Lo studio per la musica elettronica della Germania occidentale (Studio fur
elektronische Musik des Westdeutschen Rundfunks), situato a Colonia, era il primo del suo genere al mondo e la sua storia riflette lo sviluppo della musica elettronica nella seconda metà del XX secolo. Dopo una conferenza tenuta a Darmstadt nel 1950 e una trasmissione radiofonica intitolata “Il mondo sonoro della musica elettronica” (18 Ottobre 1951), Hanns Hartmann diede il via libera per l’istituzione di questo studio. I partecipanti più importante dell’incontro furono Werner Meyer-Eppler, Robert Beyer, Fritz Enkel e Herbert Eimert. Robert Beyer parlava di musica orientata al timbro fin dagli anni ’20; Fritz Enkel fu il tecnico che elaborò il primo stabilimento dello studio; Herbert Eimert, sempre stato dalla parte del progresso musicale radicale, fu il primo direttore dello Studio di Colonia. Werner Meyer-Eppler fu un grande chimico, ma dopo la fine della guerra rivolse sempre di più la sua attenzione vero la sintesi vocale e la fonetica. Nel 1947 venne assunto all’istituto di fonetica dell’Università di Bonn, dove divenne collaboratore scientifico, presentando molte invenzioni, tra cui il Vocoder. Fu proprio ad una conferenza di questo strumento che incontrò Robert Beyer. Il 26 maggio 1953, dopo due anni di lavoro, lo Studio fur elektronische Musik fu ufficialmente aperto. Lo Studio di Musica Elettronica della WDR parte da principi opposti all’esperienza di Pierre Schaeffer della scuola parigina. Le divergenze estetiche tra queste due esperienze non risiedono nella differente scelta dei materiali (registrati quelli di Parigi, elettronici quelli di Colonia), ma nel diverso approccio alla manipolazione e composizione degli eventi sonori. L’approccio di Schaeffer è concreto, diretto alla materia del suono, mentre quello di Colonia è più astratto e progettuale. Eimert voleva partire dai suoni elettronici per poter estendere il dominio al timbro, come si nota dal suo primo lavoro Glockenspiel. Robert Beyer aveva un’idea più utopica dell’uso degli strumenti elettronici, applicata in Suono in una stanza infinita. In generale, preferirono lavorare principalmente su suoni generati elettronicamente in laboratorio, dal suono sinusoidale a quello bianco, a volte combinati a suoni concreti. La figura compositiva più importante dello Studio di Musica Elettronica della WDR è Karlheinz Stockhausen (1928-2007) che, dopo una breve esperienza al GRM di Parigi, realizza a Colonia Gesang der Junglinge (1956) e Kontakte (1960), lavoro per percussioni, pianoforte e nastro, in cui oltre all’interazione fra suoni elettronici e strumentali, Stockhausen sperimenta per la prima volta la forma momento. Gesang der Jungligne im Feuerofen (canto dei fanciulli nella fornace ardente) rielabora il tema biblico della fornace ardente dal capitolo 3 del libro di Daniele. L’opera è significativa per il suo integrare insieme suoni elettronici e voce umana (dodicenne Josef Protschka) per mezzo di risonanza e altezza così creando dei fonemi elettronici liberi dalle limitazioni legate alle figure degli strumentisti. È celebre anche per il suo precoce uso della spazialità, il materiale registrato su nastro viene trasmesso attraverso cinque gruppi di altoparlanti, così proiettato in tutte le direzioni per coinvolgere al meglio lo spettatore. Tra gli effetti realizzati da Stokhausen abbiamo: effetti di eco e riverbero del suono; mormorio lontano di una moltitudine di voci identiche, producendo un’immaginaria polifonia; scariche improvvise di particelle sonore generate da impulsi elettronici; interferenze timbriche tra fonemi, frammenti di canto e suoni elettronici. Lo studio della WDR ebbe altri compositori importanti, come Gyorgy Ligeti, mauricio Kagel, Koenig, Karel Goeyvaerts e Henri Pousser. Stockhausen assunse la direzione dello Studio nel 1962, ma dal 1970 lo studio andò verso il suo declino. Nel 1967 Stockhausen realizzò Mixtur, per orchestra, percussioni, modulatori ad anello e oscillatori sinusoidali, una delle prime composizioni in cui gli strumenti musicali vengono modificati dal vivo.