Sono il ticchettio scoordinato e fitto di decine e decine di piedi che
attraversano la strada che separa la stazione dalla fermata
dell’autobus, non sempre col semaforo verde. Sono l’ondeggiare dei cappucci e dei lembi delle giacche all’aria del mattino. Sono gli zaini a volte gonfi di libri ma spesso semivuoti. Riempiono le strade, le stazioni, i mezzi pubblici, i bar, sempre in gruppo, come un branco che cerca di prendere possesso di un territorio.; ma gli studenti universitari non possiedono proprio nulla, nemmeno il corpo ormai adulto che si vedono addosso ma spesso non sanno ancora portare con disinvoltura. Quando la mattina si chiudono alle spalle una porta a cui forse non si sono ancora abituati, affrontano l’aria fredda e la luce con occhi non ancora del tutto liberi dai sogni; anche due ore di sonno dopo la luna serata del giorno prima sono sufficienti per un sogno, a quell’età. Di solito corrono verso un autobus con il motore già acceso, spesso con i capelli spettinati, o senza trucco, o con la giacca ancora aperta e svolazzante al ritmo dei passi. C’è chi si siede col naso sui libri senza nemmeno guardarsi attorno, chi sta in piedi accanto ai sedili vuoti guardando le case e i negozi passare veloci oltre il finestrino, mentre nelle cuffie suona ogni mattina la stessa canzone. Negli orari in cui arrivano i treni l’autobus si riempie di ragazzi, e si deve viaggiare schiacciati contro la spalla o contro lo zaino di qualcuno, cadendogli addosso a ogni frenata, mentre il motore vibra e non si capisce come riesca a tirare su per la salita tutto quel peso. Gli studenti universitari non si fermano finché non sono arrivati: Quando scendono dagli autobus o arrivano dalle scale degli appartamenti vicino al campus camminano sicuri, con gli occhi bassi e il passo lungo, come se fossero sempre sicuri della strada e della direzione. Ma sotto i cappucci e i capelli, dietro alle frange e agli occhiali, non esistono creature più smarrite. Ci sarà oggi la ragazza che ho conosciuto e vicino a cui mi siedo sempre? Troverò un posto abbastanza anonimo nell’aula affollata? Chissà se ho ancora caffè nella tessera o ne ho già bevuti troppi e dovrò rinnovarla. Ma a chi possono chiedere se devono accettare quel diciotto strappato senza studiare più di tanto, o se devono puntare più in alto e ritentare, ma quanto più in altro? E sarà poi giusto questo corso di laurea? Ma le domande diventano scherzi, meme, battute, perché tanto si sa che bene o male sono le stesse per tutti e tutti capiranno. Gli studenti universitari si muovono a gruppi, a volte compatti in modo quasi ridicolo, come animali selvatici braccati. Hanno un bel dire i professori, quando li rimproverano del brusio costante ricordando che tanto la frequenza non è nemmeno obbligatoria. Ma ci sono discorsi che non si possono rimandare, e se hai iniziato a parlare con quella ragazza non è detto che avrai un’altra occasione per incontrarla, e non conoscerai la sua compagnia, e si fa presto a rimanere soli il sabato sera, e allora i pensieri e le paure diventano giganti nel silenzio, e il soffitto vuoto e scuro diventa un volto a cui pensi ancora troppo spesso e la mattina sembra sempre un paio d’ore troppo lontana. Gli studenti universitari studiano sui libri e sui computer, in un silenzio che vorrebbe essere concentrato; ma gli sguardi che esplorano la stanza e i profili ignari dei compagni di studi tradiscono una voglia di altrove che rifiuta di assopirsi. Negli zaini dei degli studenti universitari si accumulano le cose più strane: carte di merendine e di cioccolatini per sopravvivere alle ore di studio, cartacce di appunti vecchi e di esercizi sbagliati, braccialetti e cianfrusaglie portafortuna per non doversi affidare solo e sempre a se stessi…