, che ha parlato a Dante, si presenta come l'imperatore Giustiniano
nelle cui mani l'insegna imperiale, l'aquila, giunse più di duecento anni dopo Costantino:
della sua vita terrena egli ricorda l'opera legislativa, la conversione alla fede e le conquiste
del suo generale Belisario.
• Esaurita così la risposta alle prime due domande di Dante (non so chi tu sei), Giustiniano
apre una digressione sull'Impero, perchè si comprenda come sia irragionevole la condotta di
quanti ora si appropriano del "sacrosanto segno" (l'aquila, sacro simbolo dell'Impero) o gli si
oppongono. Per più di tre secoli il "segno" restò nella città di Albalonga (con i discendenti di
Enea", fino a che se ne impadronirono i Romani: sotto di esso, prima nell'età monarchica, pi
nel periodo repubblicano, celebrarono i loro trionfi sui popoli italici e stranieri. Quando il
cielo si preparava a riportare la pace in terra (in occasione della nascita di Cristo), per volere
di Roma l'aquila imperiale passò nelle mani di Cesare, indomabile conquistatore, quindi
Augusto, da cui il mondo fu pacificato. Ma la gloria massima fu raggiunta sotto il terzo
imperatore, Tiberio, quando l'umanità fu redenta dalla morte di Cristo; anche la punizione di
tale uccisione fu opera dell'aquila, allora tenuta dall'imperatore Tito. Infine, al tempo in cui
la Chiesa venne attaccata dai Longobardi, Carlo Magno la soccorse sotto la protezione di
quel segno.
• Avendo ormai mostrata la sacralità dell'aquila, Giustiniano torna ad accusare Guelfi e
Ghibellini, i primi perchè oppongono all'insegna universale i gigli d'oro di Francia, i secondi
perchè cercano di appropriarsene per interessi di parte.
• L'imperatore risponde ora alla seconda domanda di Dante (non so perchè ti trovi in questo
cielo) e spiega che nel cielo di Mercurio si mostrano le anime di coloro che furono attivi per
ottenere onore e fama: la loro vita terrena perciò è stata segnata da una qualche debolezza
ma sono lieti del grado di beatitudine di cui godono perchè giustamente commisurato al loro
merito.
• Infine Giustiniano presenta un altro spirito beato del suo cielo, Romeo di Villanova, umile
pellegrino diventato fedele ministro del conte di Provenza. Caduto in disgrazia per le
calunnie dei cortigiani invidiosi, dovette lasciare la corte, povero e ormai avanti con gli anni:
Se il mondo potesse conoscere il suo animo nel mendicare la vita, lo loderebbe più di quanto
già non faccia.

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