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Codytrip è l'ultima delle esperienze scolastiche che puntano sul digitale. Apprendimento
tramite gaming, immersione nella realtà virtuale: quando le tecnologie diventano
semplificazione, non complicazioni delle cose
HuffPost
05/05/2021 11:58am CEST
La pandemia come ostacolo a un’esperienza scolastica tradizionale, la tecnologia come
mezzo per provare ad aggirare quell’ostacolo e rendere l’esperienza ancora più
performante. L’emergenza sanitaria dell’ultimo anno ha dato un’accelerata al processo di
digitalizzazione nelle aule, e di Dad e realtà virtuale sfruttata per l’insegnamento
sentiremo certamente parlare anche una volta usciti dalla crisi. Il Recovery Plan di Mario
Draghi ha stanziato fondi per incentivare lo studio delle discipline STEM (Science,
Technology, Engineering and Mathematics) nella futura “Scuola 4.0” e mentre si pensa
al futuro c’è chi già ha preso in mano la situazione per spostare online esperienze prima
vissute nella realtà. Di necessità si fa virtù, non senza qualche preoccupazione. Fermo
restando l’entusiasmo per lo sviluppo di risorse che possono arricchire gli studenti e
rendere il loro percorso tra i banchi più coinvolgente, c’è chi teme i rischi di digitalizzare
l’intero apprendimento. “Se lo schermo sostituisce attività che sono più manuali e in età
evolutiva costruiscono proprio il cervello, allora quell’esperienza da una parte può
rivelarsi un boomerang che depotenzia in maniera significativa le capacità dei ragazzi”
dice ad Huffpost Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta dell’età evolutiva.
Se gli studenti non vanno in gita, la gita va dagli studenti – Un esperimento riuscito,
in grado di conciliare tecnologia e stimolo per i ragazzi, è quello di CodyTrip, che ha
permesso agli studenti di non rinunciare a un’essenziale esperienza formativa,
nonostante le restrizioni pandemiche. Vista l’impossibilità di spostarsi per via delle
misure anti contagio, al professore Alessandro Bogliolo – che da tempo si occupa di
formare gli insegnanti alle competenze digitali – è venuta un’idea: sviluppare una
tecnologia facilmente accessibile, che non necessita installazione, per permettere a
studenti, docenti e famiglie di partecipare a un’esperienza online che prova a essere più
senza più libri di carta, senza più scrivere con una penna su un foglio bianco, ma
cliccando solo dei tasti: tutto questo ha un impatto molto forte” spiega Pellai, “Alcune
operazioni richiedono di essere supportate da reti neuronali che si attivano mentre le stai
svolgendo, si integrano fra di loro in modo complesso e potenziano in modo significativo
la dimensione dell’apprendimento”. Così come avere un motore di ricerca può
velocizzare in maniera esponenziale l’acquisizione di informazioni, ma non
necessariamente rende il sapere ottenuto qualcosa che entra nel mondo profondo e che
diventa reale competenza acquisita dal minore: “Il tema è come il digitale viene messo al
servizio dell’apprendimento: il rischio è che l’apprendimento sia messo al servizio degli
strumenti che hai a disposizione”.
L’allerta deve essere ancora più alta per i più giovani: “Più sei piccolo, più devi modellare
il tuo cervello, cablare le reti neuronali che resteranno con te per il resto della vita”. Un
esempio negativo, cita il professore, è evidenziato da studi clinici effettuati su bambini
del mondo orientale: “C’è un’epidemia di miopia, perché i bambini continuando a
guardare attraverso lo schermo, a distanza ravvicinata, non guardano più il mondo in
profondità. È come se il cervello non sentisse più l’esigenza di costruire le reti neuronali
che sostengono quella competenza, perché quella non è più messa in gioco. Ed ecco
che alla fine i bambini non vedono più da lontano”.