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Padua

Natalia
Matricola 478619

PRAGMATICA COGNITIVA

CAPITOLO 1

La comunicazione è un’attività sociale, che per realizzarsi necessita di più agenti. Il linguaggio è uno dei canali
espressivi di cui ci serviamo per comunicare, altri canali sono: la scrittura, il disegno, le emozioni, qualunque
azione purchè sia chiaro che è stata effettuata in modo tale che l’interlocutore abbia potuto coglierne la
natura intenzionalmente comunicativa.

La pragmatica cognitiva è lo studio degli stati mentali delle persone impegnate in un’attività comunicativa.

Qualunque attività potenzialmente comunicativa in mancanza di partner che recepiscano i messaggi rimane
privata, un ponte che non raggiungerà mai l’altra sponda del fiume. La teoria che sto presentando non
considera però ancora sufficiente che ci siano due persone, perché si possa parlare di comunicazione: vanno
aggiunte una serie di altre condizioni.

- Primo Assunto: il significato globale dell’interazione viene concordato fra i partecipanti,


indipendentemente dai rispettivi ruoli di parlante e ascoltatore. Deve quindi esserci una
rappresentazione mentale di ciò che sta accadendo, condivisa dagli interlocutori: gioco
comportamentale.
Il gioco rappresenta quello che entrambi gli agenti credono di star facendo, il senso che stanno dando
all’intera sequenza di interazioni. Deve essere chiaro a tutti i partecipanti ciò che succede, quali sono
i vincoli sociali e personali e cosa è lecito attendersi e non attendersi dall’altra persona.

- Secondo Assunto: tutti gli agenti devono esplicitare la propria intenzione consapevole di partecipare
all’interazione: intenzione comunicativa consapevole. Non è possibile che A comunichi qualcosa a B
senza averne l’intenzione.

Aspetto chiave: può essere considerato “messaggio” solo qualcosa che produce un cambiamento nel mondo.

INTERAZIONE SOCIALE

Parliamo di interazione sociale ogni volta che due o più persone entrano in una situazione di reciproco
scambio da permettere che l’una venga influenzata dall’altra.

Modalità di interazione sociale:

- Estrazione di informazioni: filogeneticamente più antica. Parliamo di comunicazione quando è


presente reciproca intenzionalità, parliamo di estrazione di informazione se uno degli attori non
possiede intenzionalità di comunicare. Non possiamo in questi casi parlare di significato poiché per
costruire un significato bisogna essere in due e reciprocamente interessati a costruirlo.

- Costruzione comune di significato: attività congiunta di attore e partner che consapevolmente e
intenzionalmente cooperano per costruire insieme il senso della loro interazione: il senso di quello
che stanno facendo si costruisce insieme. Il significato si costruisce insieme, non è un messaggio che
il parlante codifica e l’ascoltatore decodifica.
La misura dell’efficacia di un’interazione comunicativa è data dal livello di soddisfazione che tutti i
partecipanti hanno rispetto a quello che si condivide dopo l’interazione, paragonato a quanto si poteva
considerare condiviso prima della stessa.

Grice afferma che attraverso un dato comportamento qualcuno vuol dire che q se e solo se attraverso quel
comportamento intende indurre in un ascoltatore la credenza che q.

Il linguaggio è costantemente accompagnato da elementi extralinguistici che facilitano il reciproco


comprendersi.

Nella comunicazione usuale, linguistico, paralinguistico ed extralinguistico sono costantemente mescolati,


modulandosi a vicenda per raggiungere l’effetto desiderato.

È quindi opportuno introdurre un concetto che permetta di riunificare i diversi aspetti della comunicazione,
l’atto comunicativo: qualunque azione, sia linguistica che extralinguistica, purchè l’azione sia intesa come
comunicativa dall’attore e sia riconoscibile come comunicativa dal partner.

Paralinguistica: aspetto della comunicazione che ne modifica il significato in modo emozionale, non
consapevole ma congruente ai fini dell’interazione. Prosodia, tono, altezza, timbro e intensità della voce.

Permanenza

Una distinzione importante è quella tra atti comunicativi permanenti e impermanenti:

- Permanenza: di un atto comunicativo, il suo prolungarsi nel tempo oltre la durata strettamente
necessaria per la sua emissione.
- Impermanenza: di un atto comunicativo, il suo limitarsi al tempo necessario per l’emissione.

Si tratta di una distinzione non rigida, ma un tratto continuo in cui possiamo trovare gradi diversi di
permanenza.

Pertinenza

La teoria della pertinenza si fonda su un primo principio generale (principio cognitivo): la cognizione umana
tende a essere correlata con la memorizzazione della pertinenza. Le risorse cognitive tendono a essere
altolocate per l’elaborazione degli input più pertinenti che siano in quel momento disponibili al sistema.

Dal primo principio se ne può derivare un secondo (principio comunicativo, principio di pertinenza): ogni atto
di comunicazione ostensiva (comportamento che renda manifesta l’intenzione di rendere qualcosa
manifesto) comunica la presunzione della propria pertinenza ottimale. Un attore afferma implicitamente di
avere qualcosa di pertinente da comunicare, con il semplice atto di comunicare qualcosa.

Ciascun atto comunicativo deve garantire la propria pertinenza, nel senso che il parlante deve fare percepire
il proprio contributo come sufficientemente importante da meritare che gli ascoltatori si impegnino nello
sforzo cognitivo di comprendere ciò che l’altro sta dicendo.

COMUNICAZIONE LINGUISTICA

La distinzione tra linguaggio verbale e non verbale è fondamentalmente basata sull’input: il linguaggio parlato
è definito verbale, al linguaggio non verbale corrisponde qualunque altra cosa: postura, versi, gesti, spazio,
tempo. Le difficoltà con tale distinzione sono molte, e tutte sostanziali: la più grave pone all’interno del non
verbale linguaggi strutturati come quello dei segni. Questo pone l’attenzione sulla debolezza del criterio
basato sull’input.
A questa distinzione se ne contrappone una basata sul modo di elaborare i dati: la comunicazione linguistica
consiste nell’uso comunicativo di un sistema di simboli, mentre la comunicazione extralinguistica consiste
nell’uso comunicativo di un insieme di simboli. La differenza essenziale sta nella scomponibilità del linguaggio
in costituenti significativi autonomi (parole), mentre l’extralinguistico consiste di unità non scomponibili.

Sintassi, Semantica, Pragmatica

Nessuna è più importante delle altre in astratto, tutte concorrono a rendere lo strumento linguistico
terribilmente duttile e complesso. Le tre componenti del linguaggio sono attive contemporaneamente e non
in sequenza lineare, ogni componente ha bisogno della altre perché la comprensione e la produzione del
linguaggio siano efficaci.

- Sintassi: struttura grammaticale della frase, com’è generata la frase, rapporto fra segni.
Si occupa dei principi con cui le singole parole sono ordinatamente montate per generare frasi
immediatamente riconoscibili come ben formate.
- Semantica: significato delle singole parole, significato delle parole ordinate nella frase, rapporto fra
simboli e mondo.
Si occupa del significato che la frase veicola, per mezzo sia dei significati delle singole parole sia della
combinazione dei significati singoli nell’espressione globale trasmessa nella frase.
Anche in presenza di violazioni sintattiche siamo in grado di comprendere il significato generale, la
semantica permette di comprendere facilmente frasi ambigue dal punto di vista sintattico.
- Pragmatica: contesto in cui la frase è emessa, scopo per cui la frase è emessa, intenzione
comunicativa.
(Cosa vuol dire x?)
Si occupa della comunicazione come davvero avviene. Ciò significa analizzare l’uso effettivo che ne
fanno gli esseri umani, per le loro finalità interattive, studiando i differenti contesti e come i significati
trasmessi siano influenzati. Si occupa cioè di stabilire qual è lo scopo per cui un enunciato è stato
emesso.
(Cosa vuoi dire con x?)

Frase: entità teorica astratta definita all’interno di una teoria grammaticale, di pertinenza della sintassi.

Enunciato: proferimento di una frase in un determinato contesto, di pertinenza della pragmatica.

COMUNICAZIONE EXTRALINGUISTICA

La modalità comunicativa extralinguistica è filogeneticamente più antica.

Segnale convenzionale: modo di agire culturalmente stabile, riconoscibile da tutti i membri di quella cultura,
portatore di un significato autonomo, comprensibile indipendentemente dal contesto in cui è generato. Il
gesto specifico è simbolico nel senso che rimanda a qualcos’altro, come nella stretta di mano, usata per
indicare conoscenza, amicizia. I segnali convenzionali sono determinati culturalmente e modulano la
comunicazione extralinguistica con la stessa precisione con cui regolano quella linguistica.

Segnale non convenzionale: un’azione completamente inscritta nei circuiti cerebrali per quanto riguarda
modalità espressiva e possibilità di riconoscimento da parte degli altri. Mentre il convenzionale ha un margine
di variabilità dovuto al mescolare l’innato con l’acquisito, ciò che non è convenzionale è legato
indissolubilmente al disegno genetico.
Comporta che una prima reazione al segnale scatti in modo automatico, riflesso; una seconda reazione allo
stesso segnale si avrà quando il significato simbolico sia stato compreso.
Spesso sono legati alle emozioni di base, risultando così interculturalmente riconoscibili. Sono comunque
influenzati dalla cultura anche se non sono ritualizzati come quelli convenzionali.
Attivano quindi una doppia reazione da parte di chi li riceve: una prima legata a meccanismi automatici, una
seconda legata al significato simbolico del segnale.

Certo si possono provocare reazioni fisiologiche anche per via linguistica, ma solo dopo che alle parole sia
stato dato un significato simbolico.

DIFFERENZA TRA LINGUISTICO ED EXTRALINGUISTICO


La comunicazione è un processo e comunicare linguisticamente o extralinguisticamente vuol dire usare due
modi diversi di analizzare i dati. Lo stesso input si presta quindi a un’analisi sia linguistica che extralinguistica,
sarà quindi elaborato in due modi diversi.

Comunicazione linguistica: Composizionale

La comunicazione linguistica viene definita come l’uso comunicativo di un sistema di simboli, il linguaggio è
composizionale, cioè costituito ricorsivamente grazie a unità componibili, non a parti elementari. La
composizionalità determina le seguenti caratteristiche del linguaggio, che definiscono il modo linguistico di
elaborare le espressioni comunicative:
- Sistematicità: le frasi di un linguaggio non sono arbitrariamente componibili, né spezzettabili.
- Produttività: la competenza linguistica permette di generare e di comprendere un numero infinito di
significati lessicali, che a loro volta permettono di generare e di comprendere un numero infinito di
frasi ben formate e significanti.
- Dislocazione: la referenza spaziale e temporale cui il discorso si riferisce può essere spazialmente o
temporalmente diversa da quella in uso durante il discorso.

Comunicazione extralinguistica: Associativa

Possiamo considerare la comunicazione extralinguistica come l’uso comunicativo di un insieme di simboli. E’
essenzialmente non composizionale: fatta di parti non di costituenti. Si tratta di blocchi molecolari non
scomponibili in quanto dotati di significato globale intrinseco. Ciò comporta una serie di differenze essenziali
rispetto al linguaggio:
- Associabilità: ciascun significato extralinguistico rimane un atomo indipendente, non è possibile
alcuna struttura superordinata. Ciò non vuol dire che ogni espressione debba rimanere isolata: è
possibile costruire una sequenza di simboli dai significati collegati. Il significato della sequenza però
sarà sempre dato per associazione semplice fra i diversi simboli elementari, mai per composizione di
significati.
- Produttività (limitata teoricamente e irrealizzabile praticamente): è possibile ipotizzare che un
agente generi continuamente nuovi gesti aventi significati convenzionali condivisi. Una comunità
costituita da agenti del genere potrebbe avere un repertorio gestuale amplissimo e costantemente
in crescita: il vincolo sarebbe dato dalla capacità di memoria e dalla potenza dei meccanismi di
apprendimento. In pratica però i sistemi di comunicazione extralinguistica esibiscono un numero
molto esiguo di gesti utilizzabili in modo condiviso.
La comunicazione extralinguistica non possiede alcuna sistematicità e quindi non ha molto senso
inventare un nuovo simbolo per un significato complesso se poi quel nuovo simbolo non sarà mai più
usato dagli agenti.
- Dislocazione (limitata teoricamente e inutile praticamente): situazione analoga a quella della
produttività.

Qualunque tipo di espressione comunicativa può essere elaborato per l’una o per l’altra via, senza mai
dimenticare che alle due sempre si aggiunge il paralinguistico. Esistono tipi di input che si prestano
contemporaneamente ai due tipi di elaborazione (conversazione normale vis-à-vis), in questo caso le due vie
collaborano al fine di costruire un significato coerente dell’interazione.
Alcuni tipi di input privilegiano la modalità linguistica (registrazione audio, lettera); viceversa altri privilegiano
la extralinguistica (interazione corporea emozionalmente importante, film muto).

Fodor, definizione di modulo cognitivo: “caratterizzato da un tipo di elaborazione specifica per il tipo di
informazioni per le quali è strutturato, innato, direttamente inscritto nei circuiti cerebrali, localizzato,
autonomo, non funzionalmente scomponibile in sottofunzioni, non accessibile alla coscienza.”

Shallice, sottosistema funzionale isolabile: “un sistema è funzionalmente isolabile da un altro se può
funzionare indipendentemente dall’altro, anche se non allo stesso livello di efficienza che è garantito con il
supporto dell’altro sistema.”
Considero le due modalità comunicative (linguistica ed extralinguistica) come due sistemi funzionali isolabili,
e non come moduli separati.

La comunicazione extralinguistica, proprio perché più elementare, è efficace sui significati di base, ma
impone un maggior carico di conoscenza, memoria e inferenza per essere compresa. La struttura
composizionale del linguaggio semplifica enormemente la comunicazione: è più facile comunicare usando
costituenti piuttosto che parti. Dal punto di vista evolutivo la struttura linguistica è un’importante conquista
che rende possibile effettuare agevolmente comunicazioni di difficoltà insormontabile per la struttura
extralinguistica.

ATTI COMUNICATIVI

Le origini dell’approccio pragmatico (Austin e Wittgenstein) si ritrovano nella fondazione della tesi
verificazionista, per cui ogni frase che non potesse essere verificata (cui non si potesse attribuire un valore di
verità) era priva di significato.
Questa posizione si indebolì a favore di un approccio meno rigido, astratto, oggettivo e più quotidiano,
soggettivo legato a ciò che le persone fanno davvero quando parlano.

Si cercò di abbandonare la ricerca astratta propria della linguistica, per concentrarsi sull’uso quotidiano che
la gente fa delle parole, dei giochi linguistici: il dire è fare (motto della pragmatica). Concetto chiave alla base
della pragmatica è l’atto linguistico (alcuni enunciati espressi in forma dichiarativa, modificano il mondo al
pari delle azioni).

Gli atti performativi possono avere successo (modificando il mondo nella direzione desiderata) a patto che
sussistano quelle che Austin definisce condizioni di buona riuscita:
A. Deve esistere una procedura convenzionale accettata che abbia un certo effetto convenzionale; la
procedura specifica le circostanze e prescrive il comportamento delle persone.
B. La procedura deve essere seguita da tutti i partecipanti, correttamente e completamente.
C. Una persona che partecipa alla procedura deve avere i pensieri o i sentimenti richiesti, e i
partecipanti devono avere intenzione di comportarsi nel modo prescritto e devono effettivamente
comportarsi in tal modo.
Un fallimento di A e B azzera l’atto, un fallimento in C mantiene l’azione compiuta ma la rende vacua e vuota
di significato.

Si evidenziò che non erano solo i performativi a modificare il mondo esterno, ma ogni atto generato in forma
comunicativa: ogni comunicazione comporta almeno la conseguenza che gli ascoltatori siano consapevoli che
una comunicazione è stata fatta e quindi che la loro mente sia stata modificata, in forma sia pur minima.
Considerare il linguaggio in termini di atti linguistici lo si fa rientrare nelle leggi generali che regolano le azioni,
in particolare se ne evidenziano gli aspetti intenzionali.
Austin lo scompone in 3 parti:
1. Atto Locutorio: specifica emissione linguistica. Quello che si dice.
2. Atto Illocutorio: intenzioni comunicative. Quello che si fa nel dire qualcosa.
3. Atto Perlocutorio: effetti che il parlante si propone di raggiungere sulla mente del suo interlocutore.
Quel che si vuole ottenere dicendo qualcosa.
I primi due sono essenzialmente conversazionali, condivisi, l’ultimo è strettamente privato e pertiene
unicamente all’ascoltatore: avviene entro la sua mente e il parlante non ha alcun modo diretto di scoprire se
ha avuto effetto o meno.

Tassonomia degli Atti Illocutori


Austin fu il primo a classificarli, ma la più nota tassonomia è quella di Searl, basata sulle condizioni di buona
riuscita di un enunciato:
- Assertivi: hanno la funzione di impegnare il parlante all’effettivo darsi di uno stato di cose, alla verità
della proposizione espressa. Tutti i membri di questa classe possono essere valutati in base alla
dimensione vero/falso.
(affermare che p; giurare che p; formulare l’ipotesi che p; insistere che p).
- Direttivi: la loro funzione è costituire un tentativo da parte del parlante di indurre l’ascoltatore a fare
qualcosa.
(pregare, implorare, invitare, ordinare, chiedere, domandare).
- Commissivi: hanno la funzione di impegnare il parlante ad assumere una certa condotta futura.
(impegnarsi a , promettere, verbi usati al futuro).
- Espressivi: hanno lo scopo di esprimere lo stato psicologico specificato nel contenuto proposizionale.
(ringrazio, mi congratulo, chiedo scusa, benvenuto!, complimenti!).
- Dichiarazioni: corrisponde ai performativi, il dire è fare, casi in cui lo stato di cose espresso si realizza
grazie all’enunciazione fatta.
(battezzo questa nave Titanic!, dichiaro aperta la riunione, lei è licenziato!).

Massime di Cooperazione

Grice ha evidenziato come nell’uso quotidiano del linguaggio ci siano contenuti che vengano trasmessi
attraverso le parole, ma che non discendano in alcun modo dal significato delle parole. Esistono cose che non
vengono dette direttamente ma che vengono implicate; queste implicature sono intenzionalmente
comunicate dal parlante all’ascoltatore.
Grice fa notare che ogni dialogo è frutto di un lavoro di collaborazione fra due persone che si sono date uno
scopo comune (principio di cooperazione): dai il tuo contributo alla conversazione così come è richiesto, al
momento opportuno, dagli scopi o dall’orientamento comune del discorso in cui sei impegnato.
Questo principio generale viene specificato attraverso 4 massime:
1. Di Quantità: dai un contributo informativo quanto richiesto in relazione agli scopi del discorso, non
dare un contributo più informativo di quanto richiesto.
2. Di Qualità: cerca di dare un contributo vero, non dire ciò che credi falso, non dire ciò per cui non hai
prove adeguate.
3. Di Relazione: sii pertinente.
4. Di Modo: sii perspicuo, evita l’oscurità, l’ambiguità, sii breve e ordinato.

Tipi possibile di violazione:
- Involontaria à Errore: evento frequente (logorroico, superficiale, disattento, prolisso…), non c’è
l’intenzione di comunicare qualcosa di fuorviante.
- Volontaria
o Non Comunicativa à Inganno: il parlante cerca di trarre in inganno l’ascoltatore facendogli
effettuare inferenze scorrette.
o Comunicativa à Sfruttamento: il parlante A fa in modo che l’ascoltatore B effettui una serie
di inferenze basate sul fatto di accorgersi che A intende
violare una massima comunicando a B che la sta violando.
A differenza dell’inganno, dove viene nascosta, la violazione
viene qui ostentata a fini comunicativi.

PRINCIPI DELLA COMUNICAZIONE


Vincoli generali cui debbono obbedire sia la pragmatica linguistica che quella extralinguistica:
- Cooperazione: la comunicazione è un’attività cooperativa in cui sia il significato di ciascun atto
comunicativo è concordato fra gli agenti, sia il significato globale dell’interazione.
- Attenzione Comune: perché la comunicazione si realizzi devono sussistere le condizioni di contatto,
il partner deve aver compreso che le azioni eseguite dall’attore sono espressive (tentativo di stabilire
una comunicazione).
- Intenzionalità Comunicativa: la comunicazione è apertamente intenzionale, l’attore desidera che il
partner non solo recepisca il contenuto informativo dell’atto comunicativo, ma che riconosca il suo
tentativo consapevole di comunicargli qualcosa di rilevante.
- Simbolicità: si costruisce insieme quello che va considerato il significato dell’interazione. L’agire non
è comunicativo di per sé, ma lo diventa solo quando tutti i partecipanti concordano nell’attribuirgli
un significato comunicativo.
- Conoscenza Condivisa: la comunicazione si fonda su conoscenze progressivamente condivise fra gli
attori.
- Conversazione: le forme di conversazione adeguate alla situazione devono essere messe in atto:
precedenza, turni, coerenza…
- Dipendenza Culturale: le norme sociali proprie della cultura vanno rispettate.
- Sistema Funzionale Linguistico ed Extralinguistico: entrambi sono modalità di realizzare la
comunicazione reciprocamente integrantisi, non competitive tra loro.

CAPITOLO 2

Punti chiave per validare una teoria su cui si fonda la pragmatica cognitiva:
- Formalizzazione: una teoria deve essere formalizzata, secondo una modalità che può essere logica o
computazionale. Una teoria che non sia almeno parzialmente formalizzata non può essere
considerata come appartenente a pieno titolo alla scienza cognitiva.
Lo scopo di questo criterio è eliminare teorie che siano internamente contraddittorie o irriducibili
metaforicamente o irrimediabilmente vaghe.
- Costruzione: non c’è piena comprensione di un qualunque evento se non si è in grado di ripeterlo, la
definizione di un fenomeno è equivalente alle operazioni necessarie per ricostruirlo.
Questo criterio ha lo scopo di eliminare le teorie che non garantiscono la ripetibilità della procedura
attraverso passaggi non esplicitati.
- Correlazione Cerebrale: gli stati mentali e i processi psichici sono tutti realizzati nel cervello, non sono
prodotti astratti. Stabilire quali sono i correlati cerebrali di ogni funzione mentale con tecniche di
indagine funzionale o dissociazione selettiva.
Scopo di questo criterio è esplicitare le connessioni fra mente e cervello.

COOPERAZIONE

Perché si dia un atto propriamente comunicativo è necessario essere almeno in due, e che si sia entrambi
intenzionati a generarlo insieme. La costruzione di significato avviene nel momento in cui i due agenti
mettono in comune la propria parte, non è invece indispensabile la cooperazione fisica.
I messaggi prendono vita quando sono ricevuti, non quando vengono emessi (una lettera smarrita non è
propriamente un messaggio non ricevuto, ma un tentativo fallito di comunicare). Non esiste nulla che
possiamo considerare messaggio sin dall’inizio, indipendentemente dall’attività di colui che è destinato a
riceverlo.
Il significato è costruito dall’interazione fra il parlare e l’ascoltare, lo scrivere e il leggere. Il significato di un
evento comunicativo acquista esistenza per la contemporaneità in astratto delle reciproche attività. La
lontananza spaziale e gli intervalli temporali sono un problema che pertiene al canale di trasmissione, non al
significato del messaggio. Il mezzo influenza il contenuto e quindi gli agenti sono obbligati a tener conto del
canale di trasmissione che verrà usato.
Cooperazione Conversazionale e Comportamentale

Nell’impostare il suo concetto di cooperazione, Grice ha considerato i casi estremi di successo e di fallimento:
successo, quando l’interlocutore comprende il desiderio del parlante e vi si adegua; fallimenti, quando
l’interlocutore o non capisce, o non intendendo adeguarsi ai desideri del parlante interrompe la
conversazione. Questa posizione non tiene conto di altre possibilità intermedie, per trarre le quali abbiamo
bisogno di scomporre la cooperazione in comportamentale e conversazionale.

Uno scambio verbale può essere contemporaneamente cooperativo sul piano strettamente linguistico, ma
non cooperativo sul piano dell’intenzione perlocutoria del parlante (cooperazione comportamentale) e cioè
l’adeguamento ai desideri attesi dal parlante.
Es. A: Domani è giovedì: accompagni tu i bambini? B: Certo!
A: Domani è giovedì: accompagni tu i bambini? B: Mi spiace, devo uscire.

STATI MENTALI

Gli esseri umani possiedono una serie di stati mentali, sia emotivi che cognitivi, che possono essere tanto
consci quanto inconsci. Ci occuperemo solo di quelli rilevanti per il processo di comunicazione: attenzione,
credenza, conoscenza, coscienza.

Attenzione Comune

Perché sia possibile una comunicazione è indispensabile che tutti i partecipanti vi prestino consapevole
attenzione. Questo requisito è stato definito come condizioni di contatto: requisito iniziale perché si avvii
una comunicazione, consiste nell’avere già stabilito un accordo sul fatto che si sta prestando attenzione a
quanto sta avvenendo fra gli agenti.
L’abilità di stabilire il contatto oculare è innata nei bambini ed è già attiva a un mese di vita. Gli esseri umani
sono animali fortemente predisposti a comunicare, tanto è vero che tutti i prerequisiti sono già
strutturalmente inseriti nel cervello, pronti all’uso.
Quello oculare non è l’unico modo di stabilire le condizioni di contatti, esiste anche la via acustica ad esempio.
Una volta stabilite le condizioni di contatto, la comunicazione può procedere.

Credenza Condivisa

Gli esseri umani possiedono una competenza deduttiva basata sulla capacità di rappresentarsi le situazioni
attraverso modelli mentali. Il pensiero consiste in una serie di procedure che costruiscono e modificano tali
modelli, giungendo a risultati che possono essere corretti, ma che talvolta sono invece sbagliati.

Credenza Individuale: gli agenti credono una certa cosa o credono che altri agenti credano qualcosa, ma in
modo totalmente autonomo e scollegato gli uni dagli altri.
Credenza Comune: tutti gli agenti hanno la stessa credenza individuale, condividono in genere la conoscenza
sull’ambiente in cui sono immersi o conoscenze culturalmente trasmesse.
Terreno Comune: Clark, inteso come la somma di credenze, conoscenze e supposizioni che due persone
hanno in comune.
Credenza Condivisa: una credenza che non solo sia comune a tutti gli agenti impegnati nell’interazione, ma
del cui essere comune tutti siano anche consapevoli. Essa è soggettiva e non oggettiva come la credenza
comune.

Coscienza e Conoscenza


Secondo la scienza cognitiva, la consapevolezza di qualcosa viene costruita, non è un dato di fatto. Non si
può render conscio qualcosa che prima era inconscio, senza modificarlo in modo significativo. Il passaggio da
inconscio a conscio modifica il contenuto conoscitivo.
Possiamo assumere che esistono due grandi modi di rappresentare e gestire conoscenza: tacito ed esplicito.
Entrambi sono attraversati dalla coscienza, possono essere o meno consapevoli per l’individuo.

Conoscenza Esplicita: insieme di entità concettuali che descrivono proposizionalmente classi di oggetti,
relazioni, processi, regole di comportamento… Conoscenza dichiarativa, racchiude quel che è possibile dire
intorno all’oggetto o allo stato di cose in questione (conoscenza linguistica).
Rappresenta ciò che una persona sa di sapere intorno a qualunque entità del mondo, è conoscenza
consapevole, esprimibile linguisticamente su cui si può volontariamente riflettere.

Conoscenza Tacita: conoscenza che un sistema possiede e che gli permette di interagire efficacemente con il
mondo, pur non essendo rappresentata in modo esplicito, leggibile direttamente da altre parti del sistema.
Gran parte della conoscenza tacita è costituita da procedure opache, modi di agire che scattano
automaticamente, senza bisogno di controllo o di attenzione (andare in bicicletta). Le procedure sono per
definizione fuori dalla consapevolezza, operano inconsciamente.
Corrisponde al saper agire in una determinata situazione, standoci dentro e non ponendosene fuori per
parlarne o per rifletterci su (conoscenza procedurale).

INTENZIONALITA’

Il concetto di intenzionalità assume due significati fondamentali, che è necessario mantenere presenti e
distinti.
- Aboutness (Searle): l’essere a proposito di, di un’intenzione, il suo riferirsi sempre a qualcosa, il fatto
che sia sempre diretta verso una persona, oggetto, evento. Focus su cui si concentra la prospettiva
dell’attore. (Direzionalità, dell’intenzione).
- Deliberazione: un’azione o uno stato mentale caratterizzato dall’intenzionalità può comprendere un
nucleo che è stato voluto, deciso, scelto, perseguito.

Le nostre azioni hanno sempre una serie di conseguenze, alcune sono per noi desiderabili e talvolta
possono rappresentare le profonde motivazioni che ci spingono a quel corso d’azione; altri effetti sono
accettati come inevitabilmente legati all’obiettivo prefissato, ma sono per noi irrilevanti o negativi.
- Intenzione Stabile: necessariamente deliberativa, è quella che sottende al disegno di piani d’azione.
- Intenzione in Azione: spesso automatica e non deliberativa
- Intenzione Inconscia: agire in base a motivazioni e desideri di cui non siamo consapevoli. Non può
generare per definizione un’azione deliberata.

Intenzione Comunicativa

Una differenza fondamentale fra azioni semplici e azioni comunicative è che le seconde sono sempre svolte
assieme a qualcuno (interazione comunicativa).
L’intenzione comunicativa è l’intenzione di comunicare qualcosa, assieme al fatto che la stessa intenzione di
comunicare qualcosa sia riconosciuta in quanto tale: A intende comunicare una certa cosa a B, desidera che
B dia per condiviso tra loro due non solo il contenuto specifico della comunicazione, ma anche il fatto che A
voleva proprio comunicarglielo.

Relazioni fra Intenzionalità e Coscienza nelle azioni comunicative


1. Atto comunicativo Intenzionale, Deliberato e Conscio: comunicazione propriamente intesa. E’
necessario che si verifichino due condizioni: che sia riconosciuto dall’interlocutore il contenuto
specifico dell’intenzione comunicativa e che sia riconosciuta l’intenzione di comunicare.
2. Atto comunicativo Intenzionale, Non Deliberato e Conscio: sequenza di parole in una frase, o
sequenza di gesti che si compongono spontaneamente.
§ Effetti Intesi Apertamente: solo gli effetti che entrambi gli agenti considerano ovvi,
evidenti e certi rispetto all’azione intorno a cui si sta deliberando insieme.
§ Effetti Intesi Non Apertamente: quasi-comunicazione.
3. Atto comunicativo Intenzionale, Deliberato e Inconscio: caso impossibile. Le intenzioni comunicative
sono sempre necessariamente consce.
4. Atto comunicativo Intenzionale, Non Deliberato e Inconscio: lapsus, effetti paralinguistici (prosodia,
gesticolazione).
5. Azioni e modi di essere Non Intenzionalmente comunicativi: estrazione di informazioni. Se non c’è
intenzionalità di comunicare, non c’è comunicazione, ma estrazione di informazioni. Attribuzione di
significato ad azioni altrui.

Piani d’Azione

Piano: insieme gerarchico di mete, associate ad azioni eseguendo le quali le mete verranno raggiunte.
Nell’area della comunicazione un piano è una configurazione di credenze e di intenzioni di eseguire le azioni
suddette. Costruire un piano è cognitivamente faticoso e dispendioso. Conviene quando possibile utilizzare
piani già pronti.
Piano Interpersonale: comprende azioni che devono essere eseguite non solo dal pianificatore, ma anche da
uno o più partner.
Piano Individuale: riguarda esclusivamente il pianificatore.
Piano Condiviso: processo collaborativo fra due persone.

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